la donna dei gatti - dipartimento di filosofia - dipafilo · famiglia del 1975, leggi che, come...

19
99 ANNA MANNUCCI La donna dei gatti Dalla gattara anomica alla tutor della legge “281” 1 La “281” Nell’estate del 1991 fu promulgata in Italia la legge 281 “in materia di animali d’affezione e prevenzione del randagismo” che fu una rivolu- zione nel trattamento di cani e gatti “randagi” 2 . Fu anche un grande cambiamento per chi di questi animali si occupava e soprattutto per le gattare. Non c’è da stupirsi se tra coloro che sono infetti dall’eresia ci sono più donne che uomini. E sia benedetto l’Altissimo che finora ha preservato il sesso maschile da un così grande flagello. Egli ha infatti voluto nascere e soffrire per noi in questo sesso, e perciò lo ha privilegiato. Heinrich Institor Jacob Sprenger Malleus maleficarum, ed. or. 1486- 1487, prima parte, Questione VI (Il martello delle streghe, Marsilio editori Venezia 1977, p. 95. Con “gattara” si intende la persona, la donna, che dà da mangiare ai gatti liberi (e non più randa- gi, proprio grazie a questa legge). La “281” rico- nosce ai gatti il “diritto” di vivere liberi (anche se il termine diritto non compare) e riconosce il ruolo della gattara (anche se il termine non compare). Recita infatti questa legge: “È vietato a chiunque maltrattare i gatti che vivono in libertà. I gatti che vivono in libertà sono sterilizzati dall’autorità sani- taria competente per territorio e reimmessi nel loro gruppo”. Il “gruppo”, sia nel linguaggio scien- tifico che in gergo, è definito colonia. Le autorità sanitarie competenti sono i servizi veterinari delle Aziende sanitarie locali. A partire dal ’91, si ha dunque una grande trasformazione della conce- zione del gatto “senza padrone”, che da “gatto di nessuno” diventa “gatto della collettività” (negli stessi anni, in Italia, grazie a un’altra legge, la fauna selvatica è passata da res nullius a res communes omnium) 3 , o anche, più semplice- mente, “il gatto del sindaco”, e della figura della gattara, che dalla marginalità, semi-clandestinità, emarginazione, passa alla visibilità, al riconosci- mento ufficiale, a un ruolo pubblico di utilità sociale. Semplificando, si potrebbe dire che dalla gattara selvaggia si passa alla gattara istituzio- nalizzata. L’emancipazione delle gattare ha comportato molti cambiamenti, anche nella loro composizione sociale e persino psicologici. Indi- viduo nella legge 281 il momento cruciale, lo spartiacque di questi mutamenti, anche se ovvia- mente tutto ciò è il risultato di un percorso dura- to qualche anno (non troppi). La “281” è una legge tipicamente e unica- mente italiana, frutto di lotte dei movimenti zoofi- li e animalisti. Negli anni precedenti alla sua promulgazione, per ottenerla ci furono anche manifestazioni di piazza con la presenza di centi- naia di cani. Questa legge ha abolito la “pena di morte” per gli animali senza padrone e ha fissa- to alcuni importanti principi, a partire da quello 1 Qualche dato contestuale. Da sempre, ormai quasi mezzo secolo, frequento i gatti e da tanto tempo le gattare. Per esempio, nel 1986 tenni sulle pagine mi- lanesi del quotidiano La Repubblica una rubrica dedicata a “La città dei gatti”, sui gatti randagi di Milano e dunque, inevita- bilmente, sulle gattare. Nel 1989 condus- si un’inchiesta tra le gattare di Roma e Ve- nezia per un mensile (che fu chiuso prima della pubblicazione del mio pezzo). In quell’occasione parlai con parecchie clas- siche gattare romane e con l’etologa Eu- genia Natoli, che aveva studiato il com- portamento dei gatti randagi romani e co- nosceva bene le gattare. Negli anni, ho re- golarmente parlato di questo argomento con Giacomo Ferrara, di Milano, della Lav, Lega Antivivisezione, che dal 1989 fa il taxista degli animali con il Servizio Oscar e che lavora soprattutto con le gattare, ne conosce centinaia, ed è un vero mediato- re sociale tra esse, le Asl e i nemici dei gatti. Nel 1989 ho ideato e organizzato per il comune di Milano il convegno La città degli animali, una cui parte era dedi- cata ai gatti liberi. Ho partecipato a molti convegni e incontri, tra cui Esperienze ita- liane e francesi di gestione delle popola- zioni feline, Venezia 17 giugno 1995 (or- ganizzato dal Centro di collaborazione OMS/FAO per la Sanità pubblica veterina- ria, Istituto superiore di Sanità, Roma; USLL 11, Settore veterinario, Venezia; USL Roma/D, Servizio veterinario, Roma). Nel 1997 feci molte interviste tra le gatta- re milanesi, con l’idea di trarne un libro-in- chiesta. Ma le gattare parlano poco, per- ché solitamente sono diffidenti e parlano poco di sé perché non elaborano questa loro attività, neanche se sono delle intel- lettuali. Erano così persino due psicoana- liste gattare che ho conosciuto. Inoltre le gattare talvolta dicono bugie, tipica quella di minimizzare i soldi che spendono per i gatti o i conflitti in famiglia causati da que- sta missione. Ho spesso intervistato i ve- terinari delle Asl (che sono quelli che “ge- stiscono” i gatti randagi), non soltanto di Milano. Ringrazio queste persone e so- prattutto le tante gattare che conosco e quelle che non conosco, che si occupano dei gatti anche per me, liberandomi da questo immane dovere. Ovviamente, le in- terpretazioni e gli eventuali errori sono miei. Ringrazio Sergio Dalla Bernardina che mi ha fatto partecipare con una rela- zione su La femme aux chats, di cui que- sto articolo è un’elaborazione, al suo se- minario Figures de la mediation nell’apri- le 2000. 2 Legge 14 agosto 1991, n. 281. Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo. Pubblicata sul- la Gazzetta Ufficiale 30 agosto 1991, n. 203. Trattandosi di legge quadro, doveva essere recepita e implementata da leggi re- gionali, cosa successa non in tutte le regio- ni, ma in questo contesto ciò non è impor- tante. 3 La legge n. 968 del 27.12.77, “Principi ge- nerali e disposizioni per la protezione e la tu- tela della fauna e la disciplina della caccia”, all’articolo 1 definisce la fauna selvatica “pa- trimonio indisponibile dello Stato”.

Upload: hoangnhan

Post on 14-Oct-2018

218 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: La donna dei gatti - Dipartimento di Filosofia - DIPAFILO · famiglia del 1975, leggi che, come scrive Tamar Pitch: “possono anche essere lette come un adeguamento normativo alle

99

A N N A M A N N U C C I La donna dei gattiDalla gattara anomica alla tutor della legge “281”1

La “281”

Nell’estate del 1991 fu promulgata in Italia lalegge 281 “in materia di animali d’affezione eprevenzione del randagismo” che fu una rivolu-zione nel trattamento di cani e gatti “randagi”2. Fuanche un grande cambiamento per chi di questianimali si occupava e soprattutto per le gattare.

Non c’è da stupirsi se tra coloro che sono infetti dall’eresiaci sono più donne che uomini. E sia benedetto l’Altissimoche finora ha preservato il sesso maschile da un così grande flagello. Egli ha infatti voluto nascere e soffrire pernoi in questo sesso, e perciò lo ha privilegiato.

Heinrich Institor Jacob Sprenger Malleus maleficarum, ed. or. 1486-1487, prima parte, Questione VI (Il martello delle streghe, Marsilioeditori Venezia 1977, p. 95.

Con “gattara” si intende la persona, la donna,che dà da mangiare ai gatti liberi (e non più randa-gi, proprio grazie a questa legge). La “281” rico-nosce ai gatti il “diritto” di vivere liberi (anche seil termine diritto non compare) e riconosce il ruolodella gattara (anche se il termine non compare).Recita infatti questa legge: “È vietato a chiunquemaltrattare i gatti che vivono in libertà. I gatti chevivono in libertà sono sterilizzati dall’autorità sani-taria competente per territorio e reimmessi nelloro gruppo”. Il “gruppo”, sia nel linguaggio scien-tifico che in gergo, è definito colonia. Le autoritàsanitarie competenti sono i servizi veterinari delleAziende sanitarie locali. A partire dal ’91, si hadunque una grande trasformazione della conce-zione del gatto “senza padrone”, che da “gatto dinessuno” diventa “gatto della collettività” (neglistessi anni, in Italia, grazie a un’altra legge, lafauna selvatica è passata da res nullius a rescommunes omnium) 3, o anche, più semplice-mente, “il gatto del sindaco”, e della figura dellagattara, che dalla marginalità, semi-clandestinità,emarginazione, passa alla visibilità, al riconosci-mento ufficiale, a un ruolo pubblico di utilitàsociale. Semplificando, si potrebbe dire che dallagattara selvaggia si passa alla gattara istituzio-nalizzata. L’emancipazione delle gattare hacomportato molti cambiamenti, anche nella lorocomposizione sociale e persino psicologici. Indi-viduo nella legge 281 il momento cruciale, lospartiacque di questi mutamenti, anche se ovvia-mente tutto ciò è il risultato di un percorso dura-to qualche anno (non troppi).

La “281” è una legge tipicamente e unica-mente italiana, frutto di lotte dei movimenti zoofi-li e animalisti. Negli anni precedenti alla suapromulgazione, per ottenerla ci furono anchemanifestazioni di piazza con la presenza di centi-naia di cani. Questa legge ha abolito la “pena dimorte” per gli animali senza padrone e ha fissa-to alcuni importanti principi, a partire da quello

1 Qualche dato contestuale. Da sempre,ormai quasi mezzo secolo, frequento igatti e da tanto tempo le gattare. Peresempio, nel 1986 tenni sulle pagine mi-lanesi del quotidiano La Repubblica unarubrica dedicata a “La città dei gatti”, suigatti randagi di Milano e dunque, inevita-bilmente, sulle gattare. Nel 1989 condus-si un’inchiesta tra le gattare di Roma e Ve-nezia per un mensile (che fu chiuso primadella pubblicazione del mio pezzo). Inquell’occasione parlai con parecchie clas-siche gattare romane e con l’etologa Eu-genia Natoli, che aveva studiato il com-portamento dei gatti randagi romani e co-nosceva bene le gattare. Negli anni, ho re-golarmente parlato di questo argomentocon Giacomo Ferrara, di Milano, della Lav,Lega Antivivisezione, che dal 1989 fa iltaxista degli animali con il Servizio Oscare che lavora soprattutto con le gattare, neconosce centinaia, ed è un vero mediato-re sociale tra esse, le Asl e i nemici deigatti. Nel 1989 ho ideato e organizzatoper il comune di Milano il convegno Lacittà degli animali, una cui parte era dedi-cata ai gatti liberi. Ho partecipato a molticonvegni e incontri, tra cui Esperienze ita-liane e francesi di gestione delle popola-zioni feline, Venezia 17 giugno 1995 (or-ganizzato dal Centro di collaborazioneOMS/FAO per la Sanità pubblica veterina-ria, Istituto superiore di Sanità, Roma;USLL 11, Settore veterinario, Venezia;USL Roma/D, Servizio veterinario, Roma).Nel 1997 feci molte interviste tra le gatta-re milanesi, con l’idea di trarne un libro-in-chiesta. Ma le gattare parlano poco, per-

ché solitamente sono diffidenti e parlanopoco di sé perché non elaborano questaloro attività, neanche se sono delle intel-lettuali. Erano così persino due psicoana-liste gattare che ho conosciuto. Inoltre legattare talvolta dicono bugie, tipica quelladi minimizzare i soldi che spendono per igatti o i conflitti in famiglia causati da que-sta missione. Ho spesso intervistato i ve-terinari delle Asl (che sono quelli che “ge-stiscono” i gatti randagi), non soltanto diMilano. Ringrazio queste persone e so-prattutto le tante gattare che conosco equelle che non conosco, che si occupanodei gatti anche per me, liberandomi daquesto immane dovere. Ovviamente, le in-terpretazioni e gli eventuali errori sonomiei. Ringrazio Sergio Dalla Bernardinache mi ha fatto partecipare con una rela-zione su La femme aux chats, di cui que-sto articolo è un’elaborazione, al suo se-minario Figures de la mediation nell’apri-le 2000.2 Legge 14 agosto 1991, n. 281. Leggequadro in materia di animali di affezione eprevenzione del randagismo. Pubblicata sul-la Gazzetta Ufficiale 30 agosto 1991,n. 203. Trattandosi di legge quadro, dovevaessere recepita e implementata da leggi re-gionali, cosa successa non in tutte le regio-ni, ma in questo contesto ciò non è impor-tante.3 La legge n. 968 del 27.12.77, “Principi ge-nerali e disposizioni per la protezione e la tu-tela della fauna e la disciplina della caccia”,all’articolo 1 definisce la fauna selvatica “pa-trimonio indisponibile dello Stato”.

Page 2: La donna dei gatti - Dipartimento di Filosofia - DIPAFILO · famiglia del 1975, leggi che, come scrive Tamar Pitch: “possono anche essere lette come un adeguamento normativo alle

100

secondo cui il controllo delle popolazioni si facon la prevenzione, cioè con la limitazione dellenascite. Per i cani, è prevista l’identificazionedell’animale (anagrafe con tatuaggio e/o micro-chip) e del padrone. La legge 281 ha stabilito ildiritto dei gatti a vivere liberi, ha condannatol’abbandono, ha deciso la trasformazione deicanili pubblici in strutture socio-sanitarie dove icani non vengono uccisi, ma ospitati; ha cercatoinoltre di rinnovare e democratizzare il canile,che prima di allora assomigliava alle “istituzionitotali”. Per i gatti, la 281 potrebbe essere consi-derata analoga alla legge Basaglia, la legge sullachiusura dei manicomi, nella scelta di privilegia-re la libertà contro la reclusione, e di rendere lasocietà accogliente invece di nascondere iproblemi, come appunto si faceva per i “matti” egli handicappati. La legge 281 ha anche cambia-to il ruolo del veterinario della sanità pubblica,che da gestore della repressione è diventatogestore della convivenza. Questa legge è para-gonabile, non nella struttura o nei suoi articoli,ma nella concezione di base, alle grandi leggi diriforma degli anni ’70, come lo statuto dei lavo-ratori, la riforma sanitaria del ’78, il diritto difamiglia del 1975, leggi che, come scrive TamarPitch: “possono anche essere lette come unadeguamento normativo alle grandi trasforma-zioni sociali e culturali avvenute in Italia neglianni sessanta” e alla cui base c’è la visione, tipi-camente italiana, “della legge come strumentoprincipe delle grandi riforme in materia di giusti-zia sociale” 4.

MILANO, AUTUNNO 2002.

CORTILE DI UNA TIPICA CASA

DI RINGHIERA, ZONA TICINESE

(TUTTE LE FOTOGRAFIE SONO

DI ANNA MANNUCCI).

Profilo della gattara

Antropologicamente, psicologicamente, socio-logicamente, la gattara è una figura completa-mente diversa da chi ama il proprio gatto e, ancorpiù, da chi alleva gatti di razza. Nemmeno unadonna che vive con molti gatti è una gattara, almassimo è una gattofila. In questo articolo non siparla di un argomento contiguo, su cui c’è moltaletteratura, scientifica e non: la reciproca passio-ne tra donne e gatti, argomento trattato spessoin modo frivolo, che poggia però su solide basietologiche 5. Schematizzando, è noto che nellapercezione comune i cani (intendendo con canianche i progenitori lupi) sono più “maschili”. Essivivono in branchi dove c’è una gerarchia che,simbolicamente, tende ad essere associata allasfera maschile. I gatti, in natura, come molti altrifelini, sono solitari, privi di un’organizzazionesociale. Ma anche nei mammiferi più solitariesiste un forte e indispensabile rapporto, quellocon la madre, che trasmette cibo e cultura, natu-re e nurture. Anche per il gatto domestico questorapporto resta lo schema fondamentale di rela-zione. Il gatto è un eterno bambino che chiedecibo, richiesta che trova facilmente un’immedia-ta risposta nella donna. I gatti hanno anchesviluppato uno speciale linguaggio per comuni-care con gli umani e soprattutto con le umane,elaborando i versi e i gesti che i cuccioli usanoverso la madre. Questo vale anche nei rapporti adue, nelle case. La gattara però non si dedica aun gatto, tanto meno a un suo gatto, ma ai gatti.A tutti i gatti, ai gatti in quanto tali. La differenzanon è soltanto quantitativa, ma qualitativa: ilplurale è una universalizzazione.

Dare da mangiare ai gatti liberi può sembrareuna pratica spontanea e casuale, in realtà, èquasi sempre (con le differenze che poi esami-neremo) molto organizzata, dal procacciamentodei cibo alla sua distribuzione. A seguito dellalegge 281, inoltre, nutrire i gatti implica una note-vole attività sociale (relazioni con le istituzioni,comuni, vigili, Aziende sanitarie locali ecc.), eimplica la capacità di riconoscere le gerarchie e iresponsabili dei vari settori (per esempio, nelcaso di scuole, capire se sono di competenzacomunale o provinciale o statale e quale è la Asldi riferimento; nel caso di cantieri, capire chi è ilresponsabile, chi decide sul campo e chi negliuffici, chi è il proprietario e quale è l’assessoratocompetente e così via). La gattara ha dovutoanche imparare quali sono le leggi, la differenzatra Provincia e Comune, che cosa è un ricorso al

A N N A M A N N U C C I

4 Tamar Pitch Un diritto per due, Il Sag-giatore, Milano 1998, p.196 e p. 44.5 Invece dei tanti testi scientifici, si può

leggere il breve racconto di Rudyard Ki-pling “Il gatto che se ne andava da solo”(in Storie proprio così, ed. or. 1902).

Page 3: La donna dei gatti - Dipartimento di Filosofia - DIPAFILO · famiglia del 1975, leggi che, come scrive Tamar Pitch: “possono anche essere lette come un adeguamento normativo alle

101

Tar o al Consiglio di Stato e altro ancora. Una verascuola di educazione civica. Alcune hanno ancheimparato a scrivere lettere (alle autorità, ai gior-nali ecc.) e a preparare petizioni, con tanto diraccolta di firme.

La gattara senza dizionario

Stiamo parlando di gattare, ma il termine“gattara” compare soltanto negli ultimissimi annisui giornali e ancora è ignoto a molti dizionari.Manca nello Zingarelli del gennaio 2002. NelGrande dizionario italiano dell’uso, a cura di DeMauro, Utet 2000, “gattara” rimanda, ingiusta-mente, a “gattaro”, datato 1988. Compare tra ineologismi, assurdamente datata al 1993-94,(gattara sf. donna che accudisce i gatti randagi)negli Annali del Lessico Contemporaneo Italia-no 6. La gattara non si trova nemmeno in un Voca-bolario italiano-romanesco (il dialetto di Roma), diGennaro Vaccaro (1969), nonostante questotermine sia tipicamente romanesco, come testi-monia il finale in “ara”, mentre in italiano sidovrebbe dire “gattaia”, come ancora dicono escrivono i fiorentini, anche nel loro attuale Rego-lamento comunale per gli animali. Non appareneppure in un vocabolario del dialetto milanese,né in un Dizionario veneziano e padovano; nean-

che sotto la voce gatti, dove avrebbe potutoesserci “mamma dei”. A Milano e a Venezia,infatti, la gattara è chiamata anche “mamma deigatti”, ma neanche questa formula risulta neivocabolari e nelle enciclopedie. Eppure lo scritto-re Carlo Dossi, nel suo libro Note azzurre, scrittotra il 1875 e il 1880, cita “la mamm di gatt”.

Per dare un nome alle cose o alle persone,bisogna vederle, volerle vedere. E fino a pocotempo fa la gattara viveva nell’ombra, quasi clan-destina, ignorata o disprezzata, ma mai presa inconsiderazione. Come succede(va) molto spessoalle attività femminili 7. Per anni, inoltre, il termi-ne ha continuato ad essere considerato volgare,poco scientifico. Eugenia Natoli, in un suo artico-lo del 1989 su L’organizzazione sociale dei gattirandagi urbani, cita le “numerose persone (che)giornalmente e puntualmente portano il cibo aigruppi di gatti randagi” ma non le chiama gatta-re 8. Claudio Rossi, veterinario dell’allora Ussl75/4 (poi diventata Asl), nel suo intervento I libe-ri gatti di Milano (nel libro La città degli animali)parla dell’azione del Servizio veterinario dell’allo-ra Ussl di Milano sulle colonie feline, meritoria-mente anticipatoria della legge 281. Ma non citamai le gattare, parla degli “abituali custodi dellecolonie”, al maschile, che fa più serio.

Venti, trenta anni fa, dare a qualcuna della“gattara” era un insulto. “Mi chiamano gattara emi tirano i sassi”, mi raccontò nell’89 (primadunque della legge 281) una gattara romana,insegnante, che aveva sterilizzato a propriespese più di cento gatti. Nel 1997 (dopo la legge281) mi telefonò per avere alcune informazioniuna signora di Milano, anch’essa insegnante,con marito e due figli, presentandosi tranquilla-mente come “gattara”. Ho trovato un’analogadifferenziazione tra gattare vecchie e nuove inun’intervista a una gattara riportata in un sitonorvegese (i gatti e le gattare romane da moltotempo fanno parte del folklore italiano, soprat-

L A D O N N A D E I G A T T I

6 Negli Annali del Lessico Contempora-neo Italiano a cura di Michele A. Cortelaz-zo, Padova, Esedra, 1995 (per la versionecartacea)http://www.maldura.unipd.it/alci/pu-blic_html/7 A proposito della presenza degli anima-li e della mancata attenzione degli studio-si verso questa antica presenza, GiulianaLanata nella premessa a Filosofi e anima-li nel mondo antico (a cura di Silvana Ca-stignone e Giuliana Lanata, Centro dibioetica di Genova, Edizioni Ets 1994) ap. 10, cita Liliane Bodson che nel suo li-

bro del 1978 Hierà Zoa scriveva: «per ve-dere gli animali occorre volerli e saperlivedere; e per saperli vedere occorrono,quanto meno, affetto e simpatia» e com-menta «Affermazione, questa, che può ba-stare da sola a farsi dare da molti di si-gnora col cagnolino, come proclamarsistorica delle donne può bastare da solo afarsi dare da menade; e in entrambi i ca-si, quello delle studiose degli animali equello delle studiose delle donne può ba-stare per vedersi contestata la “scientifi-cità” delle proprie ricerche».8 “Le Scienze”, agosto 1989, pp. 66-72,

MILANO, ZONA SUD, 2001,

TIPICA SITUAZIONE

MILANESE, PICCOLI

RAGGRUPPAMENTI DI GATTI IN

ZONE ANCORA NON

CEMENTIFICATE.

PARCO DELL'IDROSCALO,

MILANO, 1987. LA GATTARA

INDOSSA UNA COSTOSA E

ANTIECOLOGICA PELLICCIA DI

LEOPARDO (FELINO

CONDOTTO

ALL'ESTINZIONE ANCHE PER

QUESTO MOTIVO).

Page 4: La donna dei gatti - Dipartimento di Filosofia - DIPAFILO · famiglia del 1975, leggi che, come scrive Tamar Pitch: “possono anche essere lette come un adeguamento normativo alle

102

tutto per i turisti del nord Europa): “Adesso nonsi chiama più “gattara”, però. “Gattara” eraproprio la vecchietta, col cartoccio, …che lo buttain terra vicino al cassonetto. Adesso, la “gattara”indica una persona che si occupa anche dellecure, della sterilizzazione, delle adozioni deipiccoli. Insomma “gattara” non è più il termineesatto per indicare una persona che si occupa dianimali, mi sembra. (...)” 9.

Quando era un insulto, questo aggettivo rinvia-va agli stereotipi, ancora esistenti, della vecchia,brutta, zitella, sola, povera, emarginata, di cattivocarattere e scarsa pulizia e così via. Insomma, una

MANAROLA, CINQUE TERRE,

LIGURIA, 1987.

MILANESE, GATTARA PARZIALE

(SOLTANTO

DURANTE LE VACANZE).

sorta di strega. L’associazione tra streghe e gatti,come la diabolicità del gatto, sono clichés tropponoti perché valga la pena di dilungarcisi10. Il bruttolibro di Gina Lagorio Tosca dei gatti ripropone unafigura che corrisponde ai vecchi pregiudizi, unapovera vecchia, privata dell’uomo e dedita all’alcol,che si rifugia nella cura dei gatti, e che non haneanche gli aspetti interessanti della pazza o dellastrega11. Antico è anche il pregiudizio sulla povertàdella gattara. Per esempio Gherardo Ortalli, in Lupi,genti, culture elenca una sua gerarchia socialedegli animali “L’onagro, il leone, il pappagallo sonole bestie dei pochi davvero potenti. Per il restodell’umanità altri sono gli animali di cui compia-cersi. Il cavallo, o il falco, o il cane, giù giù fino alsomaro, alla pecora, al gatto, con cui si può giun-gere ai gradini infimi della società. Anche il piùpovero dei poveri riesce a permetterselo (…) El’associazione fra gatto e povertà mi sembra unodi quei nessi che nei fatti, senza un esatto perché,spesso si istituiscono e durano fortissimi e radi-cati” 12. Nelle mie esplorazioni nel magico mondodelle gattare, ho scoperto che molti di questi anti-chi pregiudizi non sono validi. O meglio, non losono più. Corrispondevano abbastanza (ma maidel tutto) alla figura della gattara ai tempi della suaemarginazione, confermando, tautologicamente,

9 http://www.nrk.no/magasin/fakta/undervisning/sprak_og_reiser/italien-sk/997990.html, maggio 2001180.000 hjemløse katter.Roma er ikke bare monumenter fra tidli-gere tider, den er også levende menne-sker som kanskje er like spesielle sommonumentene. Paola Cigna, er en Gatta-ra, en kvinne som bruker det meste av sintid på å hjelpe Romas mer enn 180.000hjemløse katter. La gattara intervistataspiega l’inizio della sua vocazione: “Noi infamiglia siamo stati sempre delle perso-ne appassionate per gli animali: cani, gat-ti, tutti quanti. Nessuno di noi voleva maiuccidere un topo, o una mosca, o una for-mica, assolutamente. Comunque, io abi-tando vicino a una clinica dove venivanoabbandonati parecchi gatti durante l’an-no, ho cominciato a raccoglierli, a curarmidelle loro adozioni, a sfamarli e poi dalì…”.10 Ancora nel 2001 una gattara fu accu-sata di magia nera: “26 maggio 2001:San Bartolomeo: animalista era stata de-nunciata dai vicini di casa «Uccide i gatti»,è assolta. Accusata falsamente di faremagia nerawww.lastampa.it/LST/ULTIMA/LST/IM-PERIA/IMPERIA/ASCIA.htmCatechista, amante degli animali, era sta-ta accusata dai vicini di casa a cui avevaperfino regalato un micio, di torturare igatti e di sacrificarli per riti di magia nera.(...) Le riunioni sataniche e il sacrificio aBelzebù di poveri mici erano frutto di as-surde fantasie. Pare anzi che la donna siauna sorta di benefattrice dei felini: racco-glie e cura quelli randagi”.Cambiando completamente tono, tra i tan-ti che associano gatti e streghe si può ve-dere Carlo Ginzburg Storia notturna, Einau-di 1989. Lo cito perché riporta alcuni clas-sici luoghi comuni: a p. 52: “Il capo dellecomunità ereticali della Val di Lanzo, Marti-

no da Presbitero, disse che teneva in casaun gatto nero; «era grosso come un agnel-lo”, “il miglior amico che avesse al mon-do». Dietro questi particolari apparente-mente bizzarri o insignificanti s’intravedo-no antichi luoghi comuni della propagandaantiereticale. (...) ai Catari (il cui nome ve-niva fatto derivare da cattus) veniva attri-buita l’adorazione del diavolo in forma digatto, oppure la celebrazione di cerimonieorgiastiche alla presenza di un gatto gigan-tesco (...) Sappiamo che il gatto sarebbeentrato durevolmente nelle confessionidelle streghe come animale diabolico”; ap. 99: le «donne di fuori», misteriosi esserifemminili con cui si incontravano alcunedonne e bambine siciliane “erano ricca-mente vestite, ma avevano zampe di gattoo zoccoli equini”; a p. 279: le streghe, do-po essersi unto il corpo con unguenti, “cre-devano di trasformarsi in gatte”. Altre parti di questo libro non riguardano ilrapporto con i gatti, ma più in generalequello delle donne con gli animali e l’alte-rità: per esempio a p. 105: “Nell’Iliade Ar-temide è «la signora degli animali» (potniatheron, XXI, 470): un epiteto che evoca leraffigurazioni, provenienti dal Mediterra-neo e dall’Asia minore di una dea affian-cata da animali (cavalli, leoni, cervi e cosìvia). Su questo nucleo arcaico, pre-greco,s’innestarono culti e prerogative che sonostate ricondotte a un motivo comune: ilrapporto con realtà marginali, intermedie,transitorie (ndr: come i gatti randagi). Ver-gine cacciatrice, al confine tra la città e laselva informe, tra l’umano e il bestiale”.(corsivo mio) Anche la gattara è una figuradi confine, e spesso i gatti sono confinatinelle residue zone di “selvaticità” dellacittà.11 Gina Lagorio Tosca dei gatti GarzantiMilano, 198812 Gherardo Ortalli Lupi, genti, culture Bi-blioteca Einaudi, Torino, 1997, p. 34.

A N N A M A N N U C C I

Page 5: La donna dei gatti - Dipartimento di Filosofia - DIPAFILO · famiglia del 1975, leggi che, come scrive Tamar Pitch: “possono anche essere lette come un adeguamento normativo alle

103

che “gli emarginati sono emarginati”. Ma quandola società, tramite la legge (in molti casi più con lasua forza simbolica che con la sua effettività) hariconosciuto il suo ruolo, la situazione è cambiata.

Cerchiamo di descrivere almeno sommaria-mente queste attività, che hanno avuto unacostante evoluzione negli ultimi anni, e chepotremmo di nuovo riassumere nel passaggiodalla gattara selvaggia alla gattara istituziona-lizzata, partendo dal nucleo fondamentale, ilnutrire.

Dar da mangiare agli affamati

L’essenza, il nucleo fondamentale, dell’atti-vità della gattara è dare da mangiare ai gatti. Inquesto possiamo vedere il materno nella sua

CAPO TESTA, SARDEGNA

ESTATE 2001, GATTARA

PIEMONTESE

SEMINATURALIZZATA.

COLONIA STORICA CON PIÙ DI

80 INDIVIDUI, TUTTI

STERILIZZATI.

forma meno elaborata. La sua vocazione è nutri-re, spargere cibo a piene mani. La Spa, Sociétéprotectrice des animaux, mi ha comunicato che legattare, in Francia, sono chiamate semplicemen-te nourisseuses, riportate dunque alla loro funzio-ne primaria, materna, nutrire. Bisogna ricordareche la domesticazione degli animali – quella anti-ca, che ha dato origine alla nostra civiltà – è basa-ta sul cibo, sul maternage. I gatti chiamano,anche senza miagolare, e la gattara va, con i suoipiattini di cibo, che qualcuno potrebbe interpre-tare come offerte propiziatorie. Non rispondere aquel richiamo è per lei impossibile. Il gatto chepiange o implora silenziosamente esprime il biso-gno allo stato puro, è il neonato che cerca cibo eaffetto, così inscindibilmente legati per la soprav-vivenza. “Sembra che l’affettività sociale dei mila-nesi si riversi sui gatti: ovunque c’è uno spiazzolibero, ci sono vaschette di cibo” ha detto LauraLepetit, editrice milanese, femminista (intervi-stata a proposito di Milano da Licia Granello, “LaRepubblica”, 2 febbraio 1991).

L’imperativo categorico a cui obbedisce è “darda mangiare agli affamati”. E, per lei, i gatti sonosempre e comunque affamati. Distribuire cibo inabbondanza, in eccesso, è il nucleo forte e istin-tivo dell’attività e della vita stessa della gattara,che ha dovuto faticosamente civilizzarsi perapprendere tutto il resto (pulizia, cure mediche,sterilizzazione, rapporti con le istituzioni ecc.). Unesempio dell’importanza fondamentale del darecibo: per curare o sterilizzare i gatti occorre cattu-rarli e per quelli che non si fanno prendere con lemani o con il retino talvolta è necessario usare lagabbia-trappola, che è a scatto e ha un’escaalimentare. Per far sì che i gatti ci entrino – edentrano soltanto una volta, poi capiscono che èappunto una trappola e la evitano – bisognalasciarli digiuni, far saltare loro almeno un pasto.Come ho verificato più volte di persona, come mihanno confermato molti veterinari e GiacomoFerrara (il tassista delle gattare milanesi), èmolto difficile convincere una gattara a non dareda mangiare ai gatti, anche se soltanto per qual-che ora e anche se i gatti sono tutti obesi. Succe-de che la gattara, se non è diventata totalmentecivilizzata, si ribelli e porti lo stesso da mangiareai gatti di nascosto, perché sospetta, diffidacomunque di chi invita a non dare da mangiare aigatti, anche se costui parla di scopi benefici.

L A D O N N A D E I G A T T I

Page 6: La donna dei gatti - Dipartimento di Filosofia - DIPAFILO · famiglia del 1975, leggi che, come scrive Tamar Pitch: “possono anche essere lette come un adeguamento normativo alle

104

“Non c’è più trippa per i gatti”, ovvero l’evolu-zione del pet food

“Non c’è più trippa per i gatti” è un vecchiomodo di dire, significa “non ci sono più risorse”.In realtà, i gatti non mangiano più trippa perchémangiano “scatolette” (che in realtà sono latti-ne). Dall’artigianato si passa alla lavorazioneindustriale. I cambiamenti di strategia alimenta-re sono andati di pari passo con l’evoluzione,altrettanto spettacolare, della tipologia dellegattare. Il cibo può essere carne trita, polmone(molto in disuso però), reni, fegatini di pollo, polloo tacchino, poco adoperato il pesce, mentresempre più usate sono le scatolette, il cibopreparato industrialmente, e i croccantini, chesono ancora cibo industriale (entrambi, nel gergodel marketing, sono pet food). La qualità dellescatolette può variare da molto economiche acostosissime. L’approvvigionamento può esserefatto dal macellaio amico, nel supermercato dovesi fa normalmente la spesa, oppure in quelli dovesono in corso offerte speciali, il che implica unacontinua ricerca, provviste di macchina o diamica/o con macchina, o dai grossisti, il cheimplica avere la partita Iva o conoscere qualcunoche ce l’abbia. Qualche gattara, capace di moltadiplomazia, riesce a farsi dare gli scarti dei super-mercati o dei venditori di hamburger o di qualcheristorante (gli scarti non dei piatti già serviti, madella cucina, intonsi dunque). Molti di questi modi

di procurarsi il cibo per i gatti implicano una inten-sa rete di relazioni sociali, il contrario dunque diquanto ci si aspetterebbe. Una rete di relazionifinalizzata ai gatti, che molto raramente scaturi-sce in amicizie svincolate da questo fine.

Per comprare il cibo per i gatti, la gattara spen-de molto denaro, qualcuna arriva a 1.000 euro almese, o più, che può essere tratto dal suo stipen-dio, dai suoi beni personali, dalle entrate generalidella famiglia. A questo bisogna aggiungere, perla gattara “civilizzata”, le spese veterinarie. C’èanche qualche casalinga, dipendente dai guada-gni del marito, che fa “la cresta” sulla spesa e chifa dei lavoretti occasionali per mettere via qual-cosa per i gatti. Ho conosciuto una gattara sposa-ta che si prostituiva per i gatti. A proposito deirapporti con gli uomini, ho conosciuto più di unagattara – donne serissime – che usa la seduzio-ne femminile “soltanto per ottenere qualcosa peri gatti”. Per esempio, una gattara milanese40enne, con un figlio adolescente, impiegata inun negozio di antiquariato, elegante e di bellapresenza, mi ha raccontato che si metteva laminigonna quando andava a parlare con i respon-sabili di qualche situazione che riguardava i gatticon la spiegazione che “Tutto serve per la causa,anche mostrare le gambe. Per i gatti si deve fareanche questo” 13. Il verbo usato è fondamentale,“si deve”. Occuparsi dei gatti è “un dovere”, dico-no tutte. Un esempio: A.R., laureata, redattrice inuna casa editrice, un figlio ormai grande che lavo-ra e vive da solo, da sempre con uno o due gattiin casa “Ho avuto una vocazione tardiva,nell’agosto del ’99, quando ho scoperto casual-mente dei gatti che gironzolavano in un parcheg-gio vicino casa. Ho iniziato senza intenzioni parti-colari e non ho più smesso”. Ora “È un dovere. Misento impegnata”. E va dai gatti anche quandopiove, se si allontana dalla città qualche giornoper lavoro o vacanza cerca chi la sostituisca ecosì via. I gatti, anche quando non chiedono nulla(ma spesso chiedono, implorano, si fanno capirecon il loro linguaggio infantile) creano un dovere,un impegno a cui non ci si può sottrarre. Unagattara settantenne, ma molto lucida e robusta,riassume: “È più forte di me”. E L.P. impiegata,due figli adolescenti, un marito, impegnata politi-camente a sinistra: “È come la firma dai carabi-nieri, loro aspettano e io devo andare. Non dicoche li odio, ma…”.

Torniamo all’alimentazione. Molto spesso ivari cibi carnei sono mischiati alla pasta, che puòessere molto economica o di alta qualità, gli

13 A proposito di minigonne e dell’abbi-gliamento della gattara, ne ho conosciutealcune che si vestono bene appositamen-te per andare a dare da mangiare ai gatti,

per avere un aspetto più che rispettabile eriscattarsi dall’immagine tradizionale del-la gattara.

A N N A M A N N U C C I

CAPOTESTA, SARDEGNA,

ESTATE 2001. LA GATTARA

EMANCIPATA VENDE

CARTOLINE PER

FINANZIARE LA GESTIONE

DELLA COLONIA FELINA.

Page 7: La donna dei gatti - Dipartimento di Filosofia - DIPAFILO · famiglia del 1975, leggi che, come scrive Tamar Pitch: “possono anche essere lette come un adeguamento normativo alle

105

spaghetti sono privilegiati, perché per motiviinspiegabili, dicono quelle che li preparano “aigatti piacciono di più”. La cottura della pastaavviene, di solito quotidianamente, in un grandepentolone (riservato a questa operazione), in cuisi aggiungono le scatolette e la carne nelle suevarie forme e talvolta altri ingredienti, come unuovo, qualche cucchiaio d’olio, delle verdure, che“servono per il pelo”. Il rimestare a lungo nelgrande pentolone è indispensabile per mischiarebene i vari ingredienti e poi distribuirli equamen-te a ciascun gatto. In disuso il pane, ancheperché ormai diventato molto più costoso dellescatolette. Qualcuna mescola il tutto con le mani,spiegando che “così ai gatti piace di più”. Il cibopreparato è poi messo in appositi contenitori,come sacchetti di plastica o spesso secchi diplastica, che possono essere portati a mano, ocon un carrellino, o con l’automobile. Insieme aisecchi, si portano delle bottiglie (quelle di plasti-ca della minerale) con l’acqua, e le ciotole in cuidistribuire ai gatti cibo e acqua, che spesso sono

quelle di plastica trasparente in cui sono vendu-te nei supermercati le verdure, oppure sono piat-ti e scodelle. È il trionfo della modernità. Nellemutate abitudini della gattara vediamo il progres-so, l’alta tecnologia della conservazione alimen-tare unita al dilagare della plastica, leggera e igie-nica. (Nello stesso tempo i gatti sono statianch’essi sterilizzati, non puzzano e non urlanopiù). Permangono nel contempo antichi “riti”,primo tra tutti la preparazione del cibo, di cui lacottura è parte indispensabile. Nella distribuzio-ne del cibo, bisogna badare che ogni gatto ricevala sua parte, osservare se qualcuno non mangia– potrebbe essere segno di malessere – e allafine rimuovere i vassoietti vuoti 14. Non è calcola-bile con precisione il tempo impegnato nelcomplesso di questa attività 15. Qualche gattarapoco civilizzata usa ancora i pezzi di giornale o ipezzi di sacchetti di plastica appoggiati per terra.Quelle ancora meno civilizzate versano il cibodirettamente sul marciapiede o a terra. Lavecchia gattara selvaggia buttava qua e là, anchesui muri, fegatini di pollo sanguinolenti 16. InSardegna ho visto una gattara lanciare energica-mente il contenuto della scatoletta sugli angolidelle strade dove i gatti la aspettavano. “Sembralanci una bomba a mano dopo averne tolta laspoletta”, commentava il marito – molto tolle-rante – di un’altra gattara lì in vacanza. È in disu-so il latte, perché poco salutare per i gatti, tipicodelle gattare vecchio stile. In alcune discussionitra persone che si occupano di gatti (veterinari,zoofili ecc.), il “dare il latte” ai gatti è il discrimi-ne tra vecchie e nuove gattare.

Gli orari dei gatti

La distribuzione è fatta in un orario preciso,perché, dicono tutte, “i gatti lo sanno e aspetta-no”. E ciò è vero, quotidianamente verificabile,anche quando entra in vigore l’ora legale. Laconsapevole attesa dei gatti crea un dovere a cuinon ci si può sottrarre, quasi fossero “piccoledivinità in attesa dell’offerta a loro dovuta”.Seguendo le gattare nei loro giri si vedonosempre i gatti che le aspettano, nel posto enell’ora giusta. In certe situazioni, immediamen-te prima e subito dopo, i gatti sono invisibili,dispersi o nascosti e compaiono soltanto almomento giusto. Riconoscono la gattara, i suoiattrezzi da lavoro (sacchetti, carrellini ecc.) e, searriva in automobile, anche il rumore dellamacchina. Alcune raccontano che, se per neces-sità sono costrette a cambiare orario, alcuni gatti

14 La gattara di solito riconosce singolar-mente ogni gatto, ma ha con essi rappor-ti diversi, testimoniati spesso dal nomeproprio, che ha diverse sfumature, a se-conda del grado di vicinanza, personaliz-zato (Gaetano, Teresa), generico (Titti,Chicco), molto generico (Rosso, Nero)ecc. Ma ci sono anche le gattare che nondanno nomi ai gatti e li lasciano anonimi.15 Una descrizione di ottima qualità lette-raria del femminile frenetico lavoro di ac-cudimento si può in Doris Lessing Il diariodi Jane Somers Feltrinelli Milano 1993

(ed. or. 1983). Non parla di gattare, ma didonne che si occupano di figli, mariti, ni-poti, vicini di casa, anziani, fanno le “don-ne” di servizio, le assistenti sociali ecc.16 A proposito di una piccola colonia malgestita (nel 2002 spazzata via anche a cau-sa della cattiva gestione, da parte dellagattara, dalla ristrutturazione edilizia), congatte non sterilizzate, a Milano, in via Ma-golfa, commentava Giacomo Ferrara “Lagattara è una che ancora butta fegatini egrossi pezzi di polmone ed è contraria allasterilizzazione”.

L A D O N N A D E I G A T T I

PONZANELLO, LUNIGIANA

2002. UNA TURISTA DÀ DA

MANGIARE AI GATTI, CHE

TUTTO L'ANNO

SONO NUTRITI E ACCUDITI DA

UNA GATTARA LIGURE CHE HA

LÌ LA CASA DELLE VACANZE.

Page 8: La donna dei gatti - Dipartimento di Filosofia - DIPAFILO · famiglia del 1975, leggi che, come scrive Tamar Pitch: “possono anche essere lette come un adeguamento normativo alle

106

non ci sono e quelli che arrivano “hanno l’ariaperplessa”. Molte vanno verso sera, alla finedella giornata lavorativa, anche dopo cena. Il“giro” dei gatti può essere molto variabile, c’è lagattara che scende nel cortile di casa, c’è quellache nutre tre o quattro gruppi di gatti nel quartie-re o in quartieri diversi, c’è quella che fa decinedi chilometri con la macchina, il cui bagagliaio èstato opportunamente attrezzato. Alcune fanno legattare anche “in trasferta”, nei luoghi di villeg-giatura. Il numero dei gatti alimentati può variareda tre a molte decine, centinaia. Quando la gatta-ra è indisponibile, per malattia, ferie, impegni difamiglia, cerca chi la sostituisce e “passa leconsegne”. La sostituzione può essere fatta daun’altra gattara, da un’amica, da una vicina dicasa, da una cat-sitter a pagamento, e può ancheessere una persona di sesso maschile. È questo,la supplenza, uno dei pochi casi in cui compaio-no i gattari. Un altro caso è quello “dell’aiuto”. Unuomo che solitamente accompagna una gattaradi origine tedesca, in zona Barona, a Milano, dame interpellato sulle condizioni di salute di ungatto particolare, ha risposto “Non so, io la aiutosolamente”. Espressione che ricorda quella delmarito che “aiuta” la moglie nei lavori domestici.

I luoghi dei gatti

I gatti stanno dove trovano l’habitat. Il fattoreprimario è la possibilità di nutrirsi. Nelle cittàmoderne le fonti di alimentazione sono umane,cioè avanzi, nei vari significati di questa parola. Igatti vagano intorno a spazzatura, mense, esoprattutto cibo offerto dalle gattare. Anchequesto è fatto di avanzi, di ciò che gli umani nonmangiano (non mangiano più perché diventatibenestanti), sia quando è composto di polmone,fegatini di pollo, trita di seconda scelta, sia quan-do è nelle scatolette. Lì finiscono, lavorati indu-strialmente, i resti di quanto gli umani non consu-mano (più). In sostanza, si tratta di una forma diriciclaggio che evita gli sprechi, come nel tradi-zionale uso di dare agli animali domestici – cani,maiali, polli – gli avanzi della tavola. I gatti stan-no dove possono stare, dove c’è un minimo dispazio e di tolleranza. Cortili e giardini condomi-niali, parchi di ospedali, cortili di scuole e difabbriche, soprattutto se c’è una mensa, spessoospitano dei gatti. Una seconda tipologia sono glianfratti della città semiabbandonati, case diroc-cate, fabbriche dismesse, giardini chiusi, cortiliquasi clandestini dove sopravvivono piccole atti-vità economiche, falegnami, meccanici. Molto

nocive per i gatti sono le ristrutturazioni urbane,l’eliminazione di spazi definiti di “degrado e disor-dine”. Per esempio, a Milano, circa nel 2001iniziò un gigantesco “Programma di riqualificazio-ne urbana” che ha creato e sta tuttora creandoenormi problemi a gatti e gattare 17. “Nel gennaio2002”, raccontava Giacomo Ferrara “in viaCogne sono arrivate le ruspe prima di noi, abbia-mo trovato i cuccioli morti e gli adulti si sonodispersi. Anche nei pressi della Baggina, lo stori-co ospizio di Milano, c’è stato un intervento moltotraumatico per i gatti”. Di solito questo avvienenon per cattiveria, ma per indifferenza. Chi devecostruire e trasformare la città non sa nemmenodell’esistenza di questi cittadini a quattro zampe,nonostante molte colonie siano ufficialmentecensite dai servizi veterinari delle Asl. Nonsempre tutto va a finire male. L’inizio dei lavoriprovoca agitazione tra le gattare, alcune si prepa-rano a una resistenza cieca e disperata, moltealtre invece si danno a una intensa attività diplo-matica verso i responsabili delle ditte, i dirigenticomunali, i geometri, i muratori. Facendosi fortidella “legge 281”, che in situazioni di questo tipoha cambiato notevolmente le cose. SintetizzaFerrara, che divulga tutto ciò, autorevolmenteascoltato dalle gattare: “Spesso i responsabilidelle ditte ci chiedono di portare via gli animali,ma io spiego che questo è contro la legge: i gattidevono essere sterilizzati e rimessi nel loroposto. Se è necessario, chiamo anche i carabi-nieri”. Qui si può notare una grande differenza,causata, ancora una volta, dalla “281”: i carabi-nieri, la forza pubblica, non sono più contro i gattie nemici della gattara, ma, informati della legge,ne possono diventare difensori e alleati.

Che la forza (pubblica) sia con noi

La gattara ora ha la legge dalla sua e lo sa. La“281” è citata ripetutamente come una litania,un mantra, da zoofili e gattare. Un esempio tratanti: un’anziana signora molto per bene, di quel-le che escono con il cappellino, ha telefonato aGiacomo Ferrara e gli ha chiesto con moltaserietà se la “281” permetteva di colpire sullatesta gli amministratori degli stabili con le scato-lette, azione che lei aveva compiuto. Gli ammini-stratori sono, erano, per antica tradizione ostili aigatti; con “scatoletta” si intende il cibo peranimali confezionato industrialmente in lattina.Questo aneddoto, vero, è un segno di come siapercepita la “281” dalle dirette interessate: unalegge che le difende. Con la “281”, le figure che

17 Anna Mannucci Il gran-de sfratto dei gatti di peri-feria, “La Repubblica”,p. XVI, 20 febbraio 2002.

A N N A M A N N U C C I

Page 9: La donna dei gatti - Dipartimento di Filosofia - DIPAFILO · famiglia del 1975, leggi che, come scrive Tamar Pitch: “possono anche essere lette come un adeguamento normativo alle

107

prima erano nemiche, i veterinari pubblici (il cuicompito, in passato, era reprimere e ammazzaregli animali), il sindaco, i vigili, la polizia, sonodiventati – almeno in teoria – aiutanti della gatta-ra. Ha detto qualche anno fa Adriano Sofri “SeAntigone rinascesse, sarebbe una gattara”. OraAntigone ha la legge dalla sua, è questa la novità.La gattara, allora, ha cominciato a interessarsi aquesti ex nemici, a distinguerli gli uni dagli altri.Non sono più solamente “loro contro di me”,come nel delirio quasi paranoico che la contrad-distingue(va). La gattara si è acculturata, peramore dei gatti ha studiato – dal vivo e secondoil noto insegnamento prassi-teoria-prassi – e haconosciuto la complessa articolazione delloStato, la differenza tra le varie istituzioni e haimparato a usarle. Così, una signora di Siracusa,nel 1997, ha fatto ricorso contro un’ingiunzionedel Comune, che voleva farle pagare una sanzio-ne amministrativa di L. 100.000 per violazionedell’art. 229 del Regolamento di polizia urbana,cioè la solita scusa degli inconvenienti igienici,perché nutriva i gatti di un cortile. Il Pretore le hadato ragione, con una sentenza che concludeva:“Pertanto da un fatto, oggi particolarmente senti-to ed espressione di un grado di civiltà evoluta(dare da mangiare agli animali randagi), non sipuò fare derivare una infrazione del regolamentorelativo alla salute pubblica, per la tutela dellaquale occorrono certo ben altri interventi”. È danotare che la gattara in questione non facevaparte né era appoggiata da alcuna associazioneanimalista. (Non esistono associazioni nazionalidi gattare). Una gattara di Galliate, nel ’98, hapresentato ricorso contro un’ordinanza del sinda-co. Il Consiglio di Stato le ha dato ragione, dicen-do che “Nessuna norma di legge né statale néregionale fa divieto di alimentare gatti randaginel loro habitat, cioè nei luoghi pubblici e privatiin cui trovano rifugio”.

Dalla sofferenza e dalla paranoia si passadunque al coraggio, all’uso delle istituzioni, allaricerca di giustizia ufficiale. Una gattara tedescaè arrivata fino alla Commission européenne desDroits de l’Homme, che ha rifiutato il ricorso:“Les Chambres ont déclaré irrecevables 86requêtes, dont une affaire, n. 30469/96 c. Alle-magne, portant sur une ordonnance judiciaireinterdisant à la requérante de nourrir des chatserrants, Strasbourg, lundi 18 mai-vendredi 29mai 1998”. L’azione della gattara, tedesca edunque senza 281, resta comunque significativa(forse avrebbe dovuto rivolgersi a una Commis-

sione dei diritti della donna).

La gattara e la città

In alcune città questo lavorio delle gattareavviene in collaborazione con le associazionianimaliste e con i servizi veterinari della Asl. Arri-vando anche a soluzioni positive, di cui di solitopurtroppo non resta traccia ufficiale. Citiamo unsolo esempio, ma non è l’unico. All’inizio del2001, in una cascina dalle parti di Assago, imme-diato sud di Milano, c’è stato un accordo tral’impresa incaricata della ristrutturazione e lagattara. I sedici gatti presenti, già sterilizzati,hanno avuto come rifugio provvisorio una roulot-te attrezzata che è stata procurata dalla gattara(con spesa evidentemente non indifferente) eautorizzata dai responsabili del cantiere. In gene-rale, infatti, il problema è permettere agli anima-li di sopravvivere durante i lavori, quando tutto èsottosopra e loro sono spaventati, e poi farli rien-trare nel loro habitat. La soluzione migliore, spie-ga G.D.G. sessantenne, gattara da dieci, è“Spostare i luoghi di approvvigionamento deigatti, ovvero le ciotoline con il cibo, di qualchemetro ogni giorno, fino a trovare un angolo tran-quillo dove essi possano sopravvivere nel perio-do del trambusto”. Sembra facile, ma i gatti sonoconservatori e ostinati, li può convincere soltan-to la loro gattara di fiducia e con molta pazienza.

La gattara è, era, una figura del limite, che simuoveva “ai bordi della civiltà”, nelle nicchie, negliangoli rimasti un po’ selvaggi, dove vive “l’anticopopolo dei gatti” di Italo Calvino18. I gatti e la gatta-ra stessa possono essere interpretati come ilselvatico residuale che sopravvive nelle città,personaggi un po’ di frontiera. Una selvaticità chenegli ultimi anni è in corso di domesticazione. Ilgatto, anche dal punto di vista scientifico, è unaspecie la cui recente domesticazione, circa 5.000anni, è tuttora in corso. Adesso, sono in via didomesticazione anche le gattare. Tuttavia il richia-mo della selvaticità permane. Una gattara partico-larmente civilizzata e istruita mi ha confessato:

Una sera, era già buio, sono scesa dai gatti del corti-le, avevo comprato la trita e non ho resistito allatentazione di gettarla, buttare con le mani imucchietti di carne, invece di versarla con la forchet-ta sulle ciotoline. È stata una bella soddisfazione.

Troppo ordine è nocivo per i gatti liberi (forseper tutte le libertà). Parliamo di spazi nella cittàperché la gattara è un fenomeno tipicamenteurbano, anche se di paese, e non rurale. E quan-

18 Italo Calvino, Marcoval-do, Einaudi, Torino, 1966.

L A D O N N A D E I G A T T I

Page 10: La donna dei gatti - Dipartimento di Filosofia - DIPAFILO · famiglia del 1975, leggi che, come scrive Tamar Pitch: “possono anche essere lette come un adeguamento normativo alle

108

to raccontiamo si riferisce soprattutto alle città ecittadine del centro e nord Italia, molto meno alsud. I gatti vivono dunque quasi sempre nel-l’abbandonato, nei giardini poco utilizzati, nelresiduale, in quello che potrebbe apparire disor-dine, rispetto all’idea di città organizzata, razio-nale, progettata (in realtà, questi spazi sono piùnumerosi di quanto si creda e non ospitanosoltanto gatti e, soprattutto, ben poco della cittàè davvero razionale e progettato). Sono pochi icasi in cui è passata l’idea del gatto come “arre-do urbano”, spazi e giardini in cui compaiono beigatti 19. Talvolta le gattare riescono ad otteneredai responsabili delle situazioni, grazie a un abilelavoro di negoziazione e non tramite sotterfugi, lechiavi di accesso a posti come fabbriche, cantie-ri, depositi, posteggi, più raramente di scuole,ecc. Alle storiche gattare del cortile del CastelloSforzesco di Milano le chiavi di alcuni localisotterranei furono consegnate ufficialmente epubblicamente, alla presenza anche della stam-pa, una quindicina di anni fa, insieme a un tesse-rino di riconoscimento.

Chi sono le gattare

Da quando quello della gattara è diventato unruolo sociale rispettabile, anche se spesso anco-ra conflittuale, si autoclassificano in questo mododonne di ogni tipo ed estrazione sociale. Negli ulti-mi anni, ho sentito definirsi come “gattare”, anchein pubblico, donne laureate, di bell’aspetto, mari-tate, benestanti, professioniste, insegnanti, configli, attrici, mediche e pasticcere, tanto per citarecategorie molto diverse dall’immagine tradizionale.Dice per esempio A.M., impiegata, con un figlio,che non le spiace essere chiamata gattara,“anzi!”. Si tratta di nuove vocazioni o della visibilitàdi un fenomeno prima ignorato? Una risposta nonesclude l’altra. Esagerando, si potrebbe usarecome immagine della riscossa la Michelle Pfeifferdi Batman Il ritorno (regia di Tim Burton, 1992),che da gattara grigia e triste si trasforma in donnagatta bella e cattiva.

In generale, è vero che molte gattare nonhanno figli. Conosco però un’anziana signora, diorigine siciliana che dà da mangiare a gatti epiccioni quotidianamente (per motivi di salute nonfa “il giro”, sono gli animali che vanno da lei) e haotto figli. Le donne in piena età riproduttiva, dai20 ai 35 anni circa, difficilmente fanno le gattare,perché occupate da interessi finalizzati alla ripro-duzione o da un’altra attività di cura, quella deifigli piccoli. Dice R.M., 52 anni, casalinga, una

figlia ormai trentenne e fuori casa: “Finché miafiglia era piccola andavo dai gatti saltuariamente,quando è andata alla scuola media mi sonomessa a farlo in modo serio”. E non ha più smes-so. G.D.G., sessantenne, ex impiegata, nessungatto in casa, racconta che ha cominciato nel1991 (ricorda l’anno con precisione), “per aiuta-re una vecchietta un po’ svanita a cui, nel cortiledella scuola media, avevano avvelenato 14 gatti”.Da allora, insieme ad alcune sue amiche e il“marito collaborativo”, ha fatto sterilizzare nellasua zona, a Milano, circa 400 gatti. Ha fattoanche sistemare delle casette in una angolorecintato di un giardinetto pubblico, “grazie alcomportamento amichevole dell’amministrazio-ne” (il comune di Milano). Ora, nel 2002, sonorimasti pochissimi gatti, “quasi tutti sono finitisotto le macchine”. Ha una figlia, adulta, “chenon fa la gattara, fa solo la supplente (gattarandr)”. Tina, 70 anni, casalinga, tre figlie zoofile evegetariane, dice che lo fa da quindici anni, espiega “La molla c’era da sempre, ma in realtàquindici anni fa mio marito è scappato conun’altra più giovane”. Parecchie raccontano diavere cominciato quando i figli sono diventatiautonomi, quando si sono sentite liberate daquesto dovere primario, l’accudimento dellapropria prole, e hanno potuto scegliere, fare unacosa tutta per sé. Questo può sembrare incontraddizione con quanto abbiamo detto prima,che andare dai gatti è un dovere. Si tratta di dove-ri diversi. Occuparsi dei figli è un dovere sociale enello stesso tempo un piacere, nonché un impe-rativo biologico (quello di far sopravvivere i proprigeni, come direbbero i sociobiologi). Occuparsidei gatti randagi è invece obbedire a una leggesuperiore, è un dovere che, come emerge dalletestimonianze delle gattare “non dà piacere”, unavocazione in senso etimologico. Dice L.P.:

È un “hobby” logorante, il far fronte alle necessità(cibo, cure e difesa dall’ignoranza e dalla crudeltàumana) di esseri bisognosi che si incontrano tutti igiorni e non si sa se domani si rivedranno, e a ritro-vamenti di gattini che si ripeteranno ancora e anco-ra (…).

È generosità che non chiede ricompense oriconoscimenti. Una generosità che con gli esse-ri umani sarebbe pericolosa, creerebbe dinami-che di scambio e ringraziamenti e riconoscimen-ti, mentre dai gatti, formula che ricorre nelle argo-mentazioni delle mie informatrici, “la gattara nonsi aspetta nulla”. Un’altra parola esplicativa

19 Per esempio, quello dicasa mia a Milano, piazzadi Torre Argentina a Roma,alcune calli di Venezia.

A N N A M A N N U C C I

Page 11: La donna dei gatti - Dipartimento di Filosofia - DIPAFILO · famiglia del 1975, leggi che, come scrive Tamar Pitch: “possono anche essere lette come un adeguamento normativo alle

109

potrebbe essere “abnegazione”. Molte gattarenon coccolano i gatti, non si divertono con loro,lasciando intendere che non mischiano il doverecon il piacere. Mi è capitato spesso di notare chele gattare giudicano male, come frivole, irrespon-sabili, le persone che si divertono con i gatti o liguardano per piacere (c’è chi porta i bambini avedere i gatti e la distribuzione del pasto). I gatti,nella loro pluralità e generalità, per la gattara nonsembrano essere sostituti del figlio, della mater-nità, ma, semmai, delle figure paragonabili al“bambino della notte” di cui parla la psicoanali-sta Silvia Vegetti Finzi, il figlio fantastico e fanta-sticato, senza padre né Padre, con tutto quelloche ciò può significare, figli che non hanno biso-gno di un padre e che non vengono iscritti nelleregole né nelle genealogie maschili 20.

Rarissimamente la gattara porta con sé ibambini quando fa il giro. Giacomo Ferrara nericorda una, un’eccezione, una bella donna diorigine meridionale che andava dai gatti concinque figli e seguita dal marito geloso, che poiperò si è convertito ai gatti. Negli ultimi anni inve-ce sono sempre di più, soprattutto a Milano, legattare accompagnate, anche se occasional-mente, dai figli adolescenti, femmine e anchequalche figlio “giovanotto”, come dice Ferrara.Interpreto la presenza di ragazzi, maschi giovani,in questa attività come collegata al cambiamen-to dei ruoli maschile e femminile nella nostra

società. I mariti spesso sono gelosi dei gatti(anche di quelli di casa, figuriamoci di quelli fuori,che richiedono ben altre attenzioni) e le gattaredevono “farlo di nascosto”. Una gattara poco piùche cinquantenne, attiva nella zona di viale Pado-va, con una figlia, alla domanda “Suo marito ègeloso dei gatti?” risponde “Non so”. E poi spie-ga che il marito non sa nulla di questa sua atti-vità, evidentemente fatta in modo molto riserva-to. È anche per questo che molti pensano che legattare non siano sposate. Il conflitto con il mari-to è un classico, per quanto riguarda le coppiesopra i 50 anni. “Non venga a parlarmi di gattiquando c’è mio marito”, mi diceva spesso unagattara (poi il marito è morto e finalmente abbia-mo potuto parlare liberamente di gatti). I maritigiovani sono un po’ più tolleranti, anche se rara-mente partecipi. Una gattara milanese (coppiasopra i 50) ogni pomeriggio diceva al marito cheandava a fare la doccia, si metteva la vestaglia ei bigodini in testa e così agghindata usciva dallaporta di servizio per andare dai suoi protetti. “Peri gatti, questo e altro” è uno slogan molto diffu-so. Una signora milanese I.A., quasi settantenne,combattiva, non lamentosa, ex-gattara ora piccio-nara mi ha spiegato di “aver smesso con i gatti”ed essere passata ai piccioni, perché negli ultimianni la situazione dei gatti è molto migliorata e leiha sentito il dovere di occuparsi di esseri ancorapiù sfortunati e malvisti, i piccioni. “Una volta icani si prendevano a calci, ora molti se ne occu-pano. Più tardi lo stesso è successo per i gatti. Ipiccioni non li difende nessuno” e lei si è presaquesta “bandiera”.

La voce delle gattare

Insieme a “dovere”, un’altra parola chiave perdescrivere le gattare è “sofferenza”. Fare la gatta-ra è una vera passione, nel duplice senso deltermine: è una sofferenza e nello stesso tempouno stato di violenta e persistente emozione, ungrande amore. Una ex-gattara, medica, torinese,mi ha detto «Non lo faccio più, si soffre troppo.Hai l’angoscia continuamente, il gatto è il caproespiatorio di ogni conflitto, devi combatterecontro tutti». Le testimonianze più realistiche suquesta passione le ho trovate in Paure totali, diBouhumil Hrabal (ed.or. 1990), e in Il gatto in noi,di William S. Burroughs. Due uomini. Ma si sa chele donne non hanno (avuto) parola, la storia delledonne è stata “scoperta” da poco 21. ScriveBurroughs (p. 11):

20 Silvia Vegetti Finzi Il bambino della not-te Mondadori, Milano, 1990. Qui alcunebambine raccontano di gravidanze da cuinascono appunto gattini (fantasia o so-gno che mi piace immaginare comune) edella loro pancia come rifugio per tantipiccoli animaletti. La Vegetti Finzi parlaanche de “il mito che sta prima della cop-pia coniugale e che viene soppiantato dalsuo modello generativo è quello di un cor-po materno che genera da sé”, p. 108.21 Fino a pochissimi anni fa non esisteva-no libri né racconti sulle gattare né tantomeno scritti da esse. Dimostrano l’entra-ta in società delle gattare alcuni libri usci-ti negli ultimi tempi. Nel 1995 è stato pub-blicato Il gatto di nessuno. Manuale per legattare di Donatella Capuano. Un librettodi poche pagine, in gran parte dedicato aconsigli igienici e medici (l’autrice è vete-rinaria), che è una chiara testimonianza,già nel sottotitolo, del riconoscimentodell’esistenza delle gattare. Da notareche nella parte dedicata al controllo dellenascite, che è decisamente auspicato,non si parla però del ruolo dei servizi ve-

terinari pubblici, che secondo la leggehanno il compito di sterilizzare i gatti sen-za padrone. E pensare che, come si dicenella nota biografica, l’autrice è funziona-ria presso la Direzione Generale dei servi-zi veterinari del Ministero della Sanità.Nel 2000 è stato pubblicato I gatti del par-cheggio A, di Graziella Ardizzone (che so-spetto sia uno pseudonimo). È un libroche descrive in modo accurato la vita quo-tidiana e la complessa attività di una gat-tara, medica in un grande ospedale tori-nese. In questo testo, pieno di storie e diinformazioni interessanti, indispensabileper chi non è gattara, manca la sofferenzache è tipica di questa attività, forse scri-verlo è stato un modo per esorcizzarla.Nel libro comunque compare però anchela tipica figura della gattara paranoica esofferente, quella per cui i gatti sono sem-pre avvelenati e sempre perseguitati, chese vede nell’ombra, dietro un cancello, ungiornale stropicciato o sacchetto di plasti-ca pensa sia un gatto ferito e così via. Bi-sogna ricordare che, nonostante tutto enonostane la 281, continuano a esistere i

L A D O N N A D E I G A T T I

Page 12: La donna dei gatti - Dipartimento di Filosofia - DIPAFILO · famiglia del 1975, leggi che, come scrive Tamar Pitch: “possono anche essere lette come un adeguamento normativo alle

110

Se penso alla mia prima adolescenza, mi ricordo lasensazione di tante volte in cui tenevo accoccolatasul petto una qualche creatura. Un piccolo essere,della grandezza diciamo di un gatto. Non è unbambino e non è neppure un animale. Non esatta-mente. È in parte umano e in parte qualcos’altro.(…) non so neppure di cosa abbia bisogno. So chesi affida a me completamente. Molto tempo dopoavrei capito che mi spetta il ruoli del Guardiano, perdar vita e nutrimento a una creatura che è in partegatto, in parte uomo, e in parte qualcosa di ancorainimmaginabile, che potrebbe essere il risultato diun’unione non consumata per milioni di anni.

E ancora (p. 15):

La notte scorsa ho incontrato in sogno un gatto conun collo lunghissimo e un corpo da feto umano,grigio e translucido. Lo coccolo. Non so se ha biso-gno di qualcosa, né come fare a dargliela. Altrosogno, anni fa, di un bambino con gli occhi sulleantenne. È molto piccolo, ma sa camminare e parla-re. «Non mi vuoi?». Di nuovo, non so come prender-mi cura di quel piccolino. Ma con tutto il mio esse-re voglio proteggerlo e nutrirlo! Proteggere gli ibridie i mutanti nel vulnerabile stadio dell’infanzia èproprio la funzione del Guardiano.

Qui ci sono alcune delle caratteristichedell’essere gattara, prendersi cura di qualcunoche ha bisogno, proteggere e nutrire un essereibrido, che è a metà tra il mondo umano e ilmondo selvatico, come in realtà è il gatto. Unessere che si può comprendere solo parzialmen-te, che soffre o ha sofferto molto, con questosenso angosciante del succedersi, velocissimonei gatti, delle generazioni, della vita e dellamorte, della fatica della riproduzione in cui sonocoinvolte le femmine. A questo proposito scriveBurroughs (p. 47):

… c’è la mamma, in cima alla catasta, con tre gatti-ni intorno a sé. Viene dinoccolata verso di me,mette la testa nella mia mano. «Vedo che sei unuomo buono, sceriffo (Burroughs si stava eserci-tando al tiro al bersaglio con la pistola ndr). Abbicura di me e dei miei piccoli. Fu molto toccante, lasemplicità di quel gesto. C’erano, in quel gesto, coipiccoli dietro di lei, migliaia di anni di mamme gatto.

A p. 72:

Circonda questa creaturina fiduciosa anche un’aurafatale e molto triste. Nei secoli è stata abbandona-ta molte volte, lasciata morire in freddi vicoli urbani,in torridi terrains vagues assolati, tra cocci di terra-glie, ortiche, muri crollati. Tante volte ha gridatoaiuto invano.

Questo è il sentimento profondo di moltegattare. Scrive per esempio in una comunicazio-ne personale L.P. già citata:

Agire nel piccolo è una buona cosa, nel bilancio diuna vita ha la stessa valenza del salvataggio di1.000 ebrei da un rastrellamento nazista, ma farloseriamente non sposterà una virgola al tema gene-rale, mentre comporta un peggioramento dellaqualità della vita di chi si sottopone a questo sbat-timento. Esempio: chiamata di domenica sera con14 gatti da piazzare di una signora perfettamentetranquilla e rilassata che “deve cambiare casa”…non fai più nient’altro, mettiamoci qua e là qualchesbaglio clamoroso per ansia da sistemazione randa-gi, poi sopraggiunge la saturazione economica efisica (la capacità psichica è già persa), sparizionedi marito e amici, e davanti al mare sempre ugualecontinui a reggere il cucchiaio (bucato) ma hai trop-po da fare per ricordarti il tuo nome.

V.K., intellettuale, viaggiatrice nel mondo eora, anziana, stanziale a Milano, è diventatagattara – ma di rinforzo, in aggiunta ad altre due– perché dove vive non può tenere gatti e “soffrodi astinenza, anche se il mio ideale è un rappor-to uno a uno”. Anche lei parla spesso della soffe-renza, del dolore che si prova a doversi occuparedi gatti. Nello stesso tempo, la gattara non puònon occuparsi di gatti, ha una sorta di “dipen-denza”, gli americani parlerebbero di addiction. Einfatti senza gatti la gattara, anche se si lamentadel lavoro che deve fare per loro, sta male, ha lecrisi di astinenza.

Mi scrive una gattara: “Non vedo molteprospettive e con questi numeri, il numero esiguodi persone impegnate, giro con i paraocchi,perché una colonia in più da visitare ogni giornosposterebbe verso il baratro il delicato equilibrioche cerco di mantenere…”. E sono molte quelleche dicono “Vorrei non vederli, vorrei non sapereche ci sono”, perché ciò equivarrebbe a un dove-re da espletare. Ancora a proposito di dolore emorte lo scrittore ceco Bohumil Hrabal scrive:

Le devo dare una triste notizia, che dal vicinato,quando arrivavo col pullmann, mi venivano incontrodue gattini, due cuccioli svezzati, grigi tigrati, cammi-navano sempre e solo insieme e uno accantoall’altro, e trottellavano sempre uno accanto

nemici dei gatti, e non sono pochi. Fannospesso parte di questa categoria maestree direttrici didattiche, medici, inquilini eamministratori piccolo borghesi desidero-si di ordine e simili. Per questi, il gatto di-

venta il “gatto espiatorio” di manie igieni-ste e nevrosi varie. Dunque, la paranoiaspesso presente nelle gattare ha dellecause reali e ancora più ne aveva in pas-sato..

A N N A M A N N U C C I

Page 13: La donna dei gatti - Dipartimento di Filosofia - DIPAFILO · famiglia del 1975, leggi che, come scrive Tamar Pitch: “possono anche essere lette come un adeguamento normativo alle

111

all’altro, come se fossero tenuti insieme da un filoinvisibile, una testolina accanto all’altra, e semprecosì, come se si tirassero dietro un carrettino invi-sibile carico solo e unicamente di felicità, addirittu-ra, quando venivano trotterellando per il lungo viot-tolo accanto allo steccato bianco, quei gattini misorridevano, erano proprio due allodole sul filo e iogli davo da mangiare e li accarezzavo, quei gattiniavevano lo stesso carattere di Cassius, si lasciava-no accarezzare, e quando avevano mangiato, alloradi nuovo uno accanto all’altro, come il tiro di uncarro, trotterellavano dove volevano, ma sempreinsieme e uno accanto all’altro... Ma un giorno èarrivato trotterellando un solo gattino, e cadeva unpo’ di neve, quella specie di nevischio ghiacciato...e io ho capito che qualcosa non andava, e avanza-vo per il viottolo leggermente cosparso di neve... elà vicino al cancello c’era lungo disteso l’altro gatti-no ed era morto, era il mio gattino portafortuna... equel carrettino invisibile che mi portava per confor-tarmi, quello è sparito come in una favola triste... equando ho raccolto quel corpicino tigrato morto, sulnevischio pulito è rimasta la sua impronta, tutt’attor-no il nevischio e in mezzo il contorno scuro del gatti-no steso… e quello che è rimasto, l’orfano, mi trot-terellava accanto... ho portato il gattino morto incasa per seppellirlo, quando si fosse sciolta un po’la terra gelata, lì dove sono sepolti già alcuni gattiche mi sono morti... E Aprilina, (la persona a cuisono dedicati, come lettere, questi racconti, ndr),quell’immagine del gattino nella neve è stata lastessa cosa di quando ho traslocato da Liben…(segue la descrizione di eventi tragici collegati al suoessere ebreo) (Paure totali , pp. 12 e 13).

E ancora, con una tipica descrizione preoccu-pata da gattara:

…i gattini mi seguono, il loro corteo si chiude, miaccompagnano sempre dovunque vado… di giornola cosa mi spaventa, ho paura che ci vedano icacciatori… (p. 49), … che rimangano qui tutti, alla

fin fine, quei gattini, finché sarò vivo me ne prenderòcura, li consolerò, li accarezzerò, ma io me ne stoseduto qui e ho paura… (59); … io devo assoluta-mente andare a Kersko, perché qualcuno deve darda mangiare a queste bestiole e consolarle, e io infondo devo avere un motivo non solo per andare daqualche parte, ma proprio per vivere… (70); … checosa ne sarà dei miei gattini quando dovrò stare inospedale , o magari lascerò questo mondo… (114).

Questi scrittori che riescono a esprimere e apubblicare quello che molte gattare sentono e almassimo dicono sono due uomini, anche seBurroughs ha un sessualità sicuramente diversadai canoni classici. Più in generale, esistonoanche dei gattari, ho conosciuto un pittore, unimpiegato pubblico e un primario ospedaliero.Quest’ultimo si recava dai gatti con una lussuo-sa station wagon nel cui ampio bagagliaio tenevail cibo e i piatti per i suoi beniamini. Due gattarisu cui ho molte informazioni, che non posso ripor-tare per riservatezza, sono persone con problemipsichici. In generale, i gattari sono una esiguaminoranza, questo ruolo tipicamente materno enutritore poco si addice agli uomini. I gattarihanno qualcosa di stonato, un po’ come i maschiche insegnano all’asilo o alle scuole elementari,possono suscitare fantasie e sospetti di pedofi-lia, sembrano fuori luogo. Non sono ben vistidalle gattare, non si può però dire che non sonoaccettati, perché le gattare non formano un grup-po o una società, ognuna lavora da sola e non sisente parte di una comunità.

La legge 281 e l’istituzionalizzazione dellagattara

La legge 281 ha stabilito che per limitare ilnumero di animali “vaganti” non si deve più ricor-rere alla soppressione, agli stermini di massa delpassato, ma “il controllo della popolazione dei canie dei gatti mediante la limitazione delle nasciteviene effettuato, tenuto conto del progresso scien-tifico, presso i servizi veterinari delle unità sanitarielocali”. Va ricordato che in precedenza, per anni,decenni, secoli, la limitazione delle popolazioni digatti (e cani) si faceva con le stragi, non eutanasi-che, praticate ufficialmente dai servizi veterinaripubblici e ufficiosamente da chiunque. L’accalap-piacani è il nero simbolo di quel modo di agire. Glianimali venivano accalappiati, portati al canile edopo tre giorni, se nessuno li richiedeva, legalmen-te passati alla vivisezione o ammazzati 22. Soltantoin alcune città, tra cui Milano, i veterinari del servi-zio pubblico avevano cominciato ad agire nel modo

22 A proposito di vivisezione, nel febbraio1990 (e non nell’800), nell’università diPalermo durante un’occupazione, gli stu-denti trovarono nell’Istituto di FisiologiaUmana decine di gatti usati in esperimenticrudeli e tenuti in modo totalmente inade-guato. Gli animali da usare come cavie ve-nivano catturati per la strada da un acca-lappiagatti “abusivo” da almeno venti anni.Il 15 febbraio 1993 il Pretore condannò iresponsabili di quel laboratorio ritenendoliresponsabili di maltrattamento di animali.Ci fu un ricorso e nel frattempo, purtroppo,il reato cadde in prescrizione. La Lav di Palermo riporta il caso nel suo si-to http://lavpalermo.supereva.it/, da cui

citiamo brevemente «(...) Nel corso del pro-cesso fu altresì ascoltato il fornitore deglianimali. Una persona grossa e con i baffiche teneva i gatti in una stalla di sua pro-prietà prima di consegnarli all’Istituto. Que-sto signore dichiarò che forniva i gattiall’Istituto da almeno venti anni per la som-ma di lire 25.000. Altri testi chiamati dalTribunale riconobbero nel procacciatore digatti uno dei fornitori che nottetempo ese-guiva gli accalappiamenti per le strade diPalermo con una grossa rete agganciataall’estremità di un bastone. Al processo ri-sultò che i fondi con cui erano stati acqui-stati i gatti oggetto del dibattimento prove-nivano da un finanziamento del CNR (...)».

L A D O N N A D E I G A T T I

Page 14: La donna dei gatti - Dipartimento di Filosofia - DIPAFILO · famiglia del 1975, leggi che, come scrive Tamar Pitch: “possono anche essere lette come un adeguamento normativo alle

112

poi prescritto dalla legge, ma comunque da pochis-simi anni. Per descrivere almeno parzialmente illavoro di gestione delle colonie feline mi sembrautile una lunga citazione dall’articolo di DonatellaAureli e mio Il veterinario come mediatore sociale:

La legge 281/91 prevede, tra l’altro, la sterilizza-zione dei gatti senza padrone. Questa si attua attra-verso il censimento della colonia felina, dopo segna-lazione da parte della gattara oppure di altra perso-na infastidita o indispettita dalla presenza dei gatti.Ovviamente la sterilizzazione può avvenire soltantocon la collaborazione della gattara, che è l’unica ingrado di avvicinare e catturare i gatti nella manieramigliore, con il minimo di stress per l’animale. Legattare più evolute conoscono la situazione deigatti, sanno che cosa mangiano, quando e dovepartoriscono, come stanno e così via. Sono tutteinformazioni utili sia per l’aspetto sanitario e dicontrollo epidemiologico sia per la gestione socialedella convivenza con gli animali. Queste persone, letutors delle colonie feline, sono zoofile e possonoessere viste dalla gente – ma anche dai veterinari –come benefattrici o come delle squilibrate o delleperditempo. Invece possono essere delle validecollaboratrici a titolo gratuito del Servizio sanitariopubblico (che, per altro, ha pochissime risorse).Soltanto unendo le forze delle Asl e delle tutors lalegge può essere attuata. Si pensi che la 281 nonspecifica chi deve catturare i gatti, chi li deve porta-re all’ambulatorio, chi deve occuparsi di tenerli adigiuno e fare la degenza post operatoria. Da questalacuna della legge scaturisce che questi compitipossono essere svolti solamente da qualcuno cheami gli animali e abbia tempo e risorse da dedicareloro, ovvero la gattara. Per tutti questi motivi la figu-ra della gattara è da rivalutare. Eventualmente sipossono correggere certi atteggiamenti sbagliati(riguardanti il cibo, la pulizia ecc.), con professiona-lità e conquistando la fiducia della persona, senzaautoritarismi. È indispensabile avere un buonrapporto con le tutors, anche se questo non è previ-sto da regolamenti né da leggi. La legge 281 diceche i gatti non possono essere spostati, e siamotutti d’accordo, è una cosa giusta. Succede peròche i gatti siano “sfrattati”, obbligati a lasciare ilterritorio della loro colonia, per vari motivi, distru-zione dell’edificio, cambio d’uso della zona ecc. C’èda chiedersi che cosa sarà dei gatti, la legge non lospiega, ovviamente. Facciamo una prima ipotesi: igatti restano lì, nella situazione cambiata, che nonpermette loro possibilità di rifugio, né, soprattutto,

permette di ritrovare la gattara, e dunque il cibo. Igatti si disperdono nella zona. Hanno qualche, mini-ma, possibilità di sopravvivenza, legata all’habitat(se ci sono strade di grande traffico, le possibilitàdiminuiscono vertiginosamente) e alla condizionesociale, l’accettazione da parte degli umani. Altraipotesi: trasferire individualmente i gatti, dopo aver-li catturati, in altre situazioni. Ma dove? Darli inadozione in famiglia è difficilissimo; nei pochi rifugiper gatti non esistono abbastanza posti (e comun-que la loro qualità di vita, in gabbia, sarebbe moltoscadente). Qualche individuo può essere ricollocatoin un’altra colonia, sentito il parere della gattaraaccettante. Non è possibile dilungarsi nei vari, enor-mi, problemi pratici (dalla cattura in poi), né nelladescrizione della disperazione della gattara, ma dinuovo bisogna notare come sul veterinario ricadanorichieste e impegni che non sono medici. Sono inter-venti quasi assistenziali, in cui vengono messi ingioco la sensibilità personale del veterinario e il suosenso del dovere sociale. Sono però la necessariaconseguenza della competenza professionale, nonci si può nascondere dietro i doveri d’ufficio. Simileè il caso della malattia, del trasferimento o dellamorte della gattara. Bisogna occuparsi del destinodei gatti, che non è vero che si arrangiano e che sela cavano con le loro sette vite. Ne hanno una solae, per quanto possibile, i veterinari sono chiamati atutelarla. Tutti questi impegni sono conseguenzedel censimento delle colonie e fanno capire l’impor-tanza di questo primo passo. Il censimento consistenel fare un sopralluogo sul territorio della colonia,nel compilare una scheda che racchiuda più infor-mazioni possibili (salute dei gatti, alimentazione,abitudini ecc.) e permette la conoscenza della gatta-ra e l’instaurarsi di un rapporto, che abbiamo giàdefinito prezioso 23.

Come risulta da questa descrizione, tutto ciòimplica, dal punto di vista della gattara, uncomplesso rapporto, talvolta con aspetti di riven-dicazione, con i servizi veterinari pubblici e comun-que una forma di impegno sociale. Il passaggioall’istituzionalizzazione della gattara è ben visibilenel libro del 1995 dei veterinari del servizio pubbli-co di Venezia, I gatti di Venezia. Risultati del primocensimento delle colonie feline, a cura di Luca Fari-na, Stefano Marangon, Luciano Piccoli, Mario Scat-tolin, dove i gatti diventano ufficialmente “arredourbano” e le 385 gattare intervistate “tutors” 24.Finalmente, l’approccio alla convivenza con glianimali in città non è solo igienista, come stabilivail fondamentale Regolamento di polizia urbana del1954, dove la parola “polizia” esplicita le finalitàrepressive dell’intervento degli enti pubblici primadella 281. Lo studio veneziano infatti indagasoprattutto sugli aspetti sociali e psicologi del

23 in Anna Mannucci e Mariachiara Tallac-chini (a cura di) Per un codice degli ani-mali, Giuffrè Milano 2001.24 I gatti di Venezia. Risultati del primocensimento delle colonie feline, a cura di

Luca Farina, Stefano Marangon, LucianoPiccoli, Mario Scattolin, Arsenale editrice,Venezia, 1995, pp. 109, con 13 fotogra-fie e la mappa delle colonie, abstract in in-glese e francese.

A N N A M A N N U C C I

Page 15: La donna dei gatti - Dipartimento di Filosofia - DIPAFILO · famiglia del 1975, leggi che, come scrive Tamar Pitch: “possono anche essere lette come un adeguamento normativo alle

113

rapporto tra gli esseri umani e i gatti; si dice, tral’altro, che la convivenza con i gatti favorisce la“mentalità tutoriale”, il che ha un valore social-mente positivo. Qui si ha chiaramente il riconosci-mento ufficiale della gattara e del valore moraledella sua azione.

In filosofia morale, ci sono dei pensatori edelle pensatrici che parlano di “etica della cura”e di “etica della responsabilità”, il massimo espo-nente è il filosofo tedesco Hans Jonas. “Laresponsabilità dei genitori”, scrive Jonas, “costi-tuisce davvero, filo- e ontogeneticamente,l’archetipo di ogni responsabilità, in quanto è, amio avviso, anche geneticamente l’origine di ognipredisposizione a essa” 25. Questa considerazio-ne è in assonanza con quanto dice l’esperto dietologia umana, anch’egli tedesco, Irenäus Eibl-Eibesfeldt che vede le basi della moralità nellacure parentali:

Con l’“invenzione” delle cure parentali sono nati icomportamenti di assistenza e i segnali infantili cheli scatenano, insieme ai connessi meccanismi moti-vanti della premura, della simpatia e del soccorsoreciproco. Tali azioni e appetenze hanno potuto allo-ra diventare strumenti al servizio dei vincoli tra gliadulti, dimostrando di essere validi preadattamentiper forme superiori di socialità, caratterizzatedall’amicizia e dai legami interindividuali, dunquedall’amore. (…) Con le cure parentali è nata la fami-liarità come nuovo livello organizzativo e ciò ha aper-to nuove potenzialità sociali. È stato possibile losviluppo di un’etica della famiglia che viene poitrasmessa al gruppo, perfino ai grandi gruppi anoni-mi dell’umanità moderna 26.

Scrive ancora Jonas a proposito della diffe-renza tra responsabilità naturale e responsabilitàcontrattuale:

La responsabilità stabilita dalla natura, ossiaesistente per natura, non è, nell’unico esempio fino-ra addotto della responsabilità dei genitori (il soload esserci familiare) dipendente da alcun consensoprecedente: è irrevocabile, non negoziabile e globa-le (op. cit. p. 120).

Questa descrizione di una responsabilità noncontrattuale, “irrevocabile, non negoziabile eglobale” va bene anche per le gattare, che Jonasnon prende minimamente in considerazione eprobabilmente nemmeno conosce. D’altra parte,

Jonas parla di “genitori” quando si riferisce adattività e impegni che in realtà sono prevalente-mente materni, avendo la responsabilità delpadre (per lo meno nel caso umano) parecchiaspetti di tipo contrattuale.

Cronache cittadine

Tornando alla istituzionalizzazione e regola-mentazione delle gattare, molti esempi si trova-no nelle cronache cittadine degli ultimissimi anni.Riporto solo alcune citazioni tra le molte disponi-bili sui siti web di giornali non specializzati (i corsi-vi sono miei):

http://www.comune.pioltello.mi.it/informatore/luglio2000/gatto.htm OPERAZIONE “GATTO LIBERO ESICURO” Gatti randagi, liberi e sani. È scattata sututto il territorio di Pioltello l’operazione “Gatto libe-ro e sicuro” che intende trattare e controllare ilproblema delle colonie feline (…) L’iniziativa è ilrisultato di un accordo raggiunto tra la Asl del terri-torio di Pioltello e Dog Angels, un’associazioneanimalista di volontariato. “Scopo della collabora-zione”, spiega Francesco Mercanti, presidentedell’associazione, “è stabilire un ponte tra Struttu-ra pubblica, in questo caso la Asl, che deve occu-parsi di tutelare la salute dei cittadini e degli anima-li che vivono sul territorio, e la realtà delle coloniefeline. Una realtà difficile da individuare e da cono-scere senza l’aiuto delle persone “gattare” chegestiscono le colonie, appunto”. (...)

20 maggio 2001LA PROPOSTA DEI COMUNISTIITALIANI Troppi randagi in città Un gattile nell’exForo Boario Ernesto De Franceschi www.mattinopa-dova.kataweb.it/mattinopadova/arch_20/pado-va/cronaca/mc601.htm Soltanto in città sono più di cinquecento. Una cifra inprogressivo aumento. Il fenomeno del randagismo feli-no è tutt’altro che un problema di poco conto. A soste-nerlo con forza sono i Comunisti Italiani.(…) Durantel’amministrazione Zanonato era stato avviato l’iterburocratico per una sua realizzazione. «Ormai si era indirittura d’arrivo – racconta Marini (il capogruppo) –Erano state depositate ben 2.200 firme di cittadini.Poi, con la sconfitta del centrosinistra e l’avvento diGiustina Destro tutto si è bloccato. (...) durante l’èraZanonato era stata istituita la figura del “gattaro”, contanto di patentino rilasciato dal Comune a chi si pren-deva carico di seguire famiglie di gatti randagi provve-dendo ad una loro sterilizzazione. (...).

22 maggio 2001La prima colonia felina nel parco Baden Powellwww.messaggeroveneto.kataweb.it/messaggero-veneto/arch_22/udine/udb/udb5.html I gatti randagi stanno per avere le loro casette con ilcibo, saranno monitorati e controllati e le femminesaranno sterilizzate. (…) Oggi, alle 11, ci sarà la

25 Hans Jonas Il principio responsabilità,Einaudi, Torino, 1990, p. 128.

26 Irenäus Eibl-Eibesfeldt, L’uomo a ri-schio, Bollati Boringhieri, Torino 1992,p. 25.

L A D O N N A D E I G A T T I

Page 16: La donna dei gatti - Dipartimento di Filosofia - DIPAFILO · famiglia del 1975, leggi che, come scrive Tamar Pitch: “possono anche essere lette come un adeguamento normativo alle

114

presentazione ufficiale nel parco Baden Powell, in viaDuchi d’Aosta, dove saranno posizionate due caset-te dove i volontari lasceranno ogni giorno il cibo pertutti i mici. Alla manifestazione parteciperà l’asses-sore all’Ecologia Lorenzo Croattini e i rappresentantidell’associazione Animali di città che si sono battuticon forza per questa iniziativa. «Sarà un momentoimportante perché significherà l’inizio di una gestionedelle colonie feline con un po’ di ordine. (...) spiegaAndrea Marussigh di Animali di città. (...)

26 maggio 2001Micio, addio alla vita di stradaVigilerà il «gattaro» autorizzatoIl Comune inizierà martedì il corso per coloro chevogliono diventare «responsabili di colonia felina»a.p.www.tribunatreviso.kataweb.it/tribunatreviso/arch_26/treviso/cronaca/tc201.htmIl più famoso è «Bepi dei gati», che opera dal Porti-co Oscuro a piazza Rinaldi. Ma sono soprattuttodonne, e infatti si chiamano «gattare»: girano colcibo nella borsa, per i loro appuntamenti con i micidella città. Le vedi all’università come agli angoli piùsuggestivi, nei ritagli di verde o nei vicoli meno battu-ti. Adesso il Comune mette in pensione questipersonaggi straordinari, irripetibili. Nasce il «respon-sabile di colonia felina», che sarà certamente dizio-ne più corretta, ma perde tutta la poesia. (...)

3 luglio 2001 Ventimiglia: adesso spuntano altreaccuse Caso delle gattare www.lastampa.it/LST/ULTIMA/LST/IMPERIA/IMPERIA/GATTARE.htmBORDIGHERA Si arricchisce di un nuovo capitolo ilcaso delle «gattare» contrastate da un condominodella palazzina accanto alla colonia di mici. (...) «Rober-ta Bergamaschi e Adriana Venchi sono state nomina-te “gattare” con una raccomandata, il 20 giugno, anorma dell’articolo 8 punto 5 della legge regionale23/2000 – aggiunge Roda – La comunicazione erastata inviata anche all’amministratore del condominio“Marisa”, il geometra Fulvio Borro. La legge prevedeche, “in caso di controversia, il Comune provvede alladelimitazione di un’area all’interno dell’habitat dellacolonia da riservare alle operazioni e al posiziona-mento dei ripari e delle attrezzature”. (…).

28 settembre 2001Cani e gatti, addio abbandoni: debutta il regola-mento degli animali www.lanazione.monrif.net/chan/11/9:2575224:/2001/09/28 CANTAGALLO — I gatti liberi appartengono al patri-monio dello Stato e devono essere tutelati. Il rego-lamento degli animali che sarà varato stasera inconsiglio contiene anche un capitolo dedicato agliamici gatti, in particolare alla presenza di coloniefeline. Finora la loro protezione era sempre stataaffidata al buon cuore di qualche generoso, ora saràregolamentata. Intanto l’Usl si occuperà della lorosterilizzazione, affiancata nella cattura da addetti

del Comune e delle associazioni animaliste.Nascerà il ruolo di «gattaio/a», cioè di incaricato allecure e ai pasti dei gatti liberi, grazie alla frequenzadi un corso di formazione per «gattai» organizzatodal Comune con l’Usl. Al termine sarà rilasciato unpatentino che fungerà da riconoscimento per acce-dere alle aree pubbliche e, se muniti di consenso,anche a quelle private.

Sabato 20 Ottobre 2001Convenzione per i gattiw.m. JOLANDA DI SAVOIA La giunta del Comune diJolanda di Savoia ha, dall’inizio di ottobre, un nuovoreferente per il controllo e la tutela delle “Colonie feli-ne” censite sul territorio comunale dei gatti “che vivo-no in libertà” sullo stesso territorio comunale. IlComune, nel rispetto della legislazione vigente, hastipulato una «Convenzione» con la signora DanielaCavinato di Codigoro per quanto attiene l’alimenta-zione, le prestazioni veterinarie e le cure farmaceuti-che dei felini, ma anche per la realizzazione dellacampagna di sterilizzazione dei gatti randagi(…). Lasignora Cavinato ha garantito il possesso delle cogni-zioni tecniche e pratiche per lo svolgimento delle atti-vità Convenzionate, compreso la cattura dei gattirandagi (...).

11 Dicembre 2001Il Nuovo.itMaria Teresa Cinanni ROMA-Gatti romani sottotutela. Anzi, trasformati in “patrimonio bio-cultu-rale”, accuditi in apposite colonie, istituzionaliz-zati e valorizzati al pari delle antiche pietre sullequali vanno a stendersi. Roma, città felina pereccellenza, ha deciso che tutti i mici del centrostorico, quelli che razzolano tra il Colosseo, laPiramide Cestia e Largo di Torre Argentina, saran-no dotati di un “patentino”, un riconoscimentoufficiale. Per avere finalmente protezione e cure aprofusione. Il progetto è proprio del Primo Munici-pio, quello che gestisce il cuore antico della Capi-tale. “L’idea – spiega Claudio Caterisano, capo-gruppo Lista Civica per Veltroni e ideatoredell’“operazione gatto” – è nata dopo aver vistoquanto successo i felini riscuotono con i turistiche si fermano ad accudirli e con tutti i cittadini,che si improvvisano spesso volontari soccorritoridegli animali in difficoltà. È anche un modo perunire e valorizzare storia e attualità vivente insie-me”. (…) le “gattare”, gli angeli custode ingonnella dei felini. Un’istituzione a Roma. Ognigiorno preparano centinaia di scodelle, allesti-scono cuccie, vegliano su un culto antico. (...)

22 marzo 2002Cani e gatti, multe per chi li maltrattaVarato il regolamento di convivenza tra gli uomini egli animaliwww.iltirreno.kataweb.it/iltirreno/arch_22/lucca/cronaca/ll401.htm

A N N A M A N N U C C I

Page 17: La donna dei gatti - Dipartimento di Filosofia - DIPAFILO · famiglia del 1975, leggi che, come scrive Tamar Pitch: “possono anche essere lette come un adeguamento normativo alle

115

LUCCA. Il regolamento di convivenza uomo/animalisarà presentato dal sindaco Pietro Fazzi questopomeriggio alle 17 a Villa Bottini nel corso di unincontro al quale interverrà il ministro dell’ambienteAltero Matteoli. (..) Per quanto riguarda i gatti,norme rigide sono fissate per la gattaia, il cittadinoche si occupa volontariamente e gratuitamentedella vigilanza di gatti che vivono in libertà. Esiste-ranno anche gattaie autorizzate dal Comune dopoapposito corso di formazione. A queste verrà rila-sciato un patentino che potrà essere ritirato qualo-ra il comportamento sia ritenuto in contrasto conquanto stabilito dalla normativa. (...)

http://www.comune.ladispoli.roma.it/italiano/comune/regolamenti/diritti_animali.htmCOMUNE DI LADISPOLI (Prov. di Roma) Regolamento Comunale per la tutela dei diritti deglianimali e per la prevenzione del randagismo(...) ART. 5: GATTAREIl Comune di Ladispoli apprezza e sostiene l’attivitàdei volontari animalisti che assistono e nutrono lecolonie feline, comunemente detti “gattare” o“gattari”. Combatte le manifestazioni di intolleranzaverso tali volontari e stabilisce il divieto di introdur-re nei regolamenti condominiali o consortili normeche impediscano lo svolgimento delle richiamateattività di assistenza e nutrimento. È fatto obbligo alvolontario animalista di mantenere o ristabilire ildecoro e l’igiene eventualmente compromessi dallaloro attività, nonché evitare turbative di qualsiasispecie a terzi, per effetto dell’attività anzidetta (…).

La lotta delle gattaie fiorentine

Un altro interessante esempio di istituziona-lizzazione della gattara è il Regolamento comu-nale sulla tutela degli animali di Firenze (appro-vato all’unanimità dal Consiglio Comunale condeliberazione n. 285 del 3 maggio 1999). Neltitolo V, articolo 26, si definiscono i termini usati:“1. Per “gatto libero” si intende un animale chevive in libertà, di solito insieme ad altri gatti. 2.Per “colonia felina” si intende un gruppo di gattiche vivono in libertà e frequentano abitualmentelo stesso luogo. 3. La persona che si occupadella cura e del sostentamento delle colonie digatti che vivono in libertà è denominata “gattaio”o “gattaia” (ecc.).

Questo Regolamento fu varato a seguito di unaspro conflitto tra un assessore comunale e i“gattai”. Il 3 aprile del 1996, l’assessore allasanità Marco Geddes da Filicaia (dei Democrati-ci di sinistra) rese pubblico un progetto di ordi-nanza in cui si proibiva di nutrire gatti e piccioni.Inaspettatamente per le autorità, ci furono ferocipolemiche, nacque una grande protesta e si creò

“un clima di tensione”, cui le pagine locali deiquotidiani diedero grande spazio. “Non mi aspet-tavo una tale bufera”, disse l’assessore. Il 5 apri-le un centinaio di persone manifestarono davan-ti all’assessorato comunale. L’assessore regio-nale all’ambiente dichiarò alla stampa le sueriserve rispetto all’ordinanza che “rischia didanneggiare l’immagine della città agli occhidella pubblica opinione”, ai giornali arrivaronolettere di protesta dai fiorentini e dai non fioren-tini. La Nazione del 5 aprile scrive “Sfameremo igatti. La città si ribella all’ordinanza-choc”. Il 6aprile L’Unità-Firenze mattina (p. 5) titola “Saràrivista l’ordinanza affama-gatti dopo le protestedegli ambientalisti”. La Repubblica-Firenze del 10aprile dedica alla polemica un’intera pagina, inti-tolata “Geddes fa dietro front, revocato l’ordine dinon cibare i gatti”. Il 10 aprile l’assessore, in unpubblico incontro, si impegnò a “1) riscrivere lanorma che vieta di cibare gatti e piccioni, 2) sotto-porla al giudizio delle associazioni animaliste; 3)dimostrare il proprio impegno nei confronti deglianimali nel rispetto delle esigenze sanitarie. (LaNazione, Firenze, 11 aprile 1996). Da questacontesa nacquero l’Ufficio diritti animali e il Rego-lamento comunale sulla tutela degli animali.

Il gattara-pride

Negli ultimi dieci-quindici anni, dall’emargina-zione si passa al riconoscimento sociale, dallospontaneismo anarchico alla gestione. Dallasensazione di impotenza si passa all’orgoglio, al“gattara pride”. Ho usato questa parola, pride, nelmio intervento La femme aux chats all’università diBrest nel 2000, per fare un’analogia con la recen-te storia dei gruppi emarginati che poi diventanofieri di se stessi. Scrive Gianni Rossi Barilli a propo-sito di pride: “Letteralmente, in inglese, significaorgoglio, fierezza. Essere fieri di qualcosa, a comin-ciare da se stessi, è un tratto fondamentaledell’ottimismo culturale americano. Ma non a tuttiè garantito allo stesso modo il diritto di essere fieri(proud) di sé. Le lotte per i diritti civili che si sonosvolte in America avevano come posta in giocol’allargamento di questo diritto. Hanno cominciatoi neri ad essere orgogliosi, anziché vergognosi, delcolore della loro pelle. E poi è toccato ad altre cate-gorie di oppressi, come gli omosessuali, di scopri-re in sé un senso di autostima in grado di cambia-re le cose (….)”27.

Credevo di aver fatto cosa originale e audace aparlare di “gattara-pride” ma a dicembre 2002 horicevuto l’annuncio di una manifestazione prevista

L A D O N N A D E I G A T T I

Page 18: La donna dei gatti - Dipartimento di Filosofia - DIPAFILO · famiglia del 1975, leggi che, come scrive Tamar Pitch: “possono anche essere lette come un adeguamento normativo alle

116

a Roma per sabato 22 Febbraio 2003 che usava lostesso termine: “Le Associazioni Arca, AnimalistiItaliani, Anpana, Forza piccoli amici ecc. organizza-no il Cat Pride, Grande Marcia dell’orgoglio gattaro.Le gattare finalmente escono allo scoperto e riven-dicano la loro presenza e la loro attività in favore deigatti abbandonati (120-150.000 nella sola città diRoma) e marciano insieme pacificamente per chie-dere (…)”. Segue un elenco di rivendicazioni in cuisono ribaditi alcuni dei temi che stiamo trattando.

A Roma, però, i gatti da tempo sono diventatiun’attrazione turistica e già ci sono state iniziati-ve di premiazione ufficiale delle gattare. Unmomento simbolico del “gattara pride”, uno deiprimi, può essere considerata la giornata romanadel gatto del 17 febbraio 2000, dove, oltre aspettacoli, mostre e così via, sono stati dati deipremi ad alcune gattare. Il tutto su iniziativadall’Ufficio comunale per i diritti degli Animali,con la presenza della responsabile dell’ufficiostesso Monica Cirinnà e della allora senatriceCarla Rocchi. Presenze istituzionali, dunque. Inquella stessa occasione è stato varato “il deca-logo della ecogattara per una corretta assistenzadei circa 200 mila randagi romani”, che merita diessere interamente citato:

1) Distribuire il cibo ad ore fisse, in modo chei gatti consumino subito la loro razione.

2) Creare “stazioni di rifornimento”, ove possi-bile al riparo dal sole per evitare decompo-sizioni e cattivi odori.

3) Versare il cibo in contenitori usa e getta. 4) Rimuovere quanto prima tali contenitori. 5) Usare quando possibile cibi secchi per

eliminare cattivi odori. 6) Provvedere che vi sia sempre dell’acqua a

disposizione degli animali. Gli operatoriecologici si impegneranno a non rimuoverla:

7) Rinnovare spesso eventuali cassette etenere il più possibile pulite le eventualicoperture in lana per l’inverno.

8) Concordare con gli inquilini uno spazioapposito dove lasciare il cibo per i gatti dicortili e giardini condominiali. Questo spaziodovrà essere sempre tenuto scrupolosa-mente pulito.

9) Evitare di lasciare cibi sotto automobiliparcheggiate.

10) Ricordarsi che queste regole non bastanose non si è provveduto alla sterilizzazionedei gatti, necessaria alla salvaguardiadella salute, ad evitarne una crescitaincontrollata e a mantenere la città in

condizioni decorose. Una serie di rigide regole che vogliono mette-

re ordine a un’attività di base assolutamente irra-zionale, un tentativo di governare le passioni. Mala signora Silvia Viviani, dell’Arca, Associazioneromana cura animali e ambiente, ha commenta-to: “Si tratta di regole da tempo riconosciute eseguite dalla stragrande maggioranza delle gatta-re romane» (da il quotidiano romano “Il Messag-gero” del 18 febbraio 2000). Antigone, insomma,è diventata una funzionaria statale. Gatti e gatta-re sono inseriti nella civiltà. Di nuovo, si può vede-re in tutto ciò il tentativo di domesticare total-mente gatti e gattare.

A parte questi episodi, sporadici e quasi esclu-sivamente romani, in generale, la gattara nonottiene soddisfazione dal suo lavoro. Può essereaccettata, ma quasi mai ringraziata o premiata.Non ha soddisfazione soprattutto perché lei sache, nonostante tutto il suo impegno, la vita deigatti liberi è sempre a rischio, ci sono le automo-bili, le malattie, i sadici. Lei sa che comunque, nelmondo, molti gatti stanno male, soffrono, muoio-no di fame. Dice per esempio una gattara, dopouna domenica tra amici in cui è avvenuta anchela consegna di un gattino ex randagio a una fami-glia: “Ieri mi sono divertita abbastanza, anche sequando ci sono di mezzo i gatti la serenitàcontemporaneamente non ci può essere”.

Il ciclo della vita e della morte

La legge 281 è, tra l’altro, segno del passaggiotra due modi di limitare le popolazioni di randagi,dall’uccisione degli individui alla limitazione dellenascite. Questo è stato possibile anche grazie aiprogressi recenti nella chirurgia veterinaria e anco-ra più nell’anestesiologia veterinaria. Bisogna ricor-dare che uno dei compiti tragici che la gattara siassumeva era quello di uccidere i gattini neonati.Il criterio, solitamente, era di ucciderli prima cheaprissero gli occhi. Molto usato era il metodo diaffogarli, ma c’era anche chi li metteva nel freezer.La gattara “doveva” uccidere i gattini per evitareche la popolazione e la sofferenza dei gatticrescesse a dismisura. In particolare, cercava discegliere ed eliminare le neonate femmine, desti-nate a riprodurre altre creature destinate alla soffe-renza. Questo può ricordare come, in altre situa-zioni, si cerchi di uccidere le femmine neonate oancora prima della nascita. Per esempio, in unalettera pubblicata su Repubblica dell’11 maggio2001, L’India non vuole bambine, la scrittriceElena Gianini Belotti ricorda che “da secoli nei

27 Appunti personali diGianni Rossi Barilli in pre-parazione del suo libro Ilmovimento gay in ItaliaFeltrinelli, Milano, 1999.

A N N A M A N N U C C I

Page 19: La donna dei gatti - Dipartimento di Filosofia - DIPAFILO · famiglia del 1975, leggi che, come scrive Tamar Pitch: “possono anche essere lette come un adeguamento normativo alle

117

villaggi indiani accanto alla partoriente è pronto uncatino colmo d’acqua per annegare il neonatoqualora sia una femmina”. All’angoscia della gatta-ra contribuisce infatti la comprensione dei mecca-nismi antichi della riproduzione delle specie. Quan-

do si parla di una popolazione stabile, di qualsiasianimale si tratti, non si pensa che questo “equili-brio” è dovuto al fatto che ogni anno muoiono tantiindividui quanti ne nascono. La mortalità neo nata-le e infantile è un fatto estremamente naturale eutile al mantenimento dell’equilibrio demografico.In pratica, su una cucciolata di cinque gattini, circaquattro, ma certe volte tutti, muoiono presto. Distenti, fame e malattie, dunque con molta soffe-renza. Se i piccoli sono curati, nutriti e sopravvivo-no, ben presto si riproducono a loro volta, a quelpunto la popolazione aumenta vertiginosamente,con tutto quel che ne consegue. La gattara se nerende conto chiaramente, vede, nel concreto, ladialettica tra eros e tanathos, la loro reciprocatragica necessità. Si potrebbe dire che la gattara èmaltusiana 28. La gattara moderna agisce con laprevenzione, fa sterilizzare le gatte (anche imaschi, ma questo è meno urgente). In questomodo cerca di interrompere il flusso delle nascitee dunque delle sofferenze e delle morti 29. Questocambiamento nella gestione dei randagi ha unagrande utilità pratica, ma anche simbolica, la steri-lizzazione chiude la fonte della vita per evitare ildolore e la morte. Molte gattare lo dicono ancheespressamente, e può sembrare paradossale, illoro desiderio è che non ci siano più gatti randagi.

28 Inoltre vede la sofferenza della gattagravida o con i piccoli. Se non accudita,se non trova cibo sufficiente per sfamaresé e i nascituri, la gatta soffre.29 Ancora Ginzburg, nel libro citato, defini-sce “animali e morti: due espressionidell’alterità” e collega donne, animali e al-dilà, un’associazione che mi piace moltoe mi serve per quanto voglio dire. ScriveGinzburg a p. 246: “Anche qui la formulaun po’ spiccia rinvia a risultati già rag-giunti. Sulla connotazione funebre di di-vintià semi-bestiali come Richella, o cir-condate da bestie come Oriente – lontaneeredi dell’antichissima “signora degli ani-mali” - non c’è bisogno di insistere. Le se-guaci di Diana, Perchta, Holda percorreva-no i cieli in groppa a bestie non meglioprecisate; i benandanti, durante le lorocatalessi, facevano uscire lo spirito, sottoforma di topo o farfalla, dal corpo esani-me; i tàltos assumevano le sembianze distalloni o tori, i lupi mannari di lupi; stre-ghe e stregoni andavano al sabba in grop-

pa a caproni, o trasformati in gatti, lupi, le-pri; i partecipanti ai riti delle calende simascheravano da cervi o giovenche; glisciamani di vestivano di piume per prepa-rarsi ai loro viaggi estatici; l’eroe delle fia-be di magia si dirigeva, inforcando caval-cature di ogni genere, verso reami miste-riosi e remoti – o semplicemente, come inun racconto siberiano, scavava un troncod’albero abbattuto e si trasformava in or-so, entrando nel mondo dei morti. Tra ani-mali e anime, animali e morti, animali e al-dilà esiste una connessione profonda». E ancora, a p. 282: «Certo non si fa faticaa immaginare che, all’interno dei poten-ziali accusati di stregoneria, le donne do-vessero apparire (soprattutto quando sitrattava di donne sole, e perciò social-mente indifese) le più marginali tra i mar-ginali. Ma oltre a essere sinonimo di de-bolezza, questa marginalità rifletteva an-che, in maniera più o meno oscura, la per-cezione di una contiguità tra chi genera lavita e il mondo informe dei morti e dei nonnati». (corsivi miei).

L A D O N N A D E I G A T T I

Riferimenti bibliografici

ARDIZZONE G., I gatti del parcheggioA, Milano, Felinamente, 2000.

I gatti di Venezia. Risultati del primocensimento delle colonie feline, acura di Luca Farina, Stefano Maran-gon, Luciano Piccoli, Mario Scattolin,Venezia, Arsenale editrice, 1995.

AURELI D., MANNUCCI A., Il veterinariocome mediatore sociale, in Man-nucci-Tallacchini, Per un codicedegli animali (v.).

Centro di Bioetica di Genova, Filo-sofi e animali nel mondo antico,Pisa, Ets, 1994.

BURROUGHS W.S., Il gatto in noi, Mila-no, Adelphi (1986).

CALVINO I., Marcovaldo, Torino,Einaudi, 1966.

CAPUANO D., Il gatto di nessuno.

Manuale per le gattare, Milano, Feli-namente 1995.

COLOSI F., Gattare e gatti vagabondi,Roma, Stampa Alternativa, 2001.

DARNTON R., Le grand massacre deschats, Paris, Laffont, 1985 (ed.or.1984).

DELAPORTE Y., Les chats du Père-Lachaise in “Terrain 10”, avril1988, pp. 37-50.

GALLINI C., Divagazioni gattesche,(pp. 99-128) in Tra uomo e anima-le, a cura di Ernesta Cerulli, Bari,Dedalo, 1991.

GINZBURG C., Storia notturna, Torino,Einaudi 1989.

HRABAL B., Paure totali, Roma, edi-zioni e/o, 1997 (ed. or. 1990).

LAGORIO G., Tosca dei gatti, Milano,Garzanti, 1988.

LESSING D., Il diario di Jane Somers,Milano, Feltrinelli 1993 (ed. or.1983).

MANNUCCI A. (a cura di), La città deglianimali, Milano, Guerini, 1990.

MANNUCCI A., TALLACCHINI M. (a curadi), Per un codice degli animali,Milano, Giuffrè, 2001.

MANNUCCI A., Il grande sfratto deigatti di periferia, “La Repubblica”,p. XVI, 20 febbraio 2002.

NATOLI E., L’organizzazione socialedei gatti randagi urbani, “Le Scien-ze”, agosto 1989, pp. 66-72.

ORTALLI G., Lupi, genti, culture, Tori-no, Einaudi, 1997.

ROSSI C., I liberi gatti di Milano, inMannucci, La città degli animali (v.).

SIBILLE-SIZIA B., La gatta venuta dallanotte, Milano, Felinamente, 1995.