la pace del natale È nell umiltÀ, nella povertÀ, nel ......gioia ci liberi e ci difenda dal...

12
Inserto Dicembre 2015 LA PACE DEL NATALE È NELL’UMILTÀ, NELLA POVERTÀ, NEL NASCONDIMENTO Il Cristianesimo è stato l’adempimento delle promesse di Dio, ma ha portato al mondo più sofferenza: più sofferenza proprio perché più grave è lo iato, la separazione fra l’intimo e l’esterno. È vero che noi dobbiamo lavorare, io non escludo questo – quando parlo sembra che sempre io voglia escludere l’azione anche sociale – ma in realtà, di fatto, l’opposizione fra l’intimo e l’esterno, è divenuta più grave. Proprio perché nell’intimo è Dio. Prima non c’era. E all’esterno l’uomo rimane quello che era. Ancora gioca nel mondo la potenza del male. Il mondo è sottoposto al Maligno, dice l’Apostolo Giovanni (cfr. 1 Gv 5, 19) – e credo che neanche il Concilio Vaticano II abbia il potere di cancellare la Parola di Dio – cosicché, vedete, l’inferno e il paradiso sembrano congiungersi nell’uomo. L’uomo è dilaniato in questa opposizione radicale in cui egli si trova. La pace è possibile soltanto se siamo nell’inferno o se siamo in paradiso. Così, in fondo, era l’uomo prima che Gesù venisse. Anche il suo spirito era ottenebrato, anche la sua anima era devastata dal male, dal peccato. Schiavo totalmente del male, egli godeva una relativa pace. Ed è questa pace che il mondo oggi invoca. Per questo rigetta il Cristianesimo come un veleno: se Dio finalmente ci lascia in pace, almeno non avremo questo tragico tormento, questa differenza così viva, così drammatica tra quello che l’anima vive nell’intimo e quello che sperimenta sul piano umano visibile. Quante volte si è parlato in Comunità della pace di Dio, della gioia come segno del cristiano! Ed è vero. Quello che vi ho detto stamani nell’omelia, non nega affatto quello che ho sempre sostenuto. Soltanto che questa gioia è tutta interiore, questa gioia suppone per noi quasi un’evasione dal mondo, esige da noi come un difendersi nei confronti del mondo al quale pure apparteniamo. Così questa gioia può essere anche percepita, sentita e vissuta, nella misura però che noi o ci sottraiamo al mondo presente, oppure che il mondo presente in qualche modo tace per noi, ci lascia in pace, non ci tocca. A condizione cioè che venga meno questa opposizione radicale fra inferno e paradiso, che è, direi proprio, lo stato dell’anima cristiana: vive già in cielo, possiede già il paradiso nell’intimo, ed è col suo corpo e con l’anima sua – parlo della psyché nella solitudine, nella desolazione, nell’angoscia, nell’agonia. Così è retorico un linguaggio che parli soltanto della dolcezza del Natale, della pace del Natale, della gioia del Cristianesimo, se noi crediamo di poter escludere l’esperienza del male. E d’altra parte, parlare dell’esperienza del male, della sofferenza, dell’angoscia non è più un linguaggio cristiano, se noi trascuriamo di parlare anche di questa presenza di Dio nell’intimo del cuore. Cristianesimo vuol dire veramente unità, l’unità che si è operata nel Cristo e continua attraverso di noi, quella unità che si è compiuta nel mistero della Croce, quella unità che per il mistero della Croce ha

Upload: others

Post on 03-Apr-2020

30 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: LA PACE DEL NATALE È NELL UMILTÀ, NELLA POVERTÀ, NEL ......gioia ci liberi e ci difenda dal tormento esteriore e dalle pene interiori. È pace, certo, è gioia vera, ma tu la scopri

Inserto Dicembre 2015

[L.V. 41 , pp. 85-1 04]

LA PACE DEL NATALE ÈNELL’UMILTÀ, NELLA POVERTÀ,

NEL NASCONDIMENTO

Prima meditazione

La tensione nel cuore dell’uomo

Il Cristianesimo è stato l’adempimento dellepromesse di Dio, ma ha portato al mondo piùsofferenza: più sofferenza proprio perché più graveè lo iato, la separazione fra l’intimo e l’esterno. Èvero che noi dobbiamo lavorare, io non escludoquesto – quando parlo sembra che sempre io vogliaescludere l’azione anche sociale – ma in realtà, difatto, l’opposizione fra l’intimo e l’esterno, èdivenuta più grave. Proprio perché nell’intimo è Dio.Prima non c’era. E all’esterno l’uomo rimane quelloche era. Ancora gioca nel mondo la potenza delmale. Il mondo è sottoposto al Maligno, dicel’Apostolo Giovanni (cfr. 1 Gv 5, 19) – e credo cheneanche il Concilio Vaticano II abbia il potere dicancellare la Parola di Dio – cosicché, vedete,l’inferno e il paradiso sembrano congiungersinell’uomo.

L’uomo è dilaniato in questa opposizione radicalein cui egli si trova. La pace è possibile soltanto sesiamo nell’inferno o se siamo in paradiso. Così, infondo, era l’uomo prima che Gesù venisse. Anche ilsuo spirito era ottenebrato, anche la sua anima eradevastata dal male, dal peccato. Schiavototalmente del male, egli godeva una relativa pace.Ed è questa pace che il mondo oggi invoca. Perquesto rigetta il Cristianesimo come un veleno: seDio finalmente ci lascia in pace, almeno nonavremo questo tragico tormento, questa differenzacosì viva, così drammatica tra quello che l’animavive nell’intimo e quello che sperimenta sul pianoumano visibile.

Quante volte si è parlato in Comunità della pacedi Dio, della gioia come segno del cristiano! Ed èvero. Quello che vi ho detto stamani nell’omelia,non nega affatto quello che ho sempre sostenuto.Soltanto che questa gioia è tutta interiore, questagioia suppone per noi quasi un’evasione dalmondo, esige da noi come un difendersi neiconfronti del mondo al quale pure apparteniamo.Così questa gioia può essere anche percepita,sentita e vissuta, nella misura però che noi o cisottraiamo al mondo presente, oppure che il mondopresente in qualche modo tace per noi, ci lascia inpace, non ci tocca. A condizione cioè che vengameno questa opposizione radicale fra inferno eparadiso, che è, direi proprio, lo stato dell’animacristiana: vive già in cielo, possiede già il paradisonell’intimo, ed è col suo corpo e con l’anima sua –parlo della psyché – nella solitudine, nelladesolazione, nell’angoscia, nell’agonia.

Unità fra opposti

Così è retorico un linguaggio che parli soltantodella dolcezza del Natale, della pace del Natale,della gioia del Cristianesimo, se noi crediamo dipoter escludere l’esperienza del male. E d’altraparte, parlare dell’esperienza del male, dellasofferenza, dell’angoscia non è più un linguaggiocristiano, se noi trascuriamo di parlare anche diquesta presenza di Dio nell’intimo del cuore.Cristianesimo vuol dire veramente unità, l’unità chesi è operata nel Cristo e continua attraverso di noi,quella unità che si è compiuta nel mistero dellaCroce, quella unità che per il mistero della Croce ha

Page 2: LA PACE DEL NATALE È NELL UMILTÀ, NELLA POVERTÀ, NEL ......gioia ci liberi e ci difenda dal tormento esteriore e dalle pene interiori. È pace, certo, è gioia vera, ma tu la scopri

Inserto Dicembre 2015

unito la profondità dell’abisso all’altezza dellasublimità della Croce.

Affonda le sue radici nell’inferno la Croce e salefino al cielo e unisce il cielo e gli inferi: «descenditad inferos». In Cristo di fatto i due abissi sonolegati, sono uniti, ma li unisce Lui nella Croce, liunisce Lui nella sua agonia.

Così noi uniamo questo mondo a Dio: questomondo del quale siamo parte viva, questo mondoche è mondo di peccato, di malvagità, di morte, disofferenza, di solitudine, lo uniamo alla pienezzadella luce, alla pace divina, alla gioia pura eimmensa di Dio.

Ma come possiamo unire queste due cose?Come Gesù: rimanendo sulla croce, realizzandoproprio questa unità nell’essere stirati in queste dueopposte esperienze: in una esperienza dellapresenza di Dio e nell’esperienza della debolezza,dell’umiltà, della povertà, della solitudine,dell’angoscia, della desolazione interiore. Perchénon è vero per nessuno di noi che siamorisparmiati: se non altro ci sono le preoccupazioniper il lavoro, per la famiglia, per coloro che amiamo;se non altro, c’è l’ansietà che deriva da unacondizione precaria come la condizione dell’uomoche vive quaggiù sulla terra.

Ed è precisamente questo, vedete, il Natale. Voiaspettavate che parlassi della dolcezza della pacenatalizia. Nostro Signore non ha annunziato la pacequando è venuto al mondo. E gli angeli hanno forsecantato la pace quando Egli è nato quaggiù? Sì,pace. Ma la pace a quel prezzo. Nato in una grotta,bambino braccato da tutti, deve fuggire appenanato nell’Egitto, in un paese sconosciuto, senzadifese. La pace sì, ma per un bambino che è nudo,che deve essere salvato da due creature umaneche non hanno altro potere per difendersi control’ira di Erode se non quello di una fuga versol’ignoto, se non quello di una vita di nascondimentoe di lavoro (cfr. Mt 2, 13). La pace di Natale èquesta pace, si paga a questo prezzo. E il prezzo èl’umiltà, e il prezzo è la povertà, e il prezzo è ilnascondimento.

Se vuoi conoscere la pace, bisogna che tu escada questo mondo; e Gesù appena c’è entrato, neesce. Non può nascere a Nazaret: nasce aBetlemme e deve scappare. Ecco, l’unico modo perpossedere la pace è di cercare di difenderci daquesto mondo in cui l’uomo davvero si trova inesilio. Ma è troppo facile, troppo comoda la vita delrecluso. Tu devi vivere proprio invece questo tuoessere in due mondi, questo sentirti veramente

posseduto da due mondi: il mondo di Dio e il mondodegli uomini; il mondo della pace, della gioia,dell’amore, e il mondo della confusione, delladiscordia, della violenza, della cattiveria, dell’odio,della menzogna, del male. E tu, proprio per il fattoche Dio vive nel tuo cuore, devi sentirti sempre piùvulnerabile alla menzogna, all’odio, alla violenza,alla morte.

Cercare Dio nel nostro cuore

Questo è vivere il Natale. Questa è la pace cheGesù ha portato agli uomini.

Le altre paci sono troppo idilliache per esserecristiane. Sono proprio la pace del presepio: tuttoper benino con la neve che è fatta di farina, e glialberelli fermi fermi, senza vento… Ma non è statoquesto il Natale. E allora? E allora, noi, sedobbiamo parlare del Natale, se dobbiamo parlaredella pace del Signore, se dobbiamo parlare dellagioia che ci dona il Signore, dobbiamo renderciconto che dobbiamo cercarla nell’intimo. E nondobbiamo pretendere che questa pace, che questagioia ci liberi e ci difenda dal tormento esteriore edalle pene interiori. È pace, certo, è gioia vera, matu la scopri soltanto se affondi nel tuo intimo centrodell’essere, là dove Dio nasce.

Avete presente l’iconografia orientale? Com’èl’icona della natività? Gesù nasce dentro una grottanel centro della terra. Così Dio nasce proprio nelcentro di te. Fuori, il mondo rimane quello che è.Bisogna entrare proprio nel centro della terra perincontrarci col Bambino che sorride e ti tende lebraccia. Perché tu ti possa incontrare con Diobisogna che tu affondi nel tuo intimo centro. Là Egliinabita.

Di qui voi capite come sono molto spessodemagogiche tutte le parole che oggi sono rivolte aicristiani, di una trasformazione del mondo, dellestrutture sociali. Non si accorgono questi povericristiani che, nella misura che lavorano in questocampo, loro stessi sono portati per il naso poi daglialtri, non si accorgono poi come ogni risultato suquesto piano rimarrà sempre compromesso se nonaltro dal peccato altrui. L’unico modo per sottrarsialla pena, al castigo è quello di liberare il mondo dalpeccato: e di questo non ne siamo capaci. Così noidobbiamo combattere fino alla fine, e conservarenell’intimo soltanto la pace e la gioia di essere amatida Dio.

Ma io non parlo nemmeno di questo. Il cristianopotrebbe anche in qualche misura difendersi dal

Page 3: LA PACE DEL NATALE È NELL UMILTÀ, NELLA POVERTÀ, NEL ......gioia ci liberi e ci difenda dal tormento esteriore e dalle pene interiori. È pace, certo, è gioia vera, ma tu la scopri

Inserto Dicembre 2015

male del mondo: siamo persone troppo pocoimportanti per essere presi di mira. Ma il problemaè un altro: noi cristiani possiamo essere sordi eciechi nei confronti dei mali del mondo? Voi lovedete, non è il Vietnam, l’India, il Pakistan, laCorea, il Sudan: è tutto il mondo. Bisognerebbeessere ciechi per non accorgerci del dolore chesembra veramente l’eredità dell’uomo. Sembra chel’umanità non riceva altre eredità, generazione pergenerazione, che il peso di un’angoscia che cresce.E le cose sono giunte a tal punto che sembra che icapi delle nazioni non sappiano più come andareavanti.

L’uomo rimane un pover’uomo, non ha il poteredi dirigere una umanità che soffre le conseguenzedi un peccato che cresce. Via via che il peccatocresce crescono i suoi mali. E il male che deriva dalpeccato non lo può condonare che Iddio. Noi citroviamo in questa situazione. Quanto più andiamoavanti, tanto più sembra veramente credibile laprofezia della Madonna di Fatima. Ci avviciniamo auna catastrofe senza precedenti! Ma già l’umanitàla vive! Ha perso, si direbbe, ogni controllo. L’uomoè disgregato in se stesso, non conosce più alcunvalore, non sa più il senso della vita. Sarebbe unaliberazione per tutti morire, anche se nessuno vuolmorire, talmente la situazione diviene opprimenteper l’uomo moderno. L’uomo vive questo.

Essere profeti nel mondo

Vive così la redenzione operata da Cristo? Non visembra veramente che la Parola di Dio nella Chiesaabbia perso ogni carattere profetico? E questol’hanno avvertito tutti. All’inizio del Sinodo tuttiparlavano del Sinodo. Quando è finito, nemmenoL’Osservatore Romano ne parlava più. La paroladei vescovi non soltanto è risuonata nel vuoto, ma èstata una parola falsa, una parola che non dicevapiù nulla. Il mondo non l’ascoltava più.

La Chiesa sembra divenuta soltantoun’accademia: chiacchiere che non dicono piùnulla. Credono tutti di risolvere, e invece non fannoche accumulare discorso sopra discorso e la parolarimane inefficace, vuota, non è più una parolaprofetica. Nell’antichità c’erano sempre i profeti cheannunciavano le catastrofi. Ora tutto va bene. Ma èquesto che ha annunciato il profeta Isaia: «Quandodiranno che tutto va bene, allora… ». Tutti noi siamociechi e si cammina come nelle tenebre a tentoni eabbiamo un po’ l’impressione che da un momentoall’altro possa aprirsi una voragine e inghiottirci

tutti.E questo è il Cristianesimo? Questo ha portato il

Cristianesimo? Sì, sembra che il Cristianesimoabbia portato questo. Se noi consideriamoattentamente la vita dell’umanità non toccata dallarivelazione profetica e dalla rivelazione cristiana,noi questa umanità la vediamo tranquilla, pacifica,più o meno. Certo, anche la Cina, anche l’Indiaconoscono la peste e la guerra, tuttavia non certonelle proporzioni in cui le ha conosciute l’Occidente.E d’altra parte oggi che il Cristianesimo ha invasotutta la terra, sembra proprio che esso sia stato lacondizione di una guerra universale, per una presadi posizione da parte delle forze del male cheminacciano ora l’uomo.

È il Cristianesimo che ha operato questo? Credodi sì. Credo che nel Vangelo quelle parole di Gesù:«Non sono venuto a portare la pace ma la guerra»(Mt 10, 34) siano parole paurosamente vere. Gesùha portato la guerra proprio per questo fatto: che èimpossibile ora una certa conciliazione anche conse stessi. È Dio che crea l’unità. La realtà haesasperato le posizioni. Proprio perché le haesasperate, il cristiano non può più vivere quaggiù.Il cristiano che è veramente cosciente non può chepregare e chiedere una cosa: che Egli venga! Tuttala vita della Chiesa è questa: «Signore, non nepossiamo più, fai presto! Signore non tardare!».

Ma il non tardare è la seconda venuta. È la fine diquesta economia, è finalmente l’instaurazione dellapace non più soltanto nell’intimo delle coscienze;l'instaurazione della gioia non più soltanto nelprofondo del cuore, ma di una gioia e di una paceche trabocchino finalmente nell’umanità intera etrasfigurino questo mondo e donino finalmenteall’uomo di non vivere più una vita divisa, col corponell’inferno e con lo spirito in Dio.

Non ci possiamo dividere dal mondo

Ma avevo cominciato un altro discorso edobbiamo continuarlo. Il discorso che ho cominciatoera questo: che la pace è reale, la gioia del cristianoè reale ma non è mai, non potrebbe essere mai cosìperfetta da escludere questa attenzione dell’uomoai mali del mondo, questa sensibilità dell’uomo aldolore dei fratelli, all’incombente minaccia che pesasopra l’umanità. Questo dicevo.

Ma se questo è vero – ed è questo che volevaessere l’argomento della meditazione – è anchevera la pace, è anche vera la gioia.

Si diceva: è una pace, è una gioia soltanto

Page 4: LA PACE DEL NATALE È NELL UMILTÀ, NELLA POVERTÀ, NEL ......gioia ci liberi e ci difenda dal tormento esteriore e dalle pene interiori. È pace, certo, è gioia vera, ma tu la scopri

Inserto Dicembre 2015

nell’intimo. Il cristiano la può possedere soltantonella misura della sua vita interiore. Ecco perché,miei cari fratelli, il Cristianesimo oggi rischia diperdersi, rischia di finire se lo Spirito Santo non loassiste, Egli che è vivente ed è l’anima dellaChiesa. Se lo Spirito Santo veramente nonriconducesse i cristiani a rendersi conto della vitainteriore, il Cristianesimo stesso si sfascerebbe nelnulla, perché la verità della redenzione operata daCristo è soltanto nella grazia che Egli ti dona, e lagrazia non trasforma le strutture sociali ma vive inte, Dio vive in te.

Certo, l’uomo non potrebbe essere soltantointeriore – non è un angelo – rimane legato anche aquesto mondo, e perciò questa nostra pace saràgrande quanto si voglia, questa gioia sarà puraquanto si voglia, ma sarà sempre relativa, perchénoi rimaniamo uomini solidali col mondo e nonpossiamo rompere la nostra solidarietà. Tuttaviaquesta pace è reale, tuttavia questa gioia è verace.Noi dobbiamo studiare attentamente questa pace equesta gioia.

Se la pace, la gioia di Dio è nell’intimo, ne vieneche il Cristianesimo in tanto è verace in quantoriconosce il valore dell’interiorità, in quanto nonabdica all’interiorità. Diceva san Paolo – e oggi tuttiquesti dotti se lo dimenticano –: «Ma anche se ilnostro uomo esteriore si corrompe, si rafforza ilnostro uomo interiore» (2 Cor 4, 16). San Paolostesso ci parla dell’uomo interiore e ci parla di unuomo interiore che è redento, che vive già laredenzione, che vive già un progresso di vita, unapace sempre più profonda, una gioia sempre piùverace, anche se relativa.

Vita interiore, vita cristiana

La prima cosa dunque che io debbo dirviparlandovi della pace, della gioia del Natale èquesta, che prima di tutto non illudiamoci, prima ditutto non facciamo una falsa retorica di falsi discorsipii. Dobbiamo rendercene conto che i discorsi piihanno rovinato il Cristianesimo. Bando dunque aidiscorsi falsi di una falsa pietà. Certo che il doloresussiste! Certo che sussiste l’angoscia dellasituazione umana! Tuttavia dicevo che la pace èreale, la gioia è verace, anche se relativa. Questagioia e questa pace hanno una condizione: la vitainteriore.

Quando noi perdiamo il contatto con la nostravita interiore, noi perdiamo immediatamente ladimensione cristiana della vita. Questo mi sembra

che sia importante a considerarsi per noi. Nellamisura che noi non ci rendiamo più conto di questarealtà di una vita interiore per l’uomo, nella stessamisura noi non siamo più cristiani. Quel cristianoche pretende di vivere soltanto una vita esteriore dirapporti sociali non si può dire cristiano, perché nonè più nemmeno uomo. Ma certo che se l’interioritàappartiene all’uomo come tale, anche non cristiano,certo è che questa interiorità per uno che non ècristiano è inquietudine, è sgomento; per il cristianoinvece diviene condizione di pace, condizione digioia pura, perché è veramente sentimento di unDio che presente, è veramente esperienza di unamore che ti possiede. Dio è in te!

Condizione però rimane questa: che tu non perdaquesto elemento proprio degli uomini che èl’interiorità. Ma di qui deriva un’altra misura alla vitacristiana: tanto più tu potrai sperimentare la pace ela gioia di Dio, quanto più si fa interiore la tua vita,quanto più tu vivi nell’intimo tuo. Se perdi la tuainteriorità perdi ogni possibilità di essere cristiano.Non c’è possibilità nemmeno di essere cristianoperché Dio si dona precisamente al tuo spirito emagari dal tuo spirito può rifluire la grazia, come s’èdetto altre volte, anche sulla psyché, sulla vitapsichica, e poi anche sulla vita fisica. Può darsi; macomunque si dona immediatamente allo spirito.Perciò senza vita interiore non vi è possibilità divivere la vita cristiana.

Ma è vero anche questo: quanto più noi vivremola nostra vita cristiana, e la vivremo profondamente,tanto più la nostra vita interiore diverrà in fondo lanostra vera vita. Non soltanto un anelito di quandoin quando, un bisogno di solitudine, un ritrarsi dalmondo perché il mondo ci fa troppo male. Qualchevolta avviene questo anche a chi non credenell’interiorità: s’è buttato nell’azione e si stanca, eallora, che vadano a farsi friggere tutti questideputati e il parlamento! Voglio vivere un po’ perconto mio! E si sta a letto. C’è una volontà qualchevolta di ritirarsi dall’esterno perché l’esterno ci famale, ma questa non è la vita interiore del cristiano.Nel cristiano c’è un bisogno di vita interiore che nonè un rifugiarsi in un’evasione dal mondo, ma èl’esperienza di una realtà che non è evasioneperché è la prima realtà.

L’ uomo, valore assoluto

L’uomo, di fatto, prima di tutto è rapporto conDio, e perciò si incontra con se stesso soltanto nellamisura che entra dentro di sé, come dice

Page 5: LA PACE DEL NATALE È NELL UMILTÀ, NELLA POVERTÀ, NEL ......gioia ci liberi e ci difenda dal tormento esteriore e dalle pene interiori. È pace, certo, è gioia vera, ma tu la scopri

Inserto Dicembre 2015

sant’Agostino. Un’anima che non vive una vitainteriore non soltanto è impossibile che conosca lavita cristiana, ma non realizza la sua umanità.Rimane un numero nella massa, rimane una ruotanell’ingranaggio, non ha più nulla di personale. Nonè un uomo ma soltanto un elemento della specie, einvece l’uomo non è un elemento della specie.Questa è la cosa che ci differenzia dagli animali:ogni animale è parte della specie, l’uomo inveceemerge, supera la specie. Ecco perché vi è la storiaper l’uomo, ecco perché l’uomo può compiere unatto che è libero, ecco perché ogni uomo, essendopersona, è valore assoluto, mentre tutta l’umanitànon è valore assoluto: l’umanità come tale,indipendentemente dalle singole persone, valemolto meno di ogni uomo. Soltanto l’uomo vale insé, soltanto l’uomo ha un suo valore che non siidentifica con la vita della specie.

Se l’uomo perde dunque questa interiorità, èimpossibile che viva la vita cristiana, perché di fattoha perduto se stesso. Il cristiano che vuol vivereuna vita interiore trova il gusto di vivere dentro disé. Noi dobbiamo vivere un certo raccoglimento,una certa solitudine; non la solitudine che derivasoltanto dalla mancanza di amore, ma la solitudinedi un’anima che si incontra con se stessa davanti alvolto di Dio.

La pace del Natale, la gioia del Natalesuppongono come condizione il raccoglimento dellanotte, la solitudine della grotta. «Non vi era postoper loro nell’albergo» (Lc 2, 7); queste parole leabbiamo tante volte meditate come un rifiuto daparte degli uomini di ricevere il Cristo, ma possonoessere anche la volontà dei due che erano i custodidi un così grande segreto, di un così grandemistero, che sentono di non poterlo custodire che inquanto si appartano nel silenzio, nel buio dellanotte. Gesù nasce nella notte, nasce nella grotta:anche tu devi vivere così.

Se tu non entri in questa solitudine, se nonscendi in questo silenzio, tu non possiedi la pace, tunon puoi pretendere di conoscere la gioia. La gioiadel cristiano non consiste nel mangiare il panforte,è qualche cosa di molto più vero e molto piùprofondo, è l’incontrarsi con Dio nell’intimo dellapropria anima, nel centro di sé.

Voi lo vedete: chi sono i primi che godono diquesta pace? Maria e Giuseppe vivono in quelsilenzio, vivono in quella solitudine ed essi findall’inizio vivono la visione del Figlio che è nato. Magli altri che non sono vicini debbono entrare inquella solitudine, debbono scendere in quella grotta

per adorarlo. «Andiamo fino a Betlemme e vediamoquello che è avvenuto» (Lc 2, 15), dicono i pastori;e frettolosamente entrano nel buio della notte,scendono alla grotta per adorare il bambino.

Tu che vivi forse fuori, entra in te stesso,incontrati con Dio! Conoscerai la pace del Natale esoprattutto questa vita interiore, una vita che èraccoglimento, una vita che è esperienza di unbene che possediamo nel cuore. Tutti i beniesteriori sono nulla in paragone di quello che giàpossediamo nell’intimo, se nell’intimo noipossediamo Dio.

Certo, la pace e la gioia del Natale non sono unapace e una gioia assoluta. Si diceva già prima: sonorelative perché tu rimani solidale con gli uomini,perché questa gioia e questa pace non ti possonofar dimenticare la pena, l’angoscia, l’agonia di tanteanime, e nemmeno possono liberare te da ognipena. Così la gioia e la pace del Natale, oltre cherelative, sono custodite dal silenzio e sono presentiin te, ma non escludono per te la pena, il tormento,ogni preoccupazione, ogni ansietà e riguardo a testesso e riguardo ai fratelli.

La tua pace e la tua gioia suppongono quasi unandare oltre te stesso o piuttosto uno scendere inte, in un luogo più fondo di quello nel quale tu viviabitualmente. Perché, è inutile: se noi possiamoscendere anche nel fondo del nostro spirito perincontrarci con Dio, questa discesa non toglie cheviviamo nel corpo, non toglie che la nostra animasia ugualmente devastata dal ricordo dei nostrifratelli che soffrono, sia devastata da un senso disolitudine umano, sia devastata da un senso disgomento e di paura per quello che può essere iltuo domani.

Dobbiamo vivere questa pace, questa gioia,dunque, custodendola gelosamente econtentandoci che questa gioia e questa pace cidiano una certa sicurezza che Dio è con noi. Manon dobbiamo pretendere che questa sicurezzatolga alla nostra anima ogni senso di pena. La penastessa sarà garanzia per noi della presenza di Dio.Perché, come si diceva nell’omelia, è proprio ildono della grazia di Dio in noi che ci fa più sensibilialla sofferenza degli altri, che ci fa anche piùsensibili alle nostre stesse sofferenze, perché Dioche vive nell’intimo ci dà un bisogno di amore, ci dàuna sete di gioia che di fatto non possiamo saziare.

Page 6: LA PACE DEL NATALE È NELL UMILTÀ, NELLA POVERTÀ, NEL ......gioia ci liberi e ci difenda dal tormento esteriore e dalle pene interiori. È pace, certo, è gioia vera, ma tu la scopri

Inserto Dicembre 2015

Seconda meditazione

L’economia sacramentale

Il Natale ha portato la pace e ha portato anche lagioia, ma l’uomo deve cercarle nell’umiltà, nellapovertà, nel nascondimento, perché Gesù in questonascondimento, in questa umiltà, in questa povertàè nato e si è donato agli uomini. Solo se l’uomodunque entrerà in questo nascondimento e inquesta povertà, potrà incontrarsi con Lui e vivere lasua pace e possedere la sua gioia.

Ma tutto questo come contrasta conl’insegnamento oggi del mondo, e un po’ anche neicristiani! Credendo di trovare Dio per le strade delmondo, volendo realizzare il Cristianesimo su unpiano soprattutto sociale e storico, l’uomo di fattorischia di perdere Dio e se stesso, rischia dismarrirsi e di non trovare più nulla tranne ladelusione, l’amarezza, tranne il vuoto.

Noi dobbiamo tuttavia considerare che se questoincontro con Dio, questo possesso di pace e digioia nell’intimo si unirà sempre nel cristiano a unacondizione di pena sino alla fine dei tempi – perchéanche se non si vuole non si potrà mai superare lacondizione propria dell’economia presente, che èun’economia sacramentale – tuttavia noi nonpossiamo nemmeno rimanere inerti nei confronti delmondo, passivi nei confronti del male. Due cosedunque dobbiamo cercare di spiegare: prima ditutto che cosa voglia dire per noi vivere inun’economia sacramentale; la seconda, poi, perquale motivo noi dobbiamo cercare di non rimanereinerti, perché dobbiamo cercare di operare e qualepuò essere l’efficacia di una nostra azione nelmondo.

Prima di tutto l’economia sacramentale. Si dicevadunque che noi siamo in una economiasacramentale e non possiamo superarla perchéessa è quella che distingue proprio la condizionepresente dell’uomo. Voi sapete che cos’è il segno,voi sapete che cos’è il sacramento. Che cosadistingue il segno e che cosa distingue ilsacramento? Il segno annuncia, indica una realtàlontana, o nel tempo o metafisicamente, dalla cosamedesima. Tutte le cose sono segno di Dio inquanto precisamente le cose non sono Dio maaprono la via verso Dio, che è altro dalle creaturesul piano metafisico. E anche possono esseresignificative di Dio in quanto lo annunciano perchédeve venire: allora c’è una lontananza temporale.Nel Vecchio Testamento la profezia è un segnoperché rimanda a un futuro in cui Dio opererà quello

che ora dice, e nella rivelazione cosmica le creaturesono segno perché accennano a un Dio che è al dilà metafisicamente di tutto quello che l’uomoincontrerà quaggiù.

Sacramento e segno

Ma non è puramente un’economia di segnil’economia nella quale viviamo: ho detto che èun’economia sacramentale. E allora che cos’è ilsacramento in confronto al segno? Il sacramento èsempre un segno, ma un segno che fa presentemisteriosamente la realtà ultima.

Noi viviamo il Cristianesimo. Nel Cristianesimoviviamo un’economia sacramentale. L’economiasacramentale vuol dire superamento dell’economiaprofetica. Vuol dire dunque che un adempimentoc’è stato, ma questo adempimento rimane segreto,nascosto. I segni rimangono; cioè tutto quello che èapparente non è la realtà, ma è significativo diquello che è; tutto quello che appare è significativodi una presenza che però è misteriosa. Allora checosa voglio dire con questo? Voglio dire che sulpiano visibile, apparente, tutto rimane come prima.Ma non è tutto come prima, anzi tutto è cambiato,perché quello che è apparente è segno soltanto,non è Dio, non è la realtà ultima. Tutto è comeprima, ma invece questo segno fa presente ilmistero.

Ora è proprio così che noi viviamo ilCristianesimo. Nell’intimo, si diceva, nelnascondimento dell’essere, la pace e la gioia di unapresenza del Cristo, ma sul piano apparente, sulpiano visibile, sia per quanto riguarda l’uomo, siaper quanto riguarda la creazione, tutto è lo stesso. Ilsegno rimane.

Cioè: tutto quello che è apparente non è Dio, tuttoquello che è visibile non è il regno di Dio, tuttoquello che è visibile e apparente non èl’adempimento ultimo dei disegni divini.L’adempimento si compie, si compiono le parole diDio, ma si compiono sotto il segno dell’umiltà, dellapovertà, del dolore, della sofferenza umana,dell’angoscia; tutto si fa presente ma sotto un segnolieve, come Gesù nell’Eucarestia.

Il mistero infatti dell’Eucarestia, perché èmysterium fidei? Perché è mistero essenziale dellareligione cristiana? Perché è in fondo l’espressionedi quello che è il Cristianesimo stesso: è il segnodella povertà che fa presente la realtà di un amoreinfinito, che fa presente la realtà di un Dio che sicomunica al mondo.

Page 7: LA PACE DEL NATALE È NELL UMILTÀ, NELLA POVERTÀ, NEL ......gioia ci liberi e ci difenda dal tormento esteriore e dalle pene interiori. È pace, certo, è gioia vera, ma tu la scopri

Inserto Dicembre 2015

Non si può eliminare la condizione presente

Questa è la condizione dell’uomo, questa è lacondizione del Cristianesimo quaggiù, ed è, mieicari fratelli, non stupido, ma blasfemo pretendere disuperarla. Quando gli uomini pretendono diinstaurare quaggiù il regno di Dio, bestemmianoDio! Pretendono cioè di compiere quello che Diosolo può compiere. Visto che Dio non lo vuolcompiere, l’uomo vuol forzare la mano di Dio.Pretendere di fare quello che Dio non ha fatto! Èuna bella pretesa! L’uomo invece si troveràsempre, umanamente parlando, sul piano storico evisibile, in una condizione di pena, di umiltà, dipovertà, di angoscia. E non potrà liberarsene, nonpotrà superarla in un modo pieno, assoluto.

Di qui dobbiamo renderci conto della impotenza –non assoluta, ma tuttavia impotenza – di superarequesta condizione per la quale, se l’uomo vive larealtà ultima, la vive però nel mistero. Ora è invecequesto che l’uomo non accetta, è precisamentequesto che l’uomo non sa sopportare. All’uomo nongli interesserebbe in fondo nulla del compimentodella realtà ultima del mistero: vorrebbe invece chela realtà ultima si esprimesse e fosse presente nellasua visibilità, nella sua piena manifestazione e vistoche Dio non si decide, vuole forzare la mano di Dio.Dicevo stamani: tutta l’azione umana, da almeno unsecolo a questa parte, ha un carattere di rivolta, diribellione contro Dio. Ogni sforzo umano per larealizzazione sul piano sociale, sul piano politico,della realtà ultima ha un carattere spesso diribellione.

L’opera: rimanere in attesa

Ma è soltanto un carattere di ribellione?Dobbiamo allora rimanere inerti? Ecco il problema!No. Non dobbiamo rimanere inerti. Però dobbiamoavere, se siamo cristiani, la coscienza che nonsaremo noi a realizzare fino in fondo il regno di Dio.Cioè dobbiamo contentarci di una realizzazione cherimane parziale, che rimane ancora profetica,imperfetta e attende la seconda venuta del Cristo.Se noi non sappiamo avere questa pazienza, se noinon sappiamo accettare questa nostra condizionenell’umiltà e nella pace, tutti noi cristiani,impegnandoci soltanto in questa azione sociale epolitica, rischiamo di abbandonare Dio, di svuotareil Cristianesimo, di distruggere la Chiesa.

È quello che avviene, oggi, da parte dei cristiani,anche dei cattolici. Siccome vogliono forzare la

mano a Dio e pretendere di risolvere la Chiesa in unpura socialità, del Cristo stesso non sanno più chefarsene: è il "Cristo cosmico" che vale. Nonsappiamo nemmeno che cosa vogliono dire conquesta parola, ma intendono, in fondo, di ripudiarela realtà che è presente ma nel mistero, che èpresente, ma nell’umiltà, che è presente manell’intimo, nel più profondo dei cuori e dello spirito;pretendono di gettare a mare questa realtà, per unarealtà che rimane invece irraggiungibile e perciòesaspera gli animi. E intanto, nella misura che sivuole totalmente una realizzazione cristiana su diun piano visibile, non avendo più cura di quellarealtà intima, di fatto l’anima non solo si esasperama anche vive, in questa esasperazione, unaribellione a Dio.

Ma dobbiamo rimanere inerti? Certamente no,però dobbiamo avere, sul piano dell’azione umana,il senso della misura che è proprio dell’azioneumana. Noi non possiamo certamente rimanereinerti, noi siamo realmente impegnati a cercare cheanche la vita sociale, la vita politica sia un segnosempre più trasparente, un segno cheprofeticamente sempre più annuncia il regno divino,però dobbiamo fare tutto questo vivendo già inprecedenza la rassegnazione e l’umiltà di chi nonpotrà mai vivere in questo piano il compimento delledivine promesse; perché se vivesse il compimentodelle divine promesse, sarebbe già compiuta lasperanza e la nostra preghiera non avrebbe piùsenso, quella preghiera che, formulata in tanti modi,ha un solo significato: «Venga il tuo regno!», «Vieni,o Signore Gesù!».

In fondo, si vive soltanto nell’attesa della fine.Non c’è nulla da fare. Non si vive per qualche altracosa, ma solo per aspettar la morte. E il mondostesso, il mondo di quaggiù, sussiste solonell’attesa della seconda venuta di Cristo Signore:«Amen! Veni, Domine Jesu» (Ap 22, 20). Quandotu sfuggi a questa duplice necessità – cioè di unapreghiera che invoca questa venuta e anche di unavolontà di rassegnarti nella pazienza a questoprolungarsi dell’attesa – tu rischi anche qui diribellarti contro il Signore.

Che cosa vuol dire tutto questo? Che se vuoitrovare un motivo di contentezza, di gioia, devicontentarti di quello che Dio ti ha dato, vivendo Eglinel tuo medesimo cuore. E in forza di questapresenza di Dio nel tuo cuore devi impegnartisempre più anche a lavorare sul piano dei rapportiumani, sul piano della trasformazione delle strutturedel mondo, ma con l’umiltà di chi lavora lasciando a

Page 8: LA PACE DEL NATALE È NELL UMILTÀ, NELLA POVERTÀ, NEL ......gioia ci liberi e ci difenda dal tormento esteriore e dalle pene interiori. È pace, certo, è gioia vera, ma tu la scopri

Inserto Dicembre 2015

Dio il compimento di tutto. Noi, in fondo, su questopiano non facciamo che seminare: il raccoltoavverrà quando Egli manderà i suoi angeli a far lamietitura, come dice l’Apocalisse (cfr. Ap 14, 15). Ilraccolto sarà soltanto quando Egli l’avrà decretato:allora suoneranno le trombe ed Egli verrà.

San Giuseppe

Ecco, mi sembra questo ciò che ci impone ilNatale. Lo dicevo ieri nell’Omelia commentando ilVangelo di san Matteo: «E così avvenne la nascitadi Gesù» (Mt 1, 18 ss). Si parlava di un uomo,chiamato Giuseppe, che si ritrovava con la suadonna incinta e la voleva rimandare. Ebbe un sognoe se la tenne. Per un sogno! Pensate un po’! E nonsoltanto si tiene una donna che era incinta non dilui, ma vive per trent’anni con questo che èconcepito, e poi nasce, e vive sotto il suo tetto, edeve sapere che è il Figlio di Dio! E intanto lo vedelavorare, e intanto vive nell’oscurità e nessuno sanulla di Lui. Che cosa terribile!

Ma è la stessa nostra vita: siamo figli di Dio,possediamo Dio nel cuore e viviamo comesconosciuti in questo mondo. E questo Dio chepossediamo nel cuore rimane in noi e non cambiacosa alcuna.

E vivere il Natale è questo: vivere con questafede umile, in questa fedeltà serena. Certo sanGiuseppe visse una grande pace, una grandedolcezza; addirittura l’Inno della sua festa dice cheEgli è simile ai beati del cielo. Lavorava, però. Vivela vita simile ai santi che vivono nella visione di Dio.È tutto vero, e nulla è vero perché questo Dio,invece di beatificarlo, chiedeva soltanto il sudoredella sua fronte, invece di dover pensare soltanto asé col suo lavoro a sua moglie, doveva provvedereanche a quest’uomo, che si diceva Figlio di Dio,anzi era Figlio di Dio, lo aveva saputo, e pur tuttaviaviveva se lui lavorava, mangiava se lui gliprocurava, col suo lavoro, gli alimenti. Ecco ilNatale!

Il Natale è questo. Sì, una grande dolcezza, sì,una grande pace, ma una pace e una dolcezzafatte di nulla: non ha altro fondamento la tua paceche una vita di fede, non ha altro alimento la tuadolcezza che la fede, la fede in una presenzaoscura, in un Dio che è Dio ma che si fa presentesotto il segno della povertà, dell’impotenza,dell’umiltà, del silenzio. Ecco il Natale, la pace delNatale, la gioia del Natale. E rimane così. Si havoglia di volerne uscire! Il Natale viene sempre di

notte, non è vero? Ed Egli non soltanto nasce in unagrotta a Betlemme circa duemila anni fa, macontinua a far presente il mistero di questa suapresenza sempre nella notte del mondo, sempre nelsilenzio degli uomini, sempre nella dimenticanza enell’oscurità di una povera vita. Questo è il Natale:lo vogliamo cambiare?

«Dio mio, perchè mi hai abbandonato?»

È quello che si diceva prima: il pericolo per icristiani è quello di non voler più attendere nellapazienza e nell’umiltà, di voler in tutti i modi forzarela mano a Dio. Ma nella misura che tu vuoi liberartidall’economia sacramentale nella quale tu vivi, turischi di essere infedele a quella presenza interioreche è il possesso di Dio. E mentre lo cerchi al difuori lo perdi, e il mondo rimane ancora più vuoto, eil mondo davvero allora è abbandonato da Dio.

La morte di Dio! Non è questo che ci insegnanooggi i teologi? Non è questo che ci dicono oggi gliscrittori? Ed è terribile, talmente terribile questaoscurità, segno di una divina presenza! Dicono oggianche i teologi cattolici e non cattolici: «È possibiledavvero che l’uomo anche oggi possa lodare Diodopo che ha assistito alla morte di sei milioni diEbrei, milioni di altri morti civili, bambini, donne,torture senza numero, guerre che si ripetono?Possibile ancora che l’uomo lodi Dio, questo Dioche sembra indifferente, che sembra non sentirnulla, che non risponde mai alla preghieradell’uomo? È possibile che l’uomo lodi Dio?». Sì: lapreghiera dell’uomo è la preghiera stessa che ilFiglio di Dio ha elevato al Padre dall’alto dellaCroce: «Dio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»e immediatamente dopo: «Padre, nelle tue maniraccomando il mio spirito». Questo abbandonosupremo, totale a un Dio che è silenzio sul pianoumano, ci è possibile viverlo? È l’unica esperienzareligiosa che sia propria del cristiano, se il cristianovuol vivere fino in fondo la sua condizione, se vuolvivere fino in fondo il mistero della sua vita.

Ma com’è difficile credere! Certo gli Ebreiaspettavano qualche altra cosa invece di questanascita di Gesù, invece di questa vita del Figlio diDio che vive nella casa di un falegname. Siaspettavano qualche cosa di diverso. Ed essi noncredettero perché non seppero riconoscerlo. Uno loriconobbe e visse con Lui la dolcezza, la pace, lagioia. Ma com’era sconcertante questa pace! Macome questa dolcezza era strana! Sapeva di viverecol Figlio di Dio e intanto questo Figlio di Dio

Page 9: LA PACE DEL NATALE È NELL UMILTÀ, NELLA POVERTÀ, NEL ......gioia ci liberi e ci difenda dal tormento esteriore e dalle pene interiori. È pace, certo, è gioia vera, ma tu la scopri

Inserto Dicembre 2015

cresceva sotto i suoi occhi e taceva! Si dicecomunemente, ed è forse la verità, che Giuseppesia morto prima che Gesù abbia iniziato la vitapubblica: dunque tutta la vita Giuseppe l’ha vissutacon Lui, e con questo bambino che cresce, questogiovane che cresce, e non esce dal suo silenzio. Etutto il paradiso era lì!

È possibile per noi essere cristiani? Non èpossibile! Se Dio non ci aiuta, com’è possibile, nondico accettare umilmente questa vita di pena, macredere che in questa vita di pena possediamo giàil cielo? Eppure è proprio questa la condizione delcristiano quaggiù.

Come dicevo nell’omelia, com’è strano ilCristianesimo! Com’è sconcertante ilCristianesimo! Miei cari fratelli, non c’è dameravigliarsi che siano in pochi quelli che credono:c’è da meravigliarsi che ci sia qualcuno che creda!E proprio perché è così sconcertante, coloro chevogliono crederci vorrebbero aiutare Dio amanifestarsi, vorrebbero costringere Dio amanifestarsi, vorrebbero uscire da questo silenzio,vorrebbero imporre a Dio di entrare in questomondo e di parlare.

Ma intanto il cristiano, proprio perché haimparato a conoscere Dio, proprio perché si senteamato da Lui, vive più tragicamente ancora, piùdolorosamente ancora la pena di vivere in unmondo che sembra così estraneo a Dio, in unmondo che è sotto il segno della sofferenza,dell’angoscia, della morte. Si diceva stamani che ildono di Dio, invece di aver diminuito la pena el’angoscia dell’uomo, l’ha acuita terribilmente,perché ha reso più vulnerabile il cuore dell’uomonei confronti di questa manifestazione di dolore cheè propria della nostra condizione. Il cristiano ogginon può sopportare più l’attuale realtà temporale, edeve invece sopportare meglio. Non puòsopportare più perché il suo cuore è divenuto piùsensibile. Amati da Dio! E intanto abbandonati aogni sofferenza, a ogni agonia. Amati da Dio! Eintanto viviamo quaggiù come sconosciuti a tutti,come dimenticati dal cielo. Amati da Dio, anzi Dioche vive nel nostro cuore! E le cose rimangonoquelle che sono.

Portare il dramma del mondo nel cuore

Ecco il Natale, miei cari fratelli! E in questacondizione tu devi vivere. Come Giuseppe devianche lavorare, e il tuo lavoro, pur impegnandoti acambiar qualche cosa, a trasformare il mondo nel

quale abiti, lo avverti giorno per giorno non comeinutile, certo, ma come un lavoro che ti delude delsuo frutto, perché fai, fai, fai, e le cose sembranorimanere sempre le stesse. Come sa di demagogiaparlare della trasformazione del mondo! Dicono chenon c’è più schiavitù e invece siamo più schiavi diprima. Dicono che la donna oggi ha avuto lapromozione; io non trovo nemmeno che l’abbiaavuta l’uomo. Si vive sempre la nostra povera vita.Non sono certamente le automobili che liberanol’uomo da una condizione di pena, che possono fardimenticare la situazione del mondo. E la situazionedel mondo rimane tragica.

Direi di più: non solo il fatto di Dio che vive nelcuore ci dà una carità più viva, ma il fatto stesso delprogresso della tecnica ci rende più consapevoli deimali del mondo. Fino a cinquant’anni fa, a centoanni fa, si sapeva soltanto della vicina di casa cheaveva la tosse o di un vecchio del paese che eramoribondo, e non si andava più in là. E oggi tu devipartecipare della guerra del Pakistan con l’India, ealla situazione del Medio Oriente, e alla situazionedel Sudan… La situazione di tutto il mondo ti èentrata in casa per pesare sopra di te. E tu, checosa puoi fare? Che cosa avremmo potuto fare pernon far morire quelle migliaia di Bengalesi che sonomorti in questi giorni? Tu non saprai mai nemmenoquanti sono, ma sai abbastanza per capire l’orroreche avranno vissuto in questi giorni tantemoltitudini, l’angoscia, lo sgomento, la paura diquelle popolazioni. Tu sai abbastanza per viverequesto. E questo è il Cristianesimo? E Dio ci hadeluso?

Si diceva stamani: tu sei chiamato a farequalcosa, ma in fondo quello che può fare di più ilsingolo uomo, il singolo cristiano, sarà sempremeno di quello che fa colui che soffre come Gesù.Egli si è fatto uomo e ha cambiato il mondo, nonperché di fatto abbia fatto qualcosa, ma perché hasaputo soffrire, perché ha accettato di soffrire,perché si è dato fino in fondo alla sofferenza.

E ritorniamo allora con queste parole allaseconda lettura della Messa di oggi: «Non haivoluto né sacrifici né olocausti ma mi hai dato uncorpo. Ecco, Dio, io vengo a compiere la tuavolontà» (Eb 10, 7). Noi possiamo in qualche modocontribuire all’avvenimento del regno nel darequesta vita, nel dare questo corpo alla sofferenzaperché continui in noi l’agonia stessa di Gesù, lasua morte dalla quale dipende la salvezza delmondo. Ma è una salvezza che rimaneescatologica: tu dovrai aspettare, come Gesù. Gesù

Page 10: LA PACE DEL NATALE È NELL UMILTÀ, NELLA POVERTÀ, NEL ......gioia ci liberi e ci difenda dal tormento esteriore e dalle pene interiori. È pace, certo, è gioia vera, ma tu la scopri

Inserto Dicembre 2015

non fu glorificato prima della sua morte, e tu nonpotrai, né il mondo potrà, ricevere la salvezza sulpiano visibile; la salvezza è al di là della condizionepresente, è al di là di questo mondo di oggi, è al dilà di questa tua vita.

Terza meditazione

Contro Dio

Nell’ultima meditazione abbiamo in fondocontinuato il nostro discorso di stamani: abbiamodetto che molto spesso la volontà di portare unrimedio ai mali del mondo, un voler realizzareveramente quaggiù il regno di Dio, ha il carattereproprio di una ribellione al Cristianesimo. Peggio: diuna ribellione a Dio stesso. L’uomo non sopportapiù questo Dio che è indifferente ai mali del mondo.Dal momento che Dio tace, dal momento che nonriprende in mano questo mondo per portarelenimento, l’uomo contro Dio vuol creare un mondonuovo, un mondo di salvezza, un mondo di pace. Eil nemico fondamentale allora di questo uomonuovo è proprio Dio, che deve essere bandito,scacciato, che deve essere dimenticato e distrutto,ucciso nei cuori degli uomini perché è Lui cheimpedisce la realizzazione di questo regno di pace,di unità.

È certo che, dicevo, questo movimento ha tutto ilcarattere di una campagna contro il fatto religioso econtro il Signore. Ed è certamente una ribellione,una rivolta pienamente consapevole e voluta. Maanche nei cristiani questa volontà decisa ad entrarenel contesto della storia, a operare unatrasformazione delle strutture, non può essere unarivolta, sia pure non pienamente cosciente, contro ilpiano di Dio? Sì, è una rivolta, se noi pretendiamodi compiere quello che Dio soltanto può compiere,cioè superare la condizione propria dell’uomoquaggiù, che è una economia sacramentale.

La realtà è presente, ma sotto il segno delmistero: l’adempimento è avvenuto, ma sotto ilsegno della povertà, del nascondimento, dell’umiltà.Tu non puoi rimanere inerte proprio perché c’è uncammino da compiere, e in questo cammino l’uomodeve sempre più vivere la speranza del regnofuturo, e non può viverla che in quanto gli siavvicina, che in quanto, in qualche modo,vagheggiando questo regno, cerca realizzarlo nellamisura del possibile anche quaggiù.

Il cristiano però deve sapere che ogni suo sforzorimane relativo, che il possesso del regno di Diorimane intimo, rimane nel profondo dell’essere. Sul

piano esteriore forse i cristiani più ancora degli altridovranno subire l’offesa, come Gesù. Il male delmondo potrà essere distrutto solo nella misura cheil cristiano se l’addosserà.

Oh, la vita cristiana! È essenzialmente una vita difede, e la fede che Dio ci chiede è la fede piùincomprensibile. Eppure, se tu credi, quantadolcezza! Quanta pace! Ma proprio nella misuradella tua fede, devi vivere una vita interiore, e devivivere, in questa tua vita interiore, una vita di fede.

Scandalo e follia della Croce

E ora noi dobbiamo vivere il Natale. Comevivremo il Natale? Cosa ci chiede questa festività?L’abbiamo già detto: l’umiltà, la sofferenza, ilsilenzio di Dio non ci debbono impedire di credereche Egli è venuto, che Egli vive con noi, che Egliriempie di Sé la nostra povera vita. Bisogna chetutti i mali del mondo non riescano a sopraffare lanostra anima nel suo abbandono a un Dio che tace.Bisogna che tutti i mali del mondo non riescano maia farci pensare che Dio sia lontano, che Dio siamorto, che Dio ci abbia deluso.

Ma il fatto di pensare che Dio è con noi e non ciha deluso non deve renderci meno sensibili alleprove, alle difficoltà della vita, alla gravità del doloreumano. Anzi, il contrario. Un Natale che ci facciasordi, ciechi alla miseria del mondo non ècertamente un Natale cristiano. Devi vivere la gioiadel Natale, devi vivere la pace del Natale, ma inquel giorno tu non devi dimenticare tutti i morti delBengala, del Sudan; tutti i torturati dell’America, delBrasile; tutti i bambini innocenti che muoiono difame, di freddo; tutte le anime devastate dal dolore,dall’incomprensione, dall’ingratitudine umana,oppresse da regimi totalitari, umiliate, vilipese,oltraggiate; e tu devi vivere la gioia del Natale!

Ma si può vivere la consapevolezza di questomartirio e vivere la gioia? Tu devi unire le due cose.Ti è possibile? Ti è possibile nella misura che la tuafede sovrasta questa visione. Ma è ancora troppofacile perché in realtà tu non senti, perché tu nonvedi; perché in fondo tu non sai vivere unasolidarietà vera con quelli che soffrono, non saiveramente prendere sopra di te il peso di tantesofferenze umane.

Non è blasfemo, non è veramente colpevolegioire, farci gli auguri, mangiare i dolci? No, tu devifare tutto questo, ma questo non implica per te unoblio degli altri, implica per te una fede assoluta inDio che attraverso questo mistero ci salva. Ed è la

Page 11: LA PACE DEL NATALE È NELL UMILTÀ, NELLA POVERTÀ, NEL ......gioia ci liberi e ci difenda dal tormento esteriore e dalle pene interiori. È pace, certo, è gioia vera, ma tu la scopri

Inserto Dicembre 2015

cosa più sconcertante del mondo. Di fatto rimanesempre uno scandalo e una follia la Croce, e noncessa di essere oggi scandalo e follia. Proprio cosìDio ci salva. Questo silenzio di Dio è la sua parola;questa assenza di Dio è il segno di una suapresenza di amore, questa "morte di Dio" èl’espressione stessa della sua vita, della vita diColui che è il tuo Salvatore.

Possiamo crederlo? Dobbiamo crederlo. Ma voicapite che se dovete vivere questo, voi doveteimmaginare di parlare a uno che è condannato amorire in una camera a gas, dovete mettervi neipanni dei Sudanesi che scappano dai villaggiincendiati, dovete pensare di portare nelle vostrebraccia i bambini che muoiono di fame: econtinuare a crederlo veramente!

È la fede di Maria e di Giuseppe. Vi ricordatequello che dice Elisabetta quando accoglie laVergine? «Com’è possibile che la Madre del mioSignore venga a me?» (Lc 1, 43). Poi le grandiparole: «Beata tu che hai creduto» (Lc 1, 45). Labeatitudine per l’uomo è soltanto la fede. Non c’èdunque altra radice alla nostra gioia e alla nostrapace che una fede che deve crescere sempre di piùquanto più cresce la desolazione del mondo e la tuaesperienza del dolore degli uomini.

Nel tempo, Dio si fa uomo

Il Natale, Dio che si fa uomo! E si fa uomo sulserio. Che vuol dire farsi uomo sul serio? Vuol direche il dolore è il volto stesso di Dio, vuol dire chel’umiltà, la povertà, il nascondimento più profondo,la desolazione, l’abbandono del Padre sono il voltodi Dio. Perché non è l’uomo ancora che si fa Dio,per te è soltanto Dio che si fa uomo. Questo è ilmistero della sua nascita, questo è il mistero dellasua vita. Per ora è Dio che si fa uomo. Quando saràche l’uomo diverrà Dio? Con la resurrezione, e tunon sei risorto e allora ancora in te Dio si fa uomo,nella tua povera vita, nella tua umile vita. Tu devisaperlo!

Com’è possibile che noi sappiamo realizzaretutto questo, che noi nella fede sappiamoveramente aderire a questo mistero? Per noi quelloche è piccolo è soltanto piccolo, quello che è doloreè soltanto dolore. Come gli altri vorrebbero liberarsida questa economia sacramentale e instaurarequaggiù il regno di Dio, così noi crediamo che essercristiani voglia dire rassegnarsi che il piccolo siapiccolo, che il nostro dolore sia dolore.

E invece dobbiamo realizzare che il dolore sia

segno di gioia, segno della gloria divina, e che ilnostro nascondimento, la nostra povertà, è il segnodi una presenza di grazia, di grandezza sconfinata.Siamo qui a S. Sergio, scende già il crepuscolodella notte, e in quest’ora e qui, io e voi ‒ siamoquattro gatti! ‒ viviamo al cospetto di Dio che ciama. E tutto il paradiso è nulla in confronto di quelloche noi viviamo, perché il paradiso non potrebbeessere di più se Dio realmente qui si fa presente. Enoi dobbiamo realizzare la presenza di Dio inquesta umiltà, ma dobbiamo realizzarla anche inquesto silenzio di un Dio nei confronti dellacarneficina umana. Dobbiamo pensare allapresenza di Dio anche nell’urlo degli straziati daibombardamenti, nell’abbandono degli agonizzati,nell’agonia di coloro che muoiono di fame. Dio nonè al di là, perché quello è un segno sacramentale,l’economia sacramentale, e questo mondo è pienodi Dio, e in questo giorno tu devi saper riconoscereil segno di una presenza, il segno dell’amore.Questo è il Natale.

Lo riconobbero i pastori nel segno della povertà,dell’umiltà. Lo riconobbero pochi, forse solo laVergine, in un corpo martoriato, contuso,oltraggiato, vilipeso e crocifisso. Era Dio, Dio che sifaceva presente nel mondo. È Dio, Dio che si fapresente nel mondo. Allora come ora, sempre.L’economia sacramentale è questa: Dio non sisvela a te che attraverso il segno di questa umiltà,di questa povertà, di questo orrore, di questosgomento, di questa desolazione infinita.

Ma perché? Perché? Me lo sapete dire perché?Io non lo so, non posso saperlo, supera ogni miapossibilità di saperlo. Probabilmente per questo:perché davvero Egli non ha voluto evadere dalmondo, ma ha assunto tutta la miseria e tutti i mali.Non il peccato, ma ha assunto tutto il male che dalpeccato deriva ed ora questo male che Egli haassunto, che Egli ha fatto suo, è divenuto il segnodella sua presenza. L’assenza di Dio, la morte diDio è il segno più vero della sua presenza efficace.Ecco quello che a me sembra dire il misterocristiano.

È in questa unità che s’è compiuta la redenzione.Non è passato come olio sull’acqua, non è un Dioche ha assunto soltanto la forma dell’uomo: perchévoleva salvarci è sceso negli abissi più profondi, enegli abissi più fondi ha portato il suo cielo. Io vichiedo una cosa, in questi giorni del Natale: non divisitare la capannuccia, non di dare un bacio a unbel bambino tutto perbenino, ma nel vostro spirito diadorare Dio sotto il segno prima della povertà, poi

Page 12: LA PACE DEL NATALE È NELL UMILTÀ, NELLA POVERTÀ, NEL ......gioia ci liberi e ci difenda dal tormento esteriore e dalle pene interiori. È pace, certo, è gioia vera, ma tu la scopri

Inserto Dicembre 2015

dell’umiltà e poi anche dell’abbrutimento a cuiconduce il dolore. Fatevi presenti veramente allospettacolo di tutto il dolore umano, vi troverete lapresenza di un segno di Dio che voi doveteadorare. Questa è la capannuccia, non fatta difigurine immobili o di borraccina, non fatta di farina

e di luci elettriche che si spengono e si accendono,ma fatta dell’uomo, perché l’uomo è divenuto ilsegno di Dio, l’uomo nella sua spaventosa miseria,l’uomo nella sua debolezza infinita, l’uomo nella suaangoscia suprema: questo è il segno di Dio.