la nuova cucina professionale

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La nuova cucina professionale Libro misto, con videolezioni e integrazioni on line (L. 133/2008). Disponibile anche in versione scaricabile.

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A complete overview on the Italian Cuisine. The book is organized into macro-areas which deal with the following topics: Health and cooking; Organizational aspects; Basic preparation methods in Italian Pastry; Methods for preparing food; Italian Regional Cuisine; an overview (with a rich recipe book) of the International Cuisine. Every book is sold with a personal code for downloading video-lessons prepared by Alma Cooks and Pastry Chefs in order to show several of the internationally most known Italian dishes and cakes. Contents are presented with an easy and schematic, but also highly professional language. The graphic aspect and the very rich range of images allow the text to be compared to higher education manuals used in the most important international schools of cuisine.

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Page 1: LA NUOVA CUCINA PROFESSIONALE

La nuova cucinaprofessionale

La nuova cucina professionale è organizzata in macroaree cheaffrontano i seguenti temi: cucina e salute, con particolare at-tenzione sia ai temi della sicurezza alimentare, sia a quelli delladieta e delle combinazioni alimentari, gli aspetti organizzativi

della ristorazione, dagli stili alimentari, al menu, all’organizza-zione del personale di cucina, ai costi, al catering, banqueting ebuffet, le tecniche di preparazione degli alimenti, la cucina

regionale italiana e la cucina internazionale

Il testo rispecchia le indicazioni ministeriali e i nuovi orienta-menti della formazione, che al posto del concetto obsoleto diaddestramento sviluppano un itinerario di studio finalizzatoal conseguimento di competenze. La nuova cucina professionale si caratterizza nell’approcciodidattico in quanto costruisce gradualmente competenze che

restano.

Didatticamente molto utile è il ruolo svolto dall’iconografia,con immagini di grande visibilità e chiarezza, realizzate nelleaule attrezzate di Alma per essere funzionali al testo. Il me-todo di lavoro proposto è unico e innovativo: insegnare at-

traverso l’esempio, mostrando “come si fa” e spiegando“perché si fa”.Le estensioni web del volume comprendono fra l’altro: iprincipali testi legislativi di riferimento, un focus sull’uso delsale, degli zuccheri e dei grassi in cucina; il mercato del fuoricasa, i fogli di calcolo per la gestione e il controllo del food cost,e le materie prime. Uno strumento di straordinaria efficacia èinoltre costituito dalle video lezioni.

Un servizio personalizzato di tutorship curato dai Docenti diAlma permette di ottenere aggiornamenti costanti sulle tema-tiche trattate nel volume.

Euro 23,00

Materiali aggiornati, elaborati e sperimentati da Cuochi, Pasticcieri, Sommelier di fama internazionale per formare le nuove generazioni

di professionisti della ristorazione

I libri Alma – Plan

Per i Professionisti di domani

La n

uova cu

cina p

rofessionale

Le attuali conoscenze in ambito professionale, le richieste del mercato del la-voro, le metodologie attraverso cui si ottengono oggi le informazioni sollecitanoanche alla scuola importanti cambiamenti. Due sono gli aspetti che connotano

questo processo: una maggiore attenzione alla dimensione tecnico-professio-

nale e quindi un collegamento più stretto con il mondo del lavoro; il passaggio da unconcetto di addestramento ad un concetto di competenze. Solo dall’insieme di unaserie di competenze tecniche, culturali, relazionali, organizzative le nuove fi-gure professionali saranno infatti in grado di rapportarsi a contesti operativi dinamici,molto diversi dal passato. Ed è anche per questa ragione che proposte didattiche chenascono anche da un contatto diretto e quotidiano con una realtà in continua evolu-zione rappresentano una garanzia per costruire un professionalità al passo coni tempi.I volumi di questa collana sono in sintonia con un approccio per competenze. Nel vo-lume cartaceo si trovano le basi degli insegnamenti, presentate appunto per compe-tenze; nei materiali disponibili in rete sono proposti molteplici approfondimenti,dove le sequenze di lavoro descritte nel testo vengono “fatte vedere” anche attraversovideo lezioni appositamente preparate nelle aule attrezzate di Alma per rendere piùefficace l’apprendimento (le tecniche di cottura degli alimenti, le preparazioni di basein pasticceria, come si preparano le carni o i pesci): un vero e proprio laboratorio vir-tuale per integrare il percorso di studio. Il metodo proposto è unico e innovativo: in-segnare attraverso l’esempio, mostrando “come si fa” e spiegando “perché si fa”.

La nuova cucina professionale nasce dall’esperienza dei docenti Alma, ciascunodei quali si è dedicato ai vari ambiti descritti nel libro per portare all’interno di ogni ar-gomento informazioni rigorose e aggiornate. Il volume rispecchia quindi un nuovomodo di fare formazione, che prevede da un lato una forte interdisciplinarità tra lematerie e dall’altro un apprendimento basato sulla didattica laboratoriale, per solleci-tare nell’allievo lo sviluppo del pensiero critico grazie alle esperienze significative chenascono dalle relazioni che si instaurano durante il lavoro.

La GUIDA ON LINE che correda il volume si configura come un elemento di inno-vazione rispetto ai supporti cartacei che, solitamente, sono abbinati ai manuali scola-stici. Si tratta infatti di una vera e propria Guida Personalizzata in cui vengono messia disposizione materiali utili per il lavoro quotidiano in classe: dalla programmazionedidattica, agli spunti per lo svolgimento delle lezioni, ai suggerimenti per l’utilizzo dellevideo lezioni collegate al testo, test e mappe concettuali e spunti per una efficace pro-grammazione didattica coerente con le richieste delle Linee-Guida ministeriali.

Libro misto, con videolezioni e integrazioni on line

(L. 133/2008). Disponibile anche in versione scaricabile.

INDICE DEGLI ARGOMENTI

Questo volume, sprovvisto del talloncino qui a lato, è da considerar-si SAGGIO-CAMPIONE GRATUITO, fuori commercio (vendita e

altri atti di disposizione vietati: art. 17, c. 2 L. 633/1941). Esen-te da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n. 633, art. 2, lett. d). Esen-

te da bolla di accompagnamento (D.P.R. 6-10-1978, N. 627, ART. 4, N.6).

La messa in commercio di questo volumesenza il talloncino triangolare è passibile di

denuncia per evasione fiscale.

LA NUOVA CUCINA PROFESSIONALE

Edizioni Plan

978-88-8871-946-7

Macroarea A • Cucina e salute

In questa parte del testo vengono esaminate le relazioni che intercorrono fracucina, alimentazione e salute: dagli aspetti energetici ai fattori che con-dizionano la digeribilità degli alimenti, alle allergie e intolleranze alimentari,alla dieta e alle combinazioni più opportune per realizzare una cucina del

benessere. Una parte specifica è poi dedicata al sistema HACCP, alle azionida compiere per il mantenimento dell’igiene, ai rischi microbiologici e ai fat-tori che influenzano la crescita dei microrganismi, alle modalità di conser-

vazione degli alimenti con i diversi metodi, fisici e chimici che possonoessere utilizzati e alla tematica della filiera alimentare.

Macroarea B • Gli aspetti organizzativi

In questa parte del testo si analizzano le caratteristiche del mercato risto-rativo nella sua attuale classificazione e nei mutamenti che interessano ilconsumatore. Un tema correlato e che rappresenta la carta d’identità delprofessionista è il menu nelle sue varie forme, significati e regole per unaappropriata compilazione. Il tema delle risorse umane e della loro gestione,di un’efficiente organizzazione del lavoro costituisce un fondamentale focusdi approfondimento. L’aspetto del controllo dei costi (food cost) è ana-lizzato con numerosi esempi, e significativamente ampliato sul web con laproposta di fogli di calcolo finalizzati all’esercitazione didattica e al-l’applicazione. Rientra in questo ambito anche l’analisi delle nuove forme diristorazione, in particolare il catering e il banqueting.

Macroarea C • Le tecniche di preparazione degli alimenti

Questa parte del testo affronta, alcuni dei nuclei fondanti della cucina: letecniche di preparazione degli alimenti pesci e carni, le tecniche di

cottura, gli impasti fondamentali in pasticceria. La trattazione è com-pletata con una corposa parte, disponibile sul web, relativa alle principalimaterie prime della cucina italiana

Macroarea D • La cucina, le cucine

Si affronta in modo puntuale ed esaustivo tutta la cucina regionale ita-

liana, dedicando uno spazio significativo di approfondimento alle materie

prime dei territori, ai piatti tipici delle varie realtà in cui si articola l’Ita-lia, presentando per ciascuna regione una ricetta d’autore ideata di voltain volta da uno chef di Alma, che reinterpreta la tradizione secondo i canonidella odierna cucina professionale. Una panoramica molto ampia è poi ri-servata alla cucina internazionale, presentata attraverso alcune delleesperienze maturate nelle più prestigiose Scuole di Cucina partner di Alma.Un glossario professionale particolarmente utile al futuro professionistaconclude la trattazione.

www.edizioniplan.it

Il volume è disponibile, sempre in forma mista, in confezione indivisibile

con il Dizionario di enogastronomia in cinque lingue (ISBN 978 88 88 719 450)

e anche in versione interamente scaricabile da internet (ISBN 978 88 88 719 542)

PLAN.Cop.Alma. Cucina professionale:Layout 1 20-03-2012 9:16 Pagina 1

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ogni giorno, e ricco di un enzimaglicolitico, la ptialina, e di mucina, unaglicoproteina che lubrifica il cibo,facilitandone lo scorrimento lungo ilresto del tubo digerente. Dopo ilpassaggio attraverso il canale delfaringe, mediante movimenti peristalticidella sua parete, il cibo proseguenell’esofago, un tubo muscolare di 20-22 cm, che termina con uno sfintere, ilcardias, dal quale il bolo alimentarepassa nello stomaco, una dilatazionedel tubo digerente a forma di sacca,che termina con un secondo sfintere,il piloro. Il succo gastrico, prodottodalle cellule di rivestimento dellostomaco, contiene:

• alcuni enzimi, come la pepsina,dall’azione proteolitica, la rennina o chimosina, che coagulail latte, e la lipasi gastrica, con unadebole azione lipolitica;

• l’acido cloridrico, dall’attivitàbattericida e capace di consentirel’assorbimento del calcio e delferro, oltre ad attivare il pepsinogenoin pepsina;

• la mucina, che protegge lo stomacodall’autodigestione;

• il fattore intrinseco, unamucoproteina essenziale perassorbire la vitamina B12.

Lo stomaco sminuzza le particellesolide del bolo mediante un’attivitàmotoria coordinata fino alla loro

LA BIOLOGIADELL’ALIMENTAZIONE

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UN APPARATO PER DIGERIRE GLI ALIMENTIL’uomo dispone di un apparatodigerente, che trasforma gli alimentiassunti durante il pasto e i loromacronutrienti complessi, cioè icarboidrati, i lipidi e le proteine, innutrienti semplici, ossia inmonosaccaridi, acidi grassi eaminoacidi, che saranno poi assorbitinell’intestino tenue. L’organismoumano, inoltre, è in grado disterilizzare il cibo che ingerisce, oltreche mediante i succhi digestivi, anchecon la pulizia preliminare e la cottura,riducendo così l’ingresso dimicrorganismi esterni. Dopo averpermesso la digestione el’assorbimento dei cibi, l’apparatoprovvede a eliminare gli alimenti nondigeriti, mediante le feci, garantendonel contempo la protezione neiconfronti di sostanze potenzialmentetossiche.

Dalla bocca allo stomaco: la prima digestione

La prima fase della digestione avvienenella bocca, dove i denti effettuano losminuzzamento del cibo. Nel cavoorale viene liberata poi la saliva, unsucco digestivo secreto da ghiandolesalivari, in quantità di 1.000-1.500 ml

completa sospensione con la faseliquida. È importante ricordare che igrassi alimentari, ingeriti in formaliquida o solida, lasciano lo stomacomolto lentamente, in un arco di tempoche va dalle tre fino alle sei ore.

Dallo stomaco al termine dell’intestino:digestione e assorbimento

Il cibo, che ha subito la fase didigestione nello stomaco, passa oranell’intestino tenue, dove agisconoaltri succhi digestivi:

• il succo pancreatico, secreto nelduodeno dalla porzione esocrina delpancreas, che contiene enzimiproteolitici (tripsina e chimotripsina),lipolitici (lipasi pancreatica) eglicolitici (amilasi pancreatica);

• la bile, proveniente dalla colecisti eriversata in modo intermittente nelduodeno, in relazione all’arrivo del

intestino tenue

sfinterepilorico

coppaduodenale

apertura del pilorocanale gastrico

pieghe gastriche

apertura del cardias esofago

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stomaco

esofago

pancreas

intestinotenue

cieco

retto

ano

appendice

fegato

cistifellea

duodeno

colon

materiale gastrico acido; i sali biliariche contiene agiscono sui grassi,emulsionandoli e permettendo, intal modo, l’intervento della lipasi;

• il succo enterico, che è ricco dienzimi e di muco.

Il materiale ormai digerito raggiunge,quindi, la parte dell’intestino tenuenella quale la superficie interna ècaratterizzata da sporgenze digitiformi, ivilli intestinali, dove avvienel’assorbimento dei nutrienti semplici,che saranno poi, in vario modo,riversati nel sangue. L’ultimo tratto del tubo digerente,l’intestino crasso (consistente nelcieco, nel colon e nel retto), pur nonproducendo enzimi, svolgeun’importante funzione per garantire lasalute dell’organismo per mezzo dellaflora batterica saprofita e provvede,inoltre, all’assorbimento dei nutrientinon energetici (acqua, vitamine,minerali e così via). In questo tratto diintestino si formano, infine, le feci.

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I FATTORI CHE CONDIZIONANO LA DIGERIBILITÀ DEGLI ALIMENTILa digeribilità di un alimento ècondizionata da vari fattori, fra i quali lecaratteristiche fisico-chimiche eorganolettiche del cibo stesso, nonchéla sua presentazione, la genuinità dellematerie prime, l’associazione con altricibi o condimenti, il tipo e i tempi dicottura. In ogni caso, i glucidi hannotempi di digestione più veloci rispettoalle proteine ma, soprattutto, ai lipidi.Inoltre, l’acqua, come pure alcunesoluzioni semiliquide, purché nontroppo acide, alcaline o concentrate,passano rapidamente attraverso lostomaco e, quindi, non possonodeterminare problemi digestivi. La digeribilità di alcuni tipi di carne,invece, dipende dal periodo diconservazione (frollatura) prima del loroutilizzo. Infatti, mentre le carni bianchepossono essere consumate rapidamente,poiché hanno fibre muscolari fini, lecarni rosse e, soprattutto, le carni nere(selvaggina) necessitano di un periododi attesa maggiore, in rapportoinversamente proporzionale allatemperatura ambientale alla quale sonoconservate.

La cottura

Lo scopo della cottura è quello direndere i cibi adatti al consumomediante trattamento termico,svolgendo, inoltre, un’azione battericidae modificando le caratteristicheorganolettiche (colore e consistenza)degli alimenti, con modificazioni più omeno elevate del loro valore nutritivo.Per esempio, le perdite vitaminichesono maggiori quando si cuocel’alimento in acqua abbondante atemperatura elevata e, in particolare,quando la durata della cottura è

La maggior parte dei polisaccaridi nondisponibili o non digeribili,comprendenti cellulosa, emicellulosa,pectine, gomme (gomma arabica),mucillagini (ispagula) e così via, nonviene invece digerita nella prima partedell’intestino, ma è attaccata nelcolon dalla flora anaerobica,fermentando e producendo acidi grassia catena corta. La prima digestione dei glucidi inizianella bocca, durante la masticazione econ l’azione della alfa-amilasi salivare(ptialina). La digestione per via enzimatica cheavviene lungo l’apparato digerente ènecessaria per l’assorbimento e per lasuccessiva utilizzazione deimonosaccaridi, in gran parte glucosio,proveniente da amido e saccarosio,che raggiunge poi i vari organi tramiteil circolo sanguigno. Il glucosio può essere ossidato fino aformare acqua e CO2, oppure puòessere convertito in glicogeno a livelloepatico e muscolare a scopo dideposito energetico oppure utilizzatoper la sintesi degli acidi grassi(lipogenesi), sotto lo stimolodell’insulina, ormone secreto dallebeta-cellule del pancreas endocrino.

La digestione dei glucidi

Per la sua importanza, in particolaresotto l’aspetto energetico, riteniamoutile prendere in considerazione ladigestione dei glucidi, che dipende dadue tipi di fattori:

• intrinseci, che consistono nellapresenza di una parete cellularerigida (come nei legumi), di unastruttura granulare (cereali) o diuna preparazione di tipo industriale(spaghetti);

• estrinseci, rappresentati dallamasticazione, dal tempo di transitodel cibo, dalla concentrazionedell’amilasi, come pure dallaquantità di amido e dallacontemporanea presenza di altricibi.

È possibile riconoscere vari tipi diamido:

• rapidamente digeribile (pane, patate ecornflakes);

• lentamente digeribile (spaghetti elegumi);

• resistente (legumi e patateraffreddate).

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prolungata. Un altro aspetto dellacottura è collegato alla formazione disostanze potenzialmente cancerogene,come le ammine eterocicliche (HA),favorita da fattori quali il tipo dialimento, il metodo di cottura, i tempie, soprattutto, la temperatura. Tra i vari metodi di cottura, la fritturae la cottura alla griglia avvengono atemperature più alte, provocandofacilmente la formazione di ammineeterocicliche (da 200 a 250 °C il lorocontenuto triplica). Nel forno laprobabilità è minore, anche se il liquidodi cottura può contenere questesostanze in quantità apprezzabili, mentrenel caso di carni in umido o bollite, latemperatura non supera i 100 °C e, quindi, il rischio èinsignificante. Un accorgimento, aquesto proposito, potrebbe essere quellodi precuocere le carni al microonde,prima di friggerle o grigliarle, in modotale da ridurre i tempi e non usare ilfondo di cottura.Una cottura a calore umido e per tempiprolungati (bagnomaria, stufato,stracotto, brasato) mantiene la carnepiù morbida e digeribile, mentre unacottura rapida, a calore secco e atemperature elevate (griglia, arrosti,forno, spiedo e, soprattutto, frittura)rende le carni più dure e menodigeribili, in quanto, così facendo, sirompono le membrane delle fibrocellulemuscolari, con fuoriuscita del liquidointracellulare. Ne deriva una prevalenzadei contenuti fibrosi e connettivali dellacarne, più difficili da digerire. Ladigeribilità della carne, infatti, dipendeanche dalla quantità di connettivopresente: per esempio, l’agnello e ilmaiale, poveri di connettivo, sono ingenere più digeribili,indipendentemente dal tipo di cottura;il connettivo bianco del vitello siammorbidisce e si trasforma in gelatina,mentre quello giallo del bovino adultorimane duro, risultando, quindi, menodigeribile.

I vari metodi di cottura • Ognimetodo di cottura si presta a cucinarediversi tipi di alimenti, con vantaggi erischi per la salute, che l’operatore dicucina deve saper valutareattentamente.

• Le cotture alla griglia o allospiedo, che avvengono atemperature elevate, si addicono apezzi piccoli, per evitare dibruciarne la superficie, formandoanche sostanze tossiche ocancerogene. Particolarmentepericolosa sembra essere la cotturasulla fiamma viva della legna. Uneffetto protettivo può essereottenuto ungendo l’alimento conuna marinata a base di olio,prezzemolo e rosmarino. Unarapida rosolatura senza bruciature,come nel caso del roastbeef, rendeil cibo saporito e con un valorenutritivo elevato.

• La cottura al forno è adatta perpezzi più grandi, assicurando unottimo sapore e una faciledigeribilità, anche se, protraendosiper una o due ore, riduce il valorenutritivo.

• La brasatura (ossia la cottura digrossi pezzi, in poca acqua, in unrecipiente chiuso e a bassatemperatura) e la stufatura(metodo analogo al precedente,con pezzi più piccoli e una quantitàmaggiore di acqua) richiedonotempi lunghi, che assicurano unamigliore digeribilità, con, però, unaperdita nutritiva consistente.

• La cottura a vapore è adatta alleverdure, alla carne e al pesce, per lasottrazione vitaminica modesta.Inoltre, poiché non si aggiungonograssi da condimento, consenteun’ottima digeribilità. Per i vegetaliè molto usata anche la cottura inacqua, a pressione atmosferica, chedetermina però una dispersione diglucidi, vitamine e sali minerali;

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per evitare tale perdita, si puòmantenere la buccia e adoperarepoca acqua, facendola bollire primadi aggiungere le verdure. Unavariante è la cottura in umido,che, oltre all’acqua, prevede l’usodel pomodoro.

• La cottura in pentola a pressionepermette di cuocere a unapressione superiore a quellaatmosferica, al riparo dell’aria, auna temperatura di 110-120 °C ein tempi molto più veloci rispettoalla cottura comune, rispettandoaromi e sapori degli alimenti.

• La cottura nel forno amicroonde è, invece, molto rapidapoiché avviene grazie alle ondeelettromagnetiche (microonde) chefanno vibrare le molecole di acquacontenute nell’alimento, con laproduzione di calore all’interno deicibi stessi, senza coinvolgere l’arianel forno né i recipienti (i qualinon devono mai essere di metallo),che restano freddi. Poiché le ondepenetrano solo per 4-5 cmall’interno degli alimenti, se questisono di grossa pezzatura, ripieni o apiù strati, talvolta la temperaturacritica (70-72 °C per almeno 2-4minuti) non è raggiunta in modoomogeneo e uniforme, con ilrischio di non eliminare eventualigermi patogeni presenti. Lemicroonde sono anche in grado discongelare velocemente unalimento e poi di cuocerlo.Siccome nel forno non siraggiungono mai temperaturemolto elevate (il valore massimo èquello di ebollizione dell’acqua), lemodificazioni e le perditevitaminiche e minerali sonoridotte.

• La frittura con grassi(prevalentemente olio o burro)raggiunge temperature elevate,determinando trasformazionisoprattutto sul mezzo riscaldante,

che impregna l’alimento ancheall’interno. Le modificazionichimiche che avvengono negli oliusati per friggere sono dovute a varitipi di reazioni (ossidazione,polimerizzazione dei gliceridi, ecc.),provocando la formazione disostanze irritanti e dannose perl’organismo. Durante questacottura, incidono in modo negativosoprattutto le temperature superioria 180 °C e la “storia” dell’olio,ossia la sua eventuale rifrittura o la“ricolmatura”, cioè l’aggiunta di

olio fresco a quello già usato. Glioli di semi (mais, girasole,vinacciolo e così via) hanno un“punto di fumo” basso, quindi sonofacilmente ossidabili e più esposti amodificazioni rispetto all’olio dioliva. In commercio, si trovanomiscele di olio di palma, girasole earachide realizzate appositamenteper friggere, poiché sonochimicamente molto stabili e piùeconomiche. Infine, è importantericordare che la conservazioneprotratta dell’olio già impiegatocomporta una maggiore presenza diperossidi, che continuano aformarsi anche nell’intervallo tradue utilizzi consecutivi.

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Le temperature consigliate perfriggere sono:

• 140-160 °C per tranci di pesce,pollo, coniglio e cacciagione;

• 175 °C per crocchette di patate epolpette di carne;

• 180 °C per pesciolini e patatine.

I grassi e gli oli

I lipidi sono i prodotti di origineanimale o vegetale utilizzati comecondimenti; fra le loro caratteristichevi sono quelle di essere insolubili inacqua e di manifestare unacaratteristica untuosità al palato e al

I CONDIMENTI In cucina si impiegano numerosiprodotti indicati genericamente comecondimenti, utilizzati per vari scopi,come, per esempio, dare sapore ai cibi,renderli in generale più palatabili,consistenti o fluidi. Non si devedimenticare, però, che i condimentisono sostanze chimiche anchecomplesse, in grado di avere effettidiversi sull’organismo umano, siapositivi, poiché possono apportarvivitamine, sia negativi, in quanto sonocostituiti da lipidi, il cui eccesso,soprattutto se sono composti da acidigrassi saturi, tipicamente di origineanimale, è sempre da evitare.

tatto. Inoltre, in tutti i grassi e oli dacondimento sono presenti vitamineliposolubili (A, D, E e K).I lipidi di origine animale sono inprevalenza saturi, cioè con tutti legamisemplici fra gli atomi di carbonio dellaloro catena, e di consistenza solida atemperatura ambiente, mentre quellidi origine vegetale sono in genereinsaturi (mono e polinsaturi), cioè conuno o più doppi legami fra gli atomi dicarbonio, oltre a essere di consistenzaliquida a temperatura ambiente. Per le loro caratteristiche fisiche,quindi, le sostanze lipidiche di origineanimale sono dette grassi, mentrequelle di origine vegetale vengonochiamate oli.

I grassi idrogenati, sono prodottimediante una tecnica diidrogenazione, consistentenell’inserimento di atomi di idrogeno incorrispondenza dei doppi legami dellacatena degli acidi grassi insaturi, chedivengono, così, saturi e, quindi, solidi.Dal punto di vista merceologico, lesostanze grasse possono essereclassificate in:

• grassi del latte, cioè il burro usatoin cucina;

• burro vegetale come, per esempio,il burro di cacao, usato a scopialimentari oltre che farmaceutici;

• grassi di animali, in particolarequelli di maiale, come lo strutto, lapancetta e il sego;

• oli dalle olive, comprendentil’extravergine, l’olio d’oliva, l’oliodi sansa d’oliva;

• oli da semi, principalmente diarachide, vinacciolo, mais, girasole,soia e di semi vari.

Per quanto riguarda l’impiego deigrassi e degli oli, vale la pena diricordare che:

• l’olio migliore, sotto tutti i punti divista, è quello extravergine d’oliva;

• durante la cottura, tutti i grassisubiscono alterazioni, anche se idanni minori sono subiti dagli oliextravergine d’oliva, d’oliva e diarachidi;

• i grassi subiscono danni maggioriquanto più sono esposti atemperature elevate;

• tutti i grassi vecchi non devonoessere usati per le cotture;

• per friggere non si devono mai usaredue volte gli stessi grassi;

• non si devono mai miscelare fra loro(o ringiovanire) oli già utilizzati perfritture con oli freschi;

• bisognerebbe cuocere senza grassi,aggiungendoli soltanto dopocottura.

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• il burro semisalato, nel quale sonointrodotti 5 g di cloruro di sodio(NaCl) su 100 g di prodotto totale;

• il burro salato, nel quale il clorurodi sodio è nella concentrazione di10 g su 100 g di prodotto totale.

In cucina, il burro di latte è usato intutte le preparazioni dove si prevedel’utilizzo di un grasso, in particolareper minestre, salse, risotti, creme edolci; a crudo lo si può spalmare supane e tartine, oppure lo si impiegaper preparare salse di farcitura e dolcio come accompagnamento per ortaggi,frutti di mare, pesci, grigliate elumache. In cucina, il burro è anchearomatizzato con prezzemolo, aglio,senape, caviale, crescione, scalogno,spezie, vino o fondi di cottura.

La margarina • La margarina è unprodotto ideato in Francia intorno al1860 per sostituire il burro, all’epocararo e costoso, di cui, ancora oggi, èconsiderata un succedaneo. È un grassoalimentare ottenuto emulsionando inacqua un grasso di origine vegetale oanimale, come gli oli di soia, diarachidi, di girasole, di palma e dicolza, oppure l’olio di pesce, lo struttoo il sego. La margarina, quindi,contiene acidi grassi polinsaturi, inteoria positivi per la salute, che spesso,però, sono idrogenati (quindi resisaturi) per conferirle una consistenzamigliore. Ricordiamo, comunque, chein commercio si trovano anchemargarine molli a base di grassi nonidrogenati. Tutte le margarine nonpossono contenere meno dell’84% digrassi, mentre l’acqua è presente inquantità fra il 2% e il 16% e in essesono presenti anche sodio, potassio,fosforo e calcio. Quella prodotta conoli vegetali, diversamente dal burro,non contiene colesterolo ma, durantela lavorazione, si perdono le vitamine. Infine, la margarina, in cucina, puòsostituire il burro in tutte le ricette,

anche se conferisce ai piatti un saporemeno intenso. Le margarinedietetiche, ricche d’acqua, sono ideali,invece, per essere spalmate.

L’olio di oliva • L’olio di oliva èottenuto dalla lavorazione del fruttodell’olivo, senza aggiunta di sostanzediverse o di oli ricavati da altre piante.Le olive necessarie per produrre l’oliodevono essere raccolte, sane e senzadifetti, e soltanto quando hannoraggiunto il giusto grado dimaturazione. Negli oli, l’acidità naturaleindica la quantità di acido oleicopresente in essi, tenendo conto delfatto che se la sua percentuale è troppoalta, il prodotto ne risentenegativamente in qualità.Esistono in commercio diversi tipi diolio di oliva, classificati in:

1. oli d’oliva vergini, ottenuti dalleolive, meccanicamente o con altriprocessi fisici, in condizioni ditemperatura tali da non alterarle;

– olio d’oliva extravergine, dalsapore assolutamente perfetto econ una percentuale di acidooleico non superiore all’1%;

– olio d’oliva vergine, dal saporeperfetto e con una percentualedi acido oleico non superiore al2%;

– olio d’oliva vergine corrente, dalsapore buono e con unapercentuale di acido oleico non

Il burro • Il burro è la sostanzaformata dal grasso del latte, che siricava sbattendo la panna edeliminando la parte liquida che nederiva, il cosiddetto latticello. Oltre cheda quello vaccino, questo alimento èottenuto anche dal latte di altrianimali (capra, bufala, asina ocammella) e, in generale, ladenominazione “burro” si applica atutte le sostanze grasse, vellutate esolide a temperatura ambiente, comequelle provenienti da vegetali, cioè ilburro di cacao, il burro d’arachidi, ilburro di cocco e quello di mandorla. Il burro di latte è un grasso che forniscemeno calorie rispetto all’olio, siad’oliva sia di semi, poiché, al contrariodi questi, contiene acqua (circa12,2%). È comunque ricco di acidigrassi saturi e colesterolo, quindi dausare con moderazione, nonché divitamine A e D. In commercio si possono reperire variequalità di burro, fra le quali sono daricordare:

• il burro pastorizzato, realizzato concrema di latte che è sottoposta apastorizzazione a 95 °C;

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superiore al 3,3%; non èvendibile al minuto;

– olio d’oliva vergine lampante, disapore imperfetto e con unapercentuale di acido oleicosuperiore al 3,3%;

2. olio d’oliva raffinato, costituito daolio di oliva vergine che ha subitoprocessi chimici e fisici percorreggerne l’acidità o il sapore; hauna percentuale massima di acidooleico dello 0,5%; non è vendibileal minuto;

3. olio d’oliva, ottenuto tagliando olidi oliva vergini diversi dallampante, uniti a olio d’olivaraffinato, con una percentualemassima di acido oleico dell’1,5%;

4. olio di sansa d’oliva greggio, ottenutodalla sansa (residui di polpa enoccioli), dopo la spremitura deglioli vergini; non vendibile alminuto;

5. olio di sansa d’oliva raffinato, conuna percentuale massima di acidooleico dello 0,5%, non vendibile alminuto;

6. olio di sansa d’oliva, taglio di olio disansa d’oliva raffinato e di olid’oliva vergini diversi dallampante, con una percentualemassima di acido oleico del 1,5%.

L’olio è uno degli elementi di base dellacucina mediterranea e, insiemeall’aceto, è il condimento più utilizzato;può sostituire il burro, serve comeconservante per gli ortaggi e per le erbearomatiche e rientra nelle marinateusate con volatili, carne, selvaggina epesce. Si impiega, inoltre, per ungere glialimenti cotti allo spiedo o al barbecuee per la preparazione di salsed’accompagnamento.

L’olio di semi • L’olio di semi è unprodotto ricavato dalla lavorazione deifrutti e dei semi di numerose piante, conl’eccezione dell’olivo. In commercio sitrovano, infatti:

• oli monoseme, ottenuti da una solaspecie vegetale;

• oli di semi vari, preparati con unamiscela di diversi oli di semi; nondevono contenere più del 5% diacido erucico;

• oli dietetici, arricchiti con sostanzenutrienti, come alcune vitamine, mainadatti alla cottura.

Facendo riferimento, invece, allamateria prima d’origine, fra i principaliricordiamo gli oli di semi di:

• arachidi, che si presenta limpido, dicolore giallo chiaro, con odore esapore delicati; è fra i meno ricchi diacidi grassi polinsaturi e ha un buoncontenuto di acido oleico, oltre aessere il più stabile ad altetemperature e, quindi, il più indicatoper le fritture;

• mais, che si estrae dal germe del semedi mais; è di colore giallo dorato elimpido, con sapore e odore più fortirispetto all’olio di arachidi; contienemolti acidi grassi polinsaturi, non èadatto alla cottura ed è soggetto aossidazione;

• girasole, che ha un colore giallointenso e un sapore marcato;contiene circa il 50% di acidi grassipolinsaturi, quindi non è adatto allacottura;

• soia, che è di colore giallo chiaro,con sapore e odore delicati;contiene molti acidi grassi

Per gli oli extravergini e vergini esisteanche il riconoscimento dellaDenominazione d’Origine Protetta(DOP) e dell’Indicazione GeograficaProtetta (IGP).

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polinsaturi, quindi è usato comecondimento a crudo;

• palma, ottenuto spremendo lapolpa dei frutti della palma; è un oliorossastro, dall’odore marcato; èricco di acidi grassi saturi, quindi èusato per produrre oli speciali perle fritture;

• sesamo, che ha sapore di nocciolaed è ricco di acidi grassimonoinsaturi e polinsaturi; è moltoimpiegato nella cucina asiatica;

• vinacciolo, che si ottiene dai semidell’uva; ha un sapore leggermenteacre e contiene un’elevatapercentuale di acidi grassipolinsaturi; è usato soprattutto perprodurre margarine;

• cotone, che contiene acidi grassipolinsaturi, monoinsaturi e saturied è usato normalmente per laproduzione di margarine;

• cocco, che è estratto dalla polpadelle noci di cocco; ricco di acidigrassi saturi, è impiegato nellapreparazione di margarine enell’industria dolciaria.

Gli oli di semi hanno gli stessiimpieghi dell’olio d’oliva e, per il lorocosto minore, sono preferiti dalle

industrie alimentari e dallaristorazione collettiva. Inoltre, sonoutilizzati come condimento di pietanzeo quale ingrediente di prodottialimentari. Per quanto riguarda il loro uso acrudo, sono particolarmente indicatil’olio di soia, di mais, di arachidi e digirasole; quest’ultimo è impiegatoanche per preparare conservealimentari sott’olio.

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QUANDO IL CIBO FA MALE: ALLERGIE E INTOLLERANZE Sempre più spesso, anche attraverso imezzi di comunicazione, si apprendeche alcuni individui sono soggetti avarie manifestazioni, con risposteanche negative per la salute, derivantidal consumo di un pasto o anchesoltanto di un certo alimento. I nutrizionisti, negli ultimi anni,hanno messo in evidenza che nellapopolazione possono insorgere due tipireazioni all’assunzione dei cibi: leallergie e le intolleranze.Spesso questi due fenomeni sonoassimilati fra loro, mentre, comevedremo, essi derivano da condizionidiverse e complesse, che, tuttavia,nella ristorazione moderna, nonpossono essere trascurate.

Le allergie agli alimenti

Alcuni cibi che assumiamo possono es-sere la causa di allergie alimentari,che si scatenano in seguito a una rispo-sta da parte del nostro sistema immuni-tario, lo stesso che ci difende dai virus edai batteri. La differenza, però, in que-sto caso sta nel fatto che le sostanzecontro le quali agisce la difesa immuni-taria sono presenti normalmente neglialimenti e a livello ambientale. Lamaggior parte di queste molecole,dette allergeni (cioè che scatenano al-lergie), sono proteiche e resistono an-che bene alla cottura. Di conseguenza, un soggetto sensibilea un certo allergene produce controquesta sostanza anticorpi che scatenanola reazione allergica, che puòmanifestarsi in varie forme:gastroenterica, a livello di cute oanche con sintomi respiratori. Il casopiù grave, e per fortuna raro, èrappresentato dallo shock anafilattico,che può anche portare a un esito

infausto per il soggetto (naturalmentese non curato in tempo).Un ulteriore aspetto da considerare èrappresentato dalla presenza, in uncerto cibo, non dell’alimento cheprovoca l’allergia, bensì di prodottiderivati da esso oppure da altri chehanno in qualche modo contaminatola filiera tecnologica di produzione: siparla, in questo caso, di allergeniocculti.È utile, pertanto, considerare qualisono gli alimenti che più di altripossono contenere sostanzeallergeniche, distinguendoli, secondola loro origine, in:

• vegetali, come mais, frumento,arachidi, noci, pesche, kiwi,fragole, melone, avocado,pomodori, cacao (cioccolato), soia,sesamo, senape e girasole;

• animali, fra cui uova, latte vaccino,carne di maiale, pesci, crostacei efrutti di mare.

Da quanto si è detto, risultaimportante anche avere in cucina uncomportamento tale che porti a noncreare contaminazioni crociate diallergeni nel momento in cui siutilizzato attrezzature con lo scopo dielaborare diete ipoallergeniche.Pertanto, gli strumenti e le attrezzatureusate per realizzare i piatti di un menuattento alle allergie non devono maiessere impiegati per le normalipreparazioni.

Le intolleranze agli alimenti

Al contrario delle allergie, leintolleranze alimentari, purdeterminando fenomeni di vario tipoin seguito all’ingestione di un certocibo, non hanno una baseimmunologica nella loro risposta. Inquesto caso, la manifestazione diintolleranza dipende da carenze nellaproduzione di un enzima specifico perla sostanza in questione, come avvieneper la lattasi, l’enzima che scinde illattosio presente nel latte. Bisognaanche ricordare, però, che, in alcunisoggetti, le intolleranze sonodeterminate da sostanze che,contenute naturalmente neglialimenti, manifestano un’azionefarmacologica, come nel casodell’istamina. Proprio quest’ultima èmolto presente in diversi alimenti,come i crostacei, il pesce azzurro, gli

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insaccati, i pomodori, il vino e labirra, ma anche in alimenti lievitati ein alcuni formaggi (fermentati).Le due intolleranze più comuni, con lequali spesso ci si deve confrontarenella ristorazione, sono quelle allattosio e al glutine. Un aspettoimportante da ricordare, prima diaffrontarne la trattazione, è legato alfatto che gli enzimi, che sonoproteine, implicati in questi fenomeni,sono prodotti su base genetica.Pertanto, se l’alterazione è a livello delDNA dell’individuo, l’enzima, peresempio la lattasi, non verrà prodottooppure sarà sintetizzato in quantitàdeficitarie. Non è possibile, quindi,“abituare l’individuo” alla sostanza acui è intollerante (come alcunicredono), ma egli resterà tale per tuttala vita.

L’intolleranza al lattosio • Illattosio è un glucide disaccaride,composto da due monosaccaridi(monomeri) diversi fra loro: il glucosioe il galattosio. Quando l’enzima lattasi

agisce sul composto, lo separa nei duemonosaccaridi, che vengo poimetabolizzati normalmentedall’organismo. Nel casodell’intolleranza al lattosio, invece,la mancanza o il deficit enzimatico fain modo che il lattosio giungacompleto nell’intestino, dove, a livellodel colon, la flora batterica ne provocala fermentazione, determinando, dopoalcune ore, manifestazionigastroenteriche più o meno gravi, chevanno dal gonfiore alla diarrea.Tuttavia, come abbiamo accennato, inalcuni soggetti la carenza enzimaticanon è completa, quindi, essi possonoconsumare quantità limitate disostanze contenenti lattosio. Unasituazione simile si può avere nel casodi patologie dell’intestino (a caricodelle cellule che formano la suamucosa) che provocano la comparsa diun deficit momentaneo di lattasi, lacui produzione si normalizza quando lamucosa stessa viene ricostruita. Per quanto riguarda gli aspettistrettamente alimentari, che

riguardano più da vicino il mondodella ristorazione, ricordiamo che illattosio, oltre che nel latte, si trovanei suoi derivati, come la panna e iformaggi “freschi”, mentre lo yogurt e iformaggi stagionati possono essereconsumati grazie ai microrganismi chesi utilizzano per la loro lavorazione eche effettuano la scissione enzimaticadel lattosio.Infine, anche in questo caso, si devericordare che il lattosio può trovarsi informa occulta in diversi alimenti, chesono preparati o integrati con taledisaccaride, quali dolci di vario tipo(anche biscotti), cioccolato,besciamella, numerosi cibi in scatola,insaccati e salumi.

L’intolleranza permanente alglutine • Come per l’intolleranza allattosio, anche quella al glutine, notacome celiachia (o morbo celiaco), è subase genetica, quindi permanente nelsoggetto interessato. Il glutine ècostituito da un complesso in cui sitrovano due proteine, la glutenina e lagliadina, ed è presente nelle cariossididi alcune specie di cereali, come orzo,frumento, segale, avena, farro, kamut etriticale, nonché in tutte le farine cheda loro si ottengono, oltre che neiprodotti derivati (pasta, pane, pizza,grissini, caffè d’orzo, birra e così via).Naturalmente, come si è visto per illattosio, anche per il glutine esiste ilrischio di una sua presenza occulta, laquale può essere riscontrata in prodottialimentari che ne sono di per sé privi,ma che sono venuti a contatto conqueste proteine durante alcune fasidella loro lavorazione o di quella dellematerie prime da cui hanno avutoorigine. I soggetti affetti da morbo celiacopossono consumare, invece, riso e mais(privi di glutine nonostante sianocereali), grano saraceno (che non è uncereale, ma una poligonacea), soia,manioca, verdura, legumi, frutta, come

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Vista l’importanza, e anche la gravità,di questa intolleranza, nel nostro Paeseè attiva l’AIC (Associazione ItalianaCeliachia) la quale, ogni anno,aggiorna e pubblica il Prontuario AICdegli Alimenti, nel quale sono indicati iprodotti commercializzati che sonoprivi di glutine, come garantito dalleaziende che li producono, sottoposte aloro volta a una severa sorveglianza.L’AIC autorizza tali aziende a utilizzareil marchio “Spiga barrata”, chepossono riportare sui prodotti chehanno superato positivamente leverifiche chimico-merceologichelegate all’assenza del glutine, aiutandoin questo modo anche gli operatoridella ristorazione nella scelta diprodotti adeguati. Per comprendere appieno l’importanzadi tale intolleranza anche a livello diristorazione, è bene ricordare che laceliachia compare in 1 individuo ogni100-150 soggetti, esigendo, quindi,un’attenzione al problema da partedegli operatori del settore.Dal punto di vista tecnico, durante la

anche carne e pesce, uova, latte ederivati.L’intolleranza al glutine determina nelsoggetto predisposto, problemi infiam-matori a carico dell’intestino tenue,dove i villi intestinali, preposti ad as-sorbire le sostanze nutritizie, possonoessere distrutti, determinando neltempo la comparsa di patologie anchegravi, come alcune forme di tumore. Inogni caso, i sintomi di tale intolleranzasono a carico dell’intestino, andandodalla diarrea alla stipsi, ma anche di al-tri distretti dell’organismo, dove pro-vocano anemia, dolori articolari, per-dita di capelli e così via.Da quanto abbiamo visto, è chiaro cheil soggetto celiaco deve astenersitotalmente dall’assunzione di glutine eche tale comportamento deve esseremantenuto per tutta la vita. Come sipuò intuire, è necessario evitarerigorosamente qualsiasicontaminazione, anche minima, framateriali contenenti glutine e altriprodotti alimentari, pena l’insorgenzadei problemi di cui abbiamo trattato.

preparazione dei cibi per celiaci,l’operatore deve seguire alcune regole,fra le quali:

• astenersi dall’usare gli stessi utensiliimpiegati per la cucina consueta(non utilizzare, per esempio, lostesso attrezzo per mescolare unapasta di frumento e una di riso enemmeno la stessa pentola);

• evitare assolutamente di friggere leverdure dedicate a una dieta perceliaci nell’olio dove si sonoimmersi prodotti impanati;

• lavare molto bene tutto quantoentra in contatto con farinecontenenti glutine, comprese lemani dell’operatore;

• rivestire con fogli di alluminio lesuperfici soggette a possibilecontaminazione;

• avvolgere nella stagnola glialimenti per celiaci, se devonoessere cotti in un forno comune;

• usare piani diversi per tagliarealimenti con o senza glutine.

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produttiva. Nel 2004, infine, èapprovato il cosiddetto PacchettoIgiene, nel quale trovano posto leleggi e i regolamenti comunitari cherendono attuabili gli obiettivi messigià in evidenza nel Libro bianco. Pertanto, sulla scorta di quantostabilito dal Regolamento CE n. 852/2004, tutti coloro cheoperano in un’attività ristorativa, diqualsiasi tipo, devono seguire unaformazione specifica per poterapplicare i principi dell’HACCP nelcorso delle varie fasi della lavorazionedei prodotti alimentari.

IL PIANO HACCP PER LA SALUTE DEL CONSUMATOREIl regime di autocontrollo impone aglioperatori dell’industria alimentare chela preparazione, la trasformazione, ildeposito e la somministrazione deiprodotti avvengano in modo igienico,a garanzia della loro salubrità. Taleobiettivo si fonda sul piano HACCP,il metodo che, per legge, deve essereapplicato; per prevenire i rischinell’ambito della ristorazione e dellaproduzione di alimenti.

L’ALIMENTAZIONESICURA

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UNA STORIA “PULITA”La storia dell’igiene e della sicurezzaalimentare in Europa, come in altreNazioni dell’Occidenteindustrializzato, ha avuto varie tappe,alcune delle quali pionieristiche, comequelle che in Italia, nel 1893,istituirono i primi Laboratori comunalidi profilassi, per poi proseguire, nelsecondo dopoguerra, con la confermadei Laboratori provinciali di igiene eprofilassi (1958), già presenti fin dal1923, ma sotto il controllo delMinistero dell’Interno. Nel 1969, negliStati Uniti, la FDA (Food and DrugAdministration) inizia a elaborare unprogramma sanitario per il controllo dialimenti quali latte e prodotti ittici,facilmente deperibili, oltre ad avviareiniziative analoghe nel campo deiservizi per l’alimentazione. È soltanto nel 1995, però, che, semprenegli Stati Uniti, sono pubblicati emessi in atto i regolamenti HACCP(Hazard Analisys and Critical ControlPoints) che diventeranno poi unostandard di riferimento anche inEuropa e, quindi, in Italia. Proprio l’Unione Europea, nel gennaiodel 2000, ha presentato ufficialmenteil Libro bianco sulla sicurezza alimentare,nel quale si sottolinea l’esigenza digiungere a un livello di sicurezzaalimentare alto e costante, soprattuttoper mezzo della tracciabilità deglialimenti lungo tutta la loro filiera

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Esso si basa su tre punti fondamentali:

• l’analisi sistematica dei pericoli,che possono essere di tipo chimico,fisico e biologico;

• la valutazione della probabilità chesi verifichino;

• l’applicazione di misure dicontrollo lungo tutta la filiera.

Per operare in modo conforme airegolamenti, un’azienda di ristorazionedeve attenersi a norme igienichegenerali e al metodo HACCP,elaborando un piano in cui siconsiderino la provenienza dellematerie prime e degli ingredienti, iprocessi di lavorazione, l’uso finale delprodotto, le categorie di consumatoriinteressati (clienti della ristorazionecommerciale, ospiti di asili odospedali, soggetti allergici e così via) e

A tale scopo, l’autocontrollo è estesoall’intera filiera in maniera che siafavorito il collegamento tra i singolianelli della filiera stessa e che siaassicurata la rintracciabilità dei prodotti,dei flussi materiali e delleresponsabilità. In questo ambito, la norma italiana UNI11020, “Sistemi di rintracciabilità nelleaziende agro-alimentari”, recepita dallanorma UNI EN ISO 22005:2008, haavuto valida applicazione nei servizi dierogazione di pasti, come strumento peracquisire le informazioni relative aiprodotti utilizzati in azienda. Nel contesto internazionale, invece, lapubblicazione della norma UNI ENISO 22000, “Sistemi di gestione dellasicurezza alimentare – Requisiti perogni organizzazione della filiera agro-alimentare”, è perfettamente allineatacon le nuove istanze definite a livelloeuropeo. La norma conferma, inoltre, lavalidità dei principi del CodexAlimentarius per lo sviluppo del metodoHACCP e crea un legame tra i sistemidi gestione della qualità attivati inaccordo con la ISO 9001 (la più famosanorma internazionale per lacertificazione della qualità delleaziende) e quelli di autocontrolloaziendale. Il Codex Alimentarius, infatti,è un insieme di regole e di normativeelaborate per proteggere la salute deiconsumatori e assicurare la correttezzadegli scambi internazionali dalla CodexAlimentarius Commission, istituita nel1963 dalla FAO (Food and AgricultureOrganization) e dall’OMS.In questo contesto è significativo ilcontributo tecnico e formativo di tutti isoggetti coinvolti. Al centro delsistema rimane, in ogni caso, lasoddisfazione delle aspettativedell’utenza in termini di gusto,flessibilità, accuratezza, immagine etempestività del servizio, il quale hacome “prerequisiti”, e dunque comefattori di costo non eliminabili, lasicurezza e l’affidabilità dei prodotti.

i risultati epidemiologici riguardanti ladiffusione delle infezioni e delleintossicazioni alimentari nellapopolazione, i rischi relativi a un certoprodotto o a una determinataemergenza alimentare in corso. Nel quadro di innovazione normativagià avviato in tempi precedenti, siinserisce il Regolamento CE n. 178/2002, che definisce principi erequisiti generali della legislazionealimentare, istituisce l’EFSA (EuropeanFood Safety Authority, ossia l’AutoritàEuropea per la Sicurezza Alimentare), efissa le procedure da attuare pergarantire la sicurezza dei consumatori.

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Le fasi del piano HACCP

Delle dodici fasi che compongonol’HACCP, sette sono obbligatorie. Fraqueste, le prime cinque, cheprenderemo in esame, riguardano leattività preparatorie alla redazione eall’applicazione del piano diautocontrollo.

La costituzione del gruppo di lavoro HACCP

Secondo quanto stabilito dal CodexAlimentarius, per prima cosa èindispensabile costituire un gruppo dilavoro con l’incarico di realizzare ilpiano di autocontrollo basato suicriteri dell’HACCP. Di questo aspetto,però, negli esercizi di ristorazionepiccoli o a conduzione familiare sioccupa il titolare stesso. Nel caso diesercizi di ristorazione più complessi,con vari dipendenti e diversi livelli dicompetenza, è necessario, invece,riunire gli interessati e discutere leprocedure da adottare. I nomi deipartecipanti al gruppo e dell’eventualeconsulente a cui ci si rivolge devonoessere elencati su un apposito modello,che servirà anche da calendario degliincontri. Questo documento è parteintegrante del piano di autocontrollo edeve essere conservato nel relativodossier, del quale tratteremo piùavanti.

La descrizione dei prodotti

Dopo che si è formato il gruppo dilavoro, si deve effettuare la descrizionedel prodotto in esame, ricordando cheil manuale di autocontrollo si occupa di esercizi commerciali che offronoogni tipo di piatto, ancheconfezionato. Nel caso dei ristoranti, ilprodotto è l’insieme di ciò che vienesomministrato, ma una descrizionedettagliata delle singole unità èimpossibile.

Infatti, l’attività di ristorazione trattaprodotti alimentari eterogenei e nelmanuale di autocontrollo possonoessere inseriti, a seconda del propriosettore, i cibi altamente deperibili(latte pastorizzato, prodotti digastronomia, prodotti della pesca,salumi cotti, alcuni tipi di frutta everdura, latticini, ecc.) e quelli a lungaconservazione (frutta secca, scatolame, acqueminerali e bevande, formaggistagionati, ecc). L’esercente puòottenere le indicazioni riguardanti ladeperibilità e, quindi, il rischiomicrobiologico dei prodotti, basandosisulle date di durabilità e di scadenzariportate sulle confezioni (“da consumarsi entro”, “daconsumarsi preferibilmente entro”).

La definizione della destinazione d’uso del prodotto

A questo punto, si deve stabilire se ipiatti e/o i prodotti sono destinati aessere somministrati direttamente alconsumatore, oppure se si tratta disemilavorati. Inoltre, è necessariospecificare se si tratta di piatti e/oprodotti destinati a un’alimentazioneparticolare (soggetti allergici ointolleranti, categorie sensibili come,per esempio, bambini, anziani eimmunodepressi).

La redazione dei diagrammi di flusso

L’intero flusso della lavorazione dellematerie prime o di altre tipologie diprodotti che si rendano necessarie pergiungere al prodotto finale, cioè lasequenza di operazioni che sisuccedono tra il momentodell’acquisto dai propri fornitori equello della vendita ai clienti, deveessere riportato sotto forma didiagramma.

La verifica dei diagrammi di flusso in loco

Il quinto e ultimo punto delle varieoperazioni che precedono la redazionee l’applicazione del piano diautocontrollo consiste nella verificadella correttezza dei diagrammi chesono stati realizzati. Questo aspettoviene valutato tramite un controllo“sul campo” delle diverse lavorazioniindicate nel diagramma di flusso.

I principi del metodo HACCP

Il metodo HACCP si fondasull’applicazione di sette principifondamentali, identificati, per la loro importanza, dal Codex Alimentarius.

I principio – L’analisi dei pericoli

Mediante un albero delle decisioni,costituito da uno schema composto didomande a risposta guidata, del

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PossibileCCP

Conservazionein congelatore

ScongelamentoLavaggio

o mondaturaLavorazioneSconfezionamento

PossibileCCP

Somministrazione

Conservazionein frigorifero

Conservazionein dispensa

Conservazionein frigorifero

DispensaPossibile

CCP

PossibileCCP

PossibileCCP

Approvvigionamento

Selezione fornitori

Ricevimentosurgelati

Ricevimentodeperibili

Ricevimentonon deperibili

Ricevimentoverdure

Ricevimentouova

Lavorazionea freddo

Raffreddamento

Lavorazionea freddo

Conservazionea freddo

Lavorazione acaldo

Cottura

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alcuni alimenti sono più esposti dialtri a determinati rischi igienici.Quelli di tipo microbiologico, peresempio, colpiscono più spesso iprodotti di gastronomia, in particolarea causa di alcuni comportamentitenuti durante la loro preparazione,come, per esempio, il mancato rispettodelle temperature di conservazione ola carenza di norme igieniche.Pertanto, conoscere adeguatamente irischi significa poterli prevenire.

II principio – L’identificazione dei CCP (Critical Control Point)

Un CCP (Punto Critico di Controllo) èun fattore operativo, una fase oun’attività della lavorazione durante laquale si devono prendereprovvedimenti per prevenire,eliminare o ridurre a un livelloaccettabile un certo pericoloriguardante la salubrità del prodotto. ICCP sono identificati mediante un

secondo albero delle decisioniapplicato a ogni fase per la quale sianostati individuati pericoli, dall’esamedei quali si stabiliscono le materieprime e le fasi potenzialmentepericolose.Nel caso delle attività prese in esame daquesto manuale, ogni operazione èpotenzialmente in grado di causare unaumento inaccettabile dellacontaminazione e soltanto una correttagestione delle attività nel lorocomplesso può garantire la sicurezza deiprodotti. In realtà, secondo i principilogici su cui si fonda l’HACCP, unpunto critico comprende piùprocedimenti diversi tra loro, come, peresempio, tutte le operazioni dimanipolazione, indipendentemente dalfatto che si tratti di macinazione,impasto, taglio, decorazione e così via.Per ognuna di esse è indicato il tipo diparametro che costituisce il limite critico,il cui rispetto garantisce la sicurezza delprodotto.

quale tratteremo più avanti, siindividuano i vari pericoli, suddivisi intre categorie, in base alla naturadell’agente nocivo.

• Pericolo chimico. Consiste nellacontaminazione da xenobiotici, cioèmolecole estranee all’alimentoderivanti:– dalla produzione primaria

animale e vegetale (fitofarmaci,zoofarmaci, pesticidi e metallipesanti);

– da sostanze usate per lasanificazione (detergenti edisinfettanti);

– da procedure di disinfestazione edi derattizzazione (disinfestanti eratticidi).

• Pericolo fisico. È rappresentatodalla contaminazione corpuscolaredi natura biologica e non, come peresempio peli, capelli, frammenti diinfestanti, di metallo, di ossa, diplastica e così via.

• Pericolo microbiologico. Derivadalla contaminazione damicrorganismi alterativi e patogeniche determinano fenomeni ditossinfezione e infezionealimentare; si tratta del tipo dipericolo più probabile e puòdeterminare modificazioni nel cibotali da renderlo dannoso per lasalute dei consumatori.

Il calcolo del rischio, cioè la possibilitàche si verifichi un pericolo, si ottienemediante la formula:

Identificazione del rischio (Ir, Indice di rischio) = (frequenza � gravità �rilevabilità) del pericolo

I pericoli messi in evidenza possonoessere associati a particolari cibioppure ad alcune operazioni svoltedurante la loro lavorazione. Infatti,

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III principio – La definizione dei limiti critici per ogni CCP

Il limite critico conferma o negal’accettabilità del CCP monitorato edè quel valore entro il quale il puntocritico deve rimanere per essereconsiderato sotto controllo. Essoconsiste in valori fisici, chimici,normativi oppure comportamentalifacilmente controllabili (tempi,temperature, modalità, quantità diprodotti, presenza di garanzie ecomportamenti errati) che vannofissati a un certo livello, per prevenire,eliminare o ridurre i rischi individuati.

IV principio – L’attivazione del sistema di monitoraggio

Ogni CCP è monitorato da unaprocedura di sorveglianza volta amantenere i parametri relativi ai limiticritici entro i livelli stabiliti. Pertanto,si deve osservare la variabile ritenutafattore di rischio seguendo un metododi rilevazione programmata ecadenzata, registrandone i valori suun’apposita scheda, denominataALL.XX. L’applicazione del sistema dimonitoraggio avviene seguendo alcuneprocedure, che comprendono:

• richiesta ai fornitori didichiarazioni di idoneità,certificazioni e garanzie;

• controllo visivo delle condizionidei prodotti (integrità, aspetto edate di scadenza);

• rilevazione della temperatura deiprodotti nelle varie fasi;

• impostazione di procedure di lavorodefinite (modi e tempi);

• controllo delle condizioni deimagazzini e dei frigoriferi, nonchédello stato dei prodotti(conservazione e scadenze);

• organizzazione di programmi per laformazione del personale;

• redazione di piani di lotta agliinfestanti.

V principio – L’individuazionedelle misure correttive

Qualora dai controlli effettuatidurante le lavorazioni risulti che uncerto punto critico non rientra neilimiti, occorre stabilire le azionicorrettive per riportare la situazionesotto controllo e il comportamento daadottare nel caso si rilevi un prodottopotenzialmente difettoso. Tali

interventi devono essere attuati intempi brevi e, affinché siano efficaci,definiti e programmati in anticipo. Nel caso in cui non sia possibileintervenire con misure correttive,l’unica operazione da svolgerecomunque è quella di eliminare ilprodotto.Come vedremo tra poco, il piano diautocontrollo prevede, inoltre, che ilmonitoraggio dei CCP sia registrato inuna documentazione idonea alledimensioni aziendali (manuale più diversi allegati).

Interventi correttivi per i più comuni CCP

In caso di Intervenire con

Temperatura troppo bassa Riscaldamento

Temperatura troppo alta Raffreddamento

Cottura incompleta Ulteriore cottura

Blocco di un frigorifero Spostamento in altro frigorifero

Tracce di roditori Intensificazione degli interventidi disinfestazione

Difetti dei prodotti Resa dei prodotti

Prodotti scaduti Eliminazione

Tracce di unto al tatto Ulteriore pulizia prima dell’uso

Operazioni scorrette Richiamo immediato all’addetto

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VI principio – L’applicazione delle verifiche

Per accertare l’effettivo funzionamentodel sistema e delle misure previstesecondo i principi I-V, occorre applicareregolarmente le procedure di verifica, con lo scopo di accertare:

1 che quanto sviluppato continui aessereadeguato alla realtà aziendale diristorazione;

2 che le procedure di monitoraggio e le azioni correttive siano condottein modo appropriato.

Tali verifiche possono essere effettuatemediante ispezioni interne, utilizzandoliste di riscontro (check list).

VII principio – La redazione di un sistema di documentazione

Per dimostrare l’effettiva applicazionedelle misure fin qui esaminate, il piano di autocontrollo deve esseredocumentato in tutte le fasi ritenutecritiche mediante un’appositamodulistica. L’insieme delle registrazionideve essere adeguato alla natura e alledimensioni dell’impresa alimentare e, per legge, tutti i documenti devono essere tenuti a disposizione dell’autoritàsanitaria. È quindi opportuno raccoglierein un dossier il materiale comprendente:

• la copia del manuale di autocontrollo– HACCP;

• la documentazione relativaall’autorizzazione sanitaria;

• lo scadenzario della formazione deidipendenti (sostitutiva del librettosanitario) e i certificati di formazionedel personale (copie di attestati ediplomi);

• la documentazione informativaconsegnata al personale con larelativa lista di distribuzione firmata;

• copie di leggi riguardanti il propriosettore di attività;

• le procedure scritte riguardanti puliziee manutenzione (ricavate da questomanuale) e le copie delle bollerelative a interventi sulleapparecchiature;

• l’inventario delle attrezzature, sepresente;

• l’elenco dei fornitori, se presente, e le certificazioni fornite;

• eventuali annotazioni relative alladefinizione del piano di autocontrolloaziendale, nel caso in cui sia statocostituito il gruppo di lavoro;

• il/i diagramma/i di flusso;• le schede relative alle diverse fasi di

lavoro;• eventuale copia del contratto con la

ditta di disinfestazione;• il quaderno degli interventi di

disinfestazione;• eventuali analisi effettuate sui

prodotti, con il relativo programma;

• copie di lettere di reclamo aifornitori, o di reclami ricevuti, sepresenti;

• le schede di rilevazione delletemperature, se presenti;

• il ricettario utilizzato in azienda;• qualsiasi altro documento che si

ritenga possa far parte delladocumentazione sull’autocontrollo.

L’albero delle decisioni

Grazie all’albero delle decisioni èpossibile stabilire se una materia prima ouna fase di lavoro sia da considerarecritica (CCP). Nel caso delle attivitàconsiderate da questo manuale saràdifficile, se non impossibile, risponderead alcune delle domande previste daquesto modello, perché spesso i tempi e imodi di una singola operazione sono

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variabili oppure non sempre è presenteuna certa fase di lavoro. Nei casi dubbi èconsigliabile, quindi, considerarecritiche le fasi esaminate. L’albero èsuddiviso in parte A, relativa a ciascunamateria prima o prodotto, e parte B,dedicata a ogni fase od operazione dilavoro.Se si evidenzia un punto critico dicontrollo in una materia prima o in unprodotto acquistati da un fornitore, èindispensabile ottenere da questo tuttele conferme in merito, richiedendo lerelative certificazioni; inoltre, si deve

sempre controllare e ispezionare lemerci in arrivo dai fornitori, oltre aeffettuare eventuali analisi dilaboratorio, a campione, sui prodotti.In modo analogo alla parte A, se siriscontra un punto critico di controlloche corrisponde a una fase o aun’operazione, occorre verificare che sistiano adottando le opportune misurepreventive. Qualora queste proceduresiano state attivate, si dovrà poterdimostrare in ogni momento che sonotenute costantemente sotto controllo.In caso contrario, è indispensabile

modificare il procedimento oppure ilpassaggio della lavorazionecorrispondente al punto critico, perpoter garantire la sicurezza dei prodotti.

La normativa HACCP semplificata

Per semplificare la compilazione el’utilizzo dei manuali HACCP,numerose Giunte regionali hannoadottato nuove procedure rivolte allamaggioranza delle aziende della

È necessario il controllo per la sicurezza in questa fase?

SI

NO

NOSI

NO SI

SI NO

SI NO

NON È UN CCP

PUNTO CRITICO DI CONTROLLO

ALBERO DELLE DECISIONI

(utilizzare il seguente schema logico per confermare o meno i CCP individuati nell’analisi dei pericoli)

Una fase successiva sarà in grado di eliminareil pericolo identificato o ridurre la probabilitàche si verifichi ad un livello inaccettabile?

D.4

La fase comporta contaminazione o aumento del pericolo al di sopra di valori accettabili?

D.3

La fase è destinata ad eliminare o ridurre ad un livelloaccettabile il pericolo?

D.2

Esistono misure di prevenzione?D.1

MODIFICA LA FASE, IL PROCESSO O IL PRODOTTO

NON È UN CCP

NON È UN CCP

FERMARE

FERMARE

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ristorazione. In questo modo, leRegioni hanno inteso venire incontroalle esigenze delle piccole e medieimprese, secondo quanto indicato dalregolamento comunitario (Reg. CE n.852/2004), il quale prevede lapossibilità di utilizzare procedure eadempimenti flessibili e semplificati,idonei a qualsiasi situazione.Le aziende che possono applicare taliprocedure sono di due tipi:

• quelle che non si occupano dellapreparazione, della produzione odella trasformazione di prodottialimentari, oppure che svolgonosoltanto semplici operazioni dipreparazione dei cibi;

stesso tempo, siano rispettati iprerequisiti igienico-alimentari stabiliti apriori dalla normativa. L’applicazioneflessibile e semplificata dei principi delsistema HACCP deve tenere inparticolare considerazione la natura deiprocessi di lavorazione e le dimensionidell’impresa alimentare.Tra i prerequisiti introdotti perl’utilizzo del sistema HACCP in formasemplificata, vi è inoltre l’obbligo dipredisporre un piano di formazione delpersonale, comprendente losvolgimento di corsi, di momenti diaddestramento, di affiancamentopratico e di verifiche documentate diquanto appreso.

La gestione del prodotto per garantire la sicurezza

Secondo il V principio del metodoHACCP, il piano di autocontrollodeve prevedere che, qualora lecondizioni di sicurezza alimentaresiano compromesse da un prodotto,questo sia eliminato dal mercato. Nel caso in cui il gestore di un eserciziodi ristorazione apprenda dai mezzi diinformazione che è in corso unaprocedura d’allarme a carico di uno deisuoi fornitori, deve provvedereimmediatamente alla sospensione dellederrate riconosciute pericolose, in attesadel normale intervento di sequestro ditutta la partita da parte degli organi dicontrollo (NAS e ASL). Durante laproduzione ordinaria, però, non ènecessario attivare particolari proceduredi identificazione di lotti o di ritiro dalmercato; infatti, poiché lasomministrazione è diretta alconsumatore, non è materialmentepossibile provvedere al richiamo deiprodotti non idonei. Inoltre, nel casodei prodotti di gastronomia, per i quali èprevisto un consumo pressochéimmediato, un’eventuale procedura diritiro si rivelerebbe tardiva e del tutto

inefficace. Un caso a sé è quello dellaproduzione autonoma di salumistagionati, per i quali, invece, è beneidentificare il lotto di produzionemediante l’apposizione di un cartellinoriportante la data. Nel caso si rilevi unelemento di pericolosità, occorrebloccare la vendita del prodottogiacente e interpellare l’ASLcompetente per la distruzione.Per evitare rischi per la salutepubblica, le materie prime, gliingredienti intermedi e i prodottifiniti, sui quali possono proliferaremicrorganismi patogeni o nei qualipossono formarsi tossine, devonoessere mantenuti a temperatureadeguate durante le operazioni diconservazione e di trasporto.Compatibilmente con la sicurezzadegli alimenti, è permesso rimandare ilcontrollo della temperatura per periodilimitati, qualora prevalgano motivi dipraticità durante la preparazione, iltrasporto, l’immagazzinamento, lacollocazione e il servizio deglialimenti. La combinazione tempi-temperature, però, va sempre tenutapresente e non deve costituire unpericolo per la salute del consumatore.

CONSERVARE GLI ALIMENTI: UN PROBLEMA ANTICOL’uomo, per conservare gli alimenti,fino ad alcuni secoli fa poteva sfruttaresoltanto fenomeni o sostanze naturali.L’essiccamento al sole, la salatura (unodei metodi più usati nell’antichità) el’affumicamento erano già praticati neltardo Paleolitico (circa 30.000 a.C.),così come era già nota in tempilontani la capacità conservante delfreddo: i popoli nordici, infatti, eranosoliti riporre il pesce appena pescato inanfratti rivolti a nord, in modo taleche si congelasse, mantenendosiinalterato per lungo tempo. Per

• quelle che manipolano gli alimentisecondo procedure consolidate, checostituiscono spesso parte dellanormale formazione professionaledegli operatori del settore.

Sulla base di questi principi, i pericoliigienico-alimentari non sono più gestitimediante le fasi di controllo, anchestrumentali (come la verifica dellataratura dei termometri dei frigoriferi),che in genere sono messe in atto inseguito alla valutazione e all’analisi deirischi. Infatti, la semplificazione prevedeche siano predisposte e applicateprocedure di lavoro corrette e che, allo

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migliaia di anni, quindi, le popolazionihanno utilizzato queste tecnichenaturali per fronteggiare l’alterazionedei cibi da parte di microrganismi o diagenti fisico-chimici e prolungare cosìla loro conservabilità, cioè quel periododi tempo nel quale l’alimento è sicuro,apprezzabile e nutriente.

A partire dalla metà del XIX secolo,però, la tecnologia incominciò asviluppare nuovi procedimenti diconservazione e di trasformazione delcibo, provocando una vera e propriarivoluzione nell’alimentazione umana,soprattutto per quanto riguarda gliaspetti igienico-sanitari.

La conservazione degli alimenti sibasa, quindi, sull’insieme delletecniche che servono a rallentare iprocessi di alterazione, il fenomeno inseguito al quale in un alimento siverificano alcune modificazionichimiche, a causa di acqua e ossigeno,e biologiche, nella maggior parte dei

Temperature massime di conservazionedi prodotti deperibili

Tipo di alimento Temp. di conservazione

Latte, bibite a base di latte +4 °Cnon sterilizzato; yogurt

Pasta fresca preconfezionata +4 °Co sfusa

Prodotti di gastronomia con +4 °Ccopertura di gelatina

Alimenti deperibili +4 °Ccon copertura o farciti con panna e crema pasticceraa base di uova e latte

Alimenti deperibili cotti da +10 °Cconsumare freddi (arrostie roast-beef, …)

Carni fresche (bovine, suine, +7 °Covicaprine, equine), selvagginagrossa anche allevata (cervo)

Pollame, coniglio, lepre, +4 °Cselvaggina piccola

Carni macinate e separate +2 °Cmeccanicamente

Preparazioni a base di carne +4 °C

Frattaglie +3 °C

Prodotti della pesca freschi, Temperatura vicina a quelladecongelati, cosce di rana del ghiaccio in fusionee lumache

Prodotti della pesca che vanno Temperatura vicina a quellaconsumati crudi del ghiaccio in fusione

Uova Temperatura costante, adatta a garantire una conservazione ottimale delleloro caratteristiche igieniche

Uova liquide +4 °C

Grassi fusi di origine animale +7 °C

Condizioni di temperatura che devono essere rispettatedurante il trasporto

Tipo di alimento Temp. di trasporto

Latte crudo trasportato in cisterna +8 °Co bidoni dalle aziende di produzioneai centri di raccolta ovvero direttamenteagli stabilimenti di trattamento termicoe confezionamento per il consumo diretto

Latte crudo trasportato in cisterna da 0 °C a +4 °Cdai centri di raccolta agli stabilimentidi trattamento termico e confezionamento per il consumo diretto

Latte pastorizzato trasportato in cisterna da 0 °C a +4 °Cda uno stabilimento di trattamento termicoad altro stabilimento termicoe confezionamento per il consumo diretto

Latte pastorizzato, in confezioni da 0 °C a +4 °C

Prodotti lattiero-caseari (latti fermentati, da 0 °C a +4 °C panna o crema di latte, formaggi freschiricotta)

Burro e burro concentrato (anidro) da +1 °C a +6 °C

Prodotti della pesca freschi da 0 °C a +4 °C(da trasportare sempre sotto ghiaccio)

Carni da –1 °C a +7 °C

Pollame e conigli da –1 °C a +4 °C

Selvaggina da –1 °C a +3 °C

Frattaglie da –1 °C a +3 °C

Molluschi bivalvi +6 °C

Gelati alla frutta e succhi di frutta congelati –10 °C

Altri gelati –15 °C

Prodotti della pesca congelati o surgelati –18 °C

Altre sostanze alimentari surgelate –18 °C

Burro o altre sostanze grasse congelate –15 °C

Frattaglie, uova sgusciate, pollame –15 °Ce selvaggina congelata

Carni congelate –15 °C

Altre sostanze alimentari congelate –15 °C

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da essi l’acqua che contengono e che,in breve tempo, li farebbe deteriorare.

L’essiccazione domestica •L’essiccazione domestica si effettuaesponendo l’alimento al caloredell’irraggiamento solare, come accade,in particolare, per certi tipi di frutta eper lo stoccafisso. Questo metodonaturale, tuttavia, richiede moltotempo per eliminare l’acqua daglialimenti, oltre a non preservarlitotalmente da eventuali contaminazionida parte dei microrganismi presentinell’ambiente. Inoltre, le proprietànutritive e organolettiche dei prodottisi modificano anche molto, a secondadelle condizioni climatiche nelle qualisi effettua l’essiccazione e del tipo dialimento.Fra i cambiamenti più frequenti, eindesiderati, ricordiamo:

• la formazione di croste;• la denaturazione delle proteine; • l’irrancidimento ossidativo dei lipidi

(evitabile aggiungendo all’alimentoacido ascorbico, un antiossidante);

• la caramellizzazione dei glucidi;• la perdita di proprietà delle vitamine

termolabili, come, per esempio, laC e quelle del gruppo B.

casi a opera di microrganismi, inparticolare batteri, che provocanocambiamenti nelle caratteristicheorganolettiche (odore, sapore,consistenza e colore) del prodotto.Grazie a queste tecniche diconservazione, inoltre, si possonopreservare gli alimenti in luoghidiversi da quelli di produzione e instagioni differenti da quelle diraccolta, ottenendo così un’economiadi spesa ed evitando il deprezzamentodovuto all’esubero dei prodotti. Le varie tecniche di conservazione,infine, rispondono pienamente alleesigenze attuali di mercato, cherichiedono sempre più alimenti pronti,per venire incontro alla scarsadisponibilità di tempo da dedicare allapreparazione dei cibi.

LA CONSERVAZIONE CON METODI FISICIIl caldo e il freddo sono le duecondizioni estreme sulle quali sibasano tutti i principali metodi fisicidi conservazione degli alimenti, se siecludono alcune tecniche cheprevedono l’impiego di radiazioni(meno utilizzate, però, delleprecedenti). La conservazione conmetodi fisici avviene agendo sulprodotto in diversi modi, ma, nellamaggior parte dei casi, gli effetti sonosoprattutto a carico dell’acquapresente negli alimenti, alla quale èfatto cambiare stato fisico, portandolain forma di vapore o di solido(ghiaccio).

L’essiccazione

Durante l’essiccazione, gli alimentisono esposti all’aria calda, che puòessere naturale (atmosferica) oartificiale (ventilazione forzata). In tal modo si provvede ad allontanare

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Per quanto riguarda il flusso d’aria, gliessiccatori industriali possono essere:

• a flusso verticale, contenenti unaserie di ripiani rotondi, sovrapposti,con l’elettroventola alla base deiripiani stessi o, talvolta, al di sopra;

• a flusso orizzontale, con ripiani, diforma rettangolare o quadrata, chepossono essere sovrapposti, quindi adiretto contatto l’uno con l’altro,oppure sistemati su guide discorrimento; tale disposizioneconsente al flusso di aria calda unacircolazione che facilital’essiccazione anche di grandiquantitativi di alimenti.

Sempre a livello industriale esistonoaltre due modalità di essiccazione:

• su tamburi cilindricisurriscaldati, sopra i quali si facadere un sottile film di liquidodell’alimento da essiccare che, unavolta diventato una pellicolasottile, viene rimosso mediantecoltelli o con sistemi pneumatici;

• a spruzzo (spray dry), con il qualel’alimento, concentrato e riscaldatoin precedenza, viene sminuzzato inpiccolissime particelle, mediantearia calda e secca inviata ad altapressione in un recipiente in co-corrente o in controcorrente.

Gli alimenti che si possono ottenerecon queste tecniche sono, peresempio, il latte e i pomodori inpolvere. Tuttavia, gli effetti che siconseguono con entrambi i metodi e,in particolare con lo spray dry, sonosoltanto in parte positivi. Infatti, se laperdita d’acqua (nell’alimento restasoltanto il 2-3% di liquidi) ha il pregiodi arrestare l’attività batterica, nellostesso tempo modifica le proprietàorganolettiche del prodotto, con ladenaturazione delle proteine e laperdita delle vitamine termolabili.

Come essiccare correttamentegli alimenti • Il processo diessiccazione richiede alcunemanipolazioni preliminari dei cibi. Ifrutti e gli ortaggi di grossa taglia nonpossono essere essiccati interi osemplicemente divisi a metà, madevono essere tagliati in fette, pezzi,cubetti, striscioline, ecc. Le forme e ledimensioni del taglio dipendono dallecaratteristiche del prodotto. Poichél’essiccazione avviene per evaporazionedell’acqua contenuta nelle celluledell’alimento, essa deve attraversarenumerosi strati cellulari (ce ne possonoessere più di 10 per ogni millimetro dispessore) prima di raggiungere lasuperficie. Pertanto, quanto più spessesono le fette, tanto più lungho sarà ilpercorso da effettuare e, diconseguenza, il tempo di essiccazione,a parità di condizioni ambientaliesterne. Con un po’ diapprossimazione, quindi, si può direche uno spessore doppio richiede untempo di essiccazione pressochéraddoppiato. L’esperienza hadimostrato che lo spessore delle fettedeve essere per lo più compreso fra 4 e

Vi sono, però, numerosi aspettipositivi a favore di questo sistema diconservazione; in particolare:• non si aggiungono prodotti

chimici;• i consumi energetici, dal punto di

vista economico, sono nulli olimitati (quando dovesse mancarel’irraggiamento naturale);

• il volume del prodotto può ridursidell’80-90%.

L’essiccazione industriale • Per quanto concerne la produzionealimentare di tipo industriale, laconservazione dei prodotti avvienemediante essiccatori appositi, chesono costituiti da:

• una sorgente di calore,rappresentata, in genere, da unaresistenza elettrica, azionabilemediante un termostato;

• un’elettroventola, per far circolarel’aria calda intorno agli alimenti;

• alcuni ripiani continui o forati, ilcui numero può variare da 2-3 finoa 10-15.

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10 mm, senza con questo escludere lapossibilità di fare anche fette piùspesse. Il pesce, invece, primadell’essiccazione deve essere aperto esalato, per evitare la proliferazione dibatteri, anche se, nonostante tutte leprecauzioni, talvolta si sviluppanospecie alofile (dal greco alòs, sale),che vivono in condizioni ipersaline.

Il giusto grado di essiccazione

Per decidere quando un certo prodottoha raggiunto un grado di essiccazioneadeguato per i nostri scopi, è sufficientecontrollare il comportamento dei varialimenti nel corso del processo.All’inizio, infatti, essi perderannoabbastanza rapidamente l’umidità, conuna sensibile diminuzione di volume edi peso, nonché con un gradualeaumento della consistenza al tatto; amano a mano che il processo volgerà altermine, queste trasformazionirallenteranno gradualmente, fino afermarsi del tutto. Ogni prodotto in fase di essiccazioneraggiungerà, pertanto, una condizionedi equilibrio dell’umidità interna,dipendente dal tipo di frutto o di

ortaggio e dalle condizioni ambientaliin cui si opera.

Le condizioni di conservazione dei prodotti essiccati

Prima di riporre il prodotto per laconservazione, bisogna assicurarsi chesia perfettamente secco, cioè conl’umidità inferiore al 13-15% . Unprodotto essiccato può essereconservato per alcuni mesi, anche atemperatura ambiente, se posto inluogo fresco e asciutto. In casocontrario o se le chiusure dei recipientinon sono ermetiche, si incorre nellaformazione di muffe. Talvolta, però,nonostante tutte le accortezze,potrebbero svilupparsi larve simili aquelle della farina, poiché lacontaminazione è avvenuta sullapianta o in tempi successivi, se si trattadi un prodotto vegetale, o durante leoperazioni precedenti al trattamento dispray dry o di essiccazione su tamburi.

Per evitare tale inconveniente èsufficiente mettere il prodotto in fornoper circa 15 minuti a 80 °C,realizzando una sorta dipastorizzazione, facendolo poiraffreddare prima di riporlo inrecipienti ermetici. In ogni caso i prodotti sottoposti aessiccazione devono essere protetti dainsetti e altri animali per evitarepericolose infestazioni, le qualipotrebbero introdurre speciemicrobiche, in particolare batteri,nell’alimento.Seguendo alcune procedure idonee, ècomunque possibile evitare moltiinconvenienti di natura microbicadopo l’essiccazione. Infatti:

• prevenendo la riumidificazionedell’alimento, la disponibilità diacqua (aW) al suo interno risultatroppo bassa per consentire lacrescita microbica nella maggiorparte dei prodotti;

• ad alcuni prodotti (come frutta euova) si può applicare un processodi pastorizzazione dopol’essiccazione;

• la reidratazione di alimentiliofilizzati da consumare cotti vaeffettuata ad alta temperatura (95-100 °C) per distruggere glieventuali microrganismi patogenisopravvissuti.

La microfiltrazione

Mediante la microfiltrazione sirimuovono le particelle solide presentiin un fluido facendolo passareattraverso una membrana i cui porihanno un diametro che varia da 0,1 a10 μm (1 μm = 10–6 m).Si ricorre a questo procedimento, peresempio, per rendere potabile l’acqua,eliminando così batteri e altrimicrorganismi patogeni. Con lo stessoscopo lo si usa, nell’industria

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alimentare, a carico di latte, succhi difrutta, birre speciali e vino. In questiprodotti, tale tecnica sta sostituendo lapastorizzazione, poiché lamicrofiltrazione preserva lecaratteristiche organolettichedell’alimento. Nel settore caseario, invece, lemembrane utilizzate per lamicrofiltrazione hanno pori deldiametro di 1,4 μm, per consentire ilpassaggio della caseina, costituita daalcune fosfoproteine del latte, cheformano micelle piuttosto grandi(sovramolecolari).

La congelazione

La congelazione è un metodo moltoefficace per conservare gli alimentiestremamente deperibili, poichédistrugge dal 30% al 70% dei batteripresenti. Anche se non consente lasterilizzazione totale del prodotto, essariduce di molto l’attività delle cellulemicrobiche vive e degli enzimieventualmente prodotti. Nonostante la congelazione sia moltoidonea ai fini della conservazionedegli alimenti, essa determina ildeterioramento delle qualitàorganolettiche originarie: nel pescecongelato, per esempio, intervengonofenomeni di denaturazione proteica,di ossidazione dei lipidi e didisidratazione del prodotto.Inoltre, il ghiaccio, espandendosidentro le cellule dell’alimento,modifica la struttura dei tessutianimali, diminuendone il valorenutritivo e provocandone ilrammollimento. Se si mantiene, però,una temperatura compresa fra –25 °Ce –30 °C, questi fenomeni siriducono, permettendo di preservarele qualità organolettichedell’alimento. Una modalità di congelazione moltopraticata da alcuni anni è quella

effettuata in mare, che consente aipescherecci di restare per un tempopiù lungo nelle aree di cattura e disbarcare, quindi, un prodotto diqualità elevata. La tecnica della congelazione in mare,oltre ad abbattere i costi dellesuccessive manipolazioni, consente dimantenere altissima la qualità delpescato, grazie alla produzione difiletti senza spine, nonché di prodottiittici decapitati, sgusciati e precotti.Quest’ultima procedura riguarda in

particolare i crostacei, per i quali, ilcongelamento a bordo, oltre adaumentare in maniera rilevante lashelf-life del prodotto, consente anchedi accrescerne la qualità estrinseca.Infatti, in tal modo, si elimina quasidel tutto l‘utilizzo degli additivichimici (bisolfito), largamente usati intutto il mondo per evitare lealterazioni del carapace, ma che,durante il decongelamento,impregnano la carne dei crostacei diun retrogusto a volte nauseante.

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La surgelazione

Nel corso del processo disurgelazione il prodotto, nel tempomassimo di 4 ore, è portato almenoalla temperatura di –18 °C. Latendenza odierna, però, è quella diabbassare la temperatura fino a –30 °C per un tempo che dipende dalcalibro del prodotto, anche se,comunque, lo stato termico deveessere raggiunto al cuore; oltre talevalore di temperatura, tuttavia, non èpiù corretto parlare di surgelazione,bensì di crioconservazione.La surgelazione permette di conseguirenumerosi vantaggi, tra i quali vannoricordati:

• la rapida fissazione dellecaratteristiche originarie dei tessutidel prodotto fresco;

• il blocco o il marcatorallentamento dei processibiochimici degradativi;

• la microcristallizzazione dell’acquanelle cellule del prodotto, che intal modo si preservano meglio;

• una notevole riduzione del liquidoallo sgocciolamento del prodotto,

quando, cioè, si desidera utilizzarlo;di conseguenza, il suo valorenutritivo ha un calo minore.

Le condizioni ottimali sono raggiunte,tuttavia, con la surgelazione IQF(Individual Quick Freezing), che siottiene immergendo il prodotto in unliquido nitrogenico (a base di azoto) lacui temperatura è di –196 °C (–320°F). Tale metodo previene lealterazioni superficiali, minimizza ladisidratazione, mantenendo leproprietà organolettiche del prodotto.

La surgelazione criogenica • La surgelazione criogenica si avvaledi una tecnologia d’avanguardia, oltreche a basso impatto ambientale, cheimpiega due gas presentinell’atmosfera: l’azoto e l’anidridecarbonica liquidi.Utilizzando questi due gas, infatti, èpossibile regolare meglio il valore dellebasse temperature, conservando lecaratteristiche del prodotto fresco.Inoltre, se con il freddo prodotto dallemacchine di refrigerazione si possonoraggiungere i – 40 °C, con l’anidridecarbonica liquida si toccano i – 80 °C,

mentre con l’azoto liquido si giungefino a –196 °C, con una rapiditàmolto superiore rispetto agli altrimetodi e bloccando qualsiasifenomeno di degradazione batterica.

La refrigerazione

La refrigerazione è un metodo diconservazione nel quale latemperatura, pur essendo bassa,permette all’acqua contenutanell’alimento di non solidificare,mantenendo così intatte le strutturecellulari. Questo metodo può essereapplicato anche in atmosferacontrollata (basse concentrazioni diossigeno) su frutta e ortaggi, ma, in talcaso, la conservabilità del prodotto èlimitata a pochi giorni.Il prodotto ittico, invece, vieneconservato tra 0 e 1°C in cellefrigorifere o mescolato a ghiaccio inscaglie e posto in scatole di polistirolo.Il pesce, in particolare, è conservatointero, sviscerato, oppure in filetti, inconfezioni sottovuoto o in atmosferamodificata. In queste ultimecondizioni lo si può conservare per 9-10 giorni, mentre nel ghiaccio nonpuò essere superata la settimana.

La catena del freddo

La catena del freddo si compone ditutte le fasi, di trasporto, stoccaggio edesposizione presso il punto vendita,nelle quali devono essere rispettatispecifici valori di temperatura.Tuttavia, anche la catena del freddopuò presentare alcune aree critiche,cioè particolari momenti in cui iprodotti subiscono sbalzi termici, cherisultano deleteri per la correttaconservazione degli alimenti. Perspiegarci meglio, prenderemo inconsiderazione le aree criticherilevabili, per esempio, nella filiera

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ittica e le operazioni che sonoeffettuate nei vari passaggi.

• Cattura e primocondizionamento. Il pescato,dopo essere stato selezionato epulito, è stivato o ricoperto dighiaccio in celle frigorifere, a unatemperatura compresa tra 0 e 4 °C,oppure collocato in celle dicongelamento, dove la temperaturascende a valori tra –20 e –30 °C.

• Trasporto e primo controllo diqualità. In banchina, il pesce ècaricato su automezzi, sempre atemperatura refrigerata-congelata,per raggiungere lo stabilimento dilavorazione, dove è controllato daveterinari e analisti di laboratorio,per verificare che sia esente dagermi e, quindi, idoneo perl’alimentazione umana.

temperatura costante. È benemantenere spazi liberi nei corridoiintorno alle celle, per consentire lacircolazione dell’aria diraffreddamento, ed effettuare lamanutenzione delle guarnizionidelle porte, per evitare rotture dellacatena del freddo. Inoltre, attornoalle porte delle celle si deve evitarela formazione di ghiaccio econdensa, utilizzando perl’illuminazione lampadefluorescenti, che non riscaldanol’ambiente.

• Logistica di distribuzione.Mediante automezzi frigoriferi, incui la temperatura è di –18 °C, ilprodotto è trasportato ai grossisti oai punti vendita, dove è collocatonei banchi frigoriferi, al cui internola temperatura deve essere sempredi –18 °C.

La conservazione degli alimenti in ambienti refrigerati

Nei frigoriferi o nelle celle latemperatura non è costante in ogniloro settore. Riferendoci ora a unfrigorifero, poiché è certamente ilmacchinario più impiegato, vediamocome, sfruttando questo aspetto, èpossibile conservare alimenti diversi.

• È bene sistemare i derivati dellatte, gli affettati e tutti queglialimenti che devono esserepreservati al freddo dopo l’aperturadella loro confezione nella partecentrale del macchinario, cioè allatemperatura di 4-5 °C, oppure inalto, a 8 °C.

• I cassetti in basso nel frigorifero,dove la temperatura è di circa

Produzione

Lavorazione dei prodotti

e imballaggio

Magazzino frigorifero

Magazzino frigorifero

Vendita al dettaglio

e all’ingrosso

Trasporto Vendita Consumo

• Condizionamento. Nel terzopassaggio della catena, il prodotto èdistinto in due parti, l’una inviatadirettamente ai mercati di vendita,l’altra da trasformare. Quest’ultima è collocata in celle direfrigerazione o di congelazione, inattesa di essere confezionata nelleunità di vendita.

• Mantenimento. Il prodotto, unavolta confezionato, è stoccato incelle a –18 °C e mantenuto a

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10 °C, servono a conservare fruttae verdura;

• Negli sportelli, che si trovano acirca 10-15 °C, si possono riporreburro, maionese e bibite varie.

In generale, per utilizzare al meglio unfrigorifero, è utile fare proprie alcuneregole pratiche:

• non lo si deve riempire troppo,perché altrimenti l’aria non circolabene, ostacolando così ilraffreddamento; inoltre, di tanto intanto è necessario sbrinarlo,pulendolo con acqua e aceto persanificarlo;

• alcuni tipi di verdura, comepomodori e zucchine, non hannobisogno di refrigerazione, così comela frutta non ancora matura;

• il pane conservato in frigoriferodiventa raffermo più in fretta;

• in estate si deve abbassare latemperatura del refrigeratore,aprendo lo sportello soltantoquando è veramente necessario erichiudendolo subito dopo;

• per conservare meglio i varialimenti, si deve avvolgere ognunodi essi nella carta o collocarli incontenitori con il coperchio,affinché non perdano la loroumidità;

• gli alimenti devono essereconservati in frigorifero soltantoper il tempo indicato sull’etichetta;

• non si devono mai riporre infrigorifero gli alimenti ancora caldi,perché, oltre a sottoporre ilmacchinario a uno sforzosupplementare per riequilibrare ilcalore aggiunto, la temperaturainterna aumenta, provocando unoshock termico agli altri alimenti.

La liofilizzazione

La liofilizzazione consistenell’essiccazione di un prodotto persublimazione dell’acqua contenuta inesso, ed è denominata anche crio-essiccamento. Per realizzarla bisognaoperare a temperature inferiori a 0 °Ce a bassa pressione, fino al sottovuoto.

Il processo di liofilizzazione iniziacongelando gli alimenti tritati, chevengono portati a una temperaturacompresa tra –30 e –50 °C, bloccando,così, i processi degenerativi. In seguitosi procede con l’essiccazionesottovuoto spinto. Le confezioni diprodotto vengono poi sigillateermeticamente, per mantenere il gradodi secchezza raggiunto (inferiore all’1-2% massimo di umidità).La completa disidratazionedell’alimento, oltre a non alterare lesue caratteristiche originarie, consentedi ottenere prodotti (liofilizzati) di pesoe volume nettamente inferiori (da 1/4a 1/10) rispetto a quelli di partenza,con vantaggi anche per il trasporto el’immagazzinamento.Con questa procedura lecaratteristiche nutritive e la formadegli alimenti restano invariate,mentre la loro struttura diventaspugnosa, ma possono essere reidratatipiù facilmente rispetto a quelliessiccati.Attualmente, questa tecnica trovasvariate applicazioni, fra le quali lapreparazione di brodi, minestroni,pappe per bambini, carni e verdureomogeneizzate.

La pastorizzazione e la sterilizzazione

La pastorizzazione e la sterilizzazionesono trattamenti termici che,sfruttando l’azione battericida delcalore, riescono a disattivare gli enzimie a distruggere gran parte deimicrorganismi presenti nell’alimento,anche se alcune forme possonocomunque sopravvivere. La durata del trattamento varia con lanatura del prodotto e col grado dicontaminazione: più elevata è la caricamicrobica iniziale (bioburden) e piùdrastico deve essere il trattamentotermico.

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La pastorizzazione • Si deve al microbiologo francese Louis Pasteurl’invenzione, alla fine dell’Ottocento,del metodo della pastorizzazione,consistente in un trattamento termicoche rende inattivi gli enzimi, i qualidegraderebbero l’alimento, e distruggebuona parte dei germi patogenipresenti nel prodotto. Lespore batteriche e imicrorganismitermofili, però, nonsono eliminati alletemperature dellapastorizzazione,comprese tra 50 °C e 60 °C; diconseguenza, questatecnica è solitamenteaccoppiata ad altri metodicome, per esempio, la refrigerazione.La pastorizzazione può essere:

• bassa (60-65 °C per 30 minuti),utilizzata principalmente per labirra e il vino;

• alta (>75-85 °C per circa 10-15secondi), impiegata soprattutto peril latte e i suoi derivati.

I liquidi possono essere sottopostianche alla pastorizzazione HTST

Per il latte, in particolare, si usa ilmetodo UHT (Ultra HighTemperature) in cui si raggiungonoalmeno i 121 °C, per pochi secondi,con il risultato di distruggere buonaparte delle spore e delle formemicrobiche.In sintesi, per sterilizzare si possonoimpiegare vari metodi, vale a dire:

• sterilizzazione classica, che si effettuasu alimenti inscatolati, allatemperatura di 100-120 °C per più di 20 minuti;

• UHT indiretto, compiutosull’alimento sfuso, posto in acquadentro l’autoclave a 140-150 °C;

• UHT diretto, che consiste nelriscaldare l’alimento a 75-85 °C e nel sottoporlo poi aun getto di vapore a 130-140 °C,per pochi secondi.

In generale, con la sterilizzazione èpossibile conservare molti alimenti, frai quali confetture, sottaceti, latte,succhi di frutta, conserve, carne,verdure e pietanze già pronte.

(High Temperature Short Time), durantela quale essi scorrono tra due paretiscaldate a 75-85 °C per 15-20 secondi.

La sterilizzazione • Con la sterilizzazione il cibo vieneliberato dai microrganismi nocivitramite un trattamento a temperaturache, in genere, supera i 100 °C.

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Anche i pesci possono essere conservaticon questo metodo, in particolare leacciughe, le sarde e le aringhe. Perevitare, però, la realizzazione di prodottiscadenti e alterati, è bene che lasalagione avvenga immediatamentedopo la pesca.

Il trattamento con soluzioni zuccherine

Il meccanismo di azione dellozucchero (saccarosio) è identico aquello osmotico svolto dal sale. Inoltre,lo zucchero inibisce i processifermentativi e la moltiplicazione dibuona parte dei microrganismi. Alcunidi essi sopravvivono e, di conseguenza,si deve abbinare anche la sterilizzazione.La concentrazione di zucchero deveessere, in genere, del 65-70%, se sivogliono conservare marmellate econfetture. Se la percentuale è minore,è necessario abbinare altri metodi,compreso quello di acidificarel’alimento. La frutta candita si conserva senzasterilizzarla perché contiene meno

• a umido, detta anche salamoia, checonsiste in una soluzione di acqua esale al 10% (salamoia debole), al18% (salamoia media) e al 25-30%(salamoia forte); si tratta di unsistema più rapido di quello a seccoma meno efficace.

Per quanto riguarda le carni, si puòanche iniettare acqua salata nei muscolie nel sistema arterioso (siringatura),come nel caso dei prosciutti. La carne èadatta alla salagione, basti pensare agliinsaccati, ma a suo carico avvengonoalcune variazioni come:

• l’aumento di acidità;• la denaturazione delle proteine

muscolari;• la diminuzione del valore

nutrizionale, poiché si perdono saliminerali e vitamine;

• l’accelerazione dell’ossidazione deilipidi;

• la variazione di colore.

LA CONSERVAZIONE CON METODI CHIMICII metodi chimici di conservazione(per esempio, l’aggiunta di sale o dizucchero) sono sistemi più economicirispetto a quelli fisici a cui devonocomunque essere abbinati, poiché dasoli non sono sufficienti.

La salatura

La salatura, o salagione, è forse ilsistema di conservazione più antico.La sua efficacia dipende dal fatto chele cellule dei microrganismi, se sonoimmerse in una soluzione salina,perdono acqua per osmosi, morendo.Esistono due tipi di salatura:

• a secco, ottenuta cospargendo glialimenti di sale e sfregandoli ditanto in tanto, oppure impilandoliin modo alternato con il sale;

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acqua libera, mentre la fruttasciroppata, che ha una concentrazionedi zucchero compresa tra il 18-25%,deve essere sterilizzata. I prodotti trattati con questa tecnicadevono essere tenuti in contenitorichiusi, al riparo dall’umidità, perevitare che le muffe trovino nellozucchero un substrato adatto percrescere.

La marinatura

La marinatura consistenell’immergere l’alimento in sostanzeacide, come aceto, succo di limone ovino, a volte abbinate a olio e a spezie:si tratta di una conservazione a brevetermine, che ammorbidisce le fibremuscolari della carne, elimina saporiforti, come quelli della selvagginaoppure “cuoce” a freddo, come nelcaso del carpaccio.I tempi necessari per una buonamarinatura variano a seconda delledimensioni del pezzo impiegato, che,se è grande, si consiglia di incidere,per aumentare la superficie di contatto

con la marinata. Inoltre, a temperaturaambiente, il processo è più rapido,mentre è rallentato alle bassetemperature.

La conservazione nell’aceto

La conservazione nell’aceto, da solo oin abbinamento con altre tecniche, sicompie grazie all’acido acetico che sitrova diluito nell’aceto stesso,abbassando il pH della soluzione.L’aceto, inoltre, deve possedere più del6% di acidità totale e una quantitàresidua di alcol non superiore all’1,5%. Per realizzare la preparazione conl’aceto, i vegetali, come cetrioli,cipolline, peperoni, funghi e verduremiste, vengono ridotti a piccoli pezzi,sbollentati e sgocciolati, quindiimmersi nell’aceto di vino, in generebianco, perché non altera il coloredegli alimenti.Nel caso di prodotti ittici, come learinghe, la conservazione può avvenirein due modi:

• a freddo, previa salagione;• a caldo, per immersione in una

salamoia con il 2-3% di aceto e il4-5% di sale.

La conservazione nell’alcol

L’alcol è usato per conservare glialimenti poiché, quando la suaconcentrazione è superiore al 60%-70%,i microrganismi non possonosvilupparsi: infatti, tranne che per lespore batteriche, l’alcol è letale per tuttele forme vegetative.Nel caso si debba conservare la frutta,come ciliegie, albicocche e prugne,all’alcol, in genere contenuto nelmaraschino o nel rum, si aggiungeanche zucchero, incrementando così ilpotere conservante.

La conservazione in atmosfera protettiva

Per conservare in atmosferaprotettiva, durante ilconfezionamento di un prodotto, l’ariaè sostituita con una miscela di gas,solitamente azoto e anidridecarbonica, sottraendo così l’ossigeno aimicrorganismi aerobi (che necessitanodi questo gas), preservando molto piùa lungo l’alimento e prolungandone loshelf-life. Inoltre, con questotrattamento, si conservano benel’aroma, il sapore, il colore e tutte leproprietà nutrizionali e organolettichedei vari prodotti. L’atmosferaprotettiva, però, non uccide imicrorganismi già presentinell’alimento; di conseguenza, perottenere il massimo dei risultati, èfondamentale l’igiene di tutta la lineaproduttiva.Questo metodo di conservazione èimpiegato per la preparazione diformaggi, carni e piatti pronti, maanche per quella di caffè istantaneo,latte in polvere e succhi di limone,fino alle verdure e ai funghi.

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LA CONSERVAZIONECON I METODI CHIMICO-FISICI E BIOLOGICINel campo della conservazione deglialimenti si impiegano anche metodiche si avvalgono di più agenticonservanti, associando, quindi, lecomponenti fisiche, chimiche e, inalcuni casi, quelle biologiche.

sostanze cancerogene. Per questomotivo, talvolta, vengono usatiaromatizzanti per simularel’affumicatura, anche se il risultato èspesso deludente. La tecnica dell’affumicatura è usatasoprattutto per conservare pesce, carnee salumi; è possibile prolungarnel’azione abbinandola alla salagione eall’essiccamento. I pesci sottoposti ad affumicatura sono,

da alcune specie di lieviti e di batteri,capaci di produrre sostanze cheimpediscono il deperimentodell’alimento.Questi processi chimico-biologiciaumentano la conservabilità deglialimenti di origine animale edistruggono le componenti tossicheeventualmente presenti in essi, ma,nello stesso tempo, ne modificano ilgusto e la composizione.

in genere, i salmoni, le sardine, letrote, le anguille, le aringhe e glistorioni. Per quanto riguarda la carne,si ricorre a questa tecnica nei casi diprodotti come, per esempio, pancetta,salsiccia e prosciutto cotto, vale a direper quegli alimenti che possono essereconservati per alcuni mesi atemperature poco sopra lo zero.

La fermentazione

La fermentazione è un metodobiologico che sfrutta l’azione dimicrorganismi (fermenti) rappresentati

L’affumicatura

L’affumicatura si svolge esponendol’alimento al fumo di vari tipi di legna(quercia, abete e pino o piantearomatiche, come salvia, alloro erosmarino) per vari giorni allatemperatura di 25 °C, oppure soltantoper poche ore a 70-100 °C. Conquesto metodo sono sfruttati sia aspettifisici, come la disidratazione operatadal calore, sia l’azione chimica dellesostanze contenute nel fumo, il quale ècomposto da una fase gassosa,responsabile dell’aroma, e da una fasesolida, che contiene, però, anche

Esistono tre tipi principali difermentazione:

• alcolica, usata per produrre pane,vino e birra, grazie a lieviti delgenere Saccharomyces chetrasformano il glucosio in alcoletilico e anidride carbonica;

• lattica, svolta da batteri dei generiLactobacillus e Streptococcus, chetrasformano il lattosio in acidolattico, fondamentale per produrreformaggi e yogurt, ma importanteanche nella maturazione degliinsaccati;

• propionica, favorita dal

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Proprionibacterium, che trasforma glizuccheri semplici in acidopropionico e anidride carbonica; èla fermentazione che produce i foritipici del formaggio svizzero.

L’aggiunta di additivi

L’additivo alimentare è una sostanzache normalmente non è consumatacome alimento in sé ma lo diventadopo essere stata aggiunta ai variprodotti durante una delle fasi del lorotrattamento.Gli additivi sono essenziali perconservare la qualità e le caratteristichedegli alimenti, mantenendo il cibosicuro e, nello stesso tempo, appetitoso.La loro sicurezza è provata da vari studie ne è consentito l’uso, secondo dosiben definite, soltanto per un’esigenzatecnologica documentata. Il loro profilotossicologico, inoltre, è costantementemonitorato da organizzazioni nazionali einternazionali, anche se si devericordare che molti additivi sonocostituenti naturali, come l’acido citrico

(dagli agrumi), la lecitina (dalla soia) ele pectine (dalla frutta in genere). Apartire dal 1962, l’uso degli additivinell’industria alimentare è consentito,secondo la Legge 30 aprile 1962, n. 283,soltanto a seguito di un’autorizzazionecon decreto del Ministero per la sanitàe, dal 1996, l’impiego è statodisciplinato da direttive del Parlamentoitaliano e del Consiglio europeo.Infine, il 16 dicembre 2008 sono stateemanate nuove disposizionicomunitarie, cioè il Regolamento (CE)n. 1331/2008 e il Regolamento (CE) n.1333/2008 del Parlamento europeo edel Consiglio, che regolamentano icosiddetti “migliorativi alimentari” estabiliscono un’unica procedura per laloro autorizzazione.Secondo il Regolamento (CE) n.1331/2008, gli additivi alimentari, glienzimi e gli aromi possono esserecommercializzati e impiegati neglialimenti soltanto se inclusi in appositeliste pubblicate dell’Autorità Europeaper la Sicurezza Alimentare. Lo stessoregolamento, che modifica soltanto inparte la normativa vigente, prevede il

trasferimento degli additivi alimentarigià autorizzati negli allegati II e III dellostesso regolamento. Tuttavia, finchénon sarà completato il nuovoregolamento, continueranno a essereapplicate le disposizioni del Decreto 27febbraio 1996 n. 209 e successivemodifiche.La disciplina del 2008, però, prevedeimportanti adempimenti:

• a partire dal 20 luglio 2010 glialimenti contenenti i coloranti E 102, E 104, E 110, E 122, E 124 edE 129 devono riportare sull’etichettadella loro confezione le informazionipreviste nell’allegato V delRegolamento (CE) n. 1333/2008;tuttavia, gli alimenti presenti sulmercato o etichettati prima di taledata possono essere commercializzatifino al termine minimo diconservazione o data di scadenza; aquesto proposito si vedano gliarticoli 24, 31 e l’allegato V delRegolamento (CE) n. 1333/2008;

• a partire dal 20 gennaio 2011, iproduttori di edulcoranti da tavolasono tenuti a informare iconsumatori sull’uso corretto deiloro prodotti, mediantel’etichettatura ma anche con sitiInternet specifici, attraverso lineed’informazione destinate aiconsumatori o direttamente nelpunto di vendita.

In termini generali, quandosull’etichetta di un prodotto troviamola lettera “E” seguita da un numero,per esempio E 212, ciò significa chequel prodotto contiene un additivo oun colorante autorizzato dall’UnioneEuropea.

Ai sensi del Regolamento (CE) n. 1333/2008, gli additivialimentari sono classificati in categoriesulla base della loro funzionetecnologica come indicato nellatabella alla pagina seguente.

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Acidificanti Aumentano l’acidità del prodotto conferendogli un sapore aspro.

Addensanti Aumentano la viscosità di un prodotto alimentare, come condimenti per insalate e latte aromatizzato. In natura troviamo la gelatina e la pectina.

Agenti antischiumogeni Impediscono o riducono la formazione di schiuma.

Agenti di carica Contribuiscono ad aumentare il volume di un prodotto alimentare senza partecipare in modo significativoal suo valore energetico disponibile.

Agenti di resistenza Rendono o mantengono croccanti i tessuti dei frutti o degli ortaggi.

Agenti di rivestimento Sono sostanze che, applicate alla superficie esterna di un prodotto alimentare, gli conferiscono (inclusi gli agenti lubrificanti) un aspetto brillante o gli forniscono un rivestimento protettivo.

Agenti di trattamento Si tratta di sostanze che vengono aggiunte alla farina o a un impasto per migliorarne le qualità delle farine di cottura, con l’esclusione, però, degli emulsionanti.

Agenti gelificanti Danno consistenza a un prodotto alimentare tramite la formazione di un gel.

Agenti lievitanti Sostanze, o combinazioni di sostanze, che, reagendo, liberano gas e, in questo modo, aumentano il volume di un impasto o di una pastella.

Agenti schiumogeni Consentono di ottenere una dispersione omogenea di una fase gassosa in un prodotto alimentare liquido o solido.

Agenti sequestranti Sono sostanze che formano complessi chimici con ioni metallici.

Agenti umidificanti Impediscono l’essiccazione degli alimenti, contrastando la scarsa umidità atmosferica, oppure promuovono la dissoluzione di una polvere in un ambiente acquoso.

Amidi modificati Sostanze ottenute mediante uno o più trattamenti chimici, fisici ed enzimatici a carico di amidi alimentari; possono essere acidi o alcalini, diluiti o bianchiti.

Antiagglomeranti Riducono la tendenza delle particelle che compongono un prodotto alimentare ad aderire l’una all’altra.

Antiossidanti Proteggono gli alimenti dall’ossidazione, che può causare l’irrancidimento e la variazione di colore dei prodotti.

Coloranti La maggior parte di essi è di origine sintetica e servono a rendere più invitanti alcuni alimenti.

Conservanti Prolungano la conservazione degli alimenti impedendo la proliferazione di microrganismi patogeni.

Edulcoranti Conferiscono sapore dolce agli alimenti e sono utili nella preparazione di prodotti ipocalorici o dieteticispeciali (per esempio, per diabetici).

Emulsionanti Sono sostanze che rendono possibile la formazione o il mantenimento di una miscela omogenea, composta da due o più fasi immiscibili, come olio e acqua, in un prodotto alimentare (per esempio, margarina e gelato).

Esaltatori di sapidità Esaltano il sapore e/o la fragranza già esistente in un prodotto alimentare.

Gas d’imballaggio Gas differenti dall’aria, introdotti in un contenitore prima, durante o dopo avervi immesso un prodotto alimentare.

Propellenti Gas differenti dall’aria che espellono un prodotto alimentare da un contenitore.

Regolatori dell’acidità Sostanze che controllano l’acidità o l’alcalinità di un prodotto alimentare.

Sali di fusione Disperdono le proteine contenute nel formaggio, realizzando in tal modo una distribuzione omogenea dei grassi e di altri componenti.

Stabilizzanti Componenti che rendono possibile la conservazione dello stato fisico-chimico di un prodotto alimentare.Essi comprendono: le sostanze che rendono possibile il mantenimento di una dispersione omogenea di due o più sostanze immiscibili in un prodotto alimentare, quelle che stabilizzano, trattengono o intensificano la colorazione esistente di un prodotto alimentare e le sostanze che aumentano la capacità degli alimenti di formare legami, compresi quelli incrociati tra le proteine, in modo tale da consentire il legame delle particelle per la formazione dell’alimento ricostituito.

Supporti Modificano fisicamente le sostanze aggiunte agli alimenti allo scopo di facilitarne la manipolazione.

Utilizzi degli additivi alimentari

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I NUOVI STRUMENTI PER LA SICUREZZAALIMENTAREDopo l’emanazione del PacchettoIgiene nel 2004, la sicurezzaalimentare può contare su alcuniaspetti operativi di fondamentaleimportanza, consistenti in:

• valutazione del rischio a caricodei prodotti alimentari e deiprocedimenti a cui sono sottoposti;

• effettuazione di controlli checoinvolgono gli alimenti lungo laloro filiera produttiva,considerando le procedure ditracciabilità e di rintracciabilità deiprodotti stessi;

• attribuzione di responsabilità sia acoloro che operano nel settorealimentare e della ristorazione, siaal consumatore, che non deveessere più un semplice fruitore, maun attore partecipe delmantenimento della sicurezza deglialimenti.

La filiera alimentare

Ogni prodotto alimentare immesso sulmercato per giungere al consumatorefinale ha una sua storia, che possiamoidentificare con la filiera in cui èinserito, che, partendo dai campi doveè stato coltivato, prosegue nell’aziendache l’ha trasformato in un derivato oin un prodotto finito, per poi giungeresulla tavola del consumatore. È interessante notare che, mentre inpassato il consumo alimentare sibasava su filiere corte, costituite daun percorso che spesso si esaurivanello stesso territorio in cui viveva ilfruitore dei prodotti, dagli ultimidecenni del XX secolo si è vistoaumentare il numero di filierelunghe, caratterizzate da percorsi diproduzione, trasformazione,

DAL PRODUTTORE

AL CONSUMATORE

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conservazione e trasporto che spessocoinvolgevano (e coinvolgono tutt’orain molti casi) regioni e anche nazionidiverse. Questa seconda condizione difiliera determina, chiaramente, lanecessità di predisporre metodi diconservazione che talvolta sonodrastici, con la conseguenza didiminuire le qualità organolettiche enutrizionali degli alimenti. A ciò siaggiungono i fenomeni diinquinamento ambientale generatidall’uso di sostanze chimiche nel corsodella produzione primaria (per esempiofitofarmaci, concimi) e daicombustibili necessari per il trasportosu lunghe distanze dei prodotti stessi.Attualmente, però, si sta assistendo aun’inversione di tendenza, che vedecollocati in primo pianonell’attenzione dei consumatori icosiddetti alimenti a chilometrizero, i quali fanno parte di filierecorte, che spesso si esauriscono alivello locale, con percorrenze cheraramente superano i 30 km dall’areadi produzione primaria. I vantaggi di questi prodotti sonomolti:

• presentano un’elevata sostenibilitàambientale (prodotti ecosostenibili),poiché riducono l’emissione di gasserra grazie al fatto che sonotrasportati per percorsi brevi o, inalcuni casi, sono addiritturavenduti direttamente dalproduttore;

• danno maggiori garanzie difreschezza e di genuinità, poichéin genere non necessitano diprocessi di conservazione, se nonlegati, in alcuni casi, alla catenadel freddo;

• valorizzano la stagionalità deglialimenti, fonte di maggioresalubrità dei cibi;

• favoriscono il recupero delleproduzioni locali e delletradizioni alimentari.

La tracciabilità e la rintracciabilità degli alimenti

Come abbiamo osservato, un puntoimportante per il mantenimento dellasicurezza alimentare è rappresentato dadue procedure indicate comerintracciabilità e tracciabilità, chemeritano di essere considerate conattenzione, anche perché i termini cheli identificano sono molto simili, purriguardando percorsi diversi.

• La rintracciabilità, rappresenta,infatti, la possibilità di conoscerel’intero percorso seguito da uncerto alimento lungo la sua filiera,da quando arriva sul mercatoandando a ritroso verso il momentodella produzione, cioè, “dalla focealla sorgente”. Questo scopo puòessere raggiunto mediante l’esamedella documentazione fornita daivari addetti lungo la filiera stessa,così da poter intervenire in modo

immediato e capillare nel caso incui il prodotto fosse interessato daproblemi igienico-sanitari chenecessitino il suo ritiro dalmercato. L’obbligo dirintracciabilità, a partire dagennaio 2006, è relativo a tutti iprodotti alimentari immessi alconsumo.

• La tracciabilità, invece, si basa,come ricorda il termine stesso, sulletracce che l’alimento lascia lungoun percorso, più o meno lungo, chequesta volta si snoda “dallasorgente alla foce”, cioè dalproduttore al consumatore, il quale,grazie a queste informazioni, puòconoscere la storia del prodotto dicui si sta cibando. Questa secondaprocedura mira a rendereconsapevole il consumatoredell’iter che ha seguito un certocibo prima di giungere sulla suatavola, consentendogli di effettuarescelte alimentari più motivate econsapevoli.

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Gli aspettiorganizzativi

M A C R O A R E A B

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IL MERCATO RISTORATIVOE LA NEO-RISTORAZIONE

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LE CLASSI RISTORATIVEIntendendo come mercato ristorativo il punto di incontrotra la domanda e l’offerta inerenti il settore della ristorazioneinteso nel suo senso più ampio, occorre definire chi sono gliattori dell’offerta, pur mantenendo come presupposto lacentralità della domanda e, quindi, del cliente. Trattandosi,infatti, di imprese di servizi, il ruolo del cliente èfondamentale tanto che, in sua assenza, il servizio stesso nonpuò essere erogato e che il consumatore stesso partecipaattivamente all’erogazione del servizio, oltre a essernefruitore, assumendo il ruolo di prosumer (termine derivantedalla fusione di “produttore”, producer, e “consumatore”,consumer). Non a caso la ristorazione commerciale e quellacollettiva in particolare hanno manifestato una semprecrescente attenzione per le esigenze dietetiche personalidei consumatori, concentrandosi, per esempio, sullapreparazione di piatti consumabili anche da parte di queisoggetti che presentano intolleranze alimentari. Un’impresadi servizi deve saper trasformare, infatti, il proprio metodo dilavoro, diventando un organo vitale e adattabile alle varieesigenze, con l’obiettivo preciso della soddisfazione deidesideri e delle aspettative del cliente.Partendo da questo presupposto, è necessario chiarire che leclassi ristorative, cioè le diverse attività di settore, non sonopiù entità monolitiche e definite come avveniva, invece, untempo, dato che il mercato registra una sempre maggiore

richiesta di flessibilità e di adattabilità, quasi una commistionedi generi e modi, con il preciso obiettivo di soddisfare lerichieste di una domanda di settore sempre più diversificata. Chiaramente le aziende operanti sul mercato ristorativopossono essere classificate secondo diversi criteri, quali, peresempio, la modalità di servizio, la tipologia di cucina oppurela categoria di prezzo applicata alle prestazioni, anche se èpreferibile, in primis, distinguerle in due macrocategorie, chetengono conto sia del servizio offerto nel suo insieme siadella dinamica organizzativo-gestionale dell’impresa,riconoscendole come operatori della ristorazione sociale ocollettiva o della ristorazione commerciale.

La ristorazione collettiva

La ristorazione collettiva è un servizio di fornitura di cibi ebevande rivolto a esercizi pubblici, come, per esempio, scuoledi qualsiasi ordine e grado, aziende, aziende ospedaliere estrutture militari, cioè strutture costituite, nell’ottica di chifornisce un servizio ristorativo, da una o più categorie diconsumatori con esigenze per lo più omogenee e costanti,una su tutte la necessità di consumare uno o più pasti fuoridall’ambiente domestico.La crescente tendenza al consumo di pasti al di fuori dellemura domestiche registrata negli ultimi decenni scaturisceda una serie di dinamiche sociali difficilmente riassumibili

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nella loro complessità, ma riconducibili, almeno in parte eper quello che riguarda la ristorazione collettiva, ad alcunifenomeni, tra i quali è bene ricordare:

• l’aumentata scolarizzazione unita al maggior numero di oredi insegnamento che ha portato alla necessità diorganizzare servizi di mensa all’interno delle scuole diogni ordine e grado;

• la flessibilità e la mobilità richieste dal mercato del lavoro,che hanno incrementato, spesso, la distanza tra laresidenza abituale e il luogo di lavoro, rendendo piùfrequentemente necessario, laddove conveniente,organizzare mense aziendali ad uso del personale;

• la maggiore attenzione posta alla qualità del cibo, anche esoprattutto in ambito terapeutico, che ha influenzatopositivamente l’organizzazione della ristorazioneospedaliera.

Quando si avvale di servizi di ristorazione collettiva, chemirano a soddisfare bisogni di tipo primario facenti capo aun grande numero di persone, l’utente finale paga solo unaparte del servizio, in quanto la quota rimanente è a caricodell’ente, azienda, scuola, o istituzione che lo hacommissionato. Dagli anni Ottanta del secolo scorso, le aziende, lescuole e gli ospedali hanno cominciato ad affidare,mediante gare di appalto, ad aziende esterne, nellafattispecie a società di catering (caterer), lapreparazione dei pasti, favorendo lo sviluppodi questa tipologia di imprese, specializzatenell’erogazione di servizi di ristorazionecollettiva. Queste aziende,organizzate su base industriale emai a conduzione familiare,hanno idonee attrezzature diproprietà e personaleesperto dipendente e, divolta in volta,possono produrrele pietanzesecondo ilsistema

convenzionale, cioè presso le strutture fornite delcommittente, oppure con un sistema a legame differito, ossiadirettamente in locali di proprietà dai quali le vivande sonotrasportate presso i luoghi di consumo. Queste impresehanno un’articolazione piuttosto complessa, anche perchél’organizzazione completa del servizio e il suo successodipendono da un investimento economico che permette diusufruire di strutture e attrezzature adatte, nonché di ausililogistici, informatici e tecnici utili anche nelle fasi dicoordinamento e verifica. Naturalmente, trattandosi diaziende del settore alimentare, fondamentale importanzaassumono il rispetto rigoroso di norme igieniche fissate perlegge e la garanzia di elevati livelli qualitativi del prodotto;non può mancare una particolare attenzione posta allosvolgimento delle fasi di trasporto delle vivande, qualoraquest’ultimo sia previsto.Pur essendo destinati a grandi numeri di persone, i servizi diristorazione collettiva richiedono un’attenzione particolareper quelle che sono le esigenze dell’utente finale, chedevono sempre essere valutate e soddisfatte. Una delle forme principali di ristorazione collettiva è quellasanitaria, prestata all’interno di aziende ospedaliere e case di

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cura o di riposo, spesso provviste di una propria cucinainterna. Rivolgendosi a utenti particolarmente delicati, chepresentano necessità nutritive e dietetiche particolari,questo servizio richiede la massima attenzione alle materieprime e al rispetto di precise norme igieniche e applicative. I menu proposti devono essere vari, studiati appositamenteper rispondere alle esigenze degli utenti finali, che possonoessere in età pediatrica, adulta o senile, oltre a presentareprecise esigenze dietoterapeutiche dovute a particolaripatologie, allergie o intolleranze alimentari.

La ristorazione in comunità interessa realtà particolari,come, per esempio, carceri e strutture militari. In questi casi,l’azienda ristorativa può basarsi sia sul modelloconvenzionale sia su quello a legame differito, vale a direche i pasti possono essere preparati nella sede di consumooppure preparati e successivamente trasportati dal centro diproduzione al luogo di consumo, ma la gestione del serviziodeve tenere conto del fatto che a farsi pienamente carico delsuo costo è la collettività tutta.

La ristorazione scolastica è nata nell’ambito della scuoladell’obbligo, per poi potenziarsi e integrarsi anche ad altrilivelli del sistema dell’istruzione e della formazione. Ilservizio ristorativo di asili e scuole dell’obbligo è dato in

appalto dai Comuni a ditte specializzate esterne, che sioccupano di preparare cibi nutrienti e prodotti con materieprima di qualità, preferibilmente biologiche, vista la delicatacategoria di utenti, composta da bambini e ragazzi,ricorrendo sia al sistema convenzionale sia a quello a legamedifferito. I menu destinati alle scuole devono considerare ledirettive imposte dagli enti organizzatori del servizio,garantendo il rispetto delle indicazioni fornite dai LARN(Livelli di assunzione raccomandati di nutrienti e di energia). Essidevono essere, quindi, non solo vari, ma anche leggeri ebilanciati dal punto di vista nutrizionale e devono prevederesoluzioni alternative altrettanto valide per quei soggetti chepresentano esigenze speciali.

Ai lavoratori dipendenti, invece, è dedicata la ristorazioneaziendale, che trova applicazione nelle classiche mense. Ilservizio di fornitura dei pasti è commissionato di solito aditte esterne che, in genere, propongono la modalità self-service, con menu a rotazione che offrono un numerolimitato di scelte per le varie portate. Indipendentementedal sistema adottato, convenzionale o a legame differito,all’interno delle aziende si ricerca un servizio efficiente, dialto livello qualitativo e igienico. Il crescente e gravosoimpegno di provvedere al pasto dei propri dipendenti haportato non solo le aziende, per le quali i costi di gestione diuna mensa aziendale, soprattutto nelle realtà di dimensioniminori, sono piuttosto elevati, ma anche le imprese di servizia ricorrere alla formula dei ticket restaurant, cioè di buoni, di

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un certo valore economico prefissato, spendibili sulterritorio nazionale presso esercizi (ristoranti, bar o self-service), negozi e supermercati convenzionati con la societàemittente che li ha venduti al datore di lavoro. Incassati ibuoni pasto dei dipendenti, l’esercizio ristorativo li consegnealla società per ricevere il rimborso del servizio offerto.

La ristorazione commerciale

Nella categoria della ristorazione commerciale rientra tuttauna serie di esercizi pubblici, dalla pizzeria al taglio fino alristorante di lusso, diversi tra loro per organizzazione interna,

sostentamento, sia secondario, che prevedono, invece,un’alimentazione intesa come momento di svago.

I luoghi tradizionali della ristorazione commerciale •Il ristorante è il luogo per eccellenza dove, per lungatradizione, si consumano pasti fuori casa, per le più svariateragioni. Innanzi tutto, quindi, è bene definire cosa si intendecol termine ristorante: esso contraddistingue un localepubblico arredato, strutturato e gestito secondo il gusto delproprietario che ha lo scopo di soddisfare i bisogni deiconsumatori (clienti), con un’offerta di cucina e di serviziospecifiche. In genere, il ristorante è composto da due aree,l’una di produzione, la cucina, e l’altra di consumo, la sala.

dimensioni e tipologia di servizio. In linea di massima, questilocali nascono per soddisfare le esigenze di un pubblico chepresenta le motivazioni più svariate, andando, per esempio,da chi vuole fare uno spuntino, a chi intende consumare unpasto fuori casa per semplice svago, a chiusura di un’attivitàculturale o durante una gita turistica, oppure per celebrareun evento speciale. Più frequentemente, in realtà, i clienti diqueste strutture ristorative scelgono il pasto fuori dalle muradomestiche per necessità legate al lavoro o allo studio. Inogni caso, si usufruisce di questo servizio in modo saltuario epagando subito l’intero prezzo della consumazione.Solitamente è un servizio inteso per piccoli gruppi dipersone e può mirare a soddisfare bisogni sia di tipoprimario, che intendono cioè l’alimentazione come

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Accanto ai ristoranti tradizionali, dove si possonoconsumare piatti della cucina nazionale e internazionale, inun’atmosfera curata, con un servizio di livello medio e prezzimodici, il mercato offre altre forme, tra le quali i ristorantigourmet, spesso consigliati nelle maggiori guidegastronomiche, che offrono un servizio e una propostaenogastronomica molto accurati, i ristoranti d’affari, vale adire locali con un servizio esclusivo e una cucina caratterizzatada un’offerta ampia e attenta ai consumatori internazionali, iristoranti etnici, rivolti soprattutto a un pubblico che ricercauna nuova esperienza gastronomica o l’atmosfera dei luoghi divacanza, oppure il fascino dell’Oriente e dell’esotico, e iristoranti alternativi, basati su forme di cucina particolari,come quella salutistica o macrobiotica, oppure appartenenti acatene in franchising, variamente note, che diventano luoghidi aggregazione per i più giovani e prestano un serviziostandardizzato, di livello medio e a prezzi moderati. Non va dimenticata quella che può essere definita la tipologiaristorativa tipicamente italiana, cioè il ristorante-pizzeria,un locale di solito informale, che offre una vasta gamma dipizze, insieme a una cucina varia, con un servizio rapido, dilivello medio e a prezzi piuttosto contenuti. Sempre restando nell’ambito della tradizione italiana, vannoricordate le trattorie, strutture a gestione familiare,dall’atmosfera semplice e casalinga, che, a un prezzomoderato, offrono un menu non troppo ampio composto dipiatti della tradizione locale, e gli agriturismi, strutturealberghiero-ristorative, che, all’offerta eno-gastronomicacaratterizzata da un ottimo rapporto qualità-prezzo, uniscono ivantaggi della collocazione in ambiente rurale.

La ristorazione veloce • Nata per soddisfare le esigenzedi una clientela giovane, sempre in movimento e spesso difretta, con una predilezione per gli ambienti rumorosi, nel

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quadro di una vita sempre più frenetica, la ristorazione veloceha subito un notevole impulso dalla tendenza sempre piùgeneralizzata di consumare i pasti, specialmente il pranzo,fuori casa e, in genere, di fretta.Questa categoria ristorativa è caratterizzata dall’informalità,offre cibi di modesta qualità (e di varietà limitata), a prezzidecisamente contenuti, che soddisfano categorie diavventori con una ridotta possibilità di spesa e sononettamente inferiori a quelli praticati dai servizi dellaristorazione classica. Il servizio è veloce e semplice,prevedendo, in genere, tavoli condivisi tra più clienti, senzatovaglia e senza coperto. Inoltre, il personale del locale nonfornisce alcuna prestazione, dato che il cliente prelevadirettamente il cibo.Fanno parte della ristorazione veloce molte formeorganizzative, alcune delle quali condotte a livello personaleo familiare e altre gestite da aziende di dimensioni medio-grandi dal marchio famoso: esempi emblematici di questaclasse ristorativa sono le più famose catene di fast food, maanche self-service, pizzerie al taglio o da asporto, spaghetterie,take away, gastronomie e rosticcerie, snack bar, piadinerie,crêperie, paninoteche, kebaberie e altri locali di questo genere,tra i quali grill room e steak house.Le pizzerie al taglio o da asporto propongono vari tipi dipizze e focacce in tranci, che possono essere sia consumatinel locale, in genere in piedi, sia predisposti in appositoimballaggio di cartone e consumati in altro luogo. Perquanto riguarda l’offerta gastronomica di piadinerie,crêperie e kebaberie, essa è definita in modo univoco dalnome usato per identificare queste strutture, che possonodisporre di spazi per il consumo in loco, spesso in piedi,oppure essere attrezzate per la consegna delle preparazionidebitamente imballate da consumarsi altrove. Il take awayconsente di acquistare cibi pronti da asporto, per poi

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consumarli a casa o per strada. Si tratta di una modalità diservizio presente anche presso ristoranti etnici o regionali,come, per esempio, le friggitorie tipiche della Sicilia. Anchepresso le tradizionali gastronomie e rosticcerie si possonoacquistare primi piatti, secondi piatti o preparazioni a base divegetali pronti da asporto.Le spaghetterie offrono, invece, una vasta scelta di piatti abase di pasta precotta o surgelata, preparata con una vastagamma di salse, che necessariamente sono consumati nellocale.In Italia sono molto diffusi gli snack bar e le paninoteche,evoluzione dei bar classici che si sono trasformati in veripunti di ristorazione, presso i quali, quotidianamente, moltepersone consumano pasti veloci a base di piatti caldi efreddi, tramezzini, panini e insalate. Una forma ristorativa veloce ma più curata è quella dellegrill room e delle steak house. In certi alberghi di grandidimensioni, oltre al ristorante classico, sono presenti le grillroom, tipicamente inglesi, presso le quali si possonoscegliere e consumare cibi in una zona dedicata alla cotturaallo spiedo e alla griglia. Dagli Stati Uniti arrivano, invece,le steak house, locali specializzati nella carne alla griglia,soprattutto bistecche, delle quali si possono scegliere ledimensioni e il livello di cottura.

Il fast food

L’espressione fast-food significa “cibo veloce” e indica unaforma ristorativa sorta negli anni Cinquanta del secoloscorso negli Stati Uniti e diffusasi in Europa un paio didecenni dopo. In genere, a gestire questo tipo di serviziosono aziende di grandi dimensioni, organizzate in franchising , con locali presenti nelle città medio-grandi di tutto il mondo. La catena più famosa, vero e propriosimbolo di questa categoria ristorativa, è Mc Donald’s, che offre vari menu accomunati dalla presenza,in linea di massima, di hamburger, patatine fritte e bibita ascelta, anche se nel corso del tempo l’offerta è andataallargandosi, offrendo, per esempio, anche un servizio dipiccola colazione particolarmente ampio e curato o dessertdi vario genere.Le caratteristiche di ogni fast food che si rispetti sono:

• i menu prestabiliti e uguali per ciascun punto venditadella catena;

• i cibi per lo più semilavorati e precotti;• il servizio rapido;• l’assenza di piatti e posate tradizionali, in quanto il

coperto è composto da un vassoio in plastica, completatoTut

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da tovaglioli di carta e scatole di cartone per conteneregli alimenti;

• i prezzi molto bassi;• i locali ampi e dotati di attrezzature e aree speciali, per

esempio per i bambini;• l’orario di apertura continuato.

Talvolta, al fast food tradizionale si affianca anche lapossibilità di acquistare il pasto ed essere servitidirettamente nella propria automobile (drive in). La strategiadi guadagno dei fast food risiede nell’acquisire un numeromolto elevato di clienti, puntando sui prezzi contenuti esulla garanzia del rispetto delle norme igienico-sanitarie.

Il self-service

Una delle forme più diffuse di ristorazione veloce è quelladel self-service, che si suddivide in due categorie: tradizionalee free-flow. La tipologia di self-service tradizionale prevedeuna distribuzione a catena, in cui il cliente preleva unvassoio e il coperto e poi segue un percorso obbligato,durante il quale può scegliere i cibi e le bevande nell’ordineproposto, fino ad arrivare alla cassa, dove effettua ilpagamento. Una volta saldato il conto, il cliente accede auna sala destinata al consumo del pasto.In tempi più recenti, è andato diffondendosi il self-servicefree-flow, un sistema di distribuzione “a isole”, tra le quali ilcliente può spostarsi, prelevando, da ognuna, una categoriadi cibo (antipasti, primi e secondi piatti, dolci e così via) edi bevande. L’assenza di un percorso prestabilito evita ilformarsi delle code.

La ristorazione nei centri commerciali • Laristorazione nei centri commerciali è presente in areeristorative, dislocate negli ipermercati e nei grandimagazzini, definite food court o food park, che propongonodiverse tipologie di cibi e bevande presso fast food, self-service, bar, pizzerie al taglio o d’asporto, birrerie, gelaterie oyogurterie, take away, ristoranti tematici o etnici e così via.Spesso, sono anche installate vending machine, cioèdistributori automatici di prodotti alimentari che funzionanoa moneta o con gettoni appositi.Lo sviluppo di queste forme di ristorazione veloce all’internodei centri commerciali è diventato possibile perché, intempi recenti, i supermercati e i centri commerciali sonodiventati sempre più simili a luoghi di aggregazione dovetrascorrere il tempo libero, e queste aree ristorativepermettono di soddisfare le esigenze di svago eintrattenimento durante le commissioni.

tte

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Gli alberghi e i villaggi turistici • Negli alberghi, ingenere, è presente un ristorante classico insieme e un punto diristorazione più veloce e informale, mentre nei villaggituristici oltre al ristorante classico è solitamente presenteun ristorante con servizio a buffet e alcuni differenti punti diristorazione veloce. In genere, si tratta, quindi, di serviziristorativi più moderni che completano un’offerta moltodiversificata, che deve soddisfare l’esigenza di un semplicespuntino così come quella di un pasto vero a proprio. Nellestrutture turistico-ricettive di una certa dimensione, aciascuna tipologia ristorativa deve essere riservata una zonaapposita, collocata in punti diversi dell’albergo o delvillaggio. Nonostante la diversa collocazione, tutte lestrutture ristorative disponibili fanno riferimento a un’unicazona operativa, dove si svolgono le attività di produzione eporzionatura dei cibi, preparazione delle materie prime,completamento dei semilavorati e gestione delle provviste.

Un servizio particolare che, negli ultimi anni, è andatosempre più diffondendosi, soprattutto nelle strutturealberghiere di dimensioni maggiori, è quello dellaristorazione congressuale, destinata, in genere, a grandieventi o a momenti di pausa nel corso di incontriprofessionali di vario genere. In genere, questa formularistorativa prevede il consumo di pranzi veloci o di coffeebreak mattutini o pomeridiani. In occasioni di questo tipo, ilmenu è stabilito con l’organizzatore dell’evento e deve esserecurato in tutti i dettagli con grande professionalità. Lapreparazione delle vivande e il servizio devono avvenire nelpieno rispetto delle norme igienico-sanitarie. Il servizio, a sua volta, deve essere rapido e di qualità, oltre adover essere pianificato attentamente, destinando areeall’esposizione e alla conservazione adeguata di alimenticaldi e freddi e delle relative decorazioni, nonché dellebevande da servire.

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La ristorazione viaggiante • Per ristorazione viaggiante siintende quella a bordo di aerei, treni e navi (definita onboard), ma anche quella presente sulle autostrade. La suaprincipale caratteristica sta nel dover predisporre il servizio aseconda del mezzo di trasporto sul quale esso si svolge. La ristorazione a bordo degli aerei si è diffusa molto negliultimi decenni e prevede la preparazione dei pasti da servirepresso le strutture centralizzate di un’impresa di catering, cheli consegna alla compagnia aerea o a quella di gestioneaeroportuale. I cibi preconfezionati sono riscaldati e servitidal personale di bordo.La ristorazione ferroviaria si svolge, in genere, in un appositovagone del treno provvisto di bar o minibar, dove si possonoconsumare snack e panini, oppure in un vagone adibito avero e proprio ristorante (sui treni di lunga percorrenza), cheoffre una scelta di piatti da un menu completo. Solitamente,però, il rapporto qualità-prezzo non è conveniente, data lamodalità di servizio offerta e la qualità dei cibi, a fronte dellequali i prezzi sono piuttosto elevati.

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Dati i tempi di permanenza a bordo limitati, la ristorazionemarittima a bordo dei traghetti riguarda il consumo di snackdi vario genere, sia dolci sia salati. Diverso è il caso dellenavi da crociera, sulle quali sono offerti un servizio elevato ecibi di ottima qualità. Infine, non va dimenticata la ristorazione autostradale,composta da aree di ristoro gestite da grandi società, ingenere suddivise in snack bar e self-service. Questo tipo diristorazione è diretto a una clientela molto variegata e miraa offrire un servizio di qualità e, soprattutto, il più possibilerapido.

LE FUTURE TENDENZE DEL GUSTOA partire dall’osservazione delle attuali tendenze alimentari,che rientrano per lo più nell’ambito della ristorazioneveloce, è possibile prevedere quali stili ristorativi sidiffonderanno in futuro, che, nel loro insieme, prendono ilnome di neo-ristorazione.Le tendenze attuali della ristorazione seguono due direzioni,si può dire, opposte:

• da una parte, l’aumento dell’impegno lavorativo (daparte sia degli uomini sia delle donne), la conseguenteminor importanza data al pasto di mezzogiorno, lamobilità territoriale per motivi di lavoro e la diminuzionedel tempo libero hanno portato alla diffusione dellaristorazione veloce e di locali aperti anche in oraritradizionalmente non dedicati ai pasti;

• dall’altra, non solo l’aumento del reddito pro-capite hafavorito un aumento della spesa dedicata al tempo libero,ma ha anche fatto sì che si diffondesse una maggioreattenzione all’alimentazione come svago e piacere, che, asua volta, ha permesso la diffusione di una classe diristorazione più attenta alle esigenze alimentari degliindividui e alla qualità, all’origine e alla genuinità degliingredienti, essendo il consumatore finale più interessatoa prodotti naturali e salutistici e all’accuratezza nellapreparazione dei piatti.

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Il consumatore moderno

La grande tradizione nella cucina e il ruolo importante cheassume il mangiare insieme, e quindi, l’aspetto conviviale delpasto, sono sempre stati per gli Italiani l’aspetto determinanteper quello che riguarda le scelte relative al consumo di cibo e,di conseguenza, di servizi ristorativi.Qualcosa, però, sta cambiando. In generale, si stannoverificando una serie di nuove situazioni legate al consumo dicibo:

• cresce il consumo di grassi animali;• cala il consumo di frutta e verdura;• diminuisce il tempo speso in casa per cucinare;• aumenta il peso della cena come pasto principale della

giornata;• cresce il numero delle persone che pranzano fuori casa;• aumentano le intolleranze alimentari;• aumenta la percentuale di popolazione affetta da obesità.

Tutte queste considerazioni assumono un elevato valore nellescelte del consumatore che, in linea di tendenza, ha ildesiderio di avere a disposizione cibi sicuri e “genuini”,considerando gli alimenti come elementi indispensabili per latutela della salute (un’aspirazione sensibilmente cresciuta apartire da eventi di grande impatto mediatico come, peresempio, quello della cosiddetta “mucca pazza”), e che abbianoun alto contenuto di servizio.Ne deriva un fenomeno che, con efficace espressione, è statodefinito politeismo alimentare, caratterizzato da“combinazioni soggettive di luoghi di acquisto dei prodotti erelative diete alimentari; così il rapporto con il cibo è unadimensione sempre più soggettiva, espressione dell’io chedecide e che, a partire dalle proprie preferenze, abitudini, prassie aspettative, nonché dalle risorse di cui dispone, definisce ilcontenuto del carrello e della tavola”. In genere, gli aspetti che contraddistinguono il consumatoremoderno sono rappresentati dal passaggio alla cultura deiconsumi style simbol, cioè il passaggio dai consumi di tipostatus symbol ai consumi style symbol, cioè in grado dicomunicare i valori culturali, l’identità e lo stile di vita diciascun individuo. Inoltre, si identifica nel consumatore ancheuna crescente sensibilità nei confronti dei prodotti alimentaritipici. Il consumatore è d’altronde sempre più mobile, informatoe competente, meno fedele al punto di consumo e si fa attrarreda esperienze innovative. Inoltre, è molto più attento alrapporto qualità-prezzo e vuole avere a disposizione i prodotti ei marchi di riferimento ovunque si rechi.Tutte queste indicazioni devono essere, di conseguenza, ilpunto di partenza per chi si inserisce in questo settore eintende operarci con successo.

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lombardia

Quarta regione per estensione, la Lombardia ha una configu-

razione fisica quanto mai varia: a nord il suo territorio è do-

minato dalle Alpi, solcate da ampie valli, come la Valtellina

e la Valcamonica; scendendo verso sud si incontra la fascia

delle Prealpi, rilievi più bassi, ricchi di valli e corsi d’acqua,

che pian piano digradano verso la pianura. Tutta la parte

meridionale della regione è occupata dalla Pianura Padana,

a eccezione dell’area sud occidentale, dove si innalzano le col-

line dell’Oltrepò Pavese.

La pianura è molto estesa e occupa il 47% del territorio, divi-

dendosi in alta e bassa pianura, quest’ultima molto fertile e

intensamente coltivata, bagnata dal Po e dai suoi affluenti.

L’agricoltura ha infatti altissimi valori di produttività, rap-

presentando il 10% della produzione italiana; è un settore

con varie specializzazioni, che corrispondono alle diverse aree

geografiche: per citarne solo alcune, l’uva da vino nell’Oltre-

pò Pavese e in Valtellina, e il riso nella Lomellina, cioè la

pianura attorno a Pavia. Nelle grandi aziende agricole della

pianura si allevano bovini e suini, cui si collega una fiorente

produzione di insaccati e di formaggi.

tra montagne e pianuraMilano

La Lombardia ospita anche grandi laghi di origine glaciale: a

est infatti è bagnata dalle acque del Lago di Garda, a ovest da

quelle del Lago Maggiore e del Lago di Como.

Il clima della regione è per lo più di tipo continentale, con

inverni rigidi ed estati calde e afose; naturalmente un ruolo

determinante nelle temperature ha l’altitudine: esse scendo-

no nettamente via via che si passa dalle zone padane a quelle

alpine. Lungo le sponde dei grandi laghi, invece, il clima è

mite consentendo la crescita di specie arboree addirittura me-

diterranee, come l’olivo e i limoni.

La Lombardia presenta tante realtà territoriali una diversa

dall’altra, che si ripercuotono anche sulle risorse ambientali,

sulle colture agricole e sulle tradizioni gastronomiche.

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18D • 19D •

Ricordiamo il Valtellina Casera DOP e il Bitto della Valtellina DOP, il Formai de mut dell’Alta Val Brembana DOP, il Gorgonzola DOP, il Quartiro-lo Lombardo DOP e il Taleggio DOP; infine il Provolone Val-padana DOP e il Grana Padano DOP, stagionato da nove mesi fino a tre anni, di cui si producono ogni anno quasi un milione e mezzo di quintali. La pastorizia fornisce un formaggio caprino di qualità detto ‘del bec’.

Pesce di acqua dolce

Le acque dei laghi sono ricche di pesce che alimenta una cu-cina piuttosto varia: i missoltitt, cioè agoni marinati pescati a maggio/giugno nel lago di Como, essicati e stagionati nella missolta un recipiente chiuso da un coperchio di legno gravato di pesi, in modo che i missoltini restino sotto pressione per alcuni mesi, i lavarelli del lago di Como e del lago Maggiore, per citare qualche esempio; mentre il lago di Iseo fornisce grande quantità di tinche, ideali da cucinare al forno, il luccio e il pesce persico. I torrenti sono ricchi di trote, ma anche di anguille, da preparare ripiene o in umido.

Vini

La Lombardia non vanta una grande quantità di vini ma può comunque contare su alcuni di essi veramente famosi. La produzione ruota attorno a tre zone principali: l’Oltrepò Pa-

m Salumi

La maggior parte della carne suina della Lombardia è convogliata verso l’industria, dove vengono prodotti diversi tipi di salume: il cotechino bianco, realizzato quasi interamente con cotenne, la mortadella di fegato, il salame di rape, carne suina mista a rape e cavoli di pronto consumo, e ancora il salame Cremona IGP, il salame Brianza DOP, il salame di Varzi DOP e il salame verzino, a pasta dolce che viene utilizzato esclusivamente nella preparazione della cassoela. Ma i salumi sono realizzati anche con altri tipi di carne: dalla Valtellina ci arriva la celebre bresaola di carne bovina (che ha ottenuto il riconoscimento IGP), che esiste anche nella versione equina e di cervo; la carne d’oca è protagonista di squisiti salumi come il petto d’oca stagionato e il salame d’oca di Mortara IGP; caratteristico è il violino di capra, prosciutto che si ricava dalle cosce posteriori della capra, salato, stagionato e affumicato, tipi-co della Valtellina e della Valchiavenna.

Carne

La carne bovina è sicuramente quella che rientra nella maggior parte dei piatti tipici della cucina lombarda, seguita in misura minore da quella su-ina. Un posto importante è occupato anche dalla carne fornita dagli animali da cortile, soprattutto l’oca, nelle più svariate preparazioni, e poi pollo e tacchino, anatra, faraona e fagiano. Le numerose risaie favoriscono la cucina del-le rane; molto diffuse, soprattutto nella provincia di Cremona, sono anche le lumache.

Formaggi

Trenta milioni di quin-tali di latte alimentano ogni anno l’industria casearia che produce una grande varietà di formaggi, molti dei qua-li hanno il riconoscimento DOP.

Grazie alla morfologia del territorio così variegata, la regione ha a disposizione una vasta gamma di materie prime.

Cereali

Nella produzione agricola lombarda un posto di primo piano spetta ai cereali, con un’importante produzione di grano, gra-noturco e riso, quest’ultimo soprattutto nella Lomellina, ma anche orzo e segale. In Valtellina si coltiva il grano saraceno (originario dell’area siberiana), da cui si ricava una farina scura utilizzata nei piatti tipici di questa zona.

Verdure

Nell’alta pianura prevale la coltivazione di barbabietole da zucchero e patate, che non hanno bisogno di terreni molto fertili. In Valtellina, nella zona di Bormio, si producono patate molto ricercate per il gusto particolare. Tra gli ortaggi più tipici della Lombardia ricordiamo la zuc-ca gialla di Spineda, il radicchio di Soncino, gli asparagi di Gravedona, e poi ancora verze, fagiolini, piselli, cipolline. I boschi della regione sono ricchi di fun-ghi e di tartufi sia bianchi sia neri. Il clima temperato dei laghi permette la col-tivazione dell’olivo, da cui si ricava olio di buona qualità.

Frutta

In Lombardia si producono notevoli quantitativi di frutta: famo-se sono le mele della Valtellina e le pere di Mantova (entrambe hanno ottenuto il riconoscimento IGP), ma anche le fragole di Primaluna, e poi ciliegie e meloni; inoltre, i li-moni di Sirmione, che trovano l’ambiente ide-ale grazie al clima mite del lago (un particolare microclima mediterraneo). Nei boschi di montagna si raccolgono molte castagne e nella provincia di Sondrio discrete quantità di frutti di bosco.

vese, la Valtellina e la Franciacorta. L’Oltrepò Pavese è un’area che corrisponde grossomodo alla provincia di Pavia; la DOC è riservata ai vini ottenuti dai vigne-ti dell’omonima zona di produzione e tutela venti vini diversi, in particolare: la Bonarda, prodotta da uva Croatina e con uve Barbera e Rara, si presenta nella sua versione più diffusa vivace e frizzante e si abbina a salumi, bolliti, cotechino e cassoeula; il Buttafuoco, realizzato perlopiù con uve Barbera e Croatina, è un vino color rosso vivo dall’odore intenso e dal sapore asciutto, che ben si abbina a carni rosse e selvaggina; il Barbacarlo, infi-ne, prodotto con uve Barbera, Croatina e Ughetta da una sola azienda agricola nei pressi di Broni. La DOCG tutela l’Oltrepò Pavese metodo classico.Nella zona della Valtellina, attorno alla provincia di Sondrio, i vini sono prodotti con uva Nebbiolo del Piemonte, un vitigno noto nella regione come Chiavannesca. Il vino più famoso è lo Sforzato prodotto con grappoli fatti essiccare tre mesi, per au-mentare la concentrazione zuccherina; si accompagna a carni rosse e selvaggina e a formaggi saporiti e stagionati. La terza zona di maggiore produzione è la Franciacorta, in pro-vincia di Brescia, dove si producono vini bianchi, rossi e spuman-ti famosi a livello internazionale.

materie prime e derivati

vini docLambrusco Mantovano

Lugana

Riviera del Garda Bresciano

San Colombano al Lambro

Terre di Franciacorta

Valcalepio

vini docgFranciacorta

Valtellina Superiore (sottozone Grumello, Sassella, Inferno, Vagella, Maroggia)

Sforzato di Valtellina

Oltrepò Pavese metodo classico

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18D • 19D •

Ricordiamo il Valtellina Casera DOP e il Bitto della Valtellina DOP, il Formai de mut dell’Alta Val Brembana DOP, il Gorgonzola DOP, il Quartiro-lo Lombardo DOP e il Taleggio DOP; infine il Provolone Val-padana DOP e il Grana Padano DOP, stagionato da nove mesi fino a tre anni, di cui si producono ogni anno quasi un milione e mezzo di quintali. La pastorizia fornisce un formaggio caprino di qualità detto ‘del bec’.

Pesce di acqua dolce

Le acque dei laghi sono ricche di pesce che alimenta una cu-cina piuttosto varia: i missoltitt, cioè agoni marinati pescati a maggio/giugno nel lago di Como, essicati e stagionati nella missolta un recipiente chiuso da un coperchio di legno gravato di pesi, in modo che i missoltini restino sotto pressione per alcuni mesi, i lavarelli del lago di Como e del lago Maggiore, per citare qualche esempio; mentre il lago di Iseo fornisce grande quantità di tinche, ideali da cucinare al forno, il luccio e il pesce persico. I torrenti sono ricchi di trote, ma anche di anguille, da preparare ripiene o in umido.

Vini

La Lombardia non vanta una grande quantità di vini ma può comunque contare su alcuni di essi veramente famosi. La produzione ruota attorno a tre zone principali: l’Oltrepò Pa-

m Salumi

La maggior parte della carne suina della Lombardia è convogliata verso l’industria, dove vengono prodotti diversi tipi di salume: il cotechino bianco, realizzato quasi interamente con cotenne, la mortadella di fegato, il salame di rape, carne suina mista a rape e cavoli di pronto consumo, e ancora il salame Cremona IGP, il salame Brianza DOP, il salame di Varzi DOP e il salame verzino, a pasta dolce che viene utilizzato esclusivamente nella preparazione della cassoela. Ma i salumi sono realizzati anche con altri tipi di carne: dalla Valtellina ci arriva la celebre bresaola di carne bovina (che ha ottenuto il riconoscimento IGP), che esiste anche nella versione equina e di cervo; la carne d’oca è protagonista di squisiti salumi come il petto d’oca stagionato e il salame d’oca di Mortara IGP; caratteristico è il violino di capra, prosciutto che si ricava dalle cosce posteriori della capra, salato, stagionato e affumicato, tipi-co della Valtellina e della Valchiavenna.

Carne

La carne bovina è sicuramente quella che rientra nella maggior parte dei piatti tipici della cucina lombarda, seguita in misura minore da quella su-ina. Un posto importante è occupato anche dalla carne fornita dagli animali da cortile, soprattutto l’oca, nelle più svariate preparazioni, e poi pollo e tacchino, anatra, faraona e fagiano. Le numerose risaie favoriscono la cucina del-le rane; molto diffuse, soprattutto nella provincia di Cremona, sono anche le lumache.

Formaggi

Trenta milioni di quin-tali di latte alimentano ogni anno l’industria casearia che produce una grande varietà di formaggi, molti dei qua-li hanno il riconoscimento DOP.

Grazie alla morfologia del territorio così variegata, la regione ha a disposizione una vasta gamma di materie prime.

Cereali

Nella produzione agricola lombarda un posto di primo piano spetta ai cereali, con un’importante produzione di grano, gra-noturco e riso, quest’ultimo soprattutto nella Lomellina, ma anche orzo e segale. In Valtellina si coltiva il grano saraceno (originario dell’area siberiana), da cui si ricava una farina scura utilizzata nei piatti tipici di questa zona.

Verdure

Nell’alta pianura prevale la coltivazione di barbabietole da zucchero e patate, che non hanno bisogno di terreni molto fertili. In Valtellina, nella zona di Bormio, si producono patate molto ricercate per il gusto particolare. Tra gli ortaggi più tipici della Lombardia ricordiamo la zuc-ca gialla di Spineda, il radicchio di Soncino, gli asparagi di Gravedona, e poi ancora verze, fagiolini, piselli, cipolline. I boschi della regione sono ricchi di fun-ghi e di tartufi sia bianchi sia neri. Il clima temperato dei laghi permette la col-tivazione dell’olivo, da cui si ricava olio di buona qualità.

Frutta

In Lombardia si producono notevoli quantitativi di frutta: famo-se sono le mele della Valtellina e le pere di Mantova (entrambe hanno ottenuto il riconoscimento IGP), ma anche le fragole di Primaluna, e poi ciliegie e meloni; inoltre, i li-moni di Sirmione, che trovano l’ambiente ide-ale grazie al clima mite del lago (un particolare microclima mediterraneo). Nei boschi di montagna si raccolgono molte castagne e nella provincia di Sondrio discrete quantità di frutti di bosco.

vese, la Valtellina e la Franciacorta. L’Oltrepò Pavese è un’area che corrisponde grossomodo alla provincia di Pavia; la DOC è riservata ai vini ottenuti dai vigne-ti dell’omonima zona di produzione e tutela venti vini diversi, in particolare: la Bonarda, prodotta da uva Croatina e con uve Barbera e Rara, si presenta nella sua versione più diffusa vivace e frizzante e si abbina a salumi, bolliti, cotechino e cassoeula; il Buttafuoco, realizzato perlopiù con uve Barbera e Croatina, è un vino color rosso vivo dall’odore intenso e dal sapore asciutto, che ben si abbina a carni rosse e selvaggina; il Barbacarlo, infi-ne, prodotto con uve Barbera, Croatina e Ughetta da una sola azienda agricola nei pressi di Broni. La DOCG tutela l’Oltrepò Pavese metodo classico.Nella zona della Valtellina, attorno alla provincia di Sondrio, i vini sono prodotti con uva Nebbiolo del Piemonte, un vitigno noto nella regione come Chiavannesca. Il vino più famoso è lo Sforzato prodotto con grappoli fatti essiccare tre mesi, per au-mentare la concentrazione zuccherina; si accompagna a carni rosse e selvaggina e a formaggi saporiti e stagionati. La terza zona di maggiore produzione è la Franciacorta, in pro-vincia di Brescia, dove si producono vini bianchi, rossi e spuman-ti famosi a livello internazionale.

materie prime e derivati

vini docLambrusco Mantovano

Lugana

Riviera del Garda Bresciano

San Colombano al Lambro

Terre di Franciacorta

Valcalepio

vini docgFranciacorta

Valtellina Superiore (sottozone Grumello, Sassella, Inferno, Vagella, Maroggia)

Sforzato di Valtellina

Oltrepò Pavese metodo classico

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me, spinaci, uova, uva passa, amaretti, formag-gio, serviti con burro fuso e salvia.Non possiamo dimenticare, infi-ne, i pizzoccheri della Valtelina, tagliatelle di grano saraceno e frumento cucinate con verze e patate e condite con il bitto e un soffritto di burro fuso e aglio.

Secondi di carne

Protagonista indiscussa dei secondi piatti è la car-ne di manzo e di vitello con la cotoletta alla mi-lanese, passata nell’uo-vo sbattuto, impanata e quindi fritta nel burro, e con l’ossobuco, vale a dire la zampa di vitello a fette, infarinata e passata in padella con olio e burro, poi cucinata con salsa di pomodoro e infine condita con un trito (gremolada) di buccia di limone, aglio, rosmarino, salvia e prezzemolo; e i mon-deghili, le tipiche polpette milanesi fritte nel burro preparate con pane raffermo e avanzi di carne. Altri secondi piatti tipici lombardi sono la cassoeula, costine di maiale, cotenne, musetto e salamino “verzino” cotti con verze, il tutto rosolato con lardo e pancetta, e la luganega, una salsiccia fresca, a base di carne di maiale.

La cucina lombarda è cucina delle lunghe cotture, dei bolliti e degli stufati, degli intingoli adatti ad accompagnarsi alla polenta più che al pane, del riso e delle paste ripiene più che della pasta di grano duro, del burro e del lardo più che dell’olio.

Primi piatti

Il riso è sicuramente uno degli ingredienti più celebri della cu-cina lombarda: chi non conosce il risotto alla milanese con zaf-ferano e midollo di bue? Ma il riso è protagonista di tanti altri primi: con le verze, con gli asparagi, in cagnon, con le rane e nel minestrone alla milanese, per citarne solo alcuni. Sulle sponde del lago di Como si gusta il risotto con i filetti di pesce persico o con gli agoni, che è proprio una specialità locale.

Altrettanto ricco è il panorama delle polente, soprattutto nelle zone di montagna; ricordiamo la famosa polenta taragna della Valtellina, realizzata con farine miste di mais e grano saraceno e condita con burro e formaggio. Un posto a parte merita la büsèca, ovvero la trippa cucinata sia in brodo sia in asciutto.La pasta ripiena è diffusa in tutta la regione: di Mantova sono i famosi tortelli di zucca; mentre nel cremonese troviamo i ma-rubini ripieni con midollo di bue, formaggio, pane e uova, che vengono cotti e serviti nei tre brodi, di manzo, maiale e gallina.Del bergamasco e del bresciano sono i casonsei ripieni di sala-

Mostarda

Un posto a parte merita la mostarda, una specialità lombarda e precisamente di Cremona e di Mantova. La prima prevede diversi tipi di frutta fatta macerare in uno sci-roppo di zucchero e insaporita con essenza di senape; mentre la seconda solo mele cotogne o eventualmen-te pere secondo lo stesso procedimento; la mo-starda si consuma con i bolliti e con i formaggi, in particolare nella cena tra-dizionale di Natale.

Dolci

I dolci tipici regionali si sono pian piano diffusi a livello nazio-nale; pensiamo al panettone natalizio, il simbolo dolciario della Lombardia, e alla colomba pasquale, oggi fabbricati entrambi

piatti tipici

da industrie dolciarie e pasticcerie artigianali di tutta Italia, con varianti che li allontanano dalla ricetta originaria, per esempio le farciture di creme o cioccolato. Anche le chiacchiere, le famose frittelle di farina, latte, uova e zucchero, e il torrone hanno le loro origini in Lombardia. Nella provincia di Mantova è tradizionale la torta sbrisolona, così chiamata perché essendo molto friabile si sbriciola facilmen-te, realizzata con farina bianca e gialla, impastata con zucchero, uova, mandorle, strutto, burro, aroma di limone e di vaniglia; a Pavia, invece, è tipica la torta paradiso, fatta di farina, uova, burro e zucchero, lasciata ben lievitare prima di passare al forno e spesso accompagnata da crema o zabaione.

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me, spinaci, uova, uva passa, amaretti, formag-gio, serviti con burro fuso e salvia.Non possiamo dimenticare, infi-ne, i pizzoccheri della Valtelina, tagliatelle di grano saraceno e frumento cucinate con verze e patate e condite con il bitto e un soffritto di burro fuso e aglio.

Secondi di carne

Protagonista indiscussa dei secondi piatti è la car-ne di manzo e di vitello con la cotoletta alla mi-lanese, passata nell’uo-vo sbattuto, impanata e quindi fritta nel burro, e con l’ossobuco, vale a dire la zampa di vitello a fette, infarinata e passata in padella con olio e burro, poi cucinata con salsa di pomodoro e infine condita con un trito (gremolada) di buccia di limone, aglio, rosmarino, salvia e prezzemolo; e i mon-deghili, le tipiche polpette milanesi fritte nel burro preparate con pane raffermo e avanzi di carne. Altri secondi piatti tipici lombardi sono la cassoeula, costine di maiale, cotenne, musetto e salamino “verzino” cotti con verze, il tutto rosolato con lardo e pancetta, e la luganega, una salsiccia fresca, a base di carne di maiale.

La cucina lombarda è cucina delle lunghe cotture, dei bolliti e degli stufati, degli intingoli adatti ad accompagnarsi alla polenta più che al pane, del riso e delle paste ripiene più che della pasta di grano duro, del burro e del lardo più che dell’olio.

Primi piatti

Il riso è sicuramente uno degli ingredienti più celebri della cu-cina lombarda: chi non conosce il risotto alla milanese con zaf-ferano e midollo di bue? Ma il riso è protagonista di tanti altri primi: con le verze, con gli asparagi, in cagnon, con le rane e nel minestrone alla milanese, per citarne solo alcuni. Sulle sponde del lago di Como si gusta il risotto con i filetti di pesce persico o con gli agoni, che è proprio una specialità locale.

Altrettanto ricco è il panorama delle polente, soprattutto nelle zone di montagna; ricordiamo la famosa polenta taragna della Valtellina, realizzata con farine miste di mais e grano saraceno e condita con burro e formaggio. Un posto a parte merita la büsèca, ovvero la trippa cucinata sia in brodo sia in asciutto.La pasta ripiena è diffusa in tutta la regione: di Mantova sono i famosi tortelli di zucca; mentre nel cremonese troviamo i ma-rubini ripieni con midollo di bue, formaggio, pane e uova, che vengono cotti e serviti nei tre brodi, di manzo, maiale e gallina.Del bergamasco e del bresciano sono i casonsei ripieni di sala-

Mostarda

Un posto a parte merita la mostarda, una specialità lombarda e precisamente di Cremona e di Mantova. La prima prevede diversi tipi di frutta fatta macerare in uno sci-roppo di zucchero e insaporita con essenza di senape; mentre la seconda solo mele cotogne o eventualmen-te pere secondo lo stesso procedimento; la mo-starda si consuma con i bolliti e con i formaggi, in particolare nella cena tra-dizionale di Natale.

Dolci

I dolci tipici regionali si sono pian piano diffusi a livello nazio-nale; pensiamo al panettone natalizio, il simbolo dolciario della Lombardia, e alla colomba pasquale, oggi fabbricati entrambi

piatti tipici

da industrie dolciarie e pasticcerie artigianali di tutta Italia, con varianti che li allontanano dalla ricetta originaria, per esempio le farciture di creme o cioccolato. Anche le chiacchiere, le famose frittelle di farina, latte, uova e zucchero, e il torrone hanno le loro origini in Lombardia. Nella provincia di Mantova è tradizionale la torta sbrisolona, così chiamata perché essendo molto friabile si sbriciola facilmen-te, realizzata con farina bianca e gialla, impastata con zucchero, uova, mandorle, strutto, burro, aroma di limone e di vaniglia; a Pavia, invece, è tipica la torta paradiso, fatta di farina, uova, burro e zucchero, lasciata ben lievitare prima di passare al forno e spesso accompagnata da crema o zabaione.

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ravioli di crescenza e salsa verde

Ingredienti per 4 porzioni

Per il ripieno150 g di crescenza50 g di panna fresca2 g di scorza di limone grattugiata

Per i ravioli350 g di pasta per i ravioli

Per la salsa 100 g di cipollotto180 g di piselli freschi30 g di foglie di prezzemolo100 g di borragine in foglie 5 g di zucchero70 g di lattuga40 g di burro5 g di cerfoglio8 cl di olio extravergine d’oliva, molto dolce e fruttato

Per la finitura 16 fiori di borragine8 fiori di pisello

luciano Tona

Una pasta farcita con un tipico formaggio fresco e arricchita dalla vivacità cromatica di un condimento che sa di primavera: così si incontrano in Lombardia la crescenza e le verdure.

Procedimento

Per il ripienoPredisporre il ripieno amalgamando tutti gli ingre-dienti.

Per i ravioliPreparare i ravioli a forma di margherita, del dia-metro di 3,5 cm, utilizzando la pasta tirata molto sottile e farcendola con il ripieno. Bollire i ravioli in acqua salata.

Per la salsa Stufare i piselli con i cipollotti, le foglie di prezze-molo e lo zucchero. Mondare e lavare la lattuga e la borragine. Sbianchi-re la lattuga e la borragine, poi scolare, aggiungere il cerfoglio e frullare finemente tutti gli ingredienti. Infine, montare all’olio con un poco di liquido di cottura.

Presentazione e finitura

Disporre un velo di salsa sui piatti piani e sistemare nove ravioli per piatto, distanziandoli leggermente tra loro. Posizionare in modo casuale quattro fiori di borra-gine e due di pisello per piatto.

ricetta d’autore

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