la lunga storia delle note musicali neumatica...

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LA LUNGA STORIA DELLE NOTE MUSICALI Nella sua lunga storia la scrittura delle note ha subito continue trasformazioni per opera dei tanti che si dedicarono in epoche diverse alla definizione di un sistema efficiente di scrittura musicale. La leggenda di un grande papa, papa Gregorio Magno (Roma 540 – Roma 604), che avrebbe scritto di suo pungo i canti della liturgia cattolica (Canto gregoriano), trova una sorta di compimento ideale nell'adozione, nel IX secolo, di un primo sistema di scrittura di quelle stesse melodie, che, altrimenti, sarebbero state tramandate oralmente, da maestro ad allievo. La notazione detta neumatica (da neuma = segno), infatti, in una sua prima evoluzione, individuava nei neumi punctum e virga due simboli che, approssimativamente, posti sopra alle sillabe del testo liturgico da cantare ne indicavano l'altezza sonora. Mentre il punctum (in figura le due varianti grafiche del punctum) indicava un suono grave, la virga (in figura le due varianti grafiche della virga) uno acuto. Ovviamente questo sistema non dava indicazioni precise sulla corretta intonazione dei suoni, ma aiutava chi già conosceva le melodia a ricordarne in modo approssimativo l'andamento melodico. A partire dall'anno 1000 circa, per opera di un monaco benedettino, Guido d'Arezzo (991 - 1050), i neumi, posti su un rigo musicale di 4 linee (tetragramma) cominciarono ad essere indicativi non solo dell'altezza, ma anche della durata dei suoni da intonare attraverso un insieme di simboli che attribuivano al suono entrambi i paramenti citati (altezza – durata). I canti del repertorio gregoriano, tuttavia, essendo monòdici (con una sola linea melodica) non richiedevano particolari indicazioni ritmiche in quanto i cantori eseguivano facilmente tutti le stesse note. Dopo l'anno Mille, con l'avvento di espressioni musicali dette polifoniche perché basate sull'esecuzione simultanea di due o più melodie differenti da parte di gruppi diversi di cantori, si rese necessario introdurre nuove figure di durata derivate dai simboli degli antichi neumi. In composizioni di questo tipo, via via sempre più complesse per quanto riguarda l'intreccio delle parti, “andare a tempo” diventava assolutamente necessario. Per evitare un incontrollabile disordine nell'esecuzione dei canti si arrivò a teorizzare, intorno al 1300, una notazione, detta mensurale, sempre più precisa, basata sulle seguenti figure di durata: maxima o duplex longa longa (nata dalla trasformazione della virga) brevis (nata dalla trasformazione del punctum) semibrevis

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LA LUNGA STORIA DELLE NOTE MUSICALI

Nella sua lunga storia la scrittura delle note ha subito continue trasformazioni per opera dei tanti che si dedicarono in epoche diverse alla definizione di un sistema efficiente di scrittura musicale. La leggenda di un grande papa, papa Gregorio Magno (Roma 540 – Roma 604), che avrebbe scritto di suo pungo i canti della liturgia cattolica (Canto gregoriano), trova una sorta di compimento ideale nell'adozione, nel IX secolo, di un primo sistema di scrittura di quelle stesse melodie, che, altrimenti, sarebbero state tramandate oralmente, da maestro ad allievo. La notazione detta neumatica (da neuma = segno), infatti, in una sua prima evoluzione, individuava nei neumi punctum e virga due simboli che,

approssimativamente, posti sopra alle sillabe del testo liturgico da cantare ne indicavano l'altezza sonora. Mentre il

punctum (in figura le due varianti grafiche del punctum) indicava un suono grave,

la virga (in figura le due varianti grafiche della virga) uno acuto.

Ovviamente questo sistema non dava indicazioni precise sulla corretta intonazione dei suoni, ma aiutava chi già conosceva le melodia a ricordarne in modo approssimativo l'andamento melodico.A partire dall'anno 1000 circa, per opera di un monaco benedettino, Guido d'Arezzo (991 - 1050), i neumi, posti su un rigo musicale di 4 linee (tetragramma) cominciarono ad essere indicativi non solo dell'altezza, ma anche della durata dei suoni da intonare attraverso un insieme di

simboli che attribuivano al suono entrambi i paramenti citati (altezza – durata).

I canti del repertorio gregoriano, tuttavia, essendo monòdici (con una sola linea melodica) non richiedevano particolari indicazioni ritmiche in quanto i cantori eseguivano facilmente tutti le stesse note. Dopo l'anno Mille, con l'avvento di espressioni musicali dette polifoniche perché basate sull'esecuzione simultanea di due o più melodie differenti da parte di gruppi diversi di cantori, si rese necessario introdurre nuove figure di durata derivate dai simboli degli antichi neumi. In composizioni di questo tipo, via via sempre più complesse per quanto riguarda l'intreccio delle parti, “andare a tempo” diventava assolutamente necessario. Per evitare un incontrollabile disordine nell'esecuzione dei canti si arrivò a teorizzare, intorno al 1300, una notazione, detta mensurale, sempre più precisa, basata sulle seguenti figure di durata:

• maxima o duplex longa

• longa (nata dalla trasformazione della virga)

• brevis (nata dalla trasformazione del punctum)

• semibrevis

Con il passare del tempo, alle figure citate si aggiunsero altri valori più piccoli:

• minima

• semiminima

• fusa

• semifusa

Alcune di queste note, colorate di rosso, esprimevano delle variazioni ritmiche che oggi posso essere paragonate ai nostri gruppi irregolari (terzine, quintine, sestine, ecc.).

Intorno alla metà del XV secolo, le note della notazione mensurale, da nere (notazione mensurale nera) si trasformarono in bianche (notazione mensurale bianca), probabilmente per effetto del passaggio dall'uso della pergamena alla carta, che, evidentemente mal sopportava grandi quantità di inchiostro nella scrittura delle note.

A partire dal secolo XVI, la musica strumentale (per strumenti) acquisì maggiore importanza tanto da richiedere una propria scrittura.

Non utilizzando la notazione mensurale bianca, ormai in uso, le trascrizioni per strumenti musicali si basavano sulle cosiddette “intavolature”, che, descrivendo le caratteristiche fisiche dello strumento a cui si riferivano, indicavano sostanzialmente le posizioni delle note da eseguire. Tale tecnica è chiaramente individuabile in questa intavolatura per liuto risalente al 1507:

Le sei righe parallele su cui sono inseriti numeri e simboli non rappresentano, ovviamente, il pentagramma, ma le sei corde dello strumento.

Nel periodo barocco (1600-1750) la notazione si arricchisce di nuovi elementi e del cosiddetto basso continuo. Il basso continuo rappresentava la linea più grave della composizione, dove, attraverso dei numeri posti sopra alle note, il compositore indicava gli accordi da eseguire come accompagnamento.

Dal Settecento in poi, in seguito all'evoluzione delle tecniche vocali e strumentali, la notazione si è arricchita di nuovi simboli, sempre più specifici, fino a spingersi verso quell'infinito percorso, che, a partire dalle sperimentazioni del '900, non ha ancora esaurito la sua spinta propulsiva verso nuove e originali soluzioni.