la luce d’alba, poco dopo le sei, bacia il mondo. una ... · sfogliatelle calde che si danno il...

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La luce d’alba, poco dopo le sei, bacia il mondo. Una penna tra i capelli, una moleskine nella mano destra e una reflex nell’altra, Anne arriva dalla Francia. Le accadde di smarririsi, una volta e si ritrovò qui, a Largo Sermoneta. Camminò verso un luogo che laspettava da sempre. Il gabbiano Jonathan Livingston è’ lì che la guarda, poi spicca in volo ad abbellire il cielo terso e cristallino come il mare. Il vecchio, dalla folta barba, al centro della fontana Sebeto ha il broncio. I due tritoni ai lati della fontana sbadigliano, hanno fatto le ore piccole. Ancora un po’ di silenzio, ancora tutto staccato dal senso del mondo, solo il garrito dei gabbiani, stridulo e acuto, aspro a tenerle compagnia, ad interrompere lidilliaco attendere e la sensazione che ancora tutto può accadere. Ticchetti di baffi marroni di un cagnolino vibrano nella tasca di un grembiule dai quadretti azzurri, sono le lancette della sveglia. Marco scalpita. Oggi, è il suo primo giorno di scuola. Si affaccia alla finestra su piazza Trieste e Trento. Il profumo del caffè sale verso l’alto, fin il suo nasino. Questo pizzica e Marco si gratta frettolosamente, irrequieto, fin a renderlo rosso. Scoppia impaziente in una risata che in un eco si può ascoltare a distanza. Il caffè scende a goccie calme in ciascuna tazzina. Si aggiunge lessenza di zucchero a velo ad inebriare laria, sono le sfogliatelle calde che si danno il buongiorno. E’ ancora presto. La luce più delicata delle prime ore del mattino, ora raggiunge le stradine e i vicoli adiacenti. Le lancette danno il via alla suonata d’orchestara della città che si sveglia. Giuliano è uno sciuscià, un lustrascarpe, prepara gli attrezzi del lavoro, mentre indossa un gilet a pois gialli e aggiusta il papillion. Un violoinista comincia a strimpellare. Lo chiamano O’ russ, viene dall’Australia. E’ James, realmente. Sono le sue, le prime note del mattino. Alfonso, il tenore di strada, è invece, ancora assonnato.

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La luce d’alba, poco dopo le sei, bacia il mondo. Una penna tra i capelli, una moleskine nella mano destra e una reflex

nell’altra, Anne arriva dalla Francia.

Le accadde di smarririsi, una volta e si ritrovò qui, a Largo Sermoneta. Camminò verso un luogo che l’aspettava da

sempre.

Il gabbiano Jonathan Livingston è’ lì che la guarda, poi spicca in volo ad abbellire il cielo terso e cristallino come il

mare.

Il vecchio, dalla folta barba, al centro della fontana Sebeto ha il broncio. I due tritoni ai lati della fontana sbadigliano,

hanno fatto le ore piccole.

Ancora un po’ di silenzio, ancora tutto staccato dal senso del mondo, solo il garrito dei gabbiani, stridulo e acuto,

aspro a tenerle compagnia, ad interrompere l’idilliaco attendere e la sensazione che ancora tutto può accadere.

Ticchetti di baffi marroni di un cagnolino vibrano nella tasca di un grembiule dai quadretti azzurri, sono le lancette

della sveglia. Marco scalpita. Oggi, è il suo primo giorno di scuola. Si affaccia alla finestra su piazza Trieste e Trento. Il

profumo del caffè sale verso l’alto, fin il suo nasino. Questo pizzica e Marco si gratta frettolosamente, irrequieto, fin a

renderlo rosso. Scoppia impaziente in una risata che in un eco si può ascoltare a distanza.

Il caffè scende a goccie calme in ciascuna tazzina. Si aggiunge l’essenza di zucchero a velo ad inebriare l’ aria, sono le

sfogliatelle calde che si danno il buongiorno.

E’ ancora presto. La luce più delicata delle prime ore del mattino, ora raggiunge le stradine e i vicoli adiacenti.

Le lancette danno il via alla suonata d’orchestara della città che si sveglia.

Giuliano è uno sciuscià, un lustrascarpe, prepara gli attrezzi del lavoro, mentre indossa un gilet a pois gialli e aggiusta

il papillion. Un violoinista comincia a strimpellare. Lo chiamano O’ russ, viene dall’Australia. E’ James, realmente. Sono

le sue, le prime note del mattino. Alfonso, il tenore di strada, è invece, ancora assonnato.

Impreca contro James. Ma poi gli sussurra:

- Guaglio’, ti voglio bene. Suonami Scetate. –

Non ha mai studiato canto, non poteva, ma deve tutto a questa strada, via Toledo, è qui la sua casa.

- Un, due, tre eh, quattro. -

- Chi te vò' bene assaje sta 'mmiez'â via pe' te cantà na canzuncella doce -, intona il tenore dai capelli bianchi.

Il mimo dal nome sconosciuto è, sordo per davvero, son le sue mani a parlare, le stringe in gesto d’affetto ai primi

passanti, in fretta che corrono al lavoro. E’ un visionario, chissà che si chiede, chissà che pensa. E’ il mistero che

aumenta il suo fascino. Saluta Dalmar, il burattinaio congolese che con la sinistra suona il tamburo e azzanna un

armonica arancione. Porta il ritmo suo fratello Essien con il battito delle mani, dal borsone caccia lo xilofono che lo ha

reso famoso. Nel fattempo, la festa ha inizio. Si aprono maestose, le danze. Nell'andirivieni, nel mezzo della folla, che

viena a diramarsi e a distrecarsi, c’è gioia, è un’esplosione di vita. E’ l’ esaltazione della storia e della bellezza del

centro storico che diviene fragranza, essenza. La si percepisce, insieme al tocco del vento tra i capelli biondi di Karen.

- Lo zucchero a velo, lo mettiamo signurì. Senza zucchero a velo! Che pazzia! –

- Ja, risponde Karen. Grazie, grazie, con accento tedesco.

E’ Nanà col carretto delle paste dinanzi alla Galleria Umberto I:

- Trasite, trasite, ci sono i lavori in corso, ma è’na bellezza! -

Karen e’ arrivata qui con Adams. Nemmeno 24 ore, per amare la la città più folcloristica del mondo.

Ad ogni vicolo si possono ammirare le edicole della Madonna illuminate da neon blu, e perdersi nell’odore di pizze

fritte misto all’aroma del rum dei babbà. E’ un caos magnifico che ti conquista e, sempre, ti sorprende.

La Galleria ha diramazioni che si incrociano ortogonalmentie e piu’ di un ingresso perchè apre le sue porte a chi arriva

da ognidove e per ognidove, e poi saluta i viaggiatori, dall’alto della sua magnificenza.

Sussurra:

- Son sempre qui che vi aspetto. Tornate, tornate. –

Karen, con passo deciso attraversa ed entra. Un attimo prima, allunga la mano, come se avesse sognato di farlo

davvero, da sempre. Prima le prime tre dita, poi interamente, tocca in una inestimabile carezza la parete della

Galleria. All’interno si guarda attorno, e si lascia andare a una tale bellezza. Un uccello fantastico, una splendida

fenice dall’alto, le offre le su e ali e, in volo maestoso, la guida verso la storia che dall’ ottocento ha portato il genio

dell’uomo a crearla.

Più in alto, teli di plastica e impalcazioni la proteggono. E’ l’emblema della dualità. La meraviglia che siede accanto alla

realtà piu’ estrema. La Galleria ha dato la morte, senza volerlo, e ora è rivestita dai teli che celano le sue lacrime.

Caddero pezzi della decorazione del coronamento.

E’ quasi ora di pranzo. Ultimi tocchi prima della pausa.

Ciro sta cantando Core ‘ngrato. La incita a risplendere ancora e per sempre.

- Galleria mia, sarai più bella di prima -, ripete Ciro.

Con altri quattro operai gira una cassa di legno a mo’ di tavolino. Sopra hanno steso una tovaglietta, attorno alla

quale erano avvolti due panini e un pezzo di pizza di maccheroni, quattro bicchieri, tovaglioli e un coltello da pane.

Nelle prime ore del pomeriggio, il sole scherza con giochi di raggi di luce riflessi, altri deviati.

C’è Nonno Giovanni che guida un carrozzina rosa con volant ai lati e girandole accarezzate dal leggero sospiro del

vento. Ecco sbucare dietro la piccola Anstasia in blu, con scarpine d’argento, corre e scappa verso Galleria Umberto;

alza gli occhi all’insù. Giochi di luce e gioia accanto ai balconi stanchi e carichi del peso degli anni e del mondo. La loro

bellezza vive negli occhi di Anastacia e rivivrà ancora.

Nonno Giovanni, le racconta la sua grande storia. La galleria ha, inoltre, ospitato la prima sala cinematografica della

città, con la proiezione del film dei fratelli Lumière.

- A Natale, Anastacia, c’è un abete altissimo, l’Albero di Natale dove tutti appendono i loro sogni, trasformati in

inchiostro nero su cartoline bianche. -

- L’inchiostro, che cos’è , Nonnino? – chiede, curiosa Anstasia.

- Sono le letterine di Babbo Natale. –

- Anche io, Nonnino. Anche io, letterina, letterina. –

Una foglia dalle origini sconosciute, è arrivata fin Piazza Dante. I suoi colori dell’arancio zucca ricordano, gli stessi che

tra poco rivestiranno con carta regalo d’incanto il cielo. Dalla Terra alla Luna è sugli scaffali da questa mattina, è

pronto per socchiudere gli occhi e andare a letto. Piazza Dante è un luogo di transito, riunisce due linee

metropolitane. I giovani ne hanno e continuano a darle nuove vesti. Circoli di lettori organizzano eventi di scambio

libri. Un gruppo di studenti, siede a terra, al cospetto di Dante perchè ascolti le lezioni sulle quali si stanno

esercitando. Dà un senso di protezione e tende le mani in un abbraccio che sostiene e ovunque protegge, quasi

magicamente. I piccioni annnuiscono. Altri sbuffano al ritmo del vento, che fa il bricconcello. Fotocopie etichettate con

segnalibri, post-it, scappano dalle mani di Matteo. Il blu è per le note di fondo, il rosso per gli argomenti piu’

importanti, il giallo per le citazioni da non dimenticare.

E’ quasi tramonto. Il sole poggia sulle spalle di Dante che fa l’occhiolino alla Luna, pronta a brillare. Questa sera farà un

duetto con le nuvole, non molto lontane. Vanno e vengono.

Ilaria e Alessandro ad un tavolino bevono cafè. Ne hanno comprato altri due, sospesi. E’ la tradizione partenopea del

caffè sospeso, un gesto di grazia per l’umanità. Un caffè offerto, un sorriso regalato.

Si abbracciano Ilaria e Alessandro, l’Amore che si fa gomitolo. Non vanno ancora via, aspettano le stelle.