la guerra fredda - paura nucleare e mobilitazione pacifista

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Valentina Anastasia Matricola 1012661 La guerra fredda: i mass media e la rappresentazione del nemico Paura nucleare e mobilitazione pacifista La guerra fredda è quel lungo periodo della storia internazionale che ha come protagonisti i due Paesi vincitori più potenti dopo la Seconda Guerra Mondiale. Erano infatti il blocco occidentale rappresentato dagli Stati Uniti ed il blocco comunista orientale rappresentato dall’URSS, ad avere in definitiva in mano il mondo e le sue sorti. La tensione politica, militare ed ideologica tra i due blocchi non si concretizzò mai in un vero conflitto militare ma fu caratterizzato dalla continua situazione di stallo tra le due grandi potenze che si incentrava non solo su di una competizione militare, ma anche spaziale, ideologica e psicologica. Le due super potenze si contendevano l’egemonia mondiale ma avevano alla loro base due ideologie diametralmente opposte protese comunque verso quell’unico stesso obiettivo. Ciò che caratterizzò largamente la guerra fredda fu la corsa agli armamenti, ed in particolare agli armamenti atomici nel periodo dagli anni Cinquanta ai Settanta. Si usa chiamare questo particolare periodo della guerra fredda come equilibrio del terrore termine molto esplicativo della situazione in atto non solo negli Stati Uniti ed in Russia ma in tutto il mondo. Un equilibrio del terrore derivato della paura per entrambi i blocchi di una guerra nucleare che avrebbe portato alla distruzione di tutto il mondo e che si basava quindi su una mutua distruzione assicurata, elemento di costante bilico e di angoscia del mondo. Una guerra atomica avrebbe portato alla distruzione anche dello stesso Paese attaccante e di conseguenza del resto del mondo. Si ebbe quindi un periodo di rapidissimi progressi dettati dal conflitto tra le due nazioni e di pari passo di una consapevolezza della grandezza 1

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Page 1: LA GUERRA FREDDA - Paura Nucleare e Mobilitazione Pacifista

Valentina AnastasiaMatricola 1012661

La guerra fredda: i mass media e la rappresentazione del nemico

Paura nucleare e mobilitazione pacifista

La guerra fredda è quel lungo periodo della storia internazionale che ha come protagonisti i due Paesi vincitori più potenti dopo la Seconda Guerra Mondiale. Erano infatti il blocco occidentale rappresentato dagli Stati Uniti ed il blocco comunista orientale rappresentato dall’URSS, ad avere in definitiva in mano il mondo e le sue sorti. La tensione politica, militare ed ideologica tra i due blocchi non si concretizzò mai in un vero conflitto militare ma fu caratterizzato dalla continua situazione di stallo tra le due grandi potenze che si incentrava non solo su di una competizione militare, ma anche spaziale, ideologica e psicologica. Le due super potenze si contendevano l’egemonia mondiale ma avevano alla loro base due ideologie diametralmente opposte protese comunque verso quell’unico stesso obiettivo.

Ciò che caratterizzò largamente la guerra fredda fu la corsa agli armamenti, ed in particolare agli armamenti atomici nel periodo dagli anni Cinquanta ai Settanta. Si usa chiamare questo particolare periodo della guerra fredda come equilibrio del terrore termine molto esplicativo della situazione in atto non solo negli Stati Uniti ed in Russia ma in tutto il mondo. Un equilibrio del terrore derivato della paura per entrambi i blocchi di una guerra nucleare che avrebbe portato alla distruzione di tutto il mondo e che si basava quindi su una mutua distruzione assicurata, elemento di costante bilico e di angoscia del mondo. Una guerra atomica avrebbe portato alla distruzione anche dello stesso Paese attaccante e di conseguenza del resto del mondo. Si ebbe quindi un periodo di rapidissimi progressi dettati dal conflitto tra le due nazioni e di pari passo di una consapevolezza della grandezza delle devastazioni e della potenza delle bombe stesse. È la reciproca vulnerabilità delle due potenze che creò la suddetta situazione di stallo, di equilibrio del terrore, che diventò il deterrente contro lo scatenarsi della guerra. La paura di una terza guerra mondiale atomica era percepita dal mondo intero ed anche dagli intellettuali, storici, scrittori, registi, dell’epoca. Da citare sono per esempio le parole di George Orwell che già nel 1945 scrisse così:

Had the atomic bomb turned out to be something as cheap and easily manufactured as a bicycle or an alarm clock, it might well have plunged us back into barbarism, but it might, on the other hand, have meant the end of national sovereignty and of the highly-centralized police state. If, as seems to be the case, it is a rare and costly object as difficult to produce as a battleship, it is likelier to put an end to large-scale wars at the cost of prolonging indefinitely a ‘peace that is no peace’. 1

Da queste considerazioni fatte dallo scrittore proprio dopo il lancio delle due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, si capisce quale poteva essere già il pensiero mondiale e questo sarà molto più evidente in opere posteriori dello scrittore come 1984 e Big Brother.

1 George Orwell: ‘You and the Atomic Bomb’ First published: Tribune , London. 1945

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Significative sono inoltre le parole di Jean Baudrillard che, nel suo Le strategie fatali, considera gli Stati del tempo come ostaggi nelle mani di una diabolica strategia nucleare.

Siamo tutti degli ostaggi […] Ostaggi obiettivi: rispondiamo collettivamente di qualcosa, ma di che cosa? Una sorta di predestinazione truccata, di cui non siamo nemmeno più in grado di individuare chi l’ha manomessa, ma noi sappiamo che la bilancia della nostra morte non è più nelle nostre mani e che siamo in uno stato di suspense e d’emergenza permanente, del quale il nucleare è il simbolo. Ostaggi oggettivi di una divinità terrificante, non sappiamo nemmeno da quale evento, da quale accidente dipenderà la manipolazione definitiva. 2

Le armi atomiche avevano segnato una vera svolta radicale nel modo di fare la guerra ed è ciò di cui il celebre Norberto Bobbio parla nel suo libro Il problema della guerra e le vie della pace. L’uso di armi del genere cambiò del tutto le modalità di conduzione della guerra: essa diventò qualcosa di senza scopo e distruttiva poiché

Nessuna guerra del passato, per quanto lunga e crudele, ha messo a repentaglio l’intera umanità, non è detto che in seguito allo scatenamento di una guerra termonucleare quello che finora non è avvenuto possa avvenire.3

Una guerra di questa portata fu quella che Bobbio definì quindi come via bloccata, limitata a delle condizioni d’impraticabilità ed impossibilità. È per questo motivo che si arrivò a quel momento di paralisi in cui questo terrore mondiale diventò l’unico modo di raggiungere una tenue pace, una paura reciproca rappresentata dalla sempre crescente potenza ed innovazione delle armi atomiche. Dice il filosofo:

Il carattere di un equilibrio fondato esclusivamente sul terrore reciproco è precarietà […]L’errore dei terroristi è di affidarsi non già al terrore ma al suo equilibrio, cioè ad una situazione di cui non si può prevedere né la durata né la continuità. 4

Ed aggiunge che «l’era della guerra non coinciderebbe con un’era pacifica ma solo come uno stato di aumentata persistente e progressiva tensione.». Ed è questo forse il fulcro centrale del terrore persistente nel mondo durante gli anni della guerra fredda, il fatto che questo equilibrio del terrore esistesse proprio perché la guerra era diventata impossibile e, proprio poiché malgrado il suo immenso potere distruttivo, fosse ancora in qualche modo possibile e fattibile. È per questo che Bobbio inizia a parlare di quella che definisce coscienza atomica, ossia il rendersi conto della portata di una guerra nucleare e degli incommensurabili danni che essa avrebbe portato nel mondo e nella gente, e di concepire la pace come una conquista.

In un certo senso negli Stati Uniti fu fatta una politica di coscienza atomica, ma senza arrivare mai al livello di riuscire a comprendere il significato e la conquista della pace, e anzi per arrivare ad una sorta di coscienza atomica e quindi di presa di coscienza da parte della società americana delle conseguenze letali delle bombe atomiche ed ad idrogeno, ci vollero anni. I primi anni della guerra fredda furono caratterizzati da tutt’altra visione delle cose. Fu il maccartismo, infatti, la prima conseguenza di questo clima di angoscia e tensione nato appunto dopo la seconda guerra mondiale, che altro non era che una nuova paura del comunismo sovietico e del terrore di poter essere travolti da questa ideologia così lontana dall’ideologia statunitense.

2 Luigi Caramiello, Il medium nucleare, Roma Edizioni Lavoro, 1987 (p. 60)3 Norberto Bobbio, Il problema delle guerra e le vie della pace, Bologna Società Editrice il Mulino, (p.33)4 Norberto Bobbio, Il problema delle guerra e le vie della pace, Bologna Società Editrice il Mulino, (p.46)

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La paura del comunismo fu quindi un'altra paura associata al terrore nucleare del periodo ed il maccartismo si sviluppò proprio come anticomunismo e si poneva come obiettivo principale la caccia spesso infondata ai traditori, alle spie ed in definitiva l’eliminazione delle ideologie nemiche. Si basava su una serie d’inchieste politico-giudiziarie volte a fermare qualsiasi possibile influenza comunista e una limitazione di qualsiasi comportamento che potesse essere considerato dannoso per il governo. Il termine maccartismo prende il suo nome dal senatore repubblicano Joseph McCarthy, che diventò la figura emblema dell’anticomunismo, e il periodo dalla fine degli anni quaranta all’inizio degli anni cinquanta da ciò caratterizzato, fu infatti denominato seconda paura rossa. Il movimento finì per essere considerato controproducente ed in definitiva fonte soltanto di più sospetto, paura e terrore nel Paese.

Importante soffermarsi sul maccartismo proprio perché fu non solo la conseguenza di questo clima di paura nucleare e dell’equilibrio del terrore, ma perché cosa ancora peggiore, lo moltiplicò e finì per fomentarlo, creando ancora più tensione all’interno del Paese. La propaganda del maccartismo divenne forte in quegli anni ed era facile trovare spesso locandine o immagini che allarmassero ancora di più gli americani degli effetti devastanti che un’ondata di comunismo avrebbe portato al Paese.

I mass media furono largamente toccati da quest’ondata di maccartismo e molti dei processi per spionaggio e comunismo, diventarono famosi in tutto il mondo. Inoltre il cinema americano di Hollywood fu fortemente

colpito poiché molti registi ed attori, tra i tanti Charlie Chaplin e Walter Disney, furono considerati simpatizzanti comunisti e interrogati o nel caso del primo, allontanati. Tutta la sfera culturale di personaggi americani fu costretta quindi ad attenersi ad una linea di lavoro più “politically correct” per paura delle indagini a tappeto. Il caso dei coniugi Rosenberg diventò fatto di cronaca per tutto il mondo poiché la coppia fu accusata di spionaggio e collaborazione con l’Unione Sovietica e quindi condannata a morte, benché le prove non fossero certe e fondate al momento della loro esecuzione. Le storie di spionaggio e di segreti sotto la superficie, caratterizzarono quindi i primi anni della guerra fredda e furono largamente rappresentati da scrittori e registi, pensare alla saga di James Bond.

Sarebbe da citare, inoltre, una famosa canzone di Bob Dylan, segno di quanto il mondo della musica, dell’arte, della letteratura e del cinema fosse presente in quegli anni, e come fosse l’unica voce che riusciva talvolta a farsi strada fuori dal coro, un coro imposto dalla società statunitense. Nella canzone Julies and Ethel di Dylan, il cantautore dice nelle ultime strofe:

Well they say they gave the secrets of the Atom Bomb away Like no one else could think of it, it wouldn't be here today Julius and Ethel, Julius and Ethel

Someone says the fifties was the age of great romance I say that's just a lie, it was when fear had you in a trance Julius and Ethel, Julius and Ethel  ( Julius and Ethel, Bob Dylan )

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Di anni più recenti, fu invece la canzone di Frankie Goes To Hollywood Two Tribes del 1984 che benché si rivolga ad un’America più recente affronta sempre ancora le stesse paure. Il brano è una forte critica alla guerra fredda ed alla sua possibilità di far scoppiare una guerra nucleare, ricollegandosi alla paura nucleare continua negli Stati Uniti fino all’effettiva fine del conflitto. Significativo è il videoclip della canzone che, dopo una serie di immagini e video di capi di stato americani e segretari sovietici, inizia con il suono delle sirene che annunciano la guerra nucleare che si tramutano poi in sirene di un ring di wrestling in cui il presidente degli USA e il segretario dell’URSS si scontrano su di un ring coperto di farina, stata paragonata a della cenere radioattiva, arrivando a malmenarsi e cospargersi totalmente di polvere. Il ring è circondato da persone di vari Stati come a rappresentare i vari alleati dell’uno e dell’altro o semplicemente spettatori di una battaglia in cui non possono intervenire ma a cui possono solo assistere. Alla fine il ring diventa un insieme caotico di tutte le persone che assistevano e con i due leader distrutti, fino allo scoppio della Terra in una ripresa del nostro pianeta dallo spazio, a simboleggiare quindi lo scoppio definitivo del mondo in mano a quel combattimento. Tutto questo per sottolineare come il pericolo dello scoppio di una guerra atomica fosse ormai parte della coscienza americana, russa e mondiale e quindi la paura nucleare un fattore comune di tutti gli anni della guerra fredda.

Tornando ai fatti propriamente storici, si può però parlare effettivamente di emergenza nucleare solo a partire dal 1949 quando l’URSS iniziò a progettare e costruire la prima bomba atomica allarmati dal fatto che gli USA avessero già fatto diversi esperimenti nucleari nell’atollo di Bikini, a largo delle isole Hawaii. Inoltre pochi anni dopo cominciò anche la progettazione di un altro micidiale ordigno, la bomba ad idrogeno. Negli anni dei test a Bikini, il governo statunitense mise in atto una politica da considerare in qualche modo precedente alla politica che metterà in atto nei veri anni della paura nucleare. All’inizio l’importanza principale era data all’enfasi della potenza americana e della sua bomba. Il primo punto era infatti far sì che questo ordigno dotato di una forza distruttiva diventasse invece un simbolo dell’avanzamento tecnologico della nazione e le dimostrazioni erano fatte proprio per sottolineare l’utilità che esse avevano per tutto il genere umano. I test nucleari venivano così spiegati alle popolazioni delle isole prima di essere evacuate. Si parlò di un’era atomica di fiducia nel potere e nel progresso dell’energia nucleare e delle tecnologie come fonte di avanzamento del mondo occidentale intero.

Fu negli anni successivi che, allarmati dalla notizia che anche la Russia si stava armando di ordigni nucleari potentissimi, gli Stati Uniti iniziarono una politica diversa e l’ottimismo passò. Il presidente Eisenhower nei suoi discorsi sottolineò il fatto che entrambi gli Stati avevano la bomba H e che qualsiasi luogo degli Stati Uniti poteva essere distrutto da un momento all’altro senza che si potesse prevedere e con effetti disastrosi. La bomba nucleare americana fu detta utilizzabile solo in caso di sicurezza nazionale e sopravvivenza. Nel 1953, infatti, la dottrina del governo “massive retaliation” prevedeva una risposta immediata e forte da parte degli Stati Uniti in caso di attacco sovietico anche solo a Paesi alleati statunitensi.

In quegli anni la paura nucleare crebbe, anche per l’influenza del maccartismo e la crescente ansia dell’equilibrio del terrore basato su un possibile attacco russo. Dagli anni cinquanta la popolazione iniziò ad essere addestrata contro eventuali attacchi russi e spinta alla costruzione per ogni singola casa di un rifugio antiatomico sicuro dove rifugiarsi in caso di necessità. Ogni americano si impegnò nella costruzione del proprio bunker dove rifugiarsi in caso di pericolo.

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È alla fine del suo mandato nel 1961 che il presidente Eisenhower pronunciò il suo discorso d’addio in cui poneva l’accento sull’importanza dell’informazione e di quanto bisognasse sempre e comunque difendere gli interessi di pace, sicurezza e libertà del Paese ponendo attenzione al complesso militare - industriale americano ed ai suoi interessi commerciali di industria bellica.

« In the councils of government, we must guard against the acquisition of unwarranted influence, whether sought or unsought, by the military-industrial complex. The potential for the disastrous rise of misplaced power exists and will persist. We must never let the weight of this combination endanger our liberties or democratic processes. We should take nothing for granted. Only an alert and knowledgeable citizenry can compel the proper meshing of the huge industrial and military machinery of defense with our peaceful methods and goals, so that security and liberty may prosper together. »

Questo atteggiamento di difesa e ovviamente di paura crebbe sempre di più durante gli anni, soprattutto col crescere della consapevolezza della guerra e dei potenziali effetti devastanti di una terza guerra mondiale nucleare.

Si doveva arrivare ad avere un’America forte pronta a qualsiasi cosa,

eventualmente anche a difendersi sul proprio territorio se i sovietici

avessero attaccato. Si diffusero documentari, film di informazione,

canzoni per bambini, tutti volti ad informare la popolazione civile del

pericolo delle bombe. Per insegnare ai giovani cosa fosse il potere

atomico e come difendersi in caso di pericolo, furono infatti proiettati

nelle scuole moltissimi documentari a scopo pedagogico e di

propaganda. Vennero insegnate tutte le tecniche di protezione e difesa

dagli attacchi e fu in particolare prodotto un documentario dall’Archer

Production nel 1951 che insegnava ai ragazzi le prime mosse da fare in

caso avessero sentito i rumori o la luce tipica di un attacco nucleare, la

Duck and Cover. Tramite le spiegazioni divertenti della tartaruga Bert i

giovani scolari venivano addestrati in modo stimolante al pericolo ed

alla pratica di buttarsi a terra e coprirsi la testa aspettando poi di trovare un rifugio più sicuro.

Questo video fu proiettato in tutte le scuole americane e col tempo anche in altri Paesi europei.

In quegli anni vennero quindi prodotti documentari e film

con lo scopo ben preciso di informare la popolazione ed

insegnare loro come proteggersi e difendersi; altri furono

prodotti invece con lo scopo unico di propaganda. Aziende

ed industrie, spesso nucleari, fecero anche film infatti per

mostrare al mondo americano cosa volesse dire la potenza

atomica e quanto gli Stati Uniti fossero avanzati e

migliorati in quel campo.

Nell’ambito culturale è giusto quindi citare la lunghissima lista di film, documentari, romanzi, cartoni animati, programmi radiofonici che ottennero fama in quel periodo poiché rispecchiavano perfettamente il clima di terrore, di guerra e di distruzione apocalittica del mondo ed è particolare notare come ci fossero film che credendo ancora negli Stati Uniti presentavano uno scenario ottimistico, e film invece che presentavano uno scenario prettamente pessimistico.

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Il fumetto Atomic War! (1952) incentrato su un’ipotetica terza guerra mondiale atomica

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Tra questi ultimi, non pochi film si occuparono di era atomica, di radiazioni e di esplosioni nucleari. In quegli anni furono prodotti film come Them! e  The Atomic Kid del 1954,  The Lost Missile del 1958 ed il più famoso On The Beach  del 1959 di Stanley Kramer. Infine, il più recente documentario  The Atomic Cafè del 1982 che tramite una serie di immagini, video, canzoni, racconta il momento di paranoia ed ansietà dell’epoca ed inoltre anche una sorta di nostalgia per una patria antica più limpida ed innocente.

Anche il mondo dell’arte fu toccato e interessato da quello che da molti fu anche definito olocausto nucleare, ed è per esempio da citare fra tanti Andy Warhol con il suo dipinto Atomic Bomb del 1965.

Per quanto riguarda il blocco sovietico, tutti i mass media, i giornali, i film addirittura la musica, furono soggetti a fortissima censura, come in tutti i regimi totalitari. Ovviamente ad accentuare la cosa era anche il più volte citato clima di terrore che basandosi su di un equilibrio stabile ma instabile faceva sì che il regime si muovesse molto cautamente anche nel diffondersi delle informazioni nell’Unione Sovietica. In una società più chiusa ed in un certo senso protetta non vi era la corrispettiva paura

ideologica americana poiché lo Stato controllava scrupolosamente e puniva con la forza qualsiasi informazione o pensiero pericoloso e tutte le televisioni, radio e giornali erano proprietà dello Stato o di partiti politici, ovviamente tutti comunisti.

Considerando la situazione che è stata delineata fin qui, resta ora da chiedersi ovviamente quali fossero poi le reali ripercussioni sulla psicologia dell’intera collettività, quali le influenze nei comportamenti delle persone, nei Paesi come attori diretti e nel resto del mondo. Nel suo libro Il medium nucleare, Luigi Caramiello riporta alcuni dati statistici importanti per comprendere quali fossero i reali e tangibili effetti della paura nucleare. Fra il 1975 ed il 1982, l’Institute for Social Research interrogò tramite questionari circa 19 mila giovani di scuole americane chiedendo loro quanto nella vita di tutti i giorni si preoccupassero della possibilità di una guerra nucleare. Si notò che il numero dei ragazzi effettivamente preoccupati quotidianamente si era quadruplicato solo nel giro di pochi anni e circa il 61% dichiarava di essere sicuro che il destino dell’umanità sarebbe stato di un annichilimento nucleare. Negli anni furono condotte tantissime statistiche di questo tipo anche da associazioni psichiatriche e ci si rese conto di quanto la maggior parte dei giovani intervistati, ovviamente ci si soffermò principalmente sulle nuove generazioni poiché sarebbero state loro le effettive vittime di un’eventuale guerra, fosse pessimista e si stimò che la maggior parte dei giovani viveva la vita sicuri di un attacco e non pianificava il futuro, il matrimonio e la famiglia, influenzati da questa visione pessimistica dell’avvenire con un atteggiamento di vita come un vivere la giornata. « […]la guerra nucleare rappresenta la più importante componente di una paura più ampia: quella dell’essere senza futuro, che può avere un impatto significativo sull’anomia e sul comportamento giovanile. » 5

5 Luigi Caramiello, Il medium nucleare , pag 100 (i dati statistici presenti in questa pagina sono stati presi dal libro sopra citato)

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Questo atteggiamento però non tocco soltanto i giovani americani, ma anche i giovani europei intervistati e studiati per avere statistiche precise della percezione della paura nucleare in tutto il mondo e risultò che addirittura i pensieri dei giovani europei fossero ancora più negativi degli statunitensi. Interessante riportare l’esempio del nostro Paese ed in particolare delle ricerche fatte a Milano sugli studenti delle maggiori università.

Da una ricerca svolta, alla fine del 1985, su un campione di 1.000 studenti delle tre università milanesi Statale, Bocconi e Cattolica, risulta che addirittura il 95 % dei giovani intervistati si è detto convinto che il futuro sarà una guerra nucleare; di questi, la grande maggioranza (60%) crede che l’olocausto atomico avverrà a breve termine. 6

Ciò che più fa riflettere è inoltre il fatto che a questo clima pessimistico si affiancasse anche un comune atteggiamento di rassegnazione e di convinzione che nulla potesse essere fatto. La rassegnazione comune derivava probabilmente dal fatto di sentirsi in qualche modo impotenti nei confronti di una macchina così potente e inarrestabile come quella politico-militare delle due grandi potenze. Vedere come quel mondo fosse andato crescendo ed innovandosi anno dopo anno portava sicuramente sfiducia nelle capacità del singolo cittadino che dentro di sé avrebbe voluto che le cose cambiassero definitivamente. E d’altro canto, e questo va ad affiancarsi a quell’equilibro del terrore di cui si parlava prima, ciò rendeva le persone praticamente immobili e terrorizzate tanto da non riuscire a provare più niente se non angoscia, segno di un malessere generale diffuso.

Connesso a quest’angoscia e paura dei cittadini di tutto il mondo, è la mobilitazione pacifista che, malgrado tutto ed in anni successivi, ne derivò ed interessante è soffermarsi sul discorso filosofico di Norberto Bobbio sulla distinzione tra un pacifismo attivo ed un pacifismo passivo. Tornando alla coscienza atomica nominata in precedenza Bobbio parla della necessità di un passaggio ad un pacifismo attivo, cioè a quel pacifismo che non ha come unico obiettivo il criticare tutto quello che concerne qualsivoglia tipo di guerra, ma una forma dello stesso che invece capisca il vero senso della necessità di evitare una guerra. La guerra è un evento che si deve impedire e la coscienza atomica deve servire per costruire nelle persone una nuova consapevolezza che percepisca la guerra diversamente. Non si deve considerare la pace come bene assoluto e la guerra come male assoluto, ma nel contesto storico preso in analisi, la pace finisce per essere il valore ultimo.

Vi sono filosofie della storia che hanno considerato la pace come il fine cui tende l’umanità; non vi è nessuna filosofia della storia, per quanto terroristica (per usare l’espressione di Kant), che abbia considerato la guerra come meta ideale del corso dell’umanità. […] O se è stata prospettata come lo stato finale, questo stato finale è stato visto non come una meta ideale ma come una caduta, non come la salvezza ma come la perdizione dell’umanità.7

Ci sono state troppe teorie che hanno giustificato la guerra come se fosse necessaria per il progresso tecnico, civile e morale, ma la guerra atomica, una guerra di questa portata e che avrebbe distrutto l’intera umanità, ha reso improponibile qualsiasi delle teorie bellicistiche o delle guerre giuste che nel tempo hanno giustificato i diversi conflitti nel mondo.

6 Luigi Caramiello, Il medium nucleare, Roma Edizioni Lavoro, 1987 (p. 100)7 Norberto Bobbio, Il problema delle guerra e le vie della pace, Bologna Società Editrice il Mulino, (p.177)

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La guerra non è necessaria né tantomeno dovuta e Bobbio distingue come pacifismo attivo, e quindi quello di cui il periodo della guerra fredda aveva bisogno, tre tipi di pacifismo diverso ossia strumentale, istituzionale e finalistico. Come pacifismo strumentale s’intende fare delle politiche di disarmo ed in un secondo momento anche basarsi su quelle che sono le teorie della non-violenza. È ancora un tipo di pacifismo superficiale per il tipo di momento che il mondo stava affrontando ma un buon punto di partenza per arrivare poi ad un’effettiva coscienza atomica ed alla percezione della guerra in modo diverso. Come pacifismo istituzionale, Bobbio distingue quello giuridico che si pone come obiettivo la risoluzione dei conflitti internazionali, ed un pacifismo sociale che tende al capovolgimento ed all’eliminazione di un certo tipo di Stato e della sua struttura sociale, per quanto riguarda gli Stati Uniti la cessazione del capitalismo che li contraddistingue. Infine il filosofo parla di un pacifismo finalistico, che soffermandosi sull’uomo stesso e la sua natura intrinseca, distingue un pacifismo di conversione e di guarigione. È come se il filosofo vedesse la guerra come un vero e proprio difetto dell’uomo ed è analizzando questo difetto e l’istinto di potere che si può arrivare a comprendere il perché del pericolo di una guerra nucleare così. Più tutte queste tipologie di pacifismo attivo collaborano insieme più si può arrivare ad avere una certa efficacia finale. Bobbio racchiude bene nelle sue parole il significato reale della mobilitazione pacifistica dell’epoca, le sue parole teoriche ovviamente possono riflettersi in quella che è stata la realtà del tempo ed i movimenti pacifisti che sono nati proprio in contrapposizione a quella inutile possibile guerra. Anche se le previsioni di Bobbio erano pessimistiche le sue parole bene esprimono il suo pensiero ed in un certo senso il pensiero di molti.

La necessità di raggiungere la pace per salvare l’umanità fu quindi il fulcro centrale della mobilitazione pacifista, vista la portata della guerra non c’era nessun tipo di giustificazione possibile. Il mondo e soprattutto la sfera culturale, come detto in precedenza, contribuirono in tutti i modi alla diffusione di una coscienza atomica e quindi ad enfatizzare l’importanza della pace.

Nel 1945 alla fine del conflitto mondiale, fu subito fondata l’ONU che istituzionalmente aveva e ha come obiettivo principale il preservare la pace e la sicurezza internazionale, ma poiché sia la Russia che gli Stati Uniti come vincitori della Seconda Guerra Mondiale erano due dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, ovviamente l’utilità dell’ONU era praticamente nulla. L’egemonia dei due Stati e la potenza delle opposte politiche interne erano forti ed è per questo che le spinte pacifiste nella concretizzazione di veri e propri movimenti non furono facili. Nel Regno Unito invece i pacifisti riuscirono ad instituire un vero e proprio modello di rifiuto della costruzione ed ovviamente dell’uso di armi nucleari e fu addirittura fondata la CND, Campaign for Nuclear Disarment, nel 1958.

Si svilupparono movimenti ed organizzazioni di questo tipo nei Paesi occidentali ma non diventarono così forti da poter effettivamente avere un riscontro.

Si arrivò ad un clima di distensione solo negli anni Settanta attraverso una politica di pacifica coesistenza in cui si limitavano gli esperimenti nucleari tra i due blocchi contrapposti.

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Fu proprio a partire da quegli anni che però i movimenti pacifisti di dissenso, di disobbedienza civile e rivendicazione dei diritti civili si fecero sentire soprattutto in rivolte giovanili e movimenti hippie e principalmente contro le guerre del momento, la guerra del Vietnam in particolare. Le critiche pacifiste attaccavano i costi degli armamenti e proponevano infatti il cosiddetto congelamento degli stessi, ed in primo luogo urlavano a gran voce per la pace in tutto il mondo e la fine di conflitti sanguinosi ed inutili, strumenti solo di interessi di politica internazionale.

Con la guerra del Vietnam si passò ad un altro capitolo della guerra fredda poiché ne fu una conseguenza, e si associarono anche la distruzione e la morte alla paura nucleare della quale ho cercato di dare un’idea di quanto abbia influenzato la coscienza di tutto il mondo.

Per concludere citerei le parole di Norberto Bobbio che nel suo libro fa un monito di assoluta forza ed importanza.

La posta in gioco è troppo alta perché non si debba, ciascuno dalla propria parte, prendere posizione, benché le probabilità di vincere siano piccolissime. Qualche volta è accaduto che un granello di sabbia sollevato dal vento abbia fermato una macchina. Anche se ci fosse un miliardesimo di miliardesimo di probabilità che il granello, sollevato dal vento, vada a finire nel più delicato degli ingranaggi per arrestare il movimento, la macchina che stiamo costruendo è troppo mostruosa perché non valga la pena di sfidare il destino.8

Le sue parole hanno un’importanza fondamentale e, malgrado la sua idea pessimistica del futuro, per fortuna non si è mai arrivati allo scoppio di una guerra nucleare. Nonostante ciò, le paure, le angosce e le consapevolezze che hanno caratterizzato quegli anni, hanno comunque segnato indelebilmente e profondamente la storia internazionale del nostro mondo.

8 Norberto Bobbio, Il problema delle guerra e le vie della pace, Bologna Società Editrice il Mulino, (p.94)

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BIBLIOGRAFIA

Norberto Bobbio, Il problema delle guerra e le vie della pace, Bologna Società Editrice il Mulino

Luigi Caramiello, Il medium nucleare, Roma Edizioni Lavoro, 1987

SITOGRAFIA

Enciclopedia Treccani [http://www.treccani.it/] [http://www.orwell.ru/library/articles/ABomb/english/e_abomb]

La guerra fredda e la cultura statunitense [http://laguerrafredda-marco.blogspot.it/p/la-guerra-fredda-e-la-cultura.html]

Video su Youtube - The Atomic Cafè [http://www.youtube.com/watch?v=FU3PJR_1XXk ]- Istituto Luce – La Guerra Fredda [http://www.youtube.com/watch?v=0seEYYUsLjE ]

[http://www.silab.it/storia/?pageurl=54-mobilitazione-pacifista-contro-le-guerre-stellari] [http://civiltascomparse.wordpress.com/tag/guerra-fredda/]

[http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/10/la-possibile-utopia-in-un-saggio-la-storia-dei-movimenti-pacifisti-in-emilia-romagna/772415/]

[http://www.colecchi.it/ipc/attivita/canzoni_anni_sessanta/storia/movpacifisti.html]

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