italo calvino (1923-1985) - collegio san giuseppe · anche vittorini e pavese non aderirono...
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15.10 1923 nasce a Santiago de Las Vegas (La Habana) I genitori sono agronomi, dalla personalità forte, austeri e rigidi: Calvino rifiuta il loro mondo
• 1925 rientrano in Italia, a Sanremo
• 1929-33 frequenta le scuole valdesi, diventa d’ufficio Balilla
• 1934 Frequenta il Liceo Classico; i genitori rifiutano la religione
• 1941-42 A Torino, alla facoltà di Agraria, con E. Scalfari matura il suo antifascismo
• 1943 renitente alla leva, passa mesi nascosto a leggere: nasce la vocazione letteraria
La militanza comunista 1944-1957
• 1945 Si iscrive a Lettere a Torino
• 1946 Frequenta la Einaudi, conosce Pavese, Vittorini, Ginzburg, scrive racconti e il primo romanzo
• 1948 Lavora per L’Unità
• 1955-1961 dirigente all’Einaudi
• 1956 Pubblica Fiabe italiane, emerge la crisi ideologica con il PCI
Il Menabò e gli anni del successo
• Nel ’59 compare “Il Cavaliere inesistente”, collabora saltuariamente con l’Avanti, pubblica con Vittorini “Il Menabò”, rivista letteraria.
• Nel 1960 pubblica la Trilogia completa con un’importante prefazione critica: la sua collaborazione è richiesta da cinema, teatro, radio, giornali
• 1962: a Parigi conosce Chichita (Esther Judith Singer, traduttrice argentina) di cui si innamora
La sfida al labirinto
• 1963: Pubblica “Marcovaldo”
• 1964: sposa Chichita e si trasferisce a Roma.
• 1965 nasce a Roma la figlia Giovanna. Pubblica “Le Cosmicomiche”
• 1966: muore Vittorini: ne ricorda l’opera con un lungo saggio
• 1967-80: si trasferisce con la famiglia a Parigi, pur tornando spesso in Italia. Incontra Raymond Queneau.
• 1968 matura un nuovo interesse per la semiologia. Conosce Barthes, Queneau lo introduce nel circolo dell’Oulipo (Laboratorio di letteratura popolare).
• Rifiuta un premio per “Ti con zero” • 1970 Gli amori difficili. Cura per la radio
Orlando furioso raccontato da Italo Calvino
• 1972 Le città invisibili • 1973 Il castello dei destini incrociati • 1974-1976 Pubblica racconti anche
autobiografici, tiene conferenze, collabora con la radio.
• 1979 Pubblica Se una notte d’inverno un viaggiatore
• 1981 E’ insignito a Parigi con la Legion d’onore. Presiede la giuria della Mostra del cinema di Venezia.
• 1982 Prepara un libretto d’opera per Berio: “La vera storia”
• 1983 Palomar • 1985 In estate, mentre prepara 6
conferenze per Harvard, muore per un ictus.
TRA NEOREALISMO E ISPIRAZIONE FANTASTICA
IL SENTIERO DEI NIDI DI RAGNO (1947)
Ispirato alla Resistenza, ma non celebrativo (i
partigiani sono sbandati, disadattati)
Il punto di vista del narratore (straniante) è quello
del ragazzino Pin, traumatizzato dallo sbandamento
familiare, etico, politico dell’epoca
Pin conserva l’ingenuità infantile, non capisce la
realtà della guerra, del sesso, della politica, che
interpreta in chiave favolistica.
C’è una valenza simbolica autobiografica: Calvino si
sente inferiore ai combattenti della Resistenza, sia
per la sua appartenenza alla borghesia, sia per
l’impegno di lotta, sia per consapevolezza politica.
ULTIMO VIENE IL CORVO (1949)
Raccolta di 30 racconti ancora ispirati alla
Resistenza
In questo racconto emergono due principali aspetti: la
spietatezza della guerra che insegna anche ad un
bambino a sparare, e l'agonia dell'attesa della morte.
L'innocente ragazzino non si rende conto dell'importanza
delle sue azioni e pensa che la guerra sia solo un gioco.
Il fucile è un mezzo attraverso il quale conoscere gli oggetti
che lo circondano e lo incuriosiscono; esso è pieno di fascino e
trasmette forte emozioni poichè appartiene al mondo degli
adulti. Il corvo nero assume il valore emblematico
della morte incombente ed inevitabile, che ha già
colpito vari compagni.
La lotta partigiana lascia un’inquietudine di fondo:
che il sacrificio sia vanificato dall’eredità violenta
della lotta, o dal ritorno alla normalità e dalla politica
corrotta.
LA TRILOGIA “I NOSTRI ANTENATI”
LA SVOLTA FANTASTICA
Nel 1951 Vittorini (collega all’Einaudi) suggerisce a Calvino di abbandonare il filone neo-realistico
Anche Vittorini e Pavese non aderirono totalmente al realismo espressionistico di alcuni scrittori del primo dopoguerra (Levi, Ginzburg, Rigoni Stern), ricuperando il valore del simbolismo
Si fanno più difficili i rapporti tra intellettuali e Partito Comunista (polemica Vittorini-Togliatti ‘47-’51), determinando un desiderio di autonomia e un problematico ripensamento dell’intellettuale
IL VISCONTE DIMEZZATO (1952)
Nasce da un’idea giovanile e dalla passione per i poemi cavallereschi
Il visconte però simboleggia il disagio dei reduci, che davanti agli orrori della guerra hanno elaborato una psicologia tormentata e “innaturale”, in cui vien meno il normale miscuglio di bene e di male dell’uomo comune.
La voce narrante è quella di un personaggio secondario, l’anonimo nipotino, che vive ai margini della vicenda: l’autore fonde così i vantaggi della narrazione autodiegetica ed eterodiegetica
IL BARONE RAMPANTE (1956)
In forma di conte philosophique,
propone un apologo sul rapporto tra
intellettuale, politica e società.
Il Barone Cosimo di Rondò sale sugli
alberi come forma di ribellione
all’ingiustizia della vita, ma anche
per cercare un asilo raccolto, da cui
contemplare, dall’alto, i problemi per
cercare di risolverli.
I genitori richiamano in forma
grottesca quelli di Calvino stesso.
IL CAVALIERE INESISTENTE (1959)
Riprende forme narrative dei poemi
cavallereschi e del Furioso, ma la forma è
quella di un racconto filosofico (cogito ergo
sum)
E’ evidente l’influenza dell’esistenzialismo
di Sartre. La malinconia del vivere è
attenuata dal gesto dello scrivere (e del
pensare: la pseudo-suora scrittrice incarna
Calvino stesso), scrittura che però viene
accantonata quando scoppia la passione.
Agilulfo è il cavaliere perfetto, quindi
inesistente, nel caos del mondo umano
MARCOVALDO (1952-1956)
ovvero le stagioni in città
Il protagonista è uno stralunato
personaggio al limite tra ingenuità e
idiozia. La sua condizione sociale miserrima
lo induce a cercare espedienti improbabili
per sopravvivere.
E’ uno sradicato, che non sa più vivere in
campagna e non sa ancora vivere in città. Il
sentimento della natura, ancora forte in lui,
lo induce a fidarsi della vita avvelenata
cittadina.
Lo sfondo è la città industriale degradata,
un mix di Torino, Genova e Milano, il
triangolo industriale del Boom economico,
con i primi supermercati, le pubblicità, i
casermoni e i capannoni delle periferie.
LE OPERE “REALISTICHE”
La speculazione edilizia (1957)
La nuvola di smog (1958)
Emerge la forte sensibilità ecologica, che individua in anticipo sui tempi il problema dell’inquinamento nel mondo industriale moderno. Lo spunto è fornito dalla cementificazione dell’amata Liguria.
La giornata di uno scrutatore (1963)
Descrive con angoscia e spirito polemico il rapporto della politica e del mondo “normale” e razionale con il mondo malato e “subumano” del Cottolengo. Emergono dubbi sulla capacità dell’uomo di essere padrone di sé.
LA SVOLTA STRUTTURALISTA
A PARIGI (1964)
Forte è l’influenza di Barthes, di Queneau,
Bachtin, anche di Borges
LA SVOLTA STRUTTURALISTA
A PARIGI (1964)
L’Oulipo (Laboratorio di letteratura potenziale)
insegna a mettere in evidenza gli artifici
strutturali della narrazione, la libertà
combinatoria infinita dello scrittore.
Calvino però tenta di rinnovare i moduli
combinatori tradizionali, inserendone di nuovi o
presentando i vecchi in forme e contesti
rinnovati (per esempio, rivelando al lettore le
tecniche narrative). La sfida con se stessi, la
gioia di inventare un gioco difficile e di
“seguirne le regole fino alle estreme
conseguenze”
Da qui anche il gioco sugli stili, come in Esercizi
di stile di Queneau (Se una notte d’inverno…)
LE OPERE STRUTTURALISTE
Saggio “La sfida al labirinto” (1962) Le cosmicomiche (1965) Ti con zero (1967) Il castello dei destini incrociati (1969-
1973) Le città invisibili (1972) Se una notte d’inverno un viaggiatore
(1979) Palomar (1983) Sotto il sole giaguaro (postumo, 1986)
SI TRATTA DI RACCONTI SIMBOLICI O
EMBLEMATICI IN CUI LA SPERIMENTAZIONE DI NUOVE FORME NARRATIVE SI SPOSA AL
TENTATIVO (SEMPRE PIU’ SFIDUCIATO) DI CONOSCERE LA REALTA’
LE RACCOLTE DI ARTICOLI SAGGI
O RACCONTI (POSTUME)
Lezioni americane (1988) Cinque grandi lezioni di letteratura comparata, che
indagano su categorie stilistiche dello scrivere (definite con i termini astratti leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità)
La strada di San Giovanni (1990)
Perché leggere i classici (1991) Una serie di articoli critici su opere di tutti i tempi,
preceduta dal saggio che detta il titolo: I CLASSICI propongono temi, problemi, analisi, personaggi, soluzioni stilistiche interessanti e preziosi, da rileggere, da studiare, da amare, da capire, da ricuperare. Classico però non è più solo l’autore legato al mondo greco-latino, ma colui che entra nell’immaginario collettivo.
Prima che tu dica pronto (1993)
Eremita a Parigi (1994)
PERCHE’ LEGGERE I
CLASSICI
Nell’introduzione a questo saggio,
Calvino presenta 14 definizioni
possibili di classico, alcune scherzose
o prammatiche, altre più letterarie.
Tutte parlano del suo amore per la
lettura, anticipando posizioni del
francese Daniel Pennac sulla
godibilità dei libri.
1. I classici sono quei libri di cui si
sente dire di solito: “Sto rileggendo...”
e mai “Sto leggendo...”.
• Notazione ironica: C. dice che “il prefisso iterativo davanti al verbo “leggere” può essere una piccola ipocrisia da parte di quanti si vergognano d’ammettere di non aver letto un libro famoso.”
• Aggiunge che il leggere per la prima volta un grande libro in età matura è un piacere straordinario:
2. Si dicono classici quei libri che costituiscono una ricchezza per chi li ha letti e amati; ma costituiscono una ricchezza non minore per chi si riserba la fortuna di leggerli per la prima volta nelle condizioni migliori per gustarli.
3. I classici sono libri che esercitano
un’influenza particolare sia quando
s’impongono come indimenticabili, sia
quando si nascondono nelle pieghe della
memoria mimetizzandosi da inconscio
collettivo o individuale.
5. D’un classico ogni prima lettura è in
realtà una rilettura.
6. Un classico è un libro che
non ha mai finito di dire
quel che ha da dire.
4. D’un classico ogni rilettura è una lettura di scoperta come la prima.
7. I classici sono quei libri che ci arrivano portando su di sé la traccia delle letture che hanno preceduto la nostra e dietro di sé la traccia che hanno lasciato nella cultura o nelle culture che hanno attraversato (o più semplicemente nel linguaggio e nel costume).
Notazione corredata dall’esempio dell’Odissea e di Kafka: i classici sono opere che hanno parlato a tante diverse persone nei secoli, “incrostandosi” di interpretazioni e deformazioni.
8. Un classico è un’opera che provoca incessantemente un pulviscolo di discorsi critici su di sé, ma continuamente se li scrolla di dosso.
Altra notazione ironica o polemica: gli studi critici, per C., non diranno mai tutto quello che può dire il libro stesso, benché gli studiosi siano convinti del contrario.
9. I classici sono libri che quanto più si crede di conoscerli per sentito dire, tanto più quando si leggono davvero si trovano nuovi e inaspettati.
Altra notazione polemica sulla cultura di seconda mano: dà soddisfazione vedere che un concetto che noi sapevamo è stato detto per la prima volta da quel classico; ma non si possono leggere i classici “per dovere o per rispetto, ma solo per amore”. La scuola costringe a leggere, ma per insegnare a capire i propri gusti, a fare le proprie scelte.
10. Chiamasi classico un libro che si configura come equivalente dell’universo, al pari degli antichi talismani.
11. Il “tuo” classico è quello che non può esserti indifferente e che ti serve per definire te stesso in rapporto e magari in contrasto con lui.
12. Un classico è un libro che vene prima di altri classici; ma chi ha letto prima gli altri e poi legge quello, riconosce subito il suo posto nella genealogia.
Termina l’articolo riferendosi a Leopardi:
oggi nessuno potrebbe avere
un’educazione classica come la sua,
perché i titoli si sono moltiplicati e il
tempo a disposizione per leggere è
limitato. Non resta ad ognuno che crearsi
una propria biblioteca ideale, per metà
composta dei libri che ha letto, per metà di
quelli che si ripromette di leggere. I
classici non “servono”, leggerli però è
meglio che non leggerli. Conclude con un
aneddoto di Cioran: “Mentre veniva
preparata la cicuta, Socrate stava
imparando un’aria sul flauto. “A cosa ti
servirà?” gli fu chiesto. “A sapere
quest’aria prima di morire”.