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DERMATITE DA CONTATTO Irritativa: Risultato di un effetto tossico locale, per contatto della pelle con sostanze chimiche irritanti, come saponi, solventi, acidi o alcali. Un irritante è definito come una qualsiasi sostanza capace di produrre danno cellulare se applicata per un tempo sufficiente e con una sufficiente concentrazione. Allergica: forma di ipersensibilità di tipo ritardato, elicitata quando la pelle viene a contatto con una sostanza alla quale si era precedentemente sensibilizzata.

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DERMATITE DA CONTATTO

• Irritativa: Risultato di un effetto tossico locale, per

contatto della pelle con sostanze chimiche irritanti,

come saponi, solventi, acidi o alcali.

Un irritante è definito come una qualsiasi sostanza

capace di produrre danno cellulare se applicata per

un tempo sufficiente e con una sufficiente

concentrazione.

• Allergica: forma di ipersensibilità di tipo ritardato,

elicitata quando la pelle viene a contatto con una

sostanza alla quale si era precedentemente

sensibilizzata.

DERMATITE IRRITATIVA DA CONTATTO

• Saponi e detergenti:

• Soprattutto quelli progettati per rimuovere prodotti

chimici industriali come olii minerali. Particolarmente

esposti meccanici e macchinisti. Uno dei meno lesivi fra

questi prodotti è il borato di sodio.

• Sostanze abrasive come sabbia e pomice sono

altamente irritanti.

• Detergenti a secco. Sono ben tollerati a meno che

non contengano abrasivi. L’uso ripetuto degli stessi

stracci è sconsigliato, poiché il detergente e le sostanze

tossiche che esso deve asportare vi si accumulano. Sono

consigliabili tovaglioli a perdere preintrisi di detergente.

AGENTI

ETIOLOGICI:

• Acidi:

• Acido solforico: manifattura di fertilizzanti, di fibre tessili, di

esplosivi, di carta, di prodotti per la pulizia dei metalli, nelle

batterie.

• Acido cloridrico: produzione di fertilizzanti, di coloranti e

pitture, di saponi, nella placcatura con metalli.

• Acido cromico: nella produzione di alluminio anodizzato.

• Acido Idrofluorico: nell’industria dei semiconduttori.

• Acido fosforico: nella produzione di fertilizzanti chimici.

• Alcali:

• Idrossido di sodio

• idrossido di potassio

In laboratorio, nell’industria dei coloranti, degli sbiancanti, della

carta

• Sali di metalli:

• Composti dell’arsenico nell’estrazione di rame, oro e altri

metalli.

• Ossido di calcio. Nella manifattura dell’acciaio e della carta.

• Solventi derivati dagli idrocarburi:

• Benzene, toluene, xilene. Per la rimozione del catrame.

• Alcool metilico

• Trementina.

• Materiali strutturati:

• Fibre di vetro

• tessuti ruvidi.

• Agenti fisici: raggi UV, raggi X, radiazioni ionizzanti, raggi

laser, caldo, freddo e fattori meccanici.

• Sostanze chimiche presenti nelle piante: come: acido

formico, acido ossalico, acido acetico, enzimi proteolitici. Il

contatto con piante che contengono furocumarine come il

5-metossipsoralene è responsabile di reazioni

fototossiche in seguito ad esposizione a luce ultravioletta

(UVA) con lunghezza d’onda 320-400nm.

• Irritanti aerotrasmessi: polveri e vapori come segature e

sostanze plastiche che vengono taglite, levigate,

riscaldate.

La principale barriera protettiva è lo strato corneo. Il suo

spessore, le caratteristiche strutturali dell’epidermide e lo strato

lipidico determinano la resistenza cutanea agli irritanti. La cute

del volto, dei genitali, delle regioni di piega è più facilmente

penetrabile, mentre il palmo delle mani e lapianta dei puedi sono

relativamente resistenti.

I follicoli piliferi e gli sbocchi delle ghiandole sudoripare

costituiscono una porta di ingresso di sostanze nella cute,

mentre il sebo e il sudore hanno una azione protettiva,

ricoprendo e detergendo lo strato corneo.

I soggetti di pelle nera sono più resistenti agli agenti irritanti.

Soggetti affetti da dermatite atopica sono più suscettibili alla

azione di sostanze irritanti e in particolare a quelle che

provocano perdita di idratazione dei tessuti come i solventi.

Meccanismi patogenetici: Possono essere bloccati vari

enzimi.

Vi può essere formazione di radicali liberi che danneggiano

le membrane cellulari. Inoltre può essere disturbata la

sintesi e la riparazione del DNA.

I detergenti aggressivi danneggiano dapprima il film lipidico

epidermico e poi i lipidi delle membrane cellulari. Il sodio

lauril –solfato è un presente in alcuni shampoo a detergenti

ed è un detergente aggressivo.

I solventi organici provocano vasodilatazione e trombi

intravasolari. Acidi e basi forti causano debaturazione

proteica.

Meccanismi

Le ROS danneggiano le cellule poiché ossidano gli acidi grassi di

membrane, provocano idrolisi delle proteine, provocano rottura

del DNA e alterazioni delle basi.

Radicali liberi:

• In seguito al contatto con l’irritante, viene accelerata la

produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS). Queste

sono composti ad elevata attività ossidante, che hanno forte

tendenza a donare ossigeno ad altre sostanze. Alcuni

importanti ROS negli organismi viventi sono:

• Radicale idrossilico, OH-

• Anione superossido, O2-

• Acqua ossigenata, H2O2

L’irritazione può essere di lieve entità e provocare disturbi di

rilievo solo se esercitata ripetutamente, o intensa e dare gravi

manifestazioni in seguito a un solo contatto.

Le manifestazioni cutanee acute vanno dunque da lieve

eritema, a lesioni bollose, laghi di pus, fino alla erosione, alla

ulcerazione, alla formazione di croste, e alla necrosi dei tessuti

con perdita di sostanza. Quelle croniche consistono in

ipercheratosi, lichenificazione, formazione di squame, e

formazione di ragadi, indistinguibili dalla dermatite allergica da

contatto cronica.

Le lesioni sono nettamente localizzate all’area del contatto con

l’agente irritante e non si verifica diffu

Il sintomi principale è il bruciore.

L’esempio più drammatico di reazione tossica è la necrosi

tessutale acuta provocata da un acido forte o una base forte

concentrati. Agenti meno nocivi richiedono più tempo.

DERMATITE IRRITATIVA ACUTA

Da acidi forti

Da acido nitrico

Gli effetti dannosi si manifestano nel giro di

pochi minuti

Da guanti intrisi di solventi

Da scarpe

DERMATITE IRRITATIVA

Da solvente industriale

pustole, laghi di pus

• Le bolle si rompono

• Lesioni siero-gementi

• Erosioni asciutte e

croste

Col tempo, se l’esposizione all’agente irritante non si ripete,

tendono a guarire:

• Alla fine: cute normale, anche se all’inizio eritematosa

• Caduta delle croste

• Comparsa di nuova

epidermide

1) Reazioni fototossiche : sono dovute a reazioni fotochimiche che

causano alterazioni cutanee. Si manifestano come una dermatite irritativa

da contatto.

Reazioni tipo ustione solare, con eritema, edema, vescicole, bolle, croste.

Sensazione urente.

Compaiono già alla prima fotoesposizione. Sono dose dipendenti.

Istologia: edema intracellulare, cheratinociti apoptotici – anche molto

numerosi, modesto infiltrato linfocitario nel derma superiore.

2) Reazioni fotoallergiche: si forma un fotoallergene che inizia una

risposta immunologica di tipo IV. Si manifestano come una dermatite

allergica da contatto.

Reazioni di tipo eczematoso: eritema, papule, vescicole, bolle, croste,

desquamazione. Prurito.

Non compaiono alla prima fotoesposizione. Non sono dose dipendenti.

Istologia: spongiosi linfocitaria nell’epidermide, infiltrato linfocitario

dermico denso.

• Normalmente le molecole si trovano nel cosiddetto “ stato

fondamentale” ed hanno una certa distribuzione degli elettroni

negli spazi attorno al nucleo.

• Quando una molecola assorbe l’energia dell’ultravioletto o della

luce visibile, questa energia viene impiegata nel seguente modo:

un elettrone dell’ultimo strato finora occupato salta ad un orbitale

più esterno (di maggiore energia) ancora non occupato, e la

molecola è promossa ad uno stato eccitato.

• Per ciascuna molecola esiste una serie di stati elettronici,

associati a più alti livelli di energia e a diversa distribuzione degli

elettroni, chiamati “stato eccitato”.

PATOGENESI DELLE REAZIONI FOTOTOSSICHE

Un possibile stato eccitato di una molecola viene detto stato di singoletto

eccitato. Si parla di singoletto eccitato quando come conseguenza del

“salto” energetico dell’elettrone (dall’ultimo orbitale occupato al primo

non occupato), la molecola in stato di eccitazione si ritrova con due

elettroni esterni con spin opposti.

Lo stato di singoletto eccitato dura pochi nanosecondi, dopodiché la

molecola restituisce l’energia assorbita

• o sotto forma di luce

• o sotto forma di calore

• o può convertirsi a un nuovo stato eccitato: il tripletto eccitato, che

contiene meno energia dello stato di singoletto eccitato, e nel quale i

due elettroni hanno lo stesso spin.

• o, dà origine a una reazione chimica, fornendo un fotoprodotto

Le parole «singoletto» e «tripletto» si riferiscono allo spin

degli elettroni esterni e non allo stato di eccitazione.

• Singoletto è una situazione nella quale i due elettroni esterni

hanno spin opposto, e quindi la somma dei momenti angolari

di questi spin è uguale a 0.

• Tripletto è una situazione nella quale i due elettroni esterni

hanno lo stesso spin, e quindi la somma dei loro momenti

angolari è diversa da 0.

La maggior parte delle molecole allo stato fondamentale si

trovano in uno stato di singoletto (ovviamente non eccitato)

ossia con i due elettroni esterni con spin opposti. Da qui, se in

seguito alla somministrazione di energia un loro elettrone salta

in un orbitale più esterno, i due elettroni esterni del nuovo

assetto avranno ancora spin opposti, e si dice che la molecola è

passata a uno stato di singoletto eccitato.

L’ossigeno molecolare (O2) allo stato fondamentale fa

eccezione, perché si trova normalmente nello stato di tripletto

(non eccitato), ossia con due elettroni esterni, ciascuno nel suo

orbitale, con lo stesso spin.

In seguito alla somministrazione di energia, questi due

elettroni si ritrovano a condividere lo stesso orbitale e ad avere

spin opposto. Si dice allora che la molecola di O2 è passata allo

stato di singoletto eccitato.

Come per le altre molecole allo stato eccitato, questa

configurazione “contiene” più energia ed è instabile. Dunque,

anche l’ossigeno tende a restituire l’energia ricevuta, o sotto

forma di energia termica, o come energia luminosa, o come

energia chimica.

Le molecole in stato eccitato possono:

• trasferire direttamente la loro energia all’ossigeno,

inducendovi uno stato di singoletto eccitato.

• catturare elettroni reagendo con altre molecole che

divengono così radicali liberi. Questi a loro volta

partecipano a una serie di ossido-riduzioni che

risultano nella formazione di perossido di idrogeno e

che provocano danni cellulari.

Viene definita come radicale una molecola con un

elettrone non accoppiato altamente reattivo in un

orbitale esterno, una molecola che è quindi in grado di

avviare una serie di reazioni a catena mediante la

rimozione di un elettrone da un’altra molecola allo scopo

di completare il suo orbitale.

D’altra parte, la stessa

struttura elettronica dell’os-

sigeno fa sì che, anche in

condizioni di normalità, esso

vada facilmente incontro a

riduzione per aggiunta di un

elettrone, il che comporta la

formazione di radicali di

ossigeno che causano

danno cellulare.

Il trasferimento di elettroni

all’ossigeno risulta nella

formazione in sequenza dei

seguenti intermedi:

O2 Ossigeno

O2-

Superossido

H2O2 Perossido di idrogeno

H2O + OH•

radicale

idrossilico

H2O acqua

1° e –

1° e – + 2H+

1° e – + 1H+

1° e – + 1H+

Quindi, i radicali liberi che si formano dall’ossigeno sono :

• Anione superossido (O2 – )

• Perossido di idrogeno (H2O2)

• Radicale idrossilico (OH•)

Il perossido di idrogeno di per sé non e un radicale libero, ma

viene convertito a radicale idrossilico tramite:

• La reazione di Fenton, in presenza di Fe+

Fe2+ + H2O2 → Fe3+ + OH• + OH –

• O la reazione di Haber-Weiss

O2 – + H2O2

→ O2 + H2O + OH•

Fra questi radicali quello idrossilico è il più pericoloso perché è

coinvolto nella perossidazione lipidica, che genera a sua volta

altri radicali liberi. Ne risultano danni alle membrane cellulari.

Inoltre i radicai liberi ossidano proteine, acidi nucleici, provocano

la formazione di dimeri della timina, e i prodotti di queste

ossidazioni danno il via a processi di transduzione di segnali*

che portano alla produzione di mediatori dell’infiammazione,

come alcune prostaglandine e alcune citochine, fra le quali il

Tumor Necrosis Factor e le interleuchine.

Sono responsabili di infiammazione, di fotoinvecchiamento e

foto- carcinogenesi.

*In biologia la trasduzione di segnale è il meccanismo che

converte uno stimolo meccanico o chimico in una specifica

risposta cellulare

In condizioni fisiologiche le reazioni di ossidazione avvengono

attraverso il trasferimento di elettroni ad accettori appropriati,

come il NAD+ e il FAD che vengono poi ossidati nell’ambiente

protetto dei mitocondri, in opportune cstene di ossidazione.

Il passo terminale nel quale l’ossigeno è ridotto ad acqua è

catalizzato dalla citocromo-c ossidasi che fa sì che il processo

avvenga senza la formazione si intermedi.

Dermatiti fototossiche sistemiche

Dopo ingestione di una quantità sufficiente di un farmaco

fotosensibulizante: tranquillanti, antidepressivi, antipsicotici,

antimicotici, antibiotici (tetracicline, ac.nalidixuco)

Patogenesi: formazione di fotoprodotti tossici come radicali liberi e

specie di ossigeno reattive. Bersagli: DNA e membrane cellulari

(membrane plasmatiche, lisosomiali, mitocondriali).

Spettro di azione: UVA

Clinica: ustione solare “esagerata”, entro ore dall’esposizione. Eritema,

edema, vescicole, bolle, confinate alle aree fotoesposte. Talvolta

pigmentazione.

Al fototest: UVA MED molto più basso del normale, che si normalizza

progressivamente dopo l’escrezione del farmaco. Il MED è l’unità di

misura per le ustioni solari (minimum erythema dose), che è la minima

esposizione all’ultravioletto che produce un eritema a margini netti nella

sede dell’irradiazione, 24 ore dopo una singola esposizione.

Le manifestazioni scompaiono dopo l’escrezione del farmaco.

Dermatite fototossica da tetraciclina

Impiegata nella terapia dell’acne

Da terapie topiche

per l’acne

Dermatiti fototossiche topiche: per contatto accidentale

o a scopo terapeutico con il fotosensibilizzante seguito

da irradiazione UVA.

Sostanze fotosensibilizzanti:

• Furocumarine (origine vegetale: frutta, verdure, usati

in profumeria, come l’olio di bergamotto,

• Catrami: agenti terapeutici, lastricazione delle strade,

impermeabilizzazione di tetti..

• Rosa bengala per la diagnostica oftalmologica

Le fitodermatiti: sono dermatiti fototossiche topiche con

reazione infiammatoria per contatto con alcune piante

che contengono furocumarine ed esposizione alla luce,

es. fichi, crisantemi ed ombrellifere, come sedano,

carote, prezzemolo, finocchio.

Sintomi: Dolore urente, prurito

Segni:

• Eritema, edema, vescicole, bolle, confinati alle

regioni fotoesposte e venute a contatto con il

fotosensibilizzante.

• Pigmentazione postinfiammatoria.

• Nel caso delle fitodermatiti: Strisce di forma bizzarra,

con pattern artificiale, che indicano l’artefatto.

Pigmentazione residua con la stessa forma.

Fitodermatite da furocumarine

La presenza di queste

sostanze nella cute,

dovuta al contatto con

certe piante, magnifica

l’effetto della luce solare,

al punto che dosi

normalmente non

eritemigene di UV

producono un effetto

simile a quello di una

fotoustione.

Dermatite fototossica da estratto di primula + esposizione

UVA a scopo cosmetico

Fitodermatite da umbelliferae (la

paziente ripuliva il giardino)

Da bagno di sole in un prato

Bolla intra- e subepidermica

necrosi

dell’epidermide.

Edema del derma

superiore. Scarso

infiltrato linfocitario

nel derma.

Istologia: edema

intracellulare,

cheratinociti apoptotici,-

anche molto numerosi,

in dipendenza della

gravità,

• Esposti giardinieri, individui che fanno uso di rasaerba a filo rotante, (lesioni

multiple alle gambe), soggetti addetti al trasporto di sostanze vegetali

(dermatite alle mani).

Sono fototossici: carote, prezzemolo, sedano, il crisantemo, il cardo selvatico.

• Caratteristiche strisce di eritema e bolle con intenso prurito e a volte dolore.

•Pigmentazione postinfiammatoria che si accentua alle successive

fotoesposizioni.

Altre forme di dermatite fototossica di interesse professionale: da prodotti

dell’industria petrolifera e in particolare catrami.

Farmaci assunti per os come le tetracicline, gli antinfiammatori non steroidei,

l’amiodarone, gli psoraleni sono fototossici, per cui i soggetti che li assumono

dovrebbero evitare i lavori all’aperto.

DERMATITE IRRITATIVA DA CONTATTO CUMULATIVA

La maggior parte delle dermatiti professionali rientra in questa

categoria. L’esposizione cronica a sostanze irritanti ed essiccanti

come acqua, olii, idrocarburi, cemento, catrami, conduce a questo

tipo di dermatite.

I guanti sono usati per proteggere le mani da insulti ambientali,

ma essi stessi possono essere causa di dermatiti attraverso un

meccanismo di occlusione e di abrasione.

Inoltre: Agenti fisici, come sabbia, polvere, tessuti , carta

Secrezioni del corpo (urine, feci, saliva, sudore, secrezioni che

fuoriescono dalle ferite o da emuntori infetti.

Etiologia e patogenesi

Il fattore cruciale è la ripetuta esposizione ad irritazioni di

basso grado, che a lungo andare superano i meccanismi di

difesa della cute. Fra i gruppi di persone esposte a possibili

condizioni irritanti non tutte svilupperanno una dermatite.

Le variabili in gioco includono:

• Capacità tampone: la superficie cutanea ha un pH di circa 5,7

e la cute è in grado, entro certi limiti, di tamponare sia

soluzioni acide che basiche.

• Capacità di trattenere acqua. Lo strato corneo non contiene

soltanto cheratina ma anche acqua e sostanze lipofile, che

vengono rilasciate dai cheratinociti quando evolvono in

corneociti. Inoltre i lipidi raggiungono lo strato corneo anche

attraverso le ghiandole sebacee. Le sostanze in grado di

trattenere l’acqua sono conosciute come fattore idratante

naturale e consistono di aminoacidi, zuccheri e lipidi.

Nel modello di «mattoni e malta» dello strato corneo, i

corneociti sono i mattoni e i lipidi epidermici costituiscono la

malta. Una mancanza di lipidi epidermici o una loro variazioni

quantitative, specialmente una perdita di ceramidi, riduce la

capacità di trattenere acqua e favorisce la secchezza.

In questo modo la funzione barriera è danneggiata, aumenta

la perdita di acqua transepidermica ed è più facile la

penetrazione delle sostanze tossiche.

• I lipidi contenuti nel sebo e quelli forniti dai cheratinociti

formano il film lipidico cutaneo, he viene a sua volta diluito dal

sudore. Esso ha proprietà antimicrobiche.

Clinica

Sedi interessate: di solito il dorso delle mani, il più spesso quella

dominante e la superficie estensoria degli avambracci.

Simultanea presenza di manifestazioni acute e croniche. eritema,

edema, e bolle e croste, desquamazione, lichenificazione e

ragadi.

Lesioni asimmetriche e non

nettamente demarcate.

Si va da forme lievi, con

modesta desquamazione e

lichenificazione

A forme gravi,

Con ragadi ed

ipercheratosi.

Di solito il coinvolgimento

palmare indica un eczema

disidrosico, ma può essere il

risultato di una dermatite irritativa

Da pastelli a cera

Da detergenti energici in

un odontoiatra

Ballonizzazione dei cheratinociti,

necrosi del’epidermide, degenerazione

reticolare, bolla intraepidermica e poi,

anche subepidermica.

Edema del derma papillare, ,

infiltrato linfocitario interstiziale

e perivascolare.

Terapia

• Steroidi topici nelle forme acute

• Creme protettive

• Creme emollienti

• Detergenti poco aggressivi

• Guanti di cotone (risciacquati bene dopo

il lavaggio)

• Essenziale la prevenzione

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO

Viene definita come allergia la malattia che consegue

ad una risposta del sistema immune ad un antigene che

sarebbe di per sé innocuo.

La dermatite allergica da contatto è una forma di

ipersensibilità ritardata o di tipo IV.

Questo tipo di ipersensibilità è mediato da linfociti T

antigene-specifici, che qui funzionano essenzialmente

nello stesso modo di quando forniscono una risposta

difensiva ad agenti infettivi.

Patogenesi

Tipici antigeni che causano ipersensibilità piccole sono molecole

altamente reattive che penetrano facilmente attraverso il corneo

intatto, specialmente se suscitano prurito che a sua volta provoca

il grattamento.

Queste molecole reagiscono con proteine dell’ospite, formando

dei complessi proteina-aptene.

Questi vengono processati e legati alle molecole del Complesso

Maggiore di Istocompatibilità (MHC) e, così modificati, vengono

riconosciuti come antigeni dai linfociti T.

Come la risposta ad un evento infettivo, la risposta di

ipersensibilità cutanea di tipo ritardato ha due fasi:

Sensibilizzazione

Elicitazione.

Tipici agenti responsabili

Quando il paziente viene a contatto per la prima

volta con l’antigene, questo penetra nella cute e

induce una cascata di eventi che risulta nella

sensibilizzazione.

La riesposizione all’antigene porta alla

presentazione dell’antigene a linfociti T- memoria,

già sensibilizzati, e al conseguente rilascio di

citochine e fattori chemiotattici che risultano nelle

caratteristiche manifestazioni cutanee

(elicitazione).

Sensibilizzazione

Le cellule di langerhans catturano e processano l’antigene

dispiegandolo sulla loro superficie. Nel contempo migrano per via

linfatica ai linfonodi regionali.

Nei linfonodi le cellule di Langerhans incontrano i linfociti

T naive, giunti per via ematica, e a questi presentano

l’antigene esposto sulla loro membrana cellulare,

attivandoli anche per mezzo di molecole co-stimolatrici.

Le prime cellule coinvolte sono i linfociti

CD4 (linfociti Helper)

I linfociti T così attivati si trasformano in cellule T effettrici

antigene-specifiche (cellule-memoria)e proliferano. Infine

lasciano il linfonodo per mezzo dei linfatici efferenti e si

immettono nel circolo sanguigno.

Di qui fanno ritorno alla pelle dove ha inizio la

fase di elicitazione: La ulteriore esposizione

all’antigene dei linfociti T attivati (cellule memoria)

porta al rilascio di

citochine come l’inter-

ferone gamma e le

interleuchine IL 2, IL4,

IL6, IL8 e IL17.

e rilascio di citochine

come: interleuchina 1,

interleuchina 6, Tumor

Necrosis Factor alfa e

GM-CSF (Granulocyte-

macrophage colony

stimulating factor),

nonchè chemochine

come l’interleuchina 8

(CXCL8)

Con conseguente stimolazione dei cheratinociti

Ne risulta una ulteriore accensione della infiammazione con

richiamo di monociti e loro maturazione in macrofagi attivati,

deputati a distruggere l’antigene.

Se il sistema di cellule T è danneggiato, la

capacità di fornire una risposta di

ipersensibilità di tipo ritardato è compromessa,

come nella dermatite atopica, nella psoriasi e

nell’HIV/AIDS.

Un altro fenomeno è la tolleranza: un esempio

è che se un allergene viene somministrato per

la prima volta per os, è più difficile in seguito

sensibilizzare il soggetto.

Una modalità tipica di reazione cutanea allergica da contatto si

svolge in seguito a legame dell’antigene alle molecole del MHC di

classe I. E’ il caso della dermatita allergica acuta scatenata

dall’edera velenosa tramite una sostanza chimica in essa

contenuta, il pentadeca-catecolo. Si tratta di un composto

liposolubile che penetra facilmente attraverso le membrane

cellulari e finisce nel citosol, dove viene degradato e poi

traslocato nel reticolo endoplasmico. Qui viene legato alle

molecole del MHC di classe 1 ed esposto sulla superficie delle

cellule presentanti l’antigene. Questo viene quindi riconosciuto

dai linfociti CD8 (linfociti

killer), che distruggono le

cellule presentanti

l’antigene, oltre a produrre

mediatori

dell’infiammazione.

L’altra modalità, di gran lunga più frequente, prevede

l’internalizzazione dell’aptene entro vescicole endocitiche, dove

questo viene processato e legato alle molecole del MHC di classe

II. L’antigene modificato viene esposto sulla superficie della cellula

dendritica presentante l’antigene e presentato ai linfociti CD4, che

rilasciano citochine attivando ulteriormente l’infiammazione e

promuovendo la distruzione dell’antigene da parte dei macrofagi.

Una reazione di questo tipo

è quella scatenata dai

cationi bivalenti, come il

nickel, che alterano la

conformazione delle

molecole MHC di classe II

alle quali sono state legate

e provocano la risposta dei

T-linfociti.

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO

Epidemiologia

Nessuna preferenza di sesso, di età, di razza. Eventuali

differenze dipendono dal pattern di esposizione. Es.

l’allergia al nichel si manifesta più frequentemente nelle

donne probabilmente perché sono più esposte al

contatto con gioielli.

Pazienti affetti da dermatite atopica sono teoricamente

più difficilmente sensibilizzabili, ma, poiché possiedono

una barriera cutanea meno efficace, sono più esposti a

tutte le sostanze potenzialmente sensibilizzanti e

finiscono per avere più dermatiti allergiche da contatto.

Importante l’esposizione per motivi professionali a

determinati allergeni.

Fattori predisponenti locali:

• Cute danneggiata, poiché è più facile per

potenziali allergeni penetrare lo strato corneo.

Quindi: danni da acidi o alcali, ragadi o

erosioni, macerazione e preesistenti dermatiti

di qualsiasi tipo.

• Tipo di esposizione: es. i metalli contenenti

nichel sono più allergizzanti quando presenti in

orecchini con foro e piercing.

Fase di induzione

Importanti:

• Composizione chimica dell’allergene

• Concentrazione

• Stato della cute

• Durata dell’esposizione

• Composti con anello benzenico para-sostituito sono forti

allergizzanti

• Nichel (gioielli) e bicromati (malta) sono sensibilizzanti deboli,

ma sono molto più frequentemente causa di dermatiti allergiche

a causa delle frequenti esposizioni, ripetute per anni.

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO

Allergeni più comuni:

• Nickel: metallo color argento, contenuto in vari oggetti metallici, in

gioielleria, nelle fibbie, nelle borchie.

• Neomicina solfato: antibiotico per uso topico, in unguenti antibatterici,

creme per le emorroidi, colliri e preparazioni otoiatriche.

• Balsamo del Perù: sostanza odorosa naturale presente in alcuni profumi

e in alcune spezie ( chiodi di garofano, cannella)

• Formaldeide: gas incolore usato nei cosmetici, nelle medicazioni, nei

tessuti, nelle pitture, negli smalti. E’ rilasciato con il fumo di sigaretta e con

gli scarichi delle automobili. In soluzione acquosa come formalina è un

fissativo per istologia.

•Allergeni del corpo e delle secrezioni di acari di materiale alimentare

conservato (acari del grano, della farina, della frutta secca) come ad

esempio l’Acarus Siro.

Fase di induzione

Importanti:

• Composizione chimica dell’allergene

• Concentrazione

• Stato della cute

• Durata dell’esposizione

• Composti con anello benzenico para-sostituito sono forti

allergizzanti

• Nichel (gioielli) e bicromati (malta) sono sensibilizzanti deboli,

ma sono molto più frequentemente causa di dermatiti allergiche

a causa delle frequenti esposizioni, ripetute per anni.

Quindi:

• Dermatiti da contatto con piante e prodotti vegetali

• Poison ivy (Rhus toxicodendron e Rhus radicans)

• Famiglia della primula ( benzochinone)

• Composita (responsabile di riniti allergiche da fieno e da

contatto aerotrasmesse)

• Calendula

• Liliacee, comprese cipolle, aglio, giacinti e tulipani)

• Spezie (cannella e vaniglia)

• Con medicazioni topiche ( colliri, gocce otologiche, creme,

pomate e unguenti, ovuli vaginali.

• Con abiti

• Formaldeide negli abiti non-stiro

• Abiti scuri, calze da donna, indumenti di pelle, tinti con

coloranti azoici o antrachinonici, tessuti verdi, colorati con

cromati.

• Bottoni metallici (nichel)

• Gioielli sia bigiotteria che certe leghe di oro o argento (nichel)

• Cosmetici

• profumi, conservanti nelle creme cosmetiche

• formaldeide e resine negli smalti e nelle unghie finte

• tioglicolati nei liquidi per permanenti,

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO

Clinica

Tipiche lesioni eczematose:

• Chiazze eritematose ben demarcate, con

vescicole, bolle ed essudazione, in fase acuta,

• Placche lichenificate e desquamanti quando la

dermopatia si cronicizza.

Le lesioni sono localizzate all’area di contatto con

l’allergene.

Nel caso di saponi e shampoo le lesioni sono,

naturalmente, più diffuse.

Prurito

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO ACUTA (da Edera velenosa)

Dermatile allergica acuta da contatto: eritema, vescicole e

papulovescicole.

Patch test: cloroacetofenone

DERMATITE ALLERGICA DA

CONTATTO

Al cuoio delle scarpe

Dermatite allergica da contatto acuta, da prodotto cosmetico per i capelli

Vescicole ed essudazione

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO

Allergia ad una resina a base di

formaldede contenuta nello

smalto per unghie.

Allergia all’eosina contenta il un

rossetto

Dermatite allergica da

fiammiferi

Sesquisolfuro di fosforo

Fosforo rosso amorfo

Anilina

Bicromato di potassio

Da coloranti aromatici e solventi della gomma

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO CRONICA

Può seguire una fase acuta o comparire su una dermatite

irritativa cronica preesistente.

Pattern simmetrico,

bordi meno netti e

possibile diffusione a

distanza (di tipo

papulo-vescicoloso).

Epidermide ispessita e

desquamante.

A volte c’è

lichenificazione, dovuta

al grattamento.

DEMATITE ALLERGICA DA CONTATTO CRONICA

Al mercaptobenzotiazolo contenuto

nei guanti di gomma Ai bicromati in cementista

A volte aspetti simil-disidrosici.

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO CRONICA

Al dorso delle mani, come nell’eczema dei cementisti

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO

Dovuta alla glutaraldeide (in un tecnico di laboratorio)

Dermatite allergica da contatto cronica dei polpastrelli, con

coinvolgimento dell’iponichio

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO SISTEMICA

Da esposizione per via sistemica (per iniezione, ver via orale, per

somministrazione nasale, per supposte) in pazienti che avevano

già manifestato una allergia da contatto a quella sostanza.

Dermatite allergica

da contatto

sistemica, da

supposte lassative

che contenevano

balsamo del Perù

Un aptene,applicato localmente o

assunto per via sistemica, sotto l’azione

degli UV, si lega alle normali proteine

della cute formando un fotoallergene

che scatena una risposta immune.

Quando, in un secondo tempo, l’UV e il

fotoallergene interagiscono nella cute,

si sviluppa una reazione allergica,

usualmente di tipo ritardato.

•Principali fotosensibilizzanti sistemici:

Clorpromazina (anche nel personale

sanitario che somministra il

medicamento), diuretici tiazidici,

sulfaniluree (ipoglicemizzanti orali).

•Fotosensibilizzanti topici: Benzofenone

e acido paraminobenzoico, usati come

schermi solari, profumi, antibatterici in

prodotti per l’igiene personale

(Salicilanilidi, esaclorofene).

DERMATITE FOTOALLERGICA

Dermatite pruriginosa,

confinata alle regioni

cutanee esposte alla luce e

all’allergene, caratterizzata

da eritema, papule,

vescicole, talvolta bolle.

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO

Spongiosi linfocitaria

con microvescicolazione

Vescicola intraepidermica

ricca di linfociti e cellule di

Langerhans

Vescicola

intraepidermica con

numerosi linfociti,

Patch test: Gli allergeni

selezionati vengono versati

entro speciali vaschette, le

“camere Finn” e poi applicati

sulla cute mediante speciali

cerotti.

Dopo l’asportazione del

cerotto le sedi di applicazione

vengono marcate per

identificare la posizione dei

vari allergeni. La lettura avviene da 72 ore

a una settimana dopo

l’applicazione.

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO

Terapia

• Allontanamento dell’allergene o degli allergeni

identificati come responsabili.

• Corticosteroidi locali e, se necessario, per via

sistemica.

• Antistaminici per os