ipocondria, scienza medica e una congiuntura …
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IPOCONDRIA, SCIENZA MEDICA E POESIA.
UNA CONGIUNTURA SETTECENTESCA
SANDRA PARMEGIANI
Se mai colui, che per voler superno
A' sensi nostri è sprone insieme, e Duce,
Non è tanto, che basti al gran governo.
Ned ha tutto il vigor, che all'opre induce:
O se purgato è meno, e in lui discerno
O minor sottigliezza o minor luce:
O sei varia in suo moto, e al senso interno
Pigrifantasmi, e strane idee conduce:
L'Uomo allor langue, e mancan nel buon uso
Sue parti prime, e vien, che il dì s'imbrune
All'infelice, o sia da' vivi escluso:
O mente ha tarda, ond'e, che in lui si adune
De'più pazzi pensier lo stuol confuso:
E questo (oimèi) questo egli è mal comune.
Camillo Brunori
{Ilpoeta medico ovvero la medicina esposta in versi,
ed in prose italiane)
Summary: This article opens with a survey of the works of those physicians
who, in the eighteenth century, expanded on the Classical and Renaissance
theorization of hypochondria. It then looks at the connections between
hypochondria and literary creation, a themewhich is explored by several
Italian eighteenth-century authors, among them Bernardino Ramazzini,
Antonio Fracassini, Antonio Pujati, and Giovanni Verardo Zeviani. The
study of the literati's hypochondria was very much in fashion in eigh-
teenth-century Italy, as—on the other hand—at the peak of the grand tour
craze it was fashionable, in the land of Dante, to declare oneself affected
by the "English malady." The essay then focuses on the links between
medicine and poetry with an examination of the literary creations of
Italian and English poet-physicians who provided an exposition in verse of
this 'disease of the learned.' Ultimately, science seems to confirm that the
effort to defy mortality through knowledge and artistic achievement is a
vain but unavoidable attempt, and that man in the age of reason suffers,
more that ever before, from the unruly disease of an altered imagination.
Quaderni d'italianistica. Volume XXVIII, No. 2, 2007, 1 19
Sandra Parmegiani
Il grande interesse del secolo dei lumi per il sottile e spesso incerto equi-
librio tra elementi fisiologici e intellettuali, e il gusto di una sua rappresen-
tazione talora enfatizzata nelle dinamiche individuali e sociali, rivela un
nervo dolorosamente scoperto e il travaglio di una conquista ancora lon-
tanai L'interazione profonda tra l'idealizzazione dell'attività letteraria, che
nel corso del secolo va incontro a una progressiva legittimazione, e una
"malattia alla moda" quale l'ipocondria — ad essa sempre più strettamente
e apertamente associata — costituisce uno dei punti cruciali su cui si con-
centra il dibattito all'interno della scienza medica e della disciplina letteraria.
Sin dai tempi di Ippocrate, Aristotele e Galeno si era tentato di classifi-
care e mettere in relazione sintomi ed effetti di malinconia e ipocondria,
nonché di trovare una stabile e persuasiva relazione tra tali affezioni del corpo
e dello spirito e l'attività intellettuale di studiosi, letterati ed eruditi. Era stato
Aristotele a decretare per primo un indissolubile legame tra temperamento
malinconico e facoltà intellettuali dell'individuo, ponendo un'istanza che,
anche se in seguito spesso ribaltata nelle sue premesse (non sarebbe il tem-
peramento malinconico a predisporre naturalmente al lavoro intellettuale,
ma un'intensa applicazione della mente a causare la malinconia), continuerà
a influenzare profondamente sino in epoca moderna il pensiero scientifico^.
Le cause fìsiche del manifestarsi della malinconia andavano ricercate
nell'alterato equilibrio dei fluidi costitutivi del corpo umano (flemma, bile
nera, bile gialla, sangue) e più precisamente in un dominio di quell'atrabile
(bile nera) in grado, con le sue caratteristiche di frigus, siccitas, nigredo, e
tarditas, di far insorgere la malattia in individui ad essa già naturalmente
predisposti e non. L'accumulo di bile emessa dalla milza si pensava provo-
casse vapori fuligginosi che salivano al cervello influenzandone gli spiriti e i
sensi. Ma stando alle teorie di Galeno, che non concordava con la posizione
aristotelica sulla relazione tra malinconia e creatività, vi era anche una ma-
linconia ipocondriaca, le cui cause risiedevano in disturbi digestivi derivan-
ti da un cattivo funzionamento dell'apparato gastrointestinale e in partico-
lare degli ipocondri.
Il presente saggio è stato pubblicato in versione ridotta, senza l'autorizzazione né
il riconoscimento dell'autrice, nel volume: De Vanna Maurizio, Cauzer Mauro,
Marchiori Roberta. Il misterioso pianeta dell'ipocondria. (Roma: Il pensiero scien-
tifico, 2002), 27-48.
I due termini di malinconia e ipocondria si intrecciano nel corso dei secoli con
tentativi di distinzioni e partizioni sintomatologiche, quali quelle di malinconia
ipocondriaca e delirio malinconico, mantenendo tuttavia un'ampia identità di
significato.
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Ipocondria, scienza medica e poesia
Il sincretismo filosofico-scientifico di Marsilio Ficino era riuscito, in
epoca umanistica, a convogliare la posizione aristotelica e quella platonica
del 'divino fiirore' in un sistema che collocava l'uomo nel cosmo in equili-
brio tra forze naturali e soprannaturali. Di qui la distinzione di tre tipi di
malinconia, in cui prevaleva di volta in volta un'influenza astrale {melancho-
lia caelestis), un'influenza terrestre associata a uno spirito malinconico natu-
rale {melancholia naturalis) o un influsso esercitato da processi fisiologici, tra
cui produzione di bile, "disidratazione del cervello, viscosità del sangue, cat-
tiva digestione" {melancholia humand).^ Dal XVI secolo le cause della mal-
inconia, che comincia a cedere il passo con maggior frequenza, nelle
relazioni medico-scientifiche, a una delle sue forme— l'ipocondria— ven-
gono sempre più spesso rintracciate in fattori fisici: disordini della bile, della
milza e degli ipocondri. In quest'ultimo caso particolare rilievo veniva dato
a quella forma di malinconia (ìc£m\i2i flatidosa, per la grande quantità di flato
depositatosi negli intestini; talora il dolore provocato da questo disturbo
veniva considerato— assieme alle alterazioni dei fluidi vitali prodotte da una
cattiva digestione, a cui il fenomeno andava associato— causa primaria del
sorgere del morbo ipocondriaco. Non disgiunta da que-sta concezione, per-
maneva l'idea dell'ascesa di vapori al cervello che oscuravano e turbavano la
facoltà intellettiva ed immaginativa dell'individuo. Il XVIII secolo vide l'u-
scita di The Anatomy ofMelancholy Ò\ Robert Burton, pubblicato nel 1621.
L'eclettica e a tratti esilarante trattazione di Burton forma il compendio più
ampio e articolato sulle cause, le possibili cure, e le idiosincrasie di un male
proteiforme e oscuro ed esercitò un'indiscussa influenza sul pensiero scien-
tifico fino alle soglie del romanticismo. Nel XVII secolo venne fatto un ulte-
riore passo avanti in direzione dell'individuazione fisiologica della malattia:
le teorie del solidismo e del meccanicismo si sovrapposero a quelle degli
umori, la milza non sempre venne vista come fonte produttrice di bile e
l'ipocondria fii associata in maniera più stabile a disturbi del sistema ner-
voso'*. Si apriva così la strada a una concezione mo-derna dell'ipocondria
che, strettamente correlata all'attività intellettuale, porterà — attraverso
-'Si vedano van Lieburg, The disease ofthe learned, 30-31 e Riva, Saturno e le ^a-
zie, 24.
Nel 1756 comparve a Verona l'opera del medico Antonio Fracassini, in cui si
dichiarava l'uso dei nuovi metodi di indagine: Naturae Morbi Hypochondriaci
ejusque curationis meccanica investigatio. In essa si dimostrava, seguendo i prin-
cipi del meccanicismo, come l'ipocondria fosse un'affezione interessante princi-
palmente le parti nervose e membranose dell'individuo. Si vedano a riguardo le
osservazioni di Francesco Antonio Zaccaria negli Annali letterari d'Italia, T. I,
232-35.
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Sandra Parmegiani
numerosi ripensamenti e contraddizioni — alle teorizzazioni e alle codifi-
cazioni di epoca illuminista. M.J. van Lieburg nota che
lo studio delle malattie degli uomini di lettere nel diciassettesimo e
diciottesimo secolo, fu non solo influenzato dal riconoscimento non
privo di fascino della malinconia ipocondriaca come un'incubatrice di
ispirazione per gli studiosi e sorgente di creatività letteraria, ma fu anche
stimolato dal crescente interesse verso l'analisi medica associata alle sin-
gole professioni. (Van Lieburg, Disease ofthe Learned, 51)
Non si può a questo riguardo prescindere dalla produzione del medico
Bernardino Ramazzini, autore nel 1700 di un'opera innovativa, che divenne
ben presto assai popolare e conobbe traduzioni in varie lingue europee: De
morbis artificium diatriba'', un trattato sulle malattie legate alle varie profes-
sioni, in cui un ampio capitolo è dedicato alle malattie dei letterari e
all'ipocondria in particolare, male caratteristico di questa porzione d'umani-
tà. Ancora nella medesima direzione va annoverata un'opera del professore
padovano Antonio Pujati comparsa postuma a Venezia nel 1762: Della pres-
ervazione della salute de'letterati e della gente applicata e sedentaria, che sancì
quanto ormai si era imposto al senso comune: occuparsi delle malattie dei
letterati e più in particolare dell'ipocondria era diventata una moda, cui stret-
tamente andava associata quella, diffusissima presso gli intellettuali del seco-
lo, di considerarsi — in maniera più o meno immaginaria — affetti
dalfEnglish malady", malattia inglese che affondava le sue radici nel perio-
do elisabettiano, sinonimo di malinconia e ipocondria e condizione privile-
giata di animi particolarmente sensibili cui era riservato il privilegio di ecce-
zionali doti intellettuali e di una non comune capacità creativa^'.
-^Nel 1745 l'abate Francesco Chiari così presentava la sua traduzione ai lettori: "Se
'1 libro leggerete / Ricavar ne potrete / Come fuggir malori / O fugar i languori
/ Che l'assidua vostr'Arte / Ven'arreca in gran parte. / Guarirete ogn'offesa / Talor
con poca spesa. / Accio per molti anni / Lungi da crucci, o affanni / Senza ran-
cori, oppur tristezza ria / Sani voi ne viviate in allegria" (IX).
"A difesa dei malati ipocondriaci dalle frequenti accuse di essere nulla più che dei
malati immaginari si schierò il medico veronese Giovanni Verardo Zeviani, che
nel suo trattato Del Flato a favore degl'ipocondriaci dimostrava come il flato che
in alcuni casi si generava nel canale degli alimenti desse origine a un "genere di
malattia molestissimo, e più degli altri intricato e sconosciuto" (4). L'opera del
Pujati è ampiamente lodata da Giuseppe Baretti nel primo numero della Frusta
Letteraria: "Gli è un libro piano e facile e alla portata di qualsiasi leggitore: gli è
pur un libro che diverte con una somma varietà di notizie: gli è pur un libro che
ne può essere d'aiuto grande a conservare la miglior cosa che si possa aver al
mondo, cioè la salute." Baretti, La Frusta Letteraria (Voi. I, 25).
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Ipocondria, scienza medica e poesia
Solo sei anni dopo il saggio di Pujati, uscì a Losanna l'opera del medico
svizzero Samuel Auguste André David Tissot, che in breve si impose come
la voce più autorevole in materia. De la santé des gens de lettres conobbe in
cinque anni ben cinque edizioni e il traduttore italiano dell'edizione napo-
letana del 1773 così si esprimeva:
Altri zelanti Medici prima d'ora pensarono a prestare questo notabile
servigio agli uomini di lettere; ma era riserbato a uno de' più grandi e de'
più celebri non meno fra i Medici, che fra i Letterati dell'Europa il farlo
in una maniera che fosse perfettamente degna d'un così nobile scopo
(Tissot, Della salute de' letterati, 3).
Anche qui ampio spazio era riservato all'ipocondria, a una diagnosi
precoce del male, alle misure preventive da adottare e alle cure più efficaci
per combatterla. Lo stesso Tissot avvertiva nella sua prefazione che, nono-
stante l'esistenza di alcune opere pubblicate in passato intorno allo stesso
soggetto, quanto allora usciva alle stampe rappresentava praticamente una
novità. A suo parere Ramazzini aveva toccato troppo pochi dei punti essen-
ziali che la materia richiedeva, mentre Pujati si era limitato a una "semplice
compilazione di dieta generale, senza alcun'altra relazione allo stato de'
Letterati e senza veruna nuova osservazione"(8).
Il Settecento conobbe pure il fenomeno di quei medici-letterati che,
anche in parte sulla scorta del successo ottenuto dalla trattatistica scientifi-
ca in materia, si dedicarono a composizioni poetiche in cui attraverso
l'esposizione di diagnosi, sintomatologie e cure per l'apprendimento del-
l'arte di conservare la salute, ampia attenzione era rivolta al "male del sec-
olo," che sembrava perseguitare anche non pochi appartenenti alla profes-
sione medica^.
Sin dal 1726 era uscita dalle stampe di Fabbriano IIpoeta medico, opera
di Camillo Brunori, la cui fama professionale eguagliava quella di poeta
fine e colto. Morto l'autore nel 1760 e divenuta l'edizione ben presto
introvabile, il conte Niccolò Vincenzo Masini alla fine del secolo era inter-
venuto presso il figlio di Brunori per poter ristampare il manoscritto con
^Quei medici che passano gran parte della giornata a visitare gli ammalati nelle
loro case non rientrano comunque tra le categorie maggiormente "a rischio" per
quanto riguarda le affezioni ipocondriache. Il continuo movimento cui sono
costretti li toglie — come vedremo — dai pericoli cui è soggetto chi conduce
una vita sedentaria associata e una continua applicazione della mente. Ma è
anche vero, sostiene non senza ironia Ramazzini, che i medici vanno general-
mente esenti dal contrarre malattie per la loro "allegria di cuore, quando tornano
a casa con le borse piene di danari" (332).
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Sandra Para^egiani
tutte quelle aggiunte e revisioni al testo apportate fino all'ultimo dall'au-
tore per adattare l'opera "ai nuovi sistemi della Filosofia e della Medicina"^.
E in effetti i sonetti sui morbi degli spiriti e del sangue, sui deliri, le passioni
d'animo e la conservazione della salute del letterato, dimostrano una certa
sensibilità verso le teorie in materia e non mancano spunti originali, anche
se Brunori tende ad appoggiarsi ancora prevalentemente alle autorità clas-
siche e a Marsilio Ficino in particolare. La seconda edizione uscì a Cesena
nel 1793, quando già da quasi un ventennio era difRisa in Italia la tradu-
zione del celebre poema medico di Malcolm Flemyng Del male de nervi, o
sia della ippocondria, e del morbo isterico, composto originariamente in lati-
no e volto in italiano a Roma alla metà del secolo. L'opera di Flemyng si col-
loca tra i contributi di maggior rilievo dei medici-poeti settecenteschi'^ e la
sua tempestiva traduzione è significativa dell'interesse per la produzione
inglese che proprio in quegli anni si andava sviluppando non solo sul ver-
sante filosofico, ma anche su quello delle scienze e delle arti. Nel 1806 un
altro poema medico di un celebre autore inglese vedeva la luce a Livorno:
Igea, ovvero l'arte di conservar la salute, traduzione di The Art ofPreserving
Health, opera di quel John Armstrong destinato a eccellere più per le sue
fatiche poetiche che nell'esercizio della professione medica. Pubblicata nel
1744, fu subito annoverata tra i più alti esempi di poema didattico sette-
centesco e rimane ancor oggi il migliore contributo artistico del suo
autore'". Lazzaro Papi, traduttore italiano del poema, rilevava come già fosse
noto anche in Italia l'originale inglese e pur sottolineando la presenza di
alcuni difetti, mitigati peraltro dal riconoscimento di come certo gusto
morale fosse soggetto ai costumi dei diversi popoli, lo lodava ampiamente:
Il trattare in buona poesia un soggetto di questa natura era certamente
cosa non poco malagevole, ed egli stesso, come vedrete, gentilmente, si
Nota il Masini nella prefazione: "non solo trovai una tal Opera degna della pub-
blica luce, ma giudicai che stata sarebbe di grande utilità, e di moltissimo gradi-
mento, e soddisfazione ad ogni persona letterata, e di buon gusto, ma spezial-
mente ai professori di Medicina, e ai dilettanti di poesia."
^Nel 1749 era comparso a Leida il poema didascalico De valetudine literatorum
poema, di Gerard Nicolaus Heerkens, ma non risulta che traduzioni dell'opera
fossero uscite in Italia nel corso del secolo o all'inizio dell'Ottocento.
Nell'edizione Cooke di tutte le opere di Armstrong edita a Londra nel 1790 si
legge: "It is the highest species of didactic poetry, and of a merit and character
so great, as to rank with the compositions of Lucretius, Horace, Virgil, Boileau,
Akenside, Dyer, and Grainger. [...] There is a classical correctness and closeness
of stile in this Poem, that are truly admirable, and the subject is raised and
adorned by numberless poetical images". Armstrong, The poetical works, XI.
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Ipocondria, scienza medica e poesia
duole spesso della scabrosità del suo tema. In questa sorta di poemi dida-
scalici o precettivi, la immaginazione non può prendere, come negli altri,
il suo volo; la semplicità, la chiarezza, la verità debbono principalmente
regnarvi, e nel tempo medesimo esser rivestite di linguaggio poetico.
(Armstrong, Igea, 6)
Il Papi lamentava l'assenza in Italia di composizioni poetiche di argo-
mento medico (senza menzionare l'eccezione costituita— come abbiamo
visto— da Brunori) e le pessime traduzioni dalla lingua inglese in cui soli-
tamente ci si imbatteva' 1.
Ciò che accomuna tutte queste opere in versi è la professione medica
degli autori e il loro voler presentare in maniera relativamente sintetica ed
esaustiva una materia attorno alla quale era allora assai vivo il dibattito
nella comunità scientifica. Nell'opera di Flemyng in particolare si assiste
poi a un'estrema saldatura fra puntuale trattazione medica e dimensione
artistica, con la sua scelta di circoscrivere l'argomento del canto a un tema
che proprio agli uomini di lettere doveva allora un'indiscussa celebrità. Sin
dall'inizio del suo excursus medico-poetico, Flemyng delimita geografica-
mente la radice antropologica del male, riconducendone la paternità alla
nazione inglese:
Dico del mal, da cui spesso i Britanni
In miserabil forma afflitti sono;
Ond'è ch'egli s'appella il morbo inglese. (Flemyng, Del male de nervi, 1 1)
Ma dove ha origine e in che cosa consiste il danno apportato alla
macchina umana? La risposta introduce la teoria dei nervi secondo la quale
l'ipocondria, assalendo la regione cerebrale che di essi è sede, sconvolge
dapprima la facoltà intellettiva e prostra in seguito tutte le forze vitali del-
l'individuo. Si tratta di una teoria che rivela il radicale mutamento di
prospettiva settecentesco, per cui, come osserva Massimo Riva:
allo sguardo dell'anatomista il corpo umano ormai non si presenta più
come un organismo in comunicazione con l'ente universale ma come
una macchina conchiusa in sé e percorsa (e quasi irrigata come un fertile
campo) da una rete di elastici vasi e di canali che trasportano i fluidi, suc-
chi e umori vari. (Riva, Saturno e le grazie, 40)
Arturo Graf ne L'anglomania e l'influsso inglese in Italia nel secolo Al//// indica
altre due settecentesche composizioni poetiche in versi: L'ipocondria, compo-
sizione anacreontica di Entusiasmo Annebbiati da Vall'Oscura comparsa a
Firenze nel 1758 e La Magreide e l'Ipocondria, opera di Filandro Cretense edita
a Parma nel 1781. Non è stato possibile reperire copia di tali opere.
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Sandra Parmegiani
Flemyng spiega che la parte più sottile e veloce del sangue, che è anche
la parte più pura degli umori, ossia lo spirito animale, circola all'interno del
corpo scorrendo in quei "corpi forti" che sono i nervi, i quali hanno origi-
ne nel midollo cerebrale. Se tale spirito scorre in nervi forti e sani ed è così
ricevuto dal cervello, l'uomo sarà in salute, di animo pronto e forte, in
grado di compiere i suoi uffici e di mantenersi felice, per quanto i casi par-
ticolari della vita lo consentano. Ma se esso viene meno e se questi stru-
menti del corpo svolgono fiaccamente i loro compiti, allora
Fosca è la mente: e da mestizia oppresso,
E da vile timor l'animo giace;
E dell'amara vita il corso intero
Compiere incresce; ancorché l'altre parti
Siano del corpo tutto e sane, e ferme:
E fauste, e liete sian l'esterne cose. (Flemyng, Del male de' nervi, 29)
Vi è insomma un'insufficiente azione di quello che Zeviani definisce lo
"spirito dei nervi," da cui dipendono la forza e il funzionamento dell'intero
organismo. Causa del suo venir meno può essere un uso eccessivo che se ne
fa "nelle passioni d'animo, ne' gravi dolori, ed in ogni troppo seria appli-
cazion della mente" (25)'^. Anche Tissot rileva come i nervi, che partono
dal sensorio comune, la zona del cervello preposta al pensiero, sono "una
delle principali parti della macchina umana, poiché non avvi fiinzione
veruna, alla quale essi non sieno necessarj, e tosto che la loro azione viene
disordinata, tutta l'economia animale se ne risente". A questo riguardo egli
nota come lo studio, accompagnato da lunghe meditazioni, può parago-
narsi a "una legatura, che fatta a tutti i nervi, ne sospende la loro azione,"
indebolisce il midollo e lascia il corpo esausto (22, 33).
Flemyng osserva ancora che gli umori che si separano dal sangue ed
entrano nelle "minute glandolette" e nei vasi (il grasso, la bile, la flemma,
il licore genitale, lo spirito del cervello), abbisognano di organismi sani per
diffondersi. Viene altrimenti compromessa quella fondamentale attività
corporea che presiede alla produzione e al continuo arricchimento del
Brunori riunisce le cause dell'allontanarsi dello spirito animale dal suo stato na-
turale in tre categorie: difetti di quantità, qualità e moto. La prima può essere
determinata da diete troppo rigorose, da sangue impuro o da eccessiva appli-
cazione della mente, la seconda da un sangue che non riesce a "raffinarsi in puri
spiriti" in seguito all'abuso di droghe o al vivere in ambienti malsani, la terza
dipende da moti troppo lenti o troppo agitati degli spiriti le cui ragioni sono
molteplici e hanno come effetti letarghi, deliri o frenesie {227-2%).
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Ipocondria, scienza medica e poesia
sangue: la "cozzione dei cibi," ovvero la digestione ed assimilazione degli
stessi. La digestione, turbata da insufficienza di spirito animale nel corpo,
provoca un "vizio de' sughi" spesso a lungo non diagnosticabile mentre gli
umori scorrono tutti assieme nei vasi maggiori in attesa della loro sepa-
razione, nel cervello, a opera delle ghiandole del sangue. Legge generale è
che se un umore non è in grado di soddisfare al proprio compito, la fun-
zione cui esso è preposto rimane turbata. A lungo andare quindi la stessa
ghiandola, penetrata continuamente da "vizioso rio," si indebolisce e non
riesce a svolgere più il suo compito come dovrebbe. Talora può anche
accadere che le ghiandole stesse si ammalino e non siano in grado di
Stillar sano l'umore, ancorché sana
Ed acconcia materia ad esse giunga. (Flemyng, Del male de' nervi, 45)
Così a partire dalla digestione viene ad alterarsi un sottile equilibrio
cerebrale. A poco a poco i nervi e il cervello stesso ne rimangono danneg-
giati e anche lo stomaco si fa sempre più difettoso, perché dai nervi non
giunge l'umore cerebrale in grado di presiedere correttamente alla dige-
stione. Inizia l'incepparsi della macchina umana e si crea un circolo vizioso
cervello — stomaco — cervello su cui in linea di principio tutti gli autori
concordano. Ecco spiegato così anche il motivo dei forti dolori addominali
accusati dai malati ipocondriaci proprio nella zona superiore del basso ven-
tre, in corrispondenza appunto degli ipocondri, e sfatata definitivamente la
concezione di un eccesso di atrabile che ingombra la parte:
Onde ingannato il volgo insano pensa
Che ostrutta sia la milza, e sia gonfiata.
(Flemyng, Del male de' nervi, 127)
Il meccanicismo di Flemyng ha una pretesa di esaustività, laddove
Zeviani, pur riconoscendo l'azione dello spirito dei nervi, dichiara "vano il
tentar di rendere ragione di questo scambievole consentimento dell'animo
col corpo, poiché questo supera il nostro intendimento" (43). L'umore
cerebrale assiste in maniera particolare la funzione digestiva; nervi e stoma-
co subiscono quindi il travaglio dello spirito in sommo grado assieme al
cervello, che Tissot emblematicamente definisce "il teatro della guerra"
scatenatasi nell'individuo (23). Nei primi assalti il morbo
Colla sua forza ad attaccar comincia
Il ventricel sovente, e gli stromenti
Della prima cottura; e in quello desta
Qual d'accesa fornace ardente caldo;
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Sandra Paraiegiani
Ed isveglia ad un tratto acidi rutti,
E molesti pel grave, e tetro odore.
Spesso muove il singhiozzo
[...] e dopo il pasto
Le membra aggrava, ed i precordi tende,
E d'un rosso colore accende il volto... (Flemyng, Del male de' nervi, 87)
Seguono nausea e vomito di succo gastrico e biliare. I cibi infatti non
riescono a corrompersi e infiammano il ventre, o si corrompono ma rista-
gnano provocando infiammazioni che danno origine, come osserva Zeviani,
a flati dolorosissimi. Si danno anche casi di fame irrefrenabile simile a quel-
la canina o, al contrario, di profonda inappetenza. Il male comunque non
lascia mai tregua:
Il fiero morbo intanto serpe, e tutto
Ad infettare il celabro incomincia,
E d'ogni nervo ad attaccar la sede,
Or con somma lentezza or prontamente,
A misura che questi, o son dotati
Di molta robustezza, o pur sortirò
Una debol struttura, e vacillante. (Flemyng, Del male de nervi., 97)
Zeviani riassume le cause dell'ipocondria riconducendola a due cate-
gorie principali: procatartica, ossia cagionata da un'eccessiva applicazione
della mente, e antecedente, quando all'origine vi è una debolezza costituti-
va dell'organismo. È soprattutto alla prima che rivolge attenzione la scien-
za medica settecentesca, ma viene tenuto sempre presente che è proprio
l'infinita gamma delle possibili articolazioni interne di questi due fattori a
spiegare perché non tutti siano colpiti dal male con la medesima violenza.
Da subito iniziano le prime turbe del comportamento. Il capitolo della
sintomatologia è assai complesso, poiché essa è la più varia: l'ipocondria si
caratterizza infatti per il suo scatenare una sorta di reazione a catena in cui
l'organismo viene assalito da una quantità innumerevole di mali all'insegna
della varietà e dell'incostanza. Vi sono tuttavia dei tratti comuni, soprattut-
to per quanto concerne i riflessi psichici dell'affezione ipocondriaca.
Un'estrema sensibilità emotiva è legata ai primi stadi della malattia, per cui
i malati sono
[...] inquieti tutti, e di timore ingombri
Stanno, e in oprando vergognosi molto
Sempremai sono, e leggiermente mossa
La costanza dell'alma in lor vacilla.
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Ipocondria, scienza medica e poesia
Sono facili al riso, e al pianto, e an troppo
Del duolo e del piacer squisito il senso. (Flemyng, Del male de nervi, 63)
Ciò avviene perché:
Son più del convenevolo i pensieri
Veloci, e presti; assai più dell'usato
Lo spesso meditar; le gravi cure;
E de' natii costumi la costanza
Turbata e scossa. (Flemyng, Del male de' nervi, 1 03)
Felice ed infelice insieme, l'ipocondriaco è soggetto a mutamenti con-
tinui; popolano la sua mente pensieri orribili che non è in grado di scac-
ciare e che al contempo vive nel terrore di palesare. Si danno anche verti-
gini, timore panico del manifestarsi del male, svenimenti. Il proliferare di
sintomi fisici eterogenei rende particolarmente diffìcile una diagnosi:
Varj dolori inoltre a travagliare
Vengono il capo, e nella cima d'esso
Fan sentirsi talor più crudi, e fieri;
Mentre la nuca assiderata sembra
Da freddo ghiaccio; e con orribil suono
Fischian l'orecchie. Alcune macchie nere
Alle mosche simili; e nebbia folta
Di nube in guisa; ed apparenze rosse
Di varj oggetti; e risplendenti fiamme
Volan dinanzi agli occhi. Le motrici
Fibre delle palpebre, e delle labbra
Da certo impulso tremulo percosse
Veggonsi palpitare. E più veloci
D'ambe le tempie battono le vene. (Flemyng, Del male de nervi, 109)
Pochi sono i medici in grado di riconoscere la malattia in questa prima
fase, anzi — sottolinea Zeviani — spesso essi non credono ai pazienti o
addirittura si fanno gioco dei loro lamenti. Qualora il medico sia in grado
di diagnosticare la malattia è però raro che egli trovi dei malati disposti a
sottoporsi alle cure prescritte, le quali impongono un radicale cambiamen-
to delle proprie regole di vita. Tale resistenza si verifica soprattutto tra gli
studiosi, pazienti notoriamente assai diffìcili. "Avvertite, ragionate, pregate,
gridate, e non farete ben di spesso altro, che predicare al deserto," afferma
Tissot (90). Ne consegue un inevitabile degenerare del male che in breve
mostra il suo volto più crudele. Lo strumento poetico soccorre gli autori
— 129 —
Sandra Parmegiani
nel descrivere gli eccessi del morbo:
Acuti immedicabili tormenti
Contristano la vita. Ove, di cure
Tetra nudrice, Solitudin sempre
Avvolta in egro meditar profondo
Tiene la mente, ivi Follìa ben tosto
S'apre la strada; ivi la Furia arcigna,
Malinconìa, che un negro velo ognora
Ha sulle ciglia, con rabbiosa mano
Lacera e irrita le sue piaghe. (Armstrong, Igea, 9 1 )
La solitudine di cui il malato ipocondriaco va in cerca, congiunta alle
veglie e alle meditazioni ossessive, lo conduce ben presto a eccessi di follia
e a veri e propri deliri. Il mondo circostante sembra mutare aspetto e farsi
irriconoscibile:
Il Sole
Pallido allor divien; livido e fosco
Lume si spande in sulla lieta faccia
Della Natura: un orrido la terra
Deserto fassi, e minacciose nubi
Empiono il cielo. (Armstrong, Igea, 91)
Brunori definisce questi "Rotti fantasmi; e incerte, e pazze idee" "errori
di fantasia," (309) di cui il delirio malinconico e la mania sono una delle
manifestazioni, caratterizzate dall'assenza di stato febbrile. Egli parla in par-
ticolare di delirio malinconico vago quando la persona è in preda all'impos-
sibilità di rapportarsi in maniera equilibrata e sensata alla realtà circostante;
e di delirio radXincomco fisso quando essa "sopra di un solo oggetto talmente
si fissa, che molte ridicole, e disordinate fantasie se ne forma" (309). Questi
ultimi sono i casi, ampiamente riportati dalla letteratura medica, di persone
che credono di avere gli arti costituiti di sostanze delicatissime, quali vetro
o burro, oppure avvertono la presenza di corpi estranei viventi nei propri
visceri e che di essi si nutrono. Brunori si spinge tanto in là nella descrizione
del delirio malinconico fisso da considerare il licantropismo una forma di
questa "malattia di creduli" '-\ Quanto alla mania, essa non è altro, egli affer-
ma, che uno stadio ancora più spinto di delirio malinconico.
Giunta l'ipocondria al suo apice, il soggetto non può opporvisi; la sof-
IO•'"ed è quando taluno si dà costantemente a credere d'esser cangiato in lupo, o in
cane, e perciò urla, latre, e mangia cadaveri, siccome racconta Plinio di certi
popoli, che in ogni tanti anni per alcuni giorni diventano lupi, poi tornano
uomini" (310).
— 130 —
Ipocondria, scienza medica e poesia
ferenza fiacca ancor più le risorse mentali e il processo perverso del male
sembra inarrestabile:
Né armato di ragion contrastar puote
Dell'alma al van terrore, e a i spettri falsi.
Con mirabil prontezza all'infelice
Instabile la mente, or quinci or quindi
Si volge, e muove; e ovunque ella s'aggira
Da una tetra mestizia, e da un orrore.
Che ognor le siegue, viene oppressa, e doma.
Più funesto giammai, né più crudele
Malor di quello a miseri mortali
Avvenir puote; gli s'agguaglia appena
Della podagra il fiero aspro tormento;
De' colpevoli appena i più crudeli
Supplizj; appena del diffidi parto
L'atroce violenza egual può dirsi. (Flemyng, Del male de nervi. 111)
L'anima e lo spirito del cervello sono in balia del morbo, e di esso sof-
frono con più violenza, afferma Flemyng, le "tenere fanciulle." Per secoli si
era operata una ben precisa distinzione tra ipocondria e isteria, laddove la
prima veniva considerata malattia tipica del sesso maschile, mentre la se-
conda si pensava affliggesse esclusivamente le donne. Era stato Thomas
Sydenham, uno dei primi sostenitori seicenteschi del meccanicismo e del
legame dell'ipocondria con la teoria nervosa, a considerare ipocondria e
isteria come un'unica malattia'^ . Flemyng si schiera sulle stesse posizioni e
osserva come a questo male
l...]non bene acconci nomi diedero
I medici, e chiamaronlo negli uomini
II male Ippocondriaco; ed Isterico
Nelle femmine il dissero, e due morbi
Fero d'un sol; che d'esso ignota loro
Fu la natura, ed i principi oscuri. (Flemyng, Del male de nervi, 53)
^^Si veda Thomas Sydenham, Dissertano epistolaris ad ... Gulielmus Cole, de obser-
vationibus nuperis circa curationem variolarum conferentium, nec non de affectione
hysterica. Ancora alla fine dell'Ottocento permane in alcuni casi tale distinzione,
che attribuisce all'isteria una preponderanza dei disturbi di tipo fisico (motorio
e secretivo in particolare), riflessi di iperestesia psichica, mentre all'ipocondria
viene riservato un maggior disagio della sfera psichica e di quella del comporta-
mento. Si veda a questo proposito il Dizionario enciclopedico di medicina e
chirurgia, 304.
— 131 —
Sandra Parmegiani
II sesso femminile sembra essere più soggetto all'ipocondria antece-
dente, in quanto
[...] sortì dalla natura
I nervi, ed il cervel più fiacco, e molle. (Flemyng, Del male de' nervi, 63)
e viene assalito in particolare da terribili dolori nella parte terminale del-
l'intestino, che durano più giorni. La gola poi viene oppressa dagli spiriti
"inviluppati insieme" che dal ventre si muovono verso l'alto e la serrano,
così che a mala pena le donne possono respirare o inghiottire. Nonostante
vi sia chi attribuisce alle donne un temperamento più allegro, spensierato
e loquace e il vantaggio che ad esse proviene dall'astenersi da studi gravosi
e assidui, l'ipocondria femminile viene spesso ricondotta a cause di natura
sociale, quali la moda delle letture romanzesche'''. Zeviani è l'unico a pro-
porre una critica sociale che identifica la radice della malattia nell'edu-
cazione restrittiva cui le donne sono costrette a sottostare:
Temendo e vergognando tengono le amorose fiamme nascose, le quali
quanto più di forza abbiano che le palesi, coloro il sanno che lo hanno
provato. Ed oltre a ciò ristrette da' voleri, da' piaceri, da' comandamenti
de' padri, delle madri, de' fratelli, de' mariti il più del tempo nel piccolo
circuito delle lor camere racchiuse dimorano, e quali oziose sedendosi
volendo o non volendo in una medesima ora seco rivolgono diversi pen-
^^Tissot osserva: "forse che di tutte le cagioni, che hanno rovinato la sanità delle
femmine, la principale è stata la moltiplicazione infinita, da cento anni a questa
parte, de' varj romanzi. Dalla culla fino alla più avanzata vecchiaja esse li leggono
con un ardor sì grande, che per la paura di disapplicarsi un momento, non fanno
alcun moto, e sovente, per soddisfar a questa passione, s'addormentano troppo
tardi; e la veglia è quella che assolutamente rovina la lor salute; senza parlar di
quelle, di cui desse ne sono autori; e questo numero va tutto dì crescendo. Una
figlia, che nell'età di dieci anni legge in vece di correre, in età di vent'anni deve
esser una donna isterica, e non giammai una buona balia" (130-31). Egli ricon-
duce inoltre le crisi di isteria femminile anche all'uso del tabacco da naso, preso
soprattutto a digiuno (1 53). Anche il poeta Matthew Green, autore di un poema
dal titolo The Spleen, edito pochi mesi dopo la sua morte avvenuta nel 1737 e in
cui egli fa ampio riferimento alla propria personale esperienza di malinconico,
addita la lettura di romanzi come una delle cause della moderna decadenza dei
costumi: "Then truth, and patience of control, / And housewife arts adorned the
soul; / And charms, the gift of nature, shone; / And jealousy, a thing unknown;
/ Veils were the only masks they wore; / Novels (receipts to make a whore) / Nor
ombre, nor quadrille they knew, / Nor Pam's puissance felt at loo." The Poetical
Works ofArmstrong, Dyer and Green, 247.
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Ipocondria, scienza medica e poesia
sieri, li quali non è possibile che sempre sieno allegri. E se per quelli alcu-
na malinconia sopravviene nelle lor menti, in quella conviene che con
grave noja si dimorino. (Zeviani, Delflato, 164)
Siamo, afferma Tissot, in un secolo che ha conosciuto un incredibile
incremento delle malattie nervose. La cieca passione delle scienze e l'amore
delle lettere, che rendono "piti facile ritrovare un Accademico, che un vero
uomo," ne sono il motivo principale (129). Lo sviluppo delle scienze corre
parallelo alla degenerazione della salute in quanto si è moltiplicato a di-
smisura il numero degli autori e dei lettori esposti alle malattie tipiche di
un'eccessiva applicazione intellettuale. "Pur troppo per le serie vostre, e
continue applicazioni di mente, voi siete alquanto malinconici, e la malin-
conia, sapete? è la madregna degli uomini dati alle scienze," aveva avvisato
Brunori. Il sapiente settecentesco non sembra però aver quasi nulla da spar-
tire con la figura del saggio antico; simile a un fachiro che impone al pro-
prio corpo inutili sofferenze (così lo raffigura Tissot), il suo lavoro viene
spesso considerato una sterile schiavitù a "microscopiche arti," come le
definisce Armstrong, e una
[...] forte e salda Ambizìon per tutti
D'uno steril saper gli aspri sentieri
Tragge ed amar gli fa ciò che d'altronde
Rifiuterìa suo generoso gusto. (Armstrong, Igea, 90-9 1 )
L'ipocondria non è, come abbiamo visto, una malattia che colpisce
esclusivamente i letterati. Anche se questi rappresentano la schiera più
numerosa, Ramazzini nota che i politici, i giudici e coloro che sono al
servizio del Principe ne soffrono in particolar grado a causa degli studi, delle
continue fatiche e delle veglie cui sono sottoposti; i matematici poi sono
comunemente riconosciuti tra gli studiosi più esposti al male, per l'intensa
applicazione mentale e il completo straniamento dalla realtà che la loro dis-
ciplina comporta. Molti ipocondriaci sono dotati di intelligenze vive e pre-
coci che, se mal indirizzate negli anni giovanili, rischiano di portare a un
rapido sviluppo della malattia e, nei fanciulli, a uno sconvolgimento delle
facoltà mentali e persino a una morte prematura. Si tratta in ogni caso di
anime particolarmente sensibili che aborriscono la crudeltà, mal tollerano il
vino, sono poco adattabili ai digiuni e allo studio notturno e alle quali
l'amore spesso procura gravi affanni.
Il capitolo della precettistica medica è alquanto vario, articolato, e
spesso contraddittorio. Sull'uso del vino (come su quello delle bevande
calde: caffè, tè, cioccolata) le opinioni sono discordi. Brunori ne canta le
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Sandra Parmegiani
lodi in un sonetto dedicato alla Conservazione del letterato,
A lunghe veglie, a troppo laute cene
Dà bando, e bevi da tre anni addietro
Spremuto vin, per confortar tue vene (Brunori, Ilpoeta medico. Alò)
e invita i letterati a non dar bado ai medici troppo scrupolosi, precisando
che si tratta dell'unica "eccezione della regola generale" che vuole i pazien-
ti fedeli esecutori dei precetti dell'arte medica. Anche Ramazzini e Pujati
sono favorevoli all'uso del vino per i malati ipocondriaci, ma raccoman-
dano di astenersi da qualunque eccesso. Il primo è anche sostenitore del-
l'uso della cioccolata: "fra le delizie dei Letteratj, solazzo dello stomaco, e
degli spiriti" (339), mentre Pujati avanza in proposito maggiori riserve.
Tissot è più decisamente contrario all'uso del vino; teso a combattere
questo "funesto errore" della medicina moderna, considera il vino uno sti-
molante e irritante delle fibre, che decade facilmente in uno stato acetoso
pericolosissimo per lo stomaco e fa affluire una maggior quantità di sangue
al cervello, aumentando le malattie di un organo già così provato dagli
studi assidui. L'uso delle altre bevande calde — e in particolare della cioc-
colata— è a suo parere parimenti biasimevole, in quanto propagatore del-
l'affezione ipocondriaca (133-135)"'.
Anche l'amore si dimostra pernicioso per chi soffre delle alterazioni
prodotte dall'ipocondria o è naturalmente predisposto agli assalti del male.
Era stato ampiamente notato come al temperamento malinconico facessero
riscontro gli eccessi della passione, accompagnati da un'intensa ricerca del
piacere sessuale. Numerosi gli inviti dei medici alla moderazione, e
Flemyng, memore dell'associazione che in epoca elisabettiana veniva sta-
bilita tra la malinconia e i vizi acquisiti in Italia dai viaggiatori inglesi
durante i loro soggiorni, osserva come
[...] indebolisce i nervi
Ogni piacer, se ne fia spesso Fuso.
^"Tissot rileva come il caffè e il tè fossero stati allora banditi rispettivamente in
Svezia, alcune zone dell'Inghilterra, e nelle colonie inglesi d'America. Nelle
Efemeridi Letterarie di Roma del 1777 si dà notizia di un'opera recentemente
uscita a Parigi sull'argomento: Uso del Te ordinato dal Medico della Montagna
Michele Scoupach di Laugenau nella Svizzera, preceduto dalla descrizione di questo
Arbusto, e del suo uso nella Cina, Parigi, la Cauhe. L'autore tesse le lodi del tè,
mette in guardia dalla tendenza moderna a un uso eccessivo della bevanda e invi-
ta gli ipocondriaci a fumarlo invece del tabacco per la sua efficacia nel fortificare
il cervello. Cfr. Effemeridi letterarie di Roma per l'anno 1777, 14.
— 134 —
Ipocondria, scienza medica e poesia
Lo che fanno di Bacco i grati umori:
E di vaga donzella i vezzi, i baci,
E i lascivi diletti
[...] il dolce canto;
E il suon concorde degl'Italiani
Le laute imbandigioni: i dì festivi,
E le famose danze. Che non puote
Soffrir lunga stagion le morbidezze
La gente Inglese, qual natura fece
Atta sol tanto a dura aspra fatica... (Flemyng, Del male de nervi, 71-72)
Gli italiani, grazie alle influenze dei fattori climatici sugli equilibri dei
corpo, sono— egli sostiene— di costituzione più forte: il sole cocente e il
calore dell'aria induriscono i nervi rafforzandoli e il cervello produce il suo
sottile spirito in abbondanza. L'ozio non li danneggia, né il "piacer lascivo
[...], ancorché sia frequente l'uso" (75). Essi formano, per la stessa ragione,
un popolo in grado di sopportare la sofferenza con animo forte. Gli inglesi
invece, nati in un clima freddo, hanno una natura piti debole, per cui neces-
sitano un continuo esercizio del corpo e una vita parca di piaceri. Si tratta
di considerazioni in accordo con le ricorrenti prescrizioni, per i soggetti
affetti da ipocondria, a non vivere in luoghi umidi e freddi, a evitare le zone
ventose (soprattutto i venti di tramontana) e soggette a repentini sbalzi ter-
mici.
La medicina settecentesca sostiene che nelle forme più leggere il male
è curabile o almeno lascia ampi momenti di tregua. Ma se esso s'impossessa
dell'individuo in maniera cronica, ossia serpeggia in tutti i nervi, allora dà
origine a ogni sorta di malattie o, come vengono classificate talora, ad
affezioni ipocondriache composte' (argomento questo della terza parte del
trattato del Fracassini).
Quindi la vista a indebolirsi viene.
Ed indi affatto manca; o pur talvolta
Passi più dell'usato acuta, e chiara;
E quindi la saliva in copia grande
La bocca sempremai bagna, ed allaga,
Come se in essa penetrata fosse
Del mercurio la forza acerba, e fiera;
Ed il palato in varia guisa offeso.
Il gusto anch' egli si corrompe e guasta.
Anzi (mirabil cosa!) i denti istessi
Con isconcerto grave agita, e scuote
L'atroce morbo, e con dolor travaglia. (Flemyng, Del male de nervi, 121)
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Sandra Parmegiani
Ancora, si manifestano tosse, asma, palpitazioni cardiache, tremori
addominali, flati e perenni dolori agli ipocondri. Flemyng osserva che
anche i reni vengono spesso colpiti e le urine arrestate o, ancor più spesso,
incapaci di venir trattenute, "Qual limpidetto rio sgorgano fuora" (131).
L'epidermide si fa sensibilissima e avverte dolori simili a punture con-
tinue, le estremità del corpo sono costantemente fredde, insonnie e incubi
perseguitano i malati, assieme a eccessi di caldo e freddo, talora con una
febbre persistente. Ai mutamenti fisici segue il mutamento dell'indole: il
malato perde ogni speranza di guarire e così
Oppresso si rattrista, e 1 corpo, e l'alma
In odio prende, e si consuma, e strugge;
[...]
Stranamente l'ingegno, ed i costumi
Si cangiano, e leggero, ed incostante
Uomo diventa, inquieto, ed importuno.
Ed aspro; e sempre nel prometter mostra
Un indole pieghevole e benigna. (Flemyng, Del male de' nervi, 131)
Sospettoso, incostante, fanciullesco, smemorato, misantropo, restio ai
piaceri, alla vana ricerca di un ozio ristoratore e pur ostinato nel rimuginare
i ricorrenti pensieri ormai senza frutto, l'ipocondriaco può anche giungere a
togliersi la vita. In proporzione alla diffusione della malattia, è raro il caso di
ipocondriaci suicidi; sta di fatto che la causa di simili risoluzioni estreme
veniva spesso allora ricondotta ad affezioni ipocondriache, malinconie e
deliri.
A tanti mali fa riscontro almeno un vantaggio: l'ipocondria "aguzza
l'ingegno " e permette di sviscerare con acume sorprendente quei concetti
su cui la mente rimane fìssa in maniera quasi maniacale. In nome di questo
privilegio intellettuale nel secolo dei lumi è un lustro potersi dichiarare
affetti da un male che ha fama di far oltrepassare nel sapere i confini riser-
vati alle forze umane. Ma il prezzo da pagare è troppo alto, avvisano i
medici. Ad altre mete dovrebbe tendere chi mira alla sapienza, poiché:
Dar savia legge all'inquieto spirto
E del viver gran arte. (Armstrong, Igea, 91)
Il sapiente non dovrebbe cessare di essere uomo, cittadino, padre di
famiglia e amico, come il celebre Poller, professore di teologia e di lingue
orientali citato da Tissot, che si comportò sempre "come se non fosse stato,
che cittadino, che padre, che professore, che uomo di Mondo" (46).
— 136 —
Ipocondria, scienza medica e poesia
L'ipocondriaco, che ricorre continuamente ai consigli del medico, è il
meno pronto ad ascoltarli. Malato affetto da una sorta di frenesia che lo
porta a variare continuamente le cure prescrittegli, non esita ad affidarsi a
ciarlatani e impostori, che col ricorso a prescrizioni senza fondamento o
addirittura ad arti magiche, lo conducono talora in fin di vita. La medicina
settecentesca si interroga a lungo su quali siano i mezzi più opportuni per
curare l'ipocondria e, pur non prescindendo da prescrizioni dietetico-far-
macologiche di supporto, è concorde nel ricorso a una medicina negativa.
Per rafforzare il midollo cerebrale e i nervi cosicché possano compiere cor-
rettamente le loro funzioni e arricchire lo spirito cerebrale riattivando la
macchina nutritiva degli umori, bisogna in primo luogo sradicare l'at-
teggiamento ossessivo che sta alla base della malattia e interrompere così il
circolo perverso nel quale l'individuo si dibatte senza scampo. Quale medi-
cina migliore di quella che educhi il paziente a rispettare le esigenze di spiri-
to e corpo, a non sconvolgere l'armonioso equilibrio necessario al manteni-
mento di una salute durevole? Egli non dovrà far altro che mettere in prati-
ca quelle regole del buon vivere che insegnano come dar ristoro a un corpo
stanco, distogliere lo spirito dalle fatiche eccessive, creare attorno a sé le con-
dizioni più idonee per tenere lontano ogni eccesso. Ma qui risiede proprio
lo scoglio più diffìcile da superare: il malato ipocondriaco non si presta a
rimedi la cui complessità non eguagli almeno parzialmente l'affastellarsi di
mali che sente sorgere continuamente nel suo corpo; in secondo luogo,
avviluppato com'è in un'alterazione psichica che lo porta a considerare l'as-
soluta unicità della sua condizione, non spera e contemporaneamente non
tollera un ritorno alla normalità. Ciò spiega la duplice posizione ricorrente
nella medicina del tempo, che da un lato considera l'ipocondria una malat-
tia curabile, non esiziale, persino relativamente elementare nel suo processo
evolutivo, e dall'altro si dimostra quasi disarmata, confessa le rare occasioni
di successo dei propri metodi, ammette la condizione psichica di un 'punto
di non ritorno' che essa non sempre può impedire al malato di oltrepassare.
Regola prima e imprescindibile è il cacciare i pensieri e le preoccu-
pazioni che occupano costantemente lo spirito e tolgono il sonno. Tissot,
conscio della difficoltà di questa prescrizione, auspica con pungente ironia
il ritrovamento di "un rimedio, che atto fosse a sospendere senza pericolo
la facoltà pensante" (155). Qualora questo primo traguardo venga rag-
giunto con almeno parziale successo, il malato deve poi preoccuparsi della
propria casa e delle proprie sostanze, evitare ingordigia, ubriachezza, ecces-
si di piaceri bramosi, lo studio intenso (in particolare della filosofìa) e lo
studio notturno. Strumento essenziale al conseguimento di qualunque
risultato è un continuo esercizio del corpo. C'è chi consiglia un esercizio
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Sandra Parmegiani
che porti quasi allo sfinimento, chi invece predica estrema moderazione.
Bisogna in ogni caso ricercare il tipo di attività che si sa essere più consona
alla propria persona e che suole rallegrare lo spirito. Tissot, sempre attento
a inserire la sua dottrina all'interno di una prospettiva storica, ricorda come
da alcune generazioni i letterati abbiano dimenticato che l'esercizio del
corpo era sin dagli antichi considerato un dovere da espletare quotidiana-
mente. Rammenta il longevo Ippocrate, che associava sempre lo studio alla
ginnastica; Socrate, che imitando i fanciulli andava a cavallo di un bastone;
papi e condottieri che giocavano a piastrelle o dalla spiaggia gettavano, a
ristoro della mente e del corpo, piccole pietre nell'acqua del mare. Fonda-
mentale è il principio della varietà, perché la noia non turbi i progressi della
cura. Flemyng suggerisce, accanto all'equitazione, lunghe passeggiate e
l'esercizio della caccia:
[...] per gli erbosi campi a passo lento
Sgombro d'ogni pensier muovi le piante;
E per le vie dei venti i fuggitivi
Augelli incalza colla polve, e '1 piombo. (Flemyng, Del male de nervi, 205)
E generalmente considerata un'ottima attività, soprattutto per le per-
sone più deboli, il vettureggiare, poiché il movimento stesso del cocchio su
un terreno irregolare provoca la messa in movimento dei fluidi e degli umori
ristagnanti nel corpo. Anche la cura della barca, con i dolci e ondulanti
movimenti, viene guardata con favore e tra tutti i tipi di imbarcazioni si rac-
comanda in particolare la gondola. L'ipocondriaco viene ammonito dal
ricercare la solitudine, che può vanificare anche i benefici del moto, poiché
asseconda la mente nel rimanere fissa e indisturbata in pensieri ossessivi. Se
non si vuole rinunciare all'attività intellettuale, vi sono delle norme ben pre-
cise cui sottostare. La prima vuole che si cambi spesso il soggetto dei propri
studi, di modo che essi siano un piacere prima che una fatica:
[... ] Coi tuoi libri scherza,
E da Filosofìa, come ti prende
Vario talento, a favole e novelle
D'un salto passa; dal sensato e grave
Antonino ai piacevoli deliri
Di Rabelais, e dalla prosa al verso. (Armstrong, Igea, 90)
Armstrong in particolare suggerisce anche la lettura a voce alta di
autori quali Omero e Demostene; la forza della declamazione che essi ispi-
rano— afferma— esercita il respiro, il sangue viene scosso e sollecitato a
scorrere con più vigore. Un'altra prescrizione prevede di assestare la
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Ipocondria, scienza medica e poesia
posizione del corpo in modo clie non danneggi lo scorrimento dei fluidi:
La miglior sia sempre,
Come natura invita, or starti assiso
Or dritto in pie: ma curvo e basso ognora
Se t'affiggi su i fogli, un pigro ingombra
Stupore e lega le vitali parti,
E de' sottili ordigni arresta il moto. (Armstrong, Igea, 90)
L'igiene dei locali in cui si vive, lo studio in ambienti spaziosi e soleg-
giati, il moderato uso di candele, la ricerca di aria pura e secca e di un tiepi-
do sole, la pulizia della persona (e dei denti in particolare), i bagni freddi,
le 'fregagioni' in varie parti del corpo (riportate in voga, osserva Tissot, dai
medici inglesi alla fine del '600), sono alcune delle norme pratiche da
seguire per avviarsi durevolmente lungo il cammino della guarigione. Il
temperamento individuale, la condizione sociale e l'età sono inoltre varia-
bili fondamentali: la povertà è amica del male e così la giovinezza; all'a-
vanzare della vecchiaia l'ipocondria dilegua, causa il naturale indurimento
delle fibre nervose, e per alcuni medici questo rimane in ultima istanza il
rimedio più efficace.
Il capitolo della dieta prevede quale regola generale la sommini-
strazione di cibi facili a digerirsi (grandi lodi sono riservate al latte di capra
e di pecora), l'uso di condimenti semplici, non troppo grassi, viscidi o acri,
e anche la scansione alimentare giornaliera va rivista all'insegna di un rigo-
roso controllo'":
Una vivanda, o solamente due
Con moderazione prendere è d'uopo.
Di queste pur ti somministri l'erbe
La maggior parte, e delle carni parco
Sii nel cibarti. Lentamente ancora
Convien mangiare, e '1 ventricello empire.
Parca cena aggradevole ti sia;
Né mai più tardi della decim'ora
Fia che ti ponga in sulle molli piume,
E t'abbandoni al dolce sonno in braccio.
(Flemyng, Del male de' nervi, 22L 223)
^' Zeviani è l'unico a pronunciarsi in favore di una ingente assunzione giornaliera
di cibo divisa in più pasti, poiché sostiene che dal chilo prodotto con la dige-
stione va ad alimentarsi il sangue e da questo lo spirito dei nervi (114).
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Sandra Parmegiani
È frequente anche la prescrizione di purgativi e salassi, anche se non
tutti gli autori concordano sull'utilità di questi ultimi per i malati ipocon-
driaci, poiché essi, dopo un momentaneo sollievo, provocano un nuovo
incrudelire del male. Anche il ricorso agli oppiacei quali lenitivi del dolore
e della spossatezza indotta da tali cure è oggetto di pareri discordi. L'elenco
delle prescrizioni, che conosce continui rimaneggiamenti nel corso del se-
colo, comprende aromi orientali ed erbe amare, rabarbaro, cannella, cortec-
cia, nonché l'assunzione di minerali quali ferro e acciaio che si supponeva
rompessero le punte degli acidi e le assorbissero rendendole innocue. Infine
vi è la gamnCa di sostanze odorose in grado di esercitare benefìci influssi
sugli spiriti vitali e su quello dei nervi in particolare:
Del Castoro l'odor tetro, ed ingrato,
E la fetida gomma, e del Ginepro
Le bacche assai valevoli, ed i semi
Dell'Aniso, che spiran grato odore,
E '1 Carvio, ed il Cubebe, e 1 Coriandolo;
E la radice, che Valeriana
S'appella, grata molto a nervi infermi. (Flemyng, Del male de nervi, 187)
Utile è il ricorso alle acque minerali, l'uso delle gomme e, a detta di
Flemyng, del sapone:
Che al fegato aprir suol le chiuse vie;
Né di questo più bella, ed util cosa
L'arte chimica mai rinvenir seppe. (Flemyng, Del male de' nervi, 191)
La lista potrebbe continuare a lungo, ma si tratta, come si è detto, di
rimedi di supporto, strumenti utili solo se il paziente ha dato avvio a un
mutamento del proprio stile di vita. Una fantasia alterata porta a vedere
intorno a sé, ricorda Zeviani, più mali di quanti in realtà ci affliggano "e
piti siamo miseri di opinione che di fatto" (167). Il secolo della ragione sof-
fre del 'mal di fantasia', un male concreto e totalizzante, e per combatterlo
usa proprio quelle armi del pensiero che il male mira a vanificare.
Ricordava Armstrong che per riottenere il dominio di sé l'uomo
Da una svagata ed operosa vita
Sol poi sanarsi: altro rimedio è vano;
Vani i consigli de' Sapienti, vani
Degli amici i conforti e le ragioni. (Armstrong, Igea, 93)
140
Ipocondria, scienza medica e poesia
Si tratta in ultima analisi di una sfida dell'individuo con se stesso, di una
ginnastica dello spirito che insegna a mettere distanza tra se stessi e la propria
percezione di sé in un salutare oblio. E un gioco di specchi in cui vi è il ri-
schio di smarrirsi, ma oltre il quale non appare esserci, per l'uomo ancora una
volta alla ricerca dell'armonia perduta, alcuna possibile alternativa.
University ofGuelph
Opere Citate
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