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JOB’S ACT Con questo termine (impropriamente mutuato da un’iniziativa diversa realizzata negli Stati Uniti) il Governo si riferisce alla Legge n. 183 del 10 dicembre 2014. Si tratta di una Legge Delega grazie alla quale il Governo potrà emanare successivi Decreti Legislativi in attuazione dei principi e degli indirizzi ivi contenuti, senza necessità di ulteriori approvazioni da parte della Camera e del Senato. La nuova normativa interessa diversi temi relativi al rapporto di lavoro: 1. riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali, tenuto conto delle peculiarità dei diversi settori produttivi; 2. servizi per il lavoro e le politiche attive; 3. semplificazione delle procedure e degli adempimenti; 4. riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e delle tipologie contrattuali – compresa l’istituzione del “contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti” - e razionalizzazione e semplificazione dell’attività ispettiva; 5. revisione ed aggiornamento delle misure intese a sostenere le cure parentali e a tutelare la maternità e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro; 6. revisione della disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro; 7. applicabilità dell’art. 2103 c.c. (inquadramento e mansioni del lavoratore) nei processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale; 8. introduzione del compenso minimo orario Nel mese di marzo 2015 sono stati emanati due Decreti Legislativi: il DLgs. 04.03.2015 n. 22 riferito alla indennità per disoccupazione (NASpI) e il DLgs. 04.03.2015 n. 23 riferito a contratto a tempo indeterminato e licenziamento individuale. IL CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO DOPO IL 7 MARZO 2015 Il “contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti” viene definito alla lettera c), comma 7, articolo 1 della Legge n. 183/2014: previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio, escludendo per i licenziamenti economici la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio e limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, nonché prevedendo termini certi per l’impugnazione del licenziamentoIl principio ha trovato conferma nell’art. 1 DLgs. 23/2015: Per i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il regime di tutela nel caso di licenziamento illegittimo è disciplinato dalle disposizioni di cui al presente decreto.” Come si vede, il “contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti” non è una tipologia particolare di contratto di lavoro in cui si realizza un progressivo allineamento alle norme in vigore per i precedenti lavoratori assunti a tempo indeterminato; si tratta invece di una riscrittura delle norme sui licenziamenti, che - in caso di licenziamento illegittimo - ridimensiona drasticamente l’applicazione del diritto

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JOB’S ACT

Con questo termine (impropriamente mutuato da un’iniziativa diversa realizzata negli Stati Uniti) il Governo si riferisce alla Legge n. 183 del 10 dicembre 2014. Si tratta di una Legge Delega grazie alla quale il Governo potrà emanare successivi Decreti Legislativi in attuazione dei principi e degli indirizzi ivi contenuti, senza necessità di ulteriori approvazioni da parte della Camera e del Senato. La nuova normativa interessa diversi temi relativi al rapporto di lavoro:

1. riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali, tenuto conto delle peculiarità dei diversi settori produttivi;

2. servizi per il lavoro e le politiche attive; 3. semplificazione delle procedure e degli adempimenti; 4. riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e delle tipologie contrattuali –

compresa l’istituzione del “contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti” - e razionalizzazione e semplificazione dell’attività ispettiva;

5. revisione ed aggiornamento delle misure intese a sostenere le cure parentali e a tutelare la maternità e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;

6. revisione della disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro;

7. applicabilità dell’art. 2103 c.c. (inquadramento e mansioni del lavoratore) nei processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale;

8. introduzione del compenso minimo orario Nel mese di marzo 2015 sono stati emanati due Decreti Legislativi: il DLgs. 04.03.2015 n. 22 riferito alla indennità per disoccupazione (NASpI) e il DLgs. 04.03.2015 n. 23 riferito a contratto a tempo indeterminato e licenziamento individuale. IL CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO DOPO IL 7 MARZO 2015 Il “contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti” viene definito alla lettera c), comma 7, articolo 1 della Legge n. 183/2014: “previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio, escludendo per i licenziamenti economici la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio e limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, nonché prevedendo termini certi per l’impugnazione del licenziamento” Il principio ha trovato conferma nell’art. 1 DLgs. 23/2015: “Per i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il regime di tutela nel caso di licenziamento illegittimo è disciplinato dalle disposizioni di cui al presente decreto.” Come si vede, il “contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti” non è una tipologia particolare di contratto di lavoro in cui si realizza un progressivo allineamento alle norme in vigore per i precedenti lavoratori assunti a tempo indeterminato; si tratta invece di una riscrittura delle norme sui licenziamenti, che - in caso di licenziamento illegittimo - ridimensiona drasticamente l’applicazione del diritto

alla reintegrazione (art. 18 Legge 300/1970, già limitata dalla Legge 92/2012) e riduce gli importi delle indennità risarcitorie. Le nuove norme sui licenziamenti si applicheranno a tutti i nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato che si instaureranno successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo. Ciò vale anche nei casi di conversione di contratto a termine o di apprendistato in contratto a tempo indeterminato. Attenzione però: • se un lavoratore già occupato a tempo indeterminato al momento dell’entrata in

vigore del decreto dovesse cambiare azienda, il nuovo rapporto si configurerà come “contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti” e ricadrà nell’ambito delle nuove norme.

• nel caso di superamento della soglia dei 15 dipendenti a seguito di nuove assunzioni a tempo indeterminato, i dipendenti già in forza (assunti prima dell’entrata in vigore del decreto) saranno interessati dall’applicazione delle nuove norme in materia di licenziamento.

Qualche considerazione A) Tante, troppe riforme sul mercato del lavoro e sui licenziamenti in pochi anni. Si fa fatica a seguire il legislatore:

• legge n. 183/2010 (“Collegato Lavoro”) con nuove regole in tema di impugnazione licenziamento, arbitrato e certificazione;

• legge n. 92/2012 (“riforma Fornero”) in materia di mercato del lavoro e disciplina dei licenziamenti;

• legge n. 78/2014 (“decreto Poletti”) con interventi su contratti a termine e apprendistato.

Il “contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti” completa - in peggio per i lavoratori - le innovazioni della Legge n. 92/2012: 1. già allora si era tentato di togliere la reintegra in caso di licenziamento disciplinare

ed economico illegittimo. 2. la reintegra non era più la regola, ma era possibile in alcuni casi sia per il

licenziamento disciplinare che economico. 3. dopo il decreto, non c’è mai reintegra per licenziamento economico illegittimo e

solo per insussistenza del fatto nel licenziamento disciplinare (giusta causa o giustificato motivo soggettivo) illegittimo.

B) L’espressione “tutele crescenti” è falsa La nuova disciplina, rispetto al passato, segna una decrescita delle tutele; infatti, nel nuovo regime è regola generale, nel licenziamento illegittimo disciplinare ed economico, il risarcimento in luogo della reintegra C) L’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori è una norma ad esaurimento, destinata a sparire: Prima si restringe la popolazione a cui si applica, poi tra alcuni anni il numero dei due gruppi (lavoratori con rapporto di lavoro tutelato dall’art. 18 Legge 300/1970 e lavoratori con “contratto a tutele crescenti”) comincerà ad avvicinarsi e

progressivamente si invertirà, ponendo a rischio la conservazione del diritto per la parte minoritaria. Si dirà che è un percorso lungo, ma l’esito è purtroppo scontato ! D) Le diseguaglianze aumentano Si è sostenuto da più parti che vi era l’esigenza improcrastinabile di superare il dualismo nel mercato del lavoro tra “garantiti” e “precari”, tra “giovani” e “anziani”: la soluzione introdotta va in direzione opposta per una lunga fase transitoria, in cui dovranno convivere fianco a fianco, nello stesso luogo di lavoro, due categorie di lavoratori (con tutela o senza). In prospettiva, l’uguaglianza si determina con l’eliminazione del diritto! Regime sanzionatorio in caso di licenziamento individuale per giusta causa o giustificato motivo soggettivo illegittimo (aziende + 15 dip.)

Caso Art. 18 Legge 300

dopo Legge 92/2012 (assunti entro il 6 marzo 2015)

Contratto “a tutele crescenti”

(assunti dal 7 marzo 2015) Insussistenza del fatto contestato

• reintegra • risarcimento dal

licenziamento alla reintegra max 12 mensilità

• reintegra • risarcimento dal

licenziamento alla reintegra, max 12 mensilità

Fatto punibile con sanzione conservativa per il CCNL

• reintegra • risarcimento dal

licenziamento alla reintegra, max 12 mensilità

• indennità risarcitoria pari a 2 mensilità per anno di servizio, minimo 4 max 24 mensilità

Altre ipotesi • indennità risarcitoria minimo 12, massimo 24 mensilità

• indennità risarcitoria pari a 2 mensilità per anno servizio, minimo 4 max 24 mensilità

Regime sanzionatorio in caso di licenziamento individuale per giustificato

motivo oggettivo (aziende + 15 dip.)

Caso Art. 18 Legge 300

dopo Legge 92/2012 (assunti entro il 6.03.2015)

Contratto “a tutele crescenti”

(assunti dal 7.03.2015)

Manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Il giudice può applicare la reintegra più risarcimento max 12 mensilità e pagamento contributi previdenziali e assistenziali

Risarcimento pari a 2 mensilità di retribuzione per anno di servizio, con minimo 4 e massimo 24 mensilità

Licenziamento illegittimo consistente nell’inidoneità fisica o psichica del lavoratore

Reintegra con risarcimento limitato, max 12 mensilità, e pagamento contributi previdenziali e assistenziali

Reintegra con risarcimento pieno, minimo 5 mensilità, e pagamento contributi previdenziali e assistenziali

Altre ipotesi di non Risarcimento con minimo Risarcimento pari a 2

ricorrenza degli estremi del giustificato motivo oggettivo

12 e massimo 24 mensilità mensilità per anno di servizio, con minimo di 4 e max di 24 mensilità

Violazione della procedura preventiva art. 7 legge n. 604/1966 (tentativo obbligatorio di conciliazione presso DTL)

Risarcimento con minimo 6 e massimo 12 mensilità

per gli assunti a tempo indeterminato dal 7 marzo 2015 la procedura non è più prevista

Regime sanzionatorio in caso di licenziamento collettivo illegittimo

(aziende + 15 dip.)

Caso Art. 18 Legge 300

dopo Legge 92/2012 (assunti entro il 6 marzo 2015)

Contratto “a tutele crescenti”

(assunti dal 7 marzo 2015) Violazione delle procedure richiamate dall’articolo 4 comma 12 legge n. 223/1991

Indennità risarcitoria compresa tra minimo di 12 e max 24 mensilità; Il giudice tiene conto dell’anzianità del lavoratore, del numero dei dipendenti occupati, della dimensione dell’attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti

Indennità risarcitoria pari a 2 mensilità per ogni anno di servizio, con un minimo di 4 e max 24 mensilità; Il giudice tiene esclusivamente conto dell’anzianità di servizio del lavoratore

Mancanza della forma scritta di licenziamento

Reintegra e risarcimento pieno (minimo 5 mensilità); pagamento contributi previdenziali e assistenziali

Reintegra e risarcimento pieno (minimo 5 mensilità); pagamento contributi previdenziali e assistenziali

Violazione dei criteri di scelta

Reintegra con risarcimento ridotto max 12 mensilità

Indennità risarcitoria pari a 2 mensilità per ogni anno di servizio, con minimo 4 e max 24 mensilità;

Regime sanzionatorio in caso di licenziamento illegittimo

(aziende con meno 15 dip.)

Caso (assunti entro il 6 marzo 2015) Contratto “a tutele

crescenti” (assunti dal 7 marzo 2015)

Licenziamento verbale

Reintegra con risarcimento pieno, minimo 5 mensilità

Reintegra con risarcimento pieno, minimo 5 mensilità

Licenziamento discriminatorio o nullo

Reintegra e risarcimento pieno, con minimo 5 mensilità

Reintegra e risarcimento pieno, con minimo 5 mensilità

Licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo

Riassunzione o risarcimento con minimo 2,5 e massimo 6 mensilità, tenuto conto di numero occupati, dimensione impresa, condizione delle parti, anzianità di servizio lavoratore, comportamento delle parti

Risarcimento pari ad 1 mensilità per ogni anno di servizio, minimo 2 massimo 6 mensilità

Regime sanzionatorio in caso di vizi formali e procedurali (aziende con meno 15 dip.)

Caso (assunti entro il 6 marzo 2015) Contratto “a tutele

crescenti” (assunti dal 7 marzo 2015)

violazione del requisito di motivazione del licenziamento (art. 2, comma 2, legge n. 604/1966: mancata indicazione o comunicazione dei motivi del licenziamento) violazione della procedura di licenziamento disciplinare (articolo 7, legge 300/1970: termini per difesa)

Licenziamento inefficace. Riassunzione o indennità risarcitoria con un minimo di 6 e un massimo di 12 mensilità, in caso di datori che occupano più di 15 dipendenti; con minimo 2,5 e massimo 6 mensilità, tenuto conto di numero occupati, dimensione impresa, condizione delle parti, anzianità di servizio lavoratore, comportamento delle parti in caso di datori che occupano meno di 16 dipendenti

indennità risarcitoria pari a 1 mensilità per anno di servizio, con un minimo di 2 e un massimo di 12 mensilità, in caso di datori che occupano più di 15 dipendenti; indennità risarcitoria pari a ½ mensilità per ogni anno di servizio, con un minimo di 1 ed un massimo di 6 mensilità, in caso di datori che occupano meno di 16 dipendenti.

IL SUSSIDIO IN CASO DI DISOCCUPAZIONE dopo il 7 marzo 2015

Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI)

Argomento Disciplina CAMPO DI APPLICAZIONE È istituita a decorrere dal 1° maggio 2015 e

sostituisce l’ASpi e la mini-ASpi DESTINATARI Lavoratori subordinati in stato di disoccupazione

involontaria, anche in caso di dimissioni per giusta causa e di risoluzione consensuale intervenuta in sede conciliativa ai sensi dell’art.7 della l. 604/1966.

REQUISITI a) Stato di disoccupazione; b) 13 settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione; c) 30 giorni di lavoro effettivo nei dodici mesi precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.

CALCOLO E MISURA La NASpI è rapportata alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi 4 anni divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per 4,33. Nei casi in cui la retribuzione mensile sia pari o inferiore a 1.195 euro, rivalutato annualmente, la NASpI è pari al 75% della retribuzione mensile. L’eventuale differenza in eccesso tra la retribuzione mensile e la soglia di 1.195 euro entra nel calcolo della NASpI in misura pari al 25%.

Non può in ogni caso per il 2015 superare l’importo mensile massimo di 1.300 euro, rivalutato annualmente in base l’IPC. La NASpI si riduce del 3% ogni mese a decorrere dal primo giorno del quarto mese di fruizione.

DURATA La NASpI è corrisposta per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni. Ai fini del calcolo della durata non sono computati i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione delle prestazioni di disoccupazione. A partire dal 1° gennaio 2017, la NASpI è corrisposta per un massimo di 78 settimane (18 mesi).

DOMANDA E DECORRENZA La domanda di NASpI è presentata all’INPS in via telematica, entro il termine di decadenza di 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro. Spetta a decorrere dall’ottavo giorno successivo alla cessazione o, qualora la domanda sia presentata successivamente a tale data, dal primo giorno successivo alla data di presentazione della domanda.

CONDIZIONI Regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa nonché ai percorsi di riqualificazione professionale proposti dai servizi competenti. Ulteriori condizioni saranno fissate da un decreto ministeriale entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo (7 marzo 2015).

INCENTIVO ALL’AUTOIMPRENDITORIALITÀ

Il lavoratore avente diritto alla corresponsione della NASpI può richiedere la liquidazione anticipata dell’importo complessivo del trattamento che gli spetta e che non gli è stato ancora erogato, a titolo di incentivo all’avvio di una attività lavorativa autonoma o di impresa individuale, o per la sottoscrizione di una quota del capitale sociale di una cooperativa. Il lavoratore è tenuto a presentare all’INPS, a pena di decadenza, domanda di anticipazione in via telematica entro 30 giorni dalla data di inizio dell’attività lavorativa autonoma, dell’impresa individuale, o di sottoscrizione del capitale sociale della cooperativa. Il lavoratore che instaura un rapporto di lavoro subordinato prima della scadenza del periodo per cui è riconosciuta la liquidazione anticipata della NASpI è tenuto a restituire per intero l’anticipo.

COMPATIBILITÀ CON LAVORO AUTONOMO E SUBORDINATO

Il lavoratore che durante il periodo in cui percepisce la NASpI intraprenda un’attività lavorativa autonoma o d’impresa, ovvero instauri un rapporto di lavoro subordinato il cui reddito annuale sia superiore al reddito minimo escluso da imposizione fiscale (rispettivamente 4.800 e 8.000 euro), decade dalla prestazione.

Qualora invece i redditi percepiti rimangano al di sotto delle predette soglie, i lavoratori devono darne comunicazione all’INPS entro 30 giorni dall’inizio dell’attività e la NASpI è ridotta di un importo pari all’80% del reddito previsto. Nel caso in cui la durata del rapporto di lavoro subordinato sia inferiore a 6 mesi, la prestazione della NASpI è sospesa d’ufficio per la durata del rapporto di lavoro

CAUSE DI DECADENZA a) Perdita dello stato di disoccupazione; b) Inizio di un’attività lavorativa subordinata, autonoma, o di impresa senza provvedere alle comunicazioni; c) Raggiungimento dei requisiti per il pensionamento; d) Acquisizione del diritto all’assegno ordinario di invalidità, salvo il diritto del lavoratore di optare per la NASpI.

CONTRIBUZIONE FIGURATIVA La contribuzione figurativa è rapportata alla retribuzione di riferimento ai fini del calcolo della NASpI, entro un limite di retribuzione pari a 1,4 volte l’importo massimo mensile della NASpI

Indennità disoccupazione per lavoratori con rapporto di collaborazione (DIS-COLL)

Argomento Disciplina CAMPO DI APPLICAZIONE È istituita a decorrere dal 1° gennaio 2015 e sino al

31 dicembre 2015. DESTINATARI Collaboratori coordinati e continuativi, anche a

progetto, con esclusione degli amministratori e dei sindaci, involontariamente disoccupati, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, non pensionati e privi di partita IVA.

REQUISITI a) stato di disoccupazione; b) 3 mesi di contribuzione nel periodo che va dal 1° gennaio dell’anno solare precedente l’evento di cessazione del lavoro al predetto evento; c) 1 mese di contribuzione nell’anno solare in cui si verifica l’evento, oppure un rapporto di collaborazione di durata pari ad almeno un mese e che abbia dato luogo ad un reddito almeno pari alla metà dell’importo che da diritto all’accredito di un mese di contribuzione.

CALCOLO E MISURA La DIS-COLL è rapportata alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali relativa all’anno in cui si è verificato l’evento divisa per il numero di mesi di contribuzione o frazione di essi. Nei casi in cui la retribuzione mensile sia pari o inferiore a 1.195 euro, rivalutato annualmente in base all’IPC, la DIS-COLL è pari al 75% della retribuzione mensile. L’eventuale differenza in

eccesso tra la retribuzione mensile e la soglia di 1.195 euro entra nel calcolo della DIS-COLL in misura pari al 25%. Non può in ogni caso per il 2015 superare l’importo mensile massimo di 1.300 euro, rivalutato annualmente in base all’IPC. La DIS-COLL si riduce del 3% ogni mese a decorrere dal primo giorno del quarto mese di fruizione.

DURATA La DIS-COLL è corrisposta per un numero di mesi pari alla metà dei mesi di contribuzione accreditati nel periodo che va dal 1° gennaio dell’anno solare precedente l’evento di cessazione del lavoro al predetto evento. Ai fini del calcolo della durata non sono computati i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione delle prestazioni di disoccupazione. La DIS-COLL non può in ogni caso superare la durata massima di 6 mesi.

DOMANDA E DECORRENZA La domanda per la DIS-COLL è presentata all’INPS in via telematica, entro il termine di decadenza di 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro. Spetta a decorrere dall’ottavo giorno successivo alla cessazione o, qualora la domanda sia presentata successivamente a tale data, dal primo giorno successivo alla data di presentazione della domanda.

CONDIZIONI Regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa nonché ai percorsi di riqualificazione professionale proposti dai servizi competenti.

CONDIZIONI COMPATIBILITÀ CON LAVORO AUTONOMO E SUBORDINATO

Il lavoratore che durante il periodo in cui percepisce la DIS-COLL intraprenda un’attività lavorativa autonoma o d’impresa dalla quale derivi un reddito annuale superiore al reddito minimo escluso da imposizione fiscale (4.800 euro), ovvero instauri un rapporto di lavoro subordinato della durata superiore ai 5 giorni, decade dalla prestazione. Qualora invece i redditi d’impresa o di lavoro autonomo rimangano al di sotto della predetta soglia, i lavoratori devono darne comunicazione all’INPS entro 30 giorni dall’inizio dell’attività e la DIS-COLL è ridotta di un importo pari all’80% del reddito previsto. N.B. Nel caso in cui la durata del rapporto di lavoro subordinato sia inferiore a 6 giorni, la prestazione della DIS-COLL è sospesa d’ufficio per la durata del rapporto di lavoro.

CONTRIBUZIONE FIGURATIVA Per i periodi di fruizione della DIS-COLL non sono riconosciuti i contributi figurativi.

Assegno di disoccupazione (ASDI)

Argomento Disciplina CAMPO DI APPLICAZIONE Istituito a decorrere dal 1° maggio 2015 in via

sperimentale per l’anno 2015. DESTINATARI Lavoratori che hanno usufruito della NASpI per

l’intera sua durata entro il 31 dicembre 2015, siano privi di occupazione e si trovino in una situazione economica di bisogno.

CALCOLO E MISURA L’ASDI è erogato mensilmente ed è pari al 75% dell’ultima indennità NASpI percepita e, comunque, in misura non superiore all’ammontare dell’assegno sociale (5.830,76 euro nel 2015).

DURATA Massimo 6 mesi. CONDIZIONI La corresponsione dell’ASDI è condizionata

all’adesione ad un progetto personalizzato redatto dai competenti servizi per l’impiego, contenente specifici impegni in termini di ricerca attiva di lavoro, disponibilità a partecipare ad iniziative di orientamento e formazione, accettazione di adeguate proposte di lavoro. Con decreto interministeriale da emanare entro 90 giorni saranno definiti: a) La situazione economica di bisogno del nucleo familiare, valutata in applicazione dell’ISEE: b) L’individuazione di criteri di priorità nell’accesso in caso di risorse insufficienti; c) Gli incrementi dell’ASDI per carichi familiari del lavoratore, nel limite di un importo massimo; d) I limiti e i criteri di cumulabilità dei redditi da lavoro conseguiti nel periodo di fruizione dell’ASDI; e) Le caratteristiche del progetto personalizzato; f) I controlli per evitare la fruizione indebita della prestazione.

ASpI e NASpI a confronto

Argomento ASpI NASpI

REQUISITI ASpI:

a) 2 anni di anzianità assicurativa; b) 1 anno di contribuzione contro la disoccupazione nel biennio precedente Mini ASpI: a) Almeno 13 settimane di contribuzione nei 12 mesi

a) 13 settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione; b) 30 giorni di lavoro effettivo nei dodici mesi precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.

precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.

CALCOLO E MISURA L’importo della prestazione è pari al 75% della retribuzione media mensile imponibile ai fini previdenziali degli ultimi due anni fino ad un importo pari a 1.192,98 euro (per l’anno 2014) più il 25% della differenza tra la retribuzione media mensile imponibile e 1.192,98 euro, se la retribuzione di riferimento è superiore al suddetto importo. L’importo mensile della prestazione è abbattuto del 15% dopo i primi 6 mesi di fruizione e di un ulteriore 15% dopo 12 mesi di fruizione. L’importo mensile non può comunque superare il limite massimo individuato annualmente dalla legge (nel 2014 1.165,58 euro)

L’importo della prestazione è pari al 75% della retribuzione media mensile imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni fino ad importo pari ad euro 1.195, rivalutato annualmente, più il 25% della differenza tra la retribuzione media mensile imponibile ed euro 1.195, se la retribuzione di riferimento è superiore al suddetto importo. La NASpI si riduce del 3% ogni mese a decorrere dal primo giorno del quarto mese di fruizione. Non può in ogni caso per il 2015 superare l’importo mensile massimo di 1.300 euro, rivalutato annualmente.

DURATA a) Lavoratori di età superiore a 55 anni: 18 mesi; b) Lavoratori di età inferiore a 55 anni: 12 mesi. Nei limiti delle settimane di contribuzione negli ultimi due anni.

La NASpI è corrisposta per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni. A partire dal 1° gennaio 2017, la NASpI è corrisposta per un massimo di 78 settimane (18 mesi)

In data 15 giugno 2015 il Governo ha emanato altri due decreti legislativi in applicazione della Legge n. 183 del 10 dicembre 2014. Si tratta del DLgs. n. 80 in tema di “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro” e del DLgs. n. 81 per la “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni”. Congedi parentali Fra le misure di maggior impatto che rilevano nell’analisi del DLgs. n. 80/2015 vi sono quelle che attengono alla estensione dei diritti nella fruizione dei congedi parentali. In particolare, nell’art. 7, comma 1, lettera a), del decreto si modifica l’art. 32 del D.Lgs. n. 151/2001 per ampliare ai primi 12 anni di vita del bambino (anziché ai primi 8 anni) il periodo nel quale il genitore lavoratore può fruire del congedo parentale. L’art. 9 del DLgs. n. 80/2015 (modificando l’art. 34 del DLgs. n. 151/2001) eleva conseguentemente ai primi 6 anni di vita del bambino (anziché ai primi 3 anni) il limite entro il quale il congedo parentale dà diritto a una indennità pari al 30% della retribuzione, nonché sposta fino all’ottavo anno di vita del bambino la fruizione dell’indennità in caso di redditività individuale minima.

Di particolare rilievo l’art. 7, comma 1, lettera b), del DLgs. n. 80/2015 che conferma la possibilità di fruizione del congedo parentale su base oraria, rinviando la disciplina concreta alla contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, ma prevedendo che, in assenza di determinazioni contrattuali collettive, ogni genitore lavoratore può scegliere la fruizione su base oraria, in misura non superiore alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga che ha preceduto immediatamente quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. La lettera c) dello stesso art. 7 del DLgs. n. 80/2015 riduce a 5 giorni (dagli attuali 15) il periodo minimo di preavviso per fruire del congedo parentale; per il congedo su base oraria il termine minimo di preavviso è fissato in 2 giorni. Con l’art. 8 il decreto estende ai primi 12 anni di vita del bambino (dagli attuali 8 anni) il periodo entro cui può essere esercitato, da uno dei genitori lavoratori, il diritto al prolungamento del congedo parentale, per il caso in cui il minore presenti una situazione di handicap grave (modificando l’art. 33 del DLgs. n. 151/2001). L’art. 10 del DLgs. n. 80/2015, modificando l’art. 36 del DLgs. n. 151/2001, con riferimento all’ingresso del minore in famiglia in caso di adozione e di affidamento, estende le medesime tutele ai genitori adottivi o affidatari, ampliando ai primi 12 anni dall’ingresso del minore in famiglia (anziché ai primi 8 anni) il periodo nel quale il genitore lavoratore può fruire del congedo parentale (qualunque sia l’età del minore, ma comunque fino al raggiungimento della maggiore età) ed estendendo il periodo massimo per fruire dell’indennità relativa entro i primi 6 anni dall’ingresso del minore in famiglia (anziché i primi 3 anni). Lavoro notturno Introdotto il diritto per i genitori affidatari di non effettuare lavoro notturno nei primi tre anni dall’ingresso del minore in famiglia (ma comunque entro il dodicesimo anno di età). Telelavoro I lavoratori ammessi al telelavoro in virtù di accordi collettivi finalizzati alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l'applicazione di particolari normative e istituti. Donne vittime di violenza di genere L’art. 24 del decreto introduce nuovi congedi per le lavoratrici inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere: si tratta del diritto, per motivi connessi allo svolgimento del percorso di protezione, di astenersi dal lavoro per un periodo massimo di 3 mesi interamente retribuiti, fruibili su base oraria o giornaliera analogamente ai congedi parentali, dandone comunicazione con almeno 7 giorni di anticipo. Le lavoratrici possono altresì trasformare il loro rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale (verticale od orizzontale), ove disponibile. Il rapporto di lavoro a tempo parziale dovrà essere poi nuovamente trasformato, su richiesta della donna, in rapporto di lavoro a tempo pieno. La “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni” contiene la rivisitazione del DLgs. 276/2003 (così di fatto “svuotato”) e la riformulazione dell’art. 2103 del Codice Civile in materia di mansioni e inquadramento professionale. Le attese, alimentate dalla intensa comunicazione mediatica, avevano ingenerato ben altre speranze, soprattutto dopo il peggioramento introdotto nella disciplina del

licenziamento individuale; invece, le agevolazioni per l’assunzione a tempo indeterminato e il superamento dell’art. 18 Legge 30071970 sono controbilanciate da una modestissima riforma delle tipologie cd. precarie.

Disciplina delle mansioni

Modificando l’art. 2103 del Codice Civile, si dispone la possibilità per il datore di lavoro - “in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del lavoratore” - di assegnare il lavoratore a mansioni del livello di inquadramento inferiore. Nei predetti casi il lavoratore ha diritto alla conservazione del livello di inquadramento e della retribuzione originari, con l’eccezione degli elementi salariali legati a peculiarità della precedente prestazione lavorativa. Riconosciuta legittimità agli “accordi di demansionamento” in sede conciliativa. Quanto, invece, all’assegnazione a mansioni superiori, viene aumentato a sei mesi il termine oltre il quale si matura il diritto al superiore inquadramento.

Tipologia contrattuale Disciplina

Collaborazioni coordinate e continuative

Dal 1.01.2016 i rapporti di collaborazione - quando si realizzino “in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro” - sono aboliti. Fanno eccezione: a) le collaborazioni per le quali gli accordi collettivi prevedono discipline specifiche del trattamento economico e normativo, per particolari esigenze produttive ed organizzative del settore; b) le collaborazioni dei professionisti iscritti ad Albi; c) quelle dei componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni; d) le collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I.

Part Time

Con l’abrogazione del Decreto Legislativo n. 61/2000, viene riscritta la normativa relativa al lavoro a tempo parziale. Tra le diverse novità, alcune costituiscono un arretramento delle condizioni di questa tipologia di impiego. Il contratto va sempre stipulato in forma scritta e deve contenere “puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale

dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno”. Ma, se l’organizzazione lavorativa è articolata in turni, tali indicazioni possono essere effettuate per rinvio a turni programmati su fasce orarie prestabilite. La flessibilità nell’orario di lavoro viene confermata con l’istituto della clausola elastica, che ricomprende ora sia la modifica della collocazione temporale che lo svolgimento di prestazioni aggiuntive. Le due forme di variazione possono riguardare tutte le tipologie di part time. In tema di lavoro supplementare, il datore di lavoro conserva la facoltà di richiederne l’effettuazione; si aggiunge la quantificazione, fissata nella misura del 25% dell’orario contrattuale. Il lavoratore può rifiutare lo svolgimento del lavoro supplementare ove giustificato da comprovate esigenze di salute, familiari o di formazione professionale. Anche la retribuzione del lavoro supplementare arretra: viene indicata la maggiorazione del 15%, comprensiva dell’incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti. Una quantificazione in netta contraddizione con il reale valore delle incidenze, riconosciuto con vertenze e orientamento consolidato della giurisprudenza fin dagli anni ’90 ! Il decreto persiste nel disinteresse verso la trasformazione a tempo pieno che, dopo essere stata derubricata a clausola eventuale del contratto individuale, ora non è nemmeno menzionata. Analogamente, per il principio di consolidamento delle ore supplementari svolte con carattere di continuità. L’attenzione è rivolta all’ipotesi inversa: i lavoratori affetti da patologie oncologiche o da gravi patologie cronico-degenerative hanno diritto alla trasformazione del rapporto in part time. E’ riconosciuta una priorità anche: 1) nei casi delle predette patologie riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore, o nel caso di fruizione della L. 104/92; 2) in caso di richiesta del lavoratore, con figlio convivente di età non superiore a tredici anni o con figlio convivente portatore di handicap.

Lavoro intermittente

Rimane in vita il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo. Questo contratto può essere stipulato con soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, e

con più di 55 anni. Nei periodi in cui non è utilizzato, il lavoratore non matura alcun trattamento, salvo che abbia garantito la propria disponibilità a rispondere alle chiamate, nel qual caso gli spetta l’indennità di disponibilità.

Lavoro ripartito (Job sharing)

Abrogata questa tipologia di rapporto di lavoro, peraltro di tipo stabile e, comunque, poco utilizzata.

Lavoro a tempo determinato

Dopo le pesanti modifiche già apportate dalle Leggi 92/2012 e 78/2014, il decreto conferma l’attuale liberalizzazione del ricorso al contratto a tempo determinato. Il contratto di lavoro subordinato a termine non può avere durata superiore a tre anni; può essere prorogato solo entro il limite complessivo e, comunque, per non più di cinque volte. Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi non possono essere assunti lavoratori a termine in misura superiore al 20% del dipendenti a tempo indeterminato. L’impugnazione del contratto a termine deve avvenire entro 120 giorni dalla cessazione. In caso di sua trasformazione a tempo indeterminato, il giudice condanna il datore di lavoro stabilendo un’indennità onnicomprensiva tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità. L’indennità ristora per intero il pregiudizio subito per il periodo tra la scadenza del termine e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro.

Somministrazione di lavoro

Anche la disciplina del contratto di somministrazione di lavoro resta sostanzialmente invariata. Viene però superata l’indicazione delle attività per le quali è ammesso il ricorso alla somministrazione a tempo indeterminato e sostituita con un limite quantitativo pari al 20% (!). La somministrazione di lavoro a termine è utilizzata nei limiti quantitativi individuati dai contratti collettivi applicati dall’utilizzatore. Colpisce l’eliminazione del diritto di informazione alle Rappresentanze Sindacali nell’immediatezza del ricorso al contratto di somministrazione.

Apprendistato

L'apprendistato è un contratto a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani. La disciplina, pur con l’abrogazione del DLgs. 167/2011, non subisce modifiche sostanziali. Per i soli datori di lavoro che occupano almeno cinquanta dipendenti, l'assunzione con contratto di apprendistato professionalizzante è subordinata alla

prosecuzione, a tempo indeterminato, del rapporto al termine dell’apprendistato, nei tre anni precedenti la nuova assunzione, di almeno il 20% degli apprendisti dello stesso datore di lavoro. Possono essere assunti con contratto di apprendistato professionalizzante, i soggetti di età tra i 18 e i 29 anni. Per i datori di lavoro che svolgono la propria attività in cicli stagionali, i CCNL possono prevedere specifiche modalità di svolgimento del contratto di apprendistato, anche a termine.

Lavoro accessorio

Purtroppo, anche in questo caso, il decreto produce un arretramento per una forma di impiego che avrebbe meritato la semplice abolizione. Invece, ne viene ampliato il limite: si intendono attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro annui (era 5.000 euro); fermo restando questo limite complessivo, le attività lavorative possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro (elevato a 3.000 euro annui per i percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito). I compensi percepiti dal lavoratore sono computati ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno. Due elementi positivi di novità sono rappresentati dal divieto di ricorso a prestazioni di lavoro accessorio nell’ambito della esecuzione di appalti di opere o servizi e dall’obbligo di comunicazione alla DTL, prima dell’inizio della prestazione, dei dati del lavoratore e del luogo della prestazione.

Superamento co.co.pro e contratto di associazione in partecipazione con apporto di lavoro.

Finalmente arriva il superamento dei co.co.pro. e del contratto di associazione in partecipazione con apporto di lavoro. Nel primo caso, pur non essendo concettualmente sbagliata, la tipologia di impiego paga il pegno derivante dagli abusi reiterati commessi in questi anni.

A settembre il Governo ha concluso l’emanazione dei decreti attuativi della Legge Delega n. 183 del 10 dicembre 2014: il Job’s Act è ora compiutamente realizzato. i quattro Decreti Legislativi pubblicati il 23 settembre 2015 riguardano:

• DLgs. 14.09.2015 n. 148 - Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro

• DLgs. 14.09.2015 n. 149 - Disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell'attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale

• DLgs. 14.09.2015 n. 150 - Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive

• DLgs. 14.09.2015 n. 151 - Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità.

La riforma degli ammortizzatori sociali si caratterizza per la rivisitazione completa dei trattamenti di integrazione salariale e per la conferma (con modifiche rispetto alla Legge n. 92/2012) della compartecipazione attraverso i Fondi di Solidarietà Bilaterali. Integrazioni salariali Viene prevista una revisione della durata massima complessiva delle integrazioni salariali: per ciascuna unità produttiva, il trattamento ordinario e quello straordinario non possono superare la durata massima complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile. Utilizzando la CIGS per causale contratto di solidarietà, tale limite complessivo può essere portato a 36 mesi nel quinquennio mobile, perché la durata dei contratti di solidarietà viene computata nella misura della metà per la parte non eccedente i 24 mesi e per intero per la parte eccedente. Esempi: • 12 mesi di CIGO + 12 mesi di CIGS (es. riorganizzazione) = 24 mesi

• 12 mesi di CIGO + 24 mesi di CDS = 36 mesi

• 12 mesi di CIGS (es. crisi) + 24 mesi di CDS = 36 mesi

• 12 mesi di CIGO +12 mesi di CDS = possibili altri 6 mesi di CIGO/ CIGS oppure altri 12 mesi di CDS

Il decreto prevede un meccanismo di compartecipazione generale e specifico delle imprese: viene infatti introdotto un contributo addizionale del 9% della retribuzione persa sino a un anno di utilizzo nel quinquennio mobile; del 12% sino a due anni e del 15% sino a tre. A fronte di questo incremento progressivo del contributo addizionale, viene introdotta per l’integrazione salariale ordinaria una riduzione generalizzata del 10% sul contributo ordinario pagato su ogni lavoratore (l’integrazione salariale straordinaria è a carico della fiscalità generale). L’aliquota del contributo ordinario pagato da tutte le imprese indipendentemente dall’utilizzo dell’integrazione passa quindi dall'1,90% all'1,70% della retribuzione per le imprese fino a 50 dipendenti; dal 2,20% al 2% per quelle sopra i 50. Viene previsto, sia per l’integrazione salariale ordinaria che per quella straordinaria, il divieto della sospensione/riduzione a zero ore per tutto il personale per tutto il periodo. Tale divieto, che per l’integrazione salariale straordinaria non si applica per i primi 24 mesi dall’entrata in vigore del decreto, serve anche a favorire la rotazione nella fruizione del trattamento di integrazione salariale, nonché il ricorso alla riduzione dell’orario di lavoro rispetto alla sospensione. Per l’integrazione salariale straordinaria, il decreto razionalizza la disciplina delle causali di concessione del trattamento. L’intervento può essere concesso per una delle seguenti tre causali:

1. riorganizzazione aziendale (che riassorbe le attuali causali di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale), nel limite di 24 mesi in un quinquennio mobile;

2. crisi aziendale, nel limite di 12 mesi, anche continuativi. Una nuova autorizzazione non può essere concessa prima che sia decorso un periodo pari a due terzi di quello relativo alla precedente autorizzazione. A decorrere dal 1° gennaio 2016, non può più essere concessa la CIGS nei casi di cessazione dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa.

3. contratto di solidarietà, sino a 24 mesi in un quinquennio mobile, che possono diventare 36 se l’impresa non utilizza CIGO o altre causali di CIGS nel quinquennio. Gli attuali contratti di solidarietà di tipo “A”, previsti per le imprese rientranti nell’ambito di applicazione della CIGS, diventano quindi una causale di quest’ultima e ne mutuano integralmente le regole in termini di misura della prestazione e di contribuzione addizionale. La riduzione media oraria non può essere superiore al 60 per cento dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati al contratto di solidarietà. Viene inoltre previsto, a tutela del lavoratore, che per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro non può essere superiore al 70 per cento nell’arco dell’intero periodo per il quale il contratto di solidarietà è stipulato.

Infine, il decreto introduce meccanismi di attivazione condizionalità delle prestazioni per i beneficiari di integrazioni salariali: i lavoratori per i quali è programmata una sospensione o riduzione superiore al 50% dell’orario di lavoro nell’arco di un anno sono convocati dai centri per l’impiego per la stipula di un patto di servizio personalizzato. Questo patto di servizio, come previsto dal decreto sulle politiche attive, è volto a fornire iniziative di formazione e riqualificazione, anche in concorso con le imprese e i fondi interprofessionali. Transizione Le nuove regole si applicano solo ai trattamenti richiesti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto. Ai trattamenti pregressi si applicano le norme previgenti, e le loro durate si computano ai fini del limite massimo di durata complessiva nel quinquennio mobile solo per il periodo successivo alla data di entrata in vigore del decreto. In altri termini, nel nuovo quinquennio mobile non si computano i periodi fruiti in passato: si riparte da zero. Disposizioni in materia di fondi di solidarietà bilaterali I principali interventi riguardano: a) l’obbligo di estendere entro il 31 dicembre 2015 i fondi di solidarietà bilaterali per

tutti i settori che non rientrano nell’ambito di applicazione delle integrazioni salariali ordinarie o straordinarie, in relazione ai datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 dipendenti (attualmente l’obbligo è previsto in relazione ai datori di lavoro che occupano mediamente più di 15 dipendenti);

b) la previsione che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, il fondo di solidarietà residuale (ossia il fondo che opera per tutti i settori i quali, oltre a non rientrare nell’ambito di applicazione delle integrazioni salariali ordinarie o straordinarie, non abbiano costituito fondi di solidarietà bilaterali) assume la denominazione di Fondo di Integrazione Salariale ed è soggetto a una nuova disciplina.

Gli aspetti salienti di tale nuova disciplina sono i seguenti: • rientrano nell’ambito di applicazione del Fondo di integrazione Salariale i datori di

lavoro che occupano mediamente più di 5 dipendenti (attualmente, invece,

rientrano nell’ambito di applicazione del fondo di solidarietà residuale i datori di lavoro che occupano mediamente più di 15 dipendenti), a fronte del pagamento di un’aliquota dello 0,45% della retribuzione a partire dal 2016 (per le imprese oltre i 15 dipendenti, l’aliquota sarà dello 0,65%).

• il Fondo di Integrazione Salariale garantisce, a decorrere dal 1° gennaio 2016, l’erogazione di una nuova prestazione (assegno di solidarietà). Si tratta di una integrazione salariale corrisposta - per un periodo massimo di 12 mesi in un biennio mobile - ai dipendenti di datori di lavoro che stipulano con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative accordi collettivi aziendali che stabiliscono una riduzione dell’orario di lavoro, al fine di evitare o ridurre le eccedenze di personale o di evitare licenziamenti plurimi individuali per giustificato motivo oggettivo: tale nuova prestazione sostituisce i contratti di solidarietà di tipo “B”. I datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 e fino a 15 dipendenti possono richiedere l’assegno di solidarietà per gli eventi di sospensione o riduzione di lavoro verificatisi a decorrere dal 1° luglio 2016;

• nel caso di lavoratori che occupano mediamente più di 15 dipendenti, il Fondo di Integrazione Salariale garantisce l’ulteriore prestazione consistente nell’assegno ordinario, per una durata massima di 26 settimane in un biennio mobile, in relazione alle causali di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa previste dalla normativa in materia di integrazioni salariali ordinarie (ad esclusione delle intemperie stagionali) e straordinarie (limitatamente alle causali per riorganizzazione e crisi aziendale).

c) revisione della disciplina dell’assegno ordinario corrisposto dai fondi di solidarietà

bilaterali: i fondi (diversi dal fondo di integrazione salariale) stabiliscono la durata massima della prestazione, non inferiore a 13 settimane in un biennio mobile e non superiore, a seconda della casuale invocata, alle durate massime previste per la integrazione salariale ordinaria o straordinaria.

Viene inserita la disciplina della solidarietà espansiva, istituto introdotto dalla Legge n. 863/1984 e mai concretamente utilizzato.

DLgs. 14.09.2015 n. 149 Disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell'attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale. Al fine di razionalizzare e semplificare l’attività ispettiva, si prevede l’istituzione dell’Ispettorato nazionale del lavoro. L’Ispettorato ha autonomi poteri per la determinazione delle norme concernenti la propria organizzazione ed il proprio funzionamento. La principale funzione dell’Ispettorato nazionale, risiede nel coordinamento, sulla base di direttive emanate dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, della vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria. A tal fine, l’Ispettorato definisce tutta la programmazione ispettiva e le specifiche modalità di accertamento e detta le linee di condotta e le direttive di carattere operativo per tutto il personale ispettivo (compreso quello in forza presso INPS e INAIL). In supporto alla programmazione dell’attività di vigilanza svolta dall’Ispettorato, si prevede l’obbligo per l’INPS, l’INAIL e l’Agenzia delle entrate di mettere a disposizione

dell’Ispettorato, anche attraverso l’accesso a specifici archivi informatici, dati e informazioni, sia in forma analitica che aggregata.

Ulteriori disposizioni sono finalizzate alla semplificazione normativa in materia di ricorsi amministrativi e giudiziari riguardanti gli atti degli organi ispettivi.

DLgs. 14.09.2015 n. 150 Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive Viene istituita una Rete Nazionale dei servizi per le politiche del lavoro, coordinata dalla nuova Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL). Il Ministero del lavoro fisserà linee di indirizzo triennali ed obiettivi annuali in materia di politiche attive e definirà i livelli minimi che le prestazioni devono avere su tutto il territorio nazionale. Il Ministero del lavoro controllerà quindi il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni su tutto il territorio nazionale e monitorerà le politiche occupazionali. Sarà istituito un Albo nazionale dei soggetti accreditati a svolgere funzioni in materia di politiche attive del lavoro, un Sistema informativo delle politiche del lavoro e il fascicolo elettronico del lavoratore. Ci sarà anche un Albo nazionale degli enti accreditati a svolgere attività di formazione professionale. ANPAL eserciterà la vigilanza sui Fondi interprofessionali e bilaterali che faranno anch’essi parte della Rete. In vista di un più efficace inserimento e reinserimento nel mercato del lavoro si prevede che il Ministero del lavoro stipuli con ogni regione e con le province autonome una convenzione per la gestione dei servizi, prevedendo, in via transitoria, che i compiti, le funzioni e gli obblighi in materia di politiche attive del lavoro siano attribuiti a soggetti pubblici o privati accreditati, anche al fine di svolgere, nei confronti dei disoccupati e dei soggetti a rischio di disoccupazione, attività di orientamento, ausilio, avviamento alla formazione e accompagnamento al lavoro. Viene definito lo stato di lavoratore disoccupato, di lavoratore dipendente che subisce una riduzione di orario (in seguito all’attivazione di una procedura di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa per integrazione salariale, contratto di solidarietà o interventi dei fondi di solidarietà) e di lavoratore a rischio di disoccupazione. Gli appartenenti a queste categorie saranno convocati dai Centri per l’impiego per la stipula di un Patto di servizio personalizzato. Il Patto dovrà inoltre riportare la disponibilità del richiedente a partecipare a iniziative di carattere formativo, di riqualificazione o di politica attiva e ad accettare congrue offerte di lavoro. I beneficiari di prestazioni di sostegno al reddito che, senza giustificato motivo, non partecipano alle iniziative finalizzate a conseguirne l’inserimento o reinserimento nel mondo del lavoro saranno soggetti a sanzioni che vanno dalla decurtazione, alla sospensione o decadenza dalle prestazioni. Si prevede inoltre un Assegno di ricollocazione, a favore dei soggetti disoccupati, percettori della nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego (NASpi), la cui disoccupazione ecceda i quattro mesi. La somma, graduata in funzione del profilo di occupabilità, sarà spendibile presso i Centri per l’impiego o presso i soggetti

accreditati a svolgere funzioni e compiti in materia di politiche attive del lavoro. L’assegno non costituirà reddito imponibile. I lavoratori titolari di strumenti di sostegno del reddito potranno essere chiamati a svolgere attività di servizio nei confronti della collettività nel territorio del Comune di residenza. L'utilizzo dei lavoratori in tali attività non determinerà l'instaurazione di un rapporto di lavoro. A questi lavoratori spetterà un importo mensile, pari all’assegno sociale, erogato dall’INPS. Si riordina infine la normativa in materia di incentivi all’occupazione.

DLgs. 14.09.2015 n. 151 Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità. 1) Semplificazioni di procedure e adempimenti

a) Razionalizzazione e semplificazione dell’inserimento delle persone con disabilità. Le linee caratterizzanti l’intervento riguardano: - la possibilità per i datori di lavoro privati di assumere i lavoratori con disabilità

mediante la richiesta nominativa, ma non di effettuare l’assunzione diretta (potranno essere assunti solo disabili inseriti nelle apposite liste). Viene altresì introdotta la possibilità di computare nella quota di riserva i lavoratori disabili che abbiano una riduzione della capacità lavorativa di una certa entità anche se non assunti tramite le procedure del collocamento mirato;

- l’integrale revisione della procedura di concessione dell’incentivo per le assunzioni dei disabili, prevedendo la corresponsione diretta e immediata dell’incentivo al datore di lavoro da parte dell’INPS mediante conguaglio nelle denunce contributive mensili. Si rafforzano gli incentivi per l’assunzione dei disabili, con una durata più lunga in caso di assunzione di persone con disabilità intellettiva e psichica.

b) Razionalizzazione e semplificazione in materia di costituzione e gestione del

rapporto di lavoro. I principali interventi riguardano: - la tenuta, a decorrere dal 1° gennaio 2017, del libro unico del lavoro in modalità

telematica presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali; - la previsione che tutte le comunicazioni in materia di rapporti di lavoro,

collocamento mirato, tutela delle condizioni di lavoro, incentivi, politiche attive e formazione professionale siano effettuate esclusivamente in via telematica;

c) Razionalizzazione e semplificazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

Tra le principali novità:

- lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione degli incendi e di evacuazione, anche nelle imprese o unità produttive che superano i cinque lavoratori;

- la trasmissione all’INAIL del certificato di infortunio e di malattia professionale esclusivamente per via telematica, con conseguente esonero per il datore di lavoro;

- la trasmissione all’autorità di pubblica sicurezza delle informazioni relative alle denunce di infortunio mortali o con prognosi superiore a trenta giorni a carico dell’INAIL, esonerando il datore di lavoro;

- l’abolizione dell’obbligo di tenuta del registro infortuni.

d) Revisione delle sanzioni in materia di lavoro e legislazione sociale. I principali interventi riguardano: - la modifica alla c.d. maxisanzione per il lavoro “nero” con l’introduzione degli

importi sanzionatori “per fasce”, anziché legati alla singola giornata di lavoro irregolare e la reintroduzione della procedura di diffida, che consente la regolarizzazione delle violazioni accertate.

- si modificano le sanzioni in materia di consegna del prospetto paga. 2) Disposizioni in materia di rapporto di lavoro I principali interventi riguardano: - la revisione della disciplina dei controlli a distanza del lavoratore, con un intervento

sull’art. 4 dello Statuto dei lavoratori; - la possibilità per i lavoratori di cedere, a titolo gratuito, ai lavoratori dipendenti

dallo stesso datore di lavoro, che svolgono mansioni di pari livello e categoria, i riposi e le ferie maturati, con esclusione dei giorni di riposo e di ferie minimi garantiti dalla legge, al fine di assistere i figli minori che, per le particolari condizioni di salute, hanno bisogno di assistenza e cure costanti da parte dei genitori;

- l’introduzione, per i lavoratori del settore privato, di ipotesi di esenzione dal rispetto delle fasce di reperibilità in caso di malattia.

- l’introduzione di modalità semplificate per effettuare le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.