la lezione di giuseppe ungaretti

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Giuseppe Ungaretti ( 1888 - 1970) Il poeta della memoria, anzi di materia e memoria". Così Carlo Ossola definisce il percorso letterario di Ungaretti.

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Giuseppe Ungaretti ( 1888 - 1970)“Il poeta della memoria, anzi di materia e memoria". Così Carlo Ossola definisce il percorso

letterario di Ungaretti.

I FIUMI

Cotici il 16 agosto 1916

Mi tengo a quest’albero mutilatoAbbandonato in questa dolinaChe ha il languoreDi un circoPrima o dopo lo spettacoloE guardoIl passaggio quietoDelle nuvole sulla luna

Stamani mi sono distesoIn un’urna d’acquaE come una reliquiaHo riposato

L’Isonzo scorrendoMi levigavaCome un suo sassoHo tirato suLe mie quattro ossaE me ne sono andatoCome un acrobataSull’acqua

Mi sono accoccolatoVicino ai miei panniSudici di guerraE come un beduinoMi sono chinato a ricevereIl sole

Questo è l’IsonzoE qui meglioMi sono riconosciutoUna docile fibraDell’universo

Il mio supplizioÈ quandoNon mi credoIn armonia

Ma quelle occulte

Mani

Che m’intridono

Mi regalano

La rara

Felicità

Ho ripassato

Le epoche

Della mia vita

Questi sono

I miei fiumi

Questo è il Serchio

Al quale hanno attinto

Duemil’anni forse

Di gente mia campagnola

E mio padre e mia madre.

Questo è il Nilo

Che mi ha visto

Nascere e crescere

E ardere d’inconsapevolezza

Nelle distese pianure

Questa è la Senna

E in quel suo torbido

Mi sono rimescolato

E mi sono conosciuto

Questi sono i miei fiumi

Contati nell’Isonzo

Questa è la mia nostalgia

Che in ognuno

Mi traspare

Ora ch’è notte

Che la mia vita mi pare

Una corolla

Di tenebre

Un’autobiografia in versi

“[...] meglio di quanto potrei dirlo in questo momento l’hanno detto i miei Fiumi, che è il vero momento nel quale

la mia poesia prende insieme a me chiara coscienza di sé: l'esperienza poetica è esplorazione di un personale

continente d'inferno, e l'atto poetico, nel compiersi, provoca e libera, qualsiasi prezzo possa costare, il sentire che

solo in poesia si può cercare e trovare libertà.” ( Nota introduttiva in Vita d’un uomo, 1969)

La poesia rappresenta un momento di riflessione e ricostruzione di una travagliata identità.

La forma poetica è un modo, in questo caso, per tentare un recupero del passato e una ridefinizione del proprio

io. È lo stesso Ungaretti a segnalare e a riassumere, in una serie di strofe successive, le tappe principali della sua

esistenza.

L’esperienza del bagno nel fiume Isonzo rievoca, e in qualche modo riepiloga, l’acqua di quella di altri tre

fiumi, il Serchio, il Nilo e la Senna, ognuno dei quali si rifà a un ricordo della storia personale del poeta.

L’Isonzo diviene luogo del riconoscimento e dell’armonia ritrovata, nella convergenza di patrie diverse

Questo è il Serchio

Al quale hanno attinto

Duemil’anni forse

Di gente mia campagnola

E mio padre e mia madre.

Questo è il Nilo

Che mi ha visto

Nascere e crescere

E ardere d’inconsapevolezza

Nelle distese pianure

Questa è la Senna

E in quel suo torbido

Mi sono rimescolato

E mi sono conosciuto

Dal Serchio, il fiume nel territorio di Lucca,

proviene il ricordo della famiglia e, immagina il

poeta, dei suoi antenati.

1888: Il Nilo lo “ha visto nascere” perché il poeta è

nato ad Alessandria d’Egitto e lì ha vissuto la sua

adolescenza, quando ancora non aveva piena

consapevolezza di sé e del mondo.

Durante gli studi, compiuti ad Alessandria, in

Ungaretti si manifesta l’amore per la poesia,

favorito anche dalle amicizie nate nella città

egiziana.

1912: si trasferisce a Parigi, città nella quale il

poeta ha conosciuto il “torbido” malessere

esistenziale (quello spleen di cui ha parlato

Baudelaire), e ha acquisito consapevolezza e si è

formato come letterato;

Entra in contatto con Apollinaire.

Conosce Picasso, Braque, De Chirico, Modigliani...

Questo è l’Isonzo

E qui meglio

Mi sono riconosciuto

Una docile fibra

Dell’universo

1915: Ungaretti si arruola come volontario.

L’Isonzo è il fiume che scorre nel Carso devastato: qui i

soldati italiani combatterono dodici battaglie terribili

contro gli Austriaci.

1916: in seguito a questa esperienza scrive le poesie che

sono raccolte nel suo primo libro, Il porto sepolto.

1918: combatte sul fronte francese.

1919: esce Allegria di naufragi ( al suo interno

raccoglie anche Il porto sepolto)

( Dall’ed. del ‘31 il titolo sarà Allegria)

1921-36: Roma [ Temporanea adesione al fascismo]

1933: esce Sentimento del tempo

1937-42: Brasile. Si stabilisce con la famiglia inBrasile dove comincia a insegnare Lingua eLetteratura Italiana.

1942: ritorno in Italia

Raccolta di tutte le poesie in Vita di un uomo.

1947: Il dolore.

1950: La terra promessa

1970: Ungaretti muore a Milano fra l’1 e il 2 giugno.

La parola a Ungaretti.

I suoi fiumi:

“Finalmente mi avviene in guerra di avere una carta d’identità: i segni che mi serviranno a riconoscermi (e

proprio nel momento in cui, dopo lunghe peripezie vane, il mio reggimento può alzare in avanti), i segni che mi

aiuteranno a riconoscermi da quel momento e di cui in quel momento prendo coscienza come i miei “segni”:

sono fiumi, sono i fiumi che mi hanno formato. Questa è una poesia che tutti conoscono ormai, è la più celebre

delle mie poesie: è la poesia dove so finalmente in un modo preciso che sono un lucchese, e che sono anche un

uomo sorto ai limiti del deserto e lungo il Nilo. E so anche che se non ci fosse stata Parigi, non avrei avuto

parola; e so anche che se non ci fosse stato l’Isonzo non avrei avuto parola originale”. (Ungaretti commenta

Ungaretti, 1963)

Ungaretti legge I fiumi.

https://www.youtube.com/watch?v=mpN0lhY0wJA

Ungaretti spiega la poesia del Porto sepolto

https://www.youtube.com/watch?v=AykcxObmUM4

Primo piano: L’allegria

Fasi editoriali

1916 – Il porto sepolto: riunisce le poesie di guerra composte sul fronte italiano

Il titolo allude a una leggenda diffusa in Egitto sull’esistenza di un antico porto sommerso nei pressi di

Alessandria. Dietro il rimando leggendario si coglie un indizio della poetica di Ungaretti: è la parola stessa, la

parola poetica, a essere sepolta nel silenzio della vita e al poeta spetta il compito di discendere nelle profondità

dell’essere per riportare “alla luce con i suoi canti” il mistero e il potere significante della poesia, ovvero “quel

nulla d’inesauribile segreto” (cit. Il porto sepolto)

1919 – Allegria di naufragi: comprende, con l’aggiunta di nuovi testi, le poesie della precedente raccolta.

Il titolo, tragicamente contradditorio, intende indicare il tema rovinoso della guerra e della morte (i

“naufragi”). Sullo sfondo di questa rovina resta possibile esprimere l’espressione della vitalità e dello slancio

positivo (ovvero l’“allegria”), pur continuando a conservare la memoria di tante sofferenze: “nel cuore nessuna

croce manca”. L’allegria del naufragio, come prima il porto sepolto, è immagine di verità profonda che

sopravvive alla cancellazione e che si affida alla parola del poeta per poter emergere.

1931 – L’allegria: Ungaretti riducendo il titolo, e sarà quello definitivo, elimina la componente ossimorica

insita nel titolo precedente e semplifica rendendo più immediato e assoluto il rimando alla vitalità che può

essere colta nella condizione tragica e disperata dell’uomo moderno.

Questioni di poetica

Le novità delle soluzioni formali dell’Allegria

“ [...] era la prima volta [...] che l’espressione cercava di aderire in modo assoluto a ciò che doveva esprimere. Non

c’era nessuna divagazione: tutto era lì, incombente sulla parola da dire: « io ho da dire questo, come posso dirlo

con il numero minore di parole, anzi con quell’unica parola che lo dica nel modo più completo possibile?» Si

sa che tra la parola e ciò che si vuol dire c’è sempre un divario enorme [...] Dirò dunque che cercavo

l’approssimazione meno imprecisa, la riduzione, per quanto possibile, di quel divario ineliminabile. Con questa

nuova lingua il libretto cantava la sofferenza non eroica, ma anonima, di tutti quelli che erano in guerra, in una

guerra forse necessaria, certo orrenda.” (Ungaretti in una intervista a cura di F. Camon, 1965)

“ La guerra improvvisamente mi rivela il linguaggio. Cioè io dovevo dire in fretta perché il tempo poteva

mancare [...] in fretta dire quello che sentivo e quindi se dovevo dirlo in fretta lo dovevo dire con poche parole

[...] con parole che avessero avuto un’intensità straordinaria di significato. [...] poche parole piene di

significato che dessero la mia situazione di quel momento: quest’uomo solo in mezzo ad altri uomini soli, in

un paese nudo, terribile, di pietra, e che sentivano [...] la propria fragilità [...] si sentivano così disarmati con

tutte le loro armi, si sentivano fratelli”. ( Ungaretti commenta Ungaretti, 1963)

La metrica è sconvolta e frantumata dall’adozione di versi brevissimi fino alla coincidenza, a volte,

di verso e parola. Ciò determina la particolare tendenza alla verticalizzazione dell’aspetto

tipografico dei testi;

Sul piano stilistico si nota l’abolizione della punteggiatura, dei nessi grammaticali e sintattici

( la punteggiatura è in parte recuperata nei testi dell’ultima sezione, a indicare una riscoperta della

tradizione che si accentuerà nel Sentimento del tempo);

Nell’Allegria le parole e perfino le sillabe acquistano nel loro isolamento una misura e un peso

particolari, del tutto nuovi;

Uso preferenziale della paratassi con largo impiego di uno stile nominale e preponderanza del

presente indicativo e della prima persona singolare del verbo per esprimere il valore di

testimonianza concreta e mettere in relazione il mondo esterno con l’io del poeta;

Il linguaggio è caratterizzato da una straordinaria densità semantica;

Pressoché totale abolizione della rima: in questo modo viene accentuata la rilevanza specifica di ogni

parola;

La poesia sperimenta un ritmo negato al canto e propenso, invece, ad una pronuncia rilevata e scabra,

asciutta ed essenziale;

Uso frequente dell’analogia.

Il culto della parola:

Una costante nella poetica di Ungaretti è il ruolo centrale svolto dalla parola. La parola viene caricata

di tensione espressiva per sollecitarne la capacità evocativa e il massimo potenziale di rivelazione

di una verità universale. La parola “scavata” nel fondo dell’esistenza è capace di illuminare,

rivelandola, quella pienezza umana, quell’intima umanità, che rimanda, anche, a un sentimento di

fratellanza. La poesia è considerata l’unico tramite veramente autentico di comunicazione tra

l’individuo e la collettività, tra il particolare e l’universale, tra la storia contingente e l’assoluto.

La poesia, procedendo per accostamenti di frammenti e immagini, potenzia la semanticità del

singolo vocabolo costruendo intorno ad esso “isole di silenzio”, un’eco di mistero e di assoluto;

La preponderante presenza dello spazio bianco all’interno della pagina dà grande rilievo alle pause e

alle poche parole isolate nel verso;

Rilievo essenziale assume la rete di analogie che lega tra loro, attraverso metafore ardite, cose

diverse, anche molto distanti fra loro, e, contemporaneamente, mondo esterno e sentimenti, pensieri

dell’io poetico.

È significativo il rapporto tra soggetto e natura: è un dialogo sofferto e ridotto a pochi accenni, ma

tuttavia è affidabile e intimo.

Il carattere rivoluzionario dell’Allegria nei confronti della poesia italiana del ‘900 è legato sul

piano linguistico alla sua carica di violenza, basata su un’estrema tensione espressiva, da

ricondurre ad un lungo travaglio espressivo e formale le cui prime radici si rintracciano nella

vita del poeta.

La linea fondamentale della ricerca ungarettiana è la progressiva condensazione e

scarnificazione della parola poetica per raggiungere il massimo di essenzialità e di

elementarità ritmica e strofica.

Ed. L’Allegria, Mondadori, Milano 1942

Veglia

Un’intera nottata [ Una intera nottata / Versione fino all’ed. L’Allegria, Milano1931]

buttato vicino

a un compagno

massacrato

con la sua bocca

digrignata

volta al plenilunio

con la congestione

delle sue mani

penetrata

nel mio silenzio

ho scritto

lettere piene d’amore

Non sono mai stato

tanto

attaccato alla vita

Cima Quattro il 23 dicembre 1915

Ed. L’Allegria, Mondadori, Milano 1942

Soldati

Si sta come

d'autunno

sugli alberi

le foglie

Bosco di Courton luglio 1818

Versione fino all’ed. L’Allegria, Roma 1936

Militari (fino all’ed. Il porto sepolto del 1923)

Si sta

come d'autunno

sugli alberi

le foglie

Ed. L’Allegria, Mondadori, Milano 1942

San Martino del Carso

Di queste casenon è rimastoche qualchebrandello di muro

Di tantiche mi corrispondevanonon è rimastoneppure tanto

Ma nel cuorenessuna croce manca

È il mio cuoreil paese più straziato

Valloncello dell’Albero Isolato il 27 agosto 1916

Vers. fino all’ed. Allegria di naufragi, Firenze 1919

San Martino del Carso

Di queste casenon c’è rimastoche qualchebrandello di muroesposto all’aria

Di tantiche mi corrispondevanonon è rimastoneppure tantonei cimiteri

Ma nel cuoreNessuna croce manca

Innalzata di sentinellaa che?

Sono morticuore malato

Perché io guardi al mio cuorecome a uno straziato paesequalche volta

La seconda fase della poesia di Ungaretti

Sentimento del tempo

Sentimento del tempo presenta temi diversi rispetto all’Allegria. Dopo la fine della Prima Guerra

Mondiale una serie di cambiamenti di natura personale, sociale, politica e in parte religiosa influenza

la vita di Ungaretti.

I° ed. 1933 ( ampliata nel ‘36 e rivista nel ‘43)

Raccoglie poesie scritte fra il 1919 e il 1936.

La poesia di Sentimento del tempo nasce e si richiama alle generali tendenze di “ritorno all’ordine”

che dominano la cultura europea dopo la guerra.

All’inizio degli anni Venti, in un periodo di ricostruzione, si tenta di ritrovare una durevole stabilità

da opporre al senso di precarietà e alla devastazione causate dalla guerra.

Ungaretti non rinnega la stagione dell’innovazione rappresentata dall’Allegria, la rielabora e la

incanala nel solco della tradizione, recuperando in particolare la lezione di Petrarca e Leopardi in

nome di un “classicismo moderno”, tutt’altro che restauratore.

Il poeta tenta di congiungere innovazione e tradizione, libertà e disciplina, avventura e ordine: in

questo si rivela la nuova anima della poesia del nostro autore.

I segni del nuovo classicismo:

È immediatamente visibile una decisa regolarizzazione formale: domina la metrica tradizionale

con il recupero in particolare dell’endecasillabo, del settenario e del novenario;

È reintrodotto l’uso della punteggiatura;

Si assiste all’evoluzione stilistica dal lessico asciutto della precedente raccolta all’uso di un

vocabolario più aulico;

Viene abbandonata la paratassi per scegliere una sintassi più ampia e complessa;

Subentra alla temporalità istantanea dell’Allegria un nuovo senso della durata come profondità della

memoria;

Dominano l’allusività e l’indeterminatezza e il procedimento analogico;

Sono presenti riferimenti alla mitologia classica;

Una delle esperienze principali alla base della poesia del Sentimento è il fascino del Barocco, del

Seicento e la riscoperta di Roma come luogo della memoria, ovvero dove si conservano i ricordi di

antichi splendori.

È presente, al centro della raccolta, il problema religioso, il motivo della preghiera e dell’invocazione

a Dio.

Le ultime opere

Nella produzione poetica successiva spicca Il dolore pubblicata nel 1947.

In questa raccolta sono presenti poesie che esprimono sia il dolore e il lutto per la morte

del fratello Costantino e del figlio Antonietto, sia l’angoscia e la sofferta partecipazione al

doloro degli uomini uccisi durante la Seconda Guerra Mondiale.

Come già nel Sentimento del tempo, si trovano mescolate autenticità vitale e ricerca di

raffinatezza espressiva.

Nel 1950 Ungaretti pubblica La terra promessa, una raccolta che comprende gli abbozzi

di un più vasto progetto rimasto interrotto calato all’interno di un orizzonte mitico.

Infine, nel 1961, pubblica Il taccuino del vecchio.

L’eredità di Ungaretti

Così Giorgio Caproni, autore nato nel 1912, parla della decisiva importanza, per i poeti

della sua generazione, della lezione di Ungaretti:

“L’importanza d’Ungaretti nella storia della poesia italiana di questo secolo consiste, lo

sappiamo, nell’aver assestato un colpo di piccone allo smalto di una poetica giunta all’estrema

saturazione e nell’aver poi dedicato tutta una vita a raschiare le parole fino a ritrovarne la

trasparenza originaria. Un lavoro, parrebbe più da filologo che da poeta, senonché al dubbio è

bene opporre subito un’osservazione: che un filologo, al più, avrebbe fatto riemergere dei

fossili, mentre Ungaretti ( un poeta) è riuscito a dar vita ad esemplari che sotto la conchiglia di

madreperla parevano morti: e ciò proprio strappando loro di dosso, fino a farli sanguinare, tale

conchiglia.”

( G. Caproni, Poesia come disobbedienza, in «Perseo», 20 ottobre 1948)