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I I I T T I I N N E E R R A A R R I I N N A A S S C C O O S S T T I I D D I I R RO O M M A A A A N N T T I I C C A A N N . . 3 3 M M a a r r z z o o 2 2 0 0 0 0 3 3 1 1 , , 5 5 0 0 LA STORIA DI ROMA LA STORIA DI ROMA nei luoghi e nei monumenti nei luoghi e nei monumenti Supplemento al n. 3/2003 di Forma Urbis - Spedizione in abbonamento postale 45% Art. 2 comma 20b L. 662/96 filiale di Roma - 1,50 E.S.S. EDITORIAL SERVICE SY STEM S.r.l. PARTE III PARTE III

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Page 1: ITINERARI NASCOSTI DI ROMA ANTICA N. 3 Marzo 2003 · ITINERARI NASCOSTI DI ROMA ANTICA ... non rinuncia comunque a riferire tutta una serie di par-6 Forma Urbis. ticolari riguardanti

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E.S.S.EDITORIAL

SERVICESYSTEM S.r.l.

PARTE IIIPARTE III

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“Collana archeologica”

supplemento di FORMA VRBIS

Da gennaio 2003

LA STORIA DI ROMAnei luoghi e nei monumenti

Con il nuovo anno è iniziata una collana di

tascabili che intende illustrare i luoghi e i

monumenti della città antica, sulle tracce delle

tradizioni e dei miti delle origini, spesso riva-

lutati dagli studi più recenti, e della storia uffi-

ciale.

La serie sarà presentata in modo da accom-

pagnare il lettore nei luoghi più significativi

della città per poter offr ire i r ifer imenti

archeologici relativi agli avvenimenti descritti.

Nella serie saranno comprese alcune parti e

alcuni numeri riguardanti la vita quotidiana,

gli istituti politici e religiosi necessari per ten-

tare di comporre un quadro sufficientemente

indicativo della storia di Roma antica.

- Abbonamento ai «tascabili» € 15,50

- Abbonamento a FORMA VRBIS € 41,30

- Abbonamento a FORMA VRBIS + i «tascabili» € 50,00

Per informazioni: Tel. 0671056.1 (10 linee r.a.) Fax 0671056230

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Collana archeologica

LA STORIA DI ROMA

nei luoghi e nei monumentidi Franco Astolfi

PARTE III

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Roma 2003

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DIREZIONE SCIENTIFICAPROF. BERNARD ANDREAEDOTT. CLAUDIO MOCCHEGIANI CARPANO

DIRETTORE RESPONSABILESILVIA PASQUALI

COORDINAMENTO REDAZIONALE E SEGRETERIAROBERTO LUCIGNANI, LIDIA LAMBERTUCCI,ERMETE BONARDI, LAURA SIGNANI

GRAFICA, DOCUMENTAZIONEFOTOGRAFICAROBERTO LUCIGNANI

DISEGNIPIETRO RICCI

COMITATO SCIENTIFICO:MARIA ANDALORO Universi tà del laTuscia; FRANCO ASTOLF I Soprin tendenzaArcheologica di Roma; GIULIANA CALCANI Università di RomaTre; FILIPPO COARELLI Università di Perugia; PAOLA DI MANZANO SoprintendenzaArcheologica di Roma;DARIO GIORGETTI Università di Bologna; EUGENIO LA ROCCA Sovraintendente aiBeni Culturali del Comune di Roma; FEDERICO MARAZZI Università “Suor Orso-la Benincasa”, Napoli; PAOLO MORENO Università di Roma Tre; LUISA MUSSO Università di Roma; EMILIO RODRIGUEZ ALMEIDA, Ricercatore FormaUrbis marmorea.PATRIZIA SERAFIN PETRILLO II Università diRoma Tor Vergata;

EDITORE E.S.S. Editorial Service SystemVia di Torre S. Anastasia, 61 - 00134 Romae-mail: [email protected] http//www.sysgraph.comPubblicazione registrata presso il Tribunaledi Roma n° 548/95 del 13/11/95

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PUBBLICITÀ E DIFFUSIONELAURA PASQUALI

ABBONAMENTI:L’abbonamento partirà dal primo numeroraggiungibile tranne diversa indicazione.

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STAMPA System Graphic Srl Via di Torre Santa Anastasia, 61 -00134 Roma - Telefono 0671056.1

DISTRIBUTORE ROMACoop. Orsetto 2000 Via Graziano, 18 - 00165 Roma

Nessuna parte della presente pubblica-zione può essere riprodotta in alcun modosenza il consenso scritto dell’Editore

Finito di stamparenel mese di marzo 2003© Copyright E.S.S.

supplemento al n. 3/2003di FORMA VRBIS,

Itinerari nascosti di Roma antica

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LA STORIA DI ROMA NEI LUOGHIE NEI MONUMENTI

Numa Pompilio, il re sacerdote.“Sull’impugnatura ferrata degli scudi si distendono le tele dei bruni

ragni, mentre la ruggine corrode le punte delle lance e il filo delle spade.

Non più s’ode lo strepito delle bronzee trombe che rubano il sonno”.

Bacchilide

Se con Romolo e i miti della fondazione eravamoancora completamente immersi nella leggenda, le cosesembrano cambiare con la figura del suo successoreNuma Pompilio che, a giudicare da vari elementi, sem-brerebbe dotato di caratteri storici maggiormente defini-ti. Lo stesso nome del personaggio - piuttosto diffusonell’area sabina del tempo e certamente in regola con lenorme dell’onomastica arcaica - contribuisce in modonotevole a conferire a Numa quella credibilità che man-cava totalmente al suo predecessore. In ogni caso, in virtùdella tendenza alla caratterizzazione simbolica dei perso-naggi tipica dei racconti leggendari, come Romolo ave-va rappresentato l’ideale dell’eroe guerriero, Numa sarà ilre santo e pacificatore, artefice dei principali istituti civi-li e religiosi che dovranno regolare in seguito la vita deiromani.

Secondo i racconti tradizionali, alla morte di Romo-lo la città era improvvisamente caduta in preda a disordi-ni di ogni tipo, dovuti al carattere particolarmente belli-coso degli abitanti, che soltanto il defunto re era riuscitoa controllare. Narra Plutarco che “i cittadini provenienti dafuori non si erano ancora ben amalgamati con gli indigeni, sì cheil popolo tuttora nel suo interno ribolliva come un mare in tem-pesta”. Sembra di capire che i fermenti che agitavano la

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popolazione, dipendevano soprattutto da fattori chepotremmo definire di “carattere etnico”, dovuti allediverse origini delle genti affluite a Roma in seguitoall’istituzione dell’Asilo e alla successiva annessione deiSabini di Tito Tazio. Questi ultimi, in modo particolare,non tolleravano che i compagni del defunto Romolo liconsiderassero come un popolo inferiore aggregato aduno più potente, giacché erano convinti che “con la lorovenuta avevano irrobustito - se non altro numericamente - lacittà, contribuendo ad elevarla alla dignità di Stato”. In ultimaanalisi, l’elemento sabino della cittadinanza, che alla mor-te di Tito Tazio aveva accettato di buon grado il governodi Romolo, intendeva ora instaurare un regime di parità,sancito in modo ufficiale con l’elezione di un re scelto trale proprie file.

Dopo un periodo d’interregno durante il quale cen-tocinquanta patrizi esercitarono a turno i poteri digoverno, le due fazioni si accordarono per eleggere un re,secondo un ingegnoso sistema (certamente tipico dellamentalità romana riguardante il controllo incrociato delpotere) che avrebbe dovuto garantire in futuro un ugua-le trattamento per tutti. Sia i Romani che i Sabini avreb-bero proposto un proprio candidato scegliendolo tra irappresentanti dell’altro gruppo etnico, in modo che “l’e-letto sarebbe stato propenso in uguale misura verso i due popoli:all’uno per gratitudine d’averlo scelto, all’altro per affetto, essen-do del suo stesso sangue” (Plutarco). I Romani proposeroallora Numa Pompilio, un sabino noto per le sue nume-rose virtù, e che aveva soprattutto il merito di non appar-tenere al numero dei turbolenti immigrati della “primaora”, venuti al seguito dell’esercito di Tito Tazio. Lo sto-rico Plutarco, dopo avere prudentemente avvertito i let-tori che gli “antichi registri” contenenti i dati anagrafici egli alberi genealogici dei personaggi del tempo eranoandati perduti durante l’incendio gallico del 390 a.C.,non rinuncia comunque a riferire tutta una serie di par-

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ticolari riguardanti la figura del nuovo re. Originario del-l’illustre città sabina di Curi (la stessa che aveva dato inatali a Tito Tazio), Numa Pompilio era nato il 21 aprile,giorno della fondazione di Roma, “per un caso”, com-menta lo storico, “al quale non doveva essere estranea lavolontà degli dei”. Figlio di un certo Pompone e ultimo diquattro fratelli, sembra che al momento di salire al tronoNuma avesse già quaranta anni (Dionigi).

Uomo di grande saggezza e di spiccate virtù (la tradi-zione lo faceva allievo del filosofo Pitagora che, in effet-

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Moneta con scena raffigurante Numa che sacrifica un capro

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Ritratto ideale di Numa Pompilio dal Foro Romano

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ti, nascerà quasi due secoli dopo), pur avendo sposato lafiglia del re Tazio, era rimasto in Sabina rinunciando aglionori e ai vantaggi della corte di Roma. Incline alla vitasemplice e allo studio, amava frequentare le selve e iboschi abitati dagli dei. In una delle sue peregrinazioni,Numa avrebbe incontrato la ninfa Egeria, con la quale -dopo la morte della moglie - aveva stretto un legame ditipo coniugale che gli avrebbe poi consentito un partico-lare rapporto con la divinità.

Secondo uno stereotipo che accomuna spesso i perso-naggi della storia e della leggenda, quando gli inviati diRoma giungono a Curi per invitarlo ad assumere ilgoverno della città, Numa Pompilio è nella sua fattoria,immerso nei lavori dei campi e lontano dal clamore del-le fazioni. All’inizio (anche qui, secondo copione) eglirifiuta decisamente l’offerta, affermando che le sue qua-lità di uomo amante della pace e dedito agli studi, eranodel tutto inadatte per governare un popolo come quellodei Romani, la cui principale occupazione era di fare laguerra ai propri vicini. Tra i motivi dell’iniziale rifiuto,Numa adduce anche quello riguardante la misteriosa finedi Romolo, trucidato probabilmente dagli stessi senatoriche poi si erano affrettati a divinizzarlo per sviare isospetti del popolo. Ma ben presto, consigliato e spintodai propri famigliari che lo supplicano di non rifiutarequesto inaspettato dono del cielo, Numa Pompilio accet-ta il trono e fa il suo ingresso trionfale a Roma. Giunto ilcorteo che lo accompagna sulla piazza del Foro, Numa èufficialmente dichiarato re dal popolo e sale quindi sulCampidoglio per l’inauguratio, cerimonia con la quale gli“Auguri” consacravano il nuovo regnante. Plutarco ci halasciato un vivo racconto dell’episodio ed un’accuratadescrizione della cerimonia stessa, dovuta evidentementealle pratiche di tipo analogo che aveva avuto modo diosservare ai suoi tempi. Ricostruendo idealmente la sce-na dell’investitura di Numa, lo storico dice che “il sacer-

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La zona di Porta Capena dove era situato il ninfeo di Egeria

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Rilievo di Augusto in veste di Augure

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dote velò la testa del re e la girò verso mezzogiorno, quindi sipose alle sue spalle e, tenendogli la mano posata sul capo, scrutòl’orizzonte per vedere se apparivano uccelli o altri segni inviatidagli dei. Mentre la folla assisteva in un silenzio assoluto, dadestra apparvero alcuni uccelli: Numa finalmente indossò ilmanto regale e scese dalla rocca verso il popolo, accolto e accla-mato come il più pio degli uomini e il più caro agli dei”

L’Auguraculum del CampidoglioIl templum Augurale della città (Auguraculum) era il

luogo dove si prendevano gli “auspici”, cioè nel qualevenivano interpretati i segni celesti riguardanti il voleredegli dei in merito a determinati fatti o azioni da com-

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Resti di struttura e blocchi di cappellaccio appartenenti probabilmente all’Augura-culum del Campidoglio

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piere. L’Auguraculum era sull’Arce capitolina, presso iltempio di Giunone Moneta, dove sorge attualmente lachiesa di S. Maria in Aracoeli. Per la presa degli auspici gliAuguri - che formavano un collegio di sacerdoti il cuinumero varia nel tempo - si basavano essenzialmente sul-l’osservazione del comportamento degli uccelli (spectio).Sull’origine del loro nome le ipotesi sono diverse: si èpensato ad una derivazione da “avis” o “avis gerere”, rife-ribile agli uccelli e al modo di osservarli, o più semplice-mente ad “augere” (accrescere), nel senso di far prospera-re e facilitare una determinata impresa. Certamente daquesta particolare pratica divinatoria deriva il termine

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Rilievo con la rappresentazione delle Fonti e delle Ninfe della Valle Egeria

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“augustus”, o consacrato dall’augure, epiteto attribuitoinizialmente ad Ottaviano e passato in seguito ai suoisuccessori. Per esercitare le sue funzioni l’augure si servi-va del lituo - cioè del bastone ricurvo simbolo del pro-prio magistero - con il quale tracciava nel cielo dellelinee ideali, delimitando una zona di forma rettangolare(templum) all’interno della quale si dovevano manifestarei segni celesti. I segnali inviati per l’occasione dalla divi-nità, consistevano essenzialmente nell’apparizione dideterminati tipi di uccelli e, in alcuni casi, nel manifestar-si del fulmine e del tuono. Oltre alla presa degli auspici eall’investitura dei re e dei sacerdoti, gli Auguri avevano ilcompito di “consacrare” (inaugurare) i templi e determi-nati edifici destinati agli affari pubblici (ad esempio laCuria del Senato). Recentemente, in base alla posizione

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dei resti del tempio di Giunone Moneta, è stato propostodi riconoscere l’Auguraculum del Campidoglio in unastruttura databile al VI-V secolo a.C., formata da duemuri a blocchi di cappellaccio e tufo di Fidene, visibilenel giardino a fianco della chiesa dell’Aracoeli.

Nonostante le perplessità iniziali, Numa Pompiliodovette comunque abituarsi abbastanza presto alla vitapolitica della città e prendere un certo gusto all’eserciziodel potere. Seguendo un filone leggendario che va daLicurgo a Mosé, anch’egli affermava che per i suoi atti digoverno riceveva istruzioni direttamente dalla divinità,cosa questa che doveva avere un notevole peso in unasocietà nella quale la pratica religiosa era intimamentecompenetrata con la vita civile. Pur di incrementare ilproprio prestigio presso i sudditi, pare che Numa ricor-

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Pianta del Ninfeo di Egeria rinvenuto nel XVI secolo

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resse in qualche caso anche a trucchi e a finti prodigi.Narra Plutarco che “una volta il re invitò ad un banchetto ungran numero di cittadini ed offrì loro un pranzo sobrio e rustica-no, servito con suppellettili modestissime. Ma mentre gli ospitimangiavano Numa affermò che era venuta la dea con la qualeegli era in relazione: e come per incanto mostrò il resto della casapieno di coppe preziose e di tavoli coperti di piatti finissimi ricol-mi di squisite pietanze”. Un’altra volta il re disse ai proprisudditi che durante una delle sue peregrinazioni era riu-scito a catturare Pico e Fauno, due satirelli che vivevanosul colle Aventino, a quei tempi ancora disabitato ecoperto di boschi. Dai due piccoli demoni Numa avevaimparato a predire il futuro e ad esorcizzare i fulmini che,in quanto manifestazioni dell’ira divina, dovevano essereespiati purificando con particolari cerimonie il luogodove erano caduti. Ma il massimo della popolarità Numalo avrebbe raggiunto “inventando la favola”, come affermaseccamente Plutarco, “dell’amore che la Ninfa Egeria avevaper lui, e dei suoi incontri segreti con la dea”. Allo scopo dimettere in discussione i pretesi poteri del re, lo storico sidilunga in proposito in un’elaborata esposizione dellecredenze antiche riguardanti le abitudini sessuali deglidei, per concludere infine che, a suo parere, “è ben diffici-le credere che un dio possa compiacersi della bellezza di un esse-re umano tanto da avere commercio con il suo corpo”.

La Fonte di EgeriaVenerata in origine nel bosco di Aricia, Egeria aveva a

Roma un piccolo santuario nella valle delle Camene,entità divine assimilate alle Ninfe e alle Muse. A lei eradedicata una fonte che scaturiva da una grotta situata allependici del Celio, presso l’antica porta Appia (Capena)delle mura repubblicane. Secondo la leggenda questo erail luogo dei convegni notturni tra Numa e la Ninfa, chequi istruiva il re sulle pratiche del culto e lo informava sulvolere degli dei. In prossimità della fonte era stato eretto

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un sacello, che aveva le pareti esterne foderate di bronzocome il tempio di Giano Gemino del Foro Romano.Forse anche a causa del singolare rivestimento, nel IIIsecolo a.C. il sacello fu colpito da un fulmine e vennesuccessivamente trasferito nel tempio di Hercules Musa-rum al Circo Flaminio (portico di Ottavia). Nel suo trat-tato sugli acquedotti, Vitruvio afferma che la fonte Ege-ria era in assoluto una delle più pure della città, tanto chealla sorgente venivano ogni giorno le Vestali ad attingerel’acqua da utilizzare per gli usi del culto. Verso la fine del-la repubblica, nella zona furono costruiti alcuni ninfeiriccamente decorati, ma tra il I e il II secolo d.C. il luo-

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Il Tempio di Vesta al Foro Romano

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go era già notevolmente degradato (Giovenale) ed ilbosco sacro era stato dato in affitto ad una comunità diGiudei. Nonostante il continuo deperimento, il boscosacro manterrà comunque il carattere di luogo di cultofino ad epoca tarda, e il suo ricordo perdurerà per granparte del medioevo. Alla fine del XIX secolo la fonte diEgeria verrà identificata in un ninfeo monumentale a trenavate situato alle pendici del Celio, già scoperto e dise-gnato da Pirro Ligorio nel 1558.

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Mosaico con rappresentazione dei Salii

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Bronzetto votivo del VI sec. a.C. rappresentante un Augure con il lituo (daldeposito del Lapis Niger)

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Prescindendo comunque dai metodi utilizzati perottenere i propri scopi e rifondare in senso civile la cittàche Romolo aveva lasciato in preda a conflitti interni,Numa Pompilio adotta alcuni provvedimenti tendenti apacificare i cittadini e ad abituarli alla convivenza e allepratiche religiose. Come segno dei tempi nuovi, appenaassunto il potere Numa scioglie il corpo dei Celeres volu-to da Romolo come guardia personale del re, che, vista lafine che aveva poi fatto quest’ultimo, non doveva funzio-nare proprio alla perfezione.

Allo scopo di favorire la necessaria integrazione tra lediverse etnie, Numa Pompilio suddivide il popolo in baseai mestieri esercitati, assegnando ad ogni corporazioneun proprio centro di culto ed una sede per le riunioni. Aricordo della natura divina del suo predecessore, istituisceil Flamine Quirinale, cioé un sacerdote addetto al soloculto di Romolo. I Flamini erano sacerdoti preposti asingole divinità appartenenti ai primordi della religioneromana. L’etimologia del nome è incerta, è probabile cheil termine derivi da “flare” (soffiare), nel senso di alimen-tare la fiamma che ardeva sull’ara del sacrificio. Il collegioera formato da quindici membri: tre Flamini maggioriaddetti rispettivamente al culto di Giove (flamine Diale),di Marte (Marziale) e di Romolo-Quirino (Quirinale), edodici minori assegnati ad altrettante divinità secondarie.

Sempre nel campo delle riforme religiose, a NumaPompilio è attribuita l’istituzione del collegio dei Pon-tefici, il cui nome - secondo l’erudito Varrone - deriva-va dalla loro primitiva funzione di “costruttori o curato-ri del ponte” (da pontem facere), con riferimento all’anticoponte Sublicio che rappresentava il primo collegamentostabile tra le due sponde del fiume. Considerato comecosa sacra e regolato da particolari tabù, il Sublicio (di cuisi ignora, in effetti, l’epoca di costruzione) doveva essereconservato intatto ed eventualmente ricostruito secondoi principi della tecnica arcaica, che vietava in modo asso-

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luto l’utilizzo di chiodi e di altre parti metalliche. Oltre aqueste particolari funzioni, il collegio dei Pontefici -costituito all’inizio da cinque membri portati in seguitoa 16 - aveva essenzialmente il compito di conservare letradizioni religiose della città e di vigilare, in qualità diesperti, sullo svolgimento dei culti pubblici e privati.

In evidente contraddizione con il racconto della“consacrazione” del re nell’Auguraculum del Campidoglio(e anche con l’episodio dell’osservazione degli uccelli daparte di Romolo e Remo), a Numa Pompilio vieneattribuita anche l’istituzione degli Auguri, che forseall’epoca del secondo re furono soltanto organizzati incollegio e dotati di una nuova tecnica per l’interpretazio-ne dei segni celesti.

Altro importante sacerdozio tradizionalmente attri-buito a Numa, è quello delle Vestali, le sacerdotesse cheavevano il compito di custodire il fuoco sacro. Anche inquesto caso i racconti tradizionali contengono elementicontraddittori riguardo al periodo in cui fu istituito ilculto. Accanto alla versione che vorrebbe attribuire aNuma anche la paternità di questo collegio, vi è infatti ilmito relativo alla nascita prodigiosa di Romolo e Remo,figli di Marte e di Rea Silvia, vestale di Alba Longa. Pre-scindendo comunque dall’epoca della sua prima costru-zione, il tempio di Vesta rappresentava - dal punto di vistapolitico e religioso - il “focolare di stato”, cioè il luogoche riassumeva in senso simbolico tutti i focolari dome-stici, o meglio ancora i fuochi delle cosiddette “Curie”.Erano queste le più antiche suddivisioni del popoloromano (il termine veniva fatto derivare da co-viria o“riunione di uomini”) organizzate su base territoriale egentilizia, la cui istituzione, in numero di trenta, venivaattribuita tradizionalmente a Romolo. Secondo lo stori-co Dionigi, il primo re aveva diviso la popolazione in tre“tribù”: Ramnes, Tities e Luceres, che rappresentavano lediverse componenti etniche (Latini, Sabini ed Etruschi)

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che avevano contribuito a formare la prima comunitàcittadina. Ogni tribù era a sua volta divisa in dieci Curieper un totale di trenta ripartizioni minori. Durante l’e-poca regia, le Curie costituivano l’ordinamento territo-riale per eccellenza, sul quale era fondata l’organizzazio-ne militare e politica della città. Ognuna di queste circo-scrizioni doveva infatti fornire un certo numero di solda-

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Rilievo dell’Ara Pacis con figure di Flamini caratterizzati dal tipico copricapo

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ti per l’esercito (cento soldati per ogni curia), mentre lariunione di tutti gli appartenenti ai vari distretti formavaun’assemblea legislativa (Comizi Curiati) che, tra le altrecompetenze, aveva la particolare funzione di ratificarel’elezione del re. Per quanto riguarda l’aspetto stretta-mente religioso, ogni Curia venerava una propria divinitàparticolare ed aveva un proprio centro di culto e di riu-nione.

Vesta e le VestaliIl tempio di Vesta, simbolo del focolare comune del

popolo romano, sorgeva al margine meridionale del Foroa poca distanza dalla Regia, sede ufficiale del PonteficeMassimo. La tradizione attribuiva al secondo re la costru-zione del tempio che, a giudicare dai materiali rinvenutinelle fondazioni, non dovrebbe essere però anteriore allametà del VI secolo a.C. A Numa Pompilio spetterebbecomunque l’iniziale istituzione del culto in questa partedella città, come sembrano provare i frammenti ceramicidel VII secolo rinvenuti in un pozzo sacro situato in pros-simità del tempio stesso. E’ opinione comune che la for-ma circolare dell’edificio (che non era propriamente untemplum ma soltanto un’aedes perché non consacratodagli auguri) era stata ispirata dalla capanna dei primi abi-tatori dei colli vicini. L’attuale complesso, ricostruitomodernamente utilizzando alcune parti antiche, ripropo-ne l’aspetto del tempio come si presentava dopo l’ultimorestauro fatto eseguire da Giulia Domna, moglie di Setti-mio Severo, nei primi anni del III secolo d.C.

Addette ai servizi dell’Aedes Vestae erano le verginiVestali. Era questo l’unico collegio femminile della città,formato da sei sacerdotesse, il cui compito principale eradi mantenere perennemente acceso il fuoco sacro cheardeva all’interno del tempio. Scelte fra i sei e i dieci annitra le fanciulle delle migliori famiglie di Roma, le sacer-dotesse di Vesta restavano in carica trenta anni, durante i

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quali dovevano mantenersi assolutamente caste purgodendo di tutta una serie di privilegi. Le Vestali risiede-vano in una casa situata accanto al tempio, i cui resti piùantichi (caratterizzati da un diverso orientamento), siintravedono ancora al disotto delle strutture che forma-no l’attuale grandioso complesso ricostruito più voltedurante tutto il periodo imperiale.

Altri importanti sodalizi religiosi che la tradizionefaceva risalire a Numa, erano quelli dei Feziali e deiSalii (da salire: saltare, danzare), entrambi collegati con laguerra e con i riti che dovevano precedere le operazionimilitari. I Feziali, presenti anche in altre città latine, era-no i depositari delle norme sacre da osservare nei casi incui sorgevano contese con i popoli vicini. A loro era affi-dato l’incarico di richiedere soddisfazione in merito adeventuali torti subiti e, in caso di guerra, di eseguire ilsuggestivo rituale della lancia gettata nel territorio nemi-co (ager hostilis), con il quale si aprivano ufficialmente leostilità. Anche il sodalizio dei Salii, esistente in altre cittàdel Lazio (Alba, Lavinio, Tivoli), era preromano ecomunque precedente alle riforme di Numa Pompilio. Ilcollegio sacerdotale, il cui nume tutelare era Marte, eracostituito inizialmente da un sodalizio di dodici membriche aveva sede sul Palatino (Salii Palatini), a cui fuaggiunto in seguito un secondo collegio che aveva sedesul Quirinale (Salii Collini o Agonenses). I componenti diquesta singolare corporazione religiosa esercitavano leloro funzioni - consistenti essenzialmente in rumorosedanze rituali a carattere guerresco - principalmente neimesi di marzo e ottobre, cioé nei periodi dell’anno chesegnavano tradizionalmente l’inizio e la fine delle opera-zioni militari. Loro compito principale era di custodiregli “ancili”, scudi di forma bilobata forgiati ad imitazionedi un primo esemplare piovuto miracolosamente dal cie-lo tra le mani di re Numa. Al momento del prodigio, una

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Statua di una Vestale

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voce misteriosa aveva avvertito che la fortuna di Romasarebbe dipesa dalla conservazione di questo pegno divi-no. Il re aveva allora fatto forgiare dal mitico fabbroMamurio Veturio (una sorta di bronzista ante litteram)altri undici scudi identici al primo, in modo da renderedifficile un possibile furto dell’originale. Ma al di là dellaleggendaria origine del collegio, compito preciso dei“sacerdoti danzatori” era quello di percorrere periodica-mente la città allo scopo di “risvegliare le coscienze allanecessità stagionale della guerra”, funzione imprescindibilequesta, in una comunità impegnata perennemente suidue fronti della sopravvivenza e dell’espansione.

Altra importante iniziativa attribuita a Numa Pompi-lio era quella della riforma del calendario, che la tradi-zione romana voleva istituito da Romolo sulla base di unanno lunare di soli dieci mesi.

La riforma del CalendarioPrima della riforma operata da Giulio Cesare il calen-

dario romano era - come del resto quello greco - di tipoluni-solare, cioè teneva conto dei cicli del Sole e dellaLuna cercando di conciliare i due differenti sistemi. L’an-no si componeva di soli dieci mesi come possiamo capi-re dai nomi di settembre, ottobre, novembre e dicembre,che occupavano rispettivamente il settimo, ottavo, nonoe decimo posto della serie. Per realizzare la sua riformaNuma ne introdusse altri due, ponendoli all’inizio e allafine del ciclo. L’anno completo risultò così composto didodici mesi: Januarius (che prendeva nome da Giano),Martius (da Marte), Aprilis (sacro ad Apollo), Majus (sacroa Giove), Junius (da Giunone) e poi Quintilis, Sextilis, Sep-tember, October, November, December e Februarius (sacro aPlutone). A causa dell’avversione superstiziosa che gliantichi provavano per i numeri pari, i mesi del nuovocalendario erano composti da 29 o da 31 giorni, con ilsolo Februarius che ne aveva 28. In base a questa divisio-

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ne, l’anno risultava formato di soli 355 giorni; per porta-re l’anno civile al pari con quello solare, ogni due anniera necessario aggiungere un tredicesimo mese, dettoMercedonius, che contava una volta 27 giorni e un’altra28. Per complicare ancora di più le cose, nell’anno in cuisi aggiungeva il Mercedenio, al Febbraio venivano asse-gnati soltanto 23 giorni. Tutto sommato, in un quadrien-nio si contavano in complesso 1465 giorni, che davanouna media di 366 giorni e mezzo l’anno, cioè un giornoin più rispetto alla posizione reale del Sole. Probabilmen-te nel V secolo il calendario fu ancora modificato con lospostamento del Febbraio al secondo posto e con unamigliore distribuzione dei mesi Mercedoni. In seguitoalla riforma voluta da Cesare, venne adottato un calenda-rio di tipo unicamente solare, uniformato per quantopossibile al corso delle stagioni. Nel 46 a.C., anno dellariforma, vi erano comunque molti giorni di differenzatra il computo ufficiale del tempo e la reale posizione delSole: il calendario indicava infatti l’equinozio di autunnomentre in realtà si era soltanto al solstizio di estate. Per farnuovamente coincidere il calendario con le stagioni, funecessario introdurre tre mesi, sicché quell’anno risultòdi ben 444 giorni.

A Numa Pompilio veniva attribuita anche la fonda-zione della Regia, cioé della sede ufficiale del re, la cuiprima costruzione dovrebbe però risalire all’inizio del VIsecolo a.C. Recenti scavi hanno dimostrato infatti chenel periodo assegnato dalla tradizione al regno di Numa(715-672 a.C.), tra la Casa delle Vestali e il tempio delDivo Giulio - luogo dove sorge attualmente la Regia - viera un gruppo di una decina di capanne appartenenti aduno dei villaggi che circondavano la valle del Foro. Unarecente suggestiva ipotesi vorrebbe individuare in una opiù di queste arcaiche abitazioni la stessa casa del reNuma (che la tradizione poneva in questo punto della

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Ricostruzione ipotetica della forma di uno scudo dei Salii (da Pallottino)

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città), che avrebbe costituito il primo nucleo della futuraresidenza ufficiale dei re.

Nonostante l‘importanza delle numerose riformeoperate nel campo della religione, il merito maggioreche in definitiva gli storici antichi sembravano ricono-scere a Numa Pompilio, era quello dell’impegno dimo-strato nel salvaguardare la pace, che egli cercò di mante-nere durante tutta la durata del suo regno. In perfetta sin-tonia con la sua vita e con le proprie opere, e contraria-mente a quanto era accaduto al suo predecessore, NumaPompilio morì serenamente (se dobbiamo credere allefonti antiche) alla venerabile età di ottanta anni. Il giornodel funerale il feretro fu seguito da tutto il popolo, chepiangeva la morte di Numa come quella di un parenteprossimo. Per espresso desiderio del re il suo corpo nonfu cremato ma sepolto ai piedi del Gianicolo, in un luo-go sacro al dio Fontus. Accanto alla tomba fu posto uncofano di pietra contenente ventiquattro libri di caratte-re sacro e filosofico scritti dallo stesso Numa, il cui rinve-nimento - avvenuto circa quattrocento anni più tardi(181 a.C.) - darà origine ad una famosa disputa riguar-dante l’introduzione dei culti stranieri nella città.

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Forma Urbis

Affresco con calendario di età repubblicana rinvenuto ad Anzio (da Frigeri)

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