inquinamento tossicologico industriale: il caso dell' ilva ... · della salute e dall'iss...
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INDICE ANALITICO
Introduzione pag.4
Capitolo 1 L'Ilva di Taranto pag.7
1.1 La città di Taranto pag.7
1.1.1 La società Ilva pag.8
1.1.2 Gli inquinanti a Taranto pag.10
1.1.3 Il carbon-coke pag.11
1.2 Emissioni di polveri pag.11
1.2.1 L' AIA pag.12
1.2.2 Le misurazioni dell'ARPA pag.13
1.2.2.1 Le misurazioni ai camini pag.16
1.3 Bibliografia pag.17
Capitolo 2 Ricerche scientifiche finanziate dal Ministero pag.18
della Salute e dall'ISS
2.1 SENTIERI 2011 pag.21
2.1.1 Introduzione pag.21
2.1.2 Indicatori di mortalità pag.25
2.1.3 Risultati per il SIN di Taranto pag.27
2.1.4 Alcuni studi precedenti a SENTIERI pag.30
2.2 Residential proximity to industrial sites in the pag.34
area of Taranto (Southern Italy). A case-control
cancer incidence study. 2.3 SENTIERI 2012 pag.36
2.3.1 Cosa si aggiunge di nuovo pag.36
2.3.2 Indice di livello socioeconomico pag.38
2.3.3 I limiti dello studio pag.38
2.3.4 I risultati pag.40
2.3.5 Le tabelle pag.41
2.4 Cosa ci riserva il futuro pag.43
2.5 Bibliografia pag.44
Capitolo 3 Tossicologia ambientale ed ecotossicologia pag.46
3.1 Termini e definizioni utilizzate in tossicologia pag.47
ambientale e generale
3.3 Bibliografia pag.59
Capitolo 4 Gli inquinanti ambientali pag.60
4.1 I principali inquinanti atmosferici pag.60
4.1.1 Gli ossidi di zolfo pag.60
4.1.2 Gli ossidi di azoto pag.61
Pag. 3
4.1.3 L'ozono pag.62
4.1.4 Il monossido di carbonio pag.63
4.1.5 Il benzene pag.64
4.1.6 Il particolato pag.64
4.1.6.1 Che cos'è e come viene prodotto pag.64
4.1.6.2 Le classi dimensionali pag.65
4.1.6.3 Le particelle ultrafini pag.65
4.1.6.4 Alcuni studi sulle polveri sottili pag.66
4.1.7 Effetti clinici sul sistema cardiorespiratorio pag.69
degli inquinanti atmosferici
4.2 I metalli pesanti pag.71
4.2.1 Il cadmio pag.71
4.2.2 Il piombo pag.71
4.2.3 L'arsenico pag.72
4.2.4 Il mercurio pag.73
4.3 Gli idrocarburi policiclici aromatici pag.75
4.3.1 Cosa sono pag.75
4.3.2 La formazione degli IPA nei processi di produzione pag.75
4.3.3 La liscivazione e l'ingresso nella catena alimentare pag.76
4.3.4 Le caratteristiche chimico-fisiche influenzano pag.76
la farmacocinetica
4.3.5 Attivazione metabolica e farmacodinamica pag.77
4.3.6 Cancerogenicità pag.78
4.3.7 I dati IARC e la produzione industriale pag.78
4.4 Dibenzodiossine dibenzofurani e bifenili pag.79
policlorurati
4.4.1 L'incidente ICMESA e il convegno CNIT pag.79
4.4.2 Cosa sono e da dove provengono pag.79
4.4.3 La composizione chimica e i meccanismi d'azione pag.80
4.4.4 Il TEF pag.82
4.4.5 Gli effetti clinici pag.82
4.5 Bibliografia pag.84
Conclusione pag.85
Appendice : Tabelle pag.87
Sitografia pag.94
Ringraziamenti pag.95
Pag. 4
Introduzione
Il testo che segue analizza la situazione della città di Taranto sotto
l’aspetto dell'inquinamento tossicologico ambientale. Viene descritta
la situazione e vengono presentati una serie di studi e di ricerche
scientifiche che riguardano la popolazione residente nelle vicinanze
del grande polo siderurgico di Taranto, a stretto contatto con fattori
ad elevato rischio per la salute. Gli inquinanti e gli agenti chimici di
derivazione industriale risultano essere presenti nell'aria, nelle acque,
nel suolo, nel sottosuolo, nei sedimenti e di conseguenza negli
organismi viventi dell’area considerata.
Dopo una introduzione generale, il testo presenta alcuni studi
epidemiologici condotti nel corso degli anni sulla popolazione di
Taranto e sui comuni limitrofi, prendendo maggiormente in
considerazione gli studi più recenti.
Lo studio più recente è il progetto SENTIERI: lo Studio
Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a
Rischio da Inquinamento, pubblicato nel supplemento di settembre-
dicembre 2011 sulla rivista Epidemiologia e Prevenzione.
Il progetto riguarda l’analisi della mortalità delle popolazioni
residenti in prossimità di una serie di grandi centri industriali o di
aree oggetto di smaltimento di rifiuti industriali e/o pericolosi, che
presentano un quadro di contaminazione ambientale e di rischio
sanitario tale da avere determinato il riconoscimento di “siti di
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interesse nazionale per le bonifiche” (SIN). Lo studio SENTIERI
prende in considerazione 44 dei 57 siti oggi compresi nel
“Programma nazionale di bonifica” tra cui il SIN di Taranto.
I risultati pubblicati da SENTIERI 2011 hanno suscitato un grandis-
simo interesse, tanto che la magistratura di Taranto ha affidato agli
stessi epidemiologi il compito di proseguire le ricerche nell’ambito
dell’indagine probatoria che riguarda l’Ilva di Taranto. L’ attuale vi-
cenda giudiziaria, che ha al centro proprio l'Ilva e che è in continua
evoluzione, non viene trattata in quanto esula dalle competenze e
dall’impronta prettamente scientifica della tesi. Per completezza ba-
sti sapere che il giudice per le indagini preliminari di Taranto Patrizia
Todisco ha disposto il sequestro senza facoltà d’uso dell’area a caldo
(Parchi minerali, Cokerie, Area Agglomerato, Altiforni, Acciaierie e
Area Gestione Rottami Ferrosi) dello stabilimento Ilva di Taranto.
Otto sono invece le ordinanze di custodia cautelari ai domiciliari per
altrettanti vertici ed ex vertici dell’azienda. Tra le accuse ci sono il
disastro ambientale colposo e doloso, l'avvelenamento di sostanze
alimentari, l'omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavo-
ro, il danneggiamento aggravato di beni pubblici, il getto e lo sver-
samento di sostanze pericolose e l'inquinamento atmosferico.
Il proseguimento dello studio: SENTIERI 2012, viene pubblicato a
settembre-ottobre 2012 sempre su Epidemiologia e Prevenzione.
Concluso il capitolo sugli studi epidemiologici inizia la trattazione
tossicologica vera e propria. Dopo un breve accenno ai principali
termini e concetti di tossicologia generale, si pone l’accento sui
principali agenti inquinanti, presenti nel SIN di Taranto, responsabili
dell'aumentato rischio di effetti negativi sulla salute.
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Diversi Enti nazionali e internazionali, che si occupano di salute
pubblica e di prevenzione, sono interessati in vario modo alla
vicenda: l'ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale)
Puglia, l'ASL di Taranto, l'INES (Inventario Nazionale delle Emissioni
e loro Sorgenti), il Ministero della Salute, l’Istituto Superiore di
Sanità, l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza) e l’FDA (Food and
Drug Administration). Diversi movimenti ambientalisti, nati
unicamente per tutelare la popolazione locale, si battono
quotidianamente per un futuro migliore.
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CAPITOLO 1
L'ILVA di TARANTO
LA CITTA' DI TARANTO La città di Taranto ha una grande importanza per l'economia italiana.
E' sede di un grande porto industriale, commerciale e militare,
dell’arsenale della Marina militare italiana e di un importante centro
industriale con stabilimenti siderurgici (tra i quali l'Ilva, il più grande
centro siderurgico d’Europa), petrolchimici (raffinerie ENI),
cementiferi (Cementir) e di cantieristica navale.
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LA SOCIETA' ILVA
L'Ilva di Taranto è uno stabilimento industriale di vaste dimensioni
che produce acciaio. L'Ilva è una società per azioni di proprietà del
gruppo Riva ed è la più grande industria per la produzione dell'
acciaio d' Europa e tra le prime 10 al mondo. Conta una quindicina
di stabilimenti tra Italia ed Europa. L'Ilva era nota come ITALSIDER
ed era di proprietà dello Stato, che (tramite l'IRI) nel 1934 rilevò
l'azienda. Nel 1965 avvenne la fondazione del quarto centro
siderurgico di Taranto. Poi nel 1995 il gruppo Riva divenne
proprietario di tutti gli stabilimenti.
Dagli anni Novanta, anche a seguito di diversi studi condotti
dall’OMS, il Comune di Taranto e altri comuni della zona (Crispiano,
Massafra, Statte e Montemesola) sono stati definiti «area a elevato
rischio ambientale»; successivamente sono stati inclusi tra i 14 siti a
interesse nazionale che richiedevano interventi di bonifica (SIN -
SITI PER LA BONIFICA DI INTERESSE NAZIONALE; DPR 196/1998).
Dall’analisi epidemiologica dei residenti nel Comune sono emersi
tassi di mortalità per tutte le cause, tumore del polmone, della
pleura e della vescica superiori a quelli regionali. Un successivo
studio caso-controllo sui casi incidenti di tali patologie a Taranto ha
suggerito un possibile legame tra questi eccessi di rischio e la
residenza vicino alle fonti di emissioni nocive. (1,2)
La città di Taranto è stata considerata in diversi studi multicentrici
sugli effetti a breve termine dell’inquinamento. Il più recente è lo
studio EpiAir, successivo allo studio MISA (Meta-analisi italiana degli
Studi sugli effetti a breve termine dell’inquinamento Atmosferico) e
allo studio SISTI (Studio Italiano Suscettibilità Temperatura e
Inquinamento) che hanno valutato l’effetto acuto dell’inquinamento
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atmosferico sulla salute della popolazione di diverse città italiane.
(6-8) Lo studio EpiAir ha valutato gli effetti a breve termine
dell’inquinamento atmosferico in 10 città italiane nel periodo 2001-
2005: ha stimato che per un aumento di 10 μg/m3 di
concentrazione di PM10 il rischio di mortalità per cause naturali
aumentava complessivamente dello 0,69%; percentuale che
raggiungeva 1,59% considerando la mortalità per malattie
dell’apparato respiratorio.(9) Le analisi di ospedalizzazione hanno
evidenziato un impatto considerevole del PM10 sui ricoveri per
malattie cardiache (0,70%). (9-10)
Un recente studio ha analizzato la variabilità spaziale degli inquinanti
atmosferici a Taranto (11) e ha dimostrato che l’inquinamento
atmosferico di questa città non si distribuisce in maniera omogenea
sul territorio, ma interessa maggiormente le aree limitrofe alle zone
industriali. D’altra parte, già l’applicazione di modelli di dispersione
delle emissioni industriali avevano suggerito i quartieri di Tamburi e
Borgo come le aree di massima ricaduta. (12,13)
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GLI INQUINANTI A TARANTO
La seguente tabella indica i principali elementi inquinanti riscontrati
nel suolo nel sottosuolo nelle acque e nei sedimenti del SIN di
Taranto.
Nome Taranto
Regione Puglia
Legge istitutiva Legge 426/98
Norma perimetrazione Decreto 10 gennaio 2000
Superficie Terra 4383 ha Mare 6991 ha
Tipologia impianti raffineria, siderurgico, area
portuale, discarica
Denominazione impianti Ilva, Eni, Cementir
Comparto e contaminanti
Suolo antimonio, arsenico, berillio, cadmio,
cobalto, cromo totale, cromo VI, mercurio, piombo, nichel,
zinco, rame, vanadio, cianuri, idrocarburi C<12 e C>12, IPA singoli e totali, benzene,
xilene, diossine
Sottosuolo antimonio, arsenico, berillio, cadmio,
cobalto, cromo totale, cromo VI, mercurio, piombo, nichel, zinco, rame, vanadio,
cianuri, idrocarburi C<12 e C>12, IPA singoli e totali, benzene,
xilene, diossine
Acque di falda arsenico, selenio, alluminio, ferro, manganese, nichel, piombo,
cobalto, cromo totale, cromo VI, cianuri, solfati, nitriti, BTEXS, alifatici clorurati cancerogeni e non
cancerogeni, IPA singoli e totali, idrocarburi totali, MTBE
Sedimenti arsenico, nichel, piombo, cromo totale,
rame, mercurio, zinco, IPA totali, PCB
Da: Schede di Caratterizzazione dei SIN.
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IL CARBON-COKE
Il carbon-coke è un passaggio limitante per la produzione dell'acciaio.
Viene prodotto nell'area a caldo degli impianti siderurgici, gli altiforni.
Il carbon-coke è composto da polvere fine di carbone. Il carbone
viene infatti polverizzato tramite cottura prolungata ad alte
temperature negli altiforni. La polvere di carbone ricavata viene poi
unita alla polvere di ferro e spedita nella fase successiva di
produzione, che viene definita a freddo, e che avrà come prodotto
finale l'acciaio. La produzione del coke e della polvere di ferro è il
passaggio più inquinante di tutta la catena di produzione. Il camino
E312 è da diversi anni considerato il principale responsabile
dell'immissione nell'aria della maggior parte di inquinanti atmosferici.
EMISSIONI DI POLVERI
L'impianto a Taranto permette l'arrivo via mare delle materie prime,
che vengono scaricate dalle navi su dei nastri trasportatori a cielo
aperto e li conducono fino al parco minerario. Il parco è anch'esso a
cielo aperto ed è, in sostanza, una montagnetta di minerale situata
proprio a ridosso del quartiere Tamburi e del Comune di Statte.
Questa vicinanza e il fatto che il minerale non viene ricoperto
comporta la dispersione nell'aria del minerale stesso sotto forma di
polveri.
Questo particolato si somma alle polveri rilasciate nell'aria dai
processi produttivi veri e propri, come si evince dal comunicato n.41
emesso dai militari del NOE di Lecce in data 2 luglio 2011 e rivolto
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al Ministero dell'Ambiente e Tutela del Territorio, alla Regione Puglia,
alla Provincia e al Comune di Taranto.
Infatti i militari del NOE, Nucleo Operativo Ecologico, di Lecce hanno
rilevato delle irregolarità per quanto riguarda le emissioni in
atmosfera:
il fenomeno dello slopping che consiste nella generazione di
fumi di ossidi di ferro il cui volume istantaneo è di entità tale da non
poter essere aspirato dai sistemi di aspirazione dei fumi primari e
secondari, ed è individuabile in atmosfera da una nube rossastra che
si sprigiona dalle sommità delle due acciaierie. Nel periodo diurno
(non ci sono dati riguardo il periodo notturno) preso in esame dai
militari questo fenomeno si è manifestato 120 volte, un numero
molto superiore a quello dichiarato dall' Ilva e da quanto previsto
dalla normativa AIA. Queste emissioni sono definite “non
convogliate”;
altre emissioni non convogliate sono state registrate anche
dalle torce di acciaieria e dall' area gestione rottami ferrosi.
L'AIA
L'AIA o Autorizzazione Industriale Ambientale è il provvedimento che
autorizza l'esercizio di un impianto, o parte di esso, a determinate
condizioni garantendo che l' impianto sia conforme alle normative
del decreto ambientale nazionale (quindi italiano ma anche europeo
essendo l'Italia parte della CE). L'AIA teoricamente si ottiene solo se
viene dimostrata l'ottemperanza alle normative vigenti a livello
nazionale e comunitario.
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LE MISURAZIONI ARPA
A riprova dello sversamento nell'aria di un' enorme quantità di
particolato, e che queste polveri investono prevalentemente le aree
limitrofe all'acciaieria dell'Ilva, ci sono le misurazioni e le relazione
tecniche dell' ARPA.
L 'ARPA è l'Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione
dell'Ambiente. Ad esempio, in una delle ultime relazioni tecniche, in
data 27-08-2012 che ha come oggetto la polverosità diffusa al
quartiere Tamburi, si legge:
“In data 27 agosto 2012 si è registrata a Taranto una situazione di
criticità ambientale che ha visto la diffusione di polveri nelle zone
urbane limitrofe all'area industriale, che ha comportato, anche, il
superamento del valore limite giornaliero di PM10 nelle centraline di
monitoraggio della qualità dell'aria di via Archimede e di via
Machiavelli nel quartiere Tamburi. ARPA conosce perfettamente il
fenomeno, più volte osservato, che è causato dal trasporto delle
polveri, stoccate nei parchi minerali ILVA, verso la città da parte del
vento che aveva in data 27/8 direzione dal settore Nord-Ovest e
velocità piuttosto sostenuta (fino a 6 m/s).”
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“I valori di concentrazione registrati nelle 2 stazioni di monitoraggio
hanno subito un progressivo incremento in entrambi i siti in
concomitanza con l’instaurarsi di condizioni meteo caratterizzate da
venti sostenuti (circa 6 m/s) provenienti dal settore Nord-Ovest
(300-320°N).”
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“Mettendo in relazione i dati di concentrazione di polveri PM10 e la
direzionalità dei venti registrati, si possono ottenere le -rose
d’inquinamento- del giorno 27 agosto relative al sito preso in esame.”
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“Ad esclusione di una piccola percentuale proveniente da ovest,
praticamente tutta la polverosità misurata nella giornata del
27/08/2012 è attribuibile ai settori ONO – NO e NNO, ovvero dalla
zona industriale.”
Fonte: ARPA Puglia, servizio territoriale, dipartimento provinciale di
Taranto;
Data: 27-08-2012.
MISURE EFFETTUATE AI CAMINI
Per quanto riguarda i dati relativi a misure effettuate ai camini (E312)
e a misure ambientali si vedano alcune relazioni e documenti
dell’ARPA Puglia. (14-20)
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BIBLIOGRAFIA/REFERENCES
1. Vigotti MA, Cavone D, Bruni A, Minerba S, Conversano M. Analisi di mortalità in un sito con sorgenti localizzate: il caso di Taranto. In: Comba P, Bianchi F, Iavarone I, Pirastu R (eds). Impatto
sulla salute dei siti inquinati: metodi e strumenti per la ricerca e le valutazioni. Rapporti ISTISAN (07/50). Istituo superiore di sanità, Roma, 2007; 2. Marinaccio A, Belli S, Binazzi A et al. Residential proximity to industrial sites in the area of Taranto (Southern Italy). A case control cancer incidence study. Ann Ist Super Sanita 2011; 6. Biggeri A, Bellini P, Terracini B.Meta-analysis of the italian studies on short-term effects of air
pollution – MISA 1996-2002. Epidemiol Prev 2004;
7. Martuzzi M, Mitis F, Iavarone I, Serinelli M. Health impact of PM10 and ozone in 13 italian cities. World Health Organization – Regional Office for Europe, Copenhagen, 2006 8. Berti G, Galassi C, Faustini A, Forastiere F. EPIAIR Project. Air pollution and health:
epidemiological surveillance and prevention. Epidemiol Prev 2009; 9. Stafoggia M, Faustini A, Rognoni Met al. Inquinamento atmosferico e mortalità in dieci città italiane. Risultati del Progetto EpiAir. Epidemiol Prev 2009; 10.Colais P, Serinelli M, Faustini A et al. Inquinamento atmosferico e ricoveri ospedalieri urgenti in nove città italiane. Risultati del Progetto EpiAir. Epidemiol Prev 2009;
11.Mangia C, Gianicolo EA, Bruni A, Vigotti MA, Cervino M. Spatial variability of air pollutants in the city of Taranto, Italy and its potential impact on exposure assessment. Environ Monit Assess 2012. 12.Gariazzo C. Analisi modellistica dell’inquinamento atmosferico di origine industriale e antropica
nell’area di Taranto. Texmat Editore, Roma, 2006.
13.Gariazzo C, Papaleo V, Pelliccioni A, Calori G, Radice P, Tinarelli G. Application of a Lagrangian particle model to assess the impact of harbour, industrial and urban activities on air quality in the Taranto area, Italy. Atmosferic Environment 2007;
14. ARPA Puglia 2007. Relazione sullo stato dell’ambiente 2007. 15. ARPA Puglia 2008. Relazione sullo stato dell’ambiente 2008.
16. ARPA Puglia 2008. Criticità ambientali nell’area industriale di Taranto e Statte con particolare riferimento alla problematica delle emissioni e della qualità dell’aria. Relazione alla V Commissione del Consiglio della Regione Puglia del 19 Novembre 2008. 17. ARPA Puglia 2008. Analisi effettuate, criticità riscontrate e necessità di nuove analisi nell’area di Taranto e Statte. Relazione Tecnica. Bari, 16 settembre 2008.
18. ARPA Puglia 2009. Roberto Giua, Stefano Spagnolo, Andrea Potenza. Direzione Scientifica ARPA Puglia. Le emissioni industriali in Puglia. Rapporto sulle emissioni in atmosfera dei complessi IPPC, 2009 19. ARPA Puglia 2009. Relazione sui dati ambientali dell’area di Taranto, 08 settembre 2009.
20. ARPA Puglia 2010. Relazione tecnica preliminare sul benzo(a)pirene aerodisperso a Taranto, 4 giugno 2010.
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CAPITOLO 2
RICERCHE SCIENTIFICHE FINANZIATE DAL
MINISTERO DELLA SANITA' e DALL' ISS.
Nell’ultimo decennio relativamente alla situazione di Taranto
numerosi studi di epidemiologia e monitoraggio ambientale sono
stati finanziati dal Ministero della Salute in collaborazione con
l'Istituto Superiore di Sanità.
Qui di seguito ne verranno elencati alcuni:
Il sito di Taranto è stato incluso nel Progetto SENTIERI (Studio
Epidemiologico Nazionale dei Territori e Insediamenti Esposti a
Rischio da Inquinamento), finanziato dal Ministero della Salute
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nell'ambito della ricerca finalizzata 2006, e condotto sotto il
coordinamento dell'Istituto Superiore di Sanità, Dipartimento
Ambiente e Prevenzione Primaria. Il Progetto SENTIERI iniziato nel
2007 si è concluso nel dicembre 2010 ed i risultati sono stati
pubblicati in un supplemento della rivista Epidemiologia e
Prevenzione nel dicembre 2011;
Un altro studio: “Residential proximity to industrial sites in the
area of Taranto. A case-control cancer incidence study” in cui
l’Istituto Superiore di Sanità ha collaborato con il Dipartimento di
Prevenzione della ASL di Taranto, pubblicato negli Annali dell’Iss
(volume 47, n°2), ha indagato l’associazione tra incidenza dei tumori
e residenza in prossimità di siti inquinanti tramite uno studio caso
controllo condotto nell’area industriale di Taranto;
Nell’ambito del programma strategico “Ambiente e Salute”
finanziato dal Ministero della Salute, l'’Istituto Superiore di Sanità ha
condotto uno studio esplorativo di monitoraggio biologico umano che
ha riguardato circa 50 persone, che hanno lavorato come allevatori
presso masserie dislocate nella provincia di Taranto. L’obiettivo di
questo studio è di valutare la concentrazione di inquinanti persistenti
(quali metalli pesanti e diossine) nel corpo degli allevatori mediante
l'analisi dei campioni ematici. Durante lo studio sono state raccolte le
informazioni sulle caratteristiche delle aziende zootecniche (anche la
distanza dall’impianto siderurgico) e sulle caratteristiche personali
dei lavoratori, come il trascorso lavorativo e residenziale, le abitudini
alimentari, il consumo di alcool e fumo di sigaretta.
Lo studio è stato ideato e disegnato prendendo spunto da precedenti
indagini della ASL di Taranto (su pressione di alcuni ambientalisti
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locali) sulla presenza di diossine e PCB negli animali e negli alimenti
prodotti dalle aziende zootecniche.
Queste indagini hanno portato in alcuni casi al sequestro e
all’abbattimento di animali che presentavano livelli di contaminanti
al di sopra dei livelli consentiti. Tra il 2008 e il 2009 sono stati
analizzati diversi campioni alimentari (latte, ricotte, carni, foraggio,
uova) e in due fasi sono state monitorate 164 aziende zootecniche.
In 12 casi si sono avuti risultati non conformi alle norme. La
presenza di concentrazioni di diossine superiori ai limiti consentiti
dalla legge ha portato alla disposizione da parte della Autorità
sanitarie di distruggere i fegati e i reni;
Il Progetto SENTIERI è stato poi portato avanti con una
seconda analisi epidemiologica nel periodo 2003-2008. i risultati
sono stati presentati a Roma il 18 settembre 2012 e pubblicati
parzialmente sempre sulla rivista Epidemiologia e Prevenzione
settembre-ottobre 2012;
Inoltre il Ministero della Salute tra la fine del 2011 e l'inizio del
2012 ha lanciato una campagna di monitoraggio per la valutazione
della contaminazione di alcuni prodotti di origine animale provenienti
da aree interne o prospicienti i Siti di Bonifica di Interesse Nazionale.
Per la Puglia è stato scelto per la prima fase il SIN di Taranto e sono
stati scelti i mitili.
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SENTIERI 2011
INTRODUZIONE Il sito di Taranto è stato incluso nel Progetto SENTIERI - Studio
Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a
Rischio da Inquinamento - finanziato dal Ministero della Salute e
condotto sotto il coordinamento dell'Istituto Superiore di Sanità,
Dipartimento Ambiente e Prevenzione Primaria.
I risultati dello studio SENTIERI sono stati presentati al XXXV
Congresso Annuale dell’Associazione Italiana di Epidemiologia e
pubblicati dalla rivista Epidemiologia & Prevenzione nel settembre-
ottobre e novembre-dicembre 2011. Questo progetto è importante
perché contribuisce a individuare le priorità del risanamento
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ambientale a tutela della salute collettiva e lo fa attraverso indicatori
appropriati. Svolto nell’ambito del Programma Strategico Ambiente e
Salute promosso dal Ministero della Salute e coordinato dall’Istituto
Superiore di Sanità (ISS), SENTIERI ha impegnato per quattro anni
(2007-2010) un gruppo di 32 studiosi appartenenti a diverse
Istituzioni Scientifiche: ISS, Centro Europeo Ambiente e Salute
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Dipartimento di
Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale del Lazio, Consiglio
Nazionale delle Ricerche di Pisa ed Università di Roma Sapienza. Il
progetto ha analizzato con una metodologia omogenea la mortalità
per 63 gruppi di cause nel periodo 1995-2002 nelle popolazioni
residenti in 44 Siti di Interesse Nazionale per le bonifiche (SIN), per
un totale di circa 6.000.000 cittadini in 298 Comuni.
Il concetto di sito inquinato viene introdotto per la prima volta con la
definizione di “aree ad elevato rischio ambientale” (Legge 349/86).
Successivamente, con il DM 471/99, un sito viene considerato
inquinato quando in una delle matrici (suolo o sottosuolo, acque
superficiali o sotterranee) viene riscontrato anche un solo
superamento nella concentrazione degli inquinanti indice rispetto alla
concentrazione limite prevista dalla normativa. Sulla base di criteri di
ordine sanitario, ambientale e sociale, con il DLgs 152/06 vengono
individuate le aree da inserire tra i “siti di bonifica di interesse
nazionale” (SIN). Lo studio SENTIERI ha preso in considerazione 44
dei 57 siti oggi compresi nel “Programma nazionale di bonifica”,
coincidenti con i maggiori agglomerati industriali nazionali.
I SIN oggetto dello studio, il cui territorio viene definito nei rispettivi
Decreti istitutivi, sono distribuiti su tutto il territorio nazionale (21 al
Nord, 8 al Centro, 15 nel Sud). I SIN sono molto diversi tra loro per
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estensione, numero di Comuni e di residenti e tipologie di
esposizioni ambientali; ad esempio il SIN di Emarese in Val d’Aosta è
composto da un solo Comune con 202 residenti (al Censimento
2001), ed il SIN Litorale Domizio Flegreo e Agro Aversano in
Campania è composto da 77 Comuni la cui popolazione supera
1.300.000 unità.
La presentazione e la discussione dei dati di mortalità per ogni SIN è
stata effettuata mostrando i dati relativi a grandi gruppi di cause e i
dati su cause di morte dovute ad esposizioni ambientali specifiche
per ogni SIN. I grandi gruppi di cause (che sono gli stessi per ogni
SIN) descrivono il profilo di mortalità generale (mortalità respiratoria,
cardiovascolare, tumorale...). L’originalità del Progetto SENTIERI
consiste nel commentare i risultati dell’analisi di mortalità alla luce
della valutazione a priori dell’evidenza epidemiologica.
Il gruppo di lavoro ha esaminato attraverso un procedimento
complesso l’evidenza epidemiologica dell’associazione per ogni
combinazione di causa di morte e fonte di esposizione ambientale
presente nei SIN, valutando la forza della loro relazione causa-
effetto, classificata come Sufficiente, Limitata e Inadeguata. Per le
tipologie di esposizioni ambientali presenti in ogni SIN, sono state
selezionate a priori le cause di morte di interesse con livello di
evidenza Sufficiente o Limitata. Nei poli petrolchimici sono state
osservate 643 morti in eccesso per tumore polmonare, 135 per
malattie non tumorali dell’apparato respiratorio; nelle aree con
presenza di impianti chimici, 184 casi in eccesso per il tumore del
fegato. L’amianto resta un importante fattore di rischio, in
particolare per il mesotelioma pleurico per il quale la relazione
causale con le esposizioni ambientali nei siti contaminati è univoco
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ed accertato: nell’insieme dei dodici siti contaminati da amianto è
stato osservato un totale di 416 casi di tumore maligno della pleura
in eccesso rispetto all’atteso.
In alcuni contesti è stato possibile associare gli incrementi osservati
della mortalità alle esposizioni ambientali dovute alle emissioni di
impianti specifici. Ad esempio, per gli incrementi di mortalità per
tumore polmonare e malattie respiratorie non tumorali, a Gela e
Porto Torres è stato suggerito un ruolo delle emissioni di raffinerie e
poli petrolchimici, a Taranto e nel Sulcis-Iglesiente-Guspinese un
ruolo delle emissioni degli stabilimenti metallurgici. Negli eccessi di
mortalità per malformazioni congenite e condizioni morbose
perinatali è stato valutato possibile un ruolo eziologico
dell’inquinamento ambientale a Massa Carrara, Falconara, Milazzo e
Porto Torres. Per le patologie del sistema urinario, in particolare per
le insufficienze renali, un ruolo causale di metalli pesanti, IPA e
composti alogenati è stato ipotizzato a Massa Carrara, Piombino,
Orbetello, nel Basso Bacino del fiume Chienti e nel Sulcis-Iglesiente-
Guspinese. Incrementi di malattie neurologiche per i quali è stato
sospettato un ruolo eziologico di piombo, mercurio e solventi
organoalogenati sono stati osservati rispettivamente a Trento Nord,
Grado e Marano e nel Basso Bacino del fiume Chienti. L’incremento
dei linfomi non Hodgkin a Brescia è stato messo in relazione con la
contaminazione diffusa da PCB. Non tutti i dati sulla mortalità che
sono stati raccolti sono però attribuibili direttamente e univocamente
alla presenza del SIN. Ciò è particolarmente vero in quei SIN con siti
industriali fonte di emissioni complesse ed eterogenee, talvolta
anche adiacenti ad aree urbane a forte antropizzazione, come a
Taranto nella regione Puglia. Per questa ragione sono necessari
ulteriori studi di approfondimento.
Pag. 25
SENTIERI ha analizzato anche la mortalità nell’insieme dei 44 SIN,
fornendo delle stime globali del carico di mortalità. L’analisi è stata
estesa quindi a tutte le cause, non solo quelle con evidenza a priori
Sufficiente o Limitata. In particolare, è emerso che la mortalità in
tutti i SIN, per le cause di morte con evidenza a priori Sufficiente o
Limitata per le esposizioni ambientali presenti supera di circa il 15%
il valore atteso, con un Rapporto Standardizzato di Mortalità (SMR)
di 115,8 per gli uomini (IC 90% 114,4-117,2, 2.439 decessi in
eccesso) e di 114,4 per le donne (IC 90% 112,4-116,5, 1.069
decessi in eccesso). Un dato del tutto simile si riscontra anche
estendendo l’analisi a tutte le cause di morte: il totale dei decessi,
per uomini e donne, è di 403.692, in eccesso rispetto all’atteso di
9.969 casi (SMR 102,5%, IC 90% 102,3-102,8), con una media di
oltre 1.200 casi annui nel periodo 1995-2002.
SENTIERI conferma i risultati di alcune precedenti indagini relative
alla mortalità nelle aree ad elevato rischio di crisi ambientale,
mostrando che lo stato di salute delle popolazioni residenti nei siti
esaminati appare risentire di effetti avversi più marcati rispetto alle
Regioni di appartenenza.
SENTIERI ha già programmato degli sviluppi che riguarderanno lo
studio dell’incidenza delle malattie utilizzando i ricoveri ospedalieri,
per considerare anche le malattie caratterizzate da bassa letalità;
sarà inoltre indagata l’incidenza delle malattie oncologiche e delle
malformazioni congenite.
INDICATORI DI MORTALITA' Quando gli incrementi di mortalità riguardano patologie con eziologia
multifattoriale, e si è in presenza di siti industriali con molteplici ed
Pag. 26
eterogenee sorgenti emissive, talvolta anche adiacenti ad aree
urbane a forte antropizzazione, rapportare il profilo di mortalità a
fattori di rischio ambientali può risultare complesso. Tuttavia, in
alcuni casi è stato possibile attribuire un ruolo eziologico
all’esposizione ambientale associata alle emissioni di impianti
specifici (raffinerie, poli petrolchimici e industrie metallurgiche). Tale
attribuzione viene rafforzata dalla presenza di eccessi di rischio in
entrambi i generi, e in diverse classi di età, elementi che consentono
di escludere ragionevolmente un ruolo prevalente delle esposizioni
professionali.
La mortalità è stata studiata per ogni sito, nel periodo 1995-2002,
attraverso i seguenti indicatori: tasso grezzo, tasso standardizzato,
rapporto standardizzato di mortalità (SMR) e SMR corretto per un
indice di deprivazione socioeconomica messo a punto ad hoc. Nella
standardizzazione indiretta sono state utilizzate come riferimento le
popolazioni regionali. Gli intervalli di confidenza sono al 90%.
L’indice di deprivazione è stato calcolato sulla base di variabili
censuarie appartenenti ai seguenti domini: istruzione,
disoccupazione, proprietà dell’abitazione, densità abitativa. Per il
calcolo dei tassi tramite standardizzazione diretta è stata utilizzata
come riferimento la popolazione italiana al 2001, mentre per la
stima degli SMR i casi attesi sono stati calcolati sulla base dei tassi
delle Regioni di appartenenza di ogni SIN.
Le esposizioni per le quali è stata valutata l’evidenza epidemiologica
sono distinte in fonti di esposizioni ambientali nei SIN e altre
esposizioni. Le prime, definite sulla base dei decreti di
perimetrazione, sono indicate come: chimico, petrolchimico e
raffineria, siderurgia, centrale elettrica, miniere e/o
cave, area portuale, amianto o altre fibre minerali, discarica e
Pag. 27
inceneritore. Le altre esposizioni prese in considerazione per i loro
accertati effetti sulla salute sono: inquinamento dell’aria, fumo di
tabacco attivo e passivo, assunzione di alcol, esposizioni
professionali e stato socioeconomico.
RISULTATI PER IL SIN DI TARANTO I risultati delle analisi di SENTIERI sul periodo 1995-2002 mostrano
un quadro della mortalità per la popolazione residente nel sito di
Taranto che testimonia la presenza di un ambiente di vita insalubre.
Questo quadro è in linea con quanto emerso nei precedenti studi
descrittivi sulla mortalità condotti nell’area, ma anche con dati di
incidenza e morbosità.
Questa situazione, che evidenzia un ambiente di vita sfavorevole, si
evince dai dati di monitoraggio ambientale e biologico, dai dati
relativi al tipo e all’entità delle emissioni industriali e dalla
disponibilità di risultati di studi epidemiologici di tipo analitico,
descrittivo, geografico, e di indagini epidemiologiche multicentriche e
di valutazione di impatto sanitario.
Gli incrementi di rischio osservati sono riferibili a esposizioni
professionali e a sostanze chimiche utilizzate e/o emesse nei
processi produttivi presenti nell’area. Il fatto che gli stessi inquinanti
siano riscontrati anche nell’ambiente di vita, a concentrazioni spesso
rilevanti, depone anche a favore di una componente ambientale non
trascurabile. Quest'ultimo dato sembra essere avvalorato dalla
distribuzione degli eccessi di rischio in entrambi i generi e anche tra i
sottogruppi di popolazione in età prelavorativa (nelle classi inferiori a
un anno e a 14 anni).
Inoltre, per alcune cause di morte si osservano incrementi di rischio,
Pag. 28
evidenziati anche in alcuni precedenti studi effettuati nell’area, solo
tra le donne, come per esempio per i tumori del sistema nervoso
centrale [(SMR=136 (108-168), SMR ID=121 (96-150)], per i
linfomi non-Hodgkin [(SMR=130 (105-161), SMR ID=135 (108-
166)], per il tumore del pancreas [(SMR=141 (119-166), SMR
ID=128 (108-151)], della mammella [(SMR=115 (105-126), SMR
ID=114 (104- 125)], dell’utero [(SMR=124 (104-146), SMR ID=126
(106- 148)], del fegato [(SMR=142 (115-173), SMR ID=156 (127-
190)], delle demenze nel complesso [(SMR=118 (104- 134), SMR
ID=128 (112-145)] e in particolare del morbo di Parkinson
[(SMR=125 (95-162), SMR ID=134 (102-173).
Complessivamente, il profilo di mortalità della popolazione residente
nell’area di Taranto mostra un andamento temporale e una
distribuzione geografica che sono in linea con la cronologia e la
distribuzione spaziale dei processi produttivi ed emissivi che
caratterizzano l’area industriale di questo
SIN da molti decenni.
Sulla base dei risultati relativi alle principali cause di decesso
(elencate in tabella 1) e alle cause per le quali vi è a priori
un’evidenza Sufficiente o Limitata di associazione con le fonti di
esposizioni ambientali del SIN (tabella 2), emerge il seguente profilo
di mortalità nel SIN di Taranto:
eccesso tra il 10% e il 15% nella mortalità generale e per tutti i
tumori in entrambi i generi;
eccesso di circa il 30% nella mortalità per tumore del polmone,
per entrambi i generi;
eccesso, in entrambi i generi, dei decessi per tumore della
Pag. 29
pleura, che permane, sebbene ridotto, dopo correzione per ID;
eccesso compreso tra il 50%(uomini) e il 40%(donne) di
decessi per malattie respiratorie acute, anche quando si tiene
conto dell’ID, associato a un aumento di circa il 10% nella
mortalità per tutte le malattie dell’apparato respiratorio;
eccesso di circa il 15% tra gli uomini e 40% nelle donne della
mortalità per malattie dell’apparato digerente, anche quando si
tiene conto dell’ID;
incremento di circa il 5% dei decessi per malattie del sistema
circolatorio soprattutto tra gli uomini; quest’ultimo è ascrivibile
a un eccesso di mortalità per malattie ischemiche del cuore,
che permane, anche tra le donne, dopo correzione per ID.
Per quanto riguarda il potenziale contributo delle esposizioni
lavorative nello spiegare il dato di mortalità, l’evidenza
epidemiologica di associazione con l’occupazione è stata valutata
Sufficiente per il tumore del polmone, della pleura, per le malattie
dell’apparato respiratorio, polmonari croniche e per l’asma. (1)
I risultati di SENTIERI evidenziano inoltre (tabella 3) un eccesso per
la mortalità per condizioni morbose di origine perinatale (0-1 anno),
e un eccesso di circa il 15% per la mortalità legata alle
malformazioni congenite.
In allegato le tabelle del progetto SENTIERI 2011 e 2012 (pag 85).
Pag. 30
ALCUNI STUDI PRECEDENTI A SENTIERI
Sono stati effettuati molteplici studi precedenti a quelli del progetto
SENTIERI. Molti dei quali sono stati utili come spunto per proseguire
le indagini epidemiologiche. Molti studi riguardano il monitoraggio
ambientale e le campagne di misura delle emissioni industriali
effettuati nell’area di Taranto. I risultati indicano che lo stato di
salute dei residenti nel SIN di Taranto, per quanto misurato
attraverso la mortalità e alla presenza di biomarcatori e di inquinanti
ambientali, è meno favorevole rispetto al riferimento regionale.
Viene evidenziato infatti un quadro di inquinamento ambientale
diffuso, nel quale il polo industriale cittadino, in particolare il
complesso dell’acciaieria, da un contributo rilevante alla
concentrazione di inquinanti ambientali di interesse sanitario (da 2 a
16). A partire dal 1990 i territori comunali di Taranto, Crispiano,
Massafra, Statte e Montemesola sono stati definiti “area ad elevato
rischio ambientale”
L’area di Taranto è stata oggetto di due studi di mortalità
residenziale. Il primo sul periodo 1980-1987 evidenziò come il
quadro di mortalità rilevato nel Comune di Taranto suggerisse la
presenza di fattori di inquinamento ambientale diffusi, in particolare
amianto, e una rilevante esposizione della popolazione maschile ad
agenti di rischio di origine occupazionale. (17)
Il secondo studio, sul periodo 1990-1994, ha evidenziato un quadro
di mortalità caratterizzato da eccessi in numerose cause di morte sia
tra gli uomini sia tra le donne, suggerendo un ruolo delle esposizioni
ambientali.(18)
Pag. 31
Un’ulteriore analisi del profilo di mortalità per causa condotta sulla
popolazione di Taranto e Statte viene condotta per i periodi 1970-
1974, 1981-1989 e 1990-1999 con i dati Istat, e per il 1998-2004
con i dati ASL (19). I risultati mostrano un chiaro andamento
crescente nel corso del tempo dei rischi di mortalità per alcune
patologie. Oltre a incrementi di rischio per cause di morte associate
tipicamente a esposizioni di tipo occupazionale, si rileva un aumento
di mortalità per patologie potenzialmente legate anche a probabili
esposizioni residenziali, che risultano in aumento anche tra le donne
(che sono meno coinvolte degli uomini per quanto riguarda il rischio
occupazionale).
Un’analisi geografica effettuata nelle cinque province pugliesi, basata
sui dati del Registro regionale delle cause di morte nominative, della
mortalità tumorale sul periodo 2000-2004 ha mostrato che la
distribuzione del rischio di mortalità nella provincia di Taranto
presenta un eccesso del 10% per tutti i tumori nell’anello di
territorio circostante l’area industriale. Sempre in quest'area si
registra il massimo livello di rischio per il tumore del polmone, pari
al 24%. (20)
Uno studio trasversale sull’esposizione professionale a idrocarburi
policiclici aromatici (IPA) è stato effettuato su 355 lavoratori
(impiegati nelle operazioni di manutenzione e nelle ditte di pulizia)
della cokeria delle acciaierie ILVA di Taranto. (21)
Lo studio ha evidenziato livelli urinari di 1-idrossipirene (1- OHP,
biomarcatore della dose interna di IPA) significativamente più elevati
nel gruppo di lavoratori addetti alla manutenzione, mentre nessuna
differenza è stata osservata in relazione alle abitudini al fumo. Lo
studio ha mostrato che il 25% dei lavoratori presentava livelli
Pag. 32
superiori al proposto valore guida limite di 2.3 μMol/Molcreatina.
Uno studio geografico ha analizzato l’incidenza di tumori nei 29
Comuni della provincia di Taranto sul periodo 1999-2001,
relativamente alle sedi del polmone, pleura (mesotelioma), vescica
(solo tumori maligni), encefalo e sistema linfo-emopoietico (solo
linfoma non-Hodgkin e leucemie). (22)
I risultati, corretti per indice di deprivazione socioeconomica,
confermano l’evidenza di un aumento di rischio nell’area di Taranto
per i tumori del polmone, pleura e vescica tra gli uomini. Lo studio
rileva anche eccessi significativi di linfomi non-Hodgkin tra gli uomini
a Taranto e tra le donne a Pulsano, e un incremento di rischio di
leucemie tra le donne a Statte. Gli autori, oltre a evidenziare un
ruolo rilevante delle esposizioni professionali nell’area industriale,
ipotizzano anche un’associazione dei rischi osservati con fattori
ambientali quali gli inquinanti chimici di origine industriale, con
particolare riferimento alle imponenti emissioni di diossine
nell’ambiente a opera dell’impianto ILVA.
La popolazione di Taranto, insieme a quella delle altre principali città
italiane, è stata oggetto di diversi studi epidemiologici multicentrici e
di impatto sanitario che hanno documentato il ruolo
dell’inquinamento atmosferico sull’incremento di effetti a breve e a
lungo termine, quali in particolare la mortalità e la morbosità per
malattie cardiache e respiratorie nelle popolazioni residenti compresi
adulti e bambini. Tra i principali studi si ricordano il progetto MISA
(23) che nella seconda fase ha riguardato 15 città sul periodo 1996-
2002; e il più recente progetto EPIAIR. (24)
Pag. 33
Quest’ultimo studio, che ha riguardato 10 città italiane sul periodo
2001-2005, documenta come a Taranto, a differenza di altre città, i
coefficienti di correlazione tra PM10 e NO2, e il loro rapporto,
individuino nelle emissioni industriali la fonte principale
dell’inquinamento atmosferico.
I risultati sulla mortalità evidenziano, nel complesso, un aumento di
0.69% del rischio di mortalità totale per incrementi di 10 μg/m3 di
PM10, effetto superiore a quello riscontrato nelle principali analisi
pubblicate in Europa (0.33%), nel Nord America (0.29%) e nei
precedenti studi italiani (MISA, 0.31%).
Campagne di monitoraggio effettuate dalla ASL di Taranto dal marzo
2008 a oggi, segnalano che in alcune aziende zootecniche presenti
sul territorio del Comune e della Provincia di Taranto è presente una
importante contaminazione della catena trofica da composti
organoalogenati. Su 125 campioni di matrici alimentari raccolti fino a
ottobre 2008 per un totale di 41 aziende localizzate entro 10 km dal
polo industriale, 32 campioni (26%) raccolti complessivamente in 8
aziende (20%) presentavano concentrazioni di diossine (PCDD e
PCDF) e di PCB superiori ai limiti in vigore. (25)
Pag. 34
Residential proximity to industrial sites in the area of
Taranto (Southern Italy). A case-control cancer
incidence study.
“Residenza in prossimità di siti industriali nell’area di Taranto. Studio
caso-controllo sull’incidenza dei tumori.” Di Marinaccio A, Belli S,
Binazzi A et al, pubblicato sugli annali dell' ISS, 2011 volume 2.
È stata indagata l’associazione tra incidenza dei tumori e residenza
in prossimità di siti inquinati tramite uno studio caso-controllo (658
casi, 2092 controlli) condotto nell’area industriale di Taranto. Le
analisi sono state aggiustate per variabili confondenti (età, sesso ed
esposizione occupazionale). Si è osservato un aumento del rischio
Pag. 35
per tumore della pleura in prossimità della cokeria (OR: 4,80), del
deposito di minerali (OR: 3,33), dell’acciaieria (OR: 3,54) e dei
cantieri navali (OR: 4,29), e in questi ultimi due siti anche per
tumore del polmone (OR: 1,65 e 1,79). Aggiustando le stime per
esposizione occupazionale si è osservato un aumento di rischio per i
tumori del polmone e della vescica. L’introduzione dell’esposizione
occupazionale come confondente ha modificato significativamente i
rischi nelle distanze dalle sorgenti inquinanti, in particolare per i
tumori della pleura, del polmone e della vescica .
Pag. 36
SENTIERI 2012
COSA SI AGGIUNGE DI NUOVO Uno studio retrospettivo di coorte grazie alla disponibilità dei dati
anagrafici, alla geocodifica dell’indirizzo di residenza all’inizio del
follow-up e al linkage con dati di mortalità e ricovero ospedaliero dei
quartieri di Taranto e dei vicini Comuni di Massafra e Statte. Poiché
la deprivazione sociale può avere un’influenza importante sul quadro
sanitario, l’analisi epidemiologica per quartiere tiene conto dei
differenziali sociali.
Lo studio è stato condotto nel quadro di un incidente probatorio
Pag. 37
ordinato dal Giudice per le indagini preliminari (GIP) del tribunale di
Taranto.
Utilizzando gli archivi anagrafici comunali è stata arruolata la coorte
delle persone residenti al 01.01.1998, o successivamente entrate
fino al 2010, nei tre comuni della zona. A ogni individuo della coorte
è stato attribuito il livello socioeconomico (per sezione di censimento)
e il quartiere di residenza sulla base della geocodifica degli indirizzi
all’inizio del follow-up. Sono stati calcolati i tassi di mortalità e
ospedalizzazione per quartiere, standardizzati
per età. Per i soggetti deceduti dal 1998 al 2008 la causa di morte è
stata attribuita con una procedura di record linkage con il Registro
nominativo delle cause di morte della ASL di Taranto.
La coorte è composta da 321.356 persone (157.031 maschi,
164.325 femmine). L’analisi per livello socioeconomico ha messo in
evidenza un differenziale rilevante per entrambi i sessi per
mortalità/morbosità totale, cardiovascolare, respiratoria, malattie
dell’apparato digerente, tumori (in particolare stomaco, laringe,
polmone e vescica) con eccessi nelle classi più svantaggiate. Anche
dopo aver tenuto conto del livello socioeconomico, sono emersi tassi
di mortalità e ospedalizzazione più elevati per alcune patologie per i
residenti nelle aree più vicine alla zona industriale: quartieri dei
Tamburi (Tamburi, Isola, Porta Napoli e Lido Azzurro), Borgo, Paolo
VI e il comune di Statte.
Un recente studio ha analizzato la variabilità spaziale degli inquinanti
atmosferici a Taranto (26) e ha dimostrato che l’inquinamento
atmosferico di questa città non si distribuisce in maniera omogenea
sul territorio, ma interessa maggiormente le aree limitrofe alle zone
industriali.
Pag. 38
L’applicazione di modelli di dispersione delle emissioni industriali
sottolinea come i quartieri di Tamburi e Borgo siano le aree di
massima ricaduta. (27,28)
INDICE DI LIVELLO SOCIOECONOMICO Lo stato socioeconomico è una caratteristica dell’individuo di
particolare interesse negli studi epidemiologici, perché sono state
documentate importanti differenze di salute a seconda del livello
sociale, con una generale tendenza al peggioramento degli indici di
mortalità e morbosità per le popolazioni più deprivate (29-32). Sulla
base dell’esperienza italiana della classificazione dello stato
socioeconomico per sezione di censimento, è stato adottato l’indice
di deprivazione (o indice di posizione socioeconomica) messo a
punto nel quadro di un progetto sostenuto dal Ministero della salute
sulla base dei dati Istat 2001. (33) Gli indicatori selezionati per
comporre l’indice sintetico sono quelli rilevati al censimento 2001:
percentuale di popolazione con istruzione pari o inferiore alla licenza
elementare (mancato raggiungimento dell’obbligo scolastico),
percentuale di popolazione attiva disoccupata o in cerca di prima
occupazione, percentuale di abitazioni occupate in affitto,
percentuale di famiglie con un singolo genitore e con figli dipendenti
conviventi, eccetera.
I LIMITI DELLO STUDIO I risultati relativi alla mortalità si possono considerare molto
affidabili. Gli studiosi hanno infatti recuperato il 98% delle cause di
morte grazie al linkage dei dati anagrafici con il database della ASL.
Pag. 39
Il limite principale dell’analisi sono i dati riguardanti i ricoveri
ospedalieri. Per gli studiosi non è stato possibile considerare la
mobilità extra regionale e quindi i ricoveri fuori regione. Questo
fattore può aver introdotto una distorsione probabilmente legata alla
posizione sociale (in prima ipotesi, sotto rappresentazione dei
ricoveri dei soggetti di classe sociale più elevata), ma non relativa
alle associazioni riportate per livello socioeconomico e quartiere.
Inoltre le schede di dimissione ospedaliera sono compilate dagli
operatori sanitari e la diagnosi principale, quando si verifica il caso di
pazienti con più patologie, può essere quella più remunerativa sotto
l’aspetto economico e non quella maggiormente rilevante sotto
l’aspetto diagnostico. Nell’analisi condotta è stata considerata solo la
diagnosi principale e non quelle secondarie.
Non sono disponibili dati sulle abitudini personali delle persone
incluse nella coorte che hanno un possibile ruolo eziologico per le
patologie indagate: il fumo di sigarette, l’alcol, l’attività fisica e
l’obesità.
Reperire queste informazioni, per esempio tramite interviste
telefoniche o visite domiciliari, sarebbe stato proibitivo per una
coorte composta da più di 320.000 persone. Va sottolineato che
molte delle abitudini personali elencate sono associate allo stato
sociale. I ricercatori ritengono che l’aggiustamento effettuato
nell’analisi statistica per indicatore socioeconomico (che si è rilevato
un potente fattore di rischio per la popolazione indagata) abbia
anche aggiustato in gran parte per le variabili individuali non
misurate.
Pag. 40
I RISULTATI Lo studio mostra un aumento della mortalità e delle ospedalizzazioni
per malattie dell’apparato respiratorio, cardiovascolare e per tumori
nei quartieri più vicini alla zona industriale anche dopo aver tenuto
conto dei differenziali sociali.
La città di Taranto (e i due Comuni limitrofi di Statte e Massafra)
presenta un quadro sociale variegato con presenza contemporanea
di aree a elevata emarginazione e povertà e aree abbienti. A questa
stratificazione sociale si associano differenze importanti di salute e di
probabilità di morte: le classi sociali più basse mostrano tassi di
mortalità e di ricorso al ricovero ospedaliero più alti di circa il 20%
rispetto alle classi sociali più abbienti.
Anche tenendo conto degli effetti della stratificazione sociale, la
situazione sanitaria in termini di mortalità e ricoveri ospedalieri non
risulta uniforme nella città. In particolare i quartieri più vicini alla
zona industriale, il quartiere Paolo VI e Tamburi (Tamburi, Isola,
Porta Napoli, Lido Azzurro), presentano un quadro di mortalità e
ospedalizzazione superiore al resto dell'area studiata. Questo dato
rimane anche dopo aver tenuto conto del fatto che sono stati
riscontrati rischi di mortalità e ricovero elevati per le classi meno
abbienti.
E’ da sottolineare che una quota dei residenti in studio, specie nel
quartiere Paolo VI, è stata occupata nelle aziende dell’area
industriale; questa potrebbe essere una possibile spiegazione per
alcuni eccessi di mortalità/morbosità riscontrati (per esempio, negli
uomini, per pneumoconiosi e tumore della pleura).
Pag. 41
LE TABELLE
La tabella 4 mostra l’associazione, nei maschi e nelle femmine, fra
stato socioeconomico e mortalità. E’ stato riscontrato un
differenziale rilevante per entrambi i sessi per mortalità totale,
cardiovascolare, respiratoria e malattie dell’apparato digerente, con
eccessi nelle classi più svantaggiate. Sono state registrate differenze
anche per tutti i tumori nei maschi, in particolare per tumore dello
stomaco, della laringe, del polmone e della vescica.
In modo analogo, la tabella 5 mostra le associazioni del livello
socioeconomico con la frequenza dei soggetti ricoverati per causa. I
differenziali di salute per la morbosità hanno confermato quelli
riscontrati per la mortalità, con una generale tendenza a uno stato di
salute peggiore nei soggetti di livello socioeconomico basso.
Le tabelle 6 e 7 mostrano i rischi di mortalità per causa (maschi e
femmine rispettivamente), per i diversi quartieri: quartieri Tamburi
(Tamburi, Isola, Porta Napoli, Lido Azzurro), Borgo, Paolo VI e per il
Comune di Statte, confrontati con di dati della mortalità osservata in
tutti gli altri quartieri di Taranto nel loro insieme e nel Comune di
Massafra. Tale classificazione in quartieri è basata sull’ipotesi che
quelli situati vicino all’area industriale siano caratterizzati da un
livello di inquinamento atmosferico più elevato.
Anche dopo aver considerato i determinanti sociali, il quartiere
Tamburi (Tamburi, Isola, Porta Napoli, Lido Azzurro), Borgo, Paolo VI
e Statte hanno mostrato una mortalità totale più elevata (in
particolare Tamburi e Paolo VI per entrambi i sessi) rispetto al
riferimento. Il differenziale maggiore nei maschi è stato osservato a
Paolo VI, con eccessi importanti per tumori maligni (+42%), tra cui
Pag. 42
il pancreas e il polmone, malattie cardiovascolari, respiratorie e del
sistema digestivo. Nel quartiere Tamburi (Tamburi, Isola, Porta
Napoli, Lido Azzurro) si è riscontrato un eccesso di tumori maligni
nei maschi (specie la prostata) e di malattie cardiovascolari, specie
l’infarto del miocardio. Nelle donne di Paolo VI, gli eccessi sono
dovuti alle patologie tumorali, in particolare del fegato, e alle
malattie cardiovascolari e dell’apparato digerente. Sono risultati
molto elevati nel quartiere Tamburi (Tamburi, Isola, Porta Napoli,
Lido Azzurro) gli eccessi per cause cardiovascolari e malattie renali
nelle donne.
Le tabelle 8 e 9 mostrano i risultati delle analisi dei soggetti con
almeno un ricovero ospedaliero. Il quadro che è emerso dall’analisi
della mortalità ha trovato sostanziale conferma per molte cause di
ricovero e ha indicato chiaramente Tamburi (con Isola, Porta Napoli,
Lido Azzurro) e Paolo VI come i quartieri in cui lo stato di salute della
popolazione è più compromesso, con eccessi compresi tra 20% e il
400% (pneumoconiosi nel quartiere Paolo VI) rispetto al riferimento
considerato.
In allegato le tabelle del progetto SENTIERI 2011 e 2012 (pag.85)
Ulteriori tabelle reperibili sul sito di Epidemiologia e Prevenzione
riportano i tassi di mortalità e morbosità standardizzati per età
specifici per sesso, causa/diagnosi e quartiere/Comune di residenza
con Intervalli di Confidenza al 95%.
Pag. 43
COSA CI RISERVA IL FUTURO
Un ulteriore analisi ancora più approfondita dell’area, che tenga
conto dei livelli di inquinamento atmosferico e del rischio
occupazionale, verrà presumibilmente condotta in futuro e sarà
oggetto di successive pubblicazioni scientifiche.
Pag. 44
BIBLIOGRAFIA/REFERENCES
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Pag. 46
CAPITOLO 3
TOSSICOLOGIA AMBIENTALE ed
ECOTOSSICOLOGIA
La tossicologia ambientale si interessa dell'impatto potenzialmente
deleterio delle sostanze chimiche presenti nell'ambiente sugli
organismi viventi. Il termine ambientale include tutto ciò che
circonda il singolo organismo ovverosia acqua aria e suolo. Oltre
all'uomo numerose altre specie terrestri ed acquatiche sono
potenziali bersagli. Esistono degli Enti che si occupano della
salvaguardia della salute pubblica attraverso lo sviluppo di specifiche
tabelle contenenti valori soglia per ogni singola sostanza inquinante,
con riferimento agli effetti tossici in relazione alla dose assorbita.
Sono molti gli organismi nazionali e internazionali che si occupano di
studi di prevenzione e di tossicità. Qui di seguito alcuni dei più
importanti: l' EPA e l' FDA per gli USA, l' EFSA a livello europeo, in
Italia il Ministero della Sanità in collaborazione con l'Istituto
Superiore della Sanità che collabora con l'INES e a livello regionale
con l' ARPA e a livello locale le ASL territoriali.
Pag. 47
L'ecotossicologia si interessa degli effetti tossici di agenti chimici e
fisici sugli organismi viventi, specialmente sulle popolazioni e sulle
comunità all'interno di ecosistemi ben definiti, come la popolazione
che risiede in un SIN. si occupa inoltre delle modalità con cui gli
agenti inquinanti si trasferiscono all'ambiente circostante e cosa
causano a tale ambiente. La tossicologia tradizionale s' interessa
degli effetti tossici sui singoli individui, mentre l'ecotossicologia
s'interessa dell'impatto su popolazioni di organismi viventi o su
ecosistemi.
TERMINI E DEFINIZIONI UTILIZZATE IN
TOSSICOLOGIA AMBIENTALE E GENERALE
PERICOLO: Il pericolo è la capacità di un agente chimico di
causare un danno in una determinata situazione, dipende dalle
modalità e dal tempo di esposizione.
RISCHIO: Il rischio è la frequenza con cui si attende che si
verifichi un effetto indesiderato o un evento avverso derivante
dall'esposizione a un agente chimico. La valutazione del rischio
si basa sui dati della curva dose-risposta.
LIVELLO DI SOGLIA: Il livello di soglia è definito come il livello
al di sotto del quale una sostanza non produce nessun effetto
negativo. Superata tale soglia si entra in una fase nella quale
l'organismo mette in funzione i suoi meccanismi di difesa e di
detossificazione. Finche' questi meccanismi sono sufficienti a
Pag. 48
contrastare l'azione della sostanza si potrà verificare un
maggior dispendio energetico da parte dell'organismo ma non
si manifesta nessun effetto negativo. L'esposizione a sostanze
tossiche in questa fase può essere messa in evidenza
attraverso l'utilizzo di biomarker. Quando i meccanismi di
difesa non sono più sufficienti si verifica l'effetto che darà
origine inizialmente a manifestazioni croniche e, a dosi
maggiori, a fenomeni di tipo acuto.
SUSCETTIBILITA': Gli individui rispondono in modo diverso
all’esposizione all’inquinamento atmosferico e le caratteristiche
che contribuiscono a queste variazioni sono comprese nel
concetto di suscettibilità.
DOSE: La dose è la quantità di una sostanza tossica a cui un
organismo viene esposto.
EFFETTO: L'effetto indica il tipo di danno, ovvero la funzione
biologica compromessa (ad esempio la sopravvivenza, la
motilità, la velocità di crescita...).
RISPOSTA: La risposta è la quantificazione dell'effetto e viene
espressa come la % di incidenza in una certa popolazione (ad
esempio una coorte di animali da esperimento). La risposta
biologica espressa come incidenza % di uno stesso effetto su
un gruppo omogeneo di individui, esposto ad una stessa
concentrazione di una data molecola, rappresenta la misura
della tossicità. Le variabili indipendenti da cui dipende la
riposta biologica sono il livello di esposizione, che produce la
Pag. 49
dose assunta dall'organismo, ed il tempo di esposizione (o
durata).
Le tre variabili di stato così definite possono essere correlate
solo se:
-l'effetto osservato è stato causato dalla sostanza a cui è stato
esposto l'organismo;
-la % di incidenza varia in funzione del livello e del tempo di
esposizione;
-la dose assunta è direttamente proporzionale al livello di
esposizione.
Se le tre condizioni sono rispettate, si può ottenere la
superficie risposa/concentrazione/durata che solitamente viene
ridotta bidimensionalmente tenendo costante una delle tre
variabili. Si costruisce così quella che viene comunemente
chiamata curva di tossicità.
RELAZIONE DOSE-RISPOSTA: Per definire una relazione tra
dose e risposta è necessario specificare sia una particolare
risposta, ad esempio la morte dell'organismo, che le condizioni
sotto cui si ottiene la risposta, come la durata della
somministrazione della dose. Consideriamo una specifica
risposta per una popolazione di uno stesso tipo di organismi, a
dosi relativamente basse nessun organismo risponde, a dosi
più elevate tutti gli organismi danno risposta. Tra questi
estremi vi è un intervallo di dosi in cui alcuni organismi
rispondono ed altri no, definendo così una curva dose-risposta.
Spesso vengono somministrate dosi differenti di una sostanza
nello stesso modo ad una popolazione omogenea di cavie e
vengono riportate le percentuali delle morti in funzione del
Pag. 50
logaritmo della dose. La dose corrispondente al 50% di morti
nella popolazione rappresenta la stima statistica della dose che
dovrebbe uccidere il 50% dei soggetti e viene chiamata LD50.
LD50 (Lethal Dose 50): Rappresenta la dose di una sostanza
chimica che determina la morte del 50% degli individui in saggi
di tossicità acuta per somministrazione diretta (orale o
intraperitoneale). Viene di norma espressa in termini ponderali
per unità di peso corporeo dell'individuo (mg/kg di peso
corporeo).
LC50 (Lethal Concentration 50): Rappresenta la concentrazione
di una sostanza che determina la morte del 50% degli individui
in saggi di tossicità acuta per esposizione ambientale (ad
esempio acquatica o inalatoria). Si deve riferire al tempo di
esposizione ( es: LC50 48 ore)
NOEL (No Observed Effect Level): Rappresenta il più alto livello
(concentrazione o dose) al quale non si è manifestato alcun
effetto. Può essere anche riferito a saggi di tossicità acuta ma
di norma si riferisce a saggi cronici a lungo termine.
LOEL (Lowest Observed Effect Level): Rappresenta il più basso
livello al quale è stato possibile evidenziare un effetto. Sia il
NOEL che il LOEL non rappresentano il reale livello di non
effetto, ma solo il livello al quale non si è osservata un'
evidenza sperimentale, limitatamente ai saggi disponibili.
Pag. 51
TOSSICITA' ACUTA: Per tossicità acuta si intende l'insorgenza
dell'effetto dopo l'esposizione di un organismo in un breve
lasso di tempo. La tossicità può manifestarsi rapidamente dopo
l'esposizione. L'obiettivo dei test di tossicità acuta è quello di
misurare l'effetto dovuto all'esposizione di sostanze chimiche la
cui durata sia compresa tra 15 minuti e 96 ore. Le misure di
tossicità ottenute vengono impiegate per la valutazione di
effetti tossici dovuti a fenomeni di contaminazione temporanei
e nelle classificazione delle tossicità. L' approccio
maggiormente impiegato è la stima della EC 50 o ED 50, con
relativi parametri di dispersione (Intervalli di Confidenza al 95%
- IC95% o Limiti Fiduciali al 95% - LF95%). Questi valori
vengono generalmente calcolati trasformando i dati
sperimentali espressi in % in Probit e riportando le dosi o
concentrazioni in scala logaritmica. La curva di tossicità
sigmoide si trasforma in questo modo in una retta. Il carattere
sigmoide della curva è dovuto al fatto che le risposte osservate
ad ogni singola concentrazione sono cumulative. I valori delle
EC 50 così ricavati sono da considerare sicuramente efficaci
(dannosi nel caso dei tossici) da cui si possono estrapolare
ulteriori dati utili.
TOSSICITA' CRONICA: Negli studi di tossicità cronica l'
obiettivo è quello di calcolare una soglia di tossicità. Ovvero
determinare il livello di esposizione massimo a una
determinata sostanza che delimita il passaggio da livello
efficace (e quindi dannoso) e livello non efficace per un tempo
di esposizione indeterminato ( ad esempio la durata della vita
media degli organismi selezionati per il saggio). Una volta
Pag. 52
acquisiti dati sulla tossicità acuta, si scelgono livelli di
esposizione più contenuti in modo da non compromettere le
funzionalità degli organismi per tempi di trattamento più lunghi.
L'effetto prescelto è spesso subletale (velocità di crescita,
alterazioni della capacità riproduttiva, modificazioni
enzimatiche, alterazioni del comportamento ecc ecc). Si
ottengono livelli di esposizione efficaci e livelli non efficaci, dal
valore massimo dei quali si ricava il NOEL, che rappresenta una
prima stima sperimentale del valore soglia per l'effetto
considerato. Gli organismi per i saggi variano: per valutare la
tossicità sull'uomo si utilizzano mammiferi quali ratti, topi,
scimmie; per i sistemi acquatici si usano pesci, crostacei e
soprattutto organismi bivalvi (cozze ad esempio) per la loro
elevata sensibilità a una vasta gamma di agenti inquinanti.
Difatti nel caso di Taranto, moltissimi casi di mitili contaminati
si sono registrate dal 2008 ad oggi (diossine, PCB, PAH...)
dopo analisi tossicologiche delle ASL locali. Ciò ha portato a
focalizzare un'aumentata attenzione sulla situazione locale,
oltre ad avere creato un gravissimo danno per l'economia degli
allevatori del piccolo e grande seno che hanno dovuto
distruggere tonnellate di mitili contaminati. L' elaborazione dei
dati sperimentali differisce da quella impiegata in tossicologia
acuta: si tratta di discriminare quando la risposta biologica
osservata negli organismi trattati risulti significativamente
diversa da quella dei controlli. E' in sostanza un'analisi della
varianza tra controlli e trattati, che permette di individuare
quali differenze di risposta ottenute nei diversi livelli di
trattamento risultino statisticamente significativamente e quali
no. La soglia di tossicità sarà collocata tra la massima
Pag. 53
concentrazione- dose non efficace (NOEL) e la minima
statisticamente efficace (LOEL). Ripetendo l'operazione su più
specie di riferimento e estrapolando i dati ottenuti
sperimentalmente per popolazioni più ampie si ottiene un
quadro della variazione della suscettibilità nei diversi taxa. Da
qui una stima della suscettibilità di intere biocenosi, e tramite
l'applicazione di fattori di sicurezza arbitrari si arriva alla
definizione di criteri di qualità ambientale.
BIOACCUMULO: Il bioaccumulo è un fenomeno biologico che
consiste nell'accumulo di una determinata sostanza o agente
chimico nei tessuti di un organismo ed è dovuto al fatto che
l'assunzione cronica di questo contaminante eccede la capacità
di metabolizzazione e/o eliminazione del contaminante stesso.
BIOINCREMENTO: Il bioincremento è un fenomeno biologico
che porta a un' aumento esponenziale della concentrazione di
un contaminante presente in un organismo man mano che si
risale la catena alimentare. Essendo l'uomo al vertice della
catena alimentare è un fenomeno molto rilevante. Sia
bioincremento che bioaccumulo sono fenomeni legati a
determinati contaminanti ambientali. Nella fattispecie gli agenti
chimici scarsamente degradati (attraverso vie sia abiotiche che
biotiche), le sostanze lipofile clorurate (ad esempio i bifenili
policlorurati – PCB), i metalli pesanti tendono a bioaccumularsi
nel grasso corporeo oppure nel tessuto osseo e da questi
vengono rilasciati nel torrente circolatorio molto lentamente. In
questo modo gli effetti avversi perdurano nel tempo portando
ad effetti di tipo cronico anche per esposizioni di durata
Pag. 54
limitata.
INDICATORI BIOLOGICI – BIOMARKER: La capacità di stimare
l’esposizione e la dose cumulativa degli inquinanti può essere
quantificata utilizzando gli indicatori biologici di esposizione
(biomarker). Un marcatore biologico, o biomarker, può essere
definito come un parametro biologico, di tipo biochimico,
fisiologico, citologico, morfologico, ottenibile da tessuti o fluidi
umani, o gas espirati, che è associato (direttamente o
indirettamente) con l’esposizione a un inquinante ambientale.
Molti sono i tessuti e i fluidi usati per misurare i marcatori
biologici (sangue, urine, feci, denti, aria, saliva, liquido e
cellule amniotiche, sperma, unghie, capelli, tessuto adiposo
sottocutaneo) ma urina, sangue e aria espirata sono i campioni
organici maggiormente utilizzati. Quando un composto tossico
penetra nell’organismo umano, esso può provocare una serie
d’alterazioni o danni a diversi livelli di complessità strutturale,
che vanno dal danno molecolare fino ad alterazioni a livello di
apparato. Simultaneamente all’impatto negativo dell’inquinante,
si sviluppano da parte dell’organismo risposte adattative allo
stress chimico che mirano a riportarlo a uno stato di omeostasi.
Le risposte dell’organismo tendono a diminuire l’effetto tossico
del composto inquinante tramite l’attivazione di sistemi
multienzimatici. Questi sistemi enzimatici riescono a
detossificare totalmente o in parte l’organismo. Le diverse
risposte che l’organismo realizza nei confronti dell’insulto
chimico rappresentano anch’esse potenziali biomarker
utilizzabili in programmi di monitoraggio. Gli indicatori biologici
Pag. 55
offrono il vantaggio di misurare modifiche indotte dalla
esposizione nell’organismo prima che si sviluppi la malattia
vera e propria con sintomi clinici. I marcatori di effetti precoci
possono essere un valido aiuto per la prevenzione,
particolarmente se si associano a cambiamenti reversibili.
AGENTE CANCEROGENO: Si definisce cancerogena quella
sostanza in grado di indurre nell'organismo una riproduzione e
quindi una crescita incontrollata di una particolare linea
cellulare. L'agente cancerogeno può essere di natura chimica
(es: IPA, tra i più importanti cancerogeni conosciuti), o
biochimica (es: retrovirus),o possono essere delle radiazioni
ionizzanti. La cancerogenesi chimica implica che la sostanza
che induce la crescita cellulare incontrollata sia una sostanza
xenobiotica. La cancerogenesi si sviluppa in due fasi: una di
inizio e una di propagazione. Nella fase di inizio avviene una
reazione di una sostanza chimica con il DNA, la sostanza si
lega covalentemente al DNA causando un danno irreversibile
alla struttura. Questo danno può essere riparato. Oppure se il
danno non può essere riparato intervengono dei geni pro-
apoptotici per eliminare del tutto la cellula con il DNA
danneggiato. Oppure ancora, nell'ipotesi peggiore tutti i
meccanismi biochimici di difesa non intervengono o falliscono e
la cellula neoplastica rimane in vita, pronta per duplicarsi. Nella
fase di propagazione avviene una crescita esponenziale delle
cellule neoplastiche figlie della cellula danneggiata che non è
stato possibile riparare o eliminare tramite morte cellulare
programmata. Tra le due fasi può anche intercorrere parecchio
tempo, ed alcuni agenti cancerogeni possono essere solo
Pag. 56
iniziatori o solo promotori oppure entrambi. In questo caso
quell'agente cancerogeno si definisce completo. Le sostanze
che richiedono attivazione metabolica per poter indurre il
cancro sono chiamate precancerogene. Una sostanza
teratogena è una specie chimica che causa difetti alla nascita
essendo tossica per le cellule embrionali o fetali. Una sostanza
mutagena è una specie chimica che altera il DNA provocando
un cambiamento dei caratteri ereditari della cellula.
STUDIO EPIDEMIOLOGICO: L’epidemiologia è una disciplina
che ha avuto un notevole sviluppo negli ultimi decenni. Essa si
occupa dello studio delle malattie e dei fenomeni a queste
connessi attraverso l’osservazione della distribuzione e
dell’andamento delle malattie nella popolazione, allo scopo di
individuare i fattori determinanti che ne possono indurre
l’insorgenza e condizionare la diffusione. Gli studi
epidemiologici possono essere classificati, in termini molto
generali, in studi osservazionali, che valutano la distribuzione
delle malattie nella popolazione e i determinanti di malattia, e
in studi di intervento. Gli studi di intervento sono di fatto studi
sperimentali in quanto l’esposizione di ciascun partecipante, o
di ciascuna comunità, è assegnata dal ricercatore con
procedura randomizzata, che garantisce anche il controllo di
altri fattori di rischio non conosciuti al momento dello studio.
Gli studi epidemiologici osservazionali valutano le possibili
associazioni tra esposizione ed effetti sulla salute senza
intervenire sulle modalità e sulle condizioni di esposizione. Gli
studi di base sono lo studio caso-controllo e lo studio di coorte.
Il primo parte dalla definizione di un gruppo di persone con la
Pag. 57
malattia di interesse e un gruppo di controllo senza la malattia
di interesse, e confronta le proporzioni di esposti al fattore
studiato nei due gruppi. Lo studio di coorte invece parte dalla
definizione di soggetti esposti e non esposti al fattore di
interesse e segue questi gruppi nel tempo per determinare lo
sviluppo di malattia in ciascun gruppo. Non potendo controllare
le esposizioni, gli studi osservazionali, che analizzano i soggetti
in un contesto di vita reale dove le esposizioni sono multiple e
contemporanee, devono tenere conto del ruolo del caso, del
ruolo delle distorsioni e del ruolo di altri fattori che possono
modificare o confondere l’associazione tra un esito e
l’esposizione di interesse. Gli studi epidemiologici sono uno
degli strumenti di indagine più importanti a disposizione di un'
Autorità Giudiziaria nell'ambito della sanità pubblica. Va
sottolineato che è molto più facile studiare gli effetti di
esposizioni di breve periodo a elevate concentrazioni di
inquinanti. È invece più complesso rilevare gli effetti dovuti a
un’esposizione costante nel tempo a basse concentrazioni di
inquinanti, le cui conseguenze si manifestano dopo un lungo
periodo di latenza. Le misure usate in epidemiologia per
descrivere la frequenza delle malattie in un determinato
momento e il verificarsi di nuovi casi sono: la prevalenza e
l’incidenza. La prevalenza misura quanti casi ci sono in un
determinato momento, mentre l’incidenza misura quanti casi di
malattia si manifestano nel corso del tempo. La prevalenza è
definita come il rapporto tra il numero di casi accertati e la
popolazione in un determinato momento. Assume quindi un
valore compreso fra 0 (nessun caso nella popolazione in quel
momento) e 1 (tutti malati) e generalmente viene espressa
Pag. 58
come valore percentuale. La prevalenza quantifica l’impatto di
una malattia in un determinato territorio.
INCIDENZA: L'incidenza può essere definita come la misura del
numero di nuovi casi in un determinato periodo di tempo,
individua quindi la probabilità di ammalarsi. Si può dire che
l’incidenza misura la velocità di transizione dallo stato di salute
(assenza di malattia) allo stato di malattia. E' una misura
dinamica ed è molto importante per lo studio dell’andamento
nel tempo dei fenomeni epidemiologici.
FOLLOW-UP: Il Follow-up è lo studio analitico in cui
l’arruolamento è basato sullo stato di esposizione ad un certo
fattore o all’appartenenza ad un certo gruppo. Gli individui
arruolati vengono quindi seguiti nel tempo per verificare e
confrontare l’occorrenza di malattie, morte o altri esiti relativi
alla salute.
Pag. 59
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Pag. 60
CAPITOLO 4
GLI INQUINANTI AMBIENTALI
I PRINCIPALI INQUINANTI ATMOSFERICI
OSSIDI DI ZOLFO Tra i composti contenenti zolfo presenti più comunemente in
atmosfera troviamo il biossido di zolfo (SO2), e l’anidride solforica
(SO3). Gli ossidi di zolfo (SOx) sono gas incolori, di odore acre e
pungente, prodotti dalla combustione di materiale contenente zolfo.
L’SO2 è il principale responsabile delle piogge acide, in quanto tende
a trasformarsi in SO3 e, in presenza di umidità, in acido solforico.
Queste sostanze causano irritazione delle mucose dell'albero
respiratorio e degli occhi. A concentrazioni molto alte possono dare
edema polmonare e morte. Sono percepibili olfattoriamente alla
concentrazione di 3-5 mg/m3 ed a concentrazioni superiori (5-20
mg/m3) provocano immediatamente irritazione di faringe laringe e
Pag. 61
occhi. Negli animali da esperimento concentrazioni tra 0,5 e 20
mg/m3 provocano broncocostrizione atropino simile nell'esposizione
a breve termine e in quella a lungo termine una diminuita clearence
mucociliare che può portare ad enfisema polmonare (da Tossicologia
Generale e Ambientale)
Recenti studi hanno inoltre mostrato che l’SO2, attivando i processi
infiammatori, può determinare un aumento della viscosità
plasmatica e della coagulazione del sangue, con conseguente
aumentato rischio di infarto del miocardio. (92)
OSSIDI DI AZOTO
Sono rappresentati prevalentemente dal monossido (NO) e dal
biossido di azoto (NO2), il secondo risulta essere più tossico del
primo. Si presentano a temperatura ambiente in forma gassosa:
l’NO è incolore e inodore, mentre l’NO2 è rossastro e di odore forte e
pungente. L’NO, chiamato anche ossido nitrico, è prodotto
soprattutto nel corso dei processi di combustione ad alta
temperatura insieme a piccole quantità di NO2. Viene poi ossidato in
atmosfera dall’ossigeno e più rapidamente dall’O3 producendo NO2.
L’NO2 svolge un ruolo fondamentale nella formazione dello smog
fotochimico essendo l’intermedio di base per la produzione di una
serie di inquinanti secondari molto dannosi come l’O3, l’acido nitrico,
l’acido nitroso, gli alchilnitrati, i perossiacetilnitrati.
L’NO2 è un irritante delle vie respiratorie e degli occhi; il gas è in
grado di combinarsi con l’emoglobina modificandone le proprietà
chimiche con formazione di meta-emoglobina che non è più in grado
di trasportare ossigeno ai tessuti.
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A concentrazioni superiori a 6 mg/m3 provocano come per gli ossidi
di zolfo inibizione della clearence mucociliare e di conseguenza
aumento delle infezioni alle vie respiratorie (da Tossicologia Generale
e Ambientale).
Lo studio APHEA 2 evidenzia che un incremento di 10 μg/m3 nella
concentrazione giornaliera di NO2 è associato a un incremento dello
0,30% nella mortalità generale, dello 0,40% nella mortalità
cardiovascolare e dello 0,38% nella mortalità respiratoria. (11)
OZONO L’ozono è un gas tossico di colore bluastro, costituito da molecole
instabili formate da tre atomi di ossigeno (O3); queste molecole si
scindono facilmente liberando ossigeno molecolare e un atomo di
ossigeno estremamente reattivo. Per queste sue caratteristiche
l’ozono è quindi un energico ossidante in grado di demolire materiali
organici e inorganici.
La formazione di elevate concentrazioni di O3 nella troposfera è un
fenomeno prettamente estivo, legato all’interazione tra radiazione
solare e sostanze chimiche (idrocarburi e NO2), che a temperature
elevate attivano e alimentano le reazioni fotochimiche producendo
O3, radicali liberi, perossidi e altre sostanze organiche fortemente
ossidanti.
L’O3 è un irritante per tutte le mucose e una esposizione critica o
prolungata può causare tosse, mal di testa ed edema polmonare. La
pericolosità dell’ozono deriva dall’alto potere ossidante della sua
molecola e dalla capacità di giungere facilmente a livello alveolare; i
primi sintomi sono irritazione degli occhi e disturbi respiratori.
Un’esposizione acuta a O3 può creare problemi quali riduzione della
Pag. 63
funzione polmonare, comparsa di iper-reattività bronchiale fino alla
insorgenza di edema polmonare, danni in genere reversibili una
volta cessata l’esposizione. Un’esposizione prolungata a quantitativi
anche non elevati provoca fenomeni di sensibilizzazione e irritazione
persistenti.
MONOSSIDO DI CARBONIO
Il monossido di carbonio è originato da tutte le combustioni
imperfette. L' azione tossica del monossido di carbonio è legata alle
reazioni con l'emoglobina e con gli altri enzimi contenenti eme. L'
affinità del monossido di carbonio con il Ferro emoglobinico è circa
240 volte superiore di quella dell'ossigeno, si possono ottenere
concentrazioni anche molto alte di saturazione a tensioni parziali di
CO molto basse.
Ad esempio: in condizioni normali per ottenere la liberazione di una
quantità nota di ossigeno ai tessuti, supponiamo 5 ml, è necessari
un abbassamento della tensione parziale dell'ossigeno da 100 a 38
mm di Hg. In presenza di CO, quando ad esempio il COHb
(carbossiemoglobina) raggiunge il 50% per la liberazione degli stessi
5 ml di ossigeno ai tessuti è necessario abbassare la pressione
parziale a 10 mm Hg. Inoltre nelle condizioni normali dopo la
liberazione della prima mole di ossigeno la seconda e la terza risulta
più veloce (curva sigmoide). Nel caso invece da intossicazione da CO
la forma della curva di dissociazione della CO Hb 50% è diversa in
quanto non avviene la stessa facilitazione. L'effetto complessivo è
che l'emoglobina non risulta più essere un trasportatore efficiente di
ossigeno ai tessuti con conseguente ipossia.
I principali sintomi sono dispnea affaticamento disorientamento
Pag. 64
perdita di conoscenza fino a coma e morte.
BENZENE
Il benzene è un cancerogeno umano dimostrato. I suoi effetti
principali sono a carico del sistema emopoietico. E' in grado di
indurre per esposizione cronica leucemia mieloide acuta e anemia
aplastica. Questi disturbi sono particolarmente frequenti nei soggetti
esposti professionalmente per lunghi periodi.
IL PARTICOLATO – PM
CHE COS'E' E COME VIENE PRODOTTO
Il materiale particolato presente nell’aria è costituito da una miscela
di particelle solide e liquide, che possono rimanere sospese anche
per lunghi periodi. Viene prodotto dalla combustione imperfetta di
materiali organici ed è un carrier per una serie di sostanze con
rilevanti effetti tossicologici.
Le particelle hanno dimensioni comprese tra 0,005 μm e 50- 150 μm,
e sono costituite da una miscela di elementi quali carbonio, piombo,
nichel, nitrati, solfati, composti organici, frammenti di suolo,
eccetera.
Le sorgenti di origine antropica sono: emissioni della combustione
dei motori (autocarri, automobili, aeroplani, navi); emissioni del
riscaldamento domestico (in particolare gasolio, carbone e legna);
residui dell’usura del manto stradale, dei freni e delle gomme delle
vetture; emissioni di impianti industriali e inceneritori e centrali
elettriche.
Pag. 65
Gli ossidi di azoto (NOx) e gli ossidi di zolfo (SOx) possono formare i
rispettivi nitrati e solfati di natura solida contribuendo così alla
produzione del particolato secondario, ovvero alla diffusione di
particelle che si formano in atmosfera per effetto della reazione
chimica di sostanze inizialmente emesse in forma gassosa.
LE CLASSI DIMENSIONALI
Le polveri totali vengono generalmente distinte in tre classi
dimensionali corrispondenti alla capacità di penetrazione nelle vie
respiratorie da cui dipende l’intensità degli effetti nocivi.
PM10 – particolato formato da particelle con diametro < 10 μm, è
una polvere inalabile, ovvero in grado di penetrare nel tratto
respiratorio superiore (naso, faringe e laringe).
PM2.5 – particolato fine con diametro < 2,5 μm, è una polvere
toracica, cioè in grado di penetrare nel tratto tracheobronchiale
(trachea, bronchi, bronchioli).
PM0.1 – particolato ultrafine con diametro < 0,1 μm, è una polvere
in grado di penetrare profondamente nei polmoni fino agli alveoli.
LE PARTICELLE ULTRAFINI C’è oggi un grande interesse sulla frazione più piccola di particolato,
rappresentata dalle particelle ultrafini (o nanoparticelle) che per le
loro dimensioni possono diffondersi in tutte le parti del tratto
respiratorio, entrare più facilmente all’interno delle cellule e quindi
potenzialmente superare le barriere epiteliali ed endoteliali. La loro
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tossicità si basa su un più elevato potenziale infiammatorio. Il
contributo specifico delle particelle ultrafini alla tossicità nell’uomo è
in studio con approccio sia tossicologico sia epidemiologico. (10)
In genere, le frazioni più piccole di PM (PM0.1, PM2.5) hanno una
più elevata capacità di danno nell’organismo, contengono la più alta
concentrazione di composti organici (per esempio IPA) e hanno
un’elevata capacità di produrre radicali liberi, dovuta alla presenza
sulla superficie di metalli di transizione quali il cobalto, il rame, il
ferro, il manganese, il nickel, il vanadio e il titanio. La produzione di
radicali liberi causa danni alle membrane lipidiche, alle proteine e al
DNA. I radicali liberi causano infiammazioni polmonari e possono
contribuire o causare danni allo sviluppo polmonare e malattie
polmonari, quali la BPCO, l’asma e la fibrosi cistica. (17)
ALCUNI STUDI SULLE POLVERI SOTTILI
Una serie di studi della comunità scientifica americana europea e
italiana riguardo ai rischi per la salute dovuti ad esposizione ad
elevate concentrazioni di particolato vengono riportate di seguito.
il National Morbidity, Mortality, and Air Pollution Study (NMMAPS),
uno studio condotto nelle più grandi città americane, ha riportato
effetti prodotti da incrementi del PM10 sulla mortalità respiratoria e
cardiovascolare. (1)
Alcuni studiosi americani hanno valutato l’effetto dell’esposizione a
PM2.5 sulla mortalità in nove città della California: per ogni
incremento di 15 μg/m3 di PM2.5 sono stati riportati incrementi
della mortalità dello 0,61% per tutte le cause, dello 0,70% per le
cause cardiovascolari e del 2,05% per le cause respiratorie. (2)
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lo studio europeo Air Pollution and Health, a European Approach –
APHEA 2 conferma questi risultati. Anche in questo caso a
incrementi giornalieri nel PM10 corrispondono incrementi nella
mortalità generale. (3)
I risultati ottenuti dall' APHEA sono stati confermati anche in Italia:
lo studio MISA (Metanalisi italiana degli effetti a breve termine
dell’inquinamento atmosferico) ha valutato gli effetti dell’esposizione
all’inquinamento atmosferico in 15 città italiane (9,1 milioni di
abitanti). I risultati hanno mostrato un incremento di mortalità per
tutte le cause e per cause cardiorespiratorie dovuto all’esposizione a
PM10 e un incremento di ospedalizzazione per malattie respiratorie
dovuto all’esposizione ad inquinamento atmosferico. (4)
Lo studio SISTI (Studio italiano sulla suscettibilità alla temperatura e
all’inquinamento atmosferico), condotto negli adulti di nove città
italiane, oltre a riportare l’associazione tra PM10 e mortalità,
suggerisce lo scompenso cardiaco come possibile meccanismo del
danno indotto dal PM10. (5)
Un follow-up di 16 anni, condotto in aree metropolitane americane
su 500.000 persone, ha mostrato che per ogni incremento di 10
μg/m3 di PM2.5 si ha un incremento medio tra i due periodi di
osservazione (1979-1983, 1999-2000) di circa il 6%, 9%, e 14% del
rischio di morire per tutte le cause, per malattie cardiopolmonari e
per tumore al polmone, rispettivamente. Sulla base di questo studio,
il rischio relativo di 1,06 è stato scelto dall’OMS come valore di
riferimento per la valutazione degli effetti a lungo termine sulla
mortalità generale, dovuti al PM2.5 . (6)
Recentemente in Germania, alcuni studiosi hanno valutato
l’associazione fra l’esposizione a lungo termine all’inquinamento
originato dal traffico veicolare e la mortalità per cause
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cardiopolmonari in un campione di donne tedesche di 50-59 anni:
quelle viventi a meno di 50 metri dalle strade trafficate avevano un
eccesso di rischio del 70% di morire per cause cardiopolmonari
rispetto alle donne residenti lontano dalle strade (OR: 1,70; IC 95%:
1,02-2,81). (7)
E’ stato di recente analizzato, nel quadro del progetto NMMAPS, un
database contenente informazioni sulle ospedalizzazioni per malattie
cardiache e respiratorie in 204 città americane (ciascuna con oltre
200.000 abitanti). I risultati hanno mostrato un’associazione fra
l’incremento di 10 μg/m3 di PM2.5 e l’incremento dei tassi di
ospedalizzazione per BPCO (0,91%), per scompenso cardiaco
(1,28%) e per malattie ischemiche del cuore (0,44%). (8)
Anche un altro studio americano riporta effetti dell’esposizione a
particolato, in questo caso PM10, sull’ospedalizzazione per BPCO
(incremento 0,81%) e per polmonite (incremento 0,84%). (9)
Il Particolato può penetrare all’interno dei polmoni, interferendo con
l’attività respiratoria dei bronchioli e degli alveoli polmonari. Il PM
può veicolare numerosi microinquinanti adsorbiti sulla sua superficie,
come metalli e IPA, e questo spiega la sua capacità di indurre anche
effetti mutageni sull’uomo. E’ riportato in letteratura l’effetto
combinato di PM e Nitro-IPA, composto organico che si forma dai
processi di combustione dei composti organici reagenti con l’NO2
presente in atmosfera. (15)
I risultati di studi tossicologici in vitro hanno mostrato che il PM è
capace di effetti a livello cellulare che includono mutagenicità, danni
al DNA (genotossicità) e stimolazione della produzione di citochine
che favoriscono i processi infiammatori associati con possibili
problemi cardiovascolari (infarto del miocardio e aritmie). (14)
(16)
Pag. 69
Inoltre, sebbene i gas non influenzino direttamente le caratteristiche
tossicologiche del PM, entrano in gioco nell’influenzare la
suscettibilità cellulare ai danni citotossici e mutageni dovuti al PM.
Per esempio, l’azione negativa dell’esposizione a NOx sul sistema
antiossidante può incrementare la citotossicità e i danni ossidativi al
DNA dovuti alla formazione di radicali liberi da parte del PM. (16)
EFFETTI CLINICI SUL SISTEMA CARDIORESPIRATORIO DEGLI
INQUINANTI ATMOSFERICI. Gli effetti a carico del sistema cardiovascolare sono effetti diretti sul
cuore e sui vasi, sul sangue e sui recettori polmonari ed effetti
indiretti mediati dallo stress ossidativo e dalla risposta infiammatoria.
Gli effetti diretti potrebbero essere dovuti alle particelle molto fini,
gas o ai metalli di transizione, che attraversano l’epitelio polmonare
e raggiungono il circolo ematico. Questi effetti diretti
dell’inquinamento atmosferico rappresentano una spiegazione
plausibile della rapida (entro poche ore) risposta cardiovascolare,
con un incremento della frequenza dell’infarto del miocardio e delle
aritmie.
Il meccanismo indiretto mediato dallo stress ossidativo provoca un
indebolimento delle difese antiossidanti e un conseguente aumento
della infiammazione nelle vie aeree e nell’organismo. (12)
Gli effetti a carico del sistema respiratorio sono molto vari e possono
spaziare da una semplice irritazione delle prime vie aeree, alla
fibrosi polmonare, alle malattie respiratorie croniche ostruttive,
all’asma, all’enfisema, al cancro, fino alla morte. Gli effetti irritanti
sono solitamente
reversibili, ma l’esposizione cronica a un irritante può comportare
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l’insorgenza di un danno permanente a livello cellulare.
L’assorbimento e la distribuzione di sostanze gassose nel tratto
respiratorio
dipendono da numerosi fattori chimici e chimico-fisici. I gas irritanti,
idrosolubili, come l’SO2, possono provocare sul sito di deposizione
reazioni infiammatorie della mucosa (rinite, bronchite e alveolite),
nel caso di esposizioni acute. Per esposizioni prolungate a
quantitativi anche non elevati si possono avere fenomeni di
broncocostrizione. E’ stato inoltre accertato un effetto irritativo
sinergico in caso di esposizione combinata con il particolato, dovuto
probabilmente alla capacità di quest’ultimo di veicolare l’SO2 nelle
zone respiratorie del polmone profondo interferendo con le funzioni
dell’epitelio ciliare.
Vapori meno idrosolubili, ma chimicamente reattivi, quali l’NO2 o
l’O3, possono raggiungere le regioni alveolari, provocando edema
polmonare e problemi di respirazione. Recenti studi tossicologici
hanno mostrato che l’esposizione a O3 determina la distruzione
dell’epitelio delle vie aeree. Sebbene la distruzione della barriera
epiteliale, per esposizioni acute a O3 sia temporanea, essa permette
l’ingresso di altri inquinanti (coinquinanti) nelle vie aeree. La
deposizione dei coinquinanti nell’epitelio polmonare per periodi
prolungati provoca di fatto una esposizione cronica, con conseguente
aumento del rischio di effetti negativi. (13)
Anche per l’ozono recenti studi hanno mostrato associazioni con
processi infiammatori e quindi con possibili conseguenze
cardiovascolari. Inoltre, è stata riportata la sua associazione con
alterazioni della frequenza cardiaca. (14)
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METALLI PESANTI
CADMIO il cadmio dal punto di vista chimico e biochimico è molto simile allo
zinco. In particolare il cadmio può rimpiazzare lo zinco all'interno di
alcuni enzimi e gruppi prostetici, compromettendo così struttura e
funzionalità. Tra le conseguenze più gravi prevalgono insufficienza
renale, innalzamento della pressione sanguigna e distruzione dei
globuli rossi con conseguente stato di anemia grave.
PIOMBO Il piombo non svolge alcuna funzione utile nel corpo umano. Per
organi bersaglio critici come il sistema nervoso centrale in fase di
sviluppo, non è stato stabilito alcun livello soglia di esposizione che
si possa considerare sicuro. L' assorbimento di polvere di piombo
attraverso l'albero respiratorio è la causa più comune di
intossicazione industriale. Il piombo metallico è anche assorbito dal
tratto gastrointestinale in quantità pari circa al 10% di quanto
ingerito nell'adulto che può arrivare anche al 50% nel bambino.
Giunge quindi nel torrente circolatorio dove si lega per il 99% con le
proteine plasmatiche. Viene poi distribuito ai tessuti molli e alla
matrice ossea. Supera la barriera placentare ed è possibile causa di
avvelenamento per il feto. Viene eliminato lentamente,
principalmente attraverso le urine. Il piombo immobilizzato nello
scheletro viene rilasciato anche per anni in circolo e causa
intossicazione cronica. Il piombo risulta tossico per una serie di
effetti quali l'inibizione di attività enzimatiche, interferenza con
l'azione di alcuni cationi essenziali come calcio ferro e zinco, la
generazione di stress ossidativo, l'induzione di mutazioni genetiche e
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la distruzione dell'integrità delle membrane cellulari.
-Il bersaglio più sensibile è il SNC in via di sviluppo. Studi
epidemiologici suggeriscono che livelli ematici di piombo inferiori a 5
microgrammi/dL possono esitare in disturbi subclinici delle funzioni
cognitive in popolazioni di bambini esposti. Gli adulti risultano meno
sensibili, ciononostante superati i 30 microgrammi/dL si instaurano
sintomi comportamentali e neurocognitivi (irritabilita', spossatezza,
disturbi del sonno, ridotta coordinazione motoria). Con livelli ematici
superiori ai 100 microgrammi/dL compare encefalopatia
caratterizzata da aumento della pressione endocranica che potrebbe
causare atassia, stupore, coma, convulsioni e morte. Potrebbe anche
verificarsi neuropatia periferica.
il piombo causa anemia ipocromica interferendo con la sintesi
dell'eme e indebolendo le membrane degli eritrociti.
esposizione cronica al piombo con concentrazione superiore a 80
microgrammi/dL può portare a fibrosi interstiziale renale e
nefrosclerosi. Può verificarsi un tempo di latenza anche di alcuni anni
prima della comparsa dei sintomi.
esposizione al piombo aumenta i casi di aborto spontaneo e di
diminuito peso alla nascita. Nell'uomo riduce e compromette la
formazione di sperma.
a dosaggi elevati possono verificarsi episodi intermittenti di coliche
addominali gravi (coliche saturnine)
ARSENICO
I composti solubili dell'arsenico vengono assorbiti facilmente
dall'apparato respiratorio e gastrointestinale. L'arsenico inorganico
assorbito va incontro a metilazione nel fegato per poi essere escreto
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rapidamente nelle urine.
L'arsenico si lega ai gruppi sulfidrilici (arsenico trivalente) e si
sostituisce ai gruppi fosfati (arsenico pentavalente) e quindi
interferisce con le funzioni enzimatiche. L'arsenico inorganico e i suoi
metaboliti causano stress ossidativo e alterano l'espressione genica
oltre che interferire con la trasduzione del segnale a livello
intracellulare.
L'intossicazione acuta presenta dei sintomi gastrointestinali come
nausea vomito diarrea e dolori addominali. Si presenta poi tossicità
cardiopolmonare che può portare a edema polmonare ed aritmie
ventricolari. A carico del sistema nervoso centrale compare
encefalopatia e coma, inoltre è stata riscontrata neuropatia
periferica ascendente che puo' provocare insufficienza respiratoria
nueromuscolare.
L'intossicazione acuta comporta sintomi quali perdita di peso,
spossatezza, anemia e disturbi gastrointestinali. Dopo anni di
esposizione si manifestano alterazioni cutanee come
iperpigmentazione a “goccie di pioggia”. Carcinoma polmonare,
cutaneo, del fegato, del rene e della vescica possono comparire dopo
anni di esposizione a dosi non abbastanza elevate da indurre un
avvelenamento acuto.
Attenzione viene escreto attraverso il latte.
MERCURIO
Il mercurio esiste in diverse forme in natura: oltre al mercurio
elementare e alle forme alchilate (come il metilmercurio) ci sono i
sali inorganici del mercurio e i composti arilmercurici.
Di conseguenza l'assorbimento varia col variare della forma chimica:
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il mercurio elementare è volatile e assorbibile per via inalatoria ed è
causa di avvelenamento occupazionale. I composti organici a corta
catena di alchilmercurio sono volatili e assorbiti sia per via
respiratoria che gastrointestinale che cutanea. L'assorbimento
cutaneo è notevole e rilevante, può causare una grave tossicità di
tipo ritardato (termometri rotti). Una volta assorbito il mercurio si
distribuisce ai tessuti rapidamente, in particolare si concentra nel
rene. Il mercurio inorganico viene eliminato principalmente nelle
urine mentre quello organico per escrezione biliare. Il mercurio si
lega ai gruppi sulfidrilici dei tessuti cheratinizzati e si trova così in
tracce nei peli nei capelli e nelle unghie (come piombo e arsenico).
Il mercurio inibisce la funzionalità enzimatica ed altera le membrane
plasmatiche tramite interazioni con i gruppi sulfidrilici.
l'intossicazione acuta può provocare polmonite e edema polmonare.
L'ingestione di sali inorganici di mercurio, come il cloruro di mercurio,
in grandi quantità può causare una gastroenterite emorragica
corrosiva potenzialmente fatale, seguita da necrosi tubulare acuta e
insufficienza renale.
L'intossicazione cronica di vapori di Hg si manifesta con tremori,
disturbi neuropsichici e gengivostomatite. Si può avere perdita di
memoria, spossatezza, insonnia e anoressia.
L'intossicazione cronica da metilmercurio ha come principale
bersaglio il sistema nervoso centrale e causa parestesie, atassia,
riduzione dell'udito e ristringimento del campo visivo. Causa inoltre
ritardo mentale nel neonato e ha effetti tossici sul sistema
riproduttivo.
L' EPA e l' FDA raccomandano alle donne in gravidanza e
allattamento, o che vogliono andare incontro a gravidanza, di evitare
di assumere pesce contenente livelli elevati di mercurio come il
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pesce spada, e di limitare in generale il consumo di pesce.
Il problema resta grave nell'esposizione lavorativa.
IDROCARBURI AROMATICI POLICICLICI (PAH)
COSA SONO
Gli idrocarburi aromatici policiclici IPA o PAH (polycyclic aromatic
hydrocarbons) sono composti organici contenti due o più anelli
benzenici condensati, alcuni dei quali contengono anche un anello a
cinque atomi di carbonio.
Gli idrocarburi policiclici determinati sono: fluorantrene (FLUO),
pirene (PY), benzo(a)antracene (B(a)a), crisene (CHRY),
benzo(b)fluorantrene (B(b)F), benzo(k)fluorantrene (B(k)F),
benzo(a)pirene (B(a)P) e benzo(g,h,i)perilene (BGP).
Sono inquinanti prioritari secondo il parere dell' EPA (Environmental
Protection Agency, USA) l'ente americano per la protezone dell'
ambiente.
LA FORMAZIONE DEGLI IPA NEI PROCESSI DI COMBUSTIONE Gli IPA si formano durante processi di combustione incompleta di
materiali inorganici (come durante la produzione di carbon-coke).
Invece di un ossidazione ad anidride carbonica si vengono a formare
dei frammenti idrocarburici che interagendo tra loro danno origine a
complesse strutture policicliche (Guerin et al. 1978). La formazione
degli IPA dipende fortemente dal processo e dalla efficienza della
combustione; macchinari e metodi di filtraggio delle polveri più
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moderni all'interno delle cockerie permettono una minor fuoriuscita
di polveri contenenti IPA (e altri inquinanti) in modo da preservare
l'ambiente e la salute degli organismi viventi.
LA LISCIVAZIONE E L'INGRESSO NELLA CATENA ALIMENTARE
La liscivazione è il fenomeno che abbatte al suolo e sottosuolo
tramite la caduta delle pioggie le particelle inquinanti sospese
nell'aria. In tal modo materiali inquinanti si concentrano anche nelle
acque. Nel mondo marino plancton, organismi bivalvi, pesci e
molluschi sono capaci di assorbire idrocarburi policiclici dal loro
ambiente con conseguente bioincremento.
Quindi la liscivazione comporta un ingresso delle sostanze nocive
nella catena alimentare.
LE CARATTERISTICHE CHIMICO-FISICHE INFLUENZANO LA FARMACOCINETICA.
Gli IPA sono altamente liposolubili e vengono assorbiti attraverso la
via respiratoria, gastrointestinale e cutanea. Per quanto riguarda
l'esposizione occupazionale la via principale è la respiratoria; mentre
la via gastrointestinale è correlata all'alimentazione. La maggior
parte degli IPA presenti nell'aria è adsorbita nel particolato, di
conseguenza il potenziale effetto cancerogeno dopo inalazione
dipende dalla cinetica di dissociazione da queste particelle. Anche la
composizione totale del particolato è rilevante in quanto influenza la
cinetica di dissociazione; in particolare la presenza di una piccola
quantità di materiale organico, saldamente adsorbito all'ampia
superficie di un nucleo carbonioso, comporta una più lenta
eliminazione del particolato aumentando così il tempo di contatto a
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livello polmonare (Bond et al.1986).
In seguito ad inalazione si attivano una serie di meccanismi di
clearence polmonare che sono: fagocitosi ad opera dei macrofagi,
azione ciliare della mucosa, rimozione attraverso il sangue o la linfa
e processi di metabolizzazione da parte di enzimi ossidativi e
detossificanti.
ATTIVAZIONE METABOLICA E FARMACODINAMICA Per passare de precancerogeni a cancerogeni gli IPA richiedono
attivazione metabolica. A livello cellulare gli IPA interagiscono con il
recettore citoplasmatico Ah (Ah: Aryl Hydrocarbon; il
benzo(a)antracene è stato il primo xenobiotico utilizzato per la sua
caratterizzazione). L'accoppiamento con il recettore comporta
l'ingresso nel nucleo dello xenobiotico dove si accumula. Il
complesso nucleare può interagire con sequenze specifiche del DNA
detti Dioxin Responsive Elements (DRE) o Elementi Sensibili alla
Diossine, localizzate in un gene identificato dalla sigla CYP1A1.
L'interazione con questo gene provoca la produzione di RNA
messaggero per il citocromo P4501A1e quindi l'induzione del sistema
delle MFO ( Mixed Function Monooxigenases, monoossigenasi a
funzione mista). Inoltre vengono sintetizzati anche mRNA per
proteine a risposta pleiotropica responsabili di svariate
manifestazioni tossiche (da Ecotossicologia, Marco Vighi e Eros
Bacci).
L'attacco metabolico degli IPA da parte degli enzimi microsomiali che
loro stessi hanno indotto porta ad epossidi intermedi, diidrodioli e
fenoli. Questi metaboliti vengono successivamente coniugati (fase 2)
con acido glucuronico, glutatione o con acido solforico per essere
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eliminati dall'organismo tramite le urine.
CANCEROGENICITA'
Esistono evidenze sperimentali sulla cancerogenicità delle forme
ossidate del benzo(a)pirene e degli altri IPA. In particolare i 2
epossidi B(a)P 7,8-DIOL-9,10EPOSSIDO, che sono tra loro
diasteroisomeri (differiscono unicamente per la configurazione del
gruppo idrossibenzilico: sin e anti), sono i metaboliti con maggior
attività mutagena e cancerogena essendo molto reattivi come
agenti alchilanti (Schoeny 1985; Oesch 1977). Essendo composti
elettrofili si legano covalentemente al DNA–RNA-proteine
provocando mutazioni e promuovendo la fase di iniziazione nello
sviluppo di un tumore. Ci sono evidenze che gli IPA producono effetti
immunosoppressivi compromettendo l'equilibrio tra proto-oncogeni e
geni immunosoppressori promuovendo fenomeni iperproliferativi.
Questi composti hanno quindi un ruolo in tutte le fasi della
cancerogenesi, sono quindi agenti cancerogeni completi.
I DATI IARC E LA PRODUZIONE INDUSTRIALE
I dati raccolti dalla IARC (International Agency of Research on
Cancer) dimostrano che l'esposizione a mescolanze di IPA, quali si
registrano nella produzione di alluminio, gassificazione del carbone,
produzione del coke, nelle fonderie di ferro e alluminio e durante i
processi di estrazione e raffinazione petrolifere, è cancerogena
nell'uomo. A Taranto oltre alla produzione di carbon-coke da parte
dell'Ilva con conseguente emissioni (ufficiali e fuggitive) di IPA
nell'aria va sottolineata la presenza anche della raffineria dell'ENI e
di altre industrie (Cementir) che contribuiscono sicuramente
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all'impatto ambientale sulla città e sui suoi abitanti.
DIBENZODIOSSINE DIBENZOFURANI e BIFENILI
POLICLORURATI
L'INCIDENTE ICMESA E IL CONVEGNO CNIT
Questi composti sono divenuti di interesse internazionale per la loro
tossicità dopo episodi di enorme rilevanza pubblica come la guerra in
Vietnam e l'incidente Icmesa, un'industria (di proprietà della Roche)
situata nel milanese presso Seveso che produceva, tra le altre
sostanze, dei prodotti clorurati come diserbanti. Accenno subito all'
incidente Icmesa in quanto ho seguito il convegno organizzato alla
fondazione Maugeri in collaborazione con il Centro Antiveleni di
Pavia (CAU) e il Centro Nazionale di Informazione Tossicologica
(CNIT), durante il quale è intervenuto il dottor Paolo Moccarelli,
biochimico oggi docente dell' Università di Milano Bicocca. Quando
avvenne l'incidente nel 1976 Moccarelli seguì personalmente
l'evolversi della vicenda dal punto di vista biochimico e tossicollogico
eseguendo esami clinici sugli abitanti della zona coinvolta e
ripetendoli per quanto possibile nel corso degli anni fino ai giorni
nostri. Alcuni dei risultati da lui ottenuti sono ottimi spunti per
eventuali approfondimenti che esulano da questa tesi.
COSA SONO E DA DOVE PROVENGONO
Le diossine policlorurate (polychlorinated dibenzodioxines o PCDD)
ed i benzofurani policlorurati (polychlorinated dibenzofuranes o PCDF)
ed i bifenili policlorurati (polychlorinated biphenylis o PCB) sono una
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serie di composti altamente tossici, contaminanti universali dell'
ambiente e delgli organismi viventi, che derivano da processi di
combustione e dalla produzione di sostanze organiche alogenate
nell'industria chimica. Oltre al cloro anche il bromo può essere
coniugato allo scheletro dei due anelli benzilici formando PBDD,
PBDF e PBB.
Mentre le diossine e i benzofurani sono sottoprodotti indesiderati i
bifenili policlorurati si sono diffusi largamente nell'ecosistema a
causa della loro massiccia produzione tra gli anni '20 e gli anni '70.
Venivano infatti impiegati come liquidi isolanti e refrigeranti di
trasformatori e condensatori elettrici, nella produzione di inchiostri
da stampa, vernici plastiche, saponi, lacche, gomme, additivi per
antiparassitari. La spiegazione del grande utilizzo dei PCB è la
grande stabilità chimica, termica e biologica, tensioni di vapore
basse e costanti dielettriche alte. Ed è proprio la loro grande stabilità
la responsabile della grande diffusione nell'ambiente e all'interno
degli organismi viventi dove il metabolismo è particolarmente lento;
il risultato è il bioaccumulo nei tessuti adiposi e bioincremento .
LA COMPOSIZIONE CHIMICA e I MECCANISMI D'AZIONE Benzodiossine e benzofurani sono composti altamente lipofili che
possono legare da un minimo di uno a un massimo di 8 atomi di
cloro (o di bromo) per ogni molecola di PCDD e PCDF e da 1 a 10
atomi di cloro per i PBC. La posizione in cui si trova legato l'atomo di
cloro influenza la tossicità della molecola. Tra tutti i congeneri il
composto 2,3,7,8-TetraCloroDibenzoDiossina (TCDD) è il più
pericoloso per la salute degli organismi animali. Per quanto riguarda
i PCB (sono 209 congeneri), i più tossici sono i più clorurati,
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escludendo quelli a 8 atomi di Cl per molecola che presentano scarsa
mobilità all'interno degli organismi biologici e che quindi non
raggiungono i diversi bersagli biochimici (1) (ecotossicologia). Anche
la posizione degli atomi di cloro influenza la tossicità: le sostituzioni
in meta e para in assenza delle sostituzioni in orto rende il composto
ancora più tossico. Infatti i PCB-non orto-sostituiti molto
probabilmente a causa di mancanza di ingombro sterico, presentano
i due anelli benzenici sullo stesso piano e si definiscono coplanari. I
coplanari che presentano 2 atomi di Cl in posizione para ed almeno
uno in posizione meta e nessun atomo in posizione orto sono in
assoluto i più tossici e sono il PCB-77, PCB-126, PCB-169. Questo
perchè presentano una configurazione del tutto simile alla 2,3,7,8-
TCDD considerata il composto più tossico per gli organismi viventi.
Questi 3 composti sono dunque in grado di interagire con il recettore
Ah citoplasmatico con una affinità decrescente: TCDD > PCB-126 >
PCB-77 > PCB169 > mono-orto-PCB > di-orto-PCB.
La cascata di eventi che comporta il legame con il recettore Ah è
stata descritta ampiamente nel paragrafo che tratta gli IPA.
E' importante sottolineare che la concentrazione delle benzodiossine
e dei benzofurani nei tessuti degli organismi è solitamente molto
bassa rispetto a quella dei PCB. Nel tessuto adiposo dell'uomo di
solito le concentrazioni sono nell'ordine di poche decine di
picogrammi/grammi di peso fresco (parti per milione ppt) di diossine,
mentre possono essere presenti 1000nanogrammi/grammi di peso
fresco (1.000.000 di ppt) di PCB di cui anche 0,5% dovuto ai
coplanari (da Ecotossicologia).
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IL TEF
Una via per valutare la pericolosità di queste concentrazioni è quella
di trasformarle, per ogni singolo congenere, in concentrazioni
equivalenti di 2,3,7,8,-TCDD mediante un fattore di conversione che
ne esprime la tossicità relativa a questa sostanza: il TEF o Toxicity
Equivalent Factor.
I valori di TEF variano da 0,0002 per i di-orto-PCB, a 0,001 per i
mono-orto-PCB, per arrivare a 0,01 per i PCB-77, 0,05 per i PCB-
169 e 0,1 per i PCB-126. Di questi 3 coplanari, il PCB-126 risulta
essere solo 10 volte meno tossico della 2,3,7,8-TCDD.
Quindi, ai fini delle considerazioni tossicologiche, assumono
maggiore importanza proprio i coplanari, anche se il potere tossico
e' inferiore a quello delle diossine, proprio a causa della loro piu'
elevata concentrazione nei tessuti rispetto a queste ultime.
EFFETTI CLINICI Gli effetti clinici più rilevanti di PCDD e PCB sono: cloroacne; danni
alla vista; danni neurologici a livello del sistema nervoso centrale
(disturbi nell'apprendimento, letargia..) ed epatici; disturbi del
sistema immunitario e atrofia timica; diminuzione della crescita del
feto, embriotossicità e teratogenicità (palatoschisi);
broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO); aumentata incidenza
di eventi circolatori; aumentata incidenza del sarcoma dei tessuti
molli, linfoma non Hodkin, cancro al polmone, cancro alla prostata,
mieloma multiplo, endometriosi. A carico del sistema riproduttivo
nell'adulto e nel giovane in età di sviluppo si evidenzia una
diminuzione della concentrazione dello sperma.
Va evidenziato che questi composti hanno una tossicità nettamente
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superiore sugli animali (da laboratorio e non) rispetto all'uomo.
Inoltre esiste una grande differenza individuale per quanto riguarda
la suscettibilità e l'incidenza di effetti avversi per la salute, anche
per esposizione alle stesse dosi di contaminanti ambientali. Oltre alla
genetica, altri fattori ambientali possano favorire o meno l'insorgere
degli effetti negativi, come una concomitante esposizione ad altri
inquinanti e le abitudini quotidiane.
BIBLIOGRAFIA/REFERENCES
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oxidative stress, coagulation and autonomic dysfunction in young adults. Am J Respir Crit Care Med 2007;
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Conclusione
La situazione legata all'Ilva e alla città di Taranto è argomento di
grande discussione. Attualmente non esiste una presa di posizione
netta da parte di chi ci governa a riguardo. Gli studi e le
pubblicazioni scientifiche vengono prese in considerazione come
attendibili da taluni e invece non considerate da altri. In mezzo a
questo acceso dibattito ci sono in prima persona i lavoratori e gli
abitanti di Taranto. In particolar modo i lavoratori dell'Ilva si trovano
costretti oggi, come negli anni trascorsi, a dover scegliere tra lavoro
e salute. Il cosiddetto ricatto occupazionale.
Da una lunga serie di interviste, che non vengono riportate nel testo,
rivolte agli abitanti, quindi ai lavoratori, ma anche alle mogli dei
lavoratori emerge un senso di rassegnazione e di accettazione di
questa realtà. Una realtà che impone la scelta tra il lavoro e la paga,
a discapito della salute, e la disoccupazione. Disoccupazione che
colpirebbe tutte le famiglie che dall'Ilva traggono le fonti di
sostentamento, grazie al lavoro degli uomini.
E' allarmante sapere che queste persone preferiscono andare
incontro a delle malattie quasi date per certe, visto tutti gli studi in
materia, e probabilmente anche alla morte prematura piuttosto che
rimanere senza lavoro e senza paga. Piuttosto di non sapere più
come andare avanti.
Personalmente credo che oggi, nel 2012, in Italia sia tremendo
dover fare questa scelta. E' compito del governo non solo cercare
compromessi tra le parti, ma soprattutto preservare il diritto al
lavoro assieme al diritto alla salute, come da costituzione.
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Il ruolo dei farmacisti presenti nella zona potrebbe rivelarsi di grande
utilità qualora si pensasse a un programma di vigilanza tossicologica
sui cittadini di Taranto e Comuni limitrofi. Un' utilità plurivalente: sia
nei confronti del cittadino per quanto riguarda una migliore
conoscenza della situazione ambientale, dei rischi, delle malattie,
delle cure; sia nei confronti dell'Azienda Sanitaria Locale tramite la
promozione di campagne di prevenzione che sarebbero fondamentali
nell'ottica della salvaguardia della salute pubblica; che nei confronti
del Sistema Sanitario Nazionale, in quanto la prevenzione e la messa
in luce dei rischi per la salute comporterebbero sicuramente una
maggior presa di coscienza del cittadino e di conseguenza una
attenzione maggiore, per quanto possibile, alle norme igieniche e ai
primi sintomi di eventuali patologie. E questo si tradurrebbe in un
miglioramento generale e una minor spesa sanitaria per lo Stato
italiano.
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APPENDICE: TABELLE
SENTIERI 2011 Tabella 1. Mortalità per le principali cause di morte. Numero di casi osservati (OSS), rapporto standar-dizzato di mortalità grezzo (SMR) e corretto per deprivazione (SMR ID); IC 90%: intervalli di confidenza 90%; riferimento regionale (1995-2002). Uomini e donne.
Tabella 2. Numero di casi osservati (OSS), rapporto standardizzato di mortalità grezzo (SMR) e cor-retto per deprivazione (SMR ID); IC 90%: intervalli di confidenza al 90%; riferimento regionale (1995-2002). Uomini e donne. Cause con evidenza di associazione con le esposizioni ambientali Sufficiente o Limitata.
Tabella 3. Numero di casi osservati (OSS), rapporto standardizzato di mortalità grezzo (SMR) e cor-retto per deprivazione (SMR ID; IC 90%: intervalli di confidenza al 90%), riferimento regionale (1995-2002). Totale uomini e donne. Cause con evidenza Sufficiente o Limitata di associazione con le esposizioni am-bientali.
Pag. 88
SENTIERI 2012 Tabella 4. Associazione tra stato socioeconomico e mortalità per causa (HR, IC95%). Maschi e femmine. Taranto, Massafra e Statte, 1998-2008.
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Tabella 5. Associazione tra stato socioeconomico e ricoveri per patologia (HR, IC95%). Maschi e femmine. Taranto, Massafra e Statte, 1998-2010.
Pag. 90
Tabella 6. Associazione tra quartiere di residenza e mortalità per causa (HR, IC95%). Maschi. 1998-2008.
Pag. 91
Tabella 7. Associazione tra quartiere di residenza e mortalità per causa (HR, IC95%). Femmine. 1998-2008.
Pag. 92
Tabella 8. Associazione tra quartiere di residenza e ricoveri per patologia (HR, IC95%). Maschi. 1998-2010.
Pag. 93
Tabella 9. Associazione tra quartiere di residenza e ricoveri per patologia (HR, IC95%). Femmine. 1998-2010.
Pag. 94
SITOGRAFIA
http://www.salute.gov.it Ministero della Salute http://www.iss.it Istituto Superiore di Sanità-ISS
http://www.arpa.puglia.it ARPA Puglia http://www.asl.taranto.it ASL di Taranto http://www.regione.puglia.it Regione Puglia http://www.efsa.europa.eu/it Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA)
http://www.eper.sinanet.apat.it Inventario Nazionale delle Emissioni e delle loro Sorgenti (INES) http://www.epiprev.it Epidemiologia e Prevenzione http://www.peacelink.it Peacelink http://www.ilvataranto.com Sito ufficiale dell'Ilva di Taranto http://www.fda.gov Food and Drug Administration (FDA) http://www.cavpavia.it Centro Antiveleni (CAV) e Centro
Nazionale per l'Informazione Tossicologica (CNIT)
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RINGRAZIAMENTI Dedico un particolare ringraziamento alla Professoressa Luigia Favalli per l’aiuto datomi per completare la stesura di questo testo.
Ringrazio inoltre: Marco Belloni Tommaso Bianchi
Valerio Dacrema Davide Finazzi
Federico Fuso Laura Monari
Umberto Morelli Francesco Pellegrino Fabrizio Sivori
Alessandro Uggenti Per l’affetto e l’aiuto ricevuto.
Ringrazio infine tutti coloro che mi sostengono e che mi hanno spronato verso il conseguimento di questa laurea.