l’ aviazione militare italiana nella grande guerra · “più pesante dell’aria” in dotazione...

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Le origini dell’aviazione militare italiana risalgono alla fine del XIX secolo, quando i vertici del Regio Esercito decisero di impiegare i palloni aerostatici come mezzi di osservazione. Precisamente nel 1884 venne costituito a Roma un Servizio aeronautico che l’anno successivo divenne Sezione aerostatica del 3° Reggimento del Genio ed il cui parco comprendeva due palloni da 550 metri cubi, un generatore di idrogeno ed un verricello a vapore. Nei primi mesi del 1909, contemporaneamente all’adozione dei primi dirigibili, l’Esercito acquistò un biplano Wright n. 4 (costruito in Francia e capace di una velocità di 58 chilometri orari con un carico utile di 120 chilogrammi) che fu in assoluto la prima macchina “più pesante dell’aria” in dotazione alle Forze Armate italiane. Gli anni immediatamente successivi al conflitto di Libia furono importanti per la crescita e lo sviluppo dell’aviazione militare: l’approvazione di una serie di leggi e decreti gettò le basi di quella che una decina di anni dopo comportarono l’uso delle nuove “armi volanti”. Il 24 maggio 1915, giorno in cui l’Italia dichiarò guerra all’Impero Austro-Ungarico, l’Esercito e la Marina furono in grado di mobilitare in tutto solamente un’ottantina di aeroplani (la Francia ne schierava quasi un migliaio sul fronte occidentale), l’Italia con 5 dirigibili e un centinaio di uomini fra piloti e tecnici. Verso la fine del 1915, grazie anche agli aiuti degli alleati, l’industria italiana iniziò finalmente a produrre su licenza sia aeroplani stranieri che mezzi di concezione interamente nazionale come, ad esempio, i bombardieri Caproni. Con un adeguato supporto industriale e con maggiori stanziamenti di fondi, nei successivi tre anni di guerra l’aviazione crebbe notevolmente tanto dal punto di vista delle forze disponibili quanto da quello della qualità dei servizi che fu in grado di fornire, nei limiti ovviamente imposti dai mezzi dell’epoca. Lo sviluppo di nuove tecnologie, come ad esempio l’adozione delle prime rudimentali radio di bordo, le migliorie agli armamenti da offesa e da difesa, nonché un costante aggiornamento di tattiche e procedure, concorsero al raggiungimento negli ultimi mesi di guerra di una netta superiorità aerea sul campo di battaglia che diede, fra l’altro, un valido apporto al raggiungimento della vittoria finale. Le spese straordinarie sostenute per la campagna di Libia e i limitati stanziamenti destinati alle Forze Armate negli anni successivi contribuirono a rallentare lo sviluppo dell’aviazione che per prima aveva dimostrato l’utilità dell’aeroplano sul campo di battaglia. Sebbene l’Italia si fosse dichiarata neutrale, il Regio Esercito aveva già elaborato, nell’agosto 1914, un piano di potenziamento dell’aviazione che prevedeva la formazione, fra le altre, anche di squadriglie da ricognizione strategica e da osservazione per l’artiglieria. La regolazione del tiro, preferibilmente per pezzi di medio o grosso calibro, poteva avvenire su bersagli già noti e identificati oppure su obiettivi individuati durante il volo. Il successo di una missione di regolazione del tiro dipendeva soprattutto dall’abilità dell’ufficiale osservatore, dall’affiatamento dello stesso con le postazioni di terra, dalla bontà dei sistemi di comunicazione e dalle condizioni atmosferiche. I dati della produzione di aeromobili indicano la limitatezza della guerra aerea nel teatro italiano: 11.986 aerei prodotti dal Regno d’Italia contro i 5.431 prodotti dall’impero austro-ungarico, confrontati con i circa 150.000 velivoli prodotti dall’industria tedesca, inglese e francese. Nei primi sei mesi di ostilità l’attività aerea si limitò a ricognizioni disarmate, anche per i limiti degli aeroplani del periodo, accentuati dall’elevata altitudine dell’area del fronte. Eccezione furono i L’ aviazione militare italiana nella grande guerra Il Caproni Ca.40 era un bombardiere pesante trimotore triplano sviluppato dall’azienda aeronautica italiana Caproni nei tardi anni dieci del XX secolo. I l Wright Model EX era un biplano monoposto monomotore da corsa e da esibizione, progettato dai fratelli Wright all’inizio degli anni 1910 a partire dal Wright Model R. L’aerostato è un particolare aeromobile che vola per sostentazione statica; esso, cioè, tende a salire nell’atmosfera in quanto risulta più leggero dell’aria che lo circonda Alfredo Barbieri è stato Tenente colonnello nella Regia Aeronautica ed è morto in combattimento nella prima guerra mondiale durante un attacco aereo su cieli di Lubiana. bombardamenti austriaci del 24 ottobre 1915 su Venezia, che causarono solo gravi danni al patrimonio culturale. Mentre i primi tentativi italiani, dell’agosto 1915, di bombardamento con i trimotori Caproni Ca.3, si rilevarono fallimentari. Nel febbraio 1916, Anche l’aviazione italiana subì l’improvvisa supremazia dei monoplani Fokker, che contrastarono efficacemente una missione di dieci bombardieri Caproni, in cui trovò la morte il colonnello Alfredo Barbieri, comandante della divisione aerea italiana. La morte di Barbieri ridusse le ambizioni di bombardamento strategico italiane, i bombardieri Caproni furono limitati a missioni poco oltre la linea del fronte. Per una ripresa della supremazia aerea italiana ci volle l’aprile del 1916, con la messa in linea dei nuovi caccia francesi Nieuport e le prime vittorie di Francesco Baracca. Nonostante che l’aviazione austro-ungarica non disponesse di bombardieri plurimotori, le missioni pianificate ebbero notevoli successi pioneristici, quale il bombardamento di Milano del 14 febbraio 1916. Il 9 agosto gli austriaci bombardarono Venezia, affondando un sommergibile inglese alla fonda nel porto, probabilmente il primo mezzo del genere affondato dall’aviazione. L’uccisione di 93 civili, che si erano radunati in un rifugio antiaereo, durante il bombardamento di Padova fu uno dei più gravi, per numero di civili uccisi, della prima guerra mondiale. Le vittime complessive dei bombardamenti austriaci superarono le 400 unità, confrontabili con le 746 morte nei bombardamenti alleati sul suolo tedesco. Allo scoppio delle ostilità, avvenuto il 23 maggio 1915, l’Italia era in possesso di circa 150 aerei, 91 piloti, 20 osservatori e 20 allievi piloti. Dato lo stato primitivo dell’industria aeronautica in Italia, furono presto acquistati numerosi aerei esteri, per lo più francesi. Tuttavia, allo stesso tempo fu dato forte impulso alla creazione di un apparato industriale che potesse garantire una consistente produzione di aeromobili su scala locale. Da un punto di vista tattico, l’aviazione italiana aveva il problema di dover superare le Alpi per portare un attacco in territorio nemico. Allo stesso tempo, molte delle aree che ricadevano nel raggio di azione dei propri aerei erano territori che l’Italia sperava di acquistare in seguito al conflitto, e quindi aveva poco senso bombardarle. In risposta alla necessità di effettuare missioni di bombardamento a lungo raggio, fu dato impulso alla costruzione di un totale di 75 dirigibili. Essi, tuttavia, non raggiunsero risultati comparabili a quelli ottenuti dalle aeronavi tedesche nei confronti del Regno Unito. Il maggiore progresso ottenuto dall’aviazione italiana nel corso del primo conflitto mondiale, fu dovuto all’iniziativa di Giulio Douhet ed alla sua relazione con Gianni Caproni. Tale periodo di cattività gli diede tuttavia la possibilità di consolidare le proprie idee. Se Douhet aveva pagato duramente la propria iniziativa, di fatto la Regia Aeronautica si trovò provvista degli ottimi bombardieri trimotori Caproni, i motori, risultavano utili nel bombardamento tattico e nelle incursioni contro la base navale Venezia, L’interno della Chiesa degli Scalzi in seguito al bombardamento austriaco Il Nieuport 17 fu un caccia monomotore biplano sviluppato dall’azienda francese Société Anonyme des Établissements Nieuport negli anni dieci del XX secolo. Francesco Baracca (1888/1918) è stato il principale asso dell’aviazione italiana e medaglia d’oro al valor militare nella prima guerra mondiale, durante la quale gli vengono attribuite trentaquattro vittorie aeree. È stata avanzata una tesi secondo la quale Baracca, piuttosto che bruciare con il velivolo o essere fatto prigioniero, avrebbe preferito suicidarsi (il corpo, ustionato in più punti, presentava una ferita di pallottola sulla tempia destra); da tempo, inoltre, esiste la rivendicazione dell’abbattimento da parte di un pilota austro- ungarico. Pur non avendo l’autorità per farlo, Douhet autorizzò quest’ultimo a costruire per l’aeronautica italiana dei bombardieri trimotori. Quando la cosa arrivò all’attenzione dei suoi superiori, Douhet si vide rimosso dalla propria funzione, e spedito a prestare servizio nel Regio Esercito. Successivamente, a causa di alcuni suoi scritti divenuti involontariamente pubblici, nell’ambito dei quali criticava l’approccio italiano all’arma aerea, venne deferito alla corte marziale ed imprigionato.

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Page 1: L’ aviazione militare italiana nella grande guerra · “più pesante dell’aria” in dotazione alle Forze Armate ... l’approccio italiano all’arma ... assegnati alle diverse

Le origini dell’aviazione militare italiana risalgono alla fi ne del XIX secolo, quando i vertici del Regio Esercito decisero di impiegare i palloni aerostatici come mezzi di osservazione. Precisamente nel 1884 venne costituito a Roma un Servizio aeronautico che l’anno successivo divenne Sezione aerostatica del 3° Reggimento del Genio ed il cui parco comprendeva due palloni da 550 metri cubi, un generatore di idrogeno ed un verricello a vapore. Nei primi mesi del 1909, contemporaneamente all’adozione dei primi dirigibili, l’Esercito acquistò un biplano Wright n. 4 (costruito in Francia e capace di una velocità di 58 chilometri orari con un carico utile di 120 chilogrammi) che fu in assoluto la prima macchina “più pesante dell’aria” in dotazione alle Forze Armate italiane. Gli anni immediatamente successivi al confl itto di Libia furono importanti per la crescita e lo sviluppo dell’aviazione militare: l’approvazione di una serie di leggi e decreti gettò le basi di quella che una decina di anni dopo comportarono l’uso delle nuove “armi volanti”. Il 24 maggio 1915, giorno in cui l’Italia dichiarò guerra all’Impero Austro-Ungarico, l’Esercito e la Marina furono in grado di mobilitare in tutto solamente un’ottantina di aeroplani (la Francia ne schierava quasi un migliaio sul fronte occidentale), l’Italia con 5 dirigibili e un centinaio di uomini fra piloti e tecnici. Verso la fi ne del 1915, grazie anche agli aiuti degli alleati, l’industria italiana iniziò fi nalmente a produrre su licenza sia aeroplani stranieri che mezzi di concezione interamente nazionale come, ad esempio, i bombardieri Caproni. Con un adeguato supporto industriale e con maggiori stanziamenti di fondi, nei successivi tre anni di guerra l’aviazione crebbe notevolmente tanto dal punto di vista delle forze disponibili quanto da quello della qualità dei servizi che fu in grado di fornire, nei limiti ovviamente imposti dai mezzi dell’epoca. Lo sviluppo di nuove tecnologie, come ad esempio l’adozione delle prime rudimentali radio di bordo, le migliorie agli armamenti da off esa e da difesa, nonché un costante aggiornamento di tattiche e procedure, concorsero al raggiungimento negli ultimi mesi di guerra di una netta superiorità aerea sul campo di battaglia che diede, fra l’altro, un valido apporto al raggiungimento della vittoria fi nale. Le spese straordinarie sostenute per la campagna di Libia e i limitati stanziamenti destinati alle Forze Armate negli anni successivi contribuirono a rallentare lo sviluppo dell’aviazione che per prima aveva dimostrato l’utilità dell’aeroplano sul campo di battaglia. Sebbene l’Italia si fosse dichiarata neutrale, il Regio Esercito aveva già elaborato, nell’agosto 1914, un piano di potenziamento dell’aviazione che prevedeva la formazione, fra le altre, anche di squadriglie da ricognizione strategica e da osservazione per l’artiglieria. La regolazione del tiro, preferibilmente per pezzi di medio o grosso calibro, poteva avvenire su bersagli già noti e identifi cati oppure su obiettivi individuati durante il volo. Il successo di una missione di regolazione del tiro dipendeva soprattutto dall’abilità dell’uffi ciale osservatore, dall’affi atamento dello stesso con le postazioni di terra, dalla bontà dei sistemi di comunicazione e dalle condizioni atmosferiche. I dati della produzione di aeromobili indicano la limitatezza della guerra aerea nel teatro italiano: 11.986 aerei prodotti dal Regno d’Italia contro i 5.431 prodotti dall’impero austro-ungarico, confrontati con i circa 150.000 velivoli prodotti dall’industria tedesca, inglese e francese. Nei primi sei mesi di ostilità l’attività aerea si limitò a ricognizioni disarmate, anche per i limiti degli aeroplani del periodo, accentuati dall’elevata altitudine dell’area del fronte. Eccezione furono i

L’ aviazione militare italiana nella grande guerra

Il Caproni Ca.40 era un bombardiere pesante trimotore triplano sviluppato dall’azienda

aeronautica italiana Caproni nei tardi anni dieci del

XX secolo.

I l Wright Model EX era un biplano monoposto monomotore da corsa e da esibizione, progettato dai

fratelli Wright all’inizio degli anni 1910 a partire dal

Wright Model R.

L’aerostato è un particolare aeromobile che vola per sostentazione statica; esso, cioè, tende a salire nell’atmosfera in

quanto risulta più leggero dell’aria che lo circonda

Alfredo Barbieri è stato Tenente colonnello nella

Regia Aeronautica ed è morto in combattimento nella prima guerra mondiale durante un attacco

aereo su cieli di Lubiana.

bombardamenti austriaci del 24 ottobre 1915 su Venezia, che causarono solo gravi danni al patrimonio culturale. Mentre i primi tentativi italiani, dell’agosto 1915, di bombardamento con i trimotori Caproni Ca.3, si rilevarono fallimentari. Nel febbraio 1916, Anche l’aviazione italiana subì l’improvvisa supremazia dei monoplani Fokker, che contrastarono effi cacemente una missione di dieci bombardieri Caproni, in cui trovò la morte il colonnello Alfredo Barbieri, comandante della divisione aerea italiana. La morte di Barbieri ridusse le ambizioni di bombardamento strategico italiane, i bombardieri Caproni furono limitati a missioni poco oltre la linea del fronte. Per una ripresa della supremazia aerea italiana ci volle l’aprile del 1916, con la messa in linea dei nuovi caccia francesi Nieuport e le prime vittorie di Francesco Baracca. Nonostante che l’aviazione austro-ungarica non disponesse di bombardieri plurimotori, le missioni pianifi cate ebbero notevoli successi pioneristici, quale il bombardamento di Milano del 14 febbraio 1916. Il 9 agosto gli austriaci bombardarono Venezia, aff ondando un sommergibile inglese alla fonda nel porto, probabilmente il primo mezzo del genere aff ondato dall’aviazione. L’uccisione di 93 civili, che si erano radunati in un rifugio antiaereo, durante il bombardamento di Padova fu uno dei più gravi, per numero di civili uccisi, della prima guerra mondiale. Le vittime complessive dei bombardamenti austriaci superarono le 400 unità, confrontabili con le 746 morte nei bombardamenti alleati sul suolo tedesco. Allo scoppio delle ostilità, avvenuto il 23 maggio 1915, l’Italia era in possesso di circa 150 aerei, 91 piloti, 20 osservatori e 20 allievi piloti. Dato lo stato primitivo dell’industria aeronautica in Italia, furono presto acquistati numerosi aerei esteri, per lo più francesi. Tuttavia, allo stesso tempo fu dato forte impulso alla creazione di un apparato industriale che potesse garantire una consistente produzione di aeromobili su scala locale. Da un punto di vista tattico, l’aviazione italiana aveva il problema di dover superare le Alpi per portare un attacco in territorio nemico. Allo stesso tempo, molte delle aree che ricadevano nel raggio di azione dei propri aerei erano territori che l’Italia sperava di acquistare in seguito al confl itto, e quindi aveva poco senso bombardarle. In risposta alla necessità di eff ettuare missioni di bombardamento a lungo raggio, fu dato impulso alla costruzione di un totale di 75 dirigibili. Essi, tuttavia, non raggiunsero risultati comparabili a quelli ottenuti dalle

aeronavi tedesche nei confronti del Regno Unito. Il maggiore progresso ottenuto dall’aviazione italiana nel corso del primo confl itto mondiale, fu dovuto all’iniziativa di Giulio Douhet ed alla sua relazione con Gianni Caproni. Tale periodo di cattività gli diede tuttavia la possibilità di consolidare le proprie idee. Se Douhet aveva pagato duramente la propria iniziativa, di fatto la Regia Aeronautica si trovò provvista degli ottimi bombardieri trimotori Caproni, i motori, risultavano utili nel bombardamento tattico e nelle incursioni contro la base navale

Venezia, L’interno della Chiesa degli Scalzi in seguito al

b o m b a r d a m e n t o austriaco

Il Nieuport 17 fu un caccia monomotore biplano sviluppato dall’azienda francese Société

Anonyme des Établissements Nieuport negli anni dieci

del XX secolo.

Francesco Baracca (1888/1918)

è stato il principale asso dell’aviazione italiana e medaglia d’oro al valor militare nella prima guerra mondiale, durante la quale gli vengono attribuite trentaquattro vittorie aeree. È stata avanzata una tesi secondo la quale Baracca, piuttosto che bruciare con il velivolo o essere fatto prigioniero, avrebbe preferito suicidarsi (il corpo, ustionato in più punti, presentava una ferita di pallottola sulla tempia destra); da tempo, inoltre, esiste la rivendicazione

dell’abbattimento da parte di un pilota austro-

ungarico.

P u r non avendo

l’autorità per farlo, Douhet autorizzò quest’ultimo a

costruire per l’aeronautica italiana dei bombardieri trimotori. Quando la cosa arrivò all’attenzione dei suoi superiori, Douhet si vide rimosso dalla propria funzione, e spedito a prestare servizio nel Regio Esercito. Successivamente, a causa di alcuni suoi scritti divenuti involontariamente pubblici, nell’ambito dei quali criticava l’approccio italiano all’arma

aerea, venne deferito alla corte marziale ed imprigionato.

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austriaca di Pola. L’impiego degli aerei in grandi formazioni fi no a cinquanta velivoli, numero mai eguagliato da altre aviazioni durante la Prima guerra mondiale, diede la dimostrazione pratica della validità delle teorie di Douhet, il quale venne riabilitato anche grazie ai buoni uffi ci del poeta e pilota Gabriele d’Annunzio. Quest’ultimo gettò le basi, come abbiamo detto, dell’arditismo aviatorio, eff ettuando una serie di rischiose missioni di ricognizione sull’Adriatico e i famosi raid sull’Austria, fi nalizzati al lancio di volantini in una vera e propria forma di guerra psicologica. L’impulso dato da Douhet all’aviazione italiana ebbe come risultato la trasformazione del primitivo apparato produttivo in uno di grandi dimensioni, che consentì all’Italia di terminare il confl itto con 6.488 aerei e 18.840 motori prodotti nel solo 1918. Tale accelerazione continuò anche nel periodo post-bellico, quando la Regia Aeronautica fu oggetto di particolari attenzioni da parte del dittatore Benito Mussolini. Allo scoppio del confl itto, la Regia Marina aveva già intrapreso da alcuni anni la formazione di una propria aviazione. Partendo da esperienze legate soprattutto ai palloni aerostatici in funzione di ricognizione ed osservazione, si giunse presto alla costituzione di una scuola per piloti d’aereo a Venezia (1913). I piloti usciti da tale scuola fondarono la squadriglia “San Marco”, che venne assegnata alla Regia Marina ed equipaggiata con otto idrovolanti di diverso tipo. Durante la prima guerra i lucani vennero impegnati quasi in tutte le zone di operazioni ed assegnati alle diverse Armi e Corpi del nostro Esercito, in modo particolare alla Fanteria. Quest’aff ermazione trova conferma scorrendo gli elenchi dei Caduti dei vari comuni della Lucania. Bisogna ricordare che la Brigata Basilicata, dal 1907 di stanza a Torino con i suoi due reggimenti, il 91° ed il 92°, aveva altri distretti di reclutamento: Catanzaro, Lodi, Lucca, Palermo, Savona, Varese. Il 92º Reggimento Fanteria della Brigata “Basilicata” fu costituito il 7 giugno 1883. Prese parte alla guerra di Libia, 1911-1912, al comando del colonnello Armando Diaz. Alla prima guerra mondiale il 92º Reggimento Fanteria della Brigata “Basilicata” partecipa dal maggio 1915, con proprie truppe. Per le brillanti prove di valore e di disciplina off erte in duri combattimenti e per la strenua resistenza contro ripetuti attacchi sferrati con forze superiori e sostenuti a prezzo di gravissime perdite nel novembre 1917 e nella battaglia del giugno 1918, i reggimenti furono decorati con la medaglia d’argento al valor militare.

Stemma del Corpo

5 L IIS Nitti – Potenza, prof.ssa Giovanna Francese

Armando Vittorio Diaz è stato

un generale italiano, cap o di stato maggiore del Regio

Esercito durante la prima guerra mondiale, ministro della guerra e maresciallo d’Italia, e nominato Duca della Vittoria alla fi ne del

confl itto.

La Grande Guerra è la prima guerra moderna. Con essa nacque una “cultura di guerra” ovvero l’insieme delle rappresentazioni, degli atteggiamenti e delle esperienze degli anni 1914-1918 comuni agli europei. Per la popolazione non era possibile il dissenso e la guerra doveva essere appoggiata da tutti e in ogni modo. Ci fu un’estensione del potere militare sulla società civile, le zone di guerra furono poste sotto il controllo diretto e supremo dei militari. Fu annullata la libertà politica e sindacale e fu soppresso il diritto di sciopero. Vennero dichiarate zone di guerra i terreni vicino alle trincee, ma presto si aggiunsero a esse le località dove avvenivano scioperi e manifestazioni. Il prolungarsi della guerra rese necessaria una riorganizzazione del sistema produttivo. Si instaurò un’economia di guerra e una parte degli apparati industriali venne

convertita alla produzione delle armi. Inoltre, per la prima volta, le donne ebbero la possibilità di uscire dall’ambito familiare. Il prezzo della riorganizzazione fu pesante, lo Stato pagò oneri altissimi, diminuirono le aree seminate e i raccolti, ci fu un abbassamento del tenore di vita e una diff usione di malattie. Per sostenere gli eserciti al fronte fu necessario un grande sforzo produttivo. Uomini e donne furono coinvolti in una straordinaria mobilitazione per garantire ai militari tutto ciò di cui avevano bisogno. “Fronte interno” esprime la capacità che i popoli europei ebbero nel mobilitare le risorse umane ed economiche dei loro Paesi, infatti tale espressione si ritrova in tutte le lingue europee. Nello specifi co in Italia il “fronte interno” assunse un signifi cato molto forte,

nonostante il governo italiano fosse entrato in guerra privo di un diff uso appoggio popolare. La popolazione italiana, tuttavia, si impegnò a garantire l’assistenza civile attraverso l’istituzione di comitati, dato che il governo non se ne occupava. Nella città di Potenza, nel maggio del 1915, venne costituito dai cittadini il comitato dell’assistenza civile. Esso si diff erenziava in sottocomitati con molteplici competenze.Fin dai primi giorni della guerra si formò il comitato femminile di aderenti alla CROCE ROSSA,

Moderna

Tale è stata considerata la Prima Guerra Mondiale per l’introduzione di nuove armi e per essere stata la prima a svolgersi per

cielo, per mare e per terra.

L’assistenza civile a Potenza durante la Grande Guerra

Il capo del governo italiano dal 1914 al 1916 fu

Antonio Salandra Inizialmente neutralista, appoggiò in seguito

l ’ i nte r ve nto d e l l ’ I t a l i a in guerra a fi anco della Triplice Intesa, n o n o s t a n t e l’opposizione d e l l a maggioranza in Parlamento e la mancanza

di fondi. L’enorme costo della guerra fu pagato con

l’accensione di debiti pubblici e prestiti

Comitato d e l l ’ a s s i s t e n z a

civile Era costituito da un Comitato d’onore, un Comitato

direttivo (con una commissione di fi nanza per la raccolta fondi) e tre Sottocomitati per l’assistenza alle famiglie dei richiamati, l’assistenza scolastica e l’assistenza ai profughi. Ogni sottocomitato aveva una propria commissione esecutiva per il suo funzionamento. Nel comitato collaboravano un ragioniere e un cassiere a titolo gratuito, un impiegato di segreteria e un esattore che ricevevano un compenso. I fondi erano costituti da tasse ai cittadini per il versamento di oboli, vendita di speciali marchette, preparazione di feste, fi ere di benefi cenza, spettacoli teatrali, pubbliche conferenze. Le funzioni del comitato furono molteplici e diversifi cate: - acquistare lana e inviare ai soldati indumenti invernali lavorati dalle donne della Croce Rossa - apertura di sale di scrittura per i soldati - sostenere l’opera dell’uffi cio notizie militari che funzionava in locali concessi dal Comune gratuitamente - distribuire scarpe e indumenti ai fi gli dei richiamati e altri doni anche ai feriti e ai profughi - provvedere all’invio di pacchi di pane ai prigionieri di guerra - ordinare la raccolta di rottami metallici

- organizzare la raccolta di oggetti d’oro o

d’argento.

Comitato femminileLa vice presidentessa era

Elena Delia

Gabriele D’Annunzio (1863-1938) è stato uno scrittore, poeta, drammaturgo, militare, p olitico, giornalista e patriota italiano, simbolo del Decadentismo e celebre fi gura della prima guerra mondiale. Soprannominato il Vate, cioè “poeta sacro, profeta”, cantore dell’Italia umbertina, occupò una posizione preminente nella

letteratura italiana dal 1889 al 1910 circa e nella

vita

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grazie a Rosa Giulio-Montesano e Tullia Bonitatibus. Si aprì, quindi, un laboratorio per la creazione di indumenti di lana

per i combattenti e, in seguito, si nominò un gruppo di donne visitatrici dei malati e feriti all’ospedale San Carlo. Nell’ottobre del 1915, furono confezionati moltissimi dei beni “costruiti” dalle donne e spediti in

zone di guerra. Per mancanza di lana, la lavorazione fu sospesa e alcune donne continuarono a percepire il sussidio statale. La Commissione provinciale per il confezionamento degli indumenti militari distribuiva la lana governativa, ma i capi potevano anche essere realizzati con lana di privati. I cittadini che la fornivano avevano diritto a un incremento del 20% sul prezzo di ogni capo. Si concorse, inoltre, con il comitato di assistenza civile a organizzare la festa dell’albero di Natale per i fi gli dei richiamati. Anche a Potenza fu istituito un Uffi cio Notizie per tenersi in contatto con i dispersi in guerra. Grazie alla Presidente, fu aperto uno spaccio di generi alimentari per le persone meno abbienti. Il sottocomitato potentino dell’Unione italiana per la disciplina nazionale fu costituito

nel 1917 durante una riunione nella sala del consiglio comunale. Era formato dalla presidenza, dal comitato d’onore e dal comitato esecutivo. Nelle feste organizzate per i fi gli dei richiamati vennero distribuiti libri e giocattoli. Nel febbraio del 1918 fu off erta la bandiera di combattimento al 9° reparto di assalto. Nel maggio 1918, il comitato organizzò serate di benefi cenza con musica, quadri plastici, fi lodrammatici e letture patriottiche. A luglio furono organizzate due conferenze nel Teatro Stabile in Piazza Prefettura. La Scuola familiare di calzature Fu istituita nei locali della chiesa della Trinità, off erti dall’Arciprete D’Elia, direttore della scuola. Furono sostenute le prime spese e fi no a settembre 1918 ci furono 4 corsi per signore e 1 per uomini con oltre venti allievi per corso. Fu insegnato il metodo delle calzature inchiodate. A causa delle malattie infettive, dopo settembre i corsi furono annullati, ma la scuola rimase aperta ai volenterosi. Le scarpe prodotte furono vendute ad un prezzo inferiore al costo della materia prima, con preferenze alle famiglie dei richiamati. Le spese ammontarono ad oltre 4000 lire. La Basilicata era una grande produttrice sia di olio che di formaggio, ma a Potenza se ne produceva poco. Tramite l’ordinazione del Commissario generale dei Consumi furono richiesti per la città di Potenza 500 q.li di olio e 450 q.li di formaggio. Per il ritiro delle merci fu stipulato un contratto nel quale venivano registrati il trasporto, i fusti, l’anticipo di

Beni“costruiti”

Le operaie venivano retribuite con fondi ministeriali, i capi potevano anche essere confezionati con lana privata: in questo caso c’era un premio del 20% in più del prezzo fi ssato per capo, oltre al valore della lana impiegato in base al peso. Venivano indicati i modelli dei capi militari da produrre, prezzi, mobilità di distribuzione e lavorazione. Furono prodotti

caschi, maglioni, sciarpe, guanti, gambali, corpetti,

camicie

Festa dell’albero

Piccole e simpatiche feste per i fi gli dei richiamati

e feriti.

Teatro Stabile

Le conferenze furono tenute dalla presidente del comitato

romano, prof.ssa Anna Messe-Rebaudi.

La Scuola familiare di calzature fu fi nanziata dal

locale Comitato di propaganda (£ 300), dal Comune (£ 200),

dal locale Comitato d’assistenza civile (£ 200), dalla Camera

di Commercio (£ 250) e dall’arciprete D’Elia (£ 500)

che ne fu anche il cassiere.

Il metodo delle calzatureFu appreso dalla signora Introna a Roma per incarico del comune di

Potenza.

PotenzaFu necessario l’intervento

economico del Comune

L’esportazione in Basilicata fu vietata

per alcuni beni fra cui ilgranturco e la farina.

Furono scoperti incettatori di alimenti.

capitale e le perdite per “sfrido” ed altro, lasciando al Comune l’incarico di distribuire la merce. Il Comune decise di abbassare i prezzi sui prodotti, a volte più bassi in quei luoghi dove venivano prodotti. Per evitare l’esportazione clandestina dell’olio, fu necessario il tesseramento. Ad ogni persona veniva assegnato 1/3 di litro di olio e 250 gr. di formaggio.Il censimento del frumento a Potenza La produzione del frumento dal 1916 al 1918 fu in aumento. Poiché le famiglie erano autosuffi cienti, non avevano bisogno della tessera del pane, il quale veniva acquistato liberamente. Nonostante ciò era razionata la distribuzione di grano e farina. La misura media al giorno era di 300 gr. a persona. La media mensile aumentò da 911 a 916 q.li nel 1918; tale quantità non creò aff ollamento per l’acquisto del pane neanche nei mesi di magra di giugno e luglio. Erano limitate le assegnazioni di grano duro, nonostante Potenza ne fosse ricca, poiché erano diffi coltosi il trasporto e la distribuzione. Si fece in modo che ognuno avesse la sua quota ma a dicembre fu scarsa, e l’unico dono che l’Amministrazione Comunale potè fare fu quello di 1kg di pasta. Solo nel mese di febbraio il Consorzio Provinciale poté fornire al Comune 98 Q.li di semola. Le Assegnazioni mensili furono suffi cienti soprattutto perché molti contadini ritiravano parzialmente le loro quote o non le ritiravano aff atto. Ciò permise un approvvigionamento maggiore di zucchero, riso, pasta e grano per la restante popolazione. Altri due approvvigionamenti riguardarono l’olio e il formaggio, ma la loro gestione non avvenne per mezzo dei magazzini annonari.Ci fu un riordinamento dell’uffi cio annonario, che si occupò degli acquisti e della distribuzione, del precalcolo dei fabbisogni, del razionamento mediante le tessere, del rilascio di buoni e licenze e della contabilità di tutta la gestione.

Funzionamento dell’u� cio e dei magazzini annonari comunali L’ esigenza principale dell’amministrazione era quella di organizzare l’uffi cio istituendo una sezione formata da due segretari e uno scritturale. Inoltre, si costituì una commissione annonaria consultiva e di vigilanza che fu di aiuto per i pareri relativi agli acquisti e al controllo dei tagliandi delle tessere. Infi ne venne posto in atto un regolamento approvato dal consiglio comunale il 14 febbraio del 1918 Le carni, bovine, ovine e suine, furono in continuo crescere fi no al 1917 lo sbalzo maggiore ci fu nei primi del 1918 dopo le sconfi tte militari. Le carni ovine aumentarono tanto che per un periodo furono date anche ai militari negli enti territoriali.

Aumentarono i prezzi anche delle carni suine. Pane, farina, paste alimentari, hanno avuto un prezzo uguale in tutte le città, il latte e i formaggi aumentano di prezzo.

Per i Consumi il consiglio provinciale di

Basilicata il 24 ottobre del 1916 promosse la costituzione di un

ente autonomo nella città di Potenza.

D a l l e famiglie e dalle

aziende ci furono

relative raccolte, grazie anche al contributo dell’Assistenza Civile. Questo evitò l’acquisto di materiale

estero.

A Potenza i prezzi

restarono contenuti mentre in altre città italiane

furono superati di gran lunga. A Milano i costi degli alimenti

esaminati in cifra assoluta erano più alti rispetto a quelli di Potenza.

A Milano il burro rappresentava un alimento indispensabile, a Potenza era considerato un

cibo di lusso.

Nel 1918 i due approvvigionamenti furono sottoposti al controllo dello Stato, così come il divieto di esportazione fra le province.

Assegnazioni mensili per gennaio e

febbraio 49 q.li ; per aprile e marzo 18 q.li; da maggio a

settembre 37 q.li; ottobre 40 q.li ; novembre e dicembre 57 q.li . A

fi ne anno la quota fu elevata da 250 a 300 gr.

Per l’approvvigionamento alimentare furono istituiti i

consorzi granari.

Per la limitazione dei consumi

a Potenza nel 1917 le varie commissioni sorte in provincia

per fronteggiare l’emergenza bellica si incontrarono e decisero

di costituire un comitato di propaganda.

LaboratorioEra diretto dalle signore Emma

Lamonica ed Elvira Solimena

Page 4: L’ aviazione militare italiana nella grande guerra · “più pesante dell’aria” in dotazione alle Forze Armate ... l’approccio italiano all’arma ... assegnati alle diverse

Nonostante gli aumenti subiti di fronte ai prezzi, il comune ne ha assunto l’approvvigionamento. Il governo, inoltre, realizzò e distribuì opuscoli informativi e propagandistici per la limitazione dei consumi alimentari, nei quali si riportavano la composizione chimica degli alimenti quotidiani

di base, le calorie, le quantità e la modalità di preparazione.I Profughi a Potenza Durante il confl itto, migliaia furono le persone costrette a rifugiarsi in altre regioni del Regno: i profughi; essi erano classifi cati in diverse categorie. Prima di tutto c’erano gli stranieri, persone che abitavano nelle città coinvolte dai confl itti della Grande Guerra che venivano fatti sgombrare A Potenza i prezzi restarono contenuti mentre in altre città italiane furono superati di gran lunga. A Milano i costi degli alimenti esaminati in cifra assoluta erano più alti rispetto a quelli di

Potenza. A Milano il burro rappresentava un alimento indispensabile, a Potenza era considerato un cibo di lusso. Per l’approvvigiona mento alimentare furono istituiti i consorzi granari. Per la limitazione dei consumi a Potenza nel 1917 le varie commissioni sorte in provincia per fronteggiare l’emergenza bellica si incontrarono e decisero di costituire un comitato di propaganda. 49 per motivi di sicurezza. Si trattava di popolazioni non italiane. A seguire c’erano i cittadini delle zone occupate dall’esercito italiano, che dovevano essere allontanati per sospetti d’ infedeltà e spionaggio. Infi ne c’erano gli italiani che si dividevano in due categorie: coloro che venivano fatti sgomberare dalle

zone interessate dalla guerra per motivi di sicurezza e quelli che erano allontanati dalle proprie città per dubbi sulla loro fedeltà. Già nei primi giorni del novembre 1917, dopo la disfatta di Caporetto, cominciarono ad arrivare a Potenza i primi profughi. Ne giunsero oltre 1500, i quali trovarono subito accoglienza da parte di comitati di volontari che allestivano alloggi (scuole pubbliche e case di privati) e provvedevano al

vitto, all’abbigliamento e al conforto degli esuli. I profughi vennero sistemati nei vari paesi della provincia, a Potenza ne rimasero circa 400 per la maggior parte provenienti dalla provincia di Venezia. Un primo comitato si costituì già nel novembre del 1917, mentre il 3 gennaio 1918 fu nominato il patronato dei profughi, seguendo le norme del decreto luogotenenziale. Ne fu nominato segretario il sig. Michele Garramone,

La cartolina documenta la tenuta delle relazioni tra gruppi di

familiari di profughi riparati in posti diversi sul

territorio del Regno.

24 ott - 12 nov 1917 La battaglia di

Caporetto venne combattuta tra il regio esercito italiano e le forze austroungariche e tedesche. Rappresentò la più grave disfatta nella storia dell’esercito italiano. Durante la ritirata, oltre un milione di persone delle province di Udine, Treviso, Venezia e Vicenza furono costrette ad abbandonare le loro

case riversandosi nelle strade che conducevano alla

Pianura Padana.

Comitato pro profughi friulani sorto a Potenza per soccorrere la gente che, a causa della guerra, aveva dovuto abbandonare le

proprie case. Per loro il comitato di Potenza avviò una raccolta

fondi presso autorità e cittadini.

Decreto luogotenenziale

Nell’ordinamento giuridico italiano era un atto avente forza di legge adottato dal Consiglio dei ministri e promulgato dal Luogotenente del Regno. Era in tutto equivalente al Regio

Decreto Legislativo promulgato dal Re.

Non fu facile risolvere

la questione degli alloggi per i profughi, poichè nel

capoluogo le case non bastavano nemmeno per i residenti. A poco a poco però tutti si sistemarono col minor disagio possibile, la maggioranza in città e poche

famiglie nel borgo San Rocco e a Villa Olimpia. Lo stato coprì

tutte le spese per gli alloggi incaricandosi anche di quelle per le illuminazioni, erogando

£17898,90 fi no a tutto aprile 1919.

archivista del Comune di Potenza. Importante fu il sostegno della sezione femminile. Le donne che ne facevano parte, accompagnate dall’ avv. R. Iannelli, fecero il giro di tutte le case dei profughi segnalandone le eventuali problematiche e assistendo i più bisognosi, donando loro denaro, abiti e biancheria. Oltre all’aiuto materiale valse anche quello morale. Grazie al comitato, i profughi, principalmente donne

e bambini, non si sentirono più soli e abbandonati. I profughi furono sistemati in alloggi adatti ad ospitarli. L’assistenza medica dei profughi fu affi data ai medici condotti, retribuiti con gratifi cazione su proposta del patronato. Non fu necessario istituire apposite scuole per i ragazzi profughi, poiché coloro che avevano frequentato le scuole elementari erano una quarantina e vennero distribuiti fra le varie classi. Per l’acquisto di libri e quaderni furono rimesse al direttore didattico £200. Per migliorare le condizioni economiche dei profughi, lo Stato cercò di trovare loro un’adeguata occupazione. Non fu facile impiegarli nei paesi di montagna della provincia, in quanto la maggior parte dei profughi apparteneva a famiglie di pescatori.

Classe VD I.I.S. “F. Saverio Nitti” – Potenza, prof.ssa Nicoletta de Scisciolo

Assistenza medica La

Congregazione di Carità fornì i medicinali e

lo Stato pagò la tariff a da essa concordata. Fino a tutto dicembre 1918 furono spese £1363,20. Il patronato assicurava assistenza alle donne profughe puerpere nell’ospedale civile; quando ciò non era possibile, la loro cura

era garantita dalla levatrice comunale che forniva

tutto il necessario.

Elenco dei profughi operai che trovarono occupazione presso l’impresa Angelini e Flaviani, appaltatrice dei lavori per la costruzione delle ferrovie a scartamento ridotto di Basilicata e Calabria da parte della Società italiana per le strade ferrate del

Mediterraneo (prospetto del mese di giugno 1916).