incontri - gennaio 2016

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Periodico della Famiglia Cottolenghina Fondato nel 1948 Sped. in abb. postale comma 20, lett. C  Art. 2 - Legge 662/96 Taxe perçue - Tariffa riscossa To C.P.M. Anno 68° n. 1 gennaio 2016 in cammino verso la dignità

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Periodico della Famiglia Cottolenghina

Fondato nel 1948

Sped. in abb. postale

comma 20, lett. C

 Art. 2 - Legge 662/96Taxe perçue - Tariffa riscossa

To C.P.M.

Anno 68° n. 1 gennaio 2016

in camminoverso la dignità

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 Periodico della Famiglia Cottolenghina

Periodico quadrimestraleSped. in abb. postaleComma 20 lett. C art. 2 Legge 662/96Reg. Trib. Torino n. 2202 del 19/11/71Indirizzo: Via Cottolengo 14

10152 Torino - Tel. 011 52.25.111C.C. post. N. 19331107

Direzione IncontriCottolengo [email protected]

l  Direttore responsabile:Don Roberto Provera

l  Redazione:Caporedattore: Salvatore Acquas  Mario Carissoni

l Collaboratori:Don Emanuele Lampugnani - Fr. Beppe Gaido -Paola Bettella - Patrizia Pellegrino - Gemma La Terra - Nadia Monari

l  Progetto grafco:Salvatore Acquas

l  Impaginazione:Giovanni Grossi

l Stampa: Tipografa GravineseVia Lombardore 276/F - Leinì - Tel. 011 99.80.654

La Redazione ringrazia gli autori di articoli e foto, particolarmente quelli che non è riuscita a contattare.

Incontri è consultabile su: www.cottolengo.orgentrate a cuore apertohttp://chaariahospital.blogspot.com/ 

Questa rivista è ad uso interno della PiccolaCasa della Divina Provvidenza (Cottolengo)

Fondata nel 1948Anno 68

n.1 Gennaio 2016

Periodico della Famiglia Cottolenghina

Fondatonel1948

Sped.in abb.postale

comma20,lett. C Art.2 -Legge 662/96Taxeperçue- Tariffariscossa

ToC.P.M.

Anno68°n.1gennaio2016

in camminoverso la dignità

SOMMARIO

Il puntoDon Roberto Provera    3

La spiritualità del presepioRedazione    10-11

Il dono più grande 8-9

Professioni perpetueRedazione e Dr. Thomas Maliyakal    6-7

Centro di ascolto CottolengoSalvatore Acquas    16-17

I pensieri del cuoreRedazione    20-21

Associazione Laici AggregatiRedazione    24

Le vetrate e i mosaici della cappella “Mater Unitatis”Paolo Squizzato    26-27

Nella casa del Padre - don Elio e don ErnestoRedazione    29

RaccontoRedazione    32

La nuova madre generale e il nuovo consiglio generaleRedazione    4-5

Il valore del perdonoDon Emanuele Lampugnani    12-13Outsider - associazione OnlusMario Carissoni    14-15

La Piccola Casa a Cerro MaggioreMario Carissoni    18-19

Vito, l’eterno ragazzoSalvatore Acquas    22-23

Monastero cottolenghino “Il Carmelo”Redazione    25

Lettera a un immigrato clandestinoRedazione    28

Leggiamo un libroa cura di Salvatore Acquas    30-31

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r...a, ipocrisia,giustizia, perdono

  IL PUNTO

R... sta per rabbia. Parola che ricorre con sconcertante frequenza nei servizi televisivi cosiddettad’informazione, quando annunciano o commentano fatti delittuosi o calamitosi. Non voglioscrivere per intero questa parola, perché la detesto per l’uso improprio che ne viene fatto.

Il termine, attestato in epoca imperiale romana, sta per “rabies”, che equivale a “rabies canina”.Applicarla a essere ragionevoli signica equipararli agli animali. Questo per quanto riguarda la “r...”.Passiamo all’ipocrisia. Di fronte ai recenti fatti di Parigi il mondo politico francese in primis ein generale quello europeo e nordamericano, hanno reagito con spietata durezza: le bombecadono a pioggia su Siria, Irak... Apparentemente è l’applicazione della legge dell’occhio perocchio e dente per dente, fondamento della giustizia distributiva, allo scopo di annienta-re il terrorismo unicamente ricorrendo all’uso delle armi. Ma siamo proprio sicuri che soloqueste intenzioni sottostiano alla drastiche decisioni foriere di morte nora prese? Non visembra che, se vogliamo davvero togliere di mezzo i frutti velenosi di un albero, dobbiamonon raccogliere quei frutti e gettarli nell’immondezzaio, ma dobbiamo stroncare quell’albero

dalle radici? E quale persona accorta non sa che le armi, usate dalle due parti in conitto,hanno la stessa provenienza? Dove vengono fabbricate per lo più queste armi? Non forsenell’Occidente o nel Nord America? Chi le vende ai terroristi? C’è inoltre da chiedersi: chifnanzia oggi i terroristi?Quanto alla giustizia. Chi no a ieri – e forse ancora oggi – ha sfruttato molti di quei paesidove oggi l’Islam raccoglie seguaci?Inne, perché tanti giovani occidentali si lasciano accalappiare dalla propaganda delle retiterroristiche? Non sarà forse perché la loro vita appare vuota, priva di valori e in denitivasprecata ai loro stessi occhi? E veniamo al perdono. Leggiamo, meditiamo e impariamo diche cosa sono capaci i giovani autentici.

Attacchi di Parigi: lettera aperta di un giovane cattolico franceseHo 18 anni e sono cattolico. Oggi, come ogni lunedì, dopo la scuola, sono andato a prendere un caè nel cortile di un bar…Come ogni lunedì, ho tirato fuori il giornale del giorno prima quasi meccanicamente e ho scorso i titoli.Ma non riconosco il giornale che sfoglio ogni settimana. C’è un unico titolo: “Dolore e rabbia”.La fotograa di un uomo che piange davanti a un mazzo di ori, candele e una bandiera francese illustra il titolo. Un uomo,lacrime, dolore, rabbia, morte, persone innocenti, ferite. Non voglio leggere più. Metto giù il giornale, bevo il mio caè e pago.Per la prima volta in quest’anno, ho lasciato presto questo posto in cui sono abituato a leggere il mio giornale in pace.Cosa dovrei fare? Andare a casa come ci chiedono le autorità? No. Ho deciso di andare in un luogo familiare e prezioso per ilmio cuore. Dopo cinque minuti di cammino eccomi qui. Questo luogo è la mia parrocchia, la mia seconda casa, la casa delSignore. Entro. Ci sono molte persone. Vado verso l’altare dedicato alla Beata Vergine Maria. Non c’è posto. L’unico spaziolibero è un inginocchiatoio davanti all’altare di Santa Rita, la santa delle cause impossibili e delle cose perdute.

Mi viene in mente un passo del Vangelo secondo Matteo: “Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri perse-cutori” (Mt 5, 44). E così mi è venuta un’idea. Non ho pregato per le vittime o per i loro familiari, o per la salvezza della miasplendida patria. Oggi ho pregato per voi. Ho pregato Santa Rita di aiutarci a perdonare. Le ho chiesto di aiutare i francesia perdonarvi. Ho pregato per le famiglie delle vittime perché un giorno possano perdonarvi, perché possano perdonare lavostra azione barbara e ingiusticata. Ho chiesto al Signore, con l’aiuto di tutta la mia fede, di venire in mio aiuto, di veniread aiutarci a perdonare…Ho pregato la Beata Vergine Maria di proteggervi. Le ho chiesto di avvolgervi nel suo amore. Di

 farvi capire che siamo sulla terra per amare e non per uccidere… Spero, cari terroristi, che queste parole vi raggiungano, perché possiate capire che l’odio e la morte non sono la soluzione.Un giovane cattolico che sta cercando di perdonare.   l d. Roberto

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la nuovamadregenerale

NOTIZIECOTTOLENGHINE

Suor Elda Pezzutonuova Madre delle Suore cottolenghine

Madre Elda Pezzuto è la diciassettesima superiora gene-rale della Congregazione delle Suore di San GiuseppeCottolengo, costituita da Famiglia di vita contemplativa

e Famiglia di vita apostolica. È stata eletta domenica 15 dicem -bre 2015 dal X Capitolo generale, riunito a Celle Ligure, in pro-vincia di Savona.La nuova Superiora generale, 62anni, è originaria di Vezza d’Al-ba, Cuneo. Per alcuni anni ha svolto la sua missione fra le per-sone con disabilità nella Casa del Cottolengo di Biella. Dopoil conseguimento del magistero in scienze religiose presso laPonticia Università Gregoriana di Roma, ha continuato, perotto anni, lo stesso servizio di carità nelle opere apostoliche del-la Congregazione in India, rivestendo anche il ruolo di Superioralocale e Consigliera provinciale. Nel novembre del 2003 l’VIIICapitolo generale l’ha eletta vicaria generale, servizio svolto perdue sessenni, no al 15 novembre 2015, il giorno appunto della

sua elezione a Suora Madre.

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il nuovoconsigliogenerale

NOTIZIECOTTOLENGHINE

I giorni 21-22 novembre 2015 il X Capitoloelegge il nuovo Consiglio generale

delle Suore di San Giuseppe Benedetto Cottolengo

Suor Mirella BocchiVicaria generale

Con sentimenti di gioia sincera e di riconoscenza abbiamo appreso la notizia dellaelezione di Sr. Elda Pezzuto a Madre generale delle Suore di San Giuseppe Cottolengo e diSr. Mirella Bocchi a Vicaria Generale e di tutto il Consiglio Generale, assicuriamo la nostra

fraterna collaborazione, la nostra devozione ed il profondo aetto con cui ci sentiamo

unica famiglia cottolenghina. Felicitazioni sincere, da parte di tutti noi della Redazionedi “INCONTRI”, dal Volontariato Cottolengo, Amici del Cottolengo e Laici Aggregati.

Consiglieredi vita contemplativa

Suor Cristina Cattaneo

Suor Maria Patrizia Morosini

Suor Rossella Ghidinelli

Suor Maria Elena Fusero

Consigliere di vita apostolica

Suor Jacintha Mukkathsettore “Formazione” 

Suor Nicoletta Arrivabenesettore “Ministero di carità” 

Suor Luisa Busatosettore “Carisma e i Laici” 

Suor Rosella Busnellisettore “Pastorale vocazionale

 giovanile - parrocchialee Comunicazioni” 

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NOTIZIECOTTOLENGHINE professioni

Il mistero della gratuita chiamata di Dio e della generosa rispostadi un uomo si è concretizzato nuovamente Sabato 3 ottobre, nellaChiesa della Piccola Casa: fratel Paolo dello Spirito Santo Rinaldi ha

emesso la Professione Perpetua con la quale si è consacrato deni-tivamente a Dio nel servizio incondizionato ai poveri.La chiamata di Dio ha raggiunto fratel Paolo durante gli anni gio-vanili del suo impegno in parrocchia a Brescia, ed è diventataevidente durante le esperienze di volontariato alla Piccola Casa.Durante gli anni della formazione fratel Paolo ha prestato servizionelle case di Torino, Biella e Tachina (Ecuador) impegnandosi nel-la cura degli ospiti, nello studio della vita religiosa e nell’approfon-dimento del carisma di San Giuseppe Cottolengo. Gli anni dellaformazione sono stati soprattutto impegnati nella preparazioneprofessionale presso il Corso di Laurea in scienze infermieristichedella Piccola Casa, dove si è laureato nel 2014. Dallo scorso annoè stata adata a fratel Paolo la responsabilità dell’area sanitariadella Casa Cottolengo di Mappano, ruolo che tuttora ricopre conpassione e professionalità.Durante la Celebrazione Eucaristica nella quale era inserito il rito dellaProfessione Perpetua di fratel Paolo, Padre Lino Piano si è soermatoa riettere soprattutto sul brano della vocazione del giovane Samuele.Il testo, volutamente scelto da fratel Paolo, esordisce ricordando che«la parola del Signore era rara in quei giorni e le visioni non erano

frequenti». Padre Lino ne ha colto l’occasione per ricordare a fratel

Fr. PAOLO RINALDI

 Ancora «Eccomi!» alla Piccola Casa

Paolo e a coloro che sono intervenuti alla Celebrazione la necessità dialimentare un rapporto con Dio profondo e costante anché possaessere percepita la chiamata di Dio. La Professione di fratel Paolo è unulteriore richiamo dell’importanza della cura della vita interiore. Dioparla, in molti modi ed in diverse occasioni, ma la sua parola non puòessere percepita se il cuore e la mente non sono stati conveniente-mente predisposti a comprendere il modo di agire e di parlare di Dio.La storia di fratel Paolo e la sua consacrazione tra i Fratelli disan Giuseppe Cottolengo ci aiutano a comprendere il signica-to profondo della consacrazione religiosa cottolenghina, proprionell’anno in cui Papa Francesco ci stimola a riettere sulla vitareligiosa e a pregare per i religiosi. I Fratelli del Cottolengo consu-mano la propria vita, si sacricano in un servizio umile e generosoche certamente avrà una grande ricompensa nel Regno, anchese già oggi sperimentano quotidianamente la benevolenza di Dio.Sorprende la promessa di Gesù per coloro che avranno dato unsolo bicchiere d’acqua ad un povero (Mt 10, 42). Se confrontiamola promessa di Gesù con la libera decisione di fratel Paolo di do-nare non solo un bicchiere d’acqua, ma la vita intera nel gioiososervizio di carità, allora la nostra anima si riempie di riconoscenzaper il dono della chiamata alla Piccola Casa ed il cuore canta e

benedice la bontà del Signore.l La Redazione

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NOTIZIECOTTOLENGHINE

In un’atmosfera di fervore spirituale, davanti a una folla di fedeliriunita nella chiesa parrocchia-le St Joseph Church di Palluruthy,il Rev.mo Fratel Sandro Confalonieri, vicario della Congregazione

dei Fratelli di San Giuseppe Benedetto Cottolengo, ha accolto, anome del superiore Generale, il voto perpetuo di Fratel BinoyPeter Kurisingal, in data odierna 10 Ottobre 2015.Il coro e la Congregazione hanno intonato il canto di ringra -ziamento. Il Vicario Generale della Dio-cesi di Cochin, Mons.Antony Thachara, ha presieduto la celebrazione eucaristica edha ricordato che durante la sua permanenza in Italia e` sta-to alla Piccola Casa della Divina Provvidenza ed ha constatatoche gli ospiti accolti erano veramente dei gli di Dio gli ultimitra gli ultimi, amati e cu-rati dai religiosi e dagli operatori vo-lontari. E tornando alla scelta di Fratel Binoy ha sottolineatoche il suo servizio non sarà solo di alcuni giorni o per brevitempi, come succede per i volontari ma una scelta denitivaper tutta la vita,una scelta responsabile maturata negli anniche si concretizza con la decisione di consacrarsi denitiva-mente a Dio nel servizio ai fratelli. Scelta che rappresenta an-che un esempio per i giovani che avvicinerà nel suo sevizio aifratelli, soprattutto proprio quest’anno che la Madre Chiesadedica ai Consacrati.Grande festa per il Cottolengo, per la parrocchia, per il villaggio

e per gli amici e i volontari! La vocazione di fratel Binu e` la pri-ma vocazione del luogo tra i fratelli del Cottolengo.Il fratello Binoy Peter, da quasi tutti aettuosamente chiamato“Binu”, è stato al centro dei festeg-giamenti.Tutti noi del luogo siamo legati a fratel Binu da un legame eaetto liale che rimarrà nel tempo.Tutto il paese lo conosce come un membro della Congregazionedei Fratelli, già dall’età scolastica.Dopo le giornate passate a scuola, Binu era sempre puntualealla Piccola Casa, tutti i giorni a svol-gere le piccole mansioniadategli no a sera tardi. Per tutti i volontari questo ragaz-

zo tenero era proprio un’ispirazione: si dedicava ai suoi lavoricon religiosa attenzione e spirito cottolenghino. Finita la scuola,avrebbe voluto entrare nella congregazione ma, per sostenerela famiglia nella costruzione della nuova casa, è andato a lavo-rare presso una banca per un certo periodo, e contemporane-amente continuava a servire i buoni gli, tutto il tempo dispo-nibile, tutti i giorni dopo il lavoro. Appena nita la costruzionedella casa, è entrato nella Congregazione nel giugno 2003 e haemesso la prima professione il 25/05/2007 a Torino.Ha voluto laurearsi in scienze infermieristiche per servire me-glio i buoni gli e i soerenti. Nell’edicare il formidabile volon-tariato cottolenghino in India “Cottolengo Mission Family”, fratelBinu è stato un promotore importante.

l Dr. Thomas Maliyakal 

perpetue

Il giorno più bello? Oggi L’ostacolo più grande? La pauraLa cosa più facile? Sbagliarsi L’errore più grande? RinunciareLa felicità più grande? Essere utili agli altri 

Fr. BINOY PETER KURISINGAL

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E TORNA NATALE

Mi chiesi quel giorno cosa avrei voluto ricevere in regaloper Natale. Ormai si avvicina la festa “più calda” dell’an-no. Mi domandai anche cosa avrei dovuto far trovare

sotto l’albero alle persone più care. Poi, accantonati i pensieri,decisi di uscire e di fare un giro per le strade a respirare aria diAvvento, di frenesia, di acquisti inutili. Arrivai sulla principale via

di negozi, un viale illuminato, tutto addobbato di ghirlande e dirosso. Forse invita a spender di più. Il tempo però poco invo -gliava a camminare a piedi. Infatti, leggere goccioline cadenti daun cielo grigio perla scivolavano, lievi, sulle vetrine sfavillanti eil gioco di luci si faceva ancora più bello. Le guardai tutte, le ve-trine, tutto ciò che era esposto, ogni particolare, ogni dettaglio,anche se a fatica. La gente era più pazza di me. Ti strattonava,si sparlava a vicenda, commentava e poi fuggiva. A guardarcidall’alto, son sicuro, apparivamo come le disordinate di mi-

il DONOpiù GRANDE

gliaia di formiche. È l’inverno che ci rendecosì superciali, sono le feste che ci fan-no egoisti. Quel giorno non cercavo rega-li, chissà che cercavo. Cercavo forse ami-cizia, forse aetto, forse cercavo solo unpo’ d’aria e forse probabilmente cercavonulla. Continuai comunque quella strana

“ È Natale ogni volta

che sorridi a un fratelloe gli tendi la mano” 

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E TORNA NATALE

“ Era una vecchia sarmonica asuonare, appoggiata sulle gambe di

un uomo seduto ai piedi di un grande portone”  

passeggiata e poi assieme alle luci, allevoci, ai colori e al freddo di una mattina dine autunno percepii una melodia.Una triste melodia che camminando sifaceva più intensa. Si fermava a volte equando non la udivo più sentivo il suo-no di monete, di spiccioli lanciati a caso,che si urtavano tra loro; poi il suono ri-

prendeva. Era una vecchia sarmonica asuonare, appoggiata sulle gambe di unuomo accovacciato ai piedi di un grandeportone. Suonando confondeva paroledette fuggendo, urla di bambini e il rumo-re incessante di un costante via vai. Unasinfonia era, che amalgama del perversovizio di spendere sempre di più, quello diessere perfetti in ogni cosa, quello di ma-scherarsi dietro un vestito che vale più dichi lo indossa. La musica era il sottofondodi quanti, vestiti di rosso con lunghe barbebianche, persuadevano chiunque, intrat-tenevano i piccoli e intascavano il dovuto.

Quell’uomo, là a terra, intascava desolazione e indierenza.Suonava lo strazio e il freddo che raccoglieva per le strade, usa-va la sua sarmonica con la rassegnazione di chi vive una vita aimargini di un marciapiede e delle feste certamente non cono-

sceva il signicato.Gli passai accanto e cercavo il suo sguardo che veloce scrutavae implorava ogni uomo ed ogni donna che passava davanti aisuoi piedi. Mi abbassai e lasciai cadere nella sua tazza davanti alvecchio strumento due monete che tintinnarono con le pochealtre e con la pioggia che ormai riempiva mezzo contenitore.La melodia si fermò e l’uomo mi ringraziò, augurandomi buonNatale. Gli chiesi subito cosa avrebbe fatto a Natale e ascoltaila sua risposta rialzandomi. Mi rispose che Natale era ogni gior-no, ogni volta che suonava, ogni volta che una persona passavadavanti a lui, sia che lo degnasse di uno sguardo, sia che tirassedritto, ignorandolo. Per lui era Natale ogni volta che cadeva unamoneta nella sua tazza, quando veniva cacciato perché distur-bato o allorché vedeva un bambino uscire felice dalla bottegacon il suo giocattolo in mano.

“E a Natale me ne starò accanto al fuoco, accarezzando i ran-dagi che mi fanno compagnia, aspettando il giorno in cui ri-apriranno i negozi; risuonerò questa musica per la mia gentedi ogni dove. Loro, e così anche tu, siete il mio dono. Voi fateNatale per me ogni giorno”.

La Redazione “INCONTRI” augura Buon Natale

l La redazione

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SPIRITUALITÀ

Cieli azzurri o corrucciati della ValleSanta di Rieti! Montagne ora aspre,ora ospitali, boschi solitari, rocce

selvagge, case con la ruggine del tem-po, pietre sacre e consunte dei cenòbifrancescani! Sono trascorsi tanti secoli, sisono succeduti eventi lieti e tristi, la sto-ria ha voltato molte pagine, ma la terradove San Francesco predicò, pregò, fecepenitenza e compì prodigi ha conservato

un fascino straordinario ed una poesiapatriarcale. L’aria che vi si respira ha lafragranza del pane sfornato.Greccio dalle solide architetture medio-evali, è passato alla storia a partire dalNatale 1223, da quando San Francesco vicostruì il primo Presepio, mistica e popo-lare invenzione, che si sarebbe poi diu-sa in tutto il mondo cristiano. Francesconon avrebbe potuto scegliere un luogopiù adatto di questo. Una grotta abban-

donata nel folto di un lecceto, ricovero dipastori e boscaioli, tra rocce brunite stra-piombanti sulla vicina valle, nel profondosilenzio di una natura primitiva e intatta,nella cui cornice era stato costruito unodei primi e piccoli conventi francescani.Tommaso da Celano, nel trentesimo ca-pitolo della “Vita Prima di San Francescod’Assisi”, ci racconta, con uno stile vera-mente evangelico, come si svolse quell’ir-repetibile celebrazione natalizia, per la

cui realizzazione San Francesco si avvalsedella collaborazione di Giovanni Nellita,feudatario del luogo. Tra l’altro, SanFrancesco gli aveva detto: “Se hai piacereche celebriamo a Greccio questa Festadel Signore, precedimi e prepara quantoti dico. Vorrei ragurare il Bambino natoa Betlemme, e in quel modo, vedere congli occhi del corpo i disagi in cui si trovavaper la mancanza di quanto occorre ad unneonato: come fu adagiato in una grep-pia e come tra il bove e l’asino sul enogiaceva… “. Greccio diventò così una nuo-va Betlemme.

Natale, gli occhi spalancati di un bambinoestasiato e curioso, che osserva il sacro sce-nario della Natività. In questa notte ricca di

 promesse ritroviamo anche noi la speranzaall’amore condiviso.

La spiritualità del PRESEPIO

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SPIRITUALITÀ

Sotto un cielo orito di stelle, frati salmodianti e gruppi canoridi pastori, donne e ragazzi, recanti accole palpitanti, aollaro-no quel primo più che vivente Presepio, dove nel corso dellaMessa solenne, San Francesco, nei paramenti di Diacono, cantae commenta il Vangelo di San Luca.Quell’evento ha fatto di Greccio la “Betlemme francescana d’I-talia”. Da quella Notte Santa, il Presepio si è diuso nel mondocon la sua aascinante poesia religiosa e familiare, ispirandopittori, scultori, scrittori e poeti. Aveva ragione Piero Bargelli a

chiamare Greccio “Culla dell’arte italiana”. Come non ricordare,inoltre, che il Presepio suscitò in quella lontana epoca una be-neca ondata di rinnovamento spirituale?Ritornare, perciò, a Greccio vuol dire rivivere la spiritualità e l’in-canto del Presepio: l’amore di Dio fatto uomo. San Francescovolle rendere visibile il mistero dell’Incarnazione per toccare econvertire gli uomini, spesso dimentichi dell’innita bontà e mi-sericordia di Dio, rivestitosi della nostra gracile carne mortale.Lassù, sulle sacre rocce di Greccio, nuova Betlemme, si dion-dono anche oggi nella Notte Santa canti di gioia e di speranza.Nel profondo silenzio di quelle selve c’è ancora tanta pace: lapace di Gesù Bambino e di San Francesco.

l La redazione

“ Vorrei ragurare il Bambino natoa Betlemme, e in quel modo, vederecon gli occhi del corpo i disagi in cui

si trovava per la mancanza di quantooccorre ad un neonato” 

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SPIRITUALITÀ

In questo articolo cercheremo brevemente di descrivere unodegli elementi più specici della carità e della morale cristia-na: il perdono.

Esso è uno dei valori maggiormente dicili da mettere in pra-tica; vivere il perdono costa a volte molta fatica, è tuttavia unodei valori morali più specici del cristianesimo: nessun’altra reli-gione infatti invita in modo così chiaro e pressante a mettere inpratica questo insegnamento.Scrive il Cardinale Carlo Maria Martini: “Nella gioia di essere per -donati e di perdonare comincia a rendersi presente la novità delVangelo, che è lieto annuncio della misericordia del Padre per noi

 peccatori ”.Sempre il Cardinal Martini nel libro “La debolezza è la mia forza”  sottolinea, parlando del tema del perdono, l’esigenza di com-piere tre tipi di riconciliazione: la riconciliazione con Dio, con noistessi e con gli altri.

La riconciliazione con Dio:  è questa forse la riconciliazionemeno dicoltosa, perché è Dio che si riconcilia con noi; noidobbiamo solo accogliere il perdono di Dio, basta che ci sia innoi il desiderio di essere perdonati. Prezioso a questo riguardo

è il sacramento della Riconciliazione.

Se vuoi veramente amare,

devi imparare a perdonare

Il Cottolengo era molto esigente sull’im-portanza di essere in comunione conDio; testimoniò una suora: “Mi ricordo di

averlo sentito una volta in chiesa a dolersi,e dire, che egli sentiva, che vi era qualche-duno nella Piccola Casa, che aveva sullacoscienza un peccato mortale, e raccoman-dava che quegli uscisse dalla Piccola Casa,che le porte erano aperte, pregandolo viva-mente a non restare più oltre”.La riconciliazione con noi stessi. È unariconciliazione che passa attraverso la viadell’accettazione di noi stessi. Il Signore cichiede di accettarci così come siamo, con

i nostri limiti, con le nostre debolezze,addirittura con i nostri peccati. Questaaccettazione è fonte di grande pace; unapace che nasce dalla consapevolezza cheil Signore non ci chiede di compiere cose“più grandi di noi”, ma invece ci ama, ciapprezza e ci rende suoi strumenti cosìcome siamo, così come Lui ci ha creati.La riconciliazione con gli altri.  È la ri-conciliazione istintivamente più dicile,soprattutto quando subiamo dei tortie magari anche pesanti. In questi casi

dobbiamo proprio guardare Gesù: Egliche ha perdonato in croce i suoi ucciso-ri e che ha detto “ Amate i vostri nemici ”.Questo sguardo rivolto a Gesù, unito aduna costante preghiera per chiedere laforza di perdonare, può davvero aiutarcia vivere il perdono, anche nelle situazionipiù dicili.Anche su questo aspetto l’esempio delsanto Cottolengo può esserci d’aiuto; te-stimonianza di suor Ferdinanda Caglieris:“Egli esortava vivamente e spesso i ricove-rati ad amarsi fra loro cristianamente, ed

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SPIRITUALITÀ

“ Il cristiano è colui

che perdona, che passa oltre, che

dimentica i piccoli e grandi torti ricevuti,

che sa sempre trovaredel bene in ciò che un

altro fa” 

a perdonarsi a vicenda quelle oese, che l’uno avesse potuto com-mettere verso l’altro; e mostrava desiderio, che questo perdono fos-se pronto; che non si stesse mai colla freddura in cuore, e ci diceva,che ciascuno doveva procurare di essere il primo e far il passo perla riconciliazione; e se vi fosse stata qualche oesa fra i ricoverativenuta a di lui cognizione, egli tosto procurava, che gli oesi si ri -conciliassero prontamente fra loro”.Il Cottolengo invitava quindi caldamente alla riconciliazione (afare il primo passo) ed addirittura si rendeva lui stesso stru-mento (mediatore) di riconciliazione. Per lui quindi il valore delperdono era importantissimo.

Abbiamo quindi, a riguardo del valore del perdono, analizzatotre tipi di riconciliazione: con Dio, con se stessi e con gli altri.Riconciliazioni che possono avere anche un eetto “liberante”per coloro che riescono a metterle in pratica, perché molte vol-te il primo beneciario del perdono è proprio colui che perdo-na.Per concludere, ancora una frase, particolarmente bella, del C.M. Martini: “Il cristiano è colui che perdona, che passa oltre, chedimentica i piccoli e grandi torti ricevuti, che sa sempre trovare delbene in ciò che un altro fa”.

l Don Emanuele Lampugnani

il valore del

perdono

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OUTSIDER Associazione Onlus

VOLONTARIATO

N

el cortile della Provvidenza, alle spalle della statua delSanto, è situato un moderno edicio che ha visto na-scere nel 1995 i primi laboratori artigianali e che per

lunghi anni ha ospitato la Famiglia San Francesco Di Sales.Un’esperienza iniziata con pochi soggetti della famiglia, ma chein seguito, visti gli interessi positivi e l’interesse suscitato, si èestesa a tante altre persone. Nel 2003 il primo cambiamento:la famiglia si sposta al padiglione Frassati e ad essa subentra,ssandovi propria la sede, l’Outsider Onlus, associazione nataper rispondere concretamente al dibattito italiano ed europeosui temi dell’integrazione delle persone con disabilità.Qualcosa di diverso, ma niente di nuovo sotto il cielo dellaPiccola Casa della Divina Provvidenza: continua e si rinnova in-fatti quanto recita la sua missione: “La Piccola Casa si prende

cura della persona povera, malata, abbandonata, particolar-mente bisognosa, senza distinzione alcuna, perché in essa rico-nosce il volto di Dio… aerma il valore sacro della vita umana…promuove la dignità di ciascuno nella sua originalità e diversitàe si prende cura della persona… costruendo relazioni di reci-procità…. condivisione… fraternità”. Nostalgia, radici profondee passi che portano lontano… La prima scuola asilo nella VoltaRossa nel 1831, le piccole Orsoline nel 1832, gli epilettici e ibuoni gli in Valdocco dal 1835 e via proseguendo degli anni.Tante altre porte si sono aperte: dalla già citata San Francescoalle famiglie maschili e femminili, Sant’Antonio Abate, SacraFamiglia, Santi Innocenti, San Giovanni Battista, Santa Elisabettaecc… Una storia lunga che l’Associazione Outsider, forte dell’e-sperienza dei 180 anni del Cottolengo e nel rispetto delle piùrecenti normative, si pregge di perpetuare con l’integrazionedi persone disabili in condizioni di svantaggio, anche non resi-denti.Dedicandosi con continuità al loro sostegno, negli anni è diven-tata luogo di aggregazione, socializzazione, libera espressioneartistica e crescita culturale. Tutto passando attraverso i diversilaboratori allestiti di falegnameria e restauro, sartoria, cerami-ca, pittura, informatica, fotograa e sempre perseguendo obiet-tivi mirati.

- Aiutare persone disabili, con decit mentale o sico o in deten-zione, ad esprimersi attraverso l’arte, la cultura e l’animazione.

“ Scoprire i talenti delle persone, al ne di farli crescere nelle loro funzionidi socializzazione e integrazione nellasocietà, contrastando l’isolamento” 

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VOLONTARIATO

- Scoprire i talenti delle persone al ne di farle crescere nelleloro funzioni di socializzazione e integrazione nella società,contrastando l’isolamento (e tanto vale specialmente per gliesterni).

- Stimolare la società ai valori della persona e al diritto dellepari opportunità, promuovendo manifestazioni artistiche,culturali e creative che mettono in dialogo diversi mondi so-ciali.

L’associazione attualmente consta di 35 volontari iscritti ed èpresente sul territorio in collaborazione con enti pubblici e pri-vati. Settimanalmente, tra interne ed esterne sono presenti 90

( 50-40 ) persone che frequentano attività di alfabetizzazione,informatica di base, artigianato, creta, pittura, falegnameria,sartoria, teatro, musica, fotograa, percussioni.Tanti progetti e iniziative, che nascono dalla necessità di aprirenuove strade, hanno come base l’arte e l’animazione e vengonopresentati agli Enti pubblici e privati che intendano sostenerenuove attività nel campo riabilitativo e ne nanzino l’attuazione(San Paolo - CRT- Comune, ecc...). L’attività di teatro, già pre-sente nella Piccola Casa, operava nella famiglia Santi Innocenti,è conuita nell’Associazione Outsider formando la CompagniaTeatrale Contromano, nata in seguito alla partecipazione al

concorso Teatrando organizzato dalla città di Torino. I primi

“ Non chiederti solo cosatu possa fare per il disabile,ma anche cosa il disabile

 possa fare per te” 

“ La disabilità è una questione di percezione. Se puoi fare anche una solacosa bene, sei necessario a qualcuno” 

spettacoli allestiti sono stati IL sogno pertutti e L’uomo perfetto. In collaborazionecon il Museo del Cinema di Torino è poi

stato girato un cortometraggio dal titoloSuper Eroi. Ma l’attività teatrale proseguee arriviamo ad altri spettacoli: Polvere LaVita che vorrei e Polvere Mundi, portaticon successo e ripetizioni in teatri comel’Astra ed il più famoso Carignano.Degno di nota l’impegno dei volonta-ri, convinti che l’arte, in quanto formadi espressione, rappresenta un grandemezzo comunicativo per persone chespesso hanno maturato una condizione

di isolamento, alimentata dalla dicileaccettazione della diversità.La bella novità di quest’anno è l’apertu-ra anche ai più giovani di un servizio didoposcuola per gli iscritti di elementarie medie che sarà intervallato da attivitàdi carattere artistico accessibili anche aigenitori.

l Mario Carissoni 

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VOLONTARIATO

Èpiù facile darne una denizione cheprovare a descrivere cosa vogliadire Centro di Ascolto Cottolengo.

Spontaneamente vien da dire “entrate acuore aperto – vi entreremo nel cuore”;io lo percepisco e lo vivo così, incapace distabilirne i limiti.Ma entriamo insieme, vi accompagneròin una giornata-tipo, in uno degli uci.Sono le nove del mattino, la porta aln° 18/5 di Via Andreis viene aperta - quinon occorre citofonare e presentarsi - edecco che in pochi istanti il salottino di at-tesa brulica di voci, si anima di persone diogni età, provenienze, colore. Visi noti or-mai da anni, altri del tutto sconosciuti, gliocchi che cercano di comunicare, espor-re una situazione, poter nalmente chie-dere aiuto, condando in chi li ascolta.Si prova anche dopo anni di esperienzauna certa emozione quando a uno a unos’invitano i nostri ospiti ad accomodarsi

nei salottini riservati al colloquio.È suciente una rapida e informale pre-sentazione per dimenticare il proprio sta-to d’animo, i problemi ricorrenti con cui cisi è svegliati o gli ultimi impegni assunti infamiglia. Adesso non possono che essereil tuo cuore e la tua mente, sgombri dapregiudizi, i veri protagonisti di quell’in-contro.Sei da subito consapevole che hai davan-ti una storia di vita non solo da imparare

a conoscere ma anche da condividere, la-sciando ampio spazio agli unici strumentiche diventano i principali attori: la caritàe l’amore indiscriminato.Sarebbe così facile cavarsela volendo“classicare” la persona che hai di fron-te, sentirsi in pace perché siamo stati ingrado di formulare un consiglio, magariavvalendosi di qualche formula già speri-mentata… No, così non funziona, si com-prende immediatamente lo sconforto dichi ti ha aperto il cuore perché non hatrovato l’accoglienza attesa che viene pri-ma del reale bisogno.

Tanti, troppi, in questomomento, non hanno

tetto e cibo.La solitudine fa il resto

Il servizio è rivolto a persone italiane, siaresidenti che non residenti, di zona o no,senza ssa dimora, e a persone straniere,sia regolari che irregolari.Possono essere inviate da Casa Acco-

 glienza del Cottolengo, dai Servizi del Ter-ritorio o accedere di propria iniziativa.Le richieste poste sono molteplici: infor-mazione, sostegno e consulenze di variotipo, alloggio, lavoro, vestiario, viveri (ac-

cesso alla mensa di Casa Accoglienza, pacco-viveri), assistenza sanitaria, consu-lenza legale, sostegno economico, mobilio accessori per la casa, etc...

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VOLONTARIATO

È vero, infatti, che con l’aiuto economi-co sembra che tutto diventi più facile.Il rischio però è quello di rimanere allasupercie del problema se non se neapprofondiscono le cause, mettendo-si in discussione no al punto da en-trare in relazione con il nostro ospite.Comunicandogli amore si inizia un per-

corso che forse potrà gradualmente es-sere la vera e radicale soluzione alla suadicoltà.L’emarginazione non è soltanto un pro-blema di soldi, anche se lo può diventare,ma è sostanzialmente dovuta alla solitudi-ne. Perdita o mancanza di lavoro, dicol-tà nella propria famiglia, forse ancora pic-coli e bisognosi di cure e aetto si è statiabbandonati, una malattia all’improvvisocambia le cose, riempitivi del vuoto come

alcool o stupefacenti che perseguitano,una breve reclusione da ladro di gallinecon relativa assenza del giusto avvocato.Per non parlare degli ospiti di oltremare,ai quali la dicoltà della lingua e la lonta-nanza dalle proprie radici culturali e dallepersone care rendono oltremodo dolo-roso il cambiamento radicale.È dicile tentare di spiegare il disagio. Sipotrebbe credere che una semplice elen-cazione e classicazione possano rappre-

sentare uno strumento di lavoro per chinel sociale svolge ruoli di responsabilità.Non è solo così, ed ecco perché il “Centrodi Ascolto Cottolengo” si pone come uncuore aperto sulla città e sul mondo, con-dividendo e amando, lasciando che la no-stra vita si mescoli con quella del fratelloo della sorella che hai di fronte. Ecco cheallora si comincia a esserci veramente. Ela gioia che ti esplode nel cuore fa il resto:si è all’inizio di un nuovo percorso.“Caritas Christi” è il vero nostro essere.

l Salvatore Acquas

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La Piccola Casa aCerro Maggiore

LE NOSTRE CASE

Sono ormai trascorsi 180 anni dal-la nascita della Piccola Casa del-la Divina Provvidenza, fondata a

Torino da San Giuseppe Cottolengo.Da allora tante altre, modellate sullaCasa Madre, sono nate e si sono dif -fuse in diverse località d’Italia e all’e-stero. Moderne residenze funziona-li, con strutture adeguate ai tempi econformi alle più recenti normative,costantemente animate dal Carisma

Cottolenghino, nella fedeltà alla suaMissione: accoglienza e cura dellepersone in stato di forte disagio e ne-cessità. Le troviamo a Roma, Cuneo,Alba, Mappano, Novate, Bra, Biella,Pisa, Bosa, Ducenta e tanti altri luoghi.Cominciamo allora con un approfon-dimento della Casa di Cerro Maggiore,visitata recentemente. La troviamo anord di Milano vicino a Legnano, unpassato con radici nell’agricoltura ma

già sede di importanti industrie tessili,sempre ricca di attività.La Piccola Casa nasce qui nel 1944 comeCasa di Riposo, per ospitare anziani, giàoperai degli stabilimenti dei benefatto-ri Mocchetti, con un primo padiglionecapace di 80 posti, inaugurato il 28 giu-gno 1947. Successive donazioni darannopossibilità di avere spazi più ampi e ini-

ziare così la costruzione di una nuova ala, che comprenderàanche la Chiesa; prima pietra il 25 gennaio 1970, inaugurazioneil 4 giugno 1971. Seguiranno ristrutturazioni nella vecchia ala ela sopraelevazione di un piano che ospiterà altri 50 posti, desti-nati alle suore.Oggi vi troviamo una Residenza Sanitaria Assistenziale. Ungrosso edicio a tre piani con seminterrato, completamenteristrutturato nel 2001; nello stesso anno una nuova costru-zione.La Casa conta 7 Nuclei Residenziali e ospita attualmente 80 per-sone residenti, tanti anziani non autosucienti di entrambi i ses-

si, bisognosi di intense cure assistenziali e sanitarie continuative.Poi 40 residenti con Alzheimer e 20 semi-residenti nell’innovativoCentro Diurno per Alzheimer. Essa opera secondo il modello digestione condiviso e partecipato, una scelta estremamente im-

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LE NOSTRE CASE

portante perché caratterizza il servizio ai poveri, obbiettivo sem-pre attuale delle realtà cottolenghine, qui sotto l’attenta guidadelle nostre suore, perfettamente realizzato.

Il complesso si apre su un ampio parcheggio con spazi ver-di coronati da alberi d’alto fusto. Varcando la soglia al pia-no terra del Primo Edicio, troviamo portineria e centralino,Direzione e uci; non mancano l’angolo bar, i salottini di ri-cevimento e la bellissima e luminosa Chiesa, foderata di mol-to legno e accessibile anche dall’esterno. Costruita su duelivelli per facilitare i residenti dei piani alti, presenta un altarerialzato, consentendo, in tal modo, visibilità da ogni altezza;un bel crocesso sopra il tabernacolo, con ai lati statue delCottolengo e di Gesù attorniati dai poveri, completa il qua-dro. Sempre a piano terra abbiamo il Nucleo Residenziale

Sant’Anna con relativo soggiorno.Al primo piano ecco i Nuclei Residenziali Santa Chiara eMadonna del Redentore. Al secondo il Santa Rita e al Terzo ilSanta Teresina. Il seminterrato presenta una ampia sala poli-valente, sovente utilizzata anche da esterni, palestra, terapiaoccupazionale, animazione, farmacia, cucina e servizi lavan-deria e inne la camera mortuaria con accesso dall’esterno.Ampie vetrate, che si aacciano sul giardino, riempiono diluce l’edicio nuovo, in cui nuclei residenziali sono riservati

a malattie come l’Alzheimer. Il Centro

Diurno dedicato a questa patologia sirivolge ad anziani in condizione di so-litudine e disagio, e ai loro familiari bi-sognosi di un sostegno nell’assistenza,per brevi, medi o anche lunghi periodi.Il Centro è stato progettato per garan-tire sicurezza e comfort e facilitare lacomprensione dell’ambiente da partedella persona malata. Certamente perquesto abbiamo incontrato solo visisereni e gioiosi. Le foto confermano labellezza di quanto visto.

l Mario Carissoni 

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I VOLONTARIDELL’ACCUEIL

Pensavamo… quest’anno c’è l’Osten-sione…. Andiamo a Torino, magariagganciamo una brave vacanza in

modo da poter vedere luoghi, monu-menti, torniamo al Museo Egizio… E cosìnell’organizzare ci imbattiamo nel sitodell’OPD, in cui si propone il soggiornoin Accueil. “Proviamo!” Immaginavamodi trovare una struttura con cameree letti, dove qualcuno ti dava orari darispettare, ti diceva cosa potevi fare eforse anche quando, nella quale ognu-no viveva la sua storia e nell’incontrarsici si salutava reciprocamente. Abbiamotrovato persone, ognuna con la propriastoria… gli sguardi… gli occhi, i sorrisi:tutti indistintamente desiderosi di tra-smettere gioia e felicità, quella vera, chenasce dal cuore. Siamo stati coccolati,accolti, amati. Ci siamo innamorati del-le persone e lasciati trascinare da loro.Dimenticati presto musei, monumenti,

siti, abbiamo abbracciate le storie, rac-contandoci reciprocamente dove sta ilnostro cuore. Siamo venuti per contem-plare un lenzuolo… “Il Lenzuolo”. Eccocicosì a Torino: che emozione davanti aquella teca! Il Signore è “grande” e operacose grandi per fare le quali si serve dipersone apparentemente piccole, mos-se da una grande forza invisibile e capacidi superare qualunque ostacolo. E chedire di come abbiamo trattato Paolo… la

“perla” rara! Se nel mondo ci fossero piùpersone disposte ad accogliere l’altrocosì come abbiamo potuto constatarein questi giorni, le barriere si dissolve-rebbero ed ogni “piccolo” sarebbe capa-ce di esprimere la propria grandezza.E’ ora di ripartire, di ritornare al quo-tidiano, ma porteremo sempre connoi l’esperienza di questi giorni, con ivostri sguardi e sorrisi. Custodite pernoi il pezzo di cuore che lasciamo convoi. Deo gratias!

Ornella, Massimo, Paolo. 10.05.2015

Veramente è l’amore di Cristo che ci spinge: è quantoho vissuto in questi giorni di ospitalità al Cottolengo.Insieme alla grande emozione di poter contem-

plare la Sindone, si è unita da subito l’emozione di vederservito il malato in ogni aspetto e in tutti i momenti, concura, passione e amore intenso. Cristo vive nei malati enei soerenti: veramente è chiaro qui, e chi ama Cristoama anche costoro. La testimonianza e l’esempio dellesuore e dei volontari mi ha scosso, interrogato su quantoanch’io possa fare per aiutare il fratello che mi sta ac-

canto. Mi hanno commosso le suore, consacrate a Dio eai più piccoli, sempre gioiose e felici, il volto impregnatod’amore. Per non parlare delle decine di persone deditealle opere di carità; dal più impegnato al meno, ciascunoha oerto il proprio tempo con dedizione, allegria, gioia,entusiasmo e tanta fede!Grazie per averci fatti sentire in famiglia, qui ho compresocosa signichi amare senza distinzione.Grazie per la vostra vita e la cura verso di noi. Tantestorie diverse ma tutti toccati in modo speciale da Dio,si vede!Torno ad Assisi con nel cuore tanta gioia e il desideriodi trasmettere, come dice San Paolo, ciò che ho ricevu-to. Continuate senza stancarvi mai, la Vergine Maria viprotegga, San Giuseppe Cottolengo vi accompagni! Deogratias.

Edoardo 21.05.2015

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I VOLONTARIDELL’ACCUEIL

Ero venuto a Torino per vedere il segno dell’amore più gran-de. Quale emozione vederLo! Quel telo coi segni della soe-renza di Gesù per noi è dolore che si infrange contro la luce

della speranza, perché, per noi credenti, esso è la “prova” dellaresurrezione di Nostro Signore. Capire questo trasforma quelsangue che viene dal dolore in gocce di Vita Eterna che ancoraoggi cadono su di noi. Ma l’amore è veramente più grande di tut-to, anche dello spazio e del tempo, così che il segno dell’amorelo trovi anche oggi visibile a chi lascia il cuore aperto.Lo trovi incarnato nel sorriso di una suora, forse un po’ matta,

ma talmente colmata di amore, che non può non donarlo agliultimi, a tutti, perché l’amore vero non puoi tenerlo per te, madevi “condividerlo” per farlo frutticare.Lo trovi incarnato in tanti laici che, giorno e notte, si fanno inquattro per far funzionare una grossa ”macchina”, guidata esostenuta dalla Spirito, ma che poggia sul loro impegno gra-tuito, perché l’amore non chiede alcunché in cambio.Lo trovi in un Papa stanco, ma che non molla mai perché l’a-more è un “impegno” da ricambiare.Lo trovi nei giovani, nei sorrisi, negli scherzi, ma soprattuttoin un viaggio stancante, solo per stare vicini insieme a Gesù,perché l’amore è anche “fatica”, si conquista giorno dopo

giorno e si protegge come un tesoro prezioso.Questo amore lo scorgi in una città dalle mille ombre ma an-che dalle mille luci che il Signore le ha donato. Vite sante etante opere che hanno intrecciato la loro esistenza con quel-la di tutto il mondo, portando luce ovunque, come le candeleche per illuminare danno tutto di sé, poiché l’amore è pri-ma di tutto “dono che unisce” e che ci ha fatti incontrare percondividere questa profonda esperienza, che ancor più chepersonale è esperienza di Chiesa.Grazie per la vostra presenza, e per la testimonianza chel’incontro col Cristo risorto vi ha cambiato la vita. Ero venuto aTorino per trovare l’amore più grande… e l’ho trovato.

 Antonio Ielo (seminario Reggio Calabria)

Siamo arrivati carichi di speranza e di gioia, per nientedisattese: che momento indimenticabile la visita allaSacra Sindone indimenticabile. Da ripetere. Il soggior-

no al Cottolengo è stata un’esperienza intensa e ricca diumanità, dove si respiravano serenità e amicizia. Speriamoe preghiamo che i nostri cammini possano nuovamente in-crociarsi. Porteremo sempre nel cuore questa esperienzache ci ha donato sorrisi e aetto sinceri. Grazie per l’aettoe le attenzioni ricevute e speriamo di rivederci presto!

Vanda, Augusto, Alberico, Matteo, Andrea – 15.05.2015Ogni momento, cosa, luogo, si-

tuazione, persona… tutto quel-lo che ho vissuto con Te, o mio

Signore, è sempre stato inaspettato

ed eternamente bello. Ciò che si vivecon Te ha il gusto dell’innito, dellasemplicità, del sentirsi a casa ovun-que, perché in ogni luogo, momento,situazione e persona vedo il tuo volto,Signore.Rietti sempre la tua immagine negliocchi di suor Giuseppina, nella sua de-terminazione, nella pazienza e nell’in-stancabile lavoro di tutti i volontari!Grazie al Cottolengo e alla suainstancabile opera di servire gli ultimie chi è alla periferia del mondo e del-la società. Grazie perché tutto questopossa essere eterno ed innito comelo sei Tu.

Gruppo di Altamura 13.06.2015

i pensieri delCUORE

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PERSONAGGIOCOTTOLENGHINO

Vi racconto la storia di Vito. Oggi ses-santacinquenne, Vito è nato senzaarti superiori e inferiori. Quando gli

chiedi da quanto si trovi al Cottolengo, tirisponde “Da quando avevo zero anni; ep-

 pure sono felice, perché io esisto per gridarea coloro che si annoiano: ”Le ore in cui voi viannoiate... mancano a qualcuno che ha bi -sogno di aetto, di cure, di premure, di com-

 pagnia. Se non regalerete quelle ore, essemarciranno e non vi daranno la felicità.” Io

esisto per gridare a coloro che vivono di nottee corrono da una discoteca all’altra: ”Quellenotti, sappiatelo, mancano a tanti ammala-ti, a tanti anziani, a quanti, soli, aspettanouna mano che asciughi una lacrima. Quellelacrime mancano anche a voi, perché essesono il seme della gioia vera! Se non cambie-rete vita, non sarete felici mai!”La svolta per Vito è giunta quando, dopomolte dicoltà siche ed esistenziali, èstato toccato da Dio  ed ha maturato

una nuova visione della sua condizione.I ragazzi della Scuola del Cottolengo diTorino ormai lo conoscono bene; da anni,infatti, li aanca nell’arontare i piccoli egrandi problemi, sui quali sempre più fre-quentemente si arenano, facendo lorointravedere un modo nuovo di guardarela vita. Un orizzonte di eternità e speran-za che fa loro scoprire che Qualcuno liama e li attende, così come sono.«Quando riusciamo a dire “Gesù mi dodi te”, tutto il resto non conta più», spiegaVito. «Nient’altro era in grado di darmi pacecome l’amore di Cristo. Neanche un paio dibraccia e di gambe lo avrebbe fatto. Non hotrovato alcuna risposta veritiera al di fuoridi Gesù, io non sono un uomo senza bracciae senza gambe, ma un glio di Dio». E an-cora: «Ringrazio Dio per non aver rispostoalle mie suppliche quando Gli chiedevo diavere braccia e gambe, perché questa miacondizione sica mi ha reso uno strumentodi Dio. In diverse interviste negli ultimi anni,

attraverso la mia testimonianza, ho aiuta-to tante persone ad incontrare Gesù per la

“ Che cosa è la mente ?” si domandavaSant’Agostino? Che cosa colma il cuore

dell’uomo? Cosa ci rende felici? La salute?La forza? La libertà? No, non servononemmeno le braccia e le gambe per

esserlo. La storia di VITO lo dimostra: peressere felici è suciente avere coscienzadi essere gli di Dio e vivere la vita alla

luce di tale consapevolezza” 

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Vitol’eterno ragazzo

 prima volta. Come potrei preferire a questoil fatto di avere braccia e gambe?». QuandoPapa Francesco, nella sua visita del 21 giu-

 gno 2015 alla Piccola Casa, si è avvicinatoe mi ha accarezzato con le mani il viso, hosentito la carezza di Cristo e socchiudendo

 gli occhi ho visto il volto di Gesù.”Vito è arrivato così a convivere con la di-sabilità, traendo soddisfazione da quan-

to fa non solo per quanto concerne leaspettative, ma anche in rapporto alleproprie potenzialità. Grazie all’orgoglio ealla determinazione, che gli sono propri,e sostenuto dalla Piccola Casa, Vito è riu-scito a conservare la capacità di progetta-re il proprio futuro, perseguendo con te-nacia gli obiettivi ed ha potuto continuarea lavorare al computer, uno adatto a lui,naturalmente.“Tutti i giorni sono diversi, ecco perché la ras-

segnazione no, è un buttare la spugna; saràche io sono un tipo anche orgoglioso ma laspugna cercherò di non buttarla mai ”.“Quando ho capito di aver perso per sempredeterminate cose, non mi ci sono più con-centrato, e così non sono state più impor -tanti. È un meccanismo che mi scatta sem-

 pre, se una cosa non ho più la speranza di farla, perde valore; questo mi ha permessodi sopravvivere. Ho visto persone che invecenon hanno accettato la nuova condizione.

In compenso tutto quello che ho capito di poter ancora fare l’ho perseguito con unadeterminazione e una tenacia che… non so,

 per esempio ho sempre desiderato scrivere, proprio tenere in bocca una penna senzaalcun tipo di ausilio”.Alcuni riescono a trarre dalla disabilità,accettata, vere e proprie lezioni di vita earrivano così a scoprire e attivare inediti“talenti nascosti”, divenendo quindi attorie promotori della cultura della solidarietàe della partecipazione.Grazie Vito della tua testimonianza! Ciapre gli occhi alla realtà della nostra vita,e, come tu dici: “Sii felice della felicità deglialtri ”.“Non è bella la mia vocazione?!” Annuiscocommosso e mi dico: “Sono proprio que-ste le esperienze che mancano a tantigiovani. Esperienze che li possono ren-dere adulti!Un uomo, senza arti superiori e inferiori,che vive su una carrozzina elettrica, ha

donato a tutti una grande lezione di vita.l Salvatore Acquas

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AssociazioneLaici Aggregati

alle Suore di San G. B. Cottolengo

VITACOTTOLENGHINA

Domenica 13 settembre 2015nella Piccola Casa della DivinaProvvidenza di Torino, a conclu-

sione del Settimo Incontro Nazionalee del periodo formativo previsto, inChiesa grande, inserito nella celebrazio-ne Eucaristica presieduta da Padre don

Lino Piano, si è celebrato il Rito dellaPromessa di appartenenza all’Associa-zione Laici Aggregati di un secondo foltogruppo di laici di cui annotiamo di segui-to i nominativi:ANDREAUS Carla Maria - BIAVA Ornella -BERTOT Beatrice - BORRONI Anna- DOCIVioleta - GALLO Luciana - GUIDI Nadia- MARTELLI Maria Teresa - MAURI LuigiPeppino - PIOLA Rosi - POZZI Ernestina– RIPAMONTI Simonetta - SICCARDI

Marisa – VIGLIANI Margherita – VISENTINPierantonio.Nel corso della stessa cerimonia han-no rinnovato la loro promessa Binetti F.Adriana, Riccardi Maria, Ulli Mariangela.La Redazione Incontri, facendosi inter-prete di tutto il laicato presente nellaPiccola Casa, li ricorda, abbraccia e ringra-zia con aetto. Augura loro ogni bene e lagrazia di perseverare per essere sempreesempio e testimonianza di quanti in-contrano la dove scorre la loro esistenza.L’insegnamento del nostro amato Padresia sempre la luce di riferimento.

«Poveri, i poveri,sono la pupilla di Gesù Cristo,

sono i suoi rappresentanti;chi voglia piacere a Gesù sa come fare;e si deve fare così:

 perché Gesù ce li raccomanda;e perché alla n nesiamo tutti poveri innanzi a Lui.»Appartenere all’Associazione Laici Aggregati è una chiamata avivere il vangelo sulle orme di San G. B. Cottolengo.L’Associazione è nata per orire una risposta ai laici che deside-rano condividere il carisma con le Suore di San G. B. Cottolengo,impegnandosi, con la ‘promessa’ o la ‘consacrazione’, a viverenel proprio ambiente di vita l’abbandono alla Divina Provvidenza

e la testimonianza della Carità.l La redazione

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Monastero cottolenghino“Il Carmelo”Il germoglio dell’oblazione

VITACOTTOLENGHINA

Sul tronco dell’albero cottolenghino è spuntato un virgul-to. Una nuova espressione di vita su quella pianta che,dal 1827 non cessa di produrre ori di diversa bellezza e

frutti di Carità. Il germoglio è nato e cresciuto nel Monasterocottolenghino Il Carmelo di Cavoretto. Qui è nata l’Oblazionecontemplativa cottolenghina: una donna, Silvia, sposa e madredi famiglia, dopo un tempo di preparazione e verica della vo-cazione, il 14 settembre 2015, la nostra prima Oblata, dinanziall’Altare della nostra Cappella, alla presenza delle Suore, deifamiliari e conoscenti, ha deposto la sua Promessa, nelle manidella nostra Madre generale suor Giovanna Massè. “Eccomi”,ha detto Silvia, con gioia mista a commozione, secondo la for-mula dello Statuto dell’Oblazione contemplative cottolenghi-ne. “Eccomi, Signore, dinanzi a te per professarti il mio Amore.Prometto di vivere l’adesione a te, secondo la volontà del Padreprovvidente, di cercare anzitutto il suo regno e la santità, nelladocile obbedienza allo Spirito Santo e nell’umile servizio di cari-tà, specie verso i più bisognosi…”Durante il Rito è stata consegnata a Silvia-Rita una piccola croceche essa porterà quale unico segno della sua appartenenza allaFamiglia contemplativa cottolenghina, e il “nome nuovo” che, inaggiunta al suo di Battesimo, la identica come Oblata di uno

specico monastero.Chi sono gli oblati e cosa s’intende per oblazione.L’oblazione è semplicemente un cammino che aiuta a vivere ilproprio Battesimo, e gli oblati sono persone sempre più con-sapevoli della loro consacrazione battesimale che desideranocondividere la spiritualità di un Fondatore aggregandosi a undeterminato monastero.Così Silvia, dopo aver approfondito i tratti caratteristici del SantoCottolengo e aver riconosciuto nel nostro Monastero un punto

di riferimento primario nel suo camminospirituale cristiano, ha pronunciato il suoSì alla chiamata a portare nella Chiesa enella realtà in cui vive e opera il contri-buto del carisma di S. G.B. Cottolengo:centralità di Cristo, ducioso abbandononella provvidenza del Padre, carità ope-rosa in una vita semplice e gioiosa.Altri germogli di Oblazione stanno per

spuntare sul tronco cottolenghino, re-candogli nuova linfa vitale, segno dellebenedizioni della Trinità SS.ma, della pre-dilezione della Vergine Maria, della com-

piacenza del nostroSanto Fondatore.

Come lui e conlui, la sera diquel 2 settem-bre 1827, can-tiamo con vocidi liale grati-tudine: “Bene-detta la Santa

Madonna”.Deo gratias!

l La redazione

“ Eccomi, Signore,dinanzi a te per

 professarti il mio

 Amore” 

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La casa di spiritualità Mater Unitatis ha un cuore. Ed è impor-tante che vi sia, perché l’intelligenza, compresa quella spiri-tuale, si muove nello spazio concessole dal cuore. Tutto ciò

che si svolge all’interno di queste mura, il lavoro sulla Parola, leparole sulla cultura, la cultura degli incontri, gli incontri con gliospiti, gli ospiti nel vero della preghiera, trova il suo fondamen-to, e la propria ragion d’essere, all’interno di questa Cappella.Essa è luogo d’incontro, di donne e uomini tra loro riconosciu-

tisi come fratelli perché scopertisi gli dinanzi a un Dio che s’èrivelato Padre attraverso il Figlio che s’è fatto fratello.Questo è il luogo preposto alla preghiera, ove ciascun cuoretorna a conoscere ciò che è, la materia di cui è fatto, ovveromendicanza, o se si vuole, ‘precarietà’. Quella materia in gradocioè di vivere solo di preghiera, disponibilità di farsi raggiunge-re dalla grazia, e di ricomporre così l’umano sgraziato, al nedi tornare alla bellezza primordiale, oggetto dell’unica e fontalevolontà di Dio: «Facciamo l’uomo» (Gn 1, 26).E la preghiera dell’uomo ha bisogno di bellezza, perché dallaBellezza egli è scaturito. L’uomo ha bisogno della bellezza, come

l’assetato dell’acqua e come l’amante dell’amato; ha bisogno delBello perché fatto per la verità, e la bellezza altro non è che lamanifestazione del Vero. E una cosa è vera quando corrispon-de al cuore. E quando l’uomo nalmente si trova a cospettodella bellezza fuori di lui, e sente il cuore riposare nella verità,allora si trova unicato, e pacicato, inginocchiato dinanzi all’A-mato; si trova in Dio: il Vero, il Bello e l’Uno.Nella Cappella della Mater Unitatis, si è cercato di orire un luo-go di preghiera, attraverso immagini, racconti, e colori. Un aiutoall’incontro, all’unicazione del cuore, balsamo in grado di lenirela ferita della sua frantumazione, invito a lasciarsi raggiungere:

compito arduo per l’uomo ‘religioso’ sempre intento a raggiun-gere l’Irraggiungibile.I mosaici e le vetrate, in questa Cappella hanno il compito di la-tori, comunicare il Mistero. Unica condizione per poterlo espe-rire, è, come s’è detto sopra, la mendicanza, ovvero sguardo diocchi fattisi recipienti, capaci di accogliere l’innito.I mosaici sono nove, e raccontano storie per nutrire la storia de-gli astanti. Riportano motivi ispirati al capolavoro musivo di padreMarko Rupnik nel Palazzo Apostolico in Vaticano, e precisamentenella Cappella Redemptoris Mater . Ispirati, non delle copie.Riprendono alcuni suoi temi, alcuni personaggi, la teologia di fon-

do, la spiritualità di cui sono impregnati, lo sposalizio fecondo esplendido tra tradizione orientale ed occidentale. Tutto il restoè ‘altro’: particolari, interpretazioni, materiali, tecnica, supporti...Questi nove pannelli sono stati realizzati nel corso di tre anni.Un lavoro paziente, cresciuti insieme al crescere dell’interessedegli ospiti della Casa che si son sorpresi abbracciati, pian pia-no, da colori vivi, come sacramentali di una Presenza là celata.E ora, in questa piccola Cappella, il Presente si manifesta a cia-scun suo glio che vi entra, con la presenza nel Sacramento eattraverso una storia, narrata con pietre, marmi, vetri, e smalti.Una storia che cerca soltanto il vuoto di una presenza che si faattesa, ovvero desiderio ed attenzione. E che si trasformi, inne,in ascolto attraverso gli occhi.

l Paolo SquizzatoL’annunciazione

Il Battesimo

Gioacchino e Anna

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le vetratee i mosaicidella cappella“Mater Unitatis”

La Crocifssione

Il MosèIl buon samaritano

Edith Stein

Il martirio di San Paolo

Giuseppe d’Egitto

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SPECCHIODEI TEMPI

Caro amico, c’è chi ti disprezza, chi tiumilia, chi t’imbroglia, chi ti persegui-ta... ma io ti stimo. Tu senza sapere

cioè che ti accadrà, tenti il costoso e ri-schioso viaggio della fortuna, impavido esacricando la tua vita per un futuro mi-gliore. Adando i risparmi di una vita a uncrudele scasta, il quale a tuo discapito èpronto a scaraventarti in mare senza pietàe sensi di colpa, anzi, con sollievo per es-sersi liberato di te. Tu in enorme dicoltà

vai speranzoso, in cerca di una nuova vita.E arrivato qua, sei costretto ad arontarela crudeltà umana che già esisteva un tem-po e che continua a esserci anche oggi, nel2015. Ecco, fuggi dalla fame e dalla guerra,per trovarti chiuso in un “centro di acco-glienza”, da dove deluso cercherai altrestrade. Forse fuggirai ancora una volta eti nasconderai ancora una volta e, ancorauna volta sarai discriminato e deriso, matu, col tuo sorriso, porgerai l’altra guanciae proseguirai, il tuo lungo viaggio.

Per sopravvivere, ti lascerai alle spalle lafame, gli insulti, gli stenti e le umiliazioni. Ilviaggio della fortuna è terminato, o forse èappena cominciato, ma stai tranquillo per-ché, anche se, non capisco la tua lingua,non professo la tua religione, non so nulladei tuoi usi, costumi e tradizioni, sono an-ch’io un essere umano e so che tu, comeme hai un’anima, dei sentimenti e delleemozioni, so benissimo ciò che hai prova-to, provi e continuerai a provare, pertan-to se avrai bisogno d’aiuto, bussa alla miaporta ed io sarò al tuo anco. Una cosa dicui oggi sono sicuro è che su un alberotutte le foglie nascono sorelle, crescono,ingialliscono e inevitabilmente nisconoper cadere, come gli uomini sulla terra.Una cosa ti prometto, se il Signore vorràconcedermi questa grazia, a mio glio in-segnerò il rispetto e l’amore per il prossi-mo, chiunque esso sia, proprio come tue nostro Signore mi avete insegnato. CheDio ti protegga.

Buona fortuna amico!l La redazione

lettera a un

immigratoclandestino

“ Una cosa ti prometto, a mio glioinsegnerò il rispetto e l’amore per il

 prossimo” 

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Quale gioia, quando mi dissero:“Andremo alla casa del Signore”… (Sal. 121,1)

Era nato il 18 maggio 1922 a Pozzo di SanGiorgio della Richinvelda Diocesi di Concordia-PordenoneLa sua vocazione sacerdotale, sotto la guida dell’al-lora Parroco don Angelo Petracco si era manife-stata precocemente. Appena undicenne, lasciata

la numerosa famiglia, si era trasferito in Piemontedove il 1° ottobre 1934 era ammesso ed entra-va nel Seminario dei Tommasini del Cottolengo diTorino. All’interno di questa realtà, sostenuto dallaProvvidenza, inizierà lunghi anni di studio e soe-renza di preparazione al sacerdozio.Sarà l’Arcivescovo di Torino, Maurilio CardinalFossati, che il 29 giugno 1946 con l’imposizionedelle sue mani al novello Sacerdote proclamerà“Tu es Sacerdos in Aeternum”. Alla cerimonia era-no presenti, la prozia Suora cottolenghina Lucilla

Cominatto, familiari, compaesani, il parroco delpaese natale e sacerdoti delle vicine parrocchie.Novello sacerdote, i suoi primi impegni li ha svol-ti a Bra, a Pinerolo e a Fornacette di Pisa sino al1953. Passerà poi alla Casa Angeli del Cottolengo diPinerolo, dove rimarrà per tredici intensi anni di ser-vizio ai ragazzi giovani e agli invalidi. In quel periodogodette della vicinanza della mamma degente nelvicino Ospedale. Nel 1966 si sposta al Cottolengodi Mondovì-Carassone dove collaborerà con donManilio Purgatorio; vi rimarrà per 44 anni, sino alla

chiusura della Casa per rientrare poi nella CasaMadre di Torino, dove si spegnerà il 16 luglio 2015.

“Beati i morti chemuoiono nel Signore;riposeranno le loro fatiche,

 perché le loro opere li seguono.” (Apocalisse 14,13)

È mancato serenamente giovedì 23 luglio all’In-fermeria dell’Istituto Cottolengo don ErnestoPogliano, all’età di 92 anni. Nativo di sant’Anto-

nio della Serra, era stato ordinato sacerdote il 27giugno 1948 da Mons, Giuseppe Angrisani; conlui altri cinque sacerdoti: don Antonio Accornero,don Artemio Bertana, don Pietro Casalone, donCarlo Imarisio, e don Camillo Rossi. È stato parro-co al servizio della nostra diocesi no a circa 30anni fa nella zona di Cocconato, quando è entra-to nella Congregazione del Cottolengo e si è tra-sferito colà. Il funerale è stato celebrato sabato25 luglio al Cottolengo. Lo ricordiamo con aettoper la sua bontà e disponibilità.

Ora riposano NELLA CASA DELPADRE, Signore della Vita, nel

suo amore e alla materna presenza della Madonna, e

nella comunione dei santi. DeoGratias per quanto ci hanno

donato e le preghiere che non

mancheranno di donarci.

NELLA CASADEL PADRE

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LEGGIAMOUN LIBRO

a cura di Salvatore Acquas

Èin arrivo il nuovo libro di fratel Beppe Gaido “Polvere rossa”(ed. San Paolo) che ha scritto con Mariapia Bonanate. Nonè solo il seguito ideale di “A un passo dal cuore”. È anche un

viaggio che autori e lettori riprendono insieme, per abitare sem-pre più intimamente in quell’ospedale di Chaaria, quattrocentochilometri a nord di Nairobi, dove fratel Beppe da diciotto anni,

dedica tutto se stesso, al servizio dei suoi ammalati inciascuno dei quali ravvisa il volto di Cristo.Sullo sfondo di paesaggi che incantanoper la loro bellezza, di cieli sconnati chesi colorano di albe e di tramonti mozzaa-to, di avventure epiche, fratel Beppe rac-conta le lunghe giornate e le tante nottiche trascorre con loro, in sala operatoria,nei reparti sempre aollati, con anchedue persone per letto, negli ambulatoridove arrivano migliaia di persone da tutta

la regione e oltre. Riette su tante situa-zioni che sono legate ai problemi che ognigiorno aronta, ma in pari tempo hannouna dimensione universale.Nella sua esistenza di medico, vissutacome una chiamata, si alternano momentidicili e spesso drammatici, quando non ce la fa a salvare l’am-malato, con momenti di gioia commossa, quando riesce a far na-scere, nonostante le drammatiche premesse, un neonato, salvareuna donna ridotta a pezzi dal machete di un marito violento o unanziano da tutti riutato. Tutte le pagine sono pervase da una feli-

cità evangelica: “ È la felicità che provi nel condividere totalmente,nella dedizione senza riserve “agli ultimi” e a coloro che sorono.Una sensazione profonda e vasta, dicile da descrivere, una sen-sazione di pace interiore che ti fa sentire pienamente realizzato,parte dell’umanità che hai incontrato.”Il microcosmo di Chaaria, “ piccola città della gioia e dell’amo-re nell’Africa equatoriale” è il principale protagonista di “Povererossa”, “un’ epopea degli ultimi”, dei “senza voce”, dei dimenticatidalla storia uciale, che lottano ogni giorno per la sopravvivenza.Accanto a loro “il medico venuto da lontano” combatte con pochimezzi contro malattie impossibili, lotta in una solitudine spessopesante, contro il tempo, sempre troppo poco per un ospedaleche agli inizi era un piccolo ambulatorio, oggi ha centosessantaletti ed è diventato l’isola di salvezza per un’ intera popolazione.

POLVERE ROSSABeppe Gaido e Maria Pia Bonanate

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il libro è un giardinoche puoi custodirein tasca

Il volume tratta di morte, resurrezione, desti-no del corpo, paradiso, inferno, vita eterna...Riportare al centro della riessione cristiana igrandi temi dell’aldilà, vuol dire aiutare a viverepiù autenticamente il momento presente, nellaserena consapevolezza che ciò che ci attende altermine della vita sarà un abbraccio di eternità.

Cosa c’è dopo la morte? Con quale corpo risor-

geremo? Dove sono e cosa fanno i nostri morti?Esistono il paradiso e l’inferno? Che cos’è «vitaeterna»? Alla ne ci sarà un giudizio? Cosa si puòdire riguardo alla reincarnazione? E ancora: È le-cita la dispersione delle ceneri?Riportare al centro della riessione cristiana igrandi temi dell’aldilà vuol dire aiutare le donnee gli uomini di oggi a vivere il momento presente,lontani da sterili paure e inutili sensi di colpa, masoprattutto con un senso, nella serena consape-volezza che ciò che ci attende al termine dellavita sarà solo un abbraccio di compimento e dieternità.

Storia delle Suore del Cottolengo: un modello femminile di CaritàDalla nascita della Piccola Casa della DivinaProvvidenza nel 1833 a oggi, le “glie” di sanGiuseppe Benedetto Cottolengo hanno intreccia-

to la loro presenza con le tappe più signicativedella storia di Torino e del nostro Paese. All’iniziosi trattava un gruppo di volontarie che vivevano at-torno alla gura del canonico rinunciando a tuttoper dedicarsi all’assistenza di poveri, malati e biso-gnosi. Con il passare del tempo unirsi alla comuni-tà delle cottolenghine ha signicato, solo ed esclu-sivamente per le donne non abbienti, la possibilitàdi essere salvate da un destino di stenti e soeren-ze per studiare, formarsi come individui, e orirsia propria volta alla società. Oltre alle opere carita-

tevoli in Italia, infatti, sono state moltissime nel cor-so degli anni le missioni delle cottolenghine fuoridai conni nazionali, prima in Africa e poi anche inAmerica, del Nord e del Sud, e in India. Attraversoun’analisi lucida e puntuale, Suor Giuliana Galli pre-senta la storia della congregazione del Cottolengo

nei suoi aspettiistituzionali, giu-ridici, economicie gerarchici, po-nendo l’accento

sulla gura fem-minile in rappor-to non solo all’au-torità dell’ordine,ma anche ai cam-biamenti politici,culturali e socialiche hanno mo-dicato in oltreduecento anni ilruolo e la posizio-ne della donna inItalia.

LE SORELLEDEI POVERI

Suor Giuliana Galli

E ULTIMA VERRÀLA MORTE... E POI

Paolo Squizzato

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C’era una volta una coppia con un glio di 12 anni e un asino. Deciserodi viaggiare, di lavorare e di conoscere il mondo e partirono tutti e trecon il loro asino.

Arrivati nel primo paese, la gente commentava: “Guardate quel ragazzoquanto è maleducato. Lui sull’asino e i poveri genitori, già anziani, che lo ti-rano”. Allora la moglie disse a suo marito: “Non permettiamo che la gente

 parli male di nostro glio”. Il marito lo fece scendere e salì sull’asino.Arrivati al secondo paese, la gente mormorava: “Guardate che svergogna-to quel tipo... lascia che il ragazzo e la povera moglie tirino l’asino, mentre luivi sta comodamente in groppa”. Allora, presero la decisione di far salire lamoglie, mentre padre e glio tenevano le redini per tirare l’asino.Arrivati al terzo paese, la gente commentava: “Pover’uomo! dopo averlavorato tutto il giorno, lascia che la moglie salga sull’asino e povero glio,chissà cosa gli spetta, con una madre del genere! ”. Allora si misero d’ac-cordo e decisero di sedersi tutti e tre sull’asino per cominciare nuova-mente il pellegrinaggio.Arrivati al paese successivo, ascoltarono cosa diceva la gente del pae-se: “Sono delle bestie, più bestie dell’asino che li porta. gli spaccherannola schiena! ”. Alla ne, decisero di scendere tutti e camminare insiemeall’asino.Passando per il paese seguente, non potevano credere a ciò che le vocidicevano ridendo: “Guarda quei tre idioti; camminano, anche se hanno unasino che potrebbe portarli! ”.

Morale: Ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà dicileche incontri qualcuno al quale tu possa andare bene come sei…

 racconto