informaires 43. marzo 2013. la green economy in piemonte · 2019. 5. 21. · marzo 2013 anno xxiv -...

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informaires LA GREEN ECONOMY IN PIEMONTE 43 marzo 2013 / anno XXIV/ n. 1

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  • Poste Italiane, spedizione in abbonamento postale – n. 1 / anno XXIV

    Istituto Ricerche Economico Sociali del PiemonteVia Nizza, 18 - 10125 Torino - Tel. 011.666.64.11

    ISSN

    159

    1-60

    57St

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    informairesLa Green economy in Piemonte

    43

    marzo 2013 / anno XXIV/ n. 1

    COVER_INFORMAIRES_43.indd 1 07/03/13 09.14

  • L’Ires Piemonte è un istituto di ricerca che svolge la sua attività d’indagine in campo socioeconomico e territoriale, fornendo un supporto all’azione di programmazione della Regione Piemonte e delle altre istituzioni ed enti locali piemontesi.Costituito nel 1958 su iniziativa della Provincia e del Comune di Torino con la partecipazione di altri enti pubblici e privati, l’Ires ha visto successivamente l’adesione di tutte le Province piemontesi; dal 1991 l’Istituto è un ente strumentale della Regione Piemonte.Giuridicamente l’Ires è configurato come ente pubblico regionale dotato di autonomia funzionale e disciplinato dalla legge regionale n. 43 del 3 settembre 1991.

    Costituiscono oggetto dell’attività dell’Istituto:

    – la relazione annuale sull’andamento socioeconomico e territoriale della regione;

    – l’osservazione, la documentazione e l’analisi delle principali grandezze socioeconomiche e territoriali del Piemonte;

    – rassegne congiunturali sull’economia regionale;

    – ricerche e analisi per il piano regionale di sviluppo;

    – ricerche di settore per conto della Regione Piemonte e di altri enti.

    COVER_INFORMAIRES_43.indd 2 07/03/13 09.14

  • MARZO 2013ANNO XXIV - N. 1 INFORMAIRESSemestrale dell’Istituto di Ricerche Economico Socialidel Piemonte

    n. 43, MARZO 2013

    Direttore responsabileMarcello La Rosa

    Comitato di redazioneLuciano Abburrà, Maria Teresa Avato, Carlo Alberto Dondona, Vittorio Ferrero, Tommaso Garosci

    Redazione e direzione editoriale:Ires - Istituto di Ricer cheEconomico Sociali del Piemontevia Nizza, 18 - 10125 TorinoTel. 011.666.64.11Telefax 011.669.60.12e-mail: biblio teca@ires. piemonte.it

    Uffi cio editoria IresMaria Teresa Avato, e-mail: [email protected]

    Autorizzazione del Tribunale di Torino n. 4034 del 10/03/1989. Poste Italiane, spedizione in abbonamento postale 70%.DCB Torino, n. 1 / anno XXIV

    Stampa: Industria Grafi ca Falciola - Torino

    Consiglio di amministrazione2011-2015

    Enzo Risso, Presidente;Luca Angelantoni, Vicepresidente;Alessandro Manuel Benvenuto, Massimo Cavino, Dante Di Nisio, Maurizio Raffaello Marrone, Giuliano Nozzoli, Deana Panzarino, Vito Valsania

    Collegio dei revisoriAlberto Milanese, Presidente; Alessandra Fabris e Gianfranco Gazzaniga, Membri effettivi; Lidia Maria Pizzotti e Lionello Savasta Fiore, Membri supplenti

    Comitato scientifi coAdriana Luciano, Presidente; Angelo Pichierri, Giuseppe Berta, Carlo Buzzi, Cesare Emanuel, Massimo Umberto Giordani, Piero Ignazi

    Direttore: Marcello La Rosa.Staff: Luciano Abburrà, Marco Adamo, Stefano Aimone, Enrico Allasino, Loredana Annaloro, Cristina Aruga, Maria Teresa Avato, Marco Bagliani, Davide Barella, Cristina Bargero, Giorgio Bertolla, Stefano Cavaletto, Renato Cogno, Alberto Crescimanno, Alessandro Cunsolo, Elena Donati, Carlo Alberto Dondona, Fiorenzo Ferlaino, Vittorio Ferrero, Anna Gallice, Filomena Gallo, Tommaso Garosci, Attila Grieco, Maria Inglese, Simone Landini, Eugenia Madonia, Maurizio Maggi, Maria Cristina Migliore, Giuseppe Mosso, Carla Nanni, Daniela Nepote, Sylvie Occelli, Giovanna Perino, Santino Piazza, Stefano Piperno, Sonia Pizzuto,Elena Poggio, Lucrezia Scalzotto, Filomena Tallarico, Silvia Tarditi

    La Green Economy in PiemonteGreen Economy: prospettive di un nuovo concetto . . . . . . . . . . . . . . 3

    La Green Production dei settori economici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

    Benchmarking della Green Economydelle regioni italiane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32

    Postfazione: la Green Economy in Piemonte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43

    RicercheTorino e la Spina3. Metamorfosi della città . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57

    Le utilities e la Green Economy . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63

    Quali prospettive per l’industria manifatturiera? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67

    I numeri della formazione professionale.Rapporto 2011 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72

    PISA 2009: i percorsi professionali e tecnici a confronto . . . . . . 76

    L’agricoltura piemontese: un’analisi dell’annata 2011e uno sguardo ai nuovi problemi di fondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80

    Convegni, seminari, dibattiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85

    Pubblicazioni 2012-2013 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99

  • Le fotografi e che illustrano questo numero di “Informaires” sono tratte dalla mostra “Carlo Carrà 1881-1966”,

    realizzata ad Alba dalla Fondazione Ferrero (27 ottobre 2012 - 27 gennaio 2013)

  • 3

    La Green Economy in Piemonte

    I N F O R M A I R E S , A N N O X X I V , N . 4 3 , P P . 3 - 7

    Green Economy:prospettive di un nuovo concetto1Marco Bagliani, Alberto Crescimanno, Fiorenzo Ferlaino, Daniela Nepote

    La Green Economy (d’ora in poi GE) è defi nita come l’incontro tra l’impresa e la sostenibi-

    lità economica, sociale e ambientale. È un concetto che ha una storia recente e prende

    le mosse dai numerosi fallimenti delle conferenze politiche dell’ONU sull’ambiente, che

    hanno fatto seguito al Summit della Terra, organizzato dall’UNCED nel giugno 1992. È la

    sfi da dell’economia di mercato alla crisi dell’economia di mercato, alla sua insostenibilità,

    alla saturazione dei mercati occidentali e agli squilibri creati dalla crescita economica. È

    una sfi da che ha avuto momenti importanti di elaborazione a partire dal nuovo millennio:

    • la creazione del Global Compact Network lanciata dall’ONU nel giugno del 2000,

    una rete di imprese fi nalizzata a promuovere importanti principi etici in tema di dirit-

    ti umani, tutela dell’ambiente, diritti dei lavoratori e lotta alla corruzione; oggi sono

    più di 8.000 le imprese, le associazioni, le università e le ONG che hanno sottoscritto

    il codice etico volontario, in più di 130 paesi;

    • il Consiglio europeo di Göteborg del giugno 2001 in cui i paesi dell’UE hanno ap-

    provato una strategia per lo sviluppo sostenibile e aggiunto una dimensione am-

    bientale agli orientamenti politici di Lisbona 2000 per l’occupazione, le riforme

    economiche e la coesione sociale;

    • il “World Economic Forum” del 2007, a Davos, in Svizzera, dove per la prima volta e

    in maniera esplicita l’organizzazione ha lanciato la sfi da della GE come “visione”

    intorno cui orientare la crescita e lo sviluppo.

    Tale concezione dello sviluppo è stata poi declinata nel piano strategico di Europa

    2000, in cui sono state defi nite misure di risposta alla crisi attraverso azioni rivolte alla

    crescita intelligente, alla sostenibilità, alla inclusione sociale e che trovano una sin-

    tesi territoriale nella diffusione delle smart regions e smart cities. Con esse l’Unione

    Europea ha lanciato il piano clima-energia 20-20-20 di riduzione dei gas serra del

    20% rispetto al 1990, di incremento delle fonti rinnovabili fi no al 20% del fabbisogno di

    energia (in Italia del 17%), di aumento del 20% dell’effi cienza energetica (ridotto al

    17% dalla direttiva del 2012). Per quanto riguarda la crescita sociale l’UE si è proposta

    di elevare, entro il 2020, il tasso di occupazione degli attivi (fascia 20-64 anni) dal 69%

    del 2010 al 75% (in Italia dal 61% al 68%), di incrementare gli investimenti in ricerca,

    sviluppo e innovazione dal 2% al 3% del PIL (in Italia dall’1,26% all’1,53%), di ridurre

    Green Economy: prospettive di un nuovo

    concetto

    La Green Productiondei settori economici

    Benchmarking dellaGreen Economy delle

    regioni italiane

    Postfazione: la Green Economy in Piemonte

    Torino e la Spina3. Metamorfosi della città

    Le utilitiese la Green Economy

    Quali prospettive per l’industria manifatturiera?

    I numeri dellaformazione professionale.

    Rapporto 2011

    PISA 2009: i percorsi professionali e tecnici

    a confronto

    L’agricoltura piemontese: un’analisi dell’annata

    2011 e uno sguardo ai nuovi problemi di fondo

    Convegni, seminari, dibattiti

    Pubblicazioni 2012-20131 Questo e i seguenti articoli sulla Green Economy sono disponibili nella versione completa sul sito dell’IRES http://www.ires.piemonte.it/osservatori/276-rapportosulla-green-economy

  • I N F O R M A I R E S , A N N O X X I V , N . 4 3 , M A R Z O 2 0 1 34

    La Green Economy in Piemonte

    l’abbandono scolastico (dal 14% al 10%, in Italia dal

    19% al 15%).

    Un ulteriore rinforzo è venuto dai risultati della Confe-

    renza Rio+20 in cui (insieme a un ulteriore fallimento

    degli obiettivi politici) si sono espresse nuove sogget-

    tività e proposte, sia nel Forum dei Popoli che nel UN

    Global Compact Network, che ha rilanciato i suoi die-

    ci principi per una economia verde e sostenibile. Tali

    principi sono relativi

    • al diritto: alle imprese è richiesto di promuovere e

    rispettare i diritti umani universalmente riconosciuti

    nell’ambito delle rispettive sfere di infl uenza, e di

    assicurarsi di non essere, seppure indirettamente,

    complici negli abusi dei diritti umani;

    • al lavoro: è richiesto di sostenere la libertà di associa-

    zione dei lavoratori e riconoscere il diritto alla con-

    trattazione collettiva; l’eliminazione di tutte le forme

    di lavoro forzato e obbligatorio; l’effettiva eliminazio-

    ne del lavoro minorile; l’eliminazione di ogni forma di

    discriminazione in materia di impiego e professione;

    • all’ambiente: alle imprese è richiesto di sostenere

    un approccio preventivo nei confronti delle sfi de

    ambientali; di intraprendere iniziative che pro-

    muovano una maggiore responsabilità ambien-

    tale; di incoraggiare lo sviluppo e la diffusione di

    tecnologie che rispettino l’ambiente;

    • alla lotta alla corruzione: le imprese si impegnano

    a contrastare la corruzione in ogni sua forma, in-

    cluse l’estorsione e le tangenti.

    Green Economy: un concetto polisemico

    Il successo e la diffusione di questa nuova “vision”

    rischia di fare della GE un “concetto ombrello” sotto

    cui “riparare” opinioni diverse e azioni non coerenti

    con i principi della sostenibilità ambientale. In gene-

    rale i diversi approcci possono essere ricondotti a tre

    idealtipi, tre approcci teorici, tre modalità interpre-

    tative del rapporto economia-ambiente.

    La prima vede la GE come un sottoinsieme dell’eco-

    nomia, un cluster innovativo particolare e defi nito che

    non interessa l’insieme dell’economia ma un suo sot-

    toinsieme specifi co. In questa prospettiva si colloca la

    cosiddetta “economia ambientale” che si propone

    come una specializzazione della più generale disci-

    plina economica. L’economia verde esprimerebbe,

    pertanto, un sottoinsieme dell’economia della cre-

    scita e dell’innovazione ed è rivolta a rispondere alle

    problematiche ambientali e alle nuove domande di

    mercato che in questo ambito si sono aperte. Qui si

    impone la necessità di un’estensione semantica del

    green verso la visione SMART che, partita dalla teoria

    dell’impresa, si è maggiormente ancorata ai territori,

    attraverso le nuove politiche europee.

    È una visione più estesa di quella propria della Gre-

    en Economy che tende a concentrarsi sui nuovi

    cluster tecnologici ambientali, quali i comporta-

    menti, le dotazioni e le politiche verdi. SMART è un

    acronimo che gioca sul signifi cato della parola in-

    glese abile, intelligente, attraente e che esprime

    una metodologia nata in connessione con lo svi-

    luppo aziendale e introdotta da Peter Drucker nel

    19542. Essa poggia su azioni e obiettivi che siano:

    Specifi c (non generali o vaghi), Measurable (mi-

    surabili e quantifi cabili), Achievable (raggiungibili

    e fattibili con le risorse proprie disponibili), Realistic

    (congrui con le proprie forze) e Time Related (realiz-

    zati in un tempo defi nito). La sostenibilità è pertan-

    to declinata in termini prioritariamente economici,

    2 Drucker P.F., 2006, The Practice of Management, 1955, HarperCollins, Publishers New York.

  • I N F O R M A I R E S , A N N O X X I V , N . 4 3 , M A R Z O 2 0 1 3 5

    La Green Economy in Piemonte

    ma attiene in modo centrale alla sfera ambientale.

    Gli strumenti per essere sostenibili riguardano l’inte-

    ra offerta metodologica e tecnologica disponibile,

    dalle tecniche motivazionali agli strumenti di imple-

    mentazione relazionale, al controllo automatico e,

    in senso macroeconomico, giocano un ruolo cen-

    trale le forme di fi nanziamento sostenibili, l’organiz-

    zazione logistica, l’ICT, le innovazioni di prodotto e

    di processo, e tutti quei settori e cluster che spin-

    gono verso la sostenibilità economica, ambientale,

    sociale.

    La seconda prospettiva è quella di stampo schumpe-

    teriano3, che vede il cluster innovativo green come

    fattore prioritario e costitutivo del nuovo ciclo eco-

    nomico di lungo periodo, e quindi la sfera economi-

    ca coinciderebbe con la nuova evenienza green.

    I cicli schumpeteriani sono attivati dall’introduzione

    di nuovi vettori energetici e cluster tecnologici e si

    sviluppano attraverso fasi di crescita, prosperità, de-

    clino e depressione che impegnano diverse decadi.

    In questa prospettiva il ciclo di crescita iniziato nel

    dopoguerra sembrerebbe entrato in una crisi strut-

    turale negli ultimi anni e solo nuovi vettori energeti-

    ci e cluster innovativi potrebbero invertirne il segno.

    Centrale apparirebbe in tal senso la GE quale rispo-

    sta ai problemi attuali della crescita, in quanto por-

    tatrice di nuovi, sostenibili modelli di consumo e di

    nuovi bisogni. In questo caso sarebbe forse più op-

    portuno parlare di Green economics. È questa l’in-

    terpretazione della cosiddetta “economia verde” o

    del “capitalismo naturale”4. Uno scenario non solo

    possibile ma necessario, secondo quanto afferma

    l’autore de Il Kondratieff verde5: effi cienza energe-

    tica, ricorso alle fonti rinnovabili, riconversione delle

    reti di traffi co verso modalità a scarse emissioni e ri-

    valorizzazione dei trasporti collettivi, riqualifi cazione

    urbana sostenibile e difesa del suolo, riconversione

    verde dell’industria e dell’agricoltura, prevenzione

    sanitaria alimentare, ecc., rappresenterebbero il

    passaggio dalla cultura della quantità (che ha ca-

    ratterizzato il ciclo fi no a oggi) alla cultura della qua-

    lità e consentirebbero il dispiegamento di un nuovo

    lungo ciclo innovativo dell’economia della crescita

    globale.

    Infi ne esiste una prospettiva critica, di chi vede delle

    profonde incompatibilità nel rapporto economia-

    ambiente. Secondo questa prospettiva il sistema

    economico è interpretato come il sottosistema eco-

    logico delle relazioni umane che ha eroso e distrut-

    to il sistema ambientale e che è pertanto entrato in

    contraddizione con le stesse forze e risorse che fi no

    a oggi lo hanno alimentato. Fuoriuscire da questa

    opposizione economia-ambiente richiederebbe

    una riconfi gurazione generale delle relazioni, non

    solo umane ma anche produttive dell’uomo con

    il suo ambiente, che condurrebbero a una nuova

    prospettiva dello sviluppo sociale, economico e pro-

    duttivo.

    All’interno di questi tre modelli generalmente pre-

    senti e commisti nelle proposte concrete, si colloca-

    no le diverse defi nizioni uffi ciali di GE:

    • secondo l’UNEP la GE è un’economia che ge-

    nera “un miglioramento del benessere umano e

    dell’equità sociale riducendo in maniera rilevante

    i rischi ambientali e le scarsità ecologiche”. È dun-

    que un’economia a basso tenore di carbonio,

    effi ciente nell’utilizzo delle risorse e inclusiva dal

    punto di vista sociale;

    3 Schumpeter J.A., 1977, Il processo capitalistico. Cicli economici, 1964, Boringhieri, Torino.4 Hawken P., Lovins A., Lovins L. H., 2001, Capitalismo naturale. La prossima rivoluzione industriale, Ed. Ambiente, Milano.5 Nacken D., 2012, Il Kondratieff verde, ovvero perché le crisi possono essere positive, Allianz Global Investors.

  • I N F O R M A I R E S , A N N O X X I V , N . 4 3 , M A R Z O 2 0 1 36

    La Green Economy in Piemonte

    • l’OECD defi nisce la GE come un mezzo per perse-

    guire crescita economica e sviluppo prevenendo

    il degrado ambientale. Qui la componente socia-

    le è meno enfatizzata e ci si focalizza soprattut-

    to sulla regolazione del mercato e sugli incentivi

    economici volti a stimolare la “green growth” o

    “crescita verde”, cioè una crescita che garanti-

    sca il mantenimento del capitale naturale e le re-

    lative risorse e servizi ambientali sui quali si basa il

    nostro benessere;

    • in ambito europeo, la EEA, European Environment

    Agency, adotta la defi nizione data dall’UNEP,

    specifi cando inoltre che la GE comprende: settori

    (ad esempio quello energetico), tematiche (ad

    esempio quella dell’inquinamento), principi (ad

    esempio “polluter pays”, chi inquina paga), politi-

    che (ad esempio gli incentivi economici).

    Per non negare nessuna delle visioni e defi nizioni

    presenti, abbiamo proposto in questo rapporto uno

    schema multilivello, utile per catalogare il variegato

    insieme di defi nizioni e accezioni riguardanti la GE e

    le diverse modalità operative che caratterizzano le

    analisi applicative sulla GE.

    Il primo e più semplice livello raggruppa le interpre-

    tazioni che intendono la GE come il mero ambito di

    attività delle “imprese ambientali” (produzione di

    energia, trattamento dei rifi uti, servizi idrici, altri servizi

    ecologici e ambientali). In questo senso, la GE non

    rappresenterebbe un nuovo concetto, ma soltanto

    una nuova denominazione di attività già esistenti,

    una maniera per dare un “nuovo vestito verde” alla

    modalità produttiva già esistente.

    Tra gli approcci più strutturati, un secondo livello rac-

    coglie le proposte di chi riconosce uno o più settori

    economici legati all’ambiente, alle tecnologie, ai rifi u-

    ti, all’energia, alle risorse come campo d’azione della

    GE. Secondo questa interpretazione, il campo d’azio-

    ne della GE non è però esclusivo di queste sole im-

    prese ma è frequentato da una molteplicità di attori,

    tra cui anzitutto i cittadini e le istituzioni, che traggono

    dalla GE opportunità economiche, sia di risparmio sia

    di guadagno. Queste interpretazioni non propongono

    solamente una nuova denominazione di settori pree-

    sistenti, ma aprono a una dimensione innovativa.

    Altre proposte possono essere raccolte in un terzo

    approccio, che può essere defi nito di “imprendito-

    ria trasversale”. Queste interpretazioni considerano

    i settori economici più vari, nell’ottica di ricondurre

    sotto l’ombrello della GE tanto le imprese che ap-

    partengono al settore ambientale (nell’accezione

    più ampia) quanto quelle attive in settori “conven-

    zionali” ma che hanno effettuato lo sforzo di rendere

    maggiormente “green” i propri processi produttivi o

    i propri prodotti. In questa prospettiva la GE è vista

    come la somma di due universi: quello della green

    production e quello del green business.

    La green production, in questa accezione, com-

    prende le imprese che producono in maniera eco-

    compatibile, attraverso una serie di strumenti quali

    le certifi cazioni ambientali, l’adozione di tecnologie

    per il risparmio delle risorse o per la riduzione degli

    impatti, comportamenti virtuosi lungo il ciclo di vita

    del prodotto. Sono imprese che pur non operando

    necessariamente in un milieu green generano un

    benefi cio ambientale diretto per il territorio che le

    accoglie. Chi fa green business invece opera all’in-

    terno di mercati dichiaratamente ambientali, qua-

    li rifi uti, disinquinamento, ciclo idrico integrato ed

    energia, ecc. Non è detto che tali imprese abbiano

    cicli produttivi tali da minimizzare il proprio impatto

    ambientale: sono etichettate “green” poiché lo è il

    loro mercato di riferimento e non necessariamente i

    loro processi interni produttivi.

  • I N F O R M A I R E S , A N N O X X I V , N . 4 3 , M A R Z O 2 0 1 3 7

    La Green Economy in Piemonte

    La prima parte del rapporto integrale pubblicato sul

    sito IRES è dedicata alla green production e al gre-

    en business attraverso l’analisi dei settori economi-

    ci regionali con un focus su alcuni settori che sono

    particolarmente attivi in ambito “green” sul nostro

    territorio.

    Vi sono poi proposte che possono essere raccolte

    in un ulteriore livello, defi nito “culturale-collettivo”.

    Questo modello pone al centro del processo della

    GE la domanda dei consumatori piuttosto che l’of-

    ferta delle imprese. La relazione tra i diversi attori (cit-

    tadini, istituzioni e imprese) va a ridefi nire gli equilibri,

    fi no a creare un nuovo paradigma economico. In

    questo quarto livello diviene evidente il collegamen-

    to tra GE e Responsabilità Sociale d’Impresa. Secon-

    do questa declinazione, la GE diventa un processo

    sociale basato sulla interazione virtuosa tra impre-

    se che cercano motivi di vantaggio competitivo,

    consumatori consapevoli che vedono trasformarsi

    le proprie preferenze, istituzioni che regolano, sen-

    sibilizzano e forniscono strumenti di certifi cazione e

    garanzia.

    Infi ne, un quinto livello, fa riferimento a quelle rifl essio-

    ni che intendono la GE come un totale ripensamen-

    to delle relazioni tra società e natura, che hanno

    caratterizzato lo sviluppo economico delle società

    capitaliste. In questo senso si tratterebbe non soltan-

    to di innescare un processo nuovo di sviluppo tecno-

    logico (l’emergere di nuovi cluster tecnologici), ma

    anche di superare il modello stesso della crescita

    che è basato, a partire dalla rivoluzione industriale,

    su una continua accelerazione dell’utilizzo del ca-

    pitale naturale. È chiaro che azioni del genere non

    investono soltanto la sfera economica ma anche

    quella istituzionale, sociale, etica.

    La seconda parte del rapporto affronta quindi alcu-

    ni importanti driver che coinvolgono gli aspetti più

    inerenti le politiche, le forme di tassazione ambien-

    tale, l’organizzazione e i servizi territoriali, i comporta-

    menti e le azioni.

    Il Rapporto si compone di due versioni diverse: la ver-

    sione estesa dei capitoli, che si trova sul sito dell’IRES-

    Piemonte all’indirizzo http://www.ires.piemonte.it/

    osservatori/276-rapporto-sulla-green-economy, in

    cui si affrontano le tematiche green dal punto di

    vista del settore analizzato e si dà voce alle diver-

    se epistemologie degli autori; la versione ridotta del

    Primo Rapporto sulla Green Economy in Piemonte,

    in cui i vari argomenti sono affrontati in una forma

    maggiormente sintetica e si delinea un percorso

    analitico congruente e coerente sul tema.

    Questo primo Rapporto sulla Green Economy si af-

    fi anca a altri lavori che l’IRES conduce ed è un ul-

    teriore contributo alla conoscenza della nostra

    regione. L’auspicio è che sia anche in grado di indi-

    viduare le sfi de e suggerirne alcune importanti rispo-

    ste, per dare una nuova ed equilibrata prospettiva

    di sviluppo al territorio regionale.

  • La Green Economy in Piemonte

    8 I N F O R M A I R E S , A N N O X X I V , N . 4 3 , P P . 8 - 3 1

    Green Economy: prospettive di un nuovo

    concetto

    La Green Productiondei settori economici

    Benchmarking dellaGreen Economy delle

    regioni italiane

    Postfazione: la Green Economy in Piemonte

    Torino e la Spina3. Metamorfosi della città

    Le utilitiese la Green Economy

    Quali prospettive per l’industria manifatturiera?

    I numeri dellaformazione professionale.

    Rapporto 2011

    PISA 2009: i percorsi professionali e tecnici

    a confronto

    L’agricoltura piemontese: un’analisi dell’annata

    2011 e uno sguardo ai nuovi problemi di fondo

    Convegni, seminari, dibattiti

    Pubblicazioni 2012-2013

    La Green Production dei settori economici1Marco Bagliani, Alberto Crescimanno, Fiorenzo Ferlaino, Daniela Nepote

    Introduzione

    Il lavoro qui presentato intende approfondire il tema della Green Economy per l’inte-

    ro sistema economico piemontese e, accanto a ricerche che utilizzano metodi quali-

    tativi e casi studio, si pone come analisi quantitativa introduttiva e di tipo sistematico

    che ha per oggetto l’esame delle relazioni economico-ambientali dei diversi settori

    economici del Piemonte. L’obiettivo è quello di quantifi care le pressioni ambientali

    causate dalle attività delle diverse branche e comparare le grandezze ecologiche di

    tipo fi sico-chimico con le quantità socioeconomiche come il valore aggiunto e le uni-

    tà di lavoro, così da poter valutare non solo il valore assoluto degli impatti esercitati

    sugli ecosistemi, ma anche i livelli di effi cienza economica e occupazionale.

    L’analisi si concentra sulla fi liera produttiva ed evidenzia la condizione della green

    production mentre appare impotente rispetto alla qualità greening del prodotto fi -

    nale. È il caso ad esempio della Chimica che appare un settore piuttosto brown dal

    punto di vista dell’ecoeffi cienza dei processi di trasformazione interna, mentre si può

    considerare un’eccellenza dal punto di vista del prodotto fi nale e del green business.

    Un giudizio completo del settore è pertanto la sintesi dei processi descritti in questo

    capitolo con quelli dei focus dei capitoli dedicati nel rapporto competo, che analiz-

    zano maggiormente i vincoli in cui il settore agisce e il prodotto fi nale.

    1 Il presente contributo si è avvalso della seguente bibliografi a:Boo de A., Bosch P., Gorter C.N., Keuning S.J., An Environmental Module and the Complete System of National Accounts, Occasional Papers of the CBS, NA-046, Voorburg, 1991.De Haan M., Keuning, S.J., Bosch. P.R., Integrating indicators in a National Accounting Matrix including Environmental Accounts (NAMEA); an application to the Netherlands. National accounts and the environment, Papers and proceedings from a conference, Londra, 16-18 marzo, Statistics Canada, Ottawa, 1994.Commission for European Communities, Directions for the EU on environmental Indicators and Green National Accounting; The Integration of Environmental and Economic Information Systems , Commu-nication from the Commission to the Council and the European Parliament, COM (94) 670, Bruxelles, 1994.Keuning S.J., A Proposal for a SAM which fi ts into the next System of National Accounts, “Economic Systems Research”, Volume 3, 3, pp. 233-48, 1991.Keuning S.J., Thorbecke E., The Social Accounting Matrix and Adjustment Polities: The Impact of Bud-get Retrenchment on Income Distribution, in Thorbecke E. et al., Adjustment and Equity in Indonesia (Organization for Econornic Cooperation and Development, Parigi), 1992.Leontief W., Environmental repercussions and the economic structure - An input-output approach, “The review of Economics and Statistics”, Volume 52 , 3, agosto, pp. 262 -71, 1970.Leontief W., Ford D., Air Pollution and the Economic Structure: Empirical Results of Input-Output Com-putations, in Brody A., Carter A. (a cura di), Input-Output Techniques, North-Holland, Amsterdam, pp. 9 -30, 1972.http://scp.eionet.europa.eu/facts/namea_data

  • I N F O R M A I R E S , A N N O X X I V , N . 4 3 , M A R Z O 2 0 1 3 9

    La Green Economy in Piemonte

    Per dispiegare criteri di giudizio coerenti, la situazio-

    ne piemontese viene comparata con alcuni bench-

    mark, ossia con “casi di riferimento”, rappresentati

    dai valori medi dell’Italia e da quelli di altre quattro

    regioni particolarmente importanti (Lombardia, Ve-

    neto, Emilia-Romagna, Toscana) e paragonabili per

    dimensione e peso alla regione Piemonte.

    Per riuscire a quantifi care in modo appropriato le

    prestazioni ambientali dei diversi settori, si sono consi-

    derate le esternalità ambientali maggiormente rap-

    presentative delle criticità ecologiche e della signifi -

    catività socioeconomica. Si è fatto inoltre riferimento

    a dati che sono il più possibile coerenti tra le diverse

    branche e comparabili tra le regioni italiane. Si tratta

    di una sfi da non facile dato che, ad oggi, la nomen-

    clatura ATECO, usata per la sistematica dei dati sta-

    tistici nazionali, non consente la ricostruzione dei clu-

    ster e delle fi liere ecologiche o green (per saperne di

    più si veda il capitolo sull’offerta, la domanda di gre-

    en job e la formazione green in Piemonte), pertanto

    si è scelto di utilizzare i dati contenuti nel sistema di

    contabilità NAMEA che riesce a soddisfare, in buo-

    na misura, i diversi requisiti richiesti per produrre una

    valutazione statisticamente signifi cativa e scientifi ca-

    mente robusta delle performance green dei settori

    economici piemontesi. È una metodologia non an-

    cora diffusa nelle analisi socioeconomiche cui que-

    sto studio contribuisce a defi nirne quadri analitici,

    chiavi di lettura, e valutazioni di benchmarking.

    La contabilità NAMEA

    La contabilità NAMEA internazionale

    e nazionale

    In questi ultimi decenni, a seguito della crescita di

    consapevolezza verso le pressioni ambientali di origi-

    ne antropica, sono stati proposti numerosi indicatori

    e strumenti di contabilità ambientale per cercare di

    stimare quantitativamente le diverse problematiche

    ecologiche. Tra di essi sono particolarmente interes-

    santi alcune nuove metodologie che mirano a co-

    struire una contabilità integrata tra aspetti economi-

    ci e ambientali.

    Da un lato vi sono studi e applicazioni che ricondu-

    cono le valutazioni ambientali all’interno della sfera

    economica proponendo sistemi di contabilità eco-

    nomici reinterpretati in funzione ambientale. Tra di

    essi si segnala come particolarmente interessante il

    metodo dei conti SERIEE (Système Europèen de Ras-

    semblement de l’Information Economique sur l’En-

    vironnement), sviluppati da Eurostat, a partire dal

    1994, che descrivono, in unità monetarie, le spese

    sostenute dall’economia per la protezione dell’am-

    biente e per l’uso e la gestione sostenibile delle risor-

    se naturali. Si tratta di conti satellite, ossia costruiti “a

    latere” rispetto ai conti tradizionali della contabilità

    nazionale.

    Altre proposte, all’opposto, introducono una con-

    tabilità interamente strutturata in unità fi siche: tra di

    esse ricordiamo la MFA (Material Flow Analysis), che

    quantifi ca le relazioni tra società e ambiente in ter-

    mini di fl ussi di materia, utilizzando le tonnellate, la

    EFA (Ecological Footprint Analysis) che riconduce la

    quantifi cazione alla superfi cie degli ecosistemi utiliz-

    zati e la HANPP (Human Appropriation of Net Primary

    Production) che contabilizza la massa di carbonio.

    Ancora diverse sono le proposte metodologiche che

    introducono contabilità parallele, in cui gli aspetti

    economici sono trattati in unità monetarie e quelli

    ambientali in unità fi siche. Tra questi metodi il più dif-

    fuso è senz’altro quello noto come NAMEA (National

    Accounts Matrix including Environmental Accounts),

    che viene qui utilizzato.

  • I N F O R M A I R E S , A N N O X X I V , N . 4 3 , M A R Z O 2 0 1 310

    La Green Economy in Piemonte

    La NAMEA consiste in una matrice contabile per

    i normali conti economici (in unità monetarie), cui

    è affi ancata una contabilità dedicata agli input di

    risorse naturali, agli output di rifi uti e alle emissioni,

    conteggiate in termini fi sici. I conti NAMEA organiz-

    zano le informazioni relative alla sfera socioecono-

    mica e a quella ambientale riferendoli alle stesse

    categorie, attraverso uguali logiche di attribuzione:

    in questo modo diventa possibile analizzare e con-

    frontare, in modo coerente, secondo la metodolo-

    gia dell’Eurostat, gli aggregati economici relativi alla

    produzione, al valore aggiunto, all’occupazione e

    ai consumi fi nali delle famiglie, con le pressioni am-

    bientali causate dalle diverse attività produttive.

    L’idea di base della metodologia adottata nella

    matrice NAMEA trae ispirazione dai lavori di Keuning

    e collaboratori (de Boo, Bosch, Gorter e Keuning,

    1991; Keuning, 1991; Keuning, Thorbecke, 1992; de

    Haan, Keuning, Bosch, 1994) che hanno ripreso e

    sviluppato l’approccio matriciale dell’Input-Output

    (Leontief, 1970; Leontief, Ford, 1972). L’Istituto nazio-

    nale di statistica olandese ha proposto nel 1994 una

    prima formulazione operativa a livello nazionale.

    Successivamente, numerosi paesi dell’Unione Euro-

    pea si sono occupati della costruzione di una NA-

    MEA nazionale, anche in risposta al notevole impul-

    so proveniente dagli organismi internazionali come

    l’UE, l’OCSE e l’ONU. Nel 1995, in attuazione di quan-

    to previsto dalla Comunicazione della Commissione

    delle Comunità Europee (Commission for European

    Communities, 1994), la metodologia NAMEA è stata

    adottata nei programmi statistici comunitari come

    uno degli strumenti fondamentali per lo sviluppo dei

    conti ambientali all’interno del quadro della conta-

    bilità nazionale.

    La NAMEA non contiene assunzioni di tipo econo-

    mico, si limita a prescrivere una metodologia di tipo

    descrittivo. L’idea vincente della NAMEA, assoluta-

    mente innovativa ai tempi della sua prima propo-

    sta, è quella di quantifi care le esternalità ambientali

    non in termini monetari ma in unità fi siche. Questa

    richiesta permette di superare le numerose limita-

    zioni che caratterizzano le valutazioni economiche

    degli aspetti ambientali. Attraverso una contabilità

    parallela diventa possibile valutare le risorse fi siche

    necessarie al processo economico produttivo (ener-

    gia, minerali, biomassa, ecc.) e quantifi care le con-

    seguenze ambientali derivanti da quelle stesse atti-

    vità (emissioni, rifi uti).

    Nel 1999, in Italia, l’ISTAT ha prodotto la prima matri-

    ce NAMEA a livello nazionale, per il 1990, poi il cal-

    colo è stato effettuato anche per gli anni successivi.

    A oggi sono disponibili le matrici NAMEA per l’Italia,

    relative agli anni 1990-2009.

    Esse quantifi cano le emissioni dei seguenti inquinan-

    ti atmosferici: anidride carbonica (CO2), protossido

    di azoto (N2O), metano (CH4), ossidi di azoto (NOx),

    ossidi di zolfo (SOx), ammoniaca (NH3), composti or-

    ganici volatili non metanici (CONVM), monossido

    di carbonio (CO), particolato (PM10), arsenico (As),

    cadmio (Cd), cromo (Cr), rame (Cu), mercurio (Hg),

    nichel (Ni), piombo (Pb), selenio (Se), zinco (Zn). Inol-

    tre sono riportati i prelievi diretti di quattro tipi di ri-

    sorse naturali: vapore endogeno, combustibili fossili,

    minerali, biomasse.

    Le matrici NAMEA a scala regionale

    L’ISTAT ha prodotto matrici NAMEA anche alla scala

    regionale per l’anno 2005 che conteggiano le emis-

    sioni per 10 delle 18 tipologie di inquinanti conside-

    rate a livello nazionale: anidride carbonica (CO2),

    protossido di azoto (N2O), metano (CH4), ossidi di

    azoto (NOx), ossidi di zolfo (SOx), ammoniaca (NH3),

    composti organici volatili non metanici (CONVM),

  • I N F O R M A I R E S , A N N O X X I V , N . 4 3 , M A R Z O 2 0 1 3 11

    La Green Economy in Piemonte

    monossido di carbonio (CO), particolato (PM10),

    piombo (Pb).

    Queste tavole, pur non raggiungendo la ricchezza

    di informazione presente a livello nazionale, rap-

    presentano comunque una buona banca dati sulle

    esternalità ambientali connesse alle attività produt-

    tive alla scala regionale.

    Per riuscire ad avere informazioni maggiormente

    sintetiche rispetto ai numerosi inquinanti presenti in

    queste tavole si è inoltre scelto di fare ricorso a tre

    indici sintetici, già calcolati dall’ISTAT, che permetto-

    no di aggregare alcune delle dieci emissioni sopra-

    elencate.

    Si tratta anzitutto delle emissioni a effetto serra (d’ora

    in poi abbreviate più semplicemente in “effetto ser-

    ra”), che raggruppano i diversi gas climalteranti pe-

    sandoli in funzione della loro capacità di trattenere

    calore. Quest’ultima informazione è riassunta nel

    GWP che è stato calcolato dall’IPCC (Intergoverna-

    mental Panel on Climate Change) per i diversi gas

    serra. Nel nostro caso i gas considerati sono l’anidri-

    de carbonica, il protossido di azoto e il metano, le

    cui quantità vengono tradotte in termini di tonnella-

    te di CO2 equivalente e sommate insieme.

    Il secondo indice sintetico riguarda le emissioni acidi-

    fi canti (abbreviate più semplicemente in “acidifi ca-

    zione”), che raccolgono quegli inquinanti alla base

    del fenomeno dell’acidifi cazione: si tratta degli os-

    sidi di zolfo, degli ossidi di azoto e dell’ammoniaca.

    L’azione acidifi cante di ciascuna sostanza è pesata

    per il proprio potenziale acido PAE (Potential Acid

    Equivalent), che tiene conto degli ioni idrogeno che

    si verrebbero potenzialmente a formare in caso di

    deposizione totale. Il valore fi nale è espresso in ter-

    mini di tonnellate di potenziale acido equivalente.

    Il terzo indice sintetico prende in considerazione le

    emissioni che contribuiscono all’ozono troposferico

    (abbreviato più semplicemente in “ozono”), ossia

    alla presenza di questo gas a livello del suolo e vicino

    ad esso. In questo caso gli inquinanti sono pesati in

    funzione del loro potenziale di formazione dell’ozo-

    no troposferico e riguardano: il metano, gli ossidi di

    azoto, i composti organici volatili non metanici e il

    monossido di carbonio.

    Le matrici NAMEA prodotte dall’ISTAT a scala regio-

    nale, riguardano 23 unità territoriali, che includono

    le 20 regioni, le 2 province autonome e un’ulteriore

    unità chiamata “territorio extraregionale” che con-

    teggia tutte quelle attività produttive che non sono

    localizzate all’interno delle precedenti unità: si trat-

    ta di estrazioni di petrolio e gas naturale in acque

    internazionali e amministrazioni pubbliche svolte in

    zone franche territoriali (ambasciate, consolati, basi

    militari, centri di ricerca). Nello studio il territorio ex-

    traregionale non è stato preso in considerazione per

    l’impossibilità di trovare un criterio oggettivo di ripar-

    tizione delle esternalità ambientali ad esso assegna-

    te tra le differenti regioni.

    Le tavole regionali presentano i risultati disaggregati

    secondo 24 settori economici, che seguono la clas-

    sifi cazione ATECO 2002 e tre voci che riguardano

    la spesa delle famiglie, contabilizzate seguendo la

    classifi cazione COICOP (Classifi cation of Individual

    Consumption by Purpose). Per ciascuna branca i

    conteggi forniti dall’ISTAT riguardano sia le esterna-

    lità generate direttamente dai processi produttivi

    considerati (ad esempio emissione di CO2 derivanti

    da reazioni chimiche nei cementifi ci), sia quelle de-

    rivanti da attività di trasporto e processi di riscalda-

    mento effettuati in conto proprio.

    Per un’esatta comprensione dei dati e una corretta

    interpretazione dei risultati è bene sottolineare che i

    conti NAMEA non includono quelle emissioni atmo-

    sferiche che sono dovute a fenomeni naturali. Oc-

  • I N F O R M A I R E S , A N N O X X I V , N . 4 3 , M A R Z O 2 0 1 312

    La Green Economy in Piemonte

    corre inoltre notare che il settore economico dei Tra-

    sporti include, per le caratteristiche metodologiche

    sopra esposte, solamente le esternalità ambientali

    derivanti dalle attività di trasporto merci e persone

    che afferiscono a imprese e soggetti direttamente

    affi liati a tale settore, mentre non prende in consi-

    derazione le pressioni causate dal trasporto privato

    (conteggiate in una apposita voce delle spese del-

    le famiglie) e le attività di trasporto svolte in proprio

    all’interno di altre branche produttive.

    Utilizzo dei dati NAMEA a scala regionale

    L’analisi si focalizza su 5 esternalità ambientali de-

    sunte dalle matrici NAMEA regionali; si tratta dei tre

    indici sintetici:

    • effetto serra

    • acidifi cazione

    • ozono troposferico

    e di due emissioni, analizzate singolarmente:

    • piombo

    • polveri sottili PM10,quest’ultima riferentesi alla Par-

    ticulate Matter, materia particolata con diametro

    inferiore ai 10 millesimi di millimetro.

    Si tratta di una scelta sicuramente parziale, che non

    tocca in modo completo ed esaustivo tutte le pres-

    sioni antropiche sugli ecosistemi; tuttavia, conside-

    rando la grande diffi coltà di rinvenire banche dati

    coerenti tra loro e disponibili a livello regionale e per

    i diversi settori economici, la presenza di questi dati

    è da considerarsi più che soddisfacente sia da un

    punto di vista ambientale, sia economico, sia, infi ne,

    territoriale.

    Le cinque tipologie prese in considerazione possono

    essere considerate suffi cientemente rappresenta-

    tive di alcune tra le più importanti emergenze am-

    bientali: esse includono il problema del riscaldamen-

    to globale e dell’acidifi cazione e si concentrano

    sull’inquinamento quantifi cando l’ozono, le polveri

    sottili e il piombo. Tra i problemi più importanti trascu-

    rati da questi indicatori accenniamo qui alla perdita

    della biodiversità, alla deforestazione, all’erosione

    dei suoli e alla contaminazione da agenti inquinanti

    diversi dal piombo.

    Queste cinque esternalità inoltre sono suffi ciente-

    mente rappresentative delle principali pressioni eser-

    citate dal sistema produttivo italiano: la produzione

    di gas serra è direttamente connessa all’utilizzo di

    energia e riguarda quindi, seppure con pesi diversi,

    tutte le branche dell’economia. Per contro l’acidifi -

    cazione deriva da specifi che attività connesse ad

    alcuni settori, come ad esempio l’agricoltura; un di-

    scorso simile vale anche per l’ozono, le polveri sottili

    e, soprattutto, il piombo.

    Da un punto di vista più prettamente territoriale i

    cinque indicatori di pressione possono conside-

    rarsi suffi cientemente esaustivi dato che interessa-

    no le diverse scale spaziali: anzitutto quella micro,

    che riguarda i livelli di salute (e di inquinamento)

    dei sistemi territoriali locali, monitorati attraverso

    le misure delle micropolveri e del piombo; segue

    la meso-scala che interessa l’ambito regionale e

    macroregionale ed è caratterizzata dal fenomeno

    dell’ozono troposferico (che, come già ricordato,

    non deve essere confuso con l’ozono stratosferico

    caratterizzato da dinamiche a scala globale) e del-

    le piogge acide e infi ne la macro-scala planetaria,

    di riferimento per la problematica del riscaldamen-

    to globale.

    L’analisi separata e complementare dei cinque in-

    dicatori consente di stimare l’entità delle pressioni

    ambientali esercitate dai settori economici e di indi-

    viduare le diverse scale territoriali coinvolte.

  • I N F O R M A I R E S , A N N O X X I V , N . 4 3 , M A R Z O 2 0 1 3 13

    La Green Economy in Piemonte

    Il contesto europeo

    Per avere una valutazione completa del gree-

    ning dei settori considerati partiamo dal contesto

    in cui si colloca l’Italia. I dati utilizzati provengono

    da Eionet (European Environment Information and

    Observation Network) e sono relativi ad alcune

    emissioni per l’anno 2000. Sono stati considerati

    solo i dati più rilevanti e sintetici, cioè le ecoeffi -

    cienze economiche (espresse in euro/quantità di

    emissioni) riguardanti le emissioni a effetto serra e

    i precursori dell’ozono troposferico. Sono raffron-

    tate solo alcune nazioni comparabili con l’Italia,

    che da tempo utilizzano la metodologia NAMEA

    (Germania, Svezia e Olanda). La tabella 1 mostra

    le ecoeffi cienze economiche dei diversi settori2

    considerati al 2000.

    Per quanto riguarda la struttura energetica emer-

    ge chiaramente l’eccezionalità svedese nelle

    emissioni di gas serra. Questo è dovuto al fatto

    che quel modello (simile a quello danese e fi nlan-

    dese) è molto diversifi cato e a scarsa emissione di

    CO2, con il 13% dell’energia primaria (e circa il 35%

    di quella elettrica) che deriva dall’idoelettrico e

    il 17% (il 48% di quella elettrica) dal nucleare. Un

    tale sistema era, al 2000, comunque in grado di

    avere una ecoeffi cienza complessiva di ben 34,21

    €/kg di CO2 equivalente prodotta, contro i 2,47

    euro dell’Italia. Diverso appare il caso tedesco,

    che al 2000 presenta un mix energetico dove la

    componente dei vettori energetici a effetto serra

    è piuttosto pesante e deriva dall’alta percentua-

    le di energia prodotta da carbon fossile, lignite e

    gas. L’Olanda infi ne presenta, al 2000, una bas-

    Tab. 1 Ecoeffi cienze economiche dei settori economici rispetto alle emissioni a effetto serra e ai precursori dell’ozono troposferico, anno 2000

    Effetto serra (euro/kg) Ozono troposferico (euro/gr)

    14 settori aggregati Italia Germany Netherlands Sweden Italia Germany

    Agricoltura 0,56 0,30 0,40 3,33 0,11 0,24Estrattiva 8,06 0,16 1,95 9,67 0,65 0,11Alimentari 7,78 2,82 2,36 34,79 0,48 0,48Tessile 13,33 7,29 3,65 49,37 0,45 2,05Carta+altre 4,41 5,50 5,07 36,55 0,32 1,58Chimica 0,77 0,70 0,26 14,45 0,17 0,14Minerali 0,39 0,42 0,82 2,83 0,10 0,18Siderurgia 1,23 0,83 0,91 7,52 0,19 0,23Meccanica 12,23 12,71 10,99 192,22 0,81 0,17Energia 0,12 0,09 0,11 7,63 0,09 0,09Costruzioni 19,85 9,75 12,45 49,24 0,65 1,23Terziario 17,12 21,29 16,82 231,13 1,48 3,42Trasporti 1,99 2,09 0,90 12,27 0,17 0,29PA 10,62 11,45 5,99 108,05 2,34 5,31

    Totale 2,47 2,46 1,94 34,21 0,49 0,64

    Fonte: elaborazione IRES su dati Eionet, anno 2000 Figura 1 Ecoeffi cienza energetica fi nale misurata dal rapporto tra PIL e petrolio equivalente (€/kg petr-eq)

    2 Per un approfondimento della defi nizione dei settori vedere la tabella 3.

  • I N F O R M A I R E S , A N N O X X I V , N . 4 3 , M A R Z O 2 0 1 314

    La Green Economy in Piemonte

    sissima ecoeffi cenza del suo sistema energetico-

    produttivo.

    Il quadro non brillante per l’Italia diviene più grave

    se si considerano i cambiamenti strutturali e la varia-

    zione temporale dell’ecoeffi cienza energetica fi na-

    le misurata dal rapporto tra PIL e le quantità di petro-

    lio equivalente, mostrati in fi gura 1. L’Italia si mostra

    fondamentalmente stabile (non varia la sua ecoef-

    fi cienza), mentre le tutte altre nazioni migliorano le

    loro performance. È un dato che, sebbene non ten-

    ga conto dell’impegno degli ultimi anni (vedi capi-

    tolo sull’energia e le fonti rinnovabili), manifesta una

    certa rigidità del sistema nazionale agli investimenti

    da processo e all’innovazione. Andando ad analiz-

    zare i singoli settori è da rilevare la buona situazione

    dell’Italia in campo industriale, dove, in molti settori

    di tradizionale specializzazione, si registrano ottime

    ecoeffi cienze, seconde solo alla Svezia. In questo

    contesto è importante tuttavia rilevare il ruolo del

    settore delle Costruzioni, sicuramente centrale nel-

    la valorizzazione produttiva, seguito, a distanza, dal

    tessile (made in Italy) e dagli altri settori.

    Fonte: elaborazione IRES su dati ENEA-Unione Petrolifera

    Fig. 1 Ecoeffi cienza energetica fi nale misurata dal rapporto tra PIL e petrolio equivalente (€/kg petr-eq)

    5,0

    6,0

    7,0

    8,0

    9,0

    10,0

    4,0

    3,0

    2,0

    1,0

    Italia Germania Spagna Danimarca Olanda UE 15

    0,0

    1995 2005

    Il contesto italiano

    Il contesto italiano viene analizzato utilizzando i dati

    NAMEA nazionali nell’intervallo 1990-2009.

    La fi gura 2 mostra l’evoluzione temporale delle cin-

    que esternalità ambientali, del valore aggiunto e del-

    le unità di lavoro per l’insieme dell’economia italiana.

    I valori sono riportati all’anno 1990 (= 100). Emergono

    chiaramente tre dinamiche tra loro distinte.

    L’acidifi cazione, l’ozono, il piombo e il particolato

    sono caratterizzati da una continua e progressiva

    diminuzione che raggiunge valori anche molto im-

  • I N F O R M A I R E S , A N N O X X I V , N . 4 3 , M A R Z O 2 0 1 3 15

    La Green Economy in Piemonte

    portanti: ad esempio la riduzione delle emissioni di

    piombo dell’economia italiana tra il 1990 e il 2009 è

    pari addirittura al 91% del valore iniziale. Percentuali

    di abbassamento non così eclatanti, ma comunque

    molto importanti contrassegnano l’acidifi cazione

    (-59%), l’ozono (-55%) e il particolato (-50%).

    I gas a effetto serra esibiscono un comportamento

    più incerto, quasi oscillante, che mostra fasi di leggera

    decrescita (1990-1994; 1995-1996) alternate a perio-

    di di maggiore aumento (1994-1995; 1996-2004), che

    arrivano al picco del 2004-2005 che vede un incre-

    mento delle emissioni del 5% rispetto al 1990. L’ultima

    fase (2005-2009) mostra le prime avvisaglie della crisi

    economica che qui si declina come contrazione de-

    gli utilizzi energetici a fi ni produttivi, che provoca una

    diminuzione fi nale del 12% rispetto all’anno iniziale.

    Una terza dinamica è rinvenibile nel valore aggiunto

    e nelle unità di lavoro che esibiscono un trend di re-

    golare crescita fi no al 2007, dove si arriva a toccare

    il 26% di aumento per il valore aggiunto e il 7% per le

    unità di lavoro. Anche in questo caso gli ultimi due

    anni testimoniano il sopraggiungere della contrazio-

    ne economica che porta a una rapida discesa di

    entrambi gli indici che si attestano su una crescita

    totale, al 2009, pari 18% (valore aggiunto) e 3% (uni-

    tà di lavoro) rispetto al 1990.

    A un trend di diminuzione degli agenti impattanti

    corrisponde un andamento di crescita del valore

    aggiunto e dell’occupazione che evidenziano cam-

    biamenti signifi cativi nel sistema economico nazio-

    nale che l’indicatore del Prodotto Interno Lordo (PIL)

    non riesce a cogliere. In questo senso è opportuna

    Fig. 2 Evoluzione temporale delle cinque esternalità ambientali, del valore aggiunto e delle unità di lavoro per l’insieme dell’economia italiana (valori all’anno 1990 = 100)

    Effetto serra Piombo Valore aggiunto Acidifi czione

    Particolato Potenziale ozono troposferico Unità lavoro

    Fonte: elaborazione IRES su dati ISTAT

    140

    120

    100

    80

    60

    40

    20

    0

    1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

  • I N F O R M A I R E S , A N N O X X I V , N . 4 3 , M A R Z O 2 0 1 316

    La Green Economy in Piemonte

    l’introduzione dei concetti di effi cienza ambientale

    (o ecoeffi cienza) di tipo economico e di tipo occu-

    pazionale, abbreviati, nel presente scritto, in ecoeffi -

    cienza economica e occupazionale.

    Con la defi nizione di effi cienza ambientale di tipo

    economico per una certa esternalità ambientale, si

    intende, molto semplicemente, il rapporto tra il va-

    lore aggiunto del settore economico considerato e

    l’esternalità ambientale causata da quella stessa at-

    tività. Una defi nizione parallela può essere introdotta

    per l’effi cienza occupazionale che vede le unità di

    lavoro divise per l’esternalità ambientale. Le ecoeffi -

    cienze economiche sono quindi misurate in euro / kg

    di emissione (o multipli), mentre quelle occupazionali

    in unità di lavoro / kg di emissione (o multipli).

    Il primo indicatore evidenzia pertanto il mutamento

    nella composizione tra la ricchezza prodotta e l’im-

    patto generato e concerne quindi maggiormente

    la sfera degli investimenti sul capitale (tecnico ed

    energetico) e sul lavoro (dato che il valore aggiunto

    coincide con l’insieme dei salari e dei profi tti lordi),

    mentre il secondo è relativo all’impiego della forza-

    lavoro nel contesto produttivo.

    Attraverso queste grandezze è possibile compa-

    rare in modo coerente le performance produttive

    (rispecchiate dal valore aggiunto e dalle unità di

    lavoro) con quelle ambientali. È evidente che valo-

    ri più elevati dell’effi cienza economica (occupazio-

    nale) segnalano situazioni in cui, a parità di valore

    aggiunto (posti di lavoro), si provocano esternalità

    ambientali minori.

    In questo modo è anche possibile ricavare una

    quantifi cazione della presenza o meno di dinami-

    che di “greening” dei settori economici. A seconda

    dell’esternalità ambientale coinvolta, tali dinamiche

    sono state chiamate in modi diversi: se si tratta della

    CO2 si parla di de-carbonizzazione, se si considerano

    in generale le risorse materiali in entrata si parla di

    de-materializzazione. Più in generale si parla di de-

    linking o disaccoppiamento per indicare una sepa-

    razione tra l’evoluzione del valore aggiunto (che si

    vorrebbe in crescita) e quella della pressione am-

    bientale (in diminuzione).

    In realtà un aumento dell’ecoeffi cienza può anco-

    ra nascondere due differenti dinamiche, indicate

    come crescita assoluta e relativa dell’ecoeffi cien-

    za. La prima indica situazioni in cui non solo l’eco-

    effi cienza cresce (indicando quindi che a parità di

    esternalità prodotta, si produce maggiore valore

    aggiunto o posti di lavoro), ma la quantità totale di

    inquinanti effettivamente emessi diminuisce, con un

    reale vantaggio per l’ambiente. Un aumento relati-

    vo dell’ecoeffi cienza indica invece casi in cui, pur

    crescendo l’ecoeffi cienza, si assiste comunque a un

    aumento degli inquinanti emessi. Quest’ultima situa-

    zione è possibile se si ha un aumento delle emissioni

    e, parallelamente, una crescita ancora maggiore

    del valore aggiunto o delle unità di lavoro.

    La fi gura 3 mostra, per l’insieme dell’economia italia-

    na, l’evoluzione temporale dell’ecoeffi cienza eco-

    nomica rispetto alle cinque esternalità ambientali

    considerate (effetto serra, acidifi cazione, ozono tro-

    posferico, piombo e particolato). I valori sono ripor-

    tati all’anno 1990 (= 100). Emerge in modo evidente

    l’enorme crescita dell’effi cienza connessa alle emis-

    sioni di piombo, che, come visto poco sopra, sono

    state oggetto di una fortissima riduzione, a fronte di

    un aumento del valore aggiunto. Ciò è conseguen-

    za soprattutto della riconversione dei processi di raf-

    fi nazione del petrolio a basso utilizzo di piombo.

    Anche le ecoeffi cienze economiche riguardanti le

    altre esternalità mostrano trend in progressiva cre-

    scita. Tra il 1990 e il 2009 quella dell’acidifi cazione è

    aumentata del 189%, quella dell’ozono del 161% e

  • I N F O R M A I R E S , A N N O X X I V , N . 4 3 , M A R Z O 2 0 1 3 17

    La Green Economy in Piemonte

    quella del particolato del 134%, mentre per l’effet-

    to serra si registrano valori più modesti (34%) ma pur

    sempre positivi.

    L’informazione congiunta di questa fi gura, che indi-

    ca ecoeffi cienze in aumento, e della fi gura 2, che

    mostra che i valori assoluti per le diverse emissioni

    sono comunque diminuiti tra il 1990 e il 2009, porta a

    concludere che, in media, il sistema produttivo ita-

    liano è stato caratterizzato, nell’intervallo 1990-2009,

    da una crescita assoluta dell’ecoeffi cienza econo-

    mica rispetto a tutte le cinque esternalità ambientali

    considerate.

    I dati confermano inoltre una parallela dinamica di

    crescita assoluta dell’ecoeffi cienza occupazionale

    (non mostrata nelle fi gure) e pertanto si può conclude-

    re che negli ultimi venti anni si è avuta una riconversio-

    ne in senso greening dell’economia a livello nazionale

    dovuta, lo si vedrà meglio in seguito, sia all’aumento

    della terziarizzazione nella composizione interna dei

    settori che, più in generale, alla crescita del Terziario.

    Fig. 3 Evoluzione temporale dell’effi cienza economica rispetto alle cinque esternalità ambientali per l’insieme dell’economia italiana (anno 1990 = 100)

    Effi cienza Economica Effetto serra Effi cienza Economica Potenziale ozono troposferico

    Effi cienza Economica particolato PM10 Effi cienza Economica Acidifi cazione Effi cienza Economica Piombo

    Fonte: elaborazione IRES su dati ISTAT

    1.400

    1.200

    1.000

    800

    600

    400

    200

    0

    1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

    Analisi macrosettoriale: il Piemonte a confronto

    A partire dal contesto italiano, brevemente descrit-

    to in precedenza, è conveniente strutturare l’analisi

    dei dati NAMEA a livello regionale al 2005, per tap-

    pe progressive. La prima, cui è dedicata il presente

    paragrafo, si focalizza sull’esame dei risultati aggre-

    gati rispetto a cinque macrosettori, in modo da po-

    ter coglierne le proprietà e le dinamiche principali.

  • I N F O R M A I R E S , A N N O X X I V , N . 4 3 , M A R Z O 2 0 1 318

    La Green Economy in Piemonte

    Per meglio giudicare la bontà o meno delle perfor-

    mance delle branche piemontesi viene effettuato

    un confronto con i valori medi italiani e/o con quelli

    di quattro regioni particolarmente rappresentative:

    Lombardia, Veneto, Toscana ed Emilia-Romagna. I

    macrosettori considerati sono:

    • Agricoltura (comprende anche le attività di pesca);

    • Industria (include tutte le attività produttive);

    • Costruzioni;

    • Trasporti;

    • Servizi (prendono in considerazione sia le attività

    profi t sia quelle svolte dalle pubbliche ammini-

    strazioni).

    Esternalità ambientali e macrosettori: analisi

    dei differenti contributi

    È anzitutto interessante indagare il contributo dei

    macrosettori rispetto al valore aggiunto, alle unità di

    lavoro e alle cinque esternalità ambientali conside-

    rate (effetto serra, acidifi cazione, ozono troposferi-

    co, piombo, polveri sottili). La fi gura 4 mostra i risultati

    per il Piemonte e per l’Italia. Da essa si evince che le

    diverse percentuali sono sostanzialmente analoghe

    per il caso piemontese e quello medio nazionale.

    Il maggiore contributo al valore aggiunto e alle unità

    di lavoro è dato dai servizi che toccano rispettiva-

    mente il 59,1% e il 58% nel caso del Piemonte e valori

    di poco superiori (61,8% e 59,7%) per quello italiano.

    Seguono gli apporti dell’Industria con valori italiani

    pari circa a un quinto e piemontesi leggermente

    superiori (vicini a un quarto), a conferma del forte

    retaggio industriale presente in questo territorio. Mol-

    to simili sono poi le percentuali relative ai rimanenti

    settori. Il processo di greening, come si vedrà presto

    nel dettaglio, è stato fondato soprattutto sulla cre-

    scita del Terziario mentre nell’Industria si avverte una

    dinamica simile ma su valori molto inferiori.

    Interessante è l’analisi delle diverse esternalità,

    anch’esse caratterizzate da forti similarità tra il livello

    piemontese e quello nazionale. Per contro, mentre

    le percentuali del valore aggiunto e delle unità di

    lavoro mostrano un sostanziale parallelismo, quelle

    delle pressioni ambientali hanno caratteristiche an-

    che molto differenti.

    Seppure con proporzioni molto diverse, l’effetto serra

    è causato da tutti i macrosettori, sia in Piemonte che

    per l’Italia: i gas climalteranti vengono emessi soprat-

    tutto durante il processo di combustione (CO2) per la

    produzione di energia e per il trasporto, utilizzati da tut-

    te le branche economiche. A queste emissioni si ag-

    giungono quelle derivanti da processi chimici o bio-

    logici connessi a particolari produzioni, tra cui quelle

    dei cementifi ci (CO2), dell’allevamento di ruminanti e

    delle coltivazioni di riso (metano). I gas serra vengono

    diffusi nell’atmosfera a livello planetario, provocando

    un aumento medio della temperatura terrestre, il noto

    riscaldamento globale (global warming). L’Industria è

    la maggiore responsabile della produzione di gas ser-

    ra con una percentuale vicina ai due terzi, mentre il

    settore Servizi si attesta su valori di poco inferiori al 15%.

    Le emissioni di sostanze acidifi canti sono legate ad

    alcuni particolari fenomeni: anzitutto la produzione

    e lo spargimento dello stallatico, responsabili della

    immissione in atmosfera dell’ammoniaca e, in se-

    condo luogo, l’utilizzo del carbone e dell’olio com-

    bustibile per la produzione di energia elettrica e il

    riscaldamento, che formano SO2 e NOx. Una volta

    in atmosfera i gas acidifi canti vengono mescolati e

    trasportati dalle correnti anche a grande distanza,

    provocando effetti negativi (piogge acide) anche

    in zone lontane dal punto di emissione. In questo sen-

    so, l’acidifi cazione è una problematica ambientale

    che travalica la scala locale richiedendo interventi

    e politiche combinate a livello nazionale e interna-

  • I N F O R M A I R E S , A N N O X X I V , N . 4 3 , M A R Z O 2 0 1 3 19

    La Green Economy in Piemonte

    zionale. La fi gura 4 evidenzia la grande responsabi-

    lità giocata dalle pratiche agricole nell’emissione di

    sostanze acidifi canti, pari in Piemonte al 61,8% e in

    Italia al 45,1%, cui segue l’Industria, con percentuali

    che vanno rispettivamente dal 22,5% al 32%.

    L’ozono troposferico è un inquinante secondario:

    esso si forma nella bassa atmosfera in seguito a rea-

    zioni fotochimiche a partire da inquinanti precurso-

    ri derivati da differenti attività di origine antropica,

    tra cui l’impiego di combustibili fossili, soprattutto

    0

    Fonte: elaborazione IRES su dati ISTAT

    Fig. 4 Contributo dei macrosettori dell’economia del Piemonte e dell’Italia rispetto al valore aggiunto, alle uni-tà di lavoro e alle cinque esternalità ambientali considerate. Anno 2005

    Agricoltura Industria Costruzioni Trasporti Servizi

    50

    60

    70

    80

    90

    100

    40

    30

    20

    10

    Valoreaggiunto

    25,8

    4,74,74,78,3

    59,1

    Unitàlavoro

    5,1

    23,9

    6,56,6

    58,5

    Effettoserra

    14,7

    7,0

    14,4

    10,2

    66,866,8

    9,1

    13,1

    Acidifi cazione

    61,8

    6,28,8

    Ozono

    13,4

    48,4

    6

    12,7

    19,4

    Piombo

    98,1

    PM10

    35,4

    38,0

    10,4

    12,6

    Piemonte

    50

    60

    70

    80

    90

    100

    40

    30

    20

    10

    Valoreaggiunto

    21,8

    5,58,3

    61,8

    Unitàlavoro

    5,5

    20,4

    7,86,6

    59,7

    Effettoserra

    Acidifi cazione

    45,1

    32

    14

    8,2

    Ozono

    12,0

    46,4

    4,6

    20,1

    16,9

    Piombo

    84,1

    14,1

    PM10

    31,4

    36,3

    16,7

    12,1

    Italia

    0

    3,6

    63,1

    0,722,5

    0,8

    2,1

    1,5

    2,6

    0,9 0,71,8

    3,5

  • I N F O R M A I R E S , A N N O X X I V , N . 4 3 , M A R Z O 2 0 1 320

    La Green Economy in Piemonte

    nei Trasporti e l’uso di solventi organici. Le sostanze

    alla base delle reazioni fotochimiche possono essere

    trasportate in atmosfera anche per lunghe distanze

    e oltre i confi ni nazionali: per questi motivi anche in

    questo caso la scala territoriale cui fare riferimento

    per valutare gli effetti negativi e per proporre azioni

    e politiche di abbattimento organiche e concerta-

    te (Grennfelt et al., 1994) è quella macroregionale.

    Dalle fi gure si evince che poco meno della metà

    delle emissioni di inquinanti all’origine dell’ozono de-

    riva da processi industriali. I Trasporti, uno dei tipici

    settori alla base di questo inquinamento, mostrano

    per il Piemonte valori decisamente più bassi (12,7%)

    rispetto alla situazione nazionale (20,1%), dovute a

    un maggiore rinnovo del parco macchine piemon-

    tese rispetto alla media italiana. I servizi contribuisco-

    no con percentuali del 19,4% per il Piemonte e 16,9%

    per l’Italia.

    Il piombo è un metallo pesante tossico che può tra-

    sferirsi nella catena alimentare arrivando a intossica-

    re anche gli esseri umani. Le sue emissioni sono so-

    prattutto di origine antropica, collegate a particolari

    funzioni produttive, tra cui la metallurgia, la fabbri-

    cazione di leghe metalliche, le attività metalmecca-

    niche, la produzione di vernici e smalti per cerami-

    che, l’utilizzo di mezzi di trasporto. In Piemonte la

    quasi totalità (oltre il 98%) di questo inquinante è da

    attribuirsi al macrosettore Industria, mentre nel caso

    italiano una percentuale del 14,1% circa è ascrivibile

    ai Trasporti.

    Infi ne, le micro polveri possono avere origine sia na-

    turale (erosione del suolo, incendi, pollini) sia antro-

    pica (processi di combustione, traffi co veicolare). A

    questi ultimi due processi sono riconducibili le per-

    centuali di emissione rilevate per l’Industria (38% per

    il Piemonte e 36,3% per l’Italia) e per i Trasporti (ri-

    spettivamente 10,4% e 16,7%). Gli elevati valori mo-

    strati dall’Agricoltura, che arriva a toccare il 35,4%

    per il territorio piemontese e il 31,4% nel caso italiano,

    sono invece riconducibili all’uso di concimi organi-

    ci, all’incenerimento di rifi uti agricoli e all’utilizzo di

    macchinari agricoli.

    I profi li ambientali dei macrosettori

    Leggendo i dati presenti nella fi gura 4 non in modo

    “verticale”, in funzione delle diverse esternalità am-

    bientali, ma secondo un andamento “orizzontale”,

    è possibile ricostruire il profi lo ambientale dei diversi

    macrosettori. La fi gura 5 illustra, in modo grafi co, le

    diverse proporzioni tra gli “share”, ossia tra le per-

    centuali che caratterizzano il valore aggiunto e

    le unità di lavoro, indicate con colori scuri (blu e

    viola) e quelle proprie delle cinque esternalità am-

    bientali. In questo modo si riescono a evidenziare

    le diverse proporzioni che connotano i macrosettori

    economici.

    Emergono tre casi differenti. Anzitutto è possibile indivi-

    duare, da un lato, il comparto dei Servizi, che mostra,

    sia nel caso piemontese, sia in quello italiano, elevati

    share rispetto al valore aggiunto e alle unità di lavoro,

    a testimonianza del forte ruolo giocato dal terzo set-

    tore, che arriva ad avere un peso intorno al 60%. In

    parallelo, questo macrosettore è il responsabile diretto

    di emissioni che contribuiscono, a seconda dell’ester-

    nalità ambientale considerata, per percentuali che

    non arrivano mai al 20%. Si tratta quindi di un com-

    parto contraddistinto da elevate rese economiche e

    occupazionali a fronte di pressioni ambientali non così

    elevate, che potremmo qui etichettare come macro-

    settore a bassa “propensione all’inquinamento”.

    Emergono poi i comparti dell’Agricoltura e dell’In-

    dustria che esibiscono proporzioni opposte. Nel pri-

    mo caso infatti (Agricoltura), a fronte di contributi

    al valore aggiunto e alle unità di lavoro inferiori al

  • I N F O R M A I R E S , A N N O X X I V , N . 4 3 , M A R Z O 2 0 1 3 21

    La Green Economy in Piemonte

    6%, si registrano percentuali molto elevate rispetto

    alle emissioni di sostanze acidifi canti (45,1% in Italia

    e ben il 61,8% in Piemonte), di polveri sottili (31,4%

    in Italia e 35,4% in Piemonte) e anche di gas serra e

    precursori dell’ozono troposferico seppure in misure

    leggermente inferiori.

    Anche il macrosettore dell’Industria è caratterizza-

    to da proporzioni qualitativamente simili: in questo

    Fonte: elaborazione IRES su dati ISTAT

    Valore aggiunto Unità lavoro Effetto serra Acidifi cazione Ozono Piombo PM10

    180

    230

    280

    330

    130

    80

    30

    Agricoltura

    21,861,8

    66,8

    13,1

    10,220,4

    59,7

    32,08,2

    45,1

    46,416,9

    12,0

    84,1

    14,1

    31,4

    36,3

    Industria Costruzioni Trasporti Servizi

    Italia

    2,6

    12,1

    Fig. 5 Le diverse proporzioni tra gli share dei macrosettori del Piemonte e dell’Italia, ossia tra le percentuali che caratterizzano il valore aggiunto e le unità di lavoro (indicate con colori scuri) e quelle proprie delle cinque esternalità ambientali. Anno 2005.

    180

    230

    280

    330

    130

    80

    30

    Agricoltura

    25,859,1

    63,1

    14,4

    14,723,9

    58,0

    22,58,8

    61,8

    48,4 19,4

    13,4

    98,1

    15

    35,4

    38,0

    Industria Costruzioni Trasporti Servizi

    Piemonte

    2,1

    12,6

    0

    0

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    La Green Economy in Piemonte

    caso il valore aggiunto e le unità di lavoro si atte-

    stano attorno a percentuali tra il 20% e il 26%, men-

    tre le diverse esternalità ambientali (con l’eccezio-

    ne dell’acidifi cazione per il Piemonte) superano di

    gran lunga questi share. L’esempio più eclatante

    è quello delle emissioni di piombo (98,1% in Pie-

    monte e 84,1% in Italia). In questo caso è possibile

    parlare di settori a elevata “propensione all’inqui-

    namento”.

    Infi ne i comparti delle Costruzioni e dei Trasporti sono

    contraddistinti da situazioni intermedie, in cui le per-

    centuali di valore aggiunto e di unità di lavoro non

    si discostano molto da quelle delle esternalità am-

    bientali. Tali settori esibiscono quindi una “propensio-

    ne all’inquinamento” di livello medio.

    Impatti ambientali dei macrosettori:

    una comparazione interregionale

    Il presente paragrafo amplia ulteriormente l’ana-

    lisi degli impatti ambientali dei macrosettori attra-

    verso la comparazione sistematica della situazione

    piemontese e di quella italiana, con quella di altre

    quattro regioni italiane con cui tradizionalmente si

    confronta il Piemonte (Lombardia, Veneto, Toscana

    ed Emilia-Romagna). Anche in questo caso può es-

    sere utile sintetizzare i risultati maggiormente rilevanti

    (in positivo e in negativo).

    La tabella 2 mostra la comparazione del caso pie-

    montese con quello delle altre regioni, ponendo in

    evidenza strutture differenziate. L’Emilia-Romagna

    emerge soprattutto nel comparto dell’Industria,

    la Toscana in quello dell’Agricoltura e il Piemonte

    e il Veneto nei Trasporti. Tra i macrosettori meno

    “verdi” (caratterizzati da percentuali di emissioni

    maggiori della media italiana) occorre annovera-

    re l’Agricoltura che mostra un impatto, per quanto

    riguarda l’acidifi cazione, superiore alla media del

    paese in tutte le regioni padane. Sempre rispetto al

    comparto agricolo, il Piemonte è caratterizzato da

    percentuali di emissioni acidifi canti e climalteranti

    Tab. 2 I macrosettori del Piemonte per tipologia d’impatto*

    Emilia-Romagna Lombardia Piemonte Toscana Veneto

    Agricoltura Acidif. 60,6 Acidif. 63,0 Eff. serra 14,7 Eff. serra 6,8 Acidif. 56,9Acidif. 61,8 Acidif. 25,0

    Industria Acidif. 24,2 Acidif. 19,0 Acidif. 22,5 Acidif. 40,7 Acidif. 28,6Piombo 66,8 Piombo 72,2 Piombo 98,1 Particol. 40,6 Ozono 53,7

    Partic. 41,3 Piombo 91,4Particol. 41,7

    Costruzioni Ozono 6,50

    Trasporti Particol. 10,4 Particol. 10,0 Ozono 12,7 Particol. 23,2 Ozono 15,8Particol. 10,4 Partic. 11,6

    Servizi Piombo 32,3 Piombo 24,4 Piombo 7,7

    * I valori riportati rappresentano il peso percentuale dell’emissione del macrosettore rispetto al totale dell’emissione nella regione considerata. Il colore dello sfondo indica se tale percentuale è maggiore (arancio) o minore (verde) rispetto al valore italiano. Anno 2005.

    Fonte: elaborazione IRES su dati ISTAT

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    La Green Economy in Piemonte

    decisamente più elevate di quelle nazionali. Il forte

    contributo all’effetto serra è legato al metano deri-

    vante dalla fermentazione delle risaie e, soprattut-

    to, delle deiezioni animali particolarmente elevate

    in un territorio prevalentemente di allevamento (la

    provincia di Cuneo in particolare). La Toscana mo-

    stra caratteristiche di maggiori percentuali di emis-

    sioni nell’Industria mentre i Servizi appaiono più im-

    pattanti in Emilia-Romagna e in Lombardia. Infi ne

    va evidenziato il caso della Toscana, dove il setto-

    re Trasporti registra un dato relativo al particolato

    doppio rispetto alle altre regioni (23,2% rispetto a

    circa il 10% delle altre regioni) e superiore alla me-

    dia nazionale (16,7%).

    Le ecoeffi cienze dei macrosettori:

    una comparazione interregionale

    Se, da un lato, è interessante analizzare i macro-

    settori all’origine delle diverse esternalità ambien-

    tali, andando a quantifi carne il contributo percen-

    tuale, dall’altro lato è importante confrontare tali

    emissioni con quantità di tipo socioeconomico in

    modo da pesare gli impatti sugli ecosistemi propor-

    zionandoli, alle “dimensioni” dei settori economici

    che li hanno generati. Come già discusso, sono

    ampiamente diffuse normalizzazioni che utilizzano

    il valore aggiunto e/o le unità di lavoro e permet-

    tono di calcolare le ecoeffi cienze economiche e

    occupazionali delle diverse branche.

    Rispetto ai gas serra i comparti produttivi a mino-

    re ecoeffi cienza in Piemonte, ma anche in Italia

    e nelle altre regioni di comparazione, sono l’Indu-

    stria e l’Agricoltura, con valori pari rispettivamente

    a 1,17 euro/kg e 0,40 euro/kg. Per contro i Servizi

    (11,71 euro/kg) e, ancor più le Costruzioni (18,40

    euro/kg) mostrano livelli di effi cienza maggiori di un

    ordine di grandezza. L’economia piemontese nel

    suo insieme ha un’ecoeffi cienza pari a 2,86 euro/

    kg, che risulta superiore a quella media dell’Italia

    (2,42 euro/kg) e delle altre regioni, con l’eccezio-

    ne della Lombardia che tocca i 3,43 euro/kg.

    L’acidifi cazione mostra trend analoghi: in Pie-

    monte, in modo simile alle altre regioni e all’Italia,

    i macrosettori dei Servizi (161,42 euro/gr) e del-

    le Costruzioni (182,59 euro/gr) emergono per le

    ecoeffi cienze di gran lunga maggiori rispetto alle

    branche dell’Agricoltura (0,80 euro/gr) e dell’In-

    dustria (14,83 euro/gr). Interessante è il confronto

    dell’ecoeffi cienza complessiva che vede il Pie-

    monte in terza posizione con 24,10 euro/gr, pre-

    ceduto da Lombardia (25,07 euro/gr) e Toscana

    (27,34 euro/gr)

    Le ecoeffi cienze legate all’ozono troposferico

    mostrano andamenti differenti: in questo caso

    spicca il settore dei Servizi, caratterizzato da bas-

    se emissioni per unità di valore aggiunto (ecoef-

    fi cienza del Piemonte pari a 2,33 euro/gr), men-

    tre le Costruzioni si attestano su valori medio-bassi

    (0,61 euro/gr per il Piemonte) seguiti dalle branche

    dell’Industria, Trasporti e Agricoltura.

    Decisamente diverso è il quadro che emerge ri-

    spetto alle ecoeffi cienze legate alle emissioni di

    piombo: in questo caso emerge il forte ruolo di

    emettitore giocato dal macrosettore dell’Indu-

    stria, che esibisce ecoeffi cienze bassissime (2,51

    euro/milligr per il Piemonte) a fronte dei valori in-

    termedi di Trasporti (258,12 euro/milligr), Servizi

    (368,63 euro/milligr) e Agricoltura (423,96 euro/mil-

    ligr) e delle altissime effi cienze della branca delle

    Costruzioni, che in Piemonte raggiunge addirittura

    i 26760,94 euro/milligr).

    Infi ne, le emissioni di micro polveri disegnano una

    situazione ancora differente, in cui emerge chia-

    ramente l’elevata ecoeffi cienza della branca dei

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    La Green Economy in Piemonte

    Servizi (42,10 euro/gr in Piemonte), cui seguono,

    con un marcato distacco, i settori delle Costruzio-

    ni (11,81 euro/gr in Piemonte), dei Trasporti (7,20

    euro/gr in Piemonte) e dell’Industria (6,06 euro/gr

    in Piemonte). Ancora inferiori sono poi le ecoeffi -

    cienze dell’Agricoltura che si attestano su valori di

    due ordini di grandezza minori rispetto a quelli del

    comparto dei Servizi (0,52 euro/gr in Piemonte).

    Le ecoeffi cienze occupazionali disegnano un qua-

    dro sostanzialmente analogo a quello qui illustrato,

    confermando i punti di forza e di debolezza “am-

    bientale” delle macrobranche analizzate.

    Per riassumere è possibile affermare che la situa-

    zione relativa all’ecoeffi cienza economica e oc-

    cupazionale del Piemonte presenta un quadro

    generale positivo, se comparato alla media ita-

    liana, ma maggiormente caratterizzato da luci ed

    ombre quando raffrontato con quello delle quat-

    tro regioni di riferimento. In effetti le ecoeffi cienze

    economiche e occupazionali per il totale dei ma-

    cro-settori del Piemonte risultano maggiori rispetto

    ai rispettivi valori nazionali. Tuttavia analizzando le

    più rilevanti ecoeffi cienze economiche e occupa-

    zionali delle diverse regioni con cui il Piemonte si

    confronta, si osserva una situazione più variegata.

    Dall’analisi delle ecoeffi cienze si può desumere

    come il Piemonte necessiti di azioni incisive per

    quanto riguarda principalmente il settore dell’Agri-

    coltura che appare quello più defi citario e in cui

    gli aspetti green sono caratterizzati da forti luci e

    ombre. Infatti, a fronte di un impegno fattivo nel-

    la implementazione e teorizzazione dei Sistemi Ali-

    mentari Locali del cibo, il Piemonte appare con

    un tessuto agricolo connotato da un forte impat-

    to, sia quando viene comparata con le altre re-

    gioni di riferimento, sia quando la si confronta con

    le performance del Piemonte in altri settori, come

    l’Industria e i Trasporti, dove si colloca sostanzial-

    mente in linea con le altre regioni del Nord e spes-

    so esprime valori superiori.

    Uno zoom sui macrosettori dell’Industria e dei Servizi

    È interessante approfondire ulteriormente l’analisi

    dei macrosettori dell’Industria e dei Servizi, per me-

    glio focalizzare le attività produttive a maggiore e

    minore tendenza green. Seguendo la classifi cazio-

    ne ATECO 2002 è stato possibile disaggregare la

    branca dell’Industria in 9 settori e quella dei Servizi

    in 2 settori come indicato in tabella 3, ottenendo

    così una descrizione a 14 settori economici.

    L’esame dei risultati relativi ai 14 settori economici

    piemontesi, alle esternalità create dagli stessi e alle

    loro ecoeffi cienze riconferma quanto sopra affer-

    mato, dandone una articolazione più precisa. Essa

    costituisce la base su cui leggere gli andamenti re-

    centi di trasformazione produttiva e il relativo “gre-

    en path” (percorso o ristrutturazione verde). L’ana-

    lisi, al 2005, evidenzia il contributo dei diversi settori

    dell’Industria e dei Servizi all’impatto assoluto (le

    esternalità ambientali) e il livello di effi cienza che

    caratterizza queste attività economiche.

    Per quanto riguarda le emissioni a effetto serra,

    responsabili di impatti a livello globale, si riconfer-

    ma quanto affermato in precedenza: tutti i settori

    economici emettono gas climalteranti, in modo

    quasi indipendente dal loro valore aggiunto e dal-

    le unità di lavoro. Va comunque sottolineato che,

    all’interno del comparto industriale, il contributo

    maggiore (27%) di tali emissioni è causato dal set-

    tore della Chimica, nonostante lo scarso peso di

    questa branca sull’economia piemontese. Questo

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    La Green Economy in Piemonte

    settore produce infatti solamente l’1,4% del valore

    aggiunto e pesa per lo 0,7% sulle unità di lavoro.

    Inoltre la Chimica risulta avere la più bassa ecoef-

    fi cienza economica e la più bassa ecoeffi cienza

    occupazionale facendo riferimento all’economia

    piemontese presa nel suo complesso.

    Al secondo posto come percentuali di emissioni ser-

    ra del macrosettore Industria fi gurano le attività di

    produzione e distribuzione dell’energia che concor-

    rono al 17,6%, a fronte di una produzione di valore

    aggiunto pari a 2% e una creazione di unità di lavoro

    dello 0,5%.

    Il macrosettore Servizi, responsabile del 14,4% dei gas

    serra, vede una sostanziale bipartizione degli impatti

    che derivano, per un 7,9% dal settore Terziario e per

    un 6,5% dalla PA e altri servizi.

    Tab. 3 Descrizione a 5 macrosettori e a 14 settori, utilizzate nel presente studio, e il loro raccordo rispetto alla classifi cazione ATECO 2002 adottata nelle matrici NAMEA

    Descrizionea 5 macrosettori

    Descrizione a 14 settori Raccordo con la classifi cazione ATECO 2002

    AGRICOLTURA Agricoltura A: agricoltura, caccia e silvicoltura B: pesca, piscicoltura e servizi connessi

    INDUSTRIA Estrattiva C: estrazione di minerali

    Alimentari DA: industrie alimentari, delle bevande e del tabacco

    Tessile DB: industrie tessili e dell’abbigliamentoDC: industrie conciarie, fabbricazione di prodotti in cuoio, pelle e similari

    Chimica DF: fabbricazione di coke, raffinerie di petrolio, trattamento dei combustibili nucleariDG: fabbricazione di prodotti chimici e di fibre sintetiche e artificiali

    Minerali non metalliferi DI: fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi

    Siderurgia DJ: metallurgia, fabbricazione di prodotti in metallo

    Meccanica DK: fabbricazione di macchine e apparecchi meccaniciDL: fabbricazione di macchine elettriche e di apparecchiature elettriche, elet-troniche e otticheDM: fabbricazione di mezzi di trasporto

    Altre industrie manifatturiere

    DD: industria del legno e dei prodotti in legnoDE: fabbricazione della pasta-carta, della carta e del cartone, dei prodotti di carta, stampa ed editoriaDH: fabbricazione di articoli in gomma e materie plasticheDN: altre industrie manifatturiere

    Energia E: produzione e distribuzione di energia elettrica, di gas, di vapore e acqua

    COSTRUZIONI Costruzioni F: costruzioni

    TRASPORTI Trasporti I: trasporti, magazzinaggio e comunicazioni

    SERVIZI PA e altri servizi L: amministrazione pubblicaM: istruzione N: sanità e assistenza sociale O: altri servizi pubblici, sociali e personali

    Terziario G: commercio all’ingrosso e al dettaglio, riparazione di autoveicoli, motocicli e di beni perso