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equilibra edizioni MASSIMO FRANCESCHETTI LA COMUNICAZIONE NON VERBALE

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equilibra edizioni

MASSIMO FRANCESCHETTI

LA COMUNICAZIONE NON VERBALE

PRESENTAZIONE

I testi qui presentati riguardano la comunicazione interpersonale, il lavoro di gruppo e lo sviluppo personale. Hanno lo scopo di condividere quanto ho appreso attraverso la mia esperienza personale, gli studi e le lezioni tenute in aziende, istituzioni o scuole. Essi vogliono essere uno stimolo alla riflessione e all’azione per coloro che vogliono conoscere e migliorare il proprio comportamento nelle relazioni interpersonali. Non vogliono esaurire l’argomento, né sostituire le lezioni. Alla fine viene dato qualche riferimento per orientarsi. Tutto quanto qui scritto è frutto di esperienze personali e letture di altri autori rielaborate personalmente. I testi non hanno subito un lavoro professionale di editing e quindi possono presentare errori. Sono grato per qualsiasi segnalazione o commento. Per farlo scrivete a: [email protected]

I testi sono di proprietà dell’autore, Massimo Franceschetti, che si assume la responsabilità di quanto scritto. Essi non sono utilizzabili, da terzi, per nessun fine commerciale.

Creative Commons

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Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate CC BY-NC-ND

In copertina: Edward Munch, L’urlo, 1893.

Edizioni Equilibra aprile 2019

INDICE

Introduzione 6

1. Elementi fondamentali 7 Da dove viene la cnv? 7

La cnv è innata o appresa? 7

Perché è così importante? 8

Cosa comunica la cnv? 8

Come si deve leggere o interpretare la cnv? 8

Esistono dei criteri di lettura della cnv? 9

Cosa fare per essere sicuri della nostra interpretazione? 10

Ma allora non c'è certezza nelle interpretazioni della cnv? 10

2. Le posture del corpo 11 Distanza e comportamento spaziale 13

La distanza tra gli esseri umani 13

Comportamento spaziale, l’orientamento 14

Il contatto fisico e il dialogo 14

3. Il volto 15 La specificità volto umano 15

Le 6 espressioni fondamentali 16

Micro espressioni ed espressioni sottili 16

La parte superiore del volto (fronte e sopracciglia) 17

Gli occhi 17

Lo sguardo, direzione e significati 18

La bocca 21 La bocca aperta 22

Il sorriso 22

4. La comunicazione paraverbale 24 Tipologie di suoni 24

Cosa comunica la voce 25

Le 6 voci colorate di Ciro Imparato 25

5. Gli arti nella cnv 27 Le mani 28

Il potere del palmo 28

La stretta di mano 29

I gesti con le mani 31

La gestualità delle braccia 32

La posizione delle gambe 33

La comunicazione dei piedi 34

Conclusione? Parlare di più 35

Riferimenti 36

Sembra così banale, ma nelle relazioni, si deve comunicare. Peter Krause

Introduzione

La comunicazione non verbale (d’ora in poi cnv) e la comunicazione paraverbale (d’ora in poi cpv) sono due canali della comunicazione umana. Insieme alla comunicazione verbale, essi favoriscono il coordinamento tra le persone. Migliorano la comprensione, permettendo così una migliore relazione.

Lo scopo di questo testo è offrire alcuni elementi di base per imparare a leggere in modo consapevole la cnv e la cpv.

La cnv viene anche chiamata “linguaggio del corpo” e “comunicazione analogica”. Con questi termini s'intende tutta quella comunicazione che viene veicolata attraverso il corpo e che non riguarda la dimensione del contenuto verbale.

Si parla di “linguaggio del corpo” perché il corpo umano si esprime continuamente. Il corpo degli esseri umani esprime, senza una cosciente volontà di farlo, pensieri, emozioni, stati d’animo, sentimenti, vissuti. D’altra parte, ogni essere umano guarda il corpo degli altri, compreso tutto ciò è collegato al corpo (ad esempio abiti o accessori), proprio per leggere quei tratti interiori e personali.

Siamo una specie sociale, la specie più sociale di tutte. Il corpo ha un ruolo decisivo nel regolare le nostre relazioni e la nostra comunicazione. La complessità delle relazioni è collegata anche alla grande capacità che ha il nostro corpo di comunicare. Come ci ha insegnato la scuola di Palo Alto: non si può non comunicare. Un corpo umano viene automaticamente e rapidamente letto dagli altri esseri umani per comprendere alcune cose fondamentali di esso e quindi per definire il tipo di relazione da tenere. La cnv è detta poi “comunicazione analogica”, perché la relazione tra ciò che rappresenta e ciò che è rappresentato è di somiglianza, di assimilazione, di parte per il tutto o di contiguità. In altre parole, c'è un'analogia tra ciò che è usato per significare e ciò che è significato (un pugno mostrato per intendere “minaccia” ha una relazione di parte per il tutto o analogica con il pugno vero che darò).

In un corpo tutto comunica ed è significativo. In questo testo, tuttavia, noi ci occuperemo di alcune parti. In particolare, ci occuperemo della postura, della distanza e il comportamento spaziale, il volto, il suono, le braccia e le gambe.

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1. Elementi fondamentali

Attraverso alcune domande, proponiamo alcuni elementi fondamentali per comprendere la cnv.

Da dove viene la cnv?

Dalla sua dimensione di essere vivente ed essere vivente sociale. Tutti gli animali usano il loro corpo come strumento di comunicazione. Tutti gli animali sociali hanno sistemi, più o meno, complessi per comunicare tra loro: dalla danza delle api alle varie tipologie di grido dei babbuini. I primati più vicini a noi che non hanno la parola usano il corpo per comunicare amicizia, sottomissione, disponibilità sessuale, aggressività. Ossia: il corpo usato come linguaggio permette una migliore interazione sociale. L’essere umano comunque ha potenziato moltissimo l’uso del corpo come sistema di comunicazione. Questo perché la dimensione sociale e la comunicazione sono state potenziate a loro volta. L’essere umano ha sviluppato il volto come strumento di comunicazione, complessi sistemi di uso del corpo (tatuaggi, colorazioni, abiti, accessori) e tutta la sua comunicazione è molto più complessa di quella dei primati. E' chiaro che lo sviluppo del linguaggio verbale nell'essere umano ha modificato il suo linguaggio del corpo, il quale è diventato molto più ricco e articolato. Tuttavia, detto questo, alcuni aspetti del linguaggio del corpo sono simili tra noi e i primati a noi vicini, proprio perché il nostro linguaggio del corpo, pur così diverso, è anch’esso una evoluzione rispetto ai nostri cugini primati.

La cnv è innata o appresa?

Entrambe le cose. Alcuni aspetti sono innati altri appresi. Gli aspetti innati sono difficili da studiare e quindi non c'è sempre unanimità tra gli scienziati su cosa sia innato o appreso. Certamente è innato l'uso del corpo per comunicare: tutti lo fanno. E' appreso, invece, il modo di usare il corpo, che cambia sensibilmente da cultura a cultura. Possiamo dire, inoltre, che la capacità di riconoscere l'espressione delle sei emozioni fondamentali è diffusa su tutto il globo con un basso indice d'errore. Esistono, infatti, gesti, movimenti, posture, distanze ed altri elementi diversi da cultura e cultura. E’ probabilmente innato il ruolo del sorriso come segno di disponibilità e amicizia. Altri aspetti della comunicazione non verbale sono appresi dalla cultura nella quale si nasce e cresce.

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Perché è così importante?

Perché è parte integrante del nostro sistema di comunicazione. La cnv influenza profondamente il modo di leggere e comprendere gli altri. E' attraverso la cnv che si attribuiscono delle intenzioni agli altri, che si crea fiducia, credibilità, autorevolezza. E' la cnv che ci fa sentire amati, aumenta la nostra autostima e ci permette di comprendere meglio gli altri e noi stessi. Le persone che non sanno leggere la cnv sono considerate malate e vengono chiamate alessitimici, cioé letteralmente "non lettori delle emozioni altrui". Le persone autistiche hanno questa patologia, ma in generale per motivi non patologici, ma culturali o psicologici, molte persone non fanno attenzione all'espressione degli altri. La difficoltà di lettura diviene difficoltà di comprensione e, questa, difficoltà di relazione, generando nelle persone sofferenza.

Cosa comunica la cnv?

Essenzialmente la cnv riguarda 5 grandi temi:

• Presentazione di sé, la propria identità • Le emozioni, i pensieri profondi, tutto il proprio universo interiore • Le relazioni tra le persone e gli atteggiamenti personali • Gestione del dialogo e sostegno al discorso • Riti

Per ciascun tema, alcune parti del corpo sono più importanti di altre, alcuni movimenti sono più appropriati, alcune posture migliori e così via.

Come si deve leggere o interpretare la cnv?

Già da diversi anni circolano testi più o meno popolari sulla cnv. Spesso questi testi mostrano una corrispondenza diretta tra una certa parte del corpo, una postura o certi atteggiamenti e specifici significati. Ad esempio: se tengo le braccio conserte vuol dire che sono chiuso ed ostile. Ora, questo modo di interpretare è riduttivo e può indurre in errore. Le braccia conserte sono certamente un indizio di chiusura, ma in se stesse sono solo braccia conserte. Per comprendere se questo indizio esprime chiusura non basta considerarlo da solo. Occorre che ce ne siano altri: il volto esprime ostilità? rabbia? La postura com'è? Cosa fanno le gambe? Con che

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tono la persona parla, se parla? Qual è il contesto nel quale l'azione si svolge? Cosa sta accadendo attorno? Cosa sta dicendo la persona con le braccia conserte? In altri termini, i criteri per leggere in modo appropriato il linguaggio del corpo sono almeno tre:

• Leggere l'insieme del corpo e non solo una parte (complessità) • Tenere presente il contesto nel quale la persona si muove

(contestualità) • Valutare il grado di coerenza tra ciò che la persona fa con il corpo e

ciò che dice (congruenza)

Quando si osserva il corpo "parlare" occorre fare né più né meno quello che si fa anche con le parole: nessuno prende una parola sola e da quella ricava il significato di tutto il discorso, né ignora il contesto personale o fisico nel quale la persona parla; né, infine, tralascia di considerare il senso del discorso e la sua coerenza interna.

Complessità, contestualità e congruenza sono i criteri importanti per leggere la cnv, altrimenti si rischia di interpretare in modo molto soggettivo, parziale e limitato il comportamento dell'altro.

Esistono dei criteri di lettura della cnv?

Ecco i più diffusi:

Onestà e sincerità: la cnv viene osservata per valutare il grado di sincerità e onestà del parlante. Quello che sta dicendo è ciò che realmente pensa o sente? La cnv offre strumenti per comprenderlo. La congruenza serve a questo: se il corpo non è congruente con le parole è possibile che ciò sia letto come un segno d'insincerità nella persona che parla.

Spontaneità e autodisciplina: il discorso è spontaneo, diretto o preparato?

Positivo e o negativo: la cnv ci permette di comprendere quale giudizio l'altra persona abbia su di noi o su aspetti che sta trattando.

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Cosa fare per essere sicuri della nostra interpretazione?

La cnv va letta con attenzione e serietà, tenendo presente che si tratta di interpretazioni personali che vanno verificate. Un sistema semplice di verifica sono le domande. Un buon comunicatore non è quello che capisce subito cosa la cnv comunica, ma è colui che sa chiedere ed indagare se le sue supposizioni, perché di questo si tratta, sono corrispondenti a ciò che l'altro sta vivendo. Ci sono tre strategie:

1. Domande aperte che invitano ad esprimersi, ad acquisire più elementi senza entrare nel merito della cnv. Cosa gliene pare? Cosa pensa lei di quanto stiamo dicendo? Come vede lei dal suo punto di vista la cosa? Cosa intende dire?

2. Domande chiuse servono a capire se si è interpretato in modo esatto la cnv… Sei arrabbiato, vero? Ho l'impressione che qualcosa non ti vada a genio, è così? Ci sei rimasto male, vero?

3. Silenzio: non parlare ed attendere che sia l'altro ad esprimersi. Cercare elementi di verifica nei comportamenti successivi, nelle azioni che compie, senza intervenire. Per silenzio si può anche intendere una parziale omissione di parole. Ad esempio, si inizia una frase ma non la si finisce, oppure si emettono dei suoni di conferma di attenzione, ma nient'altro, invitando così (obbligando, per certi versi) l'altro a parlare e quindi ad esprimersi di più o meglio.

Ma allora non c'è certezza nelle interpretazioni della cnv?

No. Non senza opportune verifiche. Questo non significa che sia tutto soggettivo, ma semplicemente, come gli studiosi dimostrano, le persone non sanno leggere la cnv e quindi si sbagliano. Ma se opportunamente allenate, possono apprendere a sbagliarsi di meno. Ciò significa che la cnv è relativamente chiara, solo che gli adulti perdono la capacità di leggerla in modo efficace. Ciò che accade normalmente è che le persone leggono negli altri quello che vogliono leggere o quello che loro vivono proiettandolo, senza rendersene conto, sugli altri. Per questo è importante non solo allenarsi, ma anche conoscersi. E' evidente che più una persona si conosce, conosce i propri modi di leggere la realtà,

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la propria cnv, e più è in grado di leggere quella degli altri. La cnv è uno strumento di comunicazione che se considerato seriamente, e usato in modo appropriato, permette alle persone di stare meglio insieme.

2. Le posture del corpo

Esiste una correlazione strettissima tra il corpo e la sua dimensione interiore, invisibile. Noi siamo il nostro corpo, ossia siamo espressione fisica di una dimensione psichica, così come è vero il contrario: sia espressione psichica del nostro essere fisico. Così ogni movimento ed ogni posizione che il corpo assume non sono mai frutto del caso. Sono invece espressione di un rapporto tra la dimensione interiore e le convenzioni sociali che regola la dimensione posturale.

Il nostro corpo è profondamente regolato e non spontaneo. Così ciò che ci sembra libera espressione della nostra spontaneità è quasi sempre invece ciò che siamo stati educati ad esprimere. Le posture che assumiamo ne rendono conto.

Per “posture” intendiamo la posizione complessiva del corpo. Negli esseri umani sono considerate tre principali posture: eretta, seduta, con le varianti rannicchiata o in ginocchio, e quindi distesa. All’interno di ciascuna di queste tre posture maggiori è possibile ravvisare altre posture più specifiche.

Nelle società primitive esistono altre posture che nella nostra civiltà non vengono utilizzate. Ad esempio, stare in piedi su una gamba sola, accovacciarsi, stare seduti a gambe incrociate, inginocchiarsi su un ginocchio solo. Ogni cultura esprime emozioni, stati d’animo o relazioni, assumendo posture diverse. Così in ogni cultura, per ogni situazione, educa a posture appropriate e a posture ritenute inadatte o sconvenienti.

Le posture esprimono atteggiamenti interpersonali o relazioni tra le persone, emozioni e tratti del carattere.

Attraverso le posture possiamo individuare alcuni tratti importanti dello stato d’animo di una persona e di specifici atteggiamenti. Ad esempio possiamo indicare se uno sta curiosando, se sta cercando qualcosa, se è timido, se è affettuoso, perplesso, arrabbiato, agitato, spaventato, guardingo, supponente, aperto o sottomesso.

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Uno dei significati più importanti trasmessi attraverso la postura è la relazione di dominanza e di sottomissione. Per esprimere dominanza in genere si assume posizione eretta, gonfiando il petto, mettendo le mani sui fianchi, compiere gesti ampi, tutti tratti che ampliano la grandezza fisica visibile. La dominanza si trasmette anche attraverso la rilassatezza. Il corpo allora è in una posizione rilassata, sia eretta che seduta, con la posizione asimmetrica delle braccia, inclinazione laterale, posizione asimmetrica delle gambe, rilassamento della mano, inclinazione all’indietro.

La persona sottomessa avrà posture inverse, sarà più rigida o tenderà a restringersi. La persona sottomessa esprimerà maggiore tensione e la persona tesa sta in piedi o seduta in modo rigido, si sporge in avanti, tiene le mani e le gambe unite, e ha i muscoli tesi. La persona sottomessa ha il corpo rivolto verso la persona dominante. La rilassatezza comunica dominanza, ma anche antipatia. Le persone si rilassano con le persone che trovano simpatiche, ma sono molto rilassate anche con coloro che trovano antipatici.

Probabilmente il contatto umano richiede una certa dose di tensione, di attenzione di concentrazione. L’espressione di incuranza verso questo contatto può portare o all’indifferenza e al distacco o al rilassamento che significa di fatto disimpegno. Per questo, in certi contesti (come a scuola), l’essere rilassati denota irrispetto, perché è associato alla dominanza e all’indifferenza, alla possibilità che si ha di disimpegnarsi dal contatto con il docente.

Gli uomini, tuttavia, assumono una posizione meno rilassata quando sono di fronte a uomini non graditi. Le donne sono molto più portate ad espressioni meno rilassate, molto più orientate al contatto.

Stare in piedi con l’interlocutore seduto può esprimere dominanza o sottomissione anche a seconda di come si sta seduti o in piedi e del perché. Un docente interroga da seduto un allievo in piedi. Un poliziotto interroga in piedi un indagato che sta seduto. Il primo è rilassato e in una posizione di attesa e di giudizio (dominanza interiore), il secondo in una posizione di minaccia e di dominanza (deve essere più grande dell’altro, ossia dominanza esteriore).

Si è notato che un maggior accordo tra le persone è segnalato (e alcuni affermano “causato”) dalla sincronizzazione delle posture (o "rispecchiamento" nella PNL). Le persone, nel dialogo, assumono via via posizioni simili o complementari, si armonizzano, come fossero in una danza a due che conducono in modo

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inconsapevole. Dagli studi si è evinto che quando qualcuno imita un altro nelle sue posture durante il dialogo viene apprezzato di più.

Distanza e comportamento spaziale

L’essere umano è un essere sociale e territoriale. Ciò significa che è impegnato nella definizione di un proprio spazio fisico e psichico definito in relazione a quello degli altri. Come altri animali, anche l’uomo delimita un territorio, lo definisce come suo e l’organizza a partire da sé e in relazione agli altri. Per questo lo spazio attorno ad un essere umano non è mai neutro o insignificante. Lo spazio e il comportamento spaziale (quel posizione la persona occupa nello spazio) sono fortemente regolati dalla cultura di appartenenza di ciascun essere umano. Così le distanze tra gli esseri umani che, seppur in modo diverso da cultura a cultura, sono regolate in modo preciso. Così la posizione che in un determinato spazio la persona assume esprime qualcosa: dallo stato d’animo alla relazione di sottomissione o dominanza rispetto agli altri esseri umani coinvolti.

La distanza tra gli esseri umani

La distanza tra gli esseri umani è precisamente regolata. Esistono 4 tipi di distanze: intima, personale, sociale e pubblica. La intima è quella che c’è tra due corpi che si toccano nell’atto sessuale, nell’abbraccio, nel contatto fisico e sono vicini fino a circa 45 cm. La personale è una distanza che va dai 45 cm al 120 cm circa. Corrisponde all’uovo prossemico o spazio personale. La distanza sociale va dal 1,20 ai 3,65 metri circa. Si tratta della distanza che si tiene nelle relazioni gerarchiche, nelle situazioni più formali, in quelle legate al lavoro, nelle riunioni… La distanza pubblica dai 3,65 metri a distanze superiori. Questa distanza riguarda comizi, concerti, discorsi pubblici, esposizioni di reali…

Esiste una correlazione strettissima tra distanza e relazione tra le persone. Persone che si conoscono poco tendono ad assumere, se libere di farlo, una distanza sociale. Esiste anche una differenza profonda tra culture. Culture di contatto maggiore hanno distanze più ravvicinate o tollerano in misura maggiore distanze minori. In genere, superare la distanza di comfort dell’altro implica in quest’ultimo ansia e stress.

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Comportamento spaziale, l’orientamento

L’orientamento del corpo è calcolato in base alla posizione dei due interlocutori: frontale, orientato a 45°, di lato, di schiena. Tenendo presente quanto detto sulle distanze, l’orientamento implica una certa relazione tra le persone: vicinanza, lontananza, apertura, chiusura, ostilità, disponibilità. La posizione tra due interlocutori sarà frontale quando sarà in atto un confronto. Non è detto che ci sia ostilità, ma un orientamento a 45° gradi è più appropriato ad esprimere vicinanza e complicità. Questa è la posizione che assumono spesso gli uomini che parlano tra loro in modo amichevole. La posizione di lato può essere collegata a vicinanza, aiuto, scambio affettivamente positivo. Di lato e di schiena possono essere anche indifferenza o ostilità, chiaramente, a seconda del contesto e delle relazioni già esistenti. Ma anche posizioni costrette dalle situazioni. In questo caso esiste una regola di accettazione della vicinanza fisica a patto che le persone si comportino come se non esistessero l’uno agli occhi dell’altro. Le facce serie e quasi tristi dei pendolari, di coloro che salgono in ascensore, significano: “accetto di diventare inespressivo come se non esistessi” e questo per favorire la convivenza e la rilassatezza in uno spazio ristretto.

Il contatto fisico e il dialogo

Voglio riprendere qui un aspetto importante del movimento nello spazio che è il contatto fisico. E' oramai accertata e accettata l'importanza del contatto fisico come mezzo di comunicazione, educazione e crescita. Alcuni studiosi (vedi il testo della Pacifico in bibliografia) fanno l’ipotesi che esista una correlazione tra contatto fisico, sua qualità e persistenza e la possibilità di un contatto con la realtà e la capacità di sostenere un dialogo profondo tra le persone. Questo legame si basa sul fatto che il contatto in sé è una prova di verità sul reale legame affettivo che unisce le persone tra loro. Toccarsi, abbracciarsi, sono “prove” della qualità di affetto che collega le persone. Il contatto dà la misura, più di un discorso, di quanto l’altro sia felice o meno, gioisca o patisca con noi. Da ciò discende la sicurezza di essere accettati, di esistere in positivo o in negativo per gli altri. Se nell’infanzia, come è abbastanza comune in certe culture poco inclini al contatto, è venuta a mancare la sicurezza sulla verità dei legami affettivi, poiché sono mancati messaggi chiari e forti di tipo fisico, nell’adulto ci sarà sempre disagio e la tendenza da una parte a chiedere conferma e dall’altra a non averne mai abbastanza. Rimarrà come un vuoto nell’ambito della sicurezza di sé, come un punto cieco. L’individuo farà fatica a vivere l’essere importante per un altro, non sarà mai certo di essere amato e avrà continuamente bisogno di prove. Queste

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però sono definibili come vere e proprie manovre inquinanti o inquinamenti comunicativi. Le ripetute richieste di accettazione, di affetto, dirette o indirette, che continuamente vengono fatta agli amici o al partner disturbano la comunicazione, la rendono complessa e difficile. Esiste quindi una correlazione che la Pacifico definisce in questi termini: assenza di contatto porta ad assenza di dialogo, la quale porta all'assenza di accettazione. Le persone hanno bisogno di prove tangibili dell’amore e questo passa attraverso il contatto. Se non lo si è avuto è difficile essere sicuri di sé, perché si ha la sensazione di essere rifiutati e quindi di essere inadatti, sbagliati. Non si ha quindi il diritto di esistere, di star bene, di avere il meglio. Il contatto fisico, infine, è collegato anche al contatto con la realtà. La realtà viene sfuggita proprio perché l’insicurezza la fa temere e perché la “vicinanza” è desiderata e temuta.

3. Il volto

La specificità volto umano

L’essere umano, a differenza dei primati, ha potenziato e sviluppato il volto come strumento di interazione e comunicazione. Innanzitutto si è sviluppata un'area del cervello deputata esclusivamente al riconoscimento dei volti e nello stesso tempo ogni persona ha sviluppato un volto specifico. In questo modo il volto esprime innanzitutto l’identità di una persona.

Il volto come strumento di comunicazione è molto potente. Il viso è uno dei più importanti, se non il più importante, strumento di comunicazione. Gli occhi e la bocca sono essenziali per comprendere la comunicazione non verbale. Il volto comunica: identità, emozioni, relazioni interpersonali. Le espressioni del volto sono moltissime e molto varie e sono molto controllate nell’interazione tra le persone.

Il volto comunica potentemente e ha un ruolo importante perché è anche direttamente connesso al cervello. In particolare il nervo facciale che controlla l’insieme delle espressioni del viso è direttamente collegato all’ipotalamo e al sistema limbico. Per questo è difficile mentire completamente con il viso. Esiste tuttavia un’altra via tra il cervello e il volto e passa per la corteccia motoria che ha una rilevante parte dedicata al viso e soprattutto alla parte inferiore, quella della

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bocca, attraverso la quale può esprimere intenzionalmente molte espressioni e molte articolazioni. Per questo è possibile fingere un sorriso muovendo la bocca in modo intenzionale, ma più difficile coinvolgere gli altri muscoli.

In questo modo, durante le interazioni sociali, le espressioni del volto sono in parte intenzionali e in parte spontanee o non controllate direttamente. Esse hanno velocità diverse e gradi di forza espressiva diverse. I due percorsi possono essere in conflitto tra loro, dando luogo a fenomeni di incongruenza espressiva. Soprattutto questi due percorsi possono essere in contrapposizione o distinti dall’espressione verbale.

Le 6 espressioni fondamentali

Ekman e Frisen, dopo anni di studi, hanno individuato 6 espressioni mimiche fondamentali e universali, ossia che tutti riconoscono con un buon grado di certezza. Queste emozioni sono: gioia, paura, tristezza, rabbia, stupore, disgusto. A volte stupore e paura vengono confusi. Queste emozioni hanno particolari espressioni sul viso che le rendono riconoscibili e distinguibili. Ad esempio, quando proviamo gioia i muscoli coinvolti sono soprattutto quelli della bocca e degli occhi, così che la “vera” gioia si vede soprattutto nella parte superiore del volto. I muscoli, infatti, della parte superiore appartengono a quelli non gestibili intenzionalmente.

Le sei emozioni possono presentarsi in modo sovrapposto e contemporaneo. La sorpresa può essere piacevole o spiacevole e a seconda della differenza i muscoli coinvolti saranno diversi.

Micro espressioni ed espressioni sottili

Ekman e Frisen hanno scoperto, studiando dei video, l’esistenza delle micro espressioni, ossia espressioni che compaiono sul volto di una persona per brevissimo tempo (dal ½ al 1/25 secondo). Esse sono così rapide da non essere notate se non attraverso il rallentamento dei movimenti. Tuttavia è possibile acquisire l’abilità di vederle. La disattenzione, o la disabitudine alle microespressioni, è dovuta al ruolo centrale che viene dato culturalmente alla parola e all’abitudine sociale di non guardare intensamente qualcuno. Di qui una certa difficoltà a leggere in profondità il viso di qualcuno.

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Le microespressioni esprimono emozioni represse o rimosse e coinvolgono tutto il viso. Sotto l’emozione costruita si presentano le microespressioni.

Le espressioni sottili invece sono le espressioni che si presentano solo in parte sul viso oppure coinvolgono l’intero viso ma in modo attenuato, appena accennato. Esse esprimono emozioni poco intense o incipienti, oppure un’emozione intensa che viene attivamente repressa.

La parte superiore del volto (fronte e sopracciglia)

La fronte ha da sempre avuto un’attenzione particolare. La fronte viene messa fortemente in relazione con i tratti del carattere così tanto da creare veri e propri stereotipi che vengono perpetuati in molti modi. Nella fronte alta o bassa, stretta o larga vengono lette caratteristiche specifiche della persona. Insieme alla fronte vengono lette le rughe che l’attraversano e formano linee di diverso tipo.

Al di là di queste letture che non trovano riscontro negli studi scientifici, la parte superiore del volto serve a comunicare soprattutto: spavento, ansia, difficoltà di comprensione, stupore, meraviglia, perplessità o sorpresa.

Le sopracciglia accigliate, semi chiuse, minacciose indicano volontà di dominio, superiorità, aggressione imminente. Spesso nei film il cattivo ha le sopracciglia strette all’angolo tra il naso e l’occhio. Se invece le sopracciglia si aprono, si sgranano, allora, al contrario, si è aperti, ci si sottomette (tendenza più femminile). In questo senso aprire le sopracciglia sia con il gesto sia attraverso un'accurata “scultura” delle stesse permette di assumere un’aria infantile e quindi attirare le difese degli uomini.

Gli occhi

Gli occhi hanno un ruolo importantissimo nella cnv. Non a caso vengono definiti “lo specchio dell’anima” per la loro capacità di comunicare la dimensione interiore della persona. Dell’occhio occorre considerare tutto: la forma, la sclera, la pupilla, il suo colore e i movimenti. La forma degli occhi è un tratto estremamente importante che distingue razze diverse e al quale sono attribuite diverse caratteristiche di vivacità, intelligenza, disponibilità o ostilità.

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La pupilla e la sclera sono la parte principale dell’occhio. La sclera si è evoluta grazie alla comunicazione, in quanto permette di comprendere meglio la direzione dello sguardo e questo permette di interagire in modo più affidabile e profondo. La predisposizione femminile all’interazione si vede anche dall’ampiezza della sclera che nella donna è maggiore.

La pupilla è anch’essa un veicolo di significati. È dimostrato che attrae maggiormente una pupilla dilatata. Fermo restando, che si tratta di segnali difficilmente misurabili ed individuabili, dunque che probabilmente incidono nella vita reale meno di quanto possano emergere dagli studi condotti in laboratorio, va detto però che l’eccitazione dilata le pupille e la dilatazione delle pupille può essere un segnale di eccitazione, anche se non è immediata la causa. Neonati e bambini hanno pupille maggiormente dilatate. La dilatazione delle pupille è, inoltre, contagiosa. La dilatazione della pupilla non può essere intenzionale.

Il colore degli occhi hanno particolari significati e vengono associati a caratteristiche della persona. Gli occhi chiari sono attraenti anche perché permettono di cogliere la dilatazione della pupilla in modo più evidente e immediato. Gli occhi scuri sono collegati a vivacità mentale, sveltezza, capacità di improvvisare.

L’angolo visuale nell’uomo e nella donna non è identico. La donna ha un angolo visuale maggiore. Questo le consente di gestire meglio i movimenti oculari. Non ha infatti bisogno di muovere gli occhi per vedere, mentre l’uomo deve muovere lo sguardo maggiormente.

Il battito di ciglia prolungato è segno di difficoltà o disagio. Di norma battiamo le ciglia 6 o 8 volte al minuto e gli occhi restano chiuso per un decimo di secondo. Il battito di ciglia prolungato esprimono una difficoltà, un disagio, uno stato d’ansia che portano a voler “chiudere” con chi si ha davanti.

Lo sguardo, direzione e significati

Lo sguardo è l’azione di guardare intenzionalmente o meno verso un punto dello spazio. È un atto che permette in entrambi i sensi di acquisire informazioni. Chi guarda acquisisce informazioni da ciò che vede, chi guarda gli occhi comprende, attraverso di essi e lo sguardo, cosa sta vivendo la persona, a cosa è interessato, in che relazione è con l’interlocutore e con se stesso.

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L’interpretazione di uno sguardo dipende molto dagli altri segnali del viso e dal contesto.

Nella nostra cultura fin da piccoli ci obbligano a seguire certe regole. Guardare quando qualcuno ci parla (non farlo è segno di disinteresse e di dominanza); non fissare le persone oltre un certo limite (le bambine lo fanno di più dei bambini, comunque); non guardare difetti fisici; non guardare certe parti del corpo.

Lo sguardo reciproco è il primo tipo di contatto tra due persone e viene quindi usato come forma di saluto. L’occhiata a distanza” è un atto usato da tutti, anche dai primati, per salutarsi. Le sopracciglia si alzano, la fronte si aggrotta, ci si guarda e si accompagna questo con un sorriso, un cenno del capo verso l’alto qualche altro tipo di segno riconoscibile. Gli unici che non compiono questo gesto perché lo considerano negativamente sono i giapponesi. Per loro, il gesto suddetto, ha anche una connotazione sessuale. Quest’occhiata è un segnale di riconoscimento che probabilmente, nella sua forma, esprime sorpresa e timore (l’uso della fronte) e traducibile con “riconosco la tua presenza e non rappresento una minaccia”. Percepiamo in modo negativo e come potenziali aggressori chi non risponde a questo saluto.

Lo sguardo sollevato con la testa abbassata è un tipico gesto femminile di seduzione, in quanto fa sembrare gli occhi più grandi e conferisce alla donna un’aria infantile. Questo perché lo sguardo dal basso verso l’alto è lo sguardo dei bambini che stimola sentimenti parentali negli adulti.

Lo sguardo fisso diretto sull’interlocutore è fortemente regolato dalla cultura e muta con l’età della persona. I sudamericani e gli europei del sud guardano di più degli inglesi e degli americani. I neri americani guardano pochissimo l’interlocutore.

Lo sguardo fisso può avere due significati: minaccia o sottomissione. Uno sguardo fisso verso uno sconosciuto, in luoghi pubblici, quindi in contesti neutri, è ritenuto minaccioso. Se poi lo sguardo fisso è accompagnato da una serie di altri segnali legati alla minaccia diventa, appunto, una minaccia che in moltissime cultura rischia di divenire pericolosa. In questo senso esiste proprio, così come tra i primati, una “guerra a chi distoglie prima lo sguardo”. In altre parole, lo sguardo fisso usato come minaccia presuppone che uno dei due ceda all’altro il diritto di essere guardato senza guardare. In questo modo si sottomette.

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Chi si sottomette nello stesso tempo fissa più a lungo chi parla e chi ha più potere. Il dominante guarda poco l’interlocutore, mentre il dominato guarda più a lungo l’interlocutore. È dimostrato che lo status elevato o la dominanza sociale si riflette in una relativa quantità di sguardi mentre si ascolta. Le persone di status più elevato guardano relativamente poco mentre ascoltano e guardano maggiormente mentre parlano.

Guardare mentre si parla ha una doppia valenza. La persona con più potere si accerta che le sue parole siano ascoltate, ossia verifica il suo status. La persona con meno potere vuole essere sicura di capire cosa l’altro dice, anche per timore del potere dell’altro.

Infine, c’è un ulteriore tipo di sguardo fisso, non frequente, ma importante in determinate condizioni, che è quello tra due persone innamorate. Quello sguardo fisso aumenta l’eccitazione e la sensazione di intimità. In questo caso, lo sguardo fisso è un rinforzo reciproco. Lo sguardo in realtà non è propriamente fisso, ma rimane per un lungo tempo concentrato sul triangolo immaginario che va dai due occhi alla bocca.

Lo sguardo fornisce un importante feedback sui pensieri e gli atteggiamenti delle persone. La PNL ipotizza che la direzione dello sguardo durante il discorso non sia casuale, ma obbedisca a processi mentali diversi. In particolare se si guarda

in alto a sinistra = si ricorda un’immagine di lato a sinistra = si ricorda o si presta attenzione ad un suono in basso a destra = si ricorda o vive un sentimento in basso a sinistra = si parla con se stessi

La direzione dello sguardo è fortemente distinta in base alla qualità delle emozioni che si provano. Si è visto che le persone hanno tra loro maggiori contatti oculari in situazioni di esultanza o cordialità. Ne hanno molti di meno in situazioni di paura ansia o tristezza. Probabilmente quando l’oggetto a cui è legata l’emozione ha a che fare con sé si guarda meno. La vergogna e l’imbarazzo sono segnalate in modo netto dal distogliere lo sguardo.

Dagli studi possiamo concludere ciò che il popolo sa da molto e cioè che lo sguardo del padrone ingrassa il cavallo. Lo sguardo ha una potente influenza sugli altri. Si è accertato che più l’insegnante guarda i suoi allievi più questi imparano.

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La bocca

Considereremo qui la bocca come muscolo e non come organo fonatorio. La bocca ha un ruolo molto importante nella comunicazione non verbale. Infatti, attraverso di essa possiamo evidenziare in modo netto i moti del cuore. Questo perché la bocca ha una profonda connessione con la dimensione psichica. Attraverso di essa si può esprimere e quindi cogliere emozioni, stati d’animo e pensieri profondi.

La bocca, tuttavia, ha una valenza più ampia, considerato che essa è anche l’organo attraverso il quale introduciamo il cibo nel nostro corpo. Attraverso la bocca, il bambino inizia la sua avventura nel mondo. Egli esplora l’esterno innanzitutto con la bocca. Il bambino assaggia il mondo prima ancora di comprenderlo, anzi lo assaggia proprio per comprenderlo. Per questo esiste una correlazione tra la percezione e la bocca. La volontà di percepire “apre” la bocca, come nella sorpresa, mentre il contrario la chiude, come nel caso della disapprovazione.

Le labbra, come ben sanno chi ricorre alla chirurgia plastica, comunicano. Esse sono sia collegate, come abbiamo visto sopra, alla sorpresa o alla disapprovazione, sia ad altre emozioni. Le labbra in movimento quindi indicano delle intenzioni di parlare o non parlare, di aprirsi o chiudersi. Ma le labbra nella loro forma sono un potente segnale sessuale in quanto richiamano altre labbra. Per questo le labbra grandi, turgide e rosse richiamano le piccole o le grandi labbra del sesso femminile che diventano, quando sono eccitate, appunto più turgide e rosse. In quanto tale, le labbra della bocca sono un potente segnale di disponibilità e attività sessuale.

La bocca si stringe in diversi modi. Si serrano le labbra che rimangono orizzontali quando siamo arrabbiati e disapproviamo moralmente ciò che accade. Si serrano e si allargano per tutti gli zigomi come quando facciamo uno sforzo. Si serrano quando dobbiamo sforzarci di resistere (a denti stretti, si dice). La bocca stretta è comunque connessa allo sforzo: uno sforzo fisico o uno sforzo psichico. Lo sforzo di chi deve mantenere il controllo, di chi deve gestire qualcos’altro che non deve imporsi.

La bocca stretta sorride, ma si vede che è un sorriso senza intenzione positiva, senza profondità poiché a quel sorriso mancano gli occhi (vedi foto Meg Ryan, Pease, p. 69)

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La bocca aperta

Tenere la bocca aperta non è semplice, perché ci hanno educato a tenerla chiusa. La bocca, se rilassata, si apre naturalmente, ma pochi riescono a farlo e la bocca continua a rimanere chiusa. Si tratta di una questione di “faccia” sociale: avere spesso la bocca aperta non è un buon segno da esibire in società. Tenere la bocca aperta, infatti, è segno di una qualche apertura, disponibilità. In genere la bocca aperta comunica: stupore, meraviglia spavento disposizione a comunicare disposizione a cogliere e registrare

La bocca aperta può assumere quindi un significato di ignoranza, ingenuità, apertura indiscriminata e di qui è associata alla faciloneria o allo scarso acume o ad una mancanza di serietà. È un tratto infantile di chi ancora non sa com’è fatto il mondo. Per questo i bambini vengono educati a tenere la bocca chiusa, per esprimere presenza, serietà, capacità di gestire la situazione (non restarne sorpresi).

Il sorriso

Le nonne usavano dire: “sorridi, se vuoi fare una buona impressione”. E avevano ragione. Il sorriso è uno dei comportamenti più diffusi sul pianeta ed è espressione di felicità o piacere. L’essere umano è abile nel riconoscere un sorriso, a identificarlo al di là delle altre parti del viso. Il sorriso pieno è determinato dall’uso di due grandi muscoli: il grande zigomatico che decorre sul lato della faccia e giunge all’angolo della bocca e l’orbicolare dell’occhio che tende gli occhi all’indietro. Il primo è un muscolo che si può muovere intenzionalmente, il secondo no. Questo determina una varietà di sorrisi diversi a seconda che siano pieni e sentiti o solo voluti.

Il sorriso comunica la nostra disponibilità al contatto personale e, quindi, che non siamo pericolosi. Al contrario, la mancanza di sorriso esprime aggressività, desiderio di potere sull’altro. Sorridere, infatti, esprimendo disponibilità, esprime anche sottomissione, delega il potere all’altro o lo riconosce, come avviene in un tribunale. Si è infatti mostrato come le scuse fatte con un sorriso siano premiate di più di altre fatte senza sorriso.

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Il sorriso è contagioso e stimola nell’altro una risposta altrettanto positiva. Per questo è essenziale farlo all’inizio di un incontro o di uno scambio. Tanto più sorridiamo tanto più saranno positive le reazioni degli altri.

È vero anche che il “sorriso abbonda sulla bocca degli sciocchi” e quindi sorridere spesso può essere interpretato come eccessiva disponibilità, ansia, paura, e quindi poca affidabilità o scarsa serietà, a seconda dei contesti.

Qui trattiamo il sorriso e non la risata, ma va detto che spesso la risata appartiene al male, al cattivo che ride (Si veda la serietà efficientista di Batman con la buffoneria trasandata di Jocker: in ambito protestante, due universi a confronto).

Esistono 5 tipologie di sorriso:

Sorriso a labbra tirate. Le labbra sono serrate e formano quasi una linea retta che si apre sul volto, i denti non si vedono. Si tratta come abbiamo visto per la bocca stretta di un contenimento, di un impedimento o di un rifiuto. La persona che sorride in questo modo è impegnata nel mantenimento di una certa emozione o pensiero. Ne consegue un segno di distanza, di scarsa disponibilità. Si usa in situazioni formali in cui si deve sorridere per forza.

Il sorriso storto. Storto il sorriso, storto il sentimento, cioè poco chiaro, contraddittorio. Il viso si divide in due. Una parte sorride, ma l’altra è accigliata. Ci prendono in giro e non sappiamo se ridere o offenderci? Il sorriso storto esprime questo momento di contrasto interiore.

Il sorriso con la mandibola abbassata (e la bocca aperta). Un sorriso ampio, una risata quasi sempre lo accompagna. Esprime forza, ma anche sarcasmo, perché in qualche modo sembra forzata. Esprime una gioia falsa - l’occhio resta piuttosto chiuso – ed è tipico di personaggi negativi o falsi.

Il sorriso con lo sguardo di traverso. Con la testa china e lo sguardo di traverso, il sorriso rende la persona giovanile, quasi infantile, allegra, misteriosa, e perciò seduttiva. Si tratta di un sorriso usato più dalle donne che dagli uomini per lanciare segnale di disponibilità all’iniziativa maschile o per suscitare sentimenti di paterno affetto.

Il sorriso perenne. Esistono persone o culture che incoraggiano un sorriso perenne che ovviamente perde qualità comunicativa per diventare come una maschera. Le persone che non sono abituate fraintendono questo sorriso presupponendo della falsità e quindi qualcosa sotto. Le persone che tuttavia sono

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educate ad un tale sorriso fraintendono spesso chi sorride meno immaginando una certa ostilità.

4. La comunicazione paraverbale

Per comunicazione paraverbale s’intende la comunicazione sonora, le vocalizzazioni, i versi che vengono emessi dall’uomo mediante la bocca. Escluso il contenuto verbale di un parlante, così come quando ascoltiamo qualcuno parlare in una lingua che non conosciamo, il suono emesso comunica molte cose: età, sesso, provenienza geografica, oppure, emozioni, stati d’animo o relazioni.

Il suono come strumento di comunicazione è usato da moltissime specie. Sia gli uccelli che i primati usano vari tipologie di urli o grida per avvisare, minacciare, sedurre… Così come i pesci usano suoni e vibrazioni per comunicazione tra loro a grandi distanze. L’essere umano ha sviluppato, in modo unico, una capacità di elaborare suoni (dal parlare al cantare, dall’emettere grida a complesse vocalizzazioni) che non ha pari nel mondo animale. Questo gli consente, non solo di usare la sua capacità fonatoria in molti modi, ma anche di essere estremamente sensibile ad ogni tipo di suoni. Probabilmente da qui nasce la sua capacità musicale.

Tipologie di suoni

Gli studiosi distinguono vari tipi di vocalizzazioni:

Vocalizzazioni collegate alle emozioni: gemiti, lamenti, strida o grida, pianto, riso, gli ah o gli oh, ed anche borbottii e mugolii.

Parlare vero e proprio: articolare suoni in modo consapevole.

Vocalizzazioni legate al discorso: segni prosodici (tono ascendente per fare la domanda, pause). Segnali di sincronizzazione (tono discendente per finire la frase e dare spazio all’altro). Pause riempite: ehm ahm che vanno a riempire un silenzio cognitivo, così come le ripetizioni, i balbettii, i suoni incoerenti, le omissioni, la variazione di una frase o la sua incompletezza.

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Aspetti paralinguistici conferiti dal tono, la sonorità e la velocità. Sono parte integrante della frase e indicano un’emozione o una relazione: espressione di disprezzo, ad esempio.

Infine, la voce permette di dare informazioni sull’identità di chi parla: età, sesso, classe sociale, grado di cultura, provenienza geografica.

Cosa comunica la voce

La voce di una persona viene poco notata. Le parole hanno un ruolo così importante che spesso assorbono la gran parte della nostra attenzione, lasciando un po’ in ombra il suono della voce. Siamo poco allenati a considerare la voce in modo consapevole. Essa tuttavia è importante per comprendere molti aspetti dell’altro e di noi stessi. La voce, infatti, comunica moltissimi tipi di informazione: A) Emozioni, di cui offre molte sfumature; B) Stati d’animo o pensieri profondi più variegati come la sicurezza di sé, la fiducia, la disponibilità o la perplessità. La voce è fondamentale per acquisire credibilità e autorevolezza. C) L’identità personale di cui dice alcuni tratti essenziali (età approssimativa, sesso, provenienza geografica). D) Giudizi e pensieri riferiti al contesto o alle altre persone.

Le 6 voci colorate di Ciro Imparato

Ciro Imparato, doppiatore e psicologo, ha sviluppato un metodo di definizione e costruzione della voce. Il suo punto di partenza è che la voce influenza profondamente sia noi stessi che l’altro. Gestire la propria voce, farla diventare “bella” è quindi essenziale per migliorare le nostre relazioni sociali, e di qui la nostra autostima e quindi il nostro benessere.

La “bella voce ” per Imparato è la nostra voce, quando è espressiva – si lascia permettere di esprimere ciò che vive – e sincera. Quando la voce riflette nel modo più integrale chi siamo e cosa viviamo, allora è una bella voce. Così come un sorriso espressivo e sincero conquista fiducia e apertura, così una voce espressiva e sincera attira l’attenzione e la fiducia degli altri. A tutta prima sembrerebbe facile, ma in realtà non è così. Imparato afferma che molte persone sono affetta da daltonismo vocale. Il daltonismo vocale è la difficoltà ad esprimere nella voce la moltitudine di colori ossia emozioni che si

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provano e quindi, parimenti, la difficoltà a coglierli. Questa difficoltà è dovuta ad una educazione manchevole degli aspetti emotivi e comunicativi collegati alla voce. S’insegna come apprendere, ma non come gestire le nostre emozioni o esprimerle. Così le persone usano un solo “colore” per dire tutto, per ogni situazione. Imparato ha, invece, individuato 6 colori fondamentali. Quattro sono i colori da usare e 2 i colori da usare sempre meno.

Componenti importanti della voce: il suono, l’intenzione, l’articolazione e la prosodia. Il suono è il complesso vocale con il quale si parla. Un suono arriva direttamente all’anima e tipi diversi di suoni servono tipi diversi di momenti e di emozione. L’intenzione è il reale desiderio che si ha di farsi ascoltare. Non sempre si ha la giusta intenzione. L’articolazione è l’abilità di articolare ciascuna sillaba in modo che sia comprensibile. Più chiaro sarà il discorso più esso non solo sarà compreso, ma anche apprezzato. In ultimo, la prosodia, ossia l’andamento melodico del discorso, in alto o verso il basso, ascendente o discendente. Essa permette di comprendere la provenienza delle persone, ma dona al discorso qualità diverse di assertività.

Le 6 voci individuate da Imparato corrispondono a colori e a emozioni o tipi di relazione: Giallo = Amicizia, Simpatia, Cordialità Verde = Fiducia, empatia Blu = Sicurezza, Autorevolezza Rossa = Passione, Calore Affetto

Ci sono poi le voci: Grigia = Apatia, indifferenza Nera = Rabbia, Rancore, Odio

Ognuna di queste voci si costruisce attraverso quattro componenti: il volume, il tono, il tempo e le pause. Attraverso la combinazione (o la loro neutralizzazione) di questi elementi si ottengono le 6 voci suddette. In particolare:

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Le altre due voci sono caratterizzate in questo modo:

La gestione consapevole delle diverse componenti, l’allenamento all’autoascolto possono permettere a chiunque di diventare più abili nella gestione della voce. Quanto meno, si diventa più abili a riconoscere le voci e la loro qualità colorata.

5. Gli arti nella cnv

Gli arti sono un veicolo di comunicazione molto importanti e sono connessi soprattutto alle emozioni. La rabbia, in particolar modo, si collega agli arti superiori e le gambe, invece, alla paura. Così, se vogliamo capire quali delle due emozioni una persona prova possiamo vedere cosa fa con questi due tipi di arti. Le braccia e le gambe sono interessanti anche perché sono sottoposte ad un controllo

Componenti della Voce

V O C E GIALLA Amicizia S o r r i d e n t e cordiale

V O C E VERDE Fiducia S i n c e r a rassicurante

VOCE BLU Autorevolezza Affidabile sicura

V O C E ROSSA Passione Propos i t iva Coinvolgente

Volume Medio alto Medio basso Medio alto altoTono Variabile, alto

bassobasso B a s s o

conclusivoMedio alto

Tempo Quasi veloce lento medio veloceRitmo Pause brevi Pause esitanti Pause nette incalzanteSorriso costante dolce sicuro intenso

Componenti del la voce

VOCE GRIGIA Apatia, noia, distacco

VOCE NERA Rabbia, odio, disprezzo

Volume Basso Alto, ForzatoTono A cantilena, medio

bassoMedio, alto con mordente

Tempo Quasi lento Medio-veloceRitmo Pause lente annoianti Serrato con pauseSorriso Inesistente Inesistente

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meno cosciente e meno forte e quindi comunicano probabilmente in modo più sincero ciò che si muove dentro una persona. Come sempre, anche se qui prendiamo in considerazioni braccia, mani piedi e gambe separatamente, ma ciò che esse esprimono va interpretato attraverso anche altri segnali non verbali espressi con il volto, ad esempio o con altri parti del corpo e va collegato in modo intelligente al contesto nel quale ci si trova.

Le mani

Le mani segnano la nostra evoluzione di esseri umani quanto la mente e il linguaggio. Il cervello ha più correlazioni con le mani che con qualsiasi altro organo. Esse sono sempre davanti a noi, spie del nostro stato emozionale e dei nostri atteggiamenti relazionali. Nonostante siano estremamente visibili e riconoscibili, relativamente affidabili nella interpretazione, esse sono anche poco considerate. Per questo sono anche interessanti da studiare.

Le mani comunicano in modi diversi. Attraverso le mani possiamo stabilire vari tipi di relazione e possiamo esprimere veri e propri concetti. Attraverso i gesti illustratori accompagniamo il discorso per renderlo più vivido ed efficace. Attraverso i gesti simbolici possiamo riassumere intere frasi. Le mani toccano, si stringono, minacciano o colpiscono. Sono uno strumento di contatto formidabile e uno strumento di esplorazione e conoscenza del mondo. Sono anche un mezzo per comprendere qualcosa in più di cosa si muove dentro di noi e dentro gli altri.

Il potere del palmo

Le mani sono uno strumento di comunicazione potente. A cominciare dall’orientamento del palmo. Quando qualcuno vuole professare la propria innocenza allarga le braccia e mostra i palmi al suo interlocutore. Quando un bambino cela qualcosa mette la mani dietro la schiena e nasconde i palmi. Ai venditori viene insegnato ad osservare i palmi delle mani quando un cliente rifiuta una proposta: se mostra i palmi il rifiuto è fondato, quando non lo è i palmi sono coperti o nascosti. Tenere le mani in tasca è la tattica preferita dagli uomini per esprimere il loro desiderio a non partecipare ad una conversazione. Mostrarli vuol dire apertura e disponibilità al dialogo, nasconderli vuol dire chiudere la bocca.

I principali gesti che riguardano il palmo possono essere:

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Palmo verso l’alto: sottomissione, non minaccia, (ricorda l’elemosina) Palmo verso il basso: autorità, dominanza, possibile minaccia se non giustificato dalla posizione Dito puntato: minaccia (ricorda una mazza)

Il palmo verso l’alto è un gesto di resa (sono disarmato). Predispone in modo positivo l’altro, non suscita reazioni spiacevoli. Il palmo verso il basso è un gesto di autorità e di dominanza. E' il gesto dei fascisti e dei nazisti. E' il gesto che può essere vissuto come una minaccia e rifiutato. Il dito puntato, come sanno le nonne, è un gesto irritante per chi lo riceve, perché implica una minaccia. Mima una bastonata e può essere molto sgarbato in alcuni contesti. In Malesia e nelle Filippini è ritenuto insultante indicare con l’indice. Ci si indica con il pollice. Il palmo in giù o in su sono significativi anche nel saluto e nel richiamo. Chiamare una persona, invitarla cioè a venire verso di noi, con un gesto della mano a palmo in giù o a palmo in su, non è la stessa cosa. Il grado di “minacciosità” cambia. Inoltre c’è una correlazione con il saluto. Salutare con il palmo in su, nascosto all’interlocutore, o rivolto verso l’interlocutore esprime due relazioni diverse, coerenti con il significato presentato sopra. Lo sfregarsi i palmi indica un po’ ovunque, che ci aspetta qualcosa di molto buono.

La stretta di mano

La stretta di mano, gesto oramai universale, è uno dei momenti importanti del contatto con l’altro. Utilizziamo la stretta di mano per formarci, almeno a livello cosciente, la prima impressione di qualcuno. Per questo è un gesto estremamente significativo.

La storia della stretta di mano ha origini antiche, ma possiamo dire che si afferma nell’Ottocento in Europa come suggello agli accordi commerciali tra uomini, maschi, di pari grado. Con il tempo, i paesi in lingua inglese e l’Europa, poi tutto il mondo praticamente, hanno adottato questo gesto per salutarsi, all’inizio e alla fine di un incontro, sia in ambito lavorativo sia in altri eventi sociali.

La stretta di mano è un gesto tipicamente maschile. Le donne lo stanno adottando, ma solo in occasioni molto formali. Dopodiché preferiscono usare altre forme di saluto.

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E questo anche con le donne, che comunque usano meno la stretta di mano e più altre forme come il bacio o l’abbraccio. Ancora oggi non è inusuale stringere la mano all’uomo e baciare la donna (sulla guancia oggi, un tempo sulla mano – a palmo in giù!). Si consideri che nei paesi mussulmani è proibito stringere la mano ad una donna. Si preferisce un cenno del capo. In alcuni paesi una donna che porga la mano per prima è considerata positivamente.

La stretta di mano è un atto comunque, per quanto usuale e diffuso, particolare a cui si deve fare particolare attenzione in certi contesti (ad esempio una reception di hotel). Infatti si tratta comunque di un gesto intimo (toccarsi) che va compreso quando utilizzare. Non si può usare indiscriminatamente. Tanto è vero che chi rifiuta il dialogo o il contatto con una persona, chi rifiuta la persona o vuole esprimere un profondo disaccordo, nonché una disapprovazione forte, non dà la mano.

Chi tende per primo la mano? Generalmente chi ha più potere nel contesto in cui ci si trova e quindi indica la appropriatezza o meno della stretta. In ogni caso, è opportuno che nel decidere di offrire la mano si tenga conto del grado di accoglienza (e quindi di intimità) che si potrà avere o che si ha. Un venditore porta a porta che si presenta in casa di altri è meglio che non tenda la mano, può non essere ben voluto. Al limite, se il dialogo è accogliente, può farlo alla fine.

Il modo di stringere la mano (e quindi orientare il palmo) rende conto di una certa attitudine e relazione tra le persone. Tenendo presente quanto detto per l’orientamento del palmo è chiaro che stringere la mano con il palmo ingiù o in su non è la stessa cosa. Nel primo caso si è notato una certa tendenza al comando, al potere e al controllo. È usata dagli uomini di potere nel 90 % dei casi. È usata dalle donne di potere molto meno, per via del fatto che le donne hanno meno attenzione per la dimensione del potere. La mano all’insù invece denota sottomissione, disponibilità a lasciarsi controllare o a consegnare la situazione nelle mani dell’altro. Le donne hanno spesso strette di mano morbide esprimendo in questo modo la loro disponibilità, il loro essere femminile e quindi l’apertura a lasciare il potere all’altro. I palmi verticali esprimono una certa parità tra le parti. In questo caso, la stretta dev’essere simile a quella che si riceve e la persona si adatta a ciascun interlocutore.

Stringere la mano con due mani o doppia presa è una modalità che esprime onestà, sincerità, un certo grado di disponibilità all’altro. È usata dai chi vuole apparire onesto e affidabile. È una sorta di abbraccio e quindi va usato con le persone che si potrebbero anche abbracciare, dunque denota una certa intimità o

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fratellanza. Stringere la mano e l’avambraccio stempera il gesto ed esprime informalità e vicinanza. Esprime cordialità e simpatia.

Stringere la mano e toccare la spalla esprime volontà di controllo e di potere sulla persona. La mano poggiata sulla spalla in genere presuppone una certa altezza ed esprime una relazione asimmetrica. Se la mano è poggiata sulla spalla ma davanti si tratta di un gesto di rifiuto, così come quando la persona è seduta e viene tenuta dalla mano libera dell’altro che lo tiene seduto.

Stringere la mano portando l’interlocutore a sé o restando sul posto esprime due relazioni di vicinanza o di distanza. Nel primo caso può esprimere timidezza o difficoltà, nel seconda una certa tendenza a mantenere le distanze, appunto.

Stringere la mano è collegato allo sguardo. Perché la stretta sia positiva deve essere accompagnata dallo sguardo, altrimenti stringere senza guardare, è segno di indifferenza e quindi di poco rispetto o di asimmetria molto forte tra le due persone.

I gesti con le mani

Non entreremo qui nel dettaglio dei gesti (come ha fatto invece Morris, I gesti) ma indicheremo alcuni funzioni gestuali che hanno le mani. In particolare distingueremo tre tipi di gesti: gli emblematici, gli illustratori e gli automanopolatori (classificazione di Argyle).

I gesti emblematici sono quei gesti arbitrari che esprimono un concetto preciso e distinto. Sono come delle parole vere e proprie che se eseguiti male non vengono compresi e risultano buffi. Le corna, la mano a borsa, il dito sulla tempia, il pollice sul naso, il segno ok, il pollice in alto e via dicendo sono gesti emblematici. Così come gli stessi suoni possono assumere significati diversi anche i gesti emblematici possono avere significati diversi a seconda della regione. Da qui l’attenzione al loro uso. Il pollice in alto nei paesi anglosassoni vuol dire “bene” in Grecia è un insulto. I gesti emblematici possono anche costituire dei veri e propri gerghi come nel caso dei segnali in aeroporto o in tv.

I gesti illustratori sono i gesti che accompagnano il discorso verbale e servono a illustrare, rafforzare, esplicitare il discorso. Non si sa bene quando e perché si usino, ma c’è una forte correlazione, come abbiamo visto tra mano e cervello e tra espressione verbale e mano. Quindi, probabilmente, la mano accompagna il

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discorso come complemento. Si è notato che è più facile comprendere chi si esprime gesticolando, anche se in alcune culture, come quella anglosassone, è ritenuto poco carino. Gli italiani che usano di più di tutti, in Europa, i gesti illustratori sono anche i più capaci di farsi comprendere.

I gesti automanipolatori sono quei gesti che rivolgiamo a noi stessi: toccare, accarezzare, grattare, pizzicare sono gesti di automanipolazione. Torneremo su questi gesti nel capitolo dedicato al dialogo. Intanto vediamo quali sono. Gli studiosi Freedman e Hoffman furono i primi a fare la distinzione tra gesti verso gli oggetti e gesti verso se stessi. In quest’ultimo caso i gesti hanno una proprietà calmante o rassicurante. Per questo essi indicano uno stato di disagio del soggetto: ansia, paura, irritazione. Toccarsi tuttavia è anche un gesto seduttivo poiché è come mettere in risalto una parte del corpo: così toccarsi la bocca, mettere una mano sui fianchi da parte di una donna.

Infine, consideriamo il gesto di stringere i pugni. È evidentemente un gesto di difficoltà che può esprimere disagio, come forma di chiusura, ma anche rabbia fino a diventare un vero e proprio segno di minaccia di aggressione fisica. L’intensità della stretta ci dice meglio se si tratta del primo o del secondo caso. Certamente il pugno è un gesto rivelatore, poiché appare più facilmente in quanto molto poco controllato. Così se volete capire se uno mente guardate meno gli occhi e più le mani.

La gestualità delle braccia

Consideriamo innanzitutto che esiste una differenza tra braccia maschili e femminili. Le braccia maschili sono ruotate leggermente verso l’interno e quelle femminili verso l’esterno. La differenza ha motivazione biologiche, ma anche di ripartizione di funzioni: mirare e tirare con maggiore precisione per gli uomini e portare in braccio per le donne.

Incrociare le braccia davanti a se stessi è un gesto di difesa. Evidentemente qualcosa ci mette a disagio e il primo istinto è quello di nascondersi. Da piccolissimi possono essere oggetti o le stesse gambe della mamma. Da grandi il gesto ha una valenza simbolica, diventa meno evidente, si può trasferire alla gambe, ma il significato rimane identico: difenderci da qualche possibile minaccia.

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Che le braccia conserte, incrociate sul petto o solo incrociate con le mani all’inguine siano segnali di disagio e di protezione, che possono indicare una certa relazione conflittuale con l’altro o con quello che sta dicendo, non esprimono solo chi li compie, ma influenzano chi li legge. Quindi è anche possibile incrociare le braccia per comodità, ma il gesto può mettere a disagio gli altri o può comunque essere recepito negativamente. Braccia conserte e pugni chiusi confermano disagio ed ostilità. Così se nell’incrociare le braccia le mani vengono stese sulle braccia si esprime una certa insicurezza, poca convinzione in quello che sta accadendo. Braccia conserte e mani con i pollici esposti indicano più sicurezza in se stesso e fiducia nelle proprie possibilità, anche se è comunque a disagio. Tenersi le braccia (un braccio tiene l’altro che scende lungo il fianco) è considerato un incrocio parziale, implicano sempre difficoltà e disagio, tensione. Così come è un gesto di rassicurazione e di difesa quello di incrociare le braccia e portare le mani davanti ai genitali. Portare una o due mani in questa posizione esprime una certa sensazione di vulnerabilità dalla quale ci si difende o che si vuole comunque mascherare. Incrociare le braccia come gesto di difesa può essere anche delegato a portare oggetti al petto. Così come si può, da seduti incrociare il braccio tenendo una tazza o qualche altro oggetto.

La posizione delle gambe

Le gambe incrociate. Le gambe come le braccia connesse all’emotività. Esse esprimono sentimenti di disagio o di attrazione di fronte ad una situazione. Come le braccia il disagio è espresso attraverso l’incrocio e la difesa delle parti intime. Così come le braccia l’attrazione è espressa attraverso l’apertura. Questo vale anche per le caviglie: incrociarle, o attorcigliarle attorno alla gamba della sedia esprime disagio colorato di ansia o paura.

Sull’attenti. Quando le gambe sono in questa posizione (al di fuori dell’ambiente militare, chiaramente) denotano una certa formalità e neutralità. È una sorta di “non comment” o “non mi permetto di esprimermi in modo chiaro”. È una posizione per lo più femminile, ma non solo.

Divaricate. Le gambe divaricate sono più frequenti negli uomini per ragioni culturali. Sono anche un'espressione di potenza e di controllo e quindi collegate ad un dominio sul territorio o sulle persone coinvolte.

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Piedi in avanti. Le gambe divaricate in modo da avere un piede in avanti esprime un'intenzione latente: dove vorrebbe andare o dirigersi la persona.

Il quattro americano è una posizione che si sta espandendo in tutto il mondo ma che aveva una provenienza anglosassone. Indica una certa rilassatezza, quindi un certo senso di superiorità o di controllo della situazione. Segnala anche un atteggiamento arrogante, polemico o competitivo. Con la mano attaccata alla gamba indica possibile chiusura e rifiuto degli altri.

La comunicazione dei piedi

Organo estremamente sensibile, emotivamente molto ricettivo, il piede può offrire qualche elemento per comprendere i reali sentimenti di una persona davanti a determinate situazioni. L’orientamento del piede indica delle intenzioni per il futuro, un desiderio. Se orientati verso qualcuno indicano attrazione, simpatia, desiderio di andare verso. Se orientati nello spazio indicano in quale direzione si sta per andare o si desidera andare. Il piede verso l'altro è, invece, come la mano verticale, un segnale di stop o di rifiuto. Attenzione, perché mostrare la pianta dei piedi (o la suola delle scarpe) a qualcuno in diversi paesi del mondo è considerato un grave insulto!

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Conclusione? Parlare di più

La cnv è una dimensione affascinante e sterminata. Qui abbiamo solo toccato alcuni elementi che riteniamo importanti. Lascio a ciascuno la libertà, e il piacere, di approfondire ciò che ritiene degno di essere approfondito. I testi non mancano. Lo scopo di questo testo è quello di aiutare le persone a migliorare la loro capacità di dialogo. Viviamo in una cultura che non ha mai messo veramente al centro, nella pratica quotidiana, il dialogo tra le persone: un dialogo profondo, esteso, aperto. Si parla poco e male, in genere. Si confonde il chiacchiericcio con il dialogo, la conversazione con il dialogo. Stiamo imparando a comprendere cosa esso sia e quanto esso sia importante. La comprensione della cnv deve portare ad un maggiore scambio verbale e non ad un minore scambio verbale. Evitate di stare con le vostre elucubrazioni, di avvinghiarvi alle vostre interpretazioni di ciò che gli altri pensano o provano. Fate domande, esprimete le vostre ipotesi come tali e confrontatevi a partire da ciò che vedete. Se vedete comportamenti che non comprendete o avete la sensazione che ci sia qualcosa che non torna, esprimetelo, chiedete ed ascoltate.

La cnv è una dimensione affascinante, come ho detto, ma ha dei limiti e non è un caso che se l'uomo è un animale diverso, ciò lo deve al linguaggio verbale e alla sua potenza espressiva. La cnv è essenziale per la nostra vita e conoscerla e comprenderla è necessario, ma restando solo su di essa si perderebbe molta della profondità che caratterizzano i rapporti tra gli esseri umani. Se la nostra cultura ha così esaltato la dimensione verbale non l'ha fatto per miopia o ignoranza, ma perché effettivamente essa è importante. Oggi possiamo riequilibrare il rapporto tra queste due dimensione, dando a ciascuna il proprio spazio.

Massimo Franceschetti !35

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Riferimenti

I testi considerati per scrivere questo testo sono stati i seguenti:

Argyle Michael, Il corpo e il suo linguaggio, Zanichelli, 1988 Axtell E. Roger, Gestures. The do’s and taboo’s of body language around the world, John Wiley & Sons, Inc., 1998. Birkenbihl F. Vera, Segnali del corpo, Franco Angeli, 2002. Ekman Paul, I volti della menzogna, Giunti, 2011. Ekman Paul, Te lo leggo in faccia, Amrita, 2008. Ekman Paul, Friesen Wallace, Giù la maschera, Giunti, 2007. James Judi, Hai le scarpe giuste per chiedere l'aumento?, Mondadori, 2011. Imparato Ciro, La tua voce può cambiarti la vita, Sperling & Kupfer, 2009. Morris Desmond, Bodytalk, A World Guide to Gestures, Jonathan Cape, 1994. Morris Desmond, I gesti. Origine e diffusione, Mondadori, 1983. Pacifico Liliana Paola, La comunicazione non verbale, Xenia edizioni, 2008 Pease Allan & Barbara, Perché mentiamo con gli occhi e ci vergogniamo con i piedi, Rizzoli, 2005. Pacori Marco, I segreti del linguaggio del corpo, Sperling & Kupfer, 2010.

Sono tutti testi interessanti ed utili, dicono in modi diversi, le stesse cose, anche perché le fonti reali, scientificamente affermata sono poche.

Sul lavoro di Paul Ekman, uno dei massimi studiosi di cnv, è stata fatta una serie tv: Lie to me. Consiglio, per osservare come si legge la cnv soprattutto la prima edizione.

Ted conference sul tema sono state fatte molte. Una in particolare ha ricevuto molta attenzione ed è stata al centro di una complessa controversia, quella di Amy Cuddy. La dott.ssa Cuddy afferma che il corpo può influenzare la mente, ma la sua tesi, e soprattutto il modo di dimostrarlo, negli anni sono state smentite da molte ricerche. Trovate una sintesi di questa complessa vicenda qui: https://www.ilpost.it/2017/11/05/amy-cuddy-la-crisi-delle-ricerche-sul-comportamento/

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