intangibilitÀ del giudicato, primato del diritto ... · soprattutto del tentativo di individuare...

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Archivio selezionato: Dottrina INTANGIBILITÀ DEL GIUDICATO, PRIMATO DEL DIRITTO COMUNITARIO E TEORIA DEI CONTROLIMITI COSTITUZIONALI (*) Riv. it. dir. pubbl. comunit., fasc.2, 2009, pag. 341 Marco Gaetano Pulvirenti Classificazioni: UNIONE EUROPEA - Sistema giurisdizionale - - in genere Sommario: 1. Diritto comunitario e diritti processuali nazionali. − 2. La sentenza Lucchini. Principio della cosa giudicata e primato del diritto comunitario. − 3. Giudicato e responsabilità dello Stato: la posizione tradizionale della giurisprudenza comunitaria. − 4. Principi fondamentali del diritto comunitario, certezza del diritto e cosa giudicata. − 5. Il principio del giudicato, il primato del diritto comunitario e la teoria dei controlimiti. 1. Diritto comunitario e diritti processuali nazionali. Il diritto comunitario (1) ha profondamente modificato il modo di intendere i sistemi giuridici tradizionali sia con lo strumento della pronuncia in via pregiudiziale ex art. 234 Trattato CE (2), sia riconoscendo effetti diretti alle norme dei Trattati (3) e delle direttive comunitarie (4), ampliandosi l'ambito di immediata influenza del diritto dell'Unione europea sui cittadini comunitari. In questo quadro la giurisprudenza della Corte di giustizia (5) ha sovente influenzato anche il diritto nazionale processuale (6), sollecitando ad esempio l'utilizzabilità da parte del giudice amministrativo di strumenti a carattere cautelare (7) non limitati alla sola sospensione degli effetti del provvedimento impugnato ed utilizzabili ante causam(8). Si tratta di sollecitazioni (9) che hanno portato i legislatori nazionali, tra i quali anche il nostro (10), ad introdurre normative applicabili anche in materie ulteriori rispetto a quelle indicate dal diritto comunitario (11). In alcuni casi i giudici comunitari hanno introdotto principi processuali richiamandosi al principio di effettività della tutela giurisdizionale. Essi tendono ad utilizzare talune disposizioni di convenzioni internazionali ed europee relative alla tutela dei diritti umani, al fine di rafforzare determinati valori (12) da includere tra i principi generali del diritto comunitario (13). Sebbene venga frequentemente posto l'accento sull'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia delle libertà fondamentali e dei diritti dell'uomo (14), non mancano richiami ad altre norme (15), come l'art. 10 Trattaco CE sul principio di leale collaborazione tra gli Stati e l'Unione, e l'art. F Trattato UE che fa riferimento, tra l'altro, al rispetto dei "diritti fondamentali", e alle "tradizioni costituzionali comuni" dei Paesi membri, in quanto "principi generali del diritto comunitario". Va comunque sin da ora osservato che la Corte costituzionale ha generalmente escluso l'esistenza di principi generali processuali nei trattati comunitari e nella normativa internazionale (16), e ha spesso sottolineato come ogni statuizione della Corte di giustizia sia sempre soggetta al rispetto dei controlimiti costituzionali (17), così ribadendo la perduranza del potenziale accertamento della compatibilità del diritto dell'Unione europea con il sistema giuridico nazionale. Assistiamo pertanto alla tendenza del diritto comunitario ed internazionale, anche se ancora per certi versi embrionale, a regolamentare vari aspetti del processo. Per la verità, si tratta

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Page 1: INTANGIBILITÀ DEL GIUDICATO, PRIMATO DEL DIRITTO ... · soprattutto del tentativo di individuare standards processuali comuni (18), quale forma di armonizzazione sostanziale (19),

Archivio selezionato: Dottrina

INTANGIBILITÀ DEL GIUDICATO, PRIMATO DEL DIRITTO COMUNITARIO E TEORIA DEI CONTROLIMITI COSTITUZIONALI (*)

Riv. it. dir. pubbl. comunit., fasc.2, 2009, pag. 341

Marco Gaetano Pulvirenti

Classificazioni: UNIONE EUROPEA - Sistema giurisdizionale - - in genere

Sommario: 1. Diritto comunitario e diritti processuali nazionali. − 2. La sentenza Lucchini. Principio della cosa giudicata e primato del diritto comunitario. − 3. Giudicato e responsabilità dello Stato: la posizione tradizionale della giurisprudenza comunitaria. − 4. Principi fondamentali del diritto comunitario, certezza del diritto e cosa giudicata. − 5. Il principio del giudicato, il primato del diritto comunitario e la teoria dei controlimiti.

1. Diritto comunitario e diritti processuali nazionali. Il diritto comunitario (1) ha profondamente modificato il modo di intendere i sistemi giuridici tradizionali sia con lo strumento della pronuncia in via pregiudiziale ex art. 234 Trattato CE (2), sia riconoscendo effetti diretti alle norme dei Trattati (3) e delle direttive comunitarie (4), ampliandosi l'ambito di immediata influenza del diritto dell'Unione europea sui cittadini comunitari. In questo quadro la giurisprudenza della Corte di giustizia (5) ha sovente influenzato anche il diritto nazionale processuale (6), sollecitando ad esempio l'utilizzabilità da parte del giudice amministrativo di strumenti a carattere cautelare (7) non limitati alla sola sospensione degli effetti del provvedimento impugnato ed utilizzabili ante causam(8). Si tratta di sollecitazioni (9) che hanno portato i legislatori nazionali, tra i quali anche il nostro (10), ad introdurre normative applicabili anche in materie ulteriori rispetto a quelle indicate dal diritto comunitario (11). In alcuni casi i giudici comunitari hanno introdotto principi processuali richiamandosi al principio di effettività della tutela giurisdizionale. Essi tendono ad utilizzare talune disposizioni di convenzioni internazionali ed europee relative alla tutela dei diritti umani, al fine di rafforzare determinati valori (12) da includere tra i principi generali del diritto comunitario (13). Sebbene venga frequentemente posto l'accento sull'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia delle libertà fondamentali e dei diritti dell'uomo (14), non mancano richiami ad altre norme (15), come l'art. 10 Trattaco CE sul principio di leale collaborazione tra gli Stati e l'Unione, e l'art. F Trattato UE che fa riferimento, tra l'altro, al rispetto dei "diritti fondamentali", e alle "tradizioni costituzionali comuni" dei Paesi membri, in quanto "principi generali del diritto comunitario". Va comunque sin da ora osservato che la Corte costituzionale ha generalmente escluso l'esistenza di principi generali processuali nei trattati comunitari e nella normativa internazionale (16), e ha spesso sottolineato come ogni statuizione della Corte di giustizia sia sempre soggetta al rispetto dei controlimiti costituzionali (17), così ribadendo la perduranza del potenziale accertamento della compatibilità del diritto dell'Unione europea con il sistema giuridico nazionale. Assistiamo pertanto alla tendenza del diritto comunitario ed internazionale, anche se ancora per certi versi embrionale, a regolamentare vari aspetti del processo. Per la verità, si tratta

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soprattutto del tentativo di individuare standards processuali comuni (18), quale forma di armonizzazione sostanziale (19), più che di cercare di uniformare a livello europeo il diritto processuale (20). 2. La sentenza Lucchini. Principio della cosa giudicata e primato del diritto comunitario. Con la recente sentenza 18 luglio 2007, causa C-119/05, Lucchini(21), la Corte di giustizia, inserendosi nel citato orientamento giurisprudenziale, mette in discussione il principio della cosa giudicata (22), e segnatamente del giudicato sostanziale (23), così introducendo una propria regolamentazione di diritto processuale, sebbene l'armonizzazione di quest'ultimo non fosse materia contemplata dai trattati istitutivi (24). I giudici comunitari hanno stabilito che "Il diritto comunitario osta all'applicazione di una disposizione del diritto nazionale,

come l'art. 2909 del codice civile italiano, volta a sancire il principio dell'autorità di cosa

giudicata, nei limiti in cui l'applicazione di tale disposizione impedisce il recupero di un

aiuto di Stato erogato in contrasto con il diritto comunitario e la cui incompatibilità con il

mercato comune è stata dichiarata con decisione della Commissione delle Comunità

europee divenuta definitiva". La controversia decisa riguardava un caso di erogazione di aiuti di Stato da parte del governo nazionale (nella specie, l'Italia) in contrasto con le decisioni assunte dalla Commissione europea (25). Dopo la decisione della Corte di appello di Roma (passata in giudicato, in quanto non oggetto di giudizio di cassazione), che decideva in ordine alla erogazione del contributo, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, investito della questione per effetto del provvedimento ministeriale che disponeva la restituzione delle somme (emesso dalla amministrazione italiana a seguito dell'accertamento da parte della Commissione dell'infrazione effettuata dall'Italia tramite la precedente corresponsione degli importi dovuti in base alla sentenza del giudice civile), determinava la illegittimità dell'atto impugnato. Il Consiglio di Stato, al quale veniva proposto appello, sollevava questione pregiudiziale di compatibilità dell'art. 2909 c.c. con l'ordinamento comunitario, stante la pronuncia del giudice civile in ordine alla erogazione degli importi. Secondo i giudici comunitari, la disposizione dell'art. 2909 c.c., prevedendo implicitamente il principio della copertura del dedotto e del deducibile (26) (nella specie, l'eccezione riguardante il contenuto della decisione n. 90/555/CECA della Commissione europea (27) e l'estensione, dell'area dei fatti coperta dal giudicato, alla compatibilità comunitaria della sovvenzione) potrebbe impedire la uniforme applicazione del diritto comunitario sul territorio dell'Unione. La norma nazionale non è quindi compatibile con l'ordinamento comunitario, nei limiti indicati. Già prima, la sentenza Kühne & Heitz (28) aveva trattato degli effetti del giudicato amministrativo di rigetto sulla successiva azione amministrativa, e del correlativo potere di esercizio di riesame dell'atto da parte dell'amministrazione in presenza della corretta interpretazione del diritto comunitario a seguito di pronuncia della Corte di giustizia difforme dai precedenti. Analogamente i giudici comunitari si sono poi pronunciati nel successivo caso Kempter(29). In entrambi i casi, però, la Corte non ha deciso così apertamente in ordine al contrasto tra la regola del giudicato ed il diritto comunitario. Come ammesso dagli stessi giudici comunitari, infatti, in entrambe le pronunce la questione alla base delle controversie è, soprattutto, la cedevolezza di un atto amministrativo dinanzi al diritto comunitario. Ebbene, in considerazione della rilevanza della definitività degli effetti di un provvedimento ai fini della certezza del diritto (30), il riesame di una decisione amministrativa va ammesso solo in limitati casi e in rispetto dei presupposti indicati nelle predette sentenze. Ne rimane quindi confermato che, di regola,

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l'amministrazione non è tenuta a riesercitare il potere in presenza di un provvedimento amministrativo definitivo. Nell'impostazione della Corte di giustizia nella sentenza Lucchini, invece, il principio della cosa giudicata viene facilmente superato, mettendosi in dubbio la stessa autorità del giudicato (31). I giudici comunitari sembrano contestare essenzialmente la non proponibilità dell'azione relativa a fatti deducibili e non dedotti nel precedente giudizio. Parrebbe diversa l'impostazione di fondo del Trattato CE, nel quale emerge una particolare attenzione manifestata nei confronti del tema della cosa giudicata. L'art. 68, nel secondo periodo del paragrafo 3, prevede che la decisione pronunciata dalla Corte di giustizia in risposta ad una richiesta di interpretazione delle norme del Titolo IV (relativo a visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone) non si applica alle sentenze degli organi giurisdizionali degli Stati membri passate in giudicato. Dalla disposizione in parola si può desumere come il giudicato rappresenti un limite invalicabile addirittura per le stesse sentenze comunitarie (32). Al tempo stesso, il principio secondo il quale il giudicato (civile) copre il dedotto e il deducibile ha una sua logica strettamente connaturata alla incontestabilità dell'accertamento contenuto nella pronuncia (33). In realtà, una volta accertata la situazione esistente tra le parti, è del tutto trascurabile che si sia giunti al risultato sulla base della ragione giuridica sulla quale essa si fonda (34), anche perché, altrimenti, alle parti sarebbe accordata la possibilità di rimettere sempre in discussione l'accertamento, con indubbi riflessi negativi sulla certezza del diritto. Nel sistema sarebbe quindi desumibile un collegamento tra il principio in parola e gli effetti sostanziali del giudicato, in quanto altrimenti ben difficilmente una sentenza potrebbe realmente "fare stato" tra le parti. Non a caso, infatti, i sistemi processuali prevedono degli strumenti (mezzi di impugnazione straordinari) per eliminare dal mondo giuridico una sentenza-cosa giudicata errata, ma si tratta di mezzi a carattere eccezionale e solitamente ricollegati a particolari situazioni che rendono del tutto intollerabile il mantenimento dell'accertamento irrevocabile: si pensi alla revocazione straordinaria di cui all'art. 395 c.p.c., accordata, tra l'altro, in caso di dolo del giudice o di decisione in base a prove riconosciute o dichiarate false (35). Ne deriva pertanto, come è noto, uno stretto collegamento tra oggetto del giudizio e oggetto del giudicato (36). Il primo, in quanto situazione soggettiva fatta valere (o meglio, affermata) con la domanda giudiziale (37), fa sì che l'autorità di cosa giudicata ostacoli alla ulteriore deduzione dei fatti costitutivi, estintivi, impeditivi o modificativi del diritto fatto valere e accertato definitivamente, indipendentemente dal loro inserimento nel precedente giudizio (38), divenendo essi fatti parte del giudicato medesimo (39). Differente è invece la situazione del giudicato amministrativo, ove è ampiamente dibattuta la regola del dedotto e del deducibile. Secondo il tradizionale orientamento del Consiglio di Stato, che costruisce il giudizio amministrativo quale controllo sull'atto e non sul rapporto (40), la copertura anche del deducibile opererebbe solo con riguardo alla sentenza di rigetto, essendo limitata al dedotto la copertura in caso di pronuncia di annullamento (41). Diversamente, alcuni autori ammettono l'applicazione della regola del dedotto e del deducibile anche con riguardo alla sentenza di annullamento (42) così generalizzandone l'ambito, intendendo il processo amministrativo quale giudizio sulla spettanza (soddisfazione-non soddisfazione) del bene della vita (43). Come è noto, il problema è verificare, soprattutto laddove la legge riconosca all'amministrazione ampia discrezionalità, il margine degli "ulteriori provvedimenti

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dell'autorità amministrativa" (art. 45 comma 1 t.u. Cons. Stato (44)). Norma la cui logica va ricercata nella richiamata classica (anche se oggi almeno in parte rivista (45)) ricostruzione del giudizio amministrativo come statuizione sull'atto, in cui il giudicato non si sostituisce al provvedimento amministrativo (46), con conseguente persistenza del potere amministrativo di provvedere nonostante il giudicato medesimo e i suoi effetti normalmente preclusivi. A diversa conclusione, probabilmente, può giungersi con riguardo al diverso caso del giudicato civile nei confronti dell'amministrazione (47). In questa ipotesi il giudice statuisce certamente sul rapporto, ed allora il margine per gli ulteriori provvedimenti è senza dubbio molto più sottile, infatti della regola del citato art. 45 non c'è traccia nell'art. 2909 c.c., nel quale la sentenza fa stato tra le parti, senza salvezza degli ulteriori atti dell'amministrazione. Non è un caso, del resto, che si ritenga normalmente differente la natura del giudizio di ottemperanza alle pronunce del giudice amministrativo rispetto a quello nei confronti delle sentenze del giudice ordinario (48), e nel contempo sia previsto il giudizio di esecuzione di cui al libro III del codice di rito civile solo rispetto a queste ultime. Vi è pertanto un collegamento tra giudicato civile e principio del dedotto e del deducibile (49), almeno nei termini in cui è tradizionalmente costruito dalla dottrina processualcivilistica italiana (50), che, probabilmente, si fonda su quelle ricostruzioni che intendono l'effetto preclusivo del giudicato quale "adattamento alla sentenza di una

relazione più generale tra legislazione e giurisdizione, dove la subordinazione della

seconda alla prima si realizza [...] nella impossibilità per il giudice di giudicare

definitivamente più di una volta circa il rapporto tra la fattispecie concreta e la fattispecie

astratta" (51), ritenendosi che la sentenza consumi il potere del giudice di giudicare, nei limiti della controversia (52). La regola del dedotto e del deducibile è intesa in modo piuttosto simile (53) (anche se non del tutto coincidente) in differenti sistemi giuridici, come quelli di common law. A tal proposito, il meccanismo del c.d. collateral estoppel (54), ammettendo che il giudicato venga fatto valere per la soluzione data ad una questione che ricorre identica e rilevante in un secondo giudizio che si basa su una diversa cause of action (55), determina che l'oggetto del giudizio (coperto dal giudicato) non è inteso in modo rigido, rimanendo il medesimo, indipendentemente dalla situazione sostanziale posta a fondamento dell'azione. Similmente in Inghilterra, ove da tempo (56) si è stabilito che una questione ( issue), risolta da un judgement, non può più essere discussa in un altro processo, anche se basato su diversa cause of action (57). Ne deriva pertanto la irrilevanza della causa petendi in ordine alla preclusione derivante dall' issue. Inoltre, allorquando il judgment è in personam (cioè, ha efficacia solamente tra le parti e i c.d. privies − terzi assimilati alle parti −), esso è inscindibilmente collegato alla cause of action, ed infatti se si dovesse intentare una nuova causa fondata sulla medesima situazione sostanziale già accertata come inesistente, essa sarebbe certamente infondata a priori, in quanto la pretesa "is merged in the judgment" (58). In altre parole, l'emanazione della decisione non segna solamente la conclusione della controversia, ma determina anche l'estinzione del claim che vi ha dato origine, onde per il futuro la regolamentazione del rapporto sostanziale sarà affidata in via esclusiva al final

judgement che ha riconosciuto la fondatezza della domanda. Di conseguenza, il principale effetto che deriva dal merger è quello di sottrarre all'attore la possibilità di fondare una successiva controversia sulla medesima fattispecie avanzata nella causa originaria, ed è del tutto irrilevante che nella prima controversia l'attore non abbia avanzato tutte le domande, in quanto, una volta pronunciata, la decisione estingue integralmente il claim. In questo modo

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si impedisce alle parti di rimettere in discussione, attraverso l'instaurazione di ulteriori processi fondati sulla stessa fattispecie, l'esistenza e le modalità del rapporto come accertato dai giudici nel primo giudizio. È possibile allora ritenere che probabilmente il modello al quale si è ispirata la Corte di giustizia per la sua decisione nel caso Lucchini potrebbe essere proprio quello angloamericano, nel quale come visto il modo di intendere la regola del dedotto e del deducibile è verosimilmente più in linea con l'orientamento della Corte. Va aggiunto che sembra peraltro plausibile che i giudici comunitari si siano posti l'obiettivo di assicurare in tal modo l'uguaglianza tra gli operatori economici (59). L'azione della Corte di giustizia, invero, è normalmente volta ad assicurare il superamento degli interessi particolari tipici dei singoli Stati (60) al fine di garantire una uniforme normativa del diritto sul territorio dell'Unione, in un'ottica di "globalizzazione" (61) (anche se "regionale" (62)) del diritto (63). Si tratterebbe allora di analoga giustificazione a quella che sta alla base della restrittiva applicazione del principio dell'affidamento per evitare la restituzione degli aiuti illegittimamente erogati. Sostanzialmente, i giudici comunitari fondano la loro decisione riferendosi alla effettività (64) del diritto comunitario, con prevalenza di quest'ultimo rispetto agli ordinamenti dei singoli Stati membri. Al tempo stesso, l'Avvocato generale nelle sue conclusioni si è preoccupato di distinguere analiticamente il caso in esame dalle precedenti pronunce della Corte di giustizia (65) che hanno privilegiato il rispetto dell'autorità della cosa giudicata tra le parti, come principio giuridico. La stessa difesa della società Lucchini, così come il governo della Repubblica ceca, avevano sostenuto la tesi della prevalenza del giudicato sull'interesse della Comunità a recuperare un aiuto erogato in contrasto con il diritto comunitario (66). In sostanza, la elusione del principio di cosa giudicata viene giustificata con il riferimento ad un interesse prevalente (67), quale il primato del diritto comunitario in materia di aiuti di Stato. Non varrebbe, inoltre, a giustificare l'assunto della Corte di giustizia, l'argomento in base al quale il giudice nazionale non avrebbe tenuto conto della pregressa decisione (68) n. 90/555/CECA della Commissione (69) del 20 giugno 1990 (70). Essa, pur essendo successiva rispetto alla data di citazione del giudizio (6 aprile 1989), è stata adottata prima della pubblicazione della sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Roma (24 giugno 1991), momento che determina, come è noto, il c.d. jus superveniens(71). Come già detto, la copertura del giudicato rende irrilevante la decisione adottata dal giudice e, soprattutto, il suo contenuto precettivo costituisce un modo di essere necessario e non più mutabile della realtà giuridica, ormai definitivamente cristallizzato nella pronuncia giurisdizionale anche se questa abbia, eventualmente, travisato, ignorato o disapplicato le norme che era tenuta a considerare nel caso concreto, come ribadito in una sentenza dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato di alcuni anni fa (72). La soluzione non sarebbe stata differente nel caso di normativa sopravvenuta anche se ad efficacia retroattiva (p. es., a contenuto interpretativo): l'intangibilità del giudicato non andrebbe comunque messa in discussione, altrimenti si consentirebbe al legislatore di vanificare in ogni momento la funzione propria della magistratura e di rendere aleatoria la tutela giurisdizionale, con violazione di vari precetti costituzionali (artt. 24, 101 e 104 Cost.) (73). 3. Giudicato e responsabilità dello Stato: la posizione tradizionale della giurisprudenza

comunitaria.

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Prima della pronuncia Lucchini la Corte di giustizia aveva avuto modo di occuparsi dell'istituto del giudicato, in via diretta o implicitamente, con alcune sentenze che, però, come anticipato, non ne avevano affermato la incompatibilità con l'ordinamento dell'Unione europea (74). Invero, in alcune decisioni è stata addossata una responsabilità agli Stati membri per la inosservanza del diritto comunitario operata dai giudizi nazionali (75). Le pronunce delle giurisdizioni statali sono state conseguentemente sindacate sotto il profilo della adeguata applicazione del diritto comunitario. Come è noto, infatti, la Corte di giustizia ha tradizionalmente ammesso che i giudici nazionali possano utilizzare direttamente le norme comunitarie di immediata applicazione, tra l'altro non dovendo nemmeno rimettere le questioni pregiudiziali di compatibilità tra il diritto interno e il diritto comunitario, applicando i principi della sentenza Cilfit(76), così come possano rigettare le eccezioni di illegittimità di atti comunitari (77). La mancata applicazione del diritto dell'Unione, con conseguente decisione sulla base del solo diritto nazionale rappresenta, invece, nell'ottica della Corte, un'ipotesi di responsabilità dello Stato membro, derivante da un'attività illegittima perpetrata da suoi organi interni (78), i magistrati (79). Si tratta di uno sviluppo della giurisprudenza avviata con la nota sentenza Francovich (80), e il cui fondamento, inerente al sistema comunitario (81), viene individuato, oltre che nel principio di effettività del diritto comunitario (82), nella ricostruzione dell'amministrazione della giustizia quale servizio pubblico (83), e quindi fonte di responsabilità (84) dello Stato (85) per gli eventuali errori (86) dei propri organi (87). Ne deriva, tra l'altro, l'allontanamento progressivo da forme di responsabilità per colpa verso ipotesi di responsabilità oggettiva (88) variamente collegate alla figura del c.d. funzionamento anomalo della giustizia (89). Non solo, ma sostanzialmente la Corte di giustizia in queste decisioni dà vita ad un mezzo per "riparare" (anche se in modo non satisfattivo) agli errori nell'interpretazione e nell'applicazione del diritto comunitario posti in essere dai giudici nazionali (90), in tutti quei casi in cui il meccanismo (preventivo) del rinvio in via pregiudiziale non è stato utilizzato correttamente (91). Tali pronunce si riflettono sull'istituto del giudicato, presupponendone la intangibilità (92), ossia che la decisione definitiva del giudice non possa più essere messa in discussione (93). In queste sentenze, invero, sembra quasi che la Corte di giustizia tenga ben distinti i concetti di "autorità" della cosa giudicata (94) e di sua "correttezza": i giudici comunitari sembrano ritenere, infatti, che la pronuncia sia non modificabile (tanto è vero che non cercano rimedi processuali utili al fine di un suo mutamento), anche se non corretta, in quanto emessa in violazione del diritto comunitario. Rimane, quindi, fermo il presupposto della intangibilità del giudicato, di cui appunto la Corte, nella citata giurisprudenza, si è guardata bene dall'escludere (95). Ed invero, solo se si mantiene questa premessa si comprende il fondamento della responsabilità dello Stato. Proprio perché quest'ultimo non ha alcuno strumento giuridico per far fronte alla violazione del diritto dell'Unione europea, e quindi si trova nell'impossibilità giuridica di ritornare sulle proprie decisioni (96), è ipotizzabile una sua responsabilità. Fintantoché lo Stato potrebbe far venir meno la violazione, nessun illecito (comunitario) sarebbe ancora configurabile (97). Il presupposto di quest'ultimo è pertanto costituito dall'esistenza del giudicato nell'ordinamento nazionale (98), e dalla impossibilità di una sua modifica (99).

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Va aggiunto comunque che ammettere un sindacato sul contenuto della sentenza nazionale introduce la possibilità di una valutazione della pronuncia del giudice nazionale, incidendo così sulla autorevolezza della sentenza divenuta cosa giudicata (100), senza comunque escludere l'autorità di essa. Anche le sentenze Köbler e Traghetti del Mediterraneo S.p.A. (101) non incidono direttamente sul principio della cosa giudicata, in quanto hanno un oggetto processuale diverso da quello proprio delle corrispondenti decisioni nazionali (102). Invero, l'oggetto della lite portata dinanzi ai giudici comunitari riguarda la responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario da parte di un suo organo, i giudici di ultima istanza. Nel caso Köbler, la controversia nazionale verteva sulla richiesta dell'attribuzione dell'indennità speciale di anzianità di servizio prevista per i professori universitari dalla legislazione austriaca. Indennità che le autorità pubbliche non avevano accordato al sig. Köbler avendo egli insegnato anche in università di Stati membri diversi dall'Austria. Nell'altro giudizio, poi, la Traghetti del Mediterraneo aveva agito nei confronti della Tirrenia di Navigazione, al fine di ottenere il risarcimento del danno lamentato per effetto della politica di concorrenza sleale e di abuso di posizione dominante quale conseguenza di sovvenzioni pubbliche conseguite la cui legittimità sarebbe stata dubbia in base al diritto comunitario. La diversità di oggetto e di causa petendi implica delle indubbie ricadute sul tema del giudicato. A tal fine occorre considerare che la diversificazione del fatto delle controversie fonda un diritto diverso (103). Sotto altro profilo sembrerebbe che la pronuncia della Corte non possa intaccare il giudicato nazionale, riguardando una questione differente. Come è noto, del resto, e come confermato dall'Avvocato generale Leger nella controversia Köbler, l'identità di oggetto delle liti è condizione cumulativa, insieme all'identità di parti e di normativa applicabile, della vincolatività del giudicato in un diverso giudizio (104). Laddove, quindi, l'oggetto sia diverso il problema dell'intaccabilità del giudicato nemmeno si pone. Altre sentenze (105) testimoniano l'esistenza di un interesse della Corte per il giudicato e per l'importanza della sua intangibilità. Nella sentenza Kapferer, soprattutto, la Corte è giunta ad affermare che il principio di cooperazione derivante dall'art. 10 Trattato CE non impone ad un giudice nazionale di disappplicare le norme processuali interne allo scopo di riesaminare ed annullare una decisione giurisdizionale passata in giudicato qualora risulti che questa viola il diritto comunitario. Secondo la Corte, invero, i rapporti già definitivamente conclusi non possono essere rimessi in discussione, una volta intervenuta la cosa giudicata, anche sacrificando il diritto dell'Unione europea. Già prima, con la sentenza Eco Swiss China Time i giudici comunitari avevano ritenuto che in base al diritto comunitario non si devono disapplicare le norme di diritto processuale nazionale, ai sensi delle quali un lodo arbitrale interlocutorio avente natura di decisione definitiva che non ha fatto oggetto di una impugnazione tempestiva acquisisce l'autorità di cosa giudicata e non può più essere rimesso in discussione da un lodo arbitrale successivo. Diverso è, come visto, invece, l'approccio della Corte nella sentenza Lucchini, in cui il superiore ragionamento viene completamente stravolto a favore del primato del diritto comunitario, e con sacrificio della certezza del diritto. 4. Principi fondamentali del diritto comunitario, certezza del diritto e cosa giudicata. Il tema della cosa giudicata impone di dar conto del "principio" della certezza del diritto (106), cui si fa riferimento in varie sentenze comunitarie (107), costituendone il fondamento

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(108). Esso è considerata dalla Corte di giustizia alla stregua di un principio generale (109) del diritto comunitario (110). In questo senso è stato inteso, tra l'altro, nella pronuncia Kühne & Heitz(111). La certezza del diritto può innanzitutto essere intesa nel senso dell'effettivo rispetto delle regole. In questo senso il diritto andrebbe considerato certo nel caso in cui, ad esempio, ogni impresa che avesse ottenuto illegittimamente un aiuto di Stato fosse sempre obbligata alla restituzione delle somme, anche in caso di pronunciamenti giurisdizionali a lei favorevoli. Verrebbero così tutelati sempre gli interessi di tutti gli operatori. Essi sarebbero a conoscenza dei presupposti per la erogazione dei contributi e saprebbero che somme versate ingiustamente andrebbero comunque restituite. La certezza del diritto implica, del resto, che i soggetti siano garantiti circa il quadro giuridico della propria azione, rendendo possibile la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici, divenendo così un cardine dello Stato di diritto. Non si può però tralasciare che è stato autorevolmente sostenuto (112) come l'immutabilità di una decisione giudiziaria affondi a sua volta la propria giustificazione in ragioni di opportunità e di utilità sociale, dati, per l'appunto, dalla convenienza della non modificabilità di una sentenza dopo un ampio lasso di tempo dalla decisione (113), anche al fine di rendere concreto il precetto normativo adattandolo al caso. Il giudicato può allora essere considerato naturale corollario della certezza del diritto (114). In questa seconda accezione il richiamato principio è stato normalmente inteso dalla Corte di giustizia, come nella sentenza Kapferer, nella quale ha puntualizzato che "al fine di garantire sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, sia una buona amministrazione della giustizia, è importante che le decisioni giurisdizionali divenute definitive dopo l'esaurimento delle vie di ricorso disponibili o dopo la scadenza dei termini previsti per questi ricorsi non possano più essere rimesse in discussione", similmente a quanto affermato nell'arresto Köbler. In questo modo viene collegato direttamente il giudicato alla certezza del diritto e quindi ai principi generali del diritto comunitario. Nelle più volte citate sentenze Kühne & Heitz NV e Kempter i giudici comunitari hanno ribadito la sostanziale immodificabilità dei provvedimenti amministrativi definitivi, salva la presenza di alcune condizioni (115), richiamandosi tra l'altro alla certezza del diritto. Allo stesso tempo, l'art. 14 par. 1 del regolamento n. 659/1999/CE (116) attribuisce grande importanza ai principi generali del diritto comunitario, escludendo la restituzione degli aiuti di Stato concessi qualora ciò sia in contrasto con essi (117), come riferisce l'Avvocato generale Geelhoed nelle sue conclusioni (punto 21). Si tratta di una regola logica, in quanto nell'ottica dell'ordinamento dell'Unione, i principi in parola si pongono tra il trattato-costituzione e le norme di diritto derivato (118), in quanto "regola di diritto" (119) relativa all'applicazione del primo. Seguendo questa linea di pensiero, ne potrebbe derivare che la sentenza, che abbia definitivamente pronunciato su un aiuto di Stato comunque concesso, non dovrebbe essere messa in discussione (in applicazione del principio della certezza del diritto), in quanto intangibile, indipendentemente dalla necessità di permettere la ripetizione dell'aiuto. Va segnalato però che la giurisprudenza della Corte di giustizia europea è molto restrittiva sul punto (120), dal momento che soprattutto l'eccezione del legittimo affidamento è stata tradizionalmente applicata in limitate situazioni (121), ammettendola solamente qualora la situazione sia stata determinata dal comportamento della Commissione e non da quello degli Stati membri, e l'aiuto sia stato concesso nel rispetto della procedura di cui all'art. 87 Trattato CE, in quanto un operatore economico diligente è normalmente in grado di accertarsi che la procedura sia stata effettivamente rispettata (122). Nel caso

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Lucchini, l'impresa beneficiante dell'aiuto non poteva sostenere la regolarità della procedura seguita dallo Stato italiano, tanto è vero che le somme inizialmente le erano state accordate solamente in via provvisoria, e salvo approvazione della Commissione. Erano stati i giudici del Tribunale di Roma a riconoscere il diritto alla erogazione degli importi, ordinandone il pagamento alle competenti autorità. Sorge allora il dubbio che la società Lucchini potesse invocare il legittimo affidamento circa il rispetto della procedura, essendoci stata una pronuncia giurisdizionale che aveva accertato il suo pieno diritto alle somme (123). 5. Il principio del giudicato, il primato del diritto comunitario e la teoria dei controlimiti. Dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (124) è poi possibile trarre ulteriori spunti di riflessione. Come è risaputo, con la sentenza 27 settembre 1973 n. 183, Frontini, è stato affermato che le limitazioni previste dall'art. 11 Cost. possono determinare per l'ordinamento comunitario un'inammissibile violazione (125) dei principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale italiano e dei diritti inviolabili (126) (c.d. teoria dei controlimiti (127)). In base a questa impostazione (128) la Corte costituzionale ha potuto garantirsi un potere di verifica della compatibilità del diritto comunitario con la Costituzione (129), sebbene la Corte di giustizia abbia sempre ritenuto di essere l'unica interprete dei trattati comunitari e del connesso diritto derivato. Proprio l'esistenza del principio del primato del diritto comunitario (130) ha spinto la Corte costituzionale ad elaborare la teoria dei controlimiti (131). In base a questa impostazione (132), sembrerebbe possibile che la Corte costituzionale, qualora venga investita di una questione, verifichi la compatibilità dell'ordinamento comunitario con la Costituzione (133). Per poter effettuare tale riscontro, occorre preliminarmente accertare se la cosa giudicata rientri tra quei "principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale italiano" ai quali si riferisce la citata sentenza n. 183/1973. Manca, invero, nella Carta fondamentale un espresso riferimento al giudicato. Come è noto, infatti, la Commissione dei Settantacinque aveva formulato, nel progetto di Costituzione, l'intangibilità della cosa giudicata (134). In sede costituente, però, prevalse l'orientamento contrario, essendosi preferito mantenere l'espressa previsione della intangibilità solo nelle norme codicistiche (135). Non può comunque negarsi una copertura al giudicato per il tramite dell'art. 24 Cost.: i diritti di azione processuale e di difesa sarebbero senza dubbio lesi se fosse possibile per il giudice ritornare sempre sulle proprie decisioni. Nel contempo, come già detto, il giudicato è elemento della certezza del diritto. Sia la Corte costituzionale (136) che il Consiglio di Stato (137) hanno annoverato tra i principi fondamentali il giudicato. Inoltre, il diritto di difesa rientra senza dubbio tra i diritti inviolabili, radicandosi anche sotto questo aspetto il collegamento con la teoria dei controlimiti. Anche l'ordinamento comunitario, del resto, si è dimostrato attento al problema del rispetto dei principi nazionali di rilevanza comunitario, come nel caso del principio del rispetto della identità nazionale degli Stati membri (art. I-5 (138) del Trattato che istituisce una Convenzione per l'Europa (139)), inserito addirittura prima dell'art. I-6, che sancisce il principio del primato del diritto comunitario (140). Analogamente con riguardo all'obbligo di interpretare in conformità alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri i diritti fondamentali che risultano da tali tradizioni (art. II-112, par. 4 del suddetto trattato) o al divieto di operare un'interpretazione del trattato che sia lesiva della tutela dei diritti fondamentali quale assicurata, tra l'altro, dalle costituzioni nazionali (art. II-113 del suddetto trattato) (141). Già prima, con la Carta di Nizza (142), alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia (143), si era tentata una positivizzazione comunitaria di diritti

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fondamentali omologhi a quelli nazionali, elemento che contribuiva a considerare sotto nuovi profili i controlimiti (144). Alla luce del Trattato di Lisbona (145), come è noto, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, una volta entrato in vigore definitivamente quest'ultimo, avrà lo stesso valore giuridico dei trattati (art. 6 par. 1 comma 1 Trattato UE, come modificato con il Trattato di Lisbona) (146). Conseguentemente, le libertà e i diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali diventeranno giuridicamente vincolanti (147). Occorre comunque considerare come la Corte costituzionale abbia già affrontato il problema dell'applicazione dei controlimiti con riguardo ad una vicenda differente rispetto a quella della Lucchini, escludendo il contrasto con la normativa italiana in assenza di una giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia (148). In questi casi ha certamente avuto un ruolo la ponderazione politica operata dalla Corte, conscia del rischio del venir meno della partecipazione dell'Italia all'Unione europea (149). Similmente, nel caso Lucchini è assente una giurisprudenza consolidata dei giudici comunitari, il che dovrebbe evitare possibili prese di posizione critiche dei giudici costituzionali. I controlimiti ad ogni modo sembrano destinati a non essere più visti quali strumenti di difesa dell'ordinamento interno contro le derive antidemocratiche del diritto comunitario. Essi potrebbero diventare il mezzo per favorire la progressiva armonizzazione degli ordinamenti (150), nell'ottica di una interpretazione "mite" (151) del diritto, in cui i sistemi giuridici si confrontano e vengono esaltate le identità costituzionali nazionali. La corretta applicazione dei controlimiti, invero, sembrerebbe essere lo strumento tramite il quale la Corte costituzionale potrebbe indicare alla Corte di giustizia l'intepretazione da adottare per evitare un contrasto insanabile tra i due ordinamenti. Ne potrebbe derivare un sistema in cui il rinvio pregiudiziale e i controlimiti siano gli strumenti che assicurano il dialogo (a più riprese auspicato (152)) tra le corti. In questo senso depongono anche le ricordate disposizioni della Costituzione europea (la quale, pur non essendo entrata in vigore, è indice delle evoluzioni del diritto comunitario) e la progressiva presa di coscienza dei giudici comunitari dell'importanza dei principi costituzionali nazionali e della tutela dei diritti fondamentali. Soprattutto, il principio di leale collaborazione ex art. 10 Trattato CE impone agli organi giudiziari (153) e di amministrazione attiva (154) degli Stati membri un interscambio continuo con le istituzioni comunitarie, e prima di tutto con la Corte di giustizia. La questione del dialogo tra quest'ultima e la Corte costituzionale italiana rimane comunque aperta quale punto di snodo e cerniera dei rapporti tra l'Unione e gli Stati membri (155), sebbene probabilmente per la sua effettiva attuazione andrerebbero ripensati i rapporti tra le corti (156). La recente ordinanza n. 103/2008 sembra indice di una inversione di tendenza rispetto alle tradizionali remore della Corte costituzionale (157) alla rimessione di questioni in via pregiudiziale alla Corte di giustizia (158), anche se per adesso lo strumento del rinvio sembrerebbe limitato ai soli giudizi di costituzionalità in via principale (159). Lo scambio di opinioni tra i giudici comunitari e quelli nazionali, però, si pone, oltre che come strumento utile per evitare forme di contrapposizione tra i sistemi (160), quale momento necessario per un adeguato sviluppo dell'ordinamento comunitario che sia sensibile alle istanze nazionali e alle loro tradizioni giuridiche, fattore da non trascurare se l'obiettivo è realmente quello dello sviluppo dell'Unione europea (161).

Note: (*) Le sentenze della Corte di giustizia e del Tribunale di primo grado citate nel testo

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senza altra indicazione si possono trovare sul sito istituzionale curia.europa.eu/it/index.htm. (1) Come e` noto, con il Trattato di Parigi del 18 aprile 1951 venne istituita la Comunita` europea del carbone e dell'acciaio (CECA), a seguito della proposta del ministro degli esteri francese Robert Schuman del maggio 1950 circa la messa in comune del carbone e dell'acciaio. Dopo sono venuti i due Trattati di Roma del 25 marzo 1957 istitutivi della Comunita` economia europea (CEE) e della Comunita` europea per l'energia atomica (CEEA − Euratom). Successivi interventi convenzionali hanno poi apportato significative modifiche agli impianti originari dei trattati e hanno introdotto l'Unione europea. Cfr. G. Gaja, Introduzione al diritto comunitario, Roma-Bari, 2005, 3 e ss.; C. CurtiGialdino, Il Trattato di Maastricht sull'Unione europea, Roma, 1993, 3 e ss.; G. P. Orsello, L'Unione europea, Roma, 1996, 11 e ss.; R. Cangelosi, V. Grassi, Dalle Comunita` all'Unione, Milano, 1995; F. Chabod, Storia dell'idea d'Europa, Bari, 1990; G. Mammarella, Storia d'Europa dal 1945 ad oggi, Bari, 1995. (2) Sullo strumento del rinvio in via pregiudiziale, la letteratura scientifica e` sterminata. Si ricordano qui G. Gaja, op. cit., 61 e ss.; M.P. Chiti, Diritto amministrativo europeo, Milano, 2008, 666 e ss.; A. Adinolfi, L'accertamento in via pregiudiziale della validita` di atti comunitari, Milano, 1997; G. Bebr, Direct and Indirect Judicial Control of Community Acts in Practice: the Relations between Article 173 and 177 of The EEC Treaty, in Michigan Law Review, 1984, 92 e ss.; F. Capotorti, Il diritto comunitario dal punto di vista del giudice nazionale, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 1977, 497 e ss.; T. Kennedy, First Steps Towards a European Certiorari?, in European law review, 1993, 121 e ss.La dottrina ha evidenziato le possibilita` innovatrici dell'uso alternativo del rinvio pregiudiziale, consentendosi cosi` alla Corte di giustizia di pronunciarsi direttamente sulla compatibilita` di una misura nazionale con il diritto comunitario. Vd. R. Adam, A. Tizzano (a cura di), Lineamenti del diritto dell'Unione europea, Torino, 2008, 305 e ss.; A. Barone, Giustizia comunitaria e funzioni interne, Bari, 2008, 13. (3) La prima pronuncia che ha previsto il principio degli effetti diretti, come e` noto, e` la sentenza 5 febbraio 1963, causa 26/62, Van Gend & Loos, su cui vd. fra gli altri F. Durante, Giudizio pregiudiziale, rapporti tra ordinamenti e principio di effettivita` nella recente giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunita` europee, in Rivista di diritto internazionale, 1963, 415 e ss.; N. Ronzitti,L'art. 12 del Trattato istitutivo della CEE ed i rapporti tra ordinamento comunitario ed ordinamento degli Stati membri, in Il Foro italiano, 1964, IV, col. 98 e ss.; N. Catalano, L'inserimento diretto delle disposizioni contenute nel Trattato istitutivo della Comunita` economica europea negli ordinamenti giuridici degli Stati membri, in Il Foro padano, 1963, V, col. 33 e ss.; M. Berri, Sull'efficacia delle sentenze della Corte di giustizia delle Comunita` europee in materia di interpretazione giurisprudenziale autentica ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, in Giustizia civile, 1963, I, 1226 e ss.; F.C. Jeantet, Droit communautaire et juridictions internes, in Le Barreau de France, 1963, n. 147-148, 25 e ss.; A. Migliazza, Ordinamento comunitario e ordinamenti nazionali, in Rivista di diritto processuale, 1963, 651 e ss.; J. Robert,Sur une égalite´ des droits devant la Communaute´ e`conomique europe´enne des ressortissants des Etats membres avec ces Etats eux-mêmes, in Recueil Sirey, 1963, 29 e ss.; N.S. Marsh, Some Reflections on Legal Integration in Europe, in International and Comparative Law Quarterly, 1963, 1411 e ss.

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(4) Sentenza 4 dicembre 1974, causa 41/74, Van Duyn. Cfr. D. Wyatt,Direct Applicability of Community Acts, in European Law Review, 1975, 51 e ss.; K. R. Simmonds,Van Duyn v. The Home Office: The Direct Effectiveness of Directives, in International and Comparative Law Quarterly, 1975, 419 e ss.; H.J.M. Boukema,A Logical Scrutiny of the Van Duyn Case, in Legal Issues of European Integration 1978, 2, 83 e ss.; J. Speller,In Defence of Logic Secundum Curiam and Logic Simpliciter, ivi, 1980, 1, 59 e ss. (5) Sul ruolo della Corte di giustizia si rimanda a A. Tizzano, Il ruolo della Corte di giustizia nella prospettiva dell'Unione europea, in Rivista di diritto internazionale, 1994, 922 e ss., ora anche in Studi in onore di Giuseppe Federico Mancini, Milano, 1998; L.N. Brown, J. Kennedy, The Court of Justice of The European Communities, Londra, 1994; R. Dehousse, La Cour de Justice des Communaute´s europe´enne, Parigi, 1994; P. Rinze, The Role of The European Court of Justice as Federal Court, in Public Law, 1993, 426 e ss. Piu` nello specifico, il peso dei giudici comunitari nella costruzione del sistema giuridico e` analizzata da M.P. Chiti, La giustizia amministrativa serve ancora? La lezione degli "altri", in questa Rivista, 2006, 487 e ss., special 498 e ss. (soprattutto con riguardo al diritto amministrativo), nonche´ da S.M. Carbone, Il ruolo della Corte di giustizia nella costruzione del sistema giuridico europeo, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2006, 547 e ss., al quale si rinvia anche per ulteriori indicazioni bibliografiche. (6) Si pensi alla sentenza 27 giugno 2000, cause riunite C-240/98 e C-244/98, Oceano Grupo Editorial, in cui la Corte di giustizia ha affermato che il giudice nazionale puo` accertare d'ufficio se una clausola del contratto stipulato con i consumatori prodotto in giudizio sia illegittima in occasione dell'esame dell'ammissibilita` di un'azione proposta davanti ad un tribunale nazionale. Secondo i giudici comunitari questo e` tenuto ad un'interpretazione del diritto nazionale in conformita` alla direttiva ed a dare preferenza alla lettura che gli consenta di denegare d'ufficio la propria competenza, ogni volta che quest'ultima sia stata prefissata in base ad una clausola illegittima. Cfr. M. Van Huffel, La condition proce´durale des re`gles de protection des consommateurs: les enseignements des arrêts Oce´ano, Heininger et Cofidis de la Cour de justice, in Revue europe´enne de droit de la consommation, 2003, 79 e ss.; S. Augi, F. Baratella, New Developments in the European Court of Justice´s Case Law on the Direct Applicability of Community Directives, in The European Legal Forum, 2001, 83 e ss.; A. Orestano,Ricevibilita` di ufficio della vessatorieta` delle clausole nei contratti del consumatore, in Europa e diritto privato, 2000, 1179 e ss.; J. Raynard,Droit europe´en des contrats: le juge a le pouvoir de relever d'office le caracte`re abusif d'une clause du contrat, in Revue trimestrielle de droit civil, 2000, 939 e ss. (7) Si tratta di un tema spesso trattato dai giudici comunitari, come nella sentenza 21 febbraio 1991, cause riunite C-143/88 e C-92/89, Zuckerfabrik, nella quale essi hanno ammesso la possibilita`, accordata ai tribunali nazionali, di sospendere l'esecuzione di un provvedimento amministrativo nazionale emanato in conformità ad un regolamento comunitario in base all'art. 249, par. 2 Trattato CE, come ricordato, tra gli altri, da N. Trocker, "Civil Law" e "Common Law" nella formazione del diritto processuale europeo, in questa Rivista, 2007, 445 e ss. (8) Si accenna qui al filone giurisprudenziale che prende avvio con la sentenza 19 giugno 1990, causa 213/89, Factortame, e che si e` arricchito nel tempo di successivi apporti

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giurisprudenziali soprattutto sulla scorta delle note prime "direttive ricorsi" (direttive 89/665/CE e 92/13/CE), tra i quali meritano menzione le sentenze 19 settembre 1996, causa C-236/95, Commissione c. Grecia, e 15 marzo 2003, causa C-214/00, Commissione c. Spagna, e l'ordinanza 29 aprile 2004, causa C-202/03, Commissione c. Italia. Cfr. C. Consolo, Fondamento "comunitario" della giurisdizione cautelare, in Giurisprudenza italiana, 1991, I, 1, 1122 e ss.; Id., L'ordinamento comunitario quale fondamento per la tutela cautelare del giudice nazionale in via di disapplicazione di norme legislative interne, in Diritto processuale amministrativo, 1991, 261 e ss.; E. Garci´a de Enterri´a,La sentencia Factortame (19 de junio de 1990) del Tribunal de Justicia de las Comunidades Europeas. La obligacio´n del juez nacional de tutelar cautelarmente la eficacia del Derecho comunitario aun a costa de su propio Derecho nacional. Trascendencia general de la sentencia en el Derecho comunitario y en el sistema español de medidas cautelares, in Revista española de Derecho Administrativo, 1990, 401 e ss.; M. Acone, Diritto e processo nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici: dalla direttiva Cee 89/665 alla legge "comunitaria" per il 1991, in Il foro italiano, 1992, V, col. 321 e ss.; D. Simon,Chronique de jurisprudence de la Cour de justice des Communaute´s europe´ennes. Institutions et ordre juridique communautaire, in Journal du droit international, 1991, 447 e ss.; M. Sica, Diritto comunitario e giustizia amministrativa: prime riflessioni a margine di una recente sentenza della Corte di giustizia della Cee, in Rivista di diritto processuale, 1991, 1119 e ss.; M. Muscardini,Potere cautelare dei giudici nazionali in materie disciplinate dal diritto comunitario, in questa Rivista, 1991, 1057 e ss.; P.P. Craig,Sovereignty of the United Kingdom Parliament after Factortame, in Yearbook of European Law, 1991, 221 e ss.; R. Caranta,Effettivita` della garanzia giurisdizionale nei confronti della pubblica amministrazione e diritto comunitario: il problema della tutela cautelare, in Il Foro amministrativo, 1992, 1889 e ss.; G. Tesauro,Tutela cautelare e diritto comunitario, in questa Rivista, 1992, 131 e ss.; A. Viviani, Diritto comunitario e potesta` cautelare dei giudici nazionali, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 1993, 581 e ss.; L. Papadias,Interim Protection under Community Law before the National Courts. The Right to a Judge with Jurisdiction to Grant Interim Relief, in Legal Issues of European Integration, 1994, 2, 153 e ss. (9) Il decisum della Corte intende normalmente garantire non solo il principio di effettivita`, ma soprattutto l'uniforme applicazione del diritto comunitario sul territorio dell'Unione. In questo senso, vd. L.P. Comoglio, Diritti fondamentali e garanzie processuali comuni nella prospettiva dell'Unione europea, in Il foro italiano, 1994, V, col. 156. (10) Sull'evoluzione della tutela cautelare nel processo amministrativo italiano, vd. ex multis F. G. Scoca, Prospettive della tutela cautelare, in S. Raimondi, R. Ursi (a cura di), La riforma della giustizia amministrativa in Italia e in Spagna, Torino, 2002; E. Follieri, Il nuovo giudizio cautelare: art. 3, l. 21 luglio 2000, n. 205, in Consiglio di Stato, 2001, II, 479 e ss. (11) La normativa comunitaria cira la tutela cautelare processuale, infatti, e` stata tradizionalmente legata al settore degli appalti pubblici, come risulta dalle direttive citate supra, su cui vd. M. Acone, Diritto e processo nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici: dalla direttiva CEE 89/665 alla legge "comunitaria" per il 1991, in Il foro italiano, 1992, V, col. 321 e ss. Il legislatore italiano, con la legge n. 205/2000, ha

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comunque esteso il contenuto delle pronunce comunitarie al di la` del detto settore e introducendo un generale strumento cautelare c.d. atipico. (12) In questi termini L.P. Comoglio, Diritti fondamentali ..., cit., col. 160 e ss. (13) Sui principi generali di diritto comunitario vd. infra. (14) Sentenza 21 settembre 1989, cause riunite 46/87 e 227/88, Hoechst, su cui cfr. J. Thieffry, K. Arnold, P. Van Doorn, Les pouvoirs d'enquête de la Commission CEE en droit de la concurrence, in Gazette du Palais, 1990, III, 309 e ss.; B. Jansen, Les pouvoirs d'investigation de la Commission des Communaute´s europe´ennes en matie`re de concurrence, in Revue du Marche´ Commun, 1990, 696 e ss.; M. Megliani,Ispezioni domiciliari e normativa comunitaria antitrust. Una prima riflessione, in Diritto del commercio internazionale, 2003, 101 e ss. (15) Si pensi alla sentenza 28 ottobre 1975, causa 36/75, Rutili, in cui vengono presi in considerazione gli artt. 8 e 11 della citata convenzione, nonche´ l'art. 2 del protocollo addizionale n. 4. Cfr. L. Dubouis,Le juge administratif français et les mesures de police prises a` l'encontre des étrangers (a` propos de trois de´cisions re´centes), in Revue critique de droit international prive´, 1976, 301 e ss.; T. Hartley,Public Policy and Internal Free Movement: A Critical Comment on the Rutili Decision, in European Law Review, 1976, 473 e ss.; D. Wyatt,Article 48(3) EEC: The "Public Policy" Proviso, in European Law Review, 1976, 217 e ss.; D. Simon, Ordre public et liberte´s publiques dans les Communaute´s europe´ennes. A propos de l'arrêt Rutili, in Revue du Marche´ Commun, 1976, 201 e ss.Si pensi pure alla sentenza 15 giugno 1978, causa 149/77, Defrenne c. Sabena, nella quale si richiamano gli artt. 118 e 119 del Trattato CE, ed inoltre la Carta sociale del 18 novembre 1961 e la convenzione dell'OIL del 25 giugno 1958 sulla discriminazione nel lavoro e nelle professioni. Cfr. G. Rastrelli,Principio di non discriminazione e principio di uguaglianza nel Trattato CEE, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 1979, 90 e ss.; L. Neville Brown,Air Hostesses and Discriminating Employers, in The Modern Law Review, 1984, 692 e ss.; L. Imbrechts,L'e´galite´ de re´mune´ration entre hommes et femmes, in Revue trimestrielle de droit europe´en, 1986, 231 e ss.; D. Wyatt,Article 119 EEC and the Fundamental Principle of Non-Discrimination on Grounds of Sex, in European Law Review, 1978, 483 e ss. (16) Vd. l'ordinanza 27 giugno 1989. (17) Vd. l'ultimo paragrafo del presente scritto. (18) N. Picardi, Lavori per la riforma del c.p.c., I processi speciali, in Rivista di diritto processuale, 1982, 700 e ss.; L.P. Comoglio, Diritti fondamentali ..., cit., col. 155 e ss.; M. Karlsson, O. F. Jo´nsson, E. M. Brynjarsdo´ttir, Recht, Gerechtigkeit und der Staat, Berlino, 1993. (19) E. Fazzalari, Per un processo comune europeo, in Il foro italiano, 1994, V, col. 23 e ss. Occorre citare quantomeno anche la Raccomandazione n. R (84) 5, adottata dal Consiglio d'Europa il 28 febbraio 1984, su cui vd. G. Tarzia, L'Europa del 1993 e il processo civile, in Istituto Lombardo (Rend. Lett.), 1990, 124, 79 e ss. (20) Puo` qui nuovamente farsi riferimento all'art. 6 della Convenzione sui diritti dell'uomo (su cui vd. J.P. Costa, Le respect de droits fondamentaux, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 2002, 905 e ss.) che, parlando di "giusto processo" pone vari principi cardine per i diritti nazionali, e in questo senso e` stato piu` volte richiamato dalla Corte di giustizia, nel quadro dell'applicazione del c.d. acquis communautaire. Sull'acquis

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communautaire, C. Curti Gialdino, Acquis communautaire, in Diritto dell'Unione europea, 1996, 643 e ss.; Id., Some reflections on the acquis communautaire, in Common Market Law Review, 1995, 1089 e ss.; M.P. Chiti, Diritto amministrativo europeo, cit., 165 e ss.; V. F.J. Santaolalla Gadea, La integracio´n del Derecho de las Comunidades europeas en el ordenamiento español: Algunad zonas oscuras del "acquis communautaire", in Documentacio´n Administrativa, 1982, 70 e ss.; P. Pescatore, Aspects judiciaires de l'"acquis communautaire", in Revue trimestrelle de droit europe´enne, 1981, 615 e ss.; M. Dony, Acquis communautaire, in A. Barav e C. Philip (diretto da), Dictionnaire juridique des Communaute´s europe´ennes, Parigi, 1983, 42; A. Wiener, The Embedded Acquis Communautaire: Transmission Belt and Prism of New Governance, in European Law Journal, 1998, 294 e ss.; P. Mengozzi, L'Atto Unico e "l'acquis communautaire", in Jus, 1992, 151 e ss.L'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo ovviamente ha un'applicazione particolarmente vasta, essendo applicabile a ogni giudizio. Sui rapporti tra questa norma e il processo amministrativo, vd. S. Mirate, L'applicabilita` dell'art. 6, par. 1, CEDU al processo amministrativo secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, in questa Rivista, 2004, 119 e ss. (21) Vd. C. Consolo, La sentenza Lucchini della Corte di Giustizia: quale possibile adattamento degli ordinamenti processuali interni e in specie del nostro?, in Rivista di diritto procesusale, 2008, 225 e ss.; A. Negrelli, Il primato del diritto comunitario e il giudicato nazionale: un confronto che si poteva evitare o risolvere altrimenti. (Brevi riflessioni in margine all sentenza dell Corte di giustizia delle Comunita` europee 18 luglio 2007, in causa C-119/05), in questa Rivista, 2008, 1217 e ss.; E. Fontana, Qualche osservazione in margine al caso Lucchini. Un tentativo di spiegazione,in Diritto del commercio internazionale, 2008, 193 e ss.; P. Bri´za, Is there anything left of res judicata principle?, in Civil justice quarterly, 2008, 40 e ss.; E. Scoditti, Giudice nazionale e diritto comunitario, in Il foro italiano, 2007, IV, col. 533 e ss.; B. Zuffi, Il caso Lucchini infrange l'autorita` del giudicato nazionale nel campo degli aiuti di Stato, in Giurisprudenza italiana, 2008, III, 382 e ss.; P. Biavati, La sentenza Lucchini: il giudicato nazionale cede al diritto comunitario, in Rassegna tributaria, 2007, 1591 e ss. (22) Si tratta dell'"affermazione indiscutibile, e obbligatoria per i giudici di tutti i futuri giudizi, di una volonta` concreta di legge, che riconosce o disconosce un bene della vita a una delle parti", per usare le parole del Chiovenda, in Sulla cosa giudicata (prolusione tenuta a Napoli il 14 dicembre 1905 al corso di diritto e procedura civile ed ordinamento giudiziario), in Rivista italiana per le scienze giuridiche, 1907, ora in Saggi di diritto processuale civile (1894-1937), Roma, 1993, vol. II, 407. Il collegamento tra cosa giudicata e bene della vita, come si sa, viene fatto discendere dall'A. nel saggio citato da un attento esame del diritto romano, riprendendo le teorie di O. Bülow, Die Lehre von den Processeinreden und die Processvoraussetzungen, 1878; e di J. W. Planck, Die Lehre von dem Beweisurtheil, 1848, entrambi citati da G. Chiovenda, op. ult. cit., 401.Sul giudicato civile vd. ex multis, G. Pugliese, Giudicato civile (dir. vig.), in Enc. dir., ad vocem; G. Chiovenda, Istituzioni di diritto processuale civile, Napoli, 1935, vol. I, 341 e ss.; S. Menchini, Il giudicato civile, Torino, 2002; Id., Regiudicata civile, in Digesto. Diritto civile, ad vocem; Id., Giudicato civile, in Il diritto. Enc. giur., ad vocem; E. Fazzalari, Il cammino della sentenza e della "cosa giudicata", in Rivista di diritto processuale, 1988, 589 e ss.; E.T. Liebman, Unita` del giudicato, ivi, 1986, 233 e ss; Id.,

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Efficacia ed autorita` della sentenza, Milano, 1935; Id., Giudicato. Diritto processuale civile, in Enc. giur., ad vocem; R. Caponi, L'efficacia del giudicato civile nel tempo, Milano, 1991; A. Proto Pisani, Appunti sul giudicato civile e sui suoi limiti oggettivi, in Rivista di diritto processuale, 1990, 386 e ss.; A. Attardi, La cosa giudicata, in Jus, 1961, 1 e ss.Sul giudicato amministrativo, vd., F. Benvenuti, Giudicato (diritto amministrativo), in Enc. dir., ad vocem; M. Nigro, Il giudicato amministrativo e il processo di ottemperanza, ora in Scritti giuridici, Milano, 1996, 1519 e ss.;M. Clarich, Giudicato e potere amministrativo, Padova, 1989; S. Bini, Giudicato e ottemperanza, in Il diritto. Enc. giur., Milano, 2007; A. Travi, Il giudicato amministrativo, in Diritto processuale amministrativo, 2006, 912 e ss.; L. Maruotti, Il giudicato, in S. Cassese (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, Milano, 2003, parte speciale, tomo V, 4427 e ss.; F. Satta, Brevi note sul giudicato amministrativo, ivi, 2007, 302 e ss. (23) Il collegamento che si instaura tra giudicato sostanziale di cui all'art. 2909 c.c. e giudicato formale di cui all'art. 324 c.p.c. (su cui vd. S. Menchini, Il giudicato ..., cit.; C. Mandrioli, Diritto processuale civile, Torino, 2007, vol. I, 21 e ss.) comporta comunque che questi siano due aspetti della medesima questione: il giudicato formale e`, invero, il presuposto di quello sostanziale, dal momento che la sentenza, passata formalmente in giudicato, e` dalla legge munita dell'autorita` di coa giudicata sostanziale (vd. S. Menchini, Giudicato civile ..., cit.). (24) G. Mari, La forza di giudicato delle decisioni dei giudici nazionali di ultima istanza nella giurisprudenza comunitaria, in questa Rivista, 2004, 1007 e ss. (25) A giudizio della Corte di giustizia, tra l'altro, i giudici nazionali non sono competenti a pronunciarsi sulla compatibilita` di un aiuto di Stato con il mercato comune, con la conseguenza che il "deducibile" nel giudizio nazionale non poteva essere comunque oggetto di decisione del giudice italiano. Del resto, in base all'art. 16 del regolamento n. 1/2003/CEE del 16 dicembre 2002, quando le giurisdizioni nazionali si pronuncino su accordi, decisioni e pratiche ai sensi degli artt. 81 e 82 Trattato CE che sono gia` oggetto di una decisione della Commissione, non possono emettere provvedimenti che siano in contrasto con la decisione comunitaria. Sul recupero degli aiuti di Stato, invero, sussisterebbe una competenza esclusiva della Comunita` europea e segnatamente della Commissione, salva la giurisdizione dei giudici europei in caso di controversia. Questa conclusione, che serve alla Corte per corroborare la sua decisione, suscita alcune perplessita`. Sembrerebbe sussistere la volonta` di introdurre una regola in base alla quale vi sarebbero delle controversie (o questioni) sottratte alla giurisdizione nazionale, liti, in altre parole, sulle quali il giudice dello Stato membro non potrebbe pronunciarsi. Indubbiamente, esiste in diritto comunitario l'area delle c.d. competenze esclusive della Comunita` (cfr. G. Gaja, op. cit., 89 e ss.; R. Dehousse, Community competences: are there limits to growth?, in R. Dehousse (a cura di), Europe after Maastricht: an ever closet Union?, Monaco, 1994, 103 e ss.; G. Strozzi, Alcuni interrogativi a proposito della delimitazione delle competenze dell'Unione europea, in Rivista di diritto internazionale, 1994, 136 e ss.). Questa considerazione pero` non puo` essere una giustificazione per escludere che il giudice nazionale possa conoscere e decidere determinate controversie, come le questioni relative al recupero di aiuti di Stato, con la sostanziale violazione degli artt. 24 e 113 Cost., i quali, sebbene non applicabili nei confronti di un organo giurisdizionale "sovranazionale" (trattandosi comunque di norme proprie del diritto interno, e quindi non vincolanti per organi comunitari, che sono

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obbligati a rispettare solo le norme dell'Unione europea) inducono l'interprete a talune riflessioni. Se, infatti, "tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi" (art. 24 comma 1 Cost.) e "contro gli atti della pubblica amministrazione e` sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa" (art. 113 comma 1 Cost.), allora diventa difficile conciliare queste norme con il non ammettere la giurisdizione di un giudice nazionale. Accogliendo il ragionamento della Corte di giustizia, infatti, emerge una diminuzione di tutela del cittadino, il quale avverso determinati "atti della pubblica amministrazione" (nazionale o comunitaria) non potrebbe rivolgersi agli "organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa", non potendo cosi` "agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi", ma dovendosi limitare ad investire della questione solamente le istituzioni comunitarie (Tribunale di primo grado in primis), con indubbio aggravio di costi e di "distanza" del giudice dal cittadino. (26) Come e` noto, con questo principio si intende la preclusione di tutte le questioni, che furono fatte e di tutte le questioni che si sarebbero potute fare intorno alla volonta` concreta di legge, al fine di ottenere il riconoscimento del bene negato o il disconoscimento del bene riconosciuto (in questo senso G. Chiovenda, Istituzioni ..., cit., 341). Ovviamente, la definizione data risente della su riferita impostazione dell'A. di legare il giudicato all'aspirazione al bene della vita, con la conseguente difficolta` di ricostruire ipotesi di sentenze di rito divenute cosa giudicata. Lo strumento in parola riguarda, di conseguenza, quelle questioni che non siano state fatte valere in precedenza e ricomprese nell'ambito oggettivo del pregresso procedimento.Sul principio, vd. C. Natoli, Considerazioni sul criterio discretivo tra giudicato implicito e giudicato sul deducibile, in Rivista di diritto processuale, 1979, 274 e ss.; con particolare riferimento all'applicazione nel campo del processo amministrativo, A. Romano Tassone, Sulla regola del dedotto e deducibile nel giudizio di legittimita`, in Atti del Convegno di Siena, 9 e 10 giugno 2006, pubblicati su Giustamm.it, 2006, n. 6. (27) Con la decisione citata la Commissione dichiarava incompatibili con il mercato comune tutti gli aiuti previsti a favore della Lucchini. (28) Sentenza 13 gennaio 2004, causa C-453/00, Kühne & Heitz NV. (29) Sentenza 12 febbraio 2008, causa C-2/06, Kempter. (30) In questo senso, vd. il punto 37 della sentenza Kempter. (31) P. Biavati, op. cit., 1601 e ss., sottolinea come probabilmente la Corte di giustizia ha preso una posizione cosi` netta nei confronti dell'art. 2909 c.c. perche´ spinta dal modo con cui la vicenda degli aiuti concessi alla societa` Lucchini era stata gestita dall'Italia: dalle modalita` di erogazione provvisoria degli importi, al mancato rilievo da parte dei giudici italiani della decisione 20 giugno 1990, pur pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunita` anteriormente alla sentenza di primo grado, sino al parere dell'Avvocatura generale dello Stato, nel senso della conformita` a diritto della sentenza della Corte d'appello di Roma. Analogamente A. Barone, Giustizia comunitaria ..., cit., 198. (32) Non sono mancate letture opposte della norma rispetto a quanto citato nel testo. E. Scoditti, Giudicato nazionale e diritto ..., cit., col. 535, infatti, sottolinea che, essendo la disposizione relativa solamente a titolo IV del trattato CE, dovrebbe affermarsi che per le materie non comprese non dovrebbe sussistere il limite nei confronti dei pronunciamenti della Corte di giustizia. Concorda con questa interpretazione A. Barone, Giustizia

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comunitaria ..., cit., 197 e ss. In linea con l'impostazione proposta nel testo e` invece l'opinione di V. CerulliIrelli, Trasformazioni del sistema di tutela giurisdizionale nelle controversie di diritto pubblico per effetto della giurisprudenza europea, in questa Rivista, 2008, 458, per il quale nel caso Lucchini non verrebbe in rilievo tanto la disapplicazione di una norma di settore vigente in ambito nazionale e contrastante con norme comunitarie direttamente applicabili, ma si tratterebbe "di disporre l'applicazione di un principio fondamentale dell'ordinamento civile, quello dell'intangibilita` del giudicato". Come ricordato da A. Negrelli, op. cit., 1236, la eventuale estensibilita` del principio elaborato dalla Corte nella sentenza Lucchini anche ad altri settori e` adesso al vaglio della Corte di giustizia per effetto della domanda di pronuncia in via pregiudiziale proposta dalla Corte di cassazione del 2 gennaio 2008, Agenzia delle Entrate c. Fallimento Olimpiclub S.r.l., causa C-2/08. (33) Come sottolinea U. Betti, Diritto processuale civile italiano, Roma, 1946, 585, esso si pone quale mezzo destinato ad assicurare l'incontestabilita` del deciso e l'intangibilita` del bene conteso. Ne deriva che il principio di cui nel testo e` uno strumento del giudicato sostanziale. In questo senso anche S. Menchini, Ilgiudicato ..., cit., 854. Anche E.T. Liebman, Giudicato ..., cit., 415 collega il dedotto e il deducibile all'autorita` del giudicato "giacche´ e` questa ad imporre che, nei futuri processi, non sia in alcun modo minacciata la tutela giuridica conseguita dal vincitore". (34) G. Chiovenda, Cosa giudicata e preclusione, in Rivista italiana di scienze giuridiche, 1933, ora anche in G. Chiovenda, Saggi di diritto processuale civile (1894-1937), Milano, 1993, vol. II, 277.Quanto detto nel testo vale per tutte le ipotesi, tranne il caso in cui si tratti di diritti eterodeterminati, come nel caso di rapporti obbligatori. In queste ipotesi ogni diritto e` individuato da un differente fatto costitutivo, con la conseguenza che rientra nella causa petendi non solamente il rapporto, ma anche il fatto o l'atto da cui si afferma che esso sia sorto; cfr. S. Satta, Commentario al codice di procedura civile, Milano, 1957, vol. III, 67. Come sottolineato (G. Pugliese, op. ult. cit., 865), il principio del dedotto e del deducibile opera comunque, essendo preclusa alla parte la possibilita` di avvalersi di argomentazioni e mezzi di prova idonei dimostrare la sussistenza o la validita` del fatto costitutivo insussistente o invalido. Il tema e` ad ogni modo intimamente legato alla questione dei limiti oggettivi del giudicato, su cui vd. U. Rocco, Trattato della cosa giudicata e dei suoi limiti obiettivi, Roma, 1917; S. Menchini, I limiti oggettivi del giudicato civile, Milano, 1987; E. Heinitz, I limiti oggettivi della cosa giudicata, Padova, 1937; A. Attardi, In tema di limiti oggettivi della cosa giudicata, in Rivista di diritto processuale, 1990, 475 e ss.; C. Consolo, Oggetto del giudicato e principio dispositivo. I. Dei limiti oggettivi e del giudicato costitutivo, ivi, 1991, 215 e ss. (35) A tal proposito, merita attenzione la proposta di M.T. Stile (in La sentenza Lucchini sui limiti del giudicato: un traguardo inaspettato?, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 2007, 741), secondo la quale sarebbe opportuna una modifica della legislazione italiana con l'introduzione, tra i motivi di revocazione previsti dal codice di rito, di quello del giudicato contrario al diritto comunitario. Anche C. Consolo, La sentenza Lucchini ..., cit., 235 e ss., si riferisce, soprattutto in una prospettiva de jure condendo, allo strumento della doverosita` dell'impugnazione straordinaria del giudicato, con effetti retroattivi e con riapertura dei termini, strutturato in senso analogo alla revocazione straordinaria, esperibile sia dalle parti che dal p.m. (con la possibilita` che la

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Commissione solleciti l'attivazione dell'impugnazione da parte del p.m.), entro un adeguato termine. L'introduzione di una normativa nazionale volta a disciplinare i rapporti tra gli strumenti processuali e il diritto comunitario e` senza dubbio auspicabile soprattutto alla luce dell'art. 19 par. 1 comma 2 del Trattato di Lisbona, che prevede l'obbligo dei Paesi membri di "stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell'Unione". (36) Dalla ricostruzione del giudicato quale decisione della lite sottoposta dalle parti al giudice discende la tradizionale ricostruzione dei tre elementi, quali soggetti, petitum (immediato e mediato), e causa pretendi. Cfr. G. Pugliese, op. ult. cit., 862. (37) Cosi` C. Consolo, Domanda giudiziale, in Digesto. Diritto civile, ad vocem, 70 e ss.; A. Cerino Canova, La domanda giudiziale e il suo contenuto, in A. Allorio (diretto da), Commentario al codice di procedura civile, Torino, 1980, vol. II, 128 e ss. (38) S. Menchini, Regiudicata ..., cit., 415. (39) E.T. Liebman, Giudicato ..., cit., 11 e ss. (40) Ancora di recente l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nella sentenza 22 ottobre 2007 n. 12, si esprime in questo senso: "I commendevoli contributi acquisiti, in sede dottrinale e giurisprudenziale, in tema di "giudizio sul rapporto", non sembrano condivisibili ove approdino al disconoscimento della natura principalmente impugnatoria dell'azione innanzi al giudice amministrativo [...]". Sono note le perplessita` della dottrina nei confronti di questa impostazione. Vd. M. Clarich, La pregiudizialita` amministrativa riaffermata dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato: linea del Piave o effetto boomerang?, in Giornale di diritto amministrativo, 2008, 55 e ss.; A. Travi, Pregiudizialita` amministrativa e confronto fra le giurisdizioni, in Il foro italiano, 2008, III, col. 3 e ss.; G. Pellegrino, Giurisdizione e pregiudiziale: luci e ombre di una sentenza che fa discutere, in Corriere giuridico, 2008, 267 e ss. La citata sentenza dell'Adunanza plenaria ha conservato la tradizionale posizione del Consiglio di Stato in merito alla pregiudizialita` amministrativa. Sull'argomento si rinvia, per tutti, a G. Iudica, Profili della pregiudizialita` amministrativa, Acireale-Roma, 2008. (41) F. Benvenuti, Giudicato (diritto amministrativo), in Enc. dir., ad vocem; F. G. Scoca (a cura di), Giustizia amministrativa, Torino, 2003, 465. (42) Vd. A. Romano Tassone, Sulla regola del dedotto e del deducibile ..., cit., che cita l'orientamento di A. Piras, che intende il giudizio amministrativo quale statuizione sul rapporto tra privato e amministrazione. (43) Cosi` A. Romano Tassone, ivi. (44) Vd., limitatamente alle sentenze dei tribunali amministrativi regionali, art. 26 co. 2 l. n. 1034/1971. (45) Vd. A. Romano Tassone, ivi. (46) F. Benvenuti, La riforma del processo amministrativo, in AA.VV., Settimana di studi giuridici in onore di F. Carnelutti. Quaderni dell'Ateneo Veneto, Venezia, 1967. (47) Spunti per ulteriori considerazioni ci vengono offerti anche dal giudizio tributario, nel caso dell'impugnazione soltanto di alcune annualita` di imposte periodiche, discutendosi se l'accertamento contenuto nella sentenza si riferisse solo all'obbligazione del periodo oggetto di lite, o se si estendesse anche ai periodi di imposta successivi. Questione che rimanda alle modalita` di esercizio del potere dell'amministrazione finanziaria di esigere pagamenti dal contribuente per periodi differenti da quelli oggetto del giudicato. Cfr V. Giammaria, Il giudicato tributario, in R. Loiero, L. Battella, L.

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Marino (a cura di), Il processo tributario, Torino, 2008, 513 e ss. (48) Cfr. M. Nigro, Giustizia amministrativa, Bologna, 2002. (49) Taluni autori (tra i quali i G. Chiovenda, Cosa giudicata e preclusione, in Saggi di diritto processuale civile (1894-1937), Milano, 1993, vol. III, 231 e ss.) distinguono tra giudicato e preclusione, ma ovviamente non viene negata l'esistenza di un rapporto tra le due espressioni, che viene normalmente visto in questi termini: la cosa giudicata e` un bene della vita riconosciuto o negato dal giudice; la preclusione di questioni e` l'espediente di cui il diritto si serve per garantire al vincitore il godimento del risultato del processo (G. Chiovenda, op. ult. cit., 236). (50) È appena il caso di accennare che la nozione di giudicato di cui nel testo e` quella propria costruita dalla dottrina italiana, e non del tutto coincidente con le composizioni straniere. Nella pratica processuale francese, invero, l'autorita` del giudicato, in base agli artt. 1351 e ss. del code civil e agli artt. 480 e ss. del codice di rito, sorge con l'emanazione della sentenza, sebbene questa sia impugnabile con mezzi ordinari (come del resto era previsto dal diritto romano, vd. G. Pugliese, Giudicato (storia), in Enc. dir., ad vocem), salvi gli effetti di future impugnazioni, che determinano la sospensione della pronuncia e, se hanno esito vittorioso, la eliminano del tutto (cfr. R. Perrot, Chose juge´e, in Encyclope´die Dalloz, Re´pertoire proce´dure civile, 1951, vol. I, nn. 8 e 43; J. Foyer, De l'autorite´ de la chose juge´e en matie`re civile, essai d'une de´finition, Parigi, 1954; V.D. Tomasin, Essai sur l'autorite´ de la chose juge´e en matie`re civile, Tolosa, 1975). Nel diritto d'oltralpe, inoltre, sebbene si ritenga che debba essere rigorosamente osservato, tra gli altri, il principio della relativita` oggettiva del giudicato, va segnalato un orientamento giurisprudenziale volto a ritenere di regola sufficiente l'identita` della questione, anche se e` diverso l'oggetto della lite (cfr. G. Pugliese, Giudicato (diritto vigente) ..., cit., 794; R. Perrot, Chose ..., cit., n. 121).Anche nel mondo anglo-americano si assiste ad un fenomeno per certi versi simile a quanto visto in Francia: il c.d. estoppel by record (su cui, vd. G.S. Bower, The doctrine of res iudicata, Londra, 1924; L. C. Halsbuty, Estoppel, in The Laws of England, Londra, 1956, 177 e ss.; R. W. Millar, The Premises of The Judgement as Res Judicata in Continental and Anglo-american Law, in Michigan Law Review, 1940, 1 e ss.), quale mezzo per impedire la durata indefinita di una lite fondato sul registro (record) tenuto dalle corti, si verifica con l'emanazione di un final judgement, ossia di una sentenza a carattere definitivo, anche se ancora impugnabile. (51) In questi termini F. Benvenuti, Giudicato (diritto amministrativo), cit. È appena il caso di rilevare come il rapporto tra legislazione e giurisdizione potrebbe dar vita a conseguenze non del tutto adeguatamente comprese dalla giurisprudenza, qualora dovesse intendersi per giurisdizione "il rendere giustizia", riprendendo le considerazioni di S. Satta, Giurisdizione (nozioni generali), in Enc. dir., ad vocem. Sull'argomento vd. I. M. Marino, Corte di Cassazione e giudici "speciali" (Sull'interpretazione dell'ultimo comma dell'art. 111 Cost.), in AA.VV., Scritti in onore di Vittorio Ottaviano, vol. II, Milano, 1993, 1383 e ss.; Id., La nuova giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nel quadro dell'evoluzione del rapporto fra pubblico e privato, in AA.VV., La scienza del diritto amministrativo nel pensiero di Feliciano Benvenuti, Padova, 2001; Id., Giurisdizione esclusiva e Costituzione, in V. Parisio, A. Perini (a cura di), Le nuove frontiere della giurisdizione esclusiva. Una riflessione a piu` voci, Milano, 2002; Id., Giudice amministrativo, motivazione degli atti e "potere"

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dell'amministrazione, in Il foro amministrativo T.A.R., 2003, 338 e ss.; S. Licciardello, Espropriazioni e giurisdizioni, Torino, 2007, 1 e ss. (52) G. Chiovenda, Preclusione e cosa giudicata, in Rivista italiana per le scienze giuridiche, 1933, 1 e ss. (53) In questi termini vd. D. Volpato, L'oggetto del giudicato ..., cit., 205 e ss. (54) Cfr. M. Taruffo, "Collateral estoppel" e giudicato su questioni, I, in Rivista di diritto processuale, 1971, 651 e ss. e II, ivi, 1972, 272 e ss. (55) Come è noto, si tratta di un istituto proprio del diritto statunitense. (56) Cfr. Regina v. Inhabitans of Hartington Middle Quarter, 1855, 4 E. & B. 780. (57) G. Pugliese, Giudicato (diritto vigente), cit. (58) Cfr. Greathead v. Bromley, 1798, 7 Term. Reports, 455; Langmead v. Maple, 1865, 18 C.B.N.S. 255. (59) Sull'uguaglianza nel diritto, si rimanda alle riflessioni di P. Grossi, Globalizzazione, diritto, scienza giuridica, in Il foro italiano, 2002, V, col. 151 e ss. Vd. anche S. Licciardello, Percorsi di diritto pubblico dell'economia. Territorio, beni e servizi, Torino, 2008, 17. (60) Il fenomeno riportato nel testo che contribuisce alla crisi dello Stato. Su quest'ultimo argomento, vd. S. Licciardello, Percorsi di diritto pubblico ..., cit.,p. 14 e ss.; S. Cassese, La crisi dello Stato, Bari, 2002; U. Allegretti, Diritti e Stato nella mondializzazione, Troina, 2002. Di crisi dello Stato, anche se per altre cause, parlava gia` Santi Romano nel discorso inaugurale dell'anno accademico 1909-1910 nella Regia Universita` di Pisa, ripubblicato in Lo Stato moderno e la sua crisi. Saggi di diritto costituzionale, Milano, 1969. (61) Proprio la globalizzazione, infatti, punta alla sostanziale deterritorializzazione del diritto, in un sistema in cui alla politica (e allo Stato) si sostituisce l'economia, nelle sue manifestazioni dei grandi operatori economici e gli apparati delle organizzazioni internazionali. Cfr. P. Grossi, op. cit., col. 155; I.M. Marino, Diritto, amministrazione, globalizzazione, in Id., Aspetti della recente evoluzione del diritto degli enti locali, Palermo, 2007, 123 e ss. (62) L'Unione europea, infatti, e` comunque un'organizzazione internazionale a carattere regionale. Vd. M. Giuliano, T. Scovazzi, T. Treves, Diritto internazionale, Parte generale, Milano, 1991, 130 e ss. (63) Al tempo stesso, senza dubbio i giudici comunitari avranno considerato la doverosita` dell'attivita` statale di recupero degli aiuti illegittimi, su cui si rinvia a B. Lubrano, Le sovvenzioni nel diritto amministrativo. Profili teorici ed evoluzione storica nel contesto del diritto europeo, Torino, 2008, 232. Nell'ottica della Corte di giustizia, in altre parole, l'applicazione concreta del giudicato potrebbe aver costituito uno strumento di elusione della richiamata attivita` doverosa di recupero, pemettendo sostanzialmente all'impresa privata di mantenere le sovvenzioni illegittimamente erogate. (64) In questo senso, vd. B. Lubrano, op. cit., 195 e ss. In generale, sul principio di effettivita`, I.M. Marino, Effettivita`, servizi pubblici ed evoluzione dei sistemi "a Diritto Amministrativo", in Diritto e Processo Amministrativo, 2007, 67 e ss. (65) Vd. infra. (66) Piu` complessa e` stata invece la posizione del governo olandese, il quale, pur non ammettendo in generale la violazione del principio dell'autorita` della cosa giudicata, ha ritenuto che nel caso di specie si configurasse una situazione eccezionale, che

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giustificasse quella che e` poi stata la decisione della Corte di giustizia. (67) L'Avvocato generale (punto 46) parla di "interesse legittimo piu` rilevante". (68) Sull'efficacia vincolante degli atti della Commissione in tema di aiuti di Stato sul diritto interno si rinvia a Cass., sentenza 10 dicembre 2002, n. 17564. (69) Occorre considerare che, nell'ottica dell'ordinamento comunitario, il rapporto tra il giudice nazionale e gli atti della Commissione e` sbilanciato a favore dei secondi. Invero, gia` nella sentenza 14 dicembre 2000, causa C-344/98, Masterfoods, la Corte di giustizia ha dichiarato che la Commissione, nello svolgimento del compito ad essa attribuito dal trattato, non e` vincolata da una decisione resa da un giudice nazionale in forza degli artt. 85, par. 1 e 86 Trattato CE. I giudici comunitari ne hanno tratto la conseguenza che la Commissione puo` rendere in ogni momento decisioni individuali implicanti l'applicazione dei citati articoli, anche quando un giudice nazionale abbia precedentemente statuito su un contratto o su un comportamento e se la decisione che la Commissione vuole adottare sia in contrasto con tale sentenza. Nella medesima sentenza, la Corte ha dichiarato anche che gli organi giurisdizionali nazionali non possono decidere in contrasto con la decisione, anche qualora questa fosse a sua volta in contrasto con una decisione di un giudice nazionale di primo grado. Questa giurisprudenza e` stata poi codificata nel regolamento 16 dicembre 2002 n. 2003/1/CE del Consiglio. Cfr. T. Simons,On the relation of competition cases before the Commission and before national courts, in The European Legal Forum, 2001, 199 e ss.; M. Nicolella, Le sursis a` statuer du juge national au cours d'une proce´dure communautaire en annulation d'une de´cision de la Commission: une obligation de coope´ration loyale, in Gazette du Palais, 2001, I, 893 e ss.; F. Castillo de la Torre,Decisiones de la Comisio´n Europea en materia de poli´tica de competencia ante los tribunales nacionales: la sentencia Masterfoods, in Gaceta Juri´dica de la U.E. y de la Competencia, 2001, n. 213, 29 e ss.; S. Preece, Masterfoods Ltd/HB Ice Cream Ltd, in European Competition Law Review, 2001, 281 e ss.; M. Miranda, L. Ritter, Concorrenza, autorita` comunitarie, giudici nazionali, in Il Foro italiano, 2001, IV, col. 209 e ss. (70) La decisione citata rientra a pieno titolo tra gli atti normativi comunitari, stante il disposto dell'art. 249 Trattato CE. Cfr. G. Gaja, Introduzione ..., cit., 106 e ss. (71) C. Mandrioli, Diritto processuale ..., cit., vol. II, 292; Corte di Cassazione, sentenza 11 aprile 1992, n. 4466, ma vedi anche Corte di Cassazione, sentenze 9 agosto 2000, n. 10438 e 20 marzo 1998, n. 258. (72) Consiglio di Stato, adunanza plenaria, sentenza 21 febbraio 1994, n. 4. (73) Cfr. la sentenza citata nella precedente nota. (74) Occorre dar conto innanzitutto di alcune pronunce della Corte di giustizia, quali le sentenze 29 aprile 1999, causa C-224/97, Erich Ciola, 7 gennaio 2004, causa C-201/02, Delena Wells, oltre alle sopra ricordate sentenze Kühne & Heitz NV e Kempter. Esse riguardano la eventuale immodificabilita` di un provvedimento amministrativo divenuto inoppugnabile per decorso dei termini decadenziali di impugnazione. La prima decisione afferma il principio in base al quale un provvedimento che introduce un precetto individuale e concreto in contrasto con il diritto comunitario, anche se oramai inoppugnabile, deve essere disapplicato dai giudici nazionali, in quanto "poiche´ le norme del Trattato CE sono direttamente efficaci nell'ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro e il diritto comunitario prevale sul diritto nazionale, queste disposizioni attribuiscono agli interessati dei diritti che le autorita` nazionale devono rispettare e

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tutelare". La sentenza Delena Wells sottolinea come le autorita` degli Stati membri debbano adottare tutti i provvedimenti necessari per stabilire l'idoneita` dei progetti (di sfruttamento di cave) a produrre un impatto ambientale, dovendo eventualmente revocare (rectius, annullare) o sospendere una autorizzazione gia` rilasciata al fine di effettuare una valutazione dell'impatto ambientale del progetto, qualora l'obbligo di riesame delle decisioni sia previsto dal diritto interno. Con le pronunce Kühne & Heitz NV e Kempter, come gi`a` accennato, la Corte, dopo aver valutato gli effetti del giudicato di rigetto rispetto alla successiva azione amministrativa, ha deciso che il principio ex art. 10 Trattato CE impone ad un organo amministrativo di riesaminare una decisione amministrativa definitiva per tener conto dell'interpretazione della disposizione pertinente nel frattempo accolta dalla Corte, qualora disponga, secondo il diritto nazionale, del potere di ritornare su tale decisione; la decisione in questione sia divenuta definitiva in seguito ad una sentenza di un giudice nazionale che statuisce in ultima istanza; la sentenza, alla luce di una giurisprudenza della Corte successiva alla medesima, risulti fondata su una interpretazione errata del diritto comunitario adottata; l'interessato si sia rivolto all'organo amministrativo immediatamente dopo essere stato informato della detta giurisprudenza. In linea con queste ultime e` la sentenza del T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 28 settembre 2007 (nella quale si precisa che non solo e` legittimo, ma addirittura doveroso alla stregua dell'obbligo di cooperazione gravante sulle pubbliche amministrazioni in forza dell'art. 10 Trattato CE, che l'annullamento in autotutela di un provvedimento amministrativo nazionale contrastante con una decisione vincolante della Commissione europea o con una norma comunitaria direttamente applicabile) in Il foro amministrativo, T.A.R., 2007, 3263 e ss., con nota di M. Sinisi, La "doverosita`" dell'esercizio del potere di autotutela in presenza di un atto amministrativo contrastante con regolamenti comunitari.Tali pronunce dei giudici comunitari, se da un canto mettevano in discussione il principio della certezza del diritto, sub specie della immodificabilita` di un provvedimento inoppugnabile, dall'altro avevano ad oggetto atti amministrativi, sui quali l'autorita` competente aveva il potere di ritornare sulle proprie decisioni (come precisato dalla stessa Corte di giustizia nella sentenza Kapferer, su cui vd. infra), a differenza delle sentenze divenute cosa giudicata, nelle quali tale potere e` escluso, salvi i casi di impugnazioni straordinarie, ma che rispondono a logiche differenti, di cui, per brevita`, non puo` darsi conto in questa sede.In questa linea di sviluppo si inserisce il principio di diritto affermato nella sentenza 19 settembre 2006, cause riunite C-392/04 e C-432/04, i-21 Germany GmbH e Arcor AG, secondo il quale l'art. 10 Trattato CE non obbliga le autorita` degli Stati a riesaminare o annullare gli atti amministrativi nazionali in contrasto con il diritto comunitario; tuttavia e` necessario che, qualora tali facolta` siano contemplate dal diritto nazionale con riferimento agli atti amministrativi con esso in contrasto, analoghe facolta` possano essere esercitate con riferimento agli atti nazionali in contrasto con il diritto comunitario. Cfr. G. Grüner, L'annullamento di ufficio in bilico tra i principi di preminenza e di effettivita` del diritto comunitario, da un lato, ed i principi della certezza del diritto e dell'autonomia procedurale degli Stati membri, dall'altro, in Diritto processuale amministrativo, 2007, 240 e ss. Ne deriva pertanto una regola generale in base alla quale viene fatta salva l'autonomia dei procedimenti amministrativi nazionali, come messo in luce da G.C. Rodri´guez Iglesias, Sui limiti dell'autonomia procedimentale e processuale degli Stati membri nell'applicazione del diritto comunitario, in questa Rivista, 2001, 5 e

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ss.Particolarmente interessante ai fini del presente scritto e` la sentenza 20 marzo 1997, causa C-24/95, Alcan Deutschland, nella quale si afferma che le autorita` nazionali competenti sono tenute, in forza del diritto comunitario, a revocare (rectius, annullare) la decisione di concessione di un aiuto di Stato attribuito illegittimamente in presenza di una decisione definitiva della Commissione che abbia previamente dichiarato l'incompatibilita` dell'aiuto con il diritto comunitario e ne imponga quindi il recupero alle competenti autorita` nazionali, ai sensi dell'art. 88 Trattato CE. Cfr. D.U. Galetta, Autotutela decisoria e diritto comunitario, in G. Falcon (a cura di), Il diritto amministrativo dei Paesi europei tra omogeneizzazione e diversita` culturali, Padova, 2005, 45 ss. (75) Si tratta delle sentenze 30 settembre 2003, causa C-224/01, Köbler, e 13 giugno 2006, causa C-173/03, Traghetti del Mediterraneo S.p.A. La prima pronuncia ha individuato la responsabilita` dello Stato per violazione di carattere "manifesto" del diritto comunitario da parte dei giudici nazionali di ultima istanza. La seconda, poi, nel confermare il dictum della precedente, ha sottolineato come il diritto comunitario osti ad una normativa nazionale che limiti la sussistenza della responsabilita` dello Stato membro per i danni arrecati ai singoli, a seguito di una violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale di ultimo grado, ai soli casi di dolo o colpa grave del giudice, qualora tale limitazione conduca ad escludere la responsabilita` per i casi di violazione manifesta del diritto vigente. Nel contempo, nella sentenza da ultimo riferita viene sottolineata la correlazione tra funzione giurisdizionale, interpretazione delle norme di diritto e responsabilita` dello Stato.Sulla sentenza Köbler, oltre ai riferimenti piu` avanti, si rimanda a M. Magrassi, Il principio di responsabilita` risarcitoria dello Stato-giudice tra ordinamento comunitario, interno e convenzionale, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2004, 490 e ss.; J.H. Jans, State liability and infrigements attributable to national courts: a Dutch perspective on the Köbler case, in J.W. De Zwaan, J.H. Jans, F.A. Nelissen, S. Blockmans (edited by), The European Union: an ongoing process of integration, Cambridge, 2004, 165 e ss.; M. Breuer, State Liability for judicial wrongs and Community Law: the case of Gerhard Kobler v. Austria, in European Law Review, 2004, 243 e ss.G. Afferni, La disciplina italiana della responsabilita` civile dello Stato per violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale di ultima istanza, in Nuova giurisprudenza civile commentata, 2007, II, 261 e ss., sottolinea come il sistema processuale delineato dalla Corte di giustizia dal caso Köbler in poi rischia di innescare una serie infinita di giudizi, dove ogni processo e` seguito da uno successivo diretto ad accertare un eventuale errore nel processo precedente, e cosi` via.Sulla sentenza Traghetti del Mediterraneo S.p.A., si rimanda a C. Di Seri, La responsabilita` del giudice nell'attivita` interpretativa: una discriminazione a rovescio?, in questa Rivista, 2006, 1116 e ss., oltre che a A. Palmieri, Corti di ultima istanza, diritto comunitario e responsabilita` dello Stato: luci ed ombre di una tendenza irreversibile, in Il foro italiano, 2006, IV, col. 420 e ss., seguita da T. Giovannetti, La responsabilita` civile dei magistrati come strumento di nomifilachia? Una strada pericolosa, ivi, col. 423 e ss.Sulla responsabilita` civile dello Stato per errori dei giudici, vd. anche M.A. Sandulli, Diritto europeo e processo amministrativo, in questa Rivista, 2008, 37 e ss. (76) Nella sentenza 6 ottobre 1982, causa 283/81, Cilfit, la Corte ha individuato tre eccezioni al generale obbligo di rimessione di questione pregiudiziale. La prima eccezione riguarda il caso in cui la soluzione della questione non possa influire sull'esito

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della causa. La seconda concerne l'ipotesi in cui la questione sia identica ad altra gia` decisa in via pregiudiziale, ovvero il punto di diritto da chiarire sia stato gia` risolto da una costante giurisprudenza della Corte. La terza concerne le c.d. norme chiare, e cioe` il caso in cui il giudice nazionale di ultima istanza abbia accertato l'assenza di dubbi in ordine alla corretta applicabilita` del diritto comunitario. Cfr. G.F. Mancini,Corte comunitaria e corti supreme nazionali, in AA.VV., Hacia un nuevo orden internacional y europeo. Estudios en homenaje al profesor don Manuel Di´ez de Velasco, Madrid, 1993, 1043 e ss.; A. Tizzano,Commento, in Il Foro italiano, 1983, IV, col. 63 e ss.; N. Catalano,La pericolosa teoria dell'"atto chiaro", in Giustizia civile, 1983, I, 12 e ss.; A.C. Evans,National Courts of Last Resort and the European Court, in The Journal of the Law Society of Scotland, 1983, 201 e ss.; A. Campbell,The Doctrine of "Acte Clair" in the European Court, ivi, 259 e ss.; J.C. Masclet,Vers la fin d'une controverse? La Cour de justice tempe`re l'obligation de renvoi pre´judiciel en interpre´tation faite aux juridictions suprêmes (art. 177, aline´a 3, CEE), in Revue du Marche´ Commun, 1983, 363 e ss.; S. Laporta,Manifesta infondatezza di questioni e rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia delle Comunita` europee, in Rassegna dell'avvocatura dello Stato, 1983, I, Sez. II, 47 e ss.; H. Rasmussen, The European Court's Acte Clair Strategy in C.I.L.F.I.T. Or: Acte Clair, of course! But What Does it Mean?, in European Law Review, 1984, 242 e ss.; E. Girino, Portata e interpretazione del diritto comunitario nella piu` recente giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte di giustizia delle Comunita` europee, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 1985, 567e ss. Analogamente, nelle sentenze 14 dicembre 1995, C-163/94, Sanz de Laera, e 23 dicembre 2003, C-452/01, Ospelt e Schlössle. Il fondamento di queste pronunce e` di regola rinvenuto nella teoria francese dell'acte clair (sulla quale, vd. M. Virally, Le Conseil d'E´tat et les traite´s internationaux, in La Semaine juridique, 1953, n. 1098), come ricordato da J.Y. Lasalle, L'application de l'article I77 du Traite´ CEE par le Conseil d'E´tat Francais, in Rivista di diritto europeo, 1971, 193 e ss.Sembrerebbe a prima vista contestare questa impostazione la sentenza Köbler, nella quale la Corte ha osservato che solo in presenza di una giurisprudenza consolidata, o di una soluzione normativa che non lascia adito a dubbi ragionevoli, il giudice nazionale puo` evitare il ricorso alla procedura di rinvio in via pregiudiziale (in questo senso S.M. Carbone, Il ruolo della giurisprudenza comunitaria nell'integrazione europea, relazione al convegno Il ruolo del giudice: le magistrature supreme, organizzato dall'Universita` di Roma Tre nei giorni 18 e 19 maggio 2007, in giustamm.it). In effetti, la giurisprudenza Cilfit e` tradizionalmente prevalente nell'impostazione della Corte di giustizia ed e` stata piu` volte seguita anche dal Tribunale di primo grado. (77) Sentenza 22 ottobre 1987, causa 314/85, Foto-Frost. Cfr. G. Bebr, The Reinforcement of the Constitutional Review of Community Acts under Article 177 EEC Treaty, in Common Market Law Review, 1988, 667 e ss.; L.Goffin, De l'incompe´tence des juridictions nationales pour constater l'invalidite´ des actes d'institutions communautaires, in Cahiers de droit europe´en, 1990, 216 e ss.; A. Arnull, National Courts and the Validity of Community Acts, in European Law Review, 1988 125 e ss. (78) La Corte di giustizia, muovendosi secondo un'ottica tipica del diritto internazionale (cosi` G. Tesauro, Responsabilite´ des Etats Membres pour violation du droit communautaire, in Revue du marche´ unique europe´en, 1996, 15 e ss.), infatti, considera lo Stato come una unita` indipendentemente dall'organo interno (appartenente al potere amministrativo, legislativo o giudiziario) che ha dato origine all'illecito.

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(79) La Corte di giustizia, nella sentenza 9 dicembre 2003, causa C-129/00, Commissione c. Italia, ha riconosciuto che il principio in base al quale gli Stati sono obbligati a risarcire i danni causati ai privati dalle violazioni del diritto comunitario che sono loro imputabili trova applicazione anche allorche´ la violazione deriva da una decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado, qualora la norma comunitaria violata sia volta ad attribuire diritti ai singoli, la violazione sia sufficientemente caratterizzata e sussista un nesso causale diretto tra la violazione medesima e il danno sofferto dalle parti. In particolare, la Corte individua una ulteriore (rispetto alle statuizioni della sentenza Köbler) fonte di responsabilita` statale, rappresentata dall'incertezza giurisprudenziale formatasi attorno alla tutela di un diritto garantito dal diritto comunitario. Cfr. R. Conti, Autorita` di cosa giudicata, diritto interno e primato del diritto comunitario, in Nuove autonomie, 2005, 385 e ss. (80) Sentenza 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90, Andrea Francovich e Danila Bonifici. Cfr., tra gli altri, M. Orlandi, Responsabilita` dello Stato membro per danni derivanti ai cittadini dal mancato recepimento di una direttiva comunitaria, in Giurisprudenza di merito, 1992, 456 e ss.; M. Cartabia, Omissioni del legislatore, diritti sociali e risarcimento dei danni. (A proposito della sentenza "Francovich" della Corte di giustizia delle Comunita` europee), in Giurisprudenza costituzionale, 1992, 505 e ss.; R. Caranta, La responsabilita` oggettiva dei pubblici poteri per violazioni del diritto comunitario, in Giurisprudenza italiana, 1992, I, I, col. 1169 e ss.; G. Romagnoli, Direttive inattuate: dalla "diretta applicabilita`" al "risarcimento del danno", in Il Foro padano, 1992, I, col. 357 e ss.; P.P. Craig, Francovich, Remedies and the Scope of Damages Liability, in The Law Quarterly Review, 1993, 595 e ss.; G. Mangione, La responsabilita` da "illecito legislativo comunitario" e il "legislatives Unrecht'nella Repubblica federale di Germania, in questa Rivista, 1994, 935 e ss.; G. Nori,La responsabilita` "comunitaria" dello Stato tra diritti soggettivi e interessi legittimi, Ordinamento comunitario e pubblica amministrazione, in A. Massera (a cura di), Dall'Atto unico europeo al trattato sull'Unione, Bologna, 1994, 193 e ss.; L.Trifone, La responsabilita` degli Stati in diritto comunitario: le sentenze nelle cause "Brasserie du Pêcheur", "Factortame III" e "Hedley Lomas", in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 1997, 63 e ss. (81) L'art. 10 Trattato CE prevede che gli Stati adottino tutte le misura di carattere generale e particolare atte ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dal trattato e dagli atti delle istituzioni, facilitando l'Unione nell'adempimento dei propri compiti, e astenendosi da misure che possano compromettere gli scopi dei trattati. Su questa base la Corte di giustizia, riferendo si all'obbligo di leale collaborazione ha individuato la responsabilita` dello Stato per gli atti di propri organi di trasgressione del diritto comunitario. Si vedano, oltre alla citata sentenza Francovich, le pronunce 5 marzo 1996, causa riunite C-46/93 e C-48/93, Brasserie du Pêcheur e Factortame, 26 marzo 1996, causa C-392/93, British Telecommunications, e 8 ottobre 1996, cause riunite C-178/94, C-179/94, C-188/94, C-189/94 e C-190/94, Dillenkofer. (82) G. Mari, op. cit., 1007 e ss., che sottolinea come proprio la Corte abbia messo in rilievo come l'efficacia delle norme comunitarie e l'effettivita` dei diritti da esse riconosciuti, esigono che i singoli possano, a certe condizioni, ottenere un risarcimento in caso di lesioni dei diritti medesimi dovute a violazioni del diritto dell'Unione europea imputabili alle decisioni dei giudici di ultimo grado.

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(83) N. Picardi, La responsabilita` del giudice: la storia continua, in Rivista di diritto processuale, 2007, 291; S. Licciardello, intervento al convegno Giurisdizione e diritti dei cittadini: dal potere al servizio pubblico della giustizia, organizzato dal Consiglio Superiore della Magistratura a Caltanissetta il 14 dicembre 2007. (84) Nei sistemi di common law, come e` noto, vige la regola della sostanziale immunita` del giudice, in ragione della sua funzione creatrice del diritto tramite precedenti, con una tutela che involge non solo il giudice, ma lo Stato stesso, in base al brocardo The King cannot do wrong. Il Crown Proceeding Act del 1947, infatti, esclude la responsabilita` dello Stato per gli atti di esercizio della funzione giudiziaria. Vd. N. Picardi, Responsabilita` del giudice, in AA.VV., Scritti in onore di A. Falzea, Milano, 1991, III, 2, 699. (85) Seguendo una diversa linea argomentativa, non del tutto condivisibile, la questione potrebbe essere impostata e risolta in base alle perplessita` sull'esistenza del c.d. giudicato ingiusto (G. Chiovenda, Principi di diritto processuale civile, Napoli, 1923, 910; A. Segni, Della tutela giurisdizionale, in A. Scialoja, G. Branca (a cura di), Commentario del codice civile, Roma-Bologna, 1953, vol. VI, 298; C. Vocino, Considerazioni sul giudicato, in questa Rivista, 1962, 1550). Il problema, si badi bene, si pone solo per la cosa giudicata ingiusta e non per la sentenza ingiusta, per la cui eventuale correzione sono normalmente deputati i mezzi di impugnazione. Nel caso del giudicato ingiusto invece, il dubbio sulla sua configurabilita` si pone soprattutto perche´ nulla assicura che il nuovo giudizio conclusosi con una sentenza passata in giudicato non sia anch'esso ingiusto (G. Pugliese, op. ult. cit., 823; E.T. Liebman, Giudicato ..., cit., 7.), o comunque errato. Ne deriva pertanto la difficolta` sistematica (ma anche pratica) di ammettere l'esercizio di una attivita` giurisdizionale volta ad accertare la ingiustizia del giudicato, anche sotto il profilo della mancata applicazione o della violazione del diritto comunitario: se si esclude la esistenza di un giudicato ingiusto diventa problematica la stessa configurabilita` della responsabilita` dello Stato, in assenza di un danno ingiusto cagionato ai cittadini. Attivita` invece piu` volte svolta dalla Corte di giustizia, che ha rivendicato il diritto di svolgere simili operazioni, soprattutto ritenendo di doversi prescindere dall'accertamento del dolo o della colpa grave del giudice, come chiarito nella sentenza Traghetti del Mediterraneo S.p.A. Questo, a differenza dei presupposti previsti dalla l. n. 117/1988 in tema di responsabilita` civile dei magistrati. (86) Secondo G. Alpa, La responsabilita` dello Stato per "atti giudiziari". A proposito del caso Köbler c. Repubblica d'Austria, in Nuova giurisprudenza civile commentata, 2005, II, 4, solo in caso di sentenze abnormi sarebbe ipotizzabile che l'interpretazione e l'applicazione del diritto da parte di una corte suprema siano errate, esercitando quest'ultima di norma il potere di nomofilachia. (87) Nel procedimento giudiziario che ha poi portato alla citata sentenza Köbler, il Governo inglese aveva sollevato il dubbio che la magistratura potesse essere considerata alla stregua di uno degli organi dalla cui attivita` potesse sorgere una responsabilita` per lo Stato membro. (88) N. Picardi, La responsabilita` del giudice ..., cit., 305. (89) D. Sabourault, La fonction jurisdictionelle entre autorite´, indipendence et responsabilite´, in M. Deguergue (sous la direction de), Justice et responsabilite´ de l'Etat, Parigi, 2003, 175 e ss.; A. Giuliani, N. Picardi, La responsabilita` del giudice, Milano, 1995, 268 e ss.

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(90) Oltre alla responsabilita` dello Stato sotto il profilo risarcitorio, il diritto comunitario conosce anche un diverso strumento utilizzabile, e cioe` la procedura per infrazione prevista dall'art. 226 Trattato CE, usato, per la verita`, solo una volta in casi di questo genere, nei confronti della Germania, come segnalato da S. Valaguzza, La teoria dei controlimiti nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, in Diritto processuale amministrativo, 2006, 839. La scarsa propensione comunitaria per il suo impiego deriva dall'inidoneita` dell'istituto rispetto al rapporto di collaborazione che dovrebbe sussistere tra giudici nazionali e giudici comunitari, come evidenziato dalla Commissione nella quinta e nella sesta Relazione annuale sull'applicazione del diritto comunitario. Per altra via, E. Cannada Bartoli, Impugnabilita` in Cassazione ex art. 111 ultimo comma della Costituzione per omesso rinvio di pregiudiziali da parte del Consiglio di Stato alla CGCE, in Diritto processuale amministrativo, 2005, 941 ss., ritiene utilizzabile lo strumento della proposizione della questione di giurisdizione avanti alle sezioni Unite della Cassazione in caso di mancato rinvio ex art. 234 Trattato CE, sebbene la giurisprudenza italiana non abbia accolto tale opzione. (91) T. Giovanetti, op. cit., col. 426. (92) In questo senso M.T. Stile, Il problema del giudicato di diritto interno in contrasto con l'ordinamento comunitario o con la CEDU, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 2007, 252 e ss. (93) Diversa e` invece l'impostazione di G. Mari, op. cit., 1007 e ss., che invece ritiene che la giurisprudenza Köbler abbia sostanzialmente permesso che l'autorita` della decisione sia messa in discussione. (94) Utilizzo in questa sede l'espressione "autorita` di cosa giudicata" nel significato tradizionale ad essa attribuito, e cioe` quello di giudicato sostanziale, e non nel senso di E.T. Liebman, che, come e` noto, la distingue dalla "efficacia di cosa giudicata". Quest'ultima, nell'impostazione del citato A., sarebbe rappresentata dall'attitudine della sentenza "a produrre i suoi effetti e [dall'] effettiva produzione di essi", mentre l'autorita` non sarebbe "un ulteriore e diverso effetto della sentenza, ma una qualita` dei suoi effetti e a tutti i suoi effetti riferibile, precisamente la loro immutabilita`" (vd. Efficacia ed autorita` della sentenza, Milano, 1935, 5 e ss.). Le ragioni che condussero l'A. ad effettuare tale distinzione sono note, ma e` altrettanto noto come la dottrina non abbia mai accolto completamente la proposta differenziazione. (95) Secondo l'impostazione dell'Avvocato generale nella controversia Lucchini, concezione poi ripresa dalla Corte di giustizia, nelle precedenti sentenze il giudicato non era stato messo in discussione perche´ non era oggetto di lite l'esercizio di una competenza esclusiva della Comunita`, come ricordato da C. Consolo, La sentenza Lucchini ..., cit., 232. Si tratterebbe di un sistema per certi versi simile a quello statunitense, nel quale il giudicato di una corte statale non vincola la corte federale, se quest'ultima e` dotata di exclusive jurisdiction sulla materia oggetto della pronuncia statale (Cfr. D. Volpino, L'oggetto del giudicato nell'esperienza americana, Padova, 2007, 374 e ss.; P. Biavati, op. cit., 1600). Abbiamo gia` avuto modo di sottolineare i limiti di questa impostazione soprattutto sotto il profilo della difficile conciliabilita` con taluni principi costituzionali. (96) È appena il caso di sottolineare come anche la Corte europea dei diritti dell'uomo sia stata chiamata a decidere controversie in cui rilevava un giudicato contrastante con il contenuto della Convenzione di Roma del 1950. In molti di questi casi, pero`, la mera

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riparazione economica del danno e` risultata insufficiente, ritenendosi piu` appropriata la rinnovazione del processo mediante revisione, sebbene questa soluzione comporti non pochi problemi di coordinamento con le regole processuali interne dei vari Stati. Sull'argomento vd. M.T. Stile, op. cit., 258 e ss.Nella sentenza 12 luglio-3 ottobre 2006, n. 32678, Somogyi, la Corte di Cassazione aveva disposto la riapertura di un procedimento penale, in cui la sentenza era ormai divenuta cosa giudicata, a causa di una pronuncia della Corte europea dei diritti dell'uomo che aveva ravvisato, all'interno di quel procedimento, gravi vizi procedurali. In questo caso, pero`, nonostante l'opinione dei giudici nazionali (secondo i quali era necessario mettere in discussione l'intangibilita` del giudicato, pena l'inattuazione della tutela europea dei diritti fondamentali) si tratta di un caso sotto certi versi accostabile alle ipotesi di revocazione di cui all'art. 395 c.p.c., trattandosi comunque di eventi eccezionali influenti sulla corretta formazione del giudizio nei termini di "indici o sintomi di ingiustizia della decisione" (per utilizzare l'espressione di A. Attardi, La revocazione, Padova, 1959, 49). (97) Fatte le dovute differenze, si tratterebbe, in altri termini, di qualcosa di analogo a quanto previsto per l'accertamento di una responsabilita` dello Stato per violazione dei diritti umani, dal momento che la Corte europea dei diritti dell'uomo non puo` essere investita di una questione fino al previo esaurimento dei ricorsi giurisdizionali interni volti ad accertare la violazione. Vd. M.A. Eissen, La Cour europe´enne de droits de l'homme, in Annuaire Français de Droit International, 1959, 617 e ss. (98) E. Scoditti, Violazione del diritto comunitario derivante da provvedimento giurisdizionale: illecito dello Stato e non del giudice, in Il foro italiano, 2006, IV, col. 418 e ss. (99) R. Conti, op. cit., 378. (100) G. Alpa, op. cit., 4, che accosta, sembra provocatoriamente, in questo senso la res iudicata al "cattivo diritto". R. Conti, op. cit., 379, sottolinea che per effetto della condanna il giudicato e` destinato a rimanere lettera morta. In effetti, pero`, non e` detto che la tutela risarcitoria sia in grado di eliminare tutte le conseguenze della sentenza divenuta cosa giudicata, anzi spesso cio` non avviene. (101) Cfr. supra in questo paragrafo. (102) R. Conti, op. cit., 378. (103) C. Mandrioli, Diritto processuale ..., cit., vol. I, 158 e ss. (104) Cfr. punto 36 delle conclusioni rese dall'Avv. Geelhoed. (105) Sentenze 1 giugno 1999, causa C-126/97, Eco Swiss China Time; 16 marzo 2006, causa C-234/04, Kapferer; 1 giugno 2006, cause riunite C-442/03P e C-471/03P, P&O European Ferries. A queste occorre aggiungere l'ordinanza 11 luglio 1996, causa C-397/95P, Coussios.Sulla Eco Swiss China Time, vd. S. Bastianon,L'arbitrabilita` delle controversie antitrust tra diritto nazionale e diritto comunitario, in Il Foro italiano, 1999, IV, col. 471 e ss.; C. Punzi, Diritto comunitario e diritto nazionale dell'arbitrato, in Rivista dell'arbitrato, 2000, 235 e ss.; L. Laudisa,Gli arbitri e il diritto comunitario della concorrenza, ivi, 591 e ss.; A. Rizzo, Giudicato interno e ordine pubblico comunitario, in Europa e diritto privato, 2000, 667 e ss.; C. Prieto, Chronique de jurisprudence du Tribunal et de la Cour de justice des Communaute´s europe´ennes, in Journal du droit international, 2000, 504 e ss.; J.C. Dubarry, E. Loquin,Tribunaux de commerce et arbitrage, in Revue trimestrielle de droit commercial et de droit économique, 2000, 340 e ss.; M. Furse, L. D'Arcy,Eco Swiss China Time Ltd / Benetton: EC Competition Law and

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Arbitration, in European Competition Law Review, 1999, 392e ss.Sulla Kapferer, si rinvia a E. Adobati,La sentenza di un giudice nazionale passata in giudicato non puo` piu` essere rimessa in discussione anche se viola il diritto comunitario, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 2006, 83 e ss.; E. Broussy, F. Donnat, C. Lambert,Stabilite´ des situations juridiques et droit communautaire, in L'actualite´ juridique; droit administratif, 2006, 2275 e ss.; A. Michinel, A. Miguel,La exclusio´n de la promesa de premio del a´mbito de aplicacio´n de las normas sobre consumidores en el reglamento 44/2001 (Comentario a la STJUE Kapferer, de 16 de marzo de 2006, as. C-234/2004), in Diario La ley, 2006, n. 6494 1 e ss.Sulla P&O European Ferries, vd. K. Gross,The P&O European Ferries (Vizcaya) SA Case: 14 years to Gain Legal Certainty, in European State Aid Law Quarterly, 2006, 567 e ss.; L. Idot,Autorite´ de chose juge´e d'un premier arrêt, in Europe, 2006, ao"t-septembre, comm. n. 246, 19 e ss.; C. Lambert, Qualification d'aides d'État, notification et compatibilite´ des aides avec le Traite´, in Revue Lamy de la Concurrence: droit, économie, re´gulation, 2006, n. 8, 52 e ss. (106) Per A. Ruggeri, La certezza del diritto al crocevia tra dinamiche della normazione ed esperienze di giustizia costituzionale, contributo a Le fonti del diritto oggi, Giornate di studio in onore di A. Pizzorusso, Pisa 3-4 marzo 2005, in costituzionalismo.it, la "certezza" del diritto è espressione oscura. Il principio di cui nel testo e` stato sovente oggetto di attenzione da parte della Corte di giustizia comunitaria sin dagli esordi. Gia` nel 1957, con la sentenza 12 luglio, cause riunite 7/56, 3-7/57, Algera e altri, e` stato sottolineato come il potere di revoca da parte delle amministrazioni comunitarie potesse essere esercitato salvaguardando l'esigenza di tutelare il principio della certezza del diritto e la tutela dell'affidamento. Successivamente ha in parte rivisto la propria posizione, ammettendo ipotesi in cui tale principio dovesse cedere per ragioni di giustizia sostanziale, come deciso con la sentenza 22 marzo 1961, cause riunite 42/59 e 49/59, Socie´te´ nouvelle des usines de Pontlieue − Acie´ries du Temple (S.N.U.P.A.T.) contre Haute Autorite´ de la Communaute´ europe´enne du charbon et de l'acier. Cfr. B. Marchetti, Sul potere di annullamento d'ufficio, la Corte ribadisce l'autonomia procedurale degli Stati membri, ma si sbilancia un po', in questa Rivista, 2006, 1137. (107) Si pensi, a titolo di esempio, alla sentenza 27 febbraio 1992, cause riunite C-102,103/89, Basf, e alla sentenza 8 ottobre 1996, cause riunite C-178, 179, 188,189, 190/94, Dillenkofer. Su quest'ultima, si rinvia a N. Pecchioli,La Corte di giustizia chiude il cerchio: una nuova pronuncia in materia di responsabilita` dello Stato per mancata attuazione di una direttiva, in questa Rivista, 1997, 112 e ss.; G. Della Cananea, La Corte di giustizia e i rimedi contro le omissioni del legislatore, in Giornale di diritto amministrativo, 1997, 826 e ss.; F. Regaldo, Recenti sviluppi in tema di responsabilita` dello Stato per la mancata attuazione delle direttive comunitarie: la causa Dillenkofer, in Giurisprudenza italiana, 1998, 210 e ss.; T.K. Hervey,Francovich Liability Simplified, in Industrial Law Journal, 1997, 74 e ss.; M.V. Cuartero Rubio,Viajes combinados y derecho de los particulares a una indemnizacio´n, in La ley - Unio´n Europea, 1997, n. 4222, 10 e ss.; S. Furlan,Il risarcimento dei danni causati dalla mancata attuazione di una direttiva: la sentenza "Dillenkofer", in Il Diritto dell'Unione Europea, 1997, 463 e ss. (108) L'orientamento prevalente ritiene che il principio di cui nel testo derivi direttamente dalle ricostruzioni giurisprudenziali della Corte di giustizia, non considerando conclusivo il riferimento da alcuni avanzato agli artt. 8 e 11 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo. Cfr. M.P. Chiti, op. ult. cit., 488.

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(109) In questo senso la Corte di giustizia si e` espressa piu` volte; da ultimo nella sentenza Köbler. (110) Come e` noto, quella dei principi generali del diritto comunitario e` una categoria giuridica di costruzione giurisprudenziale. Il Trattato CE, invero, non la conosce, salvo quanto previsto all'art. 288 in tema di responsabilita` extracontrattuale della Comunita`. Solo di recente essa e` stata codificata, nell'art. 46 Trattato UE nel testo modificato con il Trattato di Amsterdam, prevedendosi che "l'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta` fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stato membri, in quanto principi generali del diritto comunitario" (corsivo nostro). È appunto alla giurisprudenza della Corte di giustizia, a far data dalla sentenza 12 luglio 1957, cause riunite 7/56 e 3-7/58, Algera, che occorre fare riferimento in ordine al contenuto della presente fonte. Cfr. G. Gaja, Introduzione ..., cit., 103 e ss.; Id., Identifiyng the Status of General Principles in European Community Law, in AA.VV., Scritti in onore di G.F. Mancini, Milano, 1988, 445 e ss.; M.P. Chiti, op. ult. cit., 214 e ss.; Id., The Role of the European Court of Justice in the Developing of the General Principles of Law and their Possible Codification, in questa Rivista, 1995, 661 e ss.; A. Adinolfi, I principi generali nella giurisprudenza comunitaria e la loro influenza sugli ordinamenti degli Stati membri, ivi, 1994, 521 e ss.; E. Castorina, Certezza del diritto e ordinamento europeo: riflessioni intorno ad un principio "comune", ivi, 1998, 1177 e ss; G. Della Cananea, From Judges to Legislators?, ivi, 1995, 967 e ss.; J. A. Usher, General principles of EC Law, Londra, 1997. (111) Cfr. Il punto 24 della sentenza: "Occorre ricordare che la certezza del diritto e` inclusa tra i principi generali riconosciuti nel diritto comunitario": M.P. Chiti, Diritto amministrativo europeo, cit., 573. (112) G. Chiovenda, Sulla cosa giudicata, cit., 400. (113) Alcuni ordinamenti antichi, addirittura, non avevano conoscenza della intangibilita` della decisione definitiva, si pensi al diritto norvegese delle origini. Ovviamente, tali sistemi, in quanto arcaici, non avevano le necessita` oggi avvertite circa la certezza dei traffici giuridici. (114) In questo senso, vd. V. Cerulli Irelli, Trasformazioni del sistema di tutela giurisdizionale ..., cit., 454. Il collegamento tra giudicato e certezza del diritto viene mantenuto fermo anche dall'Avvocato generale nella controversia Lucchini, che (punto 36) sottolinea: "È nell'interesse della certezza del diritto che sentenze contro cui non puo` piu` essere interposto appello divengano inattaccabili nei rapporti sociali, ossia che divengano un fatto giuridico che fa stato fra le parti". (115) Vd. supra. (116) Regolamento del Consiglio dell'Unione europea 22 marzo 1999, n. 659/CE, recante modalita` di applicazione dell'art. 93 Trattato CE. (117) "Nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l'aiuto dal beneficiario (in seguito denominata "decisione di recupero"). La Commissione non impone il recupero dell'aiuto qualora cio` sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario" (corsivo nostro). (118) A. Tizzano, La gerarchia delle fonti comunitarie, in Il diritto dell'Unione europea,

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1996, 57 e ss. (119) Art. 230 Trattato CE. (120) B. Lubrano, op. cit., 202 e ss.; A. Tonetti, I poteri amministrativi comunitari in materia di aiuti di Stato, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 2007, 443 e ss., special. 464 e ss.Il contrasto del provvedimento di recupero con i principi generali del diritto comunitario si traduce di regola nell'impossibilita` per la Commissione di procedere all'esecuzione dell'ordine di recupero. Tale situazione, a avviso della Corte di giustizia, si verifica pero` raramente, dal momento che comunque gli Stati membri hanno l'obbligo di ottemperare alle statuizioni della Commissione, anche quando l'esecuzione di queste sia in contrasto con il diritto interno e determini difficolta` giuridiche o pratiche. In questo senso, si vedano molteplici pronunce, tra le quali 1 giugno 2006, Commissione c. Italia, causa C-207/05; 29 gennaio 1998, Commissione c. Italia, causa C-280/95; 1 aprile 2004, Commissione c. Italia, causa C-99/02; 12 maggio 2005, Commissione c. Grecia, causa C-415/03.Addirittura, si esclude che gli Stati possano invocare l'eventuale illegittimita` della determinazione della Commissione, dal momento che questi non hanno alcun potere valutativo in ordine alla liceita` o meno della misura erogata, valutazione che compete unicamente alla Commissione. Si pensi, tra le altre, alla sentenza 1 giugno 2006, causa C-207/05, Commissione c. Italia. (121) Vd. C. Ciampolillo, Incompatibilita` e recupero, in L. Salvini, Aiuti di Stato in materia fiscale, Padova, 2007, 381 e ss. (122) Cfr. sentenze 20 settembre 1990, causa C-5/89, Commissione c. Germania; 10 giugno 1993, causa C-183/91, Commissione c. Grecia; 20 marzo 1997, causa C-24/95, Land Rheinland c. Alcan. Nell'ultima sentenza citata, addirittura, la Corte di giustizia fa prevalere l'esigenza del recupero degli aiuti di Stato illegittimi anche rispetto alla esigenza della certezza del diritto, dal momento che l'autorita` nazionale competente e` tenuta ad annullare la decisione di concessione di un aiuto anche qualora abbia lasciato scadere il termine a tal fine previsto dal diritto nazionale a tutela della certezza del diritto. (123) Altra possibile lettura dell'eccezione al recupero degli aiuti di Stato e` collegata alla impossibilita` assoluta, ma in questo caso occorrerebbe indagare fino a che punto sia realisticamente sostenibile che il giudicato rappresenti una impossibilita` giuridica al detto recupero. (124) Sul rapporto tra Corte costituzionale e Corte di giustizia si rimanda agli spunti di S.M. Carbone, Corte Costituzionale, pregiudiziale comunitaria e uniforme applicazione del diritto comunitario, in Il diritto dell'Unione europea, 2007, 707 e ss. (125) Sul punto si veda, tra gli altri, G. Recchia, Osservazioni sul ruolo dei diritti fondamentali nell'integrazione europea, in Diritto e societa`, 1991, 133 e ss. (126) È appena il caso di ricordare che la posizione assunta dalla Corte costituzionale e` analoga a quella fatta propria dai suoi omologhi degli altri Stati membri, che parlano di principi "fondamentali" o "essenziali", il "nocciolo duro", "l'identita` costituzionale" ecc. del proprio Stato; si pensi alla sentenza Solange I del Bundesverfassungsgericht del 29 marzo 1974. Cfr. A. Tizzano, Ancora sui rapporti tra Corti europee: principi comunitari e c.d. controlimiti costituzionali, in Diritto dell'Unione europea, 2007, 736. Per un'ampia disamina della questione in chiave comparata, vd. A. Celotto, T. Groppi, Diritto UE e diritto nazionale: primaute´ vs controlimiti, in questa Rivista, 2004, 1310 e ss. (127) Si tratta dei limiti alle limitazioni di sovranita` di cui all'art. 11 Cost. Cfr. P. Barile, Ancora su diritto comunitario e diritto interno, in AA.VV., Studi per il XX anniversario

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dell'Assemblea costituente, VI, Firenze, 1969, 48 ss.; F. Sorrentino, Corte costituzionale e Corte di giustizia delle Comunita` europee, Milano, I,1970, 105 ss. (128) ... ribadita dalla Corte costituzionale anche in successive sentenze, tra le quali meritano menzione le pronunce 8 giugno 1984, n. 170, e 18 aprile 1991, n. 168. (129) Potere sostanzialmente ribadito dalla Corte di recente con riguardo alla Convenzione europea dei diritti umani. Cfr. sentenze 24 ottobre 2007, nn. 348 e 349. In esse viene affermato che le norme della CEDU pur non avendo rango costituzionale, costituiscono norme "interposte" nel giudizio di costituzionalita`, per effetto del rinvio agli obblighi internazionali contenuto nell'art. 117, primo comma, Cost., a condizione che esse stesse non risultino "incompatibili" con le pertinenti disposizioni della Costituzione. Su tali sentenze, si rinvia, tra l'altro, a M. Savino, Il cammino internazionale della Corte costituzionle dopo le sentenze n. 348 e 349 del 2007, in questa Rivista, 2008, 747 e ss.; S. Bonatti, La giusta indennita` d'esproprio tra Costituzione e Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, ivi, 1288 e ss.In precedenti sentenze la Corte aveva mantenuto ferma la riserva di sindacato, come nei casi delle sentenze 5 giungo 1984 n. 170, Granital ("le osservazioni fin qui svolte non implicano, tuttavia, che l'intero settore dei rapporti fra diritto comunitario e diritto interno sia sottratto alla competenza della Corte, [che] ha, nella sent. n. 183 del 1973, gia` avvertito come la legge di esecuzione del Trattato possa andar soggetta al suo sindacato, in riferimento ai principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale e ai diritti inalienabili della persona umana"), 15-19 dicembre 1988 n. 1146 e 11-12 aprile 1989 n. 203. Nella sentenza 13-21 aprile 1989 n. 232, Fragd c. Amministrazione delle Finanze dello Stato, i giudici costituzionali hanno sottolineato che "[...] non significa che possa venir meno la competenza di questa Corte a verificare, attraverso il controllo di costituzionalita` della legge di esecuzione, se una qualsiasi norma del Trattato, cosi` come essa e` interpretata ed applicata dalle istituzioni e dagli organi comunitari, non venga in contrasto con i principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale o non attenti ai diritti inalienabili della persona umana", del resto, "quel che e` sommamente improbabile e` pur sempre possibile". (130) Il primato del diritto comunitario e` stato ricostruito dal Tribunale costituzionale spagnolo nella Decisione n. 1/2004, distinguendolo dal concetto di superiorita` gerarchica, quale mezzo per assicurare, nella pratica, l'effetto diretto e l'applicazione uniforme del diritto comunitario in tutti gli Stati membri ("la supremazia si concretizza nel carattere gerarchicamente superiore di una norma, e per cio` stesso, e` fonte di validita` delle norme sott'ordinate, e implica, come conseguenza, l'invalidita` di queste ultime, qualora contravvengano a disposizioni imperative contenute nella prima. Il primato non si concretizza necessariamente in un rapporto gerarchico, bensi` nella distinzione tra diversi ambiti di applicazione di norme tra loro differenti, per principio valide, delle quali, tuttavia, una o alcune di queste possiedono la capacita` di essere applicate a preferenza di altre, in virtu` di ragioni che possono essere le piu` varie. La supremazia implica sempre, per principio, il primato, salvo che la stessa norma suprema abbia previsto, in qualche ambito, la possibilita` di una sua disapplicazione. La supremazia della Costituzione, e`, pertanto, compatibile con regimi di applicazione che riconoscano preferenza applicativa a norme di altri ordinamenti diversi da quelli nazionali, sempre che la Costituzione lo abbia previsto, cio` che accade, precisamente, nel caso dell'art. 93", nella traduzione di A. Schillaci, Il tribunale costituzionale spagnolo e la Costituzione europea, in www.associazionedeicostituzionalisti.it).

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(131) A. Celotto, T. Groppi, Primaute´ e controlimiti nel progetto di trattato costituzionale, in Quaderni costituzionali, 2004, 868 e ss. (132) Ha certamente avuto peso nell'elaborazione giurisprudenziale della teoria dei controlimiti e nelle analoghe costruzioni dei tribunali costituzionali dei vari Paesi membri il deficit di democraticita` che da sempre viene posto nei confronti dell'ordinamento comunitario. In questo senso, vd. S. Gambino, La Carta e le Corti costituzionali. "Controlimiti" e "Protezione equivalente", in Politica del diritto, 2006, 414. Il fondamento dell'assenza di adeguata democraticita` dell'Unione europea risiede nella considerazione che il sistema istituzionale europeo attribuisce grandi poteri alla Commissione e al Consiglio dei Ministri (cioe`, ai governi nazionali, che in esso sono rappresentati), mentre comprime fortemente quelli del Parlamento europeo nel procedimento legislativo, nonostante che proprio il Parlamento sia l'unica istituzione legittimata direttamente dal voto dei cittadini europei. Cfr. F. Capelli, Il sistema istituzionale dell'Unione europea come fondamento di una nuova forma di democrazia, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 2004, 221 e ss. Altra argomentazione sovente utilizzata riguarda l'assenza di correttivi in grado di configurare un adeguato controllo del Parlamento europeo sull'esecuzione e sulla gestione comunitaria da parte del Consiglio dei ministri, come notato da C. Storini, La difficile parlamentarizzazione dell'Unione europea, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2004, 258. (133) Come avvertito da G. Gaja, Introduzione al diritto comunitario, cit., 130, in caso di incompatibilita` del diritto comunitario con la Costituzione italiana si porrebbe il problema della eventuale esclusione dell'Italia dall'Unione europea, e per scongurare questa evenienza dovrebbero cercarsi soluzioni normative o giurisprudenziali. Analogamente, G. Zagrebelsky, voce Processo costituzionale, in Enc. dir., ad vocem; F. Sorrentino, La tutela dei diritti fondamentali nell'ordinamento comunitario ed in quello italiano, in M. Cappelletti, A. Pizzorusso (a cura di), L'influenza del diritto europeo sul diritto interno, Milano, 1982, 49 e ss. Di diverso avviso A. Celotto, Fonti comunitarie e Corte costituzionale. Le norme comunitarie come "parametro" e come "oggetto" nei giudizi costituzionali, Roma, 2000, 136 ss., che pone l'alternativa tra la revoca dell'adesione dell'Italia al sistema delle Comunita` europee oppure l'inapplicabilita` in Italia di singole norme del diritto comunitario (ipotesi, comunque, di difficile realizzazione nella pratica). (134) Art. 104 del progetto: "Le sentenze non piu` soggette ad impugnazione di qualsiasi specie non possono essere annullate o modificate neppure per atto legislativo, salvo i casi di legge penale abrogativa o di amnistia, grazia e indulto". (135) P. Calamandrei, Opere giuridiche, Napoli, 1968, vol. III, 217 e ss.; G. Tarzia, Leggi interpretative e garanzia della giurisdizione, in Rivista di diritto pubblico, 1993, 243 e ss.; G. Mari, op. cit., 1007 e ss. (136) Corte costituzionale, sentenza 29 aprile 1982, n. 77. (137) Consiglio Stato adunanza plenaria, sentenza 21 febbraio 1994, n. 4. (138) "L'Unione europea rispetta l'uguaglianza degli Stati membri davanti alla Costituzione e la loro identita` nazionale legata alla loro struttura fondamentale, politica e costituzionale". (139) Il trattato pero`, come si sa, non e` stato ratificato da un numero sufficiente di Stati membri, e quindi non ha un valore giuridico vincolante. Resta comunque un elemento indicativo delle esigenze avvertite dal diritto comunitario.

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(140) Una lettura differente del rapporto tra le due norme e` offerta da P. Cruz Villalon, E1 papel de los tribunales constitucionale nacionales en e1 futuro constitucional de la Unio´n, in AA.VV.,Une communaute´ de droit. Festschrift fur Gil Carlos Rodri`guez Iglesias, Berlin, 2003, 271 ss., il quale relativizza la "precedenza" dell'art. I-5 rispetto all'I-6. (141) In questo senso vd. A. Tizzano, Ancora sui rapporti tra Corti europee ..., cit., 737. (142) Sulla Carta di Nizza, si rinvia, ex multis, a A. Pace, La dichiarazione di Laeken e il processo costituente europeo, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 2002, 613 e ss.; M.P. Chiti, La Carta europea dei diritti fondamentali: una carta di carattere funzionale?, ivi, 2002, 1; A. Weber, Il futuro della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in questa Rivista, 2002, 31 e ss.; J.P. Jacque´, Charte des droits fondamenatux et droit a` un recours effectif − Dialogue entre le juge et le "constituant", in Il diritto dell'Unione europea, 2002, 1; J.H.H. Weiler, Diritti umani, costituzionalismo ed integrazione: iconografie e feticismo, in Quaderni costituzionali, 2002, 521 e ss.Sulla natura giuridica della Carta di Nizza prima del Trattato di Lisbona era ad ogni modo lecito porsi piu` di qualche dubbio. L'intera Carta aveva infatti un valore giuridico incerto e, tutt'al piu`, meramente ricognitivo di norme preesistenti nel diritto comunitario. Cosi` A. Barbosa, La Carta europea dei diritti: una fonte di ricognizione?, in Il diritto dell'Unione europea, 2001, 241 e ss., che inquadrava la suddetta Carta di Nizza tra le fonti cd. atipiche, assimilandola alle fonti comunitarie primarie, tra cui le tradizioni comuni, i principi generali di struttura dei trattati e il diritto consuetudinario, chiedendosi se la Carta (formulata anch'essa per principi) non fosse destinata a rappresentare la fonte di cognizione dei diritti espressa da tali tradizioni.U. Villani, Diritti fondamentali tra Carta di Nizza, Convenzione europea dei diritti dell'uomo e progetto di Costituzione europea, in Il diritto dell'Unione europea, 2004, 78 e ss., sottolineava che la Carta sembrava priva di valore giuridico obbligatorio, non a caso il Consiglio europeo di Laeken aveva posto il problema dell'inserimento di essa nel Trattato, mostrando cosi` di negare la obbligatorieta` del documento firmato a Nizza. Questo, non a caso, era stato pubblicato nella serie C della Gazzetta Ufficiale delle Comunita` Europee, riservata agli atti non obbligatori, e non nella serie L, contenente gli atti normativi. Secondo l'A., quindi, la Carta avrebbe un valore "politico", rilevando, tra l'altro, quale parametro di valutazione ai fini dell'ammissione di nuovi membri nell'Unione, o quale strumento di politica di cooperazione allo sviluppo. Il documento inoltre potrebbe avere un ruolo nell'orientare le scelte delle istituzioni.J. Rolda´n Barbero, La Carta de Derechos Fundamentales de la UE: su estatuto constitucional, in Revista de Derecho Comunitario Europeo, 2003, 943 e ss., sottolineava il valore extragiuridico della Carta di Nizza, pur mettendo in luce che essa "se instala en el proceso de constitucionalizacio´n experimentado por la integracio´n europea durante los u´ltimos ao`os" e che portera` all'inserimento della Carta nella Convenzione europea.Secondo A. Zito, Il "diritto ad una buona amministrazione" nella carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e nell'ordinamento interno, in questa Rivista, 2002, 425 e ss., la Carta era ancora priva di una qualche efficacia giuridicamente vincolante. Concordava con questa opinione pure U. De Siervo, L'ambigua redazione della Carta dei diritti fondamentali nel processo di costituzionalizzazione dell'Unione europea, in Diritto pubblico, 2001, 33 ss. A diverse conclusioni (e cioe` nel senso della sua vincolativita`) si erano schierati prima del Trattato di Lisbona, tra gli altri, A. Manzella, Dal mercato ai diritti, in A. Manzella, P. Melograni, E. Paciotti, S. Rodota`,

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Riscrivere i diritti in Europa, Bologna, 2001, 51 e ss.; G. Sacerdoti, La Carta europea dei diritti fondamentali: dall'Europa degli Stati all'Europa dei cittadini, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2000, 1398 e ss.; L. Azzena, Il giudice comunitario e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (nota a Conclusioni dell'Avvocato generale Antonio Tizzano, presentate l'8 febbraio 2001, nella causa C-173/99), in questa Rivista, 2001, 612 e ss. (143) Vd. le "storiche" sentenze 12 novembre 1969, causa 29/69, Staduer, e 17 dicembre 1970, causa 11/70, Internationale Handelsgesellschaft, nelle quali la Corte ha riconosciuto che "tutela dei diritti fondamentali costituisce parte integrante dei principi giuridici generali di cui la Corte di giustizia garantisce l'osservanza". (144) In questo senso M. Cartabia, A. Celotto, La giustizia costituzionale in Italia dopo la Carta di Nizza, in Giurisprudenza costituzionale, 2002, 4477 e ss. (145) Sul Trattato di Lisbona, vd. M. Fragola, Osservazioni sul Trattato di Lisbona tra Costituzione europea e processo di "decostituzionalizzazione", in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 2008, 205 e ss.; P. Lassaglia, Il Trattato di Lisbona: qualche passo indietro per andare avanti, in Il foro italiano, 2008, V, col. 40 e ss.; R. Baratta, Le principali novita` del Trattato di Lisbona, in Il diritto dell'Unione europea, 2008, 21 e ss.; G. Amato, Dalla Convenzione al Trattato di Lisbona, in Rivista di studi politici internazionali, 2008, 110 e ss.; R. Sapienza, Lisbona 2007: un nuovo Trattato per l'Unione europea, in Aggiornamenti sociali, 2008, 127 e ss.; B. Nascimbene, A. Lang, Il Trattato di Lisbona: l'Unione europea a una svolta?, in Il corriere giuridico, 2008, 137 e ss. (146) Inoltre, ai sensi del successivo par. 3 del medesimo art. 6 Trattato UE, i diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta` fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali. (147) Cfr. M. Fragola, Istituzioni europee: il 13 dicembre e` stato firmato a Lisbona il trattato di riforma. Il trattato in sintesi, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 2008, 202. (148) Corte costituzionale, sentenza 21 aprile 1989, n. 232. (149) A. Celotto, T. Groppi, Diritto UE e diritto nazionale..., cit., 1314, mettono in luce proprio la ponderazione politica sovente operata dai tribunali costituzionali in queste ipotesi. (150) F. Dal Canto, Il Consiglio di Stato tra normativa comunitaria, controlimiti e giudicato costituzionale, in Giurisprudenza italiana, 2007, 592; A. Ruggeri, "Tradizioni costituzionali comuni" e "controlimiti", tra teoria delle fonti e teoria dell'interpretazione, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2003, 105; M. Savino, op. cit., 781 e ss. La progressiva armonizzazione degli ordinamenti di cui nel testo e` uno dei fattori che puo` favorire la creazione di un ordine giuridico globale, su cui vd. S. Cassese, La funzione costituzionale dei giudici non statali. Dallo spazio giuridico globale all'ordine giuridico globale, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 2007, 609 e ss.; E. D'Alterio, C. Mari, La costruzione giurisprudenziale dell'ordine giuridico globale, ivi, 775 e ss. (151) Si è volutamente ripreso il termine usato da G. Zagrebelsky, Il diritto mite. Leggi, diritti, giustizia, Torino, 1992. (152) Vd., tra gli altri, A. Tizzano, Ancora sui rapporti tra Corti europee ..., cit., 744, che sottolinea a tal proposito il ruolo centrale dello strumento del rinvio pregiudiziale.Di

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dialogo parla anche S. Gambino, La Carta e le Corti costituzionali ..., cit., 442. (153) Per A. Barone, Giustizia comunitaria ..., cit., 135 e ss., dalla giursiprudenza sulla responsabilita` dei giudici discenderebbe un vero e proprio network tra la Corte di giustizia e i giudici nazionali, nel quale il giudice inferiore potrebbe verificare ed eventualmente sanzionare in termini risarcitori l'errore del giudice superiore, accertando soprattutto l'attivita`interpretativa e di valutaizone dei fatti e delle prove compiute dai supremi giudici naizonali, e cosi` rendendo i giudici inferiori garanti dell'uniforme interpretazione del diritto comunitario. (154) Come sottolineato anche da A. Barone, Giustizia comunitaria ..., cit., 149 e ss., le amministrazioni nazionali si inseriscono nel circuito della nomofilachia comunitaria tramite il potere di autotutela decisoria, e, segnatamente, avvalendosi dell'istituto dell'annullamento d'ufficio. (155) In questi termini A. Celotto, Una nuova ottica dei "controlimiti nel TCE"?, in www.forumcostituzionale.it. (156) Invero, il dialogo per essere effettivo presuppone un rapporto prioritario senza complessi di superiorita` tra i giudici, come ricordato da G. Zagrebelsky nel suo discorso per i cinquant'anni di attivita` della Corte costituzionale. Nell'ordinamento dell'Unione europea, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia, invece, tende a valorizzarsi una forma di primazia di quest'ultima su tutti i giudici nazionali anche di ultima istanza, in nome del primato del diritto comunitario. Vd. anche G. Zagrebelsky, Corti europee e corti nazionali, in S. Panunzio (a cura di), I costituzionalisti e l'Europa, Milano, 2003, 539 e ss. (157) Occorre ricordare sotto questo profilo come la Corte costituzionale abbia spesso cercato di evitare l'utilizzo dello strumento ex art. 234 Trattato CE, preferendo optare per pronunce di irrilevanza della questione, come nell'ordinanza 15-19 dicembre 1995 n. 536. Si tratta di un modus operandi non condiviso dalla Corte di giustizia. Come chiarito dall'Avv. Generale Kokott, il giudizio di costituzionalita` di una norma interna non puo` assorbire anche quello di compatibilita` con il diritto comunitario della medesima, che rimane soggetta alla procedura di cui all'art. 234 Trattato CE (cfr. le sue Conclusioni nel procedimento concluso con la sentenza 3 maggio 2005, cause riunite C-387/02, C-391/02 e C-403/02, Berlusconi e altri). In non poche occasioni, poi, la Corte costituzionale ha preferito sospendere il giudizio in attesa della decisione della Corte di giustizia sulla medesima questione, come nell'ordinanza 26 maggio-1 giugno 2004, n. 165. Soprattutto, la Corte costituzionale ha tradizionalmente escluso la sua natura di giudice nazionale, preferendo considerarsi una autorita` investita di funzione di controllo costituzionale. In questo senso le sentenze n. 13/1960 e 206/1972, oltre all'ordinanza n. 536/1995. Sono note le critiche della dottrina a questa impostazione, come ricordato da M.P. Chiti, La Consulta e il primo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia: verso il concerto costituzionale europeo, in Giornale di diritto amministrativo, 2008, 964. (158) L'ordinanza n. 103/2008 della Corte costituzionale sembra voler introdurre l'auspicato dialogo tra le due corti, avendo rimesso alla Corte di giustizia una questione di interpretazione del Trattato CE in ordine all'applicabilita` dell'imposta su aeromobili e unita` di diporto alle imprese esercenti tali attivita` in maniera differente a seconda che queste siano o meno residenti in Sardegna. (159) Cosi` M.P. Chiti, La Consulta e il primo rinvio ..., cit., 962 e ss., il quale sottolinea la opportunita` di estendere il meccanismo del rinvio anche ai giudizi di costituzionalita`

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in via incidentale, essendo questi ultimi i giudizi nei quali si pone la maggior parte delle questioni di diritto comunitario. (160) ... situazione che potrebbe verificarsi per effetto della sentenza Lucchini in base alle considerazioni che precedono nel tesa. (161) Non occorre certo ricordare le resistenze opposte da alcuni Stati sia alla loro partecipazione all'Unione (si pensi alla Norvegia), sia la mancata adozione della Costituzione europea, come pure il risultato negativo del referendum irlandese del 12 giugno 2008 con il quale e` stata respinta la ratifica del Trattato di Lisbona.

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