ipocondria, scienza medica e una congiuntura …

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IPOCONDRIA, SCIENZA MEDICA E POESIA. UNA CONGIUNTURA SETTECENTESCA SANDRA PARMEGIANI Se mai colui, che per voler superno A' sensi nostri è sprone insieme, e Duce, Non è tanto, che basti al gran governo. Ned ha tutto il vigor, che all'opre induce: O se purgato è meno, e in lui discerno O minor sottigliezza o minor luce: O sei varia in suo moto, e al senso interno Pigri fantasmi, e strane idee conduce: L'Uomo allor langue, e mancan nel buon uso Sue parti prime, e vien, che il s'imbrune All'infelice, o sia da' vivi escluso: O mente ha tarda, ond'e, che in lui si adune De' più pazzi pensier lo stuol confuso: E questo (oimèi) questo egli è mal comune. Camillo Brunori {Il poeta medico ovvero la medicina esposta in versi, ed in prose italiane) Summary: This article opens with a survey of the works of those physicians who, in the eighteenth century, expanded on the Classical and Renaissance theorization of hypochondria. It then looks at the connections between hypochondria and literary creation, a themewhich is explored by several Italian eighteenth-century authors, among them Bernardino Ramazzini, Antonio Fracassini, Antonio Pujati, and Giovanni Verardo Zeviani. The study of the literati's hypochondria was very much in fashion in eigh- teenth-century Italy, ason the other handat the peak of the grand tour craze it was fashionable, in the land of Dante, to declare oneself affected by the "English malady." The essay then focuses on the links between medicine and poetry with an examination of the literary creations of Italian and English poet-physicians who provided an exposition in verse of this 'disease of the learned.' Ultimately, science seems to confirm that the effort to defy mortality through knowledge and artistic achievement is a vain but unavoidable attempt, and that man in the age of reason suffers, more that ever before, from the unruly disease of an altered imagination. Quaderni d'italianistica. Volume XXVIII, No. 2, 2007, 1 19

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IPOCONDRIA, SCIENZA MEDICA E POESIA.

UNA CONGIUNTURA SETTECENTESCA

SANDRA PARMEGIANI

Se mai colui, che per voler superno

A' sensi nostri è sprone insieme, e Duce,

Non è tanto, che basti al gran governo.

Ned ha tutto il vigor, che all'opre induce:

O se purgato è meno, e in lui discerno

O minor sottigliezza o minor luce:

O sei varia in suo moto, e al senso interno

Pigrifantasmi, e strane idee conduce:

L'Uomo allor langue, e mancan nel buon uso

Sue parti prime, e vien, che il dì s'imbrune

All'infelice, o sia da' vivi escluso:

O mente ha tarda, ond'e, che in lui si adune

De'più pazzi pensier lo stuol confuso:

E questo (oimèi) questo egli è mal comune.

Camillo Brunori

{Ilpoeta medico ovvero la medicina esposta in versi,

ed in prose italiane)

Summary: This article opens with a survey of the works of those physicians

who, in the eighteenth century, expanded on the Classical and Renaissance

theorization of hypochondria. It then looks at the connections between

hypochondria and literary creation, a themewhich is explored by several

Italian eighteenth-century authors, among them Bernardino Ramazzini,

Antonio Fracassini, Antonio Pujati, and Giovanni Verardo Zeviani. The

study of the literati's hypochondria was very much in fashion in eigh-

teenth-century Italy, as—on the other hand—at the peak of the grand tour

craze it was fashionable, in the land of Dante, to declare oneself affected

by the "English malady." The essay then focuses on the links between

medicine and poetry with an examination of the literary creations of

Italian and English poet-physicians who provided an exposition in verse of

this 'disease of the learned.' Ultimately, science seems to confirm that the

effort to defy mortality through knowledge and artistic achievement is a

vain but unavoidable attempt, and that man in the age of reason suffers,

more that ever before, from the unruly disease of an altered imagination.

Quaderni d'italianistica. Volume XXVIII, No. 2, 2007, 1 19

Sandra Parmegiani

Il grande interesse del secolo dei lumi per il sottile e spesso incerto equi-

librio tra elementi fisiologici e intellettuali, e il gusto di una sua rappresen-

tazione talora enfatizzata nelle dinamiche individuali e sociali, rivela un

nervo dolorosamente scoperto e il travaglio di una conquista ancora lon-

tanai L'interazione profonda tra l'idealizzazione dell'attività letteraria, che

nel corso del secolo va incontro a una progressiva legittimazione, e una

"malattia alla moda" quale l'ipocondria — ad essa sempre più strettamente

e apertamente associata — costituisce uno dei punti cruciali su cui si con-

centra il dibattito all'interno della scienza medica e della disciplina letteraria.

Sin dai tempi di Ippocrate, Aristotele e Galeno si era tentato di classifi-

care e mettere in relazione sintomi ed effetti di malinconia e ipocondria,

nonché di trovare una stabile e persuasiva relazione tra tali affezioni del corpo

e dello spirito e l'attività intellettuale di studiosi, letterati ed eruditi. Era stato

Aristotele a decretare per primo un indissolubile legame tra temperamento

malinconico e facoltà intellettuali dell'individuo, ponendo un'istanza che,

anche se in seguito spesso ribaltata nelle sue premesse (non sarebbe il tem-

peramento malinconico a predisporre naturalmente al lavoro intellettuale,

ma un'intensa applicazione della mente a causare la malinconia), continuerà

a influenzare profondamente sino in epoca moderna il pensiero scientifico^.

Le cause fìsiche del manifestarsi della malinconia andavano ricercate

nell'alterato equilibrio dei fluidi costitutivi del corpo umano (flemma, bile

nera, bile gialla, sangue) e più precisamente in un dominio di quell'atrabile

(bile nera) in grado, con le sue caratteristiche di frigus, siccitas, nigredo, e

tarditas, di far insorgere la malattia in individui ad essa già naturalmente

predisposti e non. L'accumulo di bile emessa dalla milza si pensava provo-

casse vapori fuligginosi che salivano al cervello influenzandone gli spiriti e i

sensi. Ma stando alle teorie di Galeno, che non concordava con la posizione

aristotelica sulla relazione tra malinconia e creatività, vi era anche una ma-

linconia ipocondriaca, le cui cause risiedevano in disturbi digestivi derivan-

ti da un cattivo funzionamento dell'apparato gastrointestinale e in partico-

lare degli ipocondri.

Il presente saggio è stato pubblicato in versione ridotta, senza l'autorizzazione né

il riconoscimento dell'autrice, nel volume: De Vanna Maurizio, Cauzer Mauro,

Marchiori Roberta. Il misterioso pianeta dell'ipocondria. (Roma: Il pensiero scien-

tifico, 2002), 27-48.

I due termini di malinconia e ipocondria si intrecciano nel corso dei secoli con

tentativi di distinzioni e partizioni sintomatologiche, quali quelle di malinconia

ipocondriaca e delirio malinconico, mantenendo tuttavia un'ampia identità di

significato.

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Ipocondria, scienza medica e poesia

Il sincretismo filosofico-scientifico di Marsilio Ficino era riuscito, in

epoca umanistica, a convogliare la posizione aristotelica e quella platonica

del 'divino fiirore' in un sistema che collocava l'uomo nel cosmo in equili-

brio tra forze naturali e soprannaturali. Di qui la distinzione di tre tipi di

malinconia, in cui prevaleva di volta in volta un'influenza astrale {melancho-

lia caelestis), un'influenza terrestre associata a uno spirito malinconico natu-

rale {melancholia naturalis) o un influsso esercitato da processi fisiologici, tra

cui produzione di bile, "disidratazione del cervello, viscosità del sangue, cat-

tiva digestione" {melancholia humand).^ Dal XVI secolo le cause della mal-

inconia, che comincia a cedere il passo con maggior frequenza, nelle

relazioni medico-scientifiche, a una delle sue forme— l'ipocondria— ven-

gono sempre più spesso rintracciate in fattori fisici: disordini della bile, della

milza e degli ipocondri. In quest'ultimo caso particolare rilievo veniva dato

a quella forma di malinconia (ìc£m\i2i flatidosa, per la grande quantità di flato

depositatosi negli intestini; talora il dolore provocato da questo disturbo

veniva considerato— assieme alle alterazioni dei fluidi vitali prodotte da una

cattiva digestione, a cui il fenomeno andava associato— causa primaria del

sorgere del morbo ipocondriaco. Non disgiunta da que-sta concezione, per-

maneva l'idea dell'ascesa di vapori al cervello che oscuravano e turbavano la

facoltà intellettiva ed immaginativa dell'individuo. Il XVIII secolo vide l'u-

scita di The Anatomy ofMelancholy Ò\ Robert Burton, pubblicato nel 1621.

L'eclettica e a tratti esilarante trattazione di Burton forma il compendio più

ampio e articolato sulle cause, le possibili cure, e le idiosincrasie di un male

proteiforme e oscuro ed esercitò un'indiscussa influenza sul pensiero scien-

tifico fino alle soglie del romanticismo. Nel XVII secolo venne fatto un ulte-

riore passo avanti in direzione dell'individuazione fisiologica della malattia:

le teorie del solidismo e del meccanicismo si sovrapposero a quelle degli

umori, la milza non sempre venne vista come fonte produttrice di bile e

l'ipocondria fii associata in maniera più stabile a disturbi del sistema ner-

voso'*. Si apriva così la strada a una concezione mo-derna dell'ipocondria

che, strettamente correlata all'attività intellettuale, porterà — attraverso

-'Si vedano van Lieburg, The disease ofthe learned, 30-31 e Riva, Saturno e le ^a-

zie, 24.

Nel 1756 comparve a Verona l'opera del medico Antonio Fracassini, in cui si

dichiarava l'uso dei nuovi metodi di indagine: Naturae Morbi Hypochondriaci

ejusque curationis meccanica investigatio. In essa si dimostrava, seguendo i prin-

cipi del meccanicismo, come l'ipocondria fosse un'affezione interessante princi-

palmente le parti nervose e membranose dell'individuo. Si vedano a riguardo le

osservazioni di Francesco Antonio Zaccaria negli Annali letterari d'Italia, T. I,

232-35.

— 121 —

Sandra Parmegiani

numerosi ripensamenti e contraddizioni — alle teorizzazioni e alle codifi-

cazioni di epoca illuminista. M.J. van Lieburg nota che

lo studio delle malattie degli uomini di lettere nel diciassettesimo e

diciottesimo secolo, fu non solo influenzato dal riconoscimento non

privo di fascino della malinconia ipocondriaca come un'incubatrice di

ispirazione per gli studiosi e sorgente di creatività letteraria, ma fu anche

stimolato dal crescente interesse verso l'analisi medica associata alle sin-

gole professioni. (Van Lieburg, Disease ofthe Learned, 51)

Non si può a questo riguardo prescindere dalla produzione del medico

Bernardino Ramazzini, autore nel 1700 di un'opera innovativa, che divenne

ben presto assai popolare e conobbe traduzioni in varie lingue europee: De

morbis artificium diatriba'', un trattato sulle malattie legate alle varie profes-

sioni, in cui un ampio capitolo è dedicato alle malattie dei letterari e

all'ipocondria in particolare, male caratteristico di questa porzione d'umani-

tà. Ancora nella medesima direzione va annoverata un'opera del professore

padovano Antonio Pujati comparsa postuma a Venezia nel 1762: Della pres-

ervazione della salute de'letterati e della gente applicata e sedentaria, che sancì

quanto ormai si era imposto al senso comune: occuparsi delle malattie dei

letterati e più in particolare dell'ipocondria era diventata una moda, cui stret-

tamente andava associata quella, diffusissima presso gli intellettuali del seco-

lo, di considerarsi — in maniera più o meno immaginaria — affetti

dalfEnglish malady", malattia inglese che affondava le sue radici nel perio-

do elisabettiano, sinonimo di malinconia e ipocondria e condizione privile-

giata di animi particolarmente sensibili cui era riservato il privilegio di ecce-

zionali doti intellettuali e di una non comune capacità creativa^'.

-^Nel 1745 l'abate Francesco Chiari così presentava la sua traduzione ai lettori: "Se

'1 libro leggerete / Ricavar ne potrete / Come fuggir malori / O fugar i languori

/ Che l'assidua vostr'Arte / Ven'arreca in gran parte. / Guarirete ogn'offesa / Talor

con poca spesa. / Accio per molti anni / Lungi da crucci, o affanni / Senza ran-

cori, oppur tristezza ria / Sani voi ne viviate in allegria" (IX).

"A difesa dei malati ipocondriaci dalle frequenti accuse di essere nulla più che dei

malati immaginari si schierò il medico veronese Giovanni Verardo Zeviani, che

nel suo trattato Del Flato a favore degl'ipocondriaci dimostrava come il flato che

in alcuni casi si generava nel canale degli alimenti desse origine a un "genere di

malattia molestissimo, e più degli altri intricato e sconosciuto" (4). L'opera del

Pujati è ampiamente lodata da Giuseppe Baretti nel primo numero della Frusta

Letteraria: "Gli è un libro piano e facile e alla portata di qualsiasi leggitore: gli è

pur un libro che diverte con una somma varietà di notizie: gli è pur un libro che

ne può essere d'aiuto grande a conservare la miglior cosa che si possa aver al

mondo, cioè la salute." Baretti, La Frusta Letteraria (Voi. I, 25).

— 122 —

Ipocondria, scienza medica e poesia

Solo sei anni dopo il saggio di Pujati, uscì a Losanna l'opera del medico

svizzero Samuel Auguste André David Tissot, che in breve si impose come

la voce più autorevole in materia. De la santé des gens de lettres conobbe in

cinque anni ben cinque edizioni e il traduttore italiano dell'edizione napo-

letana del 1773 così si esprimeva:

Altri zelanti Medici prima d'ora pensarono a prestare questo notabile

servigio agli uomini di lettere; ma era riserbato a uno de' più grandi e de'

più celebri non meno fra i Medici, che fra i Letterati dell'Europa il farlo

in una maniera che fosse perfettamente degna d'un così nobile scopo

(Tissot, Della salute de' letterati, 3).

Anche qui ampio spazio era riservato all'ipocondria, a una diagnosi

precoce del male, alle misure preventive da adottare e alle cure più efficaci

per combatterla. Lo stesso Tissot avvertiva nella sua prefazione che, nono-

stante l'esistenza di alcune opere pubblicate in passato intorno allo stesso

soggetto, quanto allora usciva alle stampe rappresentava praticamente una

novità. A suo parere Ramazzini aveva toccato troppo pochi dei punti essen-

ziali che la materia richiedeva, mentre Pujati si era limitato a una "semplice

compilazione di dieta generale, senza alcun'altra relazione allo stato de'

Letterati e senza veruna nuova osservazione"(8).

Il Settecento conobbe pure il fenomeno di quei medici-letterati che,

anche in parte sulla scorta del successo ottenuto dalla trattatistica scientifi-

ca in materia, si dedicarono a composizioni poetiche in cui attraverso

l'esposizione di diagnosi, sintomatologie e cure per l'apprendimento del-

l'arte di conservare la salute, ampia attenzione era rivolta al "male del sec-

olo," che sembrava perseguitare anche non pochi appartenenti alla profes-

sione medica^.

Sin dal 1726 era uscita dalle stampe di Fabbriano IIpoeta medico, opera

di Camillo Brunori, la cui fama professionale eguagliava quella di poeta

fine e colto. Morto l'autore nel 1760 e divenuta l'edizione ben presto

introvabile, il conte Niccolò Vincenzo Masini alla fine del secolo era inter-

venuto presso il figlio di Brunori per poter ristampare il manoscritto con

^Quei medici che passano gran parte della giornata a visitare gli ammalati nelle

loro case non rientrano comunque tra le categorie maggiormente "a rischio" per

quanto riguarda le affezioni ipocondriache. Il continuo movimento cui sono

costretti li toglie — come vedremo — dai pericoli cui è soggetto chi conduce

una vita sedentaria associata e una continua applicazione della mente. Ma è

anche vero, sostiene non senza ironia Ramazzini, che i medici vanno general-

mente esenti dal contrarre malattie per la loro "allegria di cuore, quando tornano

a casa con le borse piene di danari" (332).

— 123 —

Sandra Para^egiani

tutte quelle aggiunte e revisioni al testo apportate fino all'ultimo dall'au-

tore per adattare l'opera "ai nuovi sistemi della Filosofia e della Medicina"^.

E in effetti i sonetti sui morbi degli spiriti e del sangue, sui deliri, le passioni

d'animo e la conservazione della salute del letterato, dimostrano una certa

sensibilità verso le teorie in materia e non mancano spunti originali, anche

se Brunori tende ad appoggiarsi ancora prevalentemente alle autorità clas-

siche e a Marsilio Ficino in particolare. La seconda edizione uscì a Cesena

nel 1793, quando già da quasi un ventennio era difRisa in Italia la tradu-

zione del celebre poema medico di Malcolm Flemyng Del male de nervi, o

sia della ippocondria, e del morbo isterico, composto originariamente in lati-

no e volto in italiano a Roma alla metà del secolo. L'opera di Flemyng si col-

loca tra i contributi di maggior rilievo dei medici-poeti settecenteschi'^ e la

sua tempestiva traduzione è significativa dell'interesse per la produzione

inglese che proprio in quegli anni si andava sviluppando non solo sul ver-

sante filosofico, ma anche su quello delle scienze e delle arti. Nel 1806 un

altro poema medico di un celebre autore inglese vedeva la luce a Livorno:

Igea, ovvero l'arte di conservar la salute, traduzione di The Art ofPreserving

Health, opera di quel John Armstrong destinato a eccellere più per le sue

fatiche poetiche che nell'esercizio della professione medica. Pubblicata nel

1744, fu subito annoverata tra i più alti esempi di poema didattico sette-

centesco e rimane ancor oggi il migliore contributo artistico del suo

autore'". Lazzaro Papi, traduttore italiano del poema, rilevava come già fosse

noto anche in Italia l'originale inglese e pur sottolineando la presenza di

alcuni difetti, mitigati peraltro dal riconoscimento di come certo gusto

morale fosse soggetto ai costumi dei diversi popoli, lo lodava ampiamente:

Il trattare in buona poesia un soggetto di questa natura era certamente

cosa non poco malagevole, ed egli stesso, come vedrete, gentilmente, si

Nota il Masini nella prefazione: "non solo trovai una tal Opera degna della pub-

blica luce, ma giudicai che stata sarebbe di grande utilità, e di moltissimo gradi-

mento, e soddisfazione ad ogni persona letterata, e di buon gusto, ma spezial-

mente ai professori di Medicina, e ai dilettanti di poesia."

^Nel 1749 era comparso a Leida il poema didascalico De valetudine literatorum

poema, di Gerard Nicolaus Heerkens, ma non risulta che traduzioni dell'opera

fossero uscite in Italia nel corso del secolo o all'inizio dell'Ottocento.

Nell'edizione Cooke di tutte le opere di Armstrong edita a Londra nel 1790 si

legge: "It is the highest species of didactic poetry, and of a merit and character

so great, as to rank with the compositions of Lucretius, Horace, Virgil, Boileau,

Akenside, Dyer, and Grainger. [...] There is a classical correctness and closeness

of stile in this Poem, that are truly admirable, and the subject is raised and

adorned by numberless poetical images". Armstrong, The poetical works, XI.

— 124 —

Ipocondria, scienza medica e poesia

duole spesso della scabrosità del suo tema. In questa sorta di poemi dida-

scalici o precettivi, la immaginazione non può prendere, come negli altri,

il suo volo; la semplicità, la chiarezza, la verità debbono principalmente

regnarvi, e nel tempo medesimo esser rivestite di linguaggio poetico.

(Armstrong, Igea, 6)

Il Papi lamentava l'assenza in Italia di composizioni poetiche di argo-

mento medico (senza menzionare l'eccezione costituita— come abbiamo

visto— da Brunori) e le pessime traduzioni dalla lingua inglese in cui soli-

tamente ci si imbatteva' 1.

Ciò che accomuna tutte queste opere in versi è la professione medica

degli autori e il loro voler presentare in maniera relativamente sintetica ed

esaustiva una materia attorno alla quale era allora assai vivo il dibattito

nella comunità scientifica. Nell'opera di Flemyng in particolare si assiste

poi a un'estrema saldatura fra puntuale trattazione medica e dimensione

artistica, con la sua scelta di circoscrivere l'argomento del canto a un tema

che proprio agli uomini di lettere doveva allora un'indiscussa celebrità. Sin

dall'inizio del suo excursus medico-poetico, Flemyng delimita geografica-

mente la radice antropologica del male, riconducendone la paternità alla

nazione inglese:

Dico del mal, da cui spesso i Britanni

In miserabil forma afflitti sono;

Ond'è ch'egli s'appella il morbo inglese. (Flemyng, Del male de nervi, 1 1)

Ma dove ha origine e in che cosa consiste il danno apportato alla

macchina umana? La risposta introduce la teoria dei nervi secondo la quale

l'ipocondria, assalendo la regione cerebrale che di essi è sede, sconvolge

dapprima la facoltà intellettiva e prostra in seguito tutte le forze vitali del-

l'individuo. Si tratta di una teoria che rivela il radicale mutamento di

prospettiva settecentesco, per cui, come osserva Massimo Riva:

allo sguardo dell'anatomista il corpo umano ormai non si presenta più

come un organismo in comunicazione con l'ente universale ma come

una macchina conchiusa in sé e percorsa (e quasi irrigata come un fertile

campo) da una rete di elastici vasi e di canali che trasportano i fluidi, suc-

chi e umori vari. (Riva, Saturno e le grazie, 40)

Arturo Graf ne L'anglomania e l'influsso inglese in Italia nel secolo Al//// indica

altre due settecentesche composizioni poetiche in versi: L'ipocondria, compo-

sizione anacreontica di Entusiasmo Annebbiati da Vall'Oscura comparsa a

Firenze nel 1758 e La Magreide e l'Ipocondria, opera di Filandro Cretense edita

a Parma nel 1781. Non è stato possibile reperire copia di tali opere.

— 125 —

Sandra Parmegiani

Flemyng spiega che la parte più sottile e veloce del sangue, che è anche

la parte più pura degli umori, ossia lo spirito animale, circola all'interno del

corpo scorrendo in quei "corpi forti" che sono i nervi, i quali hanno origi-

ne nel midollo cerebrale. Se tale spirito scorre in nervi forti e sani ed è così

ricevuto dal cervello, l'uomo sarà in salute, di animo pronto e forte, in

grado di compiere i suoi uffici e di mantenersi felice, per quanto i casi par-

ticolari della vita lo consentano. Ma se esso viene meno e se questi stru-

menti del corpo svolgono fiaccamente i loro compiti, allora

Fosca è la mente: e da mestizia oppresso,

E da vile timor l'animo giace;

E dell'amara vita il corso intero

Compiere incresce; ancorché l'altre parti

Siano del corpo tutto e sane, e ferme:

E fauste, e liete sian l'esterne cose. (Flemyng, Del male de' nervi, 29)

Vi è insomma un'insufficiente azione di quello che Zeviani definisce lo

"spirito dei nervi," da cui dipendono la forza e il funzionamento dell'intero

organismo. Causa del suo venir meno può essere un uso eccessivo che se ne

fa "nelle passioni d'animo, ne' gravi dolori, ed in ogni troppo seria appli-

cazion della mente" (25)'^. Anche Tissot rileva come i nervi, che partono

dal sensorio comune, la zona del cervello preposta al pensiero, sono "una

delle principali parti della macchina umana, poiché non avvi fiinzione

veruna, alla quale essi non sieno necessarj, e tosto che la loro azione viene

disordinata, tutta l'economia animale se ne risente". A questo riguardo egli

nota come lo studio, accompagnato da lunghe meditazioni, può parago-

narsi a "una legatura, che fatta a tutti i nervi, ne sospende la loro azione,"

indebolisce il midollo e lascia il corpo esausto (22, 33).

Flemyng osserva ancora che gli umori che si separano dal sangue ed

entrano nelle "minute glandolette" e nei vasi (il grasso, la bile, la flemma,

il licore genitale, lo spirito del cervello), abbisognano di organismi sani per

diffondersi. Viene altrimenti compromessa quella fondamentale attività

corporea che presiede alla produzione e al continuo arricchimento del

Brunori riunisce le cause dell'allontanarsi dello spirito animale dal suo stato na-

turale in tre categorie: difetti di quantità, qualità e moto. La prima può essere

determinata da diete troppo rigorose, da sangue impuro o da eccessiva appli-

cazione della mente, la seconda da un sangue che non riesce a "raffinarsi in puri

spiriti" in seguito all'abuso di droghe o al vivere in ambienti malsani, la terza

dipende da moti troppo lenti o troppo agitati degli spiriti le cui ragioni sono

molteplici e hanno come effetti letarghi, deliri o frenesie {227-2%).

— 126 —

Ipocondria, scienza medica e poesia

sangue: la "cozzione dei cibi," ovvero la digestione ed assimilazione degli

stessi. La digestione, turbata da insufficienza di spirito animale nel corpo,

provoca un "vizio de' sughi" spesso a lungo non diagnosticabile mentre gli

umori scorrono tutti assieme nei vasi maggiori in attesa della loro sepa-

razione, nel cervello, a opera delle ghiandole del sangue. Legge generale è

che se un umore non è in grado di soddisfare al proprio compito, la fun-

zione cui esso è preposto rimane turbata. A lungo andare quindi la stessa

ghiandola, penetrata continuamente da "vizioso rio," si indebolisce e non

riesce a svolgere più il suo compito come dovrebbe. Talora può anche

accadere che le ghiandole stesse si ammalino e non siano in grado di

Stillar sano l'umore, ancorché sana

Ed acconcia materia ad esse giunga. (Flemyng, Del male de' nervi, 45)

Così a partire dalla digestione viene ad alterarsi un sottile equilibrio

cerebrale. A poco a poco i nervi e il cervello stesso ne rimangono danneg-

giati e anche lo stomaco si fa sempre più difettoso, perché dai nervi non

giunge l'umore cerebrale in grado di presiedere correttamente alla dige-

stione. Inizia l'incepparsi della macchina umana e si crea un circolo vizioso

cervello — stomaco — cervello su cui in linea di principio tutti gli autori

concordano. Ecco spiegato così anche il motivo dei forti dolori addominali

accusati dai malati ipocondriaci proprio nella zona superiore del basso ven-

tre, in corrispondenza appunto degli ipocondri, e sfatata definitivamente la

concezione di un eccesso di atrabile che ingombra la parte:

Onde ingannato il volgo insano pensa

Che ostrutta sia la milza, e sia gonfiata.

(Flemyng, Del male de' nervi, 127)

Il meccanicismo di Flemyng ha una pretesa di esaustività, laddove

Zeviani, pur riconoscendo l'azione dello spirito dei nervi, dichiara "vano il

tentar di rendere ragione di questo scambievole consentimento dell'animo

col corpo, poiché questo supera il nostro intendimento" (43). L'umore

cerebrale assiste in maniera particolare la funzione digestiva; nervi e stoma-

co subiscono quindi il travaglio dello spirito in sommo grado assieme al

cervello, che Tissot emblematicamente definisce "il teatro della guerra"

scatenatasi nell'individuo (23). Nei primi assalti il morbo

Colla sua forza ad attaccar comincia

Il ventricel sovente, e gli stromenti

Della prima cottura; e in quello desta

Qual d'accesa fornace ardente caldo;

— 127 —

Sandra Paraiegiani

Ed isveglia ad un tratto acidi rutti,

E molesti pel grave, e tetro odore.

Spesso muove il singhiozzo

[...] e dopo il pasto

Le membra aggrava, ed i precordi tende,

E d'un rosso colore accende il volto... (Flemyng, Del male de' nervi, 87)

Seguono nausea e vomito di succo gastrico e biliare. I cibi infatti non

riescono a corrompersi e infiammano il ventre, o si corrompono ma rista-

gnano provocando infiammazioni che danno origine, come osserva Zeviani,

a flati dolorosissimi. Si danno anche casi di fame irrefrenabile simile a quel-

la canina o, al contrario, di profonda inappetenza. Il male comunque non

lascia mai tregua:

Il fiero morbo intanto serpe, e tutto

Ad infettare il celabro incomincia,

E d'ogni nervo ad attaccar la sede,

Or con somma lentezza or prontamente,

A misura che questi, o son dotati

Di molta robustezza, o pur sortirò

Una debol struttura, e vacillante. (Flemyng, Del male de nervi., 97)

Zeviani riassume le cause dell'ipocondria riconducendola a due cate-

gorie principali: procatartica, ossia cagionata da un'eccessiva applicazione

della mente, e antecedente, quando all'origine vi è una debolezza costituti-

va dell'organismo. È soprattutto alla prima che rivolge attenzione la scien-

za medica settecentesca, ma viene tenuto sempre presente che è proprio

l'infinita gamma delle possibili articolazioni interne di questi due fattori a

spiegare perché non tutti siano colpiti dal male con la medesima violenza.

Da subito iniziano le prime turbe del comportamento. Il capitolo della

sintomatologia è assai complesso, poiché essa è la più varia: l'ipocondria si

caratterizza infatti per il suo scatenare una sorta di reazione a catena in cui

l'organismo viene assalito da una quantità innumerevole di mali all'insegna

della varietà e dell'incostanza. Vi sono tuttavia dei tratti comuni, soprattut-

to per quanto concerne i riflessi psichici dell'affezione ipocondriaca.

Un'estrema sensibilità emotiva è legata ai primi stadi della malattia, per cui

i malati sono

[...] inquieti tutti, e di timore ingombri

Stanno, e in oprando vergognosi molto

Sempremai sono, e leggiermente mossa

La costanza dell'alma in lor vacilla.

— 128 —

Ipocondria, scienza medica e poesia

Sono facili al riso, e al pianto, e an troppo

Del duolo e del piacer squisito il senso. (Flemyng, Del male de nervi, 63)

Ciò avviene perché:

Son più del convenevolo i pensieri

Veloci, e presti; assai più dell'usato

Lo spesso meditar; le gravi cure;

E de' natii costumi la costanza

Turbata e scossa. (Flemyng, Del male de' nervi, 1 03)

Felice ed infelice insieme, l'ipocondriaco è soggetto a mutamenti con-

tinui; popolano la sua mente pensieri orribili che non è in grado di scac-

ciare e che al contempo vive nel terrore di palesare. Si danno anche verti-

gini, timore panico del manifestarsi del male, svenimenti. Il proliferare di

sintomi fisici eterogenei rende particolarmente diffìcile una diagnosi:

Varj dolori inoltre a travagliare

Vengono il capo, e nella cima d'esso

Fan sentirsi talor più crudi, e fieri;

Mentre la nuca assiderata sembra

Da freddo ghiaccio; e con orribil suono

Fischian l'orecchie. Alcune macchie nere

Alle mosche simili; e nebbia folta

Di nube in guisa; ed apparenze rosse

Di varj oggetti; e risplendenti fiamme

Volan dinanzi agli occhi. Le motrici

Fibre delle palpebre, e delle labbra

Da certo impulso tremulo percosse

Veggonsi palpitare. E più veloci

D'ambe le tempie battono le vene. (Flemyng, Del male de nervi, 109)

Pochi sono i medici in grado di riconoscere la malattia in questa prima

fase, anzi — sottolinea Zeviani — spesso essi non credono ai pazienti o

addirittura si fanno gioco dei loro lamenti. Qualora il medico sia in grado

di diagnosticare la malattia è però raro che egli trovi dei malati disposti a

sottoporsi alle cure prescritte, le quali impongono un radicale cambiamen-

to delle proprie regole di vita. Tale resistenza si verifica soprattutto tra gli

studiosi, pazienti notoriamente assai diffìcili. "Avvertite, ragionate, pregate,

gridate, e non farete ben di spesso altro, che predicare al deserto," afferma

Tissot (90). Ne consegue un inevitabile degenerare del male che in breve

mostra il suo volto più crudele. Lo strumento poetico soccorre gli autori

— 129 —

Sandra Parmegiani

nel descrivere gli eccessi del morbo:

Acuti immedicabili tormenti

Contristano la vita. Ove, di cure

Tetra nudrice, Solitudin sempre

Avvolta in egro meditar profondo

Tiene la mente, ivi Follìa ben tosto

S'apre la strada; ivi la Furia arcigna,

Malinconìa, che un negro velo ognora

Ha sulle ciglia, con rabbiosa mano

Lacera e irrita le sue piaghe. (Armstrong, Igea, 9 1 )

La solitudine di cui il malato ipocondriaco va in cerca, congiunta alle

veglie e alle meditazioni ossessive, lo conduce ben presto a eccessi di follia

e a veri e propri deliri. Il mondo circostante sembra mutare aspetto e farsi

irriconoscibile:

Il Sole

Pallido allor divien; livido e fosco

Lume si spande in sulla lieta faccia

Della Natura: un orrido la terra

Deserto fassi, e minacciose nubi

Empiono il cielo. (Armstrong, Igea, 91)

Brunori definisce questi "Rotti fantasmi; e incerte, e pazze idee" "errori

di fantasia," (309) di cui il delirio malinconico e la mania sono una delle

manifestazioni, caratterizzate dall'assenza di stato febbrile. Egli parla in par-

ticolare di delirio malinconico vago quando la persona è in preda all'impos-

sibilità di rapportarsi in maniera equilibrata e sensata alla realtà circostante;

e di delirio radXincomco fisso quando essa "sopra di un solo oggetto talmente

si fissa, che molte ridicole, e disordinate fantasie se ne forma" (309). Questi

ultimi sono i casi, ampiamente riportati dalla letteratura medica, di persone

che credono di avere gli arti costituiti di sostanze delicatissime, quali vetro

o burro, oppure avvertono la presenza di corpi estranei viventi nei propri

visceri e che di essi si nutrono. Brunori si spinge tanto in là nella descrizione

del delirio malinconico fisso da considerare il licantropismo una forma di

questa "malattia di creduli" '-\ Quanto alla mania, essa non è altro, egli affer-

ma, che uno stadio ancora più spinto di delirio malinconico.

Giunta l'ipocondria al suo apice, il soggetto non può opporvisi; la sof-

IO•'"ed è quando taluno si dà costantemente a credere d'esser cangiato in lupo, o in

cane, e perciò urla, latre, e mangia cadaveri, siccome racconta Plinio di certi

popoli, che in ogni tanti anni per alcuni giorni diventano lupi, poi tornano

uomini" (310).

— 130 —

Ipocondria, scienza medica e poesia

ferenza fiacca ancor più le risorse mentali e il processo perverso del male

sembra inarrestabile:

Né armato di ragion contrastar puote

Dell'alma al van terrore, e a i spettri falsi.

Con mirabil prontezza all'infelice

Instabile la mente, or quinci or quindi

Si volge, e muove; e ovunque ella s'aggira

Da una tetra mestizia, e da un orrore.

Che ognor le siegue, viene oppressa, e doma.

Più funesto giammai, né più crudele

Malor di quello a miseri mortali

Avvenir puote; gli s'agguaglia appena

Della podagra il fiero aspro tormento;

De' colpevoli appena i più crudeli

Supplizj; appena del diffidi parto

L'atroce violenza egual può dirsi. (Flemyng, Del male de nervi. 111)

L'anima e lo spirito del cervello sono in balia del morbo, e di esso sof-

frono con più violenza, afferma Flemyng, le "tenere fanciulle." Per secoli si

era operata una ben precisa distinzione tra ipocondria e isteria, laddove la

prima veniva considerata malattia tipica del sesso maschile, mentre la se-

conda si pensava affliggesse esclusivamente le donne. Era stato Thomas

Sydenham, uno dei primi sostenitori seicenteschi del meccanicismo e del

legame dell'ipocondria con la teoria nervosa, a considerare ipocondria e

isteria come un'unica malattia'^ . Flemyng si schiera sulle stesse posizioni e

osserva come a questo male

l...]non bene acconci nomi diedero

I medici, e chiamaronlo negli uomini

II male Ippocondriaco; ed Isterico

Nelle femmine il dissero, e due morbi

Fero d'un sol; che d'esso ignota loro

Fu la natura, ed i principi oscuri. (Flemyng, Del male de nervi, 53)

^^Si veda Thomas Sydenham, Dissertano epistolaris ad ... Gulielmus Cole, de obser-

vationibus nuperis circa curationem variolarum conferentium, nec non de affectione

hysterica. Ancora alla fine dell'Ottocento permane in alcuni casi tale distinzione,

che attribuisce all'isteria una preponderanza dei disturbi di tipo fisico (motorio

e secretivo in particolare), riflessi di iperestesia psichica, mentre all'ipocondria

viene riservato un maggior disagio della sfera psichica e di quella del comporta-

mento. Si veda a questo proposito il Dizionario enciclopedico di medicina e

chirurgia, 304.

— 131 —

Sandra Parmegiani

II sesso femminile sembra essere più soggetto all'ipocondria antece-

dente, in quanto

[...] sortì dalla natura

I nervi, ed il cervel più fiacco, e molle. (Flemyng, Del male de' nervi, 63)

e viene assalito in particolare da terribili dolori nella parte terminale del-

l'intestino, che durano più giorni. La gola poi viene oppressa dagli spiriti

"inviluppati insieme" che dal ventre si muovono verso l'alto e la serrano,

così che a mala pena le donne possono respirare o inghiottire. Nonostante

vi sia chi attribuisce alle donne un temperamento più allegro, spensierato

e loquace e il vantaggio che ad esse proviene dall'astenersi da studi gravosi

e assidui, l'ipocondria femminile viene spesso ricondotta a cause di natura

sociale, quali la moda delle letture romanzesche'''. Zeviani è l'unico a pro-

porre una critica sociale che identifica la radice della malattia nell'edu-

cazione restrittiva cui le donne sono costrette a sottostare:

Temendo e vergognando tengono le amorose fiamme nascose, le quali

quanto più di forza abbiano che le palesi, coloro il sanno che lo hanno

provato. Ed oltre a ciò ristrette da' voleri, da' piaceri, da' comandamenti

de' padri, delle madri, de' fratelli, de' mariti il più del tempo nel piccolo

circuito delle lor camere racchiuse dimorano, e quali oziose sedendosi

volendo o non volendo in una medesima ora seco rivolgono diversi pen-

^^Tissot osserva: "forse che di tutte le cagioni, che hanno rovinato la sanità delle

femmine, la principale è stata la moltiplicazione infinita, da cento anni a questa

parte, de' varj romanzi. Dalla culla fino alla più avanzata vecchiaja esse li leggono

con un ardor sì grande, che per la paura di disapplicarsi un momento, non fanno

alcun moto, e sovente, per soddisfar a questa passione, s'addormentano troppo

tardi; e la veglia è quella che assolutamente rovina la lor salute; senza parlar di

quelle, di cui desse ne sono autori; e questo numero va tutto dì crescendo. Una

figlia, che nell'età di dieci anni legge in vece di correre, in età di vent'anni deve

esser una donna isterica, e non giammai una buona balia" (130-31). Egli ricon-

duce inoltre le crisi di isteria femminile anche all'uso del tabacco da naso, preso

soprattutto a digiuno (1 53). Anche il poeta Matthew Green, autore di un poema

dal titolo The Spleen, edito pochi mesi dopo la sua morte avvenuta nel 1737 e in

cui egli fa ampio riferimento alla propria personale esperienza di malinconico,

addita la lettura di romanzi come una delle cause della moderna decadenza dei

costumi: "Then truth, and patience of control, / And housewife arts adorned the

soul; / And charms, the gift of nature, shone; / And jealousy, a thing unknown;

/ Veils were the only masks they wore; / Novels (receipts to make a whore) / Nor

ombre, nor quadrille they knew, / Nor Pam's puissance felt at loo." The Poetical

Works ofArmstrong, Dyer and Green, 247.

— 132 —

Ipocondria, scienza medica e poesia

sieri, li quali non è possibile che sempre sieno allegri. E se per quelli alcu-

na malinconia sopravviene nelle lor menti, in quella conviene che con

grave noja si dimorino. (Zeviani, Delflato, 164)

Siamo, afferma Tissot, in un secolo che ha conosciuto un incredibile

incremento delle malattie nervose. La cieca passione delle scienze e l'amore

delle lettere, che rendono "piti facile ritrovare un Accademico, che un vero

uomo," ne sono il motivo principale (129). Lo sviluppo delle scienze corre

parallelo alla degenerazione della salute in quanto si è moltiplicato a di-

smisura il numero degli autori e dei lettori esposti alle malattie tipiche di

un'eccessiva applicazione intellettuale. "Pur troppo per le serie vostre, e

continue applicazioni di mente, voi siete alquanto malinconici, e la malin-

conia, sapete? è la madregna degli uomini dati alle scienze," aveva avvisato

Brunori. Il sapiente settecentesco non sembra però aver quasi nulla da spar-

tire con la figura del saggio antico; simile a un fachiro che impone al pro-

prio corpo inutili sofferenze (così lo raffigura Tissot), il suo lavoro viene

spesso considerato una sterile schiavitù a "microscopiche arti," come le

definisce Armstrong, e una

[...] forte e salda Ambizìon per tutti

D'uno steril saper gli aspri sentieri

Tragge ed amar gli fa ciò che d'altronde

Rifiuterìa suo generoso gusto. (Armstrong, Igea, 90-9 1 )

L'ipocondria non è, come abbiamo visto, una malattia che colpisce

esclusivamente i letterati. Anche se questi rappresentano la schiera più

numerosa, Ramazzini nota che i politici, i giudici e coloro che sono al

servizio del Principe ne soffrono in particolar grado a causa degli studi, delle

continue fatiche e delle veglie cui sono sottoposti; i matematici poi sono

comunemente riconosciuti tra gli studiosi più esposti al male, per l'intensa

applicazione mentale e il completo straniamento dalla realtà che la loro dis-

ciplina comporta. Molti ipocondriaci sono dotati di intelligenze vive e pre-

coci che, se mal indirizzate negli anni giovanili, rischiano di portare a un

rapido sviluppo della malattia e, nei fanciulli, a uno sconvolgimento delle

facoltà mentali e persino a una morte prematura. Si tratta in ogni caso di

anime particolarmente sensibili che aborriscono la crudeltà, mal tollerano il

vino, sono poco adattabili ai digiuni e allo studio notturno e alle quali

l'amore spesso procura gravi affanni.

Il capitolo della precettistica medica è alquanto vario, articolato, e

spesso contraddittorio. Sull'uso del vino (come su quello delle bevande

calde: caffè, tè, cioccolata) le opinioni sono discordi. Brunori ne canta le

— 133 —

Sandra Parmegiani

lodi in un sonetto dedicato alla Conservazione del letterato,

A lunghe veglie, a troppo laute cene

Dà bando, e bevi da tre anni addietro

Spremuto vin, per confortar tue vene (Brunori, Ilpoeta medico. Alò)

e invita i letterati a non dar bado ai medici troppo scrupolosi, precisando

che si tratta dell'unica "eccezione della regola generale" che vuole i pazien-

ti fedeli esecutori dei precetti dell'arte medica. Anche Ramazzini e Pujati

sono favorevoli all'uso del vino per i malati ipocondriaci, ma raccoman-

dano di astenersi da qualunque eccesso. Il primo è anche sostenitore del-

l'uso della cioccolata: "fra le delizie dei Letteratj, solazzo dello stomaco, e

degli spiriti" (339), mentre Pujati avanza in proposito maggiori riserve.

Tissot è più decisamente contrario all'uso del vino; teso a combattere

questo "funesto errore" della medicina moderna, considera il vino uno sti-

molante e irritante delle fibre, che decade facilmente in uno stato acetoso

pericolosissimo per lo stomaco e fa affluire una maggior quantità di sangue

al cervello, aumentando le malattie di un organo già così provato dagli

studi assidui. L'uso delle altre bevande calde — e in particolare della cioc-

colata— è a suo parere parimenti biasimevole, in quanto propagatore del-

l'affezione ipocondriaca (133-135)"'.

Anche l'amore si dimostra pernicioso per chi soffre delle alterazioni

prodotte dall'ipocondria o è naturalmente predisposto agli assalti del male.

Era stato ampiamente notato come al temperamento malinconico facessero

riscontro gli eccessi della passione, accompagnati da un'intensa ricerca del

piacere sessuale. Numerosi gli inviti dei medici alla moderazione, e

Flemyng, memore dell'associazione che in epoca elisabettiana veniva sta-

bilita tra la malinconia e i vizi acquisiti in Italia dai viaggiatori inglesi

durante i loro soggiorni, osserva come

[...] indebolisce i nervi

Ogni piacer, se ne fia spesso Fuso.

^"Tissot rileva come il caffè e il tè fossero stati allora banditi rispettivamente in

Svezia, alcune zone dell'Inghilterra, e nelle colonie inglesi d'America. Nelle

Efemeridi Letterarie di Roma del 1777 si dà notizia di un'opera recentemente

uscita a Parigi sull'argomento: Uso del Te ordinato dal Medico della Montagna

Michele Scoupach di Laugenau nella Svizzera, preceduto dalla descrizione di questo

Arbusto, e del suo uso nella Cina, Parigi, la Cauhe. L'autore tesse le lodi del tè,

mette in guardia dalla tendenza moderna a un uso eccessivo della bevanda e invi-

ta gli ipocondriaci a fumarlo invece del tabacco per la sua efficacia nel fortificare

il cervello. Cfr. Effemeridi letterarie di Roma per l'anno 1777, 14.

— 134 —

Ipocondria, scienza medica e poesia

Lo che fanno di Bacco i grati umori:

E di vaga donzella i vezzi, i baci,

E i lascivi diletti

[...] il dolce canto;

E il suon concorde degl'Italiani

Le laute imbandigioni: i dì festivi,

E le famose danze. Che non puote

Soffrir lunga stagion le morbidezze

La gente Inglese, qual natura fece

Atta sol tanto a dura aspra fatica... (Flemyng, Del male de nervi, 71-72)

Gli italiani, grazie alle influenze dei fattori climatici sugli equilibri dei

corpo, sono— egli sostiene— di costituzione più forte: il sole cocente e il

calore dell'aria induriscono i nervi rafforzandoli e il cervello produce il suo

sottile spirito in abbondanza. L'ozio non li danneggia, né il "piacer lascivo

[...], ancorché sia frequente l'uso" (75). Essi formano, per la stessa ragione,

un popolo in grado di sopportare la sofferenza con animo forte. Gli inglesi

invece, nati in un clima freddo, hanno una natura piti debole, per cui neces-

sitano un continuo esercizio del corpo e una vita parca di piaceri. Si tratta

di considerazioni in accordo con le ricorrenti prescrizioni, per i soggetti

affetti da ipocondria, a non vivere in luoghi umidi e freddi, a evitare le zone

ventose (soprattutto i venti di tramontana) e soggette a repentini sbalzi ter-

mici.

La medicina settecentesca sostiene che nelle forme più leggere il male

è curabile o almeno lascia ampi momenti di tregua. Ma se esso s'impossessa

dell'individuo in maniera cronica, ossia serpeggia in tutti i nervi, allora dà

origine a ogni sorta di malattie o, come vengono classificate talora, ad

affezioni ipocondriache composte' (argomento questo della terza parte del

trattato del Fracassini).

Quindi la vista a indebolirsi viene.

Ed indi affatto manca; o pur talvolta

Passi più dell'usato acuta, e chiara;

E quindi la saliva in copia grande

La bocca sempremai bagna, ed allaga,

Come se in essa penetrata fosse

Del mercurio la forza acerba, e fiera;

Ed il palato in varia guisa offeso.

Il gusto anch' egli si corrompe e guasta.

Anzi (mirabil cosa!) i denti istessi

Con isconcerto grave agita, e scuote

L'atroce morbo, e con dolor travaglia. (Flemyng, Del male de nervi, 121)

— 135 —

Sandra Parmegiani

Ancora, si manifestano tosse, asma, palpitazioni cardiache, tremori

addominali, flati e perenni dolori agli ipocondri. Flemyng osserva che

anche i reni vengono spesso colpiti e le urine arrestate o, ancor più spesso,

incapaci di venir trattenute, "Qual limpidetto rio sgorgano fuora" (131).

L'epidermide si fa sensibilissima e avverte dolori simili a punture con-

tinue, le estremità del corpo sono costantemente fredde, insonnie e incubi

perseguitano i malati, assieme a eccessi di caldo e freddo, talora con una

febbre persistente. Ai mutamenti fisici segue il mutamento dell'indole: il

malato perde ogni speranza di guarire e così

Oppresso si rattrista, e 1 corpo, e l'alma

In odio prende, e si consuma, e strugge;

[...]

Stranamente l'ingegno, ed i costumi

Si cangiano, e leggero, ed incostante

Uomo diventa, inquieto, ed importuno.

Ed aspro; e sempre nel prometter mostra

Un indole pieghevole e benigna. (Flemyng, Del male de' nervi, 131)

Sospettoso, incostante, fanciullesco, smemorato, misantropo, restio ai

piaceri, alla vana ricerca di un ozio ristoratore e pur ostinato nel rimuginare

i ricorrenti pensieri ormai senza frutto, l'ipocondriaco può anche giungere a

togliersi la vita. In proporzione alla diffusione della malattia, è raro il caso di

ipocondriaci suicidi; sta di fatto che la causa di simili risoluzioni estreme

veniva spesso allora ricondotta ad affezioni ipocondriache, malinconie e

deliri.

A tanti mali fa riscontro almeno un vantaggio: l'ipocondria "aguzza

l'ingegno " e permette di sviscerare con acume sorprendente quei concetti

su cui la mente rimane fìssa in maniera quasi maniacale. In nome di questo

privilegio intellettuale nel secolo dei lumi è un lustro potersi dichiarare

affetti da un male che ha fama di far oltrepassare nel sapere i confini riser-

vati alle forze umane. Ma il prezzo da pagare è troppo alto, avvisano i

medici. Ad altre mete dovrebbe tendere chi mira alla sapienza, poiché:

Dar savia legge all'inquieto spirto

E del viver gran arte. (Armstrong, Igea, 91)

Il sapiente non dovrebbe cessare di essere uomo, cittadino, padre di

famiglia e amico, come il celebre Poller, professore di teologia e di lingue

orientali citato da Tissot, che si comportò sempre "come se non fosse stato,

che cittadino, che padre, che professore, che uomo di Mondo" (46).

— 136 —

Ipocondria, scienza medica e poesia

L'ipocondriaco, che ricorre continuamente ai consigli del medico, è il

meno pronto ad ascoltarli. Malato affetto da una sorta di frenesia che lo

porta a variare continuamente le cure prescrittegli, non esita ad affidarsi a

ciarlatani e impostori, che col ricorso a prescrizioni senza fondamento o

addirittura ad arti magiche, lo conducono talora in fin di vita. La medicina

settecentesca si interroga a lungo su quali siano i mezzi più opportuni per

curare l'ipocondria e, pur non prescindendo da prescrizioni dietetico-far-

macologiche di supporto, è concorde nel ricorso a una medicina negativa.

Per rafforzare il midollo cerebrale e i nervi cosicché possano compiere cor-

rettamente le loro funzioni e arricchire lo spirito cerebrale riattivando la

macchina nutritiva degli umori, bisogna in primo luogo sradicare l'at-

teggiamento ossessivo che sta alla base della malattia e interrompere così il

circolo perverso nel quale l'individuo si dibatte senza scampo. Quale medi-

cina migliore di quella che educhi il paziente a rispettare le esigenze di spiri-

to e corpo, a non sconvolgere l'armonioso equilibrio necessario al manteni-

mento di una salute durevole? Egli non dovrà far altro che mettere in prati-

ca quelle regole del buon vivere che insegnano come dar ristoro a un corpo

stanco, distogliere lo spirito dalle fatiche eccessive, creare attorno a sé le con-

dizioni più idonee per tenere lontano ogni eccesso. Ma qui risiede proprio

lo scoglio più diffìcile da superare: il malato ipocondriaco non si presta a

rimedi la cui complessità non eguagli almeno parzialmente l'affastellarsi di

mali che sente sorgere continuamente nel suo corpo; in secondo luogo,

avviluppato com'è in un'alterazione psichica che lo porta a considerare l'as-

soluta unicità della sua condizione, non spera e contemporaneamente non

tollera un ritorno alla normalità. Ciò spiega la duplice posizione ricorrente

nella medicina del tempo, che da un lato considera l'ipocondria una malat-

tia curabile, non esiziale, persino relativamente elementare nel suo processo

evolutivo, e dall'altro si dimostra quasi disarmata, confessa le rare occasioni

di successo dei propri metodi, ammette la condizione psichica di un 'punto

di non ritorno' che essa non sempre può impedire al malato di oltrepassare.

Regola prima e imprescindibile è il cacciare i pensieri e le preoccu-

pazioni che occupano costantemente lo spirito e tolgono il sonno. Tissot,

conscio della difficoltà di questa prescrizione, auspica con pungente ironia

il ritrovamento di "un rimedio, che atto fosse a sospendere senza pericolo

la facoltà pensante" (155). Qualora questo primo traguardo venga rag-

giunto con almeno parziale successo, il malato deve poi preoccuparsi della

propria casa e delle proprie sostanze, evitare ingordigia, ubriachezza, ecces-

si di piaceri bramosi, lo studio intenso (in particolare della filosofìa) e lo

studio notturno. Strumento essenziale al conseguimento di qualunque

risultato è un continuo esercizio del corpo. C'è chi consiglia un esercizio

— 137 —

Sandra Parmegiani

che porti quasi allo sfinimento, chi invece predica estrema moderazione.

Bisogna in ogni caso ricercare il tipo di attività che si sa essere più consona

alla propria persona e che suole rallegrare lo spirito. Tissot, sempre attento

a inserire la sua dottrina all'interno di una prospettiva storica, ricorda come

da alcune generazioni i letterati abbiano dimenticato che l'esercizio del

corpo era sin dagli antichi considerato un dovere da espletare quotidiana-

mente. Rammenta il longevo Ippocrate, che associava sempre lo studio alla

ginnastica; Socrate, che imitando i fanciulli andava a cavallo di un bastone;

papi e condottieri che giocavano a piastrelle o dalla spiaggia gettavano, a

ristoro della mente e del corpo, piccole pietre nell'acqua del mare. Fonda-

mentale è il principio della varietà, perché la noia non turbi i progressi della

cura. Flemyng suggerisce, accanto all'equitazione, lunghe passeggiate e

l'esercizio della caccia:

[...] per gli erbosi campi a passo lento

Sgombro d'ogni pensier muovi le piante;

E per le vie dei venti i fuggitivi

Augelli incalza colla polve, e '1 piombo. (Flemyng, Del male de nervi, 205)

E generalmente considerata un'ottima attività, soprattutto per le per-

sone più deboli, il vettureggiare, poiché il movimento stesso del cocchio su

un terreno irregolare provoca la messa in movimento dei fluidi e degli umori

ristagnanti nel corpo. Anche la cura della barca, con i dolci e ondulanti

movimenti, viene guardata con favore e tra tutti i tipi di imbarcazioni si rac-

comanda in particolare la gondola. L'ipocondriaco viene ammonito dal

ricercare la solitudine, che può vanificare anche i benefici del moto, poiché

asseconda la mente nel rimanere fissa e indisturbata in pensieri ossessivi. Se

non si vuole rinunciare all'attività intellettuale, vi sono delle norme ben pre-

cise cui sottostare. La prima vuole che si cambi spesso il soggetto dei propri

studi, di modo che essi siano un piacere prima che una fatica:

[... ] Coi tuoi libri scherza,

E da Filosofìa, come ti prende

Vario talento, a favole e novelle

D'un salto passa; dal sensato e grave

Antonino ai piacevoli deliri

Di Rabelais, e dalla prosa al verso. (Armstrong, Igea, 90)

Armstrong in particolare suggerisce anche la lettura a voce alta di

autori quali Omero e Demostene; la forza della declamazione che essi ispi-

rano— afferma— esercita il respiro, il sangue viene scosso e sollecitato a

scorrere con più vigore. Un'altra prescrizione prevede di assestare la

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Ipocondria, scienza medica e poesia

posizione del corpo in modo clie non danneggi lo scorrimento dei fluidi:

La miglior sia sempre,

Come natura invita, or starti assiso

Or dritto in pie: ma curvo e basso ognora

Se t'affiggi su i fogli, un pigro ingombra

Stupore e lega le vitali parti,

E de' sottili ordigni arresta il moto. (Armstrong, Igea, 90)

L'igiene dei locali in cui si vive, lo studio in ambienti spaziosi e soleg-

giati, il moderato uso di candele, la ricerca di aria pura e secca e di un tiepi-

do sole, la pulizia della persona (e dei denti in particolare), i bagni freddi,

le 'fregagioni' in varie parti del corpo (riportate in voga, osserva Tissot, dai

medici inglesi alla fine del '600), sono alcune delle norme pratiche da

seguire per avviarsi durevolmente lungo il cammino della guarigione. Il

temperamento individuale, la condizione sociale e l'età sono inoltre varia-

bili fondamentali: la povertà è amica del male e così la giovinezza; all'a-

vanzare della vecchiaia l'ipocondria dilegua, causa il naturale indurimento

delle fibre nervose, e per alcuni medici questo rimane in ultima istanza il

rimedio più efficace.

Il capitolo della dieta prevede quale regola generale la sommini-

strazione di cibi facili a digerirsi (grandi lodi sono riservate al latte di capra

e di pecora), l'uso di condimenti semplici, non troppo grassi, viscidi o acri,

e anche la scansione alimentare giornaliera va rivista all'insegna di un rigo-

roso controllo'":

Una vivanda, o solamente due

Con moderazione prendere è d'uopo.

Di queste pur ti somministri l'erbe

La maggior parte, e delle carni parco

Sii nel cibarti. Lentamente ancora

Convien mangiare, e '1 ventricello empire.

Parca cena aggradevole ti sia;

Né mai più tardi della decim'ora

Fia che ti ponga in sulle molli piume,

E t'abbandoni al dolce sonno in braccio.

(Flemyng, Del male de' nervi, 22L 223)

^' Zeviani è l'unico a pronunciarsi in favore di una ingente assunzione giornaliera

di cibo divisa in più pasti, poiché sostiene che dal chilo prodotto con la dige-

stione va ad alimentarsi il sangue e da questo lo spirito dei nervi (114).

— 139 —

Sandra Parmegiani

È frequente anche la prescrizione di purgativi e salassi, anche se non

tutti gli autori concordano sull'utilità di questi ultimi per i malati ipocon-

driaci, poiché essi, dopo un momentaneo sollievo, provocano un nuovo

incrudelire del male. Anche il ricorso agli oppiacei quali lenitivi del dolore

e della spossatezza indotta da tali cure è oggetto di pareri discordi. L'elenco

delle prescrizioni, che conosce continui rimaneggiamenti nel corso del se-

colo, comprende aromi orientali ed erbe amare, rabarbaro, cannella, cortec-

cia, nonché l'assunzione di minerali quali ferro e acciaio che si supponeva

rompessero le punte degli acidi e le assorbissero rendendole innocue. Infine

vi è la gamnCa di sostanze odorose in grado di esercitare benefìci influssi

sugli spiriti vitali e su quello dei nervi in particolare:

Del Castoro l'odor tetro, ed ingrato,

E la fetida gomma, e del Ginepro

Le bacche assai valevoli, ed i semi

Dell'Aniso, che spiran grato odore,

E '1 Carvio, ed il Cubebe, e 1 Coriandolo;

E la radice, che Valeriana

S'appella, grata molto a nervi infermi. (Flemyng, Del male de nervi, 187)

Utile è il ricorso alle acque minerali, l'uso delle gomme e, a detta di

Flemyng, del sapone:

Che al fegato aprir suol le chiuse vie;

Né di questo più bella, ed util cosa

L'arte chimica mai rinvenir seppe. (Flemyng, Del male de' nervi, 191)

La lista potrebbe continuare a lungo, ma si tratta, come si è detto, di

rimedi di supporto, strumenti utili solo se il paziente ha dato avvio a un

mutamento del proprio stile di vita. Una fantasia alterata porta a vedere

intorno a sé, ricorda Zeviani, più mali di quanti in realtà ci affliggano "e

piti siamo miseri di opinione che di fatto" (167). Il secolo della ragione sof-

fre del 'mal di fantasia', un male concreto e totalizzante, e per combatterlo

usa proprio quelle armi del pensiero che il male mira a vanificare.

Ricordava Armstrong che per riottenere il dominio di sé l'uomo

Da una svagata ed operosa vita

Sol poi sanarsi: altro rimedio è vano;

Vani i consigli de' Sapienti, vani

Degli amici i conforti e le ragioni. (Armstrong, Igea, 93)

140

Ipocondria, scienza medica e poesia

Si tratta in ultima analisi di una sfida dell'individuo con se stesso, di una

ginnastica dello spirito che insegna a mettere distanza tra se stessi e la propria

percezione di sé in un salutare oblio. E un gioco di specchi in cui vi è il ri-

schio di smarrirsi, ma oltre il quale non appare esserci, per l'uomo ancora una

volta alla ricerca dell'armonia perduta, alcuna possibile alternativa.

University ofGuelph

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