komikazen (estratto)

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Cartografia dell'Europa a fumetti. Catalogo del 3° Festival internazionale del fumetto di realtà. Ravenna, Museo Nazionale 13 ottobre / 2 dicembre 2007. Edizioni del Vento

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www.edizionidelvento.itwww.myspace.com/edizionidelventowww.youtube.com/edizionidelvento

© 2007 Edizioni del Ventoc.p.405 – 30016 Jesolo Lido (VE)[email protected]

ISBN-10: 88-89890-06-1ISBN-13: 978-88-89890-06-6

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Cartesio ha impiegato gran parte del suo ingegno per dimostrare che gli og-getti esistono al di fuori del pensiero. Questa dimostrazione può sembrare non essenziale ai nostri occhi, ma non è così lontano il periodo storico in cui si considerava il passaggio su questa terra un semplice transito temporaneo verso la destinazione fi nale, la vera realtà ul-traterrena. In quest’ottica gli oggetti e la realtà sensibile non erano altro che una proiezione.

Vi sembra qualcosa di paradossa-le o prestorico? Non si deve credere che questo tipo di sguardo sul mondo che ci circonda sia così assolutamente escluso dalla contemporaneità. Anzi, la visione che vede in un aldilà il compi-mento della propria esistenza alimenta le azioni non solo dei kamikaze, ma di tutta l’etica militarista, che vede nel conseguimento di una gloria postuma la giustifi cazione dell’azione bellica. E che dire dell’uomo nuovo e del sol del-l’avvenire? In fondo, in qualsiasi ideo-logia c’è sempre un posporre la vera realtà in un luogo indefi nito, dimen-ticando il presente e i costi che adesso si devono riscuotere. La rimozione del presente è un volto con gli occhi chiusi in mezzo ad una tempesta con la bocca sorridente...

Si parla spesso della necessità di co-struzione di memoria storica, è ormai diventato un principio indiscutibile, intoccabile. Ma l’aspetto più opaco di questa costruzione, cioè il come questa costruzione possa avvenire, con quale sguardo e punto di vista, rimane argo-mento secondario e irrisolto. Per capire come si legge il passato, bisogna difatti

saper osservare il proprio presente. Ogni Storia è riscritta dal presente che la legge, ma cosa succede se lo sguardo sul presente è sfocato, strabico oppure semplicemente distratto? E cosa dire del fatto che ci sono piani paralleli di realtà e che, quando ci sembra di ave-re aff errato un fi lo, subito una matassa nuova e più aggrovigliata si intreccia nei nostri piedi?

Il fumetto non può aiutarvi se vi tro-vate impigliati in questo tipo di quesiti. Non può aiutarvi perché nel suo essere arte effi mera e sostanzialmente povera, denuncia la sua fi nitezza. La possibilità di essere autoprodotto con pochissi-mi mezzi, di essere spesso il frutto di un’infatuazione giovanile temporanea, oppure di una sindrome di demenza se-nile che comincia a vent’anni, lo rende classicamente lontano dall’accademia e dallo Star System dei media.

Certo, c’è sempre qualcuno che ci prova a metterlo sul piedistallo, a crear-gli un pedigree che lo faccia passare nell’alta società di chi conta nel mondo della comunicazione e della cosiddetta creatività. In genere si sente un pesan-te tonfo poco dopo. La cosa invece che mi piace del fumetto, in particolare di quello indipendente (ma lo ritrovo an-che in alcune produzioni commerciali), è il fatto di essere spesso il prodotto delle relazioni nate in un pub o in una birreria, delle alte disquisizioni che pos-sono avere luogo tra amici in una stan-za di studenti, da piccolissimi gruppi di appassionati che sembrano essere stati colpiti da un virus ebola della fumet-tologia che si aggira per l’Europa. Giu-sto, l’Europa: perché il fenomeno non

Cartesio e il fumettodi Elettra Stamboulis

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è solo nostrano, ma della casa europea. Dalla Finlandia di poche parole alla lo-quace Spagna, al Portogallo e alla Gre-cia post dittatura. E poi la Romania, la Bosnia, la Slovenia, forse la potevano scampare grazie al sol dell’avvenire...Piccoli gruppi ammalati della stessa malattia, che creano storie in sequenze, le promuovono, fanno festival, discuto-no la notte, si lamentano del fatto che non hanno fi nanziamenti, continuano tuttavia nel loro insensato intento. Ab-biamo pensato di invitarli tutti, o quasi tutti, per guardarci negli occhi e cercare di porre rimedio.

Quale memoria storica potrà essere creata quando la Storia la raccontano i fumetti? Ancora c’è chi pensa che sia un modo per spiegarla ai bambini. Provate a proporre il libro su Marthin Luther King ad una classe, senza me-diazione. MLK di Anderson è una sto-ria interpretata, in cui alla ricostruzione per estratti della biografi a del leader, si intersecano i commenti di testimo-ni superstiti, di oppositori politici, di

semplici cittadini. È una sorta di sag-gio biografi co, dove si presuppone una conoscenza di base della società ameri-cana dell’epoca, di cosa è la lotta non violenta, di che cosa è la politica. Non mi sembra roba da bambini, neanche da adulti disimpegnati.

Quale può essere l’Europa raccontata dalle riviste indipendenti? Sono picco-li frammenti, dove spesso non c’è un contesto chiaro. Storie marginali rac-contate dai margini, piccoli buchi che interpretano microstorie oppure ampi racconti, che ricreano mondi come i romanzi.

Il vedere per Cartesio era l’occhio strumentale della mente: l’oggetto mondo poteva essere riscritto con pre-cisione geometrica, visto che il sogget-to si inserisce nel paesaggio stesso della rappresentatività. Paradossalmente, esistendo la verità, anche la sua riscrit-tura parziale visiva, una piccola storia a fumetti marginale, può essere per il vecchio fi losofo un esperimento di ve-rità.

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Portogallo

PássarosFilipe Abranches

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Anche se la storia del fumetto portoghe-se risale al genio indiscutibile di Raphael Bordallo Pinheiro (-), di fat-to, trascorsi gli “anni d’oro”, si arriva agli anni ’ del xx secolo senza mer-cato né industria dei fumetti. Il nostro stato di periferia geografi ca accompa-gnato all’isolamento storico imposto dal fascismo (nei decenni tra gli anni ’ e ’) ha fatto sì che il Portogallo fosse più “insulare” che continentale. Quella dell’isola è una metafora che compenetra un’altra immagine: i lavo-ri del fumetto portoghese sono barche perse nell’oceano Atlantico, che rara-mente gettano il calappio alle altre che incontrano sulla stessa traiettoria.

Sarà giusto considerare in modo po-sitivo il fatto che non abbiamo né in-dustria né mercato? Da un lato è triste assistere al disonore di alcuni “autori capitali” dispersi nell’“oceano”, dall’al-tro il fumetto portoghese non smette di avere una ricchezza signifi cativa di autori e opere proprio per l’assenza di vizi di formazione – un mercato obbli-ga sempre alla formazione di uno sti-le o di un tema! – invece ogni autore portoghese percorre il suo cammino individuale.

Per quanto riguarda “il fumetto di realtà” (oggetto specifi co di questo fe-stival) bisognerà sintetizzare una storia ricca e lunga, cominciando dal “padre dei fumetti portoghesi” (Raphael Bor-dallo Pinheiro) che già faceva la pro-pria autobiografi a, nel , nella sua seconda raccolta No Lazareto de Lisboa – nella quale disegna la sua esperienza di quarantena al ritorno dal Brasile, quarantena obbligatoria per i viag-

giatori che provenivano da paesi dove c’erano epidemie. Come alle origini del fumetto, Raphael era un cronista satiro della politica, di un periodo ancora di-viso tra monarchia e repubblica, che ri-traeva inoltre gli aspetti culturali, come il teatro.

Passando ai modernisti, abbiamo Stuart Carvalhais (-) e Carlos Botelho (-). Il primo inventò la serie «Quim e o Manecas» che, no-nostante seguisse la tradizione dei ra-gazzi monelli Max und Morritz, ebbe il pregio di denunciare gli eventi del suo tempo come la miseria nelle strade o la prima Guerra Mondiale. Il secondo, tra il e il , creò le cronache Ecos da Semana (nel giornale «Sempre fi xe») dove criticava e testimoniava gli eventi culturali e sociali nei fumetti. Pubblicò inoltre la Volta a Portugal em Bicicleta (Giro del Portogallo in bicicletta) dove si occupò anche della situazione poli-tica internazionale, facendo comparire persino Mussolini. Dedicò anni a questo lavoro, fi nché non cadde nel di-menticatoio, a causa della censura del Nuovo Stato fascista.

In seguito ci furono due eventi cru-ciali vicini nel tempo. Negli anni ’, come negli usa e in Francia, anche i comics portoghesi ebbero un codice di comportamento, le Instruções sobre a li-teratura infantil (Istruzioni sulla lettera-tura infantile – ). Come in tutto il mondo, i fumetti portoghesi si trasfor-marono in un mezzo destinato ad un pubblico infantile-adolescenziale con la predominanza delle linee più conosciu-te dei comics popolari: lo stile “realista”, percorrendo il genere d’avventura, che

Il mercato portoghese del fumettoe gli autori di realtà

di Marcos Farrajota

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nel caso portoghese ha signifi cato nella maggior parte dei comics un inquadra-mento a temi di storia o di adattamento letterario sin dall’esaltazione dello spiri-to nazionalista; e lo stile caricaturale che è usato nello humour e anche, in modo ibrido, nelle avventure umoristiche. Da qui in poi poco di interessante da esser raccontato succederà. In seguito venne la rivoluzione del di aprile del e non mancarono i “cronisti cartonisti” della situazione in cui si viveva.

La libertà permise il ritorno ad un fu-metto contemporaneo che si era smar-rito durante i quarant’anni di fascismo. La “prima generazione libera” si concre-tizzò nella rivista «Visão», infl uenzata dalla «Pilote» e da altre riviste francesi “adulte”. Tuttavia, era una rivista trop-po lussuosa per un paese così povero, e troppo avanguardista per un paese così arretrato. Un’oasi impensabile. Ebbe appena numeri e un anno di vita (aprile ’ / maggio ’). Nelle sue pa-gine incontriamo alcuni fumetti sulla guerra nelle colonie di Victor Mesquita () e Machado da Graça (che rea-lizzò anche altri fumetti sulla guerra in Vietnam), e di Pedro Massano ().

Gli anni ’ sono noti per la lenta fi ne dei giornali dedicati ai fumetti e per l’inizio di nuove interpretazioni stilistiche da parte degli autori porto-ghesi. Gli universi si orientano verso questioni più profonde, di vita urbana e marginale, mescolate a grafi e ardite e sperimentali. Nonostante siano autori dalle strutture narrative ed estetiche an-cora tradizionali, vorrei far riferimento a Fernando Relvas () con L123 e Cevadilha Speed, due opere che trattano con realismo temi come la delinquenza giovanile, le droghe e le tedesche nel-l’Algarve. Relvas fi nì per creare un’ope-ra carismatica sulle nuove generazioni degli anni ’.

Arlindo Fagundes () nella sua raccolta La Chavalita e il suo perso-naggio «Pitanga, barbiere a domicilio» scrisse della prostituzione e della schia-vitù bianca – del traffi co di donne por-toghesi mandate nei bar spagnoli a pro-stituirsi, temi che non venivano trattati all’epoca. Questa interpretazione della vita urbana e dei bassifondi continuò, una decina d’anni dopo, con Loverboy, di Marte () e João Fazenda (), storie della generazione degli anni ’, frutto delle infl uenze grunge: pre-uni-versitari, droghe e raves. Gli autori, pro-prio di questa generazione degli anni ’, durante questo decennio sono stati infl uenzati dai nordamericani alternati-vi e dalle agitazioni delle case editrici indipendenti, dando vita tra il e il ad un vero boom di comics por-toghesi. Da questa sfornata, che è stata aiutata anche dall’intensa attività della Bedeteca de Lisboa e del Salão Interna-cional de BD do Porto, ad esempio si mostrò per la prima volta in Portogallo il lavoro delle case editrici alternative nordamericane Fantagraphics e Drawn & Quarterly, e i suoi autori che si oc-cupavano di autobiografi a e reportage come Joe Sacco, Julie Doucet, Chester Brown, etc. sono stati certamente di ispirazione ad autori come Pedro Bri-to () o Isabel Carvalho (), ad esempio.

Nel il mercato implose. La Bedeteca de Lisboa perse il suo pro-tagonismo, le case editrici di fumetti commerciali soff ocarono le piccole case editrici, con materiali che neanche a vo-lerlo interessavano al pubblico ma che occupavano abbastanza spazio com-merciale nelle librerie – la distribuzione delle edizioni di fumetti in Portogallo è gestita dalle librerie generali, ci sono pochi negozi specializzati che soprat-tutto importano comics nordamericani

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e quasi mai hanno le edizioni nazionali nei propri scaff ali. Il mercato si trova moribondo sia per quanto riguarda i fumetti commerciali sia per quelli “alternativi”. Nonostante ciò conti-nuano a resistere con alcuni numeri di progetti editoriali di bassa tiratura: la «Associação chili com carne», «El pep», «Opuntia books», «Nova comix», «Imprensa canalha», «mmnnrrga», «A mula» sono alcune delle sopravvissute all’«apocalisse del ».

È in questo ambito che vogliamo mo-strare un fumetto portoghese in sinto-nia con tutto il mondo e in particolare con la “realtà”. È un compito diffi cile da intraprendere in quanto, nonostan-te la contemporaneità dei temi trattati dagli autori degli anni ’, pochi fra loro si proposero per sperimentare il “reportage”, il “giornalismo”, la “crona-ca” o l’“autobiografi a secondo la logica Pekar”. Quindi, possiamo analizzare alcuni progetti come Para além dos Oli-vais (Bedeteca de Lisboa – ): un lavoro collettivo dedicato al quartiere di Lisbona dei Olivais, in cui gran par-te del contenuto si orienta più verso la fi nzione che verso la “realtà”; Nós somos os mouros (Assírio & Alvim – ), un progetto iberico sulle varie que-stioni islamiche con la partecipazione di autori portoghesi e spagnoli sugli argomenti dello spagnolo Felipe Her-nández Cava () e del portoghese João Paulo Cotrim (); Á esquina

(Campo das letras – ) di Cotrim e Pedro Burgos (; autore pubbli-cato in Italia nel secondo numero della rivista «Orme») che è una raccolta che riunisce strisce di fumetti/cronache di vita quotidiana di Lisbona pubblicate nel più importante giornale nazionale «Público» (tra il e il ), nella tradizione di Carlos Botelho; Cotrim con Miguel Rocha () produssero il libro Salazar: Agora, na hora da sua morte (Parceria A. M. Pereira – ) un best-seller (dentro i parametri del mercato dei fumetti), e chiamarono i media per un libro di fumetti, evento raro, come ben sappiamo.

Tuttavia, sono stati scelti altri autori, due delle due principali città portoghe-si, Lisbona e Porto, che hanno lavorato in progetti comuni come la condivisio-ne di formati editoriali poco “conven-zionali”, come le fanzine o piccole case editrici, o nelle esposizioni della Fiera Laica. È importante sottolineare che tale fi era è un evento editoriale alter-nativo (dove oltretutto quest’anno era presente l’autore/editore Alberto Cor-radi) in cui piccoli editori, illustratori e altri produttori di articoli culturali si riuniscono per mettere in circolazio-ne i propri articoli senza intermediari in un chiaro aff ronto ai rivenditori al dettaglio, negozianti e distributori che li hanno ignorati.

Per maggiori informazioni consultare il sito: www.feiralaica.com.

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