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ISIG JOURNAL Quarterly of International Sociology

Trimestrale di Sociologia Internazionale

volume XIX – numero 1/4 – 2010

INDICE PRESENTAZIONE, Alberto Gasparini ……………………………………….……..……… MANIFESTI PER GORIZIA Carta di Gorizia (1994) ….……………………………………….…………………………... The Gorizia Manifesto, sulle integrazioni politiche dell’Europa (2003) ……………….….…. Manifesto di Gorizia per il Mediterraneo (2007) ……………………………………………. Statement/Raccomandazioni (Onu/Ecosoc) (2009) …………………………………………. GORIZIA – VITA QUOTIDIANA, GRANDI E PICCOLI PROBLEMI Il centro storico di Gorizia: spazio marginale o anima della città?, Alberto Gasparini …… La società dei liberi, Maura Del Zotto e Antonella Pocecco ……………….……………… I giovani e l’uso di sostanze psicoattive, Anna Maria Boileau ……….….………………… Gli stili di mangiare fuori casa, Daniele Del Bianco ……………….…..………………….. Sport di qualità, Elisabetto Pontello e Maura Del Zotto ……………..…………………… I clandestini e gli atteggiamenti dei goriziani, Moreno Zago ……………………………….. GORIZIA DELLE STRUTTURE Il trend demografico nel comune di Gorizia (1995-2010), Moreno Zago ….………………. Scenari occupazionali per effetto della caduta del confine, Moreno Zago ..…………..……. Studio di fattibilità di un’agenzia di sviluppo delle regioni transfrontaliere in Italia,

Slovenia, Austria, Alberto Gasparini ………..............…………………….……….. Aeroporto per le regioni transconfinarie, per funzioni originali da attribuire allo scalo di

Ronchi dei Legionari, Daniele Del Bianco ……………..…..……………………….. IL FUTURO, DAL PASSATO AL PRESENTE. GORIZIA-NOVA GORICA E COOPERAZIONE TRANSFRONTALIERA La posizione di Gorizia nell’Euroregioe “Euradria”, Alberto Gasparini …….….………. Struttura organizzativa di “Eurego”, Daniele Del Bianco e Alberto Gasparini ..……………. Il modello di sviluppo internazionale per il futuro dell’economia di Gorizia-Nova Gorica,

Alberto Gasparini …………………………………………………………………... Simulazione del futuro delle città gemelle Gorizia-Nova Gorica, Paola Rizzi e Moreno

Zago ………………………………………………………………………………… Gorizia-Nova Gorica come una possibile comunità telematica virtuale, Luca Bregantini e

Moreno Zago ……………………………………………………..………………… Preferenze della gente su una linea di autobus per il collegamento di Gorizia-Nova Gorica,

Maura Del Zotto e Emanuela Fabretti …………………………………………….... Progetto di Polo universitario per Gorizia-Nova Gorica, Alberto Gasparini …………..…… Il consorzio Iuise, Iuise ……………………………………………………………………. Uso delle lingue a Gorizia-Nova Gorica, Paolo Roseano e Sonja Sovak Lukanovič ……. I genitori e i nonni dell’uomo di confine, Alberto Gasparini ……………………………..

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Editorial Board Edgar F. Borgatta, University of Washington Vincenzo Cesareo, Catholic University of Milan Jürgen Friedrichs, University of Cologne Renzo Gubert, University of Trento Max Haller, University of Graz John Hume, Peace Nobel Prize Giuseppe O. Longo, University of Trieste Zdravko Mlinar, University of Ljubljana Antonio Papisca, University of Padua Riccardo Petrella, University of Louvain Vasile Puşcaş, Babes Bolyai University of Cluj Napoca Bruno Tellia, University of Udine Danilo Turk, University of Ljubljana Antonio Zanardi Landi, Italian Ambassador Tatyana Zaslavkaya, Academy of Sciences of Russian Federation Director Clemente Borando Scientific Director Alberto Gasparini Editorial Executive Board Anna Maria Boileau, Luciana Cominotto, Daniele Del Bianco (editor in chief), Maura Del Zotto, Giulio Tarlao ISIG JOURNAL is the quarterly journal of the Institute of International Sociology (ISIG) The Institute of International Sociology of Gorizia was created on the initial project of its founder, Franco Demarchi, which aimed at joining together rigorous scientific activity and a proactive effort in the international cooperation filed, to promote sustainable development and the peaceful coexistence of peoples. Located in Gorizia, a town on the border between two countries of then-divided Europe, in 1968 ISIG became an international centre of excellence for research and an original laboratory elaborating solutions to the needs of local, national and international societies. Thus, ISIG contributed to the scientific development of new methodologies and theories. Today, the originality of ISIG stands out in the numerous research activities carried out by the institute and in its commitment within the international academic and cultural networks in which it operates, in its constant publishing and academic dissemination and training activities. ISIG is thus rooted in the regional context but is also dynamically turned towards the international context, within which it operates and is recognised as a centre of excellence in the fields of international relations and cross-border cooperation studies, of ethnic relations and minorities studies, of peace studies and conflict resolution, of society and social policy, of economics and local development, of democracy and civil society, of futures and forecasting techniques, of territorial and environmental risk management. © Institute of International Sociology of Gorizia (ISIG) Published Online - Gorizia 2011 Quarterly journal registered at the Court of Gorizia, no. 229 of 26.03.1991

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PRESENTAZIONE Alberto Gasparini

Sui confini nascono le nuove identità e i laboratori in cui si modella l’evoluzione umana. Questo è

quanto afferma Zygmunt Bauman (in Confini, Catalogo della Esposizione, Valencia, 2009). Ed è anche nelle periferie che nascono molto spesso le innovazioni, che poi hanno successo se i centri le fanno proprie e le valorizzano.

Questo numero di Isig Journal del 2010 vuole verificare come succede ciò sul confine di Gorizia, e vuole offrire una sintesi del contributo che l’Isig ha dato a Gorizia, dove è nato e dove opera. È un contributo concreto su problemi concreti, emerso dalla ricerca scientifica. Naturalmente l’Isig progetta azioni e produce studi anche per la regione Friuli Venezia Giulia, per il nazionale, per i problemi internazionali e le agenzie nazionali e internazionali [in particolare Commissione europea, Consiglio d’Europa, Onu (Ecosoc), Ince, ecc.], come prevede l’art. 3 dello Statuto dell’Isig.

I numeri delle attività principali dell’Isig dall’atto della sua nascita (1968) indicano chiaramente che l’Istituto ha svolto molte ricerche, ha fatto molte pubblicazioni e organizzato molti convegni: le ricerche per produrre conoscenza scientifica, le pubblicazioni e i convegni per disseminare tale conoscenza e progetti realizzati. Gli ambiti ai quali hanno fatto riferimento queste tre attività hanno riguardato Gorizia e la regione Friuli Venezia Giulia (il 72.8% delle ricerche, il 31% delle pubblicazioni, il 35.5% dei convegni) in primo luogo, e l’Unione Europea, i Balcani e l’Est-Europa, le restanti attività.

Gorizia (e la regione) dunque è stata al centro delle attività, e in questo numero di Isig Journal 2010 vogliamo riportare qualche spezzone e i risultati di queste attività, sia recenti che svolte nella storia dell’Istituto ma che conservano un valore in gran parte attuale, in quanto il tema centrale è sempre la gente di Gorizia, le strutture di Gorizia e la cooperazione transfrontaliera che Gorizia condivide con Nova Gorica e Sempeter Vrtojba.

Queste sono perciò le tre parti in cui vogliamo articolare questo numero di alcune pubblicazioni e alcuni rapporti di ricerca che ha sviluppato l’Isig per Gorizia.

Il numero di Isig Journal viene aperto da quattro Manifesti, elaborati a Gorizia, con tema Gorizia e l’Europa e il Mediterraneo, e con il forte contributo dell’Isig. Il primo manifesto (1994) riguarda la Carta di Gorizia con la quale si domanda all’Unione Europea che venga riconosciuto alle città di confine europee uno status speciale. Il secondo (2003) è “The Gorizia Manifesto” con il quale alcune università e lo Iuise enfatizzano il ruolo delle integrazioni politiche dell’Europa. Il terzo (2007) è il Manifesto di Gorizia per il Mediterraneo, elaborato e firmato dai giovani partecipanti alla XIII Summer School internazionale organizzata dall’Isig sul ruolo dei giovani nella cooperazione mediterranea. Il quarto (2009) è lo statament/le raccomandazioni su confine e salute pubblica mondiale, derivati dalla conferenza organizzata dall’Ecosoc/Onu e dall’Isig a Gorizia e approvata a Ginevra nella Sessione internazionale dell’Ecosoc/Onu nel luglio 2009.

Con la prima parte offriamo al lettore alcuni aspetti della vita quotidiana, che riguardano: 1) gli atteggiamenti verso il centro storico, 2) Gorizia al femminile, 3) le idee creative degli anziani, 4) i giovani e l’uso delle sostanze psicoattive, 5) gli stili di mangiare fuori casa, 6) la qualità dello sport, 7) i clandestini e gli atteggiamenti di goriziani.

Con la seconda parte, Isig Journal offre uno spaccato di alcune analisi strutturali di Gorizia e del contesto in cui si colloca Gorizia stessa. Si comincia 1) con la simulazione del trend demografico di Gorizia, proiettato al 2010 partendo dal 1995. Emergono tre scenari, di cui quello intermedio (B) è effettivamente quello che si è realizzato nel 2010 (35720 abitanti). Si prosegue 2) con la costruzione di

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scenari occupazionali per effetto della caduta del confine, e 3) con uno studio di fattibilità di un’agenzia di sviluppo delle regioni transfrontaliere in Italia, Slovenia e Austria. Si conclude infine questa parte 4) con il riferimento al contesto di Gorizia rappresentato dall’aeroporto per le regioni transconfinarie, per funzioni originali da attribuire alo scalo di Ronchi dei Legionari.

Da ultimo, la terza parte riporta alcuni progetti e ricerche sul ruolo di Gorizia nella cooperazione transfrontaliera diretta con Nova Gorica e indiretta con le regioni italiane, slovene e austriache. Dieci sono i contributi che vengono scelti per dare un’idea della previsione per il futuro di Gorizia e della cooperazione transfrontaliera svolte nell’ambito dell’Isig. Altrettanti argomenti sono trattati nei dieci articoli: 1) la posizione di Gorizia nell’euroregione “Euradria”, 2) la struttura istituzionale di “Eurego”, 3) il modello di sviluppo internazionale di Gorizia-Nova Goricia, 4) la simulazione del futuro delle città gemelle Gorizia-Nova Gorica, 5) Gorizia-Nova Gorica come possibile comunità informatica virtuale, 6) le idee della gente su una linea di autobus per il collegamento di Gorizia e Nova Gorica, 8) il Consorzio Iuise, 9) l’uso delle lingue a Gorizia e Nova Gorica, 10) i genitori e i nonni dell’uomo di confine.

Questi, e cioè i ventun articoli portati all’attenzione dei lettori di Isig Journal, rappresentano altrettante finestre, o finestrelle, sulla complessa realtà di Gorizia e dello suo status di città una volta di confine ed ora di città che vuole costruire delle nuove centralità sulla cooperazione e sulla continuità fra comunità un tempo divise.

Ci auguriamo che il lettore si possa fare un’dea concreta di quello che è Gorizia, una città che una volta era collocata sulla Cortina di ferro e che ora vuole costruire un futuro nuovo e originale. Altri fatti ha studiato e altre ricerche ha elaborato l’Isig, e queste sono tutte a disposizione di chi vuole saperne ancora di più (www.isig.it).

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MANIFESTI PER GORIZIA

Alcuni eventi organizzati dall’Isig hanno dato luogo alla stesura e alla firma di documenti, manifesti e raccomandazioni. Qui se ne riportano quattro. Essi sono stati inviati al presidente e ai commissari dell’Unione Europea, ai capi degli stati dell’Ue, ai capi degli stati del Mediterraneo, alle autorità di governo e delle organizzazioni internazionali da parte dell’Ecosoc/Onu e dell’Isig

CARTA DI GORIZIA (1994)

Firmatari: AICCRE, Università di Trieste, ISIG 10 settembre 1994, Gorizia

• − • − •

LA “CARTA DI GORIZIA” per il riconoscimento alle città di confine europee

di uno status particolare Pubblichiamo la versione italiana del testo della “Carta di Gorizia”, proposta dall’Isig (Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia), dall’Università degli Studi di Trieste e dall’Aiccre in occasione del convegno internazionale “Frontiere nella città, città senza frontiera” che si è tenuto a Gorizia il 9-10 settembre 1994. Con la “Carta di Gorizia”, si chiede che alle città di confine venga riconosciuto uno status particolare al fine di favorire il massimo di cooperazione ed adeguate risposte alle esigenze delle comunità confinarie. Il documento è stato inviato alle istituzioni europee, ai governi nazionali, al Consiglio dei comuni e delle regioni d’Europa.

* * * * * I rappresentanti delle città di confine europee e gli studiosi dei problemi e delle opportunità offerte da queste realtà territoriali, convenuti a Gorizia per la conferenza internazionale “Frontiere nelle città, città senza frontiera” promosso congiuntamente dall’Università di Trieste, dall’Associazione italiana per il Consiglio dei comuni e delle regioni d’Europa (Aiccre) e dall’Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia (Isig),

CONVINTI

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Carta di Gorizia (1994)

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che le frontiere, da barriere, devono divenire sempre più, non solo di fatto, ma anche con adeguate basi giuridico-istituzionali (a livello sociale, culturale e scolastico, come pure a livello economico-imprenditoriale, sia dei sistemi di comunicazione e di trasporto, nonché della salvaguardia delle risorse ambientali), delle vere e proprie cerniere di cooperazione - non solo nella loro dimensione orizzontale che è già nella realtà delle cose, ma anche nell’orientamento a sostenere lo sforzo di costruire la nuova Europa.

RIBADISCONO 1. che il ruolo delle città di confine risulta fondamentale nell’attuale situazione geo-politica dell’Europa,

poiché esse rappresentano un laboratorio di ricerca e di sperimentazione di forme di collaborazione tra realtà molto diverse per cultura, etnia, appartenenze statuali, economiche, amministrative;

2. che l’integrazione politica, economico-sociale e culturale dell’Europa presuppone l’equilibrio tra la

consapevolezza e l’impegno di appartenenza ad un comune destino di civiltà e di partecipazione ad uno stesso grande disegno politico, e la valorizzazione delle identità specifiche delle culture autoctone di popoli diversi;

3. che si deve tener conto anche della più vasta sensibilità alla convivenza imposta da mutate condizioni

nella società e nell’economia dell’Europa e del mondo intero, le quali determinano ampi movimenti di persone e di conseguenza l’accettazione e la conoscenza di culture anche estranee alle tradizioni di ciascun paese;

per questi motivi

CHIEDONO che alle città di confine venga riconosciuto uno status particolare, al fine di favorire il massimo di cooperazione ed adeguate risposte alle esigenze delle comunità confinarie.

Gorizia, 10 settembre 1994

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THE GORIZIA MANIFESTO, SULLE INTEGRAZIONI POLITICHE DELL’EUROPA (2003)

Firmatari: Università di Bucarest, Budapest, Lubiana, Maribor, Milano Boccono, Milano Statale, Mosca, Praga, Skopje, Trieste, Urbino, IUISE (Istituto Universitario Internazionale per Studi Europei) 28 novembre 2003, Gorizia

• − • − •

We, representatives of the Universities of Bucuresti, Budapest, Ljubljana, Maribor, Milano Bocconi,

Milano Statale, Moskva, Praha, Skopje, Trieste and Urbino, Acting as part of the civil society forum mentioned by the Laeken Declaration of December 2001,

and appealing to the European Governments which will evaluate the project of Constitution drafted by the European Convention, have agreed on the following guidelines, freely and firmly presented to the governments, parliaments and civil societies of the members of the European Union, as well as to the European Council, Commission and Parliament:

We believe that any division of our continent in old and new Europe is unacceptable. We, similarly, deny any supposed discrimination between big and small countries of Europe, derived from internal policies aimed to preserve at any cost national sovereignty and full independence;

We, equally, consider any initiative taken against the rules of the Constitution by two or more members of the European Union, as a serious risk to divide Europe and to contrast its vocation to promote a full and democratic unity, primarily founded on a real equality for each country and people;

We are convinced that the principles of peaceful cooperation, freedom, democracy, equal opportunity and solidarity observed for half a century by the promoters of European integration are the most reliable pillars on which the Union is built.

Concerning the draft Constitution, we support the nomination of a Minister for Foreign Affairs, as well as further limitations of the decisions to be approved at unanimity. We fully believe in the future role of the Minister for Foreign Affairs as a bridge between the Council and the Commission guaranteeing the consistency and the continuity of the foreign policy.

As far as the foreign policy is concerned, we warn that the additional function of the new minister as vice president of the Commission should not mean a subordination of the Commission to the Council, elevating instead both institutions at the same highest political level.

The present world is facing big changes and new challenges on stability and security issues. The Euro-Atlantic countries share the same democratic values and a common responsibility for a peaceful environment. For transatlantic relations we understand not only political connections between NATO and EU but also wider aspects of these interactions concerning political stability, economic development and cultural exchange.

We are deeply convinced that the Balkan countries are an integral part of Europe, though in many ways different with their own distinguishable cultures and national traditions. We highly value the engagement of other international actors in the area, the close cooperation between them to work under the framework of the United Nations Resolutions and we want to stress that the area should not be treated as a field for competition between national interests.

We consider with special care the main problems related to European security in its different components: political, economic, social, environmental, military. Competence in these fields should be

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The Gorizia Manifesto, sulle integrazioni politiche dell’Europa (2003) 8

shared by the European Institutions under the guidance of the Commission and the democratic control of the Parliament. Problems connected with environment and risks of pollution should be equally and urgently faced, in conformity with the most recent international agreements.

We declare that the Charter of Fundamental Rights of the European Union should be the quintessential part of the draft Constitution, and all rights and freedoms mentioned in it have to be guaranteed in every single procedure of institutions and bodies of the Union.

Recognising the great importance of the principles of transparency and democracy, the citizens of the Union and the civil society must be involved in the European decision-making processes.

Europe should be based on competitive and dynamic knowledge. It must promote major occupation and sustain social cohesion, with due regard to immigration policies and external borders of the European Union. We shall focus on cooperation of border regions, which are both target and agent in border policies.

Enhanced cooperation is a community intermediary instrument devoted to the process of achieving flexibility and deepening in the enlarged and still enlarging European Union. Enhanced cooperation is not conceived for a multi-speed Europe, but for an integrated Union acting in a functional manner to achieve common goals and promote cooperation between peoples, regions, states, institutions, in a democratic and accountable way.

In this new wave of enlargement we greet a more federal Union with its new institutional structure, mentioning that the proportionality of supranational and intergovernmental profiles should be saved and due attention paid upon the common European values in their procedures.

We consider the draft Constitution a transitional stage towards the political integration of Europe in a federal link between states ready to share their sovereignty with an increasing number of others, in a federation of several nations merging their own different cultures in a sole people of Europe.

Gorizia, 28 November 2003

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MANIFESTO DI GORIZIA, PER IL MEDITERANEO (2007) Firmatari: 67 partecipanti alla XIII Summer School Internazionale, provenienti da 27 paesi alla presenza del Commissario Leonard Orban e del Rettore dell’Università di Trieste, Francesco Peroni 14 settembre 2007, Gorizia

• − • − • Noi partecipanti alla 13a edizione della Scuola estiva internazionale sui problemi della nuova Europa, dedicata a “Il mediterraneo come nuovo centro dell’Europa. Alle frontiere delle politiche europee”, Credendo fermamente nella necessità di favorire la centralità dell’area mediterranea nell’agenda politica europea, Agendo nello spirito della “promozione degli scambi interpersonali”, come indicato nella Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo (Bruxelles 4 dicembre 2006, COM (2006) 726 finale) e facendo appello ai governi europei che detengono la responsabilità per la messa in atto della Nuova Politica europea di Vicinato (PEV), con particolare attenzione al Mediterraneo, abbiamo concordato le seguenti linee generali:

• I paesi del bacino mediterraneo devono essere trattati come uno spazio aperto, convergente con quello europeo, con l’area americana, con l’area africana e con lo spazio centro-asiatico, con il sud-est europeo e con l’area medio-orientale. Questa convergenza deve essere discussa anche alla luce della prospettiva della globalizzazione.

• L’are mediterranea deve diventare uno spazio per il dialogo multiculturale dove I valori e le pratiche autenticamente democratiche vengono messi in atto.

• L’Unione europea ha un interesse primario e vitale in un maggiore sviluppo economico, una stabilità e una migliore governance dei suoi vicini. E’ inoltre di maggiore interesse reciproco per l’Ue e per i suoi vicini costruire una relazione più profonda e più forte, che può essere realizzata attraverso una delocalizzazione socialmente responsabile delle risorse produttive dalla sponda settentrionale alla sponda meridionale dell’area mediterranea.

• Anche se la maggior parte dei vicini dell’UE hanno fatto progressi in questi anni, la povertà, la disoccupazione, delle performance economiche miste, la corruzione e una governance troppo debole rimangono sfide importanti soprattutto nella parte sud-orientale del Mediterraneo. I cittadini dei paesi vicini, specialmente i più giovani, devono spesso confrontarsi con incerti destini personali. Noi riteniamo che non si tratti unicamente di problemi relativi ai vicini e che i rischi nell’area mediterranea possano produrre degli importanti spill-over nell’intero bacino mediterraneo, in termini di immigrazione non-controllata, forniture sbilanciate di energia e degrado ambientale, con un impatto particolare sulle giovani generazioni.

I partecipanti alla edizione 2007 della Summer school sui problemi della nuova Europa, ricercatori, studenti del master e del dottorato, rappresentanti di Ong e di istituzioni pubbliche locali e nazionali vorrebbero contribuire in maniera speciale al dibattito pubblico sul rafforzamento delle politiche europee verso il Mediterraneo, seguendo la vocazione specifica delle generazioni più giovani nella direzione dell’approfondimento della cooperazione socio-economico e interculturale nell’area.

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Manifesto di Gorizia, per il Mediteranno (2007) 10

La delegazione internazionale ha selezionato e discusso l’agenda multi-livello predisposta dalla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europei, includendo i seguenti argomenti specifici:

1. Promozione degli scambi interpersonali I partecipanti alla Summer School credono in una PEV “dal volto umano” che i cittadini dell’Unione europea e dei paesi vicini, specialmente le giovani generazioni, dovrebbero avere maggiori opportunità di interagire e di imparare di più uno dalle società dell’altro e di comprendere meglio le rispettive culture. La PEV non deve essere un argomento riservato ai funzionari e ai politici. Da entrambi i lati della frontiera, la gente dovrebbe essere in grado di misurare direttamente l’impatto di un legame stretto tra l’Unione e i suoi vicini. La dimensione umana della PEV è tanto un problema dei paesi membri quanto della comunità. Integrare questi elementi in programmi bilaterali e condividere le informazioni e le best practices sulle attività interpersonali rafforzerà l’immagine dell’Unione nel suo insieme nei paesi partner. Nel campo della cooperazione interpersonale sono state sottolineate le seguenti azioni:

• Scambi giovanili nll’ambito della ricerca, dell’università e della cultura in senso lato • Scambi tra le società civili e una partecipazione accresciuta della società civile stessa alla

PEV • Scambi tra autorità regionali e locali • Formazione dei formatori di domani • Contatti tra uomini di affari • Un approccio orientate ai diritti umani • Attività di visibilità e di informazione • Trasparenza

2. Facilitare la mobilità e gestire l’immigrazione. Una PEV rafforzata nel bacino Mediterraneo richiederà un esame molto serio di come le procedure di rilascio dei visti possano rappresentare sempre meno un ostacolo ai viaggi legittimi dai paesi vicini all’UE (e viceversa). Certo questo problema può essere affrontato unicamente nel contesto di pacchetti politici più ampi che tocchino questioni collaterali come la cooperazione sull’immigrazione illegale (soprattutto via mare), la battaglia contro il traffico di esseri umani e il contrabbando di organi, la gestione delle frontiere, gli accordi sul rimpatrio e l’effettivo ritorno dei migranti irregolari, così come la presa in considerazione regolare delle domande per la tutela internazionale e la richiesta di asilo. In quest’ambito molti punti di azione dovrebbero essere considerati come delle priorità nel processo di applicazione della PEV nel bacino mediterraneo.

• La facilitazione nell’ottenimento dei visti, attraverso la rimozione degli ostacoli ai viaggi legittimi,.ad es. per lavoro, educazione, turismo. Questo è stato considerato un prerequisito principale per un sostegno serio e non retorico alla società civile attraverso il dialogo interculturale tra i paesi del Mediterraneo.

• Come parte di un approccio comprensivo dovrebbe proseguire la cooperazione tra istituzioni

di ricerca, università e istituzioni pubbliche al livello locale che dovrebbero affrontare e risolvere i problemi legati all’immigrazione illegale e la gestione efficace delle frontiere.

• Vi sono molte questioni sociali come quelle legate al mercato del lavoro, ai cambiamenti demografici, ai nuovi percorsi di sviluppo locale che dovrebbero essere considerati come parte integrante di politiche efficiente e coerente di gestione della cooperazione e di risoluzione dei conflitti.

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Manifesto di Gorizia, per il Mediteranno (2007) 11

• La diversità culturale dovrebbe essere considerata come un elemnto arricchente che deriva dalla mobilità e dalla gestione dell’immigrazione. La cooperazione nell’area dovrebbe rispecchiare questa diversità culturale e dovrebbe cercare di capitalizzare su questa per organizzare delle specifiche forme di cooperazione.

3. Sostenere le componenti commerciai ed economiche Una più profonda integrazione con i partner mediterranei sarà centrale per il successo e la credibilità della politica. I partecipanti alla Scuola estiva credono che vi siano almeno tre punti di azione che dovrebbero essere presi in considerazione nel processo di realizzazione della PEV nel bacino mediterraneo:

• Un maggiore sostegno alla creazione di un ambiente di affari socialmente responsabile nel bacino del Mediterraneo, mirando a stabilire un processo di delocalizzazione verso la sponda meridionale del bacino mediterraneo.

• Sostegno alle attività della società civile nei settori-chiave della produzione e della formazione per facilitare l’accesso della giovani generazioni al mercato del lavoro e consentire il reciproco trasferimento di conoscenza tra le aree settentrionali e meridionali dell’area.

• Sostegno alle relazioni sud-sud e alla cooperazione sub-regionale tra differenti zone dell’rea mediterranea.

Abbiamo altresì considerato con speciale attenzione il problema della dimensione esclusivamente bilaterale della PEV tra i paesi dell’UE e ciascun paese mediterraneo. Questo approccio sembra dovuto essenzialmente alle profonde differenze tra i partner rispetto alle rispettive posizioni economiche e politiche, delle loro aspirazioni e bisogni. Questa differenziazione deve rimanere al cuore della politica. Ciononostante vi è un numero consistente di temi trasversali rispetto ai quali l’UE e i partner PEV, così come i paesi meridionali e dell’est, condividono interessi comuni e potrebbero essere affrontati in un contesto multilaterale. In aree come l’energia, i trasporti, la società dell’informazione, la cooperazione nella ricerca, la salute pubblica, i servizi finanziari, la gestione delle frontiere, la migrazione e gli affari marittimi, i problemi hanno spesso una natura non meramente bilaterale e potrebbero beneficiare di un dialogo condiviso. Raccomandiamo quindi caldamente la prosecuzione di una dimensione tematica della PEV, in accordo con le aree tematiche discusse durante i lavori della Scuola estiva e durante le discussioni serali. Gorizia, 14 settembre 2007 Il manifesto è stato discusso e approvato da ALBANIA Janaq Nikoleta Luraku Ervis Murataj Eranda Nelaj Dritan Taragjini Aurel

ARGENTINA Balsamo Ghelfi Iris Belkis

BOSNIA E ERZEGOVINA Babic Bojana

GRAN BRETAGNA

Sanders Alexander James Shala Arsim

BULGARIA Ivanova Eliza

COLOMBIA Varon Ortegon Aura Maria

CROAZIA Engel Maja

FRANCIA Ermolli Cedric

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Manifesto di Gorizia, per il Mediteranno (2007) 12

Salah Ahmed Al-ladeed GERMANIA Sidali Katia Laura MACEDONIA

Ignovska Elena GHANA Ntifo Anang Vida PAKISTAN

Siddiqui Qurat Ul Ain GRECIA POLONIA Toura Katerina Ciolko Lukas

Dondziak Agata Poplawski Konrad

ISRAELE Blanc Emmanuelle

ROMANIA ITALIA Brandusoiu Ioana-Catalina

Catinean Alin Sven Irimie Dan-Valentin Mare Codruta Pop Grigore Puscau Liana Raluca

Abatangelo Clara Albanese Marco Barison Chiara Collona Luca Cristiani Dario D'Addelfio Davide De Nard Luca Foghin Giulia Francovig Serena Giarle Michela Groza Diana Kovacevic Svjetlana Latini Maria Elena Lendaro Annalisa Licata Andrea Martignago Gabriele Mascherin Graziano Matera Giovanni Pantaleo Salvatore Savio Gianmarco Spangaro Francesca Trogu Silvia Vizintin Fabio Dato Gaetano

RUSSIA Strokova Elena

ARABIA SAUDITA AlZaydi Suad

SERBIA Bojan Starec

SLOVACCHIA Karol Margeta

UCRAINA Melenvskyi Anastasia

STATI UNITI Cabello Robert A. Gibson Elizabeth K. Jimenez Lorena McElroy Michael Morris Regina Vazquez Lizeth A.

KYRGHIZISTAN Cholpona Maimekova

LIBANO Mrad Eugene

TURCHIALIBIA

Biraderler Gulsah

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STATEMENT/RACCOMANDAZIONI (ONU/ECOSOC) (2009) Elaborate nella Conferenza su “Borders and Public Health” organizzata dall’ECOSOC/ONU e dall’ISIG a Gorizia il 15-16 maggio 2009, approvati dall’Economic and Social Council (ECOSOC) il 31 luglio 2009, e pubblicati nelle sei lingue ufficiali dall’ONU.

• − • − • Statement In the Conference entitled “Borders and Public Health” organized in Gorizia, Italy on May 15-16, 2009, discussions focused on the role of Borders and Public Health in achieving the MDGs and in preparation for the July ECOSOC High Level Segment. More than 200 participants attended the meeting. Opening comments were made by ECOSOC Vice-President, Amb. Tiina Intelman, the Italian Minister for Foreign Affairs, Hon. Franco Frattini, the Romanian Minister for European Integration, Hon. Vasile Puscas and the highest authorities of the Friuli Venezia Giulia Region and of Gorizia. The need and opportunities for action to address issues of borders and public health has never been in sharper focus. Participants recognised that current health and economic threats related to pandemic influenza H1N1, the financial crisis, and climate change threaten to make socially and environmentally-caused health inequities even worse setting the achievement of the MDGs at risk. There is an urgent need to reconsider “border and public health” together with the challenges and opportunities of today's fast changing world. Participants also acknowledged that health entails many aspects of fundamental human needs and rights relating to MDGs and that to achieve these goals, new practices and policies ought to be implemented with the support of local governments and NGOs. This requires careful consideration of the context-specific obstacles to sustainable policies tackling public health issues in terms of poverty reduction, and aiming at overcoming inequalities of access determined by gender, education, financial resources, etc. The Conference analyzed different types of borders in terms of their impact on local strategies. It expressed support for the creation of a global forum where border-contexts may share unexpectedly common problems and elaborate joint solutions. In the context of public health, the implementation of local public health systems is not only effective and original and applicable to situations with some common characteristics but also legitimizes the system of governance for an integrated local development. A number of recommendations were made to ECOSOC. • It is essential to reconsider the role of borders when evaluating the effectiveness of implementation of public health and local development strategies integrating international aid vis-à-vis national development agenda. • Subjective borders are often neglected and need to be addressed to enhance the development of peripheries. They are associated with poverty and marginalization, gender inequalities, illness or extreme stress, natural disasters, and prolonged conflict or war.

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Statement/Raccomandazioni (ONU/ECOSOC) (2009) 14

• The participatory role of civil society ought to be enhanced as true actor. Civil society is a privileged observer and advocate of people interests in the national and international debates of the public-health effectiveness agenda. Civil society expresses local democratic ownership, self-governance, local knowledge and expertise. It is indispensable to activate sustainable development and represents the strongest bridge over borders. • It is indispensable to enhance the building of public-private partnership to foster the commitment and wide use of new technologies in public health practices. • Civil society organisations operating in border areas need to gather and initiate a global forum to share practices and elaborate common solutions. [ U.N. Economic and Social Council. Annual ministerial review: implementing the internationally agreed goals and commitments in regard to global public health, Substantive session of 2009. Statement submitted by Institute of International Sociology of Gorizia, a non-governmental organization in consultative status with the Economic and Social Council (E/2009/NGO/25). 6-31 July 2009, Geneva ]

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GORIZIA – VITA QUOTIDIANA, GRANDI E PICCOLI PROBLEMI

IL CENTRO STORICO DI GORIZIA: SPAZIO MARGINALE O ANIMA DELLA CITTÀ1

Alberto Gasparini Abstract: L’articolo fa parte di un sistema di ricerche sviluppato, per il Comune di Gorizia, a supporto della progettazione di un piano particolareggiato per il risanamento del centro storico. Da esso si rilevano i significati e gli elementi più caratteristici (strade, monumenti, ecc.) attribuiti dai goriziani al centro storico, cosi come si rileva e si confronta con il passato il numero dei residenti del centro storico stesso. Keywords: Gorizia, centro storico, significati, simbolica, recupero

• − • − • Introduzione

Anche Gorizia, come un po’ tutte le città, si è venuta sviluppando ed articolando sotto la spinta di

differenti processi, connessi a) all’esercizio del potere da parte delle classi sociali avvicendatesi alla gestione della cosa pubblica, b) alle differenti strutture formate dalle classi sociali di questa società urbana, c) alle differenti immagini che tali classi dominanti hanno voluto dare di sé alla città, d) ai differenti sistemi di divisione del lavoro che sono venuti a sedimentarsi con il passaggio soprattutto da una società urbano-tradizionale ad un’altra urbano-industriale, e) all’incremento demografico che dall’Ottocento in qua ha prodotto nella città e nella relativa organizzazione dello spazio l’inurbamento di masse sempre più larghe di rurali [nella provincia di Gorizia dal 1869 al 1970 si è avuto l’aumento del 126.92% dei suoi abitanti, contro il 54.62% della provincia di Udine e il 94.24% della media italiana]2, f) alla rendita urbana che ha orientato all’edificazione indiscriminata e senza la preoccupazione di dotare le nuove zone periferiche di servizi collettivi adeguati.

Tutta questa serie di processi economici e sociali ha prodotto lo sconvolgimento della città, sia nel suo tessuto architettonico e urbanistico che nella sua struttura funzionale e di specializzazione. È risultato esasperato (ciò vale per la grande città, e meno per città piccole come Gorizia) il frazionamento delle città in zone dove in prevalenza si alloggia, altre dove in prevalenza si produce, si vende, si acquista, ci si ricrea, e così via.

Anche l’antica città, si è constatato, è diventata una delle sue parti, che, se non modificata ad immagine delle nuove classi dominanti, è stata abbandonata a se stessa. Questa parte antica della città costituisce ora il centro storico; vale a dire la “coscienza antica” della nuova città. Il centro storico cioè

1 L’articolo è sviluppato sulla base dei dati raccolti in un’indagine condotta dall’Istituto di Sociologia

Internazionale di Gorizia per conto del Comune di Gorizia, allo scopo di fornire un supporto sociologico alla progettazione di un piano particolareggiato per il risanamento del centro storico, e più in generale alla revisione del Piano Regolatore Generale (P.R.G.) della stessa area comunale. La ricerca è stata svolta nel periodo 1975-76, attraverso la somministrazione di un questionario di 174 domande a un campione di 600 goriziani maggiorenni.

2. La popolazione del 1869 è calcolata nei confini dell’attuale provincia di Gorizia.

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non è solamente una parte della città, ma è la storia della città fissata nelle forme architettoniche, con le strutture sociali e i valori che ne hanno dominato la vita.

In effetti nel centro storico goriziano si sono intrecciati gli interessi e i rapporti, più o meno composti e pacifici, di classi al potere di origine germanica e di quelle subalterne di etnia e di cultura slovena, friulana e italiana, con un mondo rurale dominato da sloveni e friulani, ed una specializzazione terziaria, con mercanti, artigiani, notai, giudici, costituenti una media borghesia monopolizzata dall’elemento italiano. Sono questi differenti apporti culturali, questi differenti tipi di rapporti fra le componenti etniche e sociali, che perciò hanno fondato la storia di Gorizia, e la struttura architettonica ed urbanistica che vi si è venuta a formare.

Le definizioni del centro storico attuale di Gorizia possono essere molteplici, a seconda dei criteri e delle prospettive dalle quali si parte: si può fornire una definizione spaziale in base alla delimitazione e all’articolazione della sua superficie in rapporto alla restante parte della città; una definizione emozionale in base alla sua capacità evocativa di impressioni o sensazioni personali; una definizione architettonica ed urbanistica sulla base delle caratterizzazioni di tale segno; una definizione culturale (in senso antropologico) sulla base dei valori e dei significati associati al centro storico; una definizione funzionale in base all’utilità che questo riveste per la collettività cittadina e quindi la frequenza delle visite ad esso; ma oltre a tutte queste, che in qualche modo compongono o fanno da supporto a una definizione del centro storico come immagine della città, ve ne sono altre più strettamente legate alla sua morfologia sociale, alle strutture economiche in esso esistenti, alla condizione abitativa. Possiamo parlare perciò di definizione sociale fondata sulla struttura occupazionale e di classe degli abitanti del centro storico, e di una definizione economica basata sulle strutture economiche in esso esistenti. In questo caso, anche se le definizioni riguardano caratteri e problemi specifici dell’area urbana in esame, tali problemi si trovano a un qualche livello integrati con i problemi generali del sistema urbano.

Le molteplici definizioni, che qui di seguito esamineremo, naturalmente si trovano ricomposte in una globale definizione, seppure articolata, le cui valenze, positive o negative, funzionali o no, descrivono la condizione del centro storico come anima della città oppure spazio marginale ed emarginato.

1. Definizione spaziale

La delimitazione topografica del centro storico goriziano comprende la parte pre-ottocentesca della città, e quindi vi è esclusa la parte sorta intorno ai due corsi ed in più tutta la parte nord-occidentale (soprattutto Straccis e Piedimonte), zona destinata appunto fin dall’Ottocento ai nuovi poli industriali e alle residenze operaie. Al di là di queste parti edificate vi sono i borghi largamente autonomi per tradizioni comunitarie (San Rocco) e amministrative (Lucinico e Sant’Andrea).

Questa stessa delimitazione (e quindi definizione) dell’area del centro storico è recepita nel Piano Regolatore Generale (P.R.G.) della città redatto da Luigi Piccinato, e con ciò esso viene sottoposto al vincolo conservativo e al conseguente obbligo al risanamento da realizzarsi con piani particolareggiati. Come appare dalla pianta topografica il suo sviluppo fusiforme ha gli estremi settentrionali e meridionali rispettivamente nella zona di Piazza Mediaglie d’oro (esclusa) e Piazzutta, e nella zona del Municipio e la parte retrostante di via Cappuccini. Da est a ovest lo spessore non è molto ampio, poiché lambisce corso Versi solo in due punti (con il Teatro e all’altezza di via Mazzini e di via Marconi), mentre comprende tutto il Castello e il borgo ad esso aggregato. Tab. 1 – Delimitazione del perimetro del Centro storico nella percezione dei goriziani

Coincidente con quella del P.R.G. 5.0 Coincidente con quella del P.R.G., eccettuato Piazzutta 7.1 Più ampia di quella del P.R.G., con corso Verdi e corso Italia 6.1 Più limitata di quella del P.R.G., ma interamente interna ad essa 52.5 Più limitata di quella del P.R.G., e solo in parte interna ad essa 18.2 Definizione confusa 2.0 Non sa definire 9.1 Totale 100.0

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Il centro storico di Gorizia: spazio marginale o anima della città? 17

(99) A tale definizione spaziale operativa si può cercare una conferma e in quali termini ciò avviene,

dall’idea topografica del centro storico che gli stessi goriziani (tutti i goriziani) hanno interiorizzato. A questo fine sono molto utili le risposte date alla seguente domanda del questionario: «Può indicare approssimativamente dalle vie principali i limiti (perimetrali) del centro storico di Gorizia»?

Le mappe mentali3 del centro storico, maturate dai goriziani, indicano una corrispondenza abbastanza generalizzata delle due definizioni spaziali, ed anzi limitano e circoscrivono più spesso tale parte della città all’entità insediativa dei primi secoli dello sviluppo urbanistico (fino al Cinquecento): viene infatti identificato anzitutto nel Castello e nel borgo Castello e poi in quel complesso di vie che ai piedi del Castello è compreso intorno alla direttrice articolata su piazza Sant’Antonio, piazza Cavour, via Rastello e piazza della Vittoria.

Gli orientamenti a comprendere parti esterne alla delimitazione di Piccinato privilegiano il corso Verdi, e la zona a questo addossata fino a via Cadorna, il centro tradizionale di San Rocco (e perciò la sua piazza, via Lunga, ecc.) e via d’Alviano (figura 1).

Tale diffusa mappa mentale più ristretta sta dunque a indicare che storica è sentita quella parte notevolmente diversa per organizzazione spaziale dall’insediamento attuale e dominata da un’economia artigianale e commerciale tipica di un modesto mercato locale, al quale, fino al Quattrocento-Cinquecento confluiva la gente del limitrofo contado e si trovava protetta dalla forza militare comitale. Nel centro storico si osserva un’articolazione urbanistica, ma anche organizzativa, della vita urbana quotidiana. Ciò si rileva dall’identificazione di differenti unità di quartiere all’interno della stessa definizione di centro storico elaborata nel Piano Regolatore Generale di Piccinato. Tali unità (o sub-unità) sono convergenti in alcuni punti localistici ben significativi (figura 2): e cioè piazza De Amicis sulla quale convergono vie come Ascoli, Balilla, Pellico, Favetti, Formica, Santo, ecc.; e piazza della Vittoria sulla quale, oltre a convergere vie come Rastello, Mazzini, Marconi ecc., si convogliano i residenti della parte più prossima alla Casa Rossa.

Altri punti di minor rilevanza rappresentano nodi di convergenza per la vita sociale e per i servizi utilizzati da altri residenti del centro storico e delle vie più esterne ma prossime: costituiscono centri di influenza anzitutto Piazzutta, la corte di Sant’Ilario, la via Carducci, ma anche la piazza del Municipio, corso Verdi all’incrocio di via Marconi e così via.

Tutto ciò quindi sta ad indicare una convergenza delle mappe mentali del centro storico nei goriziani, che si attenua man mano che dal nucleo più antico e più diverso per organizzazione spaziale, sociale ed economi-ca si passa alle addizioni, pure storiche, operate nel corso già del Cinquecento ma soprattutto del Seicento e del Settecento (in particolare la parte gravitante intorno alla via Carducci e conclusa con la piazza De Amicis).

3. Sulle mappe mentali”, e cioè sull’organizzazione del territorio riprodotta nella mente dell’uomo, la letteratura,

in studi teorici e verifiche empiriche si sta inspessendo progressivamente. Il termine mappe mentali (mental maps) è spesso sinonimo, o comunque ha significati analoghi a, di termini come mappe conoscitive (cognitive maps), immagine (image), ecc. In particolare Linch (1960), individua i caratteri dell’immagine della città nei percorsi, nei margini, nei quartieri, nei nodi, nei riferimenti. Nel caso concreto dell’indagine in esame tali mappe mentali sono state rilevate attraverso domande sulla ricostruzione topografica del centro storico (per le strade principali e il perimetro), sugli elementi che lo caratterizzano e motivano identificazione con esso, sulle sensazioni che vengono provate nell’attraversarlo, sui significati che vi vengono attribuiti.

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Fig. 1 – La percezione territoriale del centro storico, rilevata dalle vie principali indicate dai goriziani

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Il centro storico di Gorizia: spazio marginale o anima della città? 19

Fig. 2 – I centri del quartiere di residenza localizzati nel centro storico

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2. Definizione emozionale

Le emozioni, le impressioni, le sensazioni, che poi stanno alla base dei significati evocati dal centro storico, sono abbastanza varie per i goriziani, ma certamente abbastanza diffuse, dato che meno del 30% di essi resta emozionalmente indifferente quando lo attraversa (tabella 2). Un altro 5.8% non sa concretare tali emozioni. T

ab. 2 – Impressioni e sensazioni provate nell’attraversare il centro storico

Curiosità, interesse, suggestione, piacere, affetto 9.7 Ricorsi di gioventù, fanciullezza 5.8 Legame con il passato, parte di sé, nostalgia della vecchia città, della vecchia vita 27.1 Interesse per la vita sociale di un tempo, pensiero di com’era prima, antichità, documento del passato 5.8 Piacere per gli elementi architettonici e le case 6.8 Pensiero della gente che vi abita 3.9 Impressione di vecchio, di abbandono 3.9 Pensiero delle ingiustizie sociali 1.0 Tranquillità 1.0 Valori umani e culturali per i posteri 1.0 Non so 5.8 Nessuna impressione o sensazione, indifferente, come andare in qualsiasi posto 28.2 Totale 100.0 (103)

L’emozione più diffusa è quella di sentire il centro storico come legame con il passato, come parte di

un sé diffuso nelle tante generazioni che hanno preceduto la propria nella storia di Gorizia, addirittura come nostalgia di questo “tempo perduto”. Tale rapporto con i tempi passati in un altro 5.8% di goriziani è ancora vivo seppure in termini più obiettivi. Altre impressioni fanno riferimento a elementi più indistinti e generici, come la curiosità, il piacere, l’affetto od anche la tranquillità, ma si riferiscono pure all'esperienza esistenziale dell’individuo (la fanciullezza e la gioventù). Infine tra queste emozioni positive si trova il piacere più estetico per gli elementi architettonici significativi e le case belle.

Tra le impressioni e pensieri di segno opposto, negativo, indicati con minore frequenza di quelli positivi, ritroviamo prima di tutto gli elementi architettonici esteticamente e funzionalmente fatiscenti e in abbandono così come la gente, povera, spesso anziana e mal alloggiata. Il centro storico inoltre è percepito come specchio delle ingiustizie sociali subite nel passato.

In definitiva la lettura emozionale del centro storico riconduce alla sua funzione di coscienza antica e collettiva della comunità cittadina, ma spesso anche al passato più personale della esperienza esistenziale (fanciullezze e gioventù), e inoltre forma ed evoca un senso più generalizzato di identificazione e di appartenenza (piacere, affetto, suggestione, interesse, curiosità, tranquillità).

Queste costituiscono le basi emozionali dei significati che attraverso ulteriori processi d razionalizzazione vengono identificati e attribuiti al centro storico. A queste dimensioni emozionali, e ai conseguenti significati e valori, si associano quelle impressioni e sensazioni di carattere più estetico (piacere per gli elementi architettonici) ma di carattere sociali e dialettico (il collegamento del centro storico alla sua condizione attuale di decadimento e alla sua evocazione di storia di sopraffazioni passate).

3. Definizione architettonica e urbanistica

Alcune informazioni4 dell’indagine permettono di configurare un’altra definizione soggettiva del

centro storico data dai goriziani e fondata sugli elementi architettonici ed urbanistici maggiormente caratterizzanti questa zona urbana. Si tratta di una definizione puntuale dello spazio del centro storico, ma

4. Nel questionario è stato richiesto di segnare quali dei sedici elementi del centro storico indicati nella tabella 3 caratterizzano di più lo stesso centro storico goriziano.

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Il centro storico di Gorizia: spazio marginale o anima della città? 21

assume rilevanza in quanto son questi stessi elementi che in qualche modo emblematizzano il, ed emergono a simboli del, centro storico, e dei quali perciò il risanamento conservativo dovrà tenere maggior conto nelle fasi più propriamente operative e progettuali. Il riconoscimento di rilevanza simbolica sedici elementi potenzialmente caratterizzanti il centro storico5 è descritto dalle percentuali di goriziani che attribuiscono rilevanza ad ognuno degli elementi (tabella 3).

Quasi plebiscitario è l’orientamento a caratterizzare il centro storico con il castello, dato che più dell’80% dei goriziani lo indica in questo senso. Anche le parti collegate al castello, come il borgo Castello e la salita, sono indicati a questa funzione dalla maggioranza dei goriziani. Dal 44 al 50% di questi caratterizza poi il centro storico per elementi architettonici od urbanistici dell’area urbana compresa fra piazza della Vittoria e piazza Sant’Antonio: ma solo le piazze e i portici che contrassegnano inconfondibilmente questa medesima zona. Tab. 3 – Gli elementi più caratteristici del centro storico, nella percezione dei goriziani

Elementi più caratteristici:

% di goriziani che ritengono caratteristico ogni singolo elemento

% di residenti nel centro storico che ritengono

caratteristico ogni singolo elemento

Il castello 82.1 88.6 Il borgo castello (vie, case, chiesetta, ecc.) 65.6 55.7 La salita al castello 56.9 62.0 Le botteghe di via Rastello 50.3 44.3 La piazza della Vittoria 46.2 38.0 I portici di piazza Cavour e di via Rastello

45.6 40.5

Il portico della piazza Sant’Antonio 45.1 40.5 Il Duomo 45.1 43.0 La chiesa di Sant’Ignazio 44.1 39.2 La via Carducci 38.5 26.6 I palazzi signorili 30.8 22.8 Le piccole chiese chiuse fra le case 25.6 13.9 I cortiletti delle case 19.0 13.9 Gli slarghi delle piazze e delle piazzette 18.5 12.7 I tetti delle case 18.5 20.2 La gente 14.4 15.2 Tali caratterizzazioni si riferiscono in definitiva al nucleo del centro storico già individuato nella

definizione spaziale, dato che altro elemento esterno (relativamente) come la via Carducci (la vecchia via dei Signori) è indicata come tale solo dal 38.5% dei goriziani.

Si tratta di elementi precisi e specifici che fanno riferimento a un modo di vedere il centro storico in termini monumentali, anche se non manca un diffuso interesse all’organizzazione degli spazi pubblici e mercantili delle piazze e delle vie dei negozi.

Non sono molto diffuse invece le indicazioni di quegli aspetti che in qualche modo fanno invece riferimento e supporto spaziale alla vita quotidiana e privata, come i cortiletti interni o i colori e i tetti

5. Infatti da una domanda “aperta” del questionario del pre-test formulata nei termini seguenti: “Saprebbe

indicare alcuni elementi, colori, strutture architettoniche, situazioni sociali, ecc. che le sembrano più caratteristici del centro storico goriziano?” tali elementi più caratteristici sono risultati i seguenti: le vie, piazze, portici, il borgo Castello (indicati dal 23.2% degli intervistati); le case, cortili interni, trattorie (dal 13%); il castello (dal 12.3%); stemmi, fontane, balconi, portoni (dall’11.6%); palazzi (dal 10.9%); specifiche situazioni sociali (dal 5.8%); le chiese (dal 4.4%); i colori, affreschi (dal 3.6%); lo stato di abbandono e di sporcizia (dallo 0.7%): Solo il 2.2% afferma che non esistono elementi caratteristici nel centro storico,e un residuo 12.3% che non sa quali elementi caratterizzanti vi possano essere.

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Alberto Gasparini 22

delle case; ma anche a quella vita sociale minore, più modesta e meno vistosa, che fa risaltare la bellezza e la funzionalità degli slarghi delle piazze e delle piazzette, le piccole chiese chiuse fra le case. Infatti si va dal 25.6% che indica come caratteristiche le piccole chiese chiuse fra le case al 18.5% che indica gli slarghi delle piazze e delle piazzette e i tetti delle case.

Tale orientamento in verità non è incomprensibile se si tiene conto che la valorizzazione di tali elementi generali e diffusi a tutto il centro storico è espresso soprattutto da chi vive nel centro storico stesso, e perciò da chi vive quotidianamente queste forme architettoniche, e in secondo luogo da chi ha un livello di cultura piuttosto elevato (tabella 4). Così più si accentua tale livello scolare e più diffusa si fa l’indicazione di elemento caratteristico del centro storico di Gorizia dei tetti delle case, dei portici di piazza Cavour e di via Rastello, degli slarghi delle piazze e delle piazzette, dei palazzi signorili, dei cortiletti delle case, delle piccole chiese chiuse fra le case, del portico di Sant’Antonio, e così di seguito in ordine di decrescente indicazione della caratterizzazione con il decrescere del livello scolare.

Più in particolare le adesioni di chi ha una carriera scolastica di livello elementare vanno più che proporzionalmente al castello come elemento caratterizzante, e meno che proporzionalmente delle adesioni medie al portico di Sant’Antonio, alla piazza Cavour e via Rastello, e ai tetti delle case. Le adesioni dei goriziani con livello scolare della scuola media inferiore vanno più che proporzionalmente al portico di Sant’Antonio, alla gente e ai tetti delle case, e meno che proporzionalmente della media al Castello e ai portici di piazza Cavour e di via Rastello.

Le adesioni più diffuse fra chi ha una cultura da scuola media superiore vanno soprattutto ai portici di piazza Cavour e di via Rastello e ai tetti delle case, e meno alla gente e al Duomo. Infine chi ha acquisito una cultura di carattere universitario privilegia maggiormente i palazzi signorili, gli slarghi delle piazze e delle piazzette, i cortiletti delle case, mentre sottovaluta la chiesa di Sant’Ignazio, la piazza della Vittoria e la gente come elementi caratterizzanti. Tab. 4 – Gli elementi più caratteristici del centro storico secondo il livello scolare

Livello di scolarità:

Elementi più caratteristici: analfa-beta

scuola elemen-

tare

scuola media

inferiore

scuola media

superiore

univer-sità

totali

Chiesa di sant’Ignazio − 31.4 34.9 25.6 8.1 100.0 (86) Castello 0.6 36.9 29.4 23.1 10.0 100.0 (160) Palazzi signorili − 26.7 35.0 23.3 15.0 100.0 (60) Duomo − 36.4 34.1 19.3 10.2 100.0 (88) Via Carducci − 33.3 34.7 22.7 9.3 100.0 (75) Salita al castello − 28.8 35.2 25.2 10.8 100.0 (111) Borgo castello − 29.7 32.0 25.8 12.5 100.0 (128) Pizza Vittoria − 32.2 34.4 25.6 7.8 100.0 (90) Slarghi delle piazze e delle piazzette

− 27.8 33.3 22.2 16.7 100.0 (36)

Piccole chiese chiuse fra le case

− 28.0 32.0 26.0 14.0 100.0 (50)

Portico di Sant’Antonio 1.1 21.6 38.6 27.3 11.4 100.0 (88) Portici di piazza Cavour e di via Rastello

1.1 25.9 28.1 30.3 14.6 100.0 (89)

Botteghe di via Rastello − 31.6 33.7 24.5 10.2 100.0 (98) Cortiletti delle case − 27.0 37.9 16.2 18.9 100.0 (37) La gente − 32.1 42.9 17.9 7.1 100.0 (28) Tetti delle case − 16.7 38.9 30.5 13.9 100.0 (36)

In generale 0.3 30.2 33.7 24.5 11.3 100.0 (1260)

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Il centro storico di Gorizia: spazio marginale o anima della città? 23

4. Definizione funzionale Il centro storico è vivo, anche simbolicamente, se si trova integrato nella concreta organizzazione

della città, in spazi edificati e in spazi non edificati, in spazi pubblici e in spazi privati, in servizi comuni per la comunità locale ma anche per l’intera collettività cittadina. Il centro storico cioè deve trovarsi strettamente inserito nella vita quotidiana della “propria” città e quindi la gente e la struttura sociale, economica e produttiva devono “usare” il centro storico.

Un indicatore di tale funzionalità è rappresentato dalle volte che ogni abitante della città si reca nel centro per specifici motivi.

Si sono perciò rilevate le volte che nell’ultimo mese l’intervistato è andato nel (ha “usato” il) centro storico, distinte per le seguenti motivazioni: passeggiare e guardare le vetrine, lavorare, andare al cinema, teatro, ritrovi, chiesa, andare in biblioteca musei conferenze incontri a carattere culturale o politico, fare visite ad amici o parenti, fare acquisti, sbrigare pratiche varie presso uffici.

In media il goriziano si reca nel centro storico della propria città per un qualche motivo ventisette volte in un mese, e cioè circa una volta al giorno. Dato che la media registra una tendenza centrale, senza tener conto se questa risulta dalla frequenza del centro storico molto alta di poche persone, o da una frequenza più modesta ma generalmente diffusa a tutta la popolazione (tabella 5), è opportuno distinguere questo “uso” per la ragione per cui viene effettuato, ma pure è bene riportare la percentuale di coloro che non svolgono lo specifico “uso”.

Tab. 5 – Frequenza mensile del centro storico secondo gli “usi”

n. medio di volte in un mese

% delle persone che vi sono recate

almeno una volta Passeggiare, guardare le vetrine 6.4 63.3 Acquisti 6.3 70.2 Per lavoro 5.1 23.5 Visite ad amici o parenti 3.3 42.8 Disbrigo di pratiche varie presso uffici 2.6 46.2 Al cinema, teatro, ritrovi, chiesa 2.5 36.5 Biblioteche, musei, conferenze, incontri a carattere politico o culturale

0.8 16.0

Totale delle volte e media percentuale 27.0 42.6

In centro storico ci si va anzitutto per passeggiare e guardare le vetrine e fare acquisti, e poi sbrigare pratiche burocratiche, visitare amici o parenti e assistere a spettacoli cinematografici o teatrali, e infine, abbastanza distanziato, per lavorare o per interessi o incontri di carattere culturale e politico. La frequenza (maggiore o minore) è diffusa abbastanza omogeneamente alla maggioranza della popolazione, poiché a una percentuale alta di coloro che almeno una volta al mese vanno in centro storico corrisponde anche un numero medio di volte già elevato, e al contrario a una percentuale bassa corrisponde un numero limitato di presenze nel centro storico. L’unica eccezione riguarda la presenza per ragioni di lavoro, limitata a poche persone (il 23.5 %), ma quotidiana od anche più intensa.

Tali usi del centro storico goriziano indicano specializzazioni funzionali e quindi un’organizzazione spaziale ed economica per il piccolo commercio e per l’artigianato per un verso e per un altro una specializzazione burocratica. In effetti nel centro storico, nella delimitazione del P.R.G., si trova un insieme consistente di botteghe artigianali e commerciali e di uffici pubblici. Vi è però anche da aggiungere che si tratta di una specializzazione commerciale destinata a servire in misura sempre maggiore il piccolo traffico transfrontaliero. Ad ogni modo si tratta di specializzazioni che fanno da supporto, unitamente agli elementi dell’organizzazione architettonico-urbanistica di tale spazio, a una più generale presenza originata da motivazioni affettive, estetiche e relazionali, come quella del piacere a passeggiare in questa zona, a incontrare amici o parenti.

Ciò è verificato dal fatto che chi va nel centro storico a fare acquisti vi capita altre volte anche per

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passeggiare, guardare le vetrine, far visita ad amici. E d’altra parte chi vi va per ragioni di lavoro vi si trova pure a sbrigare pratiche burocratiche. In particolare, se si tengono presenti tutte e tre le ragioni per andare in centro storico, passeggiare o far visite ad amici o fare acquisti, si constata che in un mese solo il 14% dei goriziani non ha avuto (o cercato) un’occasione per trovarsi nello stesso centro storico.

La modestissima presenza invece per assistere a spettacoli cinematografici o a visitare musei biblioteche o per partecipare a incontri politico-culturali è sostanzialmente dovuta alla carenza di tali infrastrutture (come cinema e teatro che si trovano al di fuori o ai margini del centro storico) o alla loro diffusione in tutto il territorio urbano (come le chiese) o al genere “una tantum” di uso del servizio (come il museo) o al carattere selettivo di questo (la biblioteca), ma a tale carente presenza contribuisce pure la scarsa vitalità politica e culturale del centro storico per chi lo abita e ancor più per tutti i goriziani.

In definitiva perciò se per un verso il centro storico implica una funzione catalizzatrice per le sue funzioni simboliche ma anche commerciali e burocratiche, molto più carente è l’assolvimento di funzioni culturali e politiche, che sono realizzate piuttosto nel centro cittadino (direzionale) imperniato su corso Verdi e la prima parte di corso Italia.

L’ “uso” del centro storico, e quindi la sua funzionalità ma anche il modo di “sentirlo”, si differenzia, si accentua come si attenua, a seconda della zona urbana abitata, a seconda delle posizioni sociali e dei ruoli attesi dall’uomo e dalla donna, dal giovane o dal maturo o dall’anziano, a seconda dell’identificazione con determinati gruppi etnici piuttosto che di altri, a seconda del livello culturale e della posizione sociale occupati, a seconda della vita associativa più o meno intensa, a livello formale od informale, svolta, ecc.

Individuare questi “usi” differenziati del centro storico è utile, per rendersi conto della dinamica nella quale si concreta tale funzionalità.

Per l’analisi di questi aspetti consideriamo perciò le variabili relative al quartiere di residenza, al sesso e all’età ed infine alle abitudini di vita associativa (figura 3).

La residenza viene a condizionare la frequenza al centro (per svolgervi le attività su specificate) in un senso abbastanza scontato, e cioè queste frequenze si diradano man mano che si passa dal centro storico stesso e dai quartieri vicini ai quartieri più periferici fino ai quartieri che presentano una certa loro autonomia culturale, etnica, oltreché organizzativa (in particolare Lucinico e Sant’Andrea). Così si va dalle quaranta volte al mese che l’abitante del centro rimane nel proprio quartiere per passeggiare, lavorare, andare al cinema o a manifestazioni culturali, visitare amici, fare acquisti, sbrigare pratiche burocratiche, alle trentadue di chi abita a San Rocco e Sant’Anna, alle ventisette di chi abita a Straccis, alle ventisei di chi abita a Montesanto e Piazzutta e nel centro cittadino, alle ventidue di chi abita a Piedimonte, alle venti di chi abita a Campagnuzza e a Lucinico, alle diciannove di chi abita a Oslavia e San Mauro, e infine alle sedici di chi abita a Sant’Andrea. Da tutto ciò è rilevante sottolineare come San Rocco Sant’Anna sia il quartiere maggiormente tributario delle funzioni del centro storico, e ciò è abbastanza comprensibile se si valuta che esso è a ridosso di questo ed isolato dai servizi del centro cittadino. È tuttavia interessante anche il fatto che un quartiere operaio e con presenza di edilizia popolare come Straccis, e abbastanza lontano dal centro storico, ne utilizzi le strutture organizzative. La terza considerazione riguarda infine la “distanza” fisica degli abitanti del quartiere sloveno di Sant’Andrea dal centro storico della città, che appunto non frequentano assiduamente e, quando lo fanno, è per visitare amici o parenti, fare acquisti o sbrigare pratiche burocratiche.

L’orientamento al rarefarsi della frequenza al centro storico, e quindi all’attenuarsi della sua dominanza almeno per le funzioni esaminate, con il passare dalle zone centrali a quelle periferiche della città è particolarmente evidente per il passeggiare e il guardare le vetrine (rxy = 0,22), per il fare acquisti (rxy = 0,14), per l’andare al cinema, teatro, ritrovi, chiesa (rxy = 0,13), per l’andare in biblioteca, museo, a incontri politici e culturali. Ciò indica, seppure non si debba amplificare il significato di tali coefficienti di correlazione piuttosto bassi ma ancora statisticamente significativi, che la specializzazione commerciale del centro storico ma forse anche il suo valore simbolico hanno validità anzitutto per chi abita i quartieri più prossimi ad esso. Interpretazione analoga è da farsi per la frequenza ai servizi per lo spettacolo e culturali situati nel centro storico nei confronti di quelli localizzati nelle restanti parti della città. Infine si deve pure sottolineare come il fatto di lavorare, o di andare a trovare amici o parenti nel centro storico, od infine lo sbrigarvi pratiche burocratiche, non è collegato, seppure non con frequenze alte, alla dimensione spaziale della residenza. Ciò indica che per un verso in questa zona si trovano uffici burocratici non alternativi ad altri e per un altro verso che la relazionalità amicale o parentale così come il luogo dell’occupazione non hanno assunto un’impronta localistica.

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Fig. 3 – Frequenza degli “usi” del centro storico, secondo il quartiere di residenza (numero di volte che in un mese si va nel centro storico per svolgere qualche attività)

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La frequenza al centro storico è definita anche dai ruoli attribuiti al sesso e alle differenti età. Infatti contro le trenta presenze mensili dell’uomo stanno le ventiquattro della donna. Ciò è dovuto al

fatto che è l’uomo più frequentemente della donna a passeggiare (sette volte contro sei), a lavorare (otto volte contro tre) e a sbrigare pratiche burocratiche (tre volte contro due) nel centro storico, anche se la donna è maggiormente presente a fare acquisti (sette volte contro cinque).

Per quanto riguarda l’età sono i giovani (18-25 anni) a passeggiare più frequentemente nel centro storico (nove volte), ad andarvi al cinema e ritrovi (quattro volte) e alle biblioteche e incontri culturali e politici (due volte), a visitarvi amici, a sbrigarvi pratiche burocratiche (tre volte). Sono tutte attività connesse alloro status non professionale e alloro disimpegno dalla conduzione del ménage familiare. Infatti vi lavorano più frequentemente le persone più mature (26-35 anni), mentre l’età più frequente fra chi va in centro storico per fare acquisti è quella compresa fra i 51 e 65 anni. Meno presenti in tale zona sono invece le età fra i 36-50 i e gli anziani di oltre 65 anni. Età e sesso ci forniscono in definitiva elementi preziosi per comprendere il segno e il meccanismo della funzionalità del medesimo centro storico.

Conviene tuttavia individuare in questo esame, seppure sommario, altre ragioni che sottostanno all’ “uso” del centro storico e che spiegano la presenza dell’individuo anche nelle abitudini e negli stili di vita quotidiana vissuti. Passeggia molte volte nel centro storico chi pure frequentemente va al cinema (rxy = 0,24), a teatro (rxy = 0,19), nel parco (rxy = 0,18), in trattoria (rxy = 0,13), al ciroclo ricreativo (rxy = 0,12), in biblioteca (rxy = 0,12), al bar (rxy = 0,12).

I cinema del centro storico sono frequentati poi da chi va spesso a teatro (rxy = 0,21) alle sedi dei partiti politici (rxy = 0,15), alla palestra sportiva (rxy = 0,15), ai circoli culturali (rxy = 0,13), e ovviamente son frequentati da chi in generale va al cinema (rxy = 0,19).

Le biblioteche, i musei, gli incontri organizzati nel centro storico sono frequentati da persone con stili associativi abbastanza analoghi a quelli che ne frequentano i cinema e il teatro: vanno spesso nelle sedi di partiti politici (rxy = 0,36), in biblioteca (rxy = 0,33), ai circoli culturali (rxy = 0,27), a teatro (rxy = 0,25), al cinema (rxy = 0,15), ai circoli ricreativi (rxy = 0,13), ai circoli sindacali (rxy = 0,13).

Chi va a trovare spesso amici nel centro storico è anche un buon frequentatore di cinema (rxy = 0,19), oltre che sensibile ad altre forme di partecipazione alla vita sociale della città.

Gli acquisti vengono fatti soprattutto da chi va spesso in chiesa (rxy = 0,15) e va a fare la spesa al mercato (rxy = 0,19) e al supermercato (rxy = 0,15).

Infine le pratiche burocratiche vengono assolte nel centro storico da chi svolge vita sociale intensa e impegnata, esercita o segue qualche attività sportiva. Egli infatti frequenta spesso sedi di partiti politici (rxy = 0,23), e circoli professionali (rxy = 0,14), va a teatro (rxy = 0,15), ma anche in trattoria (rxy = 0,14), al campo sportivo (rxy = 0,15) e alla palestra (rxy = 0,14).

In conclusione dalla lettura della funzionalità del centro storico emerge che questo è valorizzato da chi svolge una vita associativa intensa e partecipata, sia nei suoi aspetti formali (bar, trattorie), che formali (partecipazione alla vita associazionistica dei partiti dei sindacati dei circoli culturali e con altro obiettivo istituzionale), così come è valorizzato da chi conduce una vita esposta ai messaggi che la cultura più o meno ufficiale filtra attraverso i mass media.

Tale impegno è ancor più forte e selezionante in chi frequenta i cinema, il teatro, i ritrovi, le chiese, le biblioteche, i musei, gli incontri politico-culturali localizzati ed organizzati nel centro storico.

Tale situazione d’altra parte spiega come la presenza nel centro storico sia condizionata dalla localizzazione della residenza (e dalla posizione sociale), dall’età e dal sesso, ma anche in senso contrario come tale presenza non arrivi mai ad un’assiduità molto alta, soprattutto nelle motivazioni più significa-tivamente culturali. 5. Definizione culturale

I valori e i significati attribuiti al centro storico così come le impressioni e le sensazioni provate dal goriziano nell’attraversarlo rappresentano aspetti differenti, l’uno più ragionato l’altro più emotivo, di sentirlo e definirlo culturalmente.

Da un complesso e composito processo metodologico, volto a individuare i principali significati del centro storico ricavabili direttamente dalle idee degli abitanti di tutta la città, e successivamente volto a

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trasformarli in indicatori utilizzabili nel tipo di analisi predisposto6, si sono potuti concretare tali significati ed atteggiamenti in tredici proposizioni (items), sulle quali rilevare consenso o dissenso. I tredici significati così individuati fanno riferimento al piacere estetico a camminare nel centro storico, alla sua caratteristica di costituire motivo di orgoglio cittadino, di fornire un fondamento emozionale a sentirsi partecipe a una comunità viva, e a viverlo in termini di sicurezza e protezione, a collegare se stesso con il passato culturale e sociale e con le relazioni interetniche di gruppi eterogenei, così come con il proprio passato esistenziale di ricordi giovanili o adolescenziali. Altri significati suggeriscono una lettura in negativo del centro storico: in base a questi esso rappresenta un falso problema, e le relative organizzazioni urbanistiche ed architettoniche possono essere abbattute e sostituite da nuove organizzazioni spaziali e da nuove destinazioni funzionali.

Il consenso per le proposizioni indicanti significati positivi, e corrispondentemente il dissenso con quelle richiamanti significati che negano valore al centro storico, permette di confrontare la pregnanza di ogni significato per i goriziani. Tab. 6 – I significati del centro storico secondo la diffusione della percezione Significati del centro storico: Orgoglio cittadino per il 95.0% delle persone Legame con il passato “ l’ 88.3% “ “ Piacere estetico “ l’ 88.0% “ “ Non “serve solo alle classi che comandano” “ l’ 85.0% “ “ Ideale per viverci, se restaurato “ il 79.5% “ “ Non “interessa solo gli architetti” “ il 75.4% “ “ Rifiuto della sua sostituzione con nuovi palazzi, vie, piazze “ il 72.7% “ “ Ricordo di vita e di relazione interetniche “ il 69.6% “ “ Appartenenza a comunità viva “ il 68.9% “ “ Non fa ricordare le ingiustizie sociali passate “ il 66.6% “ “ Rifiuto dell’allontanamento della popolazione attuale e trasformazione in attrazione turistica “ il 59.0% “ “ Sicurezza e protezione “ il 53.5% “ “ Ricordi di infanzia e giovinezza “ il 48.2% “ “

In questa scala ai primi posti si trovano i significati riferiti al confronto con i non goriziani (cioè gli

abitanti di altre città), con chi ha vissuto l’habitat goriziano nelle precedenti epoche e nelle relazioni interetniche; si trovano significati collegati alla dimensione estetica. Altre dimensioni, riferite piuttosto al bisogno di sicurezza e di protezione o ai ricordi di passate esperienze esistenziali e familiari, risultano affermate da specifiche categorie sociali e quindi controverse e legate a particolari situazioni.

Anche sul destino del centro storico e della sua popolazione le indicazioni rilevabili dalle risposte agli

6. A conferma di come alla base delle tredici proposizioni relative ai significati del centro storico vi stiano

atteggiamenti concretamente vissuti dai goriziani conviene riportare le risposte alle seguenti domande aperte “Ora, vorremmo sapere quali significati, quale valore ha il centro storico di Gorizia per i goriziani? E per lei cosa significa il centro storico di Gorizia”?: ricordo storico e di antichità (per il 43.2% degli intervistati), attaccamento affettivo (per il 9.7%), bene culturale (per l’8%), significato estetico e artistico (per il 7.8%), per i monumenti e gli aspetti architettonici (per il 5.4%), ricordi di gioventù (per il 4.5%), motivo turistico (per il 3.5%), orgoglio cittadino verso i forestieri e simbolo di Gorizia (per il 2.8%), cuore della città ed elemento più importante della città (per l’1.3%), ricordo di modelli di vita del passato (per l’1.3%), valore commerciale e amministrativo (per lo 0.8%), paesaggio visto dal Castello (per lo 0.6%), significante per conservatori e progressisti e per vecchi e giovani (per lo 0.1%). Un altro 0.4% di goriziani non sa quali significati possa avere il centro storico di Gorizia e il restante 10.6% non vi attribuisce alcun significato.

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items sono abbastanza generalizzate: il 79.5 % considera il centro storico di Gorizia restaurato un posto ideale per abitarvi, il 12.7% rifiuta la sostituzione del centro storico attuale con nuovi palazzi e strade.

Questi atteggiamenti e sentimenti d’altra parte sono vissuti con maggiore intensità da chi abita nel centro storico, e quindi da chi ne sperimenta quotidianamente i simboli, l’organizzazione spaziale e formale dei singoli elementi architettonici. Non bisogna tuttavia nemmeno sottovalutare che pure coloro che abitano nel centro cittadino, e soprattutto i residenti nei quartieri periferici, vi attribuiscono un senso univoco e un peso rilevante.

Un aspetto analiticamente importante è dato dal conoscere come reciprocamente si strutturano questi significati, e cioè se si trovano strettamente collegati in un unico o in pochi significati od immagini generali della città, maturate dai cittadini; o invece si articolano in significati unidimensionali e indipendenti. La rilevanza di tale verifica si fonda su molteplici considerazioni.

Anzitutto serve a conoscere se l’immagine della città è un fatto culturale globale oppure articolato in più dimensioni: nel primo caso si può presumere che essa si svilupperà armonicamente, nel secondo invece potrebbero verificarsi modificazioni non sincroniche fra i differenti significati e una sorta di incompatibilità fra di essi per cui certi gruppi sociali possono maturare determinati significati ed altri gruppi altri significati. In secondo luogo, se viene verificata l’esistenza di una globalità di significati, allora modificazioni nelle variabili indipendenti di tale immagine produrranno modificazioni globali sulla stessa immagine. In parole concrete, se emerge la necessità di valorizzare certe strutture architettoniche od urbanistiche del centro storico o di valorizzare la sua conoscenza storico-artistico-culturale presso categorie sociali giovani e se si è verificata l’esistenza di un’immagine globale della città, allora interventi operativi in questo senso produrranno modificazioni su tutti gli aspetti dell’immagine globale della città. In effetti ora possiamo chiaramente indicare i tredici significati ipotizzati come immagine della città dato il generalizzato, o diffuso, consenso espresso verso di essi.

La verifica dell’esistenza o meno di tale immagine globale può essere validamente perseguita con l’adozione dello strumento statistico-matematico dell’analisi fattoriale.

Questa, applicata nella versione dei fattori principali con il quadrato della correlazione multipla (R2) come stima della comunanza e con rotazione “varimax”, ha riprodotto in due fattori il 30.03 % della varianza totale delle originarie tredici variabili. Fattore I: significati affettivo-estetici

Il fattore spiega il 19.66% della varianza totale degli items, che si trovano ponderati nel modo seguente.

“L’insieme dei vecchi palazzi e delle antiche strutture del centro storico di Gorizia mi fa sentire che appartengo ad una comunità viva” 0.73 “Il centro storico di Gorizia rappresenta un legame con il passato, un modo di ricordare il cammino che noi goriziani abbiamo fatto” 0.64 “A girare per il centro storico di Gorizia provo un senso di sicurezza e di protezione” 0.63 “Una città con la parte storica ben conservata costituisce motivo di orgoglio cittadino” 0.61 “È piacevole camminare lungo le vie del centro storico ed osservare le case, i palazzi, le chiese, le vie e le piazze antiche” 0.60 “Pensare al centro storico di Gorizia mi f rivedere la mia infanzia e la mia giovinezza e rivivere i ricordi della mia famiglia” 0.46 “Il centro storico di Gorizia mi far ricordare la vita e le relazioni più o meno serene sviluppatesi nel corso dei secoli tra i vari gruppi etnici o nazionali (sloveni, friulani, italiani, tedeschi, ebrei) 0.37

Il fattore, che dai riferimenti ai sei specifici significati può essere sintetizzato nella denominazione di significati “affettivo-estetici”, indica una dimensione globale dell’immagine della città. Risulta chiaro che il centro storico svolge la funzione di immagine della città, se si tiene presente che nel fattore si colloca in posizione preminente proprio la mediazione del centro storico nell’identificazione dei goriziani in una

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comunità viva e nel proprio radicamento al passato della comunità goriziana stessa. Sebbene con peso secondario, in questo riferimento all’intera collettività si situa pure la coscienza della caratteristica specificamente goriziana dei rapporti interetnici sui quali si è realizzata tale situazione urbana.

Il centro storico rafforza l’immagine della città anche verso l’esterno, verso le altre collettività cittadine, dato che il suo stato di buona conservazione rappresenta un’occasione di orgoglio cittadino. Nel fattore sono presenti in secondo luogo dimensioni connesse più direttamente alle sensazioni emotive provate nel contatto fisico, attuale o remoto, con il centro storico. Infatti il centro storico in tale contatto evoca sentimenti di protezione, sicurezza, piacere estetico, ricordi di belle esperienze infantili, giovanili, familiari, lontane.

In sintesi, risulta ampiamente confermata quella globalità dell’immagine della città che il centro storico viene ad assumere e a rappresentare per tutti i suoi abitanti. Infatti risulta che chi legge nel centro storico la capacità di evocare l’appartenenza a una comunità viva, di collegare se stessi e la collettività cittadina con quelle passate, di evocare la specificità goriziana di una vita sociale composita in una molteplicità di relazioni interetniche, di considerare anche il centro storico come motivo di orgoglio cittadino, prova sicurezza, protezione, piacere estetico, ricordo di esperienze esistenziali passate. È ovvio che i pochi che vivono il centro storico in un senso di segno opposto non riconoscono ad esso questi significati e valori.

La lettura simbolica del centro storico, di segno affettivo ed estetico, comporta il rifiuto dell’idea di abbatterlo per sostituirlo con piazze, vie e palazzi nuovi, ed invece l’affermazione che il centro storico, risanato, viene a rappresentare il luogo ideale dove risiedere; così come implica il dissenso dall’idea che lo stesso centro costituisca un’occasione di autoesaltazione per le classi dominanti avvicendantisi al potere della città. Esso esprime cioè i valori culturali anche delle classi subalterne, che connotano la vita quotidiana del centro, piuttosto che i simboli dello status prestigioso delle classi che comandano.

Fattore II: Significati socio-urbanistici

Il fattore spiega il 10.37% della varianza totale ed è strutturato nelle seguenti proposizioni di significati. “La bellezza del centro storico, e l’amore per esso può interessare solo chi ha studiato e soprattutto gli architetti” 0.68 “Ormai il centro storico di Gorizia non dice più niente alla gente del nostro tempo. Si potrebbe sostituirlo con palazzi, vie, piazze nuove, salvando semmai il castello» 0.63 “Il centro storico mi fa venire in mente solamente le ingiustizie dei tempi in cui Dominavano ristretti gruppi sociali” 0.38 “È necessario favorire l’allontanamento della gente dal centro storico che attualmente abita; e poi restaurare palazzi, vie, botteghe, in modo da trasformare il centro storico in un’attrazione turistica” 0.36 “La valorizzazione del centro storico serve solo alle classi che comandano per sentirsi i veri continuatori della storia della città” 0.35

In questo fattore il centro storico viene letto nella chiave della dialettica dei rapporti di classe, e più in

particolare il centro storico viene interpretato come un manufatto funzionalizzato al potere dominante, sia perché esso riproduce nelle facciate e nelle articolazioni architettoniche le ingiustizie collegate a questi rapporti asimmetrici del potere, sia perché il problema “centro storico” è un fatto “inventato” o “gonfiato” dalle stesse classi dominanti, siano esse intellettuali, politiche, economiche. La conseguenza ovvia di tale interpretazione del centro storico (specchio di ingiustizie sociali e “non problema”) è che può essere “eliminato” socialmente e/o architettonicamente e urbanisticamente, utilizzando strumentalmente come “merce da vendere” attraverso opportuna valorizzazione turistica.

Tali significati negativi, o non significati, sono perciò strettamente legati, e nel senso che l’individuo che sostiene che il centro storico è un falso problema creato e alimentato dal “al di cultura umanistica” dell’intellettuale, concorda sul fatto che il centro storico può essere sostituito da palazzi, vie e piazze

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nuove in quanto non riveste alcun valore, riproduce nelle sue forme le ingiustizie sociali passate (e presenti), può essere privato dei suoi attuali residenti per trasformarlo in un’attrazione turistica, rappresenta uno strumento in mano alle classi dominanti per sentirsi i continuatori spirituali dei domi-natori dei tempi passati.

I sostenitori di tali significati negativi sono tuttavia relativamente pochi (il 21%). Ciò significa che la maggioranza dei goriziani non interpreta in questi termini il centro storico, e perciò che ad esso viene attribuito un significato positivo e cioè che il centro storico non costituisce un problema solo per la cultura ufficiale, e che è necessario conservarlo e integrarlo nella funzionalità socio-urbanistica della città. In secondo luogo tale rifiuto di leggere il centro storico solo come specchio di contrapposizioni e lotte di classe e ingiustizie sociali sta a indicare che in esso assurgono significato fondante anche quegli elementi indicativi della vita quotidiana, popolare e non “prestigiosa” e non “fastosa” della comunità goriziana passata. Il centro storico per questo fattore cioè più che evocare rapporti di potere fra le classi sociali sembra fare riferimento all’esperienza urbana nel quotidiano.

* * *

Il processo metodologico fin qui seguito ha permesso di tradurre i significati affermati direttamente dai goriziani in proposizioni “trattabili” con strumenti metodologici raffinati, e secondariamente ha permesso di cogliere al di sotto di tali significati due significati più generali, collegati a dimensioni affettivo-estetiche e a dimensioni dialettiche della lettura dello stesso centro storico.

Conviene ora collegare i due significati globali ed in più quello rimasto isolato, e relativo all’afferma-zione che il centro storico risanato rappresenta il posto ideale per la residenza, con le situazioni e i ruoli sociali, culturali, familiari, economici, vissuti da chi manifesta la propria opinione su tali significati.

Il centro storico assume significati affettivo-estetici (identificazione e appartenenza) con particolare intensità per l'anziano, per chi ha personalità autoritaria, per chi vive in famiglia numerosa e matura, per chi manifesta una forte appartenenza goriziana ma anche friulana, e non ha frequentato a lungo le scuole; per chi partecipa attivamente alla vita religiosa, frequenta il mercato, svolge le proprie relazioni di quartiere in strada e nel negozio, legge molte riviste e giornali; per chi è affezionato al proprio quartiere e lo ritiene di buona qualità; per chi ritiene che il centro storico restaurato diventa il posto ideale per vivere ed inoltre trascorre parte del proprio tempo libero a passeggiare, fare acquisti, visitare amici nel centro storico.

È ovvio che chi non attribuisce significati affettivo-estetici al centro storico esperisce stili di vita e condizioni socio-economiche tendenzialmente opposti.

Un’altra variabile abbastanza significativa in questo contesto è rappresentata dalla condizione professionale.

Così agli estremi della percezione dei significati attribuiti al centro storico si trovano da una parte (della minore percezione) gli studenti e gli operai, mentre dall’altra parte (della maggiore percezione) i pensionati e gli insegnanti. Ciò si manifesta nei termini seguenti.

Per i pensionati il centro storico rappresenta un legame con il passato, un’occasione di ricordi giovanili e familiari oltre che un simbolo di una comunità viva e un dispensatore di sicurezza e protezione cosi come un’occasione di godimento estetico il passeggiarvi. Dagli insegnanti vengono enfatizzati più i significati legati alla situazione attuale di una comunità viva, all’orgoglio cittadino verso gli altri il possederlo, ma anche i significati legati al piacere estetico del passeggiarvi, mentre sono molto meno marcati i riferimenti e i richiami al passato urbano, relazionale o personale.

In sostanza enfatizzano tali significati del centro storico gli anziani, che peraltro mettono in risalto il legame con il passato, le persone autoritarie, le persone che si sentono friulani ma anche goriziani, che vivono intensamente la vita del quartiere, al quale sono attaccate e nel quale partecipano alla vita religiosa, e le persone che frequentano, per svago, il centro storico. Si tratta di significati che perciò maturano sotto un segno di attaccamento emotivo piuttosto che in una conoscenza intellettuale e culturale in senso stretto, come invece risulta da altre ricerche (per esempio una condotta a Bologna) (Rescigno Di Nallo 1970). Conferma ciò il fatto che un’altra categoria di persone culturalmente informata e formata qual è quella degli studenti tende a sminuire notevolmente il senso di simili significati del centro storico.

Il secondo grappolo di significati è raccolto nel fattore indicato con significati socio-urbanistici,

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Il centro storico di Gorizia: spazio marginale o anima della città? 31

attribuiti al centro storico in termini piuttosto dialettici e come sopra descritti. L’attribuzione di tali significati al centro storico è in generale poco diffusa, sia da parte di chi vi abita

che di coloro che abitano nel centro cittadino o nei quartieri periferici. È perciò molto forte, soprattutto da parte di chi abita nel centro storico, la contrarietà alle affermazioni che paventano l’allontanamento della gente e l’adattamento per il turismo e a quelle che negano la realtà del problema “centro storico” (che cioè esso sia un’ “invenzione” degli architetti).

Più analiticamente risulta che attribuisce questi valori negativi (o distruttivi) al centro storico, in ordine di decrescente intensità, chi presenta una visione passiva verso il futuro e una personalità autoritaria, chi è e si sente friulano, chi ha un reddito piuttosto basso, chi è anziano e di sesso maschile. Si tratta in verità di tendenze, poiché, si è già rilevato sopra, l’orientamento generalizzato è di rifiutare tali interpretazioni negative del centro storico. Ovviamente in tale tendenza le categorie di persone che in qualche modo rifiutano più decisamente delle altre presentano personalità attiva verso il futuro e democratica nei rapporti verso le persone più vicine, non sono e non si sentono friulani, sono giovani, non hanno reddito molto basso, sono le donne.

Anche nelle categorie professionali tendono ad attribuire tali significati negativi al centro storico i pensionati e parzialmente gli insegnanti, mentre il rifiuto viene soprattutto dagli impiegati.

Anche nel caso del terzo significato si assiste a una larga concordanza con l’affermazione che il centro storico risanato diventa un posto ideale nel quale risiedere; ma tale atteggiamento è molto più accentuato in chi attualmente e in concreto vive la residenza dello stesso centro storico.

Chi esprime tale atteggiamento positivo verso un centro storico risanato è più frequentemente anziano, con personalità autoritaria e passiva nel pensare al futuro, con bassi livelli di scolarità e di reddito percepito, è sloveno, casalinga o lavoratore in proprio. In queste condizioni è ovvio che egli non frequenta molto le attrezzature sportive e la biblioteca. Vive nel centro storico (in condominio e in affitto), il livello di dotazione di attrezzature domestiche del suo alloggio è basso, ma soprattutto ha maturato un forte attaccamento affettivo-estetico al centro storico, nel quale svolge le sue passeggiate, i suoi acquisti, le visite agli amici.

Chi è meno d’accordo con il fatto che anche risanato il centro storico non costituisce un posto ideale per vivervi ha ovviamente caratteri personali e vive esperienze sociali, economiche, residenziali molto differenti e in generale si ritrova molto più spesso fra gli insegnanti, gli imprenditori, gli studenti e gli impiegati.

Per concludere, è utile soffermarsi un po’ di più sulle distanze, nella percezione del centro storico, che significativamente differenziano gli abitanti dei quartieri, caratterizzati per specifiche situazioni culturale o storica o funzionale. Il centro storico è stato separato, nella definizione del P.R.G. di Piccinato, dal centro cittadino che raccoglie in massima parte le attuali funzioni direzionali, da un quartiere storicamente e culturalmente caratterizzato come San Rocco, da altri due quartieri con tradizioni di autonomia ammi-nistrativa ed etnica oltreché culturale come lo sono Sant’Andrea e Lucinico. Ulteriore differenziazione riguarda i residenti in case di edilizia popolare, che si trovano localizzati un po’ in tutte le parti della nuova città. Sono stati raccolti infine in una categoria residua i quartieri di Campagnuzza, Straccis, Piedimonte, Oslavia San Mauro Piuma, Montesanto. Naturalmente da tale categoria sono stati tolti gli attuali alloggiati in case di edilizia popolare, e d’altra parte vi sono compresi quartieri abbastanza recenti, largamente operai e, nella parte settentrionale della città, anche rurali.

Nella percezione dei significati del centro storico le differenze più notevoli si collocano fra chi abita nel centro storico o in alloggi di edilizia popolare da una parte e chi abita nei quartieri o borghi con una sperimentata autonomia di tradizioni, cultura, amministrazione, radici etniche (San Rocco, Lucinico, Sant’Andrea) dall’altra. In posizioni mediane si collocano invece i residenti nei quartieri di formazione più recente come il centro cittadino e addirittura quei quartieri rurali di ancor più recente formazione, e con stratificazione sociale di carattere operaio-agricolo. Questo distendersi della percezione del centro cittadino costituisce una verifica dell’ipotesi che il centro storico rappresenta oltretutto un potente mediatore dell’immagine della città in chi la abita. Infatti le persone che manifestano un più intenso attaccamento affettivo, che rifiutano di leggere il centro storico solo in chiave dialettica con il conseguente corollario di favorirne l’eliminazione, ed infine che lo indicano come posto ideale per la residenza nel caso esso sia restaurato sono, oltre alle residenti nello stesso centro storico, quelle alloggiate in edilizia popolare, in generale edificata di recente, e spesso con un tenue legame al nuovo quartiere di adozione. Su questo forte attaccamento degli occupanti alloggi popolari può influire la presumibile

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precedente residenza nel centro storico; seppure in verità l’orientamento generale di tutti i dati porti a interpretare gli atteggiamenti verso il centro storico come ricerca in questo di un’immagine della città, compromessa dalla situazione di sradicato e difficilmente ritrovata nel nuovo insediamento in cui si trova ad abitare. Anche la mancanza di veri centri (si veda la figura 2) di quartiere e di identificazione di sé con l’organizzazione del quartiere e della sua storia, che si riscontra nella parte nord-occidentale del centro cittadino e in quartieri come Campagnuzza, Straccis, Piedimonte, ecc. fa da supporto all’emergere e consolidarsi dell’immagine del centro storico come immagine della città. Infine la medesima minore intensità con la quale si attribuiscono tali significati al centro storico da parte di chi abita nei quartieri con una propria tradizione culturale e specificità etnica rappresenta una conferma, in qualche modo in negativo, del centro storico come immagine della città, in quanto esso diventa “meno” immagine della città quando appaiono alternative “immagini” del proprio passato e della vivezza della propria comunità, che in questo caso è il quartiere-borgo.

6. Definizione socio-economica

Seppure tale definizione non rientri espressamente nell0economia del discorso qui sviluppato, di carattere simbologico e culturale, è indispensabile fare un cenno rapido alla gente che abita il centro storico e alle sue condizioni socio-economiche. Si sacrificherà ugualmente tuttavia un esame importante delle strutture economiche esistenti, e la verifica se esse siano volte a una specializzazione nel commercio al minuto destinato a una clientela di oltre-confine. A tale specializzazione dell’utenza commerciale fa riscontro una complementare specializzazione di utenza italiana nel centro cittadino.

Un confronto della popolazione residente nel centro storico al 1900 con quella ivi residente il 31 dicembre del 19777 indica come essa si sia più che dimezzata, poiché da 9228 abitanti si è passati agli attuali 4024, con un decremento percentuale del 56.4%. Suddividendo il centro storico nei suoi tre nuclei principali si osserva una più alta diminuzione di abitanti a Piazzutta (il 61.3 %), poi nella parte articolata in Castello, piazza Cavour, via Mazzini, via Rastello, piazza Vittoria (il 57.7%), e infine nella parte più recente svolgentesi fra via Arcivescovado e piazza De Amicis lungo via Carducci (il 53.1%).

Le tabelle 7 e 8 danno corpo numerico a queste tendenze. Le cause dello spopolamento del centro storico sono molteplici, ma indubbiamente le principali sono

da ricercarsi negli sventramenti operati, nello stato di fatiscenza e di abbandono in cui esso è stato lasciato, nei “risanamenti” volti a sostituire alla popolazione originaria un minor numero di persone che possono permettersi affitti elevati.

Tab. 7 - Variazioni 1900-1977 nella popolazione delle tre parti formanti il centro storico

31.12.1900 31.12.1977 Variazioni 1900-1977

Castello, piazza Cavour, piazza Vittoria, via Mazzini 4946 2093 -57.7% via Carducci, piazza De Amicis 3332 1563 -53.1% Piazzutta 950 368 -61.3%

In totale 9928 4024 -56.4%

7. I dati del censimento del 1900, rilevati via per via, sono desunti da Primas (1901). I dati al 31 dicembre 1977

sono tratti, per gentile concessione del dott. Mario Ascari, funzionario al comune di Gorizia, da elaborazioni dei dati anagrafici compiute dalla SIER (Sistema Informativo Elettronico Regionale). Il confronto fra le due serie di dati ha comportato l’adattamento dei nomi che le vie avevano al 1900 a quelli attuali, tenendo conto pure della scomparsa di vie o la formazione di nuove vie per effetto dell’alterazione dell’aspetto urbanistico del centro storico subito qua e là. In queste operazioni di adattamento sono stati preziosi i consigli e i ricordi della signora Alma Codellia e gli scritti del funzionario del comune, ora scomparso, Demetrio Drufuca sui bollettini municipali di statistica, messi a disposizione dal figlio Dario. Un doveroso riconoscimento va pure ai consigli dell’arch. Luisa Codellia per una migliore traduzione grafica di alcuni dati dell’indagine qui esaminata. La realizzazione concreta della maggior parte dei disegni è opera di Luciano Marconato. In queste operazioni di confronto sono state escluse le vie del centro storico solo in minima parte compresevi, per le evidenti difficoltà a eseguire l’adattamento.

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Il centro storico di Gorizia: spazio marginale o anima della città? 33

Tab. 8 - Variazioni 1900-1977 nella popolazione residente nelle vie del centro storico

31.12.1900 31.12.1977 Variazioni 1900-1977

(in percentuale) Corte Sant’ Ilario 181 32 -82.3 viale D’Annunzio 500 103 -79.4 piazza De Amicis 285 59 -79.3 borgo Castello 541 129 -76.2 via Scala 148 42 -71.6 via Ascoli 852 243 -71.5 via Monache 314 94 -70.1 via Cocevia, Coceviutta 410 124 - 69.8 via Rabatta 484 153 - 68.4 via Mazzini 350 122 - 65.1 via De Gasperi --- 87 --- passaggio Edling 11 --- --- via del Seminario 449 164 -63.5 piazza Tommaseo 492 198 -59.8 riva Piazzutta 310 128 -58.7 via Formica 570 258 -54.7 piazza Sant’Antonio 206 99 -51.9 via Morelli 653 325 -50.2 via del Santo 434 222 -48.8 piazza della Vittoria 430 222 -48.4 via Bombi --- 6 --- via Arcivescovado 56 30 -46.4 via Rastello 509 288 -43.4 via Balilla 297 176 -40.7 via Marconi 93 66 -29.0 piazza Cavour 155 133 -14.2 via Carducci 380 339 -10.8 via Bellinzona 54 79 +46.3 via S. Giovanni 64 103 +60.9

Totali 9228 4024 -56.4

I caratteri socio-economici e culturali della popolazione del centro storico possono adeguatamente, pur se sommariamente, essere delineati dalla composizione della famiglia, dalla sua condizione economica e professionale, dall’età, dal livello di scolarità (tabelle 9, l0, 11).

Nel centro storico abitano più che negli altri quartieri famiglie composte di una sola persona (e quindi anziane) o di più di cinque persone (numerose), e il loro reddito è inferiore di circa un quarto a quello dei residenti nel centro cittadino (il 78.4% di quello del centro storico), cosi come lo è anche rispetto a quello percepito dai residenti negli altri quartieri (il 91.1 % del reddito di questi ultimi).

Nell’età gli abitanti dei diversi quartieri goriziani non si differenziano molto salvo che per la tendenza a ritrovare più giovani adulti (18-25 anni) nel centro storico: ciò può essere dovuto alla famiglia numerosa che si è visto essere ivi più diffusa. Il livello di scolarità risulta più basso nel centro storico rispetto alle altre parti della città, così come vi risultano maggiormente presenti le casalinghe, ma anche gli operai, ed invece assenti le classi superiori (dirigenti imprenditori, liberi professionisti).

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Tab. 9 – Dimensione della famiglia, e distribuzione per età e per livello scolare dei goriziani maggiorenni

Centro storico

Centro cittadino

Quartieri periferici

Gorizia, in generale

Numero dei componenti della famiglia: uno 11.4 9.7 7.9 8.8 due 26.6 31.2 21.8 24.8 tre 19.0 16.2 25.3 22.3 quattro 24.0 32.5 27.8 28.4 cinque 8.9 7.1 13.4 11.2 più di cinque 10.1 3.3 3.8 4.5

Totali 100.0 100.0 100.0 100.0 (79) (154) (367) (600)

Età dei maggiorenni:

18-25 anni 19.0 16.2 14.2 15.3 26-35 anni 15.2 15.0 17.4 16.5 36-50 anni 22.8 23.3 27.0 25.5 51-65 anni 21.5 20.8 25.1 23.5 oltre 65 anni 21.5 24.7 16.3 19.2

Totali 100.0 100.0 100.0 100.0 (79) (154) (367) (600)

Anni di scuola frequentata:

analfabeta 1.3 --- 0.3 0.3 1-5 anni 39.2 20.1 34.3 31.3 6-8 anni 31.6 26.0 36.5 33.2 9-13 anni 20.3 40.9 23.7 27.7 oltre 13 anni 7.6 13.0 5.2 7.5

Totali 100.0 100.0 100.0 100.0 (79) (154) (367) (600)

Tab. 10 – Condizione nella professione dei maggiori di diciotto anni

Centro storico

Centro cittadino

Quartieri periferici

Gorizia, in generale

Posizione nella professione imprenditore --- --- 1.4 0.8 libero professionista --- 0.7 0.8 0.7 lavoratore in proprio, coltivare diretto 10.1 12.3 9.0 10.0 dirigente --- 2.6 1.1 1.3 insegnante 3.8 7.1 2.5 3.8 impiegato e tecnico 7.6 14.3 8.4 9.8 operaio, intermedio e assimilato 24.1 11.7 25.3 21.7 coadiuvante --- 0.7 0.5 0.5 disoccupato --- 1.3 1.1 1.0 militare o paramilitare 2.5 3.9 5.4 4.7 studente 6.3 9.1 4.4 5.8 casalinga 31.7 21.4 24.3 24.5 pensionato, inabile 13.9 14.9 15.8 15.4

Totali 100.0 100.0 100.0 100.0 (79) (154) (367) (600)

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Il centro storico di Gorizia: spazio marginale o anima della città? 35

Tab. 11 – Ramo di attività economica dei maggiori di diciotto anni, e percentuale degli attivi Centro

storico Centro

cittadino Quartieri periferici

Gorizia, in generale

Ramo di attività economica: agricoltura, foreste, caccia e pesca 2.6 2.5 6.2 4.8 industria 21.0 17.5 28.0 24.4 commercio 13.2 13.8 12.4 12.9 trasporti e comunicazioni 13.2 8.7 12.9 11.9 credito e assicurazioni 2.6 1.2 2.1 1.9 servizi e attività sociali varie (medici, insegnanti, ecc.)

10.5 26.3 14.0 16.7

pubblica amministrazione 5.3 6.3 6.2 6.1 forze armate 5.3 10.0 10.4 9.7 artigianato 21.0 12.5 5.7 9.3 turismo e spettacolo 5.3 1.2 2.1 2.3

Totali 100.0 (38)

100.0 (80)

100.0 (193)

100.0 (311)

% degli attivi 48.1 (79)

51.9 (154)

52.6 (367)

51.8 (600)

Sovrarappresentato è il ramo di attività economica dell’artigianato (con il 21% di addetti rispetto al

12.5% di addetti nel centro cittadino e al 5.7% negli altri quartieri). Una relativa consistente presenza di addetti si osserva anche per il turismo e lo spettacolo.

Questo insieme di caratteri evidenzia una struttura sociale largamente analoga a quella dei centri storici italiani: preminenza delle famiglie operaie, dei redditi bassi, delle professioni artigianali e dello spettacolo e turismo (costituenti l’ossatura dell'economia del centro storico), dei livelli culturali bassi, delle famiglie numerose ma anche di quelle composte di un’unica persona. È un quadro sociale che a Gorizia tuttavia non tocca punte negative molto basse, e cioè rappresenta appena una tendenza piuttosto che configurarsi come degradamento ed emarginazione sociale concretamente diffusi. E d’altra parte in tale quadro sono presenti anche quegli aspetti funzionalmente caratterizzanti il centro storico, la cui salvaguardia da tentazioni di alterarvi irrimediabilmente questa stessa struttura sociale ed economica per attrezzarlo ad uso residenziale e direzionale delle classi superiori deve costituire uno dei principali obiettivi nell’intervento nel centro storico stesso. Tale salvaguardia in particolare deve riferirsi alla base popolare, con quell’insieme di cultura e di stili di vita dei suoi abitanti, e in secondo luogo all’attuale sua struttura economica legata in larga parte all’artigianato. 7. Definizione architettonico-urbanistica

Con l’ultima definizione, ancora solo richiamata, viene delineata la situazione architettonico-urbanistica. Questa possiamo descriverla sulla base del rapporto spaziale tra famiglia e alloggio occupato (affollamento e superficie), il livello di dotazione di attrezzature di tale alloggio, il titolo di godimento di esso, il tipo di stabile e la sua età, l’intorno dell’alloggio, la qualità del quartiere e la sua valutazione in termini di attaccamento o di rifiuto.

Se i caratteri sociali e gli stili di vita delle categorie di persone abitanti il centro storico spesso non sono significativamente differenti da quelli delle categorie sociali degli altri quartieri, il contrario si riscontra quando si passa a confrontare i due habitat, sia nella organizzazione della casa e dello stabile che in quella del quartiere. È questo un risultato scontato, tuttavia ai nostri fini interessa definire i termini concreti della differenza.

La casa del centro storico è qualitativamente più scadente di quella degli altri quartieri, sia per la dimensione che per il numero di persone che la occupano, ma soprattutto per il livello delle attrezzature di cui essa è dotata: il 78.5% degli alloggi (contro il 50% degli alloggi dell’intero comune di Gorizia) è riscaldato con stufe, il 35.5% (contro il 12.9%) è dotato di solo gabinetto, di cui nel 16.5% dei casi è in

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comune con altre famiglie. Inoltre per il 75.9% degli alloggi del centro storico il titolo di godimento è rappresentato dall’affitto pagato a privati.

A ciò è da aggiungere che l’82.3% degli alloggi si trova inserito in un fabbricato con un massimo di 3 piani, la cui età è ovviamente notevolmente avanzata.

Il giudizio estetico sul quartiere abitato e che si può osservare dal proprio alloggio è chiaramente negativo: il 30.4% (contro il 12.5% di chi abita in altri quartieri) degli intervistati del centro storico giudica tale paesaggio brutto.

Tab. 12 – Struttura dello stabile abitato, titolo di godimento dell’alloggi, affollamento dell’alloggio vissuto

Centro storico

Centro cittadino

Quartieri periferici

Gorizia, in generale

Struttura dello stabile abitato: casa singola per una famiglia 5.1 15.6 33.8 25.3 una serie di case singole accostate 5.0 5.2 10.9 8.7 fabbricato fino a tre piani 82.3 46.7 42.5 48.8 fabbricato a più di tre piani 7.6 32.5 12.8 17.2

Totali 100.0 100.0 100.0 100.0 (79) (154) (367) (600)

Titolo di godimento dell’alloggio:

in affitto privato 75.9 51.3 29.7 41.3 di edilizia pubblica 3.8 11.7 21.5 16.7 a titolo gratuito 1.3 2.0 2.2 2.0 in proprietà 19.0 35.0 46.6 40.0

Totali 100.0 100.0 100.0 100.0 (79) (154) (367) (600)

Affollamento dell’alloggio abitativo:

fino a 0.9 persone per stanza 53.2 68.2 60.5 61.5 1 persona per stanza 19.0 22.1 19.4 20.0 da 1,1 a 1,9 persone per stanza 26.5 5.8 18.2 16.2 più di 1,9 persone per stanza 1.3 3.9 1.9 2.3

Totali 100.0 100.0 100.0 100.0 (79) (154) (367) (600)

Il centro storico è giudicato negativamente anche per altri caratteri: è rumoroso, con troppa polvere e

poca luce e aria, non è adatto per la vita dei bambini, e le sue case vengono considerate brutte. Anche nell’organizzazione dei servizi il centro storico di Gorizia si differenzia notevolmente dagli

altri quartieri, in quanto è meglio e più frequentemente collegato da servizi pubblici con località di interesse comune come la stazione ferroviaria, l’ospedale, il cimitero, gli altri quartieri e le altre parti del centro. Migliore organizzazione si riscontra anche per i negozi di beni di consumo. Ciò tuttavia si verifica in modi differenti a seconda del tipo di negozi: alcuni si trovano frequentemente sotto casa (per generi di uso corrente, maglieria, abiti, articoli casalinghi, elettrodomestici, riparazioni varie), altri negozi nel centro del quartiere (per mobili, cartoleria, libri), ed altri negozi ancora presentano sia una diffusione capillare che una concentrazione nel centro del quartiere (per scarpe, borsette e valigie, articoli sportivi, parrucchieri e sarti).

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Il centro storico di Gorizia: spazio marginale o anima della città? 37

Tab. 13 – Le attrezzature dell’alloggio

Centro storico

Centro cittadino

Quartieri periferici

Gorizia, in generale

Riscaldamento: Senza riscaldamento --- --- 1.9 1.2 Riscaldamento con stufe 78.5 33.1 49.0 48.8 Riscaldamento con termosifoni 21.5 65.6 49.1 49.7 Riscaldamento più aria condizionata --- 1.3 --- 0.3

Totali 100.0 100.0 100.0 100.0 (79) (154) (367) (600)

Servizi igienici:

Gabinetto in comune con altri 16.5 1.3 4.3 5.2 Solo gabinetto interno all’alloggio 19.0 3.3 7.4 7.9 Gabinetto più lavandino 7.6 3.9 4.4 4.6 Gabinetto più lavandino più vasca o doccia 13.9 9.7 17.7 15.2 Gabinetto più lavandino più vasca o doccia più bidet

20.2 17.5 24.0 21.8

Doppi servizi 16.5 44.2 32.7 33.5 6.3 20.1 9.5 11.8

Totali 100.0 100.0 100.0 100.0 (79) (154) (367) (600)

Tab. 14 – La qualità del quartiere

Centro storico

Centro cittadino

Quartieri periferici

Gorizia, in generale

“Nel corso della giornata c’è rumore nelle strade” (% di chi è d’accordo)

60.8

55.9

51.0

53.5

“C’è troppa polvere e poca luce e aria nel quartiere” (% di chi è d’accordo)

44.3

19.5

20.8

23.5

“Il quartiere è forse un posto per viverci per gli adulti, ma non lo è certamente per i bambini” (% di chi è d’accordo)

73.4

45.4

34.5

42.3

“Il quartiere soprattutto in certi momenti della giornata, presenta una propria atmosfera che non si ritrova negli altri” (% di chi è d’accordo)

56.6

61.7

63.7

62.3

“Molte delle case del quartier sono effettivamente belle” (% di chi è d’accordo)

73.1

29.6

35.2

38.8

Tutto questo complesso di caratteri della casa, dello stabile e del quartiere, nei suoi aspetti negativi e

in quelli positivi, in chi abita il centro storico sviluppa una disaffezione molto diffusa, e che per il 40.5% si radicalizza nell’affermazione che “Me ne andrò appena ci sarà la possibilità”. Si tratta di una percentuale molto alta, se si pensa che dello stesso parere negli altri quartieri è solo il 16.8% delle persone, e che mette a nudo la necessità impellente che il centro storico sia risanato e reso abitabile8.

8. La vita sociale di chi vive nel centro storico dall’indagine risulta che è più ridotta di quella vissuta da chi abita

nelle parti restanti della città: egli ha meno frequentemente amici ma anche famiglie di parenti nel proprio quartiere. Le relaziono sociali nel centro storico vengono più spesso svolte nei negozi, al bar e all’osteria piuttosto che per strada e a casa propria.

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Alberto Gasparini 38

Conclusioni: la capacità evocativa di significati degli specifici elementi architettonico-urbanistici del centro storico

La lettura multiforme del centro storico ha portato a una sua definizione abbastanza chiara: esso

presenta una situazione socio-urbanistica relativamente analoga a quella dei centri storici delle altre città, con una popolazione a reddito basso, operaia e femminile più diffusa rispetto alle altre parti e uno spopolamento che è stato progressivamente più accentuato e un’ancor più modesta, in questo confronto, condizione abitativa. Nelle definizioni funzionali del centro storico, e cioè nell’ “uso” che viene fatto del centro storico, sono state rilevate differenze fra gli uomini e le donne, fra i giovani e i più anziani, fra chi sviluppa un’accentuata vita associata formale e informale e chi ne resta escluso e nel senso che per i primi ha maggior senso e viene maggiormente frequentato il centro storico rispetto ai secondi. Si avvertono pure differenze nelle definizioni culturali e simboliche espresse dai gruppi sociali goriziani. Ciò in particolare si verifica nella valorizzazione degli elementi architettonico-urbanistici del centro storico, e soprattutto a seconda del livello scolare. Infatti si verifica che ad istruzione modesta si accompagna l’identificazione del centro storico con i monumenti più legati alla storia ufficiale della città, il Castello, il Duomo, piazza Vittoria, ecc.; mentre a istruzione superiore corrisponde un’attenzione, se non una valorizzazione, per i caratteri urbani minori e relativi alla vita quotidiana, come i cortiletti interni delle case, gli slarghi delle piazzette, ecc.

Infine nei significati culturali attribuiti al centro storico hanno peso maggiore quelli che lo identificano come un’immagine della città, e nel senso che esso evoca l’idea di una comunità viva, un legame con il passato, un mediatore di sicurezza e protezione, orgoglio cittadino, ecc. È un’immagine tuttavia condivisa anzitutto dalle persone più anziane e meno dalle giovani; anche se poi sono le prime piuttosto delle seconde che con maggior fatalismo vedono la soluzione del “problema” centro storico nei “risanamenti monumentali”, nelle sostituzioni architettoniche, ecc.

A questo punto è utile tradurre il discorso svolto in termini operativi, sia per il progettista che per la predisposizione di una politica di valorizzazione dei significati del centro storico per le classi giovanili. Lo scopo precipuo è di accentuare la funzione del centro storico di immagine della città, tenendo ovviamente presente che tale funzione simbolica deve essere sostenuta da una concreta utilizzazione di questo centro da parte di tutti i cittadini.

Diventa perciò utile interpretare le mappe mentali del centro storico individuate attraverso la loro capacità di stimolare più o meno forti immagini della città. Più in concreto l’analisi della percezione dei tre grappoli di significati, maturata da chi indica ognuno dei sedici elementi caratterizzanti lo stesso centro storico, permette di individuare la base architettonico-urbanistica di tali immagini, e quindi offre la possibilità agli architetti e agli amministratori locali della cultura di valorizzare quelli tra gli elementi maggiormente identificanti il centro storico col supporto simbolico di immagine della città.

Il confronto dell’attaccamento affettivo-estetico al centro storico, così come dei significati socio-urbanistici, con i singoli elementi puntuali della mappa mentale del centro storico risulta statisticamente sempre significativo, e nel senso che la percezione del centro storico si altera man mano che si passa da determinati elementi ad altri elementi9.

Questi sono stati suddivisi in tre gruppi, a seconda che costituiscano degli elementi monumentali e siano valorizzati soprattutto in un’immagine tradizionale del centro storico (Castello, borgo Castello, piazza Vittoria, Duomo, Sant’Ignazio); degli elementi urbanistici più collegati all’organizzazione degli spazi per la vita pubblica (come la sequenza di botteghe, una via centrale, i portici, la salita paesaggistica al Castello); degli elementi legati alla e vissuti nella vita quotidiana e cioè gli spazi nei quali si forma e si realizza l’intimità della pratica urbana quotidiana (le piccole chiese chiuse fra le case, gli slarghi delle piazze e delle piazzette, i cortiletti delle case, i tetti, ma anche la gente).

9. Il legame invece dei gruppi di elementi architettonico-urbanistici con i significati socio-urbanistici e di

residenza ideale in un centro storico restaurato non è statisticamente significativo: ciò significa che al passare da elementi monumentali ad altri più riferiti allo svolgimento della vita quotidiana non corrisponde un variare della sensibilità per tali significati attribuiti al centro storico.

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Il centro storico di Gorizia: spazio marginale o anima della città? 39

Tab. 15 – La percezione dei significati estetico-affettivi secondo la valutazione dei singoli elementi architettonico-urbanistici

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“Il Centro storico dà un senso di sicurezza, fa sentire d’appartenere a una comunità viva, rappresenta un legame con il passato, dà orgoglio, ecc.”:

Molto contrario 13.2 12.1 11.0 12.5 Abbastanza contrario 12.9 12.0 10.6 12.2 Abbastanza d’accordo 28.1 27.8 22.6 27.1 Molto d’accordo 45.8 48.1 55.8 48.2

Totali 100.0 100.0 100.0 100.0 (3895) (3674) (1320) (8889)

Dai dati emerge un fatto estremamente importante ai nostri fini: e cioè che l’interpretazione del centro

storico nei termini di immagine della città si approfondisce e si inspessisce in intensità progressivamente più forti man mano che si passa dalle sue identificazioni con gli elementi monumentali a quelle urbanistiche degli spazi per la vita pubblica (portici, vie, sequenze di botteghe), e più ancora a quelle degli spazi della vita quotidiana minore (slarghi, piazzette, cortiletti interni, la gente, ecc.).

La constatazione comporta almeno un paio di conseguenze, o meglio verifiche delle ipotesi già avanzate all’inizio del discorso qui sviluppato.

La prima implicazione riguarda il progettista, anzitutto quello preposto alla progettazione di piani di intervento risanatorio dello stesso centro storico, e l’urbanista e il pianificatore, nella loro attività volta ad assicurare un’organizzazione degli spazi urbani che favorisca l’integrazione sociale, la nascita del senso di appartenenza e l’emergere e il consolidarsi della partecipazione urbana. In altri termini il progettista deve essere attento a salvaguardare queste organizzazioni spaziali che fanno da supporto alla vita quotidiana minore e popolare. D’altra parte, la valorizzazione urbanistica della conoscenza delle piccole chiese chiuse fra le case, degli slarghi fra piazze e piazzette, dei cortiletti interni alle case, e della gente, implica una lettura nuova del centro storico, secondo una chiave popolare e di cultura popolare. E cioè essa rappresenta un legame molto diverso da quella enfatizzante gli aspetti monumentali, “storici” nel vero senso della parola, e quindi gli aspetti relativi ai simboli di un potere di ben specifiche classi dominanti esercitato sulle altre classi popolari.

Oltre alla rivalutazione progettuale di questa cultura popolare, fissata nelle forme spaziali architettonico-urbanistiche, si determina poi una seconda conseguenza, soprattutto per quelle categorie sociali che manifestano minore attaccamento affettivo-estetico al centro storico. Tra queste categorie la più consistente e vistosa è rappresentata dai giovani, che, se per un verso “usano” per funzioni molteplici il centro storico (passeggiare, visitare amici, andare al cinema e al bar, ecc.), per un altro verso manifestano verso di esso un minore attaccamento e identificazione. È abbastanza realistico attendersi che una più approfondita conoscenza della cultura popolare che sta alla base degli aspetti minori del centro storico, a scapito semmai di quella “aulica” e storica tradizionale, rappresenti un’occasione perché questo medesimo centro storico si configuri come immagine della città, e in definitiva come momento centrale ed essenziale della vita urbana piuttosto che marginale ed emarginato. Tale ipotesi è tanto più realizzabile, se si tiene conto che già questi giovani tendono a rifiutare una lettura del centro storico solo in termini di scontro di classe, di problema creato artificialmente da “addetti ai lavori”, e di conseguenza rifiutano

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Alberto Gasparini 40

l’idea di abbattere le strutture fisiche, come invece è manifestato da chi esprime attaccamento affettivo-estetico (e cioè più dagli anziani). Ciò indica che nei giovani è in qualche modo presente pure tale dimensione popolare e culturale di valorizzazione degli aspetti minori del centro storico.

In concreto e in conclusione dunque, dall’individuazione del maggior attaccamento affettivo-estetico nella valorizzazione delle forme architettonico-urbanistiche minori e per una vita quotidiana popolare deriva un’indicazione ai progettisti del risanamento del centro storico a conservare tali forme ed anzi ad enfatizzarne l’importanza, e in secondo luogo deriva un’indicazione agli operatori di cultura locali di procedere in questa stessa direzione al fine di approfondire conoscenze e sensibilità conseguenti.

Queste sono indicazioni di ordine culturale e progettuale volte a rafforzare un’identificazione fra centro storico e fonte dell’immagine della città, ma è ovvio che queste direttrici di intervento devono inserirsi in altre, altrettanto o più incisive, volte a vitalizzare economicamente e socialmente il centro storico, a favorirne il permanere della propria identità economica e sociale, a frenare l’esodo verso l’esterno se non a incoraggiare un ritorno ragionato di gente che già vi risiedeva, ad adattare la residenza a condizioni alloggiative salubri, comode e ben articolate. [da A. Gasparini, “Il centro storico: spazio marginale o anima della città”, Studi Goriziani, vol. XLVII, 1978, pp. 19-55].

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LA SOCIETÀ DEI LIBERI Maura Del Zotto

Antonella Pocecco Abstract: L’articolo deriva da una ricerca svolta, per l’università della Terza Età di Gorizia, per conoscere le opere e gli atteggiamenti creativi delle persone della terza età. Keywords: Gorizia, creatività, terza età

• − • − • Introduzione

In un’epoca di profondi mutamenti, la prospettiva di vivere sempre più a lungo grazie alle nuove scoperte della medicina porterà, nei paesi industrializzati, ad una composizione della società sempre più caratterizzata dalla presenza di persone anziane. La parola “anziano”, che negli anni addietro portava con sé una connotazione negativa, anche se l’etimologia della parola indica semplicemente “essere nati prima”, non è più necessariamente sinonimo di vecchiaia. Capita sempre più spesso di incontrare, nel corso di viaggi, escursioni, negli alberghi, nelle città d’arte e sugli aerei e sui pullman che sfrecciano sull’autostrada, una gran quantità di persone non più giovani ma dall’aspetto giovanile, vitale e in buona salute. Sono gli anziani di oggi, protagonisti del nostro tempo, curiosi, autosufficienti, per niente soli e a disagio. Certo, le eccezioni non mancano. Non si possono tacere situazioni difficili di malattia, sacche di povertà, persone che vivono nella solitudine e nel degrado.

Ma cosa sta accadendo in questi ultimi anni? Se il pensionamento, il ritiro dal lavoro attivo, era considerato lo spartiacque fra utilità ed inutilità della persona, il momento della quiescenza è ora invece visto da gran parte degli “over ‘60” come l’inizio di una nuova vita, la possibilità di cogliere le numerose opportunità che la società ci concede. Ed ecco allora questo esercito di “fantasiosi del futuro” rimboccarsi le maniche, intraprendere iniziative, formulare progetti, entusiasti di poter disporre del tanto agognato tempo libero che, nel periodo della vita attiva, è stato spesso negato.

Paradossalmente, aumentano gli impegni: non più lavorativi, ma “alternativi”, “opzionali”. Gli anziani più attivi si trasformano in volontari, infermieri, baby sitter, vigili urbani, insegnanti, bricoleurs, artisti, e… studenti. Sì, proprio studenti, perché una delle iniziative più geniali mai concepite è stata proprio quella dell’istituzione delle Università della Terze Età.

A proposito della costituzione di questa importante iniziativa, così si legge sul sito dell’associazione: (1) “La prima università della Terza Età italiana o Unitre fu costituita a Torino nel 1975. L’obiettivo fondamentale (…) è accogliere e motivare le persone di qualunque età, emarginate o espulse dal ciclo produttivo. L’Unitre le rende attive e motivate, affinché, partecipando a uno o più progetti sappiano trasformarsi da forza lavoro in forza cultura, per avere modo di liberare la propria creatività, riappropriandosi di ruoli significativi e di un tempo libero ritrovato che non ha età (…). Dopo il successo della sede di Torino, altre città piemontesi prima e, altre regioni poi, chiesero di aderire alla Associazione Nazionale, appositamente costituita con sede legale a Torino (…)”.

1. Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Unitre_-_Universit%C3%A0_della_Terza_Et%C3%A0.

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Maura Del Zotto, Antonella Pocecco 42

Nel 1982 nasce a Torino La Federazione delle Università della Terza Età (Federuni), la quale (2) “prende consistenza strutturale nel congresso di Vicenza (1985), proponendosi di offrire alle sedi un supporto culturale e scientifico, attraverso convegni, conferenze organizzative, altre iniziative ma soprattutto mediante pubblicazioni sulle problematiche della terza età e sulle metodologie delle varie discipline”.

L’Università della Terza Età, nel corso degli anni è cresciuta e, grazie al lavoro di numerosi volontari

sparsi su tutto il territorio nazionale, oggi può contare sulla presenza di oltre 250 sedi e di oltre 4.000 docenti (3). Se all’inizio lo sforzo era dedicato all’acculturazione di soggetti prevalentemente forniti di licenza elementare e media, ma provvisti di grande esperienza di vita lavorativa, al giorno d’oggi il target si sta man mano evolvendo, includendo elementi sempre più scolarizzati. Anche le attività svolte si sono evolute, i corsi e le iniziative si sono moltiplicati, i soci sono aumentati. Ovviamente, queste iniziative non riguardano “tutti” gli anziani presenti sul territorio nazionale. Sappiamo bene che i frequentanti le Università della Terza Età sono una rappresentanza di individui, per così dire, “autoselezionata”, una nicchia, anche se considerevole, di persone che hanno deciso di mettersi in gioco, mossi da spirito di iniziativa, volontà di acculturarsi e di condividere questa entusiasmante esperienza con altri. 1. La ricerca

Questa ricerca è una riproposizione di uno studio effettuato nel 2001 che aveva come oggetto di analisi gli anziani frequentanti le Università della terza età della Regione Friuli-Venezia Giulia. Essa deriva dall’interessamento della dirigenza dell’Università della Terza Età di Gorizia che ha sollecitato un aggiornamento della ricerca precedente, per la parte riguardante la città di Gorizia, in vista di una conferenza da attuarsi nell’ambito dell’attività didattica di tale Università.

Come la volta precedente, è stato somministrato un questionario molto agile e a caratteri ben leggibili. Le domande sono prevalentemente presentate in forma chiusa, o “precodificate”, mentre quelle proposte in forma “aperta”, si limitano alla specifica dei corsi frequentati e alle loro motivazioni, ad una domanda sul volontariato, ad un paio di domande di opinione: queste domande hanno ricevuto percentuali di risposta considerevolmente elevate. Come nel 2001 la somministrazione del questionario non ha riguardato l’intera popolazione afferente alla Ute goriziana, ma solo una parte di essa, stabilendo in 60 anni compiuti o da compiere nel corso del 2007 il limite minimo di età posto per la rilevazione.

Supponendo a priori che chi decide di frequentare corsi all’Università della Terza età è maggiormente motivato, ma anche più “acculturato” o, per lo meno, più spinto dalla voglia di approfondire o affinare le proprie conoscenze rispetto alla generalità degli anziani, è logico che i risultati ottenuti non sono da estendersi all’intero “universo degli anziani”. Questa ricerca si prefigge infatti di studiare gli “anziani attivi”, ossia coloro che, pur essendo entrati in una fase critica della propria vita, continuano a mantenersi “in allenamento” con la memoria, con il fisico e con l’intelletto. 1.1 Caratteristiche degli intervistati

La maggioranza dei soggetti intervistati è di sesso femminile (69,4% contro il 29,6% maschi). La notevole presenza di donne in questi contesti deriva sostanzialmente da due cause, la prima strutturale, e cioè la maggiore presenza femminile nelle classi di età più anziane dovuta ad una maggiore speranza di vita4; il secondo è che la presenza femminile all’interno delle Ute è comunque, dappertutto, più cospicua di quella maschile.

2. Fonte: www.federuni.it. (I corsivi sono miei). 3. Ibidem. 4. Secondo i dati forniti dall’Istat, vi è un costante incremento della vita media degli individui a livello nazionale

che ha portato nel 2001 ad una speranza di vita alla nascita di 76,7 anni per i maschi e a 82,9 anni per le femmine. Le proiezioni al 2050 rivelano un trend in crescita, in quanto si prevede per i maschi una speranza di vita di 77,4 e per le donne di 83,6 anni. Sempre da fonti Istat, si evince che nel Friuli-Venezia Giulia, nel 2005, gli individui di età superiore ai 65 anni erano il 22,2% della popolazione totale.

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La società dei liberi 43

La lettura dei dati disaggregati ha suggerito la determinazione di quattro classi di età: la prima che ingloba i rispondenti fino ai 65 anni inclusi e che costituisce il 35,7% del campione; una seconda che raccoglie coloro che hanno dai 66 ai 75 anni e che risulta la classe più numerosa (43,9%), una terza classe che raggruppa gli intervistati più anziani (alcuni dei quali ormai nella “quarta età”) e che costituiscono il 17,3%. Una quarta classe residuale include coloro che hanno omesso di indicare l’età (Fig. 2).

Riguardo allo stato civile, la grande maggioranza degli intervistati è coniugato (59,2%), seguono i vedovi e le vedove (23,5%). I celibi e le nubili sono il 12,2%, mentre la quota di separati e/o divorziati è di poco superiore al 5%. Dei 23 intervistati che hanno dichiarato lo stato di vedovanza, le femmine prevalgono nettamente sui maschi: quasi il 30% rispetto ad appena il 10,5%. Ciò conferma ulteriormente situazioni e modalità di vita differenti fra uomini e donne.

Alla domanda in cui si chiedeva di indicare con chi l’intervistato vivesse. La maggior parte (quasi il 41%) abita con il coniuge o un compagno/a, il 35,7% vive da solo, mentre il 17,3% condivide l’abitazione con il coniuge ed i figli. Assai meno frequenti sono altre situazioni di convivenza: il 4,1% ha dichiarato di vivere con i figli, il 2% con altri parenti.

Nel confronto con la ricerca precedente, vi è un leggero decremento percentuale di coloro che vivono con il coniuge-compagno, una stabilità dei “singles” ed un aumento (dal 20,4 al 24,5%) di coloro che vivono con altri (figli inclusi); evidentemente il problema del mancato affrancamento dei figli dai genitori, per gli evidenti problemi congiunturali di cui tutti sappiamo, si fa sentire anche a Gorizia.

Interessanti informazioni provengono dal titolo di studio. L’ ipotesi di partenza era basata sulla presenza di un numero piuttosto elevato di individui mediamente più scolarizzati rispetto al target nazionale, considerando che i partecipanti ai corsi si iscrivono di propria iniziativa; una seconda ipotesi riguardante il confronto con la ricerca del 2001, prospettava un incremento di partecipanti mediamente o altamente scolarizzati. Così è stato: il 54,1% dei partecipanti del 2007 ha un diploma di scuola superiore, e ben il 21,4% è laureato. Sommando dunque le due categorie, risulta quindi che oltre tre quarti dei partecipanti ai corsi della Ute goriziana è in possesso di un titolo di studio medio-alto. Solo poco più di un quinto ha la licenza media e solo un residuale 2% quella elementare. Le differenze per genere, fra i laureati, le sono minime (55,2% di maschi e 54,4% di femmine). Si accentuano invece guardando al titolo di licenza media inferiore, dove le donne prevalgono abbastanza nettamente sui maschi (23,5% vs. 12,7%); infine solo 2 femmine hanno dichiarato di possedere la licenza elementare.

La seconda ipotesi viene confermata in quanto fra le due rilevazioni vi è un incremento dei laureati, che passano dal 18,6 al 21.4%. Questo dato appare interessante, soprattutto nel confronto con la ricerca effettuata nel 2001, in cui nelle Ute dell’intera regione le percentuali dei laureati era molto più basso (’8%); anche allora però gli intervistati goriziani si distinguevano in quanto più scolarizzati della norma, e comunque in numero percentuale inferiore a quelli del 2007. Non è più quindi il riscatto da una mancata occasione di istruzione scolastica giovanile a far sì che a Gorizia ci si iscriva alla Ute; al contrario, come vedremo di seguito, ben altro è lo spirito anima i frequentanti.

Riguardo alla condizione professionale attuale, come era inevitabile aspettarsi, la stragrande maggioranza risulta in quiescenza dal lavoro (quasi il 93%); le rimanenti si dichiarano casalinghe (6,1%), ma di fatto non lo sono, visto che nella domanda successiva, riguardante la condizione professionale passata, nemmeno una delle rispondenti si è dichiarata tale. Solo una persona ha asserito di essere ancora attiva al lavoro, come libero professionista. I dati, rispetto alla ricerca del 2001 non presentano in pratica differenze significative.

Più interessante appare invece la condizione professionale passata. Risulta così chiaro e lampante che fra le ex professioni, prevalgono quelle che si possono associare a status socio-economici medi ed elevati.

Tra le fila degli iscritti alla Ute goriziana, vi è una prevalenza di ex impiegati (42,9%) e di ex insegnanti (22,4%). Se si escludono gli operai, che sono poco più di un decimo dei rispondenti, ed una percentuale di poco inferiore che ha indicato altre occupazioni, le altre professioni raccolgono percentuali residuali: il 6,1% erano liberi professionisti, il 4,1% commercianti. Solo cinque persone non hanno risposto a questa domanda.

Guardando alle differenze con la passata rilevazione, il dato più eclatante riguarda maggiore presenza, nell’ultima rilevazione, di operai (10,2% vs. 1,7% del 2001); calano percentualmente, rispetto al 2001, sia

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Maura Del Zotto, Antonella Pocecco 44

gli impiegati sia gli insegnanti (pur rimanendo comunque lo “zoccolo duro” degli iscritti”) ed aumentano coloro che hanno dichiarato “altre professioni” (dall’1,7% al 9.2%)5.

Infine, è stata proposta una domanda per valutare la distanza dall’abitazione dei figli che non vivono in famiglia, in modo da stabilire se vi siano risorse sulle quali l’anziano può fare affidamento. Risulta Infatti da numerosi studi che in Italia la gran maggioranza degli anziani può avvalersi della vicinanza dei propri figli, che, una volta lasciato il nucleo di origine, preferenzialmente optano per abitazioni il più possibile vicine a quella dei loro genitori, in modo da poterli assistere in caso di bisogno.

Nel nostro caso, gli anziani con tali requisiti sono una sessantina, pari al 62% del totale. Di questi, coloro che abitano nello stesso edificio dei figli, ma in un’unità abitativa autonoma sono il 6,1%, mentre il 13,3% ha dichiarato la presenza di figli residente all’interno del proprio quartiere e comunque quasi il 30% risulta avere figli risiedenti all’interno del medesimo comune. Appare così non indifferente la percentuale di iscritti che potenzialmente possono avvalendosi di reti di sostegno strettamente familiari, tanto più se si considera che anche chi ha indicato figli residenti in altri comuni spesso indicava comuni limitrofi. 2. Motivazioni, frequenza, partecipazione e offerta didattica

Esplorando le ragioni e le motivazioni sottostanti l’iscrizione ai corsi dell’Università della Terza età, a partire da questi dati è stato realizzato un vero e proprio identikit degli intervistati, completandolo successivamente con le informazioni raccolte nelle altre parti del questionario. Ciò ha consentito di definire l’assiduità della frequenza, i motivi che spingono gli intervistati a partecipare alla vita dell’istituzione, la scelta dei corsi e le motivazioni di tali scelte. Infine l’attenzione è stata posta sull’importante aspetto della socializzazione degli iscritti, poiché estrinseca la capacità delle Ute di definirsi come poli di attrazione ed interazione sociale, come riferimento di reti spontanee ed informali che si costituiscono parallelamente alla mera attività didattica.

I frequentanti dell’Ute sono prevalentemente degli habitués, visto che oltre il 70% ha dichiarato di essere ormai inscritto da tre o più “anni accademici”. Le “matricole” sono il 12,2% e coloro che frequentano i corsi da due anni sono l’11,2%. L’iniziativa quindi sembra essere convincente ed attraente, visto che solitamente chi si iscrive per una prima volta è talmente soddisfatto da riscrivesi, di norma, negli anni successivi. Le percentuali degli ri-iscritti del comparto Goriziano riscontrate nella ricerca precedente risultavano addirittura superiori al 90%.

Fra i neo iscritti e quelli che frequentano il secondo anno sono più numerosi percentualmente quelli ricadenti nelle due fasce di età più “giovani” mentre fra le fila dei “veterani” figurano soprattutto ultra settantacinquenni. Tendono a frequentare per diversi anni i più “scolarizzati”, ossia quanti sono in possesso di un diploma di laurea (oltre l’85%) o un titolo di studio di scuola media superiore (71,7%%).

Chi si iscrive all’Ute tende generalmente a seguire più materie di insegnamento: quasi due terzi segue infatti due corsi o più (nel dettaglio: due corsi il 30,5%, tre corsi un quinto, quattro corsi il 13,4%).

Il motivo principale che ha dettato l’iscrizione ai corsi dell’Ute è da ricercarsi al primo posto nell’interesse e nella curiosità per le materie di insegnamento, che supera i tre quarti delle indicazioni e, al secondo posto, vi è la motivazione di voler accrescere la propria cultura, indicato nel 73,5% dei casi (Fig. 1).

La motivazione per l’interesse per le specifiche materie d’insegnamento è più frequente fra le femmine, l’opportunità di un accrescimento culturale è più indicata invece tra i maschi. Al terzo posto, ma con grande distacco, si colloca la scelta effettuata su consiglio di amici e di parenti (che supera un quinto delle risposte affermative), quindi, la scelta dettata dalla curiosità (21,4%), seguita dal desiderio di fare nuove amicizie o conoscenze (14,3%) e solo al sesto posto si collocano coloro che vedono nell’Ute la possibilità di un acculturazione che si sta verificando solo in tarda età (13,3%). Altri motivi, tra cui, tra le risposte date figurano la volontà di “tenere sveglio il cervello” e “la memoria” la voglia di “sapere” e di “studiare” raccolgono il 7,1%, mentre come “fanalino di coda” (4%), si collocano quelli che abbiamo definito “gli annoiati”, ossia coloro che frequentano l’Ute unicamente per far passare un po’ il tempo.

5. Non è stato possibile sapere a quali professioni ci si riferisse in quanto i rispondenti non hanno dato alcuna

indicazione nella domanda lasciata appositamente “aperta”.

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La società dei liberi 45

Fig. 1 – Motivi partecipazione all’UTE  

0,0 20,0 40,0 60,0 80,0 100,0

altri motivi

passare il tempo

in gioventù non ha potuto studiare

fare nuove amicizie

scelta dettata da curiosità

consigliato da amici e parenti

accrescere cultura personale

interesse e curiosità per le materie

2007

2001

Che qualcosa stia cambiando nei rapporti fra le persone si nota analizzando un’altra risposta, alla luce del confronto con la rilevazione precedente. A distanza di sei anni non sono più prevalentemente i singles (solo l’8,6%) a ricercare la possibilità di fare nuove amicizie frequentando l’Ute (ricordiamo che quasi il 40% di questi avevano espresso questa motivazione all’iscrizione), bensì coloro che vivono in coppia (20%) o assieme ad altri (13%). È la riscoperta, forse, del piacere di stare in compagnia, di condividere con altri momenti di interesse ma anche di divertimento come viaggi, escursioni, gite fuori porta ecc. (Fig. 2). L’inversione di tendenza si nota anche nel genere. Non sono più, come è emerso nella precedente rilevazione, in particolare le femmine a colmare i propri “vuoti affettivi” ricercando nuove amicizie tra i colleghi e le colleghe dei corsi, bensì i maschi.

Come si è visto, quindi, sottostanno alla frequentazione dei corsi proposti dall’Ute goriziana motivazioni soprattutto culturali: l’interesse e soprattutto la curiosità per le materie d’insegnamento costituiscono l’occasione per arricchire il proprio bagaglio culturale. Ma è anche l’occasione per un ritorno alla normalità, ad una vita serena arricchita di attività gratificanti e positive, per qualcuno un’opportunità di riuscire a fare finalmente quello che durante la vita attiva non è riuscito a fare, a causa dell’impegno nell’allevamento dei figli, dei lavori di casa, di professioni particolarmente impegnative, o di condizioni economiche restrittive.

L’offerta didattica è ampia e ben articolata e le materie di studio abbracciano numerosi campi del sapere. I corsi più frequentati sono quelli che riguardano l’insegnamento delle “lingue, antiche, moderne e locali” (complessivamente 81,6% degli intervistati), e fanno riferimento a coloro che seguono corsi di lingua inglese, tedesca, russa, slovena, spagnola, francese e friulana, ed anche un gruppo di 11 persone che nel questionario hanno indicato “corsi di lingue” senza però specificarne i contenuti. Nel dettaglio, il corso di lingua inglese è i più seguito, e al secondo posto si colloca quello di tedesco. Corsi relativi altre lingue raccolgono adesioni più contenute, ma è interessante notare che, tra le indicazioni, vi è la partecipazione a quelli di sloveno e di russo, che nella ricerca precedente non erano stati menzionati o forse addirittura nemmeno previsti allora, segno evidente del grande cambiamento avvenuto recentemente nei rapporti fra gli uomini, grazie all’apertura delle frontiere e all’effetto “globalizzazione” (Fig. 2).

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Maura Del Zotto, Antonella Pocecco 46

Fig. 2 – Corsi frequentati (possibili più risposte)  

0,0 20,0 40,0 60,0 80,0 100,0

hobbies e bricolage

informatica

scienze naturali e botanica

medicina

filosofia e scienze sociali

letterat. italiana, latina e straniera

storia, storia locale, geografia

arti varie

lingue

Le motivazioni sottostanti la scelta dei corsi di lingue sono soprattutto il desiderio di approfondimento, il miglioramento e dell’accrescimento della propria cultura, seguito dall’interesse, il piacere e la passione per le lingue in genere, ma anche dal fatto di non sentirsi degli sprovveduti quando si viaggia, o per comunicare con amici stranieri.

Un altro “zoccolo duro” è costituito dai frequentati di corsi i che abbiamo denominato come “arti varie”, che raccoglie il 37,8% delle adesioni di iscritti a corsi di pittura, restauro, ceramica,storia dell’arte e cinema un altro ancora, denominato “storia, storia locale e geografia”, frequentato dalla medesima percentuale di iscritti. Le motivazioni a seguire questi corsi sono l’approfondimento delle conoscenze, ma per i corsi di pittura e restauro anche la riscoperta manualità.

Sono piuttosto “gettonati” e ritroviamo al terzo posto, ex-equo nella percentuale dei frequentati (37,8%) coloro che si dedicano a corsi di storia e geografia. Alla base delle motivazioni che inducono a frequentarli (corsi anche di storia locale), troviamo soprattutto l’interesse culturale per la materia, la volontà di accrescere della propria conoscenza, la curiosità per alcuni specifici argomenti, o, semplicemente, come sostiene un intervistato, un desiderio di aggiornamento, per “conoscere come va il mondo”. Per quanto concerne invece i corsi di geografia, al di là dell’interesse culturale e personale e della conoscenza di “altri mondi”, ci ha colpite la risposta di uno dei partecipanti, che ha dichiarato di parteciparvi “per il modo affascinante e inconsueto di essere presenti”, ossia “testimoni”, ma anche “attori” delle vicende della nostra terra.

Seguono i corsi etichettati come di “letteratura italiana, latina e straniera, frequentati dal 27,6% dei rispondenti. Se la letteratura italiana coinvolge il 15,3% dei partecipanti, che vi aderiscono per interesse, per approfondimento della materia, ma anche perché l’insegnante è bravissimo e affascina con le sue lezioni, tanto da essere definito “stupendo”, non da meno sono seguiti i corsi che sono stati indicati come “Dante” (13,3%), che – immaginiamo – consistano nella lettura e nel commento di alcuni passi dell’opera del sommo poeta fiorentino. La letteratura latina, nell’ambito di questa tipologia di insegnamenti raccoglie il 4,1% delle adesioni.

Sotto l’etichetta “Filosofia e scienze sociali” sono stati raggruppati una serie di corsi che trattano materie umanistiche quali appunto filosofia, religione, psicologia, psicoanalisi e diritto. Le percentuali di iscritti, rispetto alle materie precedentemente descritte, sono un po’ più contenute (15,7%), ma si rivelano comunque significative per l’impegno e la difficoltà che lo studio di tali materie comporta. Le

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motivazioni che sottendono la partecipazione a tali corsi sono l’interesse specifico per la materia e la possibilità di un accrescimento culturale della persona.

I corsi di medicina e biologia raccolgono il 14,3% delle adesioni e vengono scelti soprattutto per l’interesse che suscitano, ma anche “per saperne di più”, in modo da poter prestare più attenzione al proprio corpo ed alla propria salute, ma anche per avere una conoscenza più accurata dell’igiene personale.

Anche i corsi di scienze naturali e di botanica (12,2% degli iscritti), sono scelti per il loro interesse e con lo scopo di accrescere le proprie conoscenze, ma c’é anche chi li frequenta “per curiosità”.

L’informatica è entrata pian piano nell’ordine di idee all’interno del “pianeta anziani”, crediamo più che per piacere per necessità, ed infatti il corso è frequentato dall’11,2% dei rispondenti. E’ scelto soprattutto per adeguarsi ai tempi, per poter utilizzare al meglio il computer, e soprattutto per poter comunicare, attraverso una casella di posta, con amici e parenti lontani. Inoltre, il corso è seguito anche per imparare specifiche abilità, come ad esempio “eseguire il montaggio dei filmati”, come ha dichiarato da un intervistato.

Un punto di forza delle Ute erano, nel 2001 i corsi di bricolage e lavori manuali, che permettevano agli iscritti di esprimere le loro potenzialità manuali attraverso il lavoro a maglia ed il cucito, il ricamo, le composizioni floreali, la falegnameria, ecc. ecc. Si trattava di anziani curiosi ed interessati e talvolta felici di poter finalmente dare sfogo a quella creatività che nel passato è stata repressa. A distanza di un po’ di anni questi corsi hanno perso un po’ di interesse, visto che solo il 2% degli intervistati ha dichiarato di frequentarli. Tra questi, si distingue il corso di “merletti”, che viene seguito per hobby, interesse personale, passione e per apprenderne la tecnica.

Si può quindi affermare che i partecipanti alla Ute goriziana nel tempo hanno modificato i propri interessi affinandoli, indirizzando le proprie competenze verso materie più difficili e colte”, piuttosto che verso quelle che richiedono manualità. Emerge in definitiva una grande volontà di approfondire e migliorare la propria cultura, utile per viaggiare, confrontarsi, vivere. L’interesse per queste attività è in aumento. Altri motivi possono essere prevalentemente ricondotti alla curiosità per certe materie e alla necessità di stare al passo con i tempi (ad esempio imparando ad usare il computer, a gestire una propria casella di posta elettronica, navigare su internet). Alcuni corsi sono comunque scelti perché utili al mantenimento dell’integrità fisica e mentale, altri ancora, come ad esempio quelli che implicano attività manuali e pratiche, per puro divertimento. Non si tratta quindi nella gran parte dei casi di anziani che vedono nell’iscrizione all’Ute il riscatto di una vita di rinunce, ma l’opportunità di un approfondimento di tematiche ed argomentazioni interessanti talvolta già conosciute e studiate, che senza dubbio impegnano, ma che nel contempo sono fonte di piacere, sapienza e di divertimento. 3. Vita di relazione

Frequentare l’ambiente dell’Università della Terza Età significa anche avere la possibilità di fare nuovi incontri, di instaurare nuove amicizie e condividere momenti conviviali con persone fino a prima sconosciute. Alla domanda sulle eventuali nuove amicizie fatte frequentando l’Ute, il 56,5% ha risposto positivamente. Si tratta di una non elevatissima, ma discreta percentuale, che ci dà la conferma che l’Ute goriziana continua a dimostrarsi punto di riferimento, incontro ed aggregazione molto importante, anche se, in rapporto all’indagine precedente, le percentuali sono di fatto inferiori, in quanto allora quasi l’80% degli iscritti aveva risposto positivamente.

A questi è stato chiesto se la frequentazione di questi nuovi amici avvenga anche al di fuori della sede universitaria, in ambiti più informali e spontanei: in oltre metà dei casi (56,5%) la risposta è stata affermativa. In particolare, si rileva che ciò avviene specialmente tra le partecipanti femmine e tra i più “anziani”, ed acquista maggiore rilevanza fra coloro che vivono soli . Quindi, oltre che ad una seconda giovinezza “culturale”, gli iscritti trovano nella frequentazione dell’Ute goriziana validi sostegni e compagnie, talvolta nuovi scopi nella vita, spesso anche un nuovo compagno o compagna con cui condividere le proprie emozioni.

Nell’ambito delle attività svolte al di fuori della propria abitazione, un’ulteriore domanda era volta a verificare se l’intervistato fosse “isolato” oppure vi fosse una qualche altra forma di socializzazione, non necessariamente con i colleghi dell’Università. Considerando solo le attività esterne più comuni, ossia

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l’andare al cinema, a teatro, al ristorante e viaggiare, la maggioranza, ovvero oltre il 90% degli intervistati può godere dalla compagnia di qualcuno, quindi se ne deduce che i casi di solitudine o di disagio sono veramente pochi. Hanno l’abitudine di uscire da soli più frequentemente i maschi e gli iscritti che hanno dai 66 ai 75 anni. Nel confronto con la rilevazione precedente coloro che escono “in compagnia” sono aumentati di circa il 10%.

A coloro che hanno risposto di uscire “in compagnia” (nel complesso 89 iscritti su 98) è stato chiesto con chi andassero al cinema, al teatro, al ristorante ecc. Dai dati risulta gli iscritti abitualmente si vedono in prevalenza con amici (83,1%) e parenti (69,7%); abbastanza di meno con ex colleghi di lavoro (23,6%), colleghi dell’Università (22,5%) o altri (4,5%). 4. L’uso del tempo 4.1 Il tempo dedicato ai propri familiari

Entrando nella fascia della Terza età, grazie all’aumento del tempo libero a disposizione, alcune abitudini di vita possano in qualche modo cambiare, in particolare nelle relazioni con gli altri parenti più o meno stretti? Il 35,7% degli intervistati ha dichiarato di dedicare attualmente al proprio coniuge o compagno, più tempo di quanto non lo dedicasse dieci anni fa; il 21,4% invece ha dichiarato che il tempo dedicato è lo stesso (Fig. 3). Fig. 3 – Tempo dedicato a persone e attività rispetto a 10 anni fa

-

0,0 20,0 40,0 60,0 80,0 100,0

parenti

figli

nipoti

amici/conoscenti

coniuge/compagno-a

attività politiche

volontariato

attività sportive

hobbies

viaggi

attività culturali

di più lo stesso di meno

Un 40% circa non ha coniuge o compagni). Il tempo dedicato ai figli (ovviamente la domanda è stata

fatta a chi ha dichiarato di averne), per i nostri intervistati, è superiore a dieci anni fa in poco più di un quinto circa dei casi, ma oltre un quarto dichiara che invece che il tempo dedicato è inferiore; un 15% ha dichiarato che tale tempo è uguale a quello dedicato dieci anni fa. L’impegno verso i nipoti appare più consistente di 10 anni fa nel 32,7% dei casi, lo stesso nel 15,3%, minore nell’11,2%.

Quasi il 40% afferma di non avere nipoti. Il tempo dedicato ai parenti è invariato rispetto a 10 anni fa nel 35,7% degli intervistati, minore per il 22,4%, superiore nell’11,2%. L’impegno per le relazioni sociali negli uomini coincide con la trasformazione del lavoro in tempo libero; nelle donne invece, abituate

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comunque a prendersi cura della casa e della famiglia, il tempo libero, grazie al pensionamento, assume un significato diverso e poco incide sull’organizzazione del lavoro familiare.

Anche le frequenze che registrano il maggior impegno verso i figli, rispetto a dieci anni addietro, risulta maggiore per gli uomini (31%) piuttosto che per le donne (17,6%): l’uomo che va in pensione ha più tempo da dedicare ai figli per effettuare piccoli lavoretti, spese, ecc., e ugualmente ciò accade anche per l’impegno nei confronti dei nipoti (34,5% vs. 32,4% delle femmine). 4.2 Attività ricreative, culturali e di volontariato

È stato interessante anche verificare se gli intervistati dedicassero più, uguale o meno tempo di 10 anni fa ad una serie di attività che generalmente ricadono sotto la voce “attività del tempo libero”. Emergere nettamente che il tempo libero è speso, più di dieci anni fa, specialmente in attività culturali (65,3%), nei viaggi (58,2%), negli hobbies (42,9,5%), in attività sportive (26,5%), in attività di volontariato (14,3%). Dedicano più tempo alle attività culturali soprattutto le femmine (70,6%); alle attività sportive molto di più i maschi (40%) che le femmine (20,9%); il tempo dedicato agli hobbies risulta, rispetto a dieci anni fa, maggiore fra gli intervistati ricadenti nella fascia di età 66-75 anni e tra coloro che vivono o con persone che non sono né il coniuge o il compagno-a o i figli; più tempo dedicato ai viaggi lo si riscontra tra coloro che sono maggiormente scolarizzati (61,9%), tra chi vive in coppia (65%) e tra le femmine.

Riguardo alle attività di volontariato, per le quali il 14,3% degli intervistati asserisce di dedicarvi più tempo che dieci anni fa, l’11,2% lo stesso tempo, il 9,2% meno tempo di 10 anni fa. Sull’attività e le motivazioni a svolgere attività di volontariato è stata posta agli intervistati una domanda specifica, che commenteremo più in dettaglio qui di seguito. Come si vedrà, la percentuale di intervistati che sostengono di praticare attività di volontariato, in questa specifica batteria di domande (34,7%), risulta essere, sommando le riposte “più di 10 anni fa”, “lo stesso di 10 anni fa” e “meno di 10 anni fa” è molto più elevata rispetto a quella riscontrata nella domanda specifica sul volontariato (26,5% di risposte “Sì”). Questa differenza percentuale può essere attribuita al fatto che alcuni per “attività di volontariato” hanno inteso anche la cura di congiunti o conviventi con problemi sanitari.

Le attività di volontariato, sono più frequenti rispetto a dieci anni fa tra le femmine (16,2%) e tra i più “giovani” frequentanti l’Ute (28,6%). Volendo trattare in modo più esaustivo il tema del volontariato, è stata posta una domanda specifica riguardo a questa attività. La percentuale di intervistati che hanno dichiarato di svolgere attività di volontariato è del 26,5%, cui si aggiunge un 2% che ha dichiarato di aver prestato in passato la propria opera in questa direzione, ma di non essere in grado di farlo attualmente per ragioni diverse, quali l’età avanzata, gli impegni sopraggiunti, ecc.

Questa attività occupa una percentuale maggiore di femmine (27,9%) piuttosto che di maschi (24,1%), di individui appartenenti alla classe di età più giovane (40%) e di iscritti maggiormente scolarizzati (32,1% fra coloro che hanno un diploma di scuola media superiore e 28,6% fra i laureati, mentre fra quelli che hanno la licenza media la percentuale è solo del 12,5%). Il volontariato risulta ampiamente non istituzionalizzato, rivolto per lo più all’assistenza ed il sostegno di persone in difficoltà, alle visite domiciliari a parenti, conoscenti ed anziani soli, alla visita e all’assistenza di ospiti in case di riposo; alcuni aiutano in varia misura le parrocchie (ad esempio tenendo i libri contabili o coadiuvando i sacerdoti nelle funzioni religiose), o le opere missionarie, altri prestano la loro assistenza in associazioni istituzionalizzate a sostegno di disabili psichici, invalidi civili, associazioni per la lotta ad alcune malattie gravi. Altri ancora sono volontari in associazioni che si occupano di adozioni a distanza, di associazioni ambientaliste, di sport. Infine il volontariato si esplica anche nell’ambito dell’associazionismo sportivo, musicale, partitico e culturale.

Quel che è certo, e che emerge in modo prorompente, è che i ruoli all’interno della sfera del volontariato sono per lo più “spontanei” e ricalcano, nelle loro modalità esecutive attività svolte in passato e utili nel presente: ad esempio chi prima del pensionamento faceva l’amministratore di qualche azienda, oggi amministra una parrocchia; chi faceva l’infermiere oggi si prodiga in favore dei malati, ecc.

Coloro che sono stati costretti per cause non dovute alla propria volontà – in genere la vecchiaia – a chiudere con l’attività di volontariato, hanno espresso spontaneamente il loro rammarico ed il grande dispiacere per non poter più essere in qualche modo utile a qualcuno nella comunità.

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5. Un nuovo capitolo della propria esistenza e non una post-fazione

La Terza e Quarta età rappresentano, nella società contemporanea, un quesito ed una risorsa. Un quesito perché sono fasi della vita che comportano alcune problematiche (legate, in primo luogo,

all’uscita dalla vita professionale, a diverse condizioni fisiche, a situazioni psicologiche di fragilità ed eventualmente disagio, ecc.) che, spesso, tardano a trovare una risposta a livello istituzionale, risultando prevalentemente affidate alle reti familiari o a varie forme di volontariato. Al contempo, si assiste, in questi ultimi decenni, a un progressivo aumento delle aspettative medie di vita, soprattutto per quanto riguarda le donne, e a un correlato miglioramento delle condizioni psico-fisiche (si è molto più attivi rispetto alla Terza e Quarta età di alcuni decenni fa’), nonché all’allargamento delle possibilità di socializzazione ed incontro. Pertanto, da un’accezione problematica del concetto di Terza e Quarta età ci si auspicherebbe il passaggio a una concezione “fattiva”, in cui l’idea di un ripiegamento in se stessi, e la conseguente chiusura nei confronti del mondo esterno, scompaiono per lasciar posto ad una nuova consapevolezza circa un’altra “stagione della vita”, non meno interessante e ricca di esperienze di quelle precedenti. Ma tale passaggio, per l’appunto, rimane un quesito perché appare più agevole rifugiarsi in formule usuali circa le persone non più giovani che accettare nuove forme di presenza e partecipazione nella società. E, anche nel caso in cui questa consapevolezza sia pienamente interiorizzata dai diretti interessati, il più delle volte è la stessa società a far fatica a comprenderla e farla propria.

L’idea della Terza e Quarta età come risorsa è intimamente legata alla riflessione precedente perché rappresentano figurativamente la memoria di una società, una memoria non irrigidita in ritualismi o celebrazioni formali, ma viva, fatta di pratiche quotidiane ed esperienze biografiche che sono un prezioso bagaglio da trasmettere alle nuove generazioni. Ecco un ulteriore motivo per discostarsi da una visione tutto sommato “cupa” della Terza e Quarta età: la valorizzazione di un apporto sostanziale alla sfera dei valori e dei riferimenti esistenziali che le persone non più giovani sono in grado di fornire. 5.1 Reti familiari ed amicali

Così, anche per quanto riguarda il campione oggetto di indagine, si è voluto stilare una sorta di identikit degli intervistati, avvalendosi delle risposte ottenute ad alcune domande incentrate essenzialmente sugli stili di vita adottati. Tali quesiti riguardano in primo luogo la presenza di reti familiari ed amicali (fornendo indirettamente anche un’indicazione sulla loro consistenza); le attività prevalenti svolte dall’intervistato ed i mezzi di comunicazione di massa mediante cui si tiene informato. Da un lato, si mirava a sondare in quali termini avvenisse l’utilizzo del proprio tempo, valutando implicitamente l’equilibrio fra una dimensione privata (attività sviluppate all’interno delle mura domestiche o comunque individualmente) ed una dimensione pubblica o sociale (tutte quelle attività svolte al di fuori delle mura domestiche, implicanti o meno diverse forme di socializzazione ed incontro). Dall’altro, si voleva mettere in luce il grado di partecipazione alla vita della comunità di appartenenza, in termini di condivisione di peculiari momenti collettivi, come eventi culturali, manifestazioni, ecc.

Come si vedrà in seguito, l’analisi dei dati ha avvalorato l’ipotesi che lo stile di vita delle cosiddette Terza e Quarta età non abbia più l’aura negativa di un arroccamento in una dimensione prettamente individualistica, ma che, ad onta del fatto che la casa si riveli indubbiamente il baricentro della propria esistenza, vi sia tutta una fitta rete di attività ed occasioni che si muovono sulla duplice linea dell’arricchimento personale e dell’interazione con gli altri. L’allentarsi delle responsabilità (lavorative, della crescita dei figli, ecc.) non sembra agire nel senso di una perdita della propria individualità, ma, anzi, permettere una sua realizzazione: l’aumento del cosiddetto tempo del loisir è vissuto dai soggetti come un moltiplicarsi positivo delle opportunità per coltivare interessi ed hobbies, prima difficilmente conciliabili con i ritmi del quotidiano.

La domanda Con che frequenza Lei incontra... indaga sull’esistenza o meno delle reti familiari/ amicali e la frequenza degli incontri, enucleando la dimensione relazionale della vita quotidiana degli intervistati, la consistenza dei rapporti, in sintesi una vocazione alla socialità in aperto contrasto con lo stereotipo diffuso di una dimensione d’inevitabile solitudine.

L’item che ha raccolto la percentuale più elevata di risposte cumulate “spesso”, “qualche volta” e “raramente” (90,8%) è la voce amici, a dispetto del luogo comune secondo cui la vita sociale della Terza

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e Quarta età si limiti alla cerchia familiare. Di questo sub-campione, ben il 52% afferma di incontrarli “spesso”; il 94,3% ha un’età fino ai 65 anni, il 91,2% è rappresentato da donne e se il titolo di studio non è particolarmente significativo, lo è invece il fatto che il 92,5% dei rispondenti viva in coppia.

L’83,7% dell’intero campione ha invece indicato nei parenti le persone con cui ha le maggiori frequentazioni. Analizzando la natura di questo secondo sub-campione, esso risulta composto per il 97,1% da individui con un’età fino ai 65 anni, per il 96,6% da uomini e per il 92,5% da persone che vivono in coppia. Infine, le percentuali che indicano frequentazioni assidue con figli e nipoti sono pressoché uguali, poiché si tratta del 63,3% per i primi e del 61,2% per i secondi. Al di là di facili entusiasmi circa la sfera familiare come importante punto di riferimento della socialità della Terza e Quarta età, va rilevato che l’indicazione offerta a proposito dai figli dev’essere temperata alla luce del fatto che a darla sono prevalentemente individui che dichiarano di “vivere con altri” e, poiché non vi sono indicazioni precise che permettano di decifrare se il termine “altri” comprenda o meno gli stessi figli, l’assiduità di tale frequentazioni è pertanto un dato relativo.

5.2 Attività interne ed esterne a casa

Ma l’orizzonte esistenziale delle persone non più giovani non si estrinseca unicamente in attività di

relazione, vi sono anche occupazioni che arricchiscono la quotidianità o rappresentano un momento di rottura della stessa, mettendo in risalto una notevole versatilità e ricchezza di interessi. Come si può evincere dalla tabella sottostante, vi sono alcune attività che risultano particolarmente privilegiate a scapito di altre, quali, ad esempio, la visione del mezzo televisivo, l’ascolto della radio, il viaggiare, ecc. (Fig. 4).

Il quadro generale delinea immediatamente un equilibrio fra attività interne e/o di natura individuale ed attività esterne e/o di natura relazionale, confermando in parte la forte presenza delle attività di relazione, ma mettendo in luce anche quelle che implicano – a vari livelli – il mantenimento di una vivacità intellettuale. La fruizione del mezzo televisivo, infatti, non dev’essere letta unicamente in forma di un “surrogato artificiale” atto a riempire momenti di solitudine, ma essa, permettendo al soggetto di restarsene comodamente seduto nel salotto di casa, lo proietta in una dimensione più ampia, solletica la sua curiosità, lo induce a riflettere su eventi lontani, ad interiorizzare una visione complessiva del mondo che lo circonda.

Al fine di procedere ad un’analisi maggiormente circostanziata, le varie attività sono state suddivise in tre blocchi tematici, ciascuno dei quali riconducibile ad alcune motivazioni predominanti, vale a dire le attività individuali e/o all’interno delle mura domestiche; le attività esterne alle mura domestiche e, infine, le attività di relazione.

Sotto l’etichetta delle attività individuali e/o all’interno delle mura domestiche è stata presa in esame quella tipologia di attività che possono essere tranquillamente svolte all’interno delle mura domestiche e che presuppongono un’azione declinata singolarmente. Queste attività (come leggere un libro, ascoltare la radio o guardare la televisione) non sono però legate ineludibilmente ad un’esperienza individuale, poiché potenzialmente generatrici di momenti relazionali o di socializzazione importanti: leggere un libro e consigliarlo agli amici può infatti creare uno spazio di discussione e confronto, al pari della visione di un programma televisivo o l’ascolto di uno radiofonico.

Preliminarmente, l’attività che raccoglie i maggiori consensi è la fruizione del mezzo televisivo (98%), cui segue con un lieve scarto percentuale la lettura (95,9%) ed infine l’ascolto della radio (88,8%).

La televisione è oggi il grande “bardo”, il principale narratore di storie e visioni, al cui fascino soggiacciono individui di ogni età e, contemporaneamente, una presenza fissa ed abituale nell’esistenza di ognuno. E’ pertanto intuibile che anche nel campione tale elemento si riveli di indubbia rilevanza, aggiungendo come la fruizione del mezzo televisivo sia più facile e richieda un minor traffico cognitivo o impegno interpretativo rispetto alla lettura. Inoltre, la televisione rilassa, diverte, informa, e travalica queste sue funzioni primarie per assumere quelle più ampie “di relazione” (si discute di un determinato programma, ci si confronta, ecc.) e di “compagnia” (molto spesso, un televisore acceso riempie il silenzio “assordante” di una casa vuota, anche quando vengono svolte altre attività, come quelle domestiche).

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Fig. 4 – Attività interne ed esterne a casa – Ute 2007  

0,0 20,0 40,0 60,0 80,0 100,0

freq. partiti politici

freq. consiglio comunale

freq. scuole di ballo, va a ballare

va al cinema

freq. circoli e assoc. culturali

freq. assoc. sportive, palestre

va al ristorante, pizzeria

freq. la parrocchia

va a teatro, prosa, concerti

viaggia

ascolta la radio

guarda la tv

legge giornali, riviste, libri

Spesso Qualche volta Raramente Mai

La fruizione del mezzo televisivo appare, per il campione, un’attività particolarmente rilevante, e ciò rappresenta una verifica diretta delle precedenti affermazioni, rivelando al tempo stesso come il mezzo televisivo rivesta non solo un ruolo importante nella quotidianità, ma tenda ad espanderlo sempre più. Dev’essere inoltre evidenziato come non vi siano differenze significative per quanto riguarda le classi di età, né il genere, né il titolo di studio o se il soggetto viva da solo o meno - in quest’ultimo caso, ad onta di un’opinione diffusa, la percentuale più bassa concernente la visione del mezzo televisivo è indicata proprio da quanti vivono da soli.

La lettura, di giornali, riviste o libri, risulta indubbiamente una delle attività preferite dai frequentanti l’Università della Terza Età e a dedicarvisi sono maggiormente i soggetti che vantano un titolo di studio più elevato (diploma di scuola superiore o laurea), ma è interessante notare che anche gli individui con un titolo più basso la indichino come un’occupazione particolarmente rilevante (100%).

L’altro mezzo di comunicazione di massa, la radio, sembra subire anche nel campione le derive di un trend generale, vale a dire una sua minore rilevanza nel quotidiano. Questo perché la fruizione del mezzo “radio” è senza dubbio differente da quella televisiva, richiedendo un altro tipo di sforzo cognitivo ed interpretativo. Si tratta cioè di una fruizione maggiormente attiva, dal momento che viene meno l’aspetto iconico, elemento indubbiamente facilitatore dell’interiorizzazione dei contenuti. Così, l’88,8% dell’intero campione dichiara di ascoltare la radio “spesso” e “qualche volta”, e sono soprattutto gli appartenenti alle prime due classi di età a farlo (fino a 65 anni e da 66 a 75 anni), nonché i soggetti che vivono in coppia o con altre persone, per cui è facile ipotizzare che la radio dispieghi una funzione importante nella vita di relazione, permettendo lo scambio, il confronto ed il commento.

Nell’ambito delle attività esterne alle mura domestiche sono state annoverate tutte quelle attività implicanti una rottura dei ritmi “casalinghi”, permettendo al soggetto di vivere una dimensione pubblica e/o sociale, in cui l’interazione con gli altri è importante a priori, pur non rappresentando il motivo determinante. Si allude, cioè, ad attività come l’andare al cinema o a teatro, possibili occasioni di socializzazione, ma ispirate fortemente da un interesse di tipo culturale, che spinge il soggetto a cercare il soddisfacimento dei propri bisogni al di fuori delle mura domestiche. Tale categorizzazione è ovviamente frutto di una scelta analitica, poiché anche il viaggiare – ad esempio - viene qui considerato nella duplice

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ottica di un arricchimento culturale e di un’occasione di socializzazione, considerando a priori una preponderanza del primo elemento.

Passando all’analisi dei dati percentuali, in questo secondo gruppo l’attività prevalentemente risulta il viaggiare (88,8%), cui segue l’andare a teatro (87,8%) ed infine – a distanza rilevante – l’andare al cinema (76,5%).

Grazie alle nuove opportunità oggi offerte, il viaggiare non rappresenta più un’attività estremamente dispendiosa, sia dal punto di vista finanziario che dell’energia fisica. Inoltre, come già anticipato, tale attività permette di coniugare sia i propri interessi culturali che momenti di socializzazione importanti, e non va obnubilato come essa permetta di mantenere una notevole elasticità mentale. Ciò significa che il conoscere realtà diverse, venire a contatto con culture anche molto lontane, alimenta e mantiene viva una visione aperta sul mondo, in cui la curiosità della scoperta e la voglia di confrontarsi non sono elementi secondari. Affidandosi ad una felice definizione di Bauman, il campione sembra incarnare appieno l’idea di soggetti “migranti” dal punto di vista culturale, tipica della nostra epoca.

Se, intuibilmente, la classe di età che maggiormente indica tale attività è composta da individui con un’età compresa tra i 66 ed i 75 anni (93%), non è trascurabile il 76,5% di quanti dichiarano di dedicarsi ai viaggi ed hanno più di 75 anni – è ovviamente consistente anche la percentuale che si riferisce a soggetti fino a 65 anni: 91,4%. Da questi dati emerge eloquentemente come la forma fisica non rappresenti più un vincolo insormontabile all’attività del viaggiare, ma, e soprattutto, come la Terza e Quarta età continuino a nutrire la voglia di esplorare dimensioni diverse rispetto alla propria: si tratta, cioè, di un’ulteriore messa in discussione circa l’idea di chiusura individualistica che ancora mistifica la percezione di questa fase della vita.

L’andare a teatro rappresenta da sempre nella nostra Regione una voce importante nella configurazione dei bisogni culturali delle persone non più giovani, sia perché l’offerta riesce a mantenersi ricca e variegata (prosa, opera, concertistica, ecc.) e sia perché, indubbiamente, tale attività appartiene ad una tradizione che sembra ora germinare anche nelle nuove generazioni. Quest’impressione generale è pienamente confermata, dal momento che l’87,8% degli intervistati afferma di recarvisi “spesso” e “qualche volta”, e non si segnalano particolari differenze per quanto riguarda l’età, il genere ed il titolo di studio. Nel contesto specifico delle attività esterne alle mura domestiche, l’andare al cinema non sembra invece caratterizzarsi come un’attività particolarmente apprezzata dal campione. L’età non appare un fattore particolarmente determinante, dal momento che la frequentazione delle sale cinematografiche è inversamente proporzionale coll’aumentare dell’età, e ciò rappresenta un dato sufficientemente prevedibile a causa delle problematiche legate alla facilità o meno di spostamento, agli orari, ecc. Nemmeno il genere evidenzia particolari differenze, anche se la percentuale maggiore (79,4%) è rappresentata da donne; inoltre, sono i soggetti che detengono un titolo di studio di media inferiore e superiore e gli individui che vivono in coppia ad apparire come i più inclini a tali attività.

Per quanto concerne infine le attività di relazione, la consistente percentuale di risposte ottenute illustra tutte quelle di occasioni in cui lo scambio e l’incontro con gli altri si rivelano motivazioni rilevanti, se non preponderanti, sebbene essi avvengano in ambiti specifici rivolti ad altri finalità. In altri termini, ciò che accomuna la frequentazione di una palestra o della parrocchia è proprio la possibilità di condividere con altri il proprio interesse per la forma fisica o per un’attività di volontariato, determinando un apprezzamento qualitativo importante nella propria vita di relazione.

L’elevata percentuale del 90,8%, rilevata a proposito dell’ andare al ristorante, in pizzeria, conferma la forte attività di relazione già riscontrata. Di questo sub-campione, la maggioranza degli individui ha un’età fino ai 65 anni (97,1%), e non vi sono differenze apprezzabili per quanto riguarda il genere ed il titolo di studio. Ad indicarla come un’attività importante sono sia gli intervistati che vivono in coppia (95%) che quelli che vivono con altre persone (95,7%). Importante momento di socializzazione è anche il frequentare la parrocchia, sebbene esso si situi a quasi 30 punti percentuali di differenza rispetto all’attività precedente. A farlo sono soprattutto le persone che vivono con altri (78,3%) e le donne (60,3%), mentre non si riscontrano differenze apprezzabili per quanto riguarda il genere ed il titolo di studio. Ed anche a questa voce si registra un aumento percentuale rispetto alla rilevazione precedente.

Anche la frequentazione di circoli ed associazioni culturali si colloca sotto la duplice ottica di una crescita culturale e di un’occasione di interazione con gli altri, ma – come si diceva - qui si è voluto privilegiare soprattutto questo secondo aspetto. Il 57,1% di quanti hanno indicato questa attività è

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composto prevalentemente da uomini (72,4%), a dispetto del luogo comune che vede le donne maggiormente impegnate sul fronte culturale, con un titolo di studio elevato (61,9%), appartenenti alla classe di età oltre i 75 anni (70,6%) e che vivono con altri (69,6%).

Sul versante opposto si colloca la frequentazione di palestre e/o associazioni sportive, che sottolinea un diffuso interesse per la forma fisica e lo sport in generale. Sorprendente è il fatto che a costituire quel 45,9% che lo ha indicato come un’attività significativa sia costituito prevalentemente da donne (52,9%), mentre i dati inerenti l’età, il titolo di studio non rivelano differenze peculiari.

L’attività del ballo sembra invece suscitare un minor interesse nel campione: ad esserne attratti sono soprattutto gli uomini (17,3% rispetto al 10,3% delle donne), dato che contraddice un luogo comune diffuso, nonché gli individui con un titolo di studio di scuola elementare e quanti (elemento invece abbastanza intuibile) vivono in coppia (17,5%).

La frequentazione del consiglio comunale si attesta su una percentuale dell’11,2% e viene dichiarata soprattutto da individui con un titolo di studio di scuola superiore (15,1%), di genere maschile (20,7%) e dalle classi di età fino ai 65 anni (11,4%) ed oltre i 75 anni (11,8%). Di non facile spiegazione, questo dato sembra andare nella direzione di una presenza attiva alla vita della comunità locale delle persone non più giovani, escludendo così una sorta di estraniamento o disinteresse che ha invece caratterizzato la Terza e Quarta età nei passati decenni.

La frequentazione delle sedi di partiti e/o movimenti politici sembra oggi destinata a divenire un’attività minoritaria, all’interno della società, anche a causa della diffusa disaffezione dei cittadini nei confronti della politica tout court. Si può affermare senza timore che anche il nostro campione segua questo trend, rivelando al contempo come il distacco fra cittadini e politica sia un fenomeno che non conosce differenze di età o di status socio-economico. Infatti, solo il 6,1% afferma di recarvisi “spesso” e “qualche volta”, e la percentuale più rilevante è quella degli ultra-settantacinquenni (quasi a dimostrare la capacità di un impegno politico di cui oggi si è persa l’essenza) e a farlo sono in maggioranza uomini, nonché i soggetti con un titolo di studio di media inferiore.

Dai dati si evince un quadro generale in cui le attività di relazione, o comunque svolte al di fuori delle mura domestiche, si rivelano al pari di fattori qualificanti ed imprescindibili della propria esistenza. Accanto ad attività individuali tradizionalmente molto forti, anche perché connotate da un alto grado di consuetudinarietà (come guardare la televisione o leggere), l’andare in pizzeria o ristorante ed il viaggiare si manifestano prepotentemente come coordinate di un impiego del tempo teso ad incrementare sia i propri orizzonti culturali che la propria vita sociale.

E’ proprio in tal senso che si può avvalorare l’ipotesi di un cambiamento in positivo degli stili di vita della Terza e Quarta età, in cui la dimensione relazionale gioca un ruolo importante, contribuendo a demolire luoghi comuni e stereotipi circa la sedentarietà e l’introversione delle persone non più giovani. Non solo: elementi che potrebbero apparire di primo acchito non particolarmente rilevanti a livello percentuale (come la frequentazione del consiglio comunale o di partiti politici) sono comunque validi indicatori della consapevolezza delle persone non più giovani circa il proprio ruolo e le possibilità di un apporto significativo alla vita della comunità locale. Cresce inoltre lo spessore degli interessi culturali nutriti (si pensi all’incremento percentuale riscontrato circa la frequentazione di circoli ed associazioni culturali), la loro diversificazione (l’andare a teatro come l’andare al cinema), ma è difficile prendere quest’ultima considerazione come riverbero di un andamento più generale, poiché, trattandosi di individui che frequentano l’Università della Terza età, essi sono già potenzialmente portatori di curiosità intellettuali peculiari rispetto alla media. 5.3 Mezzi per tenersi informati

Una domanda specifica (Per mantenersi informato sull’attualità, quali mezzi utilizza?) è stata concepita al fine di comprendere quali fossero gli strumenti (mass media e non) che il soggetto è solito utilizzare al fine di tenersi costantemente aggiornato. Veniva pertanto chiesto di fornire una risposta dicotomica (sì-no) ad un serie di items, che comprendeva sia i mezzi di comunicazione di massa tradizionali - televisione, radio e stampa - che quelli di più recente diffusione – Internet -, nonché fonti per così dire “secondarie”, quali amici e parenti.

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Le modalità tramite cui il soggetto si tiene informato sull’attualità rappresentano un tassello importante nel definire il profilo del frequentante l’Università della Terza Età, poiché esplicitano la sua consapevolezza di cittadino attento e curioso nei confronti dell’attualità.

Il mezzo di informazione utilizzato principalmente rimane la televisione (92,9%) e il risultato non è inatteso, data la capillarità di diffusione del mezzo televisivo e la sua facilità di fruizione. I fruitori della televisione appartengono prevalentemente alla classe di età più elevata (94,1%), sono di genere maschile (93,1%), con un titolo di studio di scuola elementare.

I quotidiani locali ottengono l’83,7% di consensi, confermandosi un medium prezioso per la conoscenza della realtà contigua (mentre la televisione lo è per quella più ampia), rendendo il fruitore partecipe della vita della comunità cui appartiene. E questo sub-campione si presenta omogeneo sia per quanto riguarda l’età ed il genere, mentre la sola percentuale che si distacca è quella concernente il titolo di studio: il 90,5% possiede una laurea. Seguono i quotidiani nazionali, indicati dal 67,3%, in prevalenza individui di genere maschile (82,8%), con più di 75 anni di età (76,5%) e con una laurea (95,2%). E’ ipotizzabile che, in questo caso, il legame con il territorio si situi ad un diverso livello, soprattutto nella ricerca di un approfondimento e commento (elemento, questo, presente nella stampa a livello nazionale, pensando ad esempio alle questioni di politica estera). Le riviste, sempre nell’ottica di un maggior approfondimento dell’attualità, sono segnalate dal 50% dei soggetti, percentuale questa preceduta dal 65,3% di quanti hanno indicato la radio come preferenziale strumento di informazione.

Gli amici ed i parenti costituiscono una fonte secondaria importante (46,9%), confermando una tendenza già riscontrata, ma ben più significativa è la presenza di Internet, fonte di informazione innovativa e di non immediata accessibilità, indicato dal 23,5% di soggetti con meno di 65 anni (31,4%), e detentori di una laurea (42,9%). 6. Stili di vita e percezioni collettive

Tracciare le caratteristiche, esigenze ed aspirazioni del frequentante l’Università della Terza età sarebbe stata un’analisi deficitaria se si fosse tralasciato di rilevare anche l’auto-percezione e le percezioni dei soggetti. Ciò ha permesso di attribuire, da un lato, ulteriore spessore analitico alle precedenti riflessioni e, dall’altro, di ricomprenderle coerentemente nel quadro di trends più generali.

Le considerazioni che seguono sono state organizzate su due assi principali: - il primo si basa sulla domanda Rispetto al periodo in cui era più giovane (o lavorava), ha notato dei

cambiamenti nel suo stile di vita (abitudini, interessi, possibilità, ecc.)? e sulla quella Secondo Lei, le persone che un decennio fa avevano la sua età, gestivano in maniera diversa il loro tempo?, rimandando esplicitamente ad un’auto-percezione, alla consapevolezza dei cambiamenti intervenuti nella propria esistenza e quelli inerenti la più generale condizione esistenziale della Terza e Quarta età rispetto dieci anni fa’;

- il secondo si riferisce a due domande (Si sente spesso parlare delle cosiddette “terza e quarta età”. Al di là delle statistiche e dei dibattiti, vorremmo conoscere la sua opinione in proposito… e Ha notato anche dei cambiamenti per quanto riguarda l’atteggiamento della gente nei confronti delle persone non più giovani?) che invece riflettono alcune opinioni comunemente correnti e la loro eventuale traduzione in comportamenti.

Pur non nascondendo (e nascondendosi) i possibili aspetti spiacevoli o svantaggiosi legati all’età, le risposte degli intervistati riverberano una maggiore consapevolezza circa le proprie potenzialità e possibilità, nonché grandi vitalità e vivacità intellettuali, anche a dispetto di alcuni atteggiamenti socialmente diffusi nei confronti delle persone non più giovani.

Rispetto a un cambiamento nei propri stili di vita, la maggioranza del campione ha intuitivamente risposto in maniera affermativa, specificando però che il termine dev’essere inteso in una duplice ottica (sia in positivo che in negativo), mentre la percentuale di risposte riferita ad un’assenza di mutamenti risulta d’interpretazione piuttosto ambigua, poiché ciò non significa automaticamente il mantenimento dello status quo e/o di determinate condizioni psico-fisiche (Fig. 5).

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Fig. 5 – Cambiamenti negli stili di vita e nelle percezioni collettive

0 10 20 30 40 50 60 70

Non so

No

nell'atteggiamento della gente verso gli anziani nel suo stile di vita

6.1 Auto-percezione

A segnalare l’esistenza di un cambiamento nel proprio stile di vita sono soprattutto i soggetti appartenenti alla classe di età fino a 65 anni (74,3%), le donne (69,1%), i detentori di un diploma di medie inferiori (79,2%) e le persone che vivono da sole (69,6%). All’opposto, quanti non hanno riscontrato alcun cambiamento hanno più di 75 anni (35,3%), appartengono al genere maschile (41,4%), possiedono in prevalenza una laurea (33,3%) e vivono con altre persone (34,8%).

E’ interessante notare come, in questo caso, si verifichi una vera e propria specularità delle percentuali, anche se è difficile azzardare delle ipotesi convincenti. In effetti, se consideriamo la classe di età, è probabile che i due opposti (età minima contemplata per quanto riguarda un cambiamento nel proprio stile di vita ed età massima per quanto concerne un’assenza di cambiamento) siano riconducibili ad una percezione legata principalmente all’uscita dalla vita lavorativa: così, per i più giovani, risultano ancora percepibili le conseguenze di questo passaggio esistenziale, mentre nei soggetti più avanti negli anni essa è decisamente ridimensionata. In merito al genere, è plausibile pensare che le donne risentano maggiormente dei cambiamenti dal momento che il venir meno degli obblighi professionali implica un minor carico a fronte della gestione della casa e dell’eventuale ménage familiare.

I cambiamenti definiti esplicitamente ed implicitamente come positivi possono essere riassunti in una rinnovata dimensione temporale, una tensione verso la propria auto-realizzazione ed un aumento delle proprie possibilità e/o capacità relazionali.

Il primo dato rinvia ad una dimensione temporale non più scandita sulla base di orari prestabiliti, limiti e/o vincoli, ma che, anzi, permette di dedicarsi a se stessi ed ai propri interessi, nell’ottica di una ritrovata ed appagante serenità – ad esempio, “maggior tempo libero, da dedicare a se stessi ed ai propri hobbies”; “miglior organizzazione della propria esistenza grazie al maggior tempo a disposizione”. A ciò si aggiungono alcune risposte aperte in cui la dimensione temporale è sottaciuta o tralasciata, perché si rivela preponderante quella legata all’auto-realizzazione, in termini di accrescimento culturale e/o possibilità di espressione artistica: “maggior interesse per la pittura e possibilità di esprimermi artisticamente”; “possibilità di soddisfare certi interessi culturali che una volta non era possibile”. Infine, un altro cambiamento inteso positivamente è dato dall’aumento della propria vita relazionale, sia come consolidarsi di reti amicali che di attitudini altruistiche, avvalorando quanto emerso in precedenza.

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Ribadendo come le spiegazioni inerenti i cambiamenti negativi nel proprio stile di vita siano percentualmente meno numerose, esse si polarizzano con nitidezza su due ambiti tematici: uno legato ad una dimensione etico-morale e l’altro ad una prettamente fisica.

La dimensione etico-morale estrinseca riflessioni a più ampio spettro che, con grande probabilità, sono state introiettate dal soggetto nell’esperienza quotidiana: “adesso c’è meno comprensione e rispetto per il prossimo”; “scomparsa dei valori familiari ed interfamiliari”; “una diffusa chiusura: ognuno fa gli affari propri”. Gli aspetti fisici, pur non menzionati in termini percentualmente importanti, si riferiscono a diverse condizioni di efficienza e agilità (ad esempio, “gli interessi sono rimasti gli stessi, le possibilità no: non più sci, escursioni in montagna, yoga...”).

A mo’ di conclusione, è interessante citare un’affermazione “neutra”, in quanto essa non accentua né aspetti positivi né negativi, ma si limita ad enunciare una situazione di fatto (applicabile, in un certo senso, ad ogni età): “da anziani si hanno maggiori possibilità di dedicare più tempo ad interessi culturali, sociali, assistenziali, ma bisogna essere in buona salute”.

Nel raffrontare la propria condizione esistenziale con quella della Terza e Quarta età di un decennio prima, emerge con prepotenza la diffusa consapevolezza di una diversa gestione del tempo: la maggioranza dei soggetti (54,6%) ha risposto in maniera affermativa e questo sub-campione è costituito prevalentemente da individui fino ai 65 anni di età, uomini (65,5%), con un titolo di studio elevato (61,9%) e che vivono in coppia (62,5%).

Gli importanti elementi di cambiamento ravvisati dal campione ripetono quasi pedissequamente quelli inerenti la percezione individuale, per cui sono state utilizzate le stesse etichette (rinnovata dimensione temporale; tensione verso la propria auto-realizzazione e aumento delle proprie possibilità e/o capacità relazionali). Tuttavia, trattandosi di risposte maggiormente articolate e ricche di precisazioni, sono state aggiunte due nuove tipologie, vale a dire una maggiore consapevolezza delle proprie condizioni e possibilità fisiche e condizioni strutturali e sociali.

La rinnovata dimensione temporale esprime anche qui il maggior tempo libero rispetto al passato, mentre la tensione verso la propria auto-realizzazione si caratterizza per una maggiore ricchezza di dettagli: “a fronte dello stacco generazionale e dei problemi di salute, gli individui tendevano maggiormente ad isolarsi, ora frequentano di più il mondo della cultura e fruiscono maggiormente di viaggi”; “ sono aumentati le attività e gli interessi che, in passato, erano considerati di pertinenza dei giovani (aggiornamento, svaghi, ecc.)”. A questa voce si palesa anche un nuovo elemento, poiché non sono pochi gli intervistati a rimarcare la migliore condizione fisica rispetto ai coetanei di dieci anni fa’, per cui l’ipotesi di partenza può essere perfezionata affermando che la tensione verso la propria auto-realizzazione si accompagna oggi ad una maggiore consapevolezza delle proprie condizioni e possibilità fisiche (“miglior tenore di vita e maggior coscienza del benessere psico-fisico”).

L’aumento delle proprie possibilità e/o capacità relazionali è ovviamente un dato significativo nelle affermazioni libere del campione e uguale positività traspare da un’altra serie di risposte, che si basano su presupposti più ampi e che, per tale ragione, sono state raccolte alla voce condizioni strutturali e sociali. Esse, infatti, fanno riferimento ad una visione globale della società (come, ad esempio, “ci sono maggiori attenzione e possibilità per la Terza età”), o esplicitano chiaramente una diversa condizione finanziaria delle persone non più giovani rispetto a dieci anni fa’.

Le spiegazioni che focalizzano invece un cambiamento negativo dell’attuale condizione delle persone non più giovani, rispetto a quella dei loro coetanei di un decennio prima, risultano percentualmente poco rilevanti, nonché riconducibili essenzialmente a considerazioni generali sulla società contemporanea (“le persone non più giovani avevano più contatti con parenti ed amici”; “si dedicavano maggiormente alle relazioni familiari”) o ad un’attuale minore disponibilità finanziaria. 6.2 Percezioni e atteggiamenti collettivi

Le grida d’allarme che si sono levate a proposito del progressivo invecchiamento della popolazione ed i problemi strutturali che ciò implica (in termini di assistenza, cure mediche, ecc.), spesso alimentate ad hoc per ingenerare insicurezza, appaiono oggi decisamente ridimensionate. Prova ne è che lo stesso mercato pubblicitario sembra progressivamente indirizzarsi alla Terza e Quarta età, non più viste come sinonimi di disinteresse o scarsa attenzione nei confronti del proprio aspetto estetico e benessere psico-

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fisico, tendendo invece ad una valorizzazione della loro specificità. Se, su un versante, si cerca forse di dare un’immagine troppo “patinata” ed esageratamente “giovane” della donna sessantenne ed ultrasessantenne, su un altro, si va diffondendo la coscienza che ogni età ha il suo fascino peculiare e che questo debba essere giustamente considerato ed esaltato. Pur essendo incontestabile che – in questo caso - le logiche commerciali prevalgano su considerazioni di altro genere, rimane importante lo scarto qualitativo di una percezione diversa degli appartenenti alla Terza e Quarta età: non più persone caratterizzate unicamente dall’esperienza esistenziale accumulata nel corso del tempo, ma individui nella senso pieno del termine, dotati di una loro unicità – anche estetica.

La domanda finalizzata in tal senso chiedeva ai soggetti di esprimere il loro grado di accordo in maniera dicotomica (sì – no) circa alcune affermazioni inerenti la società contemporanea, vale a dire: (1). Solo da poco tempo la società ha iniziato a valorizzare le potenzialità che una persona non più giovane può fornire; (2). Le persone non più giovani sono sempre state fonte di informazioni, conoscenze ed esperienze giustamente valorizzate; (3). Le persone non più giovani vengono poco considerate nella società attuale, mentre un tempo venivano considerate una vera e propria risorsa.

Mentre la prima affermazione evidenzia la recente presa di coscienza collettiva circa le potenzialità delle persone non più giovani, la seconda sostiene la continuità di un atteggiamento socialmente radicato, evocando metaforicamente la figura del “vecchio saggio”. Essa, cioè, pone l’accento sul ruolo delle persone non più giovani come riferimento che travalica la mera trasmissione di valori e norme per divenire bagaglio di pratiche e comportamenti, applicabili anche nella realtà contemporanea. Si pensi, infatti, a come intere generazioni siano cresciute anche grazie ai racconti dei nonni che, oltre a costituire significative forme di tradizione orale (da qui l’idea di una “memoria collettiva vivente” e non statica esaltazione del passato), costituivano una socializzazione diretta od indiretta ai problemi e difficoltà della vita. Va anche laconicamente precisato come, oggi, i mass media - in primis la televisione - si sovrappongano e finiscano col prevalere su queste forme di narrazione, offrendo al contempo una visione semplificata e spettacolarizzata della realtà.

La terza affermazione implica invece una connotazione negativa, delineando una rottura rispetto al passato, poiché alla scarsa considerazione attuale delle persone non più giovani si affianca una un sostanziale mutamente d’atteggiamento rispetto al passato. Ed è precisamente questo l’item che ha raccolto la più alta percentuale di consensi (34,7%), cui segue il 31,6% di quanti reputano che le persone non più giovani rappresentino una fonte di informazione e conoscenza giustamente valorizzata ed il 26,5% di coloro che hanno aderito all’idea di una recente presa di coscienza collettiva.

Una successiva domanda completa il quadro teorico, definendo in termini di comportamenti l’eventuale mutamento a livello di percezioni collettive - Ha notato anche dei cambiamenti per quanto riguarda l’atteggiamento della gente nei confronti delle persone non più giovani?.

Il 53,1% dell’intero campione afferma di non aver rilevato alcun cambiamento nell’atteggiamento collettivo rispetto alle persone non più giovani, e ben il 41,9% di tale percentuale è rappresentato da persone che appartengono alla classe di età 66-75 anni, mentre il 41,2% è costituito da donne. Per quanto riguarda invece una risposta affermativa, ad indicarla è il 38,8%, di cui il 53,5% è dato da soggetti con un’età compresa fra i 66 ed i 75 anni di età, per ben il 62,1% da maschi, dal 54,7% dai possessori di un titolo di studio di media superiore e dal 60,9% da persone che vivono con altri.

I mutati atteggiamenti riscontrati dagli intervistati sono tendenzialmente riconducibili ad una serie di aspetti negativi, specificati in termini di “un atteggiamento di indifferenza verso le persone anziane” o “scarsa considerazione: è diffusa la cultura che le persone anziane servono poco o niente alla società attuale”, o dal fatto che “certe volte le persone sono insofferenti nei confronti degli anziani perché tutto, ovunque, dev’essere fatto in fretta”. [M. Del Zotto, A. Pocecco, La società dei liberi: pensieri, aspirazioni, progetti, azioni degli Universitari della terza età di Gorizia, ISIG, UTE-GO, Tipografia Budin, Gorizia, 2008].

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I GIOVANI E L’USO DI SOSTANZE PSICOATTIVE Anna Maria Boileau

Abstract: Vengono presentati i risultati di una ricerca relativa all’uso, fra i giovani, di sostanze psicoattive (tabacco, alcool, medicinali ad uso non terapeutico, cannabis e derivati, altre droghe). L’indagine, condotta mediante questionario autosomministrato, ha interessato due campioni statisticamente rappresentativi di studenti delle scuole medie superiori, uno di frequentanti nella provincia di Gorizia (512) e l’altro nel comune di Nova Gorica (490). Vengono rilevate le differenze significative nei modelli di comportamento dei due campioni di giovani. Keywords: giovani, dipendenze, comportamenti devianti

• − • − • 1. Procedura di campionamento e di raccolta dei dati

In sede di impostazione del lavoro, era stato stabilito che il campione dovesse comprendere circa 500 studenti delle scuole medie superiori della provincia di Gorizia ed altrettanti delle scuole medie superiori del Comune di Nova Gorica.

Per effettuare un campionamento casuale semplice sarebbe stato necessario operare sugli elenchi nominativi di tutti gli studenti dei due ordini di scuola. Ovvi motivi legati alla tutela della privacy hanno reso impossibile tale soluzione. Volendo mantenere comunque la rappresentatività statistica dei due sottocampioni, si è optato per una procedura di campionamento a grappolo.

Sentiti preliminarmente i dirigenti delle scuole superiori delle due aree territoriali interessate, che hanno assicurato la disponibilità dei rispettivi Istituti e fornito l’elenco delle classi ivi presenti, si è quindi proceduto all’estrazione estrazione casuale di classi scolastiche al primo stadio ed all’inclusione nel campione di tutti gli alunni frequentanti le classi man mano estratte, fino a superare leggermente il totale di casi predefinito, per tener conto dell’eventualità di assenze o rifiuti nel corso della rilevazione sul campo.

Il questionario, predisposto con la collaborazione degli educatori del Sert e redatto nelle due lingue, è stato somministrato classe per classe dalle collaboratrici dell’indagine, che hanno provveduto a fornire le opportune istruzioni di massima ed a monitorare la fase di compilazione.

Terminata la raccolta dei questionari, si è proceduto ad un loro esame globale: alcuni questionari sono risultati vuoti, altri sono stati ritenuti inattendibili e scartati, perché le modalità di compilazione – soprattutto delle risposte aperte – fanno chiaramente percepire un deliberato intento provocatorio. Alla fine di questo esame, sono risultati validamente compilati 512 questionari di studenti di scuole medie superiori della provincia di Gorizia e 490 di studenti di scuole medie superiori del comune di Nova Gorica.

Purtroppo, si è dovuto rinunciare ad elaborare le informazioni relative al tempo dedicato dagli studenti alla navigazione in Internet ed ai videogiochi, a causa di una cattiva interpretazione delle domande relative: sebbene la domanda chiedesse di indicare i tempi medi giornalieri dedicati a tali attività nell’arco della settimana, sembra abbastanza evidente che un buon numero di studenti ha di fatto indicato i tempi complessivi e non è possibile risalire per essi ai dati giornalieri.

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2. Modalità di presentazione dei risultati

I dati presenti sui questionari sono stati codificati, registrati ed elaborati con il programma statistico SPSS.

La variabile indicata come “nazionalità” identifica l’area territoriale di residenza dei soggetti; l’indicazione “Italiani” identifica i rispondenti che frequentano le scuole medie superiori in provincia di Gorizia; l’indicazione “Sloveni” identifica i rispondenti che frequentano le scuole medie superiori a Nova Gorica. 3. Descrizione del campione

Il campione complessivo si compone di 1.002 studenti, di cui 512 (51,1%) Italiani e 490 (48,9%) Sloveni.

La composizione per genere vede fra gli Italiani il 56% di femmine ed il 44% di maschi; fra gli Sloveni il 41,5% di femmine ed il 58,5% di maschi, segnalando quindi una diversa prevalenza di genere nelle due aree territoriali ed una più decisa femminilizzazione nelle scuole italiane.

La composizione per età dei due sub-campioni, come pure la distribuzione nelle classi scolastiche dalla prima alla quinta, risente dei diversi ordinamenti scolastici dei due stati. Le scuole medie superiori in Italia prevedono una durata regolare di cinque anni e si iniziano di norma a 15 anni di età, mentre in Slovenia (a partire dall’anno scolastico 2002-2003) la durata è di quattro anni con inizio a 16 anni di età. Per questa ragione, nel nostro sub-campione sloveno sono praticamente assenti i quindicenni ed i frequentanti la classe quinta; l’età media risulta leggermente superiore a quella del sub-campione italiano: 18,1 anni contro 17,6. 4. Le prime esperienze con sostanze psicoattive

Sulla base delle risposte fornite alla prima domanda del questionario, l’85,2% degli studenti italiani e il 94,3% degli studenti sloveni ha avuto una qualche esperienza con una o più sostanze psicoattive; la differenza fra i due gruppi segnala una maggior frequenza di tali esperienze fra i giovani sloveni ed è statisticamente significativa.

Il testo della domanda faceva riferimento all’aver provato droghe “legali o illegali” e proseguiva elencando tabacco, alcool, medicinali per uso non terapeutico, cannabis e derivati, eventuali altre droghe.

Va qui segnalato come un numero non trascurabile di studenti, pur avendo segnalato esperienze con alcoolici e/o con tabacco, ha contrassegnato anche l’opzione “non ho mai provato nessuna droga”, indicando quindi che alcool e tabacco, nella loro percezione, non rientrano nella categoria delle “droghe”.

Analizzando le risposte separatamente per ognuna delle sostanze indicate, risultano statisticamente significative le differenze fra studenti italiani e sloveni per quanto riguarda le esperienze con tabacco e alcoolici (più diffuse fra i ragazzi sloveni) e con medicinali (più diffuse fra gli italiani), mentre non sono significative le differenze per quanto concerne la cannabis e derivati e altre droghe.

In termini di frequenza di risposte, la prima sostanza sperimentata risulta essere stato l’alcool in entrambi i sottocampioni, ma con una frequenza significativamente più alta fra gli sloveni; la seconda esperienza avviene in maggior misura con il tabacco, anche qui in entrambi i sottocampioni e con frequenza più accentuata fra gli sloveni; la terza esperienza concerne tipicamente la cannabis e/o derivati , ma questa volta senza differenze significative nei due sub-campioni.

Tuttavia, se si esaminano le risposte per genere, in generale fra le femmine è leggermente più elevata – e statisticamente significativa – la quota di coloro che hanno la prima esperienza con le sigarette piuttosto che con gli alcolici; nei due sub-campioni, la differenza per genere è significativa nel sub-campione italiano, ma non in quello sloveno.

Con riferimento alla prima esperienza, la prima sostanza sperimentata proveniva soprattutto da amici coetanei o più grandi, è stata divisa nel gruppo o è stata offerta da un genitore o parente (in questo caso, si tratta quasi esclusivamente di vino); raramente è stata offerta da chi la usa o la spaccia, mentre in alcuni casi vi è stata una ricerca deliberata da parte dei soggetti. Significativamente più alta fra gli studenti

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I giovani e l’uso di sostanze psicoattive 61

sloveni, rispetto a quelli italiani, l’offerta da parte di chi già usa la sostanza e la condivisione entro il gruppo.

Il motivo prevalentemente addotto per la ricerca della prima esperienza è la curiosità, indipendentemente dal tipo di sostanza di cui si trattava; fra i due sub-campioni risulta statisticamente significativa la maggior quota di risposte “dimenticare problemi” fra gli italiani e quelle di “voglia di ubriacarsi” e “non essere diverso nel gruppo” fra gli studenti sloveni. Questa ultima constatazione, abbinata alla precedente sulla condivisione della sostanza in gruppo, sembra indicare una maggiore sensibilità alla pressione del gruppo dei pari da parte degli studenti sloveni. 5. L’abitudine al fumo

Il campione globale dei rispondenti è quasi equamente ripartito fra chi non ha mai fumato, chi ha provato ma ha smesso e chi fuma tuttora. La stessa distribuzione, senza differenze significative, si ritrova nei due sottocampioni nazionali. Leggermente più elevata in entrambi i sub-campioni, ma senza significatività statistica, la quota dei maschi che dichiarano di non aver mai fumato.

L’età a cui più di frequente ci si è iniziati al fumo si colloca fra i 13 ed i 15 anni, con un leggero innalzamento per gli studenti sloveni complessivamente e per le femmine in entrambi i sub-campioni. Tenendo conto delle differenze negli ordinamenti scolastici, sembra di poter ipotizzare che la “soglia critica” per l’iniziazione al tabacco sia il passaggio dalla scuola media inferiore a quella superiore, passaggio che in Slovenia avviene ad una età più avanzata di un anno rispetto all’’Italia.

Fra coloro che tuttora fumano (il 34% circa degli studenti di entrambi i sub-campioni), per gli italiani tale comportamento viene messo in atto più spesso all’aperto (48,6% degli attuali fumatori) e presso un bar (40% dei fumatori); per gli studenti sloveni l’ordine è invertito: 52,1% presso un bar e 30,3% all’aperto. Colpisce la quota relativamente elevata di studenti che dichiarano di fumare a scuola: il 29% dei fumatori italiani ed il 36,4% degli sloveni. 6. Le bevande alcoliche

Il 97% degli studenti intervistati, in entrambi i sub-campioni, ha avuto modo di provare una o più bevande alcoliche.

Birra, vino e superalcolici risultano le bevande più “frequentate”, le prime due con percentuali quasi identiche (94,6 e 94,3% di coloro che hanno provato una qualche forma di alcolico) ed i superalcolici con una quota leggermente inferiore (87%).

Le altre bevande menzionate – alcopops, aperitivi, cocktail – raggiungono quote inferiori, ma comunque comprese fra il 70 e l’83% di coloro che hanno sperimentato alcolici. Nel confronto fra nazionalità, gli studenti sloveni sembrano aver sperimentato vino, birra e superalcolici in misura superiore agli italiani; questi ultimi, per contro, li superano per quanto concerne alcopops, aperitivi (qui la differenza è statisticamente significativa) e cocktail.

L’età di iniziazione all’alcool risulta piuttosto precoce (per il 3% addirittura prima dei tre anni, per il 19% entro i 10 anni di età), in linea con la tradizione nazionale che vede il vino consumato in famiglia e “concesso” anche ai bambini. Tale esperienza risulta significativamente più precoce fra i ragazzi sloveni: 24,2% entro i 10 anni di età, contro il 14,2% degli italiani.

Significativa, ma non inattesa, la differenza nell’età di primo contatto con l’alcol fra i due generi, leggermente più elevata per le femmine nel campione globale; tuttavia, esaminando la relazione fra età della prima prova e genere separatamente nei due sub-campione, la differenza risulta significativa solo per il sub-campione sloveno, mentre ragazzi e ragazze italiane non si differenziano significativamente.

In relazione all’uso attuale di bevande alcoliche, gli studenti italiani sembrano consumare con più frequenza vino, superalcolici, alcopops, aperitivi e cocktail (le differenze sono statisticamente significative) rispetto agli studenti sloveni.

Concordano con le attese le differenze fra i generi nella frequenza di consumo delle bevande alcoliche, che vedono una minor frequenza fra le femmine per birra, vino e alcopops; purtroppo, non è significativa la differenza nella frequenza d’uso si superalcolici, aperitivi e cocktail. Se si esaminano le

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Anna Maria Boileau 62

distribuzioni per nazionalità, tuttavia, la significatività nelle differenze di genere permane solo per la frequenza di consumo di birra e vino.

In relazione all’età, risulta ovvio il tendenziale aumento di frequenza d’uso all’aumentare dell’età, che però è statisticamente significativa solo per l’uso della birra e del vino.

Quanto ai luoghi preferenziali di consumo delle bevande alcoliche, bar e discoteca sembrano raccogliere la maggior quota di frequentanti (bevitori ed ex-bevitori); nell’ordine delle preferenze, seguono:

- per gli studenti italiani, casa propria (il che è molto probabilmente in relazione con l’uso del vino e/o della birra in famiglia ai pasti) e casa di altri;

- per gli studenti sloveni, luoghi all’aperto e casa d’altri. Fra le indicazioni associate ad “altrove”, spesso vengono menzionate le feste fra amici e, fra gli

studenti sloveni, i club giovanili. 7. Uso non terapeutico di medicinali

L’uso non terapeutico di medicinali, pur se non particolarmente diffuso, ha comunque coinvolto in qualche misura l’11% degli studenti su entrambi i lati del confine e continua ad interessare quasi il 4% di essi.

Considerando congiuntamente l’uso attuale e quello solo del passato, la frequenza d’uso sembra essere stata significativamente diversa fra le due nazionalità, con gli studenti italiani che ne hanno fatto un uso più frequente rispetto ai coetanei sloveni, ma la differenza torna ad essere non significativa se si considera solo l’uso attuale. 8. L’esperienza con le droghe illegali

Oltre l’80% degli studenti (77% degli italiani e oltre l’83% degli Sloveni, differenza statisticamente

significativa) dichiara di conoscere qualche persona che fa uso di droghe illegali. Possiamo descrivere in questo modo la diffusione attuale delle diverse droghe illegali fra gli studenti

delle due nazionalità, almeno stando alle loro dichiarazioni:

italiani sloveni

• fanno uso di cannabis e/o derivati 15,1% 15,0% • fanno uso di ecstasy 1,8% 1,4% • fanno uso di amfetamine 1,8% 1,6% • fanno uso di cocaina 2,6% 0,2% • fanno uso di eroina 0,8% 0,2% • fanno uso di allucinogeni 2,0% 0,2% • fanno uso di altri tipi di droghe 1,1% 0,6%

Sempre stando alle dichiarazioni degli studenti, l’esperienza con le droghe ne ha coinvolto però un

numero molto maggiore, che affermano di aver smesso tale pratica:

italiani sloveni

• hanno fatto uso di cannabis e/o derivati 23,5% 28,3% • hanno fatto uso di ecstasy 4,1% 5,3% • hanno fatto uso di amfetamine 3,9% 4,1% • hanno fatto uso di cocaina 5,3% 2,7% • hanno fatto uso di eroina 2,2% 1,2% • hanno fatto uso di allucinogeni 5,5% 3,3% • hanno fatto uso di altri tipi di droghe 0,7% 1,4%

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I giovani e l’uso di sostanze psicoattive 63

Fatta salva l’attendibilità delle informazioni fornite, si conferma il fenomeno della multidipendenza,

apparentemente più presente fra gli studenti italiani: fra di essi, 81 hanno si sono dichiarati consumatori, ma hanno prodotto 254 menzioni complessive, mentre 76 studenti sloveni hanno indicato 94 comportamenti di consumo.

E’ molto probabile che in alcuni questionari siano state indicate abitudini d’uso superiori al reale, con intento provocatorio; d’altra parte, è altrettanto probabile che timori e reticenze abbiano indotto alcuni studenti a non svelare le abitudini reali. Pur se si tiene conto di queste considerazioni, il quadro non si presenta molto confortante, soprattutto se ricordiamo che i due sub-campioni sono statisticamente rappresentativi della popolazione di studenti delle scuole medie superiori delle due aree territoriali.

Va ancora sottolineato che, nella compilazione dei questionari, alla voce “altro tipo di droga provato” erano state aggiunte numerose specificazioni – formulate spesso secondo la terminologia in uso nell’ambiente dei consumatori – che sono state, in sede di codifica, ricondotte alle classificazioni già previste nel questionario. Ciò molto probabilmente segnala una scarsa conoscenza, fra i consumatori – regolari o occasionali – della reale natura di ciò che consumano e, quindi, dei possibili effetti e conseguenze che ne potrebbero derivare.

Si riporta di seguito un quadro sinottico della frequenza d’uso (passata per chi ha smesso, attuale per chi continua l’uso) delle diverse droghe illegali, con percentuali riferite ai due sub-campioni complessivi.

Nella distinzione per nazionalità, significative appaiono le differenze nella frequenza d’uso (attuale e passata, congiuntamente) di marijuana, in quanto l’uso sembra essere (o essere stato) più accentuato fra gli studenti italiani e nella quantità di esperienze con la cocaina, ancora una volta più frequenti fra gli studenti italiani.

In generale, il primo incontro con le droghe illegali avviene dopo il 14° anno di età, ma nel caso della cannabis e/o derivati la prima esperienza avviene anche in età precedente e significativamente più spesso fra gli studenti italiani che fra gli sloveni. Come già nel caso delle sigarette, anche per questo tipo di esperienza la soglia critica sembra essere il momento del passaggio dalle scuole medie inferiori alle superiori.

Se si tiene conto invece dell’uso attuale dichiarato, con l’eccezione della cannabis e/o derivati, l’età critica di mantenimento dell’uso sembra essere quella dei 17-18 anni, che è anche quella in cui più spesso ci sono state esperienze “ormai abbandonate” con la marijuana e simili.

L’unica differenza significativa per genere concerne una minor frequenza di esperienze con marijuana fra le ragazze.

La discoteca, come ci si poteva attendere, emerge come luogo di consumo preferenziale per ecstasy, amfetamine, cocaina e allucinogeni. Le cifre però sono abbastanza basse per poter generalizzare e non risulta comunque alcuna differenza significativa fra nazionalità.

Quanto ai “luoghi deputati” per il consumo, per quanto concerna la marijuana esso avviene prevalentemente all’aperto; tuttavia, nel caso degli studenti italiani risulta consistente anche l’uso “in casa d’altri”, mentre fra gli studenti sloveni la relativa percentuale è decisamente inferiore (differenza statisticamente significativa).

Quanto alle opinioni circa il/i luoghi dove più facile sarebbe l’incontro con la droga, le opinioni dei due sub-campioni nazionali sono significativamente differenziate.

Gli studenti sloveni si ripartiscono equamente (42,2% per ogni risposta) nell’indicare strade-parchi-giardini e discoteca come i luoghi più probabili; oltre metà (55%) degli studenti italiani segnala la discoteca e solo il 25% indica strade-parchi-giardini; anche se minoritarie, non vanno trascurate le percentuali (8,4% fra gli italiani, 6,3% fra gli sloveni) di coloro che indicano la scuola come luogo di possibile prima esperienza con le droghe.

Nelle opinioni sul dove sia più facile acquistare le sostanze per il consumo, si riscontrano ancora differenze significative per nazionalità. Secondo gli studenti italiani, la discoteca rimane il luogo più probabile (44,2%), seguita da strade-parchi-giardini (34,2%) e dalla scuola (10,6%). Secondo gli studenti sloveni, i luoghi più probabili per l’acquisto sono le strade-parchi-giardini (53,7%), seguiti dalla discoteca (23,7%) e – purtroppo – dalla scuola (14,2%).

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ogni

giorno

+ di 2 vv. a

settimana1-2 vv. a settimana

- di 1 vv. a

settimanasolo

provata mai Totale MARIJUANA Italiani 39 17 20 57 63 314 510

7,6% 3,3% 3,9% 11,2% 12,4% 61,6% 100,0%

Sloveni 25 13 19 51 92 289 489

5,1% 2,7% 3,9% 10,4% 18,8% 59,1% 100,0%

Totale 64 30 39 108 155 603 999

6,4% 3,0% 3,9% 10,8% 15,5% 60,4% 100,0%

ECSTASY Italiani 1 4 3 13 9 478 508

,2% ,8% ,6% 2,6% 1,8% 94,1% 100,0%

Sloveni 0 1 2 11 17 458 489

,0% ,2% ,4% 2,2% 3,5% 93,7% 100,0%

Totale 1 5 5 24 26 936 997

,1% ,5% ,5% 2,4% 2,6% 93,9% 100,0%

AMFETA Italiani 2 1 4 13 9 480 509

MINE ,4% ,2% ,8% 2,6% 1,8% 94,3% 100,0%

Sloveni 1 2 2 10 11 463 489

,2% ,4% ,4% 2,0% 2,2% 94,7% 100,0%

Totale 3 3 6 23 20 943 998

,3% ,3% ,6% 2,3% 2,0% 94,5% 100,0%

COCAINA Italiani 4 2 3 13 16 471 509

,8% ,4% ,6% 2,6% 3,1% 92,5% 100,0%

Sloveni 0 1 1 3 8 476 489

,0% ,2% ,2% ,6% 1,6% 97,3% 100,0%

Totale 4 3 4 16 24 947 998

,4% ,3% ,4% 1,6% 2,4% 94,9% 100,0%

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EROINA Italiani 3 1 2 2 7 493 508 ,6% ,2% ,4% ,4% 1,4% 97,0% 100,0% Sloveni 0 1 0 0 5 483 489 ,0% ,2% ,0% ,0% 1,0% 98,8% 100,0%Total 3 2 2 2 12 976 997 ,3% ,2% ,2% ,2% 1,2% 97,9% 100,0%

ALLUCIN. Italiani 4 3 7 23 471 508 ,8% ,6% 1,4% 4,5% 92,7% 100,0% Sloveni 0 1 3 11 474 489 ,0% ,2% ,6% 2,2% 96,9% 100,0%Total 4 4 10 34 945 997 ,4% ,4% 1,0% 3,4% 94,8% 100,0%

ALTRO Italiani 3 0 0 2 2 448 455 ,7% ,0% ,0% ,4% ,4% 98,5% 100,0% Sloveni 0 1 2 2 4 480 489 ,0% ,2% ,4% ,4% ,8% 98,2% 100,0%Total 3 1 2 4 6 928 944 ,3% ,1% ,2% ,4% ,6% 98,3% 100,0%

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9. Le informazioni sulle sostanze psicoattive

Entrambi i sub-campioni si ritengono in possesso di buone informazioni, sia sulle droghe legali che su quelle illegali e gli studenti sloveni in misura significativamente superiore agli studenti italiani. Va sottolineato che si tratta di convinzioni personali degli intervistati e niente è possibile inferire circa i contenuti delle informazioni presunte.

Più interessante risulta l’analisi sulle fonti da cui i nostri studenti ricavano le proprie informazioni, corrette o distorte che siano, su effetti, conseguenze e pericoli legati all’uso delle sostanze psicoattive.

Per quanto riguarda le “droghe legali” , l’ordine di frequenza di ricorso alle diverse fonti è uguale in entrambi i sub-campioni, anche se le percentuali nel campione sloveno sono talvolta leggermente inferiori: fonte principale sono i genitori, seguiti dagli opuscoli, dagli amici, dagli insegnanti e da esperti a scuola; anche in questo campo, internet arriva ormai a superare i libri ed i dibattiti.

Fra coloro che li utilizzano come fonti privilegiate, amici, opuscoli e dibattiti sono più significativamente “frequentati” dagli studenti italiani.

Circa le droghe illegali , la graduatoria delle fonti esperite si modifica sostanzialmente sia rispetto alla precedente, sia entro i due sub-campioni.

Fra gli studenti italiani, la fonte più “consultata sono gli amici (35,2%), seguiti in pari posizione da esperti a scuola e da insegnanti (33,7%), quindi da opuscoli e internet.

Fra gli studenti sloveni, la fonte più utilizzata sono gli esperti a scuola (54%), seguiti dagli amici, dagli insegnanti, da internet e dagli opuscoli. In questo campo, i genitori sono assolutamente fonte minoritaria - 23% fra gli studenti italiani, 17,9% fra gli studenti sloveni – e fra gli studenti italiani i dibattiti sono “ascoltati” ancor meno dei genitori.

Nelle differenze fra nazionalità, statisticamente significativa risulta la maggior frequenza (quasi 17 punti percentuali) di informazioni in ambito scolastico provenienti da esperti, fra gli studenti sloveni, come pure un maggior utilizzo (ma solo circa 5 punti percentuali di differenza) dei dibattiti; per contro, statisticamente significativa la differenza– a favore degli italiani – di ottenimento, sia pure ridotto, di informazioni provenienti dai genitori.

[A.M. Boileau, Giovani ed uso di sostanze psicoattive. Rapporto di ricerca, Ass n. 2, Gorizia, 2007].

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GLI STILI DI MANGIARE FUORI CASA Daniele Del Bianco

Abstract: L’articolo deriva da una ricerca, svolta per la Provincia di Gorizia, sulle abitudini alimentari fuori casa dei residenti in provincia di Gorizia. Viene rilevato quante volte alla settimana il residente va mangiare fuori casa, in quale giorno della settimana, dove va, perche esce, cosa fa il sabato sera e la domenica, cosa mangia. Keywords: Gorizia, abitudini alimentari, luoghi

• − • − • Introduzione: scopo della ricerca

Mangiare, si sa, non risponde solamente ad un’esigenza fisiologica ma contiene in sé significati e caratteristiche sociali peculiari che riflettono aspetti salienti di una determinata comunità. Inoltre, le abitudini alimentari racchiudono i prodromi dei pattern di socializzazione ed organizzazione sociale della comunità stessa.

Proprio da questa prospettiva, ISIG ha condotto uno studio atto ad esplorare le abitudini alimentari fuori casa dei residenti in provincia di Gorizia concentrandosi particolarmente sul quando, sul dove, sul perché e sul che cosa si mangia fuori casa.

Lo studio è stato realizzato attraverso la somministrazione telefonica, nei mesi di agosto e settembre 2007, ad un campione di 401 intervistati residenti in provincia di Gorizia, di un questionario di circa 40 domande che proponevano domande relative agli stili alimentari condotti fuori casa infrasettimanalmente e durante la fine settima tanto per motivi di studio e di lavoro che per piacere.

Il rapporto, dopo una breve descrizione del campione, presenterà dapprima il quadro generale emerso dalla ricerca a livello aggregato e, in seguito, si soffermerà sull’analisi degli stili alimentari fuori casa riscontrati per alcune giornate specifiche ritenute più significative. 1. Ma chi sei?

I 401 intervistati sono tutti residenti nella provincia di Gorizia e ne riproducono il più possibile quella che è la realtà. Sono state infatti create quote basate su sesso, residenza e classe d’età proporzionando il numero dei casi al totale degli abitanti.

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Daniele Del Bianco 68

Del campione, il 48,1% sono maschi e il 51,9% femmine. La distribuzione tra maschi e femmine è equa anche per fasce d’età e zone di residenza. L’età varia dai 15 agli 84 anni. L’età media è abbastanza alta, con una prevalenza delle fasce dai 40 ai 59 anni (33,9%) e dai 60 agli 84 anni (30,9%).

Il campione è stato suddiviso raggruppando i comuni per zone di residenza: monfalconese1, goriziano2, cormonese3, gradiscano4 e Grado. La città con maggior percentuale di rispondenti è Gorizia, con il 27,4% sull’intero campione.

32,7%

9,0%8,7%

42,9%

6,7%

goriziano cormonese gradiscano monfalconese grado

I giovani e giovanissimi sono per lo più residenti in famiglia. Il 59% dei trentenni è sposato, l’11%

abita con i genitori e i restanti (11,5%) convivono. Tra i 40 e i 59 anni, l’80% è coniugate. Tra chi ha più di sessant’anni il 15,3% è vedovo. I conviventi non sposati si ritrovano soprattutto nella fascia tra i 30 e i 39 anni.

1 Doberdò del Lago, Fogliano Redipuglia, Monfalcone, Ronchi del Legionari, San Canzian d’Isonzo,

San Pier d’Isonzo, Staranzano, Turriaco 2 Farra d’Isonzo, Gorizia, Mossa, San Floriano del Collio, San Lorenzo Isontino e Savogna d’Isonzo 3 Capriva del Friuli, Cormons, Dolegna del Collio, Mariano del Friuli, Medea e Morato 4 Gradisca d’Isonzo, Romans d’Isonzo, Sagrado, Villesse

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Gli stili di mangiare fuori casa 69

17,2%

60,6%

3,2%

19,0%

genitori con/senza altri familiari coniuge con/senza figlipartner con/senza figli single con/senza figli

16,2%

13,0%

60,6%

2,2%3,0% 4,7%

0,2%

celibe nubile coniugato coabitante separato di fattoseparato legalmente divorziato vedovo

Le persone in possesso della sola licenza elementare sono l’80% sopra i 60 anni. La maggioranza dei

laureati ha 40-59 e 30-39 anni (rispettivamente 39% e 31%). Il 34,8% dei diplomati ha tra i 40 e i 59 anni, il 26,4% tra i 30 e i 39 anni, mentre il 15,7% tra i 20 e i 29.

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Daniele Del Bianco 70

44,4%2,7%

29,7%

3,0%

10,2%

9,5%

0,5%

laurea di 4 anni/laurea specialistica laurea triennale nuovo ordinamento

diploma scuola superiore 4/5 anni diploma scuola superiore 2/3 anni

licenza media licenza elementare

nessun titolo

La metà del campione è regolarmente occupata (49,6%), mentre il 26,4% è in pensione. Le casalinghe

(11,7%) aumentano in proporzione all’età. Il 51,1% delle appartenenti a questo gruppo ha svolto in passato una qualche attività lavorativa. Gli occupati nel 51% dei casi hanno tra i 40 e i 59 anni, nel 10,1% tra i 20 e i 29. I disoccupati nel 55,6% dei casi hanno tra i 20 e i 29 anni. La metà degli studenti ha tra i 20 e i 29 anni; l’altra metà è composta dai giovanissimi.

49,6%

11,7%

9,2%

26,4%

0,2% 2,2%

0,2%

0,2%

occupato disoccupato_cassa integratoin cerca di prima occupazione casalingastudente inabile al lavororitirato dal lavoro in altra condizione

Le persone che hanno accettato di rispondere alle successive domande sul loro lavoro sono 313. La parte più consistente è assunta a livello impiegatizio (61%), seguita dagli operai (21,1%). La

prestazione d’opera occasionale riguarda soprattutto studenti 20-29enni (62,4%). Gli impiegati hanno tra i 40 e i 59 anni (44,5%), e tra i 30 e i 39 anni (24,1%).Gli operai, invece, rientrano nelle ultime due fasce d’età. I liberi professionisti sono i 30-39enni e 40-59enni nel 42,9% dei casi ciascuno. I lavoratori in proprio si riducono tra chi ha meno di 39 anni. Per il 61% gli impiegati sono donne, mentre per il 71,2%

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Gli stili di mangiare fuori casa 71

gli operai sono maschi. Imprenditori, liberi professionisti e lavoratori in proprio vedono una netta predominanza maschile. Se si considerano solo le persone attualmente occupate, il 66,3% è impiegato, il 16,8% è operaio, il 3,1% è imprenditore, il 3,6% è libero professionista e il 5,6% lavora in proprio. L’attività economica più diffusa è l’industria, che raccoglie il 28,3% dei casi. Seguono l’istruzione, la sanità e i servizi sociali (18,3%), il commercio e la ristorazione (16,1%), la pubblica amministrazione e la difesa (14,8%).

Per quanto riguarda le attività lavorative si nota una divisione di genere: agricoltura, industria,

costruzioni, trasporti e comunicazioni, attività professionali, pubblica amministrazione, sono decisamente settori maschili; commercio, ristorazione, istruzione, sanità e servizi sociali vedono una netta predominanza di lavoratrici donne. 2. Ma come esci?

81%

19%

Esce almeno una volta Non Esce mai

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Daniele Del Bianco 72

A fronte dell’81% degli intervistati che ha risposto di mangiare fuori casa più o meno spesso per motivi non di lavoro o di studio, il 19% ha invece affermato di non uscire mai. In maggioranza donne (64,5%, p<0,055 Phi –0,122), la fascia d’età con la minor propensione a mangiare fuori casa è quella tra i 60 e i 69 anni (61,8%, p<0,0011 V di Cramer 0,342). Prendendo in considerazione lo stato civile, l’abitudine di non mangiare fuori casa è statisticamente rilevante tra i vedovi (13,2%, p<0,051 V di Cramer 0,245). Si tratta prevalentemente di pensionati e di casalinghe (rispettivamente 48,7% e 26,3%, p<0,0011 V di Cramer 0,396) . Per quanto riguarda le caratteristiche socio-demografiche dei rispondenti che mangiano fuori casa per motivi non di lavoro o studio, esse rispecchiano in linea di massima quelle complessive del campione. Brevemente, ricordiamo che, a differenza del totale degli intervistati, questi sono in prevalenza maschi (51,1%), ma che le fasce d’età più rappresentate rimangono, pur in percentuali diverse, dai 40 ai 59 anni (35,7%), dai 60 ai 69 anni (23,7%) e dai 30 ai 39 anni (21,5%).

83%

14%

1,2% 0,2%

2%

1 volta 2 volte 3 volte 4 volte 5 volte

3. Ma quando esci?

Dei 325 intervistati che hanno dichiarato di mangiare fuori casa, facendo riferimento ad una settimana qualunque, la maggior parte (67,3%) ha risposto di uscire una sola volta alla settimana, per una cena o per il pranzo della domenica. Tra questi, solo il 27,4% ha dichiarato di mangiare fuori ogni settimana, mentre il 53,3% una sola volta al mese, e il 19,3% più raramente.

Il giorno preferito per mangiare fuori è il sabato a cena, occasione in cui si svolgono il 48% delle uscite, seguito dalla domenica (cena 16%, pranzo 15%).

5 Significatività statistica calcolata sul totale del campione N=401 (chi mangia fuori casa almeno una volta e chi invece non esce mai)

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Gli stili di mangiare fuori casa 73

13%

8%

48%

15%

16%

Lun - Gio cena Venerdì cena Sabato cenaDomenica pranzo Domenica cena

4. Ma dove vai?

Le pizzerie riscuotono maggior successo ed esprimono la principale destinazione per chi vuole mangiare fuori; infatti il 36% delle uscite avviene in pizzeria. Il ristorante rappresenta il 26% delle uscite, mentre i locali che offrono una gastronomia tipica e casalinga (agriturismo e trattorie) attirano insieme il 30% delle uscite (15% ciascuno). Visite ad amici e famigliari per mangiare assieme avvengono solamente nel 5% dei casi.

Per tutte le fasce d’età comprese tra i 15 e i 59 anni, la pizzeria rimane il locale più frequentato ed è così specialmente per i teenager ed i 20-29enni (78% e 66% rispettivamente). Mentre questa continua a raccogliere un certo consenso tra i 30-39enni e tra i 40-59enni (40% e 33% rispettivamente), i rispondenti tra i 60 e i 69 anni sembrano preferirle altre destinazioni (pizzeria 11%). Il ristorante risulta la destinazione prevalente per chi non sceglie la pizza in tutte le fasce d’età, teenager a parte, e quella predominante (32%) per i 60-69enni, che dimostrano anche un maggiore interesse rispetto agli altri rispondenti per trattorie ed agriturismo (p<0,001, V di Cramer 0,0292). Solamente per le due fasce d’età più giovani il fast food (bar/tavola calda) risulta essere una possibile meta d’uscita (17% e 11% rispettivamente).

Si decide dove andare a mangiare in base alla precedente conoscenza del locale, indipendentemente dalla sua tipologia, o a consigli ricevuti al riguardo (78% e 17% rispettivamente).

Come già indicato, il sabato sera risulta essere il momento privilegiato per mangiare fuori, seguito da domenica a pranzo e domenica a cena. Analizzando la tipologia di locale prescelto rispetto ai giorni della settimana, possiamo notare che la pizzeria rimane la scelta predominante in ogni occasione, salvo la domenica a pranzo, e il ristorante è la seconda opzione in tutti i giorni della settimana, tranne, appunto, la domenica a pranzo. Se si considerano però assieme trattorie e agriturismo, in quanto locali dove è possibile assaggiare una cucina tipica o casalinga a costi inferiori rispetto al ristorante, si nota che questi si collocano sempre al secondo posto, con una percentuale media del 31%.

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Daniele Del Bianco 74

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Parenti/Amici Ristorante TrattoriaAgriturismo Pizzeria Bar/Tavola calda

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15-19 20-29 30-39 40-59 60-69

Fasce d'Età

%

Parenti/Amici Ristorante Trattoria Agriturismo Pizzeria Tavola calda/Bar

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DomenicaPranzo

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Ris

pond

enti

(n)

Parenti/Amici Ristorante Trattoria

Agriturismo Pizzeria Bar/Tavola calda

5. Ma perché esci?

Il 51% delle uscite sono motivate dal desiderio di incontrare gli amici, e il 15% di incontrare i famigliari. Il 19%, invece, è motivato dalla comodità di non dover cucinare e l’11% dal piacere di mangiare fuori casa.

Tenuto conto de fatto che la maggior parte delle uscite avviene nella fine settimana (48% il sabato, 31% la domenica), sembra opportuna un’analisi più approfondita di ciò che avviene in questi due giorni, distinguendo tra domenica a pranzo e a cena.

15%

51%

19%

11%4%

Famiglia Amici Comodità Piacere Dieta

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Daniele Del Bianco 76

6. Ma come esci, il sabato sera?

Considerando gli intervistati che rispondono di mangiare fuori casa almeno una volta il sabato sera (195 casi), in una qualsiasi settimana dell’anno, possiamo affermare che questi sono ripartiti equamente per sesso (54% maschi e 46% femmine); che hanno per lo più tra i 40 e i 59 anni (37%); che sono prevalentemente coniugati (59%); che sono occupati (64%) ed in prevalenza come impiegati (50%).

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Ristorante Trattoria Agriturismo Pizzeria

(%)

Pizza Solo primoSolo secondo Primo/Secondo e antipasto/contornoPrimo e Secondo e antipasto/contorno Dessert

Tra questi il 56% decide di mangiare fuori casa il sabato sera almeno una volta al mese, mentre il 24% esce tutti i sabati; è interessante notare che la fascia d’età per cui è prevalente l’uscita quasi tutti sabati è quella dei 20-29enni (34%). Il restante 20% sceglie il sabato sebbene esca in generale più raramente. Anche in questo caso la motivazione prevalente che spinge all’uscita è l’incontro di parenti o amici (61%). Come detto in precedenza la pizzeria è il luogo più spesso scelto (41%), seguito da ristoranti (23%), agriturismo (15%) e trattorie (14%). Ancora una volta, privilegiando l’analisi del tipo di cucina ricercata dai rispondenti, è possibile considerare assieme le ultime due categorie, che in tal modo si situano seconde, dopo le pizzerie. Nella maggior parte dei casi, il locale scelto si trova nella stessa area di residenza del rispondente ed è un locale dove si è già stati. La scelta del locale è legata all’età del rispondente (p<0,001, V di Cramer 0,274), con la progressiva diminuzione in termini relativi della scelta delle pizzerie e l’aumento di quella dei ristoranti. Per quanto riguarda trattorie ed agriturismo, l’andamento è simile a quello dei ristoranti, anche se questi ultimi sono prediletti dai 30-39enni (36%) e dai 60-69enni (53%).

Tenendo conto che in pizzeria la scelta del menù è quasi obbligata (solo pizza 100%), e che vi si bevono in prevalenza birra (37,5%), acqua minerale e altre bibite analcoliche (29% e 26%), l’analisi si concentra sul menù scelto da chi mangia al ristorante, trattoria o agriturismo. In tutti e tre i casi si ordina prevalentemente un antipasto o un contorno ed un piatto principale -primo o secondo- (46,5%, 67% e 54% rispettivamente; p<0,001, V di Cramer 0,506). Al ristorante si ordina più spesso che altrove un menù completo (44%, 26% e 27% rispettivamente). Rispetto a tutte le possibilità di uscita, il dessert viene consumato principalmente al ristorante o in agriturismo. In tutti e tre i casi si bevono prevalentemente uno o più bicchieri di vino ed acqua minerale (43%, 37% e 52% rispettivamente). Da notare è che solo pochi degli intervistati ordinano solo vino, e nessuno ha dichiarato di concludere il pasto con superalcolici. 7. Ma come esci, la domenica a pranzo?

Considerando gli intervistati che rispondono di mangiare fuori casa almeno una volta la domenica a pranzo (57 casi), in una qualsiasi settimana dell’anno, possiamo affermare che questi sono così ripartiti per

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Gli stili di mangiare fuori casa 77

sesso: 41% maschi e 59% femmine; che hanno per lo più tra i 40 e i 59 anni (44%) e tra i 60 e i 59 anni (44%); che sono prevalentemente coniugati (78%); che sono occupati (42%) o pensionati (39%).

Da notare la scarsissima rappresentanza delle altre fasce d’età. Tra questi il 54% decide di mangiare fuori casa la domenica a pranzo almeno una volta al mese, mentre l’11% esce tutte le domeniche a pranzo. Il 35% sceglie il pranzo della domenica sebbene esca in generale più raramente. Anche in questo caso la motivazione prevalente che spinge all’uscita è l’incontro di parenti o amici (37%), sebbene la domenica a pranzo più di ogni altro momento vede un cospicuo numero di rispondenti motivare la scelta per l’incontro di famigliari (32%). Il luogo più spesso scelto (40%) è il ristorante, seguito da agriturismo (18%) e trattorie (18%); assume un’importanza maggiore rispetto ad altri momenti la visita a parenti o amici (14%). Ancora una volta, privilegiando l’analisi del tipo di cucina ricercata dai rispondenti, è possibile considerare assieme le ultime due categorie, che in tal modo si situano seconde, dopo i ristoranti. Nella maggior parte dei casi, il locale scelto si trova in provincia ed è un locale conosciuto.

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Parenti/amici Ristorante Trattoria Agriturismo

(%)

Solo primoPrimo/Secondo e antipasto/contornoPrimo e Secondo e antipasto/contornoDessert

Considerate le tipologie di menù ordinate al ristorante, agriturismo o trattoria, si nota che l’opzione prevalente privilegia la scelta di un piatto principale e di un antipasto o contorno (rispettivamente 43%, 56% e 44%). In tutti e tre i casi si bevono prevalentemente uno o più bicchieri di vino ed acqua minerale (30%, 67% e 70% rispettivamente). Chi pranza a casa di parenti o amici tende a consumare un pasto completo, dessert compreso. 8. Ma come esci, la domenica a cena?

Considerando gli intervistati che rispondono di mangiare fuori casa almeno una volta la domenica a cena (65 casi), in una qualsiasi settimana dell’anno, possiamo affermare che questi sono così ripartiti per sesso: 60% maschi e 40% femmine; che hanno tra i 30 e i 39 anni nel 31% dei casi, tra i 40 e i 59 anni nel 29%, tra i 60 e i 59 anni nel 22%; che sono prevalentemente coniugati (55%) o celibi (32%); che sono soprattutto occupati (55%) o pensionati (22%).

Tra questi il 44% decide di mangiare fuori casa la domenica a cena almeno una volta al mese, mentre il 28% esce tutte le domeniche a cena. Il 28% sceglie la cena della domenica sebbene esca in generale più raramente. Anche in questo caso la motivazione prevalente che spinge all’uscita è l’incontro di parenti o amici (50%); il 23% dei rispondenti è spinto dalla comodità di non dover cucinare. Il luogo più spesso scelto ritorna ad essere la pizzeria (38%), seguito dal ristorante (22%) e da agriturismo (16%) e trattorie (17%). Ancora una volta, privilegiando l’analisi del tipo di cucina ricercata dai rispondenti, è possibile considerare assieme le ultime due categorie, che in tal modo si situano seconde. Nella maggior parte dei casi, il locale scelto si trova vicino all’area di residenza ed è un locale conosciuto (80%).

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Ristorante Trattoria Agriturismo Pizzeria

(%)

Pizza Solo primoSolo secondo Primo/Secondo e antipasto/contornoPrimo e Secondo e antipasto/contorno Dessert

In pizzeria la scelta ricade nel 100% dei casi sulla pizza. L’opzione prevalente per ristoranti e trattorie (rispettivamente 57% e 60%) è la scelta di un piatto principale e di un antipasto o contorno. Se in pizzeria si predilige la scelta della birra (58%), al ristorante, trattoria o agriturismo la scelta ricade su la sola acqua o su uno o più bicchieri di vino ed acqua minerale. 9.Ma come esci, durante la settimana?

Durante i giorni feriali il 91% del campione intervistato fa colazione a casa propria, a fronte di un 6% che ha risposto di non fare abitualmente colazione e di un rimanente 3% che fa colazione al bar. Tra questi ultimi la maggior parte (44%) consuma un caffè/cappuccino con una brioche. Se durante la settimana il 99% del campione cena a casa, il 23% pranza abitualmente fuori casa.

Di questi, il 41% pranza in una mensa aziendale (o scolastica, solo in un caso), il 28%sul posto di lavoro “al sacco” e solo l’11% al ristorante.

Se consideriamo anche chi mangia in trattoria, in pizzeria o in una tavola calda, possiamo affermare che il 16% del campione pranza abitualmente in un esercizio di ristorazione. Infine il 9% dei rispondenti si ferma a pranzo al bar. Coloro che pranzano fuori casa sono prevalentemente maschi (57%), in età lavorativa (20-29enni 18%; 30-39, 40-59enni 39% ciascuno). Infatti, l’87% di questi risulta occupato (principalmente nei settori di industria, 27%, e terziario, 45%) e l’11% sono studenti. Non sorprende quindi che la motivazione principale che spinge a pranzare fuori casa nei giorni feriali sia prevalentemente legata all’attività lavorativa o allo studio. I rispondenti che pranzano al ristorante, in trattoria, in pizzeria, in un bar o tavola calda sono prevalentemente impiegati o quadri (74%).

Chi pranza in mensa, e nella maggior parte dei casi usufruisce di servizio gratuito o con forti riduzioni di prezzo, l’opzione menù più ricorrente è un piatto principale, il contorno o l’antipasto (53%), sebbene un menù completo con primo e secondo, antipasto o contorno ricorra nel 36% dei casi. Chi si porta il pranzo “al sacco” sul lavoro o a scuola, consuma prevalentemente un panino (68%); chi si reca al bar, nel 100% dei casi, pranza anch’egli con un panino o altro snack. Chi pranza al ristorante, lo fa con un piatto principale e un antipasto o contorno nel 33% dei casi, solamente con un primo nel 27% e nel 19% con un pranzo completo. A pranzo nei giorni feriali si consuma preminentemente acqua minerale e anche il numero dei caffè è ridotto, confinato a chi pranza al ristorante.

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Pizza Panino

Nota metodologica

I dati sono stati raccolti attraverso la somministrazione telefonica di questionari ai residenti della Provincia di Gorizia.

Le interviste telefoniche, svolte dalla Dott.ssa Elisa de Biasio nei mesi di giugno e luglio 2007, hanno interessato 401persone residenti nella provincia di Gorizia e ne riproducono il più possibile quella che è la realtà. Sono state infatti create quote basate su sesso, residenza e classe d’età proporzionando il numero dei casi al totale degli abitanti. Il campione è stato suddiviso raggruppando i comuni per zone di residenza: monfalconese (Doberdò del Lago, Fogliano Redipuglia, Monfalcone, Ronchi del Legionari, San Canzian d’Isonzo, San Pier d’Isonzo, Staranzano, Turriaco), goriziano (Farra d’Isonzo, Gorizia, Mossa, San Floriano del Collio, San Lorenzo Isontino e Savogna d’Isonzo), cormonese (Capriva del Friuli, Cormons, Dolegna del Collio, Mariano del Friuli, Medea e Morato), gradiscano (Gradisca d’Isonzo, Romans d’Isonzo, Sagrado, Villesse) e Grado.

Il questionario è articolato in tre parti e, oltre a raccogliere le informazioni socio-anagrafiche dell’intervistato, contiene numerose domande sugli stili alimentari fuori casa del rispondente, sulla scelta del locale dove si reca nelle differenti modalità di uscita, e sulle motivazioni che sottintendono queste scelte.

[D. Del Bianco, Ma come mangi, Isig, Gorizia, 2007].

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SPORT DI QUALITÀ Elisabetta Pontello

Maura Del Zotto Abstract: L’articolo deriva da una ricerca, svolta per la Provincia di Gorizia, sull’associazionismo sportivo e sulla qualità dello sport in provincia di Gorizia. Vengono considerate le organizzazioni sportive, la loro funzione educativa e sociale, le valutazioni degli utenti. Keywords: Gorizia, organizzazioni sportive, utenti sportivi

• − • − • Premessa

L’esigenza di qualificare il servizio offerto in ambito formativo e sportivo così come la formazione degli operatori si stanno diffondendo nei diversi settori di riferimento: dalla scuola alle società sportive all’Università, agli Enti di promozione sportiva e al settore dell’impresa sportiva. Le risposte a tale esigenza sono, peraltro, molto diverse tra loro e mostrano impegno e modalità attuative differenti da parte dei soggetti coinvolti. Molti ambiti della vita sociale, tra questi il mondo dell’associazionismo e dello sport, si stanno qualificando e, similmente a quanto sta avvenendo nel mondo delle imprese, l’adozione dei principi della qualità è rappresentabile con una curva che tenderà ad impennarsi nel prossimo futuro. La prospettiva sembra in sostanza essere quella del riconoscimento delle pratiche e dei processi secondo criteri oggettivi e rigorosi anche da parte del settore educativo sportivo, finalizzati all’offerta di servizi sempre più qualificati in risposta alle richieste della società.

1. Lo sport come servizio educativo e sociale

La tematica oggetto della ricerca ha ispirato politiche e azioni intraprese dall’Amministrazione provinciale di Gorizia, dal Coni, Comitato provinciale di Gorizia e dal Centro Studi di Sociologia dello Sport, a partire dall’anno 2000.

Tali azioni si sono sviluppate nel tempo, documentate da pubblicazioni e intraprese alla luce della complessità che caratterizza il fenomeno sportivo, l’educazione motoria e lo sport, o meglio, le diverse forme di educazione attraverso lo sport.

Lo sport rappresenta uno strumento di formazione lungo tutto l’arco di vita, dal bambino all’adulto all’anziano, in quanto attraverso l’attività motoria sia individuale che di gruppo, sono più facilmente raggiungibili alcuni obiettivi educativi trasferibili sul piano esistenziale, a qualunque età: la capacità di proiettarsi verso una meta o un record, sviluppando un positivo atteggiamento progettuale nella vita; la capacità di autodeterminazione e autocontrollo sulla propria vita mediante il mantenimento della fiducia in se stesso; l’interiorizzazione di “valori difficili”, come la perseveranza, la rinuncia, la lealtà, il coraggio, la fermezza, ecc.; la capacità di conoscere i propri limiti ed autovalutarsi; la capacità di accettare gli altri e le regole del vivere sociale.

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Sport di qualità 81

In una prospettiva di educazione permanente, lo sport può essere uno strumento prezioso per la conquista o la conferma della propria identità di adulto e di anziano, per il conseguimento di una migliore autonomia e per l’acquisizione di competenze non limitate all’ambito motorio.

L’esame delle teorie dello sviluppo e dell’apprendimento applicate all’ambito motorio ha confermato il superamento di una visione dualistica della persona umana e la reciproca influenza delle dimensioni cognitiva, motoria, affettiva, morale e sociale della personalità. Tale visone unitaria risulta ampiamente riconosciuta dagli studiosi delle discipline psicologiche e pedagogiche e consente il superamento di una visione medicalizzata della salute ed essenzialmente fisiologica dell’attività motoria. Un tale approccio sembra essere più che attuale, come risulta da positive sinergie tra il mondo sportivo e l’ambito sanitario, educativo e socio-assistenziale, realizzate con gli enti locali, mediante efficaci progettazioni in rete. In sostanza, si rileva il valore sociale dello sport che veicola significati prioritari per il vivere in comunità: accoglienza, cooperazione, aiuto, ovvero valori essenziali per la società. Oggi più che mai lo sport sembra potersi collocare in orizzonti di senso che facciano propri tali valori e li realizzino quotidianamente nella pratica sportiva sia essa di tipo educativo, amatoriale, agonistico, riabilitativo, e quant’altro. In una prospettiva che considera salute e benessere come valori fondati sulla reciprocità e sull’intersoggettività, sembra possibile raggiungere, attraverso lo sport, modelli e stili di vita per i quali l’elemento indispensabile a realizzare il “gioco” sportivo, come quello della vita, è dato da un passaggio dalla dimensione intrapsicologica della persona a quella interpsicologica, da una dimensione individuale ad una collettiva. Ciò comporta un’equilibrata attenzione da un lato al benessere della persona che fa sport, dall’altro ai gruppi, alla comunità (amici, familiari, compagni, dirigenti, allenatori, insegnanti, associazioni, società sportive, ecc.), valorizzando in particolare il ruolo della famiglia. La salute appare allora in una dimensione etica che necessariamente rimanda all’altro, e non solo alle norme da rispettare, che condizionano i momenti di vita sportiva, ma soprattutto al benessere che può derivare dal condividere esperienze, creare relazioni tra persone, gruppi, popoli.

Lo sport non è solo il mantenersi in forma, il divertimento, lo sfogo, è molto di più: è un servizio sociale in quanto attraverso le sue pratiche, nei diversi contesti, offre un servizio richiesto dalla comunità. Un servizio che implica specifiche politiche e professionalità chiamate ad operare sinergicamente nella comunità, a partire dalla famiglia, rete informale di sostegno in condizioni normali e di bisogno, fino alla comunità locale, contesto di partecipazione attiva socio-comunitaria.

Alcune soluzioni ai problemi di una società complessa e, come dice Bauman “liquida”, spesso esasperata dalla competizione, che sta perdendo la sua dimensione propriamente umana centrata sul valore della persona, possono venire anche dallo sport, in un prospettiva di long life learning, di apprendimento continuo per un diritto allo sport garantito ad ogni persona, lungo tutto l’arco di vita.

E sicuramente il mondo sportivo, inteso come una tra le espressioni formative più belle che la società civile, volontaria, gratuita, disinteressata sia in grado di mettere in atto, può fare molto e sta facendo molto nel senso educativo, come emerge dai dati di ricerca. 2. Il progetto, gli scopi e gli obiettivi

Il progetto, intitolato "Sport di qualità: indagine sulla qualità del servizio offerto dall’ associazionismo sportivo della Provincia di Gorizia", si allinea con l’orientamento sopra espresso e, in una prospettiva interdisciplinare, individua in un’indagine ex-ante la possibilità di avviare sul territorio azioni sinergiche che possano condurre ad una miglior qualità della situazione esistente. Il progetto intende valorizzare il ruolo dello sport come veicolo di socializzazione, educazione e crescita culturale della popolazione partendo dall’ipotesi di una pratica diffusa nel territorio della Provincia isontina ai diversi livelli (scolastico, extrascolastico, familiare).

L’obiettivo generale è quello di conoscere l’offerta associativa sportiva del territorio della Provincia di Gorizia e di migliorare il servizio offerto anche nella sua dimensione educativa, qualificandolo al più ampio grado possibile e contribuendo allo sviluppo ed alla crescita della cultura sportiva nella realtà isontina. Gli obiettivi specifici sono riferibili all’analisi della situazione esistente, in particolare al quadro, pur complesso, dell’insieme delle associazioni sportive (Federazioni e Società Sportive, Enti di Promozione Sportiva, Discipline Sportive Associate) della Provincia di Gorizia; alla verifica del grado di soddisfazione degli utenti e delle famiglie rispetto al servizio fruito; alla possibile ricaduta delle evidenze

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Elisabetta Pontello, Maura Del Zotto 82

scientifiche per lo sviluppo di politiche sportive e sociali, con particolare riferimento alla funzione educativa dell’attività motoria e dello sport; l’esportabilità della ricerca e la trasferibilità delle metodologie in altri ambiti.

Le dimensioni indagate ed i fattori di qualità sono stati individuati nelle risorse umane e materiali. Per quanto riguarda le risorse umane si è privilegiato l’orientamento all’utente/cliente (famiglie,

giovani, adulti, che usufruiscono del servizio offerto dalla Società/Ente di promozione/Associazione sportiva) per verificare la comunicazione, l’accoglienza dei soggetti stranieri, l’accoglienza soggetti disabili, il coinvolgimento delle famiglie nelle attività formative, la certificazione antidoping, la proposta di centri estivi, la prevenzione e sicurezza (formazione e certificazione); la presenza di diverse figure professionali (istruttori con qualifiche federali, docenti laureati in scienze motorie, fisioterapista, medico, psicologo, pedagogista, revisore contabile, segretario, ecc.). Quanto al ruolo educativo dello sport sono state analizzate le attività per tipologia e fasce d’età, la consapevolezza del ruolo educativo dei dirigenti e degli istruttori, l’inizio dell’attività agonistica, gli orari di allenamento, i momenti di riflessione su valori dello sport, ecc. La leadership è stata esaminata in ordine ai seguenti fattori: gestione delle risorse umane, ruolo e formazione dei dirigenti, formazione degli istruttori, formazione del personale, gestione delle risorse materiali. Infine sono stati considerati il numero dei tesserati per fasce d’età, i risultati agonistici, l’attività promozionale e l’attività sociale.

Per quanto riguarda le risorse materiali i fattori considerati sono: le strutture (sicurezza, accessibilità, manutenzione ordinaria degli impianti); le attrezzature e dotazioni, ovvero le dotazioni informatiche, mezzi di trasporto, ecc.

È stata fatta infine una valutazione del progetto, a cura del Centro Studi di Sociologia dello Sport - Panathlon, basata sui seguenti indicatori: presenza di un gruppo di progetto multi professionale e multidisciplinare; diagnosi di contesto fondata su un’analisi dei bisogni nel contesto specifico e costituzione dei Tavoli di Lavoro; assunzione di riferimenti teorici e prove di efficacia da rilevarsi sulla base delle ricadute effettive con ulteriori azioni di monitoraggio e di verifica a lungo termine; collaborazioni e alleanze mediante il coordinamento tra settori interni ed esterni all’organizzazione; identificazione di metodi e strumenti, anche esportabili, per il raggiungimento degli obiettivi a breve e medio temine; valutazione di impatto a seguito della fase di diffusione e restituzione dei risultati della ricerca alla comunità; possibile sviluppo dell’iniziativa con ulteriori indagini sul territorio e sostenibilità in ordine al reperimento di fondi per la ricerca in ambito educativo e sportivo.

Quanto alle azioni svolte ed al ruolo degli Enti, nel mese di ottobre 2009 è stata sottoscritta la Convenzione-protocollo d’intesa. La Provincia di Gorizia quale Ente promotore ha finanziato il progetto di ricerca per consentirne la copertura finanziaria con la delibera del progetto “Sport Screening”, ha mantenuto i rapporti con gli Enti interessati per ottimizzare lo sviluppo delle diverse fasi della ricerca, partecipando ai Tavoli di Lavoro per lo sviluppo delle diverse fasi della progettazione. Il Centro Studi di Sociologia dello Sport (Csss) ha elaborato il progetto individuando il responsabile scientifico ed ha fornito le opportune consulenze anche con il contributo di esperti del Comitato provinciale del Coni, ha analizzato i risultati ed elaborato i testi di commento, impegnandosi nella divulgazione dell’iniziativa. L’Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia (Isig), ha partecipato ai tavoli di lavoro per lo sviluppo delle diverse fasi della progettazione, ha elaborato il disegno della ricerca esplicitandone le metodologie adottate e, in collaborazione con gli altri partner, ha predisposto lo strumento del questionario rivolto alle famiglie ed ai dirigenti sportivi; infine ha elaborato i dati e prodotto il report della ricerca, amministrando i fondi necessari alla ricerca, erogati dalla Provincia all’Isig stesso.

3. La ricerca 3.1 I questionari e la classificazione delle associazioni

Sono state contattate complessivamente 233 associazioni sportive, due terzi delle quali hanno risposto

al questionario autosomministrato. Alle associazioni è stato anche consegnato un questionario rivolto all’utenza che poteva essere compilato da atleti o, nel caso di bambini, da parte di uno dei genitori o parenti. I questionari-famiglia compilati risultano 544. Vista la relativa complessità dei temi trattati, e

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Sport di qualità 83

nonostante i tempi di consegna si siano leggermente dilatati rispetto all’agenda prevista, nel complesso il risultato appare più che soddisfacente.

Il questionario sottoposto alle associazioni sportive era mirato a fotografare la realtà esistente, ed esplorava il quadro generale della situazione interna alle associazioni, cercando di recepire dati anche sulla dirigenza e le risorse umane, le strutture e gli impianti, la funzione educativa, sociale e culturale svolta dalle associazioni. Infine veniva chiesta una valutazione dell’offerta formativa. Il questionario rivolto agli atleti consisteva in una autovalutazione sulla formazione ed i servizi offerti dalle associazioni.

Dopo aver vagliato numerose possibilità di raggruppamento delle discipline sportive presenti tra le numerose associazioni, si è deciso di adottare la classificazione “Lispo 2003” (Istat 2005)1. Essa si basa sull’insieme di indicazioni date dagli intervistati, (nomi e discipline) raggruppate dal particolare al generale. I nomi degli sport sono stati classificati secondo due criteri di massima: il contesto/ambiente ed il mezzo/strumento con cui è praticata. Tale classificazione tiene conto sia dell’aspetto internazionale (cioè la comparabilità a livello europeo), sia di quello nazionale. Ciò permette, sulla base degli sport dichiarati da ognuna delle associazioni, di contenere nella modalità “altri sport” tutti quelli che non rientrano nelle altre classi individuate. Nel caso specifico goriziano, avendo rilevato anche la presenza di associazioni che svolgono attività polivalenti, alla classificazione Lispo 2003 è stata aggiunta la voce “più attività”, classificando quindi 18 gruppi di discipline sportive, come si può vedere nella seguente tabella (Tab. 1).

Tab. 1 – Gruppi di associazioni secondo la classificazione “Lispo 2003” 1 Calcio 11,7 10 Pallacanestro 5,8 2 Sport acquatici e subacquei 3,2 11 Danza, ballo 7,1 3 Ginnastica, aerobica, fitness, cultura fisica 3,0 12 Caccia 0,6 4 Sport invernali, su ghiaccio, e di montagna 2,6 13 Pesca 2,6 5 Sport con palla e racchetta 3,9 14 Bocce, bowling, biliardo 5,2 6 Sport ciclistici 3,9 15 Sport nautici 4,5 7 Pallavolo 7,8 16 Altri sport con palla 3,9 8 Atletica leggera, footing, jogging 3,2 17 Altro sport 11,7 9 Arti marziali e sport da combattimento 8,4 18 Più sport 10,4

Totale 100,0 Le associazioni sportive della Provincia di Gorizia afferiscono prevalentemente alle Federazioni

Sportive Nazionali (70,1%), un quinto agli Enti di Promozione Sportiva, il 5,2% alle Discipline Sportive Associate ed infine, il 4,5% non hanno alcuna afferenza.

Esse risiedono per il 53,2% nell’area dell’ambito sanitario Alto Isontino e nel restante 46,8% nel Basso Isontino. Quasi metà delle strutture opera esclusivamente all’aperto, il 6,4% al chiuso, il 15,6% utilizzano strutture sia all’aperto che al chiuso. Delle 154 associazioni intervistate il 10,4% risultano appartenere alla minoranza slovena. 3.2 I tesserati

I tesserati dichiarati dalle associazioni sportive sono complessivamente 17.110, quasi due terzi dei quali di genere maschile. Rapportandoli a quelli della popolazione totale residente in Provincia di Gorizia (141.948 abitanti)2, ne consegue che il 12% della popolazione pratica un qualche tipo di sport e questo appare subito un risultato altamente significativo, che denota come, in Provincia di Gorizia, l’attività

1 Cfr. la classificazione delle attività sportive ‘Lispo 2003’ in “Lo sport che cambia. I comportamenti

emergenti e le nuove tendenze della pratica sportiva in Italia”, Appendice C - Istat 2005 e le pubblicazioni Istat sulla pratica sportiva in www.culturaincifre.istat.it/.

2 Regione in cifre 2009, Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, SISTAN - Sistema Statistico Nazionale, Tav. 2.2, FVG – Popolazione residente e superficie per comune – Situazione al 31-12-2008. Fonte: Anagrafi comunali, dati provvisori anno 2008.

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sportiva sia un elemento molto importante nella vita della comunità. Vi sono mediamente 113,3 atleti per associazione sportiva, e non si rilevano differenze sostanziali fra associazioni di lingua italiana o slovena. Aggregando i tesserati per classi di numerosità, le associazioni con 100 o più atleti sono la maggioranza (50), seguite da quelle che ne contano da 51 a 100 (36), da 31 a 50 (27) , da 11 a 30 (31); infine, quelle che contano fino a 10 atleti, sono solo 7 nel complesso.

Riguardo alla distinzione di genere, la media delle femmine varia sensibilmente a seconda che entrino nel computo delle medie tutte le associazioni, oppure solo quelle in cui al loro interno sia presente almeno un maschio e/o almeno una femmina. Ad esempio, in generale per ognuna delle associazioni “calcistiche” vi sono meno di 3 femmine, ma se si considerando solo quelle calcistiche in cui sono state rilevate anche presenze femminili, la media si eleva a 6,5 tesserate per associazione. Similmente, nelle associazioni di “pallavolo” la media è di 38,83 femmine, che si eleva 46,60 considerando anche quelle in cui vi sia la presenza di almeno una femmina. Analogamente, variazioni sensibili si riscontrano anche nelle associazioni di “pallacanestro”, (da 30,44 a 45,67), in quelle di “danza e ballo” (da 86,82 a 95,50), negli “altri sport” (da 28,76 a 34,93) e nelle “associazioni polivalenti” (da 135 a oltre 144).

Il tesseramento di questi ultimi due anni vede la medesima percentuale di associazioni che dichiarano un andamento costante o una variazione in positivo (41,6%). Una diminuzione dei tesserati coinvolge il 16,2% delle associazioni, mentre non ha saputo dare una risposta lo 0,6% (Fig. 1). Le associazioni che hanno dichiarato un aumento dei tesserati sono in particolare quelle di “sport con palla e racchetta”, “ciclistiche” e quelle denominate “altri sporti con palla”; la diminuzione dei tesserati negli ultimi 2 anni riguarda l’unica associazione che pratica la “caccia”, poco più del 30% di quelle che praticano “arti marziali da combattimento” e, di poco sotto a sotto tale percentuale, e quelle “calcistiche”, di “pesca” e “bocce, bowling, biliardo”. Fig. 1 – Andamento del tesseramento negli ultimi due anni

41,6

41,6

16,2

0% 10% 20% 30% 40% 50%

N.r.

Aumentato

Rimasto uguale

Diminuito

Le associazioni riscontrano presenze di atleti stranieri in quasi il 35% dei casi, con percentuali ancor

più rilevanti nel “calcio” (tre quarti), negli “altri sport con palla”, (oltre l’80%) e nella “pallacanestro” (più di due terzi). Dei 250 atleti stranieri rilevati, la maggioranza sono di nazionalità slovena (circa 80). Seguono bosniaci, bengalesi (presenti soprattutto a Monfalcone), austriaci, albanesi, croati e indiani.

Le associazioni che hanno dichiarato di praticare agonismo sono l’80% del totale, ma in alcune discipline come la “pallacanestro”, “gli altri sport con palla”, “più sport” e gli “sport alpini, su ghiaccio e di montagna”, tutte le associazioni che hanno risposto al questionario hanno atleti che lo praticano.

L’attività agonistica inizia molto presto: per quasi il 10% degli atleti tra i 3 ed i 5 anni, specie nelle associazioni di “aerobica, fitness, cultura fisica” e “altri sport con palla”; oltre un terzo inizia tra i 6 ed i 10 anni (specie negli “sport nautici”, “sport acquatici e subacquei” e negli “sport con palla e racchetta”), il 16,2% dagli 11 ai 14 anni (in particolare nelle “arti marziali e negli sport di combattimento”), il 13% dai 15 ai 19 anni. Tuttavia, per oltre il 9% inizia l’attività agonistica da adulto, cioè oltre i 20 anni (Fig. 2).

Con l’aumentare dell’età aumentano le ore medie settimanali di attività agonistica. Quasi 3 ore settimanali di attività riguardano i più piccoli atleti, e man mano si raggiungono e si superano le 6 ore di attività nella classe che va dai 20 ai 30 anni. Si assiste poi ad un lieve calo delle ore dedicate dai 31 anni in poi, ma il calo è contenuto. In sostanza, oltre i 60 anni si pratica normalmente sport per 5-6 ore alla settimana (Fig. 3).

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Sport di qualità 85

Fig. 2 – Età minima per l’ inizio dell’attività agonistica

9,1

13,0

16,2

33,8

9,7

0% 10% 20% 30% 40%

20 e oltre

15-19

11-14

6-10

3-5

Fig.3 – Ore settimanali dedicate all’attività agonistica

2,9

4,4

5,46,3

6,76,1 6,0

0

1

2

3

4

5

6

7

4‐6 7‐10 11‐14 15‐19 20‐30 31‐60 60 e più

I risultati dell’attività agonistica si estrinsecano soprattutto a livello regionale, realizzati da oltre il 40% delle associazioni. Sono stati raggiunti risultati rilevanti anche a livello provinciale (27%), a livello internazionale (più di un terzo), a livello internazionale in quasi il 16% dei casi, a livello promozionale nel 12,7%. Altri risultati sono stati dichiarati nel 4% dei casi (Fig. 4). Fig. 4 – Risultati agonistici a diversi livelli (N=126)

4,0

12,7

15,9

33,3

42,1

27,0

0% 10% 20% 30% 40% 50%

Altro

Promozionale

Internazionale

Nazionale

Regionale

Provinciale

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3.3 Il quadro dirigenziale e le risorse umane interne

La dirigenza delle associazioni è composta nella maggioranza dei casi da maschi (80%), di età prevalente dai 40 ai 55 anni, quindi si tratta per la maggiore di persone adulte ancora in età lavorativa. Il 40% svolge la professione di dirigente, quadro, impiegato, mentre il 30% risulta non occupato.

Dal confronto fra dirigenti ed istruttori si evince che questi ultimi risultano più attivi, poiché dichiarano di partecipare ad attività di formazione in percentuali superiori a quelle dei dirigenti (tre quarti contro due terzi); in alcune associazioni, ad esempio quelle che si occupano di “danza e ballo” e “altri sport con palla” le percentuali si equivalgono, mentre in altre, ad esempio nelle associazioni che si occupano di “sport invernali, su ghiaccio e di montagna” e “caccia” la partecipazione in percentuale appare più marcata fra i dirigenti.

Le motivazioni di chi, fra i dirigenti, asserisce di non partecipare a corsi di formazione sono soprattutto la mancanza di tempo, problemi lavorativi, finanziari, la mancanza di corsi per il tipo di sport praticato; riguardo agli istruttori, in alcune discipline la presenza di tale figura non è prevista, in altri casi i corsi vengono frequentati esclusivamente quando sono organizzati o dalla federazione o dalla stessa società sportiva.

La partecipazione a seminari antidoping in generale è inferiore al 30%, ma alcune associazioni, come ad esempio quelle che praticano “sport nautici” e “atletica leggera” dichiarano valori intorno al 60% di partecipazione. A questi specifici seminari partecipano anche metà dei componenti la dirigenza delle associazioni di “sport invernali, su ghiaccio e di montagna”, “sport con palla e racchetta” e “più sport”.

Il giudizio sulla qualità della formazione è generalmente favorevole. All’interno delle associazioni sportive vengono organizzati incontri periodici per la verifica delle

attività svolte. Questi incontri vengono attuati da tre quarti delle associazioni interpellate, in particolare da quelle che utilizzano “palla e racchetta”, dalle associazioni di caccia e pesca, “danza e ballo”, “sport acquatici” e “ginnastica”. Il coinvolgimento vede soprattutto la presenza di dirigenti (87,3%), e, a scalare, istruttori (in tre quarti delle società), atleti (50%), personale interno (40%). Le famiglie coinvolte sono invece poco più del 30%.

All’interno di ogni associazione sono previste alcune figure che, assieme alla dirigenza, costituiscono il fulcro intorno cui ruota la vita di ognuna di queste realtà sportive (Fig. 5).

Dalle risposte ottenute si individua una media di 4,15 figure per associazione, con un range che va da 1 sola figura presente in 13 associazioni ad un massimo di 10, presente in una unica associazione. Fig. 5 – Dotazione di risorse umane interne all’associazione

8,4

4,5

10,4

15,6

18,8

20,1

23,4

36,4

51,3

60,4

60,4

89,0

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Altro

Dietologo

Psicologo

Medico sportivo

Educatore

Massaggiatore/Fisioterapista

Docente di educazione fisica

Addetto manutenz. impianti

Tecnico attività giovanili

Economo/contabile

Tecnico

Segretario

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Le figure più presenti sono quelle del il segretario – dichiarate in quasi nel 90% delle associazioni – e quella dell’economo-contabile, presente in due terzi circa delle società. Le carenze segnalate riguardano in particolare docenti di educazione fisica, massaggiatori, fisioterapisti, educatori, il medico sportivo (indicati da poco più del 15% delle associazioni). Ancor meno presenti appaiono dietologo, psicologo, volontari, meccanici, personale medico-infermieristico, accompagnatori escursionisti, ecc.

3.4 Le strutture e gli impianti: la percezione delle associazioni Per un quadro della situazione logistica percepita delle associazioni sono state fatte alcune domande

riguardo dotazioni sportive, strutture utilizzate, acquisti recenti e previsioni di spesa per materiali ed attrezzature. È stato anche chiesto di delineare il quadro delle sponsorizzazioni e dei contributi pubblici.

Va ricordato che nell’anno 2009, è stato realizzato uno studio per la ricognizione dell’impiantistica sportiva della Provincia di Gorizia promossa dall’Amministrazione provinciale, in collaborazione col Comitato provinciale del Coni. Lo studio ha delineato accuratamente lo stato degli impianti del territorio. Coerentemente con il tema della ricerca, ovvero la qualità dei servizi offerti dalle associazioni sportive, è emersa quindi la necessità di avere anche l’opinione dei soggetti che in primis fruiscono delle strutture3.

Dalle risposte riguardanti il rapporto tra dotazioni di impianti sportivi e numero di associati, si desume una situazione abbastanza favorevole: oltre un terzo dei rispondenti ha definito la propria dotazione “sufficiente”, oltre il 30% “buona” e addirittura l’8,4% “ottima”. Solo il 16,9% l’ha giudicata “insufficiente”, e l’8,4% non ha saputo dare una risposta. Infine, una sola associazione non possiede un impianto proprio (Fig. 6).

Fig. 6 – Giudizio sulle dotazioni degli impianti sportivi

8,5

0,6

8,4

30,5

35,1

16,9

0% 10% 20% 30% 40%

N.r.

No impianto

Ottima

Buona

Suf f iciente

Insuf f iciente

Guardando alla classificazione Lispo 2003, ed unendo le risposte “buona” e “ottima”, vediamo che quasi due terzi delle associazioni di “danza e ballo”, metà di quelle “calcistiche”, “sporti invernali ecc.”, “arti marziali e sport da combattimento”, “bocce, bowling e biliardo”, nonché oltre il 40% degli “sport nautici” e un terzo delle associazioni che praticano “altri sport” e “più sport” giudicano in modo positivo le rispettive dotazioni logistiche in rapporto al proprio numero di associati. Tralasciando le riposte “sufficiente” che possiamo considerare “neutrali”, all’opposto, la dotazione è giudicata “insufficiente” in particolare dal 44% delle associazioni di “pallacanestro”, da un terzo di quelle che praticano gli “sport con palla e racchetta” e “altri sport con palla”, dal 27,8% delle associazioni “calcistiche” e dal 25% di quelle che praticano la “pesca”.

3 Lo studio è stato curato dall’arch. Paolo Bressan e dall’ing. Alessandro Pagotto, membri dello staff provinciale del Coni di Gorizia.

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Elisabetta Pontello, Maura Del Zotto 88

3.5 Acquisti di materiali ed attrezzature e previsioni di spesa per il futuro

La crisi economica che sta attraversando il nostro Paese non ha lasciato indenne anche l’ambiente sportivo. Dalle due domande volte ad individuare gli acquisti di nuovi materiali o attrezzi sportivi e le previsioni di acquisto nel prossimo futuro emerge una situazione in fase di declino o, quantomeno di incertezza. Se, negli ultimi due anni, due terzi delle associazioni hanno dichiarato di aver acquistato nuovi attrezzi e materiali sportivi, per la maggior parte delle associazioni si prevede nel futuro prossimo un calo di tali attività (Fig. 6). Fanno eccezione le associazioni di danza e di ballo che hanno indicato un 18,2% di acquisti in passato ed un 88,8% di previsione di spesa per il futuro, e le associazioni di “sport nautici” e “invernali”, in cui si ravvisa una certa stabilità negli acquisti futuri, in linea con le politiche di acquisto degli anni passati.

Fig. 6 – Acquisti negli ultimi due anni e previsione di acquisto nel 2011 di attrezzature e materiali sportivi

47,6

66,9

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70%

Previsione acquisti 2011

Acquisti ultimi 2 anni

Con due ulteriori domande si chiedeva di indicare le percentuali di sponsorizzazioni private in bilancio e i contributi erogati da Enti pubblici o Fondazioni. Riguardo alla prima, segnaliamo che oltre il 40% ha dichiarato di non usufruire di alcuna sponsorizzazione, il 27,3% dall’ 1 al 20%, il 17,5% riceve dal 21 a 50%; nel 14,9% le sponsorizzazioni coprono oltre il 50% del proprio bilancio. Le associazioni che usufruiscono di sponsorizzazioni sono in prevalenza quelle che praticano “altri sport con palla” e le “calcistiche” mentre, al contrario, non usufruiscono di alcun tipo di sponsorizzazione la totalità delle associazioni che praticano “ginnastica, aerobica, fitness e cultura fisica”, la quasi totalità delle associazioni di “arti marziali e sport da combattimento” e tre quarti delle associazioni di “sport invernali, su ghiaccio e di montagna”.

Un dato significativo riguarda le differenze ripartite tra associazioni italiane e slovene: metà delle associazioni di lingua slovena riceve sponsorizzazioni private che coprono oltre il 50% dei rispettivi bilanci, mentre ciò accade solo in poco più del 10% delle associazioni di lingua italiana.

Esaminando ora quanto incidano nei bilanci delle associazioni i contributi ricevuti da Enti Pubblici o da Fondazioni, il 43,5% ne ricevono dall’1 a 20% di copertura e costituiscono la maggioranza delle associazioni. Nessun contributo di questo tipo è indicato dal 22,7% dei rispondenti, individuati nell’80% delle associazioni di “sporti invernali, su ghiaccio e di montagna”, in tre quarti delle associazioni di “pesca”, nel 40% rispettivamente delle associazioni di “danza e ballo, di “pallacanestro” , di “sport acquatici” e “subacquei” e della “caccia”.

Dal lato opposto, un quarto delle associazioni di “sport invernali, su ghiaccio e di montagna”, un quinto di quelle che praticano “atletica leggera, jogging e footing”, quasi il 19% delle associazioni che praticano “più sport” ed il 16,7% rispettivamente di quelle che praticano “sport con palla e racchetta” e “sport ciclistici” hanno indicato di ricevere contributi provenienti da Enti Pubblici o Fondazioni che contribuiscono a coprire fino al 50% delle quote in bilancio (Fig. 7).

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Sport di qualità 89

Fig. 7 – Contributi pubblici e sponsorizzazioni private

40,3

14,9

17,5

27,3

22,8

9,7

24,0

43,5

0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0

Nessuna  

Oltre 50%

Da 21 a 50%

Da 1 a 20%

Contributi enti o fondazioni

Sponsorizzazioni private

4. La funzione educativa, sociale e culturale delle associazioni

La funzione socio-educativa delle associazioni consiste nel saper trasmettere principi e valori etici quali la capacità di aggregazione, la partecipazione, la solidarietà e la tolleranza nei confronti dell’altro. Lo sport educa le persone nel processo di maturazione, imparando a confrontarsi con gli altri, a conoscere i propri limiti, a saper prendere decisioni. Ciò è importante non solo nel processo di formazione dei giovani, ma anche degli adulti, che, praticando una qualche attività sportiva, imparano a confrontarsi e quindi a sviluppare la capacità di stare con gli altri, condividere le proprie esperienze e identificarsi con il gruppo di appartenenza. Lo sport è anche una grande risorsa per le persone disabili, rappresenta una via per l’inclusione sociale, dando la possibilità a chi ha bisogni speciali di integrarsi e talvolta giungere a risultati prestigiosi, come si è visto nelle ultime Paralimpiadi svoltesi a Pechino nel 2008. Lo sport è anche un modo per combattere la devianza, in particolare quella giovanile. Per queste ragioni ci siamo occupati anche delle persone disabili, commentando le risposte ad alcune domande incentrate sia sulla verifica della presenza all’interno delle associazioni di spazi e strutture adatte ad accoglierli, sia sull’individuazione di attività rivolte specificatamente agli atleti con portatori di disabilità. 4.1 L’accoglienza degli atleti disabili

Più della metà delle associazioni ha risposto positivamente riguardo alla possibilità di ospitare portatori di handicap all’interno delle proprie strutture e quasi un quarto del totale dichiara di offrire accoglienza a persone disabili, organizzando opportune attività. Il dato appare significativo nel considerare il lungo e difficile cammino normativo e di superamento di pregiudizi verso l’inclusione sociale dei disabili (Fig. 8).

Alcuni sport sembrano essere più adatti all’integrazione e alla crescita della persona con bisogni speciali. In particolare si evidenziano le associazioni sportive che praticano discipline individuali, come l’ “atletica”, le “arti marziali”, il “ pattinaggio”, l’ “orienteering”, il “tennis” e il “tennis-tavolo”, il “tiro con l’arco”, il “nuoto”, la “danza”, ecc.

L’accoglienza è riservata agli atleti con disabilità si traduce innanzitutto in spazi e attrezzi adatti (38,3%), assieme all’avvenuta eliminazione delle barriere architettoniche (medesima percentuale). Vi è poi l’attuazione di attività integrative (18,8%) e la presenza di personale addetto specializzato (17,5%) (Fig. 9).

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Elisabetta Pontello, Maura Del Zotto 90

Fig. 8 – La struttura è in grado di accogliere disabili per gruppi di associazioni (Risposte “Sì”)

55,2

43,861,1

100,057,1

25,050,0

72,755,6

76,9100,0

33,316,7

100,025,0

60,040,0

44,4

0% 20% 40% 60% 80% 100%

Totale

Più sportAltri sport

Altri sport con pallaSport nautici

Bocce, bowling, biliardoPesca

CacciaDanza, ballo

PallacanestroArti marziali ecc.

Atletica leggera, ecc.Pallavolo

Sport ciclisticiSport con palla e racchetta

Sport invernali, ecc.Ginnastica, ecc.

Sport acquatici e subacqueiCalcio

Fig. 9 – Presenza di elementi che determinano la possibilità di accogliere disabili all’interno dell’associazione

5,8

17,5

18,8

38,3

38,3

0% 10% 20% 30% 40%

Altro

Personale specif ico

Attività integrate

Eliminaz. barriere archit.

Attrezzi e spazi adatti

4.2 Aspetti educativi, momenti di riflessione

Nella ricerca sono stati anche esplorati agli aspetti educativi dello sport, con una domanda che mirava a verificare l’esistenza di attività integrative periodiche, come possono esserlo degli specifici momenti di riflessione sugli aspetti educativi dello sport che hanno il duplice scopo di rendere armonico l’ambiente in cui gli atleti si misurano, migliorare la coesione del gruppo e sanare le inevitabili conflittualità interne che

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spesso la vita in comune e gli stress dovuti alla tensione per le performance in gara, le delusioni per le sconfitte, ecc. alimentano.

Oltre l’80% delle associazioni hanno risposto positivamente; si distinguono, tra le altre, la totalità delle associazioni di “atletica leggera, footing e jogging”, “sport nautici” e “altri sport con palla”, quasi il 90% delle associazioni “calcistiche” e che praticano “altri sport”.

Alle associazioni che hanno risposto positivamente (complessivamente 125), è stato chiesto con che frequenza siano dedicati i momenti di riflessione sugli aspetti educativi. Per gran parte delle associazioni si attuano con frequenza mensile o settimanale.

Una particolare riflessione è stata anche fatta con l’inserimento di una domanda specifica di autovalutazione della propria azione educativa, intesa come insegnamento delle regole di convivenza, fair play, tolleranza, solidarietà, ecc. all’interno di un gruppo. Alla domanda “Ritiene la sua associazione un’agenzia consapevolmente educativa?, le risposte sono in grande maggioranza positive, poiché oltre l’80% risponde “molto” o “abbastanza” dando un’idea molto chiara della dimensione del grande lavoro socio-educativo che si sta attuando all’interno delle singole associazioni. Chiesto di specificarne i motivi, le risposte sono state classificate in quattro categorie: 1. etica: rispetto dei principi e dei valori morali; 2: socializzazione: aggregazione, integrazione e socialità; 3. educazione: principi educativi, comportamentali, disciplina; 4. senso civico e di cittadinanza: principi morali ed educativi (che raggruppa le risposte che contengono concetti collocabili sia nella prima che nella seconda categoria). 4.3 Le iniziative ed i progetti

Lo sport è un fenomeno di massa, radicato nel tessuto economico e sociale della Regione Friuli

Venezia Giulia, in particolare della provincia di Gorizia, che, come si è visto, vanta il miglior rapporto in Italia tra numero degli abitanti e praticanti.

Movimento e sport costituiscono parte integrante dello stile di vita di persone, famiglie, organizzazioni, fenomeno recepito anche da istituzioni e servizi del nostro territorio, che sta implementando l’offerta attraverso ricerche, progetti e iniziative in rete.

Riguardo a queste ultime, dai dati di ricerca si osserva un vero proprio fermento della realtà sportiva associazionistica del territorio. La quasi totalità delle associazioni risulta attuare iniziative, organizzandone mediamente 5 a testa. Al primo posto vengono le gare, i tornei ed i trofei, presenti in oltre tre quarti delle associazioni, quindi, con percentuali del 50% o più, le trasferte, le manifestazioni cittadine, gli incontri sportivi transfrontalieri. A scalare, vengono, le attività promozionali, quindi le feste dello sport ed i corsi di formazione, i corsi di aggiornamento e la partecipazione ai centri estivi; sono anche indicati corsi per anziani, concerti e rappresentazioni a scopo benefico, competizioni internazionali e mondiali, escursioni, festeggiamenti per l’anniversario della fondazione, saggi finali e stage nelle scuole (Fig. 10).

Nel corso degli ultimi due anni sono stati organizzati incontri sportivi transfrontalieri dalla totalità delle associazioni di “atletica leggera, footing e jogging”, della “caccia”, da tre quarti delle associazioni che praticano “sport invernali, su ghiaccio e di montagna”, da più del 70% delle associazioni di “sport nautici”, da due terzi delle associazioni di “pallacanestro” e dagli sport “con palla e racchetta”, da oltre il 60% delle associazioni che praticano “più sport” e dal 60% delle associazioni di “sport acquatici e subacquei”.

Infine, un dato significativo: quattro associazioni che hanno indicato di non avere strutture adatte ad accogliere disabili, in realtà propongono ugualmente attività specifiche per persone disabili. Si tratta evidentemente di prestazioni che si concretizzano al di fuori delle proprie strutture.

Con una successiva domanda, è stato chiesto alle associazioni se siano stati attivati progetti in rete in collaborazione con enti, associazioni, agenzie, ecc. presenti sul territorio, alla quale hanno risposto positivamente quasi il 60% di esse, attivando mediamente 2,42 progetti ciascuna. Le collaborazioni si attuano con altre associazioni sportive, con le scuole a diversi livelli, in particolare scuole elementari e medie inferiori. Iniziative in collaborazione con gli Enti locali coinvolgono poco più di un quinto delle associazioni, con associazioni di volontariato oltre il 15% ed infine con gli Enti privati e le Aziende sanitarie locali quasi il 4% rispettivamente. Una percentuale di poco superiore collabora con altre realtà

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Elisabetta Pontello, Maura Del Zotto 92

associative, religiose o di volontariato e con scuole oltreconfine (Fig. 11). Le iniziative con l’estero sono sviluppate in collaborazione soprattutto con la vicina Slovenia, l’Austria e la Croazia.

Fig. 10 – Iniziative attivate nel corso degli ultimi due anni (Risposte “Sì”)

12,3

9,1

24,0

29,9

31,2

40,9

41,6

49,7

51,3

55,2

56,5

78,6

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Altro

Corsi per anziani

Ritiri

Centri estivi

Corsi di aggiornamento

Corsi di formazione

Feste dello sport

Attività promozionali

Incontri transf rontalieri

Manifestazioni cittadine

Trasferte

Gare, tornei, trofei

Fig. 11 – Attivazione di progetti in rete in collaborazione con Enti, associazioni presenti sul territorio

4,5

3,9

3,9

20,8

11,0

19,5

27,3

6,5

16,2

27,9

0% 5% 10% 15% 20% 25% 30%

Altro

Aziende sanitarie locali

Enti privati

Enti locali

Scuola media superiore

Scuola media inferiore

Scuola elementare

Scuola dell’infanzia

Associazioni di volontariato

Associazioni sportive

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Sport di qualità 93

4.1 La comunicazione

Come in molti ambiti della società, anche nel mondo dell’associazionismo sportivo la comunicazione è un elemento di primaria importanza.

La prima domanda mira all’individuazione dei mezzi utilizzati per le comunicazioni interne delle proprie attività ai soci ed agli atleti. Solitamente sono utilizzati più mezzi, mediamente oltre 4,5 per associazione. Al primo posto vi sono le comunicazioni telefoniche, effettuate da oltre tre quarti delle associazioni, seguite a breve distanza percentuale dalla bacheca esposta all’interno di ogni associazione. Seguono, con percentuali superiori al 50% i comunicati via internet, gli sms e gli incontri periodici, quindi il passaparola ed i manifesti, entrambi con percentuali di utilizzo superiori al 40% e, con percentuali di poco inferiori, la posta ordinaria. (Fig. 12).

Fig. 12 – Mezzi utilizzati per le comunicazioni all’interno e all’esterno delle associazioni

18,2

29,9

9,1

40,3

61,0

16,2

18,8

61,7

22,1

41,6

13,6

39,6

42,2

46,1

50,6

54,5

55,8

70,8

76,0

0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0 70,0 80,0

Radio e tv

Conferenze stampa

Altri mezzi

Posta ordinaria

Manifesti

Passa parola

Incontri periodici

Sms

Internet

Bacheca

Telefono

InterniEsterni

Concentrandoci sull’uso di tecnologie più recenti, internet è usato come mezzo comunicativo in particolare (e con percentuali a scalare) dalle associazioni di “sport acquatici e subacquei”, di “caccia” e di “pesca”, da quelle che praticano “atletica leggera, footing e jogging”, dalle associazioni di “sport nautici” e da quelle che praticano il “ciclismo”; oltre due terzi delle medesime associazioni (con l’esclusione dell’atletica leggera che registra solo il 20%), utilizzano anche gli sms.

Le associazioni italiane utilizzano maggiormente internet, bacheche, sms per le comunicazioni interne con gli atleti, e, rispetto a quelle slovene, e svolgono percentualmente più incontri periodici; le associazioni slovene, in modo più tradizionale, si avvalgono maggiormente del telefono, della posta ordinaria e del passa parola.

La comunicazione delle proprie attività all’esterno coinvolge oltre il 90% delle associazioni, che si avvalgono mediamente di 4 diversi mezzi per rendersi visibili. Esse utilizzano soprattutto internet e l’affissione di manifesti (entrambi in percentuali superiori al 60%) e, a scalare, di articoli sui quotidiani, telefono, posta ordinaria, conferenze stampa, feste e convegni. Meno frequenti sono l’uso di radio e tv, sms e incontri periodici.

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5. La valutazione dell’offerta formativa e del servizio da parte degli utenti

La qualità va considerata nella dimensione umana che la caratterizza, dato che le risorse umane delle associazioni sportive ne costituiscono il motore e l’utenza è rappresentata da persone: famiglie, giovani, adulti e anziani. In questa parte della ricerca è superata la dimensione quantitativa a favore di un aspetto qualitativo, legato al grado di soddisfazione espresso da coloro che fruiscono dei servizi offerti dall’ associazionismo sportivo. In una gestione che privilegia la qualità, viene ricercata la risposta adeguata ai bisogni4 espressi dalle persone e dalla comunità. È necessario quindi cercare sempre nuove proposte che siano in grado di cogliere le esigenze della popolazione ed i mutamenti sociali (attività di formazione, proposte per i giovani, occasioni di socializzazione, ecc.). A volte i bisogni rimangono latenti e la qualità si esprime nella capacità di individuare nuove direzioni d’azione, dando all’utenza quegli aspetti della qualità che restano inconsapevoli o impliciti, come nel caso dei servizi offerti alle famiglie con bisogni speciali ovvero con minori disabili. La qualità assume, allora, una dimensione propriamente umana ispirata ai valori della persona e della solidarietà.

Il questionario di valutazione su formazione e servizi offerti dalle associazioni sportive è stato compilato da 544 atleti iscritti alle diverse associazioni o, nel caso di bambini, da parte di uno dei genitori o parenti (nonni, fratelli maggiori, zii, ecc.). Il piano di rilevazione prevedeva la compilazione fino a 5 questionari di valutazione delle famiglie5 per ogni associazione, ma, nella realtà, alcune di esse hanno distribuito un numero superiore di questionari, innalzando la media a 5,8 questionari per associazione, provenienti, in particolare, dalle associazioni “polivalenti”, che hanno distribuito questionari da atleti rappresentanti ognuna delle specialità sportive presenti al proprio interno. Abbondano anche i questionari degli utenti delle associazioni di arti marziali e sport da combattimento. Considerando però l’impegno assunto dalle associazioni nella realizzazione di questa indagine e l’ampia disponibilità degli utenti, tutti i questionari pervenuti sono stati inclusi nella rilevazione-famiglie (Tab. 2).

Una specifica domanda era volta ad individuare quanti membri del nucleo familiare fossero iscritti all’associazione. Nella grande maggioranza dei casi (84,2%) alla medesima associazione sportiva è iscritto un solo membro di una famiglia, nel 10,8% vi sono due iscritti, nel 5% tre o più membri appartenenti al medesimo nucleo familiare.

La maggior parte degli atleti (46%) è iscritto all’associazione sportiva da 1 a 5 anni, il 23% da 6 a 10 anni, il 26,5% da oltre 10 anni. Si può quindi affermare che tra gli atleti della provincia di Gorizia vi sia una certa fedeltà nei confronti della propria associazione sportiva, e ciò può essere ricondotto ad una situazione tutto sommato positiva, di soddisfazione generale riguardo vari aspetti, quali i forti legami che si instaurano tra società ed atleti, la soddisfazione per le attività svolte, le iniziative intraprese, la logistica, la preparazione degli istruttori, i rapporti con i dirigenti, ecc.

Proprio per queste ragioni, infatti, agli utenti delle società sportive sono state fatte 10 domande volte a recepire una valutazione su alcuni aspetti che contraddistinguono le associazioni di appartenenza (propria o, come si è visto, dei propri figli o nipoti). Per ognuna delle domande è stato chiesto di dare una risposta con un punteggio (da un minimo di 1 in caso di non approvazione, a un massimo di 5 in caso di approvazione massima). Il punteggio 3 segnala una posizione intermedia di “indifferenza”6. La Fig. 13 mostra sinteticamente il punteggio medio ricevuto per ognuno dei giudizi e valutazioni richiesti.

4 Il concetto di bisogno può comprendere i seguenti aspetti: a) bisogni impliciti, per i quali il cliente non chiede esplicitamente la soddisfazione in quanto è già data per scontata ; b) bisogni espliciti, manifestati attraverso il personale dell’associazione; c) bisogni latenti, che il cliente non è in grado di esplicitare in quanto non è in grado di riconoscerli (Cfr. Biondani 1998).

5 I questionari dell’utenza sono stati denominati “questionari di valutazione delle famiglie”, proprio perché potevano essere compilati anche da persone diverse dagli atleti iscritti.

6 Ricordiamo che i dati sono stati depurati, a seconda delle situazioni, dalle non risposte e/o dalle domande non pertinenti (ad esempio le domande 2 e 3 erano rivolte la prima all’offerta formativa degli adulti, la seconda dei giovani”). Quindi, se l’associazione sportiva non prevede il reclutamento di una di queste due categorie, la risposta è stata considerata non pertinente, quindi eliminata dal conteggio. Analogamente, sono state tolte dal conteggio le mancate risposte.

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Sport di qualità 95

Tab. 2 – Questionari-famiglia ricevuti e numero di associazioni (per gruppi) da cui provengono

Gruppi di associazioni N. questionari- N. associaz. Media famiglia per gruppo

Calcio 29 12 2,42 Sport acquatici e subacquei 20 5 4,00 Ginnastica, aerobica, fitness, cultura fisica 19 4 4,75 Sport invernali, su ghiaccio, e di montagna 14 3 4,67 Sport con palla e racchetta 32 6 5,33 Sport ciclistici 8 2 4,00 Pallavolo 45 10 4,50 Atletica leggera, footing, jogging 21 4 5,25 Arti marziali e sport da combattimento 70 10 7,00 Pallacanestro 13 5 2,60 Danza, ballo 48 9 5,33 Caccia 2 1 2,00 Pesca 11 3 3,67 Bocce, bowling, biliardo 16 5 3,20 Sport nautici 10 4 2,50 Altri sport con palla 13 4 3,25 Altro sport 45 10 4,50 Più sport 128 10 12,80 Totale 544 107 5,08

Fig. 13 – Giudizio sintetico sull’offerta formativa e del servizio per gruppi di associazioni

1

2

3

4

5

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Elisabetta Pontello, Maura Del Zotto 96

Come si vede, un po’ tutte le valutazioni ed i giudizi dati dagli atleti o dai propri familiari descrivono una situazione altamente positiva, con valori medi spesso superiori al punteggio 4. Si distinguono, in particolare, quelli relativi alla preparazione tecnica degli istruttori, alla competenza tecnica degli stessi, al giudizio sulla competenza personale dei dirigenti, all’attività formativa proposta ai giovani e al clima relazionale interno all’associazione. Anche il giudizio complessivo sulla propria associazione appare piuttosto favorevole.

Con una domanda finale si chiedeva se i rispondenti fossero informati sulle attività svolte dall’Associazione sportiva di afferenza con altre Istituzioni o Enti presenti sul territorio, dalla quale si evince che due terzi dei rispondenti ne sono al corrente. Sono informati tutti gli intervistati delle associazioni che praticano “sport ciclistici”, ed anche tutti quelli afferenti alle “bocciofile”, oltre l’84% degli associati alle società di “pallacanestro” e oltre tre quarti degli appartenenti alle associazioni classificate come “altri sport”. Meno informati, invece, appaiono gli intervistati che appartengono alle associazioni della caccia (45,5) e di “ginnastica, aerobica, fitness e cultura fisica”.

A conclusione, è stato chiesto agli intervistati di dare qualche suggerimento per migliorare la situazione dell’associazione alla quale fanno riferimento loro stessi o il/i proprio/i familiare/i. Coloro che hanno risposto lamentano la presenza di impianti sportivi non perfettamente adeguati o non del tutto efficienti, o insufficienti; una seconda voce dolente è quella dell’annoso problema di carenza di contributi o/e di sponsorizzazioni, una terza riguarda la scarsa organizzazione interna di alcune associazioni; altri invece danno consigli per “svecchiare la dirigenza”, o propongono mediazioni e interessamenti per risolvere annosi problemi di gestione tra società sportive e gestori degli impianti.

Conclusioni Volendo tracciare sinteticamente una valutazione complessiva della ricerca, riguardo agli indicatori di

efficienza ed efficacia si può affermare che gli obiettivi prefissati sono stati effettivamente raggiunti nell’ottenere le informazioni relative alle dimensioni indagate ed ai fattori di qualità individuati. Si è avuto un buon ritorno dei questionari postali spediti alle associazioni intervistate.

Per accertare il grado di soddisfazione delle famiglie che usufruiscono del Servizio offerto dalla Società/Ente di promozione/Associazione Sportiva è stato inviato un questionario specifico con un numero alto di restituzioni. Il questionario rivolto alle famiglie ha dato positivi riscontri con valutazioni molto alte sull’operato delle associazioni.

Rispetto agli indicatori di qualità del servizio offerto precedentemente citati (risorse umane e materiali) si sono ottenute risposte soddisfacenti relativamente alla presenza dei servizi offerti.

La percezione degli intervistati sul ruolo educativo dello sport ha evidenziato la messa in atto da parte delle associazioni di azioni riflessive sull’attività svolta di carattere periodico e la continuità della formazione degli operatori, in particolare in merito alla leadership (Gestione delle risorse umane – ruolo e formazione dei dirigenti, formazione degli istruttori, formazione del personale – Gestione delle risorse materiali). I dati quantitativi riguardo al numero di tesserati per fasce d’età dimostrano un trend positivo (rimasto uguale o aumentato) e i risultati agonistici sono buoni, in particolare a livello regionale; si rileva la presenza di tre atleti della Provincia alle Olimpiadi di Pechino 2008 (Chiara Calligaris, Luca Piemonte, Andrea Trani), considerevole in rapporto al numero degli abitanti.

L’attività promozionale e l’attività sociale nell’ambito dell’associazionismo sportivo isontino risultano essere intense per tutte le associazioni, sia nelle proposte rivolte alle fasce d’età giovanile che alle attività per gli adulti e gli anziani. Rilevante appare la presenza di attività sportive frequentate dal 20% di donne nella fascia d’età oltre i 30 anni. Inoltre appare significativa la presenza di 25 società che dichiarano di svolgere attività per disabili.

La comunicazione interna ed esterna risulta soddisfacente, così come i rapporti tra i paesi confinanti di Italia e Slovenia, sviluppata sia attraverso iniziative e progetti, sia per la concreta integrazione tra i gruppi; l’efficacia si evince anche dal positivo confronto, collaborazione e riflessione sulle prassi delle associazioni, nonché dall’ampliamento dell’offerta formativa rivolta alla popolazione ed alle famiglie, come ad esempio i centri estivi. Il Tavolo di Regia ha ben operato, con una condivisione di valori e passione nel condividere e porre a confronto valori, comportamenti e atteggiamenti. Questi tre elementi, connettendosi fra loro, sono diventati patrimonio comune, generando una serie di effetti che hanno dato organicità, forza, direzione, motivazione, coerenza, interdipendenza all’agire dei membri e degli Enti che hanno partecipato al Tavolo di regia del progetto. Sembra quindi essersi realizzata a livello locale del

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Sport di qualità 97

territorio isontino una nuova e costruttiva “comunità di pratiche” e di pensiero, per dirla con Wenger, ove la comunità stessa è risultata motore di possibili percorsi culturali innovativi.

La valutazione di sintesi sopra esposta è relativa agli indicatori quantitativi e qualitativi analizzati, i dati sono derivati dalla documentazione inerente l’oggetto e le riflessioni in merito espresse possono essere rese utili nelle opportune sedi funzionalmente alla ricaduta del progetto, all’output, ovvero, ai risultati attesi. In particolare sono messe a disposizione dalla comunità dall’Ente capofila (Provincia di Gorizia) per la diffusione, anche a mezzo stampa, in funzione della continuità d’azione e della sostenibilità.

[M. Del Zotto, E. Pontello, Sport Screening, Sport di Qualità,Indagine sulla qualità del servizio offerto dalle Società/Enti di Promozione/Associazioni sportive della Provincia di Gorizia, Provincia di Gorizia, Isig, Gorizia, 2011].

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I CLANDESTINI E GLI ATTEGIAMENTI DEI GORIZIANI Moreno Zago

Abstract: La ricerca, riportata nell’articolo, è stata svolta dalle studentesse del Liceo delle Scienze Sociali, sotto la guida dell’Isig, nel 2001 in occasione del forte flusso di clandestini che passavano per Gorizia. Hanno risposto gli studenti e i loro familiari Keywords: Gorizia, immigrazione clandestina, opinione pubblica

• − • − • Introduzione

Il Friuli-Venezia Giulia, dopo il Lazio, è la regione italiana con il più alto tasso di presenze straniere (3.8% della popolazione regionale; 37.891 stranieri). Ma la regione, quale area di frontiera, non è toccata solamente dalla presenza di stranieri che hanno fatto richiesta di regolare permesso di soggiorno ma anche da quanti cercano di entrare in Italia in maniera illegale: nel 2000, la regione è stata attraversata da oltre 22mila clandestini (la cifra non tiene conto dei clandestini sfuggiti ai controlli che farebbero lievitare la cifra ad oltre 40mila unità). La porta d'ingresso all'occidente e all'Italia si è confermata Gorizia, con oltre 16.000 casi che etichettano la città come "porta dell'immigrazione". Anche se il fenomeno dei clandestini esisteva da tempo, solamente negli ultimi mesi del 2000 è balzato agli onori della cronaca attirando su Gorizia ed il suo hinterland l'attenzione delle autorità politiche nazionali ed europee ed impegnando al massimo le forze dell'ordine locali.

I goriziani hanno vissuto l'esplodere del fenomeno con una evidente impreparazione sia organizzativa che culturale, generando spesso degli atteggiamenti istintivi di diffidenza. La diffidenza dei componenti di un gruppo nei confronti di chi non ne fa parte può considerarsi una reazione umana piuttosto comune. Nello specifico, la diffidenza nei confronti dei clandestini è attribuibile ad una differenza culturale che si manifesta nella differenza somatica, nei differenti modi di presentarsi e di agire in determinate situazioni.

Partendo da questi presupposti (esplosione e consistenza del fenomeno; impreparazione e diffidenza iniziali), l'Isig ha voluto analizzare l'opinione di un campione della popolazione goriziana (280 individui) attraverso un sondaggio esplorativo sulle immagini che essi hanno dei clandestini e sulle soluzioni per arginare e gestire gli ingressi irregolari.1

1. La ricerca si è svolta nel periodo 15-21 gennaio 2001 all'interno di uno stage tenuto presso l'Isig a cui hanno

partecipato le studentesse della IIIa del Liceo delle Scienze Sociali (Istituto magistrale "Slataper") di Gorizia sotto la guida degli insegnanti scolastici: Maria Cristina Tamburini e Alessandro Arbo e dei ricercatori dell'Isig: Bruno Maltoni e Moreno Zago. Al questionario hanno risposto 280 soggetti (femmine: 61%; maschi: 39%) residenti nella provincia di Gorizia. Il 59.2% ha un'età inferiore o uguale a 19 anni; il 12.9% un'età compresa tra i 20 e i 35 anni; il 18.2% tra i 36 e i 50 anni; il 9.7%, infine, ha un'età maggiore di 50 anni. Le classi di età rispecchiano differenti categorie sociale ma, soprattutto, diversi modi di vedere le cose: nell'ordine, i minori e gli studenti influenzabili dall'ambiente familiare e scolastico e dai mass media; i giovani e gli adulti che affrontano la tematica da un punto di vista nuovo, perché inseriti nell'ambiente degli studi universitari o perché si affacciano sul mondo del lavoro; gli adulti che sono ormai inseriti nella vita produttiva e familiare; gli adulto-maturi con le idee ben radicate e forti nei modi di esprimersi e di agire.

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I clandestini e gli atteggiamenti dei goriziani 99

1. Luoghi d'incontro dell'immigrato clandestino

Il primo dato che emerge è l'elevata percentuale di intervistati che affermano di aver incontrato dei clandestini: 79.3%, percentuale che si ripartisce equamente sia a livello di sesso che di età - si registra solamente una flessione nella popolazione maturo-adulta (59.2%).

Il 63.8% sostiene di averli incontrati nella stazione dei treni o delle corriere e il 62% nel paese o quartiere di residenza. Sul primo valore pesano, anche se non di molto, le risposte degli studenti (75%) rispetto alle altre categorie di età (giovani: 46.7%; adulti: 59%; adulto-maturi: 12.5%) conseguenza della maggior frequentazione di questi luoghi. Una percentuale pari al 58.4% afferma di averli visti nelle zone centrali (studenti: 64%) e il 56.1% nelle zone periferiche (studenti: 55.9%) del capoluogo isontino. Circa un terzo, inoltre, sostiene di averli visti accompagnati dalle forze dell'ordine (36.7%) o presso la linea di confine (36.2%).

Nonostante il fenomeno sia facilmente osservabile dagli intervistati, solamente un quarto (25.7%) ha avuto modo di rivolgere la parola ai clandestini: i soggetti maschili in misura leggermente superiore a quelli femminili (31.2%→22.2%); i giovani (36.1%) e gli adulti (33.3%) in misura superiore agli studenti (22.3%) e agli adulto-maturi (18.5%).

Tipo di relazione intercorsa con i clandestini (%)

18,1

59,6

22,3 36,1

50,0

13,9

43,1

33,3

23,5

40,7

40,7

18,5

Non incontratie non parlato

(20,7%)

Incontrati manon parlato

(53,6%)

Incontrati eparlato(25,7%)

< 19 anni 19-35 anni 36-50 anni >50 anni

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Moreno Zago 100

Luoghi dove si sono incontrati dei clandestini (%)

18,1

22,6

28,5

36,2

36,7

56,1

58,4

62,0

63,8

0 10 20 30 40 50 60 70

Altrove

Presso la questura/prefettura

Presso i valichi di confine

Presso il confine

Accompagnati dalle forze dell'ordine

Zone periferiche di Gorizia

Zone centrali di Gorizia

Paese/quartiere di residenza

Stazione dei treni/corriere

2. Elementi di riconoscimento dell'immigrato clandestino

Come si riconosce un clandestino e quali sono le caratteristiche che lo definiscono? Per il 54.6% esse non sono immediatamente rilevabili se non a seguito di un contatto interlocutorio e sono definibili come marginalità estrema, in termini di povertà, di mancanza di bagaglio, di mancanza di lavoro, di malattia e di sporcizia e per il 23.9% esse sono da ricercarsi nella lingua e nella cultura diverse. L'aspetto fisico, invece, è facilmente identificativo per il 48.9% degli intervistati: i tratti somatici diversi dai nostri e il colore della pelle li fanno apparire come appartenenti ad una "razza diversa", catalogabile come immigrata. Ma gli immigrati clandestini sono anche identificabili dall'aria smarrita che assumono appena entrano in città: lo sguardo preoccupato e fuggitivo, la stanchezza, la paura e la rassegnazione (36.4%) e per il 4.6% anche dalla determinazione in termini di speranza e di prepotenza. Si segnalano anche quanti hanno assegnato al clandestino attributi quali: senza patria, senza permesso di soggiorno, senza libertà, solitudine, bisognoso d'aiuto (precarietà: 17.1%). Differenze nelle risposte a livello di età si registrano negli studenti per i quali sono più importanti l'impressione di marginalità (57.2%) e l'aspetto fisico (56%); negli adulti prevale, invece, l'atteggiamento di smarrimento (56.9%) e negli adulto-maturo la marginalità estrema (66.7%)

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I clandestini e gli atteggiamenti dei goriziani 101

Le caratteristiche principali del clandestino (%)

57,2

56,0

28,3

25,3

16,3

6,0

4,2

33,3

2,8

22,2

16,7

44,4

44,4

54,9

7,8

33,3

56,9

29,4

17,6

2,0

40,7

37,0

14,8

14,8

66,7

7,4

7,4

Atteggiamento di determinazione (4,6%)

Nessuna (5,0%)

Precarietà (17,1%)

Lingua e cultura (23,9%)

Atteggiamento di smarrimento (36,4%)

Aspetto fisico (48,9%)

Marginalità estrema (54,6%)

< 19 anni 19-35 anni 36-50 anni >50 anni

3. Prime impressioni ricevute dall'incontro con gli immigrati clandestini

Quale impressione hanno ricavato gli intervistati osservando i clandestini, indipendentemente dal fatto che ci abbiamo parlato? Le 390 risposte fornite alla domanda aperta sono state raggruppate in quattro principali classi denominate: compassione; senso di disturbo; cattiva impressione; indifferenza.

Oltre i due terzi hanno dato risposte fortemente orientate verso la compassione: per il 76.4%, i clandestini hanno fornito delle immagini di: disperazione, tristezza, solitudine, dispiacere, tenerezza; vengono visti come della povera gente bisognosa di aiuto, di tranquillità, in cerca di sicurezza e di protezione. Ad un terzo dei soggetti (31.4%), i clandestini hanno fatto una cattiva impressione: mettono paura, angoscia, agitazione e creano allarmismo; sono sospettosi e diffidenti; sono sporchi e malconci. Il 14.3% ha provato persino disagio nei loro confronti: gli intervistati provano rabbia, antipatia e ripudio nei loro confronti, non li sopportano e sarebbe meglio se tornassero a casa loro. Il 17.1%, infine, rimane del tutto indifferente. Gli studenti mostrano più indulgenza e partecipazione alla situazione degli irregolari clandestini (78.3%) rispetto alle altre categorie di soggetti, mentre gli adulto-maturo provano maggior intolleranza nei loro confronti (22.2%).

Può essere utile incrociare le modalità di risposta sulle impressioni ricevute con quelle sulle caratteristiche che descrivono l'immigrato clandestino per capire quali sono gli elementi che influiscono principalmente sulle sensazioni provocate. Il sentimento di compassione è scatenato in misura significativa dalla mancanza di lavoro, di pulizia, ecc. (marginalità estrema: 41.4%), dall'aspetto fisico (35%) e dall'atteggiamento di smarrimento (32.5%); gli stessi elementi - anche se in misura diversa (14.3%, 20.7%, 12.9%, nell'ordine) - qualificano pure la cattiva impressione che gli intervistati hanno maturato.

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Moreno Zago 102

Impressione ricevuta (%)

13,3

1 9,9

3 3,1

7 8,3

13 ,9

13 ,9

38,9

6 6,7

13,7

13,7

25,5

7 8,4

22,2

11,1

2 2,2

74 ,1

Senso di disturbo(14,3%)

Indifferenza (17,1%)

Cattiva impressione(31,4%)

Compassione (76,4%)

< 19 anni 19-35 anni 36-50 anni >50 anni

4. Conseguenze della presenza di immigrati clandestini sul territorio

I clandestini sono accompagnati ai loro arrivi da tutta una serie di stereotipi negativi: portano

criminalità, portano via il lavoro ai residenti, portano conflitto culturale, ecc. anche se spesso viene associata la loro presenza - temporanea nei centri di transito, come Gorizia - a quella degli immigrati regolari e stanziali. Si è pertanto chiesto agli intervistati, attraverso una domanda aperta, di fornire la loro opinione sui fattori di pericolosità e di arricchimento che gli immigrati irregolari e di passaggio innestano nella città, nella Regione Friuli-Venezia Giulia, nell'Italia.

Nelle modalità di risposta - soprattutto degli studenti -, si evidenzia il bagaglio completo di immagini negative associate ai clandestini: per il 48-64%, questi non rispettano la legge, sono disposti a tutto e inaffidabili; dalle risposte, però, si evincono anche le motivazioni dell'illegalità che li accompagna riscontrabili nella mancanza di tutela normativa e nella difficoltà di inserirsi nel mercato del lavoro; quando riescono a farlo, nonostante si dedichino a lavori che gli italiani non vogliono più fare, vengono visti male in quanto farebbero aumentare la disoccupazione dei residenti (10-26%). Per l'11-16%, inoltre, questi portano una serie di disagi psicologici avvertibili nelle seguenti risposte: non si conosce la loro provenienza, fanno paura; non hanno abitazione e vivono per strada, devono essere mantenuti; Gorizia è una città troppo piccola per accogliere decorosamente i clandestini. Infine, si segnalano quanti ritengono che i clandestini siano una fonte di arricchimento per la città in quanto la convivenza di più gruppi etnici porta crescita culturale in ogni settore della vita economica, sociale e religiosa (6-12%) e quanti ritengono indifferente la loro presenza in quanto sono solo di passaggio e la vicinanza del confine ha abituato a dei flussi costanti di persone che lo attraversano per lavoro, acquisti o svago (12-16%).

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I clandestini e gli atteggiamenti dei goriziani 103

Conseguenze della presenza di clandestini (%)

12,1

15,5

10,6

6,4

64,0

6,5

24,5

12,6

12,3

58,2 48,1

11,5

25,6

11,1

15,6

Nessunainfluenza

Disagiopsicologico

Via il lavoro airesidenti

Arricchimentoculturale

Criminalità

Per la città Per la Regione Per l'Italia

5. Misure per arginare e gestire l'ingresso di immigrati clandestini

Relativamente alle proposte da fare alle autorità politiche per arginare e gestire il fenomeno dell'immigrazione irregolare, oltre l'80% dei goriziani ritiene che si debba assolutamente fare qualcosa: l'immigrazione clandestina non viene considerata un fenomeno inarrestabile. I soggetti sono abbastanza o molto d'accordo riguardo ad una maggiore presenza delle forze dell'ordine (85%) e al pattugliamento del confine da parte dei militari (80.3%). Anche la revisione della normativa in corso (66.7%) ed eventualmente l'espulsione immediata dei clandestini sorpresi ad attraversare illegalmente il confine (60.3%) sono le modalità di azione maggiormente avvertite come necessarie dai goriziani. La creazione in provincia di un centro di accoglienza temporanea dei clandestini, invece, divide a metà circa (46%) l'opinione pubblica goriziana. Non si evidenziano significative differenze nelle modalità di risposta per i singoli gruppi di età adulta. Si può, tuttavia, sottolineare l'atteggiamento più aperto e tollerante dei giovani studenti rispetto alle altre categorie di soggetti, in particolare nel ritenere la libera circolazione uno dei diritti fondamentali dell'uomo (20.5%) e un atteggiamento più fermo da parte degli adulto-maturi nel considerare l'espulsione immediata un valido strumento di risoluzione del problema (81.5%).

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Moreno Zago 104

Proposte per risolvere il problema dei clandestini(% cumulata delle modalità di risposta

abbastanza e molto d'accordo)

84,3

81,8

59,8

59,6

58,4

45,2

46,1

20,5

13,9 16,7

13,9

41,7

47,2

55,6

52,8

82,9

69,4

86,1

17,6

39,2

51,0

72,0

56,9

73,5

80,4

82,4

27,5

92,6

85,2

75,0

81,5

51,9

40,7

55,6

7,4

18,5Fare nulla: è un fenomeno inarrestabile (17,1%)

Fare nulla: la libera circolazione è un diritto (17,9%)

Abolizione del trattato di Schengen (45,1%)

Creazione centro di accoglienza in provincia (46,0%)

Accoglimento selettivo (59,8%)

Espulsione immediata dei clandestini (60,3%)

Revisione della legislazione attuale (66,7%)

Pattugliamento militare del confine (80,3%)

Maggiore presenza delle forze dell'ordine (85,0%)

< 19 anni 19-35 anni 36-50 anni >50 anni

6. Quali osservazioni trarre

Dalla ricerca e dalla discussione intercorsa con gli intervistatori sono emersi alcuni elementi che vale la pena riprendere ed approfondire:

1) Difficoltà a distinguere la figura del clandestino da quella dell'immigrato regolare: nelle risposte relative alle conseguenze della presenza di clandestini per la città, si comprende come gli intervistati confondano la situazione di questi con quella degli immigrati residenti. I clandestini a Gorizia sono solamente in transito verso altre destinazioni europee (Germania, in particolare); pochi si fermano: albanesi, senegalesi, emigrati dall'ex-Jugoslavia, ecc. che trovano, in generale, una rete di assistenza e una sensibilità da parte delle organizzazioni cittadine. Di conseguenza, appaiono ingigantite le risposte - se pensate per i clandestini - relative alla paura per il posto di lavoro tolto agli italiani o alla paura di un incremento di criminalità.

2) L'atteggiamento paternalistico nei confronti dei clandestini: il sentimento di compassione che gli intervistati hanno dimostrato nei confronti nei clandestini può generare atteggiamenti paternalistici nei loro confronti facendoci sentire in obbligo di dare qualcosa. Questo tipo di comportamento, però, tende a far dimenticare che lo straniero va considerato su un piano paritario con l'autoctono. Questo comportamento genererebbe due conseguenze, una positiva e l'altra negativa: la prima - nel breve periodo - è un basso grado di devianza da parte degli stranieri che più facilmente saranno portati ad integrarsi nel gruppo di accoglienza; la seconda - nel medio-lungo periodo - è la volontà del gruppo di accoglienza di imporre agli stranieri di vivere secondo le regole della società di accoglienza, obliando le tradizioni culturali e religiose dei rispettivi paesi d'origine.

3) Percezione del clandestino come invasore: i clandestini, ma soprattutto gli immigrati, vengono percepiti come degli invasori indipendentemente dal fatto che essi siano la causa o meno dei malanni che affliggono la società (delinquenza, degrado urbano, ecc.). Questo modo di pensare stereotipato e l'atteggiamento di chiusura che ne può derivare influenza anche il tipo di reazione dello straniero. Può, infatti, accadere che da un atteggiamento di rifiuto derivino situazioni di emarginazione e di conflitto evidenti. È significativo segnalare che, sfogliando i dati della Camera di Commercio di Gorizia, ben 888

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I clandestini e gli atteggiamenti dei goriziani 105

attività sono intestate ad extracomunitari: croati, bosniaci e macedoni (269), jugoslavi (254), sloveni (109) impegnati in attività di import-export, e poi i cinesi con i loro ristoranti, negozi di abbigliamento e di oggettistica accrescendo il peso degli imprenditori extracomunitari in città (+2.4% rispetto al periodo 1999-2000).

4) Lo scarso dislivello delle opinioni tra le varie classi di età: poco significative sono le differenze di risposta a livello di età. Ciò si può spiegare in tre modi: il primo - visto anche il tipo di intervistati appartenenti per la maggior parte alla cerchia di conoscenze degli intervistatori - è l'influenza dell'ambiente familiare e scolastico; il secondo, è la scarsa conoscenza del tema e degli aspetti correlati; il terzo, è la mancanza di confronto che stimola il formarsi di opinioni diverse (cfr. punto successivo).

5) Insufficiente conoscenza del problema: quando esiste qualcosa che non capiamo o quando il fenomeno raggiunge livelli di consistenza notevoli, si è portati ad osservare con diffidenza ma anche con curiosità il diverso. Simile atteggiamento è maggiormente riscontrabile nei giovani, negli studenti facilmente influenzabili dai mass media che tramutano la presenza clandestina in minaccia generando sentimenti di rifiuto, di paura e di pregiudizio. Dai dati raccolti emerge una bassa attenzione data al fenomeno da parte delle agenzie di socializzazione. Infatti, per oltre un terzo degli studenti, il tema viene poco o per nulla affrontato a scuola (48.5%), in famiglia (51.2%), nell'ambito parrocchiale (65.6%) e tra gli amici (74.1%). Ecco, perché risulta indispensabile un'opera di sensibilizzazione al problema specifico ma anche, più in generale, a quello della presenza di immigrati in città e della conseguente società multietnica. L'analisi dei dati porta a fare due considerazioni: la prima è che tra quanti ne parlano all'interno dei vari ambiti individuati non sussistono significative differenze nelle modalità di risposta; la seconda considerazione è che non esistono nemmeno differenze di risposta tra quanti ne parlano e quanti non ne parlano. Questi due elementi di riflessione inducono a ricercare al di fuori di queste agenzie di socializzazione l'origine della omogeneità di pensiero nell'area cittadina (mass media, in primis).

In conclusione, ciò che appare assente - ma che si svilupperà con il tempo - è la capacità di accettare una società multietnica. I giovani e gli adulti dovranno cominciare ad abituarsi all'idea del diverso e della varietà etnica. Nelle scuole materne, elementari e medie inferiori di Gorizia sono circa 150 gli stranieri regolarmente iscritti e la presenza di immigrati supera le 4.000 unità. Come conseguenza dell'accettazione dell'altro, della considerazione del diverso come normale, verrà meno la paura della minaccia alla propria identità; e l'accoglienza degli stranieri - ma anche dei clandestini di passaggio sarà all'insegna non solamente della tolleranza ma, piuttosto, di un autentico spirito di solidarietà accettata e vissuta in comune.

Ecco perché può essere utile cominciare a sviluppare un programma di sensibilizzazione al problema e accettazione delle conseguenze di una comunità multietnica. Questo dovrà avvenire a livello istituzionale (Regione, Provincia e Comune) attraverso il coinvolgimento delle parrocchie, delle associazioni sportivo-culturali, degli insegnanti e dei mediatori linguistici e culturali nelle scuole per sviluppare uno spirito di tolleranza e di accettazione nei giovani; degli istituti di ricerca per approfondire le tematiche della convivenza e suggerire le linee d'intervento; degli operatori del privato sociale per attuare gli interventi di prima accoglienza ma, soprattutto, di socializzazione ed integrazione degli stranieri (minori, in particolare); delle forze politiche e dell'ordine, i sindacati e le associazioni di categoria per realizzare un coordinamento ed un monitoraggio generale degli interventi attuabili e attuati. Gli obiettivi specifici saranno:

1) da un lato, controllare ed arginare il fenomeno d'ingresso degli immigrati irregolari ma anche di quelli regolari, stipulando, ad esempio, delle forme di collaborazione per l'accettazione selettiva della manodopera, creando un centro di accoglienza polifunzionale, accentuando o meno i controlli lungo il confine, ecc.. Il pattugliamento svolto in collaborazione con le forze slovene ha permesso il respingimento di un gran numero di persone nonostante la particolare morfologia del paesaggio carsico e della zona pedemontana che ben si presta agli attraversamenti illegali. Naturalmente, il territorio locale ma nemmeno l'Italia da sole possono fronteggiare l'emergenza clandestina che si ripresenta con cadenza regolare; sono necessarie la realizzazione di una politica comune europea dell'immigrazione e la promozione dello sviluppo nei paesi poveri ad alto tasso di emigrazione tramite la realizzazione in loco di maggiori opportunità di lavoro e di benessere (riduzione del debito, invio di risorse tecnologiche, ecc.).

2) Dall'altro lato, accrescere la conoscenza del fenomeno e dei gruppi in arrivo tra le diverse categorie d'età, riducendo le diffidenze dovute alla presenza di stereotipi, di ansia e di sospetto, di rabbia o

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Moreno Zago 106

antipatia, ecc. ma anche l'indifferenza che genera isolamento e difficoltà di socializzazione e integrazione nell'immigrato con conseguente marginalizzazione e caduta nell'illegalità. In questo modo, la presenza di immigrati nel territorio si trasformerà da disagio in arricchimento, non solo in termini economici ma, soprattutto, in termini di trasmissione di quelle caratteristiche di sensibilità e senso di solidarietà che sono sempre più necessarie all'uomo moderno per fronteggiare le trasformazioni di una società multietnica dove l'immigrazione zero è un obiettivo che non può esistere in presenza degli attuali dislivelli di ricchezza fra aree geografiche.

Quanto se ne parla ...(% cumulata delle modalità di risposta

per nulla o poco)

74,1

65,6

48,5

51,2 41,7

47,2

51,7

50,0

52,0

69,8

54,9

51,0

37,0

78,3

72,7

33,3

In famiglia(48,2%)

A scuola/posto dilavoro (50,9%)

Nell'ambienteparrocchiale

(65,9%)

Con i propri amici(63,9%)

< 19 anni 19-35 anni 36-50 anni >50 anni

[M. Zago, “Emergenza clandestina e atteggiamenti clandestini”, Isig Journal, X, 2-3: 8-10].

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GORIZIA DELLE STRUTTURE

IL TREND DEMOGRAFICO NEL COMUNE DI GORIZIA (1995-2010) Moreno Zago

Abstract: Nell’articolo vengono costruiti tre scenari demografici per Gorizia al 2010. Dei tre scenari quello intermedio (basato su “buona natalità”) si è verificato nel 2010. E stato utilizzato il metodo di previsione Dynamo. Keywords: Gorizia, scenario demografico, natalità

• − • − • 1. Il trend demografico passato e presente

Prima di illustrare il modello previsionale demografico relativo alla crescita della popolazione per i prossimi quindici anni, sarà opportuno evidenziare alcune caratteristiche che hanno contraddistinto e contraddistinguono oggi l’andamento demografico nel comune di Gorizia: il calo numerico e l’invecchiamento della popolazione, in particolare.

Dalla fine della Seconda guerra mondiale agli inizi degli anni Settanta, il comune di Gorizia ha conosciuto una lenta ma graduale espansione demografica, determinata principalmente dal rimpatrio degli italiani dagli ex-territori dalmati ed istriani e dalla delicata situazione confinaria la cui militarizzazione ha attratto nuovi elementi dal resto d’Italia.

Tab. 1 - Trend demografico del comune di Gorizia (1871-1971) 1871 1881 1901 1911 1921 1931 1951 1961 1971 abitanti 21.460 28.420 33.599 40.062 33.031 40.621 42.094 43.666 43.927

Il 1971 rappresenta il punto d’inversione del trend positivo. Dalla tabella 2, si evidenzia come, dal

1972, nel comune di Gorizia si sia verificata una graduale perdita di popolazione. In particolare, a fronte di una popolazione di 43.778 unità del 1972, si è passati alle 38.057 unità del 1995, con un decremento pari al 13% (-5.721 unità) della popolazione iniziale. Nell’ultimo quinquennio (1990-95), la perdita è stata di 1.173 unità (-3%), pari al 20,5% della perdita complessiva.

Per meglio comprendere la variazione del numero di residenti, è bene disaggregare quest’ultima nelle sue due componenti “naturale” e “migratoria”.

La componente naturale è generata dall’effetto congiunto delle nascite e delle morti. Negli ultimi venticinque anni, si sono avute mediamente 308 nascite e 557 morti per anno. Il tasso di natalità ha seguito un trend negativo stabilizzandosi negli ultimi dieci anni ad un valore medio di 233 nati per anno. Le nascite si sono più che dimezzate nel corso degli anni passando dalle 534 del 1972 alle 218 del 1994;

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Moreno Zago 108

questa perdita è stata influenzata principalmente dal minor numero di donne in età feconda dovuto all’invecchiamento della popolazione in generale, ma si spiega, in parte, anche per il mutato atteggiamento procreativo delle donne (rinvio del matrimonio e delle nascite, sterilità, rifiuto della gravidanza con conseguenti aborti che nel 1988 erano pari a 24 per mille donne goriziane rispetto ad una media regionale e italiana del 14,5 e 14 per mille, rispettivamente). La conseguenza è stata un calo della popolazione giovane (0-14 anni) nel periodo tra i due ultimi censimenti: da 6.514 a 3.918 unità (-2.596) (cfr. tabella 3).

A differenza del tasso di natalità, quello di mortalità negli anni è rimasto pressoché immutato. In percentuale, si è passati dall’ 1,3% del 1972 all’ 1,4% del 1995; la variazione è dovuta alla diminuzione della popolazione che si traduce in un suo maggior invecchiamento.

L’invecchiamento della popolazione è determinato, da un lato, dall’aumento della vita media alla nascita che nel 1992 era di 72 anni per gli uomini e 80 anni per le donne. La conseguenza è stata l’aumento del numero e dell’incidenza delle persone con più di 65 anni che nel 1981 rappresentavano il 17,8% (7.565) della popolazione residente e nel 1991 il 21,7% (8.364). In particolare, è aumentato il peso di circa il 50% degli ultra settantacinquenni, passando dall’ 11,7% (4.999) al 10% (3.873). Dall’altro lato, l’invecchiamento è determinato dal calo nelle classi d’età più giovani che dai 6.514 elementi del 1981 si è scesi ai 3.918 elementi del 1991, cumulando una perdita di 2.596 unità (39,8%). Al contempo, si assiste ad una diminuzione dell’incidenza della fascia d’età sul totale della popolazione: dal 15,3% al 10,2%, causata anche dalla diminuzione di popolazione complessiva. La complessità della relazione che intercorre tra la popolazione giovane e anziana è messa in luce dall’indice di vecchiaia (anziani 65+/giovani <15). Nel 1981, questo indice era uguale a 0,77 per i maschi e 1,56 per le femmine (totale: 1,16); mentre nel 1991, i valori risultavano essere rispettivamente pari a: 2,13; 2,78 (totale: 2,13).

Relativamente, alla componente migratoria, fino agli anni Novanta, questa non ha assunto particolare rilievo. In particolare, dal 1972 al 1994, si ha avuto un saldo migratorio in media di +75. Solo in questi ultimi anni, si è avuto un aumento della differenza tra la popolazione in entrata e quella in uscita che ha toccato le punte di +178 nel 1992 e +158 nel 1994.

2. Il modello previsionale

Sfruttando le potenzialità del software di simulazione di modelli dinamici Dynamo, è stato possibile costruire un modello di trend demografico per il comune di Gorizia per gli anni che vanno dal 1995 al 2010.

La previsione demografica prevede un modello base dal quale si diramano tre distinti scenari alternativi che combinano coefficienti di natalità, di mortalità e di migrazione differenti.

Il modello base prende in considerazione: • una popolazione iniziale di 38.057 residenti al 1995, anno in cui ha inizio la simulazione; • una suddivisione della popolazione in quattro classi di età: 0-24 anni (giovani), 25-44 anni (adulti),

45-64 anni (maturi) e oltre 65 anni (anziani), i cui valori iniziali (al 1995) sono stati stimati, rispettivamente, a: 8.106, 11.151, 10.618, 8.182. La consistenza numerica della popolazione in un dato periodo prende in considerazione le dinamiche (in termini di tassi di sopravvivenza e di migrazione) che si creano nei passaggi delle persone tra le differenti classi d’età, secondo il modello demografico analitico-generazionale.

• due diversi coefficienti di natalità per la popolazione adulta e per la popolazione matura (unità/anno/residente). I valori sono stati calcolati prendendo in esame la media del tasso di natalità degli ultimi dieci anni e dividendola per la popolazione media dello stesso periodo. I coefficienti di natalità sono stati tenuti costanti nel tempo data la brevità temporale della simulazione e tenuto conto dei bassi valori che essi già assumono.

• quattro valori (costanti negli anni) di presenza della popolazione in ciascuna classe d’età, calcolata in anni (24; 20; 20; 15). Si è ipotizzata una speranza di sopravvivenza media per le persone anziane di 15 anni, essendo la durata media di vita alla nascita per la popolazione femminile di circa 80 anni e per quella maschile di 72 anni.

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Il trend demografici nel comune di Gorizia (1995-2010) 109

• quattro coefficienti di mortalità (costanti negli anni) per ciascuna classe d’età (unità/anno/residente). I valori per classe d’età (0,0008; 0,0016; 0,0100; 0,0530) sono stati ricavati dai coefficienti di mortalità regionali del 1992;

• un valore del saldo migratorio positivo (unità/anno) composto da persone che si collocano nelle classi d’età degli adulti e dei maturi, ovvero nei segmenti demograficamente più attivi.

I tre scenari si distinguono per i diversi valori attribuiti ad alcune variabile del modello base.

Tab. 2 - Trend demografico del comune di Gorizia (1972-1995) anno residenti nati morti saldoimmigrati emigrati saldo 1972 43.778 534 568 -34 1.197 689 508 1973 43.506 530 585 -55 1.185 896 289 1974 43.586 511 511 0 1.091 1.076 15 1975 43.601 480 545 -65 901 868 36 1976 43.569 397 653 -256 926 864 62 1977 43.375 375 566 -191 765 843 -78 1978 43.136 355 586 -231 714 871 -157 1979 42.748 297 557 -260 849 754 95 1980 42.580 300 481 -181 920 775 145 1981 42.532 259 562 -303 535 754 -219 1982 42.580 288 568 -280 744 460 284 1983 41.525 268 593 -325 1.097 884 213 1984 41.413 257 567 -310 803 822 -19 1985 41.086 228 614 -386 727 735 -8 1986 40.682 252 570 -318 646 833 -187 1987 40.187 236 544 -308 640 680 -40 1988 39.839 248 591 -343 705 569 136 1989 39.230 266 569 -303 681 690 -9 1990 39.230 143 574 -431 756 647 109 1991 39.008 242 536 -294 663 567 96 1992 38.463 274 534 -26 680 502 178 1993 38.381 238 541 -303 873 729 144 1994 38.222 218 541 -323 849 691 158 1995* 38.057 144 392 -248 431 401 30 Fonte: Istat, Popolazione e movimento demografico dei comuni * al 31/8/95

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Moreno Zago 110

Tab. 3 - Popolazione per fascia d’età (censimenti 1981 e 1991) censimento 1981 censimento 1991 età M F Tot % M F Tot % 0-4 775 784 1.559 3,8 607 605 1.212 3,1 5-9 1.210 1.089 2.299 5,5 600 607 1.207 3,1 10-14 1.334 1.322 2.656 6,4 736 763 1.499 3,9 15-24 3.044 2.729 5.773 13,9 2.584 2.393 4.977 12,9 25-34 2.629 2.596 5.225 12,6 3.061 2.682 5.743 14,9 35-44 2.803 2.876 5.679 13,7 2.605 2.533 5.138 13,3 45-54 2.574 2.763 5.337 12,9 2.633 2.752 5.385 14,0 55-64 2.311 3.069 5.380 13,0 2.267 2.713 4.980 12,9 65-74 1.728 2.878 4.606 11,1 1.754 2.737 4.491 11,7 75+ 838 2.121 2.959 7,1 1.116 2.757 3.873 10,1 Fonte: Istat, Censimenti della popolazione

Lo scenario A (tendenziale) si caratterizza per: • un coefficiente di natalità uguale a 0,012 per la popolazione adulta e 0,010 per la popolazione matura; • un valore del saldo migratorio uguale a 150, qual è mediamente quello degli ultimi cinque anni. Lo scenario B (elevata natalità) si distingue dallo scenario precedente per: • un coefficiente di natalità uguale a 0,018 per la popolazione adulta e 0,015 per la popolazione matura.

Le ragioni di tale crescita possono essere la conseguenze di un mutato atteggiamento procreativo delle donne o da qualche politica atta a incentivare la riproduzione. L’aumento è pari alla metà dei valori presi per lo scenario A.

Lo scenario C (saldo migratorio fortemente positivo) si distingue dallo scenario A per: • un valore del saldo migratorio uguale a 300. Questo valore può essere l’effetto del nuovo ruolo che

Gorizia potrebbe assumere a livello economico attraverso lo sviluppo del polo universitario o delle attività doganali e imprenditoriali con i paesi dell’Est che attirerebbero persone facenti parte delle fasce d’età degli adulti e dei maturi, non solo economicamente, ma anche demograficamente maggior-mente attive.

Nelle pagine che seguono si riportano, per ciascuno dei tre scenari, i parametri di riferimento usati con

Dynamo, il grafico del trend della popolazione e le tabelle dei risultati con i valori negli anni per:

• la consistenza numerica complessiva della popolazione (TOT POP); • la consistenza numerica complessiva dei nati (TOT NATI); • la consistenza numerica complessiva dei decessi (TOT MORTI); • la consistenza della popolazione per le quattro classi d’età

(POPOLAZIONE=GIOVANI, ADULTI, MATURI, ANZIANI);

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Il trend demografici nel comune di Gorizia (1995-2010) 111

• la consistenza numerica complessiva dei decessi per le quattro classi d’età (MORTALITÀ=GIOVANI, ADULTI, MATURI, ANZIANI).

3. Sintesi dei risultati Lo scenario A (tendenziale) si caratterizza per: • un calo costante e graduale della popolazione. Dalle 38.057 unità del 1995 si giunge alle 35.970 nel

2001 (-2.087) e 33.930 nel 2010 (-4.127); • il tasso di natalità annuo scende dalle 240 (1995) alle 228 unità (2010) mentre quello di mortalità

scende dalle 564 alle 458 unità (-106, -19%); • la popolazione facente parte della classe d’età dei maturi (44-64 anni) vedrà aumentare la propria

consistenza fino al 2009, anno in cui, dopo aver raggiunto le 11.000 unità (nel 1995 erano 10.620, +380), comincerà a diminuire;

• la popolazione anziana (65+ anni) vedrà, viceversa, diminuire il proprio peso sulla popolazione complessiva: 21,5% (8.182) nel 1995, 19,1% (6.887) nel 2001 e 18,1% (6.174) nel 2010.

Lo scenario B (elevata natalità) si contraddistingue dallo scenario precedente per: • un aumento della consistenza dei giovani (0-24) per effetto dell’elevata natalità: 8.101 (21,2%) nel

1995, 8.179 (22,3%) nel 2001 e 8.226 (23%) nel 2010; • la diminuzione della popolazione complessiva è minore rispetto allo scenario A: dalle 38.057 unità del

1995 si giunge alle 36.690 nel 2001 (-1.367) e alle 35.720 nel 2010 (-2.337); • la natalità che determina un simile andamento si attesta a valori medi di 355 nati per anno; • la mortalità passa dalle 564 unità del 1995, alle 497 unità del 2001, alle 461 unità del 2010.

Lo scenario C (saldo migratorio fortemente positivo), infine, per: • il numero consistente di immigrati che vanno ad ingrossare le fasce d’età 25-44 e 45-64 anni, a tassi di

natalità attuali, produce un graduale aumento della popolazione e della natalità: la prima subisce, nel 2001, un incremento di 393 unità rispetto al 1995 e, nel 2010, di 1.293 unità; la seconda passa dalle 240 unità/anno del 1995, alle 255 unità del 2001, alle 268 unità del 2010;

• il tasso di mortalità, viceversa, decrementa la propria consistenza fino al 2001 (547 unità) per poi ricrescere fino a raggiungere le 562 unità nel 2010;

• la popolazione anziana (65+ anni) si riduce numericamente fino al 2005 (7.608 unità) per poi aumentare di 94 unità nei cinque anni successivi (7.700 unità, nel 2010).

A termine di queste previsioni demografiche, si possono trarre le seguenti conclusioni: • si accentuerà il trend demografico negativo nel comune nel comune di Gorizia a meno che non si

realizzino delle attività (polo universitario, nuove centralità produttive) che attraggano nuovi residenti; • Gorizia vive il progressivo invecchiamento dei suoi abitanti, reso evidente dallo scivolamento verso le

classi più elevate d’età (cfr. tabella 3 e scenari A, C); • il tasso di natalità risulta essere influenzato negativamente dalla bassa percentuale di giovani-adulti;

analogamente, il basso tasso di fecondità risulta correlato negativamente con il grado di invecchiamento della popolazione;

• il tasso di mortalità risulta essere influenzato dall’elevata percentuale di anziani che tuttavia, nei prossimi quindi anni risulterà essere costante, oscillando tra i 460-560 decessi/anno, valori non lontani dagli attuali.

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Moreno Zago 112

4. Listato del modello base creato con DYNAMO TREND DEMOGRAFICO NEI COMUNI DI GORIZIA E NOVA GORICA 1995-2010 FOR ETA=GIOVANI,ADULTI,MATURI,ANZIANI classi di età (0-24;25-44;45-64;65+) FOR ETA2=ADULTI-ANZIANI classe di adulti A TOTPOP.K=SUM(POP.K) popolazione totale L POP.K(GIOVANI)=POP.J(GIOVANI)+DT*TOTNATI.JK-OUT.JK^ GIOVANI)-^MORTI.JK(GIOVANI)) crescita popolazione L POP.K(ETA2)=POP.J(ETA2)+DT*(OUT.JK(ETA2-1)-^ OUT.JK(ETA2)-MORTI.JK(ETA2)+MIGRAZ) crescita popolazione N POP(ETA)=IPOP(ETA) I IPOP(ETA)=8101,11151,10618,8182 popolazione iniziale per età R TOTNATI.KL=SCLPRD(NATTAB,1,2,POP.K,ADULTI) nascite P NATTAB=0.012,0.010 coeff. di natalità (unità/anno/residente) R OUT.KL(ETA)=POP.K(ETA)/ANNI(ETA) tasso di abbandono per età P ANNI=24,20,20,15 anni di permanenza età R MORTI.KL(ETA)=(MORTAB(ETA)*POP.K(ETA)) mortalità per età A TOTMORTI.K=SUM(MORTI.KL) mortalità totale P MORTAB=0.0008,0.0016,0.0100,0.0530 coefficiente di mortalità (unità/anno/residente) C MIGRAZ=150 saldo migratorio (unità/anno) SAVE TOTPOP,POP,TOTNATI,MORTI,TOTMORTI SPEC DT=1,LENGHT=15,SAVPER=1

SCENARIO A (TENDENZIALE)

PARAMETRI DI RIFERIMENTO Popolazione iniziale ......................................................................................... 38.057 Giovani (0-24 anni).................................................................................. 8.106 Adulti (25-44 anni) ................................................................................. 11.151 Maturi (45-64 anni)................................................................................ 10.618 Anziani (65+ anni) ................................................................................... 8.182 Coefficiente di natalità (unità/anno/residenti) Adulti (25-44 anni) ................................................................................... 0,012 Maturi (45-64 anni).................................................................................. 0,010 Coefficiente di mortalità (unità/anno/residenti) Giovani (0-24 anni)................................................................................ 0,0008 Adulti (25-44 anni) ................................................................................. 0,0016 Maturi (45-64 anni)................................................................................ 0,0100 Anziani (65+ anni) ................................................................................. 0,0530 Saldo migratorio (unità/anno) ........................................................................... +150

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Il trend demografici nel comune di Gorizia (1995-2010) 113

TREND DEMOGRAFICO

330003350034000345003500035500360003650037000375003800038500390003950040000

1995

1996

1997

1998

1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

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Moreno Zago 114

RISULTATI PER LO SCENARIO A

(popolazione di fine anno)

ANNO 1995 1996 1997 1998 1999 2000 TOT POP 38,05e3 37,63e3 37,25e3 36,89e3 36,56e3 36,26e3 TOT NATI 239,99 239,64 239,21 238,7 238,12 237,48 TOT MORTI 564,15 548,82 535,5 523,9 513,79 504,98 POPOLAZIONE GIOVANI 8101, 7997, 7897, 7800,9 7708,3 7619,1 ADULTI 11,15e3 11,06e3 10,98e3 10,89e3 10,8e3 10,72e3 MATURI 10,62e3 10,69e3 10,75e3 10,8e3 10,85e3 10,89e3 ANZIANI 8182, 7883,8 7624,8 7399,9 7204,6 7034,9 MORTALITÀ GIOVANI 6,4808 6,3976 6,3176 6,2407 6,1666 6,0952 ADULTI 17,842 17,701 17,561 17,421 17,282 17,144 MATURI 106,18 106,88 107,5 108,04 108,5 108,89 ANZIANI 433,65 417,84 404,11 392,19 381,84 372,85 ANNO 2001 2002 2003 2004 2005 2006 TOT POP 35,97e3 35,7e3 35,45e3 35,2e3 34,97e3 34,75e3 TOT NATI 236,77 236,02 235,22 234,38 233,5 232,58 TOT MORTI 497,29 490,56 484,66 479,46 474,88 470,82 POPOLAZIONE GIOVANI 7533, 7449,8 7369,5 7291,8 7216,5 7143,5 ADULTI 10,63e3 10,55e3 10,46e3 10,38e3 10,3e3 10,22e3 MATURI 10,92e3 10,95e3 10,97e3 10,98e3 10,99e3 11,e3 ANZIANI 6887,5 6759,4 6647,9 6550,8 6466,1 6391,9 MORTALITÀ GIOVANI 6,0264 5,9599 5,8956 5,8334 5,7732 5,7148 ADULTI 17,008 16,872 16,738 16,606 16,475 16,346 MATURI 109,22 109,48 109,68 109,83 109,93 109,98 ANZIANI 365,04 358,25 352,34 347,19 342,7 338,77 ANNO 2007 2008 2009 2010 TOT POP 34,54e3 34,33e3 34,13e3 33,93e3 TOT NATI 231,64 230,66 229,67 228,65 TOT MORTI 467,2 463,96 461,04 458,39 POPOLAZIONE GIOVANI 7072,7 7004, 6937,2 6872,3 ADULTI 10,14e3 10,06e3 9981,3 9905,3 MATURI 11,e3 11,e3 10,99e3 10,98e3 ANZIANI 6327, 6269,8 6219,3 6174,6 MORTALITÀ GIOVANI 5,6582 5,6032 5,5498 5,4978 ADULTI 16,219 16,094 15,97 15,848 MATURI 109,99 109,96 109,89 109,79 ANZIANI 335,33 332,3 329,62 327,25

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Il trend demografici nel comune di Gorizia (1995-2010) 115

SCENARIO B (ELEVATA NATALITÀ)

PARAMETRI DI RIFERIMENTO Popolazione iniziale ......................................................................................... 38.057 Giovani (0-24 anni).................................................................................. 8.106 Adulti (25-44 anni) ................................................................................. 11.151 Maturi (45-64 anni)................................................................................ 10.618 Anziani (65+ anni) ................................................................................... 8.182 Coefficiente di natalità (unità/anno/residenti) Adulti (25-44 anni) ................................................................................... 0,018 Maturi (45-64 anni).................................................................................. 0,015 Coefficiente di mortalità (unità/anno/residenti) Giovani (0-24 anni)................................................................................ 0,0008 Adulti (25-44 anni) ................................................................................. 0,0016 Maturi (45-64 anni)................................................................................ 0,0100 Anziani (65+ anni) ................................................................................. 0,0530 Saldo migratorio (unità/anno) ........................................................................... +150

TREND DEMOGRAFICO

330003350034000345003500035500360003650037000375003800038500390003950040000

1995

1996

1997

1998

1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

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Moreno Zago 116

RISULTATI PER LO SCENARIO B

(popolazione di fine anno) ANNO 1995 1996 1997 1998 1999 2000 TOT POP 38,05e3 37,75e3 37,49e3 37,25e3 37,04e3 36,86e3 TOT NATI 359,99 359,46 358,9 358,31 357,7 357,07 TOT MORTI 564,15 548,92 535,69 524,2 514,21 505,52 POPOLAZIONE GIOVANI 8101, 8117, 8131,7 8145,3 8157,7 8169, ADULTI 11,15e3 11,06e3 10,98e3 10,9e3 10,83e3 10,76e3 MATURI 10,62e3 10,69e3 10,75e3 10,8e3 10,85e3 10,89e3 ANZIANI 8182, 7883,8 7624,8 7399,9 7204,6 7035, MORTALITÀ GIOVANI 6,4808 6,4936 6,5054 6,5162 6,5262 6,5352 ADULTI 17,842 17,701 17,569 17,444 17,327 17,217 MATURI 106,18 106,88 107,5 108,04 108,51 108,92 ANZIANI 433,65 417,84 404,11 392,19 381,84 372,85 ANNO 2001 2002 2003 2004 2005 2006 TOT POP 36,69e3 36,54e3 36,4e3 36,28e3 36,16e3 36,06e3 TOT NATI 356,42 355,75 355,08 354,41 353,73 353,05 TOT MORTI 497,97 491,39 485,66 480,65 476,28 472,46 POPOLAZIONE GIOVANI 8179,1 8188,2 8196,2 8203,3 8209,3 8214,4 ADULTI 10,7e3 10,63e3 10,58e3 10,52e3 10,47e3 10,42e3 MATURI 10,93e3 10,96e3 10,98e3 11,e3 11,02e3 11,03e3 ANZIANI 6887,7 6759,8 6648,6 6552, 6467,9 6394,7 MORTALITÀ GIOVANI 6,5433 6,5506 6,557 6,5626 6,5674 6,5715 ADULTI 17,113 17,015 16,923 16,837 16,755 16,677 MATURI 109,26 109,55 109,8 110, 110,16 110,29 ANZIANI 365,05 358,27 352,38 347,26 342,8 338,92 ANNO 2007 2008 2009 2010 TOT POP 35,97e3 35,88e3 35,79e3 35,72e3 TOT NATI 352,37 351,7 351,02 350,36 TOT MORTI 469,1 466,15 463,54 461,24 POPOLAZIONE GIOVANI 8218,6 8222, 8224,5 8226,3 ADULTI 10,38e3 10,33e3 10,29e3 10,26e3 MATURI 11,04e3 11,04e3 11,05e3 11,05e3 ANZIANI 6330,9 6275,2 6226,5 6183,9 MORTALITÀ GIOVANI 6,5749 6,5776 6,5796 6,581 ADULTI 16,604 16,536 16,47 16,409 MATURI 110,38 110,45 110,49 110,51 ANZIANI 335,54 332,59 330,01 327,74

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Il trend demografici nel comune di Gorizia (1995-2010) 117

SCENARIO C (SALDO MIGRATORIO FORTEMENTE POSITIVO)

PARAMETRI DI RIFERIMENTO Popolazione iniziale ......................................................................................... 38.057 Giovani (0-24 anni).................................................................................. 8.106 Adulti (25-44 anni) ................................................................................. 11.151 Maturi (45-64 anni)................................................................................ 10.618 Anziani (65+ anni) ................................................................................... 8.182 Coefficiente di natalità (unità/anno/residenti) Adulti (25-44 anni) ................................................................................... 0,012 Maturi (45-64 anni).................................................................................. 0,010 Coefficiente di mortalità (unità/anno/residenti) Giovani (0-24 anni) 0,0008 Adulti (25-44 anni) 0,0016 Maturi (45-64 anni) 0,0100 Anziani (65+ anni) 0,0530 Saldo migratorio (unità/anno) ........................................................................... +300

TREND DEMOGRAFICO

330003350034000345003500035500360003650037000375003800038500390003950040000

1995

1996

1997

1998

1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

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Moreno Zago 118

RISULTATI PER LO SCENARIO C

(popolazione di fine anno)

ANNO 1995 1996 1997 1998 1999 2000 TOT POP 38,05e3 38,08e3 38,13e3 38,19e3 38,27e3 38,36e3 TOT NATI 239,99 242,94 245,7 248,28 250,69 252,93 TOT MORTI 564,15 558,51 554,3 551,29 549,31 548,21 POPOLAZIONE GIOVANI 8101, 7997, 7900,3 7810,5 7727,1 7649,6 ADULTI 11,15e3 11,21e3 11,27e3 11,32e3 11,36e3 11,39e3 MATURI 10,62e3 10,84e3 11,05e3 11,25e3 11,44e3 11,62e3 ANZIANI 8182, 8033,8 7914,3 7819,7 7746,4 7691,4 MORTALITÀ GIOVANI 6,4808 6,3976 6,3202 6,2484 6,1817 6,1197 ADULTI 17,842 17,941 18,028 18,105 18,171 18,229 MATURI 106,18 108,38 110,49 112,49 114,4 116,22 ANZIANI 433,65 425,79 419,46 414,44 410,56 407,65 ANNO 2001 2002 2003 2004 2005 2006 TOT POP 38,45e3 38,54e3 38,65e3 38,75e3 38,85e3 38,95e3 TOT NATI 255,03 256,98 258,79 260,48 262,05 263,51 TOT MORTI 547,84 548,09 548,84 550,02 551,54 553,33 POPOLAZIONE GIOVANI 7577,7 7510,9 7449, 7391,4 7338, 7288,4 ADULTI 11,42e3 11,45e3 11,47e3 11,49e3 11,51e3 11,52e3 MATURI 11,79e3 11,96e3 12,11e3 12,26e3 12,4e3 12,53e3 ANZIANI 7652,1 7626,1 7611,4 7606,2 7608,9 7618,3 MORTALITÀ GIOVANI 6,0622 6,0088 5,9592 5,9131 5,8704 5,8308 ADULTI 18,278 18,32 18,356 18,385 18,409 18,428 MATURI 117,94 119,57 121,13 122,59 123,98 125,3 ANZIANI 405,56 404,18 403,4 403,13 403,27 403,77 ANNO 2007 2008 2009 2010 TOT POP 39,06e3 39,16e3 39,26e3 39,35e3 TOT NATI 264,86 266,12 267,28 268,36 TOT MORTI 555,33 557,5 559,79 562,16 POPOLAZIONE GIOVANI 7242,4 7199,7 7160,1 7123,3 ADULTI 11,53e3 11,53e3 11,54e3 11,54e3 MATURI 12,65e3 12,77e3 12,88e3 12,99e3 ANZIANI 7633,1 7652,4 7675,2 7700,8 MORTALITÀ GIOVANI 5,7939 5,7598 5,7281 5,6987 ADULTI 18,443 18,455 18,462 18,467 MATURI 126,54 127,71 128,81 129,85 ANZIANI 404,56 405,58 406,79 408,14

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Il trend demografici nel comune di Gorizia (1995-2010) 119

Grafico 1 - Popolazione totale

36260 36860380803775037630

38360388503616034970 39350

3572033930

0

5000

10000

15000

20000

25000

30000

35000

40000

45000

Scenario A Scenario B Scenario C

1996 2000 2005 2010

Grafico 2 - Incidenza dei giovani e degli anziani sulla popolazione totale (%)

40 4142 42 424039 40

3838 40 38

05

101520253035404550

Scenario A Scenario B Scenario C

1996 2000 2005 2010

[M. Zago, Il trend demografico nel comune di Gorizia (1995-2010), in A. Gasparini, M. Zago, Gorizia, Nova Gorica e le aree di confine italo-slovene, Isig, Gorizia, 1998, pag. 259-272].

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SCENARI OCCUPAZIONALI PER EFFETTO DELLA CADUTA DEL CONFINE

Moreno Zago Abstract: Nell’articolo vengono descritti scenari occupazionali degli addetti ai trasporti, in generale in declino, per effetto della scomparsa dei controlli e delle soste al confine dei mezzi di trasporto. Lo studio ha fatto parte del progetto Pilot. Keywords: Regione Friuli Venezia Giulia, Gorizia, confine, posti di lavoro, spedizionieri

• − • − • 1. Finalità e metodologia

Uno dei risultati del Piano è stata la costruzione di scenari riguardanti l’economia e l’occupazione di

confine a partire da interpretazioni possibili del complesso dei fenomeni che stanno condizionando e condizioneranno gli andamenti occupazionali del settore.

Lo scenario è uno dei metodi principali più usati nella previsione. Per Khan (1968) - che per primo negli Stati Uniti usò questo metodo - lo scenario è costituito da una sequenza ipotetica di eventi ed è costruito con lo scopo di centrare l’attenzione sui processi causali e sui momenti di decisione. Ozbekman (1963) parla di metodo di approccio al futuro le cui caratteristiche essenziali sono date dalla capacità di costruire modelli di possibili futuri differenti tra loro e differenti dal presente nonché dalla capacità di concepire metodi per agire su questi futuri, integrabili parzialmente l’uno con l’altro. Lo scenario è, dunque, funzione dello scopo che il metodo ha di chiarifica delle decisioni nel presente: è lo strumento per meglio decidere, abbassando il livello di incertezza ed elevando il livello di conoscenza delle conseguenze delle azioni effettuate nel presente (Barbieri Masini 1986).

Gli scenari rispondono a due domande fondamentali: 1) come si verifica, passo passo la situazione ipotetica nel futuro? 2) Quali alternative esistono per i vari attori in ciascun momento di decisione per prevenire, deviare o facilitare un processo? Gli scenari costituiscono, quindi, delle linee guida per chi vuole decidere nel presente, analizzando le conseguenze alternative delle proprie azioni. Lo scenario, inoltre, ha un valore che dipende da chi lo utilizza ma vale anche il reciproco: occorre costruire lo scenario dal punto di vista dell’utilizzatore in modo che questo possa ricavarne valore. Uno scenario non è quindi, come per un modello scientifico, una rappresentazione valida ed utile per chiunque. Lo scenario in qualche misura deve comprendere i suoi possibili utilizzatori: questi devono riconoscersi in tale quadro e da questo riconoscimento deriva la consapevolezza del valore per loro. Vedono se stessi in azione nello scenario e possono confrontare tali azioni - e i loro risultati - con le azioni che oggi svolgono ed i risultati che ne derivano.

La metodologia adottata nello studio prefigura degli scenari descritti in termini di determinanti del cambiamento ossia di attori e di fenomeni che governano le tendenze, direzione del cambiamento (incremento/decremento, collaborazione/competizione, ecc.), possibilità e probabilità di realizzazione. Gli scenari sono espressi, per ipotesi di lavoro, in termini alternativi (scenario tendenziale, di contrasto, normativo) e temporali (3, 6, 9, 12, 24 mesi), radicalizzando quindi volutamente l’esito delle analisi. Tuttavia, può accadere che lo scenario più probabile sia un mix di questi che al contempo, però, tracci i confini al di fuori dei quali è improbabile che si verifichino altri scenari.

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Scenari occupazionali per effetto della caduta del confine 121

La procedura di definizione degli scenari qui adottata prevede le seguenti fasi: 1. La definizione dello spazio di scenario ovvero l’individuazione dei contesti operativi entro cui si

muovono gli attori interessati dal problema oggetto dello studio e considerati strategici in ordine alle trasformazioni del territorio e al disegno di possibili scenari di breve-medio periodo.

2. La descrizione, per ciascun contesto operativo, delle determinanti del mutamento ossia dei fenomeni significativi ai fini delle trasformazioni.

3. L’individuazione, sulla base degli andamenti più realistici delle determinanti del cambiamento, delle principali direzioni che ciascun contesto operativo può assumere: crescita/stasi, funzionalità continua/discontinua, vitalità forte/debole, ecc.

4. La selezione degli scenari probabili da quelli possibili escludendo quegli scenari che, tenuto conto dell’orizzonte temporale e spaziale, risultano essere illogici o insufficientemente plausibili.

Si definisce lo spazio di scenario come il luogo entro cui agiscono gli attori - nel nostro caso gli operatori dell’economia di confine - ed è costituito da fenomeni mutevoli i cui andamenti in positivo, di stabilità o in negativo comportano scelte che influenzano lo sviluppo e la crescita del settore e, conseguentemente, l’occupazione dei soggetti considerati a rischio con la caduta delle barriere doganali.

Per la definizione degli elementi che descrivono lo spazio di scenario (contesti e determinanti) si sono utilizzate informazioni provenienti da più fonti: analisi dei bilanci di settore, previsioni economiche camerali, studi dell’Unione Europea, ecc. Particolare rilevanza, tuttavia, hanno assunto i risultati emersi dai nove focus group tenutisi presso l’Isig tra la fine di ottobre e gli inizi di dicembre a cui ha partecipato una trentina di operatori in veste di testimoni qualificati (imprenditori, amministratori, dirigenti, consulenti, rappresentanti, ecc.) dei settori coinvolti dalla caduta delle barriere doganali e suddivisi per categoria: associazioni artigiane e commercianti, associazioni industriali del trasporto e della logistica, strutture portuali, ferroviarie, aeroportuali, auto/interportuali, rappresentanti delle organizzazioni camerali, pubbliche amministrazioni coinvolte nelle attività doganali e confinarie, case di spedizione, sindacati, enti di consulenza e supporto finanziario. Queste tematiche opportunamente raggruppate costituiscono la struttura dei 4 contesti operativi individuati e delle 12 determinanti del mutamento (cfr. figura 1).

Fig. 1 – Lo spazio di scenario per l’economia di confine

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Moreno Zago 122

2. Contesti operativi e determinanti del mutamento

2.1. Primo contesto operativo: sviluppo regionale del settore dei trasporti La globalizzazione dei mercati comporta e comporterà un aumento delle quantità di merci da trasferire e da

trasportare, con un aumento delle distanze da gestire. Dal Continente asiatico, in particolare dalla Cina, si prevede una forte crescita dei flussi di traffico merci, prevalentemente in contenitori, destinate all’Europa. Il primo contesto operativo è dunque quello dei trasporti connotato da fattori di mutamento quali la direzione e la crescita dei flussi e le modalità di trasporto per capire le potenzialità regionali, il ruolo degli autoporti e delle altre infrastrutture regionali ed il comportamento degli operatori di settore nello sviluppare piani di ri-conversione aziendale o di definizione di nuove professionalità per fronteggiare, nel breve periodo, l’impatto causato dall’allargamento dell’Unione Europea e, nel lungo periodo, la concorrenza internazionale e le opportunità offerte dai nuovi mercati.

2.1.1. Direzione e crescita dei flussi

L’industria dei trasporti ha un ruolo importante nella Comunità di cui rappresenta il 7% del prodotto

nazionale lordo, il 7% dei posti di lavoro, il 40% degli investimenti realizzati dagli stati membri e il 30% del consumo energetico. Il traffico, in questi ultimi anni, è cresciuto in maniera molto elevata e le stime che si erano stilate anche solo dieci anni fa sono state clamorosamente smentite e abbondantemente superate. La domanda nel settore dei trasporti, in particolare per quanto riguarda il traffico intracomunitario, ha avuto negli ultimi venti anni una crescita praticamente ininterrotta (2.3% l’anno per le merci e 3.1% per i passeggeri). Anche per l’Italia, il Piano generale dei trasporti e della logistica (2000) prevede un incremento della domanda di merci del 16%, nel caso di uno scenario basso (tasso di crescita media annua del valore aggiunto dell’1.3% per i beni materiali e dell’1.45% per i servizi) e del 30% in quello alto (crescita media annua del valore aggiunto dell’1.84% per i beni materiali e dell’1.85% per i servizi). In particolare, l’interscambio con l’Italia dei paesi del Sud del Mediterraneo crescerà tra il 2000 e il 2010 ad un ritmo del 10% annuo, contro il 7.2% del decennio precedente. A ciò si aggiungeranno i flussi relativi ai prodotti energetici provenienti dai paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente. A livello regionale, le stime fornite da Autovie venete e Autostrade Spa (1996-99) parlano per il 2010 di un aumento del trasporto merci del 38% (traffico passeggeri +24%), rispetto all’anno 2002, considerando, però, il non ingresso nell’Ue, entro quella data, dei paesi dell’Est candidati. Ciò significa che, nel 2004, con l’ingresso dei paesi nella Comunità europea, le statistiche saranno notevolmente stravolte. Considerando la quasi saturazione del sistema autostradale e considerando i problemi della sicurezza stradale, alternativa intermodale potrebbero essere le autostrade del mare. Nella finanziaria del 2004, per le autostrade del mare è stato previsto uno stanziamento di fondi pari a 240 milioni di euro. Se venissero utilizzati i porti del Mediterraneo, le navi che passano per il canale di Suez potrebbero guadagnare dai 2 ai 6 giorni rispetto ai porti del Nord-Europa. Una diversa gestione delle ferrovie permetterebbe anche un recupero dei mercati del Sud. Dal punto di vista delle infrastrutture ferroviarie e stradali sarebbero sufficienti solo 100 km/h di velocità per poter disporre di un raggio di distribuzione pari a circa 1.200 km (asse Barcellona-Trieste), distanza che se coperta nei tempi previsti è più che sufficiente per la logistica dei trasporti. Attualmente il raggio che si riesce a coprire in maniera discreta raggiunge i 600 km. 2.1.2. Sviluppo degli autoporti e delle infrastrutture di trasporto

Le strutture logistiche confinarie si porranno sempre più come fonte diretta dei servizi che offrono in

stretto contatto con la propria clientela finale, con una visibilità completa e immediata sul mercato di riferimento. L’idea rispecchia il modo di operare negli ultimi anni dei grandi vettori nazionali. Le strutture per il trasporto svolgeranno direttamente attività di marketing e di vendita dei propri prodotti con una modalità molto più attiva di quella attuale che subisce in parte una gestione poco efficiente e autonoma degli operatori insediati presso le strutture stesse. Gli stessi operatori doganali svolgono oggi un’attività professionale con un investimento pari allo zero mentre il grosso impiego di capitale è degli enti di gestione delle strutture. Questa logica non risulta essere più sostenibile. Il ruolo degli spedizionieri doganali potrebbe essere quindi rivisto impiegandoli come intermediari tra i produttori del servizio e il

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Scenari occupazionali per effetto della caduta del confine 123

cliente che lo acquista. Al fianco di queste considerazioni, si collocano quelle riguardanti un’inversione di tendenza che sta portando ad una richiesta sempre maggiore di magazzini conto terzi, in quanto le aziende, vedendo ridotti i loro margini di guadagno sulle vendite preferiscono ridurre le scorte. In questo modo, riducono i costi vivi che devono sostenere per il mantenimento delle strutture di immagazzinamento. Operatori specializzati possono offrire loro un buon servizio a fronte della realizzazione di economie di scala. Tutto questo ha come obiettivo quello di immobilizzare il meno possibile somme di denaro facendo così aumentare la sua velocità di trasferimento sul mercato. Inoltre, va ricordato che il Piano generale dei trasporti e della logistica (2001) prevede che, per la distribuzione delle merci, ogni comune si debba dotare di un Piano urbano del traffico (Put). Tali Put potrebbero prevedere la limitazione di accesso nelle aree urbane, in particolare nei centri, l’utilizzo di mezzi di limitate dimensioni e/o ecologici ed autorizzare lo scarico delle merci nelle aree urbane solo in ore notturne. Pertanto, è indispensabile che le merci vengano raccolte in piattaforme logistiche posizionate nell’hinterland delle aree metropolitane. Oltre alle piattaforme logistiche, si dovrebbe prevedere dei centri logistici integrati a ridosso degli aeroporti e dei porti per una concentrazione delle merci e per un migliore coordinamento degli operatori industriali del trasporto, della logistica e della distribuzione. Detti centri logistici integrati dovrebbero altresì provvedere al consolidamento ed alla containerizzazione delle merci nelle unità di carico e di trasporto.

Tab.1 – Scenari della domanda nazinale merci al 2010

2.1.3. Ruolo degli operatori di settore

La categoria degli spedizionieri si è attivata con un’opera di sensibilizzazione dei propri colleghi che opereranno sul nuovo confine. Tale opera di sensibilizzazione ha come obiettivo quello di trovare un accordo di cooperazione affinché si possa effettuare un’equa ripartizione del rischio doganale sulle tratte dei camion con destinazione o transito in Italia. Nel settore dei trasporti, la possibilità di resistere sono legate all’offerta di nuovi servizi; in tal senso alcuni operatori si sono organizzati per l’apertura di magazzini nella zona di confine per organizzare delle partenze settimanali verso i paesi esteri. Si tratta di una semplice operazione di grouppage o di partenze espresse che però permetterà di mantenere in parte i livelli di fatturato attualmente raggiunti. Inoltre, gli operatori dei trasporti regionali conserveranno delle quote di mercato in funzione di una richiesta di servizio di qualità e per grandi clienti con problematiche complesse. La categoria dei doganieri ha cercato di coinvolgere le realtà circostanti in modo da poter strutturare un progetto con il quale si vadano ad offrire dei nuovi e più appetibili servizi rispetto a quelli offerti presso le altre strutture, sia che si trovino sul confine nascente che nelle altre regioni italiane. Ad esempio, hanno promosso l’utilizzo dei depositi fiscali Iva e si stavano attrezzando per poter svolgere un nuovo servizio di auditing. Questo è un tipo di servizio richiesto dalle aziende che operano sui mercati esteri in base al quale è possibile ottenere una certificazione per l’esercizio della propria attività doganale. Si potrebbero utilizzare gli spedizionieri doganali in esubero affinché svolgano un servizio di pre-auditing

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Moreno Zago 124

in modo da preparare le aziende alla visita dei funzionari doganali. Relativamente ai servizi veterinari, tra i progetti in corso d’opera vi era anche quello che prevedeva la riconversione dell’attuale Pif (Punto di ispezione frontaliera) di Gorizia in un Centro sosta e raccolta per gli animali vivi. Il progetto doveva essere verificato alla luce della nuova normativa in via di approvazione, quella sulla sosta degli animali durante il loro trasporto. In base al presunto maggior stress che gli animali proverebbero durante ogni sosta, per il fatto di dover scendere e risalire sul mezzo, si ipotizzava di sopprimere tale pratica in funzione di un semplice fermo del mezzo per 12 ore ogni 9 di marcia. I mezzi dovevano però essere adattati per una maggiore vivibilità degli animali stessi. In tal senso, i Centri sosta non avranno più un’effettiva utilità, mentre la conserverebbero solo i Punti di raccolta per la rottura dei carichi e per la loro immediata commercializzazione.

2.2. Secondo contesto operativo: funzionamento del sistema regione nei trasporti

Fino ad oggi, si è sempre pensato alla caduta delle barriere doganali come ad un problema di cui

bisogna necessariamente arginare o contenere gli effetti. A questa prospettiva, però, non se ne è mai affiancata una diversa e più propositiva che sottolineasse gli eventuali effetti positivi che in realtà potenzialmente scaturibili dall’evento stesso. Effetti che potrebbero rappresentare delle potenzialità quali, ad esempio, la creazione di un sistema regione nel settore della logistica e dei trasporti. Il secondo contesto operativo prende in esame, per l’appunto, la possibilità di mettere a sistema il comparto logistico regionale creando un’unica piattaforma logistica specializzata che rispetti le vocazioni e le competenze funzionali delle singole infrastrutture che ne fanno parte. Tale piattaforma avrebbe il pregio di operare come soggetto unico non solo di fronte alla committenza, ma anche di fronte agli altri soggetti presenti nella filiera della logistica, istituti di credito, istituti di ricerca e consulenza al commercio, ecc. Il successo/insuccesso del sistema regione è determinato dall’andamento futuro del comportamento collaborativo/competitivo e continuo/discontinuo degli attori decisionali della politica regionale e nazionale e delle strutture auto/interportuali e delle altre infrastrutture logistiche regionali e d’oltre confine.

2.2.1. Collaborazione tra le strutture di trasporto e di logistica

Un panorama in cui un intervento per l’occupazione e per il sostegno alle imprese possa inserirsi dovrà essere sicuramente di sistema dove si ponga fine alla concorrenza tra i diversi operatori del settore. I soggetti interessati dovrebbero quindi aiutarsi vicendevolmente nello sviluppo del proprio settore senza subire la concorrenza degli altri. Il fare sistema, in genere, giustifica una ripartizione delle risorse finanziarie o delle zone di influenza economica ma, in questo caso, può anche pilotare una discontinuità che diversamente facendo crea solo dei timori. Il porto di Trieste potrebbe sviluppare i propri traffici secondo i nuovi orientamenti del traffico marittimo, ossia come attrattiva per le navi di lunga tratta anziché per il federaggio; l’autoporto di Fernetti-Trieste potrebbe, invece, caldeggiare la creazione di un retroporto, dato che vi è la disponibilità di spazi utilizzabili in modo da poter vedere un ampliamento delle proprie attività. Collaborazione che si è sviluppata tra il porto di Monfalcone e l’autoporto di Gorizia. Anche l’aeroporto di Ronchi dei Legionari che ha attraversato una congiuntura negativa, risentendo della marginalità di una regione poco abitata e caratterizzata anche dall’assenza di importanti industrie di trasformazione potrebbe eventualmente riconquistare delle quote di traffico merci in virtù di un rapporto di sinergia con i porti marittimi regionali. I progetti di riconversione degli autoporti e delle altre strutture per il traffico merci necessitano di agire sotto un’unica regia se si vuol vedere qualche risultato tangibile. A tal fine, le strutture autoportuali ed interportuali hanno inviato nel dicembre 2003 all’assessore regionale ai trasporti una nota per promuovere un’azione comune degli autoporti, centri merci, interporti, da estendere eventualmente anche ai porti del Friuli-Venezia Giulia. I responsabili delle strutture ritengono che «per gradi successivi, sia possibile giungere ad un coordinamento delle rispettive politiche di sviluppo ed alla condivisione di servizi, oltre che di dati ed informazioni», al fine di «sperimentare una azione promozionale comune che, con il supporto regionale, consenta un efficace marketing d’area di tutto il sistema logistico regionale».

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Scenari occupazionali per effetto della caduta del confine 125

2.2.2. Creazione della macro-regione transfrontaliera

Recenti studi dell’Isig (Gasparini 2000; Isig magazine 2003) e l’indirizzo politico internazionale portato avanti dalle ultime giunte regionali sottolineano l’importanza di creare una struttura euroregionale che coinvolga, oltre alla regione Friuli-Venezia Giulia, i paesi di Slovenia, Croazia, Austria e la regione Veneto. Progetto condiviso dalla regione e dalla Slovenia anche in occasione della V riunione della Commissione mista tenutasi a Codroipo (Ud) il 1° dicembre 2003 e ufficializzato con la firma, l’11 ottobre 2004, dell’accordo tra i governatori di Friuli Venezia Giulia e Veneto. L’obiettivo di una siffatta Macro-regione transfrontaliera è di favorire la cooperazione nell’ambito di uno spazio macro-economico e a carattere strategico. Si tratta, dunque, non solo di individuare le politiche economiche comuni, ma anche di gestire comuni interventi per nuove e rinnovate macro-infrastrutture, quali il sistema viario in funzione del Corridoio europeo V ed altri corridoi europei, il sistema dei trasporti, ecc. Più in generale, il problema affrontato dalla macro-regione è quello di superare l’eventuale sovradimensionamento delle grandi infrastrutture esistenti nelle singole regioni con il coordinamento delle parallele infrastrutture esistenti in Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Carinzia, Slovenia e Croazia. Nella regione Friuli-Venezia Giulia senz’altro tale sovradimensionamento, almeno per quanto riguarda il non adeguato utilizzo, è visibile per porti, aeroporto, scalo ferroviario di Cervignano, ecc. Ad esempio, tra gli aeroporti di Ronchi del Legionari e di Lubiana non si dovrebbe parlare di concorrenza quanto, piuttosto, spingere verso la collaborazione. Infatti, l’aeroporto sloveno è uno scalo che non è più in grado di svilupparsi e crescere, mentre lo scalo regionale risulta quasi essere eccessivamente dimensionato per il tipo di traffico che lo interessa. Con questi presupposti è auspicabile che si riesca a creare quella sinergia capace di alimentare gli scali in proporzione delle loro effettive capacità di volumi. Inoltre, la posizione di Trieste risulta essere tra le più vantaggiose del Mediterraneo, tanto da permetterle di ambire a diventare la piattaforma logistica del centro-Europa. Da questo punto di vista, può essere vantaggiosa l’alleanza strategica con il porto di Fiume dove il contributo della città giuliana è rappresentato dalle capacità professionali e gestionali nonché dalla possibilità di costituire il retro porto della stessa cittadina croata. In tale prospettiva, si palesa in tutta la sua importanza il corridoio V al quale è legato lo sviluppo economico del Sud-Europa che diversamente potrebbe morire di asfissia per la mancanza di collegamenti.

2.2.3. Azioni a sostegno dell’attrattività insediativa

La sostanziale completezza del tessuto infrastrutturale regionale, sia dal punto di vista della viabilità sia da quello delle strutture e dei poli logistici, e le sue ampie possibilità di collegamento con i circuiti nazionali ed internazionali, rappresenta un fattore fondamentale sul quale strutturare una politica di marketing territoriale volta all’attrazione di insediamenti di nuove realtà imprenditoriali non solo nel settore manifatturiero ma anche della logistica, del trasporto e delle attività connesse. La scarsa disponibilità di aree per insediamenti produttivi esclude la vocazione ad ospitare impianti industriali di grande dimensione mentre la facile accessibilità delle merci e dei prodotti provenienti dall’area extra-comunitaria dell’Europa orientale, per tramite del sistema portuale dell’alto Adriatico dalle aree del Far East, consente di favorire l’insediamento di attività di assemblaggio di prodotti e/o di perfezionamento di merci di importazione. Le strutture esistenti potrebbero, inoltre, mediante un’opportuna valorizzazione, svolgere anche una funzione di vetrina dell’offerta turistica locale garantendo così un facile approccio a tutte le informazioni sull’organizzazione del turismo nella regione Friuli-Venezia Giulia, sulle opportunità di ospitalità e di ristorazione e sugli eventi artistici, culturali e mondani. Infine, la creazione di una zona franca transfrontaliera che consideri irrilevanti i redditi prodotti all’estero, ad eccezione di quelle istituite nel centro ed Est-Europa, renderebbe maggiormente appetibile l’insediamento di società internazionali in loco per una propria attività di back office. Le attività di back office rappresentano, quindi, dei servizi per i processi di delocalizzazione produttiva e per l’internazionalizzazione delle imprese.

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Moreno Zago 126

2.3. Terzo contesto operativo: sviluppo regionale dell’economia Un’ulteriore variabile di sfondo è costituita dall’andamento dell’economia regionale nel breve-medio

periodo. La sua importanza è duplice: da un lato, una sua crescita necessita di una domanda di trasporto merci generando un indotto anche nei settori legati ai trasporti, alle spedizioni e alla logistica; dall’altro lato, la crescita richiede un maggior numero di occupati (in più settori) e la sua diversificazione anche l’emergere di nuove figure professionali. Le determinanti del mutamento che influenzano positivamente o negativamente il contesto economico regionale sono state identificate in: a) la struttura produttiva descritta in termini di spirito d’impresa, ragione sociale, profilo dell’imprenditore, interscambio commerciale per meglio comprendere l’incidenza del rischio occupazionale dei lavoratori di confine; b) le richieste del mercato per figura professionale e tipologia di contratto su cui indirizzare i lavoratori a rischio sulla base delle proprie competenze specifiche; c) le politiche del lavoro alla luce delle recenti riforme per capire quali sono i soggetti pubblici che oggi governano il mercato del lavoro, quali sono i soggetti privati autorizzati ad operarci, cosa si intende per politiche attive e passive e qual è il loro ruolo nella dinamica tra domanda e offerta del lavoro.

2.3.1. Struttura e andamento dell’economia

Starnet, la rete degli Uffici studi e statistica delle Camere di commercio, fornisce numerose e utili analisi di previsione dell’economia nazionale e regionale. A livello locale e specificatamente per il Friuli Venezia Giulia si possono esporre le seguenti considerazioni. L’evoluzione del Pil regionale nel 2003 è tra le più deludenti, se confrontata con tutte le regioni: con Lazio, Molise e Basilicata, il Friuli-Venezia Giulia presenta una variazione negativa (su valori costanti del 1995) che è pari a -0.2% rispetto al dato nazionale (+0.4%) e comunque di segno opposto al Veneto (+0.2%), all’Emilia Romagna (+0.6%) ed al Trentino-Alto Adige (+0.7%). Anche il 2004, presenterà per il Friuli-Venezia Giulia uno scenario di modesto sviluppo con un +0.9% che colloca la regione al terz’ultimo posto per crescita del Pil. Nel biennio 2005-06 la crescita del Pil regionale (stimato rispettivamente in +2.3% e 2.2%) risulterà di nuovo positiva ponendosi al di sopra della media nazionale. Circa le componenti della domanda, le esportazioni registrano per gli anni passati segno negativo ma, in questo caso, il valore negativo contraddistingue quasi tutte le regioni anche con variazioni molto maggiori di quella che ha registrato il Friuli Venezia Giulia. La ripresa è prevista con un +3.1% nel 2004, un +4.8% nel 2005 e un +4.4% nel 2006. Si diffondono le imprese a rete. La provincia con il maggior grado di attrazione è Gorizia dove il 24.7% dei dipendenti nelle unità locali operanti in quella provincia fanno capo a imprese con sede fuori della provincia stessa. Per la provincia di Udine il grado di attrazione è pari al 17.8% (dipendenti in unità locali operanti in provincia, controllate da imprese con sede esterna alla provincia di Udine), un valore superiore alla media nazionale (pari al 17%) e anche a quella del Nord-Est (10%). Viceversa, la provincia regionale con la percentuale più alta di delocalizzazione, cioè di occupazione creata fuori dei confini regionali, è Trieste dove esiste il 27.7% dei dipendenti in unità locali operanti al di fuori del territorio provinciale ma controllate da imprese triestine; Udine presenta un minimo di 5.3%, per cui le imprese friulane generano il 5.3% dell’occupazione al di fuori del territorio provinciale. 2.3.2. Trend occupazionale e fabbisogni professionali

Rispetto ai primi due trimestri del 2002, nei primi tre mesi del 2003 si è registrata una diminuzione nel numero di occupati di 5 mila unità mentre, nel secondo trimestre, si è verificato un aumento di 9 mila lavoratori. Nel primo trimestre ciò sembra dovuto alle diminuzioni verificatesi in agricoltura (-2.000) e nell’industria (-11.000 di cui -8.000 nelle costruzioni) e solo parzialmente compensate dall’aumento degli occupati nel settore altre attività. L’incremento tendenziale nel numero di occupati verificatosi nel secondo trimestre dell’anno in corso è il risultato di un aumento occupazionale in tutti i settori tranne in quello delle costruzioni, dove continua il trend negativo iniziato con il quarto trimestre 2002. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, le stime per il 2003 indicano una crescita pari all’1.3% delle unità di lavoro nel Friuli-Venezia Giulia, crescita che, indubbiamente, appare alta se confrontata con la contemporanea debolezza della domanda. Aumenta anche il tasso di occupazione specifico che passerà

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Scenari occupazionali per effetto della caduta del confine 127

dal 62.9% del 2003 al 66.8% nel 2006, mentre il tasso di disoccupazione si conferma sotto la soglia del 4%. Rispetto agli stessi trimestri dell’anno precedente, nel primo trimestre del 2003 si è registrato un aumento di 8 mila occupati a tempo pieno a fronte di una diminuzione di 13 mila unità a tempo parziale, mentre nel secondo trimestre 2003 sono invece aumentate entrambe le componenti. Sempre nei primi due trimestri 2003 sembra esserci una riduzione tendenziale della percentuale di lavoratori a tempo parziale (10.7%). Per il 2003, il Sistema informativo per l’occupazione e la formazione Excelsior (UnionCamere, Camere di commercio, Ministero del lavoro) che rappresenta una fonte statistica autorevole per la conoscenza del mercato del lavoro, per l’incontro fra la domanda e l’offerta, per l’orientamento e per la progettazione dell’attività formativa aveva individuato i seguenti fabbisogni professionali come espressi dalle imprese del territorio. Erano previste 17.010 assunzioni di cui 2.629 specialistiche e tecniche; 1.192 operative della gestione di impresa; 6.634 operative dei servizi e delle vendite; 6.555 operative della produzione industriale. Del totale, il 54% è richiesto in imprese con meno di 50 dipendenti, il 55% è assunto a tempo indeterminato, il 49% non ha esperienza specifica e il 48% è di difficile reperimento.

Tab. 2 – Scenario di previsione al 2006 per il Friuli-VG (tassi di var. % su valori a prezzi costanti

1995)

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2.3.3. Politiche del lavoro

Le riforme costituzionali hanno reso centrale il ruolo della regione nella regia delle politiche del lavoro - attive e passive - locali, nell’ottica di una loro armonizzazione con le politiche per l’occupazione sia nazionali che europee. Spetta alle regioni, infatti, procedere all’accreditamento degli operatori pubblici e privati che saranno attivi nel proprio territorio. Sono questi i soggetti che opereranno - attingendo anche alle risorse pubbliche - nell’erogazione di servizi al lavoro partecipando alla rete dei servizi per il mercato del lavoro con particolare riferimento ai servizi di incontro fra domanda ed offerta. Il legislatore della riforma ha cercato, inoltre, di coinvolgere le imprese di somministrazione di manodopera nell’attuazione delle politiche attive del lavoro (art. 13 d.lgs. n. 276/2003). L’attività delle imprese di somministrazione diventa un potenziale veicolo mediante il quale facilitare la rioccupazione del lavoratore nonché una sua qualificazione o riqualificazione professionale. L’efficacia degli strumenti di politica attiva del lavoro e di sostegno al reddito dei disoccupati dipende dalla capacità degli amministratori di utilizzarli in sapiente raccordo tra loro: le forme flessibili di lavoro subordinato, il lavoro autonomo, la somministrazione di lavoro devono cioè essere coordinati con una politica attiva del lavoro che punti alla formazione professionale continua del lavoratore e che lo accompagni durante tutta la sua vita lavorativa. Non secondarie sono, anche, le politiche passive del lavoro che devono concretizzarsi in adeguati sistemi di sostegno del reddito, spalmati e ricalibrati su un ampio numero di soggetti. Con la locuzione ammortizzatori sociali ci si riferisce a strumenti di sostegno al reddito, profondamente diversi tra loro ma caratterizzati dal medesimo scopo: quello di attutire (ammortizzare, per l’appunto) gli effetti sfavorevoli che determinate vicende hanno sulla vita (rectius sul reddito) dei soggetti. Si tratta di un universo variegato in cui, oltre al trattamento di disoccupazione, di cassa integrazione e di mobilità, vengono fatti rientrare anche i lavori socialmente utili e i contratti di solidarietà, nonché misure previdenziali, quali i pensionamenti anticipati e, più in generale, tutte le prestazioni spettanti ai cittadini nelle situazioni di bisogno. Alcuni ammortizzatori sociali si collocano al confine tra l’assistenza e le politiche attive del lavoro; tra questi rientrano i cosiddetti fondi strutturali nazionali e della Comunità europea, compreso il Fse che assieme ad altri strumenti finanziari comunitari persegue, tra l’altro, gli obiettivi della lotta contro la disoccupazione di lunga durata, dell’aiuto all’inserimento professionale dei giovani e dell’integrazione delle persone minacciate di esclusione dal mercato del lavoro.

2.4. Quarto contesto operativo: vitalità produttiva delle regioni oltre confine

Il quarto e ultimo contesto operativo prende in esame l’andamento economico e gli indirizzi produttivi delle aree confinanti con il Friuli-Venezia Giulia (le altre regioni del Nord-Est italiano e la Slovenia) e più lontane (i paesi dell’Est in ingresso nell’Unione Europea) i cui trend economici generali e nel settore dei trasporti e della logistica, in particolare, possono influenzare le performance regionali negli stessi settori. Le determinanti del mutamento sono analizzate in termini di crescita economica, di potenzialità produttiva, di disponibilità infrastrutturale e, relativamente ai paesi di prossima adesione all’Unione Europea, di interscambio commerciale con il Friuli Venezia Giulia e di adeguamento all’acquis comunitario.

2.4.1. Vitalità del Nord-Est italiano

Le imprese del Nord-Est, in Italia, sono quelle che più di altre hanno fatto da battistrada verso l’Europa dell’Est. Per motivi di posizione geografica ma soprattutto per la loro consolidata capacità di rapportarsi con i mercati esteri. Il Nord-Est esporta il 20% di quanto faccia l’Italia, pur avendo l’11% della popolazione. Inoltre, verso l’Est-europeo, il Nord-Est esporta il 28% di quanto realizza l’intero paese. I titolari di impresa del Nord-Est manifestano anche una significativa attesa nei confronti dei paesi che entreranno nell’Unione Europea. L’allargamento rappresenta un’opportunità (51%) e le imprese ne sono consapevoli, perché una parte di loro l’ha già sperimentato concretamente. La sanzione istituzionale di questo processo non potrà che favorire un’ulteriore crescita di questi flussi di mercato. Aumenta anche la consapevolezza che quei paesi diventeranno in misura crescente il vero nuovo mercato domestico dell’economia dell’area (Fondazione Nord-Est 2003). La competitività sui mercati internazionali mette in

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Scenari occupazionali per effetto della caduta del confine 129

risalto la questione dimensionale delle imprese. Sono le aziende di dimensioni più consistenti (almeno sopra i 50 dipendenti) a proseguire nell’apertura di relazioni commerciali e produttive su scala internazionale. La piccola dimensione di impresa, carattere peculiare del Nord-Est e dei distretti industriali, la cui flessibilità aveva consentito una rapida crescita ed un’affermazione anche sui mercati internazionali, con la globalizzazione diventa un freno e incontra difficoltà. Segnali interessanti sembrano provenire dai nuovi mercati dell’estremo oriente - in particolare dalla Cina, dove fra il 1999 e il 2002 le esportazione del Nord-Est sono raddoppiate in valore corrente, a fronte di una crescita più modesta delle importazioni. Infine, una panoramica sulle performance delle principali strutture portuali, aeroportuali ed interportuali del Veneto può contribuire ad esprimere la vitalità del settore dei trasporti e della logistica. Le strutture intermodali della regione, in particolare, registrano tassi di crescita notevoli e costanti. Il movimento merci complessivo del porto di Venezia ha raggiunto, nel 2002, i 29.5 milioni di tonnellate, con un incremento di 2 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Il settore merci dell’aeroporto di Venezia, nel 2002, ha movimentato complessivamente 14.789 tonnellate, con un aumento del 13.1% rispetto al valore fatto segnare nel 2000. Le merci movimentate nell’aeroporto di Verona sono invece state pari a 10.940 tonnellate, con un incremento addirittura di 31 punti percentuali rispetto ad un anno prima. Nel 2000, nell’interporto di Verona, sono transitate più di 4.5 milioni di tonnellate di merci su ferrovia e oltre 8 milioni di merci su gomma. Qui, si realizza circa il 30% di tutto il traffico combinato italiano e oltre il 50% di quello internazionale. La struttura di Padova, complessivamente, movimenta 6 milioni di tonnellate all’anno (movimentazione ferroviaria e solo gomma). Il 75% del traffico container è di export.

2.4.2. Vitalità della Slovenia

La Slovenia rappresenta un importante punto di collegamento e di transito verso i paesi del Nord Europa e verso i Balcani: in particolare, dopo l’indipendenza, il paese ha operato una precisa strategia per sviluppare la rete di trasporti, privilegiando i collegamenti Est-Ovest e quelli con l’Europa centrale. Il sistema di trasporto in Slovenia è costituito da 15 mila km di strade, 1.200 km di ferrovie, aeroporti internazionali per trasporto passeggeri e merci e un porto (Capodistria) di rilievo internazionale e altri di dimensioni inferiori. Ogni giorno sono intrapresi più di 2 milioni di spostamenti all’interno del territorio e più di 72 mila tonnellate di merci vengono trasportate per ferrovia, per via aerea, o via mare. Le merci in transito da e per i paesi dell’Europa centro-orientale (Austria, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacca) rappresentano mediamente il 60% dell’attività portuale. Il trasporto combinato copre una parte marginale dell’intero sistema mentre la maggior parte di trasporti interni avviene via strada (90%). Per quanto riguarda invece i trasporti internazionali, i due/terzi avvengono via strada, il rimanente via ferrovia. La crescita economica prosegue da qualche anno in Slovenia benché il suo ritmo recentemente sia rallentato attestandosi attorno al 2% ma con previsioni del 3.1-3.7% per i prossimi due anni. Sono soprattutto le esportazioni a costituire il motore della crescita. Gli sloveni si presentano alla scadenza del 1° maggio 2004 già molto più competitivi degli operatori nazionali potendo far affidamento su dei costi del personale molto più bassi e sulla presenza di un parco automezzi nuovo e ben fornito a cui si devono aggiungere alcune concessioni che sono state fatte in materia mediante gli accordi bilaterali di adesione all’Unione Europea (ad es., la possibilità di effettuare il cabotaggio). Questa situazione verrà in parte tutelata per il ritardo nella applicazione della convenzione di Schengen in quanto la mancata libertà di circolazione delle persone manterrà i costi della manodopera ai livelli attuali cosicché gli autisti dei paesi entranti non potranno rivendicare i salari europei fino a quando non avranno la reale possibilità di lavorare per gli operatori europei. La caduta delle barriere doganali è però un problema particolarmente sentito anche da parte slovena la quale, a sua volta, dovrà riconvertire il settore dei servizi di spedizioni lungo il confine con l’Italia, l’Austria e l’Ungheria. In tal senso, una recente ricerca, promossa dalla Camera per l’economia e dall’Associazione per i traffici e le comunicazioni, presentata nel gennaio 2002, ha quantificato in 36 milioni di euro i costi di liquidazione e riqualificazione per gli addetti del settore delle spedizioni in Slovenia.

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Moreno Zago 130

Tab. 3 – Scenario di previsione al 2006 per il Nord-Est (tassi di var. % su valori a prezzi costanti 1995)

2.4.3. Vitalità dei nuovi paesi Ue

Dal 1992 le economie della maggior parte dei paesi Peco candidati all’Unione Europea hanno fatto segnare grandi progressi. In Polonia, nella Repubblica Ceca e in Ungheria il Pil reale tra il 1992 e il 2001 è cresciuto ogni anno del 3.4%, accumulando un vantaggio di 1.5 punti percentuali all’anno nei confronti della zona euro, dove il Pil reale nello stesso periodo è cresciuto annualmente dell’1.9%. Dietro l’espansione economica dei Peco troviamo un aumento delle esportazioni, degli investimenti e della produttività. Per quanto riguarda le prospettive economiche dei paesi entranti possiamo rilevare che la crescita del Pil è costante ed è circa doppia (3-6%) rispetto al Pil dei paesi Ue. Tutti i paesi hanno un tasso di crescita (2001) sicuramente superiore al nostro e ciò rispecchia un’economia in fase espansiva. Altro aspetto rilevante per i paesi Peco riguarda l’inflazione. Alcuni paesi hanno una inflazione a tasso molto elevato: Polonia, 9.9% e Slovenia 4.2%, dati che certamente non sono paragonabili alla media Ue (2.5%). Se il trend rimanesse invariato, ciò significherebbe che ogni anno, lentamente ma costantemente, l’incremento dei prezzi e dei salari potrebbe portare ad un livellamento dei prezzi tra paesi Ue e paesi Peco. I dati sull’occupazione, invece, rilevano un indice molto alto. I livelli occupazionali (e di

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Scenari occupazionali per effetto della caduta del confine 131

conseguenza il tasso di disoccupazione) sono stabili. La disoccupazione è alta e le prospettive non danno segnali di calo. La costruzione e il rinnovamento delle infrastrutture rappresentano un’importante sfida per tutti i candidati. Si tratta, in primo luogo, di creare un’offerta di infrastrutture adeguata alla richiesta proveniente dall’economia di mercato in rapida crescita, di introdurre nuovi metodi di finanziamento e di gestione e di uniformare i livelli tecnologici a quelli comunitari. Per quanto riguarda l’allineamento all’acquis relativo all’unione doganale, è stato raggiunto un alto livello di compatibilità con quello comunitario. Qualche sforzo dovrà ancora essere fatto per sviluppare le capacità amministrative necessarie all’istituzione delle misure doganali compatibili con il sistema comunitario e alla formazione dei funzionari delle dogane, assicurare l’interconnessione dei sistemi informatici doganali con quelli comunitari e rafforzare la cooperazione interistituzionale e fare rispettare le disposizioni in vigore sulla frode, i diritti di proprietà intellettuale e la lotta contro la corruzione.

Tab. 4 – Allargamento: previsioni economiche 2003-2005

3. Gli scenari probabili individuati Lo spazio di scenario risultante delinea 16 scenari matematicamente possibili risultato delle

combinazioni delle direzioni che i contesti operativi possono prendere (2 x 2 x 2 x 2). L’analisi da parte dei partecipanti ai focus group e dal team di ricerca dell’andamento delle determinanti del mutamento in termini di crescita/stasi, funzionalità continua/discontinua, vitalità forte/debole ha consentito la formulazione dei seguenti scenari probabili.

a) Scenario di Frammentazione: l’assenza di accordi tra le strutture logistiche regionali -

maggiormente interessate a salvaguardare la propria posizione -, il vuoto normativo regionale a sostegno delle categorie a rischio e della creazione di un sistema regione, la stasi negli altri settori produttivi frammentano le azioni nel comparto dell’economia di confine creando una competitività non in grado di fronteggiare la concorrenza delle regioni confinanti ed aggravando la situazione economica ed occupazionale del settore nel primo periodo dopo la caduta delle frontiere (3-6 mesi). Per questo scenario, gli andamenti delle determinanti influiscono sui singoli contesti operativi dando luogo ai seguenti mutamenti:

I. Sviluppo regionale del sistema dei trasporti ⇒ in stasi II. Funzionamento del sistema regione nei trasporti ⇒ discontinuo

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III. Sviluppo regionale dell’economia ⇒ in stasi IV. Vitalità economica delle regioni oltre confine ⇒ forte b) Scenario di Competitività: lo scenario è caratterizzato dagli stessi andamenti di quello precedente

solo che il suo tempo di azione è spostato a 9-12 mesi. Mentre, infatti, il sistema regionale dei trasporti non ha ancora potuto avvantaggiarsi delle sinergie della collaborazione tra gli autoporti in un’ottica di piattaforma regionale, l’economia regionale nel suo insieme non esce dalla situazioni di stasi mentre, per lo specifico settore dei trasporti, iniziano a manifestarsi le conseguenze della concorrenza dell’autotrasporto sloveno, attraverso il vantaggio competitivo in termini di costi che lo caratterizza. Per questo scenario, gli andamenti delle determinanti influiscono sui singoli contesti operativi dando luogo ai seguenti mutamenti:

I. Sviluppo regionale del sistema dei trasporti ⇒ in stasi II. Funzionamento del sistema regione nei trasporti ⇒ discontinuo III. Sviluppo regionale dell’economia ⇒ in stasi IV. Vitalità economica delle regioni oltre confine ⇒ forte c) Scenario di Mobilitazione: i parametri che caratterizzano lo scenario rappresentano la prima fase di

recupero dopo i valori minimi della fase di Competitività. Tale recupero non è tuttavia caratterizzato da una completa inversione di tendenza. Infatti, se nel corso dell’estate/autunno del 2005 dovrebbero farsi positivamente sentire tanto gli effetti della crescita del Pil, quanto quelli per la prosecuzione del recupero di operazioni doganali per effetto della crescita tendenziale dei traffici internazionali, quanto, infine, i primi sentori del ruolo di integrazione degli autoporti della piattaforma logistica regionale, si è ipotizzato parallelamente che la concorrenza slovena nell’ambito dell’autotrasporto si palesi in tutta la sua forza (tempo di realizzo: 12-18 mesi). Per questo scenario, gli andamenti delle determinanti influiscono sui singoli contesti operativi dando luogo ai seguenti mutamenti:

I. Sviluppo regionale del sistema dei trasporti ⇒ in crescita II. Funzionamento del sistema regione nei trasporti ⇒ discontinuo III. Sviluppo regionale dell’economia ⇒ in crescita IV. Vitalità economica delle regioni oltre confine ⇒ forte d) Scenario di Crescita: quest’ultimo scenario vede manifestarsi tutti gli effetti positivi che hanno

visto inizio nei mesi precedenti, secondo gli andamenti già descritti per lo scenario di Mobilitazione e si colloca temporalmente a 18-24 mesi. Si rafforzano le relazioni tra le strutture autoportuali e le altre infrastrutture di trasporto per sfruttare il momento positivo di crescita dell’economia regionale rafforzando la piattaforma logistica regionale e rimarcando una centralità in grado di contrastare lo sviluppo delle regioni confinanti. Per questo scenario, gli andamenti delle determinanti influiscono sui singoli contesti operativi dando luogo ai seguenti mutamenti:

I. Sviluppo regionale del sistema dei trasporti ⇒ in crescita II. Funzionamento del sistema regione nei trasporti ⇒ continuo III. Sviluppo regionale dell’economia ⇒ in crescita IV. Vitalità economica delle regioni oltre confine ⇒ forte

[M. Zago, “Scenari per l’economia e l’occupazione di confine”, Isig Journal, vol. XIV, 3, pp. 24-28].

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STUDIO DI FATTIBILITÀ DI UN’ AGENZIA DI SVILUPPO DELLE REGIONI TRANSFRONTALIERE DI

ITALIA, SLOVENIA, AUSTRIA Alberto Gasparini

Abstract: L’articolo individua le forme, alternative o cumulative, che può assumere un’agenzia di sviluppo regionale. Tali forme possono essere: agenzia finanziata dalla regione, agenzia autofinanziata, agenzia finanziata dalla regione e da altri enti pubblici e privati, Ati, Associazioni di diritto privato, Geie, Gect, Euroregione. Keywords: sviluppo regionale, agenzia, tipologie

• − • − • 1. Obiettivo generale

Lo studio di fattibilità sulle misure per rinforzare il ruolo delle Agenzie regionali volte a coordinare uno sviluppo economico transfrontaliero sostenibile a livello regionale è il punto di arrivo, concreto, di un lungo percorso di analisi plurime, ma al tempo stesso è un punto che dobbiamo allargare per individuare la pluralità delle azioni e progettare la complessità delle interrelazioni allo scopo di corrispondere risposte adeguate alle domande che gli attori della società civile transfrontaliera avanzano.

Tali risposte permettono di configurare i ruoli (e quindi il ruolo generale) delle Agenzie per lo sviluppo transfrontaliero.

A queste però dobbiamo premettere quali “intensioni” stanno alla base del ruolo di tali Agenzie, e in secondo luogo quali rapporti (“estensioni”) esse sviluppano verso altre Agenzie e istituzioni locali, regionali, euroregionali, nazionali, internazionali.

Le “intensioni” di tale Agenzia saranno diverse 1) se essa elabora strategie, e le realizza con azioni proprie conseguenti; 2) se essa elabora strategie e stimola l’attivazione, la formazione, la trasformazione di attori e di reti

tra questi che realizzino le azioni conseguenti; 3) se essa elabora strategie ed individua gli attori che le dovranno realizzare. Le “estensioni” di tale Agenzia invece riguardano: 1) lo spazio su cui agisce l’Agenzia; 2) ma soprattutto i rapporti funzionali che tale Agenzia sviluppa con altre istituzioni, quale

l’Euroregione, la regione autonoma Friuli Venezia Giulia, i comuni, le province, lo stato. Ciò porterà a concepire un’Agenzia la cui originalità sta nello svolgere funzioni trasversali a tutte queste istituzioni.

Da un punto di vista progettuale le funzioni intensive ed estensive sopradette potranno dare luogo a delle ipotesi di Agenzia, che vengono proposte alla scelta politica di chi prenderà l’iniziativa per costituire tale Agenzia. Il numero dei tipi di ipotesi varia a seconda della combinazione delle tre intensioni e delle due estensioni. Il punto di partenza e di valutazione sarà tuttavia costituito dalle aspettative per questa Agenzia e dalle strategie da mettere in atto per realizzarle.

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Alberto Gasparini 134

2. Le fonti dei dati

I dati dai quali prende le mosse lo studio di fattibilità dell’Agenzia derivano dal lungo processo metodologico seguito da MaReMa.

Ci sono i dati raccolti e ordinati da tre valutatori: Andrea Bagnulo della ATI-Cles di Roma per l’area confinaria di Italia-Slovenia, Bruna Zolin della Greta Associati di Venezia per l’area confinaria di Italia-Austria, Richard Hummelbrunner della ÖAR. Regional Consultant di Graz per l’area confinaria di Austria-Slovenia. Tali professionisti hanno esaminato un certo numero di progetti Interreg IIIA presentati, e la letteratura e la documentazione presso diverse fonti regionali per individuare best practices e criticità, e in secondo luogo per specificare le potenziali variabili della Swot analysis: punti di forza, punti di debolezza, opportunità, minacce.

Una seconda fonte di dati sono stati i risultati della Swot analysis, attraverso i quali si è operata una divisione tra: 1) gli elementi fortemente caratterizzanti dell’area (sia in termini positivi che in termini negativi) incorporati nella Swot analysis (40.5% del totale degli elementi), e 2) gli elementi debolmente presenti nell’area, i quali vengono a formare il contesto o, se vogliamo, il “rumore” entro il quale collocare le azioni per affrontare le negatività ed enfatizzare le positività. Le valutazioni dei risultati in termini di elementi Swot e di “rumore” incorporato nel contesto sono stati svolti in Seminari tra ricercatori dell’Isig e i valutatori sopraddetti. L’Isig ha svolto la Swot analysis, individuato le strategie più adeguate per intervenire, e infine indicato le azioni più efficaci.

Le strategie teoriche sono cinque: strategia di potenziamento (prevalenza di S e O), strategia di superamento (prevalenza di S, W, O), strategia di mobilitazione per controllare il contesto (prevalenza di S, O, T), strategia del controllo delle negatività (prevalenza di S, W, O, T), strategia di coalizione di esterno-interno nel controllo del contesto (prevalenza di S, O, T). La strategia di superamento (S, W, O) è più compatibile per l’area transconfinaria italo-austriaca, mentre la strategia del controllo delle negatività (S, W, O, T) è più compatibile con le aree transconfinarie italo-slovena e austriaco-slovena.

Un terza fonte dei dati è derivata da focus groups organizzati nell’ambito italiano di chi ha presentato progetti Interreg IIIA, in relazione alla cooperazione con l’Austria, con la Slovenia, con la Croazia. I risultati di tali focus groups sono stati particolarmente utili per individuare le strategie che l’Agenzia in progetto dovrebbe adottare.

Una quarta fonte di dati infine è venuta da esperti, l’economista Patrizia Tiberi Vipraio dell’università di Udine e il giurista Roberto Scarciglia dell’università di Trieste, i quali hanno fornito suggerimenti e valutazioni per lo studio di fattibilità dell’Agenzia per lo sviluppo.

3. Le strategie sulle quali basare l’Agenzia per lo sviluppo

Sia dai focus groups che dalle best practices e dalle criticità sono derivate alcune domande/bisogni, che possono costituire la base di risposte/strategie.

Le strategie attese o almeno proposte si possono indicare nei seguenti punti. 1) Coordinamento tra strategie per lo sviluppo economico transfrontaliero sostenibile e assi di

intervento comunitario. Ciò significa che è necessario individuare le linee generali da perseguire per raggiungere lo sviluppo sostenibile da una regione con le caratteristiche del Friuli Venezia Giulia. Tali linee generali devono poi essere tradotte in linee più specifiche: assi, misure, azioni sono i momenti ad albero entro i quali devono inserirsi i progetti proposti da organizzazioni e istituzioni della società civile. Ciò viene atteso dalla regione autonoma Friuli Venezia Giulia perché venga travasato nell’Agenzia che stiamo progettando.

2) Coordinamento e regia tra i singoli progetti e tra progetti e competenze dei settori regionali e delle altre istituzioni (comuni, province, e così via) è l’altra domanda che ci si aspetta accolta dall’Agenzia. Il coordinamento ha un duplice risultato: (1) per il modello di sviluppo, in quanto rende trasparente quali risorse progettuali esistono e a quali risultati essa portano, e al tempo stesso rende visibili le competenze delle istituzioni che possono essere utilizzate e alle quali sono utili i risultati dei progetti; (2) per le organizzazioni e/o i realizzatori dei progetti in quanto sono in grado di sapere chi altri si interessa del tema del progetto e a chi coordinarsi per rendere più efficaci i risultati e in secondo

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Studio di fattibilità di un’agenzia di sviluppo delle regioni transfrontaliere in… 135

luogo di conoscere quali competenze (e di chi) utilizzare per enfatizzare l’efficacia dei medesimi risultati. In questo secondo aspetto è chiaro che la comunicazione dei progetti approvati (dei obiettivi e struttura) e delle competenze dei settori regionali e delle altre istituzioni pubbliche rappresenta uno strumento essenziale per rendere meno opaco l’ambiente nel quale vengono realizzati obiettivi comuni della comunità, come sono quelli perseguiti con i fondi dell’Unione Europea.

3) Coordinamento dei tempi dei molteplici momenti attraverso i quali passa e si realizza il progetto affidato e controllato dall’Agenzia e cioè il coordinamento fra i tempi di: a. valutazione dei progetti, secondo i criteri prefissati, b. giudizio sull’ammissione dei progetti al finanziamento, c. erogazione concreta dei fondi, d. monitoraggio contenutistico nei risultati e nell’efficienza. Ognuna di queste fasi dovrà essere basata sulla previsione che vengano fissati dei tempi e questi tempi

siano rispettati. Previsione e comunicazione dovranno essere alla base del coordinamento. 1) Assistenza tecnica sia nei progetti Interreg che in quelli direttamente connessi a Bruxelles, sia nelle

fasi iniziali che in quelle attuative, sia degli utenti dei progetti che degli addetti a dare assistenza e comunicazioni a questi medesimi utenti. Altre domande emerse dagli utenti attuali, fatti ragionare nei focus groups, riguardano i rapporti dell’Agenzia in progetto: 1) con le istituzioni pubbliche, siano esse entro la regione che nazionali o internazionali, e 2) con le situazioni di intervento e le legislazioni dei singoli stati che mettono in azione la cooperazione transfrontaliera. In concreto abbiamo le seguenti domande.

2) Esplicitazione dei vincoli e delle possibilità che ogni stato pone allo svolgimento di progetti di validità transfrontaliera. Tali vincoli possono essere di carattere legislativo, ma anche di diversità culturali, sociali, economiche tra differenti paesi.

3) Conoscenza della controparte al di là del confine o dei confini. Tale conoscenza, oltre che la conoscenza giuridica e socio-culturale, dovrà mettere in evidenza le opportunità economiche operative che offre l’altra parte confinaria.

4) Collegamento orizzontale con le Agenzie dei paesi transfrontalieri, Slovenia, Austria, Italia. Tale collegamento è orizzontale poiché le tre Agenzie sono per se stesse autonome, e quindi la cooperazione si fonda sulla reciprocità.

5) Collegamento verticale con le Agenzie e le istituzioni nazionali e internazionali. Ciò implica il tenere conto senz’altro delle regole e delle competenze di comuni, di province e della Regione, assumendo in proprio o realizzando “un rimando” a queste regole e competenze, trasformandole in informazioni da trasmettere agli utenti dei progetti in questione. Ma il collegamento può farsi verticale soprattutto se esiste, o si pensa di realizzare, un’Euroregione, sia essa euroregione transfrontaliera o euroregione di reti funzionali ma anche Euroregione delle Macroinfrastrutture. Nel caso che esista, o possa esistere, in un prossimo futuro l’Euroregione, allora l’Agenzia regionale per lo sviluppo coprirà una funzione dell’Euroregione, e quindi può configurarsi come una sezione della struttura euroregionale oppure come un’entità autonoma strettamente consonante con l’Euroregione stessa. È evidente d’altra parte che se non esiste, o non si pensa di attuare, l’Euroregione, la Agenzia regionale di sviluppo è strettamente autonoma.

4. Le risposte strutturali dell’Agenzia

Le domande strategiche fin qui individuate possiamo ora valutare come tradurle in segmenti organizzativi entro i quali esse possono trovare risposta.

Già in apertura abbiamo d’altra parte evidenziato l’importanza delle “intensioni” e delle “estensioni” dell’Agenzia, che perciò utilizzeremo nel distribuire e istituzionalizzare le risposte alle otto domande suesposte.

Le estensioni dell’Agenzia ci permettono di formulare sette ipotesi: - le prime due ipotesi sono che l’Agenzia abbia un ambito di estensione regionale, il che implica che

questa organizzi tutta una serie di relazioni funzionali di complementarità con le altre istituzioni (comuni, province, Regione, ecc.) operanti nel territorio regionale;

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- le ipotesi dalla terza alla settima sono che l’Agenzia abbia un ambito transfrontaliero, e allora dovrà incorporare una complessità tale da elaborare risposte a contesti molto diversi. Simili ipotesi risulteranno troppo complesse in sé e per sé, e quindi possono avere una propria valenza soprattutto se si colloca entro un’euroregione transfrontaliera. Le intensioni dell’Agenzia permettono invece di individuare dei singoli segmenti organizzativi con

specializzazioni assunte direttamente o delegate ad altre unità operative. Tali segmenti organizzativi li organizziamo in quattro Uffici.

Il primo è l’Ufficio (I) di coordinamento fra strategie di sviluppo regionali e progetti per la realizzazione di segmenti strategici. Le strategie in coordinamento sono quelle espresse dal governo regionale ed eventualmente quelle derivanti dagli inputs provenienti dalla società istituzionale e civile.

In questo Ufficio sono anche raccolte le competenze simili diffuse per i tanti enti locali, regionali, nazionali e ne vengono valutate le relative compatibilità. Un’opera di lobbying di base è assicurata negli uffici regionali a Bruxelles perché vengano sostenute le linee strategiche regionali, espresse nei progetti.

È un’azione svolta direttamente nell’Ufficio I, il che implica un nucleo stabile di operatori. Tali operazioni sono messe a disposizione dei, e comunicate ai, potenziali utenti dei progetti,

attraverso i mezzi adeguati dei database, di internet e della pubblicizzazione più adeguata. L’Ufficio è sostanzialmente centralizzato.

Il secondo è l’Ufficio (II) di coordinamento tra i singoli progetti e il coordinamento della tempistica, attraverso una capillare comunicazione. Questo Ufficio II in realtà si articola in una sede centrale, presso la sede dell’Agenzia, e in una serie di Uffici concreti e localizzati nel territorio a disposizione del pubblico che è interessato a elaborare un progetto. Gli Uffici delocalizzati nel territorio regionale possono anche assumere ruoli di assistenza, di individuazione di partenariati, di assicurare una lobby indiretta (o anche diretta). Tali uffici delocalizzati saranno più facilmente gestiti insieme agli enti locali nel cui territorio vengono localizzati, ma possono anche essere gestiti da attori autonomi e indipendenti.

Il terzo è l’Ufficio (III) di assistenza tecnica, sia per gli operatori degli Uffici delocalizzati che degli enti locali che svolgono tali funzioni e sia per gli utenti di questi uffici per la realizzazione al meglio dei progetti. Il ruolo di questo Ufficio è quello di fornire le basi concettuali e didattiche per tale assistenza tecnica, da realizzarsi da istituzioni di formazione, e poi alla fine di monitorare i risultati di tale assistenza tecnica data dagli attori di formazione richiamati. Si ha una “intensione” della Agenzia del tipo tre (come richiamato nel paragrafo 1).

Il quarto è l’Ufficio (IV) della conoscenza dell’altro. Tale Ufficio raccoglie dati e documentazione sull’altro transfrontaliero, confronta questi con la realtà della propria area confinaria, individua le vie per realizzare una cooperazione tra le due realtà in cui gli utenti sono chiamati a progettare e a operare. Tale ufficio sarà specifico a una regione nel caso che l’Agenzia di sviluppo sia regionale; mentre sarà più generico e diffuso per tutti gli altri Uffici dislocati in Italia, Austria e Slovenia nel caso che l’Agenzia sia transfrontaliera. 5. Agenzia regionale o Agenzia transfrontaliera: lineamenti di una struttura

Parlando di struttura dell’Agenzia di sviluppo è più opportuno articolare il discorso per ipotesi: la prima, la seconda e la terza esprimono un’Agenzia regionale, la quarta, la quinta, la sesta, la settima e l’ottava un’Agenzia transfrontaliera. Agenzia di sviluppo regionale

L’ipotesi è regionale in quanto si vuole limitare la gestione dei programmi europei alla sola regione Friuli Venezia Giulia. In questo caso esisterà l’Ufficio IV, che opera un coordinamento, pur nel rispetto delle autonomie reciproche, con le omologhe agenzie di Slovenia (Nard) e di Carinzia (Fondo per la promozione economica della Carinzia). Si possono prevedere tre varianti all’ipotesi: la prima ipotesi è che l’Agenzia regionale dello sviluppo sia strettamente integrata nella struttura della regione autonoma Friuli Venezia Giulia; per la seconda ipotesi, pur restando autonoma dalla regione autonoma Friuli Venezia Giulia, l’Agenzia è finanziata da questa e dalle prestazioni che offre al mercato (ipotesi prima), per la

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Studio di fattibilità di un’agenzia di sviluppo delle regioni transfrontaliere in… 137

terza ipotesi l’Agenzia costituisce un’associazione di diritto privato in cui i soci sono la regione autonoma Friuli Venezia Giulia, altri enti locali pubblici e altre associazioni private (ipotesi terza).

La loro struttura presenta le caratteristiche riportate nello schema 1:

Agenzia di sviluppo transfrontaliero

Non v’è dubbio che di più ampio respiro strategico e di efficacia nel favorire uno sviluppo relativamente integrato tra le aree intorno ai confini italiano-sloveno, italiano-austriaco e sloveno-austriaco è un’Agenzia che si proponga lo sviluppo economico e sociale transfrontaliero,.

Le strutture organizzative che si possono utilizzare per tale Agenzia assumono differenti modalità: qui le esprimiamo in ipotesi specifiche, che assumono la configurazione di:

Ipotesi quarta: Ati - Associazione temporanea d’impresa Ipotesi quinta: Associazione di diritto privato Ipotesi sesta: Geie - Gruppo europeo di interesse economico Ipotesi settima: Gect - Gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera Ipotesi ottava: Euroregione transfrontaliera

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Le cinque configurazioni transfrontaliere si differenziano per la durata del mandato, il tipo di componenti pubblici e/o privati, la natura giuridica (di riconoscimento europeo o nazionale), gli obiettivi entro i quali è perseguito lo sviluppo transfrontaliero. Di seguito richiamiamo gli aspetti principali di ognuna di tale configurazione/ipotesi. Ognuna di queste ad ogni modo è articolata in Uffici o Gruppi di lavoro, tra i quali, a differenza delle prime tre ipotesi regionali, manca l’Ufficio IV, relativo alle funzioni della conoscenza dell’altro oltreconfine, in quanto i tre Uffici restanti assumono e realizzano la funzione della conoscenza dell’altro.

Ipotesi quarta: ATI - Associazione temporanea d’impresa

È una Associazine di istituzioni, enti, imprese che per un certo periodo costituiscono un’Impresa per realizzare in joint venture un obiettivo comune. Nel caso della Agenzia in discussione il periodo può essere il 2007-2013 per gestire la cooperazione transconfinaria derivante da programmi europei. I soci di tale Ati saranno la regione autonoma Friuli Venezia Giulia, o eventualmente l’Agenzia delle ipotesi prima e seconda, la Nard-Agenzia nazionale per lo sviluppo regionale slovena, la Carinthian Economic Promotion Fund austriaca, ed eventualmente altri soci pubblici e privati. Come si è detto, l’obiettivo di cooperazione è ristretto ad alcuni aspetti o ad ogni modo ad obiettivi legati a finanziamenti derivanti da fonti ben precise. È adottato il diritto del paese in cui un’Ati ha sede legale e centro degli affari.

La struttura dell’Ati può essere così articolata:

Ipotesi quinta: Associazione di diritto privato

A tale Associazione di diritto privato si ricorre quando non è possibile utilizzare altra forma giuridica. Essa è composta, nel nostro caso, da regione Friuli Venezia Giulia, il Nard - Agenzia nazionale per lo sviluppo regionale slovena e il Fondo di promozione economica carinziana, i quali sono responsabili per quanto conferiscono all’Associazione. È un’Associazione che segue il diritto privato del paese in cui è collocata la sede legale e il centro delle attività. Ciò significa che le decisioni prese dall’Associazione non sono vincolanti giuridicamente per i soci dei paesi associati, ma hanno semplicemente un valore di coordinamento e di impegno politico-organizzativo.

A tale forma di Associazione si ricorre quando: o non si vuole un impegno troppo forte come potrebbe essere nel caso di personalità pubblica internazionale; o non è possibile realizzare per impedimenti di diritto internazionale tra i paesi coinvolti; oppure ancora gli obiettivi sono più promozionali ad ampio spettro, e cioè economico ma anche sociale, culturale, istituzionale, ecc.

La struttura organizzativa è la seguente:

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Studio di fattibilità di un’agenzia di sviluppo delle regioni transfrontaliere in… 139

Ipotesi sesta: Geie - Gruppo europeo di interesse economico

Il ricorso al Gruppo europeo di interesse economico (Geie) (come regolato dalla Cee n. 2137/85 del Consiglio, del 25 luglio 1985) è un’opportunità ottimale offerta alle imprese intenzionate a cooperare sul piano transnazionale, soprattutto quando esse desiderano partecipare ad appalti pubblici e a programmi finanziati con fondi pubblici. In particolare il Geie si presenta come un mezzo atto ad accrescere il potenziale di assunzione di prestiti dei propri membri, diminuendo il costo di tale assunzione: - la responsabilità solidale e illimitata delle imprese appartenenti al Geie può facilitare

considerevolmente l’erogazione del credito; - non è necessario esigere garanzie personali per ciascuno dei membri; - gli enti creditizi dovrebbero poter procedere ad una valutazione globale della solvibilità dei gruppi

tenendo conto delle capacità finanziarie dei loro membri. Il Geie può essere considerato in sé come un “Consorzio”, in quanto deve essere costituito

obbligatoriamente da almeno due partner provenienti da due Stati membri diversi. Nel nostro caso il Geie può vedere la partnership proveniente da tre stati UE, e cioè Italia, Slovenia, Austria.

Pur rimandando al suddetto Regolamento per gli aspetti più operativi, si può pensare che il Geie abbia almeno soci le regioni, lander o agenzie già esistenti (Nard per la Slovenia e il Fondo per la promozione economica della Carinzia) o altri enti ancora di Friuli Venezia Giulia, Slovenia occidentale (Primorska, ad esempio), Carinzia.

Qualche limite presenta ad ogni modo la Geie, e ciò spiega la non eccessiva diffusione. Tra questi si può richiamare la responsabilità solidale ed illimitata richiesta alle imprese appartenenti alla Geie, il che è già problematico per le imprese private ma ancor più diventa per gli associati dei Gruppi che hanno personalità giuridica pubblica.

La struttura della Geie si configura nel modo seguente, e la sede dovrà essere in uno dei tre stati.

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Ipotesi settima: Gect - Gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera

Il Gect (COM (204) 496 definitivo del 14.7.2004) è in discussione presso il Parlamento europeo, e si prevede che possa essere attuato a partire dal 1 gennaio 2007, e quindi fino a questa data per l’Agenzia in oggetto è possibile utilizzare le forme fin qui ipotizzate (dalla terza alla quinta).

Tale Gruppo è riconosciuto dalla Unione Europea, e quindi esso è privilegiato per la cooperazione transfrontaliera realizzata da enti pubblici nazionali, regionali e locali dei paesi dell’Unione Europea. Ad esso viene attribuita la personalità giuridica.

In particolare, il Gect ha la facoltà di attuare programmi di cooperazione transfrontaliera cofinanziati dalla Comunità, segnatamente a titolo dei Fondi strutturali, nonché programmi di cooperazione transnazionale e interregionale, oppure di realizzare azioni di cooperazione transfrontaliera presentate unicamente su iniziativa degli stati membri e delle loro regioni ed enti locali, senza alcun intervento finanziario della Comunità.

Come si può constatare, questo modello istituzionale di cooperazione transfrontaliera sarà particolarmente congruente agli obiettivi che ci si propone con la presente Agenzia, sia perché le istituzioni interessate sono in generale pubbliche e sia perché gli obiettivi riguardano l’utilizzazione di fondi europei ma anche di fondi di altra origine. A ciò bisogna aggiungere quindi che non possono far parte del Gect enti privati. Inoltre il diritto applicabile è quello di uno degli stati membri interessati. Le condizioni alle quali si esercitano le concessioni o le deleghe di servizio pubblico accordate all’Agenzia Gect nell’ambito della cooperazione transfrontaliera devono essere definiti dalla Convenzione (di cui è oggetto lo stesso Gect) sulla base dei diritti nazionali applicabili.

La struttura organizzativa prevista si configura nel seguente modo:

Ipotesi ottava: Euroregione transfrontaliera

È un’euroregione che tratta istituzionalmente la cooperazione transfrontaliera delle aree relativamente contigue al confine. Nel nostro caso riguarda le aree di gran parte del Friuli Venezia Giulia, della Carinzia, e della parte occidentale della Slovenia.

I caratteri che più differenziano l’Euroregione dalle forme organizzative esaminate nelle ipotesi finora considerate sono le seguenti:

1) l’Euroregione tende a favorire una cooperazione transfrontaliera integrale, che va dal supporto agli attori locali all’utilizzo dei fondi europei e locali alla creazione di una conoscenza reciproca, e alla promozione della formazione, attivazione e trasformazione di azioni e di organizzazioni per la cooperazione transfrontaliera. La società civile è quindi l’interlocutore privilegiato;

2) l’Euroregione estende il proprio ambito ad attività economiche, sociali, culturali, educative, di servizi, istituzionali: tutte coinvolgenti attori transnazionali;

3) l’Euroregione può assumere una configurazione varia nel tempo, a seconda degli obiettivi che gli attori transfrontalieri perseguono, a seconda delle possibilità giuridiche, a seconda degli attori pubblici e/o privati che ne fanno parte. Attualmente, non esistendo altre possibilità di dare personalità giuridica pubblica all’Euroregione, questa può configurarsi come Associazione di diritto privato tra regione autonoma Friuli Venezia Giulia, Nard slovena, Fondo per la promozione economica della Carinzia, e altri enti pubblici come

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Studio di fattibilità di un’agenzia di sviluppo delle regioni transfrontaliere in… 141

province e comuni (o meglio, di Associazione di Comuni). Dal 2007 l’Euroregione potrà configurarsi come Gect, se nel frattempo viene approvato il regolamento di questo da parte del Parlamento Europeo e se i due enti sloveno (Nard) e carinziano sono (o diventano) enti pubblici.

La struttura organizzativa dell’Euroregione può fin d’ora, ad ogni modo, configurarsi come riportato nello schema 2:

6. Ipotesi da privilegiare e combinazioni di ipotesi

Da quanto finora proposto nello studio di fattibilità sembra che:

1) sia meglio puntare direttamente alla realizzazione di una Agenzia di sviluppo transfrontaliero (da h4 a h8); 2) tra quelle ipotizzate quella meglio adeguata agli obiettivi e immediatamente realizzabile è l’Associazione di

diritto privato, di più ampio respiro rispetto all’Ati; mentre la Geie presenta il limite della responsabilità solidale e illimitata richiesta alle imprese (h5);

3) tra le Agenzie ipotizzate quella meglio adeguata agli obiettivi ma realizzabile dal 2007 (se approvata) resta senz’altro il Gect, con l’avvertenza che questo Gect è realizzabile solo se i suoi membri sono enti pubblici (h7);

4) un respiro di più ampia, integrale e multicriteri cooperazione transfrontaliera sembra essere dato dall’Euroregione, e questa può nell’immediato assumere la forma di Associazione di diritto privato (h5) e in seguito quella di Gect (h8);

5) infine può esservi anche compatibilità tra le ipotesi seconda o terza, configurante un’agenzia di sviluppo regionale (il Friuli Venezia Giulia), in quanto è questa, e non l’ente regione autonoma Friuli Venezia Giulia, a entrare nelle successive ipotesi, eccettuata quella del Gect, che prevede come membri solo enti pubblici (h2 o h3 + h4 o h5 o h6 o h8). L’ipotesi prima invece, in quanto dotata di personalità giuridica pubblica può entrare nell’Agenzia indicata come Gect (h7).

[A. Gasparini, “Studio di fattibilità di un’Agenzia di sviluppo delle regioni transfrontaliere di Italia, Slovenia, Austria”, Isig Journal, XIV, 1, pp. 20-23].

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AEROPORTO PER LE REGIONI TRANSCONFINARIE, PER FUNZIONI ORIGINALI DA ATTRIBUIRE ALLO SCALO DI

RONCHI DEI LEGIONARI Daniele Del Bianco

Abstract: L’articolo tratta dei ruoli locali e internazionali che può avere l’aeroporto di Ronchi dei Legionari. Infatti oltre che nodo centrale per il trasporto, questo deve porsi come fonte di rilancio e sviluppo economico e sociale locale. Viene perciò sviluppato uno scenario possibile e desiderabile di questo aeroporto, enfatizzando l’impresa aeroportuale, i passeggeri, il business travel, il leisure travel, le infrastrutture, la convegnistica, il turismo, il polo intermodale. Keywords: aeroporto, Ronchi dei Legionari, scenari, funzioni di Aerotropoli

• − • − • Introduzione

Il settore del trasporto aereo sta attraversando una fase di profonda discontinuità e frammentazione. Da qui nasce l’esigenza di un ripensamento del ruolo degli aeroporti che devono trovare una strada di sviluppo che li allontani dal loro tradizionale ruolo di fornitori di strutture e di servizi per le compagnie aeree. Quello aeroportuale tradizionale, quindi, sta evolvendo verso un settore di imprese aeroportuali, di realtà imprenditoriali che sempre più, esposte alla forze delle competizione, non solo devono ricercare una loro specificità nel mercato ma anche attrarre gli investimenti necessari per attuare una loro riconversione e sviluppo.

Questo articolo si propone di analizzare (nella prima parte) l’evoluzione del settore delle imprese aeroportuali, per poi presentare (nella seconda parte) la situazione di concorrenza nella quale l’Aeroporto Friuli-Venezia Giulia deve operare così da proporre (nella terza parte) delle strategie possibili e desiderabili per un riposizionamento dell’aeroporto regionale quale nodo cruciale, specialmente in vista dell’allargamento europeo.

1. Da aeroporti a imprese aeroportuali

Gli aeroporti svolgono due funzioni fondamentali (Kramer 1988): come nodo di trasporto e come

elemento portante dell’economia regionale. È vero, infatti, che gli aeroporti si presentano, oggi, quali strutture indispensabili alle attività di trasporto civile e commerciale, assumendo così un ruolo di vere e proprie istituzioni eroganti un servizio di pubblica utilità per il loro bacino di utenza al pari di stazioni ferroviarie, sistemi autostradali e porti. Inoltre, gli aeroporti sono elementi cruciali per promuovere e facilitare lo sviluppo economico di una regione. Basti pensare all’impatto che la crescita di un aeroporto può avere, ad esempio, sull’occupazione locale. Non solo lo sviluppo dell’attività aeroportuale si può tradurre in effetti positivi (diretti) per quanto riguarda i settori produttivi strettamente legati alle attività in sito e per le attività lavorative esterne all’aeroporto che, come i servizi di catering o di logistica, sono essenziali per il funzionamento dell’aeroporto stesso, ma anche per le attività produttive che forniscono indirettamente input di vario genere all’aeroporto (effetti indiretti). Inoltre, tale sviluppo comporterebbe

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Aeroporto per le regioni trans confinarie, per funzioni originali da attribuire allo scalo… 143

anche degli effetti positivi (indotti) risultanti dalla maggiore attività dell’area in generale, resa possibile dall’espansione dell’aeroporto e dal cosiddetto transportation effect, ovvero dall’afflusso di investimenti nella regione attratti dalla presenza di un aeroporto (Hart, McCann 2000). Infine, uno sviluppo dell’aeroporto, se accompagnato da attente e mirate politiche di pianificazione locale e regionale e da un’efficiente azione di marketing territoriale, potrebbe tradursi in elemento catalizzatore per nuove imprese attirandole, data la maggiore accessibilità, verso il territorio regionale formando così, assieme alle altre imprese già presenti, dei cluster produttivi altamente competitivi (Kasarda 2003).

A causa della struttura di monopolista naturale dell’aeroporto, la competizione nel settore del trasporto aereo è stata, ed è ancora oggi, determinata dalle politiche delle compagnie aeree che operano, invece, in concorrenza su più mercati. Infatti, sono proprio le strategie competitive e le politiche aziendali dei grandi vettori ad influenzare, nella maggior parte dei casi, gli aeroporti ed il loro sviluppo. Le aerostazioni diventano così semplici capacity provider, ovvero erogatrici di servizi di base ed accessori necessari al soddisfacimento delle esigenze tecnico-operative delle compagnie aeree, unici veri attori competitivi attivi. Questo meccanismo ha fatto sì che, a livello europeo, la competizione tra aeroporti sia stata fortemente condizionata dalle alleanze tra le maggiori compagnie aeree che, prediligendo la lunga tradizione commerciale con gli hub di riferimento dell’Europa settentrionale, hanno determinato l’alto livello di frammentazione della situazione competitiva del sud Europa, frammentazione che si ripropone, poi, a livello nazionale e regionale.

Se a ciò si unisce la considerazione che la scelta dell’aeroporto da parte delle compagnie aeree non è tanto influenzata dai prezzi dell’aeroporto stesso quanto dal livello di domanda dei passeggeri (Pels 1997), questa frammentazione costringe le imprese aeroportuali a competere fra loro per attirare, a livello regionale, i passeggeri in arrivo ed in partenza e, a livello nazionale, per i passeggeri in transito. L’impresa aeroportuale deve quindi ricercare un suo posizionamento competitivo proponendo una forma di differenziazione riconoscibile da parte delle compagnie aeree attraverso lo sviluppo del prodotto offerto ed il suo turnover passeggeri. Al fine di arricchire l’offerta di base con ulteriori prestazioni e attrarre la domanda - locale e non - relativa al trasporto aereo l’impresa saprà proporsi e aprirsi a nuovi investitori, valorizzando, soprattutto, l’ampia possibilità di offrire ai consumatori servizi aggiuntivi rispetto al solo trasporto aereo. Ciò permetterebbe una molteplice diversificazione, con conseguenti elevati ritorni economici, soprattutto in vista del costante incremento del peso del business non-aviation sui ricavi delle società di gestione (Sinatra 2001).

Per continuare a svolgere le sue due funzioni fondamentali - nodo focale di trasporto e, soprattutto, risposta all’esigenza di rilancio e di sviluppo economico e sociale delle comunità locali, l’aeroporto deve, dunque, sapersi trasformare in una vera e propria impresa aeroportuale che sia insieme di imprese, centro di attività economiche e non più solo infrastruttura a servizio delle compagnie aeree. È essenziale, infine, individuare tutti i processi economici che convergono e possono convergere nell’aeroporto in modo sistemico ed integrato (Ossola 1996).

In ultima analisi, il framework strategico entro il quale l’impresa aeroportuale deve operare e ricercare un suo posizionamento competitivo, si sviluppa su due piani distinti: il primo che riguarda la scelta dell’utenza servita e quindi delle destinazioni (e dunque dei vettori), il secondo che verte sull’attrattività e la specializzazione delle infrastrutture dell’aeroporto stesso.

2. La competizione aeroportuale nel bacino di utenza dell’aeroporto Friuli-Venezia Giulia

Una volta identificate le linee base e le necessità competitive che caratterizzano il settore del trasporto

aereo, si vuole proporre una breve analisi delle attività aeroportuali presenti nel bacino di utenza dell’aeroporto Friuli-Venezia Giulia.

In base alle caratteristiche storiche, geografiche, geo-politiche ed economiche dell’area, è opportuno considerare quale mercato potenziale dell’aeroporto Friuli-Venezia Giulia non solo quello regionale bensì un territorio allargato che rispecchi, almeno in parte, quello dell’Alpe-Adria: ovvero le regioni italiane di Veneto e Friuli-Venezia Giulia, le regioni confinanti di Austria e Slovenia, nonché l’Istria croata e la Dalmazia.

Il settore del trasporto aereo di quest’area è caratterizzato da un’alta competitività tra aeroporti di varie dimensioni e fruizione a livello regionale, nazionale ed internazionale. Spicca tra questi il sistema

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Daniele Del Bianco 144

aeroportuale di Venezia, seguito da quello dell’aeroporto di Ljubljana. Vanno ricordati, inoltre, anche l’aeroporto austriaco di Klagenfurt e quello croato di Pula che, seppur di medie e piccole dimensioni, rispettivamente occupano, quanto meno potenzialmente, delle nicchie di mercato che li posizionano in diretta competizione con l’aeroporto Friuli-Venezia Giulia.

3. Il sistema aeroportuale di Venezia

Il sistema aeroportuale di Venezia comprende gli aeroporti di Venezia-Marco Polo e Treviso. Gestito

dal 1987 dalla Save Spa - partecipata al 67% da enti pubblici e per il restante 33% da società private - il polo aeroportuale di Venezia si è confermato, con sei milioni di passeggeri nel 2003, il terzo sistema aeroportuale italiano dopo Roma e Milano. Inoltre, con l’attivazione, nel maggio 2000, di un nuovo volo di linea giornaliero tra Venezia e New York, l’aeroporto di Venezia è potuto diventare il terzo scalo intercontinentale italiano.

Il sistema aeroportuale di Venezia gestisce oggi più di 700 voli di linea settimanali per le principali destinazioni nazionali ed internazionali. Infatti, le città raggiungibili con volo non-stop da Venezia sono 43, confermando così l’aeroporto quale punto di incontro e di smistamento fra le città del Sud Italia e le capitali europee, con un allargamento ai paesi dell’Europa orientale.

Questi risultati sono da attribuire anche alla forte crescita del segmento low-cost, in generale, e della compagnia Volareweb, in particolare, che, nel 2003, è diventata il secondo vettore dell’aeroporto nel 2003, dopo Alitalia. Un altro fattore che ha contribuito al potenziamento dell’offerta dell’impresa aeroportuale è rappresentato dal miglioramento della viabilità di accesso all’aeroporto resa possibile grazie all’apertura delle terza corsia della tangenziale di Mestre, che ha consentito di ampliare ulteriormente il bacino di utenza. Tuttavia, il miglioramento della viabilità resta un punto focale per l’ulteriore sviluppo del volume di passeggeri dello scalo. Inoltre, sempre al fine di potenziare la capacità e la qualità d’offerta dell’aeroporto, la riduzione di 35 minuti del minimum connecting time, ovvero del tempo di transito da un volo ad un altro si è rivelata una strategia attuabile ed efficace.

Va notato inoltre che la performance economica positiva del sistema aeroportuale ha avuto degli effetti positivi che, solo a livello diretto, nel 2003, si sono tradotti in ulteriore aumento del personale complessivamente impiegato nel gruppo Save di 242 (su un totale di 883) unità rispetto all’esercizio precedente.

L’aeroporto di Ljubljana

L’aeroporto di Ljubljana - gestito dalla Ljubljana Aerodom Spa - è il maggior aeroporto della

Repubblica di Slovenia e, anche grazie alla sua centralità geografica, offre non solo alla Slovenia ma anche alle regioni italiane e austriache confinanti un aeroporto internazionale di alta qualità, collegando la regione con tutta l’Europa continentale e con il Regno Unito.

Nell’ultimo decennio, dall’indipendenza della Slovenia ad oggi, l’aeroporto si è distinto per la particolare politica innovativa, mirata allo sviluppo dell’aeroporto e dell’area circostante. Infatti, dalla fine degli anni Novanta, l’aeroporto è stato totalmente rinnovato e riorganizzato sia nelle sue infrastrutture che nei suoi servizi aviation e non-aviation; ad esempio, l’allungamento della pista di atterraggio, la modernizzazione delle infrastrutture legate alle attività di airport service, ovvero l’atterraggio e il parcheggio degli aerei, servizi ai passeggeri, e di sicurezza, e ground handling service, ovvero i servizi legati alle strutture per gli aerei, il rinnovo dei terminal passeggeri, la costruzione di parcheggi, ecc.

L’aeroporto di Ljubljana è diventato così impresa aeroportuale di alto profilo che, forte di un turnover di quasi un milione di passeggeri all’anno, negli ultimi cinque anni, che si prevede aumenterà di circa 400 mila unità nei prossimi 10 anni, ha avuto e promette effetti di spill over molto importanti per lo sviluppo economico regionale.

Va segnalata la prossima collaborazione dell’aeroporto sloveno con compagnie low-cost, in generale, e con EasyJet, in particolare, per un servizio giornaliero che colleghi Ljubljana con Londra. Inoltre, di prossima apertura, sarà anche una rotta aerea che, servita dalla compagnia di bandiera ungherese,

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Aeroporto per le regioni trans confinarie, per funzioni originali da attribuire allo scalo… 145

connetterà la capitale slovena con Budapest. Questo servizio è stato particolarmente creato per soddisfare le esigenze dei businessman sviluppandosi, infatti, in due voli al giorno in prima mattinata e tarda serata.

L’aeroporto di Klagenfurt

Con un turnover di circa 240 mila passeggeri all’anno, l’aeroporto di Klagenfurt si presenta come

un’impresa aeroportuale di medie dimensioni che serve un’utenza soprattutto locale, offrendo connessioni giornaliere verso gli aeroporti di Amburgo, Berlino, Colonia/Bonn, Francoforte, Hannover, Roma, Stoccarda, Vienna e tre voli low-cost settimanali verso Londra.

L’aeroporto di Pula

Dopo aver superato un periodo di quasi completo stallo dovuto alla guerra e alle sue conseguenze,

l’aeroporto di Pula cerca oggi di riproporsi come impresa aeroportuale alternativa ai vicini scali italiani e sloveni, puntando soprattutto sul turismo privato e di riferimento logistico alle attività culturali dell’area. Registrando negli anni Novanta - antecedenti alla guerra - un turnover di quasi 670 mila passeggeri all’anno provenienti soprattutto dalla Gran Bretagna grazie a viaggi organizzati, oggi l’aeroporto, con un turnover di appena 140 mila passeggeri, copre soprattutto la domanda turistica dell’Europa orientale, in generale, e della Russia, in particolare. Inoltre, l’aeroporto, pur mirando soprattutto a soddisfare la domanda di passeggeri jet set, ovvero che volano su piccoli aerei privati o in affitto, ospita anche piccole compagnie aeree come Air Adriatic e Liberia Air impegnate in voli charter e business in tutt’Europa, offrendo servizi logistici.

Le rotte principali, servite dalla compagnia di bandiera croata, offerte dall’aeroporto di Pula sono: Amsterdam, Bruxelles e Zurigo; da notare però che, nel periodo estivo, l’aeroporto di Pula offrirà anche un servizio settimanale da e per Manchester e Londra (London Gatwick).

3. L’aeroporto del Friuli-Venezia Giulia: scenario possibile e desiderabile per lo sviluppo

dell’impresa aeroportuale

3.1. L’aeroporto Friuli-Venezia Giulia oggi Situato in una posizione centrale rispetto alla regione Friuli-Venezia Giulia e prossima ai centri più

importanti dell’Alpe-Adria (tabella 1), l’aeroporto Friuli-Venezia Giulia opera, a tutt’oggi, offrendo voli permanenti da e per le maggiori città italiane (Roma, Milano, Genova, Napoli) ed importanti centri stranieri, quali Monaco e Londra, oltre a svariati voli charter che connettono specialmente nei mesi estivi la regione con località ad alta richiesta come Palma de Mallorca e Ibiza. A questi voli vanno, inoltre, aggiunte le rotte che, a partire dal periodo estivo 2004, andranno a collegare l’aeroporto Friuli-Venezia Giulia con Billund, Copenhagen, Dublino, Rejkiavik e Toronto. Questi voli soddisfano una domanda che è salita dai 500 mila passeggeri del 1999 ai circa 670 mila del 2002. La maggior parte (circa 86% nel 2002) dell’utenza proviene dalla regione Friuli-Venezia Giulia, eppure la richiesta estera, soprattutto dalle vicine Slovenia e Croazia (13.5% nel 2002), è in costante aumento.

L’aeroporto (gestito dal 1997 dall’aeroporto Friuli-Venezia Giulia Spa composta per il 51% dal Consorzio per l’aeroporto Friuli-Venezia Giulia, consorzio costituito tra le province della regione, i comuni capoluogo di provincia e i comuni limitrofi all’aeroporto stesso, e per il restante 49% dalla Regione Friuli-Venezia Giulia) soffre a tutt’oggi della competizione dei vicini aeroporti di Venezia e di Ljubljana per le sue ridotte dimensioni e il conseguente ridimensionato potere contrattuale con le compagni aeree di bandiera. Eppure l’aeroporto è stato in passato fautore di coraggiose e quanto mai importanti nuove rotte che collegavano la regione con Timisoara e Bucarest e quindi quei nuovi e importanti mercati. Queste rotte erano state scelte seguendo un progetto molto valido e di lungo termine, ovvero quello di avvicinare gli imprenditori locali e soprattutto la piccola e media impresa ai mercati dell’Est-Europa. Benché questi voli avessero riscontrato un successo più che promettente già in fase di start-up (circa il 50-55% di take-up rate), queste rotte sono state più volte interrotte fino ad essere soppresse. Questo è dovuto in primo luogo alla limitata attrazione dell’aeroporto sulle compagnie di

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bandiera ed in parte alle effettive esigenze della domanda locale per queste rotte. Infatti l’aeroporto non è in grado di fornire alle compagnie di bandiera quella affluenza di passeggeri che invece aeroporti come Milano o Venezia e anche Ljubljana possono vantare, quindi deve ripiegare su compagnie private minori per attivare delle rotte che, seppur molto importanti, anche in un’ottica di sviluppo economico e sociale di lungo termine, non attirano altrettanti passeggeri quanti potrebbero invece richiamare delle rotte come Trieste-Roma o Trieste-Milano. Sfortunatamente, come è successo nel caso dell’aeroporto regionale, compagnie aeree di piccole dimensioni e non a partecipazione statale spesso non hanno quel back-up finanziario tale da proteggerle da cicli economici di recessione particolarmente duri. Inoltre i costi fissi cui si va incontro in tale industria sono spesso tali da non consentire gli investimenti necessari per uno sviluppo e consolidamento dell’azienda e da relegarla, quindi, in un business limitato che le consente semplicemente di sopravvivere o raggiungere una situazione di brake-even. Tale situazione, ovviamente, non è quella ideale per affrontare i rischi necessari al fine di accrescere i profitti sperimentando nuovi mercati e così, come nel caso dell’aeroporto Friuli-Venezia Giulia, le rotte che avrebbero potuto proiettare molte forze del contesto socio-economico locale verso nuovi orizzonti hanno subito le ristrette capacità di assorbimento di uno shock economico della compagnia aerea che forniva il servizio.

3.2. Proposte per lo sviluppo dell’impresa aeroportuale

L’aeroporto del Friuli-Venezia Giulia deve, quindi, trovare un suo riposizionamento competitivo per

far fronte sia alla competizione a livello regionale che ai nuovi dinamismi operanti nel settore del trasporto aereo. Diventa cruciale, quindi, delineare una strategia che, basandosi su di un framework bipolare, ovvero attento sia alla scelta dell’utenza servita e quindi delle destinazioni (e dunque dei vettori), sia all’attrattività e la specializzazione delle infrastrutture dell’aeroporto stesso, ne sappia evidenziare e sfruttare appieno le potenzialità.

In quest’ottica sembra opportuno, tenuto conto dell’offerta e delle strutture dei competitor diretti, trovare una differenziazione del prodotto offerto dall’aeroporto, da un lato, sul piano dell’utenza dei passeggeri business e leisure e, dall’altro, sul piano delle infrastrutture, puntando sulla convegnistica e sulle strutture per i tour operator.

È importante notare brevemente come si debba parlare qui di “differenziazione” e non di “specializzazione” del prodotto offerto, in quanto una specializzazione di tipo produttivo, oggi più che mai, porta ad escludere alcune categorie di clienti e di vettori, cosa questa quanto mai rischiosa e controproducente per una strategia di lungo termine. Infatti, vista la configurazione del settore del trasporto aereo, una strategia vincente deve permettere all’aeroporto di riconvertirsi e di riconvertire il prodotto offerto, per quanto possibile, parallelamente ai cambiamenti del mercato. Una politica di differenziazione, invece, stimola l’utilizzo più efficiente degli impianti produttivi e, considerando l’aeroporto come impresa “insieme di imprese”, rende possibile la promozione delle strutture di erogazione dei servizi in singoli segmenti del mercato.

3.2.1. Passeggeri

Si possono, qui, distinguere almeno tre rami del mercato passeggeri: le persone che vivono nella

regione servita dall’aeroporto e si spostano verso altre regioni; passeggeri che vivono al di fuori della regione e si servono dell’aereo per raggiungere la regione; e, infine, passeggeri in transito la cui origine o destinazione può anche non coincidere con la regione servita dall’aeroporto.

La domanda per l’aeroporto nei primi due mercati dipende innanzitutto da fattori come la misura e le caratteristiche di occupazione della popolazione della regione vicina all’aeroporto; la presenza di strutture turistiche importanti, il costo dei biglietti, le tasse aeroportuali, la frequenza dei voli e le destinazioni offerte - soprattutto se l’area è servita da più aeroporti. Il terzo mercato non dipende tanto dalle caratteristiche regionali ma nella qualità specifica dell’aeroporto stesso, la qualità delle connessioni e la posizione dell’aeroporto nel sistema dei trasporti.

Come già accennato, l’aeroporto Friuli-Venezia Giulia potrebbe trovare una sua specificità, per quanto riguarda i primi due rami del mercato passeggeri, nei passeggeri business e leisure. Prima di delineare la strategia opportuna per il potenziamento di questi è necessario, rifacendosi all’importanza della

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differenziazione del prodotto, porre in luce l’importanza dei passeggeri in transito. Nel contesto dell’aeroporto regionale questo settore si può estendere concettualmente a quei passeggeri che vedono l’aeroporto stesso come punto di partenza per destinazioni più lontane di quelle proprie per le prime tipologie di passeggeri business e leisure. In questo senso è estremamente necessario che l’aeroporto offra, o continui ad offrire, dei voli di collegamento con aeroporti hub quali Monaco, Milano e Roma e, in certa misura, Londra (London-Stansted) magari proponendo degli orari alternativi, almeno due volte alla settimana, a quelli mattutini e serali, destinati principalmente a passeggeri business.

3.2.1.1. Business travel

Focalizzando ora l’analisi su il settore dei passeggeri business, ovvero i passeggeri che utilizzano l’aero per motivi d’affari, la raison d’être dell’aeroporto è il servizio diretto verso destinazioni brevi (includendo anche gli hub europei per il trasferimento) con voli giornalieri infrasettimanali con orario che prediligano le prime ore della giornata e quelle serali.

La capacità di un passeggero di volare in un certo giorno è determinata sia dagli intervalli tra i voli (frequency delay) e dalla capacità di trovare posti a sedere (stochastic delay) (Ghobrial 1989), per i passeggeri business inoltre, più che il costo effettivo del biglietto, la variabile principale nella scelta di un aeroporto è la frequenza del servizio (Ashford, Bencheman 1987). Un altro fattore molto importante è quello dell’immagine dell’aeroporto stesso, ovvero delle strutture e dei servizi che l’aeroporto sa fornire al passeggero nei momenti di check-in e imbarco. Inoltre, per passeggeri con origini vicine all’aeroporto l’accesso all’aerostazione assume un valore forte.

Per sviluppare la sua posizione sul mercato per questo settore passeggeri, l’impresa aeroportuale dovrebbe, quindi, riuscire a offrire dei voli con destinazioni che incontrino la domanda degli imprenditori locali, a proporre delle fasce orarie e una frequenza appropriate e, come vedremo in seguito, ad arricchire la sua immagine e migliorare il suo accesso. In questo modo riuscirà, in un primo momento, a coprire il surplus di consumatori locali - e naturalmente di quelli provenienti da aree di destinazione con interessi specifici nell’area dell’aeroporto, che attualmente utilizzano altri aeroporti e, in un secondo momento, anche a soddisfare, generandola, la domanda latente (Thompson, Caves 1993).

Si impone quindi la necessità di riproporre e ricercare le rotte, che come già accennato, avvicinino gli imprenditori locali e soprattutto la piccola e media impresa ai mercati dell’Europa orientale. Infatti, le caratteristiche moderne dei mercati rendono indispensabili (soprattutto) per la piccola-media impresa l’apertura verso nuovi investimenti all’estero che richiedono necessariamente il contatto face-to-face tra i diversi attori. Inoltre, a livello locale, l’apertura di nuove rotte verso l’Europa dell’Est diventa, visto il processo di allargamento dell’Unione Europea, indispensabile per trovare una centralità, sia a livello aeroportuale sia di impresa, del territorio regionale nella Nuova Europa.

D’altra parte non basta offrire nuove rotte per incontrare la domanda. La piccola e media impresa locale è ancora spesso basata su una gestione familiare delle aziende. Questo modo di condurre gli affari, che spesso si è rilevato un vero punto di forza dell’economia locale, può limitare quella spinta verso il nuovo che invece caratterizza le realtà imprenditoriali che sanno approfittare di nuove tecnologie e mezzi di comunicazione. Infatti, i potenziali utenti di un volo che colleghi Trieste a Bucarest, utenti che, da imprenditori, hanno contatti di affari in quei mercati, preferiscono raggiungere tale mercato in automobile in modo tale da riuscire a contattare con lo stesso viaggio, ad esempio, anche un partner austriaco, uno ceco ed uno ungherese. I vantaggi che si possono trarre da tale pratica sono limitati al breve periodo e una semplice analisi dei costi e benefici espressa nel lungo termine potrebbe facilmente mostrare come gli aspetti negativi superino di gran lunga quelli positivi, se non altro in confronto all’imprenditorialità più innovativa e proficua tipica degli emergenti mercati sloveno e in parte croato. Prescindendo da tali considerazioni che vertono su complessità e sviluppi storici che meriterebbero più attenzione ma non sono strettamente pertinenti con l’argomento che si vuole qui trattare, questa realtà dovrebbe spingere le autorità politiche e amministrative cui fa capo l’aeroporto e gli imprenditori locali a richiedere con forza, con certezza in termini temporali, riescano a garantire per cicli almeno quinquennali rotte che colleghino l’aeroporto di Trieste con quell’Est-Europa che, come la Federazione Russa, non è facilmente raggiungibile in automobile, pullman o treno.

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3.2.1.2. Leisure travel

Se la variabile centrale per il passeggero business è da ricercare nella frequenza dei voli serviti dall’aeroporto, per il passeggero leisure, ovvero il passeggero turista, il costo del biglietto gioca senza dubbio un ruolo più importante. Eppure nemmeno questa tipologia di utenza trascura le altre variabili legate all’accesso, alla “connettibilità” e all’immagine dell’aeroporto, ricercando anche altri servizi specifici di tipo informativo e commerciale.

L’aeroporto deve quindi saper attirare verso sé quei vettori che, date le loro caratteristiche, soddisfano maggiormente la domanda dell’utenza turistica, ovvero dei vettori charter e, in generale, dei low-cost carrier. Le esigenze di questo tipo di vettori vengono principalmente soddisfatte tramite una riduzione del costo del servizio di handling. Ovviamente tale servizio può compromettere la qualità ed i tempi dell’erogazione del servizio stesso. Una soluzione a questo problema sarebbe, come già sperimentato da altri aeroporti stranieri di medie dimensioni, coinvolgere la compagnia low-cost nel finanziamento delle strutture o, quanto meno, di collaborare in partnership per ricercare una nuova possibilità reddituale a livello di ticketing, autorental e promozione.

3.2.2. Infrastrutture

Fermo restando che un’attenta strategia che miri a conquistare la domanda dell’utenza passeggeri è

necessaria per favorire lo sviluppo dell’aeroporto, la localizzazione e i servizi non-aviation dello stesso sono evidentemente la dimensione più importante.

L’aeroporto Friuli-Venezia Giulia è situato in un’area ricca (sia per il settore imprenditoriale che dei servizi) e dotata, o almeno potenzialmente, come vedremo in seguito, di una completa e competitiva rete di trasporto terrestre (su ruota e su rotaia) e marittimo. Inoltre, il prossimo allargamento europeo, porterà, tra gli altri, un valore aggiunto per quanto riguarda la ricchezza demografica del territorio (business base). Infine, l’aeroporto regionale si trova in una posizione centrale rispetto alle mete turistiche non solo provinciali e regionali, come Grado-Aquileia e Lignano, ma anche internazionali come la Carinzia, l’Istria e la Dalmazia (leisure attraction). Questa posizione lo rende altamente competitivo rispetto ad altri aeroporti di piccole dimensioni in quanto sono gli aeroporti hub quelli che solitamente sono posizionati favorevolmente in relazioni a entrambi i fattori (business base e leisure attraction); gli aeroporti minori, al contrario, presentano molti punti deboli per la “povertà” economica del territorio servito e/o per il ridotto interesse turistico.

Come già visto in precedenza, anche al fine di espandersi e poter così offrire nuove rotte e nuovi servizi ai suoi utenti, l’aeroporto ha bisogno di attirare domanda ed investimenti che mutuamente possano ingrandire e rafforzare la sua struttura economica. Questo sviluppo dipenderà certo da quello delle realtà economiche ed urbane vicine all’aeroporto stesso. Se, ad esempio, la specificità di Gorizia nel settore del terziario avanzato la porterà a diventare importante centro gestionale dell’import-export tra Europa centrale e orientale o fondamentale risorsa manageriale e accademico-scientifica, allora l’aeroporto potrà contare su una domanda crescente sia a livello locale che esterno che chiederà di essere messa in contatto diretto con Gorizia e il suo circondario. Eppure tale strategia, se presa singolarmente, potrebbe limitare le potenzialità dell’aeroporto che invece deve saper essere propositivo, proponendosi appunto come centro importante nell’offrire non solo quelle strutture più strettamente legate al volo ma anche tutte quelle infrastrutture e servizi che possono diversificarlo per quanto riguarda l’offerta dagli altri aeroporti.

Ecco perché si propone per l’aeroporto un potenziamento delle sue infrastrutture soprattutto quelle legate alla convegnistica e al settore del turismo.

3.2.2.1. Convegnistica

Il tessuto industriale regionale richiede ora più che mai, visto il processo di integrazione economica e produttiva legato all’allargamento dell’Unione Europea, delle infrastrutture di alta qualità verso quali possano convergere gli imprenditori e gli investitori locali, regionali ed internazionali. Molte imprese moderne crescendo oggi attraverso il contatto face-to-face per lo scambio di informazioni, necessitano

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quindi di accessibilità in termini sia di spazio che di tempo (Hart, McCann 2000). L’aeroporto Friuli-Venezia Giulia dovrebbe fornire questa opportunità in modo tale da diventare nodo focale per lo scambio economico culturale tra l’Alpe-Adria e l’Europa orientale. Ampliando le infrastrutture già esistenti in sito e collegandosi in modo diretto e veloce con gli altri siti regionali esistenti, l’aeroporto guadagnerebbe sia in termini di turnover passeggeri che di redditività; le imprese locali, poi, ne ricaverebbero un sostanziale guadagno in termini di immagine e riduzione di costi e tempi nei contatti con investitori e clienti. Un’azione di questo tipo permetterebbe, poi, di innescare investimenti diretti da parte di imprese a agenzie locali nell’aeroporto fornendo una base reddituale ancora maggiore sulla quale costruire e/o rafforzare l’offerta produttiva aeroportuale.

Quella della convegnistica si rivela, soprattutto data la centralità storico-culturale della regione, una valida e ricca opportunità che spazia dai settori dell’artigianato legato al legno, alla cantieristica, al terziario avanzato, al turismo e all’enogastronomia. In questo contesto la presenza dell’aeroporto influirebbe in modo rilevante sui tempi di spostamento di passeggeri e merci, agendo in modo particolare sui fattori di scelta che riguardano: la localizzazione di imprese e i processi di innovazione, in particolare, nel settore della ricerca e sviluppo.

Infine, per quanto riguarda la sinergia tra aeroporto e convegno/fiera in generale, la presenza di organizzatori di manifestazioni, convegnisti, espositori, ecc., sarà positivamente condizionata dalla presenza di un aeroporto ed è evidente che la crescita di presenze genera, specialmente in eventi di respiro internazionale, maggior traffico e quindi maggiori ricavi per l’aeroporto stesso.

In ultima analisi, l’aeroporto deve attivare delle politiche che lo portino ad offrire, tramite le strutture apposite in sito o appoggiandosi a quelle regionali già esistenti, tutta quella gamma di servizi che rendono possibile la realizzazione di un convegno di portata internazionale. Ovvero, offrire o connettere in modo rapido ed efficiente non solo le strutture preposte allo svolgimento delle conferenze o delle esposizioni ma anche di quelle necessarie al pernottamento, ristorazione e ricreazione dei partecipanti. Inoltre, l’impresa aeroportuale potrebbe proporsi come attore in grado di organizzare voli charter che rendano più diretto e gestibile l’arrivo e la partenza di partecipanti provenienti da origini non servite dai vettori standard.

3.2.2.2. Turismo

Una tra le risorse economiche principali della regione è, certamente, il turismo. Questo settore diventerà cruciale nel processo di collaborazione tra Friuli-Venezia Giulia e Slovenia potenziando i percorsi storico turistici che si sviluppano sul territorio a cavallo fra i due stati. L’aeroporto Friuli-Venezia Giulia, inoltre, gioca, specialmente per quanto concerne questo settore, una centralità forte vista anche la sua posizione in relazione alle vicine Istria e Dalmazia. In quest’ottica l’aeroporto, con delle apposite infrastrutture e attività promozionali, cosa che in parte sta già avvenendo, può diventare il punto di riferimento per tour operator internazionali. Le relazioni con questi attori possono costituire, se ben gestite, importanti fonti di attività. Infatti, a causa della congestione negli aeroporti di dimensioni più grandi soprattutto nei periodi estivi, i tour operator tendono a focalizzare la loro attenzione su aeroporti di dimensioni più ridotte. In questo segmento l’aeroporto Friuli-Venezia Giulia potrebbe rappresentare un vero competitore per il sistema aeroportuale di Venezia.

Inoltre, l’aeroporto potrebbe, similmente a quanto suggerito per il settore della convegnistica, organizzare voli charter o servizi di airbus che, viste le piccole dimensioni dei velivoli utilizzati, connettano l’aeroporto stesso con gli aeroporti di piccole dimensioni presenti in Istria e Dalmazia, come ad esempio quello dell’isola di Krk. In questo modo crescerebbe la domanda di utenza dell’aeroporto rendendo l’offerta produttiva dell’aeroporto stesso ancora più competitiva e attraente per quanto riguarda i vettori e gli investitori.

Quanto esposto finora si basa sull’idea che la capacità dell’impresa aeroportuale di esprimere una sua posizione competitiva dipenda da una strategia che, al di là dei vincoli di localizzazione, cerchi di rafforzare la propria posizione al fine di aumentare la propria redditività e l’attrattività per gli investitori. Questa strategia non può prescindere da un’azione di identificazione e segmentazione dei mercati disponibili, rendendo così possibile individuare gruppi omogenei di interlocutori propri del posizionamento ricercato. Eppure si è visto che l’impresa aeroportuale non può prescindere non tanto

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dalla sua collocazione nel territorio quanto dalla capacità di dialogare e crescere con questo in un circolo virtuoso che porti ad una valorizzazione di entrambi. Come suggerito più volte in precedenza, il successo di qualsiasi strategia proposta dall’aeroporto dipende dalla capacità di connessione di questo con il territorio circostante, connessione che garantisca un accesso rapido ed efficiente all’aeroporto e dall’aeroporto al territorio. In quest’ottica diventa necessario evidenziare il ruolo indispensabile della realizzazione del progetto del polo intermodale di Ronchi dei Legionari.

3.2.2.3. Polo intermodale

Dopo un percorso lungo e, a tratti, complesso cominciato già nel 1988 (Fornasir 1999), nell’aprile 2003, è stato finalmente concretizzato dalla Spa aeroportuale il progetto del polo intermodale dell’aera di Ronchi dei Legionari, progetto che, proponendosi quale piattaforma di integrazione tra i diversi sistemi di trasporto, non solo potenzierà la capacità e la qualità di offerta dell’aeroporto ma diventerà la porta principale per l’ingresso nel Friuli-Venezia Giulia.

Il polo intermodale è stato concepito in modo tale da soddisfare due esigenze principali: da un lato, aumentare l’efficienza del sistema dei trasporti regionali connettendo quindi l’aerostazione, la stazione delle autolinee, la stazione ferroviaria ed i parcheggi nel modo più fluido, efficiente e diretto; dall’altro, valorizzare e diversificare il percorso dell’intermodalità pedonale, creando una successione di eventi architettonici e ricreativi. Pertanto, il progetto del polo intermodale considera sia la creazione di infrastrutture, quali il sistema viabilità e le connessioni tra autobus, treno ed aereo, sia quelle attività attrattive da inserire nell’area oggetto dell’intervento e gli spazi da dedicare al verde per la valorizzazione del paesaggio dell’ambiente.

La funzionalità del polo intermodale si svilupperà sulla sinergia di tre corpi: uno centrale, in direzione nord-sud, che si estenderà per tutta la lunghezza del terminal; un secondo corpo - dall’aeroporto verso sud - che ospiterà un albergo (da 150 stanze), gli spazi della ristorazione ed un centro servizi regionali; un terzo corpo (dalla stazione ferroviaria verso nord) che accoglierà il centro conferenze (con una sala da 300 posti), le sale meeting ed altri servizi di ristorazioni e commerciali. Questo sviluppo saprà sfruttare al meglio le caratteristiche infrastrutturale già esistenti sul territorio collegando, infatti, l’aeroporto con l’importante linea ferroviaria che passa a poche centinaia di metri dal sito dell’aerostazione e con l’arteria autostradale Trieste-Venezia, lontana non più di un chilometro.

Il piano per lo sviluppo del polo intermodale coprirà un’area di intervento prevista superiore ai 450 mila metri quadrati, creerà un migliaio di nuovi posti di lavoro a regime ed un effetto economico indotto per il territorio regionale stimato, sempre a regime, pari a circa 750 milioni di euro.

4. Conclusioni

Gli aeroporti sono centri nodali per il network del trasporto via aria. Sono un sine qua non per il

settore dell’aviazione. Ma la loro grandezza e configurazione di aeroporti mutuamente collegati, visto che la possibilità di sviluppo di un aeroporto è decisamente influenzata sia dalle forze del mercato che dai regimi regolatori vigenti, è una complicata questione di ricerca che merita una certa attenzione, che nel caso dell’aeroporto in esame potrebbe tradursi in un’ulteriore analisi attraverso due metodologie principali: “multinominal logit model” e “input-outpu analysis”.

Il ruolo dell’aeroporto si sta evolvendo sempre più verso quello di impresa aeroportuale capace di valorizzare la sua tradizionale funzione di capacity provider, trasformandosi attraverso attente ed innovative strategie in network manager, ovvero gestore di una rete che non riguarda solamente i vettori ma anche tutti i processi economici che convergono nell’aeroporto. La società di gestione aeroportuale deve quindi scoprire le sue diverse possibilità in termini di differenziazione dell’offerta produttiva rispetto alle realtà concorrenti. Differenziazione, e non specializzazione, da ricercarsi non solo nel bilanciamento delle differenti tipologie di traffico ma anche attraverso l’utilizzo, la valorizzazione ed il potenziamento delle infrastrutture dell’aerostazione.

Quest’ultima considerazione acquista importanza specialmente nel fatto che gli aeroporti devono essere considerati anche beni strategici per l’economia regionale. Infatti, offrono una porta ai mercati internazionali promovendo non solo attività di import e export di grande valore, ma anche il tessuto

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sociale, culturale ed economico del territorio dove sono situati. La rilevanza economica di un eventuale sviluppo di un aeroporto, infine, non è solo limitata al suo valore aggiunto diretto e all’occupazione creata nel settore dei trasporti, bensì porta con sé degli effetti temporanei e non, sia sul piano della domanda sia dell’offerta regionale.

Proprio con il territorio vicino l’impresa aeroportuale deve entrare in sinergia, per dar vita ad un circolo virtuoso che renda l’aeroporto un efficace strumento di marketing territoriale in termini di effetti di spin-off per l’area di riferimento e questa una fonte generatrice di input per l’aeroporto.

L’aeroporto Friuli-Venezia Giulia si trova nella necessità di confermarsi quale elemento centrale del sistema territoriale nel quale è situato e quale punto di attrazione dei sistemi socio-economici di riferimento dell’area. A fronte di questa necessità e della forte competizione nel settore del trasporto aereo a cui è sottoposto a livello interregionale e transfrontaliero, l’aeroporto deve saper attuare delle strategie che gli permettano di trovare un posizionamento forte nel mercato di riferimento. Lo sviluppo dell’aeroporto potrebbe avvenire attraverso una strategia integrata che si concentri sia sulla domanda passeggeri che sulle strutture dell’aeroporto stesso: nel primo caso potenziando il settore business e leisure, nel secondo valorizzando, oltre che potenziando, le infrastrutture per la “convegnistica” e quelle legate al settore del turismo. In entrambi i casi l’aeroporto deve saper identificare le forze di origine e destinazione che troverebbero nella sua offerta di voli e nelle sue strutture un erogatore di servizi ottimale e un ponte privilegiato per le loro relazioni con la regione.

Tale strategia, specialmente se accompagnata dalla realizzazione del polo intermodale di Ronchi dei Legionari, farebbe dell’aeroporto un elemento cruciale dell’economia regionale, guadagnando così nuova forza competitiva e fonte reddituale.

[D. Del Bianco, “Aeroporto per le regioni transconfinarie, per funzioni originali da attribuire allo scalo di Ronchi dei Legionari, Isig Journal, XIII, 1-2, 2004, pp. 8-11].

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Alberto Gasparini

IL FUTURO, DAL PASSATO AL PRESENTE. GORIZIA – NOVA GORICA E COOPERATIONE

TRANSFRONTALIERA

LA POSIZIONE DI GORIZIA NELL’EUROREGIONE “EURADRIA” Alberto Gasparini

Abstract: L’articolo progetta le tre Euroregioni (transfrontaliera, delle reti funzionali e delle macro-infrastrutture) che costituiscono, a dimensioni differenziate, “Euradria”, e che sono di volta in volta alternative e complementari. Gorizia-Nova Gorica si collocano al centro dell’Euroregione transfrontaliera (quarto sub-sistema). Vengono riportati anche gli atteggiamenti dei goriziani-nova goriziani sulla collaborazione transfrontaliera. Keywords: Gorizia, Euroregione, cooperazione transfrontaliera

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1. Ipotesi di Euroregioni 1.1. I vantaggi dell’ipotizzare più di una Euroregione

L’intento progettuale dell’Euroregione è quello di esplorare, progettare e simulare il funzionamento dell’Euroregione centrata sul Friuli-Venezia Giulia e la sua area transfrontaliera. Per fare ciò seguiamo almeno due criteri. Col primo enfatizziamo la possibilità di seguire più strade per realizzare gli obiettivi di una Euroregione, in modo che il legislatore, l’amministratore pubblico e la comunità locale possano rendersi conto della direzione verso cui esse possono portare e a quale conseguenza può portare la scelta alternativa di una serie di Euroregioni progettate. Col secondo criterio esploriamo la possibilità di non andare al di là dell’alternativa pura e semplice, ma addirittura indirizzare a un’idea di complementarietà delle ipotesi progettate, al fine di realizzare con ognuna di queste delle funzioni specifiche difficilmente raggiungibili, tutte quante, con un’unica Euroregione.

Tali differenti ipotesi d’altra parte devono ottimizzare alcune condizioni, che sono da valutare positivamente. 1) La prima di tali condizioni è che in tutti i casi è preferibile avere una superficie, un numero di abitanti e una densità equilibrati fra le aree nazionali incluse. 2) La seconda è di mostrare attenzione all’elemento etnico nelle singole regioni. 3) La terza condizione consiste nell’evidenziare la funzione preminente per ognuna di tali ipotesi. 4) La quarta è che vi sia stata una convivenza e una possibile esperienza di collaborazione tra le popolazioni e le organizzazioni delle regioni transfrontaliere che ne fanno parte. 5) La quinta è che vi sia un élite che crede in tale collaborazione e orienta il pubblico a creare un contesto di favore per essa.

L’evenienza di tali condizioni accentua la possibilità che almeno una di queste Euroregioni possa essere realizzabile e soprattutto possa funzionare anche nel tempo futuro.

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Nelle aree che prendiamo in considerazione, le condizioni seconda, quarta e quinta sono abbastanza marcate, poiché, da sempre: 1) l’aspetto etnico è una componente essenziale della vita nelle aree transfrontaliere; 2) la cooperazione è ormai consolidata nella vita quotidiana e in quella economica da parte della popolazione; 3) le élite politiche e culturali collaborano per produrre contatti e discutere di problemi comuni. I progenitori dell’Euroregione, e cioè la Comunità di lavoro Alpe-Adria e più recentemente i Programmi Interreg e Phare, sono ormai consolidati nella prassi politica di tutti i governi regionali, provinciali e comunali; in particolare dalla caduta del comunismo nell’ex-Jugoslavia.

Da tali criteri e da tali condizioni discendono tre ipotesi, le cui caratterizzazioni discriminanti stanno nella funzione e nelle aree di estensione. Tali ipotesi sono l’oggetto di progettazione e di valutazione dei paragrafi che seguono; ma fin d’ora possono richiamarne per sommi capi i caratteri e il significato.

La prima ipotesi è centrata sull’area di confine di tre paesi con la frontiera in comune: la vita di tutti i giorni è profondamente segnata dalla presenza, anche virtuale, del confine, sia perché nel proprio territorio si incontrano, e ci si relaziona con, persone dell’altra parte e sia perché si va nell’altra parte per affari, amicizia, relazioni, ma anche perché si opera per progettare attività che vanno oltre le regole nazionali e concorrono a costruire una trama di relazioni in cui l’elemento accomunante è quella frontiera la cui area diventa ora area centrale, mentre le aree nazionali perdono di importanza. Il risultato non è rappresentato solo dalle negoziazioni e dai business per soddisfare convenienze concrete di chi utilizza strumentalmente l’altra parte, ma coinvolge le più profonde fibre dell’appartenenza alla comunità e dell’integrazione ad essa.

La seconda ipotesi è centrata su un sistema di relazioni talmente fitto e integrato da formare una rete più o meno formale, in cui si realizza il sistema di convenienze economiche tra imprese e istituzioni insediate in un sistema pluri-regionale a cavallo di stati sovrani e tale da formare un mercato privilegiato e contiguo per aziende, con il risparmio di quei costi di collocazione e di trasferimento dei prodotti rispetto a quelli necessari per raggiungere e penetrare in un mercato più vasto. È chiaro che tale Euroregione, formata da una rete relazionale capace di creare un mercato, ha bisogno di caratteri economici in cui vi siano alcune condizioni di favore. Esse riguardano i prezzi competitivi rispetto a quelli di prodotti provenienti da più lontano, un sistema di gusti non eccessivamente differenti, un mercato di clientela abbastanza vasto ma anche abbastanza eterogeneo per possibilità di accesso a tali beni e per strutture economiche specializzate. Tale ipotesi non è alternativa alla prima, ed anzi la può senz’altro inglobare e può trarre da essa una sorta di simbiosi, per la quale si comprendono gli altri e si ha la volontà di mettere in comune esperienze e possibilità.

La terza ipotesi si estende in uno spazio più ampio, che fa da supporto funzionale alle due precedenti funzioni, della vita quotidiana (prima ipotesi) e delle reti di relazioni fra strutture produttive di beni e di servizi (seconda ipotesi). Infatti, se lo spazio della prima ipotesi è continuo e a carattere comunitario che ha come centro il senso di appartenenza su aree a cavallo dei confini e se lo spazio della seconda ipotesi è costituito da punti distanti tra loro e collegati da relazioni di convenienze economiche e organizzative, lo spazio della terza ipotesi è aperto all’esterno, verso gli spazi che si proiettano lungo gli assi e le aree cardinali. Si tratta in questa ipotesi perciò di uno spazio composto da alcuni punti radi, ma molto concentrati di servizi, attività produttive (infrastrutture, soprattutto), che hanno lo scopo: 1) di inserire l’Euroregione in uno spazio sistemico continentale e/o mondiale; 2) di portare il globale nel locale, ma al tempo stesso facilitare, se non generare, processi morfogenetici che trasformano il locale in mondiale; e infine 3) di costruire centralità entro il locale, in quanto è solo in questo locale che il “mondo” trova un certo prodotto o una certa specificità.

In sintesi alla base delle tre ipotesi sta la “filosofia” della nostra progettazione, poiché ognuna di esse: 1) è portatrice e realizza una funzione specifica; 2) si estende ed organizza uno specifico spazio; 3) elabora un sistema di supporti reciproci in quanto i piccoli affari quotidiani si fondono nelle reti di affari e di organizzazione di servizi e questi a loro volta trovano canali mondiali nelle infrastrutture della macro-regione; 4) segna il passaggio da un’appartenenza comunitaria della gente a un’appartenenza organizzativa, attraverso la formazione di un campo interorganizzativo di relazioni e infine a un’appartenenza al sistema di globalizzazione in cui però anche il locale può avere la possibilità di diventare centro e non restare pura e semplice periferia di centri imperiali lontani e “incomprensibili”. Ma tale “filosofia” implica per ognuna delle ipotesi delle scelte, delle condizioni economiche, ma anche delle

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sinergie finanziarie, delle omogeneità giuridiche, delle progettazioni istituzionali che sono proprie di ogni livello di Euroregione.

2. La prima ipotesi

EUROREGIONE TRANSFRONTALIERA

L’articolazione della proposta dell’Euroregione transfrontaliera viene presentata nei seguenti punti: 1) obiettivo generale dell’Euroregione; 2) definizione geografica globale; 3) valenze sociali economiche culturali a cui deve rispondere l’Euroregione; 4) progettazione in subsistemi e verifica del consenso sociale verso l’Euroregione; 5) verifica giuridica della realizzazione dell’Euroregione; 6) organi che ne istituzionalizzano il coordinamento dell’attività; 7) l’attuale stato della collaborazione. 2.1. Obiettivo generale

L’Euroregione transfrontaliera ha lo scopo di progettare un contesto, e quindi di creare delle condizioni, perché la cooperazione delle popolazioni di qua e di là dei confini diventi sempre più prassi quotidiana. La cooperazione ha quindi un carattere di diffusione capillare, e deve sfruttare al massimo il carattere di queste aree rappresentato dalla continuità spaziale e quindi deve trasformare il confine in linea sempre più virtuale e immaginaria, che è lì per ragioni statali, le quali rimangono ma vengono disattivate nella realtà della vita quotidiana. E semmai la residua “non virtualità” (o effettività) di questa linea deve servire a proporla come vantaggio verso l’esterno, per attrarre, per turismo o per altre cose, gente che viene dall’esterno. L’enfasi della virtualità di tale confine significa soprattutto che l’obiettivo generale dell’Euroregione è di favorire al massimo e capillarmente le attività, i sentimenti e le relazioni che richiedono continuità spaziale in un contesto di diversità che possono esistere di qua e di là dei confini e di cui si valorizzano le positività verso l’interno (presa di coscienza della specificità dell’area) e verso l’esterno (attrazione di gente e relazioni).

Tale continuità spaziale, in sintesi, favorisce al massimo la cooperazione capillare nelle attività quotidiane (soprattutto economiche, ma anche associative) e nella formazione culturale e sportiva, per trasformare la cooperazione in un prodotto unico, specifico, centrale. Ma soprattutto questa continuità spaziale contribuisce al realizzarsi del processo di equilibrio nel mercato del lavoro dei paesi confinanti, attraverso la calmierizzazione del rapporto tra domanda e offerta di lavoro e quindi attraverso lo scambio del lavoro transfrontaliero. Da tale punto di vista la funzione economica, oltre che sfruttare spazi continui per le strutture economiche (per il turismo, ad esempio), permette una cooperazione umana proprio nello scambio di occasioni di lavoro per la gente che abita entro l’area dell’Euroregione.

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Carta dell’Euroregione transfrontaliera, secondo la popolazione residente in ogni singola area

confinaria.

2.2. Definizione geografica globale

Lo spazio dell’Euroregione transfrontaliera ovviamente è a cavallo dei tre confini che accomunano Italia, Austria, Slovenia, o meglio Friuli-Venezia Giulia, Carinzia e la parte della Slovenia confinante con le due regioni/Länder.

Il metodo seguito per individuare l’area dell’Euroregione consiste nel proiettare l’area intorno al confine verso l’interno di ognuno dei tre paesi. Abbiamo seguito quindi il metodo di comprendere nell’Euroregione i comuni della prima e della seconda fascia dal confine, salvo seguire correttivi per almeno due motivi: 1) se nella seconda o anche nella terza fascia di comuni cade il centro amministrativo

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La posizione di Gorizia nell’Euroregione “Euradria” 156

allora bisogna comprendervelo; 2) includere comuni di qua e di là dei confini il cui comune centrale è già compreso nell’area transfrontaliera.

Seguendo tali criteri e metodi, otteniamo un’Euroregione articolata nelle seguenti sub-aree: in Italia le sub-zone con i centri di Tarvisio, Tarcento e Cividale, Cormons, Gorizia, Monfalcone e Trieste; in Austria le sub-zone con i centri di Hermagor, Villach e Klagenfurt, in Slovenia con i centri di Kranjska Gora e Jesenice, Tolmino, Brda, Nova Gorica, Capodistria.

In termini numerici otteniamo il profilo dalla seguente tabella:

Tab. 1 – Euroregione transfrontaliera

superficie popolaz. densità no. comuni con

kmq. % no. ab. % comuni >10.000ab.

no. comuni _____________________________________________________________________________________

area confinaria del Friuli-Vene- 2.191,54 24.0 466.354 44.7 212,8 62 5 zia Giulia * area confinaria della Slovenia * 4.114,30 45.0 286.695 27.5 69,7 22 11 distretti austriaci di Hermagor, Vil- 2.836,49 31.0 289.685 27.8 102,1 47 2 lach, Klagenfurt * _____________________________________________________________________________________

totali 9.142,33 100.0 1.042.734 100.0 114,1 131 18 * I comuni delle aree si trovano elencati nelle tabelle 1, 2, 3, 4 del capitolo scritto da Anna Maria Boileau

nel presente volume

area frontaliera urbana area frontaliera periferica (> 10.000 abitanti) abitanti abitanti

kmq. no. % sul densità kmq. no. % sul densità

totale totale

area italiana 210,35 318.934 68.4 1516,2 1981,19 147.420 31.6 74.4 area slovena 2133,20 222.497 77.6 104,3 1981,10 64.198 22.4 32,4 area austriaca 254,84 147.658 51.0 579,4 2581,65 142.027 49.0 55,0 totali 2598,39 689.089 66.1 265,2 6543,94 353.645 33.9 54,0

I numeri delineano un’Euroregione compresa, per estensione, tra gli esempi delle Euroregioni Pamina

a cavallo del confine franco-tedesco (5.914 kmq.) e Insubrica a cavallo del confine italo-svizzero (7.178 kmq.) da una parte e l’esempio della Euroregione Neisse a cavallo dei confini tedesco-polacco-ceco,

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Alberto Gasparini 157

dall’altra. Tuttavia la popolazione della nostra Euroregione è un po’ meno numerosa delle tre Euroregioni: infatti qui abbiamo 1.042.734 abitanti contro 1.500.000 e 1.800.000 abitanti.

Ciò significa che l’area euroregionale proposta è articolata in comuni di montagna alta e media, i quali notoriamente sono estesi per superficie ma non eccessivamente abitati.

In concreto abbiamo che l’Euroregione transfrontaliera è estesa per 9.142,33 kmq e abitata da 1.042.734 abitanti (dati del 1997). Essa contiene 131 comunità comunali, di cui 18 hanno più di 10.000, tre più di 50.000 (Klagenfurt, Villach, Trieste) e una più di 200.000 abitanti (Trieste).

La superficie e la popolazione risultano abbastanza equilibrate fra le tre aree nazionali, anche se esistono differenze. Infatti la superficie maggiore è quella slovena (45%), seguita dalla parte carinziana (31%) e infine da quella italiana (24%). Per quanto riguarda la popolazione è decisamente superiore la popolazione italiana (44.7%) rispetto a quella slovena e austriaca. Il risultato lo si osserva nelle densità della popolazione per il territorio considerato: infatti abbiamo 212,8 abitanti per kmq in Italia contro 102,1 in Austria e 69.7 in Slovenia.

Tutto ciò conduce a considerare che ognuna delle tre aree presenta un’organizzazione territoriale abbastanza differente, sia per l’esistenza di centri urbani che per la distribuzione della popolazione nel territorio. Possiamo comprendere ed esplicitare ciò distinguendo le aree fra quelle che sono centri di servizi variamente rari e quelle composte di comunità comunali piccole e sguarnite. Così la densità di popolazione nei centri con più di 10.000 abitanti in Italia (Cividale, Gorizia, Monfalcone, Muggia, Trieste) è uguale a 1.516,2 abitanti per kmq (con Trieste che per ampiezza demografica fa saltare le densità medie); in Slovenia (Bled, Jesenice, Radovljica, Trzic, Aidussina, Nova Gorica, Tolmino, Isola, Capodistria, Pirano, Sesana) è uguale a 104,3; e infine in Austria (Klagenfurt, Villach) è uguale a 579,4. Si tratta di differenze molto forti fra le tre aree urbane, ma ancor più rispetto a quelle rurali-montane (Italia 24,4; Slovenia 32,4; Austria 55,0). In realtà, anche dal punto di vista urbano, se togliamo gli esempi di città capoluoghi regionali come Trieste (219.715 abitanti) e Klagenfurt (90.595 abitanti), in mezzo stanno entità urbane abbastanza omogenee per abitanti, come Villach, Nova Gorica, Capodistria, Gorizia e Monfalcone. 2.3. Problemi sociali e di economia delle risorse umane e dell’ambiente

Abbiamo messo in risalto gli obiettivi generali della Euroregione transfrontaliera e ne abbiamo definito i contorni e il tipo di insediamenti che vi esistono. Ora conviene riprendere i due discorsi per cercare di fonderli e di riproporli in termini ancora più operativi. Quindi, quali problemi sociali sono da affrontare? E poi, essi possono essere assolti in un unico contesto e in un unico progetto oppure è opportuno spezzare tale progetto di Euroregione transfrontaliera in alcuni segmenti, in quanto economie, culture, ambienti, comunità presentano delle specificità per le sub-aree della Euregione transfrontaliera, che offrono opportunità, se valorizzate singolarmente?

I problemi sociali cui questa Euroregione può dare risposta sono almeno di quattro tipi: 1) anzitutto riprendere una collaborazione troncata dalle due sistemazioni confinarie del 1918 e del 1945,

la quale ha visto per secoli convivere culture e gruppi etnici e linguistici differenti; seppure con una struttura sociale tradizionale in cui si sedimentavano i gruppi secondo le appartenenze etniche: gli sloveni e gli istriani in campagna, gli austriaci nelle funzioni di comando, gli italiani nelle funzioni amministrative e intellettuali, i friulani nella produzione operata dalle piccole aziende artigiane o nella condizione operaia della fabbrica. Con il 1918 si ha la divisione tra Austria e Italia, nel 1945 tra Italia e Jugoslavia. La Regione transfrontaliera tenta ora di rimettere insieme, in situazioni molto diverse, ma nel nome del fare insieme, italiani, austriaci, sloveni;

2) convincere la popolazione e gli attori privati e pubblici che è più utile collaborare che non collaborare, e ciononostante che per almeno cinquant’anni ci si sia comportati come se gli altri che stanno al di là del confine non esistessero. “Convincere” a collaborare in realtà significa “convincere” che è più conveniente lavorare anche con quelli che stanno al di là del confine piuttosto che fare tutto da soli. Nel conto di queste “convinzioni strumentali o interessate” bisogna mettere molte cose. Dal punto di vista delle pubbliche amministrazioni e delle convenienze di avere servizi a non alto prezzo stanno senz’altro i risparmi che possono derivare dall’organizzare insieme servizi sanitari, infrastrutturali, viari, sportivi, culturali piuttosto che duplicare al di qua e al di là del confine ogni servizio in nome

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della completezza nazionale. Dal punto di vista degli individui e delle famiglie le convenienze stanno senz’altro nelle opportunità lavorative (lavoro transfrontaliero) e nelle possibilità favorevoli di qualità e di prezzo negli acquisti per la vita quotidiana. Le due convenienze derivano dal fatto che, per quanto siano omogenei i tre mercati nazionali, permangono pur sempre differenziate occasioni di lavoro, richieste di professionalità, strutture di prezzi. Alle due categorie di convinti (amministrazioni e individui/famiglie) si aggiungono infine le aziende che possono trovare vantaggioso l’allargamento di un mercato di prodotti e di materie prime al di là del proprio ambito nazionale, nel quale sono già inserite. Infine altro vantaggio è rappresentato dal fatto che investimenti turistici o di valorizzazione del locale possono sfruttare al massimo il congiungimento di analoghe potenzialità che esistono di qua e di là del confine: l’area dei tre confini, quella delle Valli, quella del Collio/Brda, quella del Goriziano, quella del Monfalconese, quella del Triestino;

3) riprendere il sistema delle pluriappartenenze, già esistente fino alla prima guerra 1918. Ciò ha significato che prima ancora che italiano o austriaco o sloveno si apparteneva a quest’area, ed inoltre ci si sentiva sia italiano che austriaco e sloveno, anche se con intensità differenti. A noi, con gli occhi abituati alla fisiognomia, non sfuggono nei volti la prevalenza di lineamenti istriani, slavi, austriaci o italiani della gente, eppure siamo stati abituati a indicare queste persone o italiani o sloveni o austriaci indipendentemente dai tratti somatici. Quel che dunque produce una prassi della collaborazione quotidiana tra popolazioni di qua e di là dei confini è il ricucire un sistema di appartenenze, a intensità differenti ma inscindibilmente interconnesso, contribuendo con ciò alla formazione di una più profonda specificità e centralità dell’area transfrontaliera rispetto alle altre aree. Tale centralità è tanto più profonda in quanto la collaborazione non è solo interesse strumentale ma si trasforma in cultura e indispensabilità;

4) abbandonare tuttavia i vecchi schemi di stratificazione sociale in cui si accoppiava, come detto sopra, classe sociale e gruppo etnico. Ora in ogni gruppo etnico vi è uno spaccato di strati sociali e di ceti che è parallelo, e dunque anche per questo verso è disattivato un meccanismo perverso di contrapposizione etnico.

Se questi sono i problemi sociali che può affrontare e risolvere l’Euroregione transfrontaliera, la loro soluzione, in questo momento di progettazione, resta un fatto ancora potenziale che quindi abbisogna di essere orientato dal progetto e dalle azioni da esso previste. Una sorta di garanzia, o almeno di premessa positiva al realizzarsi dell’obiettivo, è rappresentata dall’esistenza della coscienza che la collaborazione transfrontaliera è positiva e che vale la pena costruire su di essa il futuro dell’area. Una ricerca svolta nel 1998 dall’Isig nell’area transfrontaliera italiana (700 intervistati) e nell’area

transfrontaliera slovena (500 intervistati) ci offre alcune indicazioni in merito. Le tabelle 2 e 3, danno alcune indicazioni sia in relazione a ciò che è più utile per la propria regione e

sia in relazione ai contenuti dell’autonomia di questa stessa regione di frontiera.

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Tab. 2 - Utilità dei rapporti con le aree vicine espressa da cittadini italiani e cittadini sloveni

È utile % residenti % residenti % media dei nell’area nell’area residenti ita- transfronta- transfronta- liani e sloveni liera italiana liera slovena ___________________________________________ - sviluppare l’integrazione della regio- ne/dell’area con le vicine aree slove- 38.0 28.1 33.9 ne/austriache o italiane/austriache - favorire l’unificazione/collaborazio- ne della regione con - le altre regioni del nord-Italia 13.0 18.8 - le vicine aree slovene 26.9 - mantenere indipendenza/autonomia e specificità alla propria regione 37.9 28.5 34.0 - non so/non risposto 11.1 16.5 13.3 ___________________________________________ totali 100.0 100.0 100.0 (700) (501) (1201)

Tab. 3 - Ambiti di potere della regione, secondo le aspettative dei residenti italiani e sloveni

% residenti % residenti nell’area nell’area transfronta- transfronta- liera italiana liera slovena molto e abbastanza d’accordo sul fatto che la regione dovrebbe svolgere: - controllo delle tasse, eccedenti le esigenze di mantenimento dello stato 85.1 81.9 - esercizio di poteri di politica estera 66.0 67.2 - controllo dell’azione di polizia 58.6 51.4 - controllo dell’azione della magistratura 50.4 48.8 - controllo dell’azione delle istituzioni scolastiche 79.6 61.6

L’integrazione tra aree slovene, austriache e italiane (pur in assenza delle opinioni degli austriaci), messa a confronto con la completezza (indipendenza e specificità) regionale o con l’inglobamento di questa in un assetto più complesso di regioni nazionali, risulta essere un valore notevolmente condiviso sia nel versante italiano (38%) che in quello sloveno (28.1%). La diminuzione della percentuale slovena è figlia della situazione vissuta nelle due parti e in particolare nella permanenza consistente della percentuale che non è convinta dalla suddivisione regionale della Slovenia (26.9%). In Italia invece l’alternativa si gioca fra chi valorizza l’identità regionale e chi enfatizza l’identità transfrontaliera. Sarà interessante osservare in quali parti dell’area transfrontaliera è più forte la prima identità (regionale) o la seconda transfrontaliera. In tutti i modi la percentuale di chi aderisce all’identità transfrontaliera è

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La posizione di Gorizia nell’Euroregione “Euradria” 160

senz’altro sufficientemente alta da giustificare la validità dell’ipotesi di consistenza culturale della Regione transfrontaliera.

Gli ambiti di potere attribuiti alle regioni, reali in Italia e ancora virtuali in Slovenia, dai residenti delle due aree transfrontaliere (tab. 2) indicano la prossimità delle due sensibilità e soprattutto la coscienza largamente diffusa che si possono avere o accentuare poteri specifici a livello regionale. La sensibilità per l’autonomia degli italiani è leggermente più diffusa di quella degli sloveni, anche se si nota una inversione, anch’essa leggera, nei confronti della politica estera (67.2% di sloveni contro 66% di italiani). Il controllo regionale delle tasse è scontatamente molto condiviso (85.1% e 81.9% degli intervistati italiani e sloveni), ma è abbastanza interessante rilevare come sia alta anche la richiesta di spazi nella azione di politica estera (66% e 67.2% degli intervistati), un ambito che tradizionalmente è di pertinenza del centro nazionale, anche nelle costituzioni federali.

In sintesi dunque la consistenza di un sentimento di appartenenza transfrontaliera, di un diritto ad avere una propria autonomia (in realtà si tratta di un riferimento alla regione ma espresso da residenti sui confini nazionali!) di tradurre tutto ciò nel valore positivo e costruttivo della cooperazione transfrontaliera sembra offrire le premesse per dare fiducia a tale Euroregione e per procedere alla sua progettazione più concreta. 2.4. La progettazione dell’Euroregione transfrontaliera in sei subsistemi

2.4.1. Sei subsistemi transfrontalieri

Seppure l’area transfrontaliera non sia molto estesa per superficie e per popolazione, in quanto comprende 9.142,33 kmq e 1.042.734 abitanti, essa risulta particolarmente complessa per orografia, economia e cultura. Essa va dalle alte montagne alpine al mare di Trieste e Monfalcone, comprendendovi colline più o meno dolci. La valorizzazione massima delle potenzialità di tale complessità si ottiene individuando delle aree omogenee per funzionalità di qua e di là dei confini. Articoliamo dunque il progetto per i seguenti subsistemi: 1) Tarvisio, Hermagor, Villach, Klagenfurt, Kranjska Gora, Jesenice (Tre Confini), 2) Valli del Torre, del Natisone e il Tolminotto, 3) Collio e Brda, 4) Gorizia e Nova Gorica, 5) Monfalcone, 6) Trieste e Capodistria.

La natura di ognuno di questi subsistemi è molto diversa e le ragioni dell’inclusione sono pure eterogenee.

I criteri generali di tali suddivisioni sono i seguenti: 1) il subsistema si situa a cavallo di uno o più confini; 2) il subsistema presenta al proprio interno omogeneità funzionali; 3) il subsistema comprende un’area sufficientemente integrata con l’esistenza di comuni centrali e comuni periferici. Ragioni progettuali del futuro possono tuttavia far derogare dai criteri enunciati.

Infatti i subsistemi “Tre confini”, “Valli-Tolminotto”, “Gorizia-Nova Gorica”, “Trieste-Capodistria” comprendono abbastanza i criteri enunciati; mentre il sub-sistema “Collio-Brda” è una costruzione che presenta senz’altro notevole omogeneità ma comprende in misura minore altri caratteri sistemici di indipendenza, e quindi esso è più una proiezione al futuro che realtà attuale. Monfalcone e il suo territorio poi non hanno un vero e proprio riferimento a interessi e a relazioni con centri d’oltre confine, ma essi sono molto prossimi al confine e vivono di riflesso tale problematica per le funzioni che svolgono per l’area goriziana e per l’area triestina.

La considerazione della struttura e del progetto di ognuno di questi subsistemi permette di comprendere meglio quanto abbiamo fin qui enunciato.

[ … ]

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Alberto Gasparini 161

2.4.5. Il subsistema “Gorizia-Nova Gorica”

Il subsistema trova il suo centro nelle due città, addossate al confine e tentate di realizzare una città

nuova, e attorniate a loro volta da una serie di comuni periferici, che a ovest arrivano a Romans e Villesse e a est ad Aidussina e Vipava. Le tabelle seguenti e il grafico 4 danno gli elementi per descrivere la struttura e i pensieri della gente residente nel subsistema.

Tab. 4 - Il subsistema “Gorizia-Nova Gorica”

Italia Slovenia totale __________________________________________

superficie (in kmq.) 124,73 739,30 864,03 14.4% 85.6% 100.0% popolazione (in abitanti) 55.815 70.502 126.317 44.2% 55.8% 100.0% __________________________________________

Gorizia e Nova Gorica sono centri del subsistema, che riescono ad attrarre il maggior numero di relazioni attivate dai residenti della Euroregione transfrontaliera, poiché tali relazioni sono rispettivamente 690 a Gorizia e 659 a Nova Gorica: è un numero superiore anche a quello che Trieste riesce ad attirare (558). Tutto ciò succede anche se la parte slovena è la più estesa in chilometri quadrati e la più popolosa (tab. 15). In secondo luogo pochi sono i residenti che escono dall’area del subsistema per relazioni, poiché questi costituiscono solo il 9.9% (grafico 4). Invece una certa percentuale di esterni al subsistema entra ad acquistare e a svolgere funzioni culturali, di tempo libero e ad utilizzare servizi a Gorizia e Nova Gorica: ciò riguarda il 29.9% degli italiani e il 56.8% degli sloveni nell’utilizzo di Gorizia; e il 47.7% degli italiani e l’81.2% degli sloveni nell’utilizzo di Nova Gorica (tab. 16). Infine vi è una percentuale maggiore di sloveni (46.7%) che va a Gorizia per creare relazioni, rispetto agli italiani che vanno a Nova Gorica (11.6%) (grafico 4).

Il panorama offerto da queste percentuali è rappresentato dalla spinta a eleggere come luogo comune di relazioni sia Gorizia che Nova Gorica, con una preminenza di sloveni rispetto agli italiani. In altri termini vi sono le premesse di quella che in altri scritti abbiamo definito “integrazione differenziata”. Tale “integrazione differenziata” è più forte nell’ambito degli acquisti, della cultura e dei servizi (almeno come utenti).

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La posizione di Gorizia nell’Euroregione “Euradria” 162

Grafico 1 – Centri frequentati dai residenti nel sub sistema per acquisti, cultura, tempo libero, servizi

Tab. 5 – Indice di apertura-chiusura del subsistema Residenti che comprano e usano nel subsistema: - % degli italiani del subsistema sul totale degli italiani che utilizzano il centro italiano del subsistema (Gorizia) 70.1% - % degli sloveni del subsistema sul totale degli sloveni che utilizzano il centro italiano del subsistema (Gorizia) 43.2% - % degli italiani del subsistema sul totale degli italiani che utilizzano i centri sloveni del subsistema (Nova Gorica, e poi Aidussina) 52.3% - % degli sloveni del subsistema sul totale degli sloveni che utilizzano i centri sloveni del subsistema (Nova Gorica, e poi Aidussina) 18.8% Residenti che comprano e usano al di fuori del subsistema 9.9%

Si tratta di un subsistema forte e maturo nella sua capacità di mantenere i propri centri come luoghi di relazioni per i propri residenti, e al tempo stesso di attrarre verso di sé altri attori di relazioni, provenienti dai subsistemi del Tolminotto e di Brda verso Nova Gorica e Valli del Torre e Natisone (Cividalese e Manzanese) e del Collio verso Gorizia. Tale specifica e autonoma fisionomia sistemica presenta più caratteri sociali ed economici (quelli sopraddetti) che non culturali, almeno se stiamo alla non alta richiesta di integrazione della propria zona con quelle slovene di Nova Gorica (36% rispetto alla media generale del 38%, nella tab. 17).

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Tab. 6 - Utilità dei rapporti con le aree vicine espressa dai residenti nel subsistema “Gorizia-Nova Gorica”

% residenti % residenti % residenti È utile: nel Goriziano nel Nova- nel subsistema Goriziano “Gorizia-Nova

Gorica”

_____________________________________

- sviluppare l’integrazione della regio- ne/dell’area con le vicine aree slove- ne/austriache o italiane/austriache 36.0 28.2 32.0 - favorire l’unificazione/collaborazio- ne della regione con - le altre regioni del nord-Italia 9.0 19.2 - le vicine aree slovene 29.1 - mantenere indipendenza/autonomia e specificità alla propria regione 43.0 25.2 34.0 - non so/non risposto 12.0 17.5 14.8 _____________________________________

totali 100.0 100.0 100.0 (100) (103) (203)

Da questo punto di vista è ancora forte il legame invece alla regione Friuli-Venezia Giulia (43% rispetto alla media del 37.9%) espresso dai goriziani, e alle regioni slovene vicine (29.1% rispetto alla media generale del 26.9%) espresso dai residenti nell’area di Nova Gorica. Si tratta ad ogni modo di una richiesta di autonomia per la regione, che deve accompagnarsi all’allargamento dei suoi ambiti di potere, per quanto riguarda il controllo delle tasse, della politica estera, della polizia, della magistratura, delle istituzioni scolastiche (tab. 7).

Tab. 7 - Ambiti di potere della regione, secondo le aspettative dei residenti nel subsistema “Gorizia-Nova Gorica”

% residenti % residenti % residenti nel nel Goriziano nel Nova- subsistema Goriziano “Gorizia-No- va Gorica”

molto e abbastanza d’accordo sul fatto che la regione dovrebbe avere: - controllo delle tasse, eccedenti le esigenze di mantenimento dello stato 84.0 81.6 82.8

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- esercizio di poteri di politica estera 71.0 63.1 67.0 - controllo dell’azione di polizia 66.0 43.7 54.7 - controllo dell’azione della magistratura 60.0 39.8 49.8 - controllo dell’azione delle istituzioni 84.0 60.2 71.9 scolastiche

In definitiva la consistenza sistemica del subsistema Gorizia-Nova Gorica sembra ancora basata sull’ “integrazione differenziata” nelle relazioni tra settori economici specifici piuttosto che su una cultura dell’integrazione nei valori e nella appartenenza a un’unica e comune cultura.

Le azioni progettuali rendono quindi più facile favorire ulteriormente quella “integrazione differenziata” funzionale che abbiamo richiamato, e come risultato ulteriore può derivare quella integrazione più profonda della condivisione e della trasformazione delle appartenenze alle due città a una città, in cui vi è condivisione dei valori della vita quotidiana. La progettazione può assumere perciò le seguenti configurazioni.

Commercio. Un carattere fondante dell’economia goriziana è, ed è stato, il commercio, attuato nei mercati ma soprattutto nei negozi cittadini. La novità in questo terziario tradizionale è il fiorire accanto ai negozi di supermercati e di ipermercati: essi ripropongono e riformulano la vita del settore, sia in termini di modalità di distribuzione delle merci, che in termini di localizzazione (in centro o in periferia) e di rapporto con l’automobile che in questo caso è il contenitore delle merci acquistate. Una politica del commercio deve evitare che per Gorizia-Nova Gorica passino acquirenti che vanno molto oltre il loro sistema.

Terziario avanzato. La vicinanza con l’Est-Europeo al di là della Slovenia e la sempre maggiore necessità dell’azienda di utilizzare servizi che non è in grado di incorporare al proprio interno rendono indispensabile pensare al terziario avanzato, e a una localizzazione nel sistema di Gorizia-Nova Gorica. D’altra parte se riesce ad essere competitivo per qualità e per prezzo il terziario avanzato elaborato ed offerto in loco, è pensabile che l’hinterland di tale settore economico si allarghi molto, anzitutto per aziende del Centro-Est europeo.

Formazione aziendale e professionale. La localizzazione in Gorizia, ma anche in Nova Gorica, di agenzie di formazione aziendale e di offerta di banche dati e di documentazione sulle opportunità di investimenti anzitutto all’Est, come sono Informest e il Seed, permette di puntare su tale variabile come elemento, che porta a Gorizia-Nova Gorica specificità e spinte verso la formazione di hinterland europei, o almeno fortemente orientati verso l’Est-Europa.

Turismo storico e da gioco. Anche questo filone economico può essere privilegiato, soprattutto per la memoria storica di Gorizia negli italiani. Le visite ai monumenti della Prima guerra mondiale così come ad alcuni elementi significativi di Gorizia-Nova Gorica sono frequenti. Castello e Borgo Castello, convento di Castagnevizza, forma urbana di Nova Gorica, le case da gioco di Nova Gorica e in futuro forse anche a Gorizia, sono altrettanti elementi che alimentano un turismo con una propria consistenza, che sarà ancora maggiore se collegato ad altre mete regionali.

Nodo di collegamento. L’autoporto e i servizi offerti dalle due compagnie, italiana e slovena, rappresentano elementi di forte attrazione di Gorizia-Nova Gorica. Ciò sarà ancor più accentuato con la costruzione del raccordo autostradale tra Nova Gorica e la parte italiana già costruita. La qualità dei servizi e la tradizione di “porta” di Gorizia fanno sì che si venga a costituire un hinterland estremamente ampio ed articolato. Certamente vi sono delle remore per il futuro sullo sviluppo di questa variabile, a causa del ruolo che potrà avere in futuro il confine italo-sloveno o delle leggi italiane sulla localizzazione delle operazioni di sdoganamento.

Strutture culturali. Le strutture culturali producono indotti di carattere economico, sotto forma di alloggi per studenti, di attività alberghiera per recepire docenti e studiosi, di strutture e servizi per la convegnistica. Gorizia è notevolmente dotata di istituzioni culturali, didattiche e di ricerca. Istituto per gli incontri culturali mitteleuropei, istituto Lipizer, istituto Seghizzi, Pro Loco, ma soprattutto Corso di laurea in Scienze internazionali e diplomatiche, Corso di laurea in Manager della ricerca sociale e della pace,

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Dottorati di ricerca a carattere internazionale e Corsi di diploma, e infine istituzioni di ricerca come l’Isig e il Ceta rappresentano una grossa ipoteca che Gorizia e Nova Gorica pongono nel loro essere punti centrali, con la conseguente necessità di dotarsi anche dei servizi che ne conseguono. L’hinterland di questa funzione economico-culturale è senz’altro internazionale se non mondiale.

[…]

3. La seconda ipotesi

EUROREGIONE DELLE RETI FUNZIONALI

Anche la presentazione della seconda ipotesi viene articolata nei seguenti punti: 1) l’obiettivo generale; 2) la definizione geografica; 3) i problemi che essa affronta e propone; 4) le reti del Friuli-Venezia Giulia e della Carinzia; 5) i problemi giuridici dell’attuazione; 6) l’istituzionalizzazione; e infine 7) l’attuale stato della collaborazione. 3.1. Obiettivo generale

L’ “Euroregione delle reti funzionali” si estende in uno spazio concettualmente differente da quello dell’ “Euroregione transfrontaliera”.

In questa Euroregione lo spazio, anche se comprende delle regioni contigue, non è formato dalla continuità della conformazione e dall’organizzazione in insediamenti centrali e insediamenti periferici del territorio, ma da punti in cui sono localizzate delle organizzazioni (imprese private, enti locali, istituzioni pubbliche, ecc.), che sviluppano relazioni reciproche e diventano nodi di una rete relazionale, differente per funzione. Ciò significa che vi saranno tante reti, attivate dalle relazioni tra nodi, quante sono le risorse e le informazioni (attività economiche secondo i settori produttivi, azioni culturali, azioni amministrative, ecc.) che vi scorrono dentro.

Il territorio, nella sua fisicità, dunque è importante solo in quanto è perimetro delimitante la localizzazione dei nodi da cui partono le relazioni. Per il resto, cioè dentro a questo perimetro, quello che conta è l’attività, e la sua direzione, degli attori organizzati pubblici e privati (istituzioni e imprese).

A questo livello le relazioni non sono più gestite dalle singole persone, ma dalle organizzazioni, in quanto sono esse ad essere in grado di attivare e gestire la produzione e i mercati dei prodotti e del lavoro, le attività culturali complesse e “macro”, come festival, istruzione ai diversi livelli e in particolare a quello universitario, come eventi scientifici particolari, ecc.

L’obiettivo globale perseguito con la costituzione della “Euroregione delle reti funzionali” è dunque quello di favorire il formarsi di uno spazio economico, sociale e culturale tra gli attori dell’Euroregione stessa, in cui questi trovino un ambito significativo per il funzionamento di reti privilegiate di azioni.

Un secondo obiettivo è quello di ottenere i benefici massimi dalla sovrapposizione della “Euroregione delle reti funzionali” alla “Euroregione transfrontaliera”. 3.2. Definizione geografica globale

Le reti funzionali da privilegiare si collocano entro un territorio dove troviamo l’intera regione Friuli-Venezia Giulia, le regioni statistiche slovene n. 8, 9, 10, 11, 12, l'Istria croata, l’intera Carinzia. L’inclusione dell’intera regione Friuli-Venezia Giulia, comprendente anche la provincia di Pordenone anche se non compresa nei Programmi europei Interreg, ha lo scopo di favorire lo sviluppo equilibrato dell’intera regione con la compartecipazione agli incentivi delle reti di tutto il suo territorio.

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La posizione di Gorizia nell’Euroregione “Euradria” 166

Carta dell’Euroregione delle reti funzionali, secondo la popolazione residente in ogni singola area

regionale Le cinque regioni statistiche slovene comprendono le tre regioni (9, 11 e 12) in gran parte già incluse

nella “Euroregione transfrontaliera”, quella di Postumia (regione 10) e soprattutto quella centrale di Lubiana (regione 8). L’includere il centro nazionale di uno stato che è abbastanza centralizzato e non si è dotato ancora di regioni amministrative, riteniamo che sia opportuno per comprendere il più possibile lo spazio virtuale delle reti funzionali in oggetto.

L’Istria croata è una sorta di continuità dell’Istria slovena, è prossima all’Italia per la presenza di una sua minoranza e comprende una particolare sintonia culturale con il mix di gruppi etnici che si riscontra in larga parte del resto della Euroregione.

Infine l’inclusione dell’intera Carinzia sembra particolarmente opportuna dal momento che già i maggiori centri di questa regione (Klagenfurt e Villach) sono compresi nell’Euroregione transfrontaliera.

I numeri territoriali, demografici e delle imprese private della “Euroregione delle reti funzionali” ce ne danno il seguente profilo:

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Tab.8 – L’Euroregione delle reti funzionali superficie popolaz. (no. densità imprese (kmq.) abitanti 1997) (no.) _________________________________________________

- Friuli-Venezia Giulia 7.844,13 1.184.654 151,02 75.062 - Slovenia 10.508,00 986.379 93,87 78.562 - Istria croata 3.600,00 234.145 65,00 circa 1.000 - Carinzia 9.532,82 564.431 59,21 20.164 1) _________________________________________________

totali 31.484,95 2.969.609 94,32 1) unità produttive non agricole

L’area, contenente l’ “Euroregione delle reti funzionali”, è estesa 31.484,95 kmq., e cioè una volta e mezzo l’intero territorio della Repubblica Slovena. Pur con comprensibili differenze, il territorio è abbastanza equilibrato fra parte slovena (10.508), Carinzia (9.533) e Friuli-Venezia Giulia (7.844). Per la popolazione vi è un sostanziale equilibrio tra parte slovena (986.379 abitanti) e Friuli-Venezia Giulia (1.184.654); mentre è decisamente inferiore la popolazione carinziana (564.431) e ancora minore è quella dell’Istria croata (234.145). Ai nostri fini quello che conta sono tuttavia le imprese e le istituzioni, in quanto esse rappresentano dei potenziali nodi nelle reti interregionali di relazioni. 3.3. Problemi più politici che economici della definizione geografica

La delimitazione territoriale proposta implica qualche problema di natura più politica che economica, per una reale e sostanziale creazione di questa Euroregione e per il perseguimento effettivo dell’obiettivo globale discusso.

Il primo problema riguarda l’adesione dell’Istria croata all’Euroregione, per la composizione etnica ivi esistente, e in particolare per la presenza di una minoranza italiana che, con l’inclusione della sola Istria rispetto all’intera Croazia alla Euroregione proposta, si troverebbe “rinforzata” per la presenza in questa dell’italiano Friuli-Venezia Giulia. Da ciò potrebbe derivare qualche resistenza da parte della Croazia a dare il via libera all’adesione di questa parte del suo stato. C’è d’altra parte da tenere presente che le ultime elezioni croate hanno portato alla presidenza e alla gestione della politica croate una persona e una élite che sono meno nazionaliste e più aperte all’esterno e all’Europa.

Il secondo problema potrebbe venire dagli atteggiamenti del governo carinziano nei confronti delle minoranze slovene e croate, e dunque potrebbe mantenere in uno stato di freddezza gli sloveni verso l’ “Euroregione delle reti funzionali”, che si tradurrebbe in un’adesione molto formale e dilatoria.

Tra sloveni e italiani non esistono reali problemi, e gli orientamenti di governo regionale italiano e di governo centrale italiano sono sinergici sui temi della collaborazione con la Slovenia in queste aree. Può semmai creare un orientamento all’impasse la non esistenza in Slovenia delle regioni e il fatto che l’unico referente è il governo centrale. Ma probabilmente, la soluzione di questo problema, è solo questione di tempo. 3.4. La realtà delle reti funzionali in due ricerche

Due ricerche, una svolta dall’équipe di Langer dell’università di Klagenfurt (1999) nell’ambito di un originario progetto comune di università di Klagenfurt-Isig; e l’altra svolta nel 1999 dall’Isig, offrono la

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La posizione di Gorizia nell’Euroregione “Euradria” 168

possibilità di individuare le localizzazioni delle reti dentro e fuori del proprio paese (Carinzia e Friuli-Venezia Giulia e Slovenia).

La ricerca di Langer evidenzia che le imprese carinziane hanno sviluppato i rapporti anzittutto con aziende di Lubiana (che vengono menzionate 106 volte), poi di Udine (68 menzioni), di Trieste (40 menzioni) e di Maribor. Come si vede il maggior orientamento è volto verso le aziende slovene e poi verso quelle italiane ma con una netta disposizione verso quelle udinesi. Anche dalla nostra ricerca risulta confermata la predilezione udinese per l’Austria.

Nella ricerca austriaca appare poi che i carinziani giudicano i partners sloveni affidabili, accurati, puntuali, non timorosi; e i partners italiani flessibili, sicuri, con alta competenza professionale, affidabili, ma meno puntuali degli sloveni e meno ligi alle regole. Inoltre i carinziani sono più vicini agli sloveni che non agli italiani; sloveni e carinziani comunicano con le lingue dell’altro o in inglese, mentre gli italiani conoscono meno il tedesco e l’inglese.

La ricerca italiana, molto ampia nella rilevazione della qualità delle relazioni, è articolata nelle tre province di Gorizia, Trieste e Udine. Da essa risulta che le aziende e le istituzioni goriziane sviluppano le reti più con aziende e istituzioni slovene (68.9% delle relazioni) e meno con quelle austriache (29.1% delle relazioni), e ancor meno con quelle croate (2% delle relazioni). Al polo opposto si collocano le aziende e le istituzioni pubbliche udinesi, le quali sviluppano un maggior numero di relazioni con quelle austriache (59% delle relazioni) e un numero minore con quelle slovene (41% delle relazioni). In situazione intermedia si collocano le reti delle aziende e delle istituzioni triestine, anche se tendono a riprodurre le reti goriziane. La tabella 26 indica che reti con struttura differente sono interessate dalle istituzioni pubbliche e dalle imprese private. Così, se le istituzioni pubbliche goriziane rivolgono le loro reti verso la Slovenia con il 73.8% delle relazioni, quelle triestine e quelle udinesi sono al contrario equilibrate fra istituzioni slovene e austriache. La struttura delle reti create dalle imprese private è invece radicalmente differente fra quelle goriziane e triestine, largamente orientate verso Lubiana e la Slovenia (67.5% e 64.9% delle relazioni, rispettivamente), e quelle udinesi, largamente orientate verso Vienna e l’Austria (64.9% delle relazioni), scavalcando abbastanza città intermedie come Klagenfurt e Villaco.

4. La terza ipotesi MACRO-EUROREGIONE

Consideriamo la terza ipotesi articolandola nel consueto schema: obiettivo generale, configurazione geografica, problemi giuridici, istituzionalizzazione, stato della collaborazione attuale. 4.1. Obiettivo generale

L’obiettivo generale della “Macro-Euroregione” è quello di favorire la cooperazione nell’ambito di uno spazio macro-economico e a carattere strategico. Tale spazio delle grandi scelte e delle grandi opere ha quindi lo scopo di enfatizzare la concretazione delle politiche economiche fra le regioni membri, ma anche la valutazione della necessità di grandi opere strategiche, l’individuazione delle vie per la loro realizzazione, il coordinamento della complementarietà e del miglior uso delle grandi infrastrutture di cui è dotata la “Macro-Euroregione”. Si tratta dunque non solo di individuare le politiche economiche, ma anche di gestire comuni interventi per nuove e rinnovate macro-infrastrutture quali il sistema viario in funzione del “corridoio cinque” ed altri corridoi europei, il sistema dei trasporti riprendendo se è il caso l’idea progettuale del canale navigabile Adriatico-Sava (a cui altre regioni italiane sono grandemente interessate). Più in generale il problema affrontato dalla “Macro-Euroregione” è quello di superare l’eventuale sovradimensionamento delle grandi infrastrutture esistenti nelle singole regioni con il coordinamento delle parallele infrastrutture esistenti in Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Carinzia, Slovenia e Croazia. Nella regione Friuli-Venezia Giulia senz’altro tale sovradimensionamento, almeno per quanto riguarda il non adeguato utilizzo, è visibile per porti, aeroporto, scalo ferroviario di Cervignano, ecc.

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Alberto Gasparini 169

In sintesi lo scopo di tale obiettivo di coordinamento delle macro-realtà regionali sta soprattutto nell’accentuare l’accesso nelle aree della “Macro-Euroregione” da parte dei mercati internazionali al fine di rendere più visibili e disponibili all’internazionale e al mondiale proprio: 1) i prodotti delle “reti funzionali” attivate dalle imprese e dagli enti pubblici della relativa Euroregione; e 2) le aree turistiche ed economiche attivate dall’azione dell’ “Euroregione transfrontaliera”. 4.2. Definizione territoriale globale

La “Macro-Euroregione” comprende il Veneto, il Friuli-Venezia Giulia, la Carinzia, la Stiria, la Slovenia, la Croazia.

Il Veneto è una regione italiana a statuto ordinario e la sua inclusione è giustificata dal fatto che le relazioni con le regioni non italiane della “Macro-Euroregione” sono molto intense e consolidate nel tempo. Inoltre un coordinamento con le macro-attività del Friuli-Venezia Giulia si rende indispensabile per evitare competitività troppo reciprocamente dannose e soprattutto gratuitamente dispendiose. Inoltre la presenza del Veneto viene ad equilibrare le quattro componenti nazionali: croata, slovena, austriaca, italiana.

Carta della Macro-Euroregione, secondo la popolazione residente in ogni singola area regionale

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La posizione di Gorizia nell’Euroregione “Euradria” 170

Il Friuli-Venezia Giulia è regione a statuto speciale. Essa è fortemente dotata di macro-infrastrutture e

geograficamente si trova al centro della “Macro-Euroregione”. E tuttavia proprio questa forte dotazione rischia di essere sottoutilizzata, in quanto le regioni vicine si sono pure dotate di porti e di aeroporti, con la conseguenza che nessuna di esse ha bisogno delle infrastrutture del centro friulano-giuliano. La necessità di coordinamento è dunque evidente.

L’inclusione di tutta la Croazia, stato sovrano, nella “Macro-Euroregione” è giustificata dal fatto che la sponda adriatica, naturale riferimento per le due regioni del Nord-Est italiano, è largamente croata; e in secondo luogo la ricostruzione della Slavonia orientale sarà realizzata con il contributo delle istituzioni e delle imprese del Friuli-Venezia Giulia.

Pure la Slovenia è stato sovrano, e nella sua interezza è confinante con tre stati della “Macro-Euroregione”. Ciò dunque giustifica il fatto che venga inserita nella sua totalità nell’Euroregione in progetto, e ad esso si aggiunge la ragione che con tale inclusione si rendono più equilibrate le presenze delle quattro nazioni.

Infine l’associazione della Stiria alla Carinzia dalla parte austriaca viene ad enfatizzare ambedue le ragioni addotte per la Slovenia (prossimità ad aree della “Macro-Euroregione” e bilanciamento nazionale), ed anche l’appartenenza a una medesima area culturale e di interessi centro-europea (come del resto ciò è pure valido per la Slovenia e le altre regioni).

I numeri della “Macro-Euroregione” sono i seguenti:

Tab. 9 – La “Macro-Euroregione”

superficie popolazione densità (in kmq.) (no. abitanti) ___________________________________________

Friuli-Venezia Giulia 7.844 1.184.654 1) 151,0 Veneto 18.365 4.486.226 1) 244,3 Slovenia 20.256 1.984.923 1) 98,0 Croazia 56.542 4.494.000 2) 79,5

Carinzia 9.533 564.431 1) 59,2

Stiria 16.388 1.207.221 3) 73,7 totali 128.928 13.921.455 108,0 1) 1997; 2) 1998; 3) 1996

L’area della “Macro-Euroregione” corrisponde a più di un/terzo dell’Italia, e la popolazione è di circa

14 milioni di persone. I rapporti tra superficie e insediamenti è molto varia per le singole realtà: le regioni italiane hanno densità molto più alta delle altre slave e austriache. Infatti nel Veneto abbiamo 244,3 abitanti per kmq e nel Friuli-Venezia Giulia ne abbiamo 151,0 contro le altre densità che sono al di sotto dei 100 abitanti. Naturalmente la montuosità gioca un ruolo notevole.

Comparativamente ad ogni modo la parte più ampia è la Croazia (56.642 kmq.), al livello intermedio si collocano Veneto, Slovenia e Stiria; mentre l’estensione minore riguarda la Carinzia e il Friuli-Venezia Giulia.

Da ultimo infine dobbiamo richiamare che la componente italiana della popolazione comprende il 40% degli abitanti, la parte slava comprende il 46.8% e infine quella austriaca il 12.8%. Abbiamo dunque una “Macro-Euroregione” abbastanza allungata verso ovest-est con l’inclusione delle aree austriache connesse ai confini italiano e sloveno e confinanti con le aree salisburghesi e viennesi.

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Si tratta d’altra parte anche di una “Macro-Euroregione” articolata in rilevanti centri insediativi, da Verona a Zagabria, e da Klagenfurt-Graz a Trieste-Capodistria-Pola, e dunque con un’armatura urbana che già di per sé ha sperimentato da secoli una collaborazione, complementare o competitiva, strategica fra porti, nodi ferroviari e strutture autostradali altamente significative, e sulle quali la politica della “Macro-Euroregione” può inserire le proprie linee progettuali e le proprie azioni di intervento. 5. Complementarietà delle sfere d’azione

Un dato emergente dall’ipotesi formulata è la complementarietà tra le tre sfere d’azione. Stabilire un principio di complementarietà tra i tre livelli di Euroregione implica necessariamente la

previsione di un centro di coordinamento delle iniziative, in assenza del quale potrebbero crescere i rischi di sovrapposizione e di dispersione delle risorse.

Ora, per ragioni di carattere organizzativo, non sembra eludibile collocare la funzione di coordinamento al livello più alto quanto meno per la dimensione della sfera d’azione e degli obiettivi perseguiti. Dunque, la macro-regione dovrebbe poter costituire un centro di coordinamento e monitoraggio delle iniziative intraprese e all’interno della stessa Euroregione, seppure a diverso livello operativo.

Al riguardo si pongono almeno due questioni: 1. a quale principio deve ispirarsi l’azione di coordinamento; 2. quali poteri implica un’azione siffatta.

Quanto alla prima questione, dovrebbe affermarsi il principio di sussidiarietà. In base a tale principio gli attori istituzionali di dimensione minore debbono poter svolgere le proprie iniziative compatibilmente con la dimensione degli obiettivi perseguiti e l’efficacia delle azioni intraprese. Solo in caso di insufficienza di tali azioni può prevedersi l’intervento del sistema euroregionale operativo di livello superiore.

La valutazione del grado di efficacia dell’azione spetterà all’organo di coordinamento. La seconda questione richiede una indicazione più articolata che si rinvia al momento in cui si tratterà

dei poteri della macro-regione. Considerate le funzioni e le sfere d’azione attribuite ai diversi attori dai tre livelli di Euroregione

ipotizzati, sembra opportuno procedere dal livello inferiore (Euroregione transfrontaliera) che presenta una problematica giuridica meno complessa.

6. Conclusioni operative

Alla luce di quanto sinora illustrato, per ciò che concerne gli aspetti operativi per l'istituzione di tutte le tipologie di cooperazione transfrontaliera individuate, un primo interrogativo riguarda i profili procedurali onde dar luogo a una trama di più stretti rapporti tra gli enti interessati.

Muovendo dall'ipotesi che l'impulso provenga dall'interno (ossia dalla regione Friuli-Venezia Giulia), si prospettano più scenari, a seconda del tipo di cooperazione che si intende perseguire.

Comune a tutti, è la circostanza che la disciplina vigente non richiede, per l'attivazione di fasi progettuali, alcun intervento o autorizzazione del centro, trattandosi in ogni caso di attività prodromiche all'instaurazione di rapporti sostanziali o di istituzione di strutture permanenti o di attivazione di funzioni in esercizio comune. In altre parole, la regione, anche per il tramite di enti o organismi di ricerca, può farsi promotrice di incontri, non solo tra esperti e studiosi, ma anche tra rappresentanti di altri stati o di enti appartenenti ad altri stati, al fine di predisporre progetti di accordo (solo da quel momento si imporranno le procedure sopra descritte, essendo la fase precedente configurabile quale mera attività di studio e di ricerca).

Si consideri altresì che un'attività siffatta trova oggi maggiore copertura sotto il profilo di diritto dal D.Lgs n. 9/1997, che presuppone la competenza della regione in materia di cooperazione transfrontaliera anche tra enti locali.

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La posizione di Gorizia nell’Euroregione “Euradria” 172

Tab. 10 – Struttura delle reti funzionali, per organizzazione pubblica e privata, per provincia italiana e per paese vicino

Gorizia Trieste Udine media% pub. priv. tot. pub. priv. tot. pub. priv. tot. pub. priv. tot.

___________________________________________________________________________________________________ Ljubljana 5.3 19.5 16.7 8.3 24.4 20.4 12.5 5.4 8.3 9.1 17.2 15.1 Nova Gorica 26.3 14.3 16.7 - 5.4 4.1 12.5 5.4 8.2 14.5 9.9 11.2 Capodistria 5.3 1.3 2.1 16.7 13.5 14.4 - 5.4 3.3 5.5 5.3 5.3 altri paesi sloveni 21.1 22.0 21.9 25.1 21.6 22.5 12.5 8.1 9.7 18.2 18.5 18.4 Slovenia 15.8 10.4 11.5 8.3 - 2.0 12.5 10.8 11.5 12.7 8.0 9.2 Tot. Slovenia 73.8 67.5 68.9 58.4 64.9 63.4 50.0 35.1 41.0 60.0 58.9 59.2

Vienna - 2.6 2.1 8.3 10.8 10.2 4.2 21.6 14.8 3.6 9.3 7.8 Villach - 1.3 1.0 - 2.7 2.0 4.2 5.4 4.9 1.8 2.6 2.4 Klagenfurt - - - 16.7 - 4.1 12.5 - 4.9 9.1 - 2.4 Salisburgo - 3.9 3.1 - 2.7 2.0 - 5.4 3.3 - 4.0 2.9 Graz - - - 8.3 2.7 4.1 4.2 5.4 4.9 3.6 2.0 2.4 Carinzia 5.2 - 1.0 - 2.7 2.0 8.3 2.7 4.9 5.5 1.3 2.4 altri paesi austriaci 15.8 6.5 8.3 - 10.8 8.2 - 13.5 8.2 5.5 9.3 8.3 Austria 5.2 15.6 13.6 8.3 - 2.0 16.6 10.9 13.1 10.9 10.6 10.7 Tot. Austria 26.2 29.9 29.1 41.6 32.4 34.6 50.0 64.9 59.0 40.0 39.1 39.3

Croazia - 1.3 1.0 - 2.7 2.0 - - - - 1.3 1.0 Zagabria - 1.3 1.0 - - - - - - - 0.7 0.5 Tot. Croazia - 2.6 2.0 - 2.7 2.0 - - - - 2.0 1.5 ___________________________________________________________________________________________________ Tot. generali 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0

( 19) ( 77) ( 96) ( 12) ( 37) ( 49) ( 24) ( 37) ( 61) ( 55) (151) (206)

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Alberto Gasparini

Questi ultimi, a loro volta, in virtù dell'art. 12 del disposto, or ora citato, possono sin d'ora operare nel medesimo senso, pur in assenza della normativa regionale sulla reciproca collaborazione, cui esso fa riferimento, purché nel limite del rispetto degli interessi nazionali, degli impegni derivanti dall'appartenenza all'Unione Europea e degli accordi internazionali. Il d.d.l regionale concernente il nuovo sistema delle autonomie nella regione Friuli-Venezia Giulia fa addirittura obbligo alla regione di impegnarsi «a promuovere la cooperazione transfrontaliera, favorendo le relative iniziative poste in essere dagli enti locali», di talché, pur nelle more dell'approvazione del testo, la ricerca di intese tra comuni del Friuli-Venezia Giulia ed omologhi esteri appare pienamente lecita (mentre la stipulazione di veri e propri accordi abbisogna, nelle more, di ulteriori adempimenti, di cui già si è detto supra).

Non dissimile appare la situazione, sia per ciò che riguarda l'ipotesi di vere e proprie macro-regioni, sia per forme collaborative funzionali, sia per accordi intercomunali o interprovinciali, qualora l'iniziativa promani dall'esterno.

Si tratta dunque, da parte della regione, di passare alle seguenti fasi: a) individuati i partners, promuovere la costituzione di forme di cooperazione transfrontaliera del tipo

h3, passando dalla fase di individuazione dei collanti socio-economici e dei limiti giuridici (ossia, la fase attuale) a quella della stesura di schemi di protocollo comune, concordato con i partners, per la concreta edificazione della o delle macro-regioni;

b) sul versante opposto, partecipare ad analoghe iniziative promosse da potenziali partners; c) operare, similmente a quanto indicato sub a) e sub b), onde favorire l'integrazione delle funzioni

economiche (“Euroregione delle reti funzionali”), d) in certo qual modo anticipando la normativa del citato d.d.l. regionale sugli enti locali, indire

convegni, riunioni e vere e proprie conferenze di servizi con gli enti locali, onde incentivare la ricerca di intese con gli omologhi esteri, anche secondo principi di differenziazione a livello interno, dando impulso politico, nel frattempo, a una sollecita approvazione sia dell'art. 64 del d.d.l. (eventualmente anche per stralcio), sia delle norme sulle procedure;

e) favorire - di nuovo anticipando il dettato del comma 2 del citato d.d.l. - iniziative degli enti locali in tal senso, e offrendo «la collaborazione della Regione al fine di concludere intese, accordi, o altre forme di cooperazione con le comunità locali degli stati confinanti».

Una seconda problematica riguarda il tipo di cooperazione da privilegiare.

Nella parte prima, è stata accentuata l'esigenza di un approccio strutturale alle varie forme di euroregioni, che, quale che sia il livello di operatività di esse, dovrebbero dotarsi di organi comuni.

Ciò che va evidenziato è che, negli accordi preliminari per l’istituzione, anche i partners concordino sullo schema qui proposto (sub parte I). È comunque preferibile che la formulazione delle intese con gli enti stranieri sia duttile in modo da consentire eventuali mutamenti delle normative nazionali (ad esempio, il d.d.l. regionale prevede che la giunta comunale sia un organo eventuale. Di conseguenza, la parte strutturale dell'accordo transfrontaliero non può utilizzare parole quali “componenti della giunta”, o simili. Lo stesso vale per gli enti non italiani).

È poi da valutare la circostanza che gli organismi delle euroregioni possono essere titolari di funzioni preparatorie a decisioni sostanziali, e al più (ma non ovunque) di responsabilità gestionali.

Infine, occorre ribadire che una cosa sono gli organi istituzionali, altra sono le strutture operative (segreterie comuni, spa. o simili).

Anche per i profili strutturali, è bene privilegiare la flessibilità, consentendo che non solo ciascun livello di Euroregione, ma anche all'interno di uno stesso livello possano adottarsi soluzioni ad hoc, in connessione alle specifiche esigenze di ciascun rapporto cooperativo.

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La posizione di Gorizia nell’Euroregione “Euradria” 174

[A. Gasparini, Definizioni di ipotesi organizzative per la realizzazione di Euroregioni, in A. Gasparini (cur.), Problemi e prospettive dello sviluppo di Euroregioni sul confine nord-orientale italiano: il caso del Friuli Venezia Giulia, Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, Trieste, 2000, pp. 194-260].

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STRUTTURA ORGANIZZATIVA DI EUREGO Daniele Del Bianco

Alberto Gasparini Abstract: L’articolo contiene una proposta di struttura organizzativa di “Eurego”, l’Euroregione di cui Gorizia-Nova Gorica fanno parte, progettata per conto della Provincia di Gorizia. Alla base di questa struttura vi sono un’associazione di diritto privato dei comuni italiani, un’associazione di diritto privato dei comuni sloveni, la società civile e la popolazione del versante italiano e del versante sloveno. Tali attori formano l’Assemblea generale, che esprime la giunta, la quale a sua volta è composta da un segretariato generale e da sei gruppi di lavoro. Keywords: Gorizia, Nova Gorica, Euroregione, struttura organizzativa

• − • − •

1. La struttura istituzionale di Eurego Premessa sulle funzioni di Eurego e dei suoi segmenti istituzionali 1

L’Euroregione rappresenta una fase istituzionalizzata della cooperazione transfrontaliera. Essa si concreta in alcuni segmenti organizzativi stabili che hanno come compito formale la creazione

e lo stimolo della cooperazione transfrontaliera e lo sviluppo delle forme in cui essa già ora si esprime. Tale stimolo si concreta nel mettere a disposizione delle collettività territoriali (italiana e slovena) una serie articolata di iniziative e di servizi, affinché esse trovino vantaggi operativi nel collaborare. Siffatta funzione di iniziativa e di stimolo è la sola consentita, allo stato attuale, dall’ordinamento interno ed internazionale.

Elemento fondante dell’Euroregione è EUREGO. Si tratta di una struttura organizzativa che opera, in maniera dinamica, per contribuire allo sviluppo di rapporti di vicinato amichevoli tra le comunità territoriali che ad essa partecipano e per assicurare adeguata espressione alle istanze provenienti dalla popolazione civile e dagli enti associati.

La struttura di EUREGO riflette, sul piano istituzionale, le diverse fasi in cui si articola la cooperazione transfrontaliera: la fase “politica”, la fase organizzativa, la fase operativa.

La fase “politica” naturalmente è strettamente legata alla popolazione, ai bisogni da essa espressa e ai conseguenti obiettivi, raggiungibili attraverso la cooperazione transfrontaliera. Essa istituzionalmente è sviluppata da una Assemblea generale.

1. Per i riferimenti giuridici contenuti nella presente Parte l’Istituto di Sociologia internazionale di

Gorizia si è avvalso della consulenza del professor Stefano Amadeo e del professor Gian Paolo Dolso (docenti presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trieste) e dell’avv. Cristiana Stocchi (dottoressa di ricerca presso la stessa Università). La Relazione di questi è riportata in Appendice (I) al Progetto. La responsabilità dell’utilizzo di tale relazione e delle idee espresse in questa parte è ad ogni modo dell’ISIG.

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Daniele Del Bianco, Alberto Gasparini 175

La fase organizzativa implica progettazione delle concrete risposte, organizzazione delle strategie operative, attuazione delle strategie, attribuzione di compiti, in una parola, trasformazione delle attività progettate dall’Assemblea in azioni e risposte concrete. Tali funzioni esecutive sono svolte dalla Giunta, che si avvale di Gruppi di lavoro, strettamente organizzati all’interno della giunta stessa. Il legame tra Assemblea e Giunta è molto forte pur restando separate le rispettive funzioni (deliberative ed esecutive).

I Gruppi di lavoro svolgono un’attività costante di distribuzione delle informazioni tra segmenti organizzati (giunta, gruppi di lavoro, assemblea) e di raccolta delle istanze provenienti dalla società civile (enti territoriali, popolazione, imprese, associazioni ecc.).

Nella fase operativa vengono svolte delle funzioni stabili nel tempo, istituzionalizzate, e che in qualche modo collegano il passato al futuro, attraverso l’azione quotidiana della raccolta delle informazioni, della loro conservazione, della loro distribuzione. Tale fase operativa è svolta dal segretariato, al quale fanno riferimento i gruppi di lavoro. Il segretariato ha dunque la funzione di essere nucleo stabile, memoria storica e archivistica, di disseminare informazioni dell’Assemblea e della Giunta, ma anche di essere a disposizione per svolgere tutte le necessarie funzioni amministrative.

Nel prosieguo verranno precisati (1.) il contesto giuridico (internazionale e nazionale) entro il quale le attività di collaborazione tra enti locali italiani e sloveni possono svolgersi, nonché le ragioni che hanno condotto ad attribuire ad EUREGO la configurazione di un’Associazione di diritto privato; (2.) il quadro organizzativo dell’Associazione EUREGO e delle Associazioni di comuni che - assieme ad altre autonomie territoriali - la compongono; (3) la struttura organica e le funzioni di EUREGO, anche nei suoi rapporti con gli enti e le collettività locali italiana e slovena; (4) gli strumenti di finanziamento.

1.1. Quadro giuridico e configurazione di EUREGO come Associazione di diritto privato

Lo strumento internazionale più idoneo alla realizzazione di forme istituzionalizzate di cooperazione

transfrontaliera tra enti pubblici locali è costituito dalla Convenzione quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali (Convenzione di Madrid del 21 maggio 1980, v. l. n. 948/1984 di ratifica ed esecuzione della stessa). La Convenzione è in vigore per l’Italia e per la Slovenia. Non è stato però ancora stipulato l’accordo bilaterale fra Italia e Slovenia volto a definire le materie che possono formare oggetto di successivi accordi, o intese, fra le autonomie territoriali degli Stati interessati (ai sensi dell’art. 3, par. 2 della Convenzione). L’Italia non ha neppure ratificato - a differenza della Slovenia - i due Protocolli addizionali alla Convenzione (rispettivamente del 1995 e del 1998).

Anche sul piano del diritto comunitario mancano tuttora strumenti giuridici che permettano l’in-staurazione di forme di cooperazione istituzionalizzata “aperta” tra enti pubblici locali a livello transfrontaliero. La Commissione nel 2004 ha presentato una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’istituzione di un Gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera (GECT). La proposta prevede l’istituzione di una figura all’occorrenza dotata di personalità giuridica (in conformità all’ordinamento dello Stato membro prescelto), che agisce in nome e per conto dei suoi membri (Stati membri, enti regionali e locali, altri organismi pubblici locali) allo scopo di facilitare, in particolare, la cooperazione transfrontaliera degli enti che vi partecipano. Se la proposta della Commissione dovesse andare a buon fine, il GECT potrebbe costituire uno strumento di cooperazione transfrontaliera flessibile ed efficace.

In assenza di strumenti internazionali o comunitari applicabili, è parso opportuno esplorare le possibilità offerte dal diritto interno italiano. EUREGO potrebbe essere configurata come un’associazione di diritto privato italiano (o, all’occorrenza, sloveno). In effetti, nella prassi, le c.d. euroregioni europee sono normalmente costituite come associazioni di diritto privato.

Non sembra sussistano ostacoli di principio alla configurazione di EUREGO come un’associazione di diritto privato prevista dall’ordinamento italiano (o di analoghe figure previste dall’ordinamento sloveno), sebbene i membri associati siano (rappresentanti di) enti pubblici locali. In tale prospettiva, va ricordato il principio della generale capacità di diritto privato degli enti pubblici territoriali italiani, che si esprime anche nei rapporti con omologhi enti stranieri . La Suprema Corte di Cassazione ha, peraltro, riconosciuto che “la natura pubblica degli enti che concorrono a formare un nuovo ente […] non è sufficiente ad attribuire natura pubblicistica a quest’ultimo, sebbene esso risulti costituito per perseguire anche finalità che riguardano i soggetti che lo compongono; infatti i soggetti pubblici sono dotati anche di capacità ed

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Struttura organizzativa di Eurego 176

autonomia private, e, quindi, nell’esercizio di queste, possono compiere atti di diritto privato, e possono partecipare a rapporti giuridici ed a figure soggettive di diritto privato; neppure può ritenersi determinante della natura pubblica dell’associazione, la partecipazione ai suoi organi di rappresentanti dei soggetti pubblici che l’hanno formata, essendo ciò ammissibile pure in una configurazione di natura privatistica” (Cass. civ., Sezioni Unite, 23 novembre 1993, n. 11541).

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Daniele Del Bianco, Alberto Gasparini 177

Per ciò che concerne la natura giuridica di tale associazione, due sono le soluzioni prospettabili a tal riguardo: a) associazione con personalità giuridica e b) associazione non riconosciuta.

La prima soluzione comporta il necessario svolgimento dell’iter previsto per il riconoscimento, da ultimo modificato con il D.P.R. n. 361 del 2000. Non esaurendosi l’attività dell’associazione nell’ambito dei confini della Regione Friuli Venezia Giulia il riconoscimento andrà richiesto alla Prefettura competente per territorio (ulteriori adempimenti potranno essere richiesti, come si vedrà, dall’interesse transfrontaliero delle attività poste in essere dall’associazione). Un profilo che va tenuto in debito conto, ai fini del riconoscimento (che è concesso dall’autorità governativa), è quello dell’adeguatezza del patrimonio allo scopo sociale (art. 1, co. 3, D.P.R. cit.).

La seconda soluzione non comporta formalità comparabili. È tuttavia da ricordare che la forma dell’associazione non riconosciuta potrebbe implicare svantaggi sia a livello comunitario, per quanto concerne l’accesso a taluni fondi cofinanziati dalla Comunità, sia per quanto concerne il livello interno, nell’ambito del quale per le associazioni non riconosciute non viene contemplata un’autonomia patrimoniale perfetta (v., in particolare, l’art. 38 cod. civ., secondo il quale delle obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’ente “rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione”).

Benché costituita in forma privatistica, è evidente che EUREGO si caratterizza per una spiccata vocazione ad intrattenere rapporti transfrontalieri. Al suo interno (in seno all’Assemblea generale) gli enti associati possono dibattere e confrontarsi su problemi di interesse comune ed assumere decisioni da ottemperare liberamente. È opportuno verificare se, sotto il profilo sostanziale, i comuni italiani (così come i comuni sloveni) possano legittimamente porre in essere una forma associativa volta ad attività di rilevanza internazionale.

Il nuovo titolo V della Costituzione, anche se ha introdotto alcune innovazioni in tema di rapporti internazionali delle Regioni, non dispone alcunché riguardo alle eventuali competenze degli enti locali (province e comuni). La l. n. 131/2003 prevede, all’art. 6, par. 7, che “resta fermo che i Comuni, le Province [….] continuano a svolgere attività di mero rilievo internazionale nelle materie loro attribuite, secondo l’ordinamento vigente, comunicando alle Regioni competenti ed alle amministrazioni di cui al comma 2 ogni iniziativa”.

Si può sostenere che la costituzione delle Associazioni di comuni prima, e di EUREGO poi, rientrino nella nozione di “attività di mero rilievo internazionale”, come definite dalla giurisprudenza costituzionale, e dal D.P.R. del 31 marzo 1994, che tale giurisprudenza sostanzialmente recepisce.

Quanto al D.P.R. cit. (anteriore alla riforma del Titolo V, e quindi di non pacifica attualità) le attività di mero rilievo internazionale sono quelle riguardanti a) “lo studio e le informazioni su problemi vari; scambio di notizie e esperienze sulla rispettiva disciplina normativa o amministrativa; partecipazione a conferenze, tavole rotonde, seminari; visite di cortesia nell’area europea; rapporti conseguenti ad accordi o forme associative finalizzati alla cooperazione interregionale transfrontaliera”; ovvero quelle riguardanti b) iniziative relative alle “visite di cortesia nell’area extraeuropea, gemellaggi, enunciazioni di principi e di intenti volti alla realizzazione di forme di consultazione e di collaborazione da attuare mediante l’esercizio unilaterale delle proprie competenze; formulazione di proposte e prospettazione di problemi di comune interesse, contatti con le comunità regionali all’estero ai fini della informazione sulle normazioni delle rispettive regioni e della conservazione del patrimonio culturale d’origine”.

Per quanto concerne i profili sostanziali, è necessario che le attività di EUREGO rimangano entro i limiti delle competenze riconosciute, dall’ordinamento italiano, agli enti locali dai quali l’associazione è formata. I rappresentanti degli enti locali presso EUREGO dovrebbero agire senza vincolo di mandato. Le attività di EUREGO, inoltre, in quanto estrinsecate sul piano della cooperazione transfrontaliera, dovrebbero essere rigorosamente circoscritte a quelle indicate dal D.P.R. cit. e dalla giurisprudenza costituzionale.

Per quanto attiene ai profili procedurali, lo svolgimento delle attività di mero rilievo internazionale in parola risultano subordinate – per effetto dell’art. 6, par. 7, l. 131/2003 – ad una plurima comunicazione: alla Regione; alla Presidenza del Consiglio – Dipartimento per gli affari regionali ed al Ministero degli affari esteri.

In conformità al principio di leale cooperazione, e in sintonia con le indicazioni emergenti dalla giurisprudenza costituzionale, sembra inoltre opportuno stabilire – in sede di predisposizione degli atti

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Struttura organizzativa di Eurego 178

costitutivi dell’associazione – che EUREGO si assuma un onere di informazione, nei confronti di Stato e Regione, con riferimento alle più rilevanti attività che si propone di compiere.

EUREGO è stata dunque concepita come un’associazione di diritto privato disciplinata dallo statuto in

conformità all’ordinamento dello Stato in cui essa avrà sede. Il quadro normativo di riferimento tiene conto delle possibilità organizzative previste dall’ordinamento italiano. Tale quadro potrebbe mutare parzialmente per effetto dell’entrata in vigore di strumenti di diritto internazionale pubblico o di diritto comunitario. Le caratteristiche di EUREGO tengono conto, in particolare, della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’istituzione di un gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera (GECT).

L’Associazione EUREGO ha lo scopo statutario di contribuire allo sviluppo di rapporti di cooperazione tra le comunità territoriali interessate, la popolazione e le società civili.

Essa è strutturata in tre organi principali: un’Assemblea generale, in cui sono rappresentate le varie componenti degli enti che ad essa partecipano (delegati o rappresentanti delle autonomie territoriali; delegati della popolazione e delle categorie socio-economiche); una Giunta, con funzioni esecutive, ed un Segretariato, con funzioni organizzative permanenti. L’Associazione EUREGO annovera tra i suoi soci due Associazioni di comuni (italiani e sloveni) e le altre autonomie territoriali interessate (Province di Gorizia e di Udine, Regione Friuli Venezia Giulia, per l’Italia). Le due Associazioni di Comuni italiani e sloveni sono costituite allo scopo precipuo di superare il problema della selezione di una rappresentanza paritaria, nell’Assemblea generale dell’Associazione EUREGO, a partire da un numero disomogeneo di Comuni componenti.

1.2. Le Associazioni di comuni e l’Associazione Eurego

Aspetti organizzativi generali

L’Associazione di diritto privato EUREGO, dovrebbe raccogliere molti attori, asimmetrici per numero da una parte e dall’altra, e di natura differente (enti locali, associazioni di settore, università, ecc.). L’Associazione EUREGO è composta, perciò, da due Associazioni di comuni (italiani e sloveni), oltre ché da altri enti pubblici appartenenti all’ordinamento italiano e sloveno.

In sintesi il progetto prevede la costituzione di tre Associazioni di diritto privato: 1. Associazione di diritto privato dei comuni frontalieri italiani, 2. Associazioni di diritto privato dei comuni frontalieri sloveni, 3. Associazione di diritto privato EUREGO.

La complessità delle prime due Associazioni di comuni è dovuta ai molteplici problemi che debbono essere risolti.

1) Le Associazioni di comuni hanno il compito di assicurare la selezione dei rappresentanti nell’Assemblea generale di EUREGO. A tal proposito, differenti sono i rapporti demografici nell’area italiana e slovena considerata (233.029 abitanti nella parte italiana e 122.098 nella parte slovena). Per non accentuare la differenza tra le due parti, e seguendo l’esempio di altre Euroregioni europee, è opportuno non legare il numero dei rappresentanti al “peso” demografico di ciascun raggruppamento di comuni. Nel modello proposto, ciascun gruppo di comuni designa una rappresentanza paritetica nell’organo assembleare dell’Associazione EUREGO.

2) Il quadro fin qui delineato è ulteriormente complicato dal fatto che riteniamo opportuno distribuire i rappresentanti secondo le sub-aree storiche (qui indicate come mesoaree) dell’area EUREGO dell’Isonzo: Cividalese-Tarcentino, Collio, Goriziano, Monfalconese, Cervignanese nell’area italiana; Tolminotto, Brda, Nova Goriziano, Idrica-Cerkno, Carso nell’aerea slovena. Tenere conto di tali sub-aree significa avere una più coerente considerazione dei bisogni e degli obiettivi in EUREGO.

3) Per meglio perseguire le finalità di EUREGO, è opportuno assicurare una qualche forma di supporto, di consenso o di partecipazione diretta delle collettività territoriali alle attività da questa promosse (oltreché la partecipazione indiretta che deriva dall’azione dei rappresentanti dei comuni o delle altre autonomie territoriali). Tale consenso può essere assicurato attraverso la designazione di

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Daniele Del Bianco, Alberto Gasparini 179

rappresentanti da parte della popolazione locale. Particolare attenzione deve essere prestata alle forme attraverso le quali tale designazione “dal basso” è operata (v. infra, n. 2.2.).

4) I comuni dovranno pure nominare un numero adeguato, e uguale per ognuna delle partizioni nazionali ((italiana e slovena), di rappresentanti della società civile, e quindi delle organizzazioni, associazioni e istituzioni che sono espresse dall’area transfrontaliera. Fanno parte dei membri della società civile la Camera di Commercio, rappresentanti di industriali, artigiani, agricoltori, di organizzazioni culturali e scolastiche, di servizi sociali, di associazioni volontarie, istituti di ricerca, università (IUISE di Gorizia per l’Italia e Politecnica di Nova Gorica per la Slovenia), ecc. Naturalmente tali organizzazioni e istituzioni sono possibilmente simmetriche e in numero uguale per le due aree di confine, italiana e slovena.

5) L’associazione dei comuni nazionali ha come soci tutti i comuni dell’area confinaria nazionale. Essi compongono l’Assemblea, che elegge un proprio Presidente, il quale utilizza come Ufficio operativo un segmento amministrativo del proprio comune. Gli organi del’Associazione curano le nomine e le elezioni relative ai rappresentanti propri nell’Associazione EUREGO, tenendo conto di tutte le necessità e opportunità richiamate in precedenza.

L’Associazione dei comuni frontalieri italiani L’Associazione di comuni italiani nomina o designa 45 rappresentanti presso l’Assemblea generale

dell’Associazione EUREGO, così ripartiti: 15 rappresentanti dei comuni designati dai 59 comuni; 15 rappresentanti della popolazione; 15 rappresentanti di organizzazioni della società civile.

1) I 15 rappresentanti dei comuni (i rispettivi sindaci, o loro delegati, operanti senza vincolo di mandato) rispecchiano la distribuzione per le 5 meso-aree italiane, e in qualche modo le proporzioni tra di esse con aggiustamenti dovuti alla necessità di equilibrio tra le parti transfrontaliere. - Il Cividalese-Tarcentino è composto di 20 comuni (con 52.679 abitanti), che potrebbero eleggere 4

comuni per l’Assemblea generale dell’Associazione EUREGO. - Il Collio è composto di 9 comuni (con 16.776 abitanti) che potrebbero eleggere 1 comune. - Il Goriziano è composto di 6 comuni (con 52.143 abitanti) che potrebbero eleggere 3 comuni. - Il Monfalconese-Grado è composto di 10 comuni (con 71.323 abitanti), che potrebbero eleggere 4

comuni. - Infine il Cervignanese è composto di 14 comuni 8 con 40.108 abitanti), che potrebbero eleggere 3

comuni. 2) Il Presidente dell’Assemblea dei Comuni italiani, previa approvazione dell’Assemblea, attiva il

procedimento di designazione di 15 rappresentanti della popolazione dell’Associazione dei comuni per l’Assemblea generale di EUREGO. Le modalità di tale designazione saranno individuate nell’atto costitutivo. Nel presente progetto si esamina la possibilità di una designazione diretta, da parte delle comunità locali, attraverso consultazioni referendarie (da svolgersi contestualmente ad altre consultazioni o elezioni, ovvero in via autonoma). L’utilizzo di referendum organizzati a livello comunale – anche se di natura consultiva – deve tener conto di una serie di limiti previsti dall’ordinamento italiano. In primo luogo, sull’utilizzo della consultazione referendaria ai fini indicati si dove precisare peraltro a chi spetti l’elettorato passivo, chi predisponga le liste dei candidati, quali siano le sequenze temporali di tale procedimento e quali le forme di pubblicità. In secondo luogo, una volta verificato che gli statuti di tutti i comuni partecipanti contemplino lo strumento del referendum consultivo, occorre verificare il rispetto del disposto dell’art. 8 del d.l. n. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali). Tale norma dispone che “Le consultazioni e i referendum […] devono riguardare materie di esclusiva competenza locale”. A tal riguardo, va tenuto in debito conto che lo svolgimento di consultazioni per la designazione di rappresentanti della popolazione locale presso l’Assemblea di un’associazione che annovera, tra i suoi settori di intervento, materie di competenza non esclusivamente comunale, potrebbe contrastare con il disposto della norma citata. Appare dunque opportuno tralasciare, quanto meno, il riferimento

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Struttura organizzativa di Eurego 180

specifico alle materie oggetto dell’attività associativa. Queste potrebbero essere definite per rinvio alle competenze degli enti pubblici locali coinvolti.

3) L’Assemblea dei 59 sindaci nomina, con modalità da determinarsi, i 15 rappresentanti della società civile esistente nell’area di pertinenza dell’Associazione dei comuni italiani. Tra i 15 sono presenti rappresentanti delle organizzazioni indicate al punto 4 del paragrafo 2.1. Appare opportuno assicurare la presenza anche di organizzazioni per ciascuna delle cinque mesoaree.

4) Soci fondatori dell’Associazione dei comuni italiani sono i 59 comuni dell’area confinaria italiana, che si riuniscono in Assemblea, eleggono il Presidente e controllano che l’Associazione EUREGO realizzi gli obiettivi.

L’Associazione dei comuni frontalieri sloveni L’Associazione di comuni sloveni nomina o designa 45 rappresentanti presso l’Assemblea generale

dell’Associazione EUREGO, così ripartiti: 15 rappresentanti dei comuni; 15 rappresentanti della popolazione; 15 rappresentanti di organizzazioni della società civile.

1) I 15 rappresentanti dei comuni rispecchiano la distribuzione per le 5 meso-aree slovene, e in qualche modo le proporzioni tra di esse, seppure con aggiustamenti dovuti alla necessità di equilibrio tra le parti transfrontaliere. - Il Tolminotto è composto da 4 comuni (con 25.786 abitanti), che potrebbero eleggere un

rappresentante per ogni comune, cioè 4, per l’ Assemblea generale dell’Associazione EUREGO. - Il Collio è composto dal solo comune di Brda (con 5.765 abitanti), che potrebbe mandare 1

rappresentante all’Assemblea generale dell’Associazione EUREGO. - Il Nova-goriziano è composto da 3 comuni (con 46.650 abitanti), che potrebbero nominare 4

rappresentani per l’Assemblea generale dell’Associazione EUREGO. - Il Carso è composto da 3 comuni (con 26.795 abitanti), che potrebbero nominare 4 rappresentanti

per l’Assemblea generale dell’Associazione EUREGO. - L’area Idrija-Cerkno è composta da 2 comuni (con 17.102 abitanti), che potrebbero indicare un

rappresentante per ogni comune, cioè 2, per l’Assemblea generale dell’Associazione EUREGO.

2) Il Presidente dell’Associazione dei comuni sloveni, previa approvazione dell’Assemblea, attiva il processo di elezione di 15 rappresentanti dell’Associazione dei comuni per l’Assemblea generale di EUREGO, se sono prossime delle elezioni comunali (se estese a tutti i comuni), provinciali, regionali, politiche o referendarie. In caso contrario e in attesa di tali elezioni, si attiva una procedura di individuazione di rappresentanti di forze politiche presenti nei consigli comunali associati.

3) L’Assemblea dei 13 sindaci nomina 15 rappresentanti della società civile esistente nell’area di pertinenza dell’Associazione dei comuni italiani. Tra i 15 vi sono rappresentanti delle organizzazioni indicate al punto 4 del paragrafo 2.1. Qualche organizzazione di ognuna delle cinque mesoaree è opportuno che sia presente.

4) Soci fondatori dell’Associazione dei comuni sloveni sono i 13 comuni dell’area confinaria slovena, che si riuniscono in Assemblea, eleggono il Presidente, e controllano che l’Associazione EUREGO realizzi gli obiettivi attributi ad essa.

L’Associazione EUREGO L’Associazione EUREGO è un’Associazione di diritto privato costituita in conformità all’ordinamento

dello Stato dove è stabilita la sua sede legale. La sede di EUREGO potrebbe essere stabilita in ciascuno dei due Stati cui appartengono le autonomie territoriali (Italia o Slovenia).

Va tenuto conto, a tal proposito, che la sede legale (ovvero, la sede indicata nello statuto) individua la legge applicabile alla costituzione dell’associazione. Per esempio, ove la sede legale fosse sita in Italia, le modalità di costituzione dell’associazione sarebbero regolate dal codice civile italiano.

Ad ogni modo, nell’ipotesi in cui la sede legale fosse locata in uno stato, la vita dell’associazione (per es., la responsabilità per le obbligazioni contratte dalla stessa) potrebbe risultare disciplinata dal diritto

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dell’altro stato qualora la sede operativa o l’oggetto principale dell’attività dell’ente siano localizzati nel territorio dello stato stesso (v. in tal senso art. 25 della l. 218/1995 sulla riforma del diritto internazionale privato, applicabile alle società e agli altri enti pubblici e privati).

I soci firmatari dell’atto costitutivo dell’Associazione EUREGO sono i seguenti:

- Associazione dei comuni frontalieri italiani (v. n. 2.2.), - Associazione dei comuni frontalieri sloveni (v. n. 2.3.), - Provincia di Gorizia, - Provincia di Udine, - Regione Friuli Venezia Giulia - Stato sloveno, o, quando esisteranno, la Provincia slovena e/o la Regione slovena inclusiva dei 13

comuni sloveni considerati. Ognuno dei soci invia propri rappresentanti nell’Assemblea generale; questi esprimono le posizioni

degli enti rappresentati, in modo tale da assicurare la presenza dei bisogni e degli obiettivi delle singole mesoaree e del territorio nel suo insieme, e da stimolare una sempre più intensa e qualificata cooperazione transfrontaliera.

L’Associazione EUREGO svolge funzioni di studio, di promozione e di sensibilizzazione e di indirizzo, promuove accordi ed azioni conseguenti di cooperazione interregionale transfrontaliera, anche al fine di sollecitare il coordinamento delle attività intraprese dagli enti associati. Può elaborare progetti di comune interesse per gli enti associati. Gli enti associati conformano unilateralmente le proprie condotte a siffatti progetti. L’Associazione EUREGO agisce nel pieno rispetto delle competenze e delle responsabilità degli enti pubblici territoriali che vi partecipano.

La forza dell’Associazione EUREGO sta quindi nella volontà politica di attuare azioni comuni per la cooperazione. Tutto ciò viene seguito fino a che non sarà ilm Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo all’istituzione di un “Gruppo Europeo di Cooperazione Transfrontaliera” (GECT) (14.7.2004).

Le caratteristiche salienti dell’Associazione EUREGO sono le seguenti:

1) Gli organi sono l’Assemblea Generale, il Presidente e il Vicepresidente, la Giunta, i Gruppi di lavoro, il Segretariato, il Direttore del Segretariato. I caratteri, gli obiettivi e le funzioni di tali organi sono descritti nel prosieguo.

2) Gli obiettivi si distinguono in generali e specifici (v. tabella che segue). 3) I settori in cui l’Associazione EUREGO interviene sono definiti con riguardo alle competenze dei

Comuni che ad essa partecipano, nel rispetto delle competenze degli altri enti territoriali coinvolti. A titolo esemplificativo, tali settori di intervento potranno riguardare: i progetti e le azioni previste dai Programmi della Comunità europea; i trasporti e le infrastrutture locali; le iniziative turistiche; la promozione delle attività economiche e del mercato del lavoro transfrontaliero, dell’ambiente e delle risorse agricole; il coordinamento di servizi sociali; ed altri che potranno diventare rilevanti; la tutela e la valorizzazione urbanistica; le manifestazioni culturali di rilevanza locale, ecc. Le attività relative ai settori indicati sono affidate ai Gruppi di lavoro.

4) La sede dell’Associazione è quella della sede legale. E’ opportuno eleggere a sede operativa la parte nazionale del Presidente dell’Assemblea Generale, assicurando così una rotazione della sede e di conseguenza un coinvolgimento costante delle due parti nazionali. La stessa rotazione potrà avere la sede operativa della giunta e dei Gruppi di lavoro e del Segretariato.

5) Le lingue di lavoro sono l’italiano e lo sloveno. Fino a quando non vi sarà una conoscenza di ambedue le lingue da parte italiana e slovena sarà necessario prevedere nei finanziamenti anche l’opera di traduzione e interpretariato. A più lunga scadenza, quando saranno conosciute le lingue italiana e slovena indistintamente, tale funzione di traduzione e interpretariato sarà fortemente ridotto nella sequenza dell’uso della lingua materna propria e della lingua franca dell’altro.

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Obiettivi generali Favorire e implementare la cooperazione transfrontaliera, utilizzando lo strumento istituzionale

chiamato “EUREGO”. Obiettivi specifici 1) individuare i bisogni delle popolazioni transfrontaliere che possono essere soddisfatti dalla

cooperazione (indicazione quali) 2) trasformare i bisogni in obiettivi dell’istituzione EUREGO (indicare quali) 3) individuare la sequenza temporale di realizzazione degli obiettivi nell’ambito di EUREGO: prima

la cooperazione economica e concreta e poi culturale e sociale 4) definire in progetti e in azioni specifiche gli obiettivi specifici. Le nicchie di definizione sono i

Gruppi di lavoro 5) realizzare i progetti e le azioni, tradurre in schema come progetti e azioni, le strategie 6) tradurre in concreto i progetti: con strategie: - formazione - attivazione - trasformazione 7) indurre gli altri a operare, e a riservare a sé un ruolo di assistenza, stimolo, informazioni 8) amministrare le azioni concrete 9) monitorarne la realizzazione Gli obiettivi specifici sono svolti da: Assemblea 1, 2, 9 Giunta 3, 4, 9 GL 5, 6, 7, 9 Segretariato 7, 8

6) Il finanziamento dell’Associazione deriva da fondi dei 72 comuni di EUREGO, delle Amministrazioni

provinciali di Gorizia e di Udine, della Regione Friuli Venezia Giulia, dello Stato sloveno; ma anche da altri enti pubblici e privati, nazionali e internazionali, e da Programmi europei attivati nelle azioni dell’Associazione. I fondi gestiti dall’Associazione sono destinati alle azioni ed ai progetti di comune interesse; alla promozione di iniziative sul territorio della parte nazionale che ha assicurato il finanziamento ovvero sul territorio della controparte.

I fondi provenienti dall’Unione Europea seguono la destinazione prevista nei progetti e programmi cui afferiscono.

7) La durata della cooperazione attuata dall’Associazione EUREGO dipende dalla capacità di quest’ultima di realizzare efficacemente gli obiettivi della cooperazione transfrontaliera. Se in pochi anni si è in grado di costruire degli automatismi di una cooperazione spontanea tra le collettività e gli enti locali associati (ivi compresi gli operatori economici interessati), vi può essere la possibilità di deliberare l’estinzione dell’Associazione per raggiungimento dei fini statutari. Ciò può essere significativo in quanto l’Associazione, prima ancora di realizzare direttamente attività, ha la funzione di mobilitare risorse umane, culturali, finanziarie, economiche, formative affinché diventi spontanea la cooperazione tra le collettività territoriali dei due Stati coinvolti.

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Sembra opportuno proporre quindi un termine di durata quinquennale dell’Associazione, tacitamente rinnovabile per periodi ulteriori.

8) Il personale dell’Associazione EUREGO è di tre tipi: I. personale di supporto alle funzioni organizzative ed amministrative, come è il caso

dell’organizzazione di riunioni dell’Assemblea Generale, della Giunta, delle riunioni dei Gruppi di lavoro. Tale personale può essere alle dipendenze dell’ente locale al quale appartiene il presidente o il vicepresidente dell’Assemblea, della Giunta o del Gruppo di lavoro;

II. personale stabile del Segretariato e dei Gruppo di lavoro “Affari Generali” e degli altri Gruppi di lavoro se essi necessitano di punti di riferimento stabili e specifici;

III. personale rappresentato da esperti che svolgono consulenze, soprattutto per i Gruppi di lavoro. I costi richiesti dai tre tipi di personale sono molto vari. Sono estremamente modesti per il personale

di supporto; hanno un carattere una tantum per gli esperti e sono connessi alle attività richieste e svolte; i costi invece per il personale stabile è prevedibile e deve essere affrontato con l’intendimento di assicurare un risultato efficace dall’attività di tale personale, ma anche efficiente affinché non produca uno strumento amministrativo troppo complesso e burocratizzato.

1.3. La struttura organizzativa di EUREGO La struttura organizzativa dell’Associazione EUREGO è sintetizzata nello schema che segue.

Assemblea Generale Struttura

L’Assemblea Generale è composta di 94 membri: - 45 indicati dall’Associazione dei Comuni italiani, - 45 indicati dall’Associazione dei Comuni sloveni, - 1 presidente o suo delegato della Provincia di Gorizia - 1 presidente o suo delegato della Provincia di Udine - 1 presidente o suo delegato della Regione Friuli Venezia Giulia - 1 rappresentante dello Stato sloveno

I 45 membri designati da ciascuna Associazione di comuni (italiani e sloveni) sono così suddivisi: 15 sindaci dei comuni coinvolti, agenti senza vincolo di mandato; 15 rappresentanti della popolazione, 15 rappresentanti delle organizzazioni della società civile.

Il Presidente dell’Assemblea e il vicepresidente appartengono a gruppi nazionali differenti, e si avvicendano a rotazione alla presidenza.

Presidente e vicepresidente durano in carica due anni, al termine dei quali si ha una nuova elezione alle due cariche.

Presidente e vicepresidente sono sindaci o loro delegati di ognuna delle due parti. La Sede operativa dell’Assemblea è nel comune o nello Stato di appartenenza del Presidente.

Obiettivi e funzioni

Le funzioni dell’Assemblea generale sono molto generali e di coordinamento. Ciò significa che l’Assemblea delibera sull’individuazione degli obiettivi e sulle modalità della loro attuazione, coordina e valuta i progressi della loro realizzazione.

Tali obiettivi generali si possono sintetizzare nei seguenti: 1) definizione culturale ed economica dei contenuti generali della conoscenza reciproca fra le due aree

frontaliere, e coordinamento delle definizioni euroregionali che vengono date ai contenuti della conoscenza reciproca. Tale conoscenza reciproca d’altra parte deve essere orientata a far nascere una percezione di indispensabilità della cooperazione;

2) individuazione dei bisogni generali che vengono soddisfatti dalla cooperazione transfrontaliera, della loro priorità generale e della loro ottimizzazione, anch’essa generale.

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Struttura organizzativa di Eurego 184

Nel caso di EUREGO questi bisogni generali si possono sintetizzare nei seguenti: - conoscenza delle potenzialità reciproche, - indicazione degli obiettivi economici per trasformare in rendita di posizione la concertazione

transfrontaliera, attraverso, ad es., elaborazione di studi e progetti sulla dislocazione degli insediamenti industriali o commerciali, sull’istituzione di centri di studio e ricerca, sull’individuazione di iniziative appropriate in materia di turismo, di promozione culturale ecc.;

- coordinamento con gli eventuali livelli superiori Euroregionali a EUREGO (come l’Euroregione delle macro-infrastrutture e l’Euroregione delle reti funzionali), allo scopo di assicurare una continuità informatica e una congruità di interventi tra questo livello euroregionale della contiguità e i livelli delle reti funzionali e delle macro-infrastrutture;

- azione di sensibilizzazione e di informazione del pubblico sugli sviluppi e sui vantaggi della cooperazione transfrontaliera, azioni di sollecitazione nei confronti dei Governi dei rispettivi Paesi e dell’Unione europea.

L’Assemblea trasforma i bisogni in obiettivi generali e poi in obiettivi specifici. In particolare, 1) da una parte elabora le vie per la soddisfazione di bisogni e per la trasformazione di

questi bisogni in obiettivi generali; e 2) dall’altra parte impartisce direttive all’organo esecutivo (la Giunta), affinché raccolga e orienti le risorse per realizzare tecnicamente gli obiettivi elaborati e ne controlli i risultati. Naturalmente tali bisogni specifici e la loro traduzione in obiettivi devono essere connessi a un bisogno e a un obiettivo più generale della cooperazione transfrontaliera.

In realtà il ruolo della Assemblea è perciò quello: 1) di trasformare gli obiettivi generali in obiettivi specifici; 2) di affidarne la realizzazione a un operatore concreto (la Giunta) attribuendo ad esso un mandato e le risorse necessarie per realizzarlo; 3) di controllare che tale operatore svolga un’azione efficace nell’assolvimento del suo mandato; 4) di revocare il mandato o sostituire l’operatore ove questi non realizzi in modo appropriato l’incarico affidatogli; 5) di estendere il dominio dell’operatore concreto per l’assunzione di nuovi obiettivi specifici; 6) o di ridurre il dominio degli obiettivi, quando questi sono già realizzati o diventano irrealizzabili nei tempi preventivati.

Le sei funzioni principali richiamate già dimostrano che il ruolo dell’Assemblea è molto attivo, e cioè entro ad esso avvengono delle mutazioni operazionali tra la ideazione generale della gente e dell’Assemblea e l’operatore concreto (Giunta). In realtà la prima funzione (trasformazione degli obiettivi generali in obiettivi specifici) risulta a sua volta estremamente complessa. (cfr. Transborder cooperation in the Balkan-Danube areas). Infatti l’Assemblea non definisce solo concretamente gli obiettivi, ma ne deve ordinare il mix in una gerarchia, deve tendere a soddisfare i singoli bisogni più che massimizzarli, e deve ottimizzare il mix.

Diamo, di seguito, articolazione concreta a tali compiti dell’Assemblea, per i quali essa deve: 1) elaborare un piano di soddisfazione di questi bisogni/obiettivi, il quale deve nascere dalla

combinazione di tali soddisfazioni, piuttosto che dalla massimizzazione della soddisfazione di un singolo bisogno. In altri termini, sia per le scarse risorse disponibili, sia perché ognuno di questi bisogni/obiettivi richiede tempi di realizzazione differenti, e sia infine perché la realizzazione di un bisogno/obiettivo può essere reale se anche altri dei bisogni/obiettivi cominciano ad essere realizzati, non è possibile massimizzare solo un bisogno/obiettivo poiché ciò richiederebbe la rinuncia agli altri bisogni/obiettivi, ma al contrario è necessario soddisfare al massimo un bisogno/obiettivo fino a che ciò non comincia a danneggiare la parziale o iniziale soddisfazione degli altri bisogni. Ci troviamo quindi di fronte alla necessità di soddisfare i bisogni/obiettivi sulla base di un piano di soddisfazione, che implica una certa gerarchia temporale e di risorse da attribuire ad ognuno di tali bisogni/obiettivi;

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Struttura organizzativa di Eurego 186

2) rendere ottimale il mix di bisogni(valori)/obiettivi sopra individuato. Ciò può essere svolto lungo

due strade, che possono essere di volta in volta complementari o alternative. La prima strada è quella di controllare che le scarse risorse vengano utilizzate nel modo più efficiente nel realizzare nel modo più possibile soddisfacente i valori del piano (mix) pre-determinato o da parte della Giunta e delle organizzazioni che esso attiva. La seconda strada è quella di soddisfare al più alto livello alcuni particolari valori fino al punto di non danneggiare la realizzazione degli altri valori. Ciò può significare che l’Assemblea può arrivare ad aggregare i valori/obiettivi secondo una nuova modalità oppure può spingere anche a manipolare i compiti e i contenuti delle relazioni tra Assemblea e Giunta/organizzazioni della società civile. Quest’ultimo aspetto, connesso alle relazioni, potrà essere ottenuto, ad esempio, curando che vi sia un interscambio molto intenso delle informazioni sulle decisioni, le attività e i cambiamenti nelle decisioni della Giunta/organizzazioni della società civile di EUREGO. Incentivare lo scambio di bilanci, di variazioni in esso, di dati e di obiettivi sono gli elementi empirici di questo orientamento a fissare e a modificare il mix di valori/obiettivi e a far dialogare le azioni e le interazioni degli operatori concreti;

3) essere conscia che il compito dell’Assemblea termina con le due funzioni sopra dette, poiché l’Assemblea stessa non entra nell’aspetto organizzativo. Essa si aspetta che venga realizzato il valore/obiettivo;

4) controllare che ciò venga realizzato dalla Giunta e dalle organizzazioni connessevi; altrimenti la Assemblea agirà diminuendo il budget attribuito alla Giunta e riallocandolo nei valori/obiettivi del mix, chiudendo alcuni settori della Giunta, favorendo la nascita di nuovi settori di questo e dando ad essi nuove legittimazioni.

Giunta

Nelle esperienze delle c.d. Euroregioni europee l’organo esecutivo è variamente denominato (giunta, presidenza, consiglio di presidenza ecc.). Sotto il profilo sostanziale tale organo – la Giunta – deve assicurare le seguenti funzioni: 1) svolgimento efficace delle funzioni amministrative ed esecutive, ossia 2) capacità di realizzare, sul piano organizzativo, i mandati (il mix di valori/obiettivi) che gli sono

assegnati dall’Assemblea generale di EUREGO – come sopra descritto –, illustrando periodicamente i progressi delle attività all’Assemblea generale, la quale può confermare o, secondo i casi, revocare il mandato; e

3) capacità di utilizzare efficacemente le risorse e gli strumenti a sua disposizione; delegando all’occorrenza, sotto il proprio controllo, determinate attività a soggetti terzi qualificati per la loro esecuzione; nella valutazione delle modalità di intervento, la Giunta agisce conformemente al principio di sussidiarietà, realizzando direttamente solo le azioni che non possono essere svolte più efficacemente da altri soggetti od organizzazioni prossime alla collettività. Tre sono i vantaggi che in tal modo si ottengono: 1) non si vengono ad avere degli apparati

amministrativi troppo complessi, dispendiosi e lenti nell’azione; 2) le nuove o rinnovate organizzazioni che svolgono le molteplici azioni sono direttamente coinvolte nella realizzazione di decisioni comuni e quindi di rilevanza sociale; 3) la base associativa dell’area di EUREGO (popolazione e società civili, in primo luogo) può essere direttamente coinvolta, accedendo così, anche per questa via, ad una “conoscenza reciproca” attiva e produttiva.

Molte delle Euroregioni già esistenti in Europa hanno articolato tale funzione esecutiva attraverso una Presidenza e Ufficio di presidenza, e dei Gruppi di lavoro (configurati sul modello dei ministeri nazionali o degli assessorati regionali).

Nel caso di EUREGO la scelta della formula organizzativa più adeguata sarà operata, in base alle negoziazioni politiche tra gli enti promotori (regione, province e comuni transfrontalieri italiani, comuni sloveni ecc.), al momento della definizione dell’atto costitutivo.

In questa fase la Giunta può essere strutturata nei seguenti componenti: - Presidente e vice-presidente, di nazionalità diversa

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- Segretariato stabile che funge da operatore diretto dell’azione pianificatoria del Presidente, e al tempo stesso di supporto ai Gruppi di lavoro

- Assessori, ognuno dei quali presiede un Gruppo di lavoro. Ogni Assessore ha un Vice Assessore di cittadinanza diversa dalla propria;

- Gruppi di lavoro. Ne esistono tanti quanti sono gli Assessori. Il loro numero è variabile, per EUREGO ne sono indicati, all’inizio, sette. Ogni Gruppo di lavoro è composto di 4-6 componenti, che comprendono membri dell’Assemblea ed esperti. I Gruppi di lavoro corrispondono, per numero, agli obiettivi in cui l’EUREGO articola la

progettazione transfrontaliera. La distribuzione e le funzioni di tali Gruppi di lavoro possono evolvere nel tempo, in funzione delle esigenze della cooperazione stessa, quali espresse dalle collettività territoriali.

La Giunta potrebbe dotarsi, a titolo esemplificativo e senza pregiudizio delle competenze degli enti rappresentati nell’Associazione, dei Gruppi di lavoro seguenti: 1) Affari generali e affari finanziari (programmi UE), 2) Trasporti e infrastrutture locali, 3) Progettazioni, iniziative e manifestazioni turistiche locali; 4) Promozione di attività economiche e del mercato del lavoro transfrontaliero; 5) Coordinamento di servizi sociali; 6) (all’occorrenza) Agricoltura, profili di tutela del territorio (Collio/Carso); 7) Attività di promozione culturale finalizzate ad approfondire la conoscenza reciproca.

Ognuno di questi Gruppi progetta, stimola e controlla gli altrettanti primi cinque obiettivi prima richiamati; mentre l’obiettivo sei (combinazione di hinterland) e l’obiettivo sette (conoscenza reciproca) sono strettamente interconnessi alle azioni dei cinque Gruppi, che ognuno di essi cerca di realizzare, orientando le azioni verso il loro raggiungimento.

I sette Gruppi sono al tempo stesso organismi semplici e complessi. Sono semplici perché indirizzano la propria azione a un settore specifico e in secondo luogo perché non agiscono direttamente ma creando organizzazioni specifiche o più spesso attivandone di nuove o trasformando quelle esistenti (come esaminato in prosieguo). Ma tali Gruppi di lavoro sono anche complessi, poiché ognuno di essi è anzitutto un “pensatoio” che idea e progetta strategie, di cui poi cerca i modi di realizzare operativamente. Per questa ragione il Gruppo sarà presieduto dall’Assessore o dal suo vice e sarà composto: 1) da un rappresentante dell’Assemblea generale che vi porta le esigenze equilibratrici dell’intera Euroregione transfrontaliera, 2) da rappresentanti delle categorie organizzate e non organizzate che sono attivate o verranno attivate per realizzare gli obiettivi del Gruppo di lavoro, 3) e da un segretario/od operatore che stimola il Gruppo e agisce all’interno di esso, 4) da esperti e consulenti.

Il funzionamento del Gruppo di lavoro risulta complesso per le funzioni, ma semplice nella operatività, poiché esso non opera direttamente ma fa fare azioni, assegnando compiti, indicando linee direttive, incoraggiando la costituzione di organizzazioni, controllandone le azioni, attribuendo loro fondi ecc.

1.4. Finanziamento

La seguente tabella propone un possibile piano di finanziamento annuale per la costituzione di

EUREGO tenendo conto sia dei capitoli di spesa principali, ovvero personale, consulenze, strutture ed attrezzature, funzionamento e missioni, sia delle principali entrate, ovvero i contributi in kind da parte degli enti partecipanti, delle quote associative e dei fondi europei.

Il costo del personale è stato calcolato moltiplicando l’importo di € 35.000,00 a persona per i cinque dipendenti che agiscono all’interno del Segretariato. Di questi, 2 si occuperanno delle mansioni prettamente relative alle azioni del Segretariato mentre gli altri tre dovranno fornire il supporto logistico ed operativo necessario relativi agli altri Gruppi di Lavoro. Questi costi verranno coperti tramite il distaccamento di alcune persone dagli enti partecipanti.

Il costo complessivo delle consulenze è stato ottenuto calcolando circa 400 giornate/uomo complessive di consulenza con un costo medio di € 300,00 al giorno. Il numero di consulenze e quindi l’importo complessivo varieranno in base ai progetti attivati e sarà, così, proporzionale all’importo totale dei fondi europei reperiti.

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Il costo per le strutture ed attrezzature verrà coperto tramite la messa a disposizione di esse da parte degli enti partecipanti.

Il costo per le missioni ed altri eventuali costi verranno coperti tramite le entrate provenienti dai fondi europei e dalle quote associative che, di anno in anno, dovranno essere calcolate in modo da coprire le previsioni di spesa.

Uscite Entrate - Personale € 175.000,00 - Consulenti € 120.000,00 - Strutture € 160.000,00 - Attrezzature € 10.000,00 - Finanziamento € 80.000,00 - Missioni € 15.000,00 - Varie € 5.000,00 - Distacco personale da enti pubblici e privati € 175.000,00 - Messa a disposizione di strutture ed attrezzature da enti pubblici e privati € 170.000,00

- Quote associative e programmi europei € 220.000,00 _______________________________________________________________________________ Totale € 565.000,00 € 565.000,00 2. Funzioni e tipi di gruppi di lavoro 2.1. Funzionamento

Sul funzionamento del Gruppo di lavoro possiamo evidenziare alcuni punti centrali.

1) Il Gruppo di lavoro ha come obiettivo quello di realizzare il valore sociale/obiettivo condiviso dalla popolazione, dalle istituzioni dell’area transconfinaria e dall’Assemblea. I sette Gruppi per Eurego si occupano quindi dei corrispondenti temi transconfinari. Tutti questi Gruppi insieme, come detto sopra, realizzano il valore sociale più diffuso di creazione di hinterlands della Euroregione orientati all’esterno e il valore sociale più diffuso della integrazione interna delle tre aree transfrontaliere (italiana e slovena) attraverso l’enfasi sulla reciproca conoscenza;

2) operativamente il Gruppo di lavoro dispone di - risorse finanziarie, derivanti dall’Unione Europea (Interreg, e altre), dai due stati, dalle regioni, dai

comuni, dalla società civile locale, dalle risorse attribuite all’Euroregione in quanto tale; - poteri di attribuire legittimazione e di attribuire dominio funzionale e spaziale a singoli attori

organizzati con sede legale in loco o anche con sede legale altrove ma operanti in loco; - capacità di elaborare strategie da offrire a, e in base alle quali agire su, o più spesso stimolare, gli

attori della società civile e delle istituzioni (aziende, banche, assicurazioni, università, camere di commercio, comuni, ecc.);

- capacità di elaborare sistemi di informazioni e di comunicare a tali attori, perché questi abbiano la possibilità di avere visibile il contesto in cui operano e le conseguenze che producono le proprie azioni. Tra queste informazioni e comunicazioni di esse stanno anche le indicazioni dei vantaggi che possono derivare dalle networks (reti) tra gli attori organizzati (nodi), operanti nello spazio transfrontaliero di Eurego. L’uso di queste risorse si esplica: nell’incoraggiare (da parte del Gruppo di lavoro) la formazione di aziende per la dotazione di infrastrutture di tale spazio e la trasformazione di quelle già esistenti per assolvere al rinnovo di quelle vecchie o alla dotazione di infrastrutture nuove; nell’incoraggiare (attraverso informazioni, assistenza per l’accesso ai fondi europei nazionali e regionali messi a disposizione, elaborazione di strategie aziendali) la nascita o l’attivazione di aziende turistiche familiari/alberghiere/ristorative/per il tempo libero, ecc.; nell’ incoraggiare l’associazionismo di queste aziende o la nascita di aziende che si occupino di servizi

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Daniele Del Bianco, Alberto Gasparini 189

produttivi. Tali strategie e tali aziende d’altra parte hanno un riferimento a clientele sia euroregionali e delle regioni italiana e slovena che nazionali (dei due stati) e internazionali (a partire dal resto d’Europa).

Società civile

Organizzazioni, associazioni, individui delle mesoaree

Tema Tema Tema Tema Tema 1 2 3 4 5

Gruppo di Gruppo di Gruppo di Gruppo di Gruppo di Lavoro 1 Lavoro 2 Lavoro 3 Lavoro 4 Lavoro 5 Formazione di nuove entità operative, attivazione di alcune già esistenti, e trasformazione di altre già

esistenti ma che devono adeguarsi a condizioni nuove o a strategie altrettanto nuove rappresentano il condensato dell’operatività di ogni Gruppo di lavoro. 3) Un altro ruolo del Gruppo di lavoro consiste nel seguire le direzioni che prendono le reti/ networks tra

organizzazioni produttive, associazioni volontarie e istituzioni, e semmai intervenirvi con l’elaborazione delle strategie e delle informazioni dette e con la loro comunicazione. Ciò è tanto più vero quanto più è evidente che l’azione del singolo Gruppo è riferita a un insieme di organizzazioni, associazioni, istituzioni (che possiamo anche chiamare nodi della rete) con interessi convergenti. Ciò capita per le azioni di ogni Gruppo; e significa che il riferimento del singolo Gruppo è molto spesso un singolo insieme di nodi relazionati in un’unica rete/network. Se la rete/network è un insieme di nodi e di relazioni tra questi, è chiaro che queste relazioni si basano sugli scambi di danaro, di servizi, di informazioni, di lavoro, di energia. Tutto ciò fa sì che tali scambi siano ordinabili, lungo un continuum compreso tra l’assenza totale di scambi, la competizione in cui lo scambio è rappresentato dal controllo di ciò che fa l’altro, lo scambio formale di informazioni, e infine la collaborazione in cui questa può assumere gli aspetti della complementarietà, della cooptazione, della joint venture, della fusione, e così via. Nel caso del Gruppo di lavoro del turismo la rete/network prevalente sarà dominata da (e cioè avrà al suo centro) nodi connessi alla produzione dell’offerta turistica, e la cooperazione sarà a livello di complementarietà (ristoranti-albergo-struttura agonistica- azione di tempo libero – opportunità culturali), mentre la competizione potrà essere più a livello orizzontale tra i ristoranti, tra gli alberghi, tra le strutture agonistiche, tra le opportunità culturali offerte, ecc. La funzione del Gruppo di lavoro consisterà soprattutto nell’accumulare informazioni, nel distribuirle, nell’attenuare la competizione, orientandola semmai verso obiettivi differenti da quelli del conflitto su uno stesso terreno/funzione di competitori operanti nello medesimo contesto. In tale funzione di distribuzione di informazioni rilevanti per una rete che svolga funzioni positive, il Gruppo dovrà affrontare problemi obiettivi, derivanti dalle due lingue parlate e dalla mancata esperienza a lavorare insieme da parte dei due gruppi; ma anche affrontare problemi culturali derivanti dal sistema di stereotipi inter-nazionali ancora operanti e vincolanti le azioni di italiani e di sloveni verso gli altri.

4) Parlare di reti tra i nodi operanti nell’Euroregione significa individuare una gerarchia di nodi all’interno della rete stessa: è chiaro che ve ne saranno alcuni più centrali alla rete, altri periferici, e altri ancora addirittura isolati se non esterni alla rete. Dalla ricerca sulle organizzazioni consolidata appare che sono più centrali: i nodi/organizzazioni che ricavano la maggior parte dei fondi dalla

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comunità, i nodi/organizzazioni che riversano il maggior ammontare di fondi nella comunità, i nodi/organizzazioni che utilizzano la tecnologia più appropriata per svolgere la funzione economica. Tale centralità di Eurego tuttavia è ulteriormente resa più complessa dall’aspetto già ricordato: e cioè l’appartenenza nazionale e il livello di stereotipia nell’azione dei singoli nodi può influenzare la formazione di centralità, poiché anche in questo caso può verificarsi che si operi la tendenza al crearsi di due sottoreti con altrettanti sistemi di gerarchie e di centralità. Il Gruppo di lavoro anche da questo punto di vista può svolgere una funzione di attenuazione delle possibilità centrifughe, che si manifestano tra le organizzazioni operanti all’interno delle due aree nazionali.

5) Infine il funzionamento del Gruppo di lavoro è osservabile anche nei meccanismi aggregativi che tra i nodi/organizzazioni della rete/network possono venire elaborati. Tali relazioni tra nodi possono produrre dei risultati differenti a seconda delle convergenze del consenso, a seconda della fiducia esistente tra i nodi, a seconda degli obiettivi comuni da realizzare. Ai due estremi dei tipi di relazioni (contesti interorganizzativi), da una parte sta il “contesto unitario” in cui esiste un’unica organizzazione in Eurego che svolge la funzione (ad esempio, un unico aeroporto) e quindi è questa azienda che agisce in stato di monopolio e gestisce da sola un obiettivo comune a tutta Eurego; e dalla parte opposta sta il contesto “scelta sociale”, in cui esistono molte aziende e tutte fanno la stessa cosa: in questo caso tutte fanno da sole (senza rete) e l’obiettivo comune deriva proprio dal fare da sé tutto quanto. Le situazioni che interessano maggiormente, e sulle quali anche il Gruppo di lavoro può svolgere qualche funzione, sono rappresentate da quelle in cui vi sono molti nodi/organizzazioni che decidono di collaborare. Ciò possono fare attraverso forme passeggere e lobbistiche rappresentate dalle coalizioni, volte soprattutto ad ottenere dall’esterno, dalla regione, dallo stato, dall’Europa, delle condizioni favorevoli: in questo caso i nodi mantengono i loro potere. Ma possono fare ciò anche attraverso forme più istituzionalizzate e connesse a una specifica funzione, ponendo in essere delle federazioni, e cioè degli uffici o delle entità che hanno una certa autonomia (divisione del lavoro) nello specifico compito: ciò può avvenire per specifiche funzioni da terziario avanzato o per estendere l’hinterland di Eurego interessando una clientela straniera. Anche in questi contesti interorganizzativi, per quanto riguarda sia le coalizioni che le federazioni, possono inserirsi elementi nazionali o culturali distorcenti le stesse coalizioni e federazioni verso forme molto più frammentate se non addirittura bloccandone la formazione. In generale, ma soprattutto in queste ultime condizioni che distorcono dall’obiettivo cooperativo di Eurego, il Gruppo di lavoro può funzionare per favorire le forme positive e costruttive dei contesti interorganizzativi fin qui richiamati, e quindi facendosi esso stesso promotore di coalizioni o di federazioni a seconda delle necessità, o anche attenuando gli effetti negativi della eccessiva frammentazione della competizione.

6) In definitiva il funzionamento del Gruppo di lavoro si sviluppa lungo linee molto articolate, e comprese tra l’intervento diretto nella progettazione di strategie, raccolta di dati e loro comunicazione; e il ruolo del controllore-monitore-attivatore di processi che evitino che le reti, e in esse le gerarchie e le relazioni tra nodi/organizzazioni, subiscano delle distorsioni troppo negative, che impediscono la realizzazione dei valori sociali condivisi di Eurego. In questo contesto il Gruppo di lavoro si comporta come una sorta di “Convitato occulto”, ma seguendo un ruolo positivo, volto, almeno, a esplorare fino a che punto, consensualmente, Eurego porta a quei risultati positivi che fin dall’origine e nella sua impostazione “genetica” si è prefissate.

7) Controllo delle attività.

2.2. Gruppi di Lavoro

Gruppo di lavoro 1: Affari generali e finanziari

Mentre le funzioni degli altri Gruppi di Lavoro sono riconducibili alle diverse realtà tanto territoriali quanto sociali, economiche e culturali già radicate all’interno di Eurego, il Gruppo di Lavoro Affari Generali e Finanziari copre una gamma molto più ampia di problematiche legate anche ai temi propri agli

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altri Gruppi di Lavoro ma non sempre immediatamente riconducibili ad essi. La particolarità, inoltre, di questo Gruppo di Lavoro sta nella elasticità con cui riesce non soltanto ad affrontare i temi presenti nell’immediato ma anche ad esplorare quelli che assumeranno interesse nel medio o lungo periodo allorché le funzioni degli altri gruppi di lavoro riusciranno ad ottenere quei processi di sviluppo ed integrazione di loro competenza. Inoltre, all’interno delle funzioni del Gruppo di Lavoro in questione rientrano quegli obiettivi pratici che, di volta in volta, verranno posti in essere dai percorsi intrapresi dagli altri gruppi di lavoro. Da ultimo, una funzione di particolare importanza per questo gruppo di lavoro sarà quella di monitorare, predisporre e progettare quelle azioni necessarie al fine di partecipare (e vincere) ai vari bandi dei progetti che a livello europeo (ma non solo) mirano a promuovere la cooperazione transfrontaliera e che formeranno la spina dorsale del framework finanziario di Eurego.

Da ciò nasce la necessità del continuo rapporto con gli Altri Gruppi di Lavoro per le azioni di supporto da intraprendere tanto nel breve quanto nel medio e lungo periodo soprattutto per quanto riguarda gli affari finanziari. Le funzioni che si devono intraprendere partono dal rilevamento costante delle potenzialità espresse o progettate per le altre aree al fine creare una piattaforma elastica alla quale accedere laddove si vogliano creare reti tra istituzioni o soggetti economici per il raggiungimento di fini specifici. Ad esempio, al fine di realizzare il modello di integrazione economica che viene proposto tra le funzioni del Gruppo di Lavoro competente, è necessaria la messa in rete non solamente delle aziende ed imprese che possono essere potenzialmente interessate e dei lavoratori che dall’una e dall’altra parte del confine sono in cerca di occupazione ma anche degli enti/agenzie/istituzioni preposti alla formazione. Un tale processo risulta indispensabile anche laddove questo Gruppo di Lavoro si propone quale “project manager” di Eurego nei vari bandi di gara attivati a livello europeo, progetti in cui non solo la quantità e qualità ma anche l’integrazione, coordinamento ed elasticità dei partner coinvolti sono variabili di assoluta importanza. Infine, non è improbabile auspicare che questo Gruppo di Lavoro cerchi un rapporto costante con le stesse strutture europee magari aprendo un suo ufficio a Bruxelles o a Strasburgo al fine di intraprendere azioni di lobbying politica.

Gruppo di lavoro 2: Trasporti e infrastrutture

Le infrastrutture ferroviarie, portuali, stradali e aeroportuali, soprattutto se considerate nel loro insieme ed appoggiate ai nuovi sistemi infrastrutturale emergenti, ovvero le reti telematiche, rappresentano il cuore delle forze che promuovono e producono non solo i flussi di beni e servizi ma anche quelli finanziari e di innovazione tecnologica, di informazioni, e di collegamenti socio-culturali. In questa prospettiva, che è quella promossa dalle politica comunitarie inerenti, il sistema Eurego può giocare un ruolo fondamentale quale porta e snodo per questi flussi fra Europa Occidentale ed Orientale.

La dotazione infrastrutturale è indispensabile per uno sviluppo nel medio periodo e una buona dotazione diventa un fattore competitivo di primaria importanza per la crescita nonché un fattore localizzativo da valorizzare qualora la realtà socio-economica di Eurego voglia porsi in relazione con i sistemi regionali, nazionali ed internazionali. Inoltre, la messa in rete delle infrastrutture presenti e l’eventuale creazione di ulteriori per completarne l’assetto, sembra indispensabile laddove si voglia raggiungere gli obiettivi di integrazione territoriale e socio-economica che Eurego si pone.

Se la possibilità di connessione tra le varie offerte turistiche esistenti, o in fase progettuale, presenti sul territorio è chiaramente un punto cardine per permettere la costruzione di quei “pacchetti turistici” chiave per lo sviluppo del settore turistico, le considerazioni sulla dotazione infrastrutturale relative al settore dei trasporti sono più ampie in quanto non riguardano solamente progetti con un impatto diretto sul potenziamento di essa ma anche sulle potenzialità indirette per il modello di integrazione e messa in rete delle aziende in un contesto transfrontaliero.

Le infrastrutture di Eurego, pur (consistentemente) presenti, (le maggiori infrastrutture presenti sul territorio di Eurego sono l’autoporto di Gorizia-S.Andrea-Vrtojba, l’aeroporto di Ronchi dei Legionari, il porto di Monfalocone e lo scalo ferroviario di Cervignano) non mostrano ancora un livello elevato di efficienza né consentono rapidi collegamenti lungo le grandi direttrici dei traffici economici; accedere non tanto alla rete stradale e autostradale quanto a quella ferroviaria e alle strutture portuali e aeroportuali non risulta sempre agevole. Infatti, quantomeno per la parte italiana, risulta che, favorendo il trasporto su

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gomma, le piccole e medie imprese ritengono la dotazione di ferrovie e aeroporti scarsamente utilizzabile, soprattutto a causa dell’insufficiente conoscenza delle loro potenzialità.

Gruppo di lavoro 3: Turismo stabile ed itinerante Il settore del turismo

Tanto le caratteristiche storico-geografiche quanto quelle infrastrutturali caratterizzanti il territorio di Eurego maturano, oggi, in un’elevata potenzialità di attrazione turistica sia a livello locale(/nazionale) che internazionale. Infatti, sono svariate le offerte turistiche: culturali, ricreativo-sportive, storiche, che, seppur con modalità e livelli di strutturazione diversi, sono ormai presenti e singolarmente attive in quasi tutte le realtà insediative di Eurego.

Eppure, la capacità di attrazione turistica e, quindi, quegli importanti stimoli socio-economici e di coesione territoriale che ne possono derivare, sembrano non trovare ancora un’espressione di massima potenzialità. I due principali fattori che limitano un tale sviluppo sono tra loro concatenati essendo il primo legato al limitato networking tra le varie offerte turistiche locali ed il secondo il problema che nessuna di esse può giustificare di per sé la permanenza di turisti per periodi più lunghi rispetto al tempo necessario alla visita. Ad esempio, la visita al Castello di Gorizia che di per sé non richiede un pernottamento può, se associata ad un percorso di turismo storico-culturale che collegi anche Castagnevizza e Nova Gorica, Redipuglia e Aquileia, sviluppare ripercussioni positive sull’offerta alberghiera e ristorativa dell’area. Da turismo stabile a turismo itinerante

Essendo, tuttavia, anche il turismo l’espressione di una funzione socio-economica è importante che l’offerta turistica di Eurego sappia generare, o indurre, una domanda di turisti appropriata. Infatti, questa pluralità di turismi e questa loro interrelazione non significa ancora che l’offerta turistica dell’Europrovincia si trasformi da statica ad itinerante, e produca sinergie che si fondano su reciproche attrazioni e attraggono turisti disponibili a valorizzare e ad utilizzare in sequenza rapida ed interconnessa queste offerte molto varie. In altri termini, è necessario creare una domanda di turismo pluralistico in potenziali clienti che possono venire da tanti tipi di esterno (locale, ma soprattutto nazionale, europeo e intercontinentale).

I tre principali fattori che possono indurre l’ulteriore specializzazione e, quindi, rafforzamento del settore turistico di Eurego sono: l’interconnessione viaria (e la valorizzazione dell’Aeroporto del Friuli Venezia Giulia quale punto di arrivo del turismo internazionale) per l’accesso ai siti turistici; il network gestionale dei servizi che producano, allettino e mantengano tali interconnessioni tra siti turistici; il marketing efficace di questi siti in termini di opportunità forti e originali.

Più in particolare, per quanto riguarda la condizione viaria, la dotazione e il collegamento viario sono già buoni, ma vanno maggiormente sviluppati ed interconnessi da una parte e dall’altra del confine. Comunque sia, a livello di infrastrutture per l’apertura del turismo dell’Euroregione ad una domanda internazionale ed intercontinentale, l’Aeroporto del Friuli Venezia Giulia gioca un ruolo di massima importanza visto che non solo può per un verso connettere con gli ampi spazi europei e intercontinentali per quanto riguarda l’accesso dei turisti ma anche espandere il bacino delle offerte turistiche agli spazi più ampi dell’Europrovincia per arrivare al territorio regionale ma soprattutto quello mitteleuropeo (ad esempio nella connessione delle company towns, nei luoghi significativi e affascinanti della Mitteleuropa maggiore (le grandi città) o minori (i luoghi piccoli e medi espansi fino a Transilvania, Ungheria, Galizia, Cechia, Austria).

Per quanto riguarda l’organizzazione locale e le azioni di marketing a livello nazionale ed internazionale, il discorso è estremamente delicato ed implica un’organizzazione efficiente ed efficace, attenta soprattutto ai punti di connessione tra i tipi di turismo (agenzie specializzate, navette di connessione, info-point, creazione di un tour operator di Eurego che propongano veri e propri pacchetti turistici sui mercati esteri) e presente nei luoghi dei turisti per creare una loyalty duratura con gli utenti.

È importante essere consci che è l’impostazione di ciascuna area rimane spesso molto diversa rispetto ad altre con cui pur condivide un certo tipo di vocazione turistica. Eppure, gli sviluppi possibili sono sempre orientati a continuare anche in futuro progetti mirati alla sostenibilità delle azioni intraprese in

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modo da dare una svolta positiva, ad esempio, alla situazione occupazionale e produttiva di aree che, negli ultimi decenni, sono state fortemente provata da esperienze rivelatesi errate quali, come nel caso del Monfalconese o di una parte del territorio del Goriziano sloveno, l’insediamento di industrie pesanti o, nel caso di gran parte del Goriziano e del Cervignanese, di una specializzazione nel campo del terziario avanzato, o ancora nel caso del Cividalese e del Tolminotto, lo spopolamento delle aree rurali-montane. Una riqualificazione in senso turistico sarebbe verosimilmente in grado di dare un valido impulso all’occupazione e soprattutto al risanamento, almeno parziale, di aree che da troppo tempo sono in stato di completo abbandono, se non addirittura adibite a “pattumiere”, ma il problema principale sarebbe di non cadere, come già in passato, nell’errore di dare il via a progetti di opere con un’influenza, in termini di costruzione di edifici o strutture, troppo pesante sul territorio, favorendo così non il risanamento delle aree, ma il loro ulteriore degrado.

“Pacchetti” o percorsi turistici

Nel Goriziano, tanto per la parte italiana che per quella slovena, vi è una sovrapposizione di turismo di luoghi della prima guerra mondiale, che si estende per tutta la Slovenia occidentale e il Carso circostante, con altri turismi: connessi a Mitteleuropa, ville gentilizie, castelli veneziani, minoranze culturali-etniche (Gorizia-Nova Gorica, Gradisca), connessi all’agriturismo del Collio.

Nel Cividalese ed anche nel Tolminotto si trova un turismo legato alle attività rurali e alla tradizione, e, come anche nel Collio-Brda, alla dimensione eno-gastronomica e dell’agriturismo.

Nel Monfalconese ed in parte anche nel Cervignanese, sono presenti i precedenti tipi di turismo ma anche le company town, il turismo religioso-patriarcale, i resti di mosaici di San Canzian e di Monfalcone, le marine e le terme. Inoltre, Grado, all’interno del Monfalconese, esplica, come vedremo inseguito varie tipologie di turismo legate tanto al turismo marino quanto a quello storico-culturale e artistico generato dai mosaici e dall’eco urbanistica ed architettonica di Venezia.

Il problema che si pone, se si vuole trovare nel turismo una funzione importante del sistema Eurego, è di razionalizzare la tendenza quasi spontanea del singolo turista di collegamento tra diverse attrazioni storiche, culturali e di altro genere, attraverso “pacchetti” e “sotto-pacchetti” turistici da offrire alle agenzie turistiche delle città italiane, slovene e del mondo. In tale modo non solo le singole realtà che costituiscono Eurego ma tutto il sistema possono diventare una sorta di luogo d’arte, ricreativo, culturale con una capacità di attrazione molto maggiore dalle alte potenzialità economiche.

Tali “pacchetti” possono riguardare vari percorsi, tra i quali: 1. religioso-patriarcale: Aquileia, Grado, San Canzian d’Isonzo, Cividale con i loro musei ma anche il

Santuario Monte Santo, Scala Santa (Miren), Barbana,; 2. architettura militare: Gorizia, Gradisca, Monfalcone, ospedale di guerra di Cerkno 3. prima guerra mondiale: Redipuglia, Ara Pacis, San Michele, Sabotino, Podgora, Kobarid, trincee del

Carso con i vari musei presenti in queste aree; 4. i Borboni a Gorizia e la nobiltà di provincia: ville e palazzi di Gorizia e dell’Isontino, e

Castagnevizza, Villa Vicentina e Capriva; 5. il multiculturalismo: sinagoga e cimitero ebraico a Gorizia e a Nova Gorica, il confine, la garden

city; 6. le company towns e gli ideali dell’”uomo industriale”: Nova Gorica, Torviscosa, Panzano e i musei

relativi; 7. la Mitteleuropa: Gorizia, Valli dell’Isonzo; 8. la natura umida: Monfalcone, Staranzano, Grado, Aquileia; 9. il turismo sportivo legato all’acqua: Grado, Timavo, Valli dell’Isonzo; 10. il turismo legato allo sport estremo aereo: Gorizia, Nova Gorica e le Valli dell’Isonzo; 11. l’agriturismo ed il cicloturismo: Monfalcone, Grado, Collio, Carso, Nova Gorica, Valli dell’Isonzo; 12. il turismo di ritiro: Staranzano, la laguna Gradese, le Valli dell’Isonzo (in particolar modo il

Tolminotto)

Gruppo di lavoro 4: Economia e mercato del lavoro transfrontaliero

Il settore dell’Economia e del mercato del lavoro transfrontaliero

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Per quanto riguarda i vari settori economici, il territorio di Eurego presenta una realtà che, nel complesso, sembra essere abbastanza omogenea e speculare da entrambe le parti del confine, sia in termini di vocazione economica territoriale che di indicatori macroeconomici. Infatti, ad esempio, come riportato nei grafici seguenti, se il numero di unità produttive è maggiore nel complesso dei comuni italiani, anche a causa proprio di questa apparente sproporzionalità, il valore aggiunto di queste unità produttive sembra essere equivalente e, ancora, omogeneamente distribuito.

Fig. 3 – Le unità produttive sul territorio di Eurego (%)

Costruzioni12%

Commercio 24%Turismo

8%

Trasporti 6%

Intermed. Finanziaria

1%

Immobliare16%

Istruzione1%

Sanità 3%

Servizi pubblici e sociali11%

Agricoltura3%

Manifatturiero14%

Estrazione 0%

Pesca1%

Energia elettrica, gas e acqua

0%

Fonte: nostra elaborazione su censimenti nazionali

Se negli ultimi decenni il settore primario è rimasto pressoché costante, anche attraverso una diversificazione delle colture spesso avvenuta utilizzando, soprattutto da parte delle aziende italiane, le indicazioni e gli incentivi economici comunitari, il secondario ha registrato una flessione, soprattutto nel settore siderurgico e cantieristico. Piccole e medie imprese stanno emergendo, con indici di natalità imprenditoriale più rilevanti sul territorio sloveno, a dimostrazione delle capacità innovative e della dinamicità della struttura produttiva dell’Europrovincia.

Il terziario ha saputo trarre vantaggio dalla collocazione geografica specializzandosi nel settore dei traffici e in quello turistico; le nuove tecnologie hanno aperto nuovi campi di intervento mentre il commercio, che ha rivestito, per la parte italiana, una funzione primaria almeno fino al 1991, quando la Jugoslavia ha cessato di esistere, entrando poi in una fase di recessione, torna ad assumere un ruolo importante, grazie anche alle nuove economie e la maggiore quantità di scambi, sia da parte italiana che slovena con la vicina Austria, più vicina di quanto lo siano almeno per quanto riguarda la realtà italiana, ai grandi centri industriali e commerciali dell’Italia settentrionale.

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Daniele Del Bianco, Alberto Gasparini 195

Fig. 4 – Le unità produttive di Eurego tra Italia e Slovenia

0

1000

2000

3000

4000

5000

6000

7000

Agrico

ltura

Pesca

Estrazi

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Energi

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Istruz

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Servizi

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lici e

socia

l

SloveniaItalia

Fonte: nostra elaborazione su censimenti nazionali

Il livello di occupazione 2 e della sua qualificazione, più che l’accrescimento della ricchezza,

l’apertura verso l’estero, la disponibilità nei confronti delle innovazioni tecnologiche, l’imprenditorialità, permette di individuare il grado di sviluppo dell’economia locale ma la diffusione territoriale delle imprese e la possibilità di essere veramente competitive non può prescindere da un’adeguata rete di infrastrutture. Strade, ferrovie, porti, aeroporti ma anche le reti di distribuzione delle materie prime fondamentali e soprattutto gli impianti di telecomunicazione e il complesso sistema dei servizi alle imprese sono essenziali per accrescere la loro produttività e la competitività.

Uno tra i fenomeni più rilevanti per il sistema Eurego, sebbene non nella medesima proporzione delle economie del Nord Est, dovuto anche ai trend demografici negativi, è costituito dalla carenza di manodopera che spinge il sistema economico, soprattutto per la realtà italiana, a ricorrere a mercati del lavoro extracomunitari dove l’immigrazione temporanea o permanente risolve i problemi dell’ormai cronica mancanza di figure professionali non più reperibili in loco. Per quanto riguarda la realtà italiana di Eurego, relativamente al mercato del lavoro, sembra che all’aumento della domanda di lavoro le caratteristiche stesse del mercato segnalino una graduale diminuzione dell’offerta di lavoro dovuta all’invecchiamento della popolazione. Ciò implica che proprio questo mercato abbia bisogno di migrazioni di lavoratori. Le opportunità che, quindi, derivano dalla dimensione transfrontaliera del mercato del lavoro di Eurego sono varie. Infatti, oltre alle spinte benefiche della concorrenza, di cui già si notano gli effetti soprattutto nel campo dei servizi, il mercato del lavoro transfrontaliero rappresenta per l’Europrovincia l’opportunità di attuare importanti politiche che favoriscano l’incontro tra le forze del

2. La forza lavoro presente sul territorio di Eurego è di circa 240 mila unità con un tasso di disoccup-azione complessivo stimato a meno del 6 percento (di cui il 63,5 percento fa riferimento alla disoccu-pazione femminile).

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mercato di domanda e l’offerta. Se questo avviene quasi autonomamente per quanto riguarda i cosiddetti lavoratori unskilled, sembra ancora mancare un vero coordinamento per i lavoratori più qualificati. Modelli di sviluppo ed integrazione economica

Se questa collocazione può aprire a previsioni ottimistiche, tuttavia non deve far dimenticare che solo scelte orientate da una visione moderna dell’economia le possono far diventare reali. Gli scenari possibili, inseriti in un processo di maggiore internazionalizzazione e integrazione dell’economia, sono principalmente riconducibili in primo luogo alla creazione di un’area economica transnazionale che convergendo su obiettivi congiunti dovrà conquistare un proprio spazio competitivo nel contesto sia comunitario sia mondiale e, in secondo luogo, il rinnovamento del sistema economico locale partendo in primis dal capitale umano presente e dalle infrastrutture esistenti. Lo sviluppo di Eurego deve quindi seguire un approccio integrato, in primo luogo, al suo interno, valorizzando le economie di scale esistenti e proponendone di ulteriori, e in secondo luogo, con le dinamiche regionali europee e trasversale ai settori economici con politiche di contesto più efficaci (infrastrutture, servizi reali, ecc.). Agricoltura e pesca

Il settore agricolo ha subito notevoli variazioni dagli inizi degli anni 90 ad oggi. C’è stata una notevole riduzione delle aziende agricole e soprattutto della superficie agricola utilizzata. In particolare sono i prati ed i pascoli ad aver avuto la peggio.

Inoltre si è verificata una profonda ristrutturazione del mondo agricolo con la progressiva fuoriuscita delle aziende marginali ed il consolidamento di quelle orientate al mercato. Questo processo di ristrutturazione ha interessato anche la produzione vitivinicola, che per incontrare la domanda del mercato nazionale ed internazionale si indirizza sempre più verso vini di qualità, specialmente i vini bianchi, che sono poi posti sul mercato a prezzi più alti che in passato.

Accanto alle coltivazioni tradizionali si è sviluppata negli ultimi anni, soprattutto nell’area del Monfalconese, anche la coltivazione in serre, che oltre a fornire primizie, produce piantine da orto, proiettando il così settore verso una nicchia sempre più redditizia di un crescente ed esigente mercato.

L’integrazione territoriale e lo scambio di informazioni e know-how resi possibili dalla costituzione di Eurego devono, in questo come negli altri settori, puntare verso l’efficace ed efficiente messa in rete delle risorse esistenti ma ancora non collegate fra loro ricercando nuove specificità e nicchie di mercato non ancora occupate. Proprio in quest’ottica si devono attivare delle forti collaborazioni tra aree poste da entrambe parti del confine al fine di proporre un marchio comune per il marketing del prodotto finale. Ecco quindi che l’area del Collio-Brda deve continuare i progetti e le collaborazioni già attivate al fine di instaurare consorzi comuni per la produzione vitivinicola. Inoltre, sempre queste aree devono puntare verso la valorizzazione del settore agricolo attraverso un legame diretto con il turismo e, nella fattispecie, l’agriturismo. Infatti, già attualmente l’agricoltura, e insieme ad essa anche l’allevamento di piccoli animali e di suini, è stata anche incentivati dal sorgere di aziende agrituristiche. Proprio nel settore dell’agriturismo deve essere ricercata un’ulteriore specificità dello sviluppo economico, ma anche sociale, di tutto il territorio del sistema Eurego. Inoltre, parte della superficie coltivabile potrebbe essere destinata alla agricoltura biologica, che non solo costituisce un mercato caratterizzato da una domanda sempre più elevata sia in Italia che all’estero (specialmente in Gran Bretagna) ma potrebbe anche diversificare in modo vincente l’offerta di pacchetti agrituristici soprattutto nella accezione della ristorazione. Le varie colture di nicchia, magari nel campo dell’agricoltura biologica, del Monfalconese e del Cervignanese e del Collio-Brda possono unirsi in una rete di offerta agrituristica che promuove nel contemporaneamente il prodotto agricolo, il marchio e la loyalty del consumatore finale.

Per quanto riguarda la pesca, l’analisi riguarda quasi esclusivamente il Gradese, dove la pesca, appunto, è la risorsa storica economica. Da sempre la cultura, come la vita quotidiana dell’isola sono state modellate sulle attività ittiche e marinare. Ancora oggi Grado può contare non solo su una flotta di pescherecci (tanto pittoresca quanto) attiva, ma anche su quelle infrastrutture legate alla pesca come il mercato ittico all’ingrosso e numerosi cantieri atti alla manutenzione ed all’allestimento delle barche e di tutte le attrezzature necessarie alla pesca ed alle altre attività marinare.

Un nuovo impulso a questo settore è legato alla vallicoltura, cioè quella pratica antica di allevamento del pesce in valli marine, che, su basi più moderne, è una risorsa per l'avvenire, a patto che

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Daniele Del Bianco, Alberto Gasparini 197

si conservi in primo luogo l'ambiente in cui si intende di esercitare questa attività. La “valle di pesca” è, infatti, un tratto di laguna delimitato da un argine interrotto da chiuse e saracinesche che consentono il ricambio dell’acqua; in prossimità della chiusa principale uno sbarramento consente la cattura del pesce. Devono essere preservati gli argini delle valli che uniscono molti isolotti su alcuni dei quali sorgono “casoni” isolati, spesso circondati da alberi anche di grandi dimensioni (pini di diverse specie, olmi, querce, etc.). È importante ricordare, comunque, che questa attività economica, legata a un moderno ma soprattutto sostenibile sfruttamento della risorsa-laguna si affianca alla tradizionale pesca locale che è indispensabile nel fornire pescato di ottima qualità per i molti ristoranti e alberghi dell’isola.

Secondario e PMI

Nel corso dell’ultimo triennio il movimento anagrafico imprenditoriale ha fatto registrare un saldo positivo confermando una netta prevalenza di ditte individuali rispetto alle società. I settori più dinamici sono quelli dell’economia tradizionale come le costruzioni o i servizi alla persona e una caratteristica è la forte dinamica demografica delle nuove imprese dovuta, soprattutto nella parte italiana, non tanto per un reale rinnovamento del tessuto produttivo, ma per un fenomeno di turn-over, determinato da un’imprenditorialità per lo più carente che, se evita il fallimento, si accontenta di sopravvivere con bassi margini di profitto. Le imprese che invece riescono a entrare in una dimensione stabile, non legata più a età, dimensione e fatturato sono quelle che rispondono positivamente alle innovazioni, all’esperienza manageriale, che evidenziano attitudini al calcolo economico ma soprattutto sono sorrette da un alto profilo motivazionale dell’imprenditore.

Rispetto alle limitate dimensioni, il territorio di Eurego presenta una più che discreta connotazione industriale ed una tradizione consolidata in alcuni settori quali quello edile, tessile e navalmeccanico. Nel territorio sono presenti industrie di notevole rilevanza nazionale ed internazionale, ma non sub sistemi di produzione correlata. Ciò è dovuto sia al fatto che la struttura industriale non è capace di creare innovazione trasferibile sia alla mancanza di un sistema produttivo a rete, in grado di sviluppare tecnologia in modo autonomo.

Ecco quindi che il modello economico di Eurego, per quanto riguarda il settore secondario, deve puntare verso uno scenario costituito da alcune grandi aziende come quelle del Monfalconese o del Goriziano sloveno e da molte aziende piccole o artigianali, le quali nel Goriziano italiano e sloveno, nel Monfalconese e nel Cervignanese, siano inserite in settori che richiedono investimenti limitati e siano orientate a produrre non soltanto beni di consumo, ma anche utensili, macchine e software per produrre altro lavoro. Tale modello solitamente rivolto a modalità di produzione più tradizionali è compatibile anche con settori che utilizzano le nuove tecnologie e le reti produttive e commerciali che essi implicano al fine di sfruttare alcune caratteristiche della scena economica e sociale nascente. In questo modo, interagendo anche con il settore del terziario e del terziario avanzato (servizi, information technology e formazione), si andrebbe delineando un modello industriale dove le grandi imprese sono collegate a varie medie, piccole e piccolissime aziende o imprese artigianali che sanno sfruttare questo legame per attivare sistemi produttivi e prodotti sempre ricercati sul mercato regionale ed internazionale. Infatti, pur mantenendo la loro indipendenza ed autonomia queste relativamente piccole realtà produttive possono approfittare dalle informazioni ed analisi del mercato tipiche delle economie di scala della grande industria e formare consorzi o joint ventures seguendo quelle forze di domanda e offerta del mercato che, altrimenti, non sempre saprebbero cogliere. Ad esempio, il settore navalmeccanico del Monfalconese, dominato dalla grande industria potrebbe avvalersi di quelle realtà imprenditoriali esistenti che collegate ad essa e fra loro non solo riuscirebbero a soddisfarne meglio le richieste ma potrebbero guadagnarne formando dei consorzi temporanei per la piccola cantieristica navale di diporto sfruttando le realtà tanto del Monfalconese, per la parte prettamente aritigianale/navale, quanto del Goriziano sloveno per la strumentazione informatica ed elettronica.

Un tale modello, richiede però un’imprenditorialità diffusa, alta mobilità da lavoro dipendente a lavoro indipendente, creatività individuale, una “cultura forte” del lavoro che va anche a scapito del tempo libero, forte utilizzo di nuove tecnologie.

Se appoggiato e accompagnato da politiche accorte, questo modello, peraltro già in parte esistente, può sviluppare ulteriori vantaggi:

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Struttura organizzativa di Eurego 198

1. è basato su piccole aziende, la cui organizzazione produttiva è molto elastica, nel senso che possono far fronte facilmente a crisi di mercato, perché hanno pochi dipendenti oppure sfruttano le opportunità di un lavoro svolto a casa e in condizioni professionistiche;

2. è adattabile a differenti condizioni ambientali, siano essere di pianura o di collina se non addirittura di montagna;

3. lega la gente al posto, permettendo di svolgere pure altre attività come secondo o terzo lavoro (l’agricoltura part-time, ad esempio);

4. è compatibile con l’innovazione tecnologica e quindi con l’informatizzazione spinta dei processi produttivi, in quanto può incorporare processi molto complessi e al tempo stesso stimolarne altri connessi all’ideazione, progettazione e commercializzazione all’esterno, generando imprese per il terziario avanzato. Proprio nello sviluppo di un modello di questo tipo risiede la specificità e potenzialità del complicato

tessuto economico dell’Europrovincia. Infatti, una delle principali precondizioni per l’attuazione di un framework interconnesso di varie piccole e piccolissime aziende è la creazione di una forte rete di scambio informativo e collaborazione legati non solo alla catena di produzione ma anche agli steps della formazione ed informazione.

Terziario e commercio

Per quanto riguarda la localizzazione territoriale di Eurego, il sistema transfrontaliero del Goriziano sembra già delinearsi come centro delle attività legate al settore terziario con particolare riferimento ai servizi ma soprattutto al terziario avanzato

Terziario avanzato e servizi. La vicinanza con l’Est-Europeo al di là della Slovenia e la sempre maggiore necessità dell’azienda di utilizzare servizi che non è in grado di incorporare al proprio interno rendono indispensabile pensare al terziario avanzato, e a una localizzazione nel sistema di Gorizia-Nova Gorica. D’altra parte se riesce ad essere competitivo per qualità e per prezzo il terziario avanzato elaborato ed offerto in loco, è pensabile che l’hinterland di tale settore economico si allarghi molto, anzitutto, come visto per le aziende manifatturiero di Eurego, ma anche per quelle del Centro-Est europeo. Sempre in quest’ottica è auspicabile la valorizzazione e la messa in rete delle competenze acquisite, non sempre congiuntamente, nel settore dei servizi alla persona e per quei servizi di logistica legata ai trasporti. Per quanto riguarda questi ultimi, anche date le strutture esistenti degli autoporti di Gorizia e Nova Gorica, il Goriziano gode di una particolare conoscenza a livello regionale ed internazionale che, sebbene mutata in conseguenza all’abbattimento delle dogane, rimane centrale per la gestione dei traffici di merci che interessano ed interesseranno il territorio dell’Europrovincia.

Formazione aziendale e professionale. La localizzazione in Gorizia, ma anche in Nova Gorica, di agenzie di formazione aziendale e di offerta di banche dati e di documentazione sulle opportunità di investimenti anzitutto all’Est permette di puntare su tale variabile come elemento, che porta a Gorizia-Nova Gorica specificità e spinte verso la formazione di hinterland europei, o almeno fortemente orientati verso l’Est-Europa.

Commercio. Un carattere fondante dell’economia di Eurego, soprattutto vista la tradizione in questo senso del Goriziano tanto italiano quanto sloveno, è il commercio, attuato nei mercati ma soprattutto nei negozi cittadini. La novità in questo terziario tradizionale è il fiorire accanto ai negozi di supermercati e di ipermercati: essi ripropongono e riformulano la vita del settore, sia in termini di modalità di distribuzione delle merci, che in termini di localizzazione (in centro o in periferia) e di rapporto con l’automobile che in questo caso è il contenitore delle merci acquistate. Una politica del commercio deve evitare che per Gorizia-Nova Gorica passino acquirenti che vanno molto oltre il loro sistema. Questo può essere ottenuto attraverso azioni che sottolineino la centralità dell’area quale mercato di scambio per un territorio anche più ampio di quello della sola Europrovincia. Una delle molte vie possibili è quella di continuare in quei progetti fieristici transfrontaliere atti a valorizzare congiuntamente i prodotti interni. In questo modo non solo si riuscirà a dare al Goriziano un’importante ruolo quale luogo di scambi ma anche a promuovere la produzione dei settori primario e secondario del modello di Eurego. Naturalmente, ciò deve avvenire riuscendo a massimizzare le opportunità esistenti anche a livello di infrastrutture. L’aeroporto del Friuli Venezia Giulia, ad esempio, rappresenta un’ottima sede per incontri fieristici specializzati per il settore del terziario avanzato facilitando l’arrivo e la partenza di molti operatori

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regionali ed internazionali che possono intervenire a questi incontri anche solo in giornata sfruttando i collegamenti aerei.

Mercato del lavoro transfrontaliero

Il fenomeno del lavoro transfrontaliero è stato a lungo legato alla diffusione del lavoro sommerso dei lavoratori sloveni in Italia. Le principali cause del lavoro sommerso sloveno in Italia sono innanzi tutto le procedure di assunzione e di impiego del lavoratore troppo complicate e costose, spesso non convenienti per i datori di lavoro italiani. A queste, si aggiungeva, soprattutto nel passato, la convenienza economica per il lavoratore sloveno nel trovare impiego in Italia e l’eccesso di domanda di lavoro in alcuni settori produttivi in Italia. L’entrata della Slovenia nell’Unione Europea porta al graduale superamento di questi problemi sebbene non si possa parlare ancora di una completa armonizzazione dei sistemi giuridici competenti in materia e, soprattutto, dei sistemi previdenziali dei due stati.

Nell’ottica del modello di sviluppo economico integrato che prevede la stretta collaborazione di tutte le realtà produttive, di servizi di supporto alle imprese e di formazione, il mercato transfrontaliero diventa uno strumento per l’integrazione economica del territorio favorendo anche il mercato commerciale interno e la conoscenza reciproca delle genti di Eurego. Al fine di far maturare questo aspetto in un sistema trasparente è necessario attivare dei meccanismi interni per favorire lo scambio di informazioni tanto fra soggetti preposti alla formazione e operatori economici quanto fra quest’ultimi e la forza lavoro. Il modello delineato prevedendo la collaborazione transfrontaliera di varie aree con caratteristiche e finalità congiunte da un lato creerà una nuova fonte di occupazione e dall’altro solleciterà autonomamente lo scambio informativo tra domanda e offerta del lavoro. Questo ultimo aspetto, però, deve essere coadiuvato dalla messa in rete delle agenzie locali, provinciali e private che si occupano di occupazione al fine di creare un agenzia del lavoro di Eurego che, aldilà del livello di strutturazione interna, possa adoperarsi in politiche attive di match-making.

Conclusioni 1. Il settore dell’economia e del Mercato del Lavoro di Eurego possono trovare uno sviluppo

transfrontaliero integrato in un modello che agevoli la messa in rete dei vari attori presenti sul territorio. Le principali caratteristiche sono:

2. La collaborazione transfrontaliera delle aree a vocazione agricola verso consorzi più o meno strutturati per l’utilizzo più efficace ed efficiente delle risorse al fine di promuovere prodotti con una specificità rivolta a particolari nicchie di mercato raccolte sotto un marchio unico e visibile.

3. La collaborazione transfrontaliera delle aree a vocazione agricola e delle imprese di servizi e alcune aziende manifatturiere nel campo del turismo.

4. La messa in rete delle medie, piccole e piccolissime imprese o aziende artigianali attraverso consorzi o joint ventures temporanee o durature per re-agire alle forze del mercato in stretta collaborazione con la grande industria.

5. La creazione di un centro tecnologico nel Goriziano per la formazione, i servizi logistici e per i servizi alle imprese ed aziende.

6. La messa in rete delle agenzie esistenti ed operanti in materia di mercato del lavoro con gli operatori economici al fine di attuare politiche e strategie di match making tra domanda e offerta di lavoro.

Gruppo di lavoro 5: Affari sociali Il Gruppo di Lavoro preposto agli Affari Sociali dell’Europrovincia è pensato quale struttura molto

elastica che sia capace, in sinergia con il Gruppo di Lavoro agli Affari Generali, di rilevare le necessità e coordinare le politiche di Eurego in materia, principalmente, di ambiente, sanità, educazione, pianificazione urbanistica e edilizia ma anche di tutte le attività culturali e sportive in atto o da attuare nel contesto transfrontaliero. Al fine di progettare e proporre soluzioni in questi campi attuabili nell’area transfrontaliera è importante che questo gruppo di lavoro collabori strettamente con quelli relativi agli Affari Generali e alla Conoscenza Reciproca in quanto è necessario promuovere anzitutto l’armonizzazione (processo per altro già implicito all’entrata della Slovenia nell’Unione Europea) delle

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normative vigenti nei due stati e, in secondo luogo, riuscire ad attirare ed attivare nuove risorse finanziarie attraverso la partecipazione a progetti europei.

Per quanto riguarda le tematiche dell’ambiente, sanitario-ospedaliera e dell’educazione sono numerosi i progetti già avviati, soprattutto, a livello provinciale per quanto riguarda il territorio del Goriziano.

Ambiente

Riguardo all’ambiente, la cui stessa natura prescinde l’esistenza o meno di confini e aree di competenza, i progetti transfrontalieri realizzati costituiscono la base per le azioni che verranno istituite dal Gruppo di Lavoro. Infatti, sono già stati attivati vari studi, in particolare l’analisi dell’aria tramite i bio-indicatori, per rilevare lo stato dell’ambiente in chiave transfrontaliera. Raccogliendo i frutti di questi studi e promovendone di ulteriori, le tre aree principali su cui è opportuno concentrarsi nell’immediato sono le emissioni inquinanti nell’atmosfera, la depurazione delle acque, e lo smaltimento dei rifiuti. In questo senso è necessario predisporre per un monitoraggio transfrontaliero congiunto dei soggetti inquinanti, mettere in rete le strutture esistenti, progettare ed attuare strutture di depurazione e smaltimento rifiuti congiunti.

Sanità

Inoltre, vanno ricordati i documenti di indirizzo sulla collaborazione transfrontaliera in campo sanitario del protocollo di collaborazione che sostengono la cooperazione tra le strutture sanitarie ed, in particolare, tra i due ospedali di Gorizia e Šempeter ma anche di Monfalcone. In seno a questo documento vengono indicate alcune linee progettuali forti quali il Trauma Center (Ospedale di Šempeter), la Stroke Unit (Ospedale di Gorizia); Diagnostica Oncologica (Ospedale di Gorizia); Telemedicina (Ospedale di Monfalcone e Ospedale di Šempeter); ed anche la possibile creazione di un unico punto-nascita e di una scuola internazionale per infermieri. Al fine di rispondere all’esigenze di un bacino di utenza allargato e di cogliere le sinergie poste in essere dall’integrazione a livello delle conoscenze degli operatori sanitari, ulteriori linee per lo sviluppo in senso transfrontaliero della tematica sanitario-ospedaliera di Eurego possono essere riassunte come segue: 1. Centro di coordinamento degli Ospedali, delle Aziende Sanitarie per promuove protocolli sanitari

condivisi; 2. Formalizzazione del progetto (già esplorato) di una carta sanitaria transfrontaliera (o passaporto

sanitario) specialmente per i lavoratori transfrontalieri; 3. Creazione di database e archivi congiunti per condividere i dati sanitari individuali; 4. Formazione e aggiornamento congiunto degli operatori sanitari tramite la rete così stabilità; 5. Coinvolgimento delle Università regionali e di altri enti preposti alla formazione per favorire

l’innovazione e la messa in rete delle strutture sanitarie esistenti.

Educazione Per quanto riguarda la cooperazione nel settore dell’istruzione (non universitaria) le azioni da

intraprendere trovano radici nei numerosi progetti ed incontri transfrontalieri incentrati, soprattutto, ad elevare lo spirito di fratellanza e convivenza fra le realtà nazionali di entrambi i paesi, incluse le minoranze linguistiche. Le nuove politiche devono puntare maggiormente all’analisi dei contenuti di interesse comune, tenuto conto delle realtà e delle risorse presenti, nell’ottica della candidatura dei progetti comuni all’ottenimento di fondi europei. Il ruolo della scuola deve diventare quello della costruzione del ponte linguistico e culturale, partendo da un programma che si ponga come obiettivo la crescita della sensibilità verso la necessita ed il vantaggio della conoscenza di entrambe le lingue del territorio di Eurego. Al fine di realizzare ciò, sembra necessario che siano le singole unità didattiche (asili e scuole), insieme alle aree dei genitori e degli studenti a poter decidere sull’introduzione di meccanismi ed insegnamenti utile alla costruzione del necessario collegamento culturale. Similmente, va incoraggiata la cooperazione delle realtà universitarie presenti sul territorio dell’Europrovincia. Come già avviene per i corsi post-laurea organizzati dal Consorzio Interuniversitario “International University Institute for European Studies” che, con sede a Gorizia, coinvolge nell’organizzazione e nella didattica l’università Politechnic di Nova Gorica, è importante rafforzare la cooperazione universitaria e di formazione

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professionale tra le strutture a ciò preposte presenti sul territorio al fine di fruire sinergicamente del know how di ogni realtà per avere una visione comparata su i due universi professionali e le due economie.

Gruppo di lavoro 6: Collio e Carso

Il sistema Collio-Carso All’interno del sistema Eurego, le aree transfrontaliere del Collio e del Carso presentano molti punti in

comune: comunanze che diventano punti di forza di tale importanza da giustificare un Gruppo di Lavoro dedicato completamente a loro. Innanzi tutto sono entrambe aree la cui propensione geografica, linguistica e culturale alla dimensione transfrontaliera è maggiore rispetto alle altre realtà dell’Europrovincia. In secondo luogo, sono entrambe legate per storia, tradizione e vocazione economica al loro territorio. In terzo luogo, tanto l’area del Collio quanto quella del Carso sono caratterizzate da un relativo “isolamento” rispetto alle realtà insediative di riferimento: Gorizia, Nova Gorica ed il Monfalconese. Infine, i possibili modelli di sviluppo e scenari futuri per queste due aree sono anch’essi molto simili tra di loro.

Come ribadito nelle sezioni relative all’Economia e al Mercato Transfrontaliero e al Turismo statico ed itinerante (e anche agli Affari Generali e Finanziari), queste aree sono interessate da diverse funzioni economiche e turistiche come la creazione di consorzi vitivinicoli transfrontalieri (Collio) e i percorsi turistici legati alla grande guerra (Carso). Inoltre, sono già presenti molti progetti di collaborazione transfrontaliera sviluppati negli ultimi anni in queste aree come, ad esempio, il Parco Transfrontaliero del Carso e altri progetti di collaborazione tra i comuni del Carso monfalconese e Sloveno.

Modello di sviluppo

Date le caratteristiche geografiche e storico-culturali di questo sistema, i possibili modelli di sviluppo e scenari futuri per il sistema Collio-Carso devonono concentrarsi, in primo luogo, sul rafforzamento della conoscenza reciproca culturale, normativa e legata alla risorse degli abitanti di entrambe le parti del confine, in secondo luogo, su modelli economici che valorizzano le risorse (geografiche, culturali e produttive) economiche esistenti, in terzo luogo, su una rete di infrastrutture (viarie) tale da consolidarne l’integrazione sia commerciale che culturale e di comunicazione, in quarto luogo, sulla capacità di produrre una centralità sistemica relativamente ai flussi economici, turistici e culturali non solo di Eurego.

In quest’ottica sembra essere auspicabile una vocazione di entrambe le aree verso la combinazione di turismo e azienda agricola. Le condizioni obiettive per l’agriturismo nel territorio poiché non mancano i produttori e le famiglie disposte ad esplorare il settore (magari approfittando di programmi nazionali o europei atti a favorire le fasi di start-up di questo tipo di aziende). Inoltre, si può rilevare anche una crescente domanda turistica in questo senso proveniente in special modo da turisti austriaci o tedeschi ma anche inglesi. L’agriturismo è un modo diverso di vivere la terra, di apprezzare i suoi frutti e si entrare in contatto con la natura e con le opere che gli uomini hanno saputo costruire nei secoli. Per questo, molto spesso la clientela degli esercizi agrituristici non è costituita soltanto da coloro i quali ricercano esclusivamente del cibo genuino a prezzi accessibili, ma anche da chi è interessato a fattori ambientali, da chi unisce l’amore per la natura al desiderio delle scoperte artistiche e se i primi utilizzano l’agriturismo esclusivamente come ristorazione, i secondi preferiscono soggiorni di media durata, che consentano anche un’esplorazione del territorio circostante.

Ciò che difetta è la larga scala del fenomeno. E ciò è forse un problema di individuazione di forme allettanti per offrire l’agricoltura alla famiglia di ambiente urbano, ma è soprattutto una questione di cultura dell’agriturismo. Questo fattore trova una facile soluzione proprio nella dimensione transfrontaliera delle due aree rimandando alla capacità degli operatori situati da entrambe le parti del confine di mettersi in rete. A sua volta, questo processo accelererà, o rafforzerà, anche la conoscenza reciproca tra le varie aree interessate. Altra variabile del settore dell’agriturismo è rappresentata dalla valorizzazione dell’attuale geografica, ma anche infrastrutturale, organizzazione del territorio. Infatti, la specificità dell’agriturismo sta anche in un’organizzazione del territorio enfatizzante i collegamenti stradali tra nuclei abitati, osterie, ristoranti, chiese e chiesette, saliscendi delle strade; e, in secondo luogo,

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Struttura organizzativa di Eurego 202

del misto di raffinatezza (che pretende lo stile di vita attuale) dell’ospitalità e di specificità genuina (che auspica lo stile di vita attuale) dei prodotti alimentari della zona (vino, salumi, formaggi).

Proprio in quest’ottica sarebbe auspicabile la creazione di un’importante rete viaria (e anche di percorsi ciclabili) al fine di trovare una specializzazione turistica per cui vi è una crescente domanda tanto nella Mitteleuropea quanto nel Nord Europa. In sintesi, piste ciclabili e servizi per cicloturisti (non mancano gli esempi in Europa), accessibilità agli agriturismi anche dalle altre aree di Eurego, equitazione, assieme ad un’offerta gastronomica che punti sulla genuinità a prezzi contenuti, di un alloggio ugualmente non troppo dispendioso, possibilità di condividere le esperienze degli agricoltori (un’aia di una fattoria suscita spesso l’interesse che potrebbe dare uno zoo), contatto con ambienti integri come quelli offerti dalle zone protette ove sia possibile dedicarsi, all’esplorazione botanica del territorio, al birdwatching, al trekking e al trekking in bicicletta e a cavallo sono risorse sulle quali puntare. Infine, lo sviluppo di questo settore ed il suo rafforzamento sul piano dell’offerta turistica a livello internazionale deve saper cogliere anche i nuovi flussi di turisti provenienti dall’Est Europeo e, perché no, da luoghi ancora più lontani ma con una forte domanda per tipologie turistiche nuove, quali Giappone e Cina.

Un altro aspetto molto importante delle aree transfrontaliere del Carso e del Collio che è direttamente collegato con la vita quotidiana dei cittadini che vi risiedono è quello della permeabilità del confine. Con il primo maggio 2004 sono stati eliminati i controlli doganali mentre quelli alle persone sono ancora sottoposti agli obblighi del trattato di Schengen (cui la Slovenia adempierà nel prossimo futuro). Quindi, è necessario portare avanti quei progetti di estensione degli orari di apertura dei valichi di II categorie alle ore serali e notturne per consentire il transito continuo in queste aree transconfinarie. In particolar modo si pone questo problema per i valichi di Vencò – Neblo, Salcano I, San Peltro, Merna, Devetachi – Lokvica e San Floriano (per il quale la Provincia di Gorizia ha più volte avanzato proposte per il passaggio di categoria di tale confine a valico internazionale. Per realizzare queste proposte bisogna superare le caren-ze di organico delle forze di polizia sia attraverso l’istituzione ai valichi di II categoria di posti di polizia misti analogamente alla pattuglie miste che operano lungo il confine, sia attraverso la semplificazione dei controlli per il piccolo traffico di frontiera come previsto dalla Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen (paragrafo 3 dell’articolo 136).

Conclusioni

Un modello che miri ad uno sviluppo socio-economico sostenibile deve essere attento alla capacità di differenziazione della vocazione economica dell’area in modo tale da incontrare diversi tipi di domanda, di indurre vari tipi attrazioni socio-economici e di prevenire eventuali fluttuazioni eccessive del mercato. In quest’ottica dalle linee guida riportate per lo sviluppo del connubio azienda-turismo, è necessario estrapolare delle politiche che riescano ad attivare anche in altri settori quegli stessi obiettivi di conoscenza reciproca, integrazione economica, culturale ed infrastrutturale e dei servizi.

Gruppo di lavoro 7: Conoscenza reciproca

Il Gruppo di Lavoro per la Conoscenza reciproca è chiamato a svolgere funzioni specifiche che già

all’interno delle azioni portate avanti dagli altri Gruppi di Lavoro trovano in modo implicito una certa strutturazione. Infatti, tanto i percorsi turistici transfrontalieri, quanto la messa in rete delle agenzie ed enti che da entrambe le parti del confine si occupano di mercato del lavoro, quanto, ancora, la promozione di marchi comuni per possibili produzioni agricole transfrontaliere, promuovono la conoscenza reciproca tra gli attori operanti sul territorio sia sul piano culturale che su quello economico e normativo. Sebbene, quindi queste funzioni siano portate avanti contemporaneamente e spontaneamente nella realizzazione dei modelli e degli scenari proposti precedentemente, è tale l’importanza della conoscenza reciproca non solo tra operatori economici ed istituzioni ma anche e soprattutto tra cittadini da entrambe le parti del confine, che sembra opportuno che essa trovi nel Gruppo di Lavoro preposto a questo non tanto un’ulteriore forma di istituzionalizzazione quanto un fattore di aiuto, promozione e stimolo. Infatti, la conoscenza reciproca tra cittadini e la coscienza diffusa di questi di appartenere insieme ad “loro” un sistema transfrontaliero integrato è una condizione assai importante per l’effettiva realizzazione dell’Europrovincia. È importante sottolineare come sia proprio questa spinta dal basso che rende il sistema Eurego un modello di integrazione e sviluppo transfrontaliero vero, efficiente ed efficace. Il processo di conoscenza reciproca si

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sviluppa su diverse tipologie o temi che vanno dalla conoscenza del territorio transfrontaliero, alle sue risorse economiche, dalle iniziative istituzionali che in esso trovano esplicazione alle cooperazioni in termini socio-culturali. Se si può evincere da quanto detto per le funzioni dei Gruppi di Lavoro precedenti quali sono le azioni concrete da intraprendere per sviluppare la conoscenza tra cittadini ed istituzioni in materia economica, turistica, delle infrastrutture e dei servizi sociali, è importante sottolineare gli aspetti ulteriori quali: la conoscenza normativa, quella culturale e linguistica. Per quanto riguarda la prima sembra opportuno creare degli appositi sportelli o, in ogni modo, capacità di consulenza al fine di facilitare tutte quelle azioni di cooperazione transfrontaliera che in un modo o nell’altro necessitano l’informazione a riguardo delle potenzialità e dei limiti posti in essere dalle norme giuridiche italiane e slovene. Ad esempio, laddove si vogliano mettere in rete una serie di aziende agrituristiche che si sviluppano sul territorio transfrontaliero del Collio, sarà necessario conoscere le norme giuridiche vigenti in materia fiscale o del diritto privato nel caso in cui si vogliano costituire delle associazioni di tipo privatistico.

Per quanto riguarda invece, la dimensione socio-culturale sembra essere opportuno sviluppare alcuni percorsi integrati che avvicinino i cittadini italiani e sloveni alle storie e culture dell’altro (peraltro molto simili in molti casi) e contribuiscano a far nascere (laddove essa manchi) la coscienza dell’appartenenza comune al territorio. Ecco quindi l’importanza di promuovere azioni quali spettacoli e mostre itineranti, cartelloni teatrali che si sviluppano in collaborazione tra due o più teatri da una e dall’altra parte del confine, conferenze che interessando in particolar modo i cittadini di un’area come, ad esempio, quella del Carso sloveno, vengano tenute, continuando l’esempio a Doberdò del Lago. La conoscenza reciproca in campo culturale non può certo prescindere da quella linguistica. In questo senso, ed in particolar modo sul bilinguismo (anche nelle scuole) sono già stati portati avanti molti progetti che promuovono l’utilizzo dell’Italiano e dello Sloveno (ma anche del Friulano e del Tedesco) nelle relazioni tra istituzioni a livello locale. È opportuno però che in queste azioni vengano anche coinvolti i cittadini e se, per quanto auspicabili, politiche che rendano l’insegnamento (più) dello Sloveno in Italia e (che) dell’Italiano in Slovenia possono risultare di difficile implementazione, il Gruppo di Lavoro potrebbe cercare di continuare gli sforzi fatti in materia di collaborazioni medianiche transfrontaliere bilingui (programmi televisivi, radiofonici e carta stampata). Inoltre, in questo tipo di funzione potrebbe essere auspicabile il coinvolgimento delle minoranze linguistiche come fattore coadiuvante.

[A. Gasparini, D. Del Bianco, Eurego. Progetto di una Euroregione transfrontaliera, Provincia di Gorizia, Isig, Gorizia, 2005, pp. 75-110].

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IL MODELLO DI SVILUPPO INTERNAZIONALE PER IL FUTURO DELL’ECONOMIA DI GORIZIA-NOVA GORICA

Alberto Gasparini Abstract: L’articolo è centrato sulla costruzione di un modello di sviluppo internazionale per il futuro dell’economia di Gorizia e Nova Gorica. La struttura del modello è articolato nei settori del terziario avanzato, del commercio locale ed estero e la rete distributiva locale, della formazione aziendale e professionale, dei modi di collegamento e il ruolo della “soglia di Gorizia”, di Gorizia come “Forum internazionale per la pace”. Keywords: Gorizia, Nova Gorica, modello, sviluppo internazionale, economia

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1. Discontinuità vecchie e discontinuità nuove

Non è facile scrivere di economia per il futuro di una città che sente sfuggire la validità delle basi strutturali sulle quali ha fondato un modus vivendi dalla fine della seconda guerra mondiale fino alla disgregazione della seconda Jugoslavia e alla caduta delle barriere ideologiche. Infatti l’economia goriziana sinora ha goduto della risorsa “frontiera” come discontinuità che genera necessità di strutture e di servizi per superarla in termini commerciali, giuridici, di sistemi politici, di atteggiamenti culturali. Tale risorsa ha orientato e sostenuto il commercio e i commercianti italiani, ha enfatizzato la formazione di una categoria di imprese e di professioni legate al trasporto, ha sostenuto la presenza di corpi militari e paramilitari connessi ai controlli di frontiera, ha giustificato la presenza di decine di migliaia di soldati in quanto accasermata sulla “soglia di Gorizia”, attraverso la quale sarebbe passato il potenziale nemico creato dalla guerra fredda. A ciò si è aggiunto l’aiuto finanziario, i molteplici “pacchetti” molteplici, i “Fondi Gorizia”, che tutti quanti hanno aiutato l’imprenditoria locale, e la sua formazione, la quale era spesso motivata da queste “risorse aggiuntive” e a fondo perduto piuttosto che da vitalità e da creatività intrinseche.

A tale scomparsa di discontinuità confinaria e di entità statali, si aggiungono altri aspetti che pur’essi produrranno degli effetti sull’economia consolidatasi in cinquant’anni a Gorizia. Tali aspetti riguardano: 1) il possibile cambiamento strutturale della rete commerciale (da piccoli negozi a mercati variamente denominabili: super, iper, ecc.) di qua e di là del confine; 2) il formarsi di una classe imprenditoriale a Nova Gorica che parte da zero, e quindi non ha esperienza di mercato libero, ma per questo motivo non è nemmeno condizionata da “stili” negativi di condurre l’azienda; 3) il fatto che la Slovenia entrerà presto nell’Unione europea e dunque la “lingua” dell’economia sarà la stessa, di qua e di là del confine, con la conseguente scomparsa di “nicchie” privilegiate e dunque rendite di posizione per la vendita della carne e della benzina da una parte e i beni di consumo tecnologici e di qualità dall’altra; 4) il fatto che la Slovenia per un po’ di tempo non sarà nell’Unione europea, e quindi in questo periodo potrà godere del “non essere assoggettabile” ai vincoli che sono imposti agli stati membri dell’Unione, a cominciare da quelli sul vino.

In questa situazione si impongono alcune necessità, od opportunità che sono sempre più viste come necessità.

La prima deriva dal fatto che, se Gorizia perde la risorsa rappresentata dalla discontinuità della frontiera, in cui la risorsa sta soprattutto nel fatto che l’economia micro del locale gode della discontinuità

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macro del nazionale. Infatti, come s’è detto questa discontinuità perde di rilevanza, per la perdita di importanza della frontiera e quindi per il fatto che la città diventa un puro e semplice “ponte” in cui velocemente passano persone, cose, e mezzi di trasporti. La necessità che si impone in tale condizione diventa quella di cercare e di costruire delle nuove discontinuità o rafforzare alcune che siano compatibili con condizioni professionali, sociali, culturali esistenti. A questo punto è chiaro che bisogna costruire una discontinuità di genere differente di quello, ben visibile e tangibile, della frontiera. La nuova discontinuità dovrà essere rappresentata da una specializzazione, e da un elemento economico che sia prodotto o elaborato solo qui. Tale specializzazione poi dovrà essere protetta dalla propria evidenza, e quindi dal fatto che qui è risultato non solo dalla singola intelligenza dell’imprenditore o dello scopritore ma anche dall’intelligenza dell’ambiente, fatto di abilità professionali consolidate e di sistema di valorizzazioni sostenuto dalle istituzioni comunali, provinciali, regionali, consortili, camerali. Si tratta quindi di una specializzazione che costruisce intorno a sé una centralità: pensiamo alle differenti aree della sedia, del mobile, degli occhiali, della confezione, e così via. Si tratta di una centralità, che contiene e offre dei “prodotti” che solo qui possono essere trovati e che quindi è qui che bisogna venire per utilizzarli. Per questa via la centralità si trasforma in discontinuità nello spazio economico, in quanto è in questo punto centrale che esiste una frattura tra esso e il resto dello spazio. Con il modello che segue vorremmo individuare alcuni fattori che producono centralità.

La seconda necessità è che se si smantella la discontinuità nazionale a livello di frontiera, viene a meno la logica di dotarsi sia di qua che di là del confine di tutti i servizi, e quindi di creare una sequenza parallela di servizi. In altri termini la stretta divisione nazionale tra le due parti salta, e appare con tutta evidenza lo spreco che il parallelismo di medesimi servizi rappresenta per le due collettività contrapposte. Da ciò deriva la opportunità di progettare congiuntamente la soddisfazione dei bisogni quotidiani, avendo in mente un utente che abita di qua e di là del confine.

La terza necessità nasce dal fatto che, se Gorizia avverte le due necessità di dotarsi rispettivamente di nuove centralità e di risparmiare nell’organizzazione dei servizi per offrire possibilità di lavoro e trattenere i suoi abitanti dal trasferirsi altrove in Regione, nella nazione o all’estero; altrettanto importante avverte Nova Gorica di auto-svilupparsi rispetto a, e affrancarsi da, altre aree del paese, che per la scomparsa delle discontinuità-confine, sono diventate più forti, come Maribor, Koper, ma soprattutto Lubiana. In sostanza ambedue le città, Gorizia e Nova Gorica, hanno interesse a rinforzare la propria identità per non essere fagocitate da aree più forti limitrofe: Trieste e Udine da una parte, e Maribor, Koper, Lubiana dall’altra, rispetto alle quali Gorizia e Nova Gorica sono diventate più deboli per la forte attenuazione della discontinuità “confine”. E tale rinforzo di identità le spingerà ad elaborare progetti coordinati se non unici.

La quarta necessità consiste nel rimuovere dalla memoria i risentimenti per collocare nell’oggettività di quello che è avvenuto, nonostante tutto, nella storia gli atteggiamenti antitaliani da parte degli abitanti di Nova Gorica, e gli atteggiamenti antislavi da parte degli abitanti di Gorizia. Del resto Gorizia è il cuore storico della comunità slovena ed è “capitalista” e quindi è ormai un punto di riferimento per chi (gli sloveni di Nova Gorica) persegue l’economia di mercato; e Nova Gorica è il luogo di tanti luoghi letti e frequentati dalla storia di Gorizia (a cominciare dal convento francescano di Castagnevizza) ed è un luogo per il tempo libero e la spesa, per passeggiarvi e anche divertirsi (i casinò). Certo, tale necessità deve affrontare una specie di tarlo, che serpeggia tra i goriziani, e cioè la “paura” della intraprendenza dello sloveno di Nova Gorica. Ma si sa che simile sentimento di “paura” può essere superato solo con l’azione, e quindi con l’atteggiamento positivo di fare creativamente, di lavorare e di produrre le centralità di cui si è detto.

In definitiva la necessità più generale per Gorizia si articola in due dimensioni. La prima è che solo attraverso la creazione di nuove centralità si può realizzare una (o più) discontinuità con il resto dell’ambiente, che va (o vadano) a sostituirsi alla declinante discontinuità rappresentata per cinquant’anni dalla frontiera e dai varchi (valichi) operati in essa. Ma tale dimensione è da inserire in una congiunzione delle due aree urbane di Gorizia e di Nova Gorica, e ciò per molteplici ragioni, di cui abbiamo richiamato l’economicità, il rinforzo dell’identità, la rimozione degli atteggiamenti culturali e psicologici. Le discontinuità, in altre parole, possono meglio realizzarsi in un contesto più ampio di integrazione tra le due città. Naturalmente tale integrazione non cancella, almeno nel breve-medio periodo, i segmenti dell’identità delle due città, anche se tali segmenti presenteranno livelli di identità e di integrazione

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differenti a seconda che si tratti di segmento culturale, o politico, o istituzionale, o sportivo, o economico, o dei servizi. In questo contesto di integrazione differenziata, come l’abbiamo denominata in altri scritti, il segmento economico dovrebbe presentare un’integrazione abbastanza elevata e condizionata ad ogni modo dalla razionalità implicita nell’azione economica. Tale integrazione differenziata certamente porrà dei problemi di equilibrio fra i differenti gradi di integrazione che ognuno dei segmenti detti presenta, e soprattutto potrà introdurre nella coscienza del singolo individuo e dei gruppi il problema di equilibrare (anche instabilmente): l’appartenenza alla città nazionale con quella alla città multinazionale, l’appartenenza alla propria etnia con quella dell’indifferenza etnica dell’intera città, l’appartenenza alla città in quanto tale con quella della città di confine.

Nella parte che segue individueremo soprattutto alcune linee economiche per le nuove “centralità” a Gorizia-Nova Gorica, e quindi le formalizzeremo in un modello per poi sottoporre sia le linee che il modello alla valutazione di operatori economici a Gorizia e di Gorizia. Tali centralità sono volte, come detto, a ricostruire delle discontinuità, che tuttavia contrappongono Gorizia-Nova Gorica al resto del mondo, piuttosto che contrapporre Gorizia a Nova Gorica come succedeva nel caso della discontinuità-frontiera. 2. Le linee del modello di sviluppo di Gorizia-Nova Gorica

Il modello che vogliamo ipotizzare si impernia su cinque centralità potenziali, le quali naturalmente non escludono la presenza dei settori produttivi non considerati, ma semplicemente questi fanno parte di un contesto “normale”, e cioè esistente in ogni realtà sociale e comunitaria. Quel che tali specializzazioni significano è la loro capacità di attrazione di “clienti”, sotto forma di singoli utenti o di aziende da un contesto locale, regionale, nazionale, internazionale, poiché è solo qui che questi trovano simile prodotto, e dunque è qui che si trova un “picco”, una “discontinuità morfologica” nel sistema di “risorse da cercare dove sono” in cui si concreta l’economia.

Le cinque centralità potenziali sono ipotizzate: nel terziario avanzato, nel commercio locale ed estero, nella formazione aziendale e professionale, nei nodi di collegamento, nell’indotto economico delle strutture per l’attività scientifica, umanistica e didattica.

Di seguito è necessario ragionare più in dettaglio di ognuna di tali centralità potenziali, seguendo la falsariga della struttura produttiva implicata da ognuna di esse, ma anche della loro compatibilità con la realtà di Gorizia e di Nova Gorica, delle azioni che è necessario affrontare nel contesto perché tali centralità si realizzino, del raggio di influenza (hinterland) che ognuna di esse deve avere. Tali ragionamenti sono da fare sia per Gorizia che per Nova Gorica, sia con operatori economici di Gorizia che di Nova Gorica. 2.1. Il terziario avanzato 2.1.1. I caratteri del terziario avanzato

Il terziario avanzato copre gli spazi “pregiati” dei sistemi produttivi, siano questi strettamente legati al processo di produzione o al processo di collocazione di un singolo oggetto oppure siano legati a una serie di altri oggetti più standardizzati. Gli spazi “pregiati” coperti dal terziario avanzato si collocano al di fuori della “routine” del processo produttivo, e quindi hanno a che fare con la progettazione, l’ideazione di prototipi, la realizzazione di singoli elementi di un prodotto più complesso ma anche meno sofisticato, l’individuazione di mercati, l’indicazione di linee pubblicitarie per la collocazione del prodotto, ecc. Tutto ciò indica che a Gorizia-Nova Gorica può installarsi un sistema di produzioni specialistiche che possono essere collocate in un mercato esterno e per un mercato esterno. Nel campo della elettronica e della informatica già esiste una realtà di piccole aziende di questo genere.

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2.1.2. I problemi per realizzare la specializzazione

Il primo problema consiste nel definire la struttura delle aziende per il terziario avanzato, e quindi è da individuare se in esso è presente attualmente, a Gorizia e a Nova Gorica; se si riferisce a una funzione specifica del processo produttivo oppure una funzione più generale di produzione di un elemento per molteplici produzioni; se è volto alla progettazione di prototipi; oppure se è orientato all’individuazione di mercati e al come fare per inserirvisi.

Il secondo problema del terziario avanzato è relativo alla compatibilità con l’ambiente locale, e quindi se vi esiste una mano d’opera locale congruente con questi processi produttivi, se la cultura del lavoro e i suoi valori favoriscono o almeno non ostacolano l’intrapresa di queste professioni e delle aziende connessivi, se Gorizia e Nova Gorica con quello che offrono sono capaci di attrarre forze dall’esterno per il terziario avanzato.

Il terzo problema riguarda poi il cosa deve fare il contesto istituzionale e come deve modificarsi per favorire il rafforzarsi del terziario avanzato. Da questo punto di vista vi sono almeno tre linee lungo le quali il contesto può operare. Anzitutto vi è l’azione degli enti locali e in particolare della Camera di Commercio. Poi vi sono le leggi nazionali e regionali, le iniziative comunitarie e le azioni economiche generali che possono orientare condizioni ambientali o specifiche per favorire la costituzione della detta centralità. Infine lo stesso clima di “entente” aziendale, favorito anche questo da attori pubblici locali e nazionali, può enfatizzare il successo delle aziende del terziario avanzato attraverso collegamenti aziendali per arrivare dove una singola azienda non può arrivare: tali percorsi possono realizzarsi lungo le linee di joint ventures per operare singole operazioni complesse; di federazioni per istituzionalizzare alcuni aspetti promozionali del prodotto economico; di coalizioni per trarre vantaggi da connessioni lobbistiche su specifici interessi della produzione; della difesa della centralità attraverso il rafforzamento del carattere monopolistico di un certo tipo di terziario avanzato.

Ultimo problema da affrontare è il raggio di influenza che riescono a generare i tipi di terziario avanzato fin qui delineati. Esso in effetti sarà differente a seconda che si tratti di singoli (per settore) prodotti, di singoli prototipi progettati, di individuazione di mercati, ecc.; ma si differenzierà anche nel tempo, poiché potrà conquistare, prima, mercati del Triveneto e della Slovenia, dell’Austria, della Croazia, e poi potrà allargarsi a circonferenze più ampie. Ciò resta vero anche se con Internet e la telematica ci si connette direttamente al mondo, poiché è vero che la diffusione del prodotto non solo è frutto dell’informazione, ma anche della visibilità del prodotto stesso e del suo “successo”.

Più in generale sarà poi facile che tale centralità sviluppi il proprio raggio di influenza verso l’Est Europa già comunista e più bisognoso di ricorrere a tali centralità. 2.2. Il commercio locale ed estero e la rete distributiva locale 2.2.1. I caratteri della nuova funzione commerciale

Gorizia è una città internazionale, ma la sua internazionalità è differente da quella di altre città, come, ad esempio, quella di Trieste.

Infatti a Trieste l’internazionalità è stata un indotto improvviso: di gruppi sociali stranieri, ai quali all’inizio del settecento sono state promesse libertà di idee, di religione e soprattutto di affari, di sloveni che sono venuti dai villaggi circostanti, e di “urbaniti” che erano sempre vissuti separati dal contesto e che sono risultati soccombenti nei confronti dei nuovi venuti. La conseguenza è stata il formarsi di classi sociali cosmopolite, composte da commercianti all’ingrosso, industriali, finanzieri e assicuratori, molto ricche ed egemoni del potere; e, contrapposte a queste, di classi sociali, povere e proletarie, composte da operai e dagli addetti al terziario basso proveniente dal Friuli, dalla Carniola, dall’Istria. Dunque le distanze sociali tra le classi sono molto forti, ed anche i contrasti sono altrettanto radicali, e tutto ciò è dovuto in primo luogo alla funzione giocata da Trieste e ai suoi hinterland che sono notevolmente ampi.

L’internazionalità di Gorizia è di tutt’altro genere, perché essa in qualche modo trae le origini dal fatto che da sempre la contea di Gorizia è area di confine col Patriarcato di Aquileia e con la Repubblica di Venezia e con la Jugoslavia del 1919, e, in secondo luogo, perché la sua attrazione la sviluppa entro

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questa medesima area comitale e (poi) arcivescovile. Rispetto a quella triestina si tratta quindi di un’internazionalità più localistica, e che è composta di friulani, sloveni, italiani e poi da mini gruppi nazionali (austriaci, ungheresi, cechi, ruteni, ecc.) preposti all’ordine di una contea ordinata. Anche in questo contesto vi sono classi sociali, abbastanza coincidenti ai gruppi etnici, ma le distanze economiche e sociali non sono molto accentuate. Da ciò deriva una relativa “pace sociale” o ad ogni modo dei conflitti non troppo accentuati. La classe sociale dominante è rappresentata dal commerciante, più al dettaglio che all’ingrosso, e, se anche è all’ingrosso, egli serve il mercato locale della provincia. In questo clima di relativa “calma” sociale persistono i ritmi della tradizione, che possono essere rafforzati e vagamente mitizzati dalla presenza di uno stile “formale” della piccola nobiltà di provincia, di ricorrenti visite di legittimisti francesi all’ultimo re di Francia e ai legittimisti Borboni, di pensionati imperiali che ancora più enfatizzano il languore dell’alta “qualità della vita” (diremmo adesso!) della piccola città e della quieta provincia, con il lancio di slogan efficaci di Gorizia come “Nizza austriaca” e “Città giardino”.

L’internazionalità di Gorizia dunque è sostanzialmente culturale ed etnica; poiché, per quanto riguarda l’economia, Gorizia è soprattutto e interetnicamente commerciale, e di un commercio per l’hinterland immediato. La conseguenza, come detto, è una società in cui le distanze sociali non sono particolarmente accentuate, in quanto non esistono gruppi particolarmente ricchi o gruppi particolarmente poveri. Tale specializzazione commerciale di Gorizia non si è bloccata nemmeno con la fissazione del confine del 1947, poiché anzi la separazione in due società della provincia che prima era unica ha accentuato la specializzazione commerciale di Gorizia per il mercato di beni di consumo manufatti e di Nova Gorica per il mercato di beni alimentari e petroliferi. Dunque in questi cinquant’anni vi è stato una riconferma del ruolo commerciale di Gorizia, non scalfito peraltro dalla nascita di Nova Gorica, città generata dall’ideologia oltreché per dare un centro a un’area rimasta senza centri urbani, e trasformando in realtà lo slogan formulato dai diversi Czoernig per Gorizia come “città giardino”.

Se questo è il ruolo avuto dal commercio nel dare a Gorizia un volto di tolleranza tra le differenti etnie, in quanto il rapporto fondato dal commercio è quello della razionalità (“tutti sono clienti e il cliente ha sempre ragione”!), credo che sia importante ricostruire per il futuro una centralità di Gorizia anche sul commercio. Vi sono tuttavia dei problemi da risolvere o da affrontare per dare un volto nuovo e inelutta-bile al commercio di Gorizia. 2.2.2. I problemi per realizzare la specializzazione

Un primo problema che il commercio dovrà affrontare nel futuro è che i due monopoli commerciali giocati da Gorizia e Nova Gorica, per effetto della caduta del confine economico oltreché di quello politico, tenderanno sempre più a scomparire: stessa merce, stessi stili, stessi prezzi, stessi assortimenti si troveranno di qua e di là del confine. Tutto ciò capiterà, a meno che la Gorizia italiana non riesca con novità professionali e di offerta ad attrarre ulteriormente i clienti: il che però sarà il frutto di una specificità riassolta con la competizione piuttosto che con regole generate dalla politica o dal sistema economico differenti.

Un secondo problema riguarda la struttura della rete distributiva: piccolo negozio, supermercato, ipermercato; localizzata in centro città, in zone periferiche accessibili dall’auto; condotta dalla famiglia o attraverso un’azienda artigianale o attraverso un’azienda che fa parte di una catena di altre aziende; impresa ad alto utilizzo di tecnologie (hard/soft) e di modalità organizzative conseguenti o alto ricorso a lavoro specializzato/non specializzato?

Dal genere di struttura distributiva che prevarrà, o anche dal mix di strutture, dipende la effettiva capacità di Gorizia-Nova Gorica di generare una centralità commerciale, e la forma della centralità. Infatti tale centralità, se prevarrà il modello di commercio basato sul negozio, sarà più fondata sulle due città o sull’unica città; mentre, se prevarrà un modello basato sui grandi spazi di parcheggio oltreché di mercato, la centralità riguarderà più l’area intorno alle due città.

Un aspetto di tale problema concerne la gestione della tradizione, sia per la conservazione di quanto può essere utile al mutamento della struttura distributiva (area ampia di mercato, cultura universalistica, professionalità tecnica consolidata) e sia per il superamento di quanto può ostacolare il mutamento detto sopra (mentalità di breve raggio, “si è sempre fatto così e quindi la tecnologia del passato è più che suf-ficiente”, mentalità organizzativa del piccolo senza pensare alle conseguenze).

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Il terzo problema riguarda l’ambito di attrazione di questa rete distributiva, la quale è tanto più capace di generare centralità a Gorizia-Nova Gorica quanto più riesce ad allargare il suo hinterland. Di conseguenza tale ambito dovrà comprendere le due città, ma anche le restanti parti delle regioni trivenete e slovene, e più latamente l’hinterland dell’Europa mitteleuropea della Croazia, dell’Austria, dell’Ungheria. Modelli consolidati di tale hinterland sono tuttora realizzati da ipermercati gravitanti su Palmanova-Udine.

Altri due problemi nella costruzione della centralità commerciale a Gorizia-Nova Gorica coinvolgono: 1) la contestualizzazione di tale centralità e quindi la sua compatibilità con l’ambiente delle due città, con gli stessi elementi considerati per il terziario avanzato; 2) le modalità di intervento del contesto per favorire il trasformarsi di tale rete distributiva. Alle linee di intervento già considerate per il terziario avanzato bisogna aggiungere quella dei corsi di formazione professionale e/o di cultura professionale, e ciò allo scopo di attenuare gli aspetti negativi della tradizione, già sopra richiamati, rendendola perciò ancora più risorsa di quanto non lo sia ora. 2.3. La formazione aziendale e professionale 2.3.1. I caratteri della formazione

La cultura del lavoro nei momenti storici stabili è considerata come un fatto ovvio, in quanto condivisa dalla popolazione e istituzionalizzata nelle agenzie didattiche e nelle aspettative delle imprese in cui è svolto il lavoro. Non così è quando si operano dei cambiamenti nella struttura economica e produttiva. E Gorizia, come del resto stiamo riflettendo in queste valutazioni sul futuro, sta vivendo e deve attivarsi per affrontare un futuro economico differente dall’attuale; ed inoltre nell’Est Europa si offre una grande occasione a Gorizia poiché lì c’è un profondo bisogno di ristrutturazione dell’economia, delle imprese e della conseguente formazione professionale. In tali condizioni la cultura del lavoro è soggetta a dei profondi mutamenti e di conseguenza vi è un profondo e radicale bisogno di formazione aziendale e professionale, sia per Gorizia che per l’Europa balcanico-danubiana, centrale e orientale, ma anche per i paesi del Mediterraneo.

Per dare risposte a questi bisogni di cambiamenti aziendali e professionali Gorizia può costruire agenzie che creino le condizioni di autocambiamento ma che siano pure specializzate e portino tali specializzazioni all’estero. Per questa via si introduce una nuova tecnologia rappresentata da più o meno complesse agenzie di formazione superiore e specialistica, che fondano in Gorizia-Nova Gorica una centralità alla quale, chi ha bisogno, può fare riferimento, mandando le proprie élite da formare o richiedendo a Gorizia di dislocare proprie agenzie a formare le medesime in loco. 2.3.2. I problemi per realizzare la specializzazione

Il primo problema strutturale riguarda il tipo di azienda o istituzione cui la formazione è indirizzata. Queste, si può ipotizzare, appartengono: al management pubblico ma anche agli imprenditori delle piccole aziende, ai diplomatici dei paesi dell’Est, alla gestione del mercato e del commercio internazionale da parte delle aziende, alla creazione della piccola azienda.

Ma riguarda pure la dimensione dell’azienda destinataria e la sua provenienza goriziano/nova-goriziana, italiano/slovena, mitteleuropea, Est-europea, mondiale.

Il secondo problema strutturale è connesso alle modalità di tale formazione, e quindi al fatto che potrà, alternativamente o complementariamente, rivolgersi alla progettazione di nuove aziende e alla loro “incubazione”; alla formazione tecnica, al mercato, alla documentazione, al mutamento del contesto, all’adeguamento aziendale al mutamento del contesto; a una formazione operativa, informativa, finanziaria, culturale, aziendale dell’ambiente (Via); al fatto che i corsi si tengono a Gorizia, Nova Gorizia e all’Estero; a corsi e progetti svolti in forma integrata.

Il terzo problema è relativo alla struttura organizzativa da dare a tali agenzie per la formazione aziendale e professionale. Attualmente vi sono a Gorizia tre prototipi di agenzie che già realizzano o hanno progettato questa centralità. Essi sono il Seed-Bic (Business Innovation Centre), l’Informest e

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l’Isig. Il Bic di Gorizia persegue l’obiettivo di formare e “proteggere” delle aziende piccole e innovative fin dalla nascita e poi lanciarle quando sono in grado di essere autonome. Informest svolge l’attività formativa e informativa lungo le direzioni: 1) della informazione di base alle aziende che devono lavorare e investire nei paesi dell’Est Europa attraverso la costituzione di banche dati e il loro costante aggiornamento; e 2) della formazione di giovani managers per le aziende, soprattutto italiane, attraverso l’organizzazione di corsi, finanziati direttamente dall’Unione europea.

L’Isig d’altro canto è più attento a percorrere le vie formative alla nuova cultura del lavoro, necessaria a managers, amministratori, diplomatici. In questo ambito significative sono alcune iniziative istituzionalizzate dal 1986 in qua. Infatti nel 1986-87 l’Isig organizzò dei “Seminari interdisciplinari sui fenomeni territoriali”, in cui la formula risultò molto composita di lezioni, seminari, tavole rotonde, convegni su temi proiettati al futuro come il Piano regolatore, la città del futuro, la tutela dell’ambiente. Tali seminari erano destinati al perfezionamento professionale di progettisti del territorio italiani e stranieri. Imperniati su questo modello, seguirono Summer School destinate a manager sui “Metodi della previsione” (1987-89) e a operatori politici e sociali sulla “Progettazione della Nuova Europa” (dal 1992 e ormai istituzionalizzata), svolti sia a Gorizia che all’estero. Altre iniziativa hanno riguardato la preparazione alla carriera diplomatica dei giovani, e la preparazione imprenditoriale di operatori economici romeni e moldavi. Sulla linea di preparare managers italiani e sloveni si muove il “Corso di Assistenza tecnica alla progettazione della formazione di amministratori pubblici del Friuli-Venezia Giulia e della Slovenia per la gestione comune delle risorse locali”). Ma una istituzionalizzazione molto forte si avrà con la creazione di una “Scuola Superiore di Amministrazione per i paesi del Sud e dell’Est Europa”. Essa prevede una struttura stabile, nella quale in due anni, attraverso corsi di approfondimento e seminari di confronto, si preparano managers economici o si orienta la formazione di dirigenti economici già operanti nelle strutture pubbliche e private dei paesi dell’Est-Sud-Europa.

La struttura formativa per la formazione, realizzata dall’Isig, si avvale, come elemento di supporto, della ricerca scientifica attraverso la quale si raccolgono dati generali (Banche Dati) e si approfondisce la realtà con lo studio-pilota di casi concreti (ad esempio, le professioni ambientali).

In sostanza ci si rende, sulla scorta dei casi concreti, che a Gorizia stanno prendendo corpo delle strutture per la formazione aziendale e professionale, focalizzati rispettivamente sulla nuova azienda, sui nuovi servizi per l’azienda, sulla cultura delle nuove professioni. E tutto ciò ha come riferimento la doppia faccia della centralità goriziana, dovuta alla formazione: una auto-centrata su Gorizia per modificare se stessa, e l’altra etero-centrata sull’Est Europa per mettere questa centralità di Gorizia al servizio dell’estero.

Il quarto problema per realizzare a Gorizia la centralità formativa è lo stesso già visto per le altre centralità-tecnologie, e cioè la compatibilità di tali strutture formative con il contesto goriziano/nova-goriziano. Tale compatibilità comprende i già considerati caratteri: esistenza di mano d’opera locale, di ambiente culturale, di apertura o chiusura di questo ambiente; ma si riferisce anche all’esistenza di tecnici locali per la formazione e la loro disponibilità a svolgere queste professioni a Gorizia, alla capacità di Gorizia di attrarre operatori e soprattutto utenti di tali funzioni formative, all’inter-nazionalità di operatori e utenti, alla disponibilità di strutture di accoglienza (a cominciare da alberghi, ristoranti/trattorie, sale, agenzie turistiche e con servizi convegnistici) e alla apertura delle istituzioni di controllo (polizia, in primo luogo) ad affrontare l’intensificazione di relazioni con problemi nuovi, semplici in sé ma condensati in periodi particolari.

Anche il quinto problema relativo alla necessità di modificare il contesto goriziano è simile a quello delle due centralità tecnologie già considerate, e cioè il terziario avanzato e il commercio. Nel caso specifico della formazione vi è semmai da enfatizzare le necessità: 1) di rendere ancor più dialoganti le leggi regionali e nazionali italiane da una parte e queste con le leggi slovene e dei paesi membri del Master progettato dall’altra; e 2) di favorire, anche con leggi, la collaborazione tra le agenzie di formazione attraverso le forme offerte dalla joint venture, dalla federazione, dalla coalizione. A ciò è poi da aggiungere che, almeno fino al momento in cui tali isolate iniziative non si avviano a entrare a regime, si rende opportuno assicurare un adeguato afflusso finanziario.

L’ultimo problema riguarda infine la definizione del raggio di influenza della centralità riconosciuta alla formazione aziendale e professionale. Tale influenza è più che mai varia, e a maglie progressivamente più larghe, poiché da Gorizia-Nova Gorica si estende a Italia-Slovenia, poi alla

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Mitteleuropa, all’Italia-Est Europa, all’Europa e al mondo. Nel breve periodo non v’è dubbio che l’ambito Gorizia-Nova Gorica svolge una funzione di auto-mutamento della realtà locale e quindi di auto-realizzazione delle prime due centralità che abbiamo considerato, e cioè terziario avanzato e commercio. Ma nel breve periodo sono anche da privilegiare gli ambiti Italia-Slovenia, Mitteleuropa e Italia-Est Europa, poiché tali ambiti necessitano di simili centralità formative e di conseguenza Gorizia-Nova Gorica possono rafforzarsi, in quanto contenitori delle medesime centralità. 2.4. Nodi di collegamento e il ruolo discontinuo della “soglia di Gorizia" 2.4.1. La “soglia di Gorizia” regionale

Il sito di una città, all’origine, ha sempre rappresentato un punto centrale nello spazio sia nel caso che rompesse la continuità in un passaggio obbligato sia nel caso che tale punto fosse marginale a molteplici realtà differenti e si trasformasse in punto di connessione. Città sorte sul fiume che non era più navigabile e che implicava il passaggio a un nuovo modo di trasportare le merci o le persone sono numerosissime: Roma, Londra, Verona appartengono a questo tipo di città. Gorizia appartiene a quelle città che rappresentano punti di discontinuità e di controllo naturale per restringimento in un flusso che viene dalle pianure padane e va verso le pianure slovene, croate, ungheresi, ucraine e poi russe.

La “soglia di Gorizia” è un fatto consolidato nella storia delle relazioni di massa tra la penisola italiana e il resto d’Europa e in particolare l’Europa del Centro-Est. Ciò lo è stato fin dalle migrazioni dei popoli a lingua ariana, che si sono insediati nell’intera Italia e nelle isole maggiori, e poi per i cosiddetti barbari di origine scandinava, germanica, ugro-finnica, mongola, slava. Se importante è stata la contea di Gorizia, ciò fu perché controllava la porta più piana e di passaggio che connetteva il Sacro romano impero con Venezia e la sua repubblica. D’altra parte è una porta attraversabile “a buon mercato”, senza dotarsi di tecnologie di alta montagna, e da parte di grandi masse di persone con carriaggi al seguito. Per tale motivo il possesso della contea di Gorizia, che è gestita (dal 1500) direttamente dalla casa imperiale in quanto erede comitale dell’ultimo conte, significava controllo strategico dall’Est, dal Nord e dal Sud Europa dell’accesso all’Italia. Per queste ragioni Gorizia non poteva che essere, da sempre, terra di confine. E per queste ragioni le guerre tra Repubblica di Venezia e Impero non potevano che essere combattute intorno a Gorizia, a Gradisca o a Palmanova; e solo con la decadenza irrimediabile di Venezia l’Impero poté rifondare Trieste, rilanciarne il porto, farne un punto di confine di eccellenza. Ovviamente qui punto di confine significa punto di controllo razionale nel quale viene incanalato il passaggio tra due spazi sconfinati: Occidente ed Europa centrale, orientale e balcanico-danubiana. Quando tuttavia si è tornati alle guerre di terra, ecco che ritorna ancora importante la “soglia di Gorizia”, da difendere dall’invasione italiana nel cuore dell’Impero austro-ungarico, e da conquistare per dare un colpo decisivo al nemico austriaco da parte italiana.

Tra le ultime due guerre la terra di confine è stata spostata verso il punto in cui la valle del Vipacco si apre sull’ampia valle della Sava e di Lubiana; ma poi per le note ragioni bellico-politiche è stata fissata di nuovo proprio entro e intorno a Gorizia. E anche questa volta per “premere” sull’occidente e per “difendersi” dal nemico che veniva dalla Jugoslavia, ma più ancora dall’Ungheria, ma soprattutto dall’Urss.

La ricostruzione storica della “soglia di Gorizia” come “punto naturale” di confine, in quanto controllo strategico del passaggio, messo in ombra per un certo periodo da Trieste in quanto facile passaggio tra spazi sconfinati - via mare da una parte e via terra per l’apertura a mercati imperiali dall’altra - ci porta a trarre alcune conclusioni. 1) La “soglia di Gorizia” resta una forte discontinuità (tra pianura e pianura) strutturale e naturale, non

solo perché è fisica (facile passaggio), ma anche perché è un passaggio culturale in una Europa che resta pur sempre l’Europa delle culture dei popoli. E ciò resta confermato, anche quando subisce la concorrenza imperiale delle due discontinuità (tra mare e terra) di Trieste e di Fiume.

2) La conseguenza è che lo spostamento “politico” della frontiera tra Unione europea e l’altra Europa verso l’Ucraina non cancella la natura di frontiera di Gorizia, anche se ovviamente può venire

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ridimensionata la sua funzionalità. In altri termini, nonostante questi spostamenti “politici” della frontiera, Gorizia conserva la sua funzione di passaggio, perché è conveniente per tempo e per costi.

3) Per assicurarsi tale passaggio (piuttosto che avvenga per altre parti), è necessario che vengano affrontati interventi che colleghino in territorio sloveno Nova Gorica con Lubiana, in maniera scorrevole e veloce.

4) Per assicurarsi che chi passa per Gorizia-Nova Gorica nel suo cammino verso l’Est vi si fermi, è necessario che trovi delle ragioni per fermarsi, come servizi e possibilità che trova migliori e più convenienti a Gorizia-Nova Gorica che non in altri posti.

5) Per enfatizzare tali opportunità è necessario che tutta l’area isontino-triestina sia coordinata nelle molteplici infrastrutture che possiede per costruire una unicità integrata di offerte tale da configurare la “soglia di Gorizia” come area più che come punto preciso. Tale area può comprendere il porto di Trieste, il porto di Monfalcone, l’aeroporto di Ronchi dei Legionari, lo scalo ferroviario di Cervi-gnano, l’autoporto di Gorizia-Nova Gorica (e di Fernetti) con valichi internazionali verso Maribor, Lubiana, Fiume, Pola; e potrà altresì comprendere il nodo intermodale di Ronchi dei Legionari, l’autostrada Gorizia-Postumia, la superstrada Gorizia-Maribor, il percorso veloce fra Gorizia e Trieste attraverso il Vallone. Come si vede, l’integrazione fra mare (Trieste-Monfalcone) e terra (Gorizia), fra terra e terra per via di strada (Gorizia) e ferrovia (Tarvisio e Trieste-Gorizia) ricostituisce una “soglia di Gorizia” regionale che collega Ovest con Est via terra, e Sud-Ovest mediterraneo (e anche italiano) con Nord-Est centro europeo via mare (Trieste) e terra (Gorizia). A supporto di questi assi esiste poi tutta una serie di servizi (compresi anche consolati onorari) efficienti ed efficaci, che rendono conveniente e, perché no?, anche piacevole l’utilizzo di simile “soglia di Gorizia”. In questo ambito pure l’aeroporto di Ronchi svolge una funzione oltre che di destinazione regionale (per il Friuli-Venezia Giulia, la Slovenia, la Carinzia, la Croazia), anche di collegamento di singole persone straniere impegnate direttamente e indirettamente nei trasporti e nei servizi per l’utilizzo della “soglia di Gorizia”. La condizione fondamentale perché abbia successo tale “soglia di Gorizia” regionale è che fra le differenti aree, cervignanese, monfalconese, ma soprattutto goriziana e triestina non si produca una distruttiva corsa alla duplicazione delle strutture e all’accaparramento di vie alternative (in particolare di terra) all’Est, le quali dilapiderebbero le finanze necessarie e quindi produrrebbero delle offerte di modesto livello, il che poi si trasforma in incapacità a produrre quella “fermata” dei flussi di trasporti destinati alla “frontiera politica”, che immancabilmente si sposterà sempre più ad Est, con l’inserimento di Slovenia e Ungheria nell’Unione europea.

2.4.2. I problemi per realizzare tale centralità

I problemi relativi ai nodi di collegamento sono i seguenti. Il primo problema riguarda le strutture sulle quali si basano i nodi di collegamento. Esse sono molto

varie e molto complesse, e riguardano: 1) i supporti lungo i quali funzionano i mezzi, 2) i mezzi stessi di trasporto, 3) i sistemi di funzionamento delle specifiche stazioni localizzate entro la “soglia di Gorizia” regionale, di cui si è discusso sopra. I sistemi di supporto dei mezzi di trasporto sono ovviamente rappre-sentati dalle strade e autostrade, dalle ferrovie, dalle vie aeree e marittime. In generale queste sono realizzate da enti pubblici o da companies già pubbliche (con finanziamenti pubblici), mentre la loro gestione può essere assicurata da authorities a carattere privato o privatistico. Questo succede in particolare per le strade e le ferrovie. In tutti i modi le scelte sono fatte a livello pubblico e inserite nell’ambito di una programmazione nazionale. I mezzi di trasporto sono gestiti da unità produttive molto diverse, a seconda del tipo di sistema di supporto che devono utilizzare. A Gorizia si è consolidato un tipo di azienda composto da piccoli trasportatori, che possiedono alcuni mezzi, e assicurano il trasporto internazionale, orientato in particolare verso l’Est Europa. Ovviamente la maggior parte dei trasportatori è di passaggio. Anche per il porto, di Trieste soprattutto, vi sono aziende private di armatori, che hanno sede centrale a Trieste. Le ferrovie godono invece una situazione di monopolio, mantenuta dalle “Ferrovie dello Stato”, per l’Italia. Tali mezzi d’altra parte sono differenti a seconda di quel che trasportano: le merci sono trasportate da imprese specifiche per strada; mentre merci e passeggeri sono trasportati dalla stessa azienda ferrovia e mare; e infine i passeggeri trasportati per strada sono trasferiti da mezzi privati salvo che nel caso degli autobus. Infine i sistemi di funzionamento delle specifiche stazioni

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implicano grandi lavori d’impianto, realizzati spesso con finanziamenti pubblici, e una pluralità di funzioni e di servizi specifici per ognuno dei sistemi (casello autostradale e area di sosta, porto, aeroporto, autoporto, nodo intermodale), ma anche servizi comuni a tutte queste stazioni: uffici doganali e consolari e aziendali, mense, alberghi, officine, aree di stoccaggio, ecc.

Alla base di tutti questi elementi strutturali stanno dunque delle politiche centrali di spinta iniziale, ma anche di supporto costante e di regolazione dei rapporti tra strutture complementari (a cominciare da porto-strada-autoporto-aeroporto) e strutture alternative (a cominciare tra autoporto di Gorizia e autoporto di Fernetti). Per tale funzione esiste poi anche la necessità di collegamento strategico con i prolungamenti con i paesi stranieri, vicini e lontani all’Italia.

Il secondo problema riguarda come al solito la compatibilità con il contesto locale, con quello internazionale immediato e con quello internazionale più lontano, se non intercontinentale. Di tali compatibilità si tratta ora di esplicitare quanto implicitamente sopra richiamato.

Una certa compatibilità con l’esistenza di mano d’opera locale e con la cultura goriziana, monfalconese, triestina esiste, se non altro perché la “soglia di Gorizia” è sempre esistita e la funzione confinaria del porto di Trieste è consolidata da almeno due secoli. D’altra parte altre compatibilità sono anch’esse consolidate in questi ultimi cinquant’anni, con gli investimenti operati a favore del porto di Monfalcone, dell’autoporto di Gorizia e di Nova Gorica, della bretella autostradale Villesse-Gorizia, con lo scalo ferroviario di Cervignano.

Il terzo problema riguarda l’individuazione delle necessità di modificazione del contesto. Abbiamo già considerato alcune opere strutturali come il centro intermodale di Ronchi e la connessione celere fra Trieste e Gorizia attraverso la strada del Vallone; ma ad altre opere strutturali dovremmo dare importanza, a cominciare dai collegamenti ferroviari. Chi finanzierà, chi farà, quando si realizzeranno tali supporti strutturali? L’azione degli enti locali sarà importante non solo per stimolare la realizzazione di tali attività, ma anche la regolazione tra i differenti tipi di collegamento e, in qualche modo, la indicazione delle linee di politica di collaborazione con le aziende straniere gestori delle relative “tratte” di ogni tipo di collegamento. In questo possono avere importanza notevole le legislazioni nazionali e regionali così come le forme di collegamento delle aziende sotto la forma di joint ventures, federazioni, coalizioni, pur a volte operando in regime di monopolio nel proprio ambito nazionale.

Il quarto problema infine riguarda il raggio di influenza di ognuno di questi tipi di collegamento. È ovvio che attraverso la “soglia di Gorizia” allargata passa un traffico intercontinentale, soprattutto con i porti di Trieste e di Monfalcone e l’aeroporto di Ronchi; mentre il raggio di influenza è regionale (mitteleuropeo) e internazionale per il trasporto di via terra, e ciò dovrebbe privilegiare, abbiamo detto, la vera e propria “soglia di Gorizia”, e cioè Gorizia, poiché meno dispendiosa e più veloce. Non bisogna tuttavia trascurare il trasporto locale, tra Gorizia (e Isontino) da una parte e Nova Gorica (e il resto del territorio confinario sloveno), e questo attraverso i trasporti pubblici delle “aziende di trasporto” operanti di qua e di là del confine. Per questa via si viene ad accentuare l’ “integrazione differenziata” tra le due città, in primo luogo, e poi tra i due territori provinciali. 2.5. Gorizia come “Forum permanente per la pace”, ottenuto dall’integrazione delle azioni di istituti di

alta ricerca internazionale e di università internazionali 2.5.1. Gorizia come “Forum permanente di azioni per la pace”

Da quanto scritto fin qui risultano specificità di Gorizia, che nonostante tutto, e se debitamente valorizzate, possono assicurare alcune discontinuità a sostituire quella declinante della frontiera politica: il terziario avanzato per il futuro dei rapporti con l’Est ed espresso da una recente specializzazione, il commercio per territori sloveni e friulano-giuliani ed espresso da una tradizione consolidata nei secoli, la formazione aziendale e professionale per l’Est Europa che è espressa dalla dotazione di Gorizia di strutture formative come Seed-Bic, Informest e Isig; i nodi di collegamento lungo gli assi Ovest-Est e Sud-Ovest e Nord-Est ed è espressa dalla “soglia di Gorizia” sulla quale ha esercitato un ruolo fondamentale la città.

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Come si vede esistono discontinuità con differenti gradi di consolidamento e quindi variamente ricuperabili per il futuro. Avremo occasione nel prossimo paragrafo di confrontare la compatibilità fra le specificità considerate. Ora conviene concludere il discorso delle centralità, considerando una centralità che ha una natura strettamente culturale, ma che ai fini economici ha la capacità di produrre un indotto fatto di opportunità professionali, di servizi e di residenze utilizzate; di attività intellettuali di supporto.

Con ciò ci riferiamo a quella tradizione di istituzioni culturali che fin dal seicento introdusse Gorizia in una dimensione didattica e di ricerca capace di produrre cultura originale, in consonanza con la condizione originale di una città in cui il mix internazionale prodotto dalla convivenza di culture italiana, austriaco-tedesca, slovena, friulana spingeva ognuna di queste ad affermarsi sulle altre e, di contraccolpo, a far reagire le altre culture con una vitalità volta a mantenere la propria identità. Il risultato culturale è ancora più accentuato se si tiene conto che il clima culturale è stimolato dalla difesa imperiale del cattolicesimo contro il protestantesimo strisciante di certe élites. La formazione culturale si realizza quindi in un mix di azione didattica del Collegio dei Gesuiti, operante dal 1615, e del Seminario Werdenbergico, fondato nel 1629, e di azione di ricerca prodotta dalle differenti Accademia Agraria, Accademia degli Arcadi romano-sonziaci e da singoli studiosi, compreso il Casanova dimorante a Gorizia dal 1773 al 1775. Come detto, tale mix che produce élite locali e “di esportazione”, siano esse diplomate dai singoli collegi o partecipanti al clima della cultura più varia, si complica per l’inserimento della variabile etnica.

Io credo che questo mix non solo abbia contribuito a costituire una sorta di imprinting originario, che, ad esempio, ha fatto sì che i legittimisti dei Borboni di Francia si trovassero bene in tale contesto, ma soprattutto che questo stile di didattica e di alta ricerca abbia potuto mantenersi ed essersi reso compatibile con le nuove esperienze che dagli anni sessanta di questo secolo si sono cominciate a realizzare proprio a Gorizia e, per alcune nuove iniziative, anche a Nova Gorica.

Negli anni Sessanta infatti nascono alcune iniziative nel campo della cultura, che riprendono quella che abbiamo considerato l’anima culturale di Gorizia: cultura delle esperienze originali, cultura multietnica, cultura del confine, cultura degli incontri mondiali. Nascono le nuove esperienze psichiatriche di Basaglia, nasce il Centro Studi “Rizzatti” che edita la rivista “Iniziativa Isontina”, nasce l’Istituto di Sociologia Internazionale (cultura multietnica, cultura del confine), nasce l’Istituto per gli Incontri Culturali Mitteleuropei (cultura della Mitteleuropa), nasce Frontiera Aperta (circolo per la discussione con l’altra parte del confine), nascono l’Istituto Lipizer, il festival mondiale del folclore, che fanno convergere su Gorizia gruppi culturali e artistici da tutto il mondo. Sono dunque anni (quelli sessanta), in cui i grandi concetti dell’incontro, della multietnicità, del confine vengono studiati a Gorizia, secondo valenze generali più ancora che locali, ma proprio per questo si biforca la loro capacità di creare centralità a Gorizia. Si tratta di studi (Isig, Icm, Lipizer, Pro Loco) che fanno convergere a Gorizia il mondo attraverso relatori e pubblicazioni di ricerche pilota, che apportano contributi alla disciplina e quindi hanno diffusione mondiale. Altre istituzioni, in questi stessi anni, svolgono una funzione esclusivamente locale, che portano a elaborare nella cultura goriziana atteggiamenti nuovi per la convivenza tra minoranze e collaborazione transconfinaria. Tale funzione di recupero del multietnico e del transconfinario prepara la strada alla “città comune” di Gorizia e Nova Gorica, e alla “integrazione differenziata” in cui tale comunanza si realizza. Certamente convive anche la cultura nazionalistica di qua e di là del confine, e lo stesso Piano Regolatore Generale di Piccinato proietta la città lontano dal confine (vedi Sant’Anna) piuttosto che alla collaborazione transconfinaria.

Non v’è dubbio che tutto ciò è stato realizzato dalla convergenza di personalità locali e nazionali, e che queste ultime hanno trovato il supporto delle prime: sindaci della città, arcivescovi della diocesi, presidenti della provincia, della Camera di Commercio, della Cassa di Risparmio di Gorizia, e tanti intellettuali, professori di Università e dirigenti di istituzioni, in primo luogo Rolando Cian, hanno chiamato intelligenze come Franco Basaglia, Franco Demarchi, Vittorio Bachelet, che con entusiasmo sono venuti a Gorizia a creare delle originalità da esportare per il mondo.

Negli anni Settanta e Ottanta il dualismo delle anime di Gorizia, quella dei nazionalismi e quella della convivenza del diverso, è venuto a rompersi irrimediabilmente per l’affermarsi sempre più netto della collaborazione transfrontaliera e della considerazione delle diversità culturali come risorsa. Ciò è avvenuto lungo due linee: da una parte la voglia di parlare poco di torti subiti di qua e di là del confine e da italiani e sloveni; e dall’altra parte la nascita di riviste (Studi goriziani, Isonzo/Soca, Isig magazine), di

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commissioni intercomunali, di istituti di storia (Istituto di Storia Sociale e Religiosa), di ricerca ambientale (Ceta, Centro di Ecologia Teorica e Applicata) e di progettazione informatica (Insiel, Informatica per il Sistema degli Enti Locali).

Nel recupero di quella che nei secoli passati è stata una funzione centrale e originale da parte di alcune agenzie capaci di creare cultura originale per Gorizia e per il mondo, si faceva matura la possibilità di recuperare la funzione di formare élites, compatibili con i caratteri di Gorizia, attraverso la didattica universitaria. È del 1989 la localizzazione a Gorizia del Corso di laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche da parte dell’Università di Trieste, al quale sono seguiti tre Corsi di diploma e il Corso di laurea in Politica del territorio (1997). È del 1993 e del 1994 la localizzazione a Gorizia dei Corsi di diploma in “Operatore dei beni culturali” e “Traduttori e interpreti” rispettivamente e del 1998 del Corso di laurea in Relazioni pubbliche da parte dell’Università di Udine. È del 1997 la localizzazione a Nova Gorica del Master post-universitario in Scienze ambientali.

In sintesi si ricompone a Gorizia quella che è stata la sua caratteristica del passato, e cioè essere un centro di cultura e un centro di formazione delle élite locali e internazionali.

Il problema è di utilizzare tale ricomposizione per costruire il futuro di Gorizia, la quale tuttavia si muove in un contesto nuovo rispetto a quello del Sacro Romano Impero austriaco. Le novità riguardano: 1) l’esistenza di una città nuova (Nova Gorica, appunto) accanto alla vecchia Gorizia; 2) tale città nuova appartiene a un altro stato, ed anzi essa nasce dal mito della felicità socialista, realizzata secondo i canoni urbanistici della garden city; 3) tale città è omogenea culturalmente e senza nessuna presenza italiana, il che semplifica e al tempo stesso evita di confrontare le multiculturalità al suo interno, ed invece rende più “razionali” il rapporto fra Nova Gorica e Gorizia, in quanto ciò che le lega è l’economia dei servizi e i risparmi a utilizzare comuni servizi piuttosto che duplicarli per ognuna delle città; 4) ciò significa che il rapporto tra le due città è venato più dalle convivenze che dal complesso intreccio di relazioni fra minoranze e maggioranze etniche proprie e altrui. La conseguenza è che la maggioranza (slovena o italiana) di una città contatta più facilmente la maggioranza dell’altra città (italiana o slovena), piuttosto che utilizzare la mediazione della minoranza propria o altrui; 5) dietro a Nova Gorica c’è un insieme di piccoli stati dell’Europa centrale, dell’Europa orientale, dell’Europa balcanico-danubiana, che più o meno vagamente hanno vissuto le culture mitteleuropee, il coacervo di cultura cattolico-ortodossa-musulmana, le culture imperiali della Russia e dell’Urss. Tali “instabili stabilità” statali d’altra parte provengono da un’esperienza quarantennale socialista che ha rifiutato, e che ora vuole riprendere, le esperienze economiche-sociali-culturali dell’Europa occidentale.

La ricomposizione di alta cultura e di didattica per le élite che avviene a Gorizia e a Nova Gorica, insieme alla configurazione politica e delle relazioni internazionali, permette di pensare a un futuro di Gorizia radicalmente nuovo, che qui di seguito cerchiamo, anche se brevemente, di progettare.

Tale progetto risulta articolato in macro-strutture, agenzie, micro-strutture che trasformano Gorizia-Nova Gorica in un luogo, dove, attraverso un sistema di ricerche, di seminari e convegni, di insegnamenti, di conferenze virtuali, di incontri formali e informali, si realizzano e si intrecciano la diplomazia scientifica e la diplomazia preventiva, la diplomazia parallela, la diplomazia formale (cfr. G. Picco, G. Delli Zotti (cur), Solidarietà internazionale e sovranità nazionale, Isig, Gorizia, 1995). Gorizia-Nova Gorica dunque sono progettate come luogo che offre gli strumenti per incontrarsi, tutto l’anno, per risolvere, o almeno affrontare, i temi politici e diplomatici e le tensioni internazionali europee ed extra-europee, attraverso un sistema di relazioni internazionali, fondate sulla ricerca (per elaborare sistemi di raccolta di dati e di loro valutazione, strettamente orientati a produrre risposte esplorative), sulla formazione didattica undergraduate e postgraduate, sugli incontri che i “consiglieri dei tanti principi” degli Stati europei possono avere, in quanto professori dell’Università o ricercatori dell’Isig o conferenzieri in Summer School e altre iniziative.

Tre strutture sono fondamentali in questo progetto. La prima è l’Isig, che si è dotato di contesti operativi come il “Forum delle città di confine europee”,

l’ “Osservatorio delle minoranze europee”, il “Laboratorio per lo studio delle crisi europee e della loro soluzione”, la “Summer School Internazionale sui problemi della Nuova Europa”. A ciò esso può aggiungere dotazioni informatiche e di personale per la realizzazione di sondaggi. In tali contesti operativi vengono svolte ricerche sulla sociologia internazionale, e cioè sulle relazioni internazionali, sulle tematiche del confine e delle minoranze, degli equilibri politici e democratici. L’insieme di attività di

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ricerca fa dunque da supporto ideale alle attività culturali di incontro, confronto, discussione ed elaborazione di soluzioni alla crisi internazionale. Ricerca e capacità di organizzare incontri formali e informali, elaborati dall’Istituto di Sociologia Internazionale, rappresentano una faccia della medaglia di formazione di operatori per le relazioni internazionali, realizzata dall’Università, a cominciare anzitutto dal Corso di laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche. Per svolgere tale ruolo l’Isig dovrà godere di attenzione senz’altro superiore a quella messa in opera finora, a cominciare dai finanziamenti, poiché i contesti operativi e l’organizzazione di eventi internazionali per funzionare e produrre risultati in tempi rapidi necessitano di un’attenzione finanziaria radicalmente nuova, sia da parte dei contributori locali che da parte dei finanziatori nazionali e internazionali. Ma più in generale l’Isig potrebbe essere il punto di riferimento, federativo, di molteplici istituti di sociologia internazionale dell’Europa centrale, che, per quanto riguarda la ricerca sui conflitti, sulla collaborazione transfrontaliera, sulla convivenza interetnica, si consorziano con l’Isig al fine di orientare unitariamente gli sforzi su questi temi.

Anche l’Icm (Incontri Culturali Mitteleuropei), e l’Ince (Iniziativa Centro Europea) possono contribuire notevolmente a stimolare incontri e convegni orientati all’ambito dell’Europa centrale, per la considerazione dei temi presenti e anche futuri.

In terzo luogo l’Università risulta speculare all’Isig, all’Icm e alle istituzioni di influenza internazionale localizzate a Gorizia e a Nova Gorica, ed è realizzatrice di formazione sia di giovani da laureare che di giovani e adulti da perfezionare con corsi post-graduate, provenienti da tutta Europa; ed infine l’Università diventa un punto di riferimento di studiosi e operatori delle relazioni internazionali e dei mass media che vi convengono per insegnare, per fare seminari e per imparare essi stessi.

Quale Università? Io credo che essa debba essere internazionale. Si può giungere a ciò percorrendo differenti strade, anche alternative.

La prima via è quella di costituire a Gorizia la terza Università statale (italiana) del Friuli-Venezia Giulia, e la proposta del senatore Darko Bratina è, da questo punto di vista, molto emblematica, ed essa comprende i corsi di laurea in scienze internazionali e diplomatiche, in sociologia e antropologia, in scienze del territorio, in teologia.

La seconda via è quella di raccogliere corsi di studio, di varia natura (laurea o diploma), che abbiano valenza internazionale e che si riferiscano: 1) a Scienze internazionali e diplomatiche (già esistente nell’ambito dell’Università di Trieste) formanti a professioni diplomatiche; 2) a sociologia internazionale formante a professioni sociali, giornalistiche, politiche, internazionali; 3) a commercio internazionale formante a professioni economiche di carattere privato (e pubblico); 4) a diritto internazionale formante a professioni di comparazione giuridica di società, economia, culture internazionali; 5) a interpreti e traduttori internazionali. Abbiamo parlato di corsi di studio, in quanto possono assumere i caratteri del diploma o quelli della laurea o quelli della specializzazione post-laurea, poiché alcuni di tali corsi possono richiedere una preparazione più tecnica e quindi breve, altri invece una preparazione più lunga intramezzata da stages più o meno lunghi all’estero. Inoltre tali corsi di diploma, di laurea, di specializzazione potranno essere fortemente interconnessi, per cui la loro caratterizzazione è più determinata dalla prevalenza di discipline: storico-politologiche nel caso diplomatico, sociali nel caso sociologico, economiche nel caso di commercio internazionale, giuridiche nel caso di diritto internazionale, linguistiche nel caso di interpreti e traduttori. Tale seconda via potrà essere internazionale in quanto rappresenta un prodotto autonomo della “federazione” tra Università dell’Europa centrale: Trieste, Udine, Klagenfurt, Graz, Vienna, Maribor, Lubiana, Zagabria, Fiume, Budapest, Praga, Bratislava, Katowice, Cracovia, Varsavia, ecc. Tale federazione è una struttura autonoma gestionalmente e funzionalmente, anche se dipendente, nelle scelte di fondo, dalle singole università consociate.

La terza via è strutturalmente uguale alla seconda, ma se ne differenzia in quanto prevede una struttura indipendente, alla quale contribuiscono finanziariamente i governi dell’Europa centrale insieme all’Unione europea, sull’esempio di Università come l’Università Europea Viadrina posta sul confine tedesco-polacco.

Fra le tre vie, la seconda e la terza sembrano le più adeguate allo spirito internazionale di Gorizia; mentre la prima, dell’Università italiana a Gorizia, oltre che a non coinvolgere la parte slovena della “città comune”, e quindi di Nova Gorica, tende ad attribuire un ruolo provinciale all’Università di Gorizia, come piccola Università inserita in un contesto di grandi Università italiane, a cominciare da Padova, Milano, Torino, Bologna, ecc. Tale provincializzazione dell’ateneo goriziano d’altra parte difficilmente

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potrà realizzarsi, a causa del non entusiasmo delle vicine Università di Trieste e di Udine e per la scarsità di risorse che potranno essere reperite a livello nazionale, ma anche a livello locale.

Come detto, invece se deve nascere una Università, “federazione” o indipendente, questa deve enfatizzare il ruolo internazionale, e della particolare internazionalità, di Gorizia. Dunque, le specializzazioni, il bacino di utenza, la provenienza dei docenti, l’ambito di diffusione dei professionisti formati a Gorizia dovranno avere carattere assolutamente internazionale.

Sono antitetiche e antagoniste le vie due e tre? Senz’altro no, perché la “federazione” che nasce dal Consorzio di molte università può essere il primo passo verso l’indipendenza. Ma tale indipendenza, non necessariamente è importante, anzi il mantenimento di una autonomia che si esprime nella federazione di più università, può avere dei vantaggi: 1) della non competizione fra le università federate con questa “federazione”, 2) del riconoscimento quindi all’Università di Gorizia, nata da un Consorzio, di un “dominio” di legittimità al quale rinunciano le singole università associate, 3) del flusso costante di risorse, poiché ognuna delle università consociate dà una quota che per l’Università di Gorizia significa non dipendere esclusivamente da un unico finanziatore, 4) della realizzazione di un ambito di operatori formati a Gorizia molto ampio.

In sintesi ci rendiamo conto che questa intensa presenza di strutture di ricerche e di didattica, fortemente dialoganti tra loro, genera, oltre che i prodotti specifici di studiosi (i risultati della ricerca) e di operatori (la didattica) nelle relazioni internazionali, una funzione nuova, che è rappresentata dal far diventare Gorizia un “Forum permanente delle azioni per produrre la cultura della convivenza e soprattutto della pace” in quanto rimozione degli elementi che la contrastano.

È chiaro che tale “Forum permanente” dovrà avere un minimo di struttura stabile, derivante dall’essere il risultato di una “federazione”. Tale struttura: 1) è sensibile ai bisogni di pace conseguenti alle crisi europee o mondiali che progressivamente emergono; 2) progetta le attività di ricerca, culturali, didattiche, formative, attivate da parte di Isig, Icm, Università per organizzare ricerche, incontri, seminari; 3) discute dei, e coordina, i prodotti necessari per informare, formare, fare incontrare e discutere sulla soluzione delle crisi (diplomazia scientifica); 4) organizza le attività concrete della diplomazia preventiva, della diplomazia parallela o della diplomazia discreta; 5) congiuntamente alle agenzie che offrono dati e organizzazione di eventi culturali, attiva le fonti di finanziamento. In questo contesto evidentemente il “Forum” è meglio che sia organizzato da una struttura già esistente, e da questo punto di vista l’Isig presenta le caratteristiche necessarie. 2.5.2. I problemi economici per la realizzazione di tale centralità

Tutte queste “novità” portano a Gorizia indotti economici, sotto forma di necessità di alberghi, locande, trattorie e ristoranti, studi di consulenza, agenzie turistiche e di organizzazione di eventi culturali, che si svilupperanno in flussi sempre più costanti.

Possiamo sintetizzare i problemi, legati all’indotto che scienza e didattica possono produrre, nei seguenti cinque.

Il primo problema riguarda il tipo di strutture aziendali che sono implicate dai ruoli della scienza e della didattica svolte a Gorizia. Gli Istituti scientifici cui si fa riferimento devono essere articolati, come personale, sede, strumentazione, in modo adeguato al fare ricerca, a organizzare servizi, a organizzare seminari, convegni, congressi, a pubblicare riviste e libri, ad accogliere ricercatori e studiosi. Ciò significa che le istituzioni goriziane e quelle regionali, nazionali, internazionali, su sollecitazione di quelle goriziane, devono “proteggere” tali Istituti di ricerca fornendo spazi e finanziamenti. Ciò è particolarmente importante nel momento iniziale, poiché si sa poi che l’esercizio di tali funzioni diventa più automatico, in quanto il modello è conosciuto a livello europeo e non solo in maniera episodica, e soprattutto diventa “naturale” rivolgersi a questi istituti per la conoscenza scientifica di problemi inter-nazionali, per il supporto alla formazione aziendale e professionale, per le scoperte scientifiche, per i temi della convivenza e della pace (etnie, confini, cosmopolitismo, ambienti, arte universale ed europea, la costruzione dell’Europa dei popoli), per farsi veicolo di esperienze differenti e di simulazioni di realtà nuove.

Per quanto riguarda le strutture universitarie il tipo di azienda/istituzione dell’indotto è più espressione delle vie che abbiamo indicato nel paragrafo precedente, anche se la variabile che differenzia le tre vie

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consiste più che altro nel legame con le altre università (indipendenza come università italiana, federazione, indipendenza come università europea). Di conseguenza l’aspetto strutturale dipende dalle istituzioni goriziane o nova-goriziane, soprattutto per quanto riguarda l’attivazione di decisioni e l’attribuzione di risorse adeguate.

Da un punto di vista strutturale resta in piedi la necessità di istituzionalizzare le sinergie tra istituti di ricerca e le singole istituzioni universitarie, e ciò al fine di incanalare la didattica verso la ricerca e mettere a disposizione della didattica la ricerca, in modo che si crei cultura e possibilità di soluzione dei punti critici delle relazioni internazionali. Tali canali di relazioni istituzionalizzate riguardano lo scambio di banche dati, biblioteche, dati degli osservatori, studiosi sotto forma di ricercatori e di docenti, capacità professionale di organizzare eventi culturali, ecc.

Il secondo problema riguarda la compatibilità di tale modello di sviluppo di Gorizia con le risorse che già esistono in loco. La linea di tale compatibilità passa attraverso la verifica di una tradizione secolare di connubio di scienza-didattica-cultura, che del resto abbiamo cercato di interpretare, nella ricomposizione di quell’intreccio di cultura multidimensionale con la formazione didattica delle élites. Negli ultimi trent’anni si è vista l’opera di Istituti come l’Icm e l’Isig, e in particolare di quest’ultimo nella ricerca per una sociologia internazionale. La creazione a Gorizia di corsi universitari ha mostrato una buona possibilità di integrazione tra istituti di alta cultura e università.

D’altra parte la messa a reciproca disposizione di rapporti internazionali sia di istituti di ricerca che di università, indica la possibile integrazione sinergica anche a livello internazionale.

Il terzo problema è connesso alla definizione dell’indotto economico e alla individuazione delle vie per realizzarlo. A nostro avviso vi sono almeno due generi di indotto.

Il primo consiste nell’aumento dell’alone di prestigio di Gorizia presso il contesto internazionale per le attività scientifiche, culturali e didattiche che svolgono le sue istituzioni. Ciò avviene sia perché le sue pubblicazioni e i risultati delle sue ricerche arrivano dappertutto in Italia e all’estero e sia perché relatori, docenti, studenti vengono a Gorizia per seguire le attività che vi si svolgono. Ciò può tradursi, dal punto di vista economico, nella richiesta di consulenze o in proposte di joint-ventures, federazioni, coalizioni agli istituti di ricerca e alle istituzioni didattiche da parte di omologhe istituzioni straniere e italiane. Tale genere di indotto viene dunque a privilegiare le istituzioni goriziane e nova-goriziane attraverso apporti economici, i quali enfatizzano ancor più le centralità delle singole istituzioni goriziane e di Gorizia in generale.

Il secondo genere di indotto è rappresentato dai servizi di contesto, che sono necessari per il buon funzionamento delle dette istituzioni scientifiche, culturali e didattiche. Tali servizi riguardano quindi alloggi o foresterie per studenti, ricercatori e docenti, alberghi e locande per relatori e partecipanti a singole manifestazioni, trattorie e ristoranti, agenzie di organizzazione di convegni, tipografie per la pubblicazione, traduttori e funzioni di docenza di lingue straniere. Tali professionalità e strutture nasceranno, verranno a Gorizia e saranno attratte in corrispondenza del formarsi delle necessità.

Il quarto problema riguarda l’attivazione delle necessità perché si realizzino a Gorizia le istituzioni scientifiche e didattiche in considerazione. Da questo punto di vista sono necessarie leggi nazionali a cominciare dall’Italia e dalla Slovenia, ma anche leggi dei singoli paesi che entrano nella organizzazione delle singole iniziative; ma sono necessarie pure le azioni dirette e indirette degli enti locali di Gorizia, di Nova Gorica e della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia. Vi sono poi due ulteriori necessità. La prima riguarda il tipo di relazione che riusciranno a instaurare le singole istituzioni scientifiche, culturali e didattiche per realizzare a Gorizia quel prodotto ulteriore che abbiamo indicato con “Forum permanente dei azioni per la cultura e la pace”. Tali relazioni saranno differenti a seconda degli ambiti di monopolio, di coalizione, di federazione, di joint-venture. La seconda necessità, altrettanto importante e più di carattere ambientale, riguarda la creazione di attività culturali, sportive e di tempo libero a supporto a quelle più “dure” scientifico-didattiche. Parchi storico-ambientali centrati sulla grande Guerra e articolantisi lungo il Carso, il Sabotino, il Podgora, il San Gabriele, il San Michele, i segni della multicultura dell’area nei castelli italiani e sloveni, i frammenti di presenze ormai consumate del legittimismo francese (la tomba dei reali di Francia e i percorsi a Gorizia di questi - Albergo “Tre Corone”, Villa Coronini, Palazzo Strassoldo, Villa Boeckmann). A queste iniziative si può anche aggiungere quella dei “giochi europei della goliardia”, progettati sulla base di una ricostruzione filologica della goliardia medioevale risultante dalla fusione di attività del mercato, delle lezioni accademiche

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Alberto Gasparini 219

all’aperto in mezzo alla gente, della ricostruzione di un clima di chierici vaganti e di “cultura scritta detta e recitata” di tale goliardia.

Il quinto problema fa riferimento al raggio d’influenza di tale funzione per Gorizia. Come essa è stata delineata fin qui, appare certamente in funzione del goriziano e del nova-goriziano e della regione limitrofa, ma soprattutto è orientata all’Europa centrale-orientale-balcanico/danubiana per quanto riguarda i temi da trattare e gli utenti primari come operatori internazionali. Più in generale il raggio d’influenza dovrà estendersi all’Europa occidentale e (già) orientale, come anche ed ovviamente all’Italia e alla Slovenia, come “Forum” per discutere in tutte le possibili fasi i rapporti reciproci.

In definitiva il raggio d’influenza da privilegiare è quello medio dell’area centro-orientale-balcanico/danubiano per la soluzione delle crisi, che poi si allarga a quello internazionale e mondiale come punto di incontro. Il raggio di influenza locale e regionale diventa indirettamente fondamentale per la sua capacità di dotare l’area locale di quanto è necessario per realizzare gli altri raggi di influenza. 3. Congruenza tra le centralità e le discontinuità progettate

La conclusione sul modello di sviluppo ipotizzato possiamo riservarla alla proposizione della congruenza fra le cinque centralità, che nelle immagini morfologiche del nostro discorso abbiamo anche indicato come discontinuità che piano piano vanno a sostituire quella unica e globale della frontiera. In altri termini, se le cinque discontinuità si sovrappongono bene, allora contribuiranno a rafforzare in Gorizia un’unica discontinuità/centralità.

Dall’analisi del contesto goriziano in funzione di ognuna di queste potenziali centralità abbiamo osservato che vi sono delle condizioni specifiche per le quali nessuna nasce in un deserto. Vi sono aziende già consolidate per il terziario avanzato, vi è una tradizione per il commercio, vi sono investimenti ed esperienze per la formazione professionale e aziendale, vi è una nuova “configurazione regionale” della “soglia di Gorizia” per i trasporti, vi è una lunga tradizione anche se segmentata di interconnessioni fra l’opera delle istituzioni scientifiche e l‘opera delle istituzioni didattiche.

Accanto a tale solidità di background di ognuna delle specializzazioni, ovviamente abbiamo osservato dei tempi di incubazione differenti così come degli ambiti di diffusione pure differenti.

Possiamo rendere in termini grafici tempi e ambiti di influenza. specializzazione tempi di espressione 1500 1919 1945 1989 1998 • terziario avanzato ————————— • commercio ———————————————————— • formazione ——————— • nodi di collegamento ———————————————————— • scienza e didattica ———— - - - - - - - - - - - - —————————

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Il modello di sviluppo internazionale per il futuro dell’economia di Gorizia-Nova Gorica 220

specializzazione ambiti di influenza Ison- Regio- Gori- Italia Europa Europa Mondo tino ne zia- Slove. centro- Est- Fvg Nova nia orient. Ovest Gorica Austria balcan. danub. • terziario avanzato —————————————— - - - - - - - - - - - • commercio —————————————— • formazione —————————————— - - - - - - - - - - - • nodi di collegamento ———————————— • scienza e didattica ————————————

I tempi indicano come fortemente consolidato sia il commercio, i nodi di collegamento, e la

specializzazione scientifica/didattica; mentre le nuove tecnologie hanno enfatizzato la nascita del terziario avanzato e, con la caduta del comunismo, la formazione professionale per i paesi dell’Est Europa. Dalla parte del raggio di influenza abbiamo tre specializzazioni (terziario avanzato, commercio, formazione professionale) che dal locale si proiettano all’Europa centrale-orientale e balcanico-danubiana; mentre le altre due specializzazioni (nodi di collegamento, centro di scienza e didattica) espandono il loro raggio dai paesi limitrofi (Italia, Austria e Slovenia) fino al mondo. Comune raggio di influenza per tutte le specializzazioni è dunque rappresentato da quell’area internazionale compresa fra il triangolo di Italia-Austria- Slovenia e l’Europa centrale-orientale-balcanico/danubiana.

A questo punto abbiamo ulteriori elementi, da aggiungere a quelli esaminati nell’analisi delle singole specializzazioni, per valutare della compatibilità-congruenza fra il perseguimento delle cinque specializzazioni considerate. La risposta sulla compatibilità è senz’altro positiva, in quanto abbiamo visto come ognuna delle specializzazioni abbia un proprio contesto di tradizioni e di professionalità che è in-dipendente e non confliggente l’uno con l’altro. In più il fatto che tali specializzazioni abbiano ambiti di influenza molto articolati, tra locale e cosmopolita, accentua la loro complementarità, e di conseguenza rende complessa la base economica dello sviluppo, per cui gli effetti negativi delle crisi, di formazione, di crescita o anche di mutamento di ognuna di tali specializzazioni, possono essere esorcizzati o limitati, proprio dalle altre specializzazioni non in crisi, che ovviamente hanno traiettorie, tempi e organizzazioni molto differenti.

Ci troviamo dunque di fronte a una compatibilità, che per le ragioni dette si trasforma in modello di sviluppo unico e al tempo stesso articolato e complesso.

[A. Gasparini, Modello di sviluppo internazionale per il futuro dell’economia di Gorizia-Nova Gorica, in A. Gasparini, M. Zago (cur.), Gorizia, Nova Gorica e le aree di confine italo-slovene, Isig, Gorizia, 1998, pp. 85-108]

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SIMULAZIONE DEL FUTURO DELLE CITTÀ GEMELLE GORIZIA-NOVA GORICA

Paola Rizzi Moreno Zago

Abstract: Il capitolo riporta una simulazione dei rapporti transfrontalieri, utilizzando il motore “Future”. Vengono scelti sessanta eventi, ad ognuno dei quali viene assegnata una probabilità di realizzazione da parte di dieci esperti goriziani. La simulazione giocata con “Future”, evidenzia la maggior importanza dei seguenti eventi: gestione comune di alcune strutture ed iniziative economiche e sociali, informatizzazione delle pubbliche amministrazioni, realizzazione di nuovi parcheggi, unità di lavoro che prescindono dalle rispettive strutture politiche, ecc. Keywords: Gorizia, Nova Gorica, Future, simulazione, eventi nuovi

• − • − • 1. Premessa

Con il presente contributo, si vuole proporre una simulazione dei rapporti transfrontalieri tra due città

tagliate dal confine quali Gorizia-Nova Gorica. La validità dell’intenzionalità progettuale nella pianificazione territoriale è limitata da una serie di

interrogativi a cui il pianificatore non riesce a dare risposta con le tecniche tradizionali: a) la capacità di prevedere un futuro possibile; b) la complicata struttura delle relazioni nello stato di fatto; c) la reale potenzialità intrinseca alla trasformazione.

Le tecniche di simulazione, come la giocosimulazione, sono uno strumento che consente di ottenere, in tale contesto, dati presuntivi in maniera più convincente poiché: a) rende intelligibili gli effetti di determinate decisioni/scelte; b) definisce il comportamento dei singoli soggetti sociali sollecitati dal processo di trasformazione; c) verifica, entro certi limiti, gli obiettivi generali stessi che stanno alla base del progetto di pianificazione.

In sostanza, le giocosimulazioni rappresentano un efficace strumento per affrontare l’analisi quantitativa dei problemi e sono utili quadri di riferimento nello strutturare decisioni in àmbiti complessi laddove l’intersezione di variabili sia qualitative che quantitative non consente l’utilizzo di tecniche più tradizionali.

La progettazione di una giocosimulazione richiede l’individuazione del livello di aggregazione delle variabili (ruoli), delle relazioni fra queste definizioni (regole), del trattamento della variabile tempo (fasi), dei parametri e dei fattori di cambiamento rilevanti o meno (scenario) e scelta dell’algoritmo (sistema di contabilità), calibratura dei parametri e delle variabili, cioè la definitiva messa a punto e costruzione del gioco (introduzione di tecniche e materiali).

La simulazione del futuro di Gorizia-Nova Gorica è stata condotta utilizzando il motore di Future. Future è un gioco in cui si hanno sessanta eventi divisi in quattro gruppi di quindici eventi, ciascun

gruppo “assegnato” ad un giocatore. Ad ogni evento è assegnata una probabilità di realizzazione (occur) nei successivi venti anni; ogni evento è correlato (tramite una matrice di interazione) con altri, il suo accadere o no influenza le probabilità degli eventi correlati. Agli eventi conosciuti si aggiungono quindici

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Simulazione del futuro delle città gemelle Gorizia-Nova Gorica 222

news che hanno il ruolo di “imprevisti” e influenzano anch’esse le probabilità di alcuni eventi (1). Future è stato elaborato per la Kaiser Alluminium and Chemical Corp., da Gordon e Helmer, nel 1966. Gli eventi e le news sono state scelti, e così le matrici, dopo una lunga serie di interviste con gli esperti dei vari settori. Ivan Blecic e Paola Rizzi, di Stratema-Laboratorio sulla simulazione dello Iuav di Venezia, hanno realizzato una versione informatizzata di Future che consente la partecipazione di dieci giocatori.

I giocatori possono influenzare con “investimenti” le probabilità degli eventi in gioco sul loro quadrante e scommettere sulle relazioni che immagineranno esistere tra gli eventi. All’inizio del gioco, essi fanno una previsione globale su quali eventi si realizzeranno e quali no dopo i venti anni. Per ciascuna previsione “azzeccata” si ricaverà un certo numero di punti, variabile secondo le difficoltà della previsione.

Ad ogni partita, ciascun giocatore mette in gioco due eventi cui si uniscono sette news, l’ordine in cui eventi e news prescelti sono messi in gioco è casuale; sull’evento in gioco descritto da una carta si può investire per influenzarne le probabilità (da parte del giocatore cui l’evento appartiene) e si può scommettere sulle sue relazioni con gli altri eventi.

Finita questa fase, un generatore di numeri casuali (un icosaedro) determina sulla base delle probabilità raggiunte a quel punto se l’evento avviene o no (occur o not occur). Le news avvengono comunque. A questo punto, a seconda dell’evento o del tipo di news avvenuto o dell’evento non avvenuto, si modificano le probabilità degli altri eventi e si pagano le “scommesse”. Vince chi ottiene il massimo punteggio sommando i risultati delle previsioni globali e i “denari guadagnati” nelle previsioni “locali”. 2. La scelta degli “eventi” per Gorizia e Nova Gorica

Nello specifico, per simulare il futuro delle città gemelle Gorizia-Nova Gorica, sono stati individuati

novanta eventi e dieci imprevisti. Gli eventi sono stati scelti dopo un’accurata lettura della stampa locale, della letteratura esistente, dei risultati di ricerche e delle interviste effettuate dall’Isig a personalità del mondo economico, socio-culturale e politico.

Gli eventi, riportati in appendice, sono stati suddivisi in quattro settori e sette attività: settori economico (attività commerciali e industriali, turistiche), sociale (attività di benessere, culturali, bilinguismo, di spettacolo, sportive), politico-amministrativo e internazionale.

Ad ogni evento, è stata associata una probabilità di realizzo iniziale del 10%, 20%, 30% o 40%. Ogni evento ed imprevisto esercita un’influenza positiva o negativa sugli altri eventi: l’influenza positiva incrementa del 10% il valore della probabilità di realizzo iniziale dell’evento correlato; quella negativa lo decrementa del 10%. Per problemi di spazio, non è possibile riportare la matrice delle correlazioni positive e negative tra gli eventi. Ci limitiamo, pertanto, a riportare la probabilità di realizzo di ciascun evento. È opportuno, anche se evidente, sottolineare che la scelta degli eventi e degli imprevisti, la loro probabilità di realizzo e di reciproca influenza sono elementi che vanno attentamente curati, poiché influiscono in maniera decisiva sulle sorti della simulazione.

Sono state chiamate a giocare dieci personalità del mondo socio-economico del goriziano. A ciascuna di esse, è stato chiesto di scegliere i dieci eventi che hanno la maggior probabilità di realizzo tra dieci-quindici anni. Le scelte effettuate dai dieci soggetti sono state le seguenti:

SOGGETTO N.1 (FUNZIONARIO COMUNALE DI GORIZIA): 4. Specializzazione nel commercio di nicchia; 17. Pacchetto turistico “delle due città”; 23. Differenziazione di servizi e di attività turistiche; 34. Maggiori 1. Alcuni eventi di Future: si perforano le piattaforme continentali per cercarvi metalli; viene realizzato un programma mondiale contro la povertà; in ogni terreno agricolo viene utilizzato un programma computerizzato; si consente e si accetta l’uso generalizzato di medicinali per il controllo della personalità; ai capi famiglia si garantisce uno stipendio annuo di seimila dollari; risultano valide le previsioni del tempo a breve termine; viene ottenuto un efficace controllo delle nascite in tutto il mondo; viene vietata la circolazione degli automezzi privati nei centri delle città; l’investimento annuo in strumenti automatizzati è dieci volte superiore a quello del 1966. Alcune news di Future: le prossime elezioni saranno tenute tramite computer; i lavoratori attaccano le nuove macchine; un Ufo atterra: nessuno a bordo; si sviluppa l’Esp; passa la legislazione per contenere l’aumento di popolazione.

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Paola Rizzi, Moreno Zago 223

servizi di assistenza agli anziani; 37. Creazione di un polo museale; 62. Festa culinaria “delle due città”; 70. Agenzia per l’ambiente; 74. Salvaguardia delle acque dell’Isonzo e del Corno; 81. Sviluppo delle infrastrutture; 87. Localizzazione di uffici di organismi comunitari ed internazionali. SOGGETTO N.2 (FUNZIONARIO COMUNALE DI GORIZIA): 9. Elevati investimenti dell’Unione europea; 17. Pacchetto turistico “delle due città”; 18. Turismo culturale transconfinario; 24. Potenziamento dei parchi naturali di Piuma e dell’Isonzo; 40. Il castello di Gorizia: centro culturale delle due città; 66. Unità di lavoro che prescindono dalle rispettive strutture politiche; 74. Salvaguardia delle acque dell’Isonzo e del Corno; 81. Sviluppo delle infrastrutture; 85. Sede di corsi universitari; 89. Le due città come ponte tra Est ed Ovest. SOGGETTO N.3 (FUNZIONARIO COMUNALE DI GORIZIA): 12. Sviluppo di un Parco scientifico e tecnologico; 18. Turismo culturale transconfinario; 21. Turismo giovane; 34. Maggiori servizi di assistenza agli anziani; 37. Creazione di un polo museale; 40. Il castello di Gorizia: centro culturale delle due città; 50. Bilinguismo nella pubblica amministrazione; 55. Eventi di richiamo internazionale; 63. Organizzazione di tornei sportivi; 74. Salvaguardia delle acque dell’Isonzo e del Corno. SOGGETTO N.4 (FUNZIONARIO COMUNALE DI NOVA GORICA): 1. Sistema produttivo orientato all’industria del tempo libero; 6. Aumento dei lavoratori transfrontalieri; 34. Maggiori servizi di assistenza agli anziani; 43. Testi scolastici di storia comuni; 46. I casinò sostengono la cultura; 52. Insegnamento nelle scuole della lingua della città gemella; 64. Gare di canottaggio sull’Isonzo; 70. Agenzia per l’ambiente; 85. Sede di corsi universitari; 89. Le due città come ponte tra Est ed Ovest. SOGGETTO N.5 (FUNZIONARIO COMUNALE DI NOVA GORICA): 1. Sistema produttivo orientato all’industria del tempo libero; 2. Nuova mentalità imprenditoriale diffusa; 56. Orchestra e coro “delle due città”; 59. Proficua collaborazione tra le scuole di musica delle due città; 64. Gare di canottaggio sull’Isonzo; 70. Agenzia per l’ambiente; 74. Salvaguardia delle acque dell’Isonzo e del Corno; 76. Ottimizzazione dei trasporti; 81. Sviluppo delle infrastrutture; 89. Le due città come ponte tra Est ed Ovest. SOGGETTO N.6 (FUNZIONARIO COMUNALE DI NOVA GORICA): 1. Sistema produttivo orientato all’industria del tempo libero; 2. Nuova mentalità imprenditoriale diffusa; 11. Aumento delle società a capitale misto; 26. Realizzazione di una mappa “delle due città”; 54. Trasmissioni televisive bilingue; 63. Organizzazione di tornei sportivi; 70. Agenzia per l’ambiente; 74. Salvaguardia delle acque dell’Isonzo e del Corno; 85. Sede di corsi universitari; 86. Istituzione di fiere permanenti. SOGGETTO N.7 (RESPONSABILE DI ORGANIZZAZIONE CULTURALE): 7. Specializzazione in alta formazione professionale; per il terziario avanzato; 10. Aumento dell’attività artigianale per il recupero urbano; 24. Potenziamento dei parchi naturali di Piuma e dell’Isonzo; 32. Vi è crescita demografica; 40. Il castello di Gorizia: centro culturale delle due città; 41. Valorizzazione di villa Coronini; 59. Proficua collabora-zione tra le scuole di musica delle due città; 63. Organizzazione di tornei sportivi; 70. Agenzia per l’ambiente; 83. Riconoscimento di uno status europeo speciale delle due città. SOGGETTO N.8 (RESPONSABILE DI ISTITUTO DI RICERCA): 12. Sviluppo di un Parco scientifico e tecnologico; 18. Turismo culturale transconfinario; 31. I gruppi etnici sono visti negli atti pubblici e privati; come delle vere risorse per lo sviluppo; 36. Sviluppo di una cultura di confine; 51. Segnaletica stradale bilingue; 68. Informatizzazione delle pubbliche amministrazioni; 73. Gestione telematica del territorio; 80. Crocevia di studi internazionali; 85. Sede di corsi universitari; 87. Localizzazione di uffici di organismi comunitari ed internazionali. SOGGETTO N.9 (LIBERO PROFESSIONISTA): 11. Aumento delle società a capitale misto; 19. Turismo by night; 28. Elevata integrazione culturale; 29. Elevata qualità urbana; 37. Creazione di un polo museale; 55. Eventi di richiamo internazionale; 69. Gestione comune di alcune strutture e iniziative sociali ed

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Simulazione del futuro delle città gemelle Gorizia-Nova Gorica 224

economiche; 73. Gestione telematica del territorio; 85. Sede di corsi universitari; 89. Le due città come ponte tra Est ed Ovest. SOGGETTO N.10 (IMPRENDITORE): 7. Specializzazione in alta formazione professionale; per il terziario avanzato; 11. Aumento delle società a capitale misto; 24. Potenziamento dei parchi naturali di Piuma e dell’Isonzo; 40. Il castello di Gorizia: centro culturale delle due città; 55. Eventi di richiamo internazionale; 66. Unità di lavoro che prescindono dalle rispettive strutture politiche; 70. Agenzia per l’ambiente; 73. Gestione telematica del territorio; 80. Crocevia di studi internazionali; 89. Le due città come ponte tra Est ed Ovest.

In totale, sono stati scelti 51 differenti eventi; di questi, 49 sono stati indicati più di una volta.

Prevalgono scelte di eventi di carattere politico-amministrativo ed internazionale. In particolare, 19 scelte sono state effettuate nel settore politico-amministrativo e 19 in quello internazionale; 16 scelte tra le attività turistiche e 12 tra quelle commerciali e industriali; 11 tra le attività culturali, 7 tra le attività di spettacolo, 7 tra le attività di benessere, 5 tra quelle sportive; solamente 4 sono le scelte tra gli eventi del bilinguismo.

Gli eventi nei quali i soggetti sembrano maggiormente credere sono: Agenzia per l’ambiente (6), Le due città come ponte tra Est ed Ovest (5), Sede di corsi universitari (5), Salvaguardia delle acque dell’Isonzo e del Corno (4), Il castello di Gorizia: centro culturale delle due città (4).

3. Il meccanismo di gioco e i risultati della simulazione La simulazione effettuata da Blecic e Rizzi dello Stratema di Venezia prevede alcune modifiche

rispetto alla versione originaria di Future. Gli eventi e gli imprevisti che dovranno influenzare la simulazione non vengono scelti (se pur casualmente) a priori ma vengono continuamente reinseriti attraverso dei cicli iterativi. Inoltre, non si ottiene un unico scenario finale ma uno scenario per ciascun soggetto; dal confronto tra gli scenari sortiti si determinerà quello finale. Infine, la simulazione prevede alcuni “settaggi” preliminari, quali:

• il numero di imprevisti estratti, il cui valore è stato impostato a 5; • il numero di iterazioni tra eventi e tra eventi e imprevisti per ciascuna sessione, ossia il numero di

volte che vengono considerati dieci eventi presi casualmente e fatti interagire con gli altri ottanta eventi. Sono state effettuate cinquanta iterazioni; valori più elevati non apportano scostamenti significativi;

• l’effetto evento/evento, ossia la variazione della percentuale di probabilità che l’accadere di un evento provoca negli eventi sui quali ha diretta influenza. Il valore è stato impostato a ±10%;

• l’effetto imprevisto/evento, ossia la variazione della percentuale di probabilità che l’accadere di un imprevisto provoca negli eventi sui quali ha diretta influenza. Il valore è stato impostato a ±10%;

• rispetto a Future, anche gli imprevisti hanno una percentuale di probabilità iniziale di realizzo che è stata impostata a 30. Una volta settati i valori, si è proceduto a lanciare il programma due volte per ciascun soggetto

rispondente per un totale di venti sessioni. Si è voluto elaborare i risultati per ciascun soggetto più di una volta al fine di valutare la bontà delle correlazioni. Le due sessioni non hanno fornito sostanziali differenze; pertanto, verranno qui considerati solamente i risultati ottenuti con la prima sessione. Nella tabella 1, si riportano le percentuali medie ottenute dalle cinquanta iterazioni tra eventi per ciascun evento e per ciascun soggetto.

Nella seconda fase, confrontando le percentuali di risposta, si è fissata una soglia minima per l’individuazione degli eventi più importanti. Sono stati considerati gli eventi con una percentuale superiore al 40%, evidenziati in grassetto nella tabella 1.

Dalla tabella si evince che la simulazione ha evidenziato 37 eventi diversi per un numero totale di 214 eventi con una percentuale di probabilità di realizzo superiore a 40. I 37 eventi individuati sono qui di seguito elencati (in ordine decrescente per numero di volte evidenziati):

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Paola Rizzi, Moreno Zago 225

7. Specializzazione in alta formazione professionale per il terziario avanzato (10) 16. Realizzazione di nuovi parcheggi (10) 26. Realizzazione di una mappa “delle due città” (10) 38. Si liberalizzano gli scambi di opere artistiche (10) 39. Informatizzazione del patrimonio culturale delle due città (10) 63. Organizzazione di tornei sportivi (10) 65. Sviluppo attività da palestra (10) 66. Unità di lavoro che prescindono dalle rispettive strutture politiche (10) 68. Informatizzazione delle pubbliche amministrazioni (10) 69. Gestione comune di alcune strutture e iniziative sociali ed economiche (10) 70. Agenzia per l’ambiente (10) 73. Gestione telematica del territorio (10) 74. Salvaguardia delle acque dell’Isonzo e del Corno (10) 76. Ottimizzazione dei trasporti (10) 55. Eventi di richiamo internazionale (9) 17. Pacchetto turistico “delle due città” (8) 77. Miglioramento dei servizi operativi, ricreativi e culturali di quartiere (8) 81. Sviluppo delle infrastrutture (6) 67. Confusione nel ruolo dei partiti politici (5) 75. Sviluppo di piani urbanistico-territoriali comuni (5) 21. Turismo giovane (4) 79. Recupero edilizio storico (4) 22. Tessera week-end (3) 24. Potenziamento dei parchi naturali di Piuma e dell’Isonzo (3) 82. Pluralità di nuove centralità (3) 18. Turismo culturale transconfinario (2) 36. Sviluppo di una cultura di confine (2) 40. Il castello di Gorizia: centro culturale delle due città (2) 41. Valorizzazione di villa Coronini (2) 6. Aumento dei lavoratori transfrontalieri (1) 10. Aumento dell’attività artigianale per il recupero urbano (1) 12. Sviluppo di un Parco scientifico e tecnologico (1) 33. Possibilità di incontri virtuali (1) 37. Creazione un polo museale (1) 47. Bilinguismo diffuso (1) 52. Insegnamento nelle scuole della lingua della città gemella (1) 71. Elezione diretta di una commissione di gestione comune (1)

Lo scenario del prossimo decennio per Gorizia-Nova Gorica risulta caratterizzato dai seguenti

elementi:

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Simulazione del futuro delle città gemelle Gorizia-Nova Gorica 226

• gli eventi che hanno ottenuto il maggior numero di segnalazioni (10) appartengono quasi esclusivamente al settore politico-amministrativo (7/14 eventi). Il totale di eventi appartenenti a questo settore però sale a 12/14 se consideriamo anche quelli che hanno ottenuto segnalazioni inferiori a 10. Gli eventi più significativi attengono alla gestione comune di servizi (Unità di lavoro che prescindono dalle rispettive strutture politiche, Gestione comune di alcune strutture e iniziative sociali ed economiche), all’informatizzazione delle attività comunali (Informatizzazione delle pubbliche amministrazioni, Gestione telematica del territorio), alla tutela ambientale (Agenzia per l’ambiente, Salvaguardia delle acque dell’Isonzo e del Corno).

• Un consistente numero di segnalazioni concerne anche gli eventi relativi alle attività turistiche (7/12) e a quelle culturali (6/11). I più significativi sono: Realizzazione di nuovi parcheggi, Realizzazione di una mappa “delle due città”, Pacchetto turistico “delle due città”, Si liberalizzano gli scambi di opere artistiche, Informatizzazione del patrimonio culturale delle due città.

• Elevati valori si sono registrati per gli eventi di carattere sportivo: Organizzazione di tornei sportivi e Sviluppo attività da palestra.

• A livello internazionale, spiccano gli eventi concernenti lo Sviluppo delle infrastrutture e Pluralità di nuove centralità.

• Particolare attenzione viene data alla organizzazione di Eventi di richiamo internazionale (9 segnalazioni).

Lo scenario per le due città gemelle si configura, pertanto, per: • una gestione moderna (telematica) della pubblica amministrazione. L’informatizzazione automatizza

la richiesta di certificati e di informazioni e collega le amministrazioni, le istituzioni economiche e le aziende delle due città facilitando anche i rapporti con le altre istituzioni e amministrazioni straniere; viene inoltre allestito un sistema informativo territoriale comune attraverso il quale produrre un veloce scambio di informazioni relative alla gestione delle calamità naturali e della comune qualità della vita;

• una particolare attenzione alla tutela ambientale. Le due città si impegnano a salvaguardare il patrimonio ambientale comune, quale il degrado da inquinamento industriale dell’Isonzo e del Corno; viene inoltre creata un’agenzia mitteleuropea per l’ambiente dove vengono raccolti, elaborati e comunicati dati ambientali, elaborati progetti d’intervento, organizzati seminari e congressi, giornate di studi sui problemi delle due città e della Mitteleuropa, in generale;

• lo sviluppo delle attività turistiche attraverso proposte ludico-culturali integrate, quali lo scambio di opere artistiche o l’organizzazione di eventi culturali comuni; in particolare, l’organizzazione di eventi di richiamo internazionale da realizzarsi in entrambe le città. Si incrementa la domanda turistica con un pacchetto turistico transfrontaliero che comprende itinerari gastronomici, percorsi artistico-artigia-nali e culturali. Si potenziano le strutture per attirare i giovani (creazione di ostelli, mense giovani, sconti nei negozi, nei trasporti e nelle attività culturali, ecc.) e rendere loro agibile le due città. Vi è la possibilità di raggiungere altri centri di interesse paesaggistico con agevolazioni economiche. Vengono, infine, incrementati i parcheggi attorno alle città con l’istituzione di bus-navetta che collegano i parcheggi ai centri delle due città. Le aree sono attrezzate di servizi (agenzie di promozione, punti di ristoro e wc) per l’accoglienza di pullman turistici;

• lo sviluppo delle attività sportive attraverso un’infrastrutturazione comune e l’organizzazione periodica di tornei nelle diverse specialità sportive;

• il potenziamento dei collegamenti viari: autostradali (Barcellona, Budapest-Kiev), ferroviari (scalo di Cervignano), portuali (Monfalcone) e aeroportuali (Ronchi dei Legionari);

• lo sviluppo di nuove centralità quali l’università, una nuova classe imprenditoriale più dinamica, un terziario avanzato moderno (parco scientifico-tecnologico) che non facciano perdere a Gorizia-Nova Gorica il ruolo di porta. In particolare, si sviluppa un Parco scientifico e tecnologico per incoraggiare la sperimentazione e l’imprenditoria locale. Il Parco porterebbe a nuove domande di preparazione professionali e ad accogliere tecnici operanti nel parco; pertanto, le due città si specializzano nell’alta formazione professionale per il terziario avanzato con la creazione e l’insediamento di agenzie ad hoc; ciò comporta un aumento dei lavoratori transfrontalieri;

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Paola Rizzi, Moreno Zago 227

• lo sviluppo di un diffuso bilinguismo che si manifesta nelle scuole, nella pubblica amministrazione, nella segnaletica stradale rendendo più facile il dialogo e più fluidi i rapporti culturali e la comprensione reciproca. Lo scenario qui prodotto è il risultato di determinate, seppure oculate, scelte: gli eventi, gli imprevisti,

la percentuale iniziale di realizzo, le correlazioni tra eventi ed eventi/imprevisti, il numero e la tipologia di soggetti intervistati, la determinazione dei settaggi di iterazione e randomizzazione. Tuttavia, ogni fase è stata attentamente valutata cercando di ridurre il margine di errore; per cui lo scenario risultante è uno scenario “altamente” possibile.

L’immagine prossima futura di Gorizia e Nova Gorica è quella di un sistema di città sempre più integrato all’interno del quale la telematica potrebbe giocare un ruolo importante. Per Gorizia-Nova Gorica, si presenta oggi l’occasione di divenire un vero e proprio “ponte” per il transito e lo scambio di persone, cose e informazioni tra Est ed Ovest; un nodo nella più ampia rete di rapporti formali ed informali tra le istituzioni culturali, scientifiche ed economiche. Nonostante le due città stiano da tempo sviluppando forme di cooperazione, s’impone un’accelerazione di questo processo di integrazione vitale per concedere all’area giuliano-slovena quel ruolo che attualmente viene svolto in gran parte da altri partners europei.

Nella speranza che il processo d’integrazione subisca un’accelerazione per ridare al sistema delle due città un ruolo di centralità nell’area alto-adriatica, concludiamo dandoci appuntamento tra dieci anni per valutare la fondatezza dello scenario così individuato.

Tabella 1a - Percentuali medie di realizzo degli eventi (E) per soggetto soggetti E 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 01 30 30 35 31 31 33 30 31 34 34 02 17 22 17 24 24 26 16 23 23 22 03 12 16 16 12 20 17 16 16 14 17 04 33 32 33 34 32 33 30 35 35 31 05 21 20 20 25 29 23 27 20 22 24 06 32 44 34 37 37 37 30 33 31 31 07 44 49 42 48 51 46 40 60 48 47 08 17 27 20 26 24 26 21 28 26 26 09 17 25 20 26 24 26 21 28 26 26 10 37 40 34 32 36 36 27 33 29 34 11 29 31 27 28 35 31 25 28 26 25 12 31 35 29 32 31 33 30 43 38 39 13 15 22 26 14 17 19 16 23 21 19 14 20 25 23 28 26 29 18 30 30 27 15 5 3 2 5 5 5 3 6 5 2 16 54 53 51 56 48 55 54 51 52 57 17 40 45 53 42 36 44 43 39 42 46 18 42 37 44 36 27 32 36 32 33 37 19 27 31 31 24 23 26 23 23 24 27 20 27 31 31 24 23 26 23 23 26 27

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21 37 41 42 41 34 40 36 33 36 37 22 37 44 45 34 34 36 39 33 36 42 23 31 34 36 34 34 34 37 31 33 36 24 41 30 38 43 39 40 38 30 32 34 25 31 23 28 33 29 30 30 20 22 27 26 45 47 48 44 42 40 41 40 43 44 27 26 21 23 32 30 28 28 19 20 24 28 21 31 27 23 20 25 26 28 23 29 29 30 38 24 26 27 28 23 28 25 30 30 30 33 25 36 29 28 28 30 20 27 Tabella 1b - Percentuali medie di realizzo degli eventi (E) per soggetto soggetti E 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 31 19 32 27 33 16 28 23 28 29 35 32 9 20 14 14 11 10 14 19 16 13 33 29 34 29 38 28 35 28 40 33 32 34 30 30 30 30 30 30 30 30 30 30 35 26 34 28 25 26 23 25 38 34 34 36 35 41 43 37 27 35 32 35 36 36 37 35 42 39 31 34 31 33 33 31 32 38 43 40 44 40 40 40 40 43 43 40 39 55 51 50 49 45 47 44 55 48 44 40 42 38 42 31 33 31 31 32 35 32 41 48 41 39 38 39 33 37 33 34 34 42 33 28 33 25 23 23 20 26 26 20 43 20 20 21 25 20 20 20 23 21 20 44 17 19 17 22 16 18 18 20 18 18 45 30 28 31 23 23 23 20 26 27 20 46 27 28 26 23 23 23 20 23 22 20 47 21 35 36 29 21 33 32 43 36 35 48 28 32 33 28 21 24 27 31 20 26 49 10 13 11 17 13 13 10 12 13 11 50 16 17 14 17 13 13 12 24 25 15 51 25 25 32 22 20 28 25 29 23 31 52 26 35 34 32 29 31 34 47 35 37 53 26 33 32 35 25 33 33 35 29 35 54 26 33 32 35 25 30 33 35 29 35 55 39 59 45 43 42 44 42 47 49 51 56 19 27 26 22 18 19 22 23 18 20 57 19 27 26 22 16 19 20 23 18 20

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58 19 24 21 17 18 19 18 18 16 16 59 19 24 21 22 18 19 16 18 18 16 60 31 31 31 23 29 26 25 26 28 24 Tabella 1c - Percentuali medie di realizzo degli eventi (E) per soggetto soggetti E 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 61 31 31 31 23 29 26 25 26 28 24 62 18 18 19 21 22 22 18 19 20 18 63 40 48 46 48 43 46 41 46 42 40 64 24 28 26 27 23 23 21 23 22 20 65 44 48 46 47 43 43 41 43 42 40 66 60 61 55 51 51 53 48 52 50 54 67 39 38 39 40 41 38 39 41 39 39 68 65 68 62 54 61 53 54 58 59 62 69 70 74 75 66 67 65 60 70 63 73 70 49 58 50 44 52 47 43 46 48 48 71 34 40 37 30 32 34 30 36 34 29 72 37 37 30 24 33 27 26 26 28 29 73 49 51 46 48 51 49 46 51 49 50 74 45 43 40 50 49 47 47 46 52 51 75 39 44 41 28 35 36 35 42 40 49 76 47 58 47 41 48 49 44 57 51 52 77 43 49 51 39 40 45 39 42 48 46 78 27 33 27 27 23 24 21 33 31 23 79 42 41 41 35 43 36 37 33 38 38 80 24 34 34 32 31 31 31 39 35 34 81 30 43 40 38 37 41 39 46 46 53 82 34 42 37 32 35 32 39 43 36 43 83 13 20 18 16 16 15 19 18 16 19 84 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 85 25 28 31 28 29 28 31 35 28 35 86 33 35 39 28 29 31 28 32 38 34 87 13 23 19 22 19 19 22 25 21 24 88 15 23 17 22 19 19 18 24 21 21 89 21 28 30 26 23 33 28 33 31 35 90 28 33 27 20 30 18 23 27 22 23

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Simulazione del futuro delle città gemelle Gorizia-Nova Gorica 230

Appendice

LISTA DEGLI EVENTI FUTURI PER GORIZIA-NOVA GORICA

S E T T O R E E C O N O M I C O

A T T I V I T À C O M M E R C I A L I E I N D U S T R I A L I 1. Sistema produttivo orientato all’industria del tempo libero (30%). Il sistema produttivo si orienta all’industria del

divertimento con la costruzione di nuovi casinò, discoteche, locali notturni e strutture adeguate, facili da raggiungere ed economiche, dove trascorrere il proprio tempo libero e coltivare i propri hobby (alberghi con piscina, parchi acquatici, terme, ecc.) assorbendo tutte le potenzialità del mercato e sottraendo forze agli altri settori di produzione.

2. Nuova mentalità imprenditoriale diffusa (20%). L’eliminazione della Zona franca ha accelerato il processo di formazione di una mentalità imprenditoriale nuova, non più legata al contributo pubblico. Questo ha consentito ai settori “assistiti” di non declinare ma di accentuare il loro ruolo trainante dell’economia (industria dolciaria, della meccanica di precisione, della trasformazione del legno, della chimica).

3. Area industriale mista a cavallo del confine (20%). La rinegoziazione dell’ex-trattato di Osimo ha dato luogo alla creazione di un’area industriale mista italo-slovena a cavallo del confine. Grazie alle reti consolidate e alle infrastrutture esistenti, le aziende offrono servizi e tecnologie avanzate ai paesi dell’Est. In particolare, si attivano programmi di joint venture che consentono di dislocare le strutture produttive a maggior esigenza di manodopera su territori d’oltre confine e reimportando il semilavorato per la lavorazione finale, la distribuzione e la vendita sul mercato europeo.

4. Specializzazione nel commercio di nicchia (30%). Le due città si sono specializzate nel piccolo commercio di nicchia.

5. Mercato permanente in piazza Vittoria (20%). Viene realizzato in piazza Vittoria un mercatino permanente italo-sloveno, riportando in vita l’originaria funzione della piazza.

6. Aumento dei lavoratori transfrontalieri (30%). Vengono emanate leggi a favore dei lavoratori transfrontalieri. 7. Specializzazione in alta formazione professionale per il terziario avanzato (40%). Le due città si sono

specializzate nell’alta formazione professionale per il terziario avanzato con la creazione e l’insediamento di agenzie ad hoc.

8. Elevati investimenti stranieri non Unione europea (20%). Oltre la metà dei capitali investiti nelle due città provengono dai paesi non facenti parte dell’Unione europea.

9. Elevati investimenti dell’Unione europea (20%). Gran parte dei capitali investiti nelle due città provengono dall’Unione europea.

10. Aumento dell’attività artigianale per il recupero urbano (20%). Lo sviluppo della manutenzione urbana ed edilizia (per iniziativa privata e pubblica) fanno aumentare la domanda di un artigianato specifico e tradizionale (edili, fabbri, ecc.).

11. Aumento delle società a capitale misto (30%). Massiccio ingresso nell’economia della città dell’imprenditoria d’oltre confine attraverso la creazione di società a capitale misto inserite in tutti i settori produttivi.

12. Sviluppo di un Parco scientifico e tecnologico (30%). Ingrandimento di un Parco scientifico e tecnologico per incoraggiare la sperimentazione e l’imprenditoria locale. Il Parco porterebbe a nuove domande di preparazioni professionali e ad accogliere tecnici operanti nel parco.

13. Marchio “delle due città” (20%). A particolari condizioni viene rilasciato un marchio d.o.c. “delle due città” per la produzione artigianale delle due città.

14. Orari dei negozi differenziati (20%). Le due città stabiliscono orari di apertura e di riposo settimanale dei negozi per garantire il miglior servizio ai propri cittadini.

15. Mentalità del “piccolo” e di breve raggio (20%). Si sviluppa una mentalità di breve raggio («frego il cliente ora senza pensare al futuro»).

A T T I V I T À T U R I S T I C H E

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Paola Rizzi, Moreno Zago 231

16. Realizzazione di nuovi parcheggi (40%). Vengono incrementati i parcheggi attorno alle città con l’istituzione di bus-navetta che collegano i parcheggi ai centri delle due città. Le aree sono attrezzate di servizi (agenzie di promozione, punti di ristoro e wc) per l’accoglienza di pullman turistici.

17. Pacchetto turistico “delle due città” (40%). Si cerca di incrementare la domanda turistica con un pacchetto turistico che comprenda itinerari gastronomici, percorsi artistico-artigianali e culturali.

18. Turismo culturale transconfinario (30%). Viene istituito un itinerario che ripercorre con spirito nuovo le strade, le vie, le piazze che hanno fatto la storia delle comunità. Un iter storico e paesaggistico che coinvolge il castello di Gorizia, via Rastello, piazza Vittoria, la galleria Bombi, il confine di Stato, il cimitero ebraico, la Castagnavizza, il santuario di Montesanto, ecc.

19. Turismo by night (20%). Si organizzano giri turistici notturni delle città. Tali giri prevedono un percorso costituito da cena, casinò, festa, ecc. in entrambe le città.

20. Al casinò (20%). Viene incrementata l’attività dei casinò, sia con azioni di promozione, sia aprendo nuove sale da gioco, sia con spettacoli di varietà e musica.

21. Turismo giovane (30%). Si potenziano le strutture per attirare i giovani (creazione di ostelli, mense giovani, sconti nei negozi, nei trasporti e nelle attività culturali, ecc.) e rendere loro agibile le due città. Possibilità di raggiungere altri centri di interesse paesaggistico con agevolazioni economiche.

22. Tessera week-end (30%). Viene istituita una tessera che consente di risparmiare fino al 50% sui trasporti, il pernottamento e l’entrata ai musei delle due città per chi si ferma nei fine settimana.

23. Differenziazione di servizi e di attività turistiche (30%). Le due città si spartiscono l’offerta di servizi e di attività turistiche. Gorizia diviene centro culturale e congressuale, sede di istituzioni internazionali, sede di università e corsi di formazione mentre Nova Gorica si specializza nel turismo di divertimento (case da gioco, discoteche, ecc.).

24. Potenziamento dei parchi naturali di Piuma e dell’Isonzo (30%). Vengono potenziate le strutture dei parchi di Piuma e dell’Isonzo per accogliere nuove attività ricreative e naturalistiche.

25. Parco naturale “delle due città” (20%). Viene creato un parco naturale che attraversa i comuni di Gorizia e Nova Gorica e coinvolge i comuni limitrofi. Viene istituito un Ente parco che ha la gestione complessiva del parco confinario (sorveglianza, monitoraggio, risanamento e manutenzione, organizzazione di visite guidate, produzione di materiale informativo e didattico).

26. Realizzazione di una mappa “delle due città” (30%). I due comuni realizzano una piantina stradale e turistica comune.

27. Creazione di piste ciclabili (20%). Vengono costruite delle piste ciclabili che attraversano le due città, spingendosi al di fuori attraverso le colline circostanti.

S E T T O R E S O C I A L E

A T T I V I T À D I B E N E S S E R E 28. Elevata integrazione culturale (20%). La gente delle due città sente di appartenere ad un’unica città, piuttosto che

sentirsi divisi dalla lingua e dalla storia che li ha visti oppressi/oppressori. Si sente integrata in una realtà differenziata.

29. Elevata qualità urbana (20%). Si eleva la qualità urbana con elementi specifici e di richiamo internazionale. Si accresce, così, l’importanza delle due città non solo a livello regionale ma, soprattutto, nazionale ed internazionale.

30. Costruiti e favoriti luoghi comuni di aggregazione (20%). I giovani delle due città frequentano luoghi di aggregazione ludico-sportivi comuni.

31. I gruppi etnici sono visti negli atti pubblici e privati come delle vere risorse per lo sviluppo (20%). Il non aver accentuato le differenze economiche, sociali e politiche ha fatto sì che i gruppi etnici siano diventati delle vere risorse per lo sviluppo delle due città che diventano un esempio a livello europeo dei vantaggi di una convivenza multietnica.

32. Vi è crescita demografica (10%). La popolazione delle due città ha invertito la tendenza negativa e, complessivamente, raggiunge i 70mila abitanti.

33. Possibilità di incontri virtuali (30%). Lo sviluppo delle reti telematiche e della tecnologia di realtà virtuale dà la possibilità ai soggetti (individui, famiglie, organizzazioni, imprese) di incontri virtuali e di discussioni sui problemi delle comunità.

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Simulazione del futuro delle città gemelle Gorizia-Nova Gorica 232

34. Maggiori servizi di assistenza agli anziani (30%). La trasformazione demografica di Gorizia verso un invecchiamento della popolazione induce un incremento di offerta di servizi agli anziani (realizzazione di case di riposo, assistenza domiciliare, ecc.).

35. Tariffa telefonica urbana per entrambe le città (20%). Telefonare nella città gemella avrà il costo di una telefonata urbana.

A T T I V I T À C U L T U R A L I

36. Sviluppo di una cultura di confine (30%). Vengono concesse agevolazioni ad artisti, studiosi e imprenditori di

entrambe le città per lo sviluppo di attività creative e produttive di una cultura di confine. 37. Creazione di un polo museale (30%). Le attività museali di entrambe le città si coordinano nelle iniziative per

valorizzare e riorganizzare il patrimonio museale. Si studiano percorsi, iniziative didattiche, offerte per residenti e turisti (riduzioni sui biglietti, biglietto unico cumulativo valido per più mesi o mostre, ecc.).

38. Si liberalizzano gli scambi di opere artistiche (40%). Le due città favoriscono facilitandolo lo scambio del rispettivo patrimonio museale.

39. Informatizzazione del patrimonio culturale delle due città (40%). Si procede alla creazione di una banca dati multimediale del patrimonio culturale delle due città, costituendo una fonte d’informazione per appassionati, studiosi e operatori di restauro.

40. Il castello di Gorizia: centro culturale delle due città (30%). Il castello di Gorizia diviene centro culturale-museale delle due città. Vi si organizzano mostre, concerti, convegni, spettacoli di/per entrambe le città.

41. Valorizzazione di villa Coronini (30%). Vengono valorizzati il parco e la villa Coronini attraverso la ristrutturazione del parco per spettacoli e passeggiate e della villa per la creazione di un museo permanente della comunità locale.

42. Prolungamento dell’apertura delle biblioteche, musei, ecc. (20%). Le attività culturali si strutturano in modo tale da garantire un miglior servizio in termini di orari.

43. Testi scolastici di storia comuni (20%). Nelle scuole di ogni grado di entrambe le città vengono utilizzati i medesimi testi di storia.

44. Coinvolgimento delle scuole in iniziative culturali (20%). Le scuole di entrambe le città confinarie vengono coinvolte in iniziative culturali comuni (mostre fotografiche realizzate dagli studenti, gare di pittura, ecc.).

45. Biblioteca comune “delle due città” (20%). Le biblioteche comunali delle due città si fondono per dar vita ad un’unica grande biblioteca posta lungo il confine dove vengono raccolte le pubblicazioni in entrambe le lingue.

46. I casinò sostengono la cultura (20%). Viene fissata da parte delle amministrazioni delle due città una percentuale delle entrate delle sale da gioco per il sostegno delle attività culturali e di ricerca.

B I L I N G U I S M O

47. Bilinguismo diffuso (20%). Il bilinguismo viene incoraggiato e progettato. Nelle scuole, nella pubblica

amministrazione, nella segnaletica stradale, attraverso la conoscenza e l’uso delle diverse lingue, è più facile dialogare e si rendono più fluidi i rapporti culturali e la comprensione reciproca.

48. Creazione di un Centro filologico (20%). Nasce un centro culturale che si occupa di filologia e studia le commistioni e le reciproche influenze delle lingue italiana e slovena, promuovendo la conoscenza di queste attraverso l’organizzazione di corsi in entrambe le città.

49. Bilinguismo nei tribunali (10%). È possibile parlare in entrambe le lingue nei tribunali di giustizia. 50. Bilinguismo nella pubblica amministrazione (10%). È possibile parlare in entrambe le lingue per accedere ai

servizi della pubblica amministrazione. 51. Segnaletica stradale bilingue (20%). La segnaletica stradale di entrambe le città è fatta in entrambe le lingue. 52. Insegnamento nelle scuole della lingua della città gemella (30%). Nelle scuole di ogni grado di entrambe le città

si impartiscono insegnamenti delle lingue italiano e sloveno. 53. Trasmissioni radiofoniche bilingue (30%). Nasce una radio locale che trasmette programmi in entrambe le lingue. 54. Trasmissioni televisive bilingue (30%). Nasce una televisione locale che trasmette programmi in entrambe le

lingue.

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Paola Rizzi, Moreno Zago 233

A T T I V I T À D I S P E T T A C O L O 55. Eventi di richiamo internazionale (40%). Ogni anno vengono realizzati tre eventi di richiamo internazionale da

realizzarsi in entrambe le città (ad esempio: sfilata di carnevale per le vie di entrambe le città, parata del folclore internazionale, concorso di musica internazionale, festival del cinema d’autore, gare di paracadutismo, ecc.).

56. Orchestra e coro “delle due città” (20%). Vengono istituite un’orchestra e un coro con musicisti provenienti da entrambe le città per la promozione e la valorizzazione della musica, anche locale di confine.

57. Compagnia teatrale “delle due città” (20%). Viene istituita una compagnia teatrale con attori provenienti da entrambe le città per la promozione e la valorizzazione del teatro, anche locale di confine.

58. Attività differenziate dei teatri delle due città (20%). I teatri delle due città si spartiscono le funzioni. L’uno musicale (concerti e opere) e l’altro teatrale.

59. Proficua collaborazione tra le scuole di musica delle due città (20%). Tra le scuole di musica delle due città si creano proficui scambi culturali grazie ai quali i giovani musicisti hanno la possibilità di esibirsi in concerti, saggi, e di frequentare corsi di specializzazione, ecc.

60. Spazi pubblici per pittori e artisti (20%). Vengono allestiti nelle due città particolari spazi dove pittori, madonnari e artisti possono esporre i loro lavori.

61. Spettacoli per via (20%). Vengono allestiti nelle due città particolari spazi dove musicisti, attori, poeti e saltimbanchi possono esibirsi.

62. Festa culinaria “delle due città” (30%). Viene organizzata una festa culinaria che coinvolge i locali di ristoro di entrambe le città per riscoprire e riproporre piatti tipici locali. Una gara fra i locali conclude la rassegna culinaria.

A T T I V I T À S P O R T I V E

63. Organizzazione di tornei sportivi (40%). Al fine di favorire l’integrazione, le due città organizzano

periodicamente tornei nelle diverse specialità sportive. 64. Gare di canottaggio sull’Isonzo (20%). Vengono allestiti dei lavori per consentire una tranquilla e sicura

percorrenza dell’Isonzo in canoa, kayak, ecc. per corsi e gare. 65. Sviluppo attività da palestra (40%). Vengono potenziate le strutture sportive delle due città per lo sviluppo di

attività da palestra.

S E T T O R E P O L I T I C O - A M M I N I S T R A T I V O 66. Unità di lavoro che prescindono dalle rispettive strutture politiche (40%). Nonostante il superamento del confine

con l’entrata della Slovenia nella Comunità europea, le due città mantengono inalterate la propria identità linguistica, culturale, economica, sociale e politica. Sono un’aggregazione di unità di lavoro che prescindono dalle rispettive strutture politiche. Massima collaborazione economico-strumentale con minima apertura sociale-culturale.

67. Confusione nel ruolo dei partiti politici (30%). Le nuove strutture europee impediscono di raggiungere un’omogeneità culturale tra i partiti politici. L’interesse primario è quello di stabilizzarsi politicamente. Da un lato questa confusione di ruolo permette il recupero di valori che l’Europa normativa ha cancellato, sbloccando tipologie culturali autonome che l’unificazione tendeva a sommergere. Dall’altro lato, produce un allungamento dei tempi necessari nel costruire basi solide per la cooperazione e lo sviluppo economico.

68. Informatizzazione delle pubbliche amministrazioni (40%). L’informatizzazione automatizza la richiesta di certificati e di informazioni e collega le amministrazioni, le istituzioni economiche e le aziende delle due città facilitando anche i rapporti con le altre istituzioni e amministrazioni straniere.

69. Gestione comune di alcune strutture e iniziative sociali ed economiche (40%). La gestione di alcune strutture e iniziative sociali ed economiche (ospedali, trasporti, elettricità, prevenzione della delinquenza, dogana internazionale, campagne di sensibilizzazione ecologica, carceri, uffici di collocamento), viene portata avanti congiuntamente dalle amministrazioni delle due città.

70. Agenzia per l’ambiente (40%). Viene creata un’agenzia mitteleuropea per l’ambiente dove vengono raccolti, elaborati e comunicati dati ambientali, elaborate progetti d’intervento, organizzati meeting e congressi, giornate di studi sui problemi delle due città e della Mitteleuropa, in generale.

71. Elezione diretta di una commissione di gestione comune (30%). I residenti delle due città votano per l’elezione di una commissione comune che rappresenti gli interessi comuni delle due città.

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Simulazione del futuro delle città gemelle Gorizia-Nova Gorica 234

72. Comune raccolta differenziata dei rifiuti (20%). Viene organizzata la gestione della raccolta differenziata dei rifiuti da parte delle due città attraverso una struttura ad hoc che si preoccupare di raccogliere e riciclare i rifiuti.

73. Gestione telematica del territorio (40%). Viene allestito un sistema informativo territoriale comune attraverso il quale produrre un veloce scambio di informazioni relative alla gestione delle calamità naturali e della comune qualità della vita.

74. Salvaguardia delle acque dell’Isonzo e del Corno (40%). Le due città s’impegnano a salvaguardare il patrimonio ambientale comune, quale il degrado da inquinamento industriale dell’Isonzo e del Corno.

75. Sviluppo di piani urbanistico-territoriali comuni (20%). Si sviluppa un piano territoriale e urbanistico comune. L’architettura e la memoria si appropriano del territorio conferendole un aspetto suggestivo.

76. Ottimizzazione dei trasporti (30%). Viene ottimizzata la situazione viaria tra le due città attraverso una razionalizzazione dei trasporti sia di merci che di persone. In particolare, viene sviluppato e potenziato il bus-navetta tra i centri delle due città.

77. Miglioramento dei servizi operativi, ricreativi e culturali di quartiere (30%). Aumentano le attrezzature e i servizi operativi, ricreativi e culturali di quartiere.

78. Si istituisce un ospedale comune “delle due città” (20%). Nella medesima struttura o in strutture diverse ma con specialità differenti, le due città danno vita ad una struttura sanitaria comune.

79. Recupero edilizio storico (30%). Per contribuire al recupero della città storica, il comune contribuisce al finanziamento per il recupero degli alloggi.

S E T T O R E I N T E R N A Z I O N A L E 80. Crocevia di studi internazionali (30%). Le città diventano dei centri culturali-scientifici, richiamando un turismo

legato alla cultura. Divengono un crocevia di studiosi internazionali, ricercatori che trovano nelle città valori e culture, nuove strategie economiche e sociali rivolte ad un panorama europeo. Viene inoltre istituito un Corso internazionale di baccellierato.

81. Sviluppo delle infrastrutture (30%). Le città sono inserite sulla direttrice di collegamento autostradale Barcellona-Budapest-Kiev. Vengono potenziati i collegamenti con lo scalo ferroviario di Cervignano, con l’aeroporto di Ronchi dei Legionari e con il porto di Monfalcone, a sua volta potenziato con lo scavo del canale d’accesso.

82. Pluralità di nuove centralità (30%). L’informatica, le reti globali, le autostrade telematiche hanno modificato in modo sostanziale il concetto di lontano-vicino. Ai traffici “fisici” doganali, si aggiungono altri traffici che superano diversamente le frontiere. Si creano delle nuove centralità quali l’università, una nuova classe imprenditoriale più dinamica, un terziario avanzato moderno che non facciano perdere a Gorizia-Nova Gorica il ruolo di porta.

83. Riconoscimento di uno status europeo speciale delle due città (20%). Status europeo/internazionale speciale di Gorizia-Nova Gorica e delle città tagliate in due dal confine.

84. Valore di legge delle decisioni Alpe-Adria (10%). Le decisioni prese all’interno della Comunità Alpe-Adria in materia di cooperazione assumono valore di legge per le regioni membro.

85. Sede di corsi universitari (30%). Le università di Lubiana, Udine e Trieste decentrano corsi di laurea o ne organizzano nuovi di richiamo internazionale in entrambe le città. Nuovi diplomi di laurea possono riguardare i temi della formazione di manager, di gestione del turismo, gestione dell’ambiente, ecc.

86. Istituzione di fiere permanenti (30%). Vengono organizzate delle fiere permanenti di richiamo internazionali (dell’artigianato, expomego, ecc.) che richiamino uomini d’affari dell’Est e dell’Ovest.

87. Localizzazione di uffici di organismi comunitari ed internazionali (20%). L’Unione europea e altri organismi internazionali localizzano dei propri uffici nelle due città.

88. Localizzazione di sedi diplomatiche (20%). I paesi dell’Ovest e dell’Est-Europa vedono nella particolare posizione geografica delle due città un’occasione per localizzare proprie sedi di rappresentanza.

89. Le due città come ponte tra Est ed Ovest (30%). Le due città si configurano come nodo centrale nella regione alto-Adriatico e nel più generale sistema delle comunicazioni internazionali tra l’Europa occidentale ed orientale.

90. Potenziamento dell’aeroporto (20%). Viene potenziato l’aeroporto di Gorizia per accogliere elicotteri e piccoli velivoli di uomini d’affari provenienti dall’estero.

I M P R E V I S T I

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Paola Rizzi, Moreno Zago 235

a. Immigrazione dall’Est. Si accentua in misura allarmante l’immigrazione di famiglie e lavoratori dai paesi dell’Est, i cui governi sono stati incapaci di aggiustare le proprie economie. Questo fenomeno accentua la disoccupazione e modifica la composizione sociale delle due città.

b. Competizione nello sfruttamento delle risorse. Una crisi economica a livello internazionale mette in competizione i governi italiano e sloveno per lo sfruttamento delle risorse e mette in pericolo ogni forma di cooperazione creatasi tra le due città.

c. Mutamenti politici sfavorevoli alla cooperazione. Mutamenti politici a livello europeo o nazionale o regionale o comunale bloccano i processi di cooperazione o unificazione socio-economica.

d. Nuove ondate neo-naziste. Nuove ondate di idee neo-naziste investono l’Europa e creano tensione nei confronti delle minoranze (linguistiche, culturali, etniche, ecc.).

e. Disastro ecologico. Un disastro ecologico di grande dimensione (terremoto, nucleare, chimico, ecc.) colpisce le due aree frontaliere paralizzandone ogni attività economica.

f. La Slovenia non entra nell’Unione europea. Prima l’opposizione dell’Italia e poi successivi avvenimenti hanno bloccato l’entrata della Slovenia nell’Unione europea. Si crea un muro tra i due stati e tra le due città scende il gelo politico.

g. Aumento di tossicodipendenza. Per diverse ragioni (insoddisfazione generale, disoccupazione, traffici illeciti Est-Ovest, malaffari del business economico del turismo di divertimento, ecc.), si verifica un incremento del numero di tossicodipendenti che porta ad una diffusa paura di degrado cittadino.

h. Aumento della delinquenza. Lo sviluppo di un’economia turistica basata sui divertimenti è stato accompagnato da un crescita della delinquenza. La gente ha paura di girare di notte per le strade della città.

i. Formazione di gruppi giovanili razzisti. La situazione politica ed economica ha portato alla nascita di un diffuso malcontento che si trasforma nella formazione di gruppi giovanili razzisti e violenti. Gli atti vandalici e pericolosi per la vita dei residenti delle due città portano ad uno stato di tensione tra le popolazioni.

l. Decremento demografico. Diverse possono essere le cause che hanno portato ad una calo demografico: un’epidemia mortale, la preferenza dei residenti di vivere fuori città, la scarsa capacità di attrazione delle due città, l’aumento del tasso di mortalità per vecchiaia e malattia o la diminuzione del tasso di natalità.

[P. Rizzi, M. Zago, Il futuro della città gemella Gorizia-Nova Gorica: un esempio di simulazione giocata, in A. Gasparini, M. Zago, (cur.), Gorizia, Nova Gorica e le aree di confine italo-slovene, Isig, Gorizia, 1998, pp. 57-76].

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GORIZIA - NOVA GORICA COME POSSIBILE COMUNITÀ TELEMATICA VIRTUALE

Luca Bregantini Moreno Zago

Abstract: L’articolo contiene le risposte che danno 50 esperti di molteplici settori economici e culturali e dei servizi di Gorizia sui vantaggi di una rete telematica fra Gorizia e Nova Gorica. Le funzioni principali di tale rete telematica riguardano la creazione di nuovi archivi informatici relativi all’Europa centro-orientale, la realizzazione di una rete telematica sul mercato del lavoro, l’accrescimento dell’efficacia degli scambi informatici per la protezione civile, l’offerta di uno strumento di cooperazione economica e socio-culturale tra le due comunità. Keywords: Gorizia, Nova Gorica, rete telematica interurbana, eventi centrali

• − • − • 1. Premessa

La crescente internazionalizzazione dell’economia ed il consolidamento della civiltà dell’informazione configurano un sistema governato da una rete di comunicazioni dirette da e verso nodi attrezzati per la ricezione e la diffusione di simboli materiali e immateriali. Queste centralità nella regolazione dei flussi sono rappresentati in primo luogo dalle città e vedono, nell’infrastruttura telematica e cyberspaziale, una sempre nuova occasione per rafforzare il loro ruolo di controllo e governo del territorio. Nel caso specifico di aree confinanti gemellate da una continuità storica e territoriale come Gorizia-Nova Gorica, il network telematico rivestirebbe un ruolo fondamentale nell’attivazione dei processi di integrazione sistemica tra le due realtà urbane. Le reti telematiche possono, infatti, contribuire ad incoraggiare un insieme, teoricamente infinito, di attività di pubblica utilità, quali l’allestimento di un sistema informativo comune attraverso il quale produrre uno scambio veloce di informazioni relative alla gestione dei fenomeni territoriali di ordinaria amministrazione o la gestione di eventi straordinari come le emergenze di massa. Il ciberspazio, inoltre, potrebbe costituire un fondamentale veicolo nella comunicazione interpersonale fra soggetti appartenenti a comunità diverse, e spesso reciprocamente sconosciute, nonché un’occasione per la riduzione di quelle immagini stereotipate che spesso stanno alla base dell’incomprensione e forniscono legittimazione alla violenza interetnica. Sotto il profilo delle relazioni interpersonali, l’obiettivo finale è quello comunque di fornire all’utente dei mondi virtuali l’occasione di moltiplicare le occasioni di incontro e di dialogo anche nel mondo reale.

Questa premessa ci porta ad analizzare l’aspetto della rete telematica a due livelli: locale, costituito dal sistema Gorizia-Nova Gorica, e internazionale, dove le due realtà urbane diventano centro di un sistema di relazioni transnazionale. 2. Il livello locale

Si può pensare per il servizio in rete locale ad un’articolazione sostanzialmente in cinque settori.

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Luca Bregantini, Moreno Zago 237

• Un primo settore è costituito dalle informazioni storiche, culturali, economiche, turistiche ed amministrative delle due città; le informazioni raccolte in forma di immagini, suoni, voci, filmati aiuterebbero a promuovere le due città, non solamente a fini turistici e commerciali ma, soprattutto, per facilitare la reciproca conoscenza del proprio passato storico e culturale, della propria identità comune e dei punti d’incontro offerti. La telematica potrebbe divenire un potente strumento di integrazione culturale fra le due realtà statuali vicine. Il network potrebbe presentarsi come una moderna macchina del tempo capace di realizzare una visualizzazione dell’iter storico percorso dalle comunità gemelle in cui il soggetto ripercorra con spirito nuovo le strade, le vie, le piazze che hanno fatto la storia della comunità. Potrebbe essere così alimentato quel particolare sentimento di appartenenza territoriale spesso messo in discussione e che, invece, dovrebbe costituire un elemento fondamentale del patrimonio culturale di ogni comunità multietnica al di là di ogni divisione politica, storica e linguistica. Un iter storico e paesaggistico proposto potrebbe partire dal castello di Gorizia e proseguire, poi, per via Rastello giù fino in piazza Vittoria, per poi giungere, attraverso la galleria Bombi, al confine di Stato. Lo stesso itinerario potrebbe continuare in Slovenia, lungo la strada che, attraversando la campagna, permette di raggiungere la zona del cimitero ebraico, la Castagnavizza ed il santuario di Monte Santo. L’idea centrale è che un tragitto di tale tipo evochi un sentimento di iden-tità comune che permetta di superare quelle frizioni che si sono prodotte nel corso della storia e che, oggi, la gran parte della comunità politica e sociale cerca di ricucire. L’obiettivo finale è quello di produrre occasioni di incontro e di dialogo anche al di fuori del contesto virtuale.

• Un secondo settore dà la possibilità ai soggetti (individui, famiglie, organizzazioni, imprese) di incontri virtuali e di discussioni telematiche sui problemi della comunità. Le reti o comunità virtuali non sono concepite come strumenti per isolare il singolo in una sua realtà privata e idiosincratica ma, al contrario, come veri e propri spazi comuni, come strumenti di comunicazione per mettere in con-tatto tra loro persone fisicamente lontane e, un domani, grazie allo sviluppo delle tecnologie di realtà virtuale, fornire esperienze simili a quelle della vita reale (parlare, toccarsi, scambiarsi oggetti, ecc.).

• Un terzo settore è costituito dall’insieme di servizi offerti dalle rispettive amministrazioni comunali o enti pubblici e privati. I servizi potrebbero riguardare oltre alle tradizionali informazioni sulle strutture, la possibilità di ricevere direttamente a casa su stampante i certificati richiesti e l’eventuale addebito automatico su conto corrente. Per quanti non sono in possesso di terminale, si potrebbero localizzare delle postazioni informatiche in alcuni punti strategici delle città (comune, università, biblioteche, scuole, ecc.).

• Un quarto settore può venire dall’allestimento di un sistema informativo territoriale comune attraverso il quale produrre uno scambio veloce di informazioni relative alla gestione delle calamità naturali o di comune qualità della vita. Il ciberspazio offrirebbe, ai responsabili della prefettura di Gorizia e dell’analoga istituzione di Nova Gorica, la possibilità di prendere decisioni comuni su questioni di una certa urgenza, avendo sott’occhio la realtà oggetto di discussione.

• Infine, un quinto settore è costituito dai servizi offerti alle imprese. La telematica costituisce un efficacie strumento per dotare i contesti policentrici di piccole e medie imprese di una gamma di servizi tecnici e gestionali equivalenti a quelli disponibili per le grandi imprese, quali la pianificazione della produzione, il controllo di gestione, l’interazione in tempo reale con i mercati, ecc.. Per resistere alle pressioni della concorrenza nei prossimi anni, le aziende dovranno sfruttare meglio le loro risorse umane attraverso cambiamenti strutturali. Il successo di un’azienda dipenderà dalla sua capacità di rispondere alle esigenze di mercato usando in maniera efficiente e creativa il proprio patrimonio informativo. L’utilizzo delle reti telematiche consentirebbe l’eliminazione dell’attuale sistema burocratico attraverso una maggiore interazione professionale multidimensionale e la formazione di gruppi di lavoro spontanei attraverso quelli che si definiscono come spazio di lavoro aziendale virtuale. Lo spazio di lavoro aziendale virtuale nasce principalmente come risposta all’esigenza delle attuali aziende fisiche alla realizzazione di progetti su grande scale. Lo spazio di lavoro aziendale virtuale offre, quindi, uno spazio telematico di lavoro dove potersi incontrare, scambiarsi idee, progettare nuove soluzioni anche se fisicamente lontani.

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Gorizia - Nova Gorica come possibile comunità telematica virtuale

238

3. Il livello internazionale

Si può evidenziare una ragione europea dell’integrazione telematica dei centri di Gorizia e Nova Gorica che sta nel creare una struttura tecnologica a supporto della circolazione delle informazioni fra Italia e Slovenia che costituisca non solo un semplice contributo all’integrazione della Slovenia in Europa, al di là dell’adesione o meno di questa all’Unione europea, ma che costituisca anche l’occasione per un rilancio reale, su scala europea, del sistema binario di Friuli-Venezia Giulia e Slovenia.

Oggi, la Slovenia costituisce, almeno in parte, una sorta di barriera fisica e psicologica all’espansione economica delle imprese italiane in Europa orientale. Una comunità telematica tra i due centri urbani può costituire uno strumento essenziale per accelerare il processo di integrazione politica e ridurre quei fenomeni di frizione territoriale, quali le barriere doganali, le discontinuità legislative fra gli ordinamenti, ecc. che costituiscono un potente freno alle relazioni commerciali tra l’Italia ed i paesi dell’Europa centro-orientale. Accelerare questo processo di integrazione, che peraltro può essere pensato come inevitabile, sarebbe vitale soprattutto per concedere all’area giuliana quel ruolo che attualmente è svolto in gran parte da altri partner europei. Per fare un esempio concreto, solo nei rapporti con l’Ungheria il solo ostacolo doganale crea all’Italia un fortissimo svantaggio rispetto, ad esempio, a Germania ed Austria. L’Ungheria ricordiamo è, infatti, un paese associato, mentre la Slovenia è un paese terzo, e per raggiungere l’Ungheria, passando dalla Slovenia, le barriere politico-doganali sono un freno per quei soggetti provenienti dall’Europa occidentale (Spagna e Francia) e chiamati a scegliere il percorso migliore verso l’Est.

Ragionando in una prospettiva europea, il problema centrale è quello di individuare il ruolo che un sistema di comunicazioni integrato tra i centri urbani di Gorizia e Nova Gorica può giocare per migliorare il quadro dei trasporti nell’alto Adriatico e, in una prospettiva più generale, l’integrazione del sistema in esame sviluppandone potenzialità e risorse. Tuttavia, le autostrade telematiche, per loro natura, non sosti-tuiscono la viabilità tradizionale, bensì ne possono accrescere l’efficienza attraverso il de-congestionamento delle reti di trasporto tradizionali. Ma sono in grado le infrastrutture di trasporto autostradale, stradale e ferroviario, le infrastrutture portuali ed aeroportuali e i sistemi di telecomunicazione esistenti di supportare un adeguato sviluppo sociale ed economico dell’alto Adriatico? Ed in che senso riorganizzare, attraverso una rete telematica, la gestione dei centri di Gorizia e Nova Gorica potrebbe costituire non solo un servizio per i due centri, ma un contributo allo sviluppo della regione alto adriatica?

Quanto ad eventuali ottimizzazioni delle infrastrutture di trasporto del Friuli-Venezia Giulia e della Slovenia, va detto che esiste a livello politico, un notevole interesse perché si realizzi la direttrice Barcellona-Kiev, nonché alcune altre opere minori per realizzare collegamenti autostradali più agevoli, ma altrettanto importanti, come il raccordo Gorizia-Razdrto.

Gorizia e Nova Gorica si configurano come un nodo centrale nella regione alto adriatica e nel più generale sistema delle comunicazioni internazionali tra l’Europa occidentale ed orientale; un vero e proprio “ponte” per il transito e lo scambio di persone, cose e informazioni tra differenti realtà geografiche. Questi due centri urbani potrebbero specializzarsi nel raccogliere, catalogare, elaborare e fornire informazioni utili, tanto a quei soggetti che sono direttamente interessati alla gestione delle infrastrutture considerate, tanto ai suoi potenziali utenti. A questo network, potrebbero associarsi enti ed istituzioni capaci di fornire alle aziende quelle informazioni sullo stato dei mercati dell’area alto adriatica e dell’Europa centro-orientale per mettere in contatto imprese con interessi comuni al fine di generare delle economie organizzative su scala internazionale che renderebbero, non solo più agevoli gli scambi ma, complessivamente, più stabili i mercati dei diversi paesi. In tal senso, la particolare forza di una tradizione multilinguistica, oggi quasi millenaria, permette di avere alla base un humus culturale decisamente originale. Questo consentirebbe alle aziende di non avere solo informazioni relative agli spazi commerciali, alle aziende, ecc., ma anche trovare informazioni circa quegli individui che poi potrebbero realizzare fisicamente il contatto tra gli attori economici. Ciò potrebbe stimolare la creazione di istituti specializzati nella formazione di interpreti commerciali con competenze specifiche per agire nell’Est-europeo generando, forse, anche una nuova specializzazione funzionale nel mercato del lavoro di quest’area di confine. Una migliore integrazione informativa dovrebbe, quindi, sul lungo periodo, avere dei riflessi positivi tanto sul mercato del lavoro con una crescita della domanda da parte delle imprese,

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Luca Bregantini, Moreno Zago 239

quanto sulla distribuzione di beni e servizi nei diversi mercati. In sostanza una migliore collocazione sul mercato dell’offerta dovrebbe promuoverne la crescita.

Un parco tecno-scientifico comune appare uno strumento rapido ed efficace, di quelli tradizionali, per fornire alla produzione un supporto adeguato alle esigenze del mercato attuale, sia a livello nazionale che a livello internazionale. Tale struttura, inoltre, dovrebbe apportare un indotto notevole di carattere produttivo ed occupazionale nell’area in cui viene creato, poiché il trasferimento tecnologico che tale struttura determina, porterebbe alla creazione di attività produttive e a nuova occupazione. Nelle aree tecnologiche, inoltre, hanno dimostrato di credere sia le amministrazioni che le istituzioni economiche delle due regioni, tanto è vero che se in territorio italiano è sorto il Bic (Business Innovation Centre) e oltre confine ci si sta muovendo per favorire iniziative simili.

Va comunque detto, al fine di non generare miracolistiche attese, che tali infrastrutture tecnologiche non producono per il fatto stesso di essere collocate in una certa realtà dei benefici economici. Perché ciò accada è infatti necessario che si crei un forte legame tra tali strutture ed il mondo imprenditoriale e accademico: laddove non si è generato tale intreccio di capitale, professionalità e tecnologia non si sono raggiunti i risultati attesi. Una testimonianza sono i clamorosi fallimenti in cui si è incorsi nel mondo anglosassone.

Si può pensare, così, anche alla promozione di una rete telematica unitaria che potrebbe connettere queste strutture facendo perno sui centri di Gorizia e Nova Gorica i quali potrebbero sviluppare delle funzioni di servizio complementari. Tale polo telematico potrebbe offrire un servizio per enti affini su scala europea divenendo sul lungo periodo un vero e proprio nodo nella più ampia rete di rapporti formali ed informali tra le istituzioni culturali, scientifiche ed economiche. Successivamente, la messa sul mercato del patrimonio informativo controllato da questo centro transnazionale potrebbe, almeno in parte, coprire i costi di progetti di sviluppo e cooperazione in ambito scientifico e culturale di Friuli-Venezia Giulia e Slovenia.

Appendice

L’OPINIONE DEGLI OPERATORI Nel maggio 1995, si è voluto saggiare le opinioni su quanto espresso in precedenza intervistando i rappresentanti (funzionari, dirigenti, ecc.) delle seguenti istituzioni ed organizzazioni: Associazione commercianti, Associazione giovani industriali, Associazione industriali, Autovie venete, Azienda per i servizi sanitari, Bic, Camera di commercio, Comune di Gorizia, Comune di Nova Gorica, Kulturni Dom, Informest, Insiel, Isig, Sdag-autoporto, Slori, nonché esponenti di partito, di sindacato, di associazioni sportive, docenti universitari e liberi professionisti. Nella tabella che segue si riportano le percentuali di risposta ai singoli item. Tabella 1 - L’opinione degli operatori (%; N=50) Lei ritiene che una rete telematica tra Gorizia-Nova Gorica possa assolvere la funzione di: accordo per poco abba- molto niente stanza • migliorare i servizi della pubblica

amministrazione forniti al cittadino 8,6 14,2 48,6 28,6

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Gorizia - Nova Gorica come possibile comunità telematica virtuale

240

• fornire uno strumento di conoscenza reciproca tra le comunità etno- linguistiche confinarie 0,0 17,1 45,8 37,1

• superare le barriere socio-psicologiche

sorte in seguito all’ultimo conflitto mondiale 22,8 14,3 34,3 28,6

• rafforzare la capacità di autorappresen-

tazione delle minoranze etniche dell’area confinaria 11,4 28,6 42,9 17,1

• diminuire l’emarginazione sociale dei

gruppi deboli (anziani, handicappati, malati, ecc.) 11,7 26,5 32,4 29,4

• offrire uno strumento di cooperazione

economica ed integrazione socio- culturale tra le due comunità 0,0 2,8 48,6 48,6

• generare nel medio periodo un indotto

in campo economico 0,0 14,3 68,6 17,1 • accrescere l’efficacia degli scambi

informativi in materia di protezione civile 2,9 8,6 25,7 62,8

• accrescere la visibilità a livello

internazionale dei centri di Gorizia e Nova Gorica costituendo l’occasione per un rilancio economico dell’area confinaria 11,4 11,4 34,3 42,9

Lei ritiene che: per poco abba molto niente stanza • le barriere linguistico-culturali possano

rappresentare un ostacolo alla creazione di un sistema informativo territoriale tra i due centri? 26,5 29,4 29,4 14,7

• le barriere politico-istituzionali possano rappresentare un ostacolo alla creazione di un sistema informativo territoriale tra i due centri? 28,6 31,4 28,6 11,4

• sia opportuno creare nuovi archivi informa- tici relativi all’Europa centro-orientale in cooperazione con le città di Trieste e Lubiana e con centri universitari e di ricerca esistenti nell’area confinaria? 2,9 2,9 29,4 64,6

• vadano accordate particolari facilitazioni economiche alle organizzazioni di Gorizia

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Luca Bregantini, Moreno Zago 241

e Nova Gorica che sono interessate a dotarsi delle strumentazioni software e hardware necessarie al collegamento in rete? 14,7 8,8 52,9 23,6

• sia opportuno preoccuparsi di realizzare una rete telematica in questo momento di difficoltà attraversata dal mondo del lavoro? 2,9 2,9 29,4 64,6

• una rete telematica possa contribuire a sviluppare nuove forme di partecipazione politica? 2,9 20,6 64,7 11,8

Infine: • la sua organizzazione ha mai usufruito

di collegamenti in rete per fruire/fornire servizi e informazioni? 51,4 8,6 20,0 20,0

• Lei , personalmente, ha mai fruito di simili servizi? 42,9 20,0 25,7 11,4

[L. Bregantini, M. Zago, Gorizia-Nova Gorica: una possibile comunità virtuale nonostante il confine, in A. Gasparini, M. Zago, (cur.), Gorizia, Nova Gorica e le aree di confine italo-slovene, Isig, Gorizia, 1998, pp. 77-83].

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PREFERENZE DELLA GENTE PER UNA NUOVA LINEA DI AUTOBUS PER IL COLLEGAMENTO DI GORIZIA – NOVA

GORICA Maura Del Zotto

Emanuele Fabretti Abstract: L’articolo riporta le preferenze dei goriziani su una linea di autobus tra Gorizia-Nova Gorica. Essi indicano dove far partire e far arrivare la linea, quali percorsi (anche alternativi) devono essere seguite, dove collocare le fermate. Emergono alcune ipotesi di linea. La ricerca rientra in un progetto Interre, gestito dalla Provincia di Gorizia. Keywords: Gorizia, Nova Gorica, linea di autobus, percorsi alternativi

Introduzione

Gente e trasporti. Cosa vuole la gente? Vuole linee urbane o auto private? Quali sono le condizioni

perché la gente preferisca il trasporto pubblico a quello privato? E, ipotizzando che il trasporto pubblico sia utile, quali percorsi dovrebbe fare? Quali tratti organizzativi dovrebbe avere? Sono questi alcuni interrogativi ai quali la ricerca sociologica deve cercare di dare risposta, e ciò lo deve fare osservando, ascoltando, dialogando e progettando insieme alla gente.

La ricerca qui presentata è il punto finale di un lungo iter di indagine cominciato con un’analisi demografica e del parco automezzi presenti in provincia di Gorizia, l’acquisizione e l’elaborazione di dati forniti dalla Polizia di frontiera sui passaggi in tutti i valichi italo-sloveni della provincia di Gorizia relativi all’intera annata settembre 1998-agosto 1999 e di una rilevazione effettuata tramite un questionario sottoposto alla popolazione transitante per i suddetti valichi.

L’intera ricerca, ma soprattutto la parte che di seguito viene presentata, dà risposte progettuali agli interrogativi sopra richiamati, cercando di connettere tale progettualità alle ragioni addotte e alle attività che dovrebbero permettere di svolgere e servire le linee urbane, suburbane e provinciali: raggiungimento di scuole, negozi, servizi ospedalieri, impianti sportivi, treni, residenze private, cimiteri, chiese, istituzioni, ecc.

In generale si sa che l’intenso uso dei servizi di trasporto pubblico è direttamente proporzionale alla dimensione della città, e peraltro nelle grandi città l’offerta di questi servizi è molto capillare e parallela: metropolitana, ferrovia, strada. L’uso del trasporto pubblico nelle città medio-piccole ha bisogno invece di condizioni particolari, che lo rendano più allettante di quello privato: frequente, rapido, con poche fermate e che al tempo stesso siano prossime all’utente, conveniente per spesa e soprattutto utile alle categorie sociali che non hanno alternative ad esso. D’altra parte il trasporto pubblico urbano non è del tipo “kiss and ride” o “ride and ride”, ma è una sorta di salire e scendere per prendere altri mezzi o per andare a piedi in parti vicine.

I risultati della ricerca entrano dentro a tutti questi problemi, aiutano a capire cosa è necessario per i goriziani e i novagoriziani, e per gli isontini e gli sloveni dell’area confinaria.

1. Campionamento e metodo della ricerca

Quest’ultima fase di ricerca si componeva di una rilevazione su un campione costituito da 600 individui estratti a sorte dalle liste elettorali dei comuni di Gorizia, Gradisca, Monfalcone, Mariano del

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Friuli, Cormons e Grado per la parte italiana, e dei comuni di Nova Gorica, S. Peter e Vrtojba per la parte slovena. La rilevazione per la parte italiana è stata effettuata direttamente da intervistatori opportunamente addestrati dall’Isig, mentre per la parte slovena ci si è avvalsi della collaborazione di intervistatori messi a disposizione dalla Facoltà di Scienze Sociali dell’Università di Lubiana1. Essa è stata effettuata tramite due questionari, che differivano per alcune domande, a seconda che l’intervistato fosse residente nelle due città di Gorizia e di Nova Gorica oppure nei comuni della Provincia di Gorizia.

Il questionario prevedeva alcune domande sulle attuali abitudini negli spostamenti e nei mezzi utilizzati e sulle motivazioni all’utilizzo di una nuova linea di autobus. Oltre ad esplorare le abitudini di vita nell’utilizzo dei mezzi di trasporto, le motivazioni e le destinazioni finali, sono stati analizzati due approcci utili all’esplorazione di percorsi di collegamento tra parte italiana e parte slovena della città e del territorio circostante. Il primo metodo è stato quello di rilevare dai diretti interessati i percorsi privilegiati, i punti terminali e le fermate della linea urbana; il secondo, quello di proporre dei percorsi pre-determinati, rilevandone gli atteggiamenti di accettazione o di rifiuto.

2. I risultati

Dai dati emerge in modo chiaro, innanzitutto, che il mezzo di trasporto più utilizzato dagli intervistati è l'auto di famiglia, seguito dalla bicicletta. Molti degli intervistati hanno dichiarato di non utilizzare alcun mezzo di trasporto, e di andare a piedi (Fig. 1). L'autobus è, in generale, un mezzo non molto utilizzato (solo poco più dell’11% del campione ha dichiarato di farne uso), tuttavia acquista una certa valenza per quelle categorie sociali (in particolare donne, anziani e giovani) che, per vari motivi, non dispongono di un'autovettura propria. Ciò vale per gli spostamenti locali, ma ancor più per quelli extraconfinari. L’ipotesi, infatti, di introdurre una linea di autobus che faccia la spola fra l'Italia e la Slovenia trova favorevole, almeno nelle intenzioni, gran parte della popolazione intervistata, con una percentuale del 75% fra i “molto” e gli “abbastanza” d’accordo sul progetto, in particolare gli sloveni. Le motivazioni più ricorrenti sono da ricercarsi in un’ulteriore opportunità a favore delle categorie più deboli (anziani senza mezzi propri, donne) e nel fatto che l'attuazione della nuova linea potrebbe essere uno strumento per l’aumento della mobilità sul territorio di queste fasce di popolazione. Soprattutto per gli sloveni, la nuova linea eviterebbe lungaggini alla frontiera e darebbe la possibilità a molte persone di fare a meno dei costosi parcheggi a pagamento disseminati nel centro di Gorizia.

Fig. 1 – Mezzo di trasporto utilizzato prevalentemente

0,3

2,2

4,8

10,0

11,8

20,8

29,5

83,8

0,0 20,0 40,0 60,0 80,0 100,0

altri mezzi

treno-corriera

auto di parenti-…

moto-motorino

autobus

a piedi

bicicletta

auto di famiglia

1 Desideriamo ringraziare la professoressa Inka Strukelj che ha tenuto i contatti con la Facoltà di Scienze sociali di Liubljana e che ha anche diretto la rilevazione sul campo a Nova Gorica, S. Pietro e Vrtojba.

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Secondo gran parte degli intervistati, una nuova linea potrebbe essere utile "un po' a tutti": per i

ragazzi aumenterebbero le opportunità di frequentare gli impianti sportivi oltre confine, per i giovani aumenterebbero le opportunità sia di frequentare i centri sportivi, sia di fare shopping oltre confine; anche per uomini e donne in genere si intensificherebbero le opportunità di “andare per negozi e per centri commerciali”, ma si aprirebbero prospettive anche di tipo “culturale”, specialmente per la popolazione più anziana. Per gli anziani aumenterebbero inoltre le opportunità di effettuare gite e visite ai parenti residenti dall’altra parte del confine (Fig. 2).

Fig. 2 – A chi potrebbe tornare utile la linea di bus transfrontaliera

21,8

30,8

31,3

35,8

41,5

56,2

0,0 20,0 40,0 60,0

ai ragazzi

agli uomini che lavorano oltre frontiera

alle donne che lavorano oltre frontiera

ai giovani

agli anziani

un po' a tutti

Le mete principali per gli italiani sono i negozi e i pubblici esercizi situati in prossimità della frontiera

(in particolare di Casa Rossa) e nel centro commerciale di Nova Gorica, mentre per gli sloveni l’area più frequentata è senz’altro quella che si snoda nella zona centro-nord della città di Gorizia e che comprende il confine di Casa Rossa, via Rastello e limitrofe, e soprattutto Piazza della Vittoria, che è considerato il punto principale di Gorizia, area tradizionalmente legata al commercio basato in prevalenza su un’utenza proveniente da oltre confine. L'introduzione della linea potrebbe inoltre, a detta di molti, fungere da ulteriore strumento di aggregazione tra due comunità, italiana e slovena, ed essere un'iniziativa importante per l’avvicinamento della Slovenia all'Europa.

L’attuazione di una linea di autobus transconfinaria non risulta essere, invece, un mezzo importante per molti di coloro che lavorano oltre confine (il flusso di lavoratori transfrontalieri è praticamente unidirezionale, dalla Slovenia verso l'Italia). I motivi principali per cui questo nuovo autobus non sarebbe utilizzato sono legati innanzitutto al condizionamento di orari fissi dai quali dover dipendere; in secondo luogo, per molti lavoratori transfrontalieri la sede di lavoro è fuori Gorizia, addirittura in provincia di Udine. Infine, è piuttosto in uso, tra i lavoratori transfrontalieri, l'abitudine ad organizzarsi con macchine proprie, utilizzate a turno. Questa strategia di "economie di scala" alla fin fine potrebbe risultare più economica e meno impegnativa per quanto riguarda gli orari rispetto all'utilizzo di un autobus.

Analizzando le risposte di coloro che si sono detti favorevoli alla nuova linea, è probabile che un quinto degli intervistati possa essere un utente sicuro (perlomeno nelle intenzioni), mentre un quarto potrebbe esserlo ponendo però alcune condizioni di orario, di tragitto e di costo del biglietto. Dalla ricerca emerge che gli utenti più sicuri sarebbero soprattutto sloveni (quasi il 30%), mentre gli italiani residenti a Gorizia potrebbero aggirarsi sul 20%. Quasi irrilevante sarebbe l'utenza proveniente dall'hinterland: in effetti, chi arriva fino a Gorizia o a Nova Gorica con un mezzo proprio, trova ovviamente più comodo

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proseguire con lo stesso mezzo fino alla destinazione finale oltre confine. Altro discorso vale invece per coloro che non dispongono di mezzi di trasporto propri, o dispongono solo di una bicicletta, o che usualmente utilizzano il mezzo pubblico: per loro, ovviamente, l'introduzione della nuova linea potrà essere un'ulteriore opportunità per poter decidere di recarsi al di là del confine. L'utenza sarebbe per lo più composta da anziani e da donne.

L'orientamento è comunque verso un bus che sia "comodo" e che copra tutto l'arco della giornata. Questo in teoria, nella pratica invece riteniamo che un orario continuativo potrebbe non essere funzionale, in quanto inevitabilmente si verificherebbero “momenti di stanca”, "ore morte", specie nel primo pomeriggio. In queste ore il flusso dell'utenza potrebbe calare drasticamente, con il rischio di dover effettuare delle corse "a vuoto". È forse importante, invece, che le ultime corse avvengano in tarda serata, in modo da poter coprire quell’utenza giovanile (che in realtà dall'indagine risulta essere non numerosissima) che potrebbe, nelle ore del tardo pomeriggio o addirittura della sera, raggiungere con il bus gli impianti sportivi di Gorizia (gli sloveni) e di Nova Gorica (gli italiani). L'orario ideale potrebbe essere studiato in concomitanza con l'apertura dei negozi in entrambi gli Stati in quanto, come si è visto, gran parte dei potenziali utilizzatori del bus utilizzerebbe questo mezzo proprio per recarsi a fare acquisti oltre confine.

3. Il collegamento tra i due Stati

Come si è detto precedentemente, sono stati utilizzati due metodi per esplorare i percorsi di

collegamento tra la parte italiana e la parte slovena della città e del territorio circostante: ricordiamo che il primo metodo è stato quello di rilevare dai diretti interessati i percorsi privilegiati, i punti terminali e le fermate della linea urbana; il secondo metodo è stato quello di proporre dei percorsi predeterminati, rilevandone gli atteggiamenti di accettazione o di rifiuto.

3.1 I percorsi ideali, ovvero gli itinerari proposti dagli intervistati

Indipendentemente dalla dichiarazione di intenti di utilizzazione del bus transfrontaliero, è stato chiesto di indicare quale potrebbe essere il percorso più adatto che questa nuova linea dovrebbe percorrere. In questo modo si dava la possibilità agli intervistati di costruire dei "percorsi ideali", senza essere vincolati da proposte prestrutturate.

I possibili itinerari suggeriti dalla popolazione sono sostanzialmente tre, e differiscono tra loro a seconda che a tracciarli siano gli intervistati italiani o sloveni. Oltre al tragitto è stato chiesto di indicarne i capolinea (Fig. 3).

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Fig. 3 – Itinerari suggeriti dagli intervistati

Emerge chiaramente che per gli italiani il punto di partenza del bus dovrebbe essere istituito in una

zona centrale di Gorizia. Volendo individuare una o più zone delimitate, esso potrebbe essere istituito in un punto tra Corso Italia e Corso Verdi, ad esempio all'altezza dell'edificio delle Poste, oppure in piazza della Vittoria. Come seconda possibilità vi è la stazione ferroviaria, e come terza scelta la stazione della corriere. Gli sloveni invece optano decisamente per piazza della Vittoria che, come si è detto, costituisce il centro “tradizionale” delle attività di shopping per i vicini d'oltreconfine. Per quanto concerne il capolinea a Nova Gorica, non vi è dubbio che l'autostazione delle corriere potrebbe essere il luogo ideale: situato nel centro della città, assolverebbe alla generica indicazione di "centro" data dalla maggior parte degli italiani, e soddisferebbe anche gli sloveni che in gran parte lo hanno indicato come punto ideale.

Le vie di percorrenza a Gorizia sono da ricondursi, sia per gli italiani sia per quei pochi sloveni che hanno fornito delle indicazioni, a quelle del centro. Per la Slovenia invece l’indicazione delle vie è stata molto dettagliata, comprensibilmente, da parte dei locali – e si traduce sostanzialmente in vie del centro di Nova Gorica (es. Erjavceva, Kidriceva, Cankarjeva) – mentre gli italiani tendono ad indicare un generico "centro" o "le vie principali".

Viste le risposte fornite cerchiamo ora di individuare degli ipotetici percorsi

3.2 Primo itinerario “ideale”: percorso lineare Un primo itinerario indicato, che potremo definire "lineare", potrebbe, in territorio italiano, fare

capolinea alla stazione ferroviaria di Gorizia (anche se, in realtà, la stazione non è la prima scelta come capolinea è però funzionale al percorso), snodarsi lungo i viali del centro cittadino (corso Italia e corso Verdi, percorrendo il tragitto che ricalca quello della linea urbana n. 1), svoltare in via Oberdan ed arrivare in piazza della Vittoria; da qui, attraversare il tunnel di via Bombi, quindi via Giustiniani e arrivare al valico di Casa Rossa con l’attraversamento del confine. In territorio sloveno, dal valico di Casa Rossa, proseguimento per la Vojkova cesta, accesso a Nova Gorica attraverso T. Puntarjev ulica, percorrenza della Erjavceva ulica con l'istituzione di almeno due fermate (la prima all’imbocco della via, in coincidenza della traversa di Kidriceva ulica dov'è situata la stazione delle autocorriere, la seconda poco prima del valico di San Gabriele, così da permettere il raggiungimento della stazione ferroviaria). L'autobus potrebbe ripercorre a ritroso la Erjavceva ulica per un tratto e poi immettersi nella Cankarjeva ulica, quindi proseguire fino a Salcano attraverso la Solska ulica, e fare capolina sulla piazza di Salcano.

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Questo percorso ha il vantaggio di risultare equilibrato in quanto a distribuzione chilometrica tra i due Stati. Inoltre, se il capolinea in territorio italiano venisse istituito presso la stazione ferroviaria di Gorizia, l’itinerario seguirebbe le vie che hanno ottenuto il maggior numero di citazioni in assoluto.

3.3 Secondo itinerario “ideale”: percorso parzialmente circolare

Una seconda ipotesi, che chiameremo "percorso parzialmente circolare", potrebbe avere il capolinea,

in territorio italiano, sul piazzale antistante la stazione ferroviaria di Gorizia; il bus potrebbe poi proseguire per corso Italia e corso Verdi (come si è visto, ricalca quello della linea urbana n. 1), svoltare per via Oberdan ed arrivare in piazza della Vittoria. Quindi attraversare il tunnel di via Bombi, percorrere via Giustiniani ed attraversare il confine per il valico di Casa Rossa. Arrivato in territorio sloveno, dal valico prosecuzione per la Vojkova cesta, accesso a Nova Gorica attraverso T. Puntarjev ulica (fermata in prossimità dell’autostazione), svoltare a destra nella Kidriceva ulica, ri-immettersi nella Vojkova cesta e poi percorrenza della Solska ulica, arrivando nella piazza di Salcano. Da qui ripercorrenza del tragitto a ritroso fino alla Kidriceva ulica, immissione nella Erjavceca ulica ed attraversamento del valico di San Gabriele. Una volta arrivati in territorio italiano, l'autobus potrebbe giungere in piazza delle Medaglie d'oro, proseguire per via Pellico e viale Carducci fino a giungere in piazza della Vittoria. Svoltare quindi per via Mameli e proseguire per corso Verdi, quindi per corso Italia, fino a giungere al capolinea, situato alla stazione ferroviaria di Gorizia. Il forte svantaggio di questa proposta sembra essere rappresentato dalla lunghezza del tragitto, che obbligherebbe a tempi lunghi di percorrenza e quindi a una bassa frequenza delle corse.

3.4 Terzo itinerario “ideale”: il servizio navetta

Una terza ipotesi di percorso è quella che definiremo "servizio navetta" e che consiste in un percorso

molto "breve" e soprattutto "lineare". Il capolinea, in territorio italiano, potrebbe essere posto in piazza della Vittoria; l'autobus proseguirebbe per piazza De Amicis e piazza Medaglie d’Oro, per poi attraversare il valico di San Gabriele ed immettersi nella direttrice della Erjavceca ulica che arriva diretta al capolinea sloveno presso la stazione della autocorriere di Nova Gorica.

I principali vantaggi di questa specie di “servizio navetta” sono dati dalla brevità del percorso, che consentirebbe frequenze ravvicinate tra le corse. Inoltre, si eviterebbero sovrapposizioni con altre linee urbane, si proporrebbe un percorso estremamente bilanciato tra il tratto italiano e quello sloveno e si unirebbero realmente i due “cuori” delle cittadine.

Lo svantaggio di questa linea è che esclude dal tracciato le aree periferiche. D’altra parte potrebbe essere la soluzione ideale in quanto il tragitto sarebbe piuttosto rapido e le corse, di conseguenza, potrebbero essere ravvicinate tra di loro (ricordiamo infatti che una delle condizioni espresse dagli intervistati per l’utilizzo di un’eventuale nuova linea riguardava proprio la frequenze delle corse).

Un dubbio sull'attuazione di un percorso che passi attraverso il valico di S. Gabriele viene dalla constatazione che, essendo esso, al momento attuale, un valico di seconda categoria, possano sorgere problemi di diritto internazionale tra i due Stati confinari che possono porre dei limiti alla realizzazione di questo percorso che, ricordiamolo, tra tutti, è il più "funzionale", e costituisce il più "immediato" collegamento fra le due città confinarie. Tali problemi burocratici verrebbero a cadere solo in concomitanza dell'apertura della frontiera con l'ingresso nell’U.E. della Slovenia. Infatti, almeno per quanto concerne l'immediato presente, la costruzione di strutture attualmente inesistenti per ospitare uffici doganali e l'assunzione di nuovo personale che vigili sulla frontiera, costituirebbe un costo aggiuntivo per i due Stati.

4. Valutazione degli itinerari proposti dagli esperti

Oltre agli itinerari proposti dagli intervistati, si è voluto sottoporre al loro vaglio alcune ipotesi

studiate da esperti, in modo che l'intervistato fosse in grado di dare una valutazione in termini più ampi rispetto all'utilità personale del bus.

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4.1 Prima ipotesi tecnica: la proposta urbana A Delle quattro proposte fornite, la più apprezzata è la prima, che, se vogliamo, rispecchia in buona

parte quanto espresso spontaneamente dalla popolazione nella terza ipotesi di percorso ideale (il servizio navetta). La proposta dei tecnici prevede, rispetto al percorso ideale, un’estensione del tragitto che parta dalla stazione dei treni di Gorizia, attraversi il centro della città ricalcando il tragitto dell'autobus n. 1, passi per il valico di S. Gabriele e faccia capolinea presso la stazione delle autocorriere di Nova Gorica. Questa proposta, come si è detto, è stata la più apprezzata dal campione di popolazione intervistata, raggiungendo oltre il 70% di risposte favorevoli. Il tragitto piace soprattutto perché percorre le vie centrali, ed il percorso è visto come "accessibile a tutti", veloce, pratico e logico. Le poche perplessità derivano dal fatto che l'autobus taglierebbe fuori alcuni quartieri periferici delle due città confinarie, mentre alcuni sostengono l'inutilità di un bus che, almeno per il tratto italiano, sarebbe una sovrapposizione della linea numero 1. Tra i suggerimenti per migliorare il tragitto, vi è la proposta di un allungamento del tragitto fino a Salcano e la possibilità di utilizzare un valico in entrata (ad es. S. Gabriele) ed un altro in uscita (ad es. Casa Rossa) (Fig. 4).

Fig. 4 – Percorso urbano

4.2 Seconda ipotesi tecnica: la proposta urbana B o “dei tre ospedali” La seconda proposta, denominata "dei tre ospedali", prevedeva una linea che, con capolinea davanti

all'Ospedale Fatebenefratelli di Gorizia, passi davanti alla stazione ferroviaria, prosegua per l'Ospedale civile, attraversi la frontiera al valico di San Pietro e arrivi al capolinea presso l'Ospedale di San Pietro. Questo secondo itinerario riscontra minori preferenze rispetto al precedente, con poco più della metà degli intervistati che si dichiarano "molto o abbastanza" favorevoli a questa proposta.

Questa linea sarebbe, a detta degli intervistati, utile "soprattutto alle persone anziane", rammentando così l'utilità quasi esclusiva riservata alle persone che si servono degli ospedali. Viene considerata buona dagli sloveni l'inclusione del tragitto fino a S. Pietro, ma il percorso escluderebbe il centro di Gorizia. Si

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suggerisce quindi una modifica del percorso in modo da includere nel tragitto anche il centro città (Fig. 5).

Fig. 5 – Proposta urbana “dei tre ospedali”

4.3 Terza ipotesi tecnica: la proposta extra-urbana C o “bus a chiamata” La terza proposta di percorso consiste nel ripristino di una linea ormai in disuso, con alcune varianti

rispetto all'originario tracciato, con l'istituzione di un "sistema a chiamata". Con capolinea presso la stazione ferroviaria di Gorizia, questa linea proseguirebbe per vie parallele a quelle del centro, ed arriverebbe a S. Floriano, per attraversare il valico e fare capolinea a S. Martino Dobrovo.

L'itinerario di questa linea non piace molto alla popolazione, ed infatti poco meno di un quarto si dichiara molto o abbastanza favorevole a questa proposta. La motivazione di coloro che sono favorevoli è da ricercarsi nel fatto che questa linea favorirebbe, di qua e di là del confine, gli abitanti delle zone periferiche, in particolare di S. Floriano e di S. Martino-Dobrovo. A sfavore troviamo soprattutto i "cittadini" di Gorizia e di Nova Gorica. Tra le maggiori motivazioni a sfavore, sia per italiani che sloveni, prevale il fatto che il percorso è troppo fuori mano, troppo periferico, troppo lungo e non collega le due città di Gorizia e Nova Gorica (Fig. 6).

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Fig. 6 – Percorso “bus a chiamata”

4.4 Quarta ipotesi tecnica: la proposta extra-urbana D o provinciale L'ultima proposta avanzata prevedeva un percorso più ampio che, oltre a collegare Gorizia con Nova

Gorica, si estendesse anche su parte del territorio della provincia di Gorizia, seguendo il tracciato della linea A.p.t. attualmente in funzione, con una variante che prende in considerazione un passaggio per l'aeroporto internazionale di Ronchi dei Legionari, con capolinea al valico di S. Andrea. Questa proposta trova un livello di gradimento piuttosto "equilibrato", ed infatti poco più della metà degli intervistati si dichiara "molto" o "abbastanza" concorde” (Fig. 7).

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Fig. 7 – Percorso extraurbano o provinciale

Il tracciato piace perché copre un territorio vasto, con un bacino di utenza piuttosto ampio. Questa

linea sarebbe utile soprattutto per portare le persone all'aeroporto, ma soprattutto d'estate come mezzo di trasporto verso le località balneari della Regione (questa motivazione è stata espressa soprattutto dagli sloveni). Nel suo complesso, quindi, questa linea potrebbe essere attivata nel periodo estivo ed avere una valenza prevalentemente turistica o essere utilizzata, nel caso si decidesse di attivarla tutto l'anno, anche come navetta per l'aeroporto di Ronchi dei Legionari.

4.5 Conclusioni: punti forti e punti deboli delle soluzioni, con la valutazione delle migliori soluzioni Da quanto emerge i metodi seguiti sono stati fruttuosi di risultati, poiché l’uno e l’altro si sono posti come speculari e in qualche modo sovrapposti. Sono emerse sostanzialmente due vie e tentazioni, della gente: la prima è quella essenziale di connettere il cuore di una città al cuore dell’altra città; l’altra via largamente inclusiva è quella di arrivare dappertutto, di qua e di là del confine. Come interpretare le due tendenze, e soprattutto è possibile risolvere l’alternativa tra le due in un’unica soluzione?

Una prima ipotesi, minimalista in quanto a lunghezza del tracciato, ma largamente condivisa è, come abbiamo visto, rappresentata da una sorta di “servizio navetta” che da piazza della Vittoria punta direttamente al centro di Nova Gorica passando per il passaggio di San Gabriele: questo vogliono gli

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intervistati e propongono i progettisti, pur con l’allungamento da parte di quest’ultimi - e anche di alcuni intervistati favorevoli a questa ipotesi - da piazza della Vittoria alla stazione ferroviaria di Gorizia (in verità con una sovrapposizione con la linea n. 1 già esistente, dicono i critici). Il vantaggio di questa linea è che può essere rapida e frequente; lo svantaggio è che non raggiunge altre zone delle due città.

Una seconda ipotesi forte, sia degli intervistati che dei progettisti, è molto completa, perché raggiunge ospedali, località periferiche importanti di Nova Gorica (Salcano e San Pietro), ecc.: eppure, proprio perché completa, la linea risulta molto lunga (per tempo e percorso), scoraggiante, e forse il modesto numero di utenti non giustifica una frequenza notevole. Ricordiamo inoltre che, oltre ai tempi di percorrenza, bisognerà tenere presente i tempi tecnici aggiuntivi alla frontiera necessari all’espletamento delle formalità burocratiche per l’espatrio, almeno fino a che la Slovenia non entrerà a far parte dell’Unione Europea.

In queste condizioni una terza soluzione, alternativa, può avvenire con l’introduzione di un elemento (ri)organizzativo, basato su una sorta di convergenza sui due punti terminali di Gorizia (Piazza della Vittoria o stazione autocorriere) e Nova Gorica (stazione autocorriere) di linee che collegano le infrastrutture ospedaliere, le stazioni ferroviarie, le università per un verso e i quartieri periferici per un altro verso. Una efficace riorganizzazione dei trasporti urbani intorno ai due punti terminali della navetta, molto frequente, rapida, affidabile nel rispetto dei tempi e dotata di luoghi di attesa riparati e comodi, può rappresentare una soluzione che soddisfa le esigenze espresse nelle due vie indicate dai percorsi disegnati dalla gente e progettati dai tecnici dei trasporti (Fig. 8).

Fig.8 – Principali poli di interscambio

Tale terza via può d’altra parte rappresentare il punto di snodo delle linee suburbane proposte dai

progettisti, poiché i provenienti da Grado e da Ronchi possono andare a Nova Gorica cambiando mezzo in Piazza della Vittoria; e quelli che devono andare a Dobrovo via San

Floriano possono ugualmente prenotare la linea (a taxi) anch’essi a Piazza della Vittoria. Ovviamente è opportuno ricordare che le percentuali di coloro che si dichiarano favorevoli all’una o

all’altra linea non si possono immediatamente tradurre in quote di mercato della linea di autobus proposta. Più che di utenti potenziali, si tratta di persone che hanno risposto positivamente pensando alle esigenze di altri utenti che, come abbiamo visto, sono costituiti dalle fasce più deboli della popolazione, e cioè anziani, donne e giovani non provvisti di mezzi di trasporto proprio. È difficile quindi stimare il successo di mercato dell’iniziativa se non si parte dagli attuali livelli di utilizzo dei mezzi esistenti, con la valutazione di possibili domande funzionali future. Le proposte suggerite potranno forse aumentare tali livelli e modificare le abitudini, anche se queste sono ormai radicate nel tempo.

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È chiaro che tutto ciò che implica una riorganizzazione dei servizi urbani e suburbani richiede pure un qualche adattamento urbanistico e architettonico di Piazza della Vittoria a Gorizia e della stazione delle autocorriere a Nova Gorica. Ed anche su tale aspetto vi sono già intenzioni e forse progetti per arredare e adattare a nuove funzioni gli stessi due punti terminali individuati per la navetta Gorizia-Nova Gorica, e in definitiva per favorire l’avvicinamento ulteriore delle due città. [M. Del Zotto, E. Fabretti, La mobilità transfrontaliera: caratteristiche della domanda in Aa.Vv., Riorganizzazione del trasporto pubblico nell’area transfrontaliera italo - slovena, Provincia di Gorizia, Grafica Gorizia, Gorizia, 2001, pp. 25-41].

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PROGETTO DI POLO UNIVERSITARIO PER GORIZIA – NOVA GORICA

Alberto Gasparini

Abstract: L’articolo presenta un progetto di Polo universitario per Gorizia-Nova Gorica svolto per il Consorzio universitario di Gorizia su un bando Interreg. Il Polo in oggetto prevede una istruzione terziaria superiore (solo dottorati e master), valorizzante le istituzioni internazionali di Gorizia-Nova Gorica, e appoggiantesi sulle università di Trieste, Udine e Nova Gorica. Keywords: Gorizia, Nova Gorica, Polo universitario, dottorato, master

• − • − •

1. Introduzione Illustrare l’idea e lo scenario del Polo Universitario Internazionale di Gorizia-Nova Gorica significa

richiamare quanto è stato progettato sin qui. Ma tale illustrazione significa anche rendersi conto di come si costruisce una centralità per Gorizia-

Nova Gorica, partendo dall’idea che il futuro può essere radicalmente diverso dal presente: 1) se si crede nell’idea, 2) se se ne progetta la realizzazione, 3) se si persegue con forza e globalmente l’idea della nuova Gorizia-Nova Gorica come Laboratorio delle professioni cruciali per la nuova Europa, come punto di incontro internazionale, come luogo che gode di uno status speciale in quanto Gorizia-Nova Gorica vivono al tempo stesso la realtà di una sola città e di due città. 2. L’idea

Il “Polo Universitario Internazionale di Gorizia-Nova Gorica” utilizza alcune condizioni positive offerte dal sistema Gorizia-Nova Gorica connesse: 1) alla funzione tradizionale di luogo di formazione di élites, 2) alla simbolicità di unione-divisione internazionale del luogo, 3) alla cultura di confine che vi regna, e che favorisce la convivenza dell’eterogeneo.

L'Idea-progetto iniziale, avanzata dal Consorzio per lo Sviluppo del Polo Universitario di Gorizia e dall’ISIG e incorporato dal Comune di Gorizia nel “Progetto di riconciliazione tra gli abitanti di Gorizia e Nova Gorica” oltre due anni fa, si proponeva di realizzare i seguenti obiettivi fondamentali:

1) enfatizzare strutture accademiche post-graduate; 2) formare a professioni rare e significative per la nuova Europa; 3) congiungere gli stati membri dell’Unione Europea e gli stati candidati nelle professioni per le quali

vengono formate le nuove élites; 4) rendere internazionale la struttura di tale formazione, oltre che per i paesi coinvolti, anche per la

lingua di lavoro, che è l’inglese; 5) connettere strettamente la formazione didattica dei Dottorati e dei Master alla formazione

scientifica e operativa della ricerca e dell’organizzazione di eventi;

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6) operare una sorta di divisione di competenze tra le Università che assicurano le attività didattiche e gli Istituti con una consolidata professionalità scientifica e/o operativa a Gorizia e Nova Gorica;

7) mettere insieme studenti provenienti da tutta Europa, ed anche oltre, per formarli a professioni nuove e rare, trasformando così Gorizia-Nova Gorica in un centro al quale si resta legati e verso il quale cresce la coscienza che solo in questo centro si possono imparare “bene” certe professioni.

3. Lo scenario progettato, in ventitre punti

Tale idea iniziale è stata trasformata nello scenario di un “Polo Universitario Internazionale di

Gorizia-Nova Gorica”, gestito sulla base di una realtà analoga già attivata, denominata “Istituto Universitario Internazionale per gli Studi Europei” (IUISE), di cui sono soci fondatori le Università di Trieste, di Udine, Eötvös Loránd di Budapest, Babes-Bolyai di Cluj-Napoca e l’Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia (ISIG). Lo scenario si concreta in uno status giuridico e in obiettivi, si articola in una struttura sociale, si compone di partecipanti, si dota di tecnologie didattico-operative, si inserisce in un contesto/ambiente e in un processo di realizzazione, che qui di seguito vengono richiamati, operando una sintesi di quanto è stato progettato e giustificato nei capitoli del Progetto.

3.1. Lo status giuridico

1) Il progetto elaborato per l’Istituto Universitario Internazionale è compatibile con: 1) lo status di Consorzio di enti universitari e di ricerca, che organizza le attività di Master di Dottorati di ricerca. Esso è regolato dalla legislazione dello stato in cui ha sede legale e i titoli di studio vengono conferiti dall’Università sede amministrativa; 2) lo status di Istituto Universitario nazionale che conferisce i titoli di studio secondo la legge sul sistema universitario del paese di cui fa parte; 3) lo status di Istituto Universitario Internazionale, istituito da accordi interstatali e che conferisce autonomamente titoli di studio internazionali.

Esiste compatibilità sequenziale tra il Consorzio e l’Istituto Universitario Internazionale; ciò perché nel breve periodo è più agile organizzare le attività universitarie in Consorzio; e intanto si sviluppano le condizioni, di più lungo periodo, per addivenire agli accordi interstatali che daranno luogo all’Istituto Universitario Internazionale. La proposta avanzata nel progetto presente è perciò che si cominci con il Consorzio per giungere allo status stabile e internazionale dell’Istituto Universitario Internazionale.

3.2. Gli obiettivi 2) L’obiettivo principale riguarda i seguenti profili professionali, ai quali vengono formati giovani

europei ed extraeuropei: - manager e studiosi in problemi transconfinari, - manager e studiosi in gestione dei rischi politici, economici, sociali e ambientali, - manager e studiosi in cultura, arte e società centro-europee, - manager e studiosi per la pace e la soluzione dei conflitti, - manager in istituzioni comunitarie e organizzazioni internazionali, - manager in gestione di risorse naturali e tecnologie ambientali ed esperti in sicurezza e qualità

dell’attività delle aziende, - manager in organizzazione di attività musicali e folkloriche internazionali, - manager in problemi carsologici. 3) Come risultato indiretto e più generale, deriva l’obiettivo di creare una centralità universitaria a

carattere internazionale a Gorizia-Nova Gorica, attraverso l’attrazione in essa di giovani e studiosi che intendono affrontare professioni nuove e profondamente sinergiche al dialogo fra paesi membri e paesi candidati dell’Unione Europea e quindi orientati a favorire l’integrazione e la costituzione della nuova Europa.

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3.3. La struttura

Il Polo Universitario Internazionale di Gorizia-Nova Gorica potrà essere gestito dallo IUISE, che

presenta la seguente struttura didattica. 4) Quattro Dottorati di ricerca e quattro Master I dottorati di ricerca progettati sono in: - “Politiche transfrontaliere per la vita quotidiana”, - “Emergenze di massa e gestione del rischio politico, economico e sociale”, - “Cultura mitteleuropea”, - “Operatori internazionali per la pace”, I Master progettati sono in: - “Metodi di politiche comunitarie”, - “Gestione delle risorse naturali e tecnologie ambientali”, - “Manager in organizzazione di manifestazioni e attività musicali e folkloriche internazionali”, - “Carsologia”. 5) I Dottorati sono articolati in tre anni e i Master in due anni. 6) Le regole per chi entra e per chi esce dalle strutture progettate sono le seguenti: - per entrare è necessaria una laurea o un titolo equivalente tra i paesi europei, - per uscire è necessario il conseguimento del diploma di dottore di ricerca o di master. Naturalmente

ci si può ritirare in qualsiasi momento, ma senza conseguire alcun diploma. Il titolo è automaticamente valido in Italia e, per estensione, nei paesi membri dell’Unione Europea, così come nei paesi che attraverso le loro Università si sono consorziati nello IUISE.

7) Le Università consorziate assicurano e controllano l’attività didattica per ogni Dottorato e Master.

Attualmente lo IUISE è composto da quattro Università: Trieste (che è Sede Amministrativa), Udine, Eötvös Loránd di Budapest, Babes-Boliay di Cluj-Napoca. Appare necessario, al fine di dare sostanza al carattere transfrontaliero del progetto, il rapido ingresso del Politecnico di Nova Gorica (le tre Scuole in esso operanti) e della Facoltà di Studi Umanistici di Capodistria. Altre Università (austriache, slovacche, polacche, spagnole) hanno espresso interesse a far parte dello IUISE; altre ancora entreranno al momento dell’attivazione dei Dottorati e Master in programma.

8) Gli Istituti di ricerca e di cultura assicurano l’attività scientifica, culturale, operativa e di network

per Dottorati e per Master. Essi si configurano come “laboratori scientifici e operativi” delle attività più strettamente professionalizzanti. Essi comprendono gli Istituti che hanno una consolidata e riconosciuta qualificazione internazionale e che sono locati nell’area di Gorizia-Nova Gorica o in aree adiacenti.

Alla base dei Dottorati e dei Master progettati vi sono i seguenti Istituti e Associazioni: - Associazione “Seghizzi”, - Associazione “Lipizer”, - Associazione “Pro Loco di Gorizia”, - Centro di Ecologia Teorica e Applicata (CETA), - Istituto per gli Incontri Culturali Mitteleuropei (ICM), - Istituto di Ricerche Carsiche (IZRK/ZRC SAZU) di Postumia, - Istituto di Ricerche Scientifiche della Repubblica di Slovenia (ZRS) di Capodistria, - Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia (ISIG), - Politecnico di Nova Gorica (i tre Laboratori).

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9) Il governo dei Dottorati e dei Master è realizzato dal Consorzio di Università e Istituti di supporto, denominato “Istituto Universitario Internazionale di Studi Europei” (IUISE), articolato nei seguenti organi sociali:

- Assemblea dei soci, che comprende gli enti accademici, scientifici e culturali che sostengono le specifiche strutture accademiche,

- Consiglio di amministrazione, che comprende un rappresentante per ogni socio, più il presidente degli organi sociali di seguito elencati,

- Consiglio delle istituzioni di sostegno e valutazione, che comprende gli enti locali, nazionali e internazionali, che contribuiscono con risorse alla vita dello IUISE,

- Comitato scientifico, che comprende esperti e studiosi di chiara fama nei settori professionali considerati, indicati dai soci,

- Collegi dei docenti, che sono tanti quanti i Dottorati e i Master. Uno dei coordinatori dei nove Collegi dei docenti fa parte del Consiglio di Amministrazione.

10) I tempi perché i cinque Dottorati e i quattro Master funzionino a pieno regime sono di sei anni, e

cioè nell’anno accademico 2005/6 saranno perfettamente funzionanti tutti gli anni (tre e due rispettivamente) di tutti i Dottorati e i Master.

La transizione avviene secondo il seguente processo: - AA. 2000/1: inizio di

Dottorato di ricerca in “Politiche transfrontaliere per la vita quotidiana”, Master in “Metodi di politiche comunitarie”;

- AA. 2001/2: inizio di

Master in “Carsologia”;

- AA. 2002/3: inizio di Dottorato di ricerca in “Emergenze di massa e gestione del rischio politico, economico,

sociale”, Dottorato di ricerca in “Operatori internazionali per la pace” Master in “Gestione delle risorse naturali e tecnologie ambientali”;

- AA. 2003/4: inizio di

Dottorato di ricerca in “Cultura mitteleuropea”, Master in “Manager in organizzazione di manifestazioni e attività musicali e folkloriche

internazionali”;

- AA. 2004/5: Entrano nel secondo anno i Dottorati di ricerca e si completa il Master, iniziati nell’AA. 2003/4; - AA. 2005/6: Entrano a pieno regime i quattro Dottorati di ricerca e i quattro Master. 11) Il fabbisogno di spazi viene espresso in 18 o 29 aule per le attività didattiche, e in laboratori di

ricerca e attività concrete da individuare presso gli Istituti goriziani-nova goriziani di supporto scientifico e culturale. Nel caso di 18 aule didattiche, è necessario aggiungerne altre che fungano da studi di ricevimento e individuali per i professori, esercitatori e studenti; mentre nel caso di 29 aule, queste possono svolgere le molteplici funzioni. A tali spazi sono da aggiungere altri da attribuire alle funzioni di segreteria.

Il fabbisogno di spazi è riferito a una situazione annuale di pieno regime dello IUISE. 12) I costi delle nove strutture accademiche, quando funzioneranno a pieno regime sono per anno di

2.072.000 (duemilionisettantaduemila) Euro.

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In altre ipotesi riduttive, in cui a regime vengano messi un numero inferiore di Dottorati e di Maser attivati, i costi per anno sono i seguenti:

- un Dottorato e un Master € 518.000 - due Dottorati e un Master € 836.000 - due Dottorati e due Master € 1.036.000 - tre Dottorati e due Master € 1.354.000 - tre Dottorati e tre Master € 1.554.000 - tre Dottorati e quattro Master € 1.754.000 - quattro Dottorati e tre Master € 1.872.000 13) Le entrate sono da individuare nei contributi dell’Unione Europea, dei paesi cui appartengono i

soci dello IUISE, delle regioni Friuli-Venezia Giulia, Carinzia e di quelle frontaliere della Slovenia, di enti locali e organizzazioni internazionali. Le Università e gli Istituti di supporto contribuiscono soprattutto con servizi e risorse umane; e in più con l’80% delle tasse pagate dagli studenti (e cioè di circa 775 Euro per anno di iscrizione), il che porta a un introito di 248.000 Euro, nel caso che per ogni struttura accademica si iscrivano venti studenti. 3.4. I partecipanti, e cioè studenti, professori, assistenti amministrativi

14) Nell’anno accademico 2005/6, e cioè quando gli otto Dottorati e Master funzioneranno a pieno

regime, si avrà un numero minimo di 300 studenti (nell’ipotesi che gli studenti non superino le 15 unità per Dottorato e per Master) e un numero massimo di 500 studenti (nell’ipotesi che gli studenti arrivino al numero completo previsto di 25). A questi saranno da aggiungere altri che ripetono certi corsi non frequentati nell’anno precedente.

Gli studenti sono dei giovani già laureati, e quindi maturi, “esigenti”, che hanno da fare delle richieste alla collettività di Gorizia-Nova Gorica, e di conseguenza questa stessa collettività deve creare un ambiente adeguato. Inoltre si tratta di studenti provenienti da molte nazioni, che quindi portano una forte spinta internazionale alla città.

15) Nello stesso anno accademico 2005/6 i docenti saranno 193, e gli esercitatori 197. Ciò significa

che in un anno ci saranno più di 400 esperti e studiosi che verranno a Gorizia e a Nova Gorica per almeno una settimana, e che la metà di essi verrà da fuori Italia e Slovenia. D’altra parte le materie sono altamente specialistiche e quindi sono insegnate più da studiosi e da esperti che da professori di base. L’alta cultura e le alte professionalità passano per Gorizia-Nova Gorica, e quindi vi creeranno opportunità di organizzare eventi pubblici aperti alla collettività locale e internazionale. 3.5. Tecnologie formative, ovvero la formula organizzativa

Le tecnologie utilizzate nel loro insieme formano il nucleo originale dei Dottorati e dei Master

progettati nell’ambito dello IUISE, e quindi danno luogo ad una formula. 16) La formula risulta dalla combinazione delle 19.195 ore organizzate dallo IUISE (84,5% del totale

delle ore) e da 3.515 ore previste e programmate per lo studio individuale (15.5% del totale delle ore previste).

L’algoritmo della formula offerta dallo IUISE è il seguente:

- lezioni frontali su temi specifici 24,7 % (n. ore 4735) - esercitazioni 27,9 % (n. ore 5350) - ricerca scientifica e organizzazione eventi 9,2 % (n. ore 1770) - viaggi tematici per luoghi della professione 8,9 % (n. ore 1700) - stages presso aziende e istituzioni (work placements) 9,0 % (n. ore 1740)

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- elaborazione della tesi di dottorato o di master 20,3 % (n. ore 3900) Totali 100,0 % (n. ore 19195)

17) Il lavoro organizzato per i nove Dottorati e Master corrisponde a 1.200 crediti, che equivalgono a 22.710 ore di lavoro organizzato e individuale, e quindi ad ogni credito corrispondono circa 19 ore.

18) Il lavoro all’interno del Dottorato di ricerca si articola in 180 crediti per il totale dei tre anni. Il

lavoro all’interno del Master si articola in 120 crediti. 19) Le materie su temi specifici del Dottorato o del Master sono 193, e si articolano in lezioni frontali

e in esercitazioni. 20) La lingua di lavoro del Dottorato e del Master è l’inglese. 21) Le lezioni si tengono in maggioranza a Gorizia-Nova Gorica e per il resto nelle sedi consorziate.

Si può prevedere che l’85% delle lezioni ed esercitazioni si tengano a Gorizia-Nova Gorica e il restante 15% nelle altre sedi universitarie consorziate.

3.6. L’ambiente, ovvero il contesto di Gorizia-Nova Gorica: cosa deve dare, cosa può ricevere 22) Perché il sistema di Dottorati e di Master progettati nell’ambito dello IUISE possa funzionare e

realizzare i propri obiettivi le istituzioni, le aziende, la società civile, i cittadini di Gorizia-Nova Gorica devono dare

- il sostegno culturale, umano, sociale; - il sostegno politico per informare e convincere i livelli istituzionali e sociali più ampi, nazionali e

internazionali, che l’iniziativa è necessaria per la costruzione della nuova Europa; - il sostegno finanziario, di risorse immobiliari, di utilizzo di servizi già esistenti; - la creazione di nuovi servizi che permettano di valorizzare le risorse portate da studenti post-

graduate, da docenti e da esercitatori al fine di trasformare Gorizia in un luogo in cui si pensa, si discute e si progetta la costruzione della nuova Europa e la soluzione dei conflitti in qualsiasi parte essi siano attivi;

- il sostegno concreto, finanziario e politico, agli istituti di ricerca e di organizzazione di eventi culturali locati nell’area di Gorizia-Nova Gorica, che partecipano ai Dottorati e ai Master progettati;

- una gamma molto ampia di nuove opportunità alberghiere, differenziate per tipi di offerta e soprattutto di accesso economico;

- una gamma molto ampia e ben organizzata di mense, ristoranti, trattorie; - l’organizzazione di accessi a Gorizia-Nova Gorica adeguati alla domanda (treni accessibili, taxi

numerosi, collegamenti con l’aeroporto); - il favore a nuove ditte specializziate in attività convegnistiche, traduzioni, organizzazione di viaggi,

informatica, ecc.; - l’organizzazione di spazi rilassanti e godibili per gli ospiti (studenti, esercitatori, professori, esperti,

ecc.); - il collegamento informatico fra le biblioteche goriziane e nova goriziane, e in particolare fra quelle

universitarie, comunali e statali, e degli Istituti che sostengono i Dottorati e i Master; - il calmieramento dei prezzi degli alloggi privati dati in affitto agli ospiti. 23) Dal sistema di Dottorati e Master progettati nell’ambito dello IUISE le istituzioni, le aziende, la

società civile, i cittadini di Gorizia-Nova Gorica possono ricevere: - una centralità per Gorizia-Nova Gorica per il suo ruolo di formazione a professioni rare. Per avere

tale formazione gli studenti postgraduate d’Europa devono venire qui. In ciò consiste una prima centralità di Gorizia-Nova Gorica;

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- altra centralità per Gorizia-Nova Gorica deriva dal fatto che le Università consorziate, le istituzioni nazionali e internazionali (a cominciare dall’Unione Europea) che sono nel Consiglio delle istituzioni dello IUISE, le istituzioni scientifiche e gli studiosi vengono a Gorizia-Nova Gorica e, ad ogni modo, seguono quel che succede a Gorizia-Nova Gorica, per controllare, per osservare i modelli e gli esperimenti nuovi, per valutare possibili candidati per le loro istituzioni;

- la possibilità di organizzare convegni, incontri per discutere temi delicati, “sottovoce semmai”, in parallelo alle segreterie ministeriali, alle dirigenze di gruppi etnici e sociali o ai centri di ricerca internazionali. Cioè i Dottorati e i Master dello IUISE diventano essi stessi occasione di valutazioni, scambi di idee, approfondimenti, confronti su temi da risolvere o da affrontare in un dato momento. Ciò è reso possibile dalla presenza di docenti ed esperti, ai quali se ne possono aggiungere altri per l’occasione;

- la formazione di aziende produttive nuove nel campo alberghiero, ristorativo, dei servizi a sostegno delle strutture accademiche progettate;

- l’ampliamento del lavoro delle aziende produttive già esistenti; - il radicarsi in loco di alcuni studenti, esercitatori, docenti, per effetto delle nuove possibilità di lavoro

offerte dall’ambiente, favorite dai Dottorati e dai Master; - il ricambio e il recupero edilizio di Gorizia-Nova Gorica, sia per effetto delle opere degli enti locali

che ristrutturano edifici di loro proprietà per le attività dello IUISE, sia delle opere degli istituti di accoglienza e dei privati che sono spinti dalle condizioni favorevoli a rimettere in ordine i loro edifici e gli appartamenti di loro proprietà per studenti e docenti;

- una spinta a Gorizia-Nova Gorica a diventare una città che sempre più risolve comunitariamente i problemi degli spazi, dei servizi, delle attività produttive, richiesti dall’organizzazione dei Dottorati e dei Master [A. Gasparini, Studio sullo sviluppo del Polo universitario di Gorizia-Nova Gorica/Študija o razvoju univerzitetnega Pola Gorizia-Nova Gorica, Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, Trieste, 2001, pp. 155-163].

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ISTITUTO UNIVERSITARIO INTERNAZIONALE PER GLI STUDI EUROPEI

Abstract: L’articolo illustra la struttura organizzativa dello Iuise, la visione, la mission, la struttura e le funzioni del Dottorato di ricerca in “Politiche transfrontaliere per la vita quotidiana” e i master in “Comunicazione e metodi di politiche transfrontaliere” e in “Operatori internazionali di pace”. Lo Iuise è un consorzio di nove università europee (comprese Trieste e Udine) e l’Isig, le lezioni sono impartite in inglese, studenti e docenti vengono da molteplici paesi di varie parti del mondo. È attivo a Gorizia (con segreteria amministrativa presso l’università di Trieste), dal 2000 Keywords: Gorizia, IUISE, strutture didattiche, internazionale

• − • − • Lo IUIES fa parte, dal 2005, del CEI University Network Il consorzio universitario IUIES gode di personalità giuridica ai sensi del D.M. del 12.04.06 1. Organi statutari Presidente Alberto Gasparini Vice-presidente László Boros 2. Università Consorziate Lo IUIES (International University Institute for European Studies) è un consorzio universitario fondato nel 2000 tra Università degli Studi di Trieste Università degli Studi di Udine Università di Cluj-Napoca (Romania) Università Eötvös Loránd di Budapest (Ungheria) Università di Klagenfurt (Austria) Università Jagellonica di Cracovia (Polonia) Università Comenius di Bratislava (Slovacchia) Università MGIMO di Mosca (Russia) Università di Nova Gorica (Slovenia) Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia -ISIG

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3. L’istituzione Lo IUIES (International University Institute for European Studies) è un consorzio universitario fondato nel 2000 tra l'Università degli Studi di Trieste, l'Università degli Studi di Udine, l'Università di Cluj-Napoca (Romania), l'Università Eötvös Loránd di Budapest (Ungheria), l'Università di Klagenfurt (Austria), l'Università Jagellonica di Cracovia (Polonia), l'Università Comenius di Bratislava (Slovacchia), l'Università MGIMO di Mosca (Russia), l'Università di Nova Gorica (Slovenia) e l'Istituto di SociologiaI Internazionale di Gorizia -ISIG. Dal 2005, lo IUIES fa parte del CEI University Network e, nel 2006, ha ottenuto la personalità giuridica con D.M. 12.04.06. Lo IUIES è un centro internazionale di eccellenza nella formazione post-laurea, ha sede a Gorizia e qui organizza annualmente master universitari e dottorati di ricerca in lingua inglese. 3.1 Vision Lo IUISE guarda ad un futuro di professionalità internazionali nuove che, originate nelle specificità regionali, ne valorizzino il ruolo di centro d’eccellenza a livello europeo. In questa prospettiva, lo IUISE ha interpretato la cooperazione internazionale nell'ambito della formazione universitaria post laurea quale elemento indispensabile per rafforzare ed approfondire l'intero complesso delle relazioni tra le regioni ed i popoli d'Europa e del mondo. All'interno di questo processo, lo IUISE si pone in sinergia con le realtà istituzionale ed accademica regionali e l’Europa, organizzando a Gorizia l’incontro di docenti e discenti provenienti da tutto il mondo e promuovendone lo scambio scientifico ed il confronto accademico. 3.2 Mission Lo statuto dello IUISE ha tradotto la vision ed il ruolo del consorzio universitario nei seguenti obiettivi:

• assicurare una formazione universitaria post laurea di alta qualità a studenti provenienti da tutto il mondo secondo i principi di equità e trasparenza;

• assicurare una formazione specifica per le professionalità nuove e di nicchia in grado di rispondere alle dinamiche sociali, economiche e politiche delle società civili europee;

• offrire ai discenti corsi di specializzazione avanzati nel campo delle scienze sociali; • offrire ai discenti professionalità specifiche alle esigenze dei mercati internazionali e per la

gestione degli attuali processi sociali e politici; • entrare a far parte delle reti scientifiche ed accademiche esistenti attraverso attività di

cooperazione scientifica ed accademica; • incoraggiare le relazioni interculturali e promuovere la cooperazione internazionale tra le

università e gli istituti di ricerca scientifica collocati nell'Europa centro-orientale e mediterranea a quelli dell'UE;

• fornire una più ampia visione dei processi europei con particolare enfasi sui problemi regionali legati alla coesione ed all'integrazione e sulla preparazione per una cittadinanza democratica attiva.

Lo IUISE attualmente organizza i seguenti corsi: • Dottorato in Politiche Transfrontaliere per la Vita Quotidiana (180 crediti); • Master in Metodologie per le Politiche Comunitarie (120 crediti); • Master in Operatori Internazionali di Pace (120 crediti).

3.3 Alumni Sul sito del consorzio (www.interuniv.isig.it) è possibile visitare la sezione ALUMNI per conoscere l’inserimento lavorativo ed i profili degli stduenti che hanno partecipato ai programmi accademici IUISE.

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4. Strutture didattiche

I programmi attivati dallo IUIES garantiscono un'ampia formazione nel campo delle scienze sociali, incluse le metodologie proprie alla ricerca sociale e la ricerca empirica, promuovendo la specializzazione degli studenti nelle aree di loro interesse.

L'insegnamento è su base modulare e semestrale e prevede lezioni, seminari ed esercitazioni nonché la

partecipazione a convegni, l'inserimento in gruppi di ricerca internazionali, e periodi di tirocinio ed inserimento lavorativo.

Durante i seminari gli studenti avranno l'opportunità di presentare i loro saggi e/o ricerche e di discutere con il docente ed autonomamente gli argomenti relativi ai singoli corsi.

Le esercitazioni daranno agli studenti la possibilità di discutere il proprio lavoro accademico ed i propri progressi con il coordinatore del programma, con il proprio tutor e con i singoli docenti.

Tutte le lezioni si tengono in lingua inglese. 4.1 Crediti ECTS

La reale durata dei corsi è espressa in modo migliore, più che in termini di anni, in termini di crediti universitari che è necessario conseguire. I nostri corsi in particolare attribuiscono i seguenti crediti:

Dottorato in Politiche Transfrontaliere per la Vita Quotidiana - 180 crediti; Master in Metodologie per le Politiche Comunitarie - 120 crediti; Master in Operatori Internazionali di Pace - 120 crediti. L'ECTS (European Credit Transfer System) è stato sviluppato dalla Commissione delle Comunità

Europee al fine di definire procedure comuni per garantire il riconoscimento accademico degli studi compiuti all'estero. Esso costituisce un modo per misurare e comparare i risultati dell'apprendimento e per trasferirli da un'istituzione accademica ad un'altra all'interno dell'Unione Europea, al fine di promuove la mobilità accademica. 4.2 Strutture e Laboratori Gli studenti hanno accesso alle strutture ed ai laboratori informatici dell’Università di Trieste a Gorizia, alle biblioteche generali delle università consorziate e dell’ISIG e alle course collections specifiche ai vari corsi. Inoltre gli studenti IUIES hanno accesso alle strutture di ricerca (biblioteche, laboratori, etc) e a varie attività didattiche di tutte le università consorziate. 4.3 Il sito: www.interuniv.isig.it Attraverso il nostro sito è possibile consultare on-line e scaricare l’orario delle lezioni, i programmi didattici relativi a ciascun insegnamento, prenotare ed ordinare i libri della course collection e accedere alla modulistica. 5. Dottorato di ricerca in “Politiche transfrontaliere per la vita quotidiana” L'obiettivo principale del dottorato di ricerca è quello di fornire agli studenti gli strumenti propri alla ricerca sociale al fine di raccogliere ed elaborare i contributi teorici provenienti dalla sociologia dei confini con riferimenti spaziali e politici al concetto di centro e periferia; dalla sociologia del territorio, con riferimenti al regionalismo e ai rapporti tra le regioni; dalle relazioni internazionali; dalla politologia e dalla geografia politica ma anche dagli studi sugli effetti che i confini implicano a livello economico e giuridico. Il corso è perciò orientato all'elaborazione di politiche transfrontaliere per lo sviluppo delle aree e delle regioni di frontiera prendendo in considerazione le dimensioni sociali e culturali di un tale sviluppo come vengono prodotte e riprodotte nello specifico contesto spaziale del confine.

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Poiché i problemi dello sviluppo regionale e transfrontaliero non conoscono confini disciplinari e poiché a livello internazionale vi è un notevole sforzo della ricerca per interpretare e concettualizzare tali problemi, il corso è stato disegnato in modo tale da attirare studiosi e studenti impegnati nell'elaborazione di approcci teorici e metodologici interdisciplinari per lo studio dello sviluppo economico e sociale e dei mutamenti nelle aree di confine. Piano di studio

Nel primo anno, durante il periodo di frequenza delle lezioni, il carico di studio di ogni singolo corso è concentrato nell'arco di due settimane, nella prima si tengono le lezioni frontali mentre la seconda è dedicata allo studio e alla ricerca individuali per permettere agli studenti di rielaborare le nozioni apprese e approfondire argomenti di particolare interesse.

Nel secondo anno e nel terzo anno invece, si concentrano i seminari e le esercitazioni ed è lasciato ampio spazio allo sviluppo della ricerca e all'elaborazione della tesi, che vengono svolte per lo più all'estero, presso una delle sedi consorziate.

Durante questo periodo, i dottorandi saranno seguiti dal tutor di macro area e del tutor di tesi che si occuperanno di monitorare il lavoro degli studenti e coordinare il percorso di ricerca suggerendo approfondimenti e tematiche rilevanti.

La figura del tutor di macroarea trova il suo obiettivo principale nell'offrire al corso di Dottorato un percorso formativo ulteriore rispetto alle lezioni frontali. Infatti se l'utilità di queste sta nel garantire un continuo e solido apporto di informazioni e conoscenze di alto livello sullo stato più avanzato di varie discipline, la figura del tutor di macroarea garantisce tipologie di formazione caratterizzanti per un Dottorato quali la discussione a livello seminariale di argomenti topici rispetto al percorso di ricerca del dottorando, l'analisi e il confronto sull'avanzamento della ricerca tra i dottorandi, approfondimenti mirati ad aspetti metodologici chiave per la formazione del dottorando. Inoltre, in questo modo, si garantisce lo scambio continuo che permette al tutor di macroarea e al tutor di riferimento di indirizzare il dottorando verso collaborazioni su attività di ricerca e di didattica proponendoli per convegni e ricerche. 5.1 I Tutor I tutor di macroarea terranno periodicamente delle giornate seminariali, alle quali dovranno partecipare i dottorandi di tutti i cicli, al fine di condurre gli studenti dallo studio alla ricerca sociale, portandoli a sviluppare le abilità teoretiche, metodologiche e analitiche necessarie. Ogni singolo insegnamento inoltre, si inserisce in una macro area di riferimento, alla quale fanno capo docenti altamente qualificati e di fama internazionale, che si occupano di coordinare e sviluppare il lavoro dei dottorandi. Le macroaree individuano le tematiche intorno alle quali si sviluppa il lavoro di ricerca degli studenti e sono precisamente, l'area economica, l'area sociologica, l'area politologica e delle politiche transfrontaliere, l'area giuridica e l'area metodologica. 5.2 Ammissione al dottorato Il Dottorato di Ricerca in questione è attivato dall'Università degli Studi di Trieste pertanto per tutto ciò che riguarda la pubblicazione dei bandi e i relativi moduli per l'ammissione e l'immatricolazione si dovrà far riferimento alla Segreteria Dottorati dell'Università di Trieste. Possono presentare domanda di partecipazione al concorso, senza limitazioni di età e cittadinanza, coloro che siano in possesso di diploma di laurea conseguito in Italia o laurea specialistica o di titolo accademico equipollente conseguito presso Università straniere e riconosciuto dalle autorità accademiche, anche nell'ambito di accordi interuniversitari di cooperazione e mobilità. I candidati dovranno essere in possesso del titolo o della dichiarazione di equipollenza, entro il termine perentorio corrispondente alla data fissata per la prima prova dell'esame di ammissione. La domanda di ammissione al Dottorato dovrà essere fatta pervenire a: Segreteria Dottorati Università degli Studi di Trieste

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Piazzale Europa, 1 I-34127 Trieste Fax. 0039 040 558 3250 www.units.it/dottorati 5.3 Studenti stranieri I candidati stranieri nonché i cittadini italiani in possesso di titolo di studio straniero possono presentare la domanda di ammissione al Dottorato di ricerca direttamente all'Università allegando: diploma di laurea, di durata almeno quadriennale, con l'elenco degli esami sostenuti; traduzione ufficiale in lingua italiana; legalizzazione; dichiarazione di valore in loco del titolo accademico a cura della Rappresentanza diplomatico-consolare italiana competente per il territorio. 5.4 Corsi di Insegnamento

• Consensus Building and CBC • Advanced Sociology I • Advanced Sociology II • International Law • Scientific Research Process • International Relations • Social Psychology of Intergroup Relations • Sociology of Migrations • Sociology of Borders • International Economics • Crossborder Co-operation • Crossborder Policies • Crossborder Relations • Qualitative Research • Europe of Regions • EC Project Management • Methodology of Social Research I • Methodology of Social Research II • Computer Data Processing • Welfare State Policies • Participation and deliberative democracy • Forecasting TechniquesInternational Summer School • Border Studies • Research Laboratory

5.5 Obiettivi

• condurre gli studenti dallo studio teorico alla ricerca empirica sulle questioni più importanti della variabile regionale nella struttura economica, politica e sociale in Europa;

• sviluppare le abilità teoriche, metodologiche e analitiche necessarie alla ricerca; • rendere possibile la valutazione dei programmi e delle politiche europee e statali nel campo della

politica e della programmazione regionali; • esaminare il rapporto tra integrazione internazionale e disintegrazione statale; • studiare e progettare strategie di integrazione e coesione transfrontaliere;

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• preparare gli studenti all'insegnamento in università ed istituti internazionali, ad effettuare ricerche nell'ambito di centri di studio sul tema dei confini, della programmazione delle politiche transfrontaliere e della gestione delle comunità viventi nelle aree di confine.

6. Master Unversitario in “Comunicazione e metodi per le politiche comunitarie” Questo corso di Master universitario di primo livello è stato ideato con la finalità di insegnare agli studenti la complessa metodologia attraverso la quale le politiche dell'Unione Europea prendono forma, in relazione ai cambiamenti politici degli Stati membri e all'allargamento. Il Master, attraverso l'esperienza e le qualifiche dei suoi docenti, fornisce le competenze maggiormente richieste dalle agenzie e dalle istituzioni europee ovvero le abilità necessarie all'analisi e alla valutazione delle politiche comunitarie e della loro applicazione negli specifici background storici e culturali dei diversi stati. Le politiche dell'Unione Europea sono il prodotto della volontà e dell'orientamento che i paesi che formano l'UE esprimono nelle diverse conferenze. Tuttavia esse sono anche il prodotto della volontà e dell'orientamento espressi dal Parlamento Europeo, dalla Commissione e dalla struttura organizzativa che l'Unione Europea si è data progressivamente. In altre parole, le politiche dell'UE non sono solo il risultato di volontà politiche originali, ma soprattutto, esse definiscono se stesse e diventano operative in un processo estremamente complesso e governato da decisioni politiche prese a diversi livelli (Parlamento Europeo e Commissione, innanzitutto) e rese operative dalle Direzioni Generali, dai loro uffici e programmi. Diventa quindi molto importante per le politiche europee rendere espliciti questi metodi e trasformarli in un processo di addestramento per lo studente che desideri entrare a far parte dell'organizzazione dell'Unione Europea o che già lavora in stretto contatto con essa o che, ancora, si sta preparando a trarre vantaggio dalle opportunità che essa offre. Da ciò deriva la necessità di una formazione nei metodi e nei processi della politica comunitaria. Tale formazione è offerta in uno specifico master, con corsi fortemente professionali che trattano dei metodi delle politiche comunitarie in una prospettiva politica, sociale, organizzativa e procedurale così come della loro efficacia ed efficienza. Al termine del programma di studi, fatto di corsi ed esercitazioni estremamente mirati, lo studente sarà in possesso di una chiara ed approfondita comprensione dei metodi esistenti, ma anche delle possibili evoluzioni di tali metodi in relazione all'allargamento dell'Unione verso il resto dell'Europa. 6.1 Ammissione al Master Ai fini dell'accesso al master i titoli di studio validi sono: laurea di primo livello (DM 270/2004) o corrispondente titolo accademico rilasciato da un Ateneo di un altro Paese. La domanda di ammissione al Master dovrà essere presentata a: Segreteria Master Università degli Studi di Trieste Piazzale Europa, 1 I-34127 Trieste Fax. 0039 040 558 3250 www.units.it/master 6.2 Studenti Stranieri Per quanto riguarda l'ammissione ai Master di cittadini stranieri in possesso di titolo di studio conseguito presso Università straniere: i cittadini stranieri non comunitari legalmente soggiornanti in Italia e i cittadini comunitari presenteranno direttamente alla Segreteria la domanda di ammissione e la documentazione prescritta (certificato del titolo di studio con esami sostenuti) debitamente corredata di:

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traduzione ufficiale in lingua italiana munita di legalizzazione; dichiarazione di valore a cura della Rappresentanza diplomatica italiana competente. I cittadini non comunitari residenti all'estero dovranno presentare la domanda di ammissione e la prescritta documentazione alla Rappresentanza diplomatica italiana competente per territorio, la quale provvederà ad inviare detta documentazione all'Università. Ai fini dell'ottenimento dell'equivalenza del titolo di studio conseguito all'estero a diploma di laurea italiana, al solo fine dell'ammissione al Corso, la domanda dovrà essere completa della seguente documentazione: certificato del proprio titolo con esami sostenuti, tradotto e legalizzato; dichiarazione di valore del titolo. 6.3 Quote di Iscrizione L'ammontare delle tasse di iscrizione è fissato dall'Università degli Studi di Trieste, tuttavia al fine di agevolare la partecipazione al Master di discenti provenienti da paesi a valuta debole si ritiene opportuno adottare una differenziazione nell'ammontare degli importi da versare. Pertanto i cittadini i cui paesi di origine hanno un reddito nazionale lordo inferiore a quello del paese UE-15 con il reddito interno lordo più basso (Portogallo), potranno godere di una riduzione delle tasse di circa il 70%. 6.4 Borse di Studio Lo IUIES al fine di agevolare la partecipazione al Corso di discenti provenienti da paesi a valuta debole concede ogni anno un determinato numero di borse di studio (food stamp). Ogni borsa di studio ha un valore pari a 520,00 Euro lordi per ognuno dei mesi di lezione ed è preposta appunto a soddisfare le esigenze di vitto e alloggio degli studenti per i mesi di lezione, che obbligatoriamente devono essere seguiti. 6.5 Corsi di Insegnamento

Institutional EU Integration model EU Social Integration model History of European Integration EU Law EU Institutional Framework International Law EU Foreign and Security Policy EU Financial and Budgetary Policy EU Social Policy EU Programmes Policy Analysis The Future of Europe Mass Communication techniques EU communication techniques Stakeholders in the EU Policy Making Process Lobbying in the EU Leadership in Regional Innovation Diplomatic Discourse International Summer School / Stage

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6.6 Obiettivi

• insegnare agli studenti la complessa metodologia (dal punto di vista quantitativo e qualitativo) attraverso la quale le politiche dell'UE prendono forma, passando dallo stato di decisioni “politiche” prese in conferenze interstatali, alle definizioni di tali politiche da parte dell'UE e, alla fine, ai processi operativi e ai risultati attesi da tali politiche comunitarie;

• sviluppare la sensibilità degli studenti alle dinamiche dei metodi, in relazione ai cambiamenti politici negli stati membri e all'allargamento dell'Unione Europea;

• dotare gli studenti di una comprensione del policy-making europeo dal livello sovrastatale ed intergovernativo a quello locale, senza dimenticare le questioni relative al rapporto tra stati membri ed istituzioni sovrastatali;

• dare agli studenti le abilità pratiche nell'analisi e nella valutazione delle politiche comunitarie e della loro applicazione;

• mettere gli studenti in condizione di dimostrare una comprensione degli elementi concettuali implicati nello sviluppo di un livello europeo di governo;

• utilizzare gli specifici background storici e culturali dei diversi paesi per comprendere il senso delle agende dei singoli paesi e per identificare diversi scenari di politiche.

7. Master Universitario in “Operatori Internazionali di Pace” Il Master mira a creare nuove figure di operatori internazionali in grado di operare nel difficile contesto globale. Attraverso approcci tanto teorici quanto pratici e professionalizzanti gli studenti acquisiscono sia gli strumenti per affrontare le problematiche contestuali che le capacità analitiche da applicare alle politiche e alle strategie da formulare nel quadro di situazioni gestionali e contingenti. Si tratta di un'alta qualificazione professionale che rende possibile il loro inserimento in un'ampia gamma di organizzazioni nazionali e internazionali per la pace quali consulenti internazionali, operatori di peacekeeping, manager di aziende nel campo della ricostruzione profit e non. Sin dalla fine del Secondo conflitto mondiale, gli studi su pace e risoluzione dei conflitti hanno assunto una peculiare importanza, coinvolgendo molteplici discipline scientifiche in uno sforzo comune, teso a individuare le cause delle violenza e le possibili risoluzioni. Sono così emersi dei concetti (ad esempio, quello di “sicurezza”) che si sono progressivamente delineati e specificati, richiedendo una sempre più complessa preparazione in materia. Il sistema internazionale che si è andato consolidando a partire dall'89 ha inoltre evidenziato come i cambiamenti istituzionali non significhino automaticamente delle modificazioni positive della struttura sociale, ma come queste ultime si manifestino anche attraverso conflittualità e violenze. Il sistema internazionale, connotato da un alto grado di inter-dipendenza, esige la creazione di figure o soggetti professionali in grado di intervenire fattivamente nei complessi e delicati processi di risoluzione dei conflitti e consolidamento della pace. Non più velleitaria articolazione concettuale, “pace” significa oggi la capacità di (ri)creare situazioni contestuali che permettano la convivenza e la coesistenza di gruppi ed individui, affrontando in tal modo sia una complessa opera di ricostruzione materiale che del tessuto societario. Pace, dunque, è un termine che si lega ad interventi d'ordine pratico ed a scelte d'ordine etico/morale al contempo. E' da leggersi in questo senso la volontà di istituire un ciclo di studi che formi operatori di pace realmente consapevoli della gravità e difficoltà dei compiti che dovranno affrontare. La preparazione teorica è qui intimamente legata alle capacità professionali che i soggetti debbono essere in grado di trasformare in pratica operativa, in “pragmatica sul campo” non disgiunta da motivazioni individuali.

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7.1 Ammissione al Master Ai fini dell'accesso al master i titoli di studio validi sono: laurea di primo livello (DM 270/2004) o corrispondente titolo accademico rilasciato da un Ateneo di un altro Paese. La domanda di ammissione al Master dovrà essere presentata a: Segreteria Master Università degli Studi di Trieste Piazzale Europa, 1 I-34127 Trieste Fax. 0039 040 558 3250 www.units.it/master 7.2 Studenti Stranieri Per quanto riguarda l'ammissione ai Master di cittadini stranieri in possesso di titolo di studio conseguito presso Università straniere: i cittadini stranieri non comunitari legalmente soggiornanti in Italia e i cittadini comunitari presenteranno direttamente alla Segreteria la domanda di ammissione e la documentazione prescritta (certificato del titolo di studio con esami sostenuti) debitamente corredata di: traduzione ufficiale in lingua italiana munita di legalizzazione; dichiarazione di valore a cura della Rappresentanza diplomatica italiana competente. I cittadini non comunitari residenti all'estero dovranno presentare la domanda di ammissione e la prescritta documentazione alla Rappresentanza diplomatica italiana competente per territorio, la quale provvederà ad inviare detta documentazione all'Università. Ai fini dell'ottenimento dell'equivalenza del titolo di studio conseguito all'estero a diploma di laurea italiana, al solo fine dell'ammissione al Corso, la domanda dovrà essere completa della seguente documentazione: certificato del proprio titolo con esami sostenuti, tradotto e legalizzato; dichiarazione di valore del titolo. 7.3 Quote di Iscrizione L'ammontare delle tasse di iscrizione è fissato dall'Università degli Studi di Trieste, tuttavia al fine di agevolare la partecipazione al Master di discenti provenienti da paesi a valuta debole si ritiene opportuno adottare una differenziazione nell'ammontare degli importi da versare. Pertanto i cittadini non-comunitari i cui paesi di origine hanno un reddito nazionale lordo inferiore a quello del paese UE-15 con il reddito interno lordo più basso (Portogallo), potranno godere di una riduzione delle tasse di circa il 70%. 7.4 Borse di Studio Lo IUISE al fine di agevolare la partecipazione al Corso di discenti provenienti da paesi (non-comunitari) a valuta debole concede ogni anno un determinato numero di borse di studio (food stamp). Ogni borsa di studio ha un valore pari a 520,00 Euro lordi per ognuno dei mesi di lezione ed è preposta appunto a soddisfare le esigenze di vitto e alloggio degli studenti per i mesi di lezione, che obbligatoriamente devono essere seguiti. 7.5 Corsi di Insegnamento

• Irenology and Polemology • Forecasting Techniques • Forecasting Techniques II • Peace Studies • Peacekeeping

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• Human Rights • International Governmental Organisations • International Non-Governmental Organisations • Conflict Resolution • International Peace Law • Negotiation • Sociology of International Relations • Sociology of Ethnic Relations • Cultural Mediation • Diplomatic Discourse • Humanitarian Aid Management (Case Studies) • Management for the Reconstruction of Institutions and Political Life (Case Studies) • Economic Reconstruction Management (Case Studies) • Issues in the Management of the Developing Countries (Case Studies) • Issues in the Management of the Developing Countries (Case Studies) • Stage / Summer School

7.6 Obiettivi

• creare nuove figure internazionali di operatori di pace; • offrire una base teorica in grado di fornire gli strumenti scientifici per affrontare le

problematiche contestuali che tali figure devono affrontare; • una capacità di analisi e sintesi da applicare, con buone possibilità di riuscita, alle politiche e

strategie che esse sono chiamate a formulare nel quadro delle situazioni contingenti; • un'alta qualificazione professionale che renda possibile il loro inserimento in un'ampia gamma di

organizzazioni internazionali.

8. Segreteria accademica La segreteria accademica dello IUISE è aperta dal martedì al giovedì dalle 10.00 - 13.00 e dalle 14.00 -17.00 IUISE International University Institute for European Studies/Istituto Internazionale per gli Studi Europei Via Mazzini, 13 I - 34170 Gorizia Tel.: +39.0481.533632 Fax: +39.0481.532094 E-mail: [email protected] Web: www.interuniv.isig.it [Dal programma del Consorzio Iuise].

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USO DELLE LINGUE A GORIZIA – NOVA GORICA Paolo Roseano

Sonja Sovak Lukanovič

Abstract: L’articolo ripropone una ricerca, svolta dal ISIG e dall’ Istituto di studi etnici di Lubiana, a Gorizia e a Nova Gorica sulla conoscenza delle lingue materne, della lingua del vicino e dell’ inglese, sulla valutazione dell’ insegnamento delle lingue del vicino e dell’ inglese, sull’ importanza della lingua italiana, slovena ed inglese dopo l’allargamento dell’ Unione Europea. Keywords: Gorizia, Nova Gorica, lingua italiana, lingua slovena, lingua inglese, allargamento UE

• − • − • 1. Introduzione

Lo scopo dell’intervento è la presentazione della ricerca internazionale (studio del caso) intitolata “Percezione della varietà linguistica e culturale in due città confinarie: il caso di Gorizia (Italia) e Nova Gorica (Slovenia)”. Gli istituti resposabili sono: I.S.I.G.-Istituto di sociologia internazionale di Gorizia, e Inštiut za narodnostna vprašanja (Istituto di ricerche etniche) di Ljubljana – Slovenia1. La parte empirica della ricerca è stata svolta nell’ ottobre del 2004 e attualmente la ricerca è in fase di interpretazione dei dati statistici raccolti.

L’idea della ricerca è partita dalla constatazione che le relazioni tra le comunità linguistiche e i “confini” all’interno del processo comunicativo tra i gruppi in contatto stanno cambiando continuamente e che i cambiamenti sono sempre correlati ad una situazione politico-economica e socio-culturale più ampia (CALVET 1995). In questo senso è possibile affermare che l’allargamento dell’Unione Europea (UE) rappresenta una sfida per le attuali relazioni tra le comunità linguistiche all’interno dell’UE e soprattutto per le comunità di confine che si trovano in contatto più stretto e che spesso possono essere considerate come un “laboratorio naturale” in cui i processi di integrazione europea possono essere osservati e studiati.

I rapporti tra le lingue che in aree confinarie si trovano in contatto possono, in certi casi, rivelarsi come indicatori dei rapporti tra le comunità linguistiche, pur non essendo sempre l’elemento di demarcazione più importante (BARTH 1969). Così i rapporti tra le lingue ci possono rivelare se le comunità in questione stiano vivendo una con l’altra o solamente una accanto all’altra (NEĆAK-LÜK 1998).

Come sfida agguntiva per il rapporto fra le lingue dobbiamo considerare anche il processo di globalizzazione e in quest’ottica, specilmente nell’ultimo decennio, l’espansione dell’inglese come ‘lingua franca’. Inoltre, considerando il mercato comune all’interno dell’UE, sorgono problemi di uno spazio comunicativo comune, il che ci richiede nuove riflessioni sulla posizione delle singole lingue nazionali e locali nel“mercato linguistico” (GRIN 1996).

1 Il coordinatore responsabile per l’Italia è il dott. Paolo Roseano (I.S.I.G.); la coordinatrice responsabile per la

Slovenia è la dott.ssa Sonja Novak Lukanovič (Inštitut za narodnostna vprašanja).

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Uso delle lingue a Gorizia – Nova Gorica 273

L’UE dedica molta attenzione alla protezione delle cosidette lingue “meno usate” e specialmente a quelle delle minoranze. Sta continuamente sottolineando la neccessità del rispetto e della preservazione delle diversità all’interno della propria struttura sovra-nazionale. Ma mentre da una parte nelle diverse comunità si sta realizzando l’acquisizione degli acquis communitaires in vitro, dall’altra parte sono in atto di svolgimento molti processi in vivo di modificazione dei rapporti tra le diverse comunità. Nelle comunità transconfinarie questi processi di cambiamento sono sicuramente più intensi e si prestano ad una dettagliata osservazione sociologica, di cui deve senz’altro far parte anche un’analisi della reciproca comunicazione. 2. Presentazione dell’area studiata – caratteristiche e sintesi storica

Gorizia (Italia) e Nova Gorica (Slovenia) sono due città attualmente divise dal confine tra l’Italia e la Sovenia. Anche se la Slovenia dal 1° maggio 2004 fa parte dell’UE, la libera circolazione per i cittadini e con questo la completa “sparizione” del confine tra i due stati entrerà in vigore soltanto dopo il 2007, con l’adesione della Slovenia allo spazio Schengen. Dopo questo evento ci si aspetta che le due città, dopo più di un decennio di intensa collaborazione, costituiscano un’unità urbana singola.

La scelta delle due comunità confinarie di Gorizia e Nova Gorica come luoghi in cui svolgere una ricerca sull’uso, apprendimento e percezione della lingua dell’”altro” si basa sul fatto che le due comunità possono vantarsi di un’ampia collaborazione nei settori della pianificazione territoriale, protezione dell’ambiente, infrastrutture e cultura e che tuttavia finora ben poca attenzione è stata dedicata alla comunicazione tra le due comunità e al ruolo delle diverse lingue all’interno di questa comunicazione.

Nell’area studiata si trovano in contatto diversi gruppi etnici: dalla parte slovena del confine c’è la comunità slovena con una esigua percentuale di abitanti provenienti dalle repubbliche della ex-Jugoslavia, mentre dalla parte italiana la popolazione è multietnica; vi troviamo la maggioranza italiana e la minoranza slovena e friulana.

Lingua e cultura assumono un ruolo molto importante nella storia dell’area goriziana. Nella seconda metà del XIX secolo, durante gli attriti sempre maggiori tra la comunità italiana e quella slovena, e soprattutto durante il periodo fascista, la lingua rappresentava la prima linea di demarcazione, la barriera e la base di identificazione per le rispettive comunità etniche. Condizioni sfavorevoli per una pacifica convivenza delle diverse comunità etniche continuarono a sussistere anche dopo la seconda guerra ed è ben noto che ancora oggi diversi problemi riguardanti la minoranza slovena rimangono irrisolti. Appare dunque chiaro che, a causa di tutti i fattori storici sopra menzionati, la comunicazione tra la popolazione di madrelingua italiana e quella di madrelingua slovena non può essere avvicinata come mero problema di mutua comprensone o incomprensione linguistica, ma deve tener conto anche della funzione simbolica della lingua (EDWARDS 1985).

L’area in cui le due città analizzate si situano ha uno sviluppo storico molto complesso: è il territorio in cui gruppi etnici di origine latina, germanica e slava da secoli si trovano in stretto contatto e spesso anche in rapporti di opposizione. Per comprendere la situazione attuale è comunque importante tener presente che è solo dopo il 1947 che, con il Trattato di Prigi, Gorizia è diventata un’area di confine e che Nova Gorica è stata pianificata e costruita soltanto dopo il 1948. Prima di questo periodo Gorizia con i suoi dintorni fu, tranne per dei brevi periodi tra il 1700 e 1800 (durante l’occupazione veneta e napoleonica), parte di unità politico-ammunistrative più ampie: fino alla fine della prima guerra modiale faceva parte dell’Impero austroungarico, mentre tra le due guerre questo territorio apparteneva allo Stato Italiano.

I confini etnici nella zona di Gorizia cominciarono a delinearsi dal VII secolo in poi, dopo che gli antenati degli Sloveni penetrarono il territorio fino al limes longobardo. Nel 775 l’area fu sottomessa ai Franchi.

Gorizia fu menzionata nei documenti storici per la prima volta nell’anno 1001. Il nome Gorizia deriva dalla denominazione topologica slovena “gorica” che vuol dire collina. Si tratta in questo caso della collina sovrastante alla città dove ancor’oggi si erge il castello che dal 1117 fu, per quattro secoli, la residenza dei Conti di Gorizia, una potente famiglia di origini germaniche.

L’elemento romano comincia ad essere sempre più presente dal XIII secolo in poi, quando nella zona cominciano ad immigrare aristocrati, banchieri e artigiani dal Friuli, dalla Carnia e dalla Toscana. È da

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Paolo Roseano, Sonja Sovak Lukanovič 274

questo periodo in poi che in diversi documenti è possibile trovare nomi di famiglie che in seguito avranno un ruolo importante nello sviluppo della regione (per esempio i Rabatta, gli Attems, gli Orzone, ecc.).

Nei secoli della dominazione dei Conti di Gorizia la parte della popolazione di origine germanica raggiunse, rimanendo pur sempre minoritaria, il numero più alto nella storia di questa zona. I conti usavano dare nomi tedeschi ai villaggi popolati dagli sloveni e dai friulani e “germanizzavano” i nomi delle famiglie locali. Nelle fonti storiche del XII e XIII secolo viene annotato che i Conti sapevano parlare soltanto il loro dialetto tirolese e che per comunicare con i sudditi avevano bisogno di traduttori. E ancora nel XIV e nel XV secolo gli affari amministrativi venivano svolti esclusivamente in tedesco.

Nel 1500, dopo la morte dell’ultimo Conte di Gorizia, la zona passò sotto il dominio degli Asburgo e, come è stato già detto, vi condivise i fatti e i misfatti fino alla fine della prima guerra mondiale quando diventò italiana.

L’impero asburgico fu, nel suo insieme, multietnico e multilinguistico e le diverse comunità etniche che vi facevano parte hanno attraversato tanto dei momenti di pacifica e prosperosa crescita comune quanto dei momenti di opposizione, soprattutto con l’avvento del nazionalismo e dell’irredentismo alla fine del XIX secolo.

La convivenza multietnica fu decisamente contrapposta nel periodo fascista. Gli anni prima della seconda guerra mondiale sono caratterizzati dalla sempre crescente violenza contro corporazioni, associazioni e singoli rappresentanti della comunità slovena. Anche la comunità ebraica fu brutalmente repressa dopo l’approvazione delle così dette ‘leggi razziali’ nel 1938. Le lingue seguirono lo stesso destino: il tedesco venne totalmente rimosso, lo sloveno severamente proibito nell’uso pubblico e privato (nelle scuole, in onomastica, toponomastica, nell’uso liturgico ecc.); pure il firulano divenne bersaglio di battaglia “antidialettale”.

Dopo la guerra, in accordo cono il Trattato di Parigi (15 settembre 1947) gran parte della città di Gorizia è rimasta all’Italia, mentre i due periferici villaggi vicini – Šempeter e Solkan – finirono sotto l’amministrazione Jugoslava. Si riteneva che il nuovo confine politico tra Italia e Jugoslavia dovesse essere tracciato basandosi sul principio del “bilanciamento etnico”, dunque seguendo l’unica linea divisoria esistente su questo territorio: il confine tra la popolazione italiana e friulana da una parte e quella slovena dall’altra. Ciononostante la nuova linea di confine ha separato dalla nazione-madre circa 20.000 sloveni e ha assegnato alla Jugoslavia soltanto la periferia della ex-regione goriziana, deprivando il territorio rimasto anche del centro di gravitazione urbano e dei collegamenti stradali importanti (per esempio con Udine e Trieste). La divisione non lasciò soddisfatta nemmeno la parte italiana in quanto ottenne l’8% del territorio della ex-provincia di Gorizia, ma il 74% della sua popolazione, il 38% degli impianti industriali e artigianali (BUFON 1995).

La sopra menzionata divisione apportò al territorio diverse conseguenze territoriali, sociali ed economiche. Dalla parte Jugoslava si è cercato di ovviare alla perdita del centro con la costruzione della città di Nova Gorica (il nome significa nuova Gorizia) che, dopo la progettata fusione con i due villaggi di Solkan e Šempeter avrebbe dovuto “sopraffare” la “vecchia” Gorizia. In realtà l’integrazione con i due villaggi adiacenti non si è mai verificata e pure il progetto grandioso riguardante Nova Gorica ha dovuto ridimensionarsi dopo alcuni anni dall’inizio dei lavori, quando i fondi economici cominciarono ad estinguersi.

Nei primi anni dopo la creazione il confine fu una vera e propria “cortina di ferro”, severamente sorvegliata soprattutto dalla parte jugoslava. Profonde differenze nell’orientamento ideologico tra l’Italia come paese democratico occidentale e la Jugoslavia facente parte del blocco comunista, così come pure i ricordi ancora molto vivi del regime fascista, crearono tensioni e persino sentimenti di odio tra le due parti. L’unico punto di gestione comune furono le infrastrutture, essendo la Jugoslavia obbligata, secondo il trattato, a continuare ad assicurare il rifornimento di acqua potabile alla città di Gorizia.

Soltanto nella seconda metà degli anni cinquanta, dopo gli Accordi di Udine, la cooperazione transfrontaliera fu regolarizzata e vennero aperti diversi valichi di frontiera. Allo stesso tempo anche il commercio tra le due comunità confinarie fu largamente liberalizzato. Gli accordi ebbero effetti molto positivi anche sul clima politico nei rapporti tra i due stati in questione.

Verso la fine degli anni sessanta, dopo l’abolizione dei visti e la stabilizzazione delle relazioni politiche, il confine divenne noto come uno dei confini “più aperti” d’Europa. La collaborazione transfrontaliera si intensificò ulteriormente dopo gli Accordi di Osimo nel 1975. Dal 1991 Nova Gorica fa

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Uso delle lingue a Gorizia – Nova Gorica 275

parte della Repubblica della Slovenia e in in questo contesto ha partecipato molto intensamente ai processi che nel maggio del 2004 hanno portato all’unificazione della Slovenia all’UE. Infatti, dal 1994 in poi Gorizia e Nova Gorica hanno continuato a collaborare anche grazie alle iniziative comunitarie INTERREG/PHARE CBC.

Alcuni dati statistici sulla situazione attuale: nel 2003 la popolazione di Nova Gorica contava circa 36.000 persone, e per Gorizia i dati sono molto simili; via abitano circa 37.000 persone.

Come appare evidente da alcuni studi sociologici sulle ‘identità transfrontaliere’, il caso di Gorizia e Nova Gorica assume alcune caratteristiche particolari tra le aree lungo il confine italo-sloveno2. Gli abitanti delle due comunità si dichiarano molto favorevoli ai processi di integrazione e vedono l’allargamento come un’opportunità di sviluppo per la loro regione. Percepiscono la loro futura identità come composta da elementi locali, nazionali ed europei. Bisogna comunque sottolineare il fatto che il supporto ai processi menzionati è presente in misura maggiore dalla parte slovena del confine e che le due comunità si vedono ancor sempre come antagoniste in alcuni settori, ad esempio per quanto riguarda i posti di lavoro.

3. Lo studio del caso: “Percezione della varietà linguistica e culturale in due città confinarie: il caso di Gorizia (Italia) e Nova Gorica (Slovenia)”

Con questa ricerca il gruppo di ricercatori dei due istituti si è proposto di rispondere ad alcune domande che possono essere così riassunte:

- quanto è importante la conoscenza della lingua del vicino3 nelle due rispettive comunità confinarie;

- qual è la valutazione soggettiva della lingua del vicino per quanto riguarda la sua importanza nel mondo del lavoro, nei contatti quotidiani, il suo prestigio come lingua di cultura, le possibilità del suo utilizzo nella comunicazione all’interno dell’UE, ecc.;

- la relazione tra l’italiano e lo sloveno e le altre lingue europee, in particolar modo l’inglese come lingua franca;

- fino a che punto i processi storici hanno determinato i contatti tra le lingue confinanti (verificare se esistono dei problemi legati alla funzione simbolica della lingua che impediscono la soluzione di problemi di carattere puramente comunicativo);

- verificare se ci sono delle differenze generazionali nella valutazione dell’importanza della conoscenza delle lingue straniere nel mondo di oggi;

- qual è ‘l’indice di espansione’(CALVET 1995) rispettivamente della lingua italiana e della lingua slovena nell’area studiata;

- qual è il tipo di scambi sociali che maggiormente promuove la comunicazione plurilingue; verificare se ci sono delle differenze tra la comunità dalla parte italiana e la comunità dalla parte slovena del confine;

- qual è l’orientamento della minoranza slovena a Goriza nella presente situazione comunicativa. 3.1 Il campione e gli strumenti della ricerca

Per gli scopi della ricerca sono stati somministrati dei questionari ad alcuni alunni frequentanti le tre seguenti scuole, scelte a caso nelle due comunità confinarie: a Nova Gorica la scuola Milojka Štrukelj, a Gorizia la scuola con lingua di insegnamento (LDI) italiana Vittorio Locchi e la scuola con LDI slovena Ivan Trinko4. L’età degli alunni era compresa tra i 13 e i 14 anni, dunque la fascia prima dell’ingresso nelle scuole superiori e con ciò prima della differenziazione in base agli interessi specifici. Nel caso di una diferenziazione del genere (sia nel caso degli alunni che dei loro genitori) i risultati sarebbero

2 Cfr. lo studio di M. Zago in VALUSSI 2000: 231-271 e BUFON 2002. 3 Si intende come lingua del vicino la lingua ufficiale dello stato confinante e cioè l’italiano per il gruppo

esaminato a Nova Gorica e lo sloveno per tutti e due i gruppi esaminati a Gorizia. 4 Le scuole prese in esame a Gorizia sono due, una con LDI italiana e una con LDI slovena, a causa della

presenza della minoranza slovena in questa comunità.

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sicuramente condizionati in maggior modo dalle variabili quali curriculum scolastico, istruzione, posizione sociale, standard di vita e simili. Per avere migliori possibilità di generalizzazione riguardo la popolazione in generale, ovvero per accrescere la validità esterna delle nostre conclusioni, si è preferito scegliere il campione tra la popolazione non differenziata.

In ogni scuola furono scelte, sempre a caso, due classi di alunni, fornendoci così un campione di 127 alunni in tutto. I questionari furono somministrati agli alunni in classe, durante l’orario delle lezioni e dietro le istruzioni di uno dei ricercatori. Il tasso di risposta in tutt’e tre le scuole è stato del 100%.

Parallelamente agli alunni sono stati intervistati anche i loro genitori (padre e madre o i tutori). Il questionario predisposto per l’autocompilazione è stato loro mandato tramite i figli e sono stati pregati di restituire il questionario compilato entro dieci giorni dalla distribuzione e di depostiarlo, di nuovo tramite i figli, nell’apposito contenitore posto nella segreteria di ogni singola scuola. Il compione inizialie era di 246 genitori in tutto, di cui ha risposto il 74% dei genitori di Nova Gorica, a Gorizia il 63% dei genitori della scuola con LDI italiana e il 48% dei genitori della scuola con LDI slovena. La distribuzione per genere dei rispondenti adulti si è rivelata abbastanza equilibrata. Il rapporto tra le rispondenti femminili e i rispondenti maschili nelle tre scuole è il seguente: a Nova Gorica 52% femmine contro 48%maschi, a Gorizia invece in tutt’e due le scuole il rapporto è di 56% femmine contro 44% maschi.

I dati sono stati raccolti tramite questionari strutturati, includendo tra le 37 domande (35 nei caso degli allievi) anche 3 domande di tipo aperto. Per le risposte sono state quasi in tutto il questionario usate le c.d. scale di Likert, essendo queste particolarmente adatte per il rilevamento degli atteggiamenti e opinioni.

A Nova Gorica vennero usati questionari in lingua slovena, a Gorizia nella scuola con LDI italiana questionari in lingua italiana, nella scuola con LDI slovena invece sia agli alunni che ai genitori è stata offerta la possibilità di scegliere la lingua in cui rispondere, in quanto i questionari distribuiti in questa scuola erano bilingui. Optò per la versione slovena l’85% degli allievi e il 54% dei genitori.

Le domande abbracciavano diversi ambitidella vita quotidiana: vita familiare, contatti nel vicinato, mondo di lavoro, scuola e tempo libero. 3. 2 Alcuni risultati5

Nella presentazione dei risultati ci concentreremo soprattutto sulle risposte che riguardano la

percezione della lingua del “vicino” e la percezione dell’importanza dell’inglese; la percezione dell’importanza di queste lingue verrà esaminata anche nell’ottica delle aspettative dei cittadini nei confronti dell’ultimo allargamento dell’UE6. Il confronto generazionale verrà effettuato soltano in alcuni casi che, a nostro avviso, si rivelano particolarmente interessanti.

L’indicazione della/e lingua/e madre/i nelle due aree è la seguente: Per quanto riguarda i dati sui genitori, a Nova Gorica il 77% per cento dei genitori dichiara come

lingua madre lo sloveno e il rimanente 23% altre lingue, tra cui la grande maggioranza è rappresentata dalle lingue della ex Jugoslavia. A Gorizia invece, nella scuola con LDI italiana l’ 85% è di madrelingua italiana e il 15% si dichiara bilingue, dichiarando come lingue madri sia l’italiano che il friulano. Nella scuola con LDI slovena il 61% dei genitori ha dichiarato di essere di madrelingua slovena, il 38% di madrelingua italiana e il 5% di madrelingua friulana. Altre lingue sopra indicate sono presenti nel campione dei genitori, anche se in percentuali esigue, le seguenti lingue: a Nova Gorica l’ungherese (nel caso di un genitore), l’italiano (due genitori); a Gorizia nella scuola con LDI italiana lo sloveno (4 genitori), l’ucraino (un genitore), lo spagnolo (due genitori); nella scuola con LDI slovena troviamo anche il tedesco (un genitore), il bosniaco (un genitore) e il croato (due genitori).

5 Per gli scopi di questa presentazione i dati riguardanti la scuola con LDI slovena a Gorizia verranno presentati

in modo aggregato, non distinguendo tra le risposte delle persone che hanno optato per il questionario in lingua slovena e quelle che hanno scelto il questionario in lingua italiana.

6 Si vuole ricordare il lettore che la parte empirica della ricerca è stata svolta prima dell’adesione della Slovenia all’UE che è avvenuta il 1° maggio 2004.

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Per inquadrare la dinamica dei rapporti transconfinari vogliamo partire dall’analisi dei dati riguardanti la le motivazioni per la visita della località vicina. Queste sono illustrate nella seguente tabella e valgono per le risposte dei genitori delle tre scuole. Per ogni gruppo sono evidenziati i due valori più alti; si evince che i due motivi più frequenti per la visita sono gli acquisti e la visita turistica.

Nova Gorica Gorizia-LDI italiana

Gorizia-LDI slovena

visita a parenti 31% 13% 33% visita a amici o conoscenti 35% 19% 41% acquisti 89% 48% 56% utilizzo di servizi in ristoranti, bar e simili 29% 41% 49% utilizzo di servizi in banca, posta e cambiavalute 15% 2% 13% partecipazione a eventi culturali 34% 4% 31% partecipazione a eventi sportivi 22% 10% 3% visita turistica 41% 48% 56% utilizzo di servizi in uffici pubblici (municipio, polizia…) 6% 2% 5%

Per la destinazione più frequente (gli acquisti) presentiamo anche i dati riguardanti l’uso delle lingue in questa situazione. Durante la visita dei negozi a Gorizia e nei dintorni l’80% dei genitori di Nova Gorica dichiara di usare lo sloveno e il 69% di usare l’italiano7.

Visitando Nova Gorica per acquisti, il 58% dei genitori della scuola con LDI italiana usa per comunicare l’italiano, e fa lo stesso anche il 26% dei genitori della scuola con LDI slovena. Usa invece lo sloveno visitando Nova Gorica il 13% dei genitori della scuola don LDI italiana e il 67% dei genitori della scuola con LDI slovena.

L’importanza della conoscenza delle lingue straniere nel mondo di oggi è stata così valutata in una scala da 1 a 5, dove 1 significa che la conoscenza non viene considerata per nulla importante e 5 che la conoscenza viene considerata come molto importante:

A Nova Gorica la percentuale delle persone adulte che considera la conoscenza delle lingue straniere molto importane è l’82%, a Gorizia nella scuola con LDI italiana questa percentuale raggiunge il 90%, nella scuola con LDI slovena è il 97%.

Per quanto riguarda gli allievi la distribuzione è la seguente: A Nova Gorica il 72% degli allievi considera la conoscenza delle lingue straniere oggi come molto importanante, a Gorizia nella scuola con LDI ha scelto questa risposta il 71%, nella scuola con LDI slovena invece il 68%.

Se invece non consideriamo le due posizioni all’estremo della valutazione positiva in modo aggregato i risultati sono i seguenti: Domanda: Quanto è importante la conoscenza delle lingue straniere?

Nova Gorica Gorizia-LDI italiana Gorizia-LDI slovena conoscenza delle lingue straniere genitori allievi genitori allievi genitori allievi molto importante o abbastanza importante 92% 86% 94% 97% 100% 90%

In generale si può sostenere che i risultati sono molto simili in tutt’e tre le scuole e che dalla grande

maggioranza dei genitori e degli allievi la conoscenza delle lingue straniere viene considerata come molto importante o abbastanza importante. Questa tendenza è più pronunciata dalla parte italiana del confine, soprattutto per quanto riguarda i genitori della scuola con LDI slovena. Inoltre è possibile notare che la discrepanza maggiore tra l’opinione dei genitori e dei loro figli è presente proprio in quest’ultima scuola.

7 È evidente che una certa percentuale dei genitori usa tutt’e due le lingue per comunicare oltre il confine. Allo

stato presente di elaborazione dei dati statistici non ci è stato possibile evidenziare le percentuali dei parlanti che usano due o più lingue nei casi analizzati.

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Le lingue che secondo i genitori sarebbe bene insegnare nelle scuole superiori sono le seguenti: a Nova Gorica come prima lingua da insegnare viene scelto l’inglese dal 74% dei genitori, segue l’italiano scelto dal 25% dei genitori e il serbo e/o croato dal 2% dei genitori. A Gorizia nella scuola con LDI italiana il 90% dei genitori sceglie come prima lingua l’inglese, il 6% lo sloveno e il 2% il tedesco. Nella scuola con LDI slovena invece coma prima lingua straniera da insegnare nelle superiori viene scelto l’inglese dal 66% e lo sloveno dal 33%.

La scelta della lingua del vicino come prima lingua da insegnare nelle scuole superiori nella propria città viene dunque così valutata: la sceglierebbe il 25% dei genitori a Nova Gorica, il 6% dei genitori a Gorizia nella scuola con LDI italiana e il 33% dei genitori goriziani della scuola con LDI slovena.

Per quanto riguarda invece la scelta della lingua del vicino come seconda lingua straniera da essere insegnata nelle scuole superiori, i risultati sono seguenti: viene scelto l’italiano dal 60% dei genitori a Nova Gorica e a Gorizia lo sloveno dal 15% dei genitori della scuola con LDI italiana e dal 23%.

Per la lingua del vicino scelta come terza lingua opterebbe invece il 9% dei genitori di Nova Gorica, il 42% dei genitori goriziani della scuola con LDI italiana e il 25% dei genitori della scuola con LDI slovena.

Il sottostante grafico illustra la distribuzione dei risultati riguardanti la scelta della lingua del vicino nei programmi scolastici delle scuole superiori come prima, seconda e terza lingua straniera.

0%10%20%30%40%50%60%70%80%90%

100%

Nova Gorica Gorizia-LDIitaliana

Gorizia-LDIslovena

lingua del vicino cometerza lingua straniera

lingua del vicino comeseconda linguastraniera

lingua del vicino comeprima lingua straniera

Rimanendo sempre nell’ambito delle valutazioni che riguardano i programmi scolastici, ci sembra importante completare i dati sopra indicati sull’inserimento della lingua del vicino nei curricula scolastici della propria città con i dati riguardanti il modo in cui questo inserimento dovrebbe essere effettuato8. Ai genitori è stato chiesto se, secondo loro, la lingua dello Stato confinante dovrebbe essere presente nei programmi scolastici delle scuole nella propria città come materia obbligatoria, facoltativa o se invece non dovrebbe essere presente per niente. Le risposte sono riportate nella seguente tabella.

Nova Gorica Gorizia-LDI italiana

Gorizia-LDI slovena

sì, come materia obbligatoria 37% 21% 59% sì, come materia facoltativa 55% 67% 41% non doverebbe essere presente 0% 8% 0%

8 In questa domanda agli intervistati non veniva chiesto di valutare il modo di inserimento della lingua del vicino

nei programmi scolatici per una scuola specifica ma in generale, in tutti i curricula.

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Uso delle lingue a Gorizia – Nova Gorica 279

Confrontando soltanto le risposte positive per i tre gruppi analizzati si ottiene la seguente distribuzione:

la presenza della lingua del vicino nei programmi scolastici della mia citta`

0%10%20%30%40%50%60%70%80%90%

100%

Nova Gorica Gorizia-LDIitaliana

Gorizia-LDIslovena

come materiafacoltativacome materiaobbligatoria

Come si può osservare, questi ultimi risultati sono incoerenti con i risultati riguardanti la scelta delle lingue straniere da insegnare alle superiori in quanto qui l’inserimento dello sloveno viene considerato in modo molto più favorevole soprattutto da parte dei genitori goriziani della scuola con LDI italiana, ma non è insignificante nemmeno la differenza riguardante la scuola con LDI slovena9.

Capovolgendo la domanda, è interessante esaminare i dati sull’opinione della gente sulla presenza della lingua ufficiale del proprio Stato nei programmi scolastici della comunità confinaria, dunque l’opinione dei genitori di Nova Gorica riguardo l’inserimento o meno (e il modo di inserimento) dello sloveno nelle scuole a Gorizia e l’opinione dei genitori delle due scuole goriziane riguardo l’inserimento dell’italiano nei programmi scolastici a Nova Gorica. La tabella illustra i risultati ottenuti:

A Nova Gorica/Gorizia la lingua dello stato confinante (l’italiano/lo sloveno) dovrebbe essere

presente nei programmi scolastici

Nova Gorica Gorizia-LDI italiana

Gorizia-LDI slovena

sì, come materia obbligatoria 28% 25% 51% sì, come materia facoltativa 62% 60% 46% no 2% 8% 0%

9 La differenza è più lieve nel caso dei genitori di Nova Gorica ma anche in questo caso la valutazione della

lingua del vicino è più positiva nel secondo caso.

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Il grafico sottostante illustra le risposte positive riguardanti la domanda precedente:

la presenza della lingua ufficiale del proprio Stato nei programmi scolastici della comunita` confinante

0%10%20%30%40%50%60%70%80%90%

100%

Nova Gorica Gorizia-LDIitaliana

Gorizia-LDIslovena

come materiafacoltativacome materiaobbligatoria

Confrontando soltanto le risposte positive dei tre gruppi si rileva soprattutto la differenza tra l’opinione dei genitori di Nova Gorica e dei genitori della scuola con LDI italiana di Gorizia per quanto riguarda le ultime due domande (relative alla presenza della lingua del vicino nei propri programmi scolastici e alla presenza della lingua ufficiale del proprio Stato nei programmi scolastici della comunità confinaria). I genitori di Nova Gorica sono più favorevoli alla presenza della lingua del vicino nei propri programmi e meno favorevoli alla presenza della propria lingua nei programmi del vicino, mentre per i genitori goriziani della scuola con LDI italiana l’opinione è capovolta: sono più favorevoli alla presenza della propria lingua nelle scuole della comunità confinante e meno favorevoli alla presenza della lingua del vicino nelle proprie scuole.

Nonostante i tre gruppi dichiarino posizioni più o meno aperte, ci sembra importante sottolinare il fatto che esiste, in tutti i gruppi esaminati, una generale apertura verso l’inserimento, in un modo o nell’altro, della lingua del vicino nei propri porgrammi scolastici. Questo fatto è in netto contrasto con la politica linguistica fin d’ora perseguita dalle autorità delle due comunità confinanti. La lingua del vicino non era mai presente nei programmi scolastici delle scuole con LDI italiana a Gorizia e ha stentato ad inserirsi pure in quelli di Nova Gorica. Nonostante gli accordi intercomunali del 1987 e del 1991 avessero previsto, tra le altre cose riguardanti la collaborazione in pianificazione urbanistica e nelle infrastrutture, anche l’introduzione della lingua del paese confinante nei programmi didattici delle scuole, questa iniziativa è rimasta incompiuta. Si potrebbe affermare che in questo caso le amministrazioni non seguono il volere degli elettori e si regolano secondo altri meccanismi che a nostro avviso possono essere collegati agli aspetti simbolici della presenza di una determinata lingua in un determinato ambiente (cf. EDWARDS op. cit.). Il paradosso della situazione è che vivendo la dimensione simbolica della lingua dell’altro come qualcosa di minaccioso, le difficoltà nella comunicazione tra le due comunità desiderose di collaborare possono acuirsi invece di diminuire.

Passando al mondo del lavoro esaminiamo i dati riguardanti l’importanza dello sloveno, dell’italiano e dell’inglese in questo ambito; si cercherà di illustrare anche l’opinione riguardante l’importanza delle lingue elencate nell’ottica dell’allargamento dell’UE.

Lo sloveno viene considerato come molto importante o abbastanza importante nel loro ambiente di lavoro dall’86% dei genitori a Nova Gorica, dal 42% dei genitori della scuola con LDI italiana e dal 66% dei genitori della scuola con LDI slovena. Lo sloveno non è invece per nulla importante o poco

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importante per il 2% dei genitori di Nova Gorica, per il 31% dei genitori della scuola con LDI italiana e per il 18% dei genitori della scuola con LDI slovena.

I dati per l’italiano sono seguenti: viene considerato come molto importante o abbastanza importante dal 69% dei genitori di Nova Gorica, dal 96% dei genitori della scuola con LDI italiana e dal 97% dei genitori della scuola con LDI slovena. L’italiano non è invece per nulla importante o poco importante per il 15% dei genitori di Nova Gorica e per il 0% dei genitori di ambedue le scuole a Gorizia.

Se consideriamo l’importanza che nel mondo di lavoro i genitori attribuiscono alla lingua della comunità linguistica confinaria, ci troviamo di fronte al seguente quadro della situazione: L’importanza della lingua del vicino nel mondo del lavoro:

Nova Gorica Gorizia-LDI italiana Gorizia-LDI slovenamolto importante o abbastanza importante 69% 42% 66% per nulla importante o poco importante 15% 31% 18%

È evidente che all’italiano come lingua del vicino viene data più importanza che allo sloveno, ma è

importante osservare che pure l’importanza dello sloveno dalla parte italiana del confine non è particolarmente bassa.

Continuando ad esplorare l’importanza delle varie lingue nella vita professionale degli adulti notiamo che da ambedue i lati del confine l’inglese viene valutato come molto importante o abbastanza importante dalla grande maggioranza degli adulti intervistati (riportiamo i risultati nella tabella sottostante). Importanza dell’inglese nel mondo del lavoro: Nova Gorica Gorizia-LDI italiana Gorizia-LDI slovena molto importante o abbastanza importante 66% 67% 54% per nulla importante o poco importante 15% 13% 31%

L’inglese è stato valutato molto similmente dai genitori di Nova Gorica e dai genitori della scuola con LDI italiana a Gorizia, mentre gli sono stati attribuiti valori leggermente più bassi dai genitori della scuola con LDI slovena a Gorizia.

In riferimento all’allargamento dell’UE, ai genitori è stato chiesto di valutare l’importanza di diverse lingue nell’ambiente di lavoro dopo questo evento. Consideriamo qui le risposte che riguardano l’italiano, lo sloveno e l’inglese.

Domanda: Nel suo ambiente di lavoro come pensa che cambierà l’importanza delle lingue indicate con il prossimo allargamento dell’UE? (risposte possibili: 5 = la lingua sarà molto più importante; 4 = la lingua sarà più importante; 3 = la lingua avrà la stessa importanza di adesso; 2 = la lingua sarà meno importante; 1 = la lingua sarà molto meno importante). Risposte dei genitori di Nova Gorica:

5 4 3 2 1 italiano 28% 26% 35% 2% 3% sloveno 20% 11% 59% 2% 3% inglese 40% 23% 26% 1% 3%

Risposte dei genitori di Gorizia – scuola con LDI italiana:

5 4 3 2 1 italiano 25% 6% 56% 2% 0% sloveno 19% 10% 33% 10% 10% inglese 50% 19% 21% 0% 0%

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Risposte dei genitori di Gorizia – scuola con LDI slovena: 5 4 3 2 1 italiano 13% 8% 72% 0% 0% sloveno 18% 23% 46% 0% 8% inglese 38% 31% 28% 0% 0%

I risultati sulle aspettative relative al valore delle tre lingue esaminate possono meglio essere

rappresentati con i grafici, mettendo in rilievo la valutazione della crescita o della diminuzione dell’importanza di una determinata lingua e sommando le percentuali dei tre gruppi dei genitori che optano per una delle tre posizioni:

Importanza dell'italiano dopo l'allargamento dell'UE

0%20%40%60%80%

100%120%140%160%180%200%

cresce inimportanza

imp. rimaneuguale

diminuisce inimportanza

gen. Gorizia-scuola LDIslovenagen. Gorizia-scuola LDIitalianagenitori di Nova Gorica

Importanza dello sloveno dopo l'allargamento dell'UE

0%20%40%60%80%

100%120%140%160%180%200%

cresce inimportanza

imp. rimaneuguale

diminuisce inimportanza

gen. Gorizia-scuola LDIslovenagen. Gorizia-scuola LDIitalianagenitori di Nova Gorica

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Importanza dell'inglese dopo l'allargamento dell'UE

0%20%40%60%80%

100%120%140%160%180%200%

cresce inimportanza

imp. rimaneuguale

diminuisce inimportanza

gen. Gorizia-scuola LDIslovenagen. Gorizia-scuola LDIitalianagenitori di Nova Gorica

Prima di iniziare la ricerca l’ipotesi riguardante le lingue che nel nostro caso si trovano in contatto era che il

“valore di mercato” di queste viene considerato più alto quando il valore viene estimato nel contesto dei rapporti transfrontalieri e più basso invece quando correlato all’utilizzo di queste lingue all’interno di uno spazio comunicativo più ampio. Si sono già esaminate sopra le valutazioni riguardanti l’italiano e lo sloveno nel mondo del lavoro degli intervistati adulti e le loro aspettative nei confronti dell’allargamento.

Per quanto riguarda invece la valutazione dell’italiano e dello sloveno nei contesti comunicativi più ampi, nel nostro caso l’UE, si considerino i seguenti dati.

Affermazione: La conoscenza dell’italiano rende possibile la comunicazione all’interno degli stati dell’UE.

Nova Gorica

Gorizia-LDI italiana

Gorizia-LDI slovena

genitori allievi genitori allievi genitori allievi sono del tutto d’accordo/sono abbastanza d’accordo

40% 35% 42% 29% 28% 49%

sono abbastanza in disaccordo/sono del tutto in disaccordo

26% 40% 29% 42% 54% 0%

Affermazione: La conoscenza dello sloveno rende possibile la comunicazione all’interno degli stati dell’UE.

Nova Gorica Gorizia-LDI italiana Gorizia-LDI slovena genitori allievi genitori allievi genitori allievi

sono del tutto d’accordo/sono abbastanza d’accordo

64% 56% 27% 16% 20% 37%

sono abbastanza in disaccordo/sono del tutto in disaccordo

8% 9% 46% 55% 54% 44%

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Sono evidenziati i valori che nel caso delle scuole di Nova Gorica e di scuola con LDI italiana a

Gorizia si riferiscono prevalentemente alle rispettive lingue madri, tenendo conto che la grande maggioranza degli appartenenti a questi gruppi ha dichiarato come lingue madri le lingue ufficiali degli rispettivi Stati.

Il fatto sorprendente e del tutto inaspettato è che alla lingua slovena vengano attribuiti valori straordinariamente alti dai parlanti sloveni di Nova Gorica (sia dai genitori che dagli allievi). Altro fatto sorprendente sono le posizioni diametralmente opposte nel caso dei genitori e degli allievi della scuola con LDI italiana a Gorizia; i figli si dichiarano molto meno ottimisti nei confronti della propria lingua madre. È evidente una netta discordanza tra le due generazioni anche nel caso della scuola con LDI slovena per quanto riguarda i valori attribuiti all’italiano, soltanto che in questo caso sono i più giovani a nutrire maggior fiducia nei confronti della lingua ufficiale del loro Stato.

I dati della ricerca dunque non confermerebbero, nel caso dello sloveno, l’ipotesi sopra enunciata. Forse i risultati rilevati in questo caso riflettono le grosse aspettative della popolazione slovena nei confronti dell’ingresso della Slovenia nell’UE e la loro fiducia nell’esito positivo del processo di integrazione. Sorprende comunque che questa fiducia sia così nettamente pronunciata anche nel caso della propria lingua, visto che in Slovenia nel periodo prima dell’allargamente la maggior parte delle discussioni verteva sulle paure riguardanti la perdita della propria identità nazionale e in questo contesto pure la perdita della propria lingua.

Quando si parla della conoscenza della lingua del vicino, nella regione transfontaliera di Gorizia e Nova Gorica viene sempre sottolineato il fatto della situazione assimmetrica, nel senso che si ritiene che l’italiano sia conosciuto dalla maggiorparte della popolazione di Nova Gorica, mentre invece a Gorizia ben pochi parlanti italiani (o friulani) conoscono lo sloveno. Queste affermazioni sono state confermate anche dai risultati della nostra ricerca. I risultati che riguardano la valutazione della conoscenza dell’italiano/sloveno da parte della gente di Nova Gorica/Goriza si presentano come segue: Domanda: Ritengo che la gente dall’altra parte del confine conosca la lingua dello Stato confinante:

RISPOSTE Nova Gorica Gorizia-LDI italiana Gorizia-LDI slovena molto bene 0% 8% 3% bene 9% 38% 49% né bene né male 32% 44% 31% male 45% 6% 10% molto male 9% 0% 0% non la conosce affatto 0% 0% 2%

Sommando i risultati che riguardano le posizioni più vicine agli estremi opposti si ottiene il seguente

grafico che conferma l’opinione generale di cui sopra:

La gente dall'altra parte del confine conosce la lingua dello stato confinante

0%20%40%60%80%

100%

NovaGorica

Gorizia-LDI

italiana

Gorizia-LDI

slovena

male, molto male oper nientemolto bene o bene

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Uso delle lingue a Gorizia – Nova Gorica 285

Agli intervistati è stato chiesto anche di valutare la propria conoscenza di diverse lingue; qui ci concentreremo soltanto sulla valutazione che riguarda la conoscenza della lingua del vicino e dell’inglese. Le due tabelle sottostanti rendono possibile anche il confronto tra la valutazione dei genitori e degli allievi10.

Nova Gorica Gorizia-LDI italiana Gorizia-LDI slovena conoscenza della lingua del vicino genitori allievi genitori allievi genitori allievi capisco 85% 84% 29% 13% 72% 100% parlo 63% 44% 15% 11% 69% 100% leggo 54% 33% 13% 8% 64% 100% scrivo 35% 19% 10% 3% 64% 100%

Nova Gorica Gorizia-LDI italiana Gorizia-LDI slovena conoscenza della lingua

inglese genitori allievi genitori allievi genitori allievi capisco 61% 95% 50% 97% 62% 95% parlo 46% 88% 35% 90% 36% 78% leggo 37% 88% 38% 92% 38% 85% scrivo 35% 76% 35% 95% 31% 88%

Dai risultati ottenuti appare una netta differenza tra i genitori e gli allievi nella conoscenza della lingua

del vicino e di quella inglese. Gli allievi di tutti e tre i gruppi riportano valori molto più alti per l’inglese, invece per la lingua del vicino i valori sono più alti nel caso dei genitori (tranne che nel caso degli allievi della scuola con LDI slovena a Gorizia). Si potrebbe concludere che per l’inglese sia decisivo l’apprendimento scolastico, mentre la lingua del vicino viene appresa nella vita quotidiana, attraverso i contatti con l’altro gruppo linguistico. Il ruolo dell’insegnamento scolastico è evidentissimo nel caso degli allievi goriziani con LDI slovena, dove la lingua del vicino viene padroneggiata al 100%.

Per gli intervistati di Nova Gorica è decisivo anche l’apprendimento della lingua del vicino attraverso la fruizione dei programmi televisivi in lingua italiana. Nella nostra ricerca ben 37% dei genitori (49% degli alunni) di Nova Gorica ha dichiarato di seguire spesso i programmi televisivi in lingua italiana e il 35% (28% degli alunni) di farlo qualche volta. Non è così per i genitori e gli alunni della scuola con LDI italiana di Gorizia: soltanto il 4% dei genitori (0% degli alunni) dichiara di seguire spesso i programmi televisivi nella lingua slovena, e il 13% (18% nel caso degli alunni) di farlo qualche volta.

Aggregando i risultati per le categorie opposte (spesso o qualche volta/ raramente o mai) si ottiene la seguente distribuzione dei risultati, riguardando i genitori e gli alunni delle tre scuole:

10 Ovviamente i dati riguardanti i genitori e gli allievi non sono comparabili nel senso che con una determinata

risposta venga valutato il grado reale della conoscenza della lingua da parte di uni e degli altri; gli strumenti adatti per rilevare questo tipo di risultato dovrebbero consistere in test linguistici veri e propri. Quello che abbiamo voluto rilevare nella nostra ricerca era la percezione soggettiva riguardo alla conoscenza della lingue e in questo senso devono essere interpretati anche i risultati ottenuti.

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Paolo Roseano, Sonja Sovak Lukanovič 286

Segue/i i programmi televisivi nella lingua del vicino?

0%10%20%30%40%50%60%70%80%90%

100%

N.Gorica-genitori

N. Gorica-alunni

Gorizia-SLDI

italiana-genitori

Gorizia-SLDI

italiana-alunni

Gorizia-SLDI

slovena-genitori

Gorizia-SLDI

slovena-alunni

spesso o qualche voltararamente o mai

4. Conclusioni

Trattandosi nella presente esposizione di una presentazione dei dati della ricerca molto parziali, non è possibile in questa sede trarre delle conclusioni riguardanti il quadro totale della situazione. Ma è già possibile, finora, fare la seguente osservazione: esistono molti stereotipi nella comunità transfrontaliera di Gorizia e Nova Gorica riguardanti la distribuzione della conoscenza delle rispettive lingue, della valutazione di queste lingue e della disponibilità della gente di accettarle o meno come mezzi di comunicazione nei processi di integrazione in cui le due comunità confinarie sono fortemente coinvolte. Alcuni di questi stereotipi vengono smentiti dai dati della ricerca e anche se il lavoro finora svolto dai ricercatori non offre ancora basi solide per una vasta generalizzazione dei risultati, sembra chiaro che le ricerche empiriche come questa offrono la preziosa opportunità di verifica dello stato presente delle cose, offrendo così anche le basi per un’equilibrata ed intelligente costruzione di rapporti transconfinari.

[P. Roseano, S. Novak – Lukanovic, Percezione della varietà culturale e linguistica nelle città di confine: Gorizia (IT) e Nova Gorica (SLO). Rapporto di ricerca, ISIG, Institute for Ethnic studies, Gorizia, Lubiana, 2004].

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I GENITORI E I NONNI DELL’UOMO DEL CONFINE Alberto Gasparini

Abstract: L’articolo riporta gli atteggiamenti che i nonni e i genitori degli attuali goriziani hanno espresso in una ricerca Isig (finanziata dal Cnr) nel 1972. Essi dimostrano una cultura specifica dell’area in cui vivono, e una continuità con gli attuali nipoti e figli. Keywords: Gorizia, confine, atteggiamenti, nonni, genitori

• − • − •

1. Premessa sul 1998. Un anno di intersecazione di tante traiettorie

Gorizia è da sempre stata la città dai mille confini: tra etnie, tra culture, tra aree politiche, tra guerre nazionali e militari, fredde e calde, tra grandi pianure (padana-veneta vs. ungherese-slava), ecc. E a dividere, ma anche a far dialogare, sono state tante linee, palpabili o impalpabili, “soglia di Gorizia” o cortina di ferro.

Da questa prospettiva il 1998 rappresenta il punto di intersecazione di molteplici assi che vengono da anni dell’era cristiana con l’otto finale. Il 1648, trecentocinquant’anni fa, la pace di Westfalia regolò in termini nuovi le relazioni internazionali e ciò ebbe dei riflessi anche sulla vita multiculturale di Gorizia. Nel 1918, ottant’anni fa, finiva la prima guerra mondiale, che si era combattuta ferocemente anche intorno alla “soglia di Gorizia”, e che segnò profondamente le mitologie successive su Gorizia e quindi i rapporti tra sloveni e italiani, improntati sul nazionalismo. Nel 1968, trent’anni fa, successero tre fatti che hanno avuto direttamente o indirettamente effetti su Gorizia. Il primo è relativo alla Cecoslovacchia: la primavera di Praga e il conseguente soffocamento dimostrano che è ancora lontana una via democratica alla politica al di là della cortina di ferro, e che la via alla collaborazione nella vita quotidiana, di qua e di là del confine, è più che mai vincente nell’erodere dal di dentro le basi antidemocratiche del socialismo reale. Il secondo fatto consiste nella contestazione studentesca e nella elezione della sociologia a disciplina scientifica che spiega, e fornisce strumenti per capire, quel che capita e come bisogna comportarsi per “cambiare il mondo”. In Italia, è a Trento, dove si insegna sociologia, che comincia la contestazione studentesca, e Franco Ferrarotti è il “guru” cui i mass media si rivolgono per capire. A Gorizia tali elementi, contestazione, Trento e sociologia, fanno pensare alle élites locali il che fare per progettare in maniera nuova i rapporti dentro la città e della città con Nova Gorica. Ed è da questi elementi che nasce il terzo evento del 1968, e questa volta proprio a Gorizia. Nasce cioè l’Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia (Isig), il quale enfatizza in termini sociologici tutta una serie di problemi teorici che a Gorizia diventano vita quotidiana: si tratta di relazioni interetniche, di cooperazione economica e transconfinaria, di relazioni internazionali tra società civili e stati, di pianificazione territoriale a cavallo del confine, di integrazioni differenziate tra le sezioni delle città di qua e di là del confine. Ecco l’onere dell’Isig: dare contenuti alla sociologia internazionale, partendo dai problemi concreti che necessitano risposte operative, e al tempo stesso fornire contributi alla costruzione della scienza internazionale! È riuscito l’Istituto in questo intento: per la costruzione della scienza internazionale in Italia e all’estero i feedbacks sembrano confermare una risposta positiva; per le risposte

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Alberto Gasparini 288

offerte alla comunità locale con il presente libro vogliamo riproporre alcune risposte, a cominciare dalle prime ricerche svolte a Gorizia sullo stato dell’associazionismo [F. Demarchi (a cura di) (1970), L’associazionismo in provincia di Gorizia, Forni, Bologna], sui passaggi ai valichi di frontiera [C. Sambri (1970), Una frontiera aperta, Forni, Bologna], sulla regolamentazione della frontiera [L. Buratti (a cura di) (1971), La frontiera italiana, Forni, Bologna], sui pensieri, gli atteggiamenti e i comportamenti dell’uomo di frontiera [R. Gubert (1972), La situazione confinaria, Lint, Trieste], sul rapporto tra presenza militare (servitù militari) e regione di confine [Raimondo Strassoldo (1972), Sviluppo regionale e difesa nazionale, Lint, Trieste], sugli aspetti geografici e storici del confine [Giorgio Valussi (1972), Il confine nord-orientale d’Italia, Lint, Trieste]. A queste ricerche e a questi libri seguono tanti altri lungo la storia trentennale dell’Istituto.

È da queste ricerche che la città ha cominciato ad avere dimestichezza con l’Isig, per le domande fatte alle persone che passano la frontiera, per i questionari postali compilati dalle associazioni, per le interviste cui campioni di cittadini, da Gorizia a Trieste, si sono sottoposti. E si sa che un questionario, un’intervista, un colloquio sono sempre bidirezionali: da una parte l’intervistatore/Istituto raccoglie informazioni utili alla ricerca, ma dall’altra l’intervistato/cittadino comincia a pensare alla domanda in quanto problema proprio e della propria comunità, entro il quale entrare piano piano, dolcemente, senza fretta. In altri termini è anche attraverso i temi di un’intervista che si forma una coscienza nuova, si pensa più in concreto che al di là degli stereotipi, in cui si vive il rapporto con l’altro soprattutto se è diverso da sé per qualcosa, vi sono anche delle soluzioni più razionali e migliori, o sulle quali ad ogni modo vale la pena pensare. L’intervista in qualche modo può creare il problema e soprattutto può far riflettere sul modo di risolvere il problema. Anche da questo punto di vista ci rendiamo conto che l’Isig ha avuto, fin dal primo momento, un ruolo positivo nel creare la coscienza che collaborare è sempre meglio che contrap-porsi.

Nel 1968 dunque nasce l’Isig, ed è capace anche di attrarre personalità brillanti, a cominciare dagli autori dei libri citati. Franco Demarchi e Renzo Gubert sono tornati all’Università di Trento; Bernardo Cattarinussi, Alberto Gasparini, Claudio Sambri, Raimondo Strassoldo, Ettorina Rubino sono legati alle Università di Trieste e di Udine. Luigi Buratti appartiene invece alla categoria di studiosi che sviluppano una traiettoria originale, che unisce inestricabilmente funzione pubblica (in quanto dirigente di frontiera), saggistica, poesia. Giorgio Valussi è un geografo molto attento ai temi del confine e delle migrazioni, soprattutto nel Friuli-Venezia Giulia. Anche tali presenze indicano la capacità di Franco Demarchi di sapersi circondare delle personalità più varie ma unite dall’entusiasmo per il suo progetto Isig.

In sintesi, se idealmente pensiamo il 1998 come punto di intersezione di tante traiettorie originate in anni differenti, 1648, 1918, 1968, allora ci rendiamo conto che Gorizia vi si associa perfettamente, per il suo essere punto o area di confine in cui ognuna di queste traiettorie fonde o rielabora ontologicamente la propria natura, per offrire un messaggio originale, o, come diremo più avanti, un laboratorio di centralità in quanto sintesi di diversità.

In questo gioco di traiettorie intersecantisi, se proprio ci fa piacere, possiamo anche aggiungere l’inizio della storia di Gorizia, che convenzionalmente la si riconduce al primo soffio di Gorizia che il “sacro” imperatore Ottone III mise per iscritto nel suo atto di donazione. Certamente Gorizia esisteva già prima del 1001, dato che per donare ci vuole l’oggetto del dono, e allora senz’altro Gorizia esisteva già nel 998, collocata proprio su quella che altri indicheranno come “soglia di Gorizia”. Il vantaggio di spostare al 998 la nascita di Gorizia, è che questo del 998 diventa l’“axis mundi” goriziano, intorno al quale collocare le altre traiettorie, 1648, 1918, 1968, che abbiamo fin qui considerato, tra il serio e l’enfatico. 2. Il confine e la cooperazione transfrontaliera nelle idee e nei sentimenti dei genitori, dei nonni e

dei bisnonni dei goriziani del 1998

Si sa com’è la vita. Si nasce in una certa comunità, la si conosce bene e la si esperimenta dal di dentro fino a che non la si prende in consegna, agendovi come lavoratore, come professionista, come amministratore, come politico, come cittadino, come elettore, come genitore, ecc.. Secondo tali meccanismi, la condizione vissuta ora, nell’età adulta, sembra la migliore e, soprattutto, sembra che prima non esistesse niente di tutto ciò. In concreto, a Gorizia sembra che l’esperienza vissuta nell’attuale

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I genitori e i nonni dell’uomo di confine 289

periodo di apertura verso Nova Gorica, di progettazione orientata verso l’altra parte del confine, di orientamento positivo verso il multiculturale sloveno-italiano-friulano, di pacificazione psicologica e culturale sia un fatto radicalmente nuovo rispetto al passato.

È proprio vero tutto ciò, o è una semplice impressione? Lo vogliamo verificare, osservando gli atteggiamenti e i comportamenti nei confronti del confine che i goriziani di trent’anni fa esprimevano. Il che significa che andiamo a vedere come la pensavano i genitori attuali, quando si trattava di diciottenni di allora, o più in generale come la pensavano i nonni, i bisnonni attuali; se non addirittura come si espri-meva la comunità goriziana di allora nel suo insieme, quando ancora si facevano sentire le grandi personalità locali degli anni sessanta, quando c’era ancora dominante la ‘prima repubblica’, quando ancora operavano partiti ora scomparsi e non c’erano i nuovi partiti, quando ancora non si parlava di progetti concreti di collaborazione transfrontaliera. Rileviamo i dati da 1214 interviste fatte ai residenti nelle province di Gorizia e di Trieste, di cui 407 in provincia di Trieste, 245 nel comune di Gorizia, e 562 nel resto della provincia di Gorizia. Le interviste sono state svolte nel 1970 su un campione di persone di età compreso fra i 18 e i 70 anni, e i risultati sono stati pubblicati da Renzo Gubert, direttore anche della ricerca, nel volume “La situazione confinaria” (Forni, Bologna, 1972). Da tale volume ricaviamo i seguenti dati (Gubert 1972: 165-244) 2.1. Chi è il goriziano medio del 1970? Alle seguenti affermazioni i goriziani rispondono nel modo seguente: • Un governo giusto in Italia dovrebbe essere di: centro-sinistra: 42%; centro: 15%; sinistra: 10%; • È credente e frequenta (regolarmente o saltuariamente) le funzioni religiose”: 66%; non è credente e

non frequenta: 6%; • Si sente principalmente legato: alla propria nazione: 26%; al proprio comune: 23%; al mondo intero e

all’Europa: 25%; alla frazione/borgo/rione: 10%; • Le tradizioni, lingua, costumi ed usanze tipiche dei gruppi etnici devono essere conservate e difese:

moderatamente: 57%, ad ogni costo: 27%; • È preferibile un qualsiasi ordine, da chiunque imposto, piuttosto che disordine e confusione:

d’accordo: 66%; né d’accordo né contrario: 11%; contrario: 25%.

Le idee del goriziano (del monfalconese e del triestino) medio sulla politica, sulla religione, sull’appartenenza, sulle tradizioni, sull’importanza dell’ordine sono tipiche di chi vive gli anni Sessanta e di chi vive la provincia. Sull’appartenenza semmai si può rilevare un aspetto divergente da quello della norma italiana, in quanto viene enfatizzata l’articolazione, e quasi contrapposizione, fra nazionale, locale e cosmopolita, dove la specificità sta in questo elevato livello di cosmopoliticità. 2.2. Rapporti interetnici sviluppati con cittadini italiani Il goriziano (e il monfalconese e il triestino): • parla abitualmente in famiglia: dialetto goriziano o triestino: 43.4%; italiano: 31.3%; friulano: 18.2%;

bisiaco: 14.1%; sloveno: 3.1%; • dichiara di appartenere al gruppo etnico: italiano: 65%: friulano: 13%; sloveno: 13%; bisiaco: 8%; • conosce persone diverse dalla propria etnia: nessuna: 38%; poche o alcune o molte: 62%; • ha amici non appartenenti alla propria etnia: nessuno: 67%; una parte o la totalità: 33%; • ha parenti non appartenenti alla propria etnia: nessuno: 79%; parenti non stretti: 13%; genitori o

coniuge: 6%; • distingue a prima vista un italiano da uno sloveno: spesso: 44%; sempre: 24%; qualche volta: 16%;

mai o quasi mai: 16%.

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Alberto Gasparini 290

A una domanda come la seguente: • “Quanti motivi possono far sorgere contrasti fra italiani e sloveni?” risponde: nessuno: 60%;

qualcuno: 26%; abbastanza o molti: 10%. • “Sull’introduzione del bilinguismo negli uffici pubblici” è: favorevole: 46%; contrario: 32%; né

favorevole né contrario: 21%. Ad affermazioni di questo genere: • “A parità di condizioni si dovrebbe comperare nel negozio del proprio connazionale” è:

contrario: 36%; d’accordo: 35%; né d’accordo né contrario: 29%. 2.3. I rapporti del goriziano medio del 1970 con la Jugoslavia

Alle seguenti affermazioni il goriziano (il monfalconese e il triestino) risponde nel modo seguente:

• “Prova interesse per le notizie riguardanti la Jugoslavia”: poco o nessuno: 65%; abbastanza: 29%; • “La difesa militare della frontiera con la Jugoslavia è utile o inutile?”: utile: 63%; inutile: 26%;

dannosa 6%; • “Ad una più stretta collaborazione tra Italia e Jugoslavia è favorevole o contrario?”: favorevole: 84%;

contrario: 3%; • “Quale previsione fa sui rapporti futuri italo-jugoslavi per questioni di confine?”: miglioreranno un

po’: 33%; rimarranno più o meno uguali: 31%; miglioreranno molto: 17%; • “La Jugoslavia ha in media rispetto all’Italia”:

♦ regime politico: un po’ peggiore: 37%; né migliore né peggiore: 22%; molto peggiore: 22%; ♦ benessere economico: un po’ peggiore: 48%; molto peggiore: 31%; ♦ livello culturale: un po’ peggiore: 35%, ne migliore ne peggiore: 27%; ♦ uguaglianza sociale: ne migliore ne peggiore: 28%; un po’ peggiore: 26%; un po’ migliore: 23%

2.4. I rapporti transconfinari Il goriziano (il monfalconese e il triestino): • ha conoscenze personali di cittadini jugoslavi: nessuna: 55%; alcune o poche: 37%; • ha amicizie con cittadini jugoslavi: nessuna: 77%; una piccola parte: 17%; una buona parte: 6%; • ha parenti tra cittadini jugoslavi: nessuno: 70%; parenti non stretti: 26%; • ha rapporti economici con cittadini jugoslavi: mai: 89%; • va in Jugoslavia per:

♦ acquisti: una volta alla settimana: 21%; qualche volta al mese: 19%; ♦ affari: mai: 97%; ♦ visite a parenti: mai: 76%; qualche volta all’anno o raramente: 16%; ♦ visite ad amici: mai: 78%; qualche volta all’anno o raramente: 15%; ♦ motivi culturali: mai: 92%; ♦ divertimenti: mai: 84%; qualche volta al mese o raramente: 10%.

2.5. Gli effetti della frontiera

Il goriziano ( e il monfalconese e il triestino) ai quesiti seguenti risponde:

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I genitori e i nonni dell’uomo di confine 291

• “La vicinanza della frontiera alla provincia reca”: più vantaggi che danni: 35%; ne vantaggi ne danni o entrambi in egual misura: 31%; più danni che vantaggi: 15%; solo vantaggi: 14%;

• “Il traffico con la Jugoslavia per lo sviluppo della comunità locale”: può aiutare abbastanza: 63%; non reca ne vantaggi ne danni: 18%; è la principale speranza: 9%; è dannoso: 7%;

• “Conseguenze personali cui porta l’abitare vicino alla frontiera”: ne vantaggi ne danni: 60%; più vantaggi che danni: 19%; solo vantaggi: 16%; solo danni o più danni che vantaggi: 5%, ♦ Quali vantaggi? economici: 88.3%; turistico-culturali: 14.7%, ♦ Quali danni? psicologici: 8.1%; territoriali: 3.5%; economici: 1.2%.

2.6. Gestione della frontiera e proposte per modificarla Per il goriziano (e il monfalconese e il triestino) la frontiera ha i seguenti significati e si possono eventualmente modificare: • “Le frontiere devono essere”: controllate con tolleranza: 44%; abolite: 33%; severamente controllate:

9%; pochissimo controllate: 8%; senza nessun controllo: 4%; rigorosamente chiuse: 1%; • “Il controllo o l’apertura delle frontiere serve”: alla collettività nazionale (controllo): 37%; alla

convivenza internazionale (apertura): 29%; all’individuo: 18%; alla comunità locale: 8%. • Proposte: (con l’attribuzione del voto da un minimo di 1 a un massimo di 5)

♦ voto = 4,2 alla proposta: “Allargare la zona franca a tutta la fascia confinaria italo-jugoslava”, ♦ voto = 3,8 alla proposta: “Lasciare la frontiera dov’è, ma garantire la piena tutela dei diritti delle

minoranze”, ♦ voto = 3,4 alla proposta: “Correggere la frontiera in modo da lasciare le zone prevalentemente

slovene alla Jugoslavia e quelle prevalentemente italiane all’Italia”, ♦ voto = 3,3 alla proposta: “Spostare la frontiera fino a dove era prima dell’ultima guerra (1940-

45)”, ♦ voto = 2,1 alla proposta: “Trasferire il gruppo sloveno in Jugoslavia e le minoranze italiane in

Italia”. Ecco la fotografia dei pensieri e dei sentimenti di una società di trent’anni fa, e cioè di quei giovani (allora)

che ora si preparano alla pensione o che hanno in mano, ora, il governo dell’opinione pubblica o dell’amministrazione della società civile, o di quegli adulti che componevano gli spazi della società politica e della società civile (di allora)!

Alcuni punti sollevano il nostro interesse.

1) Questo goriziano (e monfalconese e triestino) è abbastanza conservatore, legato alla tradizione cattolica, fautore di una comunità ordinata (innanzitutto). È cioè un prodotto tipico di questa terra di cultura veneto-mitteleuropea, ed inoltre è ben integrato nella cultura di trent’anni fa. La cosa che lo differenzia da altre zone d’Italia e ne costituisce una caratterizzazione è rappresentata dall’appartenenza, che vede convivere uno accanto all’altro chi appartiene alla nazione (italiana), chi al luogo (il comune), chi all’internazionale, in proporzioni pressoché uguali. Sono tre culture molto differenti, che hanno degli effetti anche sulla concezione del confine. Ci troviamo dunque in presenza di un cittadino medio (di trent’anni fa), che tuttavia dimostra una propria specificità quando si va a toccare gli elementi della identità, formatasi in un equilibrio instabile fra grandi riferimenti (nazionale e internazionale) che sono vissuti nel locale e nella vita quotidiana.

2) Questo goriziano (e monfalconese e triestino) non aveva molte relazioni con quella che ancora era la Jugoslavia, poiché amici, parenti, conoscenti erano scarsi al di là del confine, e l’interesse era attratto per le ragioni molto prosaiche della benzina e della carne. Eppure, se ancora in maggioranza ritiene utile la difesa militare della frontiera, e il suo controllo svolto con tolleranza, il goriziano è favorevole a una più stretta

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Alberto Gasparini 292

collaborazione fra Italia e Jugoslavia, così come ha fiducia nel miglioramento dei rapporti futuri con la stessa Jugoslavia. Grafico 1 - Andamento dei valori medi per i fattori emersi dalla ricerca del 1970

Fonte: R. Gubert (1972), La situazione confinaria, Isig-Lint, Trieste, p. 411

3) Tali goriziani (e monfalconesi e triestini) sanno distinguere un italiano da uno sloveno, eppure il 60% di essi non vede alcun motivo di contrasto tra i due gruppi, il 46% è favorevole al bilinguismo, il 36% non vede perché dovrebbe privilegiare un connazionale rispetto a un appartenente a un altro gruppo. In altri termini c’è un riconoscimento delle differenze culturali, ma (per la maggioranza) anche la coscienza che ciò non deve produrre interferenze negative sulle relazioni.

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I genitori e i nonni dell’uomo di confine 293

4) Vi è indifferenza tra i due gruppi etnici, italiano e sloveno, nel senso che conoscenze, amicizie, parentele per la maggioranza delle persone si realizzano nell’ambito del proprio gruppo.

5) Di fronte a queste percentuali maggioritarie di goriziani (e monfalconesi e triestini) orientate alla tolleranza interetnica e alla valutazione positiva della difesa militare della frontiera, stanno compatti gruppi di persone: 1) che sostengono che possono aversi ragioni di contrasto con la minoranza slovena (il 26%); 2) che sono contrari all’introduzione del bilinguismo (il 32%); 3) che sono convinti che bisogna scegliere il connazionale a parità di condizioni (35%); ma anche 4) che ritengono che sia inutile la difesa militare della frontiera (26%); e 5) che sono convinti che le frontiere debbano essere abolite (33%).

6) L’approccio alla frontiera è senz’altro positivo, poiché dalla vicinanza ad essa vi si vedono in prevalenza dei vantaggi (dal 35%) e senz’altro non dei danni (dal 31%); ed inoltre il traffico con la Jugoslavia rappresenta un deciso aiuto allo sviluppo della comunità locale. È lo stesso atteggiamento delle élites e dei cittadini, per il quale la città di confine, anche europea, esprime un senso di originalità.

7) Ma è nelle proposte verso tutta l’area transfrontaliera che si tocca la massima apertura del cittadino che vive nell’area di confine: ciò vale soprattutto nell’accordo sulla costituzione di una “zona franca” estesa. Tale ipotesi trent’anni fa raccoglieva il voto più alto (4,2% su 5) rispetto a quello più negativo di trasferire sloveni e italiani nei rispettivi paesi di maggioranza (2,1 voto su 5). Ed è una proposta che fino a qualche anno fra poteva scandalizzare élite cittadine, ma non certamente i cittadini comuni, i goriziani, i monfalconesi, i triestini. Come valutare la fotografia che abbiamo esibito? Gli atteggiamenti e i sentimenti non sono statici,

ingialliti dal sovrapporsi di calorosità a toni differenziati, impregnati di odori ammuffiti. Al contrario è una foto molto viva, dai colori del primo mattino rosato nell’azzurro tenue, dalle espressioni sveglie di chi vive l’esperienza come fosse unica, dagli odori dei colori appena fissati sulla carta. È vero che questa persona di confine pensa alla società come facevano gli uomini di trent’anni fa, poiché è uomo di ordine e piuttosto tradizionalista. E tuttavia questo uomo di frontiera pensa alla convivenza come un valore positivo, pensa ai rapporti con chi sta al di là del confine come elemento di sviluppo della comunità locale, pensa alla cooperazione transfrontaliera in una zona franca. E se proprio alcuni di questi intervistati si discostano da tali pensieri, certamente qualcuno rievoca paure etniche, ma gli altri pensano a soluzioni ancor più radicali, in cui la collaborazione internazionale deve avvenire in un mondo in cui non esistono frontiere e dove non è necessaria la difesa militare dei confini.

Rispetto agli atteggiamenti e ai sentimenti dell’uomo di frontiera di oggi, 1998, che valuta intensamente la collaborazione transfrontaliera, gli atteggiamenti e i sentimenti del giovanotto o del nonno del 1970 sembrano foto scattate due minuti fa, e già sviluppate col metodo Polaroid. Semmai ora sono scomparse le residue paure o i residui astii verso situazioni traumatiche, vissute prima degli anni cinquanta, comunque e sempre ingiuste.

In sintesi ci rendiamo conto quanto venga da lontano ciò che abbiamo ora e viviamo come nuova scoperta, nuova frontiera, ovvia, anche con la caduta della vecchia frontiera del “deserto dei tartari”, che costruiva sul confine quell’avamposto dal quale puntare i binocoli sull’indistinto da cui attendere la comparsa del nemico. L’ideologia ha costruito e ha mantenuto il fortilizio sul confine, ma il cittadino del confine già dagli anni sessanta ha scoperto che oltre il confine non esistono deserti e tartari: ma al contrario ci sono prati sui quali gettarsi e osservare le infinità del cielo che egli osserva a casa propria e uomini e donne che hanno gli stessi sentimenti e la stessa voglia di parlare e di negoziare. [A. Gasparini, L’Isig e il confine di Gorizia-Nova Gorica. Dall’uomo di confine del 1968 al domani di due città transfrontaliere, in A. Gasparini, M. Zago (cur.), Gorizia, Nova Gorica e le aree di confine italo-slovene, Isig, Gorizia, 1998, pp. 7-16].