la lettera del parroco - parrocchia san paolo...

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1 Imbarazzo! Spavento! Come si può rimanere calmi di fronte a tanta gente così contenta nel giorno dell’entrata da parroco? Si guarda in profondità dove gli altri non vedono e ci si sente inadeguati, ben lontani dalle aspettative e, soprattutto, dal modo di essere pastore di Gesù . Così ciò che è stato detto e fatto diventa l’occasione per un gran- de esame di coscienza, un richiamo alla conversione e alla responsabilità. Ma, soprattutto, provo spavento perché mi accorgo che il vero ostacolo alla grazia del Signore sono proprio io che, con la mia libertà, gli chiudo le porte per paura; sì, vorrei cambiare, ma in fondo una voce impiastricciata di finto buon senso ed equilibrio suggerisce che, come si è vissuti fino adesso, si ha un buon rapporto “qualità-prezzo”. Vedete, c’è sempre il dubbio che facendo la volontà di Dio peggiorino le cose dal punto di vista del rendicon- to personale, vedo bene la fatica ma incerto è il risultato a cui essa porta e così viene voglia di lasciar perdere. E d’altra parte la riflessione mossa dalla bella preghiera organizzata dai giova- ni il venerdì prima della festa patronale non va nella stessa direzione? Siamo una bella comunità piena di energia... perché uscire, collaborare con altri, avvicinare persone nuove, sentirsi anche ope- rativamente parte della Chiesa di Biella, aprirsi al mondo intero ? Sembra faticoso solo il pensiero! Rinunce, cambiamenti, incomprensioni, sacrifici,... e per che cosa? Stiamo andando bene così! E di fronte a questo mondo in crisi del quale tanto ci lamentia- mo, cosa in realtà stiamo facendo? La regola è sopravvivere, difenderci con le unghie per mantene- re diritti acquisiti, abbiamo paura ad andare in fuga verso il bene perché pensiamo di non trascinare nes- suno, di rimanere soli e di perdere tutto. Le porte dei nostri cuori sono sbarrate con la paura, come il luogo dove si trovava- no gli apostoli per timore dei Giudei e se, in questo tempo, vogliamo vera- mente pregare dobbiamo dire: “Signore con la tua grazia entra in me malgrado me, rafforza la mia fede nella tua Resurrezione, convincimi con la tua presenza che perdendo la vita la ritrovo” . Gesù nella sua vita ha scommesso sulla bontà del Padre e del cuore dell’uomo, perché noi no? E’ questo il problema che impedisce oggi al mondo di partire, non c’è nes- suno disposto a morire per lui, come diceva San Paolo: "Si trova a stento un uomo disposto a morire per un giusto”. L’orizzonte! Le nostre scelte sono dettate da un orizzonte che, malgrado l’annuncio della Pasqua, si chiude sulle nostre tombe invece di squar- ciarsi e lasciare contemplare il paradiso. Chi vede più in là, chi crede in Cristo risorto le scelte corag- giose le fa. In mezzo a tanti pensieri non la sentite la voce che vi spinge ad andare oltre, che vi “manda “ a porre in questa terra segni della presenza di Dio? E’lo Spirito Santo che grida e geme nelle vostre profondità per convincervi sull’infinito ed eterno amore di Dio per l’uomo! Diamogli spazio, prendia- moci qualche momento di quiete per sedimentare le voci della fretta e dell’urgenza e riscoprire questa presenza amica, sulla quale possiamo tranquillamen- te progettare solidamente e a lungo termine. Mentre ancora vi ringrazio per quella bella setti- mana di preghiera, festa e riflessione, e ho viva l’immagine dei vostri sorrisi, prego il Signore che forzi le nostre paure, entri là dove tutto è chiuso, porti la pace della sua presenza e ci aiuti a com- prendere che la vita è così abbondante che non è il caso di preoccuparsi di perderla. Il Signore è risorto, a tutti un caloroso “benvenuti alla vita!” Don Filippo La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi! ”. Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo” (Gv 20,19-22). La lettera del parroco

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Imbarazzo! Spavento! Come sipuò rimanere calmi di fronte atanta gente così contenta nelgiorno dell’entrata da parroco?Si guarda in profondità dove glialtri non vedono e ci si senteinadeguati, ben lontani dalleaspettative e, soprattutto, dalmodo di essere pastore di Gesù .Così ciò che è stato detto e fattodiventa l’occasione per un gran-de esame di coscienza, unrichiamo alla conversione e allaresponsabilità. Ma, soprattutto,provo spavento perché miaccorgo che il vero ostacolo allagrazia del Signore sono proprioio che, con la mia libertà, gli chiudo le porte perpaura; sì, vorrei cambiare, ma in fondo una voceimpiastricciata di finto buon senso ed equilibriosuggerisce che, come si è vissuti fino adesso, si haun buon rapporto “qualità-prezzo”. Vedete, c’èsempre il dubbio che facendo la volontà di Diopeggiorino le cose dal punto di vista del rendicon-to personale, vedo bene la fatica ma incerto è ilrisultato a cui essa porta e così viene voglia dilasciar perdere. E d’altra parte la riflessionemossa dalla bella preghiera organizzata dai giova-ni il venerdì prima della festa patronale non vanella stessa direzione? Siamo una bella comunitàpiena di energia... perché uscire, collaborare conaltri, avvicinare persone nuove, sentirsi anche ope-rativamente parte della Chiesa di Biella, aprirsi almondo intero ? Sembra faticoso solo il pensiero!Rinunce, cambiamenti, incomprensioni, sacrifici,... eper che cosa? Stiamo andando bene così! E di frontea questo mondo in crisi del quale tanto ci lamentia-mo, cosa in realtà stiamo facendo? La regola èsopravvivere, difenderci con le unghie per mantene-re diritti acquisiti, abbiamo paura ad andare in fugaverso il bene perché pensiamo di non trascinare nes-suno, di rimanere soli e di perdere tutto. Le porte

dei nostri cuori sono sbarrate con lapaura, come il luogo dove si trovava-no gli apostoli per timore dei Giudei ese, in questo tempo, vogliamo vera-mente pregare dobbiamo dire:“Signore con la tua grazia entra in memalgrado me, rafforza la mia fedenella tua Resurrezione, convincimicon la tua presenza che perdendo lavita la ritrovo” . Gesù nella sua vitaha scommesso sulla bontà del Padre edel cuore dell’uomo, perché noi no?E’ questo il problema che impedisceoggi al mondo di partire, non c’è nes-suno disposto a morire per lui, comediceva San Paolo: "Si trova a stentoun uomo disposto a morire per un

giusto”. L’orizzonte! Le nostre scelte sono dettateda un orizzonte che, malgrado l’annuncio dellaPasqua, si chiude sulle nostre tombe invece di squar-ciarsi e lasciare contemplare il paradiso. Chi vedepiù in là, chi crede in Cristo risorto le scelte corag-giose le fa. In mezzo a tanti pensieri non la sentite lavoce che vi spinge ad andare oltre, che vi “manda “a porre in questa terra segni della presenza di Dio?E’lo Spirito Santo che grida e geme nelle vostreprofondità per convincervi sull’infinito ed eternoamore di Dio per l’uomo! Diamogli spazio, prendia-moci qualche momento di quiete per sedimentare levoci della fretta e dell’urgenza e riscoprire questapresenza amica, sulla quale possiamo tranquillamen-te progettare solidamente e a lungo termine.Mentre ancora vi ringrazio per quella bella setti-mana di preghiera, festa e riflessione, e ho vival’immagine dei vostri sorrisi, prego il Signore cheforzi le nostre paure, entri là dove tutto è chiuso,porti la pace della sua presenza e ci aiuti a com-prendere che la vita è così abbondante che non è ilcaso di preoccuparsi di perderla.Il Signore è risorto, a tutti un caloroso “benvenutialla vita!”

Don Filippo

La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dovesi trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace avoi! ”. Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Dopoaver detto questo, alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo” (Gv 20,19-22).

La lettera del parroco

28 marzo DOMENICA DELLE PALME - Ore 9,45 Gesù entra in GerusalemmeProcessione con i rami di ulivo e celebrazione dell’Eucarestia

Ore 16 Celebrazione del Sacramento della Riconciliazione con la confessione individuale

1 aprile GIOVEDÌ SANTO - Ore 18 Messa della Cena del SignoreConclusione della “Quaresima di Fraternità” - dopo la Messa prosegue

l’adorazione fino a tarda seraOre 21 Celebrazione del Sacramento della Riconciliazione con la confessione individuale

2 aprile VENERDÌ SANTO - Ore 16 Celebrazione della Passione e Morte del SignoreOre 20,45 Via Crucis in città con il Vescovo inizia davanti all’ospedale

3 aprile SABATO SANTOOre 21 Liturgia della “Veglia Pasquale” e celebrazione dell’Eucarestia

nella Resurrezione del Signore

4 aprile PASQUA DI RESSUREZIONEOre 8,30 - 9 (in via Lazio), 10 - 11,30 - 18: Sante Messe comunitarie, 17,30 Vespri

5 aprile LUNEDÌ DI PASQUA - Ore 7,30 - 8,30 e 18,30 Celebrazione dell’Eucarestia

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Memling, Trittico della Resurrezione (particolare)

“Cristo è risuscitato... camminiamo in una vita nuova”

FUNZIONI RELIGIOSE Rom 6

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La comunità di San Paolo ha accolto il suo Pastore

Domenica 24 gennaio nel corso della festa patronale nella Conversione di San Paolo

Una giornata memorabile, domenica 24, per lanostra comunità, che nel corso della festa patrona-le nel ricordo della Conversione di San Paolo hagioiosamente salutato l’ingresso ufficiale delnuovo pastore don Filippo Nelva. Un ingressoatteso e preparato da una serie di precedenti ini-ziative di incontro, di riflessione e di preghiera,culminate la vigilia, sabato 23, nell’affollato con-certo di clarinetto e pianoforte, degno preludioalla grande festa.

Malgrado il gelo polare, una folla commossa efestosa è affluita alle 15 sul sagrato, nell’attesaimpaziente del nuovo pastore, giunto con sempli-cità a piedi accompagnato da alcuni dei “suoi”ragazzi e accolto da una grande ovazione. Tra gliastanti spiccavano la mamma Paola, emozionata efelice, e le sorelle Anna e Maria, con i famigliari.Il primo saluto a don Filippo è venuto dal nuovopriore Ivo Dato, che a nome di tutti gli ha assicu-rato affetto, vicinanza e collaborazione, indi hapreso la parola il sindaco di Biella Dino Gentile -che era affiancato dal presidente provinciale

Roberto Simonetti - tributando al festeggiato unsincero omaggio di amicizia e di stima, con l’au-gurio di “Buona strada” nel ricordo della trascor-sa comune militanza fra gli Scout, e consegnan-dogli in simbolico dono un quadro raffigurante la

basilica di Oropa, “affinché la Madonna nera, lanostra mamma, ti possa proteggere in questa tuanuova e importante opera!”. Indi don Filippo èstato vestito con la cotta e la stola dal vicario epi-scopale mons. Gianni Sacchi - che nel formulargliaffettuosamente i propri personali auguri ha rievo-cato i dieci anni da viceparroco trascorsi proprio aSan Paolo -, per poi recarsi sotto la guida dellostesso mons. Sacchi a prendere possesso dei luo-ghi del suo nuovo ministero: il battistero, ovveroil luogo dove i cristiani, ricevendo il sacramentodel Battesimo, rinascono dall’acqua e dalloSpirito Santo, entrando a far parte della Chiesa diDio, il confessionale, dove i fedeli ricevono ilsacramento della riconciliazione, e infine il taber-nacolo, destinato alla custodia dell’Eucaristia.

Nella chiesa gremita all’inverosimile si sono leva-ti i canti dei fedeli. Folta la rappresentanza deisacerdoti sull’altare, attorniati da uno stuolo dichierichetti. “Il rito di ingresso del nuovo parroco- ha detto mons. Sacchi - prevede da parte mia lasua presentazione alla comunità. Ometto questaparte, perchè non c’è alcun bisogno di presentar-vi don Filippo”. Infatti tutti lo conosciamo e loapprezziamo: il nostro nuovo parroco fu già a SanPaolo da seminarista; dopo l’ordinazione sacerdo-tale avvenuta il 13 maggio 2001, vi è stato nomi-nato vice-parroco, a fianco di don Tullio Vitale e,dopo la dimissioni di questi, nel gennaio 2009 gliè stato conferito dal vescovo l’incarico di ammini-stratore parrocchiale. In tale veste don Filippo havissuto un anno fa, il 18 marzo, con tutta la comu-nità, la tragedia dell’improvvisa scomparsa, perfatale incidente in montagna, del suo parroco e

maestro. Don Tullio Vitale è stato sovente ricor-dato con affetto e commozione, domenica, nelcorso della celebrazione, a cominciare dallo stes-so mons. Sacchi, che a San Paolo fu viceparrocoper molti anni al suo fianco.

IL GIORNO DI DON FILIPPOIndi don Filippo ha celebrato la sua prima messacome parroco. Nell’omelia, ricacciando coraggio-samente l’emozione, ha prima di tutto ricordatoaffettuosamente don Vitale e le feconde discussio-ni, a volte animate, che ebbe spesso con lui; indisi è riferito all’esempio di San Paolo, “una pistada seguire, un modello per vivere il Vangelo. SanPaolo - ha proseguito - anche prima della conver-sione cercava il Signore con cuore sincero, sba-gliando in buona fede. E a chi lo cerca il Signore

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non resiste. Così va incontro a Saulo, e Saulorimane accecato da quella presenza abbagliante,troppe cose gli sono rivelate in un solo istante.Capisce che quel Gesù che era stato crocifissoera Dio, e stava parlando proprio a lui, suo acer-rimo nemico... Così sperimenta immediatamentela grande misericordia di Dio, che viene a cercar-ci malgrado ci allontaniamo continuamente daLui con i nostri peccati. Questo sconvolge la vitadi Saulo: il comprendere che Dio è Amore infini-to. Ma deve fare ancora un passo, come ci dice laScrittura, deve andare da Anania e così Saulocapisce un’altra cosa: che Dio era presente inquelle persone che lui riteneva essere nell’erroree che stava perseguitando. Come dobbiamo cam-minare noi come comunità, per seguire San

Paolo?” - si è chiesto poi don Filippo. “Siamochiusi, forse anche perchè siamo una comunitànumerosa al cui interno ogni gruppo pensa trop-po a se stesso, una comunità numerosa con tanteenergie, che non sente il bisogno di aprire le fine-stre verso l’esterno, verso tutte le persone chevivono la fede come noi, ma anche verso tuttequelle in tutto il mondo che cercano il Signore, laverità, con cuore sincero. Dobbiamo imparare adialogare, insieme, per costruire un mondonuovo, tessere rapporti, diventare una comunitàmissionaria, se vogliamo seguire l’esempio di SanPaolo... Il mondo cambia, i nostri ragazzi vannoin tutto il mondo - ha proseguito - eppure sirafforzano i muri di separazione. Ma vannoabbattuti: dobbiamo essere tutti uniti, dobbiamo

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essere fratelli e annunciare la Parola, in gioco c’èil mondo nuovo, c’è la pace. Dio è presente a chilo cerca con cuore sincero”.

Promesse e ringraziamentiNel corso della celebrazione della Messa, il vica-rio mons. Gianni Sacchi ha invitato don Filippo arinnovare le promesse fatte al momento della suaordinazione a sacerdote.A ognuna delle domande (“Vuoi esercitare conperseveranza il tuo ufficio...?”, “Vuoi adempieredegnamente e sapientemente il ministero dellaparola e della predicazione...?”, “Vuoi celebrarecon devozione e fedeltà i misteri di Cristo...?”,ecc:), don Filippo ha risposto “Sì lo voglio!”.“Prometti al nostro Vescovo e ai suoi successori -ha proseguito mons. Sacchi - filiale rispetto eobbedienza!” - “Prometto!”. “Dio che ha iniziatoin te la sua opera, la porti a compimento”, haconcluso ritualmente il vicario.

Al termine della solenne celebrazione il parrocodel Duomo canonico Carlo Gariazzo così si è ri-volto a don Filippo: “Carissimo, già da subito alivello personale ti ho espresso la mia soddisfa-zione e la mia gioia di saperti parroco di questaparrocchia che già conosci e che ami da sempre eche, adesso, il Signore ti chiede di guidare comepastore. Anche a nome di tutti i preti della città, ti

voglio dare il benvenuto nella nostra comunitàsacerdotale, nella quale ti accogliamo con tantoaffetto impegnandoci con fraternità e amicizia.Da te ci aspettiamo molto: primo, perchè sei ilpiù giovane tra noi; secondo, perchè sei parrocodella parrocchia più numerosa e importante nonsolo della città, ma della diocesi e quindi, proprioper l’ampiezza di esperienza che ti è data da vive-re in questa comunità, avrai molto da donarci!...Collaboreremo insieme. Ancora benvenuto”.

Il priore uscente Franco Pellanda ha quindi saluta-to don Filippo, rievocando la gioia spontanea cheaveva pervaso tutti i fedeli all’annuncio della suanomina da parte del vescovo, avvenuta il 29 otto-bre 2009; ha ricordato che la comunità parroc-chiale ha voluto offrire simbolicamente in regaloal nuovo parroco l’avvenuto restauro delle portedella chiesa e della casa parrocchiale e gli ha con-segnato un piccolo ricordo: una medaglietta raffi-gurante il santo curato d’Ars, patrono dei parrocie di tutti i preti: “Vogliamo così esprimere il desi-derio di camminare con te lungo le strade che Dioci indicherà...”. Un altro regalo è venuto a donFilippo dai catechisti: una straordinaria serie didisegni fatti da loro stessi. Un riconoscimento -consegnato dalla “priora” Raffaella - è andatoanche a don Gabriele Leone, dal giugno 2009 viceparroco stimato e apprezzato, che ha ricevuto il

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Raccolti 13.000 euro per il restauro delle porte Come è noto, don Filippo, per celebrare il suo ingresso come parroco fra di noi, ha voluto un soloregalo: il restauro delle porte della chiesa (già in gran parte effettuato). E la comunità ha risposto dislancio: le offerte espressamente destinate a coprire la spesa sono rapidamente giunte a quota13.000 euro. Sufficienti a compensare il costo dei lavori sinora compiuti, pari a 11.600 euro, cui peròsi aggiungerà il costo dei restanti restauri e della definitiva sistemazione delle bussole e delle porteinterne della chiesa.

dono senza poter dissimulare la propria sorpresaemozione.

Al termine della celebrazione don Filippo havoluto porgere a tutti i suoi personali ringrazia-menti. Ancora a don Tullio, indimenticabile, dicui ha ricordato con rimpianto il comportamentoamico e, insieme, “quel suo sorriso paterno,furbo, simpatico e allo stesso tempo misterioso”.Ha poi ringraziato don Giorgio Roncan e donOreste Ramella, “che con la loro preghiera, laloro fede, esperienza e saggezza sono qui d’esem-pio per tutti noi”. Ha ringraziato il vicario genera-le “che per noi rimane don Gianni e che tanto hafatto per la nostra comunità”, i viceparroci “pas-sati i questa parrocchia, che sono venuti a incon-trare e a preparare i ragazzi, e tutti i confratellisacerdoti e diaconi”. “E poi - ha proseguito - nonposso dimenticare Jole, la sorella di don Tullio,che in questi anni è stata per me una secondamamma. E don Gabriele, con cui vivo da qualchemese, un vero amico, che ha portato una sferzatadi fede e una energia nuova... oltre a un notevoleaumento del rumore, in casa parrocchiale!”. Iringraziamenti sono continuati a lungo, compren-dendo il priore uscente Franco Pellanda e lamoglie Mariangiola... “che gli eventi hanno por-tato a vivere un anno difficile...”, il nuovo prioreIvo Dato “con la moglie Raffaella e la sua bellafamiglia...”, il Consiglio pastorale e la Confrater-nita, composti da “persone preziose...”, il Sindacoe le autorità “con cui nel rispetto dei rispettiviruoli vorremmo collaborare per il bene dellanostra città e in particolare nell’educazione deigiovani”. Ha poi unito tutti, vecchi e giovani, inun abbraccio ideale: “Mi avete fatto crescere convoi, siete la comunità dove ho sempre vissuto eche mi ha educato... vi chiedo di pregare ancora

tanto per me, perchè il Signore mi aiuti a noncombinare troppi guai e a essere fedele agli impe-gni che oggi ho rinnovato”.

Tutti insieme in amiciziaA cerimonia conclusa, i parrocchiani e gli invitatisi sono recati nel grande salone sotto la chiesa,dove era stata allestita dai solerti cuochi sanpaoli-ni una sontuosa “merenda sinoira”, con gustosiinnumerevoli spuntini. Ma non sono mancati - asorpresa - un fumante risotto e alla fine unastraordinaria torta decorata con l’immagine dallachiesa. Allegria e brindisi in amicizia, nella piùschietta tradizione della comunità cristiana di SanPaolo.

Una cerimonia di ringraziamento in chiesa, neltardo pomeriggio, conclusa con il solenne cantodel Te Deum, ha siglato la fine della festosa gior-nata.

cp

(Fotoservizio Sergio Fighera)

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La preparazione all’ingresso del parroco:otto giorni di incontri, preghiere ed eventi

I giovani stretti accanto al “loro” parroco

Un falò per don Filippo dopo un festoso spettacoloC’è stata una sera, non molto tempo fa, in cui è acca-duto qualcosa di speciale in parrocchia: una personaestranea che avesse visto ciò che stava accadendo sicu-ramente ne sarebbe stata affascinata e attirata, e avreb-be voluto prendervi parte. Perché avrebbe visto ungrande cerchio luminoso, con al centro quattro grandifuochi. Poi, guardando meglio, si sarebbe accorto cheil cerchio luminoso non era formato da una sola luce,ma da tanti piccoli lumi, uno per persona. Quanto glisarebbe piaciuto poter tenere anche lui un lume e met-tersi nel cerchio!In quella sera speciale, che tutti voi ben ricordate, lanostra comunità si è raccolta attorno a don Filippo, eha pregato specialmente per lui, ma non solo. Infatti daquel grande cerchio luminoso si è levata anche unaforte preghiera per tutta la comunità, che deve essereben visibile a tutti, che deve affascinare e attirare lepersone con la sua grande luce. Ma perché è nato tutto questo? Per quale motivo? Larisposta è facile: per festeggiare il nuovo parroco! Eallora, quale modo migliore se non organizzare unabella serata, tutti assieme, tutti i gruppi della parroc-chia, e fare uno spettacolo che raccontasse un po’ chi èquesto don Filippo (che nessuno conosce!), e magari

pregare anche un po’ perlui e per noi. Così ci si èmessi al lavoro, e ilrisultato finale (“DonFilippo tra passato efuturo”) è stato, credo,qualcosa di indimentica-bile: perché, oltre allerisate e al divertimento,si è riusciti anche alasciare in tutti una grangioia, un senso di appar-tenenza alla comunitàpiù forte di prima; tuttiavevamo il nostro lumetra le mani, e tutti face-vamo parte del cerchio,l’uno accanto all’altro.

Questa è stata la festa di tutti, dove ognuno si è potutosentire partecipe. Ma noi ragazzi, abbiamo volutoandare oltre, fare qualcosa di più per mettere in praticalo spirito di unione della serata. Anche in questo caso,ne è nato qualcosa di indimenticabile: quaranta di noi,quella notte, si sono fermati a dormire in parrocchia,assieme a don Filippo. Che senso ha, ci si potrebbe chiedere, dormire scomodie al freddo quando a pochi minuti ognuno di noi ha uncomodo letto caldo? Beh, il senso di tutto è proprio dacercare nello spirito d’unione per il quale avevamo pre-gato poco prima: perché, per essere uniti, non bastatrovarsi qualche ora la settimana, non basta salutarsiper strada, non basta pregare assieme: per essere unitibisogna innanzi tutto vivere assieme, in comunità, con-dividendo tutto ciò che si ha e che si fa. Così il dormireassieme, seppur al freddo e scomodi, il mangiare assie-me, seppur poco e sempre scomodi, il lavorare assie-me, ci ha unito più di tutto, e ci ha fatto conoscereprofondamente. Certo, qualche sacrificio l’abbiamofatto, ma n’è valsa la pena! Dicevo che abbiamo lavorato assieme: infatti, dopo lanottata, per tutta la domenica ci siamo messi all’operaper ripulire la parrocchia, in tutti i suoi antri più bui elerci, dove voi umani non potete nemmeno immaginarequale tipo di improbabili nefandezze si nascondesse-ro(anche per colpa dell’ultimo viceparroco, che innove anni non ci ha mai pensato a ripulire un po’, anzi,ha alimentato il caos e la nefandezza degli angoli piùremoti!). E’ stato un lavoro faticoso, ma che ci hacomunque fatto conoscere e divertire.E poi è arrivata la sera, e l’ora di lasciarci: quello spiri-to di unione che ci aveva mosso, che ci aveva fattostare bene tutti assieme, quando poi tornammo a casa,ci diede ancora un dono: il ricordo bellissimo delweek-end trascorso, e la gioia di aver fatto qualcosa dibuono, non solo per noi!

Andrea Conz

SABATO 16 GENNAIO

L’ingresso del nostro nuovo parroco don Filippo Nelva è stato preceduto da una serie di even-ti preparatori cui ha collaborato con fervore l’intera comunità di San Paolo. Di seguito le signi-ficative tappe che hanno segnato il “cammino” verso la fatidica giornata del 24 gennaio.

Incontro con don Carlo Bonasio, prete novarese

Dalla gente di chiesa alla chiesa della genteCon chi fare una riflessione sul rapporto fra il parrocoe la sua parrocchia, nell’imminenza dell’entrata incarica di don Filippo? C’erano alcune ragioni per scar-tare un altro parroco di Biella, ha spiegato donGabriele Leone martedì 19 gennaio: fra queste, laricerca di orizzonti diversi, che offrissero la possibilitàdi un migliore confronto. La Diocesi di Biella ha lega-mi con quella di Novara visto, fra l’altro, che tre nostriseminaristi vanno a studiare a Novara, e che vi sonogià stati incontri e relazioni reciproche. Così la sera del19 gennaio abbiamo potuto ascoltare il parroco diSant’Agabio in Novara, don Carlo Bonasio, accompa-gnato da una sua parrocchiana, la psicopedagogistaMaria Mattioli, che hanno illustrato il tema della sera-ta: “La relazione parroco-parrocchia” sulla scortadella loro esperienza.Un’esperienza lunga e articolata, quella di donBonasio, approdato nel 2000 a Sant’Agabio provenen-do dalla parrocchia di San Francesco, da lui stesso fon-data venticinque anni prima con due ex compagni diseminario, in un quartiere nuovo che si è gradatamentepopolato. E’ ferma convinzione di don Bonasio chenon bisogna “costruire gente di chiesa”, ma “la chiesadella gente”. E si è mosso in questa direzione. Difficileriassumere in poche righe la lunga appassionata espo-sizione dell’oratore, che ha cercato di comunicare conla massima efficacia il suo modus operandi fra i propriparrocchiani, improntato alla praticità e al pragmati-smo, attraverso un Consiglio pastorale radicalmenterinnovato e gruppi di lavoro fortemente motivati aoccuparsi dei numerosi problemi di una parrocchia dicirca tredicimila abitanti, posta in un quartiere popola-re (oggi con le numerose fabbriche quasi tutte chiuse)e con un’alta percentuale di immigrati. Rispondendoad una domanda del pubblico, don Bonasio ha illustra-to la sua maniera alternativa di fare missione e avvici-nare chi dalla Chiesa è lontano: attendendolo “alvarco”, nelle centinaia di occasioni annue in cui siricorre alla cerimonia religiosa: battesimi, matrimoni,funerali. Per esempio ai battesimi: “Ottanta battesimi(all’anno, ndr) sono centosessanta genitori, più ipadrini, i parenti e i conoscenti... abbiamo dovuto faredue turni al mese, perchè altrimenti la chiesa straripa-va e non si riusciva a combinare niente. Così più dicinque non ne facciamo, perchè la chiesa si riempiecon duecento persone. Come lo faccio quel battesimo?Cerco di farlo in modo tale che le persone che sono lìin quei trentacinque minuti, quaranta minuti al massi-mo, lo vivano fino in fondo. Poi non rivedrò più lagran parte di quelle persone, ma intanto le ho incon-trate senza aver dovuto andare a cercarle da un’altraparte...”. E così via.L’ampia e diffusa esposizione della “parrocchiana”Maria Mattioli, che ha fatto seguito alla interessante

relazione di don Bonasio, ha messo ancor più in risaltol’incisiva azione del parroco: “... ci siamo resi contoda subito, quando è arrivato, che lo sguardo che donCarlo aveva sulla nostra comunità era completamentediverso, da tutti i punti di vista, nel bene e nel male:sono occorsi tempo e pazienza reciproca, nel camminoche abbiamo fatto insieme in questi dieci anni... ci sidoveva rimettere in gioco, annullare le perplessità... ilparroco nuovo porta delle verità e occorre fondare larelazione su una conoscenza profonda e motivata...come sempre è un discorso di equilibrio tra le parti, disintesi fra quello che lui aveva in mente, nel cuore,dove voleva portare la nostra comunità, e quelli cheerano invece le idee, i contributi che ognuno di noipoteva offrire. Don Carlo ha sempre avuto le ideechiare innanzitutto in una cosa, nel riconoscerci comelaici corresponsabili nella conduzione della comu-nità...”.

E’ stata una serata interessante e coinvolgente, comehanno dimostrato i numerosi interventi che sono segui-ti, postillati dalle risposte dei due relatori. E’ disponi-bile la lunga trascrizione integrale della serata stessa,che riteniamo potrà essere messa a disposizione di chila richiederà.

cp

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MARTEDI' 19 GENNAIO

Uniti in preghiera per le confessioniUna comunità matura è una comunità che è capace diguardare non solo ai propri punti di forza, ma anchealle proprie debolezze. Che sa crescere e rinnovarsi, enon si adagia sui traguardi già raggiunti. Questo il senso della celebrazione penitenziale sultema “Misericordia e vita di comunità”, che ha riscos-so lo scorso venerdì 22 gennaio una partecipazioneinsperata.Qual è l’immagine della nostra parrocchia? Quella diuna comunità piena di energie e di iniziative, che tutta-via risulta talvolta poco accogliente e non sempreunita: la scenetta iniziale, che vedeva protagonisti uninedito San Paolo e il suo “scriba” Terzo, ha cercato diriassumere in poche battute i risultati della riflessioneche noi del gruppo giovani Mumble avevamo fatto inprecedenza, e che probabilmente ha espresso il pensie-ro di molti anche tra gli adulti.

A dispetto di qualche disguido organizzativo, siamopiuttosto orgogliosi: per la prima volta è approdato aSan Paolo il “Rito per la riconciliazione di più peni-tenti con la confessione e l’assoluzione individuale”.Un rito comunitario fortemente auspicato dal ConcilioVaticano II, molto impegnativo ma coinvolgente, agiudicare dalle impressioni “a caldo” che abbiamoraccolto nei giorni successivi da parrocchiani di tuttele età.A guidarci in questo momento di preparazione ilnostro Vescovo, mons. Gabriele Mana; mentre nume-rosi sacerdoti della diocesi hanno dato man forte a donFilippo e don Gabriele per le confessioni individuali,che non sarebbero state possibili altrimenti.Dato il successo di questa prima celebrazione peni-tenziale, speriamo che ne possano seguire prestoaltre. E, soprattutto, ci auguriamo che la nostracomunità possa lavorare sui propri punti deboli, con-cedendosi ogni tanto momenti di riflessione comequesto.

I giovani del gruppo Mumble

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VENERDI’ 22 GENNAIO

IVO DATO, IL NUOVO PRIORELa storica confraternita dei Santi Paolo ed Elisabetta ha eletto ai primi di gennaio nuovo Priore perl'anno 2010 il dottor Ivo Dato, cinquantenne, medico urologo presso l'Asl di Biella; è sposato conRaffaella Cravero, medico nefrologo. Ha tre figli: Luciano, studente di ingegneria navale a Genova,Letizia liceale e la piccola Irene Maria. Il dottor Dato è presidente dei Medici Cattolici. Seguendol'esempio della sua famiglia, è da sempre assai vicino alla parrocchia, frequentando la chiesa eprendendo parte alle varie attività: è stato animatore e catechista. Qui il nuovo Priore durante l'ac-coglienza a don Filippo nuovo parroco; alla sua sinistra il Priore uscente Franco Pellanda e ilSindaco di Biella prof. Dino Gentile.

(Foto Sergio Fighera)

Un festoso concerto di clarinetto e pianoforteL'ultima manifestazione prima del solenne ingresso didon Filippo parroco in San Paolo si è svolta la seraprecedente, sabato 23 gennaio: un applaudito concertoin chiesa del duo Marco Andreoletti al clarinetto eMariagrazia Gazzola al pianoforte. Chiesa gremita,grande attesa. I due musicisti hanno dimostrato grandemaestria e attenta preparazione. Il giovane biellese Andreoletti, classe 1980, diplomatoal Conservatorio di Novara con importanti riconosci-menti, ha conseguito premi importanti in concorsinazionali, ricoprendo più volte il posto di primo clari-netto in prestigiose formazioni orchestrali italiane estraniere. Ha inciso colonne sonore e affianca all'atti-vità artistica quella di docente del suo strumento pres-so istituti musicali della provincia di Vercelli. Mariagrazia Gazzola, bergamasca, ha terminato a soli17 anni gli studi musicali nella sua città, diplomandosicon il massimo dei voti e approfondendo la prepara-zione al Conservatorio di Milano, sino all'incontro conil maestro Alexander Jenner alla Hochschule diVienna, che segna una svolta nel suo percorso artisti-co. Dopo una proficua esperienza con il Trio diTrieste, ha proseguito gli studi con il Wiener SchubertTrio. Ha vinto diversi concorsi nazionali e internazio-nali.Il programma presentato a San Paolo è stato vario einteressante. Nella prima parte la Première Rapsodiedi Claude Debussy è stata seguita dalla "Habanera"dalla Carmen di Georges Bizet e dall'aria "O mio bab-bino caro" tratta dall'opera Gianni Schicchi di Giaco-

mo Puccini, terminando con la Five Bagatelles diGerald Finzi, fra i convinti applausi. Nell'intervallo, ilpresidente dell'Associazione Famiglie di San Paolo,Gianpiero Vallivero, ha rivolto a don Filippo un cor-diale discorso di benvenuto.La seconda parte del concerto è iniziata con ilConcertino di Carl M. Weber, ancora Debussy con "LaFille aux cheveux de lin", indi una Sonata di FrancisPoulenc. Il celebre "Ave Verum" di WolfgangAmadeus Mozart, dai passaggi mistici e coinvolgenti,ha concluso la bella serata, non senza alcune repli-che... a furor di popolo.

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SABATO 23 GENNAIO

LA SACRA SINDONE VISIBILE DAL

10 APRILE AL 23 MAGGIOUna grande opportunità di visitare la Sindone nella catte-drale di Torino: l'ostensione dell'immagine - misteriosaper la scienza, sfida per l'intelligenza, come l'ha definitaGiovanni Paolo II - avrà luogo dal 10 aprile al 23 maggioprossimi. Secondo il cardinale Severino Poletto, arcive-scovo di Torino, "per i credenti la Sindone è un grandesegno della Passione di Cristo. Per noi oggi è richiamoforte a contemplare, nell'immagine, il dolore di ogniuomo...". Il pellegrinaggio a Torino della diocesi di Biellaè previsto per sabato 17 aprile. Il Papa sarà a Torino il 2maggio, per cui la tradizionale processione a Oropa dellaCittà di Biella quest’anno avverrà domenica 9 maggio.

Venerdì 9 aprile alle ore 21 in parrocchia si terrà unincontro di approfondimento sulla Sindone.

Il clarinettista Marco Andreoletti durante la sua esibizione in San Paolo

Ore 9,30 di uno dei tanti sabato mattina in cui avviene la temuta (… visto l’orario) riunione dei gio-vani catechisti delle medie ed il sottoscritto esordisce dicendo: "Per accogliere il futuro parroco, siè deciso di organizzare una mostra di disegni fatti da quelli del catechismo, ma cosa potremmofare per sensibilizzarli a questo evento?" Dopo un primo momento di smarrimento (non so se perl’appannamento dei sensi, la difficoltà della domanda o entrambe le cose) ecco che si fa largo l’i-dea di chiamare qualcuno a spiegare cosa voglia dire diventare parroco, ma chi? Vengono fatte leproposte più strane, ma ad un certo punto prende piede l’ipotesi di chiamare gli ex-vice parroci disan Paolo, ora parroci in ogni dove del Biellese, a testimoniare su cosa voglia dire che un vice disan Paolo diventa parroco.Passato il Natale, con un rapido giro di telefonate il tour degli ex-vice a san Paolo è presto orga-nizzato e ad aprirlo, giovedì 7 gennaio con i bambini di quarta elementare, c’è don AndreaCrevola, parroco a Ponderano e Borriana. Sabato 9 gennaio invece ne arrivano due: con i ragazzidi prima media don Renato Bertolla, parroco a Sagliano Micca e Miagliano, e con i ragazzi diseconda media don Gian Rocco Bombelli, parroco di Cerrione, Vergnasco e Magnonevolo. Lunedì11 gennaio con i ragazzi del recupero delle medie, ecco invece don Mario Marchiori, parroco diQuaregna e di Ronco di Cossato. Martedì 12 gennaio a parlare ai bambini di quinta elementareecco invece don Ugo Franzoi, parroco di Portula e Castagnea. E visto che il passaggio di questivice è stato così bello, si è pensato di invitarne uno a parlare anche a quelli della terza età e chichiamare se non colui che era vice ai loro tempi? Ecco allora che mercoledì 20 gennaio si è presen-tato don Albino Pizzato, parroco emerito del Piazzo, che ha intrattenuto i convenuti all’incontro.Che dire di queste testimonianze? Mi è sembrato di capire che abbiano lasciato un segno un po’ in

tutti. In chi li ascoltava, un po’ per-ché era uno nuovo e un po’ perchépercepivano che era uno che avevavissuto san Paolo. In loro che parla-vano, perché si poteva toccare laloro emozione nel tornare qui, tantoche nei loro racconti emergeva sem-pre qualche ricordo della loro espe-rienza sanpaolina. Infine in me cheme li sono sentiti tutti, perché ascol-tando tutti gli ex-vice è come sefossi entrato in una grande corrente,una grande famiglia ed ognuno diloro, senza accorgersene, mi ha inse-gnato qualcosa su come essere vicea san Paolo. Dunque bilancio più chein attivo alla fine di quest’esperienza,che conferma ciò che dice un can-tautore a me molto caro, in una suarecente canzone: "Tutto passa etutto lascia traccia", tracce da segui-re per camminare sempre più dietroal Signore, sulla strada percorsa dachi è passato prima di noi e con que-sto nuovo parroco a condurci.

don Gabriele

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Gli ex vice chiamati a San Paolo

Che cosa significa diventare parroco?

Don Gabriele con la “priora” Raffaella Cravero

"Perché la Cappellina di via Lazio, parro-co?" chiesi durante un pranzo a don Tullio -"E’ un segno! - mi rispose -. Con la nascitadel nuovo quartiere era importante la pre-senza del Signore". Così ecco questa chie-setta che pochi conoscono se non per averlasentita nominare negli avvisi al terminedella Messa. Vi invito ad andare almeno avedere dov’è e, se potete, a partecipare allasanta Messa festiva delle 9: troverete unacomunità familiare che prega molto bene. Ma ora vogliamo chiederci: ha ancora sensotenerla aperta? Non è un luogo di divisione?Se la comunità è una non si dovrebbe anda-re tutti in parrocchia la domenica? In futurocon il calo dei sacerdoti, come si farà amantenerla? Tutto vero, sono domande leci-te, ma permettetemi di esporre alcune rifles-sioni. Una chiesetta dov'è custodita l’Eu-carestia è sempre un grande dono! E’ la pre-senza del Signore tra le nostre case, è importante,bello. Ora il Signore abita là dove lo si lascia entrare esi sente accolto, quindi questo regalo, proprio perchécosì prezioso, non va tralasciato o si perderà. Siete voi,cari abitanti del quartiere che dovete prendere unadecisione, se volete avere vicino il Signore e dedicargliil tempo con l’impegno alla preghiera in cappellina,tenendola bene, abituando figli e nipoti a frequentarla echiedendo in parrocchia di aprirla a nuove iniziative.Vedete, se c’è il vostro interesse non c’è mancanza dipreti che tenga, ci si organizza e il tempo lo si trovavolentieri. E’ facile, basta incominciare! Forse tanti divoi avvertono il problema, vorrebbero far di più marimane la paura di essere soli, la quantità di tempo, il

sentire il peso ditutta la responsa-bilità sulle spal-le... Vorrei alloraraccontarvi unfatto di questigiorni. Il Signoreun paio di mesi faha chiamato a séla sig.ra Maria To-masini che in que-sti ultimi anni hasvolto il servizio,insieme ai suoi fa-miliari, di tenerepulita e decorosala cappellina, ac-cogliere la gente,

aiutare il sacerdote e animare la liturgia. Il ricordo diMaria è ancora vivo in tutti noi per la cura e la dolcez-za con cui svolgeva questo compito. Ci è voluto un po’di tempo per trovare qualcuno disposto a sostituirla. Atutti sembrava pesante. Finalmente una persona,vedendo la voglia di pregare di chi frequenta la Cap-pellina e sentendo alcune lamentele, mossa dallacarità, ha dato la sua disponibilità ed ecco, tutto èstato semplice: letteralmente in pochi minuti altre seipersone si sono dichiarate pronte a collaborare for-mando così il piccolo gruppo affiatato di gestione chepotete ora vedere nella foto. E’ così! Serve semprequalcuno che abbia il coraggio di rischiare e fare ilprimo passo, poi tutto si muove. Sono sei persone,speriamo non rimangano le sole e che altri si aggre-ghino; si possono inventare tante cose, momenti dipreghiera belli come il Rosario, recitato il mese dimaggio insieme a ragazzi e bambini, catechesi e tuttociò che il cuore vi suggerisce.Ma consentitemi ancora una osservazione sull’utilità diquesta cappellina: la parrocchia è molto estesa, arriva asud fino al Cottolengo compreso, a est fino alla casadopo il cartello di Candelo. Avere oltre alla chiesa di S.Paolo due luoghi dove si celebra la Santa Messa èun’opportunità per tutti gli anziani che, rimanendo solie costretti ad andare a piedi, non potrebbero santificarela festa a causa della distanza. Cari residenti delVillaggio sportivo, non perdete questo dono e apprez-zatelo: il Signore ha voluto porre la tenda in mezzo avoi, è un regalo unico da accogliere e non sprecare, peril bene della comunità!

d. F.

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La Cappellina di S. Pio X in via LazioNon sono molti a conoscerla: un invito a frequentarla

Il nuovo "gruppo di gestione" della cappella di via Lazio

Maria Tomasini Bocca. Si occupava della cappella

AUGURI MAI COSÌ GRADITIGià dall’accoglienza abbiamo capito che era una cosaseria!Due giovanotti, vestiti da cerimonia, subito si sonoavvicinati e ci hanno chiesto se avessimo bisogno diaiuto per fare gli scalini della chiesa.Con baldanza abbiamo risposto loro: “Abbiamo lacanna che ci sorregge!”In chiesa, la santa Messa è stata seguita con attenzionee grande partecipazione nelle preghiere e nei cantidelle due corali, sempre molto brave. Il parroco ha par-lato ai nonni con simpatia e incoraggiamento; ci ha

detto che dobbiamo trasmettere ai giovani quello chesappiamo fare e ci ha proposto di raccontare loro lanostra vita giovanile.Dopo la Messa, accolte da simpatiche signorine, abbia-mo lasciato i cappotti e ci siamo avviate verso il salo-ne, già tutto pieno di gente allegra e contenta di ritro-varsi in un ambiente conosciuto.Abbiamo ammirato i lavori fatti con abilità per abbelli-re il salone con colori vivaci; in particolare ci sono pia-ciuti molto gli angeli bianchi che erano appesi allavolta. Sui tavoli apparecchiati con cura, abbiamo trova-to come segna posto un grazioso Babbo Natale: grazieper queste delicatezze!I pranzo, servito da giovani pronti alle nostre richieste,è stato favoloso.A noi è piaciuto tutto; le verze ripiene, i “capunet”, cihanno fatto venire in mente il sapore e il profumo diquando li faceva la nostra mamma.Il vino poi... Dolcetto di Dogliani d.o.c. annata 2007!...è stato apprezzato da uomini e donne.Non è mancato il brio dei giovani di San Paolo che cihanno rallegrato con giochi e musiche, antiche emodernissime: sono stati veramente scatenati! Il giocoa quiz ha poi permesso di premiare parecchie persone.Grazie per quanto avete fatto per noi; rimaniamo sem-pre gioiosamente stupite e ammirate per quanto sannodonarsi le persone che rendono possibile tutto questo!

Luigina

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Giovani e anziani insieme per Natale

A tavola con i "cari vecchietti"ERA TUTTO MOLTO BUONO...Da quando sono entrato nel salone con qualche vec-chietta sottobraccio, ho subito notato la ressa chepremeva per mettere via le giacche e mi sonoimprovvisato per qualche minuto come ragazzo-appendiabiti. Ma incominciavo a sentire anch'io isintomi della fame e sono andato in cerca di un postogiù nel salone.Appena ne ho visto uno, ho chiesto ai miei vicini seera libero e tutti mi hanno detto "siiiiii" con un gransorrisone. Bene, mi sono presentato un po' ed eranotutti interessati e mi ascoltavano, io chiedevo anche unpo' qua e là chi erano i miei vicini, se avessero nipoti aSan Paolo, se fossero legati alla parrocchia e perché...l'idea generale è che la parrocchia fa delle cosi belleiniziative... e poi c'è un rapporto di amicizia tra le muradella chiesa, anche se non si conosce quello che haivicino nel banco quando sei a messa, tu l'hai gia vistoin chiesa 1000 volte e lui ha visto te 1000 volte e, sem-

pre secondo i miei compagni di pranzo, c'è un rapportospeciale tra i parrocchiani. Ed erano tutti interessatisulle figure del vice e del parroco, dicevano di esserecontenti perché sono giovani e coinvolgenti. C'era molto spirito di competizione anche nella lotte-ria e nel gioco a quiz dove si indovinano le canzoni edè piaciuto il Carosello. I piatti sono stati un successo!Si sono complimentati perchè era tutto molto buono eal bis ho preso i piatti di quelli che lo desideravano egli ho messo ancora un po' di torta. Mi sono divertitoad ascoltare le storie della gente e mi ha fatto piacereche anche la gente mi ascoltasse cosi. Sono dei carivecchietti. Alla fine si sono divertiti! E si sono com-plimentati con tanta gente per il successo del pranzo.Credo che la gente sia molto legata a noi ragazzi ed èproprio per noi che la nostra parrocchia è cosi specia-le, nel senso che è per le nostre attività che i parroc-chiani sentono quel legame particolare... in ognicaso... Bella esperienza, per loro, per me.

Giovanni

d.F.) - Essendoci riunioni clandestine in tutte le saledella parrocchia e comprendendo che ingombravo ovun-que, prima della festa patronale decisi di scappare perriposare e prepararmi ma - dove andare? - mi chiesi. E’l’anno sacerdotale, così decisi di andare ad Ars in pelle-grinaggio dal patrono dei parroci. Sono rimasto colpitoda quest’uomo semplice, innamorato di Dio e preoccu-patissimo per la grande responsabilità che aveva: laconversione dei 250 abitanti di Ars. In un negozietto hoacquistato un libretto con i suoi scritti e, essendo da soloe avendo tempo, l’ho letteralmente divorato, colpitodalla sua chiarezza e profondità. Sono testi che tutti sonoin grado di comprendere perché pensati da un sempliceper i semplici e, così, è nata l’idea di lasciar a sanGiovanni Maria lo spazio per una meditazione ai par-rocchiani di S. Paolo. Allora lo ringraziamo per la suadisponibilità e attentamente lo ascoltiamo:

“Dio è così buono che nonostante gli oltraggi che glifacciamo, ci porta in Paradiso quasi nostro malgrado.E’ come una mamma che porta in braccio il suo bambi-no al passaggio di un precipizio. E’ interamente impe-gnata ad evitare il pericolo, mentre il suo bambino nonsmette di graffiarla e maltrattarla”.“Ci sono due modi di soffrire: soffrire amando e soffri-re senza amare. I santi soffrivano tutti con pazienza,gioia e perseveranza perché amavano. Noi soffriamocon rabbia, dispetto e noia, perché non amiamo. Seamassimo Dio, saremmo felici di poter soffrire peramore di Colui che ha accettato di soffrire per noi…voidite che è duro? No, è dolce, è consolante, è soave: è lafelicità…soltanto, bisogna amare quando si soffre, esoffrire amando”.“Colui che va incontro alla croce, cammina in sensoinverso alle croci: egli le incontra forse, ma è contentodi incontrarle: le ama, le porta con coraggio. Lo uni-scono a nostro Signore. Lo purificano. Tolgono gliostacoli dal suo cuore e lo aiutano ad attraversare lavita come un ponte aiuta a passare l’acqua. …così

quando si amano le croci, non se ne ha mai, ma, quan-do si respingono, vi si rimane schiacciati”.

Le tentazioni“Come il buon soldato non ha paura del combattimen-to, così il buon cristiano non deve aver paura della ten-tazione. Tutti i soldati sono bravi in caserma: è sulcampo di battaglia che si fa la differenza tra coraggiosie codardi”.“Ecco come il demonio si comporta di solito con i pec-catori che ritornano a Dio. Li lascia gustare le dolcezzedei primi momenti della loro conversione, perché sabene che non ci guadagnerebbe niente: sono troppofervorosi. Aspetta qualche mese finchè l’ardore siapassato; poi comincia con il far trascurare loro la pre-

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S. Giovanni Maria Vianney parroco di ArsUn santo profondo, semplice e che parlava chiaro

UNA VITA SEMPLICE E STRAORDINARIAIl francese Giovanni Maria Battista Vianney, "il santo curato d'Ars", nacque a Dardilly nel 1786. Fuun prete straordinario, amato per la sua bontà e la sua evangelica semplicità. I suoi Discorsi (postu-mi) sono un esempio di spontaneità e di efficacia. Nel 1818 fu nominato parroco di un paesino, Arsappunto, vicino a Lione: gli inizi non furono affatto facili, ma a poco a poco quell'umile e piccoloprete conquistò tutti i cuori. Morì fra le braccia dei suoi parrocchiani il 4 agosto 1859. Fu elevatoalla gloria degli altari il 31 maggio 1925.

ghiera, i sacramenti, li attacca con diverse ten-tazioni. Poi vengono le grandi lotte: è allorasoprattutto che bisogna chiedere la grazia dinon lasciarsi abbattere. E se cadete? Non ascol-tate il demonio che cerca sempre, dopo che ciha fatto fare il male, di gettarci nella dispera-zione”.

L’amore di Dio e del prossimo“…Mi chiederete, cosa vuol dire amare il buonDio sopra ogni cosa, e più di noi stessi?Significa preferirlo a tutto ciò che è creato,essere nella disposizione di perdere il propriobene, la propria reputazione, i genitori e gliamici, i figli, il marito, la moglie e la vita stes-sa, piuttosto che commettere il minimo peccatomortale… Se lo amiamo veramente, né le soffe-renze, né le persecuzioni, né il disprezzo, né lavita, né la morte potranno portarci via questoamore che dobbiamo a Dio”.“Noi stessi avvertiamo che se non amiamo ilbuon Dio, possiamo solo essere infelici, moltoinfelici. Se l’uomo è creato per amare il buonDio non può trovare la felicità che in Dio solo...Se volete convincervi meglio, ecco, interrogatele persone che vivono senza amare il buonDio…Un avaro non è più felice quando hamolto di quando ha poco. E’ un ubriacone piùfelice dopo aver bevuto il suo vino dove pensa-va di trovare tutto il suo piacere? Ne rimane piùinfelice. Un orgoglioso non ha mai riposo, temesempre di essere disprezzato. Un vendicativo,cercando di vendicarsi, non riesce a dormire negiorno ne notte. E perché non possiamo esserefelici in tutto quello che sembra poterci soddi-sfare? E’ che, essendo creati per Dio, Lui solopotrà soddisfarci…”“Ma, mi direte, come si può sapere se abbiamola Carità, senza la quale la nostra religione nonè che un fantasma? Anzitutto una persona cheha la carità non è orgogliosa: non ama domina-re sugli altri; non la sentite mai biasimare laloro condotta; non ama parlare di ciò che fanno.Una persona che ha la carità non esamina l’in-tenzione degli altri nelle loro azioni; non credemai di far meglio degli altri e non si mette maial di sopra del proprio vicino; al contrario, essacrede che gli altri fanno sempre meglio di lei.Vedete, per amare Dio non è necessario esseremolto eruditi, né molto ricchi; basta cercare dipiacere a Dio in tutto quello che facciamo; difare del bene a tutti, ai cattivi come ai buoni, aquelli che lacerano la nostra reputazione, comea quelli che ci amano…”.

San Giovanni Maria Vianney

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La benedizione delle case

Inizierà martedì 6 aprile la benedizionepasquale delle case. Provvederanno donFilippo, don Gabriele e il diacono Gastone.Nell'imminenza del passaggio, verrà espostoun avviso nell'androne delle singole abita-zioni.

L'appello di BenedettoXVI per una nuova gene-razione di politici cattoliciè rivolto soprattutto ai gio-vani. La Chiesa li invita afarsi carico di un "eserci-zio di responsabile caritàverso il prossimo" e di unamissione "storica": quelladi restituire la virtù allapolitica, partendo dai com-portamenti responsabili.Così a fine febbraio haparlato il cardinal Bertoneal seminario di Riccionesul bene comune. Parole inassonanza con quelle pro-nunciate in precedenza dal cardinal Bagnasco,presidente CEI, che auspicava "una generazionenuova di italiani e di cattolici, che sentano lacosa pubblica come importante e alta e sianodisposti per essa a dare il meglio di sé, del loropensiero, dei loro progetti e dei loro giorni".Sviluppando l'appello del Santo Padre, Bertoneha continuato affermando che "la politica non ècosa sporca", bensì "l'amore degli amori", comediceva la Lubich. La chiamata della Chiesa aigiovani richiama all'insegnamento politico diTommaso Moro piuttosto che a quello, oggi par-ticolarmente in voga, di Nicolò Machiavelli.L'illustre porporato ha lanciato un vero e proprioappello ai politici ad "orientare la propria vita ele proprie relazioni alla virtù, poiché dalla virtù

della persona dipende lavirtù della società". Inmaniera ancora più espli-cita: "Non esiste separa-zione tra etica individualeed etica sociale". Una ret-titudine che "vale per tuttii politici", ma i cattolicidevono essere consapevolidi avere "una missionenella storia, che è quelladi orientare la società avalori superiori", senza iquali, come scriveva donSturzo, "tutto si deturpa ela politica diviene mezzodi arricchimento, l'econo-

mia arriva al furto e alla truffa". Serve, al contra-rio, "una nuova generazione di politici cattolici",contraddistinta dall'impegno a "iniettare buona enuova linfa nella società, orientandola alla virtù,con rettitudine e discernimento alla luce delVangelo e della dottrina sociale della Chiesa".Gente capace di superare il bivio tra utopia edisaffezione, come lo inquadrava Giovanni PaoloII, ribaltando la prospettiva diffusa nella societàglobalizzata, "dove il cambiamento si attendedall'alto", mentre "la sfida per la nuova genera-zione di politici cristiani è quella del cambia-mento dal basso, dal territorio, dalle comunitàlocali chiamate a contribuire al bene comune".

(da P. Viana, "Avvenire")

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"Giovani, tocca a voi ridare virtù alla politica"

L'invito del cardinal Bertone: farsi carico del bene comune

Commento - Quante volte abbiamo sentito affermare: la politica è cosa sporca, stiamone allalarga. E ancora: i cattolici non devono decidere per tutti gli italiani. Così abbiamo lanciato la spu-gna... così abbiamo preso le distanze, lasciando ad "altri" la gestione del bene comune, con i risul-tati che tutti abbiamo sotto gli occhi. L'invito del cardinal Bertone si contrappone nettamente e clamorosamente (nell'odierno sbigottitosilenzio di molti, di troppi) a quella disaffezione per la politica che ha toccato livelli impressio-nanti. Sprona le comunità cristiane locali a lavorare per un cambiamento, a ripensare, formare eproporre una nuova generazione di politici, consapevoli che è compito dei cattolici "orientare" lasocietà a valori superiori e al bene di tutti, non a quello di chi si mostri indifferente alla sorte deifratelli più sfortunati e insofferente nei confronti delle regole morali e civili. Sicuramente non èfacile. Ma non è mai tempo di gettare la spugna.

La redazione

Il Cardinale Tarcisio Bertone

Dal turno animatori La casa alpina, dal 26 al 28 dicembre, è stata“infestata” da una cinquantina di animatori cheper tre giorni hanno vissuto in condivisione lagioia di passare un po’ di tempo insieme e di farsiuna sciata in allegria.L’intensità delle attività e dei valori vissuti in que-sto così poco tempo è difficile da riassumere inpoche righe… siamo passati dal discutere di temiimportanti, quali la giustizia, al gioco di travestir-ci in personaggi di film e cartoni animati in unasorta di carnevale anticipato; da un tentativo diolimpiade invernale improvvisata, trasformatasi inuna lotta a palle di neve, ad una veglia in cuiabbiamo condiviso i nostri sogni più profondi; dapreghiere e momenti liturgici al trasformarci insciatori e “sbobbatori” provetti. Insomma, in que-sti tre giorni ci siamo in continuazione trasformatialternativamente in bambini e in adulti, riscopren-do il divertimento e la magia di un po’ di neve maanche il nostro crescere e le responsabilità che nederivano, per prendere sempre più consapevolezzadel nostro compito all’interno della parrocchia edell’importanza di trasmettere i giusti valori ai

ragazzi, che durante l’anno e nei campeggi cisono affidati. Caterina

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Voci dalla Valsavarenche

UN COMUNICATO AI NOSTRI FEDELI SPONSORNello scorso numero di questo bollettino abbiamo inteso ringraziare i fedeli sponsor che da sempre contribui-scono ai costi di stampa con il loro prezioso contributo. Ma la malaugurata fretta ha fatto sì che l'elenco fosselargamente incompleto, oltre che approssimativo nelle denominazioni. Nel fare ammenda, chiedendo scusa atutti (omessi e "mutilati"), elenchiamo intanto di seguito le aziende e gli enti che mancavano nell'elenco stes-so: ACCONCIATURE MAESTRI MIRELLA, ANGELICO FACTORY STORE, BRIGLIA CARTA, COLOR GP COLO-RIFICIO, JEANTET PASTICCERIA, JOLLY CLUB, LABORATORIO ODONTOTECNICO CABRIO E GARIZIO,MOVIMENTO CRISTIANO LAVORATORI, QUAREGNA GIARDINAGGIO, RAMELLA CERAMICHE, RISTOROBIELLESE, ROMANA DOLCETTO DI DOGLIANI, ROMANO GALLERIA D'ARTE.Elenchiamo inoltre nuovamente le aziende citate nel numero scorso, alcune delle quali, ripetiamo, erano ripor-tate in maniera imprecisa: ACQUADRO DOLCIUMI, ACUSTICA BIELLESE, AIMONETTI TERMOIDRAULICA,ANGELONE RICAMBI ELETTRODOMESTICI, ATHENA PALESTRA, BANDINI UTENSILMECCANICA, BELLISSI-MA ABBIGLIAMENTO DONNA, BERTINETTI CICLI, BIELLA-LEGNO, BIVERBANCA, BORRIONE ONORANZEFUNEBRI, BREGLIA TRASLOCHI, BRICIOLE D'ORO GOIELLERIA, CALLAN SCHOOL, CAMPAGNOLO CAR-ROZZERIA, CLERICI PORTE BLINDATE, FARMACIA SAN PAOLO, FOSCALE LEGNAMI, FOTOTTICA SERGIOFIGHERA, GARELLA AUTOSCUOLA, GHOST'S, HOTEL BUGELLA, IFAB POMPE FUNEBRI, IL GIROTONDOASILO NIDO, IL TRIFOGLIO PROFUMERIA, LA LUCCIOLA PIZZERIA, LANZA PIERINO EDILIZIA, LAZZAROMOBILI, MARAZZATO SPURGO SERVICE, MAZZOLENI OTTICA, MEGA MARMI E GRANITI, MERAVIGLIAABBIGLIAMENTO DONNA, MIELE CUCINE, MONDO MAGLIA, MOSCA GASTRONOMIA, MOSCHETTOPNEUMATICI, NOVARETTI FLORICOLTURA, NOVARETTI MATERIE TESSILI, PATTI PANETTERIA, PIZZERIASAN PAOLO, POCO LOCO VIAGGI, POSITANO PIZZERIA, RENALDO ASSICURAZIONI SAI, ROSSETTI PAVI-MENTI, SERENISSIMA VIAGGI, SERGIO FIGHERA FOTOGRAFIA, SETTENOTTI MATERASSI, TINTORIA DISANDIGLIANO, TOTO ASSICURAZIONI, VIOTTI CONCESSIONARIA CITROEN, ZOO MARK.Ancora un grande grazie a tutti!

Dal turno SBAM (28-30 dicembre)Neve, neve e ancora neve… sembrava che iltempo non stesse volgendo al bello: in appena unamezz’oretta, erano già scesi circa 50 cm; il temponon migliorava. Mentre noi ragazzi restavamoincollati alle finestre per guardare la neve che dalcielo cadeva lentamente e si posava sul terreno,“qualcuno” era preoccupato di non riuscire a por-tarci a casa. “Qualcuno” continuava a spingere lamacchina in salita per evitare che scivolasse.“Qualcuno” contattava continuamente l’autistaper sapere se sarebbe riuscito a venirci a prendere.”Qualcuno” si chiedeva se il cibo che ci rimanevain casa fosse sufficiente nel caso fossimo staticostretti a restare ancora per un giorno in Valsa;noi ragazzi speravamo di rimanere bloccati nellacasa, per poter trascorrere ancora dei fantasticigiorni tutti insieme:c’era chi voleva prendere glisci per tornare a Biella, chi desiderava rimanerecon tutti i suoi amici, chi usciva fuori per staresotto la nevicata e poi rientrava coperto di neve;chi era felice e bagnato anche solo dopo una rapi-dissima “sortita”. Però… ecco che, infine, si vedeun grande pullman arrivare in paese… lamagia,purtroppo, è finita!

Sara

Dal turno RUMCome descrivere la mia esperienza al mio primocampeggio invernale? Beh, sono stati tre giornidavvero fantastici , non riesco a trovare altri agget-tivi per descrivere quello che ho passato con i mieiamici del gruppo dopocresima RUM e donGabriele . In questo campeggio abbiamo fattomolti progressi a livello di gruppo, infatti abbiamopianificato tutto quello che avremmo dovuto farenel corso dell’anno . Una cosa che non mi scor-derò mai , a livello personale , è stato quando per10 minuti siamo andati di notte appena fuori dallacasa per stare un po’ da soli e cercare di ascoltarequello che Dio aveva da dirci... quella volta suc-cesse davvero , per cui appena posso, anche se nonpotrò mai avere a Biella quel silenzio che trovaiquella notte in Valsavarenche, cerco di pregare unpo’ per ascoltare i consigli che Dio ha da dirmi ; iocredo che la stessa cosa che è accaduta a mepotrebbe accadere a qualsiasi persona che crede.Dio c’è: bisogna solo saper ascoltarlo.Ovviamente il campeggio non è solo riflessione epreghiera, è anche divertimento! Giocare sullaneve lo puoi fare anche a Biella, ma in Valsa laneve è più bella e più bianca che qui! In quei gior-ni ci siamo divertiti tantissimo a giocare a palle dineve, fare le gare di pupazzi di neve per poi anda-

re a sabotare quelli degli altri e infine le “sbobba-te” notturne sono state un divertimento pazze-sco... e tutto senza televisione! ( non ce ne biso-gno con tutti gli amici che hai e con la Valsava-renche a tua disposizione). Per finire vorrei ringraziare il gruppo RUM e donGacio per i bei momenti passati insieme , eNostro Signore che ha reso possibile tutto questo.

Giacomo

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Campeggi estivi 2010 Cari genitori, vi comunico le date dei campegginella nostra Casa Alpina in Valsavarenche nellasperanza che i vostri figli partecipino a questabella esperienza. Nelle prossime riunioni del cate-chismo vi presenteremo in modo più dettagliatol’iniziativa. Attenzione, le quote non hanno subi-to variazioni rispetto a quelle definitive dell’an-no scorso grazie alla generosa eredità lasciataalla parrocchia da don Tullio Vitale e, come èstato negli ultimi anni, in caso di sovvenzioni daparte del Comune o della Regione potranno anco-ra scendere. Nell’eventuale partecipazione di duefratelli, il minore paga la metà.

don Filippo

1° turno 4ª elementare14 - 19 GIUGNO - QUOTA € 115

2° turno 5ª elementare20 - 26 GIUGNO - QUOTA € 134

3° turno 1ª media27 GIUGNO - 3 LUGLIO - QUOTA € 134

4° turno 2ª media4 - 11 LUGLIO - QUOTA € 153

5° turno 3ª media (gruppo RUM)

12 - 21 LUGLIO - QUOTA € 192

6° turno 1ª e 2ª sup. (gruppo SBAM)

21 - 30 LUGLIO - QUOTA € 192

Intervista a don Sergio Nicolli, direttore dell’Ufficio Nazionale Famiglia, CEI, Roma

Nell’articolo 16 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, di cuisi sono celebrati i 60 anni, si fa riferimento al “diritto di sposarsi” e di“fondare una famiglia”. Quali le radici di tali affermazioni, soprattutto inriferimento al contesto storico in cui la Dichiarazione è stata pronunciata?- Non so esattamente le radici storiche... Ritengo però che a quel tempo inmolte nazioni il diritto di sposarsi e di fare una famiglia incontrasse tanti divie-ti e condizionamenti: da parte delle famiglie di origine e da parte dei regimipolitici. Del resto questi condizionamenti non sono ancora del tutto scomparsiin alcune culture e nazioni. Basta pensare che anche in Italia meno di un seco-lo fa erano i genitori a decidere quando un figlio - e soprattutto una figlia -dovesse sposarsi e con chi sposarsi!

Si afferma un diritto in relazione allo “sposarsi”, al “matrimonio”, senzadarne alcuna definizione... A che cosa ti sembra faccia riferimento implicito? Il problema non è irrilevante sesi pensa che oggi più che mai siamo alla ricerca di valori civili, laici e condivisi.- Sessant’anni fa esisteva più o meno una concezione univoca dello sposarsi e del contrarre matrimonio. Il matrimo-nio era concepito soltanto tra un uomo e una donna, lo si riteneva un patto definitivo e irreversibile, comportava deidoveri nei confronti del coniuge e nei confronti dei figli che nascevano dal matrimonio.

Proprio perchè non si fa riferimento ai suoi contenuti ritenuti probabilmente impliciti nel “sentire” comune,quanto ritieni che questo diritto sia veramente universale?- Quando oggi si afferma che esistono ormai molti modi di fare famiglia e di intendere il matrimonio, io resto per-plesso. Esiste certamente una pluralità e una diversificazione di progetti di vita all’interno del matrimonio, con note-voli diversificazioni circa le priorità da assegnare ai vari valori ed esperienze che lo caratterizzano, ma sono convin-to che nelle aspirazioni profonde di ogni persona esiste in fondo un modello di unione coniugale: un amore eternoche unisce due persone in modo esclusivo, con un bisogno istintivo (che spesso emerge dopo un certo tempo) diallargare la famiglia ad altre creature umane. Mi rendo conto che questa è un’affermazione oggi contestata. Partoperò da due constatazioni che fanno parte della nostra esperienza quotidiana: il sogno degli innamorati e le attesedegli adolescenti.Anche oggi i giovani, quando si innamorano, vivono un’esperienza forte che li proietta verso il futuro ed essi sogna-no - come avveniva cinquant’anni fa o mille anni fa - un amore eterno, che nulla e nessuno potrà mai mettere arischio. Mi ha fatto pensare, qualche tempo fa, l’episodio dei lucchetti del Ponte Milvio a Roma. E’ tradizione chegli innamorati romani si rechino sul Ponte Milvio dopo aver acquistato un piccolo lucchetto con due chiavi; aggan-ciano e chiudono il lucchetto a una catena avvolta intorno a un lampione, poi si baciano con effusione e, girando lespalle al fiume, buttano insieme la piccola chiave nel Tevere. Non vi sembra questo un gesto altamente simbolico,che esprime la convinzione che quell’amore sarà eterno, che nulla e nessuno potrà comprometterlo o spezzarlo?Allora vuol dire che anche oggi, quando nasce, l’amore è fresco e coraggioso, carico di novità, ed è percepito comeindissolubile non in forza di una legge esterna, ma per una energia intrinseca all’amore.In secondo luogo, è possibile affermare che anche oggi gli adolescenti sognano una famiglia unita, stabile, ricca direlazioni positive. Anche le più recenti inchieste fra gli adolescenti e i giovani rivelano che, al primo posto tra ivalori importanti per la loro vita, oltre il 90% di essi pone la famiglia. Sono ragazzi che sperimentano continua-

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Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo - Articolo 161. Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza

alcuna limitazione di razza, cittadinanza e religione. Essi hanno uguali diritti riguardo almatrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento.

2. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.3. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta

dalla società e dallo Stato.

Il diritto al matrimonio e alla famiglia

mente, anche sulla loro pelle, la fragilità delle famiglie; molti di essi vengono da famiglie divise e ricostituite eportano dentro di sé i segni di grandi sofferenze: eppure, nonostante questo, essi sognano nel loro futuro “una bellafamiglia”.

L’Articolo prevede lo scioglimento della famiglia in riferimento all’esplicitazione di uguali diritti. Anche inItalia, con la Legge n. 898 del 1970 si è reso possibile, a determinate condizioni, sciogliere il matrimonio(divorzio). Allora come oggi tale avvenimento è stato letto come una grande conquista di libertà (in un certosenso in modo coerente con quanto affermato dalla Dichiarazione Universale dei diritti individuali) e dallaChiesa cattolica come un elemento che avrebbe in modo irreversibile minato la convivenza civile. Come pensisi possa coniugare l’aspirazione legittima del diritto individuale alle scelte (in questo caso il matrimonio) conil riconoscimento del suo valore sociale?- E’ giusto che un adulto abbia il diritto di decidere liberamente della sua vita, facendo i conti, se è credente, con lasua responsabilità di fronte a Dio. Esiste però un limite alla libertà individuale: e questo limite è dato dal valoredelle altre persone e della loro libertà. Se uno si impegna per la vita con un’altra persona, per cambiare la sua deci-sione è indispensabile per lo meno che si confronti con questa persona. Se due coniugi hanno messo il mondo deifigli, non possono decidere della propria vita senza riconoscere che è primaria la loro responsabilità rispetto al benedei figli che hanno generato.E’ chiaro che non si può costringere a stare insieme due persone sposate che ormai non hanno più nulla da spartire eche anzi si fanno continuamente del male. Perfino la Chiesa in certi casi “ammette la separazione fisica degli sposi ela fine della loro coabitazione” (Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia, n. 207). La responsabilitàvicendevole e soprattutto la responsabilità verso i figli richiede che gli sposi, prima di decidere la separazione, fac-ciano tutto il possibile per ritrovare l’armonia e comunque tengano conto dei diritti di altre persone coinvolte (ilconiuge e i figli).

Il valore sociale dell’accordo-matrimonio è oggi venuto meno, essendo in crescita la convivenza al di fuori diesso. Perchè tante coppie ritengono che non abbia valore esplicitare tale accordo anche solo nei confrontidella comunità civile? Se penso alle coppie di amici o parenti che hanno scelto di convivere e di non sposarsi,ritrovo spesso il rifiuto verso tutto quello che di convenzionale tale accordo richiede, specie se, almeno nelnostro paese, viene vissuto come matrimonio religioso.- La cultura di oggi assegna ai sentimenti un valore assoluto che fa parte esclusivamente della sfera individuale; l’a-more è ritenuto un sentimento e pertanto la mentalità odierna induce a sottrarre la sfera dell’amore al controllosociale. Per questo esistono molte coppie che convivono semplicemente per una decisione personale e non trovanonecessario né giusto ratificare questa decisione pubblicamente davanti alla comunità civile o, per chi è credente,ecclesiale. Tuttavia sono convinto che non sono moltissime le coppie di conviventi che escludono in maniera categorica e“ideologica” il matrimonio; la maggior parte delle coppie conviventi infatti intendono la loro vita insieme comeun’esperienza temporanea, cui segue, nella gran maggioranza dei casi, il matrimonio religioso.Rispetto alla tendenza di “privatizzare” l’amore credo comunque che vada fatta una urgente e intensa opera di edu-cazione, sia nel campo civile che in quello ecclesiale: l’amore fra due persone ha delle implicazioni determinanti perla società come per la Chiesa, e non solo per la responsabilità nei confronti degli eventuali figli, ma anche perchè larelazione di coppia e la vita familiare contengono un potenziale enorme che incide sulla vita sociale ed ecclesiale.Nel campo religioso il nuovo rito mette in luce la valenza comunitaria del matrimonio: un sacramento donato nonsolo agli sposi per se stessi ma donato, attraverso gli sposi, a tutta la comunità. E la pastorale familiare deve insiste-re molto di più nell’aiutare i fidanzati e gli sposi a percepire che fa parte della spiritualità coniugale e familiareanche la consapevolezza di essere protagonisti della vita sociale: che l’amore non è un bene privato ma un “benecomune”, che va messo a servizio della comunità e che la comunità deve difendere e promuovere.

Se abbiamo perso il senso del valore sociale della famigliaanche solo nella sua dimensione laica, su quali elementipensi possiamo rifondare una lettura moderna dei diritticontenuti nell’art. 16?- C’è una grande “conversione” da operare anche nella vitasociale e politica. Attualmente il matrimonio e la famiglia ven-gono ritenuti un bene privato; i figli sono considerati una realtàprivata della famiglia che li mette al mondo. E’ a questa conce-zione privatistica del matrimonio e della famiglia che si devel’attuale povertà (per non dire miseria) delle politiche familiari.Se ci confrontiamo con buona parte dei Paesi europei più evolu-ti, troviamo che l’Italia investe del proprio prodotto internolordo circa un terzo rispetto al resto d’Europa. Oggi in Italia

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mettere al mondo dei figli significa impoverire la famiglia, metterla arischio di povertà; si comincia appena ora a rendersi conto che i figlisono il futuro di una nazione, anche dal punto di vista economico.Occorre allora rivendicare (e devono essere per prime le stesse fami-glie a farlo) una maggiore attenzione dello Stato (e dei livelli socialiintermedi) alla famiglia come un bene sociale da difendere e da pro-muovere; la famiglia va messa in condizione di liberare tutto il suopotenziale in ordine alla formazione delle persone e a una qualitàdiversa di vita sociale.

In Italia il matrimonio religioso ha un valore anche civile sullabase degli accordi concordatari tra Stato italiano e Chiesa cattoli-ca e le sue successive revisioni. Oggi c’è certamente più attenzioneda parte del celebrante nel tenere ben separati il “sacro” e il“profano”, ad esempio nel dare lettura degli articoli sui diritti edoveri dei coniugi previsti dal nostro Codice Civile. E’ proprio

necessario che i due momenti (civile e religioso) coincidano? Ai tempi del mio matrimonio (nel 1980) ricordoche era fortemente scoraggiato sposarsi prima civilmente e poi in chiesa. Oggi è possibile?- Io non parlerei di “sacro” e di “profano”: il matrimonio è unico, anche se ha riflessi di natura sociale e, per i cre-denti, di natura religiosa. In Italia abbiamo il matrimonio concordatario, nel quale il rito religioso, con la letturadegli articoli del Codice, viene riconosciuto anche come rito civile; in altre nazioni non è così. Questo dipende dagliaccordi contingenti. Del resto è possibile anche in Italia, per chi lo desidera, scindere il rito religioso da quello civi-le. Io ritengo però che il momento della lettura del Codice Civile relativo ai diritti e ai doveri dei coniugi vada fatto,all’interno del matrimonio concordatario, con serietà ed assegnandovi grande rilevanza. Coloro che si sposano inchiesa devono sapere che essere famiglia cristiana non vuole dire solo frequentare la chiesa, pregare e darsi da farein parrocchia; devono sapere che, in forza del loro sacramento, sono tenuti anche a farsi carico della propria comu-nità civile, devono occuparsi della vita sociale e politica. E’ significativa, a questo riguardo, una espressione forte diGiovanni Paolo II nella Familiaris consortio (al n. 44): “Il compito sociale delle famiglie è chiamato ad esprimersianche in forma di intervento politico... le famiglie devono crescere nella coscienza di essere “protagoniste” dellacosiddetta “politica familiare” ed assumersi la responsabilità di trasformare la società: diversamente le famigliesaranno la prime vittime di quei mali che si sono limitate ad osservare con indifferenza”.

Un ultimo aspetto molto di frontiera e davvero controverso... Nell’articolo si fa riferimento al diritto di uomi-ni e donne di sposarsi, ma non si esplicita il carattere eterosessuale della relazione... Personalmente ritengoche ciò sia assolutamente implicito. Come pensi ci si possa muovere da un punto di vista prima di tutto civilesu un problema così delicato?- Non ho dubbi sul fatto che in questo caso si debba essere decisi nell’affermare che il matrimonio è possibile solotra un uomo e una donna. Questa non è una discriminazione. Non si deve certo colpevolizzare chi ha una tendenzaomosessuale, come non si può impedire che due persone dello stesso sesso vivano un rapporto privilegiato e vivanoinsieme: fa parte dei loro diritti individuali. Ma non si può confondere questo con il matrimonio tra un uomo e unadonna e con la famiglia, che resta un valore da proporre, da difendere e da promuovere per il significato e il conte-nuto intrinseco che essa contiene in ordine al bene delle persone e al vivere sociale ed ecclesiale.L’attuale dibattito intorno al “gender” (parola oggi di moda, con varie traduzioni: genere, generare, sesso, ndr) vor-rebbe attribuire la distinzione tra uomo e donna ad una libera scelta di tendenza; il sesso non è semplicemente unacaratteristica morfologica della persona ma connota la sua identità nel profondo. La differenza sessuale è essenzialealle dinamiche della relazione di coppia e alla costruzione di una famiglia.

a cura di Andrea Biondi

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FESTA DELLE FAMIGLIEAnche quest'anno intendiamo celebrare la festa delle Famiglie . L'appuntamento è persabato 15 maggio, dalle ore 14,30 in poi. Tema della giornata: "Dall'Io.. al Noi". Ci in-contreremo in un sereno momento conviviale. A sera, ore 21, si terrà lo spettacolo "GliAristogatti" preparato dal gruppo Dopocresima SBAM.

I progetti d’intervento proposti

ASSOCIAZIONE “COSTRUIAMO INSIEME” - MADAGASCAR: BARCA A MOTOREL’Associazione, già aiutata negli scorsi anni e seguitaanche dal nostro Gruppo di animazione missionaria,necessita di una BARCA (in sostituzione di quelladistrutta dal tifone del 2009) da affidare a un gruppo divolontari che si occupa della Sanità, del trasporto degliammalati all’ospedale, ma anche di materiali. La barcaserve anche ai Missionari che devono raggiungere idiversi villaggi sparsi su un ampio territorio. La barca a motore (40 HP), lunga 6 metri e dotata dibarella, coprirebbe una distanza di circa 60 chilometri -dalla sede della diocesi di Mananjary fino al villaggiodi Amohitsara, sede del dispensario/ospedale - in appe-na due ore, per poi, all’occorrenza, percorrere altri 40chilometri di canale fino al villaggio del nordPangalana. Attualmente il servizio è svolto con unavecchia barca di 12 metri, di proprietà dei Missionari,mal ridotta e molto lenta, inadatta soprattutto al tra-sporto urgente di ammalati, che impiega oltre 6 ore perfare 60 chilometri.Il costo (barca + motore) è di 6.000 euro.

PADRI DEL COTTOLENGO IN TANZANIA: COSTRUZIONE CHIESA PARROCCHIALENel giugno 2002, per interessamento di padre AldoSarotto, stimato sacerdote ed ex rettore del Cottolengo diBiella, e di madre Alasia, le suore cottolenghine hannoiniziato la loro attività in Kisarawe, nella scuola maternaappena fatta costruire sul terreno della parrocchia.

Il Kisarawe, situato nella provincia costiera, sebbenesia uno dei più antichi distretti della Tanzania, è rima-sto sottosviluppato e perciò è uno dei più poveri sottotutti gli aspetti: economico, educativo, sanitario. Dal2004 la gestione della parrocchia di Kisarawe è affida-ta ai sacerdoti cottolenghini, i quali, con i parrocchiani,desiderano un nuovo e più ampio edificio (il progetto,approvato dal Governo nel 2009, ha un preventivo dispesa di 210.000 euro) per le celebrazioni liturgiche, lapreghiera, l’assistenza alle famiglie più povere, per riu-nioni e altri incontri, allo scopo di incentivare i rappor-ti sociali e lo sviluppo globale.

MISSIONE DIOCESANA IN BRASILEAderendo all’iniziativa della Diocesi di Biella, propo-niamo anche un pensiero per i nostri Missionari cheoperano nella lontana terra di missione.- Padre Albertini - Prelazia di Borba - aiuti alle comu-nità parrocchiali;- Padre Saviolo - Diocesi di Caxias - varie opere carita-tive fra cui un pasto bisettimanale per i bambini e perle famiglie più povere dei quartieri.

Durante la celebrazione liturgica del prossimoGiovedì Santo “nella Cena del Signore” saremoinvitati a depositare ai piedi dell’altare il frutto diuno stile di vita più sobrio e austero che laChiesa ci ha suggerito all’inizio del cammino qua-resimale, quale autentico segno d’Amore e dicondivisione verso i poveri, che ci rende più cre-dibili discepoli di Gesù: “... da questo saprannoche siete miei discepoli, se avrete amore gli unper gli altri” (Giov 13,35).

Luigi Tondella

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La Quaresima è quel tempo di grazia che, attraverso la preghiera e il digiuno, invita il cristianoad aprire il cuore e la mano a chi è nel bisogno. Scrive il Papa: "non c'è Quaresima senzacarità". Anche quest'anno la Parrocchia, tramite il Consiglio pastorale, ci richiama ad esseresensibili nei confronti di tanti fratelli e sorelle duramente provati dalla povertà, dalla malattia edal disagio sociale, per offrire loro un aiuto concreto, frutto della nostra condivisione.

Quaresima di fraternità

Il Cottolengo è un piccolo mondo a sé. Uno spazio in cui c’è tutto ciò che ci deve essere.Ci sono tutte quelle necessità di cui ognuno di noi ha bisogno e tante piccole cose che ognigiorno o quasi condiscono un po’ l’atmosfera della Piccola Casa. Queste piccole cose posso-no essere la presenza di una persona nuova, un canto, la visita di un parente o di un amico,una carezza inaspettata, o anche solo uno sguardo. Si può dire che all’interno del Cottolengole persone si nutrano l’una con l’altra, non aiutandosi tra loro a portare il cibo alla bocca, marestando uniti ogni giorno. Al Cottolengo non sono fondamentali per gli ospiti solo suore,operatori e volontari ma anche loro stessi, gli uni per gli altri. Mi è successo spesso infatti divedere che alcuni ospiti di un reparto aiutino quelli di un altro: la domenica, ad esempio, nonsiamo sempre noi volontari a spingere le carrozzelle di coloro che vogliono andare a Messa,ma sovente gli ospiti più in forma aiutano quelli che non hanno la possibilità di camminare.Tuttavia l’aspetto più bello della Piccola Casa è come chi ci vive, nonostante le sofferenzeche prova, riesca sempre a sorridere: questa è stata la prima cosa che mi ha colpita. Non tuttiloro possono sorridere, per via di paralisi o altri problemi, ma anche chi non può riesce congli occhi a trasmettere un senso di tranquillità e felicità interiore. Forse questo non riguarda

ogni singola persona che abita al Cottolengo, ma la maggior parte di loro è così. E la cosa più incredibile è come questi sguardiriescano a portare serenità a noi che andiamo lì per aiutare loro, sguardi che sembrano quasi dire “Ti sto vicino”. E allora ci sirende conto di come la situazione si ribalti e di come all’improvviso, quando si entra nell’atmosfera della Piccola Casa, nasca lanecessità di tornarci. (Margherita)A me piace definire il complesso del Cottolengo come una semplice e grande casa. L’atmosfera, lì, è ben diversa da quella chesi respira tutti i giorni: si potrebbe dire un’atmosfera “più attenta”, attenta alle persone, attenta a dare valore alle cose, attenta aricevere, quanto a dare. L’atmosfera che solo in una famiglia ci può essere, l’atmosfera di un’unica grande casa! Inizialmente ciòche colpisce è la semplicità di regalare un sorriso (e tutto sembra quasi dare più che altro a te stesso), ma è quando le personecominciano a contare su di te che inizi a sentirti parte attiva della loro vita; sai che loro contano su di te, sanno che ci sei e tusenti che non c’è cosa più bella che confermare la tua presenza nelle loro vite così semplici e pure. Frequentando la” casa” delCottolengo ci si può trovare a ridere e scherzare con persone contente di essere ascoltate, ci si può trovare ad aiutare gli ospiti amangiare, ma ci si può anche trovare a consolare un occhio lucido in un momento difficile, che chiede di non essere abbandona-to. Ogni tipo di azione non passa inosservata e se quest’esperienza a noi dà tanto, a loro dà di più, e questo è l’importante!(Marco C.)Sono un egoista. Ho iniziato a fare volontariato al Cottolengo per fare del bene agli altri, continuo perchè sono loro a fare delbene a me. Ho scelto di iniziare questa esperienza soprattutto perchè incuriosito: spesso mi sono sentito dare del “cottolengo”eppure non sapevo a cosa davvero si riferisse il termine. Ho scoperto in questi mesi che esso non ha un’ accezione negativa. Tutt’altro. Vivo quotidianamente una realtà fatta di giovani belli, sportivi, facoltosi, pieni di speranze e qualità. Hanno, abbiamo, tuttodalla vita e spesso nemmeno ci basta: siamo annoiati perchè non sappiamo che cosa fare il sabato sera o abbiamo il computerrotto e non possiamo consultare il nostro account su Facebook. Là invece, a due passi da casa nostra, vivono anziani, sordi, muti,cechi, autistici, down. Persone verso le quali la vita è stata meno generosa. Persone che commiseriamo ma che poi troppo spessoignoriamo. Eppure proprio loro che soffrono tanto non negano un sorriso a nessuno, proprio loro che conducono una vita sempreuguale dentro le solite quattro mura mai accennano alla noia. Ammetto che in principio non è stato semplice. Mi ci è voluto deltempo, ma ora credo che il Cottolengo non sia una prigione dorata, piuttosto un’ isola felice. Spero questo messaggio possa esse-re, oltre che una testimonianza, anche un invito ad aprirci un po’ ad una realtà più vicina di quanto pensiamo: siate egoisti!(Marco S.)La carica. É questa la sensazione che provo quando sono con le signore del Santa Rosa. Mi danno la carica perché sono la provavivente che tutto si può affrontare con il sorriso. Dopo ogni capriccio, come può essere la pigrizia di camminare nei corridoisenza la mano di qualcun altro, oppure per la fatica di scrivere una filastrocca sotto dettatura , oppure ancora, dopo piccole disav-venture, come perdersi nei labirinti delle cantine, beh, con una genuina risata si risolve il problema. Mi rendo conto di comecambiano le mie giornate affrontando in questo modo i “problemi” che prima pensavo troppo pesanti da sopportare, o che ingi-gantivo inutilmente. Io spero che sempre più giovani possano entrare a contatto con questa realtà perché ci aiuta a svestirci dellasuperficialità e delle frivolezze con cui siamo spesso costretti a convivere. (Elena)Come definire l’esperienza di volontariato al Cottolengo… magari non ti cambia la vita, ma sicuramente ti mostra qualcosache prima non capivi, ti avvicina ad un mondo che prima conoscevi come popolato da “diversi”… ed è bello scoprire di come avolte si è simili nella diversità. (Tomaso)

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Da questo settembre, la parrocchia e Don Filippo ,in particolare, ha dato la possibilità a cin-que persone della nostra comunità animatori di poter fare servizio come volontari nel com-plesso “S.Giuseppe Cottolengo“ di Biella. Attualmente prestiamo servizio due domeniche almese e grazie a questa pagina ,in cui abbiamo raccolto le nostre impressioni, speriamo di por-tare a tutto il quartiere un pezzettino della nostra esperienza.

(Tomaso Sartori, Elena Zaninetta, Marco Secchia, Margherita Simionati, Marco Capozzi)

Volontari al Cottolengo

La Piccola Casa della Divina Provvidenza, più notacome il Cottolengo, è presente qui a Biella dal 1920,da quando l’allora Padre Ribero, superiore generaledella Piccola Casa, accolse l’invito a farsi caricodell’Ospedaletto in via Orfanotrofio che si occupavadei “vecchi poveri”. Da allora le suore del Cottolengovennero inviate a servizio di questa struttura che fuaffidata da Padre Ribero a Padre Carlo Mino, sacerdotedella Congregazione dell’Oratorio di san Filippo.L’ampliarsi dell’attività e delle richieste portarono alladecisione di aprire una nuova struttura in un terrenolibero vicino alla città, dove si trova attualmente. Ilavori cominciarono nel 1928 e proseguirono fino al1960, ma non si fermarono mai anche perché iniziaro-no le ristrutturazioni e gli adattamenti degli ambientidovuti alle nuove norme legislative che regolavano iservizi alle persone. In seguito cessò il servizio aiminori e si ridusse anche la richiesta di accoglienza perpersone disabili mentali. Oggi l’opera si occupa di anziani non autosufficienti dibassa e media intensità e di disabili profondi non auto-sufficienti. Le persone ospitate sono circa 180 e alcunegodono della quota assistenziale dell’ASL. In questiultimi anni la Piccola Casa di Biella ha affrontato lasfida e la fatica di passare da una gestione compostacompletamente di religiosi/e a una gestione composta,sempre più e per la maggior parte, da personale assun-to. Questo passaggio è certamente il più impegnativoper il Cottolengo, sia per l’impegno economico checomporta, in quanto il costo del personale pesa percirca il 75 o 80% sul costo complessivo della gestione,sia perché la presenza del personale laico pone la que-stione della continuità carismatica della storia cottolen-ghina e della sua mission. La prima sfida la si affrontasolamente con l’aumento delle entrate. Questo si puòottenere con l’accreditamento e le quote sanitariedell’ASL e le quote assistenziali o alberghiere dellepersone accolte in struttura. Non dimentichiamo, certo,le ancora significative donazioni che tuttavia noncoprono più il cresciuto fabbisogno economico. Laseconda sfida abbiamo cercato di affrontarla con la for-mazione del personale. Questa formazione ha impe-gnato la nostra casa in modo decisivo negli ultimi dueanni, con un notevole sforzo sia economico che diimpegno da parte del personale stesso. Oltre a questo sforzo economico e formativo l’atten-zione della struttura si è orientata ad ampliare i suoirapporti con il territorio biellese. È vero che ilCottolengo è di fatto già molto conosciuto nel contestosociale che ci circonda, tuttavia è ancora portatore di

una sorta di alone di mistero circa chi vive e ciò cheaccade dentro le sue mura. Questo impegno di aperturaal territorio è passato sia attraverso le istituzioni civili,sia attraverso la realtà ecclesiale. Da una parte ilCottolengo è entrato a far parte dei tavoli tematici rela-tivi agli anziani, ai disabili e alla salute mentale. Oltrea ciò si è realizzata una collaborazione con l’ASL-BIche ha portato all’accreditamento prima di 40 posti epoi di ulteriori posti della struttura, anche alla lucedelle nuove leggi regionali. Il rapporto col territoriopassa anche attraverso la collaborazione con altre asso-ciazioni e strutture che si occupano di servizi assisten-ziali o di finanziamenti a scopo sociale. Si sono favori-te così esperienze di stagisti e collaborazioni con scuo-le del territorio. Per quanto riguarda invece il mondoecclesiale, abbiamo cercato di incentivare il rapportocon le parrocchie della Diocesi e il volontariato giova-nile proveniente da gruppi parrocchiali. Anche la par-rocchia di san Paolo, che è la nostra parrocchia, haincentivato la sua collaborazione col Cottolengo con lapresenza di giovani che svolgono la loro attività divolontariato. L’ingresso di don Filippo come nuovoparroco di san Paolo ha dato inizio a iniziative di con-divisione e di collaborazione tra il Cottolengo e la par-rocchia il cui futuro, crediamo, porterà ad una recipro-ca positiva crescita. Sento intanto il dovere di ringra-ziare per l’immancabile sostegno alle missioni cotto-lenghine che ogni anno la parrocchia di san Paolo offrecon generosità. Credo che ci siano le premesse per unafeconda e reciproca crescita di collaborazione e questoè l’augurio che ci facciamo per il bene sociale edecclesiale del nostro territorio.

Don Elio MO

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Passato, presente e futuro della nostra "Piccola Casa"

Nei primi mesi di vice qui a San Paolo le persone concui mi trovo a passare più tempo sono gli adolescenti:splendide piantine che iniziano a mettere fuori il fustoe le prime foglioline; personaggi in cerca di identità, dicompagnia e di autore; esseri umani di età compresatra gli 11-13 e i 18-22 anni (anche se oggi quest’età difine sembra non esserci più …), non più bambini, manon ancora giovani né tantomeno adulti; capitani diventura, che vogliono provare di tutto e di più, masenza assumersi troppe responsabilità. Stando con loroincontro anche i genitori o personalmente, o nel modocon cui questi adolescenti vivono (perché i figli sonoanche lo stampo dei loro genitori … ma non diteloloro, perché negheranno fermamente!) e così il rappor-to adolescenti-adulti è all’ordine del giorno, anche seviene affrontato esplicitamente, o dai genitori o dairagazzi, solo nei momenti di crisi, e siccome il prete èsempre qui ecco che viene tirato in ballo per dire la sua(Attenzione: la lettura di ciò che segue è sconsigliata acoloro che non sono interessati a mettersi in gioco inun rapporto educativo). Il mio modo di pormi è in con-tinua revisione; spunti interessanti li ho trovati direcente nella lettura di un articolo che mi è capitatosottomano, apparso su “Il Bollettino Salesiano” di gen-naio e scritto da Bruno Ferrero (famoso scrittore di sto-rielline), intitolato “Il rischio dell’educazione lastminute” (i pezzi di seguito tra virgolette sono frasi trat-te da questo articolo). La cosa che mette maggiormente in crisi tanto i genito-ri quanto i ragazzi è il continuo cambiamento di questiultimi, caratteristica principale dell’adolescenza, tantoche i genitori dicono spesso “non lo/a riconosco più” ei ragazzi stessi "sono completamente impegnati a sco-prire chi sono veramente". Il tutto è poi amplificato dalcontesto sociale odierno fortemente caratterizzato dalcambiamento: niente è stabile, tutto in movimento, nonci sono appigli e così l’effetto della trasformazione del-l’adolescente è ancor più potente e dirompente, sullasua personalità e su quella di chi lo circonda, genitoriin primis. Questa considerazione porta ad una primaconclusione: "l’educazione non è un modulo fisso, maqualcosa che cresce ed evolve, maturando.Nell’adolescenza cambiano i figli. Devono cambiareanche i genitori". Genitori che prendano coscienza diciò, che sono disposti a cambiare strategia educativa,fanno il primo passo che li può aiutare a vivere loshock della perdita di vicinanza dei figli (sono semprefuori di casa o in camera con computer/musica), delpotere/controllo su di loro (fisico ed emotivo) e di con-fidenza (parlano con altri). Adolescenti che siano aiu-

tati a tener conto di queste dinamiche, a non ingigantir-le, sapranno vivere la trasformazione in atto comechance e non come tradimento o chissà cos’altro.Entrambi i soggetti in gioco sono dunque chiamati apassare da un’ottica di subalternanza ad una di accom-pagnamento, ma ai genitori tocca l’ingrato compito digestire questo passaggio: se "è durante i primi anni divita che i figli ricevono dai genitori gli strumenti fon-damentali", ora si deve cambiare anzitutto il modo dicomunicare, perché ciò che genera conflitti "non ètanto quello che diciamo, ma come lo diciamo" e biso-gna "essere disponibili nei confronti degli adolescenti,senza per questo sforzarsi di essere accondiscendenti".Questo sapendo che "l’adolescente è alla ricerca diesperienze e di limiti per crescere, per entrare nellavita adulta", molti suoi comportamenti strani "rientra-no in questa logica. Non è pura trasgressione, mavoglia di misurarsi, di vedere “l’effetto che fa” …poter esplorare il mondo sapendo di poter rincasare etrovare, a richiesta, adulti disposti ad ascoltarli e rin-francarli" e se questi avranno questo atteggiamento divicinanza, ma allo stesso tempo terranno il timone benfermo, allora queste navi riusciranno ad uscire dalporto, ad affrontare il mare aperto e a intraprendere illoro viaggio nella vita.Genitori cristiani devono poi sapere che uno dei primicampi di battaglia sarà probabilmente quello della fedee del vivere nella Chiesa e ciò che aiuta maggiormentel’adolescente è vedere non tanto dei maestri, ma perso-ne che insegnano ciò che cercano di vivere: questoobbliga dunque gli adulti a prendere la loro fede inmano (spesso ripresa da poco, grazie al catechismo deifigli) e a cercare di tradurla nella loro vita quotidiana,partendo dalla preghiera, gesto elementare che aiuta aricordarsi come i figli siano doni di Dio e che per esse-re ben educati vanno vissuti in comunione con Lui. Non penso che questa sia la ricetta che garantisce suc-cesso, ma penso che sia un aiuto a vivere in verità econ carità questo momento di passaggio per i figli edunque anche per i genitori, perché possa diventare unmomento di crescita per tutti. E il prete? Il sottoscrittonon è Mago Merlino che ha le soluzioni in tasca perogni evenienza, ma un cristiano come voi che camminaa più stretto contatto con gli adolescenti e che cercacome può di indicare e di donare, a loro e a tutti, ilmiglior compagno di viaggio: Gesù Cristo.

Don Gabriele

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Tra giovani e genitori rapporto difficilema non impossibile (con l'aiuto di Dio)

Carissimo don Filippo, accolgo con gioia l’invito a condividere con i par-rocchiani di S. Paolo la storia della mia vocazio-ne, saldando così un debito di riconoscenza perquanto ho ricevuto dal Signore attraverso la vitadella Parrocchia. Mi dispiace, il racconto risulteràun po’ lungo… La mia vocazione ha radici remote. Ci ho ripensa-to nell’anno paolino, riflettendo come per ciascunchiamato c’è un evento, una Parola, da cui tuttoha inizio e che spiega ogni successivo sviluppo:Paolo sarebbe incomprensibile senza la via diDamasco… Ho riconosciuto che nella mia storial’evento fondamentale è accaduto quando avevocinque anni, e frequentavo l’asilo parrocchialeallora gestito dalle consacrate laiche dell’IstitutoCrivelli. Conservo un ricordo meraviglioso diqueste maestre, sempre liete, che ci raccontavanola storia di Santa Bernadette e ci insegnavano apregare il Rosario. Un pomeriggio ho rubato auna compagna un giocattolino da nulla, un picco-lo rossetto di plastica per le bambole, mentendoalla bambina che me lo richiedeva. A casa, lamamma ha capito subito, ma io ho insistito amentire anche a lei. Allora è stata terribilmentesevera: “ Non è vero che te l’hanno regalato, l’hairubato! Sei una bugiarda e una ladra, tu non seipiù mia figlia, tu andrai all’inferno!”. Per me lochoc è stato tale che mi è venuta la febbre, avevopaura… Mancavano pochi giorni a Natale, per cuinon sono tornata all’asilo e mi chiedevo cos’a-vrebbe fatto con me Gesù Bambino… I doni sonoarrivati, ma i miei amichetti già dicevano che nonera Gesù Bambino a portarli… Rimanevo nell’an-goscia per le affermazioni della mamma, per lamia colpa così grave.

Un’apparizionePoi, nella notte dell’Epifania, svegliandomi misono rigirata nel letto e… ho spalancato gli occhi,sbalordita: tra l’armadio e il muro, di fronte a mec’era la Madonna, come se fosse una statua di 70cm circa, sospesa nel vuoto. Era diversa dallagrande statua dell’asilo, e poi era vera… L’ho fis-sata per alcuni istanti, poi mi sono rigirata enascosta sotto le coperte, spaventatissima.Quando ho ripreso coraggio, non c’era più.Appena la mamma ha acceso la luce nella suastanza sono corsa a dirle tutto. Lei insisteva cheavevo sognato, ma io ero ben sicura di ciò cheavevo visto. Il giorno seguente sono tornata all’a-silo, restituendo il giocattolo con molta vergogna.Questo fatto è diventato per me fonte di alcunegrandi certezze. C’è il bene e c’è il male, e nonsono io a deciderli, ma Dio. Il Signore conoscetutto e vede nel cuore: la verità, la menzogna, leangosce, il pentimento… Il Signore ascolta la pre-ghiera. Il Signore perdona. Da allora sono diven-

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Una sorridente vocazioneTestimonianza di suor Maria Maura (Silvia Caramori)

“Cosa scrivere nel bollettino? C’è ancora spazio!... Si! bell’idea!” La quarta Domenica di Pasqua è dedicata allapreghiera per le vocazioni: “pubblichiamo la testimonianza di Silvia Caramori, una bimba che abitava in viaBolzano, ora chiamata suor Maria Maura dell’Abbazia Mater Ecclesiæ all’Isola san Giulio.” Così, dopo 23 anniche non la sentivo, l’ho rintracciata chiedendo di scrivere una lettera per tutti noi. In questa testimonianza trove-rete nomi e luoghi della nostra comunità parrocchiale e ciò è stata una inaspettata piacevole sorpresa. E’ un rac-conto lungo ma anche molto bello e, se inizierete a leggerlo, vedrete, non farete fatica a finirlo. A chi è rivolto? Airagazzi che cercano con cuore sincero la loro “strada”, ai genitori che con fatica e amore educano i loro figli , allepersone che, in questi anni, hanno svolto con amore il loro lavoro o missione lasciando una traccia indelebile euna testimonianza inconsapevole nel cuore dei ragazzi. Buona lettura…

Silvia Caramori

tata una bambina che prega, e vive consapevoledello sguardo di Dio, del suo giudizio e della suamisericordia. Non potevo più assolutamente ruba-re o mentire. Ci tenevo molto a dire le preghiere,ad andare in Chiesa… Perché è evidente che Dioè una persona, che non è un’idea. Mi sono prepa-rata con fervore alla Prima Comunione, e nelmese di maggio, come avevo imparato all’asilo,costruivo ogni anno un altarino alla Madonna,davanti al quale recitavo il Rosario. Amavo mol-tissimo partecipare alle celebrazioni dellaSettimana Santa in parrocchia, mi sembrava chela verità di tutte le cose, di tutto il tempo, fosseracchiusa lì, e dopo la Messa in cena Domini delGiovedì Santo mi facevo mandare dalla nonna perpoter pregare di più al Venerdì Santo e partecipareagevolmente alla via Crucis al Villaggio Sportivo.Un anno abbiamo trovato, nel solaio della nonnapaterna, una riproduzione della Madonna “deldito”, che è stata collocata nella mia camera.Frequentavo allora la quarta elementare, e a mag-gio, come sempre, avevo preparato l’altarino, sta-volta sotto il quadro; io e un altro bambino a unacerta ora smettevamo di giocare con gli amici esalivamo in camera a dire insieme il Rosario inginocchio, “Ave Maria” io e “Santa Maria” lui. Aun certo punto, la Madonna del quadro ha sorriso,ha proprio sorriso… ma io ho pensato che fosseun’illusione ottica, perché la stavo fissando da unpo’… Così ho continuato con voce tremante:“Ave Maria…”, ma l’altro bambino, dopo averdetto con voce ancor più tremula “Santa Maria…”si è interrotto: “Silvia, hai visto anche tu?”. E io:“Che cosa, che ha sorriso?”. E lui “Sìì!”. Siamoscoppiati a piangere, abbracciandoci per rincuo-rarci, poi siamo corsi a dirlo alla mia mamma, chestava stirando. Secondo lei era stata un’impressio-ne, ma non è mai riuscita a convincermi. Anchequesto fatto ha confermato l’esperienza dell’in-fanzia: il Signore è vivente, vede, sa, ascolta lapreghiera e se ne rallegra… Maria gioisce dellaconfidenza dei piccoli... Così ho continuato a col-tivare con ardore la vita di grazia, per quello chepotevo, tra l’altro amando la Confessione, la lettu-ra personale del Vangelo e della Bibbia, la pre-ghiera, i racconti dell’esperienza missionaria(Emma Gremmo era il mito della mia fanciullez-za). Fino a quando, verso i quindici anni, mi sonoresa conto che la mia partecipazione alla Messadomenicale non era sentita, dunque io non eroautentica, dunque sarei andata a Messa quandofossi stata autentica… E così non ci sono piùandata per un bel po’ di tempo, cominciando a

frequentare amici che di Dio non si ponevano ilproblema. In quegli anni il ragazzino che avevapregato con me da bambino ogni tanto mi diceva:“Ti ricordi…?”. Io rispondevo che sì, mi ricorda-vo e non rinnegavo ciò che ci era accaduto, ma…per il momento vivevo come se non fosse stato.

Il desiderio di DioRestava in me, inconfessato, l’anelito profondo aDio, alla preghiera, ma era sepolto sotto tantochiasso di risate sgangherate, di ribellioni più gri-date che reali. Al termine del primo anno di liceosono approdata per la prima volta al monasterodell’Isola San Giulio, con un gruppo della scuola:un’occasione per passare la notte fuori casa estare allegri in compagnia. Sono stata la peggio-re… ma l’atmosfera del luogo mi ha colpito, e cisono ritornata l’anno seguente con un’amica. Poil’abbandono della Chiesa è stato totale, mentreteorizzavo con presunzione tante… stupidaggini.Ridevo e scherzavo con i miei amici più o menopoliticizzati, più o meno “tossici”, più o menoribelli… ma cresceva in me il senso di vuoto, diinutilità, di farsa. Mentre irridevo con sottile cini-smo tutti i valori della gente perbene e smontavole facciate dietro cui gli altri si nascondevano, nonpotevo non percepire che anch’io stavo recitandouna parte in quella farsa, la parte dell’anarcoideribelle e spregiudicata… Ma la Verità, dov’era?C’era una Verità? C’era un senso a tutto? Mi pia-ceva molto quello che studiavo al Liceo Classico,tra i miei insegnanti migliori c’erano don Roncane la signora Bessi, si era stimolati a pensare, aguardare le cose fino in fondo… Ma c’era unfondo, o tutto era per caso e cadeva nel nulla?Non riuscivo più a coprire l’angoscia che mi divo-rava con le risate irridenti e gli slogan urlati, nonsopportavo più di recitare una parte, e la prospet-tiva di recitarla per tutta la vita mi agghiacciava:piuttosto, la morte. Ormai rifiutavo di uscire congli amici il sabato sera. Avevo bisogno di saperese c’era un senso, altrimenti mi sarei tolta la vita olasciata morire. Allora ho intuito: se Dio c’è, tuttoha un significato, poco importa se per ora non locomprendo, posso aspettare e vivere. Ma se Dionon c’è, allora niente ha senso e tant’è andarediritti alla fine. E dunque, come fare a sapere seDio esiste…? Mi è balenata un’idea. Se fossiandata al monastero dell’Isola San Giulio, dovec’era gente che diceva di vivere per Dio solo, misarei accorta se questa gente era sincera, autentica,o se anche loro recitavano la loro commedia… Seerano autentiche, ciò significava che Dio esisteva,

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altrimenti il problema era chiuso. Ricordo che siera agli inizi di novembre, frequentavo l’ultimoanno di liceo. Ho chiamato il monastero chieden-do ospitalità per qualche giorno, ma mi hanno sug-gerito di aspettare, faceva molto freddo e non ave-vano il riscaldamento. Va bene, aspettiamo maintanto… Dio, se esisti, dammi un segno della tuapresenza, fa’ che io creda in te! Così gli ho gridatoun sabato sera, mentre, sola in casa con il mio tor-mento nel cuore, ascoltavo musica. Mi è cadutol’occhio sul Salterio acquistato qui all’Isola, anniprima. L’ho aperto e c’era scritto: “Amo il Signoreperché ascolta il grido della mia preghiera”, l’ini-zio del Salmo 114 (115). In quel momento hoavuto la certezza che ancora una volta ero sotto losguardo del Signore, che egli aveva sempre seguitoil mio vagare per strade perdute…

La pace ritrovataHo cominciato a trovare un po’ di pace, anche seil cinismo che mi rodeva lo spirito giocava ancorail suo ruolo. Quando a febbraio ho potuto venireospitata nella foresteria del monastero per qualchegiorno, ogni barriera è caduta. L’impatto con lacomunità orante è stato fortissimo: quelle genu-flessioni, quegli inchini alla presenza del Signore,quella lunga preghiera notturna in cui il canto deiSalmi si alterna all’ascolto della Parola di Dio…che senso avevano, se Dio non c’era? Come sipoteva spendere tutta l’esistenza così, senza altreevasioni? La semplicità, la trasparenza dei gesti edegli atteggiamenti intravisti oltre la grata mimostrava che, sì, questa gente che diceva di vivereper Dio non recitava una farsa. La presenza delSignore era così evidente che pareva palpabile. Misono sentita trascinata dalla testimonianza di vitadelle monache, come in cordata, quando uno nonce la fa più e gli altri lo portano avanti. Ho capitoche se ero ancora viva era perché qualcuno daqualche parte aveva pregato per me, senza cono-scermi, ho intuito che la preghiera è carità.Tornata a casa, ho incominciato ad andare aMessa qualche volta nei giorni feriali, perché…l’impatto con le persone perbene che vanno inchiesa alla domenica mi urtava (mi vergogno, maè così). Una volta - probabilmente era il giornodell’Annunciazione, in base alle date segnate neldiario dell’epoca - tornata a casa dalla Messavespertina, stavo apparecchiando la tavola, eintanto il mio cuore cantava. Ad un certo puntomi sono fermata, stupita: ero una persona cupa,problematica, non sapevo cosa fosse avere ilcuore che canta. Cosa stava succedendo? Mi sono

resa conto che un Altro era in me, che ero abitata.Un po’ allarmata, ho alzato gli occhi, e dalla fine-stra entrava la luce del tramonto… Mi sono ingi-nocchiata lì, sul pavimento della cucina e hodetto: “Signore, fa’ di me quello che vuoi!”.Intanto la parte cinica di me mi beffeggiava… Maqualcosa mi rassicurava: non è un’illusione, quel-lo che stai vivendo è vero, vieni, ti darò un segno!E come condotta per mano da qualcuno, sonouscita dalla cucina in giardino (sempre divisa tral’autoinsulto e la rassicurazione), ho fatto il girodella casa… e davanti alla porta d’ingresso c’erauna piuma: “Questo è per te il segno”, mi dicevaqualcosa, e io pensavo: “Una piuma? Ma chesegno è?” E il Qualcosa dentro: “Ti coprirà con lesue penne, sotto le sue ali troverai rifugio”. È unversetto del Salmo 90, ma all’epoca non avevomolta dimestichezza con i salmi. In ogni caso, hopreso su la mia piuma. E - strano ma vero - daallora fino ad oggi, nei momenti decisivi, quandoho bisogno di una conferma o di conforto dall’al-to, il Signore mi fa trovare una piuma nei posti onei modi più imprevedibili. È come un tacito lin-guaggio di tenerezza, di cui gli sono riconoscente.Dopo aver dato la mia disponibilità al disegno delSignore su di me ho cominciato a fare passi piùdecisi di conversione, ad andare a Messa alladomenica, a riaccostare la parrocchia. Soprattutto,avevo bisogno, un bisogno vitale, di pregare: eromolto fragile dal punto di vista psicologico e spi-

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Suor Maria Maura Caramori

rituale, avevo bisogno di rimanere nella certezzadella presenza di Dio, e il silenzio, la lettura dellaBibbia, la preghiera dei salmi mi aiutavano.Continuavo anche a frequentare il monastero neifine settimana, quando potevo. Anche questo erauna necessità, per me. Ad un certo punto mi sonochiesta se questa attrattiva non fosse un segno:forse ero chiamata a dare la vita nello stessomodo in cui l’avevo ricevuta, cioè attraverso lapreghiera. In un primo momento, con la baldanzadei diciannove anni, mi è parso di sì, e ne ho par-lato con la Madre Abbadessa. Così dopo gli esamidi maturità ho trascorso due settimane come ospi-te presso il monastero: sarei scappata a nuoto! Hocapito che forse era il posto, ma di sicuro non erail momento di concretizzare la vocazione.

La decisione finaleCosì mi sono iscritta all’Università, studiandosodo e rimanendo aperta a tutte le possibilità, sem-pre ancorata alla preghiera. Ho avuto due morosi,e il secondo era proprio la persona giusta: era evi-dente che se il Signore mi chiamava al matrimonioquello era l’unico uomo con cui avrei potuto con-dividere la vita, la fede, le scelte grandi e quellequotidiane. Ma più si avvicinava il tempo dellaconclusione degli studi e quindi di prepararci almatrimonio, più cresceva la mia inquietudine: misembrava che il Signore mi avesse dato tutto, dan-domi la fede, mentre io non stavo ricambiando conla stessa totalità. Avevo ricevuto nuovamente lavita, ma la stavo tenendo nelle mie mani, se pureintendevo spenderla in parte per lui… Ero amataimmensamente da un uomo, ma quanto più daDio… In queste angosce il mio padre spirituale,che conosceva la mia storia, ha riconosciuto ilsegno che davvero il Signore mi chiamava a unaspeciale consacrazione, e mi ha incoraggiata a farediscernimento. Non ho affatto dato per scontatoche la mia storia, segnata dall’incontro con questomonastero, dovesse approdarvi definitivamente.Anche perché la clausura mi spaventava tantoquanto le montagne e i boschi del Biellese mi atti-ravano. Ho pensato a possibilità differenti di vitareligiosa, ad altre forme di vita monastica, maerano evidentemente pensieri solo miei, quasi l’e-stremo tentativo di “salvare la propria vita” pro-prio mentre si fa il gesto di offrirla. Il Signore miha ricondotta ancora una volta a questo luogo, aquesta vocazione, esigente ma quanto mai neces-saria per la Chiesa e per l’umanità. E abbracciandoil cammino proposto da San Benedetto ho ricono-sciuto la sua perfetta conformità ai desideri più

profondi del mio cuore, oltre che la sua feconditàper la vita del mondo. Ormai sono in monasteroda più di 23 anni (la stessa età in cui vi sonoentrata), e davvero, come cantiamo nel canto diofferta della Professione solenne, il Signore nonha lasciato delusa la mia speranza. Colgo l’occa-sione di queste righe per ringraziare di cuore tutticoloro che ho conosciuto, che mi sono stati testi-moni di vita cristiana e compagni nel pellegrinag-gio di ricerca del volto del Signore: impossibileenumerarli tutti, perciò mi limito a ricordare ilcaro don Tullio, che dal cielo si incaricherà direcapitare a ciascuno il mio GRAZIE, come dalpulpito lo ha fatto con commozione in occasionedella mia Professione solenne!

Sr. M. Maura CaramoriAbbazia Mater Ecclesiæ, 17 febbraio 2010

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La bella foto del nostro indimenticabile donTullio Vitale, scattata dall'amico SergioFighera, è diventata quadro! Infatti il signorGaetano Gentile ha fatto realizzare e hadonato alla parrocchia il dipinto che rappre-senta don Tullio in paramenti sacri. Il quadrofa ora bella mostra nella sala consiliare dellacasa parrocchiale, affiancando le immaginidegli altri parroci di San Paolo. Al generosoe... Gentile donatore il ringraziamento unani-me e sincero di tutta la comunità.

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Ben arrivati bambiniFACCHINETTI GIULIA di Federico e Foca Manuela il 17 gennaio.URBINA LLONTOP HENRY BRANDO di Alcantara Henry Roman e Llontop Paz Patricia il 14 febbraio.MASI GRETA di Francesco e Minnicino Oriana il 14 febbraio.CERCHIER ALESSANDRO di Paolo e Tumelero Cristina il 14 marzo.

Ogni bambino che nasce reca al mondo il messaggio che Dio non è stanco dell’uomo (Tagore)

I nostri mortiSCHIAPPARELLI GIANNI il 23 novembre 2009.BERTONE NOFRINA ved. Bicocco il 28 novembre 2009.RENALDO GIUSEPPE il 28 novembre 2009.MOCCAFICO ELSA ved. Corso il 1 dicembre 2009.BOTTO CATTERINA ved. Foscale il 6 dicembre 2009.RIZZI FRANCO il 7 dicembre 2009.TUMELERO ALDO il 9 dicembre 2009.BOZINO AURELIO il 10 dicembre 2009.PIZZO’ ELISABETTA in Lionello l’11 dicembre 2009.GOLISANO FRANCESCO il 15 dicembre 2009.RIZZO GIANCARLO il 20 dicembre 2009.TOMASINI MARIA ved. Bocca il 22 dicembre 2009.D’ORIA NUNZIO il 22 dicembre 2009.MASSARENTI EVELINA ved. Massarente il 24 dicembre 2009.GUASCO GRAZIA il 25 dicembre 2009.VERCELLI EZIO il 28 dicembre 2009.GAUNA FEDERICA ved. Stillio il 4 gennaio 2010.ALBORGHETTI MARIA LUIGIA ved. Sannino il 6 gennaio 2010.CERIA LUCIANA ved. Terzago il 14 gennaio 2010.MARAZZIO GUIDO il 17 gennaio 2010.PAJORO GIUSEPPINA in Nervo il 25 gennaio 2010.ZONA MARIO il 31 gennaio 2010.ZUBLENA SILVIO il 12 febbraio 2010.BAZZONI GIUSEPPINA ved. Berta il 15 febbraio 2010.

Nella Chiesa Parrocchiale

Non sono finiti nel nulla, ma nella festa del Signore. Ricordiamoli sempre con riconoscenza, soprattutto con la preghiera e la carità

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Per la Chiesa e le opere

parrocchialiIN MEM. DI BRUNO LAZZAROTTO LA FAMI-GLIA 50 - IN MEM. DI CAMILLO FANGI LAFAMIGLIA 100 - IN MEM. DI GUERRINO PEL-LANDA 20 - CORO BURCINA 150 - IN MEM.DEFUNTI BRUNIERA 30 - IN MEM. GIORGIORAMELLA 20 - IN MEM. DI VINCENZO GIO-VANNETTI - SILVIA E ANITA AIAZZI 50 - INMEM. DI MARISA CAUCINO, DON ANDREA,DON MARCO CARLINO 60 - IN MEM. DI REMOBIELLI 50 - N.N. 15 - IN MEM. DI SILVIACEREIA VARALE ROLLA 100 - IN MEM. DIELSA MINERO E GIANLUIGI E ANITA SORMA-NI 20 - IN MEM. DI CARMELO SMECCA 10 - INMEM. DI SUOR PAOLINA 50 - S.CATERINA PERLA PARROCCHIA 50 - PER IL BATTESIMO DILEONARDO GRILENZONI 50 - PER IL BATTESI-MO DI CLARISSA PRAINO 50 - IN MEM. DIANTONIETTA VOLPE 20 - IN MEM. DI MATIL-DE GIUSEPPE 25 - IN MEM. DI GAETANORENNA E FAMIGLIA 25 - IN MEM. DI ATTILIOPARISI E FAMIGLIA 25 - IN MEM. DI LUCIANOZANONE 170 - IN MEM DI ANTONIO LEDER 20- IN MEM. DI BRIGIDA POLLONE 15 - IN MEM.DI PIERINO FORZANI 15 - IN MEM. DI CELSO EOSVALDA VIGNAZIA 20 - N.N. 50 - IN MEM. DIGIOVANNI BELLON 30 - IN MEM. DI PIETROPERUCELLI 20 - IN MEM. DI ITALO FERRERO20 - IN MEM. DI PAOLA DELLA NEGRA 30 - INMEM. DI ANTONIO STILLAVATO 20 - PER LACRESIMA DI CECILIA AZZARELLO 20 - INMEM. DI ROSINA E NICODEMO AGOSTINO 60 -FAMIGLIA AGOSTINO 100 - IN MEM. DIMARIANNA, GIOVANNI E ANTONINO 20 - INMEM. DI LUIGI MASSIMO 20 - IN MEM. DIGIANFRANCO GARINO E PIO MASONE 25 -PER LA CRESIMA DI FEDERICA FAGGIO 15 -IN MEM. DI EMMA SEIRA 50 - IN MEM. DIGIANNI SCHIAPPARELLI LA FAMIGLIA 100 -IN MEM. DI UMBERTO E CORNELIA BILATO 20- GUARDIA DI FINANZA 60 - IN MEM. DIELIDA PORTA 100 - IN MEM. GIGI E PAOLACANTONO 30 - IN MEM. DEFUNTI TONA 50 - INMEM. DI BIAGIO 25 - IN MEM. DI ALFONSOATRIPALDI 20 - IN MEM. DI MARIA E NICOLACARLOMAGNO 30 - IN MEM. DI GIOVANNI,AUGUSTO E CATERINA 20 - IN MEM. DI LUCIAE RENATO CREMA 20 - IN MEM. DI MASSIMOMIGLIORATO 15 - IN MEM. DI NOFRINA BER-TONE LA FAMIGLIA 100 - IN MEM. DI CESAREE NOFRINA BICOCCO 50 - GRUPPO BRICOLA-GE 800 - N.N. 180 - BARAZZOTTO ANNAMARIA200 - IN MEM. DEFUNTI CALVELLI E TRIPODI80 - INFANTI SILVANA 6 - N.N. 50 - FAMIGLIASCATAMACCHIA 10 - SILVIA MESSIN 20 - FAM.CODA 20 - FAM. SANDRI 50 - IN MEM. DEFUN-TI BARAGGIOTTA 60 - IN MEM. DI LIVIAORMEZZANO 20 - IN MEM. DI GIACOMO DAVI20 - CUGINI CHIOMONTE 100 - CLINICAODONTOIATRICA DOTT. VILLA 150 - IN MEM.DI BEPPE RENALDO 515 - IN MEM. DI ILCABARBERA 100 - IN MEM. DI MARIA, COSIMO EFERDINANDO RAMELLA 20 - IN MEM. DIMATTEO FISSORE 50 - IN MEM. DI GIUSEPPI-NA, CARLO E FRANCO 10 - IN MEM. DISAMUELE QUAREGNA 150 - IN MEM. DI ANTI-MO FERRARO 25 - IN MEM. DI OSSIDE, CELSOE MARJE 50 - IN MEM. DI LEANDRO ADRIANOREINA, FRANCO BALDIN, ENRICO METTA EARTURO GUIDETTI 50 - IN MEM. DI LEO GIA-NOLIO 100 - IN MEM. DI MARIA BIESUZ 30 - INMEM. DI VITTORIO E ROSA 25 - IN MEM. DISILVIO E GINA BERTACCO 20 - IN MEM. DI SIL-VIA CEREIA VARALE ROLLA 50 - IN MEM. DIMARIA DATO 200 - IN MEM. SI SERGIO ROMA-GNOLI 15 - IN MEM. DI CELESTE RECCO 50 -IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIA ORMEZZANO 20- IN MEM. DI IDA RIVARDO 150 - IN MEM. DIGABRIELE FANGI 50 - IN MEM. DI FRANCORIZZI LA FAMIGLIA 200 - IN MEM. DI OLGAGIORIA 50 - IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIAMANERA 150 - IN MEM. DI ANTONIETTA 20 -IN MEM. DI PIERO E SESIL MERAVIGLIA 20 -

IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIA MOLINARI 100 -IN MEM. DI CARMELO SMECCA 10 - N.N. 1000- FAMIGLIA ROVIGLIONE 60 - FAMIGLIA MAG-GIA 50 - IN MEM. DI GIOVANNI 15 - IN MEM. DISALVATORE CAMPENNI 20 - IN MEM. DIORSOLA E EUGENIO MAGLIOLA 120 - CON-SULTORIO FAMIGLIARE 300 - C.C.A. 2500 -CLUB AMICI DELLA 500 20 - N.N. 50 - FAMI-GLIA MONTAGNINI 250 - IN MEM. DI GIUSEP-PINA, VINCENZO, AMERIS E ANDREA 10 - INMEM. DI FILIPPO FUSCO 25 - RENATA PICHET-TO 20 - IN MEM. DI GIOVANNI E ROSA 15 - INMEM. DI ANDREA RANDO 20 - IN MEM. DIFABRIZIO BRICARELLO 250 - FAMIGLIA SIMO-NETTI 300 - FAMIGLIA LIUNI 100 - N.N. PERRISCALDAMENTO 20 - N.N. PER RISCALDA-MENTO 20 - FAMIGLIA MARUTTI 50 - FAMI-GLIA CAUCINO 200 - SORELLE OLIARO 100 -FAMIGLIA FRIGNANI 50 - FAMIGLIA RICOLFI100 - RONDOLOTTO LUCILLA 50 - FAMIGLIAFIZZOTTI 50 - IN MEM. DI SANTE E CELESTE

10 - IN MEM. DI LUIGI MASSIMO 25 - FAMI-GLIA MAGLIOLA 160 - FAMIGLIA CONTIPILLO 140 - LETIZIA CRESTANI 50 - IN MEM.DI GENTILINA BONINO E CARLO GREMMO 50- IN MEM. DI EZIO VERCELLI LA FAMIGLIA100 - IN MEM. DI ANTONIA STOPPA 20 - INMEM. DI GIANCARLO E GERARDO NAVE 25 -IN MEM. DI EVELINA MASSARENTI 100 - INMEM. DI ELISABETTA E EGIDIO PIRO’ 100 - INMEM. DEFUNTI FAMIGLIA SOTTILE 50 - INMEM. DI GIANCARLO RIZZO E MAFALDASMERALDO 100 - N.N. 100 - ANTONINO 50 - INMEM. DI RENZO PERONA 30 - N.N. 20 - FAMI-GLIA BONA 50 - IN MEM. DI GIOVANNI EMARIA MAFFEO, PERICLE E INES CHIORINO500 - GRUPPO MAZZIA PER RISCALDAMENTO100 - FAMIGLIA MILITELLO 260 - FAMIGLIATICOZZI 50 - IN MEM. DI ALDO E BRUNASTERPO 100 - IN MEM. DI IDA ZIPPETTI EDEFUNTI FARETRA E ZOPPETTI 40 - LUISA EFRANCESCO IN MEMORIA DEL NONNOAURELIO BOZINO 550 - IN MEM. DI MARIATOMASINI VED. BOCCA 500 - IN MEM. DIFRANCESCO E CORNELIO TORELLO VIERA 20- IN MEM. DI GIOVANNI PAGLINO 10 - IN MEM.DI EMMA BROVARONE 70 - IN MEM. DI GRA-ZIELLA MASCHIO 50 - IN MEM. DI GILIANAPOZZO E MARIO GIBERTONI 50 - N.N. 300 - INMEM. DI MASSIMO MIGLIORATO 15 - IN RICO-DO DI MARIA TOMASINI BOCCA E FRATELLIANGIOLINO E ALFONSINA 200 - IN MEM. DIIRMA PRINA MELLO 20 - N.N. 100 - IN MEM. DIAMELIA ORMEZZANO 20 - IN MEM. DI RENA-TO RONCO 100 - IN MEM. DI UMBERTO E COR-NELIA BILATO E DI BELLUCCO AMPELIO ETOFANO MARIA 60 - IN MEM. DI GIUSEPPINABERNARDO 20 - IN MEM. DI SILVIO MONTI 50- IN MEM. DI MARGHERITA 20 - IN MEM. DIPASQUALE BENIN, BRUNO NEGRO, WILMASIVIERO 20 - IN MEM. DI LINO MANCIN 20 - INMEM. DI FORTUNATO PANZANELLI 50 - INMEM. DI MARGHERITA E MARIO MARINONE200 - IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIE PAVETTO,GREMMO, PELLEGRINO E BARBERA 250 - INMEM. DI ANTONIA DE MARCO E CESARE DETONI 100 - IN MEM. DI ANGELO SCAPARRA 50- IN MEM. DI SOGNO MODA ZAMPIERI 60 - INMEM, DI GIOVANBATTISTA TAVELLA 40 -GRUPPO TERA ETA’ 200 - IN MEM. DI ALBER-TO E LAURA FOSCALE 250 - IN MEM. DI DUI-LIO GREPPI 50 - IN MEM. DI ARMANDO EROSA FORNERO 50 - FAMIGLIA PIAZZA 1000 -IN MEM. DI ELDA TONIOLO E ELISA E MARIA

ROSSO 35 - IN MEM. DI PRIMO UMBERTO 10 -IN MEM. DI NINA E ARTURO ANGELICO 50 -PER IL BATTESIMO DI GIULIA FACCHINETTI100 - IN MEM. DI BIAGIO, MARIO E LUCIANO25 - N.N. 500 - IN MEM. DI MARIO IANNONE 15- IN MEM. DI PIO MASONE, NELLO E PALMASILVESTRI 20 - IN MEM. DI GUIDO MARAZZIO100 - IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIA FERRARI EPEZZUOLO 20 - IN MEM. DI GIOVANBATTISTAE MAGGIORINA ROVIGLIONE 160 - IN MEM. DIGIOVANNINO CUCCURU E LUIGI SCIUTTO 20 -IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIA LANDINI SIL-VIA, AMELIA E NICOLO’ 20 - IN MEM. DILUIGI MASSIMO 25 - IN MEM. DI LEO GIANO-LIO E FEDELE BIESUZ 30 - IN MEM. DI CAMIL-LO FANGI 20 - IN MEM. DI LEONARDINA EPIETRO PILLO 30 - IN MEM. DI GIANNI VALZ100 - IN MEM. DI ANTONIETTA E UMBERTO 25- IN MEM. DI GIUSEPPINA PAJORO LA FAMI-GLIA 100 - IN MEM. DI SUOR ANGELINA ESUOR INNOCENZA 15 - IN MEM. DI LUCIANACERIA PER I POVERI 50 - IN MEM. DEFUNTIFAMIGLIE CELADIN E BOCCADELLI 50 - INMEM. DI MARIA E ORESTE BOCCA 50 - INMEM. DI FIORENTINA, AMILCARE, LETIZIA ECARLO 100 - IN MEM. DI BIAGIO DIMICCO 20 -IN MEM. DI GIANCARLO RIZZO 30 - IN MEM.DI CLAUDIO NANI 100 - IN MEM. DI SAVINOFRANZESE 10 - IN MEM. DI PIERO BRUNA 30 -IN MEM. DI MARIUCCIA E RENATO MAGGIA40 - IN MEM. DI LORENZO E ROSA BRUNO 40 -IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIA RENALDO 1200 -FAMIGLIA CARTA ZINA 50 - IN MEM. DI LUCIAE RENATO 30 - N.N. 15 N.N. 15 IN MEM. DIGEREMIA MONOPOLI 50 - N.N. 200 - IN MEM.DI MARIA MARANGONI E CONGIUNTI 35 - INMEM. DI FEDERICA GAUNA 100 - IN MEM. DIMARIO ZONA 200 - IN MEM. DI CORINNA EUMBERTO 50 - IN MEM. DI ROBERTO BOCCA-DELLI 50 - IN MEM. DI DOMENICO ROMANO20 - IN MEM. DI RODRIGO SECCHIERO E AMA-LIA ZERBINATI 60 - IN MEM. DI DANIELA 40 -IN MEM. DI GABRIELE, GIUSEPPINA E PIETRONASTASI 60 - IN MEM. DI BRUNO OLLEARO 20- GIORGIO RAMELLA POLLONE 150 - SERAFI-NA TOSETTI 100 - IN MEM. DI MARIA LUIGIAALBORGHETTI 200 - IN MEM. DI CARMELOSMECCA 30 - IN MEM. DI ANTONIO STOPPA 25- N.N. 50 - UFFICIO POSTALE 30 - IN MEM. DIALDO E FIORELLA RAMELLA BENNA E GIO-VANNI E IDELMA ZONA 100 - PAOLO FEMMI-NIS 100 - PER IL BATTESIMO DI GRETA MASI30 - IN MEM. DI MICHELA E CARMELA 30 - INMEM. DEFUNTI FAMIGLIE DIONISOTTI EROVIGLIONE 10 - IN MEM. DI GIUSEPPINABAZZONI LA FAMIGLIA 100 - IN MEM. DICAMILLO 20 - IN MEM. DI SESIL E PIETROMERAVIGLIA 20 - IN MEM. DI DANTE FUMO 20- IN MEM. DI RENATO E ROSINA 50 - IN MEM.DI CARMELO SMECCA 10 - FAMIGLIA AIMO-NETTI 300 - SANTA CATERINA 100 - IN MEM.DEFUNTI FAMIGLIE ZANAROTTO E TAMIAZ-ZO 10 - IN MEM. DEFUNTI FAMIGLIA VIGLIE-NO 120 - IN MEM. DI TERESA E PIETRO 15.

Per iniziative diversePER LE MISSIONI: 3.420 - PER I TERREMOTATIDI HAITI: 4.000 - PER IL SEMINARIO: 1.100.

Per i poveriDURANTE L'AVVENTO 3.000 - N.N. PER LACARITA’ 100 - PER I POVERI DELLA PARROC-CHIA 750 - C.C.A. PER LA CARITA’ 250 - PER IPOVERI DELLA PARROCCHIA 100 - FAMIGLIAFRIGNANI PER I POVERI 50.

Per il bollettino“Vita Nostra”

RENATA PICCHETTO 20.

HANNOOFFERTO

(da novembre 2009 a marzo 2010)