la previdenza forense · ritocchi al codice deontologico: un effettivo aggiornamento? di remo...

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1 gennaio-aprile 2009 LA PREVIDENZA FORENSE QUADRIMESTRALE DELLA CASSA DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE POSTE ITALIANE S.p.A. – SPEDIZIONE IN A. P. – D.L. 353/2003 CONV. L. 46/2004,ART. 1, C. 1; DCB ROMA IL DIFFERENZIALE DI REDDITO TRA MASCHI E FEMMINE LA “TRAPPOLA” DELLA PRESCRIZIONE DEI CONTRIBUTI IL PRATICANTE CARABINIERE?

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1 gennaio-aprile

2009

LA PREVIDENZA FORENSEQUADRIMESTRALE DELLA CASSA DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE

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IL DIFFERENZIALE DI REDDITO TRA MASCHI E FEMMINE

LA “TRAPPOLA” DELLA PRESCRIZIONE DEI CONTRIBUTI

IL PRATICANTE CARABINIERE?

SLA PREVIDENZA FORENSE

PresidentePaolo Rosa

Direttore ResponsabileDario Donella

Comitato di RedazioneGiuliano Berti Arnoaldi Veli

Leonardo CarboneFranco Cipriani

Domenico Condello Remo Danovi

Massimo Di Lauro Alarico Mariani Marini

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t. 06.36205665, fax 06.36205726

Registrazione del Tribunale di Roma18.4.1978 n. 17230

Tiratura 134.000 copieISSN 1827-7373

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e-mail: [email protected]

Numero chiuso in redazione il 29 aprile 2009Finito di stampare il mese di maggio 2009

Sped. in Abb. Post.D.L. 353/2003 conv.

L. 46/2004, art. 1 c. 1, DCB Roma

In copertina:Giordano Bruno

SommarioAE

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G

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G

1gennaio-aprile

2009

LA PREVIDENZA FORENSEQUADRIMESTRALE DELLA CASSA DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE

EDITORIALEL’investimento consapevole di Paolo Rosa 2Si è rinnovato il Comitato dei Delegati 4

AVVOCATURAprofessione avvocato

Etica professionale, affari e finanza: l’avvocatura dinanzi alla crisi di Alarico Mariani Marini 7Ritocchi al codice deontologico: un effettivo aggiornamento?di Remo Danovi 9

europaAvvocati in Francia 11

associazioni forensiLa nuova Giunta direttiva dell’OUA 17Questioni importanti per l’Avvocatura secondo il nuovo Presidente dell’OUAI Il rilievo costituzionale dell’AvvocaturaII Conformismo e giudizio per CassazioneIII Abrogare subito la legge Bersani di Maurizio de Tilla 19

l’informazioneSono finiti tardi e male gli esami della sessione 2006-2007di Carlo Martuccelli 24Il differenziale di reddito tra maschi e femmine di Carla Guidi 27

spazio apertoUna discussione sulla Magistratura onoraria di Giuseppe Chiaia Noya 30La tariffa forense: natura ed ambito di operatività di Leonardo Carbone 34

GIURISPRUDENZA FORENSESS.UU. 26/11/2008 n. 28170. Il praticante carabiniere? (nota di Sara Uboldi) 37Cass. Civ. SS.UU. 15/12/2008 n. 29294. Il prezzo della legalità nella apertura del procedimento disciplinare (nota di Remo Danovi) 41Cass. Civ. Ordinanza 12/3/2008 n. 6534. Responsabilità del Consiglio dell’Ordine nei pareri sugli onorari e giurisdizione del TAR (nota di Leonardo Carbone) 48

PREVIDENZAi problemi

Aumenta il nostro patrimonio: innovare l’Amministrazione?di Dario Donella 54

l’interpretazione delle normeLa “trappola” della prescrizione dei contributi di Michele Proietti 59Presidente di società di capitale. Incompatibilità e iscrizione alla Cassa 64

l’informazioneNovità sui numeri della Cassadi Giovanna Biancofiore e Antonella Menichetti 67I contributi dei pensionati attivi di M. Caterina Neri Serneri 73I dati numerici aggiornati a cura di Gennaro Florio 75

GIURISPRUDENZA PREVIDENZIALE Trib. Catanzaro n. 1358/2008. Recupero dell’indebito nelle pensioni pagate dalla Cassa nota di Marcello Bella 80Trib. Firenze n. 845/2008. È corretto il criterio per la prova dell’esercizio continuativo nota di Marcello Bella 90

LETTERE E QUESITI 96

EEDITORIALE ELA PREVIDENZA FORENSE

2

Investire è una combinazione di concetti scientifici,i cosiddetti elementi finanziari fondamentali che so-no:– previsione dei dati macroeconomici;– diversificazione;– copertura dei rischi finanziari;– gestione delle scadenze;– controllo del rischio;– ma anche abilità professionale che deve però far-

si guidare da due radar che sono, da una parte, ilbuon senso e dall’altra il costante aggancio conl’economia reale.

La globalizzazione dei mercati ha accentuato il le-game tra mercato finanziario e vita quotidiana dan-do vita ad un intenso percorso di democratizzazio-ne finanziaria che lega i destini di tutti alle decisio-ni di alcuni, spesso giovani e rampanti.L’economia reale influenza le dinamiche dei merca-ti finanziari ma, al tempo stesso, ne è profondamen-te influenzata.L’innovazione finanziaria aumenta la complessitàdei mercati anche se amplia notevolmente le oppor-tunità di investimento per i risparmiatori.Chi ha paura di volare e non riesce a controllare lapropria emozione, sarà difficile che voli.Chi si avvicina al mercato finanziario, se conosce ifondamentali, non potrà averne paura ma se non liconosce … o dovrà starvi lontano o dovrà affidarsia consulenti indipendenti, sempre che ce ne sianoancora da qualche parte.Gli investimenti sono una cosa seria: spesso metto-no a rischio i risparmi di una famiglia, nell’otticadegli Enti previdenziali, i contributi previdenziali ditante generazioni di iscritti.Eppure l’investitore spesso si concentra sul merca-to che ritiene di conoscere meglio: per esempio l’I-talia, senza sapere che il nostro Paese rappresentasoltanto il 4% della capitalizzazione mondiale conun elevato rischio paese per via del debito pubblicoed una significativa volatilità.

Occorre poi stare lontani, psicologicamente, daglistati d’animo soggettivi che vanno dall’euforia,quando tutto va bene, ma anche dalla depressionecosì come dalla disillusione o dall’irrazionalità.Un portafoglio va organizzato per obiettivi e rischiall’interno di una visione unitaria e complessiva.È necessario conoscere lo strumento o il prodotto alquale ci si avvicina prima di utilizzarlo perché nonci sono investimenti privi di rischio.In finanza la diversificazione è il pilastro portantenella costruzione del patrimonio e questa crisi fi-nanziaria mondiale ne costituisce un autentico ban-co di prova.Chi ha saputo ben diversificare, infatti, ha ridotto leperdite.Facciamo un esempio pratico: se il 30% del por-tafoglio è investito in azioni sarà necessario chequeste azioni siano diversificate tra:– azioni di grandi aziende e azioni di piccole azien-

de;– azioni domestiche e azioni estere legate all’eco-

nomia reale;– azioni ad elevato dividendo ed azioni che invece

puntano sul reinvestimento e sulla crescita dell’a-zienda stessa.

La storia di oggi ci insegna che occorre stare lonta-ni dalle “bolle mentali” che fanno credere a tantis-simi che sia possibile ridurre il rischio a zero o qua-si semplicemente spalmandolo in modo acconcio suun numero elevato di operatori.Il rischio può essere spostato o ridotto, ma non an-nullato.Siffatto senso di onnipotenza, tipico dell’euforia fi-nanziaria quando tutto marcia all’insù, si è impa-dronito non solo degli operatori finanziari, ma an-che dei centri mediatici e financo delle autorità po-litiche.J. Galbraith soleva, a tal proposito, dire sferzandole coscienze che “è bene che ogni tanto i soldi ven-gano separati dagli imbecilli”.

L’investimento consapevoledi Paolo Rosa

3

ELA PREVIDENZA FORENSE

La ricerca senza limiti del capital gain ha fatto sìche valori come lealtà, integrità morale, razionalitàvenissero via via accantonati per fare spazio a prin-cipi di azione diretti al conseguimento di risultati abreve periodo.L’eccesso di finanziarizzazione dell’attività umanaspinta alla ricerca del guadagno senza sudore hastravolto appunto il nesso tra lavoro e reddito da at-tività speculativa inducendo il risparmiatore, picco-lo o grande che sia, a trasformarsi in speculatore,più o meno avveduto.Occorre, invece, ritornare con i piedi per terra.Per aumentare la redditività del capitale occorrenecessariamente alzare il livello di rischio.

Più sofisticata è la raffinatezza degli strumenti fi-nanziari impiegati, tanto più alta dovrà essere laconsapevolezza dei pericoli insiti nell’impiego deiprodotti della nuova finanza.Ci vuole, quindi, grande lealtà, grande integritàmorale e grande professionalità per muoversi neimercati finanziari.La riforma della previdenza forense, una volta ap-provata, determinerà una forte patrimonializzazio-ne dell’Ente che andrà gestita secondo i principiappena esposti.L’Ente, più ancora di oggi, dovrà sapersi muovereattraverso le insidie dei mercati nell’esclusivo inte-resse e a tutela dei suoi iscritti e pensionati.

1. Blasi Romano Ancona

2. Chiodini Alessandro Ancona

3. De Benedictis Lucio Stenio L’Aquila

4. D’Alesio Divinangelo L’Aquila

5. Bagnoli Alberto Bari

6. Marchio Riccardo Bari

7. Pignatiello Giulio Bari

8. Schiavoni Giovanni Bari

9. Barilli Cecilia Bologna

10. Cerri Giovanni Bologna

11. Grillo Michelina Bologna

12. Nalin Alberto Bologna

13. Sonzini Mauro Bologna

14. Minervini Vittorio Brescia

15. Vannini Nicoletta Brescia

16. Cocco Ortu Alberto Cagliari

17. Uzzau Roberto Cagliari

18. Scialfa Giuseppe Caltanissetta

19. Luciano Nunzio Campobasso

20. Carpino Massimo Catania

21. La Rosa Monaco Giuseppe Catania

22. Rosa Mario Catanzaro

23. Zaffina Nicolino Catanzaro

24. Grotti Massimo Firenze

25. Pesci Andrea Firenze

26. Vasarri Valeriano Firenze

27. Bacci Manuela Genova

28. Ruggiero Raffaele Genova

29. Seganti Annamaria Genova

30. Lolli Dario Lecce

31. Nardelli Nicola Lecce

32. Spano Salvatore Lecce

33. Militi Valter Messina

34. Ceriello Giovanni Milano

35. Del Monte Gianfranco Milano

36. Ferrari Gianrodolfo Milano

37. Giuggioli Paolo Milano

38. La Russa Vincenzo Milano

39. Madeo Giuseppe A. Milano

40. Mazzola Adriano Marcello Milano

41. Rotunno Mauro Milano

42. Salvadori del Prato Guido Milano

43. Zingale Ubaldo Stefano Milano

44. Benincasa Giovanni Maria Napoli

45. Cancellario Camillo Napoli

46. De Giovanni Giovannangelo Napoli

47. Raucci Rosanna Napoli

48. Santoro Mario Napoli

49. Torrese Gennaro Napoli

50. Troianiello Immacolata Napoli

51. Geraci Santi Gioacchino Palermo

52. Sabatino Liborio Palermo

EEDITORIALE ELA PREVIDENZA FORENSE

4

Si è rinnovato il Comitato dei DelegatiSi sono svolte le elezioni per il rinnovo del Comitato dei Delegati.Sono molto numerosi i nuovi eletti: 43 sul totale di 79 (nel distretto di Firenze le elezioni dovranno essere rinnovate per un delegato a seguito di declaratoria di ineleggibilità). È aumentato il numero delle donne: da 5 a 8. È calata l’età media come evidente conseguenza del grande impegno posto dall’AIGA in queste elezioni.

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ELA PREVIDENZA FORENSE

53. Franceschini Claudio Perugia

54. Palamone Beniamino Potenza

55. Maio Nino Reggio Calabria

56. Bucci Federico Roma

57. Condello Domenico Roma

58. De Cesaris Igino Roma

59. Di Francesco Roberto Roma

60. Marchetti Raffaele Roma

61. Nesta Paolo Roma

62. Nevi Giulio Roma

63. Ricciotti Bruno Roma

64. Rossi Franco Roma

65. Vaglio Mauro Roma

66. Visocchi Filippo Roma

67. Baratta Andrea Salerno

68. Montera Americo Salerno

69. Cecchin Pietro Paolo Torino

70. Passeri Pier Navino Torino

71. Preve Guglielmo Torino

72. Ubertini Marco Torino

73. Dossi Monica Trento

74. Diego Mario Trieste

75. Pagotto Alessandro Venezia

76. Grimaldi Ida Venezia

77 Smania Franco Venezia

78. Ugolini Saverio Venezia

79. Donella Dario Venezia

43 nuovi Delegati

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ALA PREVIDENZA FORENSE

Nel mondo della finanza e degliaffari sembra che l’etica sia torna-ta di moda. Al summit del WorldEconomic Forum di Davos i lea-der della finanza e delle impresehanno ammesso gli errori e auspi-cato un ritorno all’etica, anche senon sempre l’appello è partito dapulpiti immacolati.Kofi Annan si è augurato che que-sta volta i programmi di responsa-bilità sociale non restino di purafacciata, come è avvenuto neglianni degli scandali della Nike,della Enron e dei codici etici deiquali si è persa la memoria.Non si tratta, ovviamente, soltan-to di una questione morale, ma diuna crisi del sistema che incidedirettamente sui diritti fondamen-tali delle persone e sulle garanziedel diritto.Il rapporto Oecd 2008 ha reso notoche a causa della deregulation fi-nanziaria e degli effetti che ha pro-dotto sull’economia reale, dei lavo-ratori e delle famiglie, è aumentatala distanza che separa la ristrettaclasse di coloro che possiedono laricchezza da quella di quanti vivo-no in condizioni di povertà, e il fe-nomeno assumerà dimensioni an-cor più rilevanti nell’anno in corso(l’Italia, dopo gli USA, è alla vettadella graduatoria).Sulle cause sono state ormaiespresse molte e autorevoli opi-nioni.

Come ha scritto Stefano Zama-gni, economisti, banchieri e ma-nager, hanno trascurato di appli-care il principio di precauzioneper prevedere i possibili effetti diun modello basato sulla massi-mizzazione del guadagno ed han-no assunto irresponsabilmente ilprincipio di efficienza come finea se stesso, anziché valutare concriteri di ragionevolezza ciò che èbuono ed utile per la personaumana e ciò che invece la dan-neggia.E ciò nonostante che alcuni, tragli altri Nicholas Taleb nel suo be-st seller Il cigno nero del 2007,avessero previsto la crisi che si sa-rebbe verificata nel 2008 a causadella irrazionalità e dell’assenzadi responsabilità degli operatorieconomici e finanziari “cultori delpensiero unico del maggior reddi-to”, basato su modelli teorici cheoggi anche premi Nobel dell’eco-nomia come Paul Samuelson, Ed-mund Phelps e i loro colleghi delMit e delle università di Chicagoe Wharton hanno riconosciuto es-sere errati.

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Il richiamo all’etica della respon-sabilità in luogo di un’etica utili-taristica e a valori morali per iquali al centro dei modelli di svi-luppo va posta la dignità dellapersona umana, fanno vacillare

convinzioni diffuse nella culturapostmoderna dell’impresa: adesempio, quella per cui la merito-crazia rappresenta di per sé un fat-tore di giustizia e di eguaglianzasociale, e quella che riconoscetout court al mondo delle impresee del mercato un ruolo decisivoper il benessere comune.L’esperienza insinua una vena discetticismo sulla perentorietà ditali affermazioni.Certo, la meritocrazia rappresentauna condizione che favorisce lamobilità sociale e la valorizzazio-ne dei talenti, abbattendo barrierediscriminatorie che caratterizzanoPaesi, come l’Italia, afflitti da“mal di merito”, che significa di-seguaglianza sociale, familismo,difficoltà giovanile, come ha do-cumentato Roger Abravanel in unsuo libro recente.Ma le perplessità nascono dallaconstatazione che i “talenti” sele-zionati nei Paesi meritocratici co-me gli USA e ascesi ai vertici del-la politica e della finanza, si sonoresi responsabili della attuale ca-tastrofe dell’economia planetaria(per tacere dei talenti della CIA edegli strateghi militari della guer-ra in Iraq).L’intelligenza misurata nellescuole famose di managementevidentemente da sola non è suffi-ciente: un cigno nero è sempre inagguato.

AAVVOCATURA

professione avvocato

Etica professionale, affari e finanza:l’avvocatura dinanzi alla crisi

È necessario richiamare il mondo dell’economia all’etica della responsabilità sociale. Anche per gli avvocati, è opportuno questo richiamo

di Alarico Mariani Marini

AAVVOCATURAprofessione avvocato

Inoltre, sulla responsabilità socia-le dell’impresa c’è solo da chie-dersi che fine abbiano fatto il pro-getto Global Compact dell’ONUpresentato sempre al W.E.F. diDavos nel 1999, nel quale sienunciavano “nove principi uni-versali” nelle aree dei diritti uma-ni diretti alle imprese, ovvero iprocessi di certificazione di re-sponsabilità sociale nel mondodegli affari, o anche l’indice FT-SE 4 Good creato nel 2001 dallaBorsa di Londra per fornire agliinvestitori informazioni suglistandard etici delle aziende, o, in-fine, le innumerevoli risoluzionidel Consiglio Europeo da ultimo aNizza nel dicembre 2000.

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Ma, si dirà, in questo ormai evi-dente scenario di crisi dell’eticanel mondo, cosa c’entrano gli av-vocati?In realtà dovrebbero entrarci per-ché la professione legale è forte-mente compenetrata con quelmondo e perché anch’essi rivesto-no una responsabilità sociale edetica nei confronti dei cittadiniche non sono in grado di difende-re con effettività i loro diritti.Che il problema riguardi anche gliavvocati, per la verità, lo avevagià, anche se molto cautamente,segnalato il Consiglio degli Ordi-ni degli Avvocati d’Europa, il CC-BE, nelle Linee Guida rivolte nel2002 agli avvocati consulenti disocietà affinché suggerissero

comportamenti ispirati al rispettodei valori della persona e dell’am-biente. Il gruppo di lavoro delCCBE sulla RSI (Responsabilitàsociale dell’impresa) ha poi ap-profondito la sua analisi, da ulti-mo nel giugno 2008, sottolinean-do le “enormi implicazioni” pergli avvocati, i quali non possonopiù permettersi di ignorare la RSIcome un’area di intervento per laprofessione.Ma il problema è più ampio. Cer-to, è di grande rilievo un tale in-dirizzo considerando il condizio-namento che i soggetti dell’eco-nomia e del mercato esercitanosull’etica professionale, ma oc-corre avere consapevolezza cheoltre alla responsabilità socialedelle imprese, al cui rispetto iconsulenti legali possono contri-buire, esistono doveri di respon-sabilità sociale propri dell’avvo-cato che incidono sull’eserciziodella professione in ogni sedegiudiziale e stragiudiziale.Sono doveri che già nel 1988 ilcodice di deontologia degli avvo-cati europei del CCBE aveva scol-pito nel preambolo, enunciandotra i doveri dell’avvocato quelliverso la società “… per la qualeuna professione liberale e indi-pendente … è un mezzo essenzia-le per la salvaguardia dei dirittidell’uomo nei confronti dello Sta-to e degli altri poteri”, e quindianche nei confronti del potere po-litico, finanziario e religioso.

Sono doveri che hanno assuntoparticolare concretezza a seguitodel Trattato di Lisbona che ha ri-conosciuto come principi giuridi-camente vincolanti nell’UnioneEuropea i principi della Carta deidiritti fondamentali di Nizza del2000 e della Convenzione euro-pea dei diritti dell’uomo del 1950.Questa drammatica crisi e questacontemporanea evoluzione delquadro giuridico europeo dei di-ritti umani impongono dunqueuna riflessione sull’etica profes-sionale forense.Si delinea infatti una dimensioneetica più ampia e rilevante rispet-to alle stesse disposizioni del co-dice deontologico vigente, chepure ha segnato una svolta impor-tante nell’autogoverno dell’avvo-catura italiana.L’etica dell’avvocato richiede in-fatti che nelle scelte dell’agirepratico si debba coniugare l’inte-resse del cliente con la tutela deidiritti fondamentali delle persone,se tali scelte, anche indirettamen-te, sono suscettibili di produrrenegli altri offese a tali diritti.Il rilievo pubblicistico della pro-fessione e il riconoscimento nor-mativo di tale specificità che vie-ne rivendicato esigono, infatti,che l’avvocato eserciti un ruoloresponsabile anche verso la col-lettività per la tutela dei valori suiquali si fonda ogni società giusta,libera, eguale e rispettosa della di-gnità di ogni persona.

ALA PREVIDENZA FORENSE

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ALA PREVIDENZA FORENSE

1. Con una delibera del 12 giugno2008, il Consiglio nazionale fo-rense ha ulteriormente modificatoalcuni articoli del codice deonto-logico, e precisamente gli artt. 17-bis, 18, 24 e 25. Ad eccezione del-l’art. 24, questi articoli erano giàstati modificati in occasione del-l’intervento del Consiglio nazio-nale forense del 18 gennaio 2007,sicché – se si pensa che nella stes-sa delibera del 12 giugno 2008 èstata espressa la volontà di proce-dere a un’ulteriore semplificazio-ne dei testi, attraverso un’appositaCommissione – viene la conclu-sione che siamo ancora lontanidall’assetto definitivo della nor-mativa. Il che è abbastanza preoc-cupante per due ragioni:a) da un lato la potestà normativa

riconosciuta al Consiglio na-zionale forense (da ultimo conla decisione Cass., sez. un., 20dicembre 2007, n. 26810, e an-cora Cass., sez. un., 30 aprile2008, n. 10875) deve essere at-tuata con estrema precisione,evitando troppo ravvicinati in-terventi;

b) d’altro lato le norme deontolo-giche dovrebbero anticipare icambiamenti imposti dalle mu-tate prospettive legislative, enon seguirle con progressivitardivi arrangiamenti.

Sarebbe bene, dunque, operaretempestivamente, con rigore e

senza esitazioni, per interpretareadeguatamente la sempre mutevo-le realtà professionale, tenutoconto non solo dei rilievi dellaAutorità ma anche delle prospetti-ve di sviluppo.

2. In effetti, tutto trova inizio conil decreto-legge del 4 luglio 2006,n. 223, e con la legge di conver-sione 4 agosto 2008, n. 248 (la co-siddetta legge Bersani sulla libe-ralizzazione dei servizi).Questa legge ha determinato (rec-tius, ha imposto) la modifica deicodici deontologici di tutte leprofessioni, per quanto riguardain particolare le tariffe e la pub-blicità, imponendo di adeguare ledisposizioni deontologiche e pat-tizie alle nuove norme entro il 1°gennaio 2007, sotto pena di nul-lità.Sono state infatti abrogate tutte lenorme di legge che prevedono(art. 2.1.):a) “l’obbligatorietà di tariffe fisse

o minime ovvero il divieto dipattuire compensi parametratial raggiungimento degli obiet-tivi perseguiti” (con l’ulterioreprecisazione, contenuta nelcomma 2.2-bis, che è abrogatoanche l’art. 2233 c.c., comma3, ed è sostituito dalla disposi-zione per cui “sono nulli, senon redatti in forma scritta, ipatti conclusi tra gli avvocati

ed i praticanti abilitati con i lo-ro clienti che stabiliscono icompensi professionali”);

b) “il divieto, anche parziale, disvolgere pubblicità informativacirca i titoli e le specializzazio-ni professionali, le caratteristi-che del servizio offerto, nonchéil prezzo e i costi complessividelle prestazioni secondo crite-ri di trasparenza e veridicitàdel messaggio il cui rispetto èverificato dall’ordine”.

Le modifiche al codice deontolo-gico avrebbero dunque dovuto te-ner conto dei principi sopraespressi e in tal senso le vecchieregole avrebbero dovuto essere“adeguate entro il 1° gennaio2007”, e ciò anche con l’adozionedi “misure a garanzia della qua-lità delle prestazioni”.

3. Di fatto, con una delibera con-clusiva in data 18 gennaio 2007, ilConsiglio nazionale forense avevamodificato varie norme del codicedeontologico (gli artt. 10, 17, 17-bis, 19, 35, 43 e 45), adeguandosicon qualche riluttanza e cautelaalle prescrizioni di legge.Diciamo che ciò è avvenuto conqualche riluttanza e cautela (e loabbiamo anche scritto nel com-mento in Previdenza forense,2007, 116), perché l’Avvocaturanon ha mostrato di condividerel’intervento legislativo e ha cerca-

AAVVOCATURA

professione avvocato

Ritocchi al codice deontologico: un effettivo aggiornamento?Nel n. 3/2008 (pagg. 213-215) della rivista sono state pubblicate

modifiche al codice deontologico approvate dal CNF per adeguarlo alla discussa legge “Bersani”. Le modifiche si prestano a rilievi critici.

di Remo Danovi

AAVVOCATURAprofessione avvocato

to di contrastarlo o limitarne glieffetti, sia per quanto riguarda letariffe minime e il patto di quotalite sia per quanto riguarda la pub-blicità.Addirittura il Consiglio naziona-le è intervenuto con una circola-re tendente a limitare l’applica-zione delle norme: circolare cri-ticata dall’Autorità Garante e poidi fatto sconfessata dallo stessoConsiglio.Insomma, le modifiche sono statein parte “opache”, secondo il no-stro punto di vista, e fin da alloraabbiamo scritto che esse rappre-sentavano solo “l’inizio di un lun-go percorso”, che doveva essereancora compiuto.

4. Puntualmente sono intervenutele osservazioni dell’Autorità ga-rante che, dapprima in sede di au-dizione del Consiglio nazionaleforense il 18 aprile 2008, e di poicon una particolareggiata relazio-ne in data 11 giugno 2008 (“Con-siderazioni e proposte per una re-golazione proconcorrenziale deimercati a sostegno della crescitaeconomica”) ha formulato unaserie di rilievi soprattutto in rela-zione alla pubblicità degli avvo-cati.Questi rilievi sono enunciati nellapremessa della delibera del Con-siglio nazionale forense. Il Consi-glio in parte li ha accolti e in par-te li ha rifiutati (pur con alcuniinesatti riferimenti), con la riservafinale di “chiedere alla Commis-sione per la revisione del codicedeontologico forense di sottopor-

re a riesame la formulazione del-l’art. 17-bis (intitolato “La moda-lità dell’informazione”), per va-lutare l’opportunità di una suasemplificazione”.In pratica, i rilievi accolti hannocomportato la modifica di 4 arti-coli con l’aggiunta di 20 parole.Così infatti:– nell’art. 17-bis è stata aggiunta

la parola “tempestiva”;– nell’art. 18 sono state aggiunte

le parole “previa comunicazio-ne al”;

– nell’art. 24 sono state aggiuntele parole “ai fini della tenutadegli albi”;

– nell’art. 45 sono state aggiuntele parole “fermo il principio di-sposto dall’art. 2233 del codicecivile”.

Si tratta davvero di dettagli, cheavrebbero potuto essere oggettodi inserimento in occasione diuna verifica più profonda del te-sto; e per quanto poi riguarda ilrichiamo all’art. 2233 c.c., ab-biamo già detto in altra occasio-ne che non ha alcun significatoche una norma deontologica ri-chiami un articolo del codice ci-vile (e oggi l’articolo 45 del co-dice deontologico ne richiamaaddirittura due)! Si tratta infattidi manifestare in concreto la po-testà deontologica e disciplinaredel Consiglio nazionale forense(lo abbiamo scritto diffusamentein Previdenza forense, 2008,116, sulla “giuridicità delle re-gole deontologiche”), e non diappiattirsi sugli articoli del codi-ce civile.

5. In verità, la modifica più neces-saria è quella ancora mancante, eriguarda la pubblicità degli avvo-cati (e le specializzazioni).Infatti a me sembra che tutto l’art.17-bis sia superfluo (lo abbiamogià scritto nel richiamato com-mento su Previdenza forense,2007, 116, e ancora in Previdenzaforense, 2008, 118, con riferimen-to alla inutilità dell’introduzionedi elementi descrittivi), perché leindicazioni obbligatorie sono deltutto implicite (e sono comunquedovute in obbedienza ai criteri ditrasparenza e veridicità fissatedall’art. 17), e quelle possibili so-no sostanzialmente inutili (salvopensare che esse siano limitative,e in tal caso sarebbero contrarieagli stessi principi fissati dallalegge).Occorreva dunque (e occorre)procedere con lungimiranza, af-frettare la soluzione del problemasulle specializzazioni, e semplifi-care la regolamentazione, lascian-do alla giurisprudenza disciplina-re di interpretare correttamente iprincipi generali espressi.Esemplare al riguardo è l’art. 26.1del codice deontologico europeo:“l’avvocato è autorizzato a infor-mare il pubblico sui servizi a pat-to che l’informazione sia accura-ta e non ingannevole e rispettosadel dovere di riservatezza e deglialtri principi essenziali della pro-fessione”. Una norma estrema-mente lineare verso la quale do-vrebbe dirigersi il nuovo auspica-bile intervento modificativo.

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Numeri rilevanti della professione di avvocato in Francia

Giro d’affariIl giro d’affari della professionesi è attestato a 9,65 miliardi dieuro nel 2005.La cifra si divide in due terzi perservizi resi alle imprese, in menodi un terzo per servizi ai privati ein un 4% per servizi alle pubbli-che amministrazioni e agli Entiterritoriali.

DemografiaNel 2007 in Francia gli avvocatierano 47.765, di cui 23.619 don-ne e 24.146 uomini.In dieci anni la crescita degliiscritti è stata del 40%. Gli avvo-cati rappresentano circa il 75%dei professionisti del diritto.In nove anni il numero delledonne è aumentato del 51% equello degli uomini del 23%, ilche corrisponde ad un aumentodegli iscritti globale pari al 35%fra il 1999 e il 2007. Nel 2007 ledonne rappresentavano il 49,4%dell’intero organico.Un avvocato su due (49%) èiscritto ad un Ordine dell’Île deFrance (grosso modo, la regioneattorno a Parigi).Tutte le regioni hanno conosciu-to, negli ultimi dieci anni, unacrescita degli iscritti, ma i ritmi

di tale crescita differiscono dauna regione all’altra e, anche, al-l’interno delle singole regioni. Èda notare che due terzi degli av-vocati esercitano la loro attivitàpresso gli ordini delle grandi ca-pitali regionali.La crescita dell’organico di unaregione è fortemente influenzatadall’attrattiva che gli ordini eser-citano sugli avvocati all’iniziodella professione (ex praticanti).Al 1° gennaio 2007 c’erano8.241 avvocati che esercitavanoda meno di due anni, pari al 17%degli avvocati in attività. In que-sta categoria di avvocati, le don-ne erano il 61%.L’Ordine di Parigi comprende,da solo, il 56% dell’organico de-gli avvocati con meno di due an-ni di esercizio della professione.Su 182 Ordini, sette hanno più di100 ex-praticanti.Al 1° gennaio 2007 gli avvocatistranieri in Francia erano 1.427,ossia il 3% del totale. 708 avvo-cati appartenevano all’UnioneEuropea: di essi il 13,8% prove-niva dalla Germania, il 22% dal-la Gran Bretagna, il 10% dall’I-talia, il 13% dal Belgio e il 7%dalla Spagna. Circa l’80% degliavvocati dell’Unione Europeaesercitavano con il titolo di av-vocato francese.Nella stessa data 1.799 avvocatifrancesi erano iscritti ad un Or-

dine di un paese straniero, il97% di essi provenivano da unOrdine dell’Île de France.

Modalità di esercizio della pro-fessione

Nel 2007 la divisione per moda-lità d’esercizio professionale èstata abbastanza equilibrata fracollaborazione, esercizio indivi-duale e associato: queste tre mo-dalità rappresentavano rispetti-vamente il 31,6%, il 32,4% e il29,3% del numero totale degliavvocati. Percentualmente, di-minuisce il numero degli avvo-cati individuali o stipendiati eaumenta quello degli avvocatiche esercitano la professione informa di collaborazione o comeassociati.

Forme di associazioni

Nel 2007 vi erano 5.325 societàdi avvocati, di cui il 43% in for-ma di Società Civile Professio-nale (Ente morale), il 43% di So-cietà d’Esercizio Libero profes-sionale (società iscritta alla Ca-mera di Commercio) e il 12% diAssociazioni.

Dipendenti degli studi legali

Nel 2005 c’erano 20.788 studilegali, che impiegavano 31.249dipendenti non avvocati. I dipen-denti lavoravano per il 30,5% aParigi, per il 68% in provincia e

Avvocati in FranciaIl Consiglio nazionale degli Avvocati francese ha presentato una relazione,

di cui pubblichiamo un estratto, nella quale sono forniti dati statistici interessanti, che inducono a fare confronti con gli avvocati italiani,

ben più numerosi e con redditi inferiori.

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(dati del CNBF= Consiglio na-zionale degli ordini forensi fran-cesi). L’aumento del numero deinuovi avvocati donne è del66,5% per i primi 10 anni, con-tro il 35,3% degli uomini, chesono dunque la metà.Se si guarda l’evoluzione del nu-mero degli avvocati nel periododi osservazione più lungo di cuidisponiamo (1983-2006), la dif-ferenza demografica annuale trauomini e donne si è fortementeaccentuata. Nel 1986 lo scartoera di qualche decina, successi-vamente è aumentato sino a di-ventare di alcune centinaia.A partire dagli anni 1995-1996lo scarto varia da un minimo di221 a un massimo di 767 (nel2006).

Un organico modesto se para-gonato a quello dei vicini euro-pei

Nonostante la sua crescita, il nu-mero degli avvocati in Francia èmodesto, rispetto a quello degliavvocati dei Paesi europei vicinialla Francia per tenore di vita: inessi il numero degli avvocati su-pera largamente i 100.000.Sulla base delle cifre pubblicatedal CCBE (Consiglio degli ordi-ni forensi europei) nel 2006, laGermania aveva 138.679 avvo-cati per 82,45 milioni di persone,mentre nel 2004 gli avvocati era-no 121.420, il che indica un au-mento del 14% nel periodo con-siderato. Va segnalato che dettacifra comprende circa un 10% diavvocati di impresa (titolo chenon esiste in Francia).Prendiamo in considerazionepaesi che hanno il medesimo vo-lume di popolazione della Fran-cia: nel 2006 il Regno Unito ave-va 151.043 “Lawyers Membersof the Bar” contro i 118.869 del

2004 per 60,45 milioni di citta-dini. Peraltro, l’Italia ha 121.380avvocati che esercitano la pro-fessione1. La Spagna nello stes-so anno ne contava 114.143 e laSvizzera 7.710.Queste differenze vanno viste te-nendo presente che la terminolo-gia applicata alla professione diAvvocato non è sempre ugualedappertutto, giacché l’eserciziodella professione comprende,talvolta, totalmente o in parte,anche quello di notaio o di pro-curatore, e l’accesso alla profes-sione è regolamentato diversa-mente a seconda del paese: non-dimeno, anche aggiungendo ai47.665 avvocati francesi gli8.500 notai, il peso demograficodella professione è due o tre vol-te inferiore quello della Germa-nia.

Evoluzione del numero di avvocati per ciascunaregione

Una forte concentrazione a Pa-rigi e Nanterre

La ripartizione del numero di av-vocati sul territorio francese mo-stra un’importante concentrazio-ne nell’Île de France, dove si tro-va il 49% degli avvocati francesi(uno su due). Più precisamente,la concentrazione si trova negliOrdini di Parigi e Nanterre, cherappresentano, da soli, il 44%della popolazione totale degliavvocati. Questa tendenza si èandata accentuando nel corsodegli anni. In dieci anni, l’au-mento percentuale nell’Ordinedi Parigi è stato del 48%, supe-riore di 13 punti alla media del-l’aumento registrato in tutta laFrancia.Allo scopo di misurare con mag-gior precisione l’aumento demo-

per l’1,5% nei Dipartimentid’Oltremare.Le donne rappresentavano il92% di questi impiegati, ma solol’8% dell’organico con qualificadi quadro e il 91% dell’organiconon quadro. Un po’ meno di unterzo dei dipendenti lavorava atempo parziale. Il costo salarialeannuale, calcolando tutti i coeffi-cienti, si è attestato a 549,74 mi-lioni di euro.

Redditi

Il totale degli utili dichiarati da-gli avvocati si è elevato, nel2006, a 3,21 miliardi di euro. Lamedia aritmetica del reddito an-nuo, contemporaneamente, si èelevata a 72.352 euro (esclusi gliavvocati abilitati alla difesa inCassazione). Mentre si attesta a42.536 euro il reddito medio (lalinea di demarcazione che separail 50% dei redditi che la supera-no dal 50% dei redditi che le so-no inferiori).

Formazione

Nel 2008 partecipavano a corsidi formazione 3.056 avvocati,contro i 2.547 del 2000.

L’organico

Un organico in costante au-mento

Il dinamismo demografico sispiega soprattutto con il grandeaumento del numero di donneche entrano nella professione.Nel 1987 l’ingresso delle donneera pari a quello degli uomini,ma negli anni successivi c’è sta-to un notevole aumento del nu-mero delle donne che si dedica-vano alla professione forense,particolarmente dopo il 1995.Nel 2006 le donne rappresentanoil 62% dei 2.183 nuovi avvocati,mentre nel 1983 erano il 51,4%

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grafico ed economico della re-gione dell’Île de France, escluseParigi e Nanterre, l’Osservatorioha creato, per quanto possibile,una Regione, Île de France 2,che non comprende questi dueOrdini. Ugualmente, su scala na-zionale, è stata inserita una en-tità Francia 2, che rappresental’insieme degli Ordini francesi,compresi quelli dell’Île de Fran-ce, ad eccezione degli Ordini diParigi e Nanterre. Ciò permettedi considerare con più precisionela situazione in questa regione.Si vede, così, che l’Île de Fran-ce, nel 2007, rappresentava pocopiù del 45% del totale degliiscritti. La crescita dell’effettivofra il 1999 e il 2007 è stata del30%, tasso inferiore a quello re-gistrato su scala nazionale.

Ripartizione uomini-donne

Un avvocato su due è donna

Dal 1999 al 2007 il numero degliavvocati donna è aumentato del51%, ossia di 16 punti in più ri-spetto al tasso di aumento dellapopolazione totale degli avvoca-ti.Al 1° gennaio 2007, esse rappre-sentavano il 49,4% dell’effettivoglobale (contro un 44,3% del1999), il 61% degli avvocati conmeno di due anni di esercizio(contro il 58,6% del 1999) e il47% degli avvocati iscritti all’al-bo degli avvocati (contro il 42%del 1999).Questa percentuale è alta, peruna professione libera: è moltopiù bassa per i commercialisti e imedici (38% dei medici genera-li) ma è ancora molto lontana daquella che si constata in magi-stratura. Per fare un confronto, ledonne ingegnere sono il 31%

(tasso globale, perché all’internodelle singole specializzazioni cisono forti differenze).La densità degli avvocati inFrancia è parecchio più bassa diquella dei paesi vicini, ma, incompenso, il tasso di femmini-lizzazione della professione èmolto più elevato (49% in Fran-cia, 29% in Germania, 36% inItalia, 37% in Spagna, 44% nelRegno Unito).

Una progressione bilanciatadalle uscite dalla professione,parimenti numerose

Nessuna cifra, fra quelle relativealle nuove iscrizioni agli albi oalle statistiche sui giovani avvo-cati, mostra che l’entrata delledonne nella professione rallenta.Ma questa spinta demografica ècontrobilanciata da un altro fe-nomeno: le donne si presentanonumerose all’inizio della profes-sione, ma nei primi dieci anni dipratica esse si ritirano più nume-rose degli uomini. Nei primi die-ci anni di professione lascia laprofessione un uomo su quattro,mentre le donne sono quasi unasu tre.La percentuale di rinuncia daparte delle donne è, indipenden-temente dall’anno preso in con-siderazione, fra i primi dieci ed èmaggiore di almeno un punto ri-spetto a quella degli uomini.

Evoluzione dell’effettivototale degli avvocati donna per regione, dal 1999 al 2007Il tasso di femminilizzazionedella professione è variato, nel2007, da un minimo del 43%, neiPays de la Loire, ad un massimodel 58% (nella Regione Francia2). In 12 Regioni il tasso è supe-riore al 50% (2 regioni soltanto

nel 2003) e in 12 regioni esso èinferiore.Si noti che la regione Pays de laLoire è quella che ha conosciuto,in nove anni, il maggior aumen-to della componente femminile(84%).

Regioni: tasso di femminilizza-zione degli avvocati con menodi due anni di esercizio dellaprofessioneAnche qui constatiamo che cisono importanti differenze frauna regione e l’altra. In BasseNormandie il tasso di femmini-lizzazione dei praticanti si è atte-stato sul 73%, mentre, nelle re-gioni Pays de la Loire e Auver-gne questo tasso toccava solo il54%.Dal 2006 al 2007 i tassi di cre-scita più elevati dell’effettivofemminile tra i praticanti avvo-cati (+53%) si sono verificati inBourgogne (+77%) e in Cham-pagne – Ardennes.In nove anni, l’evoluzione mag-giore si è avuta in Basse-Nor-mandie, dove l’effettivo femmi-nile si è in pratica triplicato, pas-sando da 19 donne praticanti av-vocati a 55 (+190%); la Breta-gne (+130%) viene subito dopo.Tuttavia, queste percentuali van-no viste con una certa relatività,giacché si riferiscono a numeridi effettivi piuttosto bassi.Infine, 11 regioni su 22 hannoregistrato una percentuale mino-re di quella constatata su scalanazionale (60%).

Età mediaAl 31 dicembre 2006 l’età mediadegli avvocati era di 42,1 anni,contro quella di 41,9 nel 2003 ecorrispondeva a 39,3 anni di me-dia per le donne e a 44,9 anni dimedia per gli uomini, nel 2006:lo scarto fra uomini e donne è di

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proporzione dei più giovani di39 anni, che passano dal 52,7%nel 2000 al 53,5% nel 2005.La classe corrispondente agli av-vocati con più di 30 anni e menodi 39 aumenta leggermente,mentre diminuisce quella degliavvocati fra i 40 e i 49 anni (ineffetti, diminuisce in valore as-soluto, ma aumenta in valore re-lativo). La classe dei cinquanten-ni resta stabile nel periodo osser-vato.

Avvocati stranieri provenienti dall’UnioneEuropeaPer dati forniti dal Ministerodella Giustizia Direzione AffariCivili al 1° gennaio 2009, gli av-vocati tedeschi, nel 2007, rap-presentavano più di un quarto(28%) degli avvocati stranieriche esercitavano in Francia, con-tro un quinto di dieci anni prima.Il numero degli avvocati stranie-ri originari di un paese non fa-cente parte dell’UE, dal 1998 al

2007, è aumentato in valore as-soluto (710 avvocati nel 2007),ma è diminuito in valore relati-vo. Talché, nel 2007, essi rappre-sentavano un po’ più di un avvo-cato straniero su due che eserci-tavano in Francia (50,4%) men-tre nel 1998 rappresentavano il56,3% (con una riduzione, dun-que, di tre punti).

(traduzione di Mirella Zamboni)

Nota1 Per l’esattezza, per gli avvocati italia-ni viene fatta distinzione tra iscritti Albie iscritti Cassa.Il dato riportato dal CNF francese si ri-ferisce agli iscritti alla Cassa nel 2005.Alla fine del 2008, gli iscritti alla Cassaerano 143.976, mentre gli iscritti agliAlbi erano quasi 200.000.Questo dato è in corso di rilevazione.Poiché in tutta Europa il numero degliavvocati è in costante aumento, i dati ditutti gli Stati, presumibilmente riferiti al2005, dovrebbero essere aggiornati.Considerando i dati presumibili del2008, il divario tra i pochi iscritti inFrancia e i molti iscritti negli altri Statidovrebbe essere cresciuto.

5,6 anni. La differenza fra l’etàmedia delle donne e l’età mediadegli avvocati in generale simantiene sui 3 anni.

Età media delle prime iscrizio-ni all’Ordine

Come anzidetto, le donne sonoampiamente presenti nella cate-goria degli avvocati con meno didue anni di esercizio professio-nale, perciò non sorprende il fat-to che l’età media delle donnesia inferiore di tre anni a quelladegli uomini. Ugualmente, l’e-sercizio professionale come av-vocato stipendiato è più frequen-te all’inizio del percorso profes-sionale e, dunque, è naturale chel’età media degli avvocati sti-pendiati sia inferiore a quella de-gli avvocati liberi professionisti.

Ripartizione degli avvocati per classi d’età

Tale ripartizione dell’effettivonon cambia molto nel tempo.L’ingresso di molti giovani hafatto leggermente aumentare la

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associazioni forensi

Il Congresso di Bologna, tenutosi dal 13 al 16 no-vembre 2008, ha eletto i nuovi componenti del Co-mitato direttivo dell’OUA.La nuova composizione di quest’organo è:

AnconaPaolo Emilio ComandiniAngelo Gattafoni

BariGiuseppe Chiaia NoyaGiuseppe De GirolamoAntonio Giorgino

BolognaLorenza BondErcole CavarrettaStefano NardiniGiuliano Rossi

BresciaAntonio Maria GalliNorberto Rossi

CagliariLuigi PorcellaEmanuele Spinas

CaltanissettaRodolfo BarbirottoEmanuele Limuti

CampobassoAntonio AufieroMario Pietrunti

CataniaPalma BalsamoGuglielmo Rustico

CatanzaroEugenio BiscegliaDaniele Fischetto

FirenzeAlberto BelliDomenico RechichiLuca SaldarelliClaudio Stolfi

GenovaAttilio BonifacinoNicoletta VariatiLuigi Ernesto Zanoni

L’AquilaAugusto La MorgiaGiovanni Marcangeli

LecceClaudio ConsalesMarcello MarcuccioVitangelo Mongelli

MessinaMaria Isabella CelesteBiagio Parmaliana

MilanoClaudio AcamporaMaria Antonietta AvernaFiorella CeriottiPalmiro FronteRenato LavianiRoberto RenzellaErnesto Savio Sarno

Il nuovo Comitato e la nuova giunta direttiva

dell’OUA

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NapoliAntonio CesaranoMaria Giuseppina ChefMaurizio de TillaAgostino MaioneGiovanni Zambelli

PalermoAccursio GalloGiuseppe Taibbi

PerugiaStefania CherubiniMauro Minci

PotenzaMario ColuzziVincenzo Papaleo

Reggio CalabriaSanto SuraceNatale Zumbo

RomaAntonio CaliòCarlo CerritoPaola GirottiLuigi FratiniGiuseppe LeporeFrancesco MissoriFabio Pucci

SalernoFilippo FalvellaAntonello Rivellese

TorinoDomenico PalmasDavide MonzaniFrancesco Zarba

TrentoGiuliano D’AlessandroBarbara Lorenzi

TriesteRoberto Gambel BenussiGiuseppe Spataro

VeneziaGiorgio OrsoniRoberto PozzobonEmanuele SpataCarlo Maria Zuniga

Questo organo, nella prima riunione, ha nominatoPresidente, Vice Presidente, Giunta, con questa com-posizione:

PresidenteMaurizio de Tilla

VicepresidentiAntonio GiorginoLuca Saldarelli

SegretarioGiuseppe Lepore

TesoriereDavide Monzani

ComponentiAccursio GalloAugusto La MorgiaRenato LavianiBarbara Lorenzi

Ai nuovi eletti l’augurio di buon lavoro da partedegli organi direttivi della Cassa e da parte dellarivista.

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IIl rilievo costituzionale

dell’AvvocaturaInsediandomi alla presidenza del-l’OUA sento subito la necessità diformulare alcune riflessioni perun dibattito che si concentri su unprogetto complessivo che possariconoscere all’Avvocatura unaposizione di grande rilevanza co-stituzionale.L’OUA dovrà riprendere, con ef-ficace determinazione, una propo-sta già formulata insieme alle al-tre componenti dell’Avvocatura.Se il processo è la sede propriadell’esercizio della giurisdizione,dalla rilevanza costituzionale dal-la difesa affidata agli avvocatidall’art. 24 della Costituzione nonpuò che trarsi una sola conse-guenza: l’Avvocatura, come laMagistratura, è uno dei soggettidella giurisdizione.L’identità dell’Avvocatura traefondamento da una configurazio-ne storico-giuridica che ne evi-denzia gli indeclinabili connotati

di autonomia e di indipendenzache possono equipararsi alle gua-rentigie della Magistratura1.Da questa premessa deriva la fon-datezza della proposta formulatadall’OUA di configurare un cam-biamento della rubrica del TitoloQuarto della Parte Seconda dellaCostituzione con la dicitura “Lagiurisdizione”.Il Titolo andrebbe suddiviso in tresezioni: la prima dedicata ai prin-cipi fondamentali della funzionegiurisdizionale, la seconda conte-nente i principi riguardanti la Ma-gistratura, la terza i principi relati-vi all’Avvocatura e quindi alla di-fesa dei cittadini.Mi soffermo sulla prima e sullaterza sezione rinviando ad un’al-tra occasione le riflessioni sullaseconda sezione riguardante laMagistratura.Nella sezione prima andrebbesancito il principio dell’essenzia-lità delle funzioni delle due com-ponenti della giurisdizione, dellaloro indipendenza, nonché della

terzietà del giudice e dell’assolutaparità tra le Parti nel processo.Con l’esplicito impegno della Re-pubblica ad assicurare una ragio-nevole durata del processo e l’a-deguatezza degli strumenti e deicosti della giustizia.Nella sezione terza andrebbe san-cito il principio che la difesa affi-data agli avvocati è funzione es-senziale in ogni procedimentogiudiziario.L’indipendenza e la libertà del-l’Avvocatura è un principio inde-rogabile e tende a garantire la tu-tela dei diritti, della libertà e delladignità della persona.Per il ruolo che assume nel conte-sto della giurisdizione, l’Avvoca-tura può concorrere, con proprirappresentanti, all’Amministra-zione della giustizia nelle diversearticolazioni (Consiglio Giudizia-rio [senza limitazioni], Ministerodella Giustizia, etc.).La costituzionalizzazione del-l’Avvocatura comporta, inoltre,che l’ordinamento forense, al pari

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associazioni forensi

Questioni importanti per l’Avvocatura secondo il nuovo

Presidente dell’OUAI Il rilievo costituzionale dell’Avvocatura

II Conformismo e giudizio per CassazioneIII Abrogare subito la legge Bersani

Il nuovo Presidente dell’OUA, Maurizio de Tilla, già per lunghi anni Presidente della Cassa e nostro apprezzato collaboratore, ha inviato

tre notarelle su importanti argomenti che già sono all’ordine del giorno dell’OUA. Ciascuna di esse apre spazio alla discussione

sugli argomenti trattati, che sono tutti di notevole interesse.

di Maurizio de Tilla

AAVVOCATURAassociazioni forensi

dell’ordinamento giudiziario, co-stituisce un momento essenzialedell’Amministrazione della giu-stizia.Per la verità, la previsione dell’art.24 già oggi impone l’urgenza dellariforma di un ordinamento forense,purtroppo ancorato ad una risalen-te legislazione del 1933.Di grande rilevanza è l’intuizionedel Ministro Alfano di procederesubito alla riforma dell’ordina-mento forense, in linea prioritariarispetto alla attesa riforma delleprofessioni.Intanto, nell’attesa della riformacostituzionale l’azione politica del-le diverse componenti dell’avvoca-tura dovrà reclamare l’effettiva pre-senza della categoria nella collabo-razione alla formazione delle leggie degli atti ministeriali. In via pre-ventiva e non in corso d’opera.Va però dato atto che il MinistroAlfano ha già dato una rispostanel Congresso Nazionale di Bolo-gna manifestando la propria di-sponibilità ad accogliere le istan-ze dell’Avvocatura.

IIConformismo e giudizio

per cassazioneNel giudicare il conformismo èforse il peggiore dei vizi: quel“lento esaurimento interno dellecoscienze, che le rende acquie-scenti e rassegnate”; quella “cre-scente pigrizia morale, che sem-pre più preferisce alla soluzionegiusta quella accomodante”, inbreve, il terrore della propria indi-pendenza.Il tutto favorito dalla Camera diConsiglio, istituto tipicamente ita-liano, privo di quei temperamentiintrodotti da sempre nella giusti-zia anglosassone; e condito dauna frequente “albagia professio-nale”. Sono parole di Paolo Bari-

le, nell’introduzione dell’“Elogiodei giudici scritto da un avvocato”di Piero Calamandrei.Parole che, con le dovute diffe-renze, potrebbero attagliarsi ainuovi istituti processuali che sivorrebbero proporre con la “dop-pia conforme” e con la “consoli-data giurisprudenza”, che impedi-rebbero, rispettivamente, la pro-ponibilità e l’ammissibilità di unricorso per cassazione contro unadecisione, anche se errata, deigiudici di merito.L’emendamento approvato in Se-nato, che sanziona con l’inammis-sibilità il ricorso per cassazionenei confronti della sentenza di ap-pello confermativa di quella diprimo grado, faciliterà il “confor-mismo giudiziario” e lascerà gra-vemente pregiudicato il diritto didifesa di chi risultasse soccom-bente anche in appello.In altri termini, si intende rifor-mare il processo civile, vanifican-do una norma costituzionale(l’art. 111, comma 2) che prevedeche contro le sentenze (e contro iprovvedimenti sulla libertà perso-nale) pronunciate dagli organigiurisdizionali ordinari o specialiè sempre ammesso ricorso in cas-sazione per violazione di legge. Sipuò derogare a tale norma soloper le sentenze dei tribunali mili-tari in tempo di guerra.La proposta di limitazione del ri-corso per cassazione trae fonda-mento dal numero enorme dei ri-corsi che si sostiene sia alimenta-to anche dal numero spropositatodi avvocati cassazionisti.Il rimedio proposto è, però, peg-giore del male. Esisterebbero, in-vece, altri provvedimenti da adot-tare.Per evitare il lamentato inconve-niente si dovrebbe, da un canto,escludere (con norma costituzio-

nale) dal giudizio per cassazione levertenze di esiguo valore, e dall’al-tro ridurre il numero dei cassazio-nisti con criteri di effettività e for-mazione permanente. Invece cheintervenire incisivamente sui dueevidenziati aspetti, si vuole – neifatti – eliminare l’ammissibilità digran parte dei giudizi per cassazio-ne. Con l’effetto di buttare, così, ilbambino con l’acqua sporca.Selezionare i ricorsi va bene, manon certamente con norme con-trarie alla Costituzione, e nemme-no, come è oggi, con l’applicazio-ne di assurdi criteri di “autosuffi-cienza” e di “quesiti che assomi-gliano a quiz non prestabiliti.”L’inammissibilità preliminare(che è poi infondatezza) chi poila decide? E con quali garanzieper la difesa? Con quale contrad-dittorio?Ciò detto sul giudizio per cassa-zione, non può che essere accoltocon estremo favore dell’Avvoca-tura un intervento sul processo ci-vile che riduca il numero dei riti,che ponga termini perentori ancheai giudici, che semplifichi gli attie le sentenze, che elimini tutte lepossibilità defatigatorie.Riguardo alla semplificazione deiriti, il Governo ha formulato unemendamento al Senato che va esa-minato e valutato con attenzione.In relazione alla fissazione deitermini perentori ai giudici è statopresentato un emendamento daalcuni senatori (Mugnai, Amato,Balboni, Benedetti Valentini, Ber-selli, Centaro, Delogu, Longo,Nania, Quagliariello, Valentino),che va attentamente vagliato.La riforma in atto del processo ci-vile va, quindi, corretta e succes-sivamente approvata.Non è, infine, da trascurare che lariforma del processo civile va ac-compagnata con la necessaria pre-

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disposizione di un programma dirazionalizzazione delle risorse esi-stenti (finanziarie, personali, orga-nizzative e tecnologiche) che sono“sotto o male utilizzate”. L’impe-gno deve essere di tutti i singolioperatori (avvocati, magistrati, di-rigenti e personale amministrati-vo), nonché dei capi degli Ufficigiudiziari e del Ministero dellagiustizia (con maggiore presenzadi avvocati esperti). L’impegnodeve riflettere l’eliminazione dellesacche di burocratizzazione e diautoreferenzialità, l’organizzazio-ne puntuale (e aziendale) del lavo-ro giudiziario, la messa a regimedel processo civile telematico, lariforma della magistratura laica(da inquadrare in un rapporto dilavoro e nella previdenza) su pre-supposti di selezione e di prepara-zione adeguata.A ciò si aggiunga il reperimentodi ulteriori risorse essendo diffici-le pensare di fronteggiare la crisisolo con il migliore utilizzo dellerisorse esistenti. Ed anche il per-corso di vie autonome, quali gliistituti della mediazione e dellaconciliazione, affidati esclusiva-mente alle istituzioni forensi eagli avvocati.

IIIAbrogare subito la legge Bersani

Con la consueta puntualità il CC-BE ha di recente richiamato la ri-soluzione del 5 aprile 2001 nellaquale il Parlamento europeo ha af-fermato che le professioni rappre-sentano uno dei pilastri del plurali-smo e che va garantita l’indipen-denza dei professionisti all’internodella società. Le libere professioni(l’avvocatura è ai primi posti) sonol’espressione di un ordinamentofondamentale democratico basatosul diritto. Le regole sono necessa-

rie, nel contesto di ciascuna pro-fessione, per assicurare l’imparzia-lità, la competenza, l’integrità e laresponsabilità dei membri dellaprofessione. E le regole vanno pe-riodicamente aggiornate. Il nuovoordinamento forense è, quindi,un’emergenza, oltre che un’urgen-za. L’avvocatura attende dal 1933una nuova legge professionale.Nelle more, si deve, purtroppo,registrare il maldestro interventoattuato con la legge Bersani cheha violato la Costituzione e lanormativa europea.Il Parlamento europeo e la Cortedi giustizia europea hanno piùvolte riconosciuto l’alta funzionesociale, l’indipendenza, il segretoe la confidenzialità quali valorifondamentali della professione diavvocato, considerandoli di pub-blico interesse, e hanno, inoltre,sottolineato la necessità di regolefinalizzate alla protezione di que-sti valori.Bersani ha, invece, ignorato que-sti principi sancendo norme ispi-rate ad un criterio di concorrenzadei prezzi, inapplicabili al mondoprofessionale, che finisce per ri-durre la qualità del servizio a de-trimento dei consumatori.In una recente ricerca del Censis,promossa dal C.N.F., si è rilevatoche il cliente medio non ha inte-resse specifico a quanto e a comesi affaccia nella professione di av-vocato la logica di mercato. Ciòche gli interessa di più è che que-sto professionista sia competentee possa risolvere il suo problema,cosa che non coincide necessaria-mente con un successo in giudi-zio, ma spesso comporta un’atti-vità complessa di relazioni e dimediazione.La pubblicità – poi – specie se im-propria può solo danneggiarel’immagine dell’avvocato.

Secondo l’indagine Censis solo lo0,5 per cento dei cittadini segueper la scelta del professionista ilconsiglio di una pubblicità.La logica della legge Bersani nonha, quindi, alcun reale fondamen-to.L’abolizione delle tariffe e dei mi-nimi degli onorari è un intollerabi-le intervento legislativo che va su-bito rimosso. Ho più volte eviden-ziato che l’intervento della leggeBersani appare in contrasto con ipiù recenti indirizzi del Parlamen-to europeo, in quanto non risultaimposto da un’esigenza di adegua-mento al diritto comunitario.La legge Bersani va immediata-mente abrogata anche per un’altraragione: fissa la nullità delle nor-me deontologiche in contrastocon la stessa legge. Con ciò igno-rando che i codici deontologicihanno un fondamento costituzio-nale per effetto dell’art. 118, com-ma 4, della Costituzione, che fissail principio di sussidiarietà oriz-zontale.La giurisprudenza costituzionaleha sempre dato per scontato che visiano norme deontologiche “pro-prie dell’ordine professionale”.Ciascuna categoria professionaledeve avere le proprie regole deon-tologiche, perché il contenuto e lemodalità di esercizio della profes-sione sono diversi per ciascuna.Anche la recente direttiva sulle li-beralizzazioni, applicando il prin-cipio della sussidiarietà, attribuisceai codici deontologici nazionali va-lore determinante anche in contra-sto con la normativa sulla concor-renza, nei termini in cui tutelano ivalori e l’identità della professione.In questo quadro normativo sicolloca la richiesta di abrogazionedella legge Bersani, ancor primadell’approvazione della nuovalegge professionale forense.

AAVVOCATURAassociazioni forensi

D’altra parte, nei disegni di leg-ge presentati al Parlamento siprospettano norme che invalida-no i principi della Bersani. Tantovale anticiparne l’efficacia giuri-dica.Nello specifico, nel testo che l’av-vocatura sta predisponendo è pre-visto che gli onorari minimi emassimi, indicati nelle tariffe pro-fessionali approvate ogni due an-ni, sono sempre vincolanti, a penadi nullità, tranne che nelle parti-colari ipotesi disciplinate dalle ta-riffe. Segue nel testo predispostodall’avvocatura il ripristino deldivieto di patto di quota lite, conla previsione di nullità degli ac-cordi che attribuiscono all’avvo-cato una quota del risultato dellacontroversia.

Nota1 In questa rivista, n. 2/2007, pagg. 109 esegg., è stato pubblicato un ampio artico-lo di Dario Donella, dove egli ha volutodimostrare la specificità della professio-ne di avvocato, per la quale è richiestauna legge autonoma rispetto alle altreprofessioni.L’articolo fu scritto quando molti ritene-vano che anche gli avvocati dovessero es-sere compresi tra le professioni discipli-nate dalla legge in corso di discussioneche le comprendeva tutte.Anche il Ministro Mastella propendevaper l’inclusione degli avvocati nella leggedi riforma di tutte le libere professioni.L’articolo contribuì a rafforzare la consi-derazione che la specificità dell’avvocatoimpone una legge autonoma.Nell’articolo sono state messe in rilievole regole costituzionali ed europee e lafunzione essenziale dell’avvocato nei si-stemi processuali.È stata segnalata l’estrema urgenza del-l’approvazione di una legge speciale, che

disciplinasse tutti gli aspetti caratteristicidella professione di avvocato. Purtroppo,l’iter parlamentare, già iniziato, venneinterrotto per l’anticipato scioglimentodelle Camere.

n.d.r.È in corso presso il CNF l’esame dellariforma dell’ordinamento professionale.Sono all’ordine del giorno del Senato idisegni di legge Casson n. 711 (riprodu-zione del disegno di legge Calvi della pre-cedente legislatura, con qualche modificae integrazione) e Mugnai n. 1.198.In entrambi i disegni di legge sono conte-nute disposizioni che abrogano di fatto lalegge Bersani, con un’integrale e rivolu-zionaria trasformazione della nostra pro-fessione.Se l’esame e l’approvazione della nuovalegge sull’ordinamento professionale fos-sero solleciti, diverrebbe superflua unalegge speciale per l’abrogazione dellalegge Bersani, da tutti gli avvocati co-munque auspicata.

ALA PREVIDENZA FORENSE

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AAVVOCATURAl’informazione

Il problema dell’accesso alla pro-fessione tormenta da vari decennile Istituzioni forensi ed il mondodell’avvocatura. Negli ultimi an-ni, con l’aumento degli iscrittiagli albi a numeri non più control-labili (circa 220 mila distribuitinei 165 Consigli dell’Ordine) an-che i non addetti ai lavori e la col-lettività in generale hanno postoattenzione al fenomeno e ne trag-gono motivo per formulare giudi-zi negativi sulla categoria degliavvocati.Su questa rivista abbiamo avutomodo in passato di occuparci delfenomeno ed abbiamo sostenutoche in realtà non è tanto un pro-blema di numeri quanto di qualitàdei professionisti forensi. Si potràaffermare che, di solito, la quan-tità penalizza la qualità, ma ciòpotrebbe anche non esser vero al-la verifica delle prestazioni resedagli iscritti agli albi. Certo, se laverifica offre un quadro deluden-te, la necessità dei rimedi si impo-ne.La ricerca sulle cause dell’attualestato delle cose porta a dover con-statare che, purtroppo, il fenome-no si è aggravato da quando glistudi universitari sono stati sem-pre meno impegnativi e le laureein giurisprudenza si sono conse-guite con minori difficoltà e senza

una seria ed attenta selezione.Con l’aggravante che anche lapratica forense non ha avuto con-trolli severi e selettivi. In altri ter-mini è stato sufficiente decidere,in assenza di particolari diverseattitudini, di iscriversi alla facoltàdi giurisprudenza per raggiungeresenza sforzo e senza alcun parti-colare ostacolo lo status di laurea-to e poi di praticante; quindi, tra-scorsi due anni di tirocinio e su-perando un esame di idoneità as-solutamente privo di selettività se-ria, pervenire all’iscrizione all’al-bo degli avvocati.Alla scarsa attenzione sulla effet-tiva preparazione dei discenti insede universitaria ed alla mancan-za di una seria verifica sulla prati-ca si affianca il fenomeno degliesami di idoneità, imposti dal-l’art. 33 della Costituzione e ge-stiti sempre peggio negli anni suc-cessivi al 1988, quando una leggedi modifica previde che le Com-missioni a livello distrettuale fos-sero presiedute da avvocati e lematerie di esame fossero prescel-te dai candidati, sia pure con alcu-ne materie obbligatorie.Il problema più grave che si evi-denziò fu quello, tuttora non risol-to, della disuguaglianza dei criteridi valutazione e conseguente di-sparità di trattamento, che rappre-

senta la vera e maggiore piaga cheavvelena gli esami di idoneità.La conseguenza di ciò fu quelladelle “trasmigrazioni”, dei trasfe-rimenti cioè dei candidati versosedi che nel tempo si erano dimo-strate più “accoglienti”, ove i con-trolli nel corso delle prove scritteerano pressoché inesistenti e laprova orale era poco più che unasemplice formalità.Un provvedimento di legge del-l’anno 2003, ritenendo di averetrovato il rimedio a simile anoma-lia, impose l’obbligo di sostenerel’esame nella sede in cui il candi-dato aveva svolto l’ultimo anno dipratica e dispose che la correzionedelle prove scritte avvenisse adopera di una Commissione di esa-me, estratta a sorte, di sede diver-sa da quella presso la quale le pro-ve stesse erano state sostenute.Senonché, il presunto rimedioservì solo a privilegiare i candida-ti più fortunati, quelli cioè pre-miati dal sorteggio, in base al qua-le i compiti scritti ebbero comedestinazione una delle sedi tradi-zionalmente benevole che, conti-nuando ad essere tale, finì con l’a-gevolare non più i praticantiiscritti nei registri del proprio di-stretto bensì quelli delle sedi ividestinate per sorteggio.I due prospetti che pubblichiamo

ALA PREVIDENZA FORENSE

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Sono finiti tardi (e male) gli esamidella sessione d’esame 2006-2007Gli esami di avvocato vanno di male in peggio.Vengono qui esposti i risultati degli esami sostenuti nella sessione 2006-2007.Si può ben dire che vi è un’urgenza drammatica per una riforma che garantiscauna selezione rigorosa e una parità di trattamento fra tutti i candidati.Un testo di riforma consegnato dal CNF al Senato fa ben sperare.

di Carlo Martuccelli

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ALA PREVIDENZA FORENSE

qui appresso e che riguardano lesessioni di esame degli anni 2006e 2007 offrono conferma a quantosi è sin qui evidenziato, nel sensoche, salve rare eccezioni, le per-centuali di ammissione all’esameorale sono costantemente elevatein talune sedi (principalmentequelle del sud) e basse in altre. Ilche sta a dimostrare che se lariforma ha risolto il problema delcosiddetto turismo per esame, inquanto ha reso inutili le cennate“trasmigrazioni”, ha però lasciatoinvariato quello della disparità ditrattamento.È pur vero che il sistema del sor-teggio può offrire opportunità divantaggio per tutti perché, salve lesedi più numerose che hanno unsorteggio autonomo in funzionedella ricettività e del numero disottocommissioni insediabili, pri-ma o poi capiterà a tutti i candida-ti di essere favoriti dal sorteggioma questo non significa che lapiaga della disparità di trattamen-to sia stata superata.Senza fare i nomi delle varie sedi,non è difficile leggere i due quadrisotto riportati che riproduconodati forniti dal Ministero compe-tente e che evidenziano quantoora sottolineato. Nel 2006 la for-bice dei dati di ammissione all’e-same orale andava dal 18,92%all’83,16% e nell’anno successi-vo dal 22% all’80%.Tali numeri offrono un quadroeloquente che non può far pensa-re alla concentrazione dei miglio-ri candidati sempre nei distretti diCorte di appello, che di volta involta hanno la fortuna di vedere leprove scritte corrette in quelle se-di ed allora il vero problema tornaad essere quello di superare il si-

stema attuale, creando un iter diaccesso alla professione che pre-scinda dalla lotteria dell’esame edoffra al praticante l’opportunità diseguire un percorso successivo al-la laurea (la riforma universitariaè altro problema) idoneo a procu-rargli il bagaglio culturale e prati-co necessario per un esercizio del-la professione qualificato e degnodella migliore tradizione forense.Non è giusto che superino l’osta-colo soggetti non idonei e restino,come suol dirsi, al palo giovanicapaci, studiosi e che hanno di-mostrato, nel biennio di tirocinio,capacità professionali sicure.Conta naturalmente anche il cur-riculum degli studi e della praticae poiché soprattutto nelle sedimolto affollate il controllo non èagevole e resta quindi superficia-le, la via da seguire va ricercataex novo.La migliore di esse, a parere dichi scrive, è quella di un percorsoformativo realizzato mediante lafrequenza obbligatoria di unascuola post laurea biennale, conperiodiche verifiche, all’esito delquale potrebbe essere sufficienteun esame più snello rispetto aquello attuale, ma sostenuto avan-ti ad un’unica commissione a li-vello nazionale. Occorrerà natu-ralmente superare una serie diproblemi concreti, tenuto contodel numero assai rilevante degliinteressati, ma la posta in gioco èelevata perché riguarda il recupe-ro della professionalità perdutaper una categoria che ha rilevanzacostituzionale (art. 24) ed allaquale sono affidati gli interessi eda volte il destino dei cittadini. Ciòsignifica che se anche la soluzio-ne dovesse richiedere uno sforzo

di particolare impegno, esso do-vrà essere compiuto.La bozza di riforma dell’ordina-mento professionale approvata direcente dalla Commissione costi-tuita all’esito dell’ultimo Con-gresso Nazionale Forense e fattapropria dal Consiglio Nazionaleaffronta con particolare serietà edattenzione la problematica fin quiesposta ed offre soluzioni di sicu-ro rilievo. Ma se la prima frettolo-sa lettura non ci ha ingannato, nonpossiamo esimerci dal rilevareche, nonostante lo sforzo intesoalla selezione e, soprattutto, ad of-frire un percorso formativo serioed idoneo al recupero di un impe-gno di preparazione professiona-le, non risolve il problema delladiversità di giudizio da sede a se-de e della conseguente disparità ditrattamento che solo un esamecentralizzato in unica sede puògarantire.L’auspicio è che in sede parla-mentare ci si orienti in questa di-rezione, posto che il sistema ipo-tizzato, arricchito dalla previsionedi alcune verifiche eseguite nelcorso dei due anni di scuola ob-bligatoria, idonee ad accertarenon solo la preparazione teoricama anche l’attitudine ad esercita-re la professione forense, compor-terebbe una tale selezione da ren-dere possibile l’esame in unica se-de nazionale, sia pure eventual-mente tenuto in più sessioni perciascun anno.

n.b.: il Ministero di Giustizianon ha fornito i dati completidegli idonei nel 2006 e ha forni-to un solo dato per il 2007.

(Seguono tabelle)

ALA PREVIDENZA FORENSE

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Corti di Appello Domande Presenti scritti Corretti dalla C.A. Ammessi orali % Ammessi IdoneiAncona 861 707 Brescia 262 37Bari 2681 2574 Milano 526 32Bologna 2554 2201 Torino 652 30Bolzano 178 167 Bolzano 38 23 34Brescia 883 846 Reggio Calabria 525 62Cagliari 1152 945 L’Aquila 389 41Caltanissetta 235 224 Potenza 125 56Campobasso 616 515 Trieste 115 22Catania 1269 1071 Cagliari 381 35Catanzaro 1694 1497 Lecce 706 47Firenze 2269 2055 Venezia 1026 50Genova 1168 1043 Catania 553 53L’Aquila 1195 1003 Genova 295 29Lecce 1977 1795 Salerno 1225 66Messina 540 502 Campobasso 234 47Milano 4178 3711 Bari 2330 63Napoli 6885 6317 Roma 1742 28Palermo 1607 1529 Catanzaro 1220 60Perugia 722 638 Ancona 360 56Potenza 647 593 Trento 167 28Reggio Calabria 1098 1053 Perugia 405 38Roma 5603 4531 Napoli 1872 41Salerno 1381 1227 Palermo 464 38Torino 1982 1825 Firenze 965 53Trento 164 155 Caltanissetta 43 28Trieste 485 422 Messina 213 50Venezia 2099 1558 Bologna 796 43

Tab. 2 - Sessione 2007

Corti di Appello Domande Presenti scritti Corretti dalla C.A. Termine correzione Ammessi orali % Ammessi IdoneiAncona 935 847 Messina 558 65,76 454Bari 2736 2624 Venezia 1044 39,6 1028Bologna 2811 2393 Milano sup. 1230 877 36,6 717Bolzano 154 148 Bolzano 28 18,92 26Brescia 1018 835 Ancona 400 47,9Cagliari 1292 1200 Catanzaro 998 83,16 751Caltanissetta 255 247 Potenza 128 51,82 126Campobasso 528 455 Trieste 125 27,41 113Catania 1406 1237 Salerno 680 54,97Catanzaro 1919 1803 Catania 1293 71,71Firenze 2326 2137 Torino 937 43,84Genova 1170 1046 Brescia 353 33,75 326L’Aquila 1228 1176 Reggio Calabria 540 71 765Lecce 1829 1759 Palermo 698 39,68 656Messina 717 594 L’Aquila 417 70,2 438**Milano 3824 3404 Roma 1382 40,6 1005Napoli 5990 5546 Bologna 2109 38,02Palermo 1468 1327 Cagliari 445 35,46 426Perugia 721 619 Campobasso 243 39,26 200Potenza 628 591 Trento 206 34,85 203Reggio Calabria 1058 1007 Genova 458 45,48 457Roma 5525 4793 Napoli 3384 70,59Salerno 1312 1265 Lecce 593 46,88 579Torino 1927 1735 Firenze 640 36,88 417Trento 157 151 Perugia 60 39,73 48Trieste 504 455 Caltanissetta 262 57,58 174Venezia 2258 2037 Bari 1218 59,79 843

AAVVOCATURAl’informazione

Tab. 1 - Sessione 2006

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ALA PREVIDENZA FORENSE

L’articolo della Collega AureliaBarna, pubblicato sul numero 4di Previdenza Forense, in cui vie-ne affrontato il problema dellapartecipazione della donna avvo-cato negli organi di rappresen-tanza istituzionale e associativa,mi stimola ad affrontare il temadella “Avvocatura rosa” anche daun altro angolo visuale, analiz-zando un diverso problema nonmeno importante e di rilievo, inragione delle ripercussioni socia-li ed economiche dello stessonon solo sulla categoria ma sul-l’intera società.Mi riferisco al problema del diva-rio reddituale tra maschi e femmi-ne nella professione forense, diva-rio che emerge ormai in modoforte e chiaro da ogni tipo di inda-gine nonché dagli studi di settoreed è posto in primo piano sia da-gli organi di stampa che dai me-dia.La donna avvocato guadagna inmedia meno della metà dell’omo-logo collega maschio e tale dispa-rità di trattamento è rilevata in mo-do costante per tutti i gruppi di etàed in tutte le regioni. La disparità èperaltro più accentuata nelle regio-ni economicamente più vivaci.Tale differenziale di reddito tro-va sicuramente origine nel vuoto

di rappresentanza istituzionaleper la donna avvocato, ma nonsolo.Nel recente Convegno di Rove-reto sul tema “Donne nella pro-fessione forense: parità numeri-ca o effettiva?”, organizzato dal-l’Avv. Monica Baggia, compo-nente della Commissione PariOpportunità del CNF, con ilConsiglio dell’Ordine degli Av-vocati di Trento e con il Consi-glio dell’Ordine degli Avvocatidi Rovereto, la Prof. Paola Villa,Professore ordinario della Fa-coltà di Economia dell’Univer-sità di Trento e componente del-l’EGGSIE (network di espertidella Commissione Europea perla ricerca e lo studio delle que-stioni di genere), ha ricondotto ildifferenziale di reddito a verofattore di discriminazione, cer-cando di individuarne le cause.Alle radici dei differenziali di red-dito vi sono sia una frequenteemarginazione delle donne dalleposizioni decisionali (cosiddettasegregazione verticale) sia la li-mitazione dell’attività professio-nale delle donne a specifici ambi-ti ed attività di minore redditività(cosiddetta segregazione orizzon-tale). Si pensi al riguardo alla for-te presenza delle donne avvocato

in settori come quello del dirittodi famiglia, dei minori e delle lo-cazioni ed alla loro debole presen-za in settori come quello del dirit-to societario e/o bancario.Come ha rilevato una recente ri-cerca inglese, si creano dellespecializzazioni di genere chenon rispecchiano attitudini pro-fessionali, ma il pregiudizio se-condo cui la donna, più portataper le relazioni e l’affettività, de-ve occuparsi di settori “consoni”quali il diritto di famiglia, il di-ritto dei minori. Non il diritto so-cietario o le relazioni industriali,materie sicuramente più redditi-zie e ancora quasi esclusivamen-te maschili.Le donne trovano sicuramentemaggiori ostacoli a svolgere laprofessione di avvocato anche inragione della difficoltà di conci-liare il lavoro con la famiglia:sulla donna ricade ancora il com-pito della gestione della famigliae non vi sono strumenti di soste-gno adeguati per rispondere alleesigenze di cura della famigliastessa.Come evidenziato dallo stessoAvv. Rosa, Presidente della CassaForense, nella relazione presenta-ta al Congresso Nazionale Foren-se di Bologna, occorre predispor-

AAVVOCATURA

l’informazione

Il differenziale di reddito tra maschi e femmine

nella professione forenseAnalisi delle ragioni del divario reddituale tra avvocati uomini e donne:

l’emarginazione della donna in settori di lavoro di minor redditività; la difficoltà di conciliare lavoro e famiglia; i pregiudizi sociali;

la ricerca dei rimedi.

di Carla Guidi

AAVVOCATURAl’informazione

re un sistema di Welfare avanzatoche affianchi alla famiglia tuttauna completa rete di servizi ido-nei a creare un efficiente sistemadi protezione sociale che consen-ta di distribuire il carico equa-mente tra i soggetti coinvolti e lasocietà, perseguendo migliori po-litiche di conciliazione tra lavoroe vita familiare per donne e uo-mini.Solo attraverso la conciliazionedei tempi di cura e di lavoro sipotrà ottenere un innalzamentodel tasso di occupazione femmi-nile e con esso del PIL. Le donneinserite nel mondo del lavoromettono, infatti, in moto impor-tanti fattori di sviluppo e di in-clusione sociale: studi di settorehanno, infatti, calcolato che perogni 100 donne che lavorano sicreano ulteriori 15 posti di lavo-ro, principalmente nell’ambitodella cura e dei servizi. Secondoquanto evidenziato dallo stessoMinistero per le Pari Opportu-nità, se le donne fossero occupa-te come gli uomini il PIL aumen-terebbe del 17%.Occorre quindi, e più in genera-le, sì una maggiore presenzadelle donne avvocato negli orga-ni rappresentativi e/o decisiona-li, ma altresì l’integrazione si-stematica delle rispettive situa-zioni, priorità e necessità delledonne e degli uomini in tutte lepolitiche, nell’intento di pro-muovere la parità tra donne euomini e mobilitare tutte le poli-tiche e le misure generali perraggiungerla ed attuarla, tenen-do conto fin dalla fase della pia-nificazione dei loro effetti sullesituazioni rispettivamente delledonne e degli uomini nelle fasidi attuazione, monitoraggio evalutazione (cosiddetta main-streaming).

Occorre, in sostanza, agire inun’ottica di sistema, con interven-ti mirati e strategie di medio-lun-go periodo.La rilevante differenza tra le capa-cità reddituali tra i due sessi ri-schia, infatti, di rendere insosteni-bile il costo dei trattamenti previ-denziali futuri: si potrebbe verifi-care che i contributi versati daqueste nuove generazioni calcola-ti in media su redditi più bassi,perché dichiarati da una colletti-vità sempre più costituita da don-ne, non sia sufficiente a coprire ilfinanziamento di pensioni più al-te, perché calcolate su redditi di-chiarati nel passato e riferiti ingran parte ad uomini.La mozione promossa dal Consi-glio Nazionale Forense e dalla suaCPO, in sede congressuale, segnaun passo importante in tal senso eche fino a poco tempo fa era par-so irrealizzabile, nonostante l’im-pegno profuso dalla precedenteCPO.Il lavoro e l’impegno della CPO sisono concretizzati nell’approva-zione di una mozione la quale im-pone agli organi congressuali eagli Ordini territoriali quattropunti fondamentali:– promuovere e favorire a tutti i

livelli la rappresentanza femmi-nile negli organi istituzionali eassociativi;

– favorire e diffondere buoneprassi per incrementare pro-grammi di formazione finaliz-zati a potenziare le capacitàeconomico-gestionali delledonne avvocato per consentirel’accesso delle stesse in settoriprofessionali, che appaiono og-gi loro preclusi;

– promuovere e approntare, pres-so i competenti uffici ministe-riali, nuovi criteri per la appli-cazione degli studi di settore,

alla luce dei recenti studi dellaCassa di Previdenza e Assisten-za Forense;

– promuovere e favorire, ancheattraverso specifiche materie diinsegnamento presso le Scuolegiuridiche di formazione e pres-so le Università degli Studi, lacultura della parità, fondata suiprincipii costituzionali.

È stata una vittoria sicuramenteimportante, ma il percorso non èancora concluso: l’approvazionecon il solo 56% dei voti favorevo-li dà conto di quanto l’avvocaturasia chiusa nella propria maschili-sta autoreferenzialità. L’impegnodella CPO deve quindi intensifi-carsi al fine del raggiungimentodegli impegni enunciati nella mo-zione.Obiettivo fondamentale è certa-mente quello di promuovere e fa-vorire la rappresentanza femmini-le negli organi istituzionali e ciòpotrà avvenire non solo e non tan-to nel momento del voto, ma conun necessario lavoro di rete pro-domico al voto stesso e all’indivi-duazione delle colleghe migliori epiù disponibili per l’accesso agliorganismi rappresentativi.Per quanto riguarda le capacitàeconomico-reddituali delle don-ne avvocato, ritengo, come detto,che il problema debba essere af-frontato con metodi “scientifici”:non basta infatti conoscere taleproblematica ma occorre anchetrovare i modi per risolverla. Ta-le obiettivo dovrà vedere la CPOe le proprie referenti impegnatein particolare attraverso pro-grammi di formazione finalizzatia favorire l’accesso delle donneavvocato in settori oggi preclusi,ma anche nel pretendere il rico-noscimento della cultura di pa-rità come materia di formazione,nello stimolare il sistema univer-

ALA PREVIDENZA FORENSE

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ALA PREVIDENZA FORENSE

sitario a indire dottorati di ricer-ca e ad assegnare tesi di laureasul tema.Occorre coinvolgere le categorieproduttive ed economiche, ciò an-che approfittando del fatto che alvertice oggi finalmente vi sonodelle imprenditrici.Occorre inoltre coltivare nel terri-torio i necessari rapporti con leCPO degli Enti locali, al fine diindividuare e realizzare progetti

comuni che coinvolgano anche lealtre professioni.In attesa della necessaria revisionedegli studi di settore, che tenga con-to delle effettive capacità redditualidelle donne avvocato, occorre crea-re un elenco di colleghe tributaristeo comunque disponibili a impe-gnarsi nella difesa delle collegheche subiscono gli accertamenti. Ladifesa dovrà essere gratuita o co-munque a carico solidale.

Occorre altresì intervenire pressogli organi competenti affinché il la-voro di cura svolto dalle donne av-vocato abbia riconosciuto il suo va-lore economico.Sono sicura che riusciremo a rag-giungere tali obiettivi e quel“niente paura” apparso all’im-provviso nel video del CNF du-rante il Congresso di Bologna misembra il motto ideale per il pro-seguo di questo percorso.

AAVVOCATURAspazio aperto

XXIX Congresso Nazionale Forense

La Magistratura onoraria: dalCongresso di Palermo al Con-gresso di Bologna1.A seguito del workshop sulla ma-gistratura onoraria, coordinatodagli avv.ti Eugenio Chierici(URCOFER, Presidente Ordinedi Reggio Emilia, Corrado Lanza-ra (CNF), Giuseppe Chiaia Noya(coordinatore commissione ordi-namento giudiziario OUA), Elisa-betta Rampelli (componente di-rettivo UIF) e Agata Bisogno(componente giunta UNCC) èemersa una sostanziale conver-genza sulla relazione dell’avv.Giuseppe Chiaia Noya ed è stataelaborata la seguente sintesi.

È evidente che “qualcosa” nel si-stema giustizia italiano non funzio-na al meglio.Non ci spiegheremmo, diversa-mente, le numerose condanne del-l’Italia da parte della Corte Euro-pea dei Diritti dell’Uomo, le al-trettanto numerose condanne aisensi della c.d. legge Pinto ed ilgiudizio di disvalore che spessoviene rivolto al nostro sistema daparte di altri paesi europei.Una delle cause di tale stato “co-matoso” del sistema giustizia è si-

curamente l’esiguo numero diMagistrati: basti pensare che nel1865 in Italia vi era una popola-zione di 27.000.000 abitanti, unagiustizia amministrata da 4021Magistrati togati, 80.000 giudizicivili e 49.000 giudizi penali.Quindi i giudizi pendenti eranomeno di 40 per Magistrato2.Oramai da anni, a fronte di una po-polazione raddoppiata, abbiamocirca 5.000.000 giudizi civili pen-denti ed un numero altrettanto rile-vante di procedimenti penali3. Nel medesimo periodo il numerodi avvocati è più che decuplicato,mentre quello dei Magistrati togatiè poco più che raddoppiato (sem-pre rispetto al 1865).Il rapporto processi\Magistrati èquindi, oggi, di circa 1000\1, 25volte il numero di processi per Ma-gistrato rispetto al 1865.Inoltre, sono stati ridotti considere-volmente i capitoli di spesa per laGiustizia e quindi c’è da temereche il futuro sia meno roseo delpresente4.Questa situazione disastrosa in cuiversa l’apparato giustizia italianoha favorito (o meglio, ha posto lebasi per giustificare) una legisla-zione di emergenza che sembraaver volutamente ignorato le giusteistanze degli addetti ai lavori prefe-

rendo delle soluzioni tampone enon un disegno organico. Ciò haportato il numero dei Magistrationorari ad un numero superiore ri-spetto a quello dei Magistrati toga-ti, in quantomeno apparente con-trasto con quanto disposto dallacarta Costituzionale.L’art. 106 della Costituzione, infat-ti, così recita:«Le nomine dei Magistrati hannoluogo per concorso; la legge sul-l’ordinamento giudiziario può am-mettere la nomina, anche elettiva,di Magistrati onorari per tutte lefunzioni attribuite a giudici singoli.Omissis».La regola, quindi, dovrebbe esserela nomina a seguito di concorso,l’eccezione dovrebbe essere la no-mina, anche elettiva, di Magistrationorari5.La realtà, invece, è che in Italia, co-me già detto, il numero dei Magi-strati onorari ha quasi raggiunto le12.000 unità su un numero com-plessivo di circa 21.500 Magistrati.Tale fenomeno è stato da semprevisto con sospetto dall’Avvocatu-ra che nutre perplessità non sullaMagistratura onoraria, ma sul mo-do in cui la stessa viene – semprein regime di voluta emergenza –organizzata.Probabilmente, in un disegno di

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Una discussione sulla MagistraturaonorariaSullo sfondo di una crisi della giustizia sempre più grave e di un’inadeguatezza della Magistratura ordinaria, ad affrontare l’enorme contenzioso, viene fatto un esame dei tanti problemi relativi ad una Magistratura onoraria che appare necessaria, anche se oggetto di molte critiche. Vengono indicate alcune proposte innovative.

di Giuseppe Chiaia Noya

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quella che potrebbe essere la Magi-stratura ideale del domani6, dovreb-bero sparire i Magistrati nominati inmaniera diversa da un concorso7.Ciò non perché il vincere un con-corso costituisca una certezza nonopinabile in ordine alla preparazio-ne ed all’idoneità a ricoprire un ruo-lo importante e delicato quale quel-lo del Magistrato (così come nonbasta superare l’esame di avvocatoper essere un buon professionista),non perché non vi possa essere unMagistrato onorario ben più degnodi un Magistrato togato, ma perchéil concorso (rectius: il superamentodi un concorso) legittima e valoriz-za il vincitore e sfuma i dubbi dele-gittimanti sulla sua idoneità.Ma con un numero di Magistratitogati inferiore a quello dei Magi-strati onorari una simile idea nonpotrebbe che essere destinatariadelle critiche più feroci se non tem-perata da un periodo di transizioneche possa consentire al sistemagiustizia di sopravvivere.Ma oggi è necessario gestire al me-glio il presente: è giusto che i qua-si dodicimila cittadini investiti dipubbliche funzioni giudiziarie ono-rarie debbano rivendicare non soloun trattamento economico e previ-denziale più soddisfacente e piùequo, ma soprattutto il riconosci-mento di uno status giuridico.L’Avvocatura, nelle sue massimeespressioni, e mi riferisco ai lavoricongressuali, è passata da un rifiu-to della “Magistratura onoraria” adun esame dell’esistente al fine ditentare di rendersi proponente perun futuro migliore, nel quale sipossano coniugare il diritto del cit-tadino a rivolgersi ad un giudice, ildovere dello Stato di renderlo pos-sibile, il dovere dell’Avvocatura direndere un servizio, nella prospetti-va di rifondare il servizio e garanti-re la massima professionalità.

L’avvocatura, oggi, spinge per unaregolamentazione unitaria dellaMagistratura onoraria, a cui biso-gnerebbe affidare un segmento benpreciso di giurisdizione esclusiva8.Non la rottamazione e non funzio-ni meramente vicarie9.Onestamente, non si può accettareil concetto che per il processo civi-le si possa eliminare l’arretrato, alfine implicito di far lavorare me-glio i giudici togati, con meccani-smi di stralcio, necessitanti «… delreclutamento e della retribuzionedi Magistrati onorari in ragione diogni sentenza prodotta», con l’e-spressa precisazione che «soltantocosì si può garantire che la retri-buzione sia direttamente collegataal risultato, evitando nel contempofuture rivendicazioni di stabilizza-zione».Così posto, l’interesse sembra es-sere solo il mantenimento di uncerto livello di economicità dell’a-zione dei Magistrati non togati (adifferenza di quelli togati) e sullagaranzia di evitare future rivendi-cazioni.E il diritto del cittadino di otteneresentenze valide ed in tempi brevinon viene considerato?Sembra proprio che “l’emergenzagiustizia”, avvertita da ogni perso-na, sia affrontata dai Ministri di tur-no in termini di “emergenza del-l’apparato giustizia” e, quindi, sot-to l’aspetto prettamente burocrati-co e contabile, piuttosto che sottoquello della garanzia concreta deidiritti dei singoli.Un provvedimento come quellodella devoluzione alle sezionistralcio di una grossa fetta delcontenzioso, ove reso senza avercontestualmente risolto i proble-mi ordinari della giustizia (ed inparticolare senza aver aumentatoil numero dei Magistrati in mododa consentire uno smaltimento

del carico ordinario), non avrebbesenso.Proprio in quest’ottica, merita at-tenzione l’intervento, nella prece-dente legislatura, del parlamentaredi Forza Italia (all’epoca di mino-ranza), On. Vitali, secondo il qualese la Magistratura onoraria deve ri-vestire un mero ruolo di supplenza,allora potrà occuparsi anche diquestioni baghellettari, se, invece,(come è), la Magistratura onorariasi occupa del 65% del contenzioso,allora non il Governo (al quale nonpuò non attribuirsi un connotatopolitico), ma lo Stato che vogliadefinirsi serio, ha il dovere di risol-vere il problema, atteso che (e ri-porto le parole esatte dell’On. Vita-li ) «… anche i Magistrati onorarisono dei lavoratori. Essi non pos-sono e non devono essere sfruttati enon tanto da un datore di lavoroqualunque, ma addirittura dalloStato».Anche esponenti del centrosinistra(e quindi della maggioranza dell’e-poca), del resto, si sono espressi intermini analoghi. Basti ricordarel’intervento dell’On. Lanfranco Te-naglia (Ulivo), «Continuare con lapolitica delle proroghe, semplice-mente tesa a verificare la stabilitàeconomica o il riconoscimento adun lavoro che viene fatto – e va ri-conosciuto – da parte della Magi-stratura onoraria, non è più suffi-ciente. Anche in questo caso, oc-corre dare una sistemazione ordi-namentale stabile, facendo dellaMagistratura onoraria un gamboautonomo della giurisdizione …»,anche al fine di scongiurare e risol-vere tutti quei problemi causati ecomunque connessi alla «… com-mistione con l’esercizio della pro-fessione forense».L’Avvocatura ritiene che se propriodebba esistere una Magistraturaonoraria, questa debba essere rego-

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la funzione il Magistrato ono-rario debba svolgere un tiroci-nio a garanzia dell’utente fina-le del servizio;

14) preveda che durante lo svolgi-mento della sua funzione ilMagistrato onorario sia assog-gettato alla formazione perma-nente;

15) preveda l’istituzione di un or-gano di controllo per la Magi-stratura onoraria.

Le medesime richieste pervenivanoanche dalle associazioni di catego-ria della Magistratura.Alcune di tali richieste dell’Avvo-catura sono già state recepite a li-vello legislativo (ad esempio il tiro-cinio obbligatorio, la formazionepermanente e la soggezione delmagistrato onorario ad un organodi controllo).Ma allora, come ha fatto lo Stato(e, volutamente, non dico: “il Go-verno”) a rimanere sordo di frontealle altre sollecitazioni che, tuttosommato, hanno il pregio di esserefondamentalmente omogenee, purprovenendo da schieramenti politi-ci differenti e da categorie e gruppiassai diversi tra loro? Come puòavvertire il problema inteso unica-mente in termini di economicità dellavoro ed eliminazione del pericolodi rivendicazioni future?In questo panorama si inserisconoil disegno di legge Scotti\Mastelladel 21 dicembre 2007 e le propostedi modifica di alcune delle normeche regolamentano i Giudici Ono-rari avanzate dal Ministro avv. An-gelino Alfano (soprattutto relativead un aumento di competenza pervalore dei Giudici di Pace11).L’Assemblea dell’O.U.A., riunitain Bassano del Grappa il 3-4 lu-glio 2008, ha ritenuto che fosse unpeccato non considerare i risultatiraggiunti nella precedente legisla-tura (così perdendo il lavoro sino a

quel punto svolto) e, che il DDLScotti-Mastella presentato nellafase finale della scorsa legislatura,anche se nemmeno approvato dalConsiglio dei Ministri, fosse unabuona base di partenza per affron-tare, nella presente legislatura, iltema dell’assetto definitivo da da-re alla Magistratura onoraria, dasempre sul tappeto, da sempre rin-viato con proroghe su proroghe,ma mai affrontato con un serioprogetto organico di riforma.Ha, pertanto, condiviso alcunipunti:– innanzitutto, la creazione di una

unica figura di “Magistrato ono-rario” superando la precedenteassurda moltiplicazione di GDP,GOT, GOA, VPO, con una di-sciplina unica per tutte le fun-zioni;

– la previsione di un trattamentoprevidenziale; per gli avvocatiobbligatorio presso la Cassa Fo-rense; per i non avvocati presso ifondi di previdenza volontari;

– un preciso regime di incompati-bilità, un procedimento discipli-nare garantista e serio, un tiroci-nio ed una seria selezione, unavalutazione professionale ed unaggiornamento professionale(certamente non ottimali, ma al-meno pressoché identici a quelladei magistrati ordinari).

Ha proposto, invece, la modificadelle parti relative a:– competenza: che potrà essere in-

nalzata nel valore, ma limitata alprimo grado del giudizio ed ai di-ritti disponibili;

– accesso alla Magistratura ono-raria: con preferenza per gli av-vocati ed esclusione di quellecategorie di soggetti che non so-no già all’interno dei circuitigiurisdizionali;

– numero: che dovrà tenere contodelle attuali proporzioni del feno-

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lata in maniera uniforme, esseredotata di un organo di controllo, diprofessionalità, di dignità, essereassoggettata ad un unico sistemaretributivo e debba ricomprenderesicuramente tutte le figure attual-mente esistenti10.Il Congresso dell’Avvocatura tenu-tosi a Palermo, in particolare, hadelegato l’O.U.A. per ottenere unariforma organica della Magistratu-ra onoraria, che:1) riservi l’esercizio della funzio-

ne di Magistrato onorario agliAvvocati;

2) ricomprenda tutte le tipologieattualmente esistenti e uniformitutte le figure di Magistrati ono-rari esistenti nell’ordinamentogiudiziario;

3) garantisca pari dignità tra laMagistratura togata e la Magi-stratura onoraria;

4) individui per la Magistraturaonoraria una sfera di competen-za giurisdizionale esclusiva;

5) garantisca ai Magistrati onorariun’equa retribuzione;

6) preveda una costante verifica diprofessionalità;

7) preveda un serio sistema di in-compatibilità;

8) garantisca la terzietà, ancheapparente, del Magistrato ono-rario;

9) garantisca anche ai Magistrationorari l’applicazione dei prin-cipi di autonomia ed indipen-denza della Magistratura;

10) preveda rigidi meccanismi dicontrollo sulla deontologia esulla capacità del Magistratoonorario;

11) responsabilizzi e valorizzi ilruolo dei consigli dell’ordinenella selezione;

12) individui in maniera dettagliatai requisiti necessari per la no-mina;

13) preveda che prima di assumere

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meno e della necessità che ancheil Magistrato onorario sia consi-derato negli organici ai fini dellaformazione delle tabelle;

– possibilità di modificare attraver-so decreti ministeriali l’assettodelle sedi dei tribunali sul territo-rio, tenendo conto del concettodella prossimità della giustiziadecentrata.

Ha proposto, infine, la soppressio-ne delle parti relative a:– previsione di nuove sezioni stral-

cio che hanno dato pessima pro-va in passato;

– pagamento a cottimo dei magi-strati Onorari. L’Avvocatura, in-fatti, ritiene che la previsione diun’equa retribuzione per i M.O.possa garantire la terzietà, an-che apparente, l’autonomia el’indipendenza e, comunque,una pari dignità tra giudici toga-ti ed onorari.

Durante il Congresso di Bolognal’avvocatura ha ribadito l’attua-lità della necessità di arrivare aduna legge organica, che rispondaai requisiti di certezza giuridicaindicati dal Congresso di Paler-mo, e che preveda rigidi criteri diaccesso alla Magistratura onora-ria (con reclutamento esclusivotra avvocati di adeguata esperien-za e professionalità), con costan-te verifica del livello di professio-nalità e senza possibilità di rinno-vo automatico dell’incarico in as-senza della persistenza delle con-dizioni necessarie per la nominastessa. Tale verifica potrebbe es-sere garantita dal rafforzamentodel peso dell’Avvocatura nel-l’ambito del Consiglio Giudizia-rio, prevedendo che il parere delConsiglio dell’Ordine sulla no-mina dei Magistrati Onorari di-venga vincolante.

Note1 L’oggetto della presente relazione è tan-

to attuale e controverso che non è nean-che semplice stabilirne il titolo. Infatti,c’è chi ritiene che allorquando si parli diMagistrati diversi da quelli ordinari li sidebba chiamare onorari, altri preferisco-no il termine non togati etc. Nel presentelavoro utilizzeremo indifferentemente ledue espressioni, che ben potrebbero esse-re sostituite da “Magistrati Laici” o daaltra similare. 2 I dati riportati nel testo, così come altreconsiderazioni di cui infra, sono tratti dal-la relazione “La Magistratura Onoraria”,XXVII Congresso Nazionale Forense, a cu-ra dell’avv. Elisabetta Rampelli, di cui co-stituisce l’evoluzione, e sono stati già ri-portati in G. Chiaia Noya, La Magistraturaonoraria: Ordinamento attuale e prospetti-ve di riforma, in Piazzetta Monte, 2007, 10,nonché G. Chiaia Noya, La Magistraturanon togata: funzione, competenze, recluta-mento, formazione e status, in http://www.oua.it/seminari_XXIX_congresso/doc/ma-gistratura%20non%20togata%20semina-rio%20Caltagirone%201%203%2008.doc. 3 Al 31.12.2006 i giudizi civili pendenti era-no 5.127.000, cfr. Corriere della Sera, 22gennaio 2008.4 A fronte di tale contrazione delle risorseriservate alla giustizia ricordiamo la pro-messa dell’ex ministro Mastella, che avevaprevisto una durata dei processi massimadi cinque anni (due anni per il primo gra-do, due anni per il secondo ed un anno peril giudizio dinanzi la Suprema Corte). Inol-tre, questo atteggiamento dello Stato noncomporta neanche un vero risparmio inquanto, a fronte delle somme non stanziateper il potenziamento del sistema giustizia,vi sono le ingenti somme che lo Stato versaa titolo risarcitorio per l’eccessiva duratadei processi.Ieri, invero, nel corso del suo apprezzatis-simo discorso al Congresso dell’Avvocatu-ra, il Ministro della Giustizia, avv. Angeli-no Alfano, ha dichiarato che a breve il suoministero disporrà di fondi aggiuntivi (pro-venienti dal recupero dei fondi già destina-ti e giacenti presso la Posta e presso lebanche e da i beni confiscati) e quindi ciauguriamo che questa nuova linfa possacontribuire alla risoluzione dei problemidel “sistema Giustizia” italiano. 5 Invero, l’art. 116 della Costituzione con-templa la giustizia di pace, sia pure all’e-sclusivo fine di devolverne l’organizzazio-ne alle Regioni. L’Avvocatura da sempre ritiene che loStato debba garantire un processo affida-

to a giudici ordinari che sia non solo giu-sto ma anche rapido, per rispondere allasete di giustizia del cittadino. L’Avvoca-tura, peraltro, come sempre, dinanzi alcomportamento omissivo dello Stato chenon ha ritenuto di adeguare l’organicodella Magistratura Ordinaria, suo mal-grado e nell’esclusivo interesse del citta-dino e della società, ha preso atto dellasituazione e, di fatto, ha consentito il fun-zionamento del sistema giustizia fornen-do oltre diecimila avvocati che sono dive-nuti giudici onorari.6 Nel corso del dibattito è emersa la persi-stente diffidenza di alcuni avvocati nei con-fronti della magistratura onoraria ed il de-siderio, peraltro utopistico, di vedere lagiustizia amministrata da soli magistratiordinari. 7 Eventualmente utilizzando per scorrimen-to le graduatorie del concorso per Magi-strato ordinario, al fine di contenere i costidella selezione. 8 Oggi, purtroppo, spesso, per non diresempre, assistiamo all’affidamento di inte-ri ruoli a Magistrati Onorari, in chiarocontrasto con la legge e con le stesse cir-colari del CSM. Infatti, come rilevato dal-l’avv. Eugenio Chierici, il concetto di im-pedimento per coincidenti impegni delGiudice togato, che legittimerebbe il ricor-so alla magistratura onoraria, viene estesoanche ad ipotesi di preteso elevato caricodi lavoro in un arco di tempo, sia per ra-gioni quantitative che qualitative, con cri-teri soggettivi e, quindi, opinabili.9 Va ricordato che l’Avvocatura nel 1995ebbe una reazione sfavorevole all’assun-zione da parte degli avvocati delle funzionidi magistrato onorario ed il CNF con deli-bera del 24.11.1995 proclamò l’incompati-bilità tra l’esercizio della professione e lefunzioni di giudice. Tale iniziativa naufra-gata a seguito della sentenza Cass. S.U. 12marzo 1999, n. 129, servì a far pressionesu governo e parlamento affinché esami-nassero e recepissero le istanze della clas-se forense.10 Come sostenuto dall’avv. ElisabettaRampelli, la Magistratura onoraria nondeve avere l’unico fine di sopperire alle ca-renze dello Stato nel settore giustizia.11 L’aumento di competenza per valore delGiudice di Pace non è un evento negativo,anche perché, per lo più costituisce un ade-guamento degli originari importi in basealla svalutazione monetaria, ma l’Avvoca-tura preferisce, come detto, una riformaorganica e non provvedimenti tampone.

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In base all’articolo unico dellalegge 7 novembre 1957, n. 1051, icriteri della misura dei compensiper gli avvocati vengono stabilitidal Consiglio Nazionale Forense,per mezzo di atti di natura regola-mentare recepiti in decreti mini-steriali (la Corte Costituzionaleha dichiarato infondata la questio-ne di legittimità costituzionaledella norma che attribuisce talispecifici poteri al Consiglio Na-zionale Forense: Corte Cost. 16giugno 1983 n.180, in Foro it.,1983, I, 2329 con nota di Pezza-no).L’atto con il quale il ConsiglioNazionale Forense stabilisce i cri-teri per la determinazione deglionorari degli avvocati (in virtùdella competenza attribuitagli dal-la L. n. 1051 del 1957) è un attonormativo, emanato dal CNF, or-gano comune dei vari collegi pro-fessionali, nell’esercizio dell’au-tonomia degli ordini forensi.(Cass. 19 giugno 1985, n. 3701;Cass. 5 agosto 1975, n. 2981). Es-so costituisce un regolamentoemanato da un’autorità non stata-le, in forza di un autonomo poterenormativo (potere regolamenta-re), che ripete la sua disciplina daleggi speciali; né tale regolamen-to è trasformato in regolamento

governativo dal decreto ministe-riale di approvazione, essendoemanato nell’esercizio di un pote-re di controllo (Cass. 2 aprile2001, n. 4788; Cass. 27 marzo1993, n. 3690).La tariffa forense, deliberata dalConsiglio Nazionale Forense, edapprovata con decreto del Mini-stro della Giustizia, è, quindi, attodi natura regolamentare (Cass. 20novembre 1998, n. 11736; Cass.28 novembre 1987, n. 8865),espressione di una potestà norma-tiva secondaria finalizzata a disci-plinare, con precetti aventi portatagenerale ed astratta, determinatirapporti mediante una regolazioneattuativa e integrativa della legge(art. 64 r.d.l. n. 1578/33); tale at-to, quindi, per la sua natura, è as-soggettato al controllo giurisdi-zionale di legittimità da parte delgiudice amministrativo.Il procedimento di determinazio-ne delle tariffe professionali fo-rensi ha natura complessa, e sia ipoteri del Ministero della giusti-zia, sia i poteri dell’ordine profes-sionale, vengono esercitati per fi-nalità di tutela dell’interesse ge-nerale, connesso al fondamentalediritto di difesa e alla congruità,logicità, trasparenza e coerenzadelle tariffe (Cons. Stato, sez. atti

normativi, 27 ottobre 2003, n.4061/02, Foro it., Rep. 2003, voceAvvocato, n. 184). La scelta diconservare il potere del Ministerodella Giustizia di intervenire sulladeterminazione delle tariffe pro-fessionali forensi non rispondesolo alla esigenza di tutelare i pro-fessionisti da una concorrenzasregolata e abusiva, ma tutela an-che gli utenti quanto a trasparenzadelle tariffe e contenimento dellepretese patrimoniali degli opera-tori del settore.L’atto normativo che approva latariffa forense è, però, per interoimputabile alla volontà ed alla re-sponsabilità politica del Ministrodella Giustizia, rispetto al quale laproposta del Consiglio nazionaleforense assume la valenza di unmero progetto che ha dato impul-so al procedimento (sentenza Ar-duino, Corte giustizia 19.2.2002in causa C.35/99); iniziativa, quin-di, dell’Ente esponenziale dellacategoria, ma fase costitutiva ri-messa al Ministro, che secondo ladiscrezione politica che gli è pro-pria, può anche tenere conto soloin parte della proposta iniziale; inogni caso è la sua volontà che sor-regge l’atto normativo (Colavitti,Minimi tariffari e quadro comuni-tario, in Rass. forense, 2004, 729).

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La tariffa forense: natura ed ambito di operativitàMentre perdurano le polemiche sull’infelice “legge Bersani”, che ha sconvoltoil nostro regime tariffario, e mentre numerosi disegni di legge di riforma della professione forense sono stati presentati in Parlamento e ad essi si è affiancato un testo predisposto del CNF, appare opportuno l’esame di questioni di carattere generale sul compenso agli avvocati, dovendo tener presente che l’auspicata riforma apporterà rilevanti innovazioni.

di Leonardo Carbone

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La tariffa professionale, ne conse-gue, è quel complesso di normecon cui si fissa autoritativamenteed in via preventiva la misura de-gli onorari, nonché delle spese eindennità, spettanti al professioni-sta per le prestazioni da lui effet-tuate in favore del cliente, misuradel compenso (e non del corri-spettivo) che deve essere adegua-ta alla importanza dell’opera e aldecoro della professione (Cass.23 maggio 1992, n. 6214).La tariffa professionale è struttu-rata in modo da garantire all’av-vocato un equo compenso per lasua attività di lavoro, tenuto con-to della importanza dell’affare dalui trattato, e deve essere in gra-do, se applicata, di garantire al-l’avvocato una equa retribuzioneparagonabile a quella di qualsiasialtro lavoratore autonomo o di-pendente.In tema di tariffa forense, occorreevidenziare che le spese legali so-no quelle sostenute dalle partiprocessuali (attore e convenuto)per conseguire il risultato voluto eperseguito nel processo e, pertan-to, (spese per avvocati, periti,ecc.), si distinguono dalle spese digiustizia normalmente liquidatedal giudice a titolo di rimborsoper gli oneri connessi al funziona-mento del servizio giustizia (Cor-te dei Conti, sez. giur. Reg. Basi-licata 5 giugno 2006, in ForoAmm. TAR, 2006, 2245 relativaad un giudizio di responsabilitàcontabile).La tariffa forense è suddivisa in:a) Tariffa Civile, Penale, Ammi-

nistrativa, suddivisa in:– Tabella A, che elenca le voci

delle prestazioni di difesa, ilcui compimento fa sorgere ildiritto all’onorario di avvoca-to, e specifica gli scaglioni divalore, entro ciascuno dei

quali stabilisce i minimi ed imassimi;

– Tabella B, che elenca le vocidelle prestazioni procuratorieper scaglioni di valore ed inbase alle tipologie dei proce-dimenti.

b) Tariffa penale.c) Tariffa stragiudiziale.La tipicità delle voci della tariffacomporta che non sono ipotizza-bili voci diverse da quelle riporta-te in tariffa, con la conseguenzache non sono liquidabili onorari(e diritti di procuratore) in rela-zione a voci non contemplate intariffa. Né è possibile operarecommistioni tra tariffa giudizialecivile, amministrativa e tariffe di-verse, come quella penale e stra-giudiziale.La tariffa forense, così come at-tualmente strutturata, è poco“comprensibile” sia per gli avvo-cati che per i clienti; è auspicabileuna semplificazione, con accorpa-mento delle singole voci e con lagiusta valorizzazione della quali-ficata opera professionale nel suocomplesso, a prescindere dallesingole attività.In ordine all’ambito di applica-zione della tariffa, occorre evi-denziare che la tariffa professio-nale è applicabile solo per le atti-vità della professione legale(Cass. 19 agosto 1994, n. 7483);la tariffa professionale forense at-tiene, infatti, esclusivamente aprestazioni di carattere professio-nale e non può trovare applicazio-ne rispetto ad altre e diverse pre-stazioni, come per esempio le at-tività didattiche (del. Cons. Ordi-ne Bologna 17.12.2001). Si è in-fatti specificato (Cass. 30.5.2006n. 12840) che la prestazione diopere intellettuali nell’ambitodell’assistenza legale è riservatoagli iscritti negli albi forensi solo

nei limiti della rappresentanza,assistenza e difesa delle parti ingiudizio, e comunque, di direttacollaborazione con il giudice nel-l’ambito del processo; al di fuoridi tali limiti, l’attività di assisten-za e consulenza legale non puòconsiderarsi riservata agli iscrittinegli albi professionali e conse-guentemente non rientra nellaprevisione dell’art. 2231 cod. civ.e dà diritto a compenso a favore dicolui che la esercita.È stata, così, ritenuta, non appli-cabile la tariffa forense nelle ipo-tesi di amministrazione pubblicadifesa da propri funzionari. Infattisi è affermato (TAR, sez. giur.reg. Lombardia 13 aprile 2006)che in caso di vittoria delle ammi-nistrazioni pubbliche che stannoin giudizio mediante propri fun-zionari, la condanna alle spesedella parte soccombente deve es-sere limitata ai costi concreta-mente affrontati per lo svolgimen-to della difesa, come documentatiin apposita nota (c.d. spese vive:retribuzione erogata al funziona-rio che ha curato il contenzioso,spese di trasporto, cancelleria,ecc.), atteso che i dipendenti pub-blici non appartengono alla cate-goria professionale degli avvoca-ti, e, quindi, non sono soggetti al-la disciplina delle tabelle forensi,per quanto riguarda la liquidazio-ne degli onorari di causa. Taleprincipio è stato ribadito da Cass.27 agosto 2007, n. 18066, in cui siafferma che l’autorità ammini-strativa, quando sta in giudiziopersonalmente o avvalendosi diun funzionario delegato (anche seha il titolo di avvocato), così co-me consentito dall’art. 23, 4 com-ma, L. n. 689/81, non può ottene-re la condanna dell’opponente,che sia soccombente, al pagamen-to dei diritti di procuratore e degli

AAVVOCATURAspazio aperto

alla prestazione d’opera intellet-tuale consistente nello studio dicontroversie e nella compilazionedi scritti difensivi, senza accessoagli uffici giudiziari, né rapportocon le parti, ma per conto di un av-vocato, la Cassazione (28 maggio1976, n. 2829) ha ritenuto che lafattispecie non configuri eserciziodi attività professionale forensedisciplinata dall’art. 2231 cod. civ.Viceversa è stata considerata atti-vità professionale legale la rappre-sentanza ed assistenza di un clien-te nell’assemblea condominiale(Cass. 1° febbraio 1994, n. 973).In dottrina: G. Alpa, Tariffe foren-si: dalla corte di giustizia un invi-to a rivedere la disciplina esisten-te, in Guida al diritto, 2006, fasc.49, 100; L. Carbone, La nuova ta-riffa forense, in Prev. forense,2004, fasc. 1, 26; Castelli, Sullaprestazione professionale del non

iscritto all’albo, in Riv. giur. sar-da, 1991, 765; M. De Stefano, Ilfuturo europeo delle tariffe degliavvocati, in Prev. forense, 2007,67; F. Lubrano, La tariffa forensenel processo amministrativo, inRiv. amm., 1987, 848; P. Piscione,Gli atti aventi forza di legge e i re-golamenti tariffari processuali, inGiur. cost., 1960, 201; R. Roti-gliano, Il procedimento di deter-minazione delle tariffe forensi:una evidente fattispecie di con-corso (eventuale) di persone (giu-ridiche pubbliche) nell’illecitocomunitario misconosciuta dallacorte di giustizia, in Prev. forense,2000, fasc. 3, 14; G. Scarselli, Letariffe forensi (punti fermi e pro-spettive), in Foro it., 2003, I,3010; L. G. Scassellati Sforzolini,Le tariffe forensi alla corte di giu-stizia europea, in Prev. forense,2001, 277.

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onorari di avvocato ma soltanto ilrimborso delle spese, ove docu-mentate e richieste.Il diritto al compenso, in base allatariffa forense, si riferisce unica-mente alle prestazioni compresenelle competenze istituzionali del-la categoria, perché in caso diver-so il compenso si può determinarein base all’art. 2225 cod. civ. (manon in base all’art. 2233 cod. civ.).Ed infatti la Cassazione (6 maggio1987, n. 4198) ha affermato chel’intervento di un avvocato perprocurare la concessione di unmutuo ipotecario e la ricerca disoggetti disposti ad eseguire il fi-nanziamento, non configuranouna prestazione d’opera professio-nale, ma soltanto una attività di in-termediazione (con conseguenteinapplicabilità della tariffa forenseper la determinazione del com-penso); con specifico riferimento

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Il praticante carabiniere?

CASSAZIONE CIVILE SS.UU. 26 NOVEM-BRE 2008, N. 28170

Pres. V. Carbone, Rel. F. Tirelli, Proc. Gen. V. Nardi, Parti XY,Consiglio Ordine Avvocati di Bergamo Avv. A.Z. con Avv.ti B. eC. contro Consiglio dell’Ordine Avvocati di Bergamo

1. Poiché mira a consentire la preparazione diun’adeguata difesa, la concessione di un termineinferiore a quello previsto dall’art. 45 R.d.22/11/1934, n. 37 integra una nullità sanabile dalcomportamento dell’interessato che comparendodavanti al Consiglio dell’Ordine, non se ne dolgama si limiti ad esporre le proprie ragioni nel me-rito.

2. Poiché si tratta di preclusioni volte a garantirel’autonomo ed indipendente svolgimento del man-dato professionale, le incompatibilità di cui all’art.3 del R.d.l. n. 1578/1933 non si applicano ai prati-canti non ammessi al patrocinio, che possono diconseguenza essere iscritti nell’apposito RegistroSpeciale anche se legati da un rapporto di lavorocon soggetti pubblici o privati.

3. L’attività di carabiniere non preclude l’iscrizio-ne nel registro dei praticanti, quando non vi siaabilitazione all’esercizio professionale, perché nonpuò assumere rilievo l’ipotetico conflitto tra il do-vere del segreto di chi opera all’interno di uno stu-dio legale e il dovere dell’ufficiale di pubblica si-curezza di denunciare qualunque fatto delittuosovenuto a sua conoscenza; e ciò perché questo ipo-tetico conflitto potrebbe essere scongiurato me-diante la opportuna adozione di provvedimenti difatto.

MOTIVI DELLA DECISIONEDalla lettura della sentenza impugnata e dal ricorsocontro di essa proposto emerge in fatto che in data16/10/2006, X ha presentato al Consiglio dell’Or-dine degli Avvocati di Bergamo domanda d’iscri-zione nel Registro Speciale dei praticanti avvocati.Considerato che il richiedente prestava servizio co-me carabiniere, il Consiglio dell’Ordine l’ha dap-prima iscritto con riserva di verifica dell’eventualeesistenza di una causa d’incompatibilità e poi, de-corso il primo semestre di pratica, l’ha cancellatoin applicazione dell’art. 3 del R.d.l. n. 1578/1933.

(omissis)Ciò posto, il Consiglio Nazionale ha poi ricordatoche in base all’art. 3 del R.d.l. n. 1578/1933, l’i-scrizione all’albo era incompatibile con qualsiasiimpiego pubblico e comportava dei doveri che ri-guardavano tutti gli avvocati e i praticanti, a propo-sito dei quali l’art. 1 del D.P.R. n. 101/1990 avevapuntualizzato che il tirocinio doveva essere svoltocon assiduità, diligenza, lealtà e riservatezza ed im-plicava il compimento delle attività proprie dellaprofessione indipendentemente dall’ammissione omeno alla difesa.Tenuto conto di quanto sopra e non dimenticato chel’obbligo di denuncia che il X aveva come carabi-niere contrastava con i doveri di segretezza e fe-deltà cui era, invece, sottoposto l’avvocato, il Con-siglio Nazionale ha rigettato il gravame, aggiun-gendo che “l’iscrizione alla Scuola di Specializza-zione delle Professioni Legali del Dott. X non puòcostituire espediente utile ed aggirare una situazio-ne di incompatibilità che, nei fatti, sussiste per leragioni sopra esposte, fino a quando il ricorrente èdipendente dell’Arma dei Carabinieri”.Il X ha proposto ricorso per cassazione articolatosu quattro motivi, (omissis).

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Cassazione civile SS.UU. 26 novembre 2008, n. 28170 (pag. 37)Cassazione SS.UU. sentenza 15 dicembre 2008, n. 29294 (pag. 41)

Corte di Cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 12 marzo 2008, n. 6534 (pag. 48)

Con il secondo motivo, il X ha invece dedotto la“violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 14del R.d. 22/1/1934, n. 37 nonché eccesso di potere;violazione e falsa applicazione dell’art. 3 R.d.l. n.1578/1933, violazione degli artt. 2, 3, 4 e 41 dellaCostituzione”, in quanto le incompatibilità previstedall’art. 3 sopraindicato riguardavano unicamentel’“esercizio della professione” di avvocato, tant’erache per estenderle ai soli praticanti ammessi al pa-trocinio, il Legislatore aveva sentito la necessità diemanare una disposizione espressa che dimostrava,a contrariis, la loro inapplicabilità agli altri prati-canti.Con il terzo motivo, il X ha inoltre dedotto “la vio-lazione e falsa applicazione dell’art. 14 comma 3del R.d. 22/1/1934, n. 37 nonché dell’art. 17 com-ma 114 della legge n. 127/1997 e dell’art. 1 delD.m. 475/2001. Omessa, insufficiente e contraddit-toria motivazione circa un fatto controverso e deci-sivo per il giudizio”, perché il Consiglio Nazionalenon avrebbe potuto liquidare come un mero espe-diente la sua richiesta di avvalersi dell’esonero dal-l’attività di studio e dalle udienze, in quanto con es-sa era stata comunque fugata qualsiasi perplessitàe, quindi, anche quella specificamente legata al suolavoro di carabiniere.

(omissis)Passando adesso all’esame del secondo motivo,giova premettere che al pari del Consiglio locale,anche quello nazionale non si è spinto affatto a so-stenere che la qualità di carabiniere costituiva unacausa d’incompatibilità ulteriore rispetto a quellepreviste dall’art. 3 del R.d.l. n. 1578/1993, ma si èlimitato ad osservare che il lavoro svolto dal X (edi doveri da esso derivanti) rappresentavano la ripro-va evidente della sua inconciliabilità con lo svolgi-mento della pratica professionale.L’attività di agente di P.G. del X non ha costituito,cioè, un distinto motivo di rigetto del gravame, maun semplice argomento di supporto dell’unica ratiodecidendi che, come già detto, è consistita unica-mente nel fatto che l’interessato era un dipendentepubblico e, come tale, in suscettibile d’iscrizione aisensi dell’art. 3 del R.d.l. n. 1578/1993.Questo, e non altro, essendo stato il contenuto delladecisione del CNF, occorre accertare se la normati-va di settore estende davvero le cause d’incompati-bilità pure ai praticanti non ammessi al patrocinio.A questo proposito, non va dimenticato devesi rile-vare che dovendo contribuire a dare concreta attua-

zione al diritto di difesa, l’avvocato ha bisogno dipoter espletare il proprio mandato in piena indipen-denza di giudizio e d’iniziativa e, cioè, al riparo dacondizionamenti giuridici o di fatto che potrebberoinfluenzarlo in senso difforme dall’interesse delcliente (v., in tal senso, anche Corte Cost. 2001/189).A tal fine, e salvo alcune eccezioni che qui non ri-levano, l’art. 3 del R.d.l. n. 1578/1933 stabilisce,fra l’altro, che l’esercizio della professione di av-vocato è “incompatibile con qualunque impiego odufficio retribuito con stipendio sul bilancio delloStato, delle Province, dei Comuni, delle istituzionipubbliche di beneficenza, della Banca d’Italia, delgran magistero degli ordini cavallereschi, del Sena-to, della Camera dei deputati ed in generale di qual-siasi altra Amministrazione od istituzione pubblicasoggetta a tutela o vigilanza dello Stato, delle Pro-vince e dei Comuni.È infine incompatibile con ogni altro impiego retri-buito, anche se consistente nella prestazione di ope-ra di assistenza o consulenza legale, che non abbiacarattere scientifico o letterario”.Sia il tenore letterale delle parole usate che lo sco-po da esse perseguito dimostrano che trattasi dinorma collegata all’esercizio concreto della profes-sione, di cui vuole garantire l’autonomia, come delresto ultimamente riaffermato da queste stesse Se-zioni Unite con sentenza n. 19496/2008 e, soprat-tutto confermato dagli artt. 1 e 13 del R.d. n.37/1934, i quali riconoscono l’applicabilità del-l’art. 3 R.d.l. n. 1578/1933 solo con riferimento aipraticanti ammessi al patrocinio.Tenuto allora conto delle surricordate finalità dellanorma nonché del fatto che, secondo i principi, l’e-splicita previsione della incompatibilità soltantoper i praticanti ammessi al patrocinio equivale adindiretta, ma indubbia esclusione della sua applica-bilità nei confronti dei praticanti che non svolgonoattività difensiva, può senz’altro concludersi nelsenso che nel sistema inizialmente tracciato dal Le-gislatore quest’ultimi potevano svolgere la praticapure nella ipotesi in cui si fossero trovati in una del-le condizioni previste dall’art. 3 del R.d.l. n.1578/1933.Ciò posto, rimane da chiedersi se tale sistema nonsia stato per caso innovato dall’art. 1 del D.P.R. n.101/1990, che come ricordato dal Consiglio nazio-nale ha tenuto a puntualizzare che la pratica legale“comporta il compimento delle attività proprie del-la professione”.

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La risposta al quesito, però, non può essere che ne-gativa ove si consideri che il D.P.R. n. 101/1990non ha parificato affatto le due categorie di prati-canti, ma le ha mantenute distinte preoccupandosi,per di più, di chiarire che i cambiamenti da esso ap-portati comportavano unicamente la sostituzionedegli artt. 5, 6, 7, 9 e 71 del R.d. n. 37/1934, ma nondegli artt. 1 e 13 che, come si è visto, estendono leincompatibilità previste per gli avvocati ai soli pra-ticanti ammessi al patrocinio.Dovendo essere perciò apprezzata alla luce dellaperdurante vigenza delle predette disposizioni, conle quali va necessariamente armonizzata, la preci-sazione contenuta nell’art. 1 del D.P.R. n. 101/1990finisce col perdere ogni capacità espansiva dell’art.3 R.d.l. n. 1578/1933 che, peraltro, data pure la dif-ficoltà di derivare da generiche disposizioni l’intro-duzione (implicita) di limitazioni o doveri primainesistenti, non avrebbe potuto esserle riconosciutanemmeno in caso di sua lettura separata dal conte-sto che, giova ribadirlo, non ricollega l’incompati-bilità al mero compimento di atti tipici della pro-fessione, bensì all’assunzione ed allo svolgimentodel mandato difensivo, che i praticanti non ammes-si al patrocinio non ricevono.Il Consiglio Nazionale ha tuttavia dubitato della lo-gicità dell’anzidetta interpretazione, sottolineandoche il riconoscimento del diritto del X all’iscrizio-ne condurrebbe al paradosso di un praticante che intale qualità potrebbe venire a conoscenza di fattiche sempre come praticante dovrebbe tenere riser-vati, mentre come carabiniere avrebbe l’obbligo didenunciare.Il rilievo è certamente suggestivo, ma non insupe-rabile perché anche a prescindere da quanto già os-servato dalla succitata Corte Cost. 2001/189, in or-dine al “conflitto di appartenenze” introdotto dal-l’art. 1, commi 56 e 56-bis della legge n. 662/1996,si tratterebbe pur sempre di una mera eventualitàcomunque scongiurabile mediante l’adozione diopportuni accorgimenti di fatto fra cui, per esem-pio, quello di circoscrivere la pratica a determinatisettori o a casi preventivamente valutati dall’affida-tario.Il pericolo prospettato dal Consiglio Nazionalesembra, cioè, idoneo a dimostrare soltanto la possi-bilità di (seppur non trascurabili) problemi pratici,ma non l’esistenza di una vera e propria preclusio-ne di carattere generale ed astratto che, oltretutto,non riguarderebbe tutti i dipendenti pubblici e pri-

vati, ma soltanto una ristretta cerchia di persone,per cui non potrebbe essere valorizzata né per infe-rirne l’incompatibilità dei soli agenti ed ufficiali diPG (dato che l’art. 3 del R.d.l. n. 1578/1933 con-tiene una previsione di carattere generale, non limi-tata ad una ristretta categoria di soggetti) né, menoche mai alla totalità dei lavoratori, dato che così fa-cendo si arriverebbe alla conseguenza (questa sìsproporzionata ed illogica) di “colpire” un’interaclasse per rimediare ad un inconveniente proprio diuna minima parte di essa.Anche per tali motivi, dunque, la soluzione delConsiglio nazionale suscita forti perplessità che au-mentano ancora di più ove si consideri che preclu-dendo, a chi ne avrebbe i mezzi, la possibilità dimigliorare soltanto perché si è trovato nella condi-zione di aver dovuto accettare un lavoro insoddi-sfacente o non più adeguato, introduce uno sbarra-mento non esattamente in linea con i valori fonda-mentali dell’ordinamento.Né varrebbe in contrario replicare che, pertanto,l’estensione dell’incompatibilità ai praticanti noncomporterebbe alcun sostanziale sbarramento, mauna semplice anticipazione di quanto sarebbe, do-po, inevitabile, visto che per iscriversi all’albo edesercitare la professione, il praticante che abbia su-perato l’esame deve necessariamente dimettersi dallavoro pubblico o privato eventualmente svolto.L’obiezione non potrebbe essere infatti condivisanon soltanto per la gravità del rischio che si chie-derebbe di correre all’interessato (chiamato a ri-nunciare ad un lavoro certo e remunerato per svol-gere un lungo apprendistato, non sempre adeguata-mente retribuito, e sostenere infine una prova chepotrebbe anche non superare), ma anche per la noninfrequente possibilità che taluno decida di affon-dare la pratica e l’esame di avvocato non in vista diun immediato cambio di attività, ma per precosti-tuirsi il titolo necessario al suo futuro esercizio,magari dopo il raggiungimento di una sufficienteanzianità contributiva (e ciò senza tenere conto del-le possibilità offerte dal surricordato art. 1, commi56 e 56-bis della legge n. 662/1996, che ha rimos-so una incompatibilità fra impiego pubblico part-ti-me e professioni intellettuali).Il secondo motivo del ricorso dev’essere pertantoaccolto, con l’enunciazione del seguente principiodi diritto: “trattandosi di preclusioni volte a garan-tire l’autonomo ed indipendente svolgimento delmandato professionale, le incompatibilità di cui al-

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l’art. 3 del R.d.l. n. 1578/1933 non si applicano aipraticanti non ammessi al patrocinio, che possonodi conseguenza essere iscritti nell’apposito Regi-stro Speciale anche se legati da un rapporto di la-voro con soggetti pubblici o privati”.Ne deriva l’assorbimento del terzo e del quarto mo-tivo e la cassazione della decisione impugnata sen-za rinvio degli atti al giudice a quo, perché non oc-correndo ulteriori accertamenti di fatto, la causapuò essere decisa nel merito mediante l’annulla-mento della delibera del Consiglio dell’Ordine diBergamo di cancellazione del X dal Registro spe-ciale dei praticanti avvocati. (Omissis)

NotaIl praticante carabiniere?La Corte di Cassazione, con la sentenza qui annotata, fa dueaffermazioni:a) il praticante avvocato, non abilitato al patrocinio, non è

soggetto alle norme sulla incompatibilità per l’avvocato,stabilite dall’articolo 3 del vigente ordinamento professio-nale;

b) non esiste alcun motivo per precludere ad un carabinierel’iscrizione nel registro dei praticanti avvocati.

La prima affermazione è corretta, la seconda non può esserecondivisa.Il quesito, se un carabiniere possa iscriversi nel registro deipraticanti avvocati, induce a considerare se l’obbligo di de-nuncia, che il carabiniere ha, come agente di polizia, contrasticon i doveri di segretezza e di fedeltà, a cui invece è sottopo-sto l’avvocato.Occorre, innanzitutto, chiarire che anche il praticante avvoca-to è soggetto all’obbligo di rispettare il segreto e la riserva-tezza. E ciò, prima di tutto, perché il codice deontologico al-l’art. 9 prescrive che: “L’avvocato è tenuto a richiedere il ri-spetto del segreto professionale anche ai propri collaboratorie dipendenti e a tutte le persone che cooperano nello svolgi-mento dell’attività professionale”. Anche queste persone, per-tanto, devono rispettare il segreto, a cui è obbligato l’avvoca-to con il quale collaborano o per il quale lavorano (v. DANOVI,Commentario del codice deontologico forense, Milano-Giuf-frè, 2004, pag. 191, il quale cita Corte Cost. 8 aprile 1997, n.87, in Rass. forense, 1997, 866).Questo precetto è confermato dall’art. 1, comma 1, del D.P.R.10 aprile 1990 n. 101, regolamento relativo alla pratica forenseper l’ammissione all’esame di procuratore legale (poi divenutodi avvocato), il quale dispone che la pratica forense deve esseresvolta, tra l’altro, rispettando l’obbligo di “riservatezza”.È, d’altro canto, certo che il carabiniere ha obblighi ben pre-cisi e rigorosi di fare rapporto, quando venga, in qualsiasi mo-do ed in qualsiasi momento, a conoscenza del compimento direati.La fonte principale di quest’obbligo è l’art. 361 del codice pe-nale, il quale prescrive per l’agente di polizia l’obbligo di im-mediato rapporto all’autorità giudiziaria quando, in qualsiasimodo, abbia avuto notizia di un reato.Inoltre, per il combinato disposto dagli artt. 55, 330 e 347

c.p.p., gli agenti di polizia giudiziaria hanno l’obbligo di ac-quisire, anche di propria iniziativa, le notizie di reato di cuiabbiano avuto conoscenza.L’art. 39 della legge 1° aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamen-to dell’amministrazione della pubblica sicurezza) dispone che:“Agli appartenenti al ruolo degli agenti della polizia di Stato èattribuita la qualità di Agente di pubblica sicurezza e di Agen-te di polizia giudiziaria” e, nell’art. 68 della stessa legge, è sta-bilito che “Gli appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione del-la pubblica sicurezza sono comunque tenuti, anche fuori dalservizio, ad osservare i doveri inerenti alla loro funzione”.Per quanto riguarda i carabinieri, essi “sono compresi tra gliagenti di polizia giudiziaria; tutti i militari dell’Arma sonoconsiderati, inoltre, rispetto a qualsiasi funzione di polizia,compresa, quindi, quella giudiziaria, in servizio permanente,nel senso che, per l’esecuzione degli atti della loro funzione,hanno dovere di intervenire o possono essere richiesti, in qua-lunque momento e luogo” (L. CAMPANELLI, Novissimo DigestoItaliano, Torino UTET, 1957, voce Carabinieri, 946; circa laqualifica di agente di polizia giudiziaria, vedasi anche F. VA-LORI, Enc. Dir., Giuffrè, 1960, voce Carabinieri, 274).Sono state fatte molte precisazioni, in dottrina ed in giurispru-denza, che rendono il precetto particolarmente rigoroso.È sufficiente che il fatto abbia l’apparenza della verità e pre-senti il carattere di un reato, mentre non spetta al pubblico uf-ficiale un giudizio di merito circa la sussistenza di elementi co-stitutivi il reato, essendo tale compito riservato all’AutoritàGiudiziaria (così ERRA, voce Denuncia penale – omessa o ri-tardata, in Enc. Dir., Giuffrè, 1964, vol. XII pag. 201. L’ANTO-LISEI (Manuale Antolisei – II, 429) osserva che l’espressione“reato”, nelle disposizioni in oggetto, va intesa nel senso di“fatto che sia tale da giustificare un sospetto di punibilità”,per l’ovvia ragione che i soggetti attivi del delitto in esame nonsono in grado di giudicare se il fatto sia in concreto punibile,cioè costituisca reato, il che esige indagini e valutazioni riser-vate agli organi giudiziari, e che “la notizia deve presentareragionevoli caratteri di attendibilità”.La notizia deve concernere un reato, sia delitto sia contrav-venzione, che non sia punibile soltanto a querela (PANNAIN, vo-ce Denuncia omessa o ritardata, in Nuovissimo Digesto Italia-no, Torino, UTET 1960, vol. V, 483).L’obbligo persiste anche se il reato oggetto del rapporto sia ri-tenuto estinto da amnistia o prescrizione, perché la causa diestinzione può essere apprezzata soltanto dal giudice (Cass.Pen. 15 aprile 1980, Marchetti; Cass. Pen. 4 dicembre 1985,Lunghi, Riv. Pen. 1986, 1081).Il soggetto tenuto alla denuncia non può sottrarsi al dovere diproporla allegando la sussistenza di cause di giustificazione, diestinzione del reato o di altre cause di non punibilità, proprioperché non spetta a tale soggetto, ma agli organi giudiziari, va-lutare l’eventuale sussistenza di uno di tali elementi (COPPI,Omessa denuncia di reato da parte del cittadino, I delitti control’amministrazione della giustizia, Giappichelli, 1986, 56).Per quanto concerne il ritardo, la parificazione agli effetti pe-nali della denuncia tardiva alla omissione di denuncia nonconcretizza una diversa ipotesi delittuosa, ma sta a significareche la denuncia è omessa anche quando viene effettuata in ri-tardo (Cass. Pen. 14 maggio 1981, Camaioni).Più ampiamente sull’argomento, oltre agli autori citati, veda-

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si M.C. ROSA, in Codice Penale, Rassegna di giurisprudenza edi dottrina, Milano Giuffrè 2000, vol. VII, pagg. 1 e seguenti”,da cui sono tratte le citazioni qui riportate. Non sono, invece,giustificati i dubbi sulla ampiezza ed il rigore degli obblighi didenuncia del carabiniere espressi da E. SACCHETTINI in nota al-la sentenza qui commentata, in Guida al Diritto 2008/49, 45.L’entità degli obblighi di rapporto da parte del carabiniere so-no di tale entità che è impossibile (non solo difficile) evitareche un tale obbligo possa insorgere durante lo svolgimentodella attività di praticante avvocato.Il Consiglio Nazionale Forense ha più volte espresso parerecontrario all’iscrizione nel registro dei praticanti degli agentidi polizia di stato, in particolare, per le evidenti inconciliabi-lità tra il dovere di riservatezza, che deve rispettare il prati-cante avvocato, e l’obbligo di rapporto a cui è tenuto l’agentedi polizia, cioè l’obbligo di informare immediatamente i supe-riori e l’autorità giudiziaria competente cui deve riferire l’a-gente di polizia nel caso in cui dovesse apprendere, per qual-siasi ragione e in qualsiasi momento, una “notitia criminis”(in tal senso: parere n. 129 del 25 maggio 2000; parere n. 164del 15 dicembre 2000 e parere n. 171 del 27 giugno 2003).Va segnalato che lo stesso CNF ha deciso in modo difforme aisuoi pareri con la sentenza 18 giugno 2002 n. 87 su ricorso av-verso la decisione del Consiglio dell’Ordine di Piacenza 10maggio 2001.Nello stesso senso dei pareri citati si è espresso il CNF nelladecisione esaminata dalla Corte di Cassazione con la senten-za che si sta commentando. In tale sentenza, il CNF ha sotto-lineato che il riconoscimento del diritto dell’agente di poliziagiudiziaria ad essere iscritto nel registro dei praticanti con-durrebbe al paradosso di un praticante che, in tale qualità, po-trebbe venire a conoscenza di fatti che, sempre come pratican-te, dovrebbe tenere riservati, mentre come carabiniere avreb-be l’obbligo di denunciare.La Corte di Cassazione, per contrastare questi argomenti delCNF ha affermato che «… si tratterebbe pur sempre di una me-ra eventualità ma comunque scongiurabile mediante l’adozio-ne di alcuni accorgimenti di fatto tra cui, per esempio, quellodi circoscrivere la pratica a determinati settori e a casi pre-ventivamente valutati dall’affidatario».La Cassazione ha tratto questa affermazione dalla sentenzaCorte Cost. 11 giugno 2001, n. 189.Questa sentenza della Corte Costituzionale, però, è stata pro-nunciata in tema di possibilità dei dipendenti della pubblicaamministrazione “part-time” di svolgere una attività profes-sionale.La Corte Costituzionale ha richiamato il comma 58 dell’art. 1della L. n. 662 del 1996, che consente la valutazione in con-creto dei singoli casi di conflitto di interesse.Si noti che la Corte Costituzionale non ha esaminato in modospecifico il conflitto permanente dell’agente di pubblica sicu-rezza con l’attività di avvocato, perché ha valutato, in astrattoe genericamente, i vari casi di possibile conflitto di interessitra l’attività di un dipendente di una pubblica amministrazio-ne e quella dell’avvocato.Comunque, la Corte Costituzionale indica una ipotesi di solu-zione del conflitto di interessi non applicabile al caso di cui sidiscute, in particolare perché riferito alla ipotesi del part-time.Infatti, se spettasse alla pubblica amministrazione “valutare in

concreto i singoli casi di conflitto di interesse” tra carabiniereed avvocato, essa verrebbe a conoscenza del fatto delittuoso adopera dello stesso carabiniere, il quale, già prima di quel mo-mento, avrebbe dovuto fare il rapporto, con ciò rendendo su-perfluo il controllo dell’esistenza del conflitto di interessi, ma-nifestatosi in modo irreparabile. Il conflitto di interessi non sa-rebbe evidentemente più rimediabile, perché già esploso.È insufficiente l’accorgimento, suggerito dalla Corte, che do-vrebbe essere adottato dall’avvocato nell’affidare al pratican-te pratiche che non coinvolgano questioni di rilevanza penale.Trattasi di un accorgimento assolutamente inidoneo ad esclu-dere che il praticante venga a conoscenza di fatti penalmenterilevanti sia perché il praticante abitualmente segue molte otutte le pratiche dello studio, senza una rigorosa selezione, siaperché anche una pratica che nasce civile, amministrativa, tri-butaria, giuslaburistica ecc. può coinvolgere, incidentalmenteo anche occasionalmente, fatti che imporrebbero la denunciada parte del carabiniere.Ad esempio, se, nel corso di una testimonianza, un testimoneriferisce fatti non veri e il carabiniere ne viene a conoscenzache succede?Lo svolgimento effettivo della pratica, secondo le norme rego-lamentari, esclude il carattere di occasionalità consideratodalla Corte.Infine, la Corte di Cassazione aggiunge delle considerazioni dicarattere sociologico per affermare che è giusto consentire achiunque di accedere alla professione di avvocato, eventual-mente rinviando l’iscrizione all’albo dopo ad aver superatol’esame, nel momento in cui, maturato il diritto a pensione, de-cidesse di cambiare attività professionale.In questo modo, non si risolve il grave conflitto tra obbligo disegretezza e obbligo di denuncia, ma si manifesta una inaccet-tabile tolleranza per discutibili ragioni di opportunità sociale.La sentenza della Corte di Cassazione, pertanto, non è assolu-tamente accettabile, perché non sono in alcun modo convin-centi le motivazioni da essa addotte per giustificare l’iscrizio-ne del carabiniere nel registro dei praticanti avvocati.Il CNF, nella proposta di riforma dell’ordinamento forense pre-sentata al Parlamento ed ora in discussione presso la compe-tente commissione senatoriale, ha proposto di estendere l’in-compatibilità (ora del solo praticante abilitato al patrocinio)anche al praticante, che non abbia chiesto l’abilitazione, perconsentire una più completa preparazione a chi vuol accederealla professione di avvocato. Nella proposta di legge, sono con-tenute prescrizioni per lo svolgimento della pratica, che ap-paiono di fatto inconciliabili con qualsiasi altro tipo di lavoro.

Sara Uboldi

La Cassazione ritiene immediatamente impugnabilela delibera di apertura del procedimento disciplinare

CASS. SS.UU. SENTENZA 15 DICEMBRE2008, N. 29294

GIURISPRUDENZA FORENSELA PREVIDENZA FORENSE

Pres. V. Carbone, Rel. F. Tirelli, Proc. Gen. Iannelli X,Y, Avv.F. Ballardin contro Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Na-poli.

Consiglio Ordine Avvocati – Deliberazioni diapertura di procedimento disciplinare – Ricor-so immediato dell’interessato al CNF – Ammis-sibilità.

A norma dell’art. 50 del R.d.l. 27 novembre 1933, n.1578, è ammissibile il ricorso immediato al Consi-glio nazionale forense contro la deliberazione conla quale il Consiglio dell’ordine stabilisce di inizia-re il procedimento disciplinare contro un avvocato.

LA CORTE,osserva quanto segue:Con atto notificato il 26 febbraio 2008, l’avv. X haproposto ricorso contro la decisione in epigrafe in-dicata, chiedendone la cassazione con ogni conse-quenziale statuizione.Nessuno degli intimati ha resistito con controricor-so e la controversia è stata decisa all’esito della pub-blica udienza dell’11 novembre 2008.

MOTIVI DELLA DECISIONEDalla lettura della decisione impugnata emerge infatto che in data 24 febbraio 2007, il Consiglio del-l’ordine degli avvocati di Napoli ha deliberato l’a-pertura di procedimento disciplinare nei confrontidell’avv. X, che ha proposto ricorso al Consiglio na-zionale forense, depositando successivamente istan-za di ricusazione dell’avv. Corrado Lanzara, che inqualità di componente del Consiglio dell’ordine diNapoli aveva partecipato all’adozione della deliberaimpugnata.Con decisione depositata il 10 dicembre 2007 e no-tificata il successivo 24 gennaio 2008, il Consiglionazionale ha innanzitutto escluso la necessità diprendere in esame la dichiarazione di ricusazioneperché l’avv. Y non aveva fatto parte del Collegiogiudicante.Passando, poi, all’esame del ricorso, lo ha dichiara-to inammissibile in quanto rivolto contro un atto en-doprocedimentale che non contenendo nessuna san-zione e non essendo idoneo ad incidere sulla situa-zione giuridica dell’interessato, esulava dall’ambitodei provvedimenti impugnabili davanti al Consiglionazionale.L’X ha proposto ricorso per cassazione, deducendocon il primo motivo la violazione degli artt. 4, 24,31, 37, 38 e 50 del R.d.l. 27 novembre 1933, n.

1578, 10 e 47 del R.d. 22 gennaio 1934, n. 37, 1 ess. della L. 9 febbraio 1982, n. 31, 7 della L. 21 gen-naio 1994, n. 53, 7 e 10 della Direttiva 98/5/CE, per-ché contrariamente a quanto affermato dal giudice aquo, l’apertura del procedimento disciplinare nonandava riguardata come un atto meramente interno,ma come un provvedimento capace d’incidere sen-sibilmente sulla posizione soggettiva dell’incolpato,cui doveva di conseguenza riconoscersi la possibi-lità d’impugnarlo come, d’altra parte, discendevainequivocabilmente dalla stessa legge professionaleche, diversamente da quanto sostenuto dal Consi-glio nazionale, consentiva di ricorrere contro qual-siasi decisione e non soltanto avverso quelle appli-cative di sanzioni.Con il secondo motivo, X ha invece dedotto la vio-lazione degli artt. 52 c.p.c., 53, 54 e 55 del R.d. 22gennaio 1934, n. 37 e 2 del D.Lgs. CPS 28 maggio1947, n. 597, perché malgrado la presentazione delricorso per ricusazione, il Consiglio nazionale nonsi era preoccupato di sospendere il procedimento néaveva dato corso agli ulteriori incombenti a suo ca-rico e nonostante che l’avv. Y non si fosse astenuto,non aveva nemmeno proceduto all’esame del ricor-so, ponendosi così al di fuori della legge, che nonconsentiva in alcun modo di rinviarne la delibazio-ne al momento della seduta.Così riassunte le doglianze, X va in primo luogo da-to atto della tempestività della notificazione del ri-corso, che come risulta dai timbri su di esso appo-sti, è stato passato all’ufficiale giudiziario nellagiornata di lunedì 25 febbraio 2008 e, quindi, nelprimo giorno utile successivo al compimento deltermine, scaduto nella giornata di sabato 23 feb-braio 2008.Tanto puntualizzato e cominciando dall’esame delsecondo motivo, che va scrutinato per primo in ra-gione della sua priorità logico-giuridica, osserva ilCollegio che il ricorso per ricusazione rappresentalo strumento messo a disposizione delle parti perimpedire che una controversia possa essere istruitae/o decisa da un giudice non imparziale.Questa, e solo questa, essendo la finalità dell’istitu-to (C. Cass. 2001/12345), ne deriva che qualora perastensione od altra causa il predetto giudice nonpartecipi al processo, il ricorrente realizza perciòsolo l’intero suo interesse, per cui non può conti-nuare ad insistere nella ricusazione né successiva-mente dolersi della sua mancata trattazione e deci-sione, posto che anche ove accolta, la stessa non

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avrebbe potuto arrecargli alcun altro vantaggio oltrequello già conseguito.Il secondo motivo va dichiarato pertanto inammissi-bile, pronunciandosi al riguardo il seguente princi-pio di diritto: «la parte che abbia ricusato un giudi-ce che per qualunque causa non abbia poi parteci-pato al processo ed alla deliberazione della decisio-ne, non ha interesse ad impugnare quest’ultima peromessa o irregolare trattazione del ricorso per ricu-sazione perché, anche ove accolto, lo stesso nonavrebbe potuto assicurargli alcuna utilità maggioredi quella già derivatagli dalla mancata partecipazio-ne del ricusato al giudizio».Tornando adesso al primo motivo, va premesso che laquestione dal medesimo prospettata è già stata af-frontata da C. Cass. nn. 1976/3897 e 1979/5573, chepronunciando all’interno di una stessa vicenda disci-plinare l’hanno risolta nel senso che il provvedimen-to con il quale il Consiglio dell’ordine dispone l’a-pertura del procedimento disciplinare non implica,neppure per implicito, alcuna statuizione sulla colpe-volezza del professionista, ma costituisce mero attopreliminare in suscettibile di gravame al Consiglionazionale forense che, in difetto di contrarie disposi-zioni, può essere adito soltanto con ricorso avverso lestatuizioni che chiudono la fase di prime cure.Trattandosi però, però, di pronunce assai risalenti,occorre verificare se le stesse, pur essendo piena-mente giustificate al momento della loro emanazio-ne, continuino ad esserlo anche oggi, alla luce deiprofondi mutamenti giuridici e culturali medio tem-pore intervenuti.A questo proposito non sembra inutile ricordare chein materia disciplinare, la legge professionale nonesclude affatto, ma tutt’al contrario espressamenteprevede l’intervento del Consiglio nazionale ancheprima della definizione del procedimento davanti alConsiglio locale.In base all’art. 53 del R.d. n. 37/1934 sono infattiimpugnabili anche le decisioni in materia di ricusa-zione od astensione dei componenti del Consigliodell’ordine, mentre ai sensi dell’art. 49 del R.d.l. n.1578/1933 il Consiglio nazionale può essere subitoinvestito della risoluzione dei conflitti di competen-za insorti fra i Consigli locali.Dal canto suo, l’art. 50 del R.d.l. n. 1578/1933 si li-mita a prevedere che le “decisioni” dei Consigli del-l’Ordine debbono essere notificate all’interessato edal pubblico ministero, i quali «possono ricorrere alConsiglio nazionale forense».

Le sentenze sopra citate l’hanno interpretato insenso restrittivo, valorizzando a tal fine sia il teno-re letterale della norma che la sua collocazione do-po quella relativa all’istruttoria, ma il rilievo non èdecisivo perché la genericità della disposizioneconsente di leggerla pure in senso più ampio ecioè, come concessiva della facoltà di ricorrere an-che avverso le deliberazioni di apertura del proce-dimento, che determinando in ogni caso l’avviodel giudizio, son pur esse delle “decisioni” di ca-rattere non meramente interno e strumentale quali,ad esempio, quelle in materia istruttoria o procedi-mentale.Per accertarne l’impugnabilità, non è perciò suffi-ciente fare riferimento al solo art. 50 del R.d.l. n.1578/1933, ma bisogna guardare all’intero com-plesso del sistema che, com’è noto, si articola in piùfasi, delle quali la prima davanti al Consiglio del-l’Ordine e le successive dinanzi al Consiglio nazio-nale ed alle Sezioni Unite della Corte di cassazione.A differenza di queste ultime, la prima fase ha natu-ra amministrativa (C. Cass. nn. 2002/10638,2004/6406, 2005/6213, 2006/138 e 2007/20843) edè dominata dall’iniziativa del Consiglio dell’Ordi-ne, che valuta gli elementi a carico, delibera se apri-re o meno il procedimento e, in caso positivo, loistruisce e, all’esito, lo decide.Simile concentrazione di poteri ha destato non po-che perplessità in dottrina e, soprattutto, è stata vis-suta come una profonda ingiustizia degli incolpati,che in gran parte dei ricorsi alle Sezioni Unite han-no speso pagine e pagine per lamentar il grave squi-librio e la conseguente illegittimità costituzionaledel meccanismo.Pur comprendendo le ragioni del disagio, questaCorte ha però concluso per la manifesta infondatez-za delle questioni, richiamandosi o facendo comun-que applicazione di argomenti e pronunce anteriorialle più significative riforme degli ultimi tempi, pri-ma fra tutte quella dell’art. 111 Cost., che pur det-tando una serie di principi specificamente attinential processo, fissa comunque dei parametri che deb-bono essere tenuti necessariamente presenti ancheal di fuori del particolare settore d’elezione.Per l’esattezza, stabilisce ormai l’art. 111 che «lagiurisdizione si attua mediante il giusto processo re-golato dalla legge. Ogni processo si svolge nel con-tradditorio fra le parti, in condizioni di parità, da-vanti a un giudice terzo e imparziale. La legge neassicura la ragionevole durata».

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Alla luce di tali principi, di cui la Cassazione ha fat-to, anche a Sezioni semplici, una sempre più accen-tuata e pervasiva applicazione, non è più consentitoinsistere a dire, come per il passato, che l’attribu-zione allo stesso Consiglio dell’Ordine del potereinsindacabile di decidere se aprire o meno il proce-dimento disciplinare non comporta nessuna disar-monia perché non arreca, in definitiva, nessun seriopregiudizio dell’incolpato cui resta, prima ancorache l’appello, la possibilità di far valere subito lapropria innocenza, esponendone le ragioni nel cor-so del grado, oltre che nella successiva fase di gra-vame.La Corte europea dei diritti dell’uomo e la giuri-sprudenza nazionale in tema di c.d. “legge Pinto”hanno infatti chiarito che ogni processo, sia esso ci-vile che penale o amministrativo, costituisce di persé fonte di pregiudizio in quanto anche nei casi incui non provoca danni patrimoniali, comporta co-munque dei turbamenti e delle sofferenze capaci dipeggiorare la situazione di chi lo vive.Valendo quanto sopra anche per il procedimento di-sciplinare, che per il solo fatto di essere stato aper-to impedisce, fra l’altro, agli avvocati di chiedere lacancellazione dall’albo (con ogni relativa conse-guenza: art. 37, comma 7 del R.d.l. n. 1578/1933),ne deriva che fra le due possibili interpretazioni del-l’art. 50 sopra ricordato, deve essere preferita quel-la, più costituzionalmente orientata, che riconoscen-do l’impugnabilità della delibera di apertura delprocedimento, consente di riallineare il sistema me-diante un più veloce intervento di un giudice terzoed imparziale che possa controllare la legittimitàdell’avvio del procedimento ed arrestarne subito laprosecuzione in caso di mancanza dei necessari pre-supposti.Non varrebbe in contrario replicare che l’eventualescorrettezza dell’avvocato non si esaurisce all’inter-no del rapporto con il cliente, ma si ripercuote pureall’esterno perché offende anche il prestigio dellaclasse forense mortificando, nel contempo, la pub-blica esigenza di un regolare svolgimento del man-dato difensivo.Poiché, quindi, accanto (e sopra) all’interesse delprofessionista, vi è anche quello del Consiglio del-l’Ordine e dell’intera comunità di celebrare rapida-mente il processo disciplinare per riaffermare, attra-verso esso, i valori in tesi compromessi dalla con-dotta riprovevole dell’incolpato, attribuire a que-st’ultimo la facoltà di ricorrere avverso la delibera-

zione di apertura di procedimento e ritardarne cosìil corso, finirebbe perciò con il mettere a repenta-glio il soddisfacimento dei predetti superiori inte-ressi per tutelare quello individuale dell’iscritto che,di fronte ai primi, dovrebbe essere invece destinatoa cedere secondo uno schema tipico anche del (pa-rallelo) procedimento disciplinare a carico dei ma-gistrati e, ancor prima, di quello penale, dove l’ac-cusato non ha modo di ricorrere contro il decreto dirinvio a giudizio che, mutatis mutandis, costituiscein essi l’atto omologo della deliberazione di apertu-ra del procedimento.Seppur suggestiva, l’obiezione non potrebbe essereinfatti condivisa perché tenuto anche conto della li-mitatezza delle questioni deducibili in sede di im-pugnazione della delibera di apertura, il giudizio adessa conseguente dovrebbe potersi concludere intempi assai rapidi e con un ridotto dispendio dienergie.Quanto, poi, al richiamo della disciplina vigente peril processo penale e per quello disciplinare a caricodei magistrati, sembra al Collegio che anziché di-mostrare l’insostenibilità della interpretazione quiprescelta, lo stesso valga semmai a ribadirne la fon-datezza perché pur essendo indubbio che tutti e duei procedimenti non consentono l’impugnazione deldecreto di rinvio a giudizio, è altrettanto indubbioche in entrambi è comunque garantito l’immediatointervento di un giudice terzo ed imparziale, attesoche diversamente da quel che avviene nel procedi-mento disciplinare a carico degli avvocati, in quellonei confronti dei magistrati il rinvio a giudizio con-segue, sì, automaticamente alla decisione del procu-ratore generale, ma non comporta la prosecuzionedel processo dinanzi al medesimo organo che inqualità di titolare dell’azione ha condotto le indagi-ni, bensì davanti alla Sezione disciplinare che,com’è ormai pacifico, ha natura giurisdizionale atutti gli effetti.Considerato che la differenza è ancora più marcataed evidente nel settore penale dove oltre a compor-tare l’immediata devoluzione del processo ad ungiudice, il rinvio a giudizio non può neppure esseredeciso dal PM, che deve di regola richiederlo alGUP, dev’essere enunciato il seguente principio didiritto: «a norma dell’art. 50 del R.d.l. 27 novembre1933, n. 1578, è ammissibile il ricorso al Consiglionazionale forense contro la deliberazione con laquale il Consiglio dell’ordine stabilisce d’iniziare ilprocedimento disciplinare contro un avvocato».

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Certamente, non ignora il Collegio che a fronte dioltre 160 Consigli locali dell’Ordine vi è un soloConsiglio nazionale e che, di conseguenza, l’affer-mazione del predetto principio di diritto determi-nerà per quest’ultimo (e per le Sezioni Unite in pro-spettiva) un sensibile aggravio di lavoro in quantocomporterà la necessità di fare fronte ad un maggiornumero di ricorsi, ma questo è il prezzo della lega-lità che, d’altronde, se per un verso costituisce unonere, per l’altro rappresenta un avanzamento dellefunzioni e dell’autorità del Consiglio nazionale, cuiviene in tal modo garantita la possibilità di vigilaremeglio ed intervenire in maniera più sollecita ed ef-ficace per assicurare l’esatta interpretazione dellenorme deontologiche e la loro uniforme interpreta-zione su tutto il territorio.In accoglimento del ricorso, la decisione impugnatava pertanto cassata con rinvio degli atti al Consiglionazionale forense.Spese compensate, stante il contrario indirizzo pre-cedentemente seguito da questa Corte.

P.Q.M.La Corte, a Sezioni Unite,accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata erinvia davanti al Consiglio nazionale forense, com-pensando integralmente le spese del presente giudi-zio fra le parti.

NotaIl prezzo della legalità nella apertura del procedimento di-sciplinare1. Il procedimento disciplinare, si sa, è sempre stato trascura-to, sia a livello normativo (le disposizioni di legge sono disor-ganiche e incomplete), sia a livello dottrinale (gli approfondi-menti sono rari e un’unica monografia esiste sull’argomento).Ciò ha permesso alla giurisprudenza di intervenire in numero-se occasioni, con il lodevole intento dapprima di salvare il si-stema (affermando ad esempio che la tipicizzazione delle rego-le non è un requisito indispensabile: Cass., Sez. un., 25 novem-bre 1974, n. 3810, giustamente considerata allora un leadingcase), e poi di colmare le lacune (proponendo il richiamo mi-rato alle norme del codice di procedura penale o di proceduracivile, secondo le circostanze: Cass., Sez. un., 12 maggio 2006,n. 10995, e altre numerose).I particolari sono noti e comunque si possono leggere nel no-stro volume (R. DANOVI, Il procedimento disciplinare nella pro-fessione di avvocato, Milano, 2005, 3 e 66, per quanto riguar-da la potestà disciplinare e le norme procedurali da richiama-re).

2. In questa opera ricostruttiva della giurisprudenza non sonomancati gli infortuni, come quando la Cassazione a sezioni uni-te ha proclamato l’inesistenza della sanzione della cancellazio-ne, ignorando completamente la norma scritta (art. 40, comma

1, n. 4 della legge prof. forense, nella modifica attuata con leg-ge 17 febbraio 1971, n. 91) e confondendo la cancellazione am-ministrativa con la cancellazione disciplinare. Si veda infattiCass., Sez. un., 28 gennaio 1998, n. 845 (in Giur. it, 1999, 2286,con nostra nota critica), che ha affermato che «la cancellazio-ne non è prevista quale sanzione disciplinare».Anche allora l’errore ebbe a determinare una serie di impu-gnative, finché alcune successive sentenze della stessa Cassa-zione hanno ripristinato l’ordine (Cass., Sez. un., 25 maggio1999, n. 289/S.U.; Cass., Sez. un., 24 agosto 1999, n. 603/S.U.).Quandoque bonus dormitat Homerus, avevamo scritto nel com-mento a quella decisione (in Giur. it. 1999, 2286, e nel volumeIl procedimento disciplinare nella professione di avvocato, Mi-lano, 2005, 192); e il precedente illustre ci permette una anali-si franca anche su questa decisione della Corte, che ha dichia-rato l’impugnabilità della delibera del Consiglio dell’ordine diapertura del procedimento disciplinare, in contrasto con quan-to fino ad ora ritenuto.

3. Come è noto, il procedimento disciplinare si apre con la de-libera di contestazione degli addebiti, a seguito della presenta-zione di un esposto.Ricevuto infatti un esposto (o promossa una iniziativa d’uffi-cio), il Consiglio dell’ordine compie una preliminare e somma-ria istruzione e sente l’interessato (l’audizione è obbligatoriasecondo noi, ma non secondo la giurisprudenza: Cass., Sez.un., 24 febbraio 1998, n. 1988; Cass., Sez. un., 9 marzo 2005,n. 5072; Cass., Sez. un., 5 ottobre 2007, n. 20843); il Consigliosi riunisce quindi per deliberare l’archiviazione ovvero l’aper-tura del procedimento disciplinare.Se delibera l’apertura, il Consiglio dell’ordine formula il capodi incolpazione indicando specificatamente i fatti addebitati al-l’avvocato, nella ricostruzione delle circostanze di tempo e diluogo, e le norme deontologiche applicabili.Secondo la giurisprudenza il capo di incolpazione non richiedeuna contestazione minuta e particolareggiata degli addebiti(Cass., Sez. un., 22 agosto 2007, n. 17827), né richiede la pre-cisazione delle fonti di prova (Cass., Sez. un., 19 luglio 2000, n.506), né l’indicazione delle norme violate (Cass., Sez. un., 16novembre 2007, n. 23728), essendo sufficiente che l’incolpato,con la lettura della incolpazione, sia posto in grado di appron-tare la propria difesa in modo efficace, senza il rischio di esse-re condannato per fatti diversi da quelli ascrittigli (Cass., Sez.un., 23 gennaio 2003, n. 1229).Naturalmente l’apertura del procedimento non implica, neppu-re implicitamente, alcun pronuncia sulla colpevolezza del pro-fessionista, ma costituisce un mero atto preliminare alla deci-sione.La delibera di apertura quindi non è impugnabile, essendol’impugnazione ammessa dalla legge (art. 50 l.p.f.) solo controle decisioni dei consigli dell’ordine locali che definiscono ilprocedimento (Cass., Sez. un., 27 ottobre 1976, n. 3897; Cass.,Sez. un., 25 ottobre 1979, n. 5573).

4. Tali essendo i principi, la Cassazione ha modificato l’impo-stazione dichiarando che la delibera di apertura è immediata-mente impugnabile perché si tratta pur sempre di una determi-nazione atta a incidere sulla posizione del professionista («ogniprocesso costituisce di per sé fonte di pregiudizio», comportan-do «turbamenti e sofferenze capaci di peggiorare la posizione

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di chi li vive»), e occorre consentire «un più veloce interventodi un giudice terzo ed imparziale che possa controllare la legit-timità dell’avvio del procedimento ed arrestarne subito la pro-secuzione in caso di mancanza dei necessari presupposti».Il fatto poi che questa impugnativa possa «ritardare il corso delgiudizio» non ha rilevanza poiché il giudizio dovrebbe conclu-dersi «in tempi assai rapidi e con un ridotto dispendio di ener-gie, tenuto anche conto della limitatezza delle questioni dedu-cibili».Con questa conclusione finale: la Corte è consapevole che lapossibilità di impugnare anche la delibera di apertura apre uncontenzioso infinito (sono alcune migliaia infatti i procedimen-ti aperti annualmente presso i 165 consigli dell’ordine: si ve-dano le statistiche da noi pubblicate per il 2000 e 2001, dallequali risultano per il 2000, ad esempio, 5651 procedimenti ru-bricati e 907 procedimenti celebrati: in Rass. forense, 2001,1019 e 2002, 960). Ma questo è “il prezzo della legalità”!

5. Noi riteniamo che la legalità non abbia mai un prezzo, nelsenso che la legalità debba essere sempre affermata, secondo iprincipi, e la legalità come la democrazia debba vivere la pro-pria essenza senza subire condizionamenti.Ma è la ricerca della legalità il tema che interessa, poiché gliargomenti addotti nella motivazione della Cassazione sonofrancamente fragili e discutibili (e in contrasto con tutte le af-fermazioni fatte fino ad oggi, in relazione alla constatata na-tura amministrativa del procedimento disciplinare di primogrado).Ed infatti è certo anzitutto che la delibera di apertura produceeffetti particolari, poiché essa interrompe la prescrizione, ri-solve i conflitti di competenza, impedisce la richiesta di can-cellazione e determina la competenza in alcuni casi particola-ri (più diffusamente si veda sul punto il nostro Il procedimentodisciplinare, cit., 64); inoltre si può anche convenire sul fattoche l’apertura del procedimento determini “turbamenti e soffe-renze”. Ma tutto questo non è sufficiente per dare definitività alprovvedimento, la sola caratteristica che potrebbe legittimareuna autonoma impugnazione.Tutti questi effetti, invero, sono prodotti anche in un decreto dirinvio a giudizio o nella stessa domanda introduttiva di una li-te (l’atto di citazione nel giudizio civile è atto idoneo ugual-mente a interrompere la prescrizione, è titolo per la trascrizio-ne e può anche procurare turbamenti e sofferenze), ma sarebbeterrificante per il sistema se si potesse impugnare in appello di-rettamente l’atto di citazione!Ma non solo.La stessa Cassazione afferma che il giudizio d’appello potreb-be concludersi in tempi rapidi “tenuto conto della limitatezzadelle questioni deducibili in sede di impugnazione”. Ma anchequesto è un punto da approfondire. A parte invero il problemadel tempo rapido (sono occorsi poco meno di due anni per ilcaso in esame), quali questioni sarebbero deducibili avanti ilConsiglio nazionale forense, e poi in sede di legittimità avantila Suprema Corte? La delibazione sommaria dei fatti esposti?La mancata enunciazione dei principi o delle prove? La possi-bilità di acquisire ulteriori elementi? La mancata confessione?La sufficiente colpevolezza?Ognuno vede – se ha pratica di procedimenti disciplinari – chenon sono proponibili motivi oggettivi di impugnazione e le ipo-tesi di abuso sono talmente teoriche e rarefatte da non consen-

tire interventi mirati (a parte poi il fatto che si possono sugge-rire particolari rimedi come l’istanza di revoca della apertura,o la ricusazione, o la prospettazione di un conflitto di compe-tenza attraverso un esposto, o la sollecitazione di un interven-to del p.m.).Né poi è vero quanto si legge nella motivazione, e cioè che iprecedenti sarebbero molti “risalenti”, e quindi si dovrebbe ve-rificare se i principi siano ancora validi oggi “alla luce deiprofondi mutamenti giuridici e culturali medio tempore inter-venuti”. Infatti la Corte di Cassazione sembra dimenticare chefino ad oggi il procedimento disciplinare di primo grado è sta-to scrutinato sul presupposto che esso abbia natura ammini-strativa, onde sono sempre state ritenute inammissibili le que-stioni di legittimità costituzionale, anche con riferimento alprincipio del giusto processo sancito dall’art. 111 Cost. (cosìancora, da ultimo, Cass., Sez. un., 13 novembre 2008, n. 27049,nella motivazione, che pure richiama altri numerosi preceden-ti). E anzi, proprio con riferimento al caso specifico, la Cassa-zione recentemente, e non in tempi remoti, ha dichiarato chenon sussiste la illegittimità delle norme «nella parte in cui nonprevedono la distinzione tra organo che delibera sull’incolpa-zione disciplinare e organo che stabilisce l’apertura del mede-simo procedimento, e ciò stante la non pertinenza del parame-tro, attesa la riferibilità della norma costituzionale evocata al-la sola attività giurisdizionale» (Cass., Sez. un., 1° aprile 2004,n. 6406, in Rass. forense, 2005, 1396). E ancora, per la irrile-vanza della mancanza di imparzialità e terzietà si sono espres-se altre recenti decisioni (Cass., Sez. un., 23 marzo 2005, n.6213, e Cass., Sez. un., 3 maggio 2005, n. 9097).Insomma, la conclusione a noi pare certa nel senso di esclude-re l’impugnabilità della delibera di apertura del procedimento,e tale conclusione è confortata dal fatto che esiste una normaespressa (l’art. 50 l.p.f.) che limita le impugnazioni alle deci-sioni intervenute (ed è equiparata a una decisione la revocadell’apertura, perchè questa ha l’effetto di definire il procedi-mento: Cass., Sez. un., 28 novembre 2007, n. 24662).Con tutta la buona volontà, costituisce una inammissibile for-zatura interpretare l’art. 50 l.p.f. (una delle poche norme spe-cifiche esistenti) nel senso di estendere l’impugnativa alla deli-bera di apertura del procedimento, come ora vorrebbe il prin-cipio di diritto enunciato dalla Cassazione.

6. In verità, il problema reale è un altro ed è quello che emer-ge dalla idea di fondo che ispira la motivazione della sentenza.Ricorda la Suprema Corte, infatti, che il procedimento discipli-nare è dominato dall’iniziativa del Consiglio dell’ordine «chevaluta gli elementi a carico, delibera se aprire o meno il pro-cedimento e, in caso positivo, lo istruisce e, all’esito, lo deci-de». È questa una vistosa “concentrazione di poteri” che hadestato molteplici perplessità ed è vissuta come una profondaingiustizia dagli incolpati «che hanno speso pagine e pagineper lamentare il grave squilibrio e la conseguente illegittimitàcostituzionale del meccanismo». Fino ad ora peraltro – prose-gue il ragionamento della Corte – le eccezioni di incostituzio-nalità sono state respinte, ma ora, anche alla luce dei principifissati dal nuovo art. 111 Cost., è necessario prevedere che tut-ti i provvedimenti potenzialmente lesivi di diritti possano avereun controllo esterno, e deve essere quindi garantito «l’imme-diato intervento di un giudice terzo e imparziale».Occorre dunque un giudice terzo e imparziale (è questa la con-

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clusione della Suprema Corte), onde la regolarità e legittimitàdel processo disciplinare di primo grado si ripristinano con ilriconoscimento della possibilità di impugnare la delibera diapertura con un ricorso immediato al Consiglio nazionale fo-rense (il che rappresenta anche «un avanzamento delle funzio-ni e della autorità del CNF … per assicurare l’esatta interpre-tazione delle norme deontologiche e la loro uniforme interpre-tazione su tutto il territorio»).Questo dunque essendo il filo conduttore del pensiero dellaCassazione e questa essendo la motivazione reale della deci-sione, a me sembra evidente che – al di là della inaccettabileconclusione a cui è giunta – la Cassazione abbia voluto anzi-tutto abbandonare il precedente percorso e stabilire il principioche anche un procedimento amministrativo deve avere le ne-cessarie tutele, come il rispetto del contraddittorio e il diritto didifesa (tutele che attengono al giusto procedimento e che ab-biamo sempre raccomandato e condiviso: sul punto si veda an-che G. COLAVITTI, Rappresentanza e interessi organizzati, Mila-no, 2004); e abbia poi di fatto, con la pronuncia in questione,operato sostanzialmente ancora una volta il salvataggio del si-stema, limitandosi la Cassazione a intervenire sul segmento ini-ziale del “meccanismo” (così è chiamato nella stessa decisio-ne) per evitare giudizi più profondi sulla costituzionalità dellaintera normativa.Se questo è esatto, il giudizio critico deve essere in parte stem-perato e ancora una volta l’Avvocatura dovrebbe essere grataalla Corte suprema che continua a rinforzare gli argini (ancheforzando inaccettabilmente l’interpretazione), cercando di sop-perire alle inerzie altrui, nella speranza di un futuro normativomigliore!

7. In effetti, la sentenza della Cassazione riapre la stagione peruna riflessione generale sul procedimento disciplinare, rifles-sione che ci trova pienamente concordi poiché da sempre ab-biamo cercato di richiamare l’attenzione sui principi costitu-zionali che dovrebbero presiedere il procedimento, nella con-statazione che «non vi è praticamente norma dell’attuale leggeprofessionale, in relazione alla quale non sia stata sollevata ec-cezione di incostituzionalità: dall’essenza stessa della potestàdisciplinare, infatti, alla natura e funzione degli organi disci-plinari, alla struttura del procedimento, alle sanzioni, tutto èstato largamente criticato» (così in tutti i nostri scritti, a parti-re dal 1987, L’ordinamento disciplinare attuale: profili di inco-stituzionalità, in Saggi sulla deontologia e professione forense,Milano, 1987, 57, per finire a Il procedimento disciplinare nel-la professione di avvocato, Milano, 2005, 17).E abbiamo anche rilevato che la Corte costituzionale è interve-nuta in un solo caso (dichiarando l’illegittimità dell’art. 63,comma 2 della l.p.f. nella parte in cui disponeva che “il p.m.assiste alle decisioni”: Corte Cost., 17 febbraio 1972, n. 27),mentre la Corte di Cassazione, con grande senso di rispettoistituzionale, ha sempre “salvato” l’ordinamento affermandoripetutamente che la natura amministrativa della funzione di-sciplinare svolta dal Consiglio dell’ordine ne giustifica la legit-timità, «una volta assicurato all’incolpato un nucleo di garan-zie minime rispondenti al principio di ragionevolezza», e co-munque essendo i diritti dell’incolpato «sufficientemente tute-lati dalle norme che prevedono la contestazione specifica degliaddebiti, la formalità della citazione, i tempi di comparizione,la facoltà di farsi assistere da un difensore e la possibilità del

ricorso al Consiglio nazionale forense» (così Cass., Sez. un., 19aprile 2002, n. 5792).È in questa ottica che dobbiamo collocare l’ultimo interventodella Cassazione, partendo dalla constatazione che le garanziedel giusto processo devono essere affermate in ogni occasione,e che la natura amministrativa del procedimento di primo gra-do non è più titolo per evitare un giudizio critico sulla legitti-mità delle norme o per eludere l’applicazione dei principi co-stituzionali e dei principi generali dell’ordinamento.

8. Se si considera, dunque, in una prospettiva generale, tutto ilprocedimento dovrebbe essere ripensato per assicurare comun-que i principi fondamentali, come abbiamo scritto in più occa-sioni (e particolarmente in Il procedimento disciplinare nel-l’avvocatura e il giusto processo, in Rass. forense, 2003, 15, enel volume Deontologia e giustizia, Milano, 2003, 102). Abbia-mo anche suggerito che gli stessi organi forensi si adoperinoper migliorare le garanzie del procedimento in relazione ai ter-mini che dovrebbero essere rispettati, alle udienze che dovreb-bero essere rese pubbliche e agli organi disciplinari che do-vrebbero essere indipendenti e imparziali (escludendosi adesempio che i consigli dell’ordine possano essere parti nel suc-cessivo giudizio avanti il Consiglio nazionale forense o la Cas-sazione).Più in particolare, e in attesa della sempre invocata riformadella professione, abbiamo indicato alcuni rimedi che il sensodi responsabilità dovrebbe imporre in sede di auto-regolamen-tazione, rimedi che si possono così riassumere:i) l’udienza di dibattimento dovrebbe essere pubblica, anche

in primo grado;ii) l’istruttoria dovrebbe essere compiuta da un consigliere

relatore, che non dovrebbe far parte del collegio cui è de-mandato il giudizio di responsabilità (o dovrebbe aste-nersi);

iii) l’audizione dell’incolpato dovrebbe essere ampiamente as-sicurata, fin dalla presentazione dell’esposto;

iv) il consiglio dell’ordine non dovrebbe essere parte del pro-cedimento di secondo grado, né dovrebbe avere diritto diimpugnazione;

v) il procedimento dovrebbe avere una durata ragionevole, nelsenso che il compimento dei singoli atti dovrebbe esseresvolto il più celermente possibile per evitare lungaggini edesasperate pendenze nei confronti degli incolpati.

Queste cinque proposte (la prima realizza la pubblicità delleudienze; la seconda la terzietà del giudice; la terza il contrad-dittorio; la quarta l’imparzialità; la quinta la ragionevole du-rata del processo) potrebbero essere attuate direttamente dagliorgani disciplinari e sarebbero idonee a dare consapevolmenteuna maggiore effettività al procedimento di primo grado (cosìancora il nostro scritto Il procedimento disciplinare nell’avvo-catura e il giusto processo, in Rass. forense, 2003, 15 e 25). Ildiritto disciplinare potrebbe così acquisire una propria autono-mia, cessando di essere un droit pénal au petit pied, come è sta-to detto, per assumere una nuova più articolata legittimazione.

9. Rimane da dire della riforma più generale, che tutti invoca-no, per evitare che un giudice sia contemporaneamente partiepoursuivante, partie d’instruction e partie de jugement, secondole espressioni della Corte europea dei diritti dell’uomo.Qui occorre inevitabilmente attendere il legislatore, tenendo

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conto del vivace dibattito in corso e della esperienza che si stamaturando per alcune professioni, che hanno introdotto un or-gano giudicante terzo, che può assumere anche d’ufficio tutte leprove rilevanti ai fini della decisione (così è stato fatto con ilnuovo procedimento disciplinare dei notai, e l’istituzione dellaCO.RE.DI., Commissione amministrativa regionale di discipli-na, con D.Lgs. 1° agosto 2006, n. 249: una esperienza che pe-raltro non giudicherei del tutto soddisfacente).Ma a questo punto la discussione sarebbe più ampia e verreb-be a coinvolgere anche il procedimento avanti il Consiglio na-zionale forense e la Corte di Cassazione in sede di legittimità(esemplari, ad esempio, sono le considerazioni sull’uso del po-tere disciplinare di F. MOROZZO DELLA ROCCA, Motivazione in-sufficiente ed eccesso di potere nell’impugnazione delle deci-sioni del Consiglio nazionale forense, in Giust. civ., 2007, 2249,in nota a Cass., Sez. un., 23 marzo 2007, n. 7103), con possibi-li ripercussioni sullo stesso Consiglio nazionale quale organospeciale di giurisdizione. Insomma, i punti di debolezza di ogni nuovo sistema dovrebbe-ro essere esaminati e spiegati con grande attenzione, e tuttoquesto non è circoscrivibile in poche frasi, sufficienti essendoper il momento i rimedi indicati.

10. Ricondotte le considerazioni al caso da cui siamo partiti, anoi sembra essenziale confermare che l’art. 111 della Cost. as-sicura il giusto processo e ammette l’impugnativa contro i soliprovvedimenti decisori, e lo stesso art. 50 l.p.f. può essere in-terpretato in questo senso, poiché l’interpretazione letteraledella norma conferma l’interpretazione sistematica.Non è concepibile infatti l’impugnativa di un atto introdutti-vo, nè avrebbe senso un rimedio contro il presupposto di unaazione.Vi è un libro che riassume una contesa giudiziaria reale (A Ci-vil Action di Jonathan HARR, New York, Randon House, 1995, enella traduzione italiana Azione civile, Milano, Rizzoli, 1997),in cui i convenuti hanno invocato l’art. 11 delle norme di pro-cedura civile del sistema americano che permette il controllosulla proposizione di azioni futili e infondate. E al termine divarie schermaglie il giudice si è espresso in questi termini:«l’articolo 11 è un utile strumento per il contenimento di con-tenziosi futili e infondati. Ma non dovrebbe essere utilizzato perostacolare attori le cui rivendicazioni possano dipendere daprove circostanziali e non essere ancora pienamente sviluppa-te al momento della presentazione del ricorso».Lo stesso accade quando viene formulato un capo di incolpa-zione: le contestazioni possono dipendere da «prove non anco-ra pienamente sviluppate», ed è il corso del procedimento suc-cessivo che permette di acquisire elementi, di accertare colpe eresponsabilità, di disporre anche la revoca della delibera diapertura del capo di incolpazione, ove necessario, senza arri-vare al dibattimento.È un sistema tradizionalmente ampio e rispettoso del contrad-dittorio e del diritto di difesa (con i rimedi che abbiamo sugge-rito), onde a noi sembra sufficiente che il controllo finale av-venga sulla decisione, nelle competenti sedi. Per queste consi-derazioni è augurabile un ripensamento della Corte.

Remo Danovi

* La nota è stata pubblicata anche in “Corriere giuridico”, n.3/2009, pag. 367.

Responsabilità del Consigliodell’ordine nei pareri sugli onorari e giurisdizionedel TAR

CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITECIVILI, ORDINANZA 12 MARZO 2008, N.6534

Pres. Vittoria, Est. Di Celso, PM. Ceniccola (concl. diff.); Villari(Avv. Alongi) c. Consiglio Ordine Avvocati di Napoli (Avv. Pe-tracca).

Avvocato – Tariffa forense – Parere del Consi-glio dell’Ordine sulla parcella – Contestazionedel parere da parte del cliente dell’avvocato –Giurisdizione del giudice amministrativo – Fat-tispecie (R.d.l. 27.11.1933, n. 1578, art. 14; L.6.12.1971, n. 1034, art. 7; L. 21.7.2000, n. 205,art. 7).

La domanda risarcitoria proposta nei confronti diun Consiglio dell’Ordine degli Avvocati è devolutaal giudice amministrativo quando la condotta cau-sativa di danno si colleghi direttamente all’eserci-zio di attività provvedimentale del Consiglio del-l’Ordine quale ente pubblico.

La controversia instaurata da un privato nei con-fronti del Consiglio dell’ordine degli avvocati in re-lazione al parere dal medesimo rilasciato sulla li-quidazione degli onorari di un proprio iscritto,stante la natura di ente pubblico non economico delmedesimo consiglio ed il carattere di tale parere –da ritenere un atto soggettivamente ed oggettiva-mente amministrativo, emesso nell’esercizio di po-teri autoritativi, che non si esaurisce in una meracertificazione della rispondenza del credito alla ta-riffa professionale ma implica la valutazione dicongruità del quantum – è devoluta alla giurisdi-zione del giudice amministrativo, anche nel caso incui la parte interessata si limiti ad invocare la solatutela risarcitoria, ai sensi dell’art. 7 L. n. 1034 del1971, come modificato dall’art. 7 L. n. 205 del 2000(nella specie, la parte aveva chiesto la condannadel consiglio a rivalerla nel caso di condanna arimborsare all’avvocato l’importo da lui pagato alconsiglio per il parere e la suprema corte ha quali-ficato la domanda come richiesta risarcitoria stret-tamente collegata all’espressione del parere) (1).

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSOL’avvocato D.V.A., con atto notificato il 15 dicem-bre 2005, conveniva in giudizio V.A., C.R. e C.M.chiedendone la condanna al pagamento di Euro118.220,29 a titolo di compenso per prestazioniprofessionali svolte in favore dei citati convenuti.C.M. e C.R., costituitisi, resistevano alla domandasollevando numerose eccezioni in rito e di merito e,in via riconvenzionale, proponevano domanda ri-sarcitoria nei confronti dell’attore.Con separato atto si costituiva anche V.A. la qualearticolava le stesse tesi difensive sviluppate daiconvenuti C. e chiedeva di chiamare in causa ilconsiglio dell’ordine degli avvocati di Napoli – cheaveva emesso il parere di congruità richiamato dal-l’avvocato D.V. a sostegno della domanda – con ri-ferimento alla richiesta dell’attore volta ad ottenerela condanna dei convenuti al pagamento delle “spe-se di liquidazione parere pagate al consiglio del-l’ordine”. La V. sosteneva che nell’ipotesi di acco-glimento anche parziale della domanda e di con-danna di essa convenuta di rimborso in favore del-l’attore dell’intero importo dallo stesso pagato alconsiglio dell’ordine per il rilasciato parere – ilconsiglio dell’ordine doveva essere condannato arivalerla.La chiamata in causa veniva autorizzata dal giudi-ce designato alla trattazione della lite ed eseguitadalla V.Il Consiglio dell’ordine degli avvocati di Napoli sicostituiva ed eccepiva, tra l’altro, il difetto di giuri-sdizione del giudice ordinario «rientrando nellagiurisdizione del giudice amministrativo la contro-versia inerente il parere espresso in materia di li-quidazione dei compensi all’avvocato».V.A. ha proposto regolamento preventivo di giuri-sdizione chiedendo l’affermazione della giurisdi-zione del giudice ordinario.Hanno resistito con separati controricorsi l’avvoca-to D.V., A. ed il Consiglio dell’ordine degli avvo-cati di Napoli. Il primo ha eccepito l’inammissibi-lità del ricorso proposto dalla V. per violazione del-l’art. 366 c.p.c., n. 4, con condanna della ricorrenteal risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c.Il secondo ha insistito per l’affermazione della giu-risdizione del giudice amministrativo «attesa la na-tura di atto amministrativo del parere».R. e C.M. non hanno svolto attività difensiva.Il P.G. ha chiesto dichiararsi la giurisdizione esclu-siva del giudice ordinario.

Tutte le parti hanno depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONEInnanzitutto va rilevata l’infondatezza dell’eccezio-ne preliminare sollevata dall’avvocato D.V. relativaall’asserita inammissibilità del ricorso della V. «permancanza dei motivi di diritto di cui all’art. 366c.p.c., n. 4».Al riguardo è appena il caso di segnalare che, comedi recente queste Sezioni Unite hanno avuto mododi precisare, l’art. 366-bis c.p.c., introdotto dall’art.6 del D.Lgs. n. 40 del 2006, – a norma del quale ilricorso per Cassazione che non contenga, per cia-scun motivo, la formulazione di un quesito di dirit-to deve essere dichiarato inammissibile – non si ap-plica al regolamento preventivo di giurisdizione, ilquale non costituisce un mezzo di impugnazione,bensì uno strumento apprestato per consentire alleparti di ottenere, già nel corso del procedimento diprimo grado – e a condizione che la causa non siastata ancora decisa nè nel merito, nè su questioniprocessuali – una pronuncia definitiva sulla giuri-sdizione (ordinanza 22 ottobre 2007, n. 22059).Tanto premesso va osservato che la questione digiurisdizione – prospettata con esclusivo riferimen-to alla domanda di rivalsa proposta da V.A. nei con-fronti del COA di Napoli ed avente ad oggetto l’im-porto pagato dal D.V. per il rilascio del parere – varisolta dichiarando la giurisdizione del giudice am-ministrativo.Come sopra riportato nella parte narrativa che pre-cede – e come risulta dalla consentita lettura degliatti processuali – con l’atto introduttivo del giudi-zio l’avvocato D.V. ha chiesto la condanna dei con-venuti al pagamento del compenso per le prestazio-ni professionali svolte in favore della V. e dei C.,nonché al rimborso di quanto erogato al consigliodell’ordine per il sollecitato ed ottenuto parere dicongruità.I convenuti M. e R.C. hanno sollevato numeroseeccezioni contestando, tra l’altro, l’effettiva presta-zione dell’attività professionale posta a base dellapretesa fatta valere dall’avvocato D.V. e sostenendoche il parere espresso dal consiglio dell’ordine eraaffetto da numerosi errori. Trattasi, come è eviden-te, di controversia tra privati relativa all’accerta-mento ed alla valutazione dell’attività professiona-le posta a base della domanda avanzata dall’avvo-cato D.V. Il Consiglio dell’ordine è estraneo alladetta controversia tra il professionista ed i suoiclienti.

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L’altra convenuta V.A., nel costituirsi in giudizio,ha tra l’altro sostenuto che il Consiglio dell’ordineaveva errato nel rilasciare il parere «liquidando al-l’attore più di ciò che gli spetta» (pagina 3 dellacomparsa di costituzione in giudizio) ed ha quindichiesto la condanna del Consiglio a rivalerla nell’i-potesi di condanna di essa V. «a rimborsare all’at-tore l’intero importo da lui pagato al Consiglio del-l’Ordine» (sempre pagina 3 della comparsa di ri-sposta).Questa controversia promossa dalla V. contro ilconsiglio dell’ordine rientra tra quelle devolute al-la giurisdizione del giudice amministrativo al qua-le spetta valutare l’ammissibilità e la fondatezzadella domanda di rivalsa proposta dalla V. nei con-fronti del consiglio dell’ordine.La detta domanda si risolve in sostanza in una ri-chiesta risarcitoria strettamente collegata non a me-ra attività dell’Ente pubblico, disancorata e nonsorretta da un atto amministrativo formale ma aprovvedimento amministrativo emesso nell’ambitoe nell’esercizio di poteri autoritativi, ancorché as-seritamente viziato da illegittimità.Occorre in proposito evidenziare che nessun dub-bio può sussistere – come è pacifico e più volte af-fermato da questa Corte in ordine alla natura di En-te pubblico non economico del Consiglio dell’ordi-ne degli avvocati che svolge funzioni di ammini-strazione mediante attività procedimentale (tra letante, sentenze 13 gennaio 2005, n. 560; 10 dicem-bre 2002, n. 17548; 26 giugno 2001, n. 8748; 6agosto 1990, n. 7939).È evidente l’importanza dei molteplici compiti –quali, ad esempio, la tenuta degli albi, la funzionedisciplinare, la vigilanza sulla condotta degli iscrit-ti affidati ai consigli dell’ordine forense nell’inte-resse dei professionisti e di quello statuale in gene-rale.Tra i compiti demandati agli ordini degli avvocatirientra quello, che rileva in questa sede, di espri-mere il parere di congruità sulla liquidazione deglionorari a norma dell’art. 14 del R.d.l. 27 novembre1933, n. 1578.Tale parere – del quale ai sensi dell’art. 636 c.p.c.l’avvocato deve munirsi al fini di chiedere il decre-to ingiuntivo ex art. 633 c.p.c. e al quale il giudicea tal fine è tenuto ad uniformarsi – non si esauriscein una mera certificazione della rispondenza delcredito esposto alla tariffa professionale «essendoesso, anche dal punto di vista logico e semantico,

espressione di un motivato giudizio critico e non diuna mera operazione contabile». Detto parere «cor-risponde ad una funzione istituzionale dell’organoprofessionale in vista degli interessi degli iscritti edella dignità della professione, nonché dei dirittidegli stessi clienti, ed è volto ad impedire richiestedi onorari sproporzionati e comunque inadeguatiall’obiettiva importanza dell’opera professionale»(nei sensi suddetti sentenza di questa Corte 29 ot-tobre 1992, n. 11765).Si tratta di conseguenza di un’attività esterna che siconclude con la formazione di un atto soggettiva-mente ed oggettivamente amministrativo autoritati-vo – emesso nell’esercizio di un potere riconosciu-to in via esclusiva dalla legge come espressione dipotestà amministrativa per finalità di pubblico inte-resse – che modifica la situazione giuridica prece-dente avendo effetti costitutivi per il richiedente(consentendogli di promuovere la procedura moni-toria ex artt. 633 e 636 c.p.c.) e quindi impugnabi-le avanti al giudice amministrativo.Ciò posto va notato che, come ripetutamente statui-to da queste Sezioni Unite, nel sistema normativoconseguente alla legge 21 luglio 2000, n. 205, in te-ma di tutela giurisdizionale intesa a far valere la re-sponsabilità della p.a. da attività provvedimentaleillegittima, la giurisdizione sulla tutela dell’interes-se legittimo spetta, in linea di principio, al giudiceamministrativo, sia quando il privato invochi la tu-tela di annullamento, sia quando insista per la tute-la risarcitoria, in forma specifica o per equivalente,non potendo tali tecniche essere oggetto di separa-ta e distinta considerazione ai fini della giurisdizio-ne. E siccome deve escludersi la necessaria dipen-denza del risarcimento dal previo annullamentodell’atto illegittimo e dannoso, al giudice ammini-strativo può essere chiesta la tutela demolitoria e,insieme o successivamente, la tutela risarcitoriacompletiva, ma anche la sola tutela risarcitoria (neisensi suddetti, ordinanza 13 giugno 2006, n.13659).Quindi a norma dell’art. 7, comma 3, della legge 6dicembre 1971, n. 1034, art. 7, comma 3, modif.dalla legge n. 205 del 2000, art. 7 – secondo il qua-le il Tribunale amministrativo regionale, nell’ambi-to della sua giurisdizione, conosce anche di tutte lequestioni relative all’eventuale risarcimento deldanno – quest’ultimo può essere disposto dal giu-dice amministrativo non soltanto se investito delladomanda di annullamento dell’atto amministrativo,

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quale effetto ulteriore della riscontrata illegittimitàdi esso, ma anche – purché ricorra (come appuntonella specie) la giurisdizione generale di legittimità– nel caso in cui la parte interessata si limiti ad in-vocare la sola tutela risarcitoria.Va aggiunto che, come chiarito nella giurispruden-za di legittimità, la domanda risarcitoria nei con-fronti della p.a. va rivolta al giudice amministrativoin quanto la condotta causativa di danno si ricon-netta direttamente all’esercizio di attività provvedi-mentale (nel caso in esame rilascio di un parere coneffetti costitutivi e vincolanti), anche se il provve-dimento sia stato annullato dallo stesso giudice insede di giurisdizione di legittimità o a seguito di ri-corso straordinario (ordinanza 15 giugno 2006, n.13911).In definitiva, applicando i detti principi nel caso dispecie, la domanda risarcitoria proposta nella pre-sente causa nei confronti del Consiglio dell’ordinedegli avvocati di Napoli deve ritenersi devoluta algiudice amministrativo, in quanto la condotta cau-sativa di danno si collega direttamente all’eserciziodi attività provvedimentale dell’Ente pubblico con-siglio dell’ordine degli avvocati di Napoli.Dichiarata la giurisdizione del giudice amministra-tivo in relazione alla detta controversia, va dispostala prosecuzione del relativo giudizio innanzi alcompetente Tribunale amministrativo.Sussistono giusti motivi – anche in considerazionedella natura della controversia e delle questionitrattate – per compensare tra tutte le parti costituitele spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M. La Corte dichiara la giurisdizione del giudice am-ministrativo in relazione alla controversia promos-sa da V.A. nei confronti del Consiglio dell’Ordinedegli Avvocati di Napoli.Compensa le spese del giudizio di Cassazione.

NotaIl parere del Consiglio dell’Ordine sulla parcella, tassa diopinamento e contestazione del clienteLe sezioni unite civili della Corte di Cassazione con la ordi-nanza n. 6534/08 hanno affrontato due problematiche: a) lanatura del c.d. visto di congruità sulla parcella da parte delConsiglio dell’Ordine degli Avvocati; b) il giudice competentea decidere la controversia – anche di natura risarcitoria – cheil privato instaura in relazione al c.d. visto di congruitàespresso dal Consiglio dell’Ordine.Con la riportata decisione, infatti, in relazione ad una contro-versia tra privato e Consiglio dell’Ordine sulla “liquidazione”dei compensi effettuata dal Consiglio dell’Ordine in favore di

un avvocato, la Suprema Corte ha affermato che la controver-sia instaurata da un privato nei confronti del Consiglio del-l’Ordine degli avvocati in relazione al parere dal medesimo ri-lasciato sulla liquidazione degli onorari di un proprio iscritto,stante la natura di ente pubblico non economico del medesimoconsiglio ed il carattere di tale parere – da ritenere un attosoggettivamente ed oggettivamente amministrativo, emessonell’esercizio di poteri autoritativi, che non si esaurisce in unamera certificazione della rispondenza del credito alla tariffaprofessionale ma implica la valutazione di congruità del quan-tum – è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo.E ciò in quanto la domanda risarcitoria nei confronti del Con-siglio dell’ordine – Ente pubblico non economico – deve esse-re rivolta al giudice amministrativo in quanto la condotta cau-sativa di danno (nella fattispecie esaminata) si riconnette di-rettamente al rilascio di un parere con effetti costitutivi e vin-colanti (e quindi all’esercizio di attività provvedimentale).Il professionista di norma si rivolge al Consiglio dell’Ordineper ottenere il visto di congruità sulla parcella, sia perché ilcliente contesta la parcella (o il cliente stesso chiede il vistodel Consiglio dell’Ordine sulla parcella), sia perché richiedecompensi eccedenti il massimo previsto in tariffa, sia per chie-dere decreto ingiuntivo per il recupero delle competenze.Il parere emesso dal Consiglio dell’Ordine sulla parcella del-l’avvocato (competente è sia il Consiglio dell’Ordine nel cuialbo è iscritto l’avvocato, che il Consiglio dell’Ordine pressocui ha sede il giudice), attesta la verifica della rispondenza al-la tariffa professionale delle voci esposte nella parcella, e necomprova la veridicità ed esattezza, in quanto rappresenta unformale controllo della corrispondenza delle voci indicate conla tariffa di categoria. Il parere del Consiglio sulla parcellaserve, quindi, al mero controllo della corrispondenza tra le vo-ci elencate e quelle previste in tariffa (Cass. 30 luglio 2004, n.14556; Cass. 15 giugno 2001, n. 8160; Cass. 30 gennaio 1997,n. 932; Cass. 11 dicembre 1987, n. 9214). Ne consegue che incaso di contestazione della parcella, è l’avvocato che deve da-re la prova del suo diritto, e quindi, delle prestazioni profes-sionali effettuate. Il giudice non è vincolato dal parere di con-gruità espresso dal Consiglio dell’ordine degli avvocati (Cass.18 maggio 2005, n. 10428); il parere del Consiglio dell’Ordi-ne, che solo attesta la conformità in astratto della parcella al-la tariffa, non vincola, quindi, il giudice circa l’effettività del-la prestazione (Cass. 29 maggio 2008, n. 14443).L’avvocato che richiede al Consiglio dell’Ordine il parere suuna parcella è obbligato a pagare (al Consiglio stesso) la tas-sa parere (o c.d. tassa di opinamento), che il Consiglio stabi-lisce ai sensi dell’art. 7, comma 2, della legge 23 novembre1944 n. 382, per il rilascio dei pareri. Sul tema specifico si èaffermato (Cons. Stato, Sez. IV, 21 agosto 2006, n. 4861) che èlegittima la deliberazione del Consiglio dell’Ordine degli av-vocati che fissa la tassa per il rilascio del visto di congruitànecessario per l’ammissione al passivo dei crediti per onorarivantati nei confronti degli enti locali dissestati nella stessa mi-sura prevista nel caso in cui la parte patrocinata sia un sog-getto privato.In ordine al soggetto cui fa carico la c.d. tassa di opinamento,si è affermato (Cass. 20 ottobre 1973, n. 2655; Cass. 30 mag-gio 1966, n. 1434) che le spese sostenute dal professionista perottenere il parere da porre a base della richiesta di decreto in-

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giuntivo nei confronti del cliente seguono il criterio della soc-combenza, con la conseguenza che restano a carico del pro-fessionista stesso, ove il parere sia dedotto a sostegno di unapretesa giudicata infondata.Sulla rimborsabilità dalla controparte della tassa di opina-mento sulla parcella, Cass. 17 giugno 2004, n. 11347, ha sta-tuito che tale rimborso è dovuto nei soli casi di superamentodei massimi tariffari o di riduzione al di sotto dei minimi, conla conseguenza che in caso contrario, la spesa inerente alla ri-chiesta del parere non può essere ripetuta dalla controparteche ad essa non ha dato luogo.In ipotesi di patrocinio a spese dello Stato, la c.d. tassa di opi-namento sulla parcella, pagata dal difensore al Consiglio del-l’Ordine degli avvocati per ottenere l’obbligatorio parere pre-ventivo ai fini della liquidazione del compenso professionale anorma dell’art. 82 del D.P.R. n. 115 del 2002, è ripetibile neiconfronti dell’erario (Cass. 8 giugno 2004, n. 2279).Il mancato o ritardato pagamento al Consiglio dell’Ordinedella tassa parere (o tassa di opinamento), per la liquidazionedegli onorari, costituisce illecito disciplinare sanzionato dagliartt. 15 e 24 del codice deontologico forense (Cass. 10 luglio2003, n. 10842).Occorre evidenziare che la tassa parere è “diversa” dalla tas-sa di iscrizione agli albi professionali; ed in proposito il Cons.Stato, Sez. IV, 21 agosto 2006, n. 4859, ha affermato con rife-rimento alla giurisdizione in materia, che in tema di determi-nazione della tassa di iscrizione agli albi professionali, il pro-fessionista ha un interesse legittimo, tutelabile dinanzi al giu-dice amministrativo, alla corretta emanazione dell’atto gene-rale di determinazione della prestazione pecuniaria (tassa diiscrizione in generale), mentre è portatore di un vero e propriodiritto soggettivo, tutelabile dinanzi all’organo avente giuri-sdizione professionale, quanto all’accertamento dell’inesi-

stenza del potere del Consiglio dell’Ordine di imporre la pre-stazione o la misura di esse fissata nei suoi confronti. Sul temaoccorre evidenziare Cass. 15 ottobre 2008, n. 25175, in cui siafferma che i contributi dovuti dagli iscritti ad un albo profes-sionale, essendo finalizzati a coprire le spese per il funziona-mento dell’ordine medesimo, non rientrano nella nozione di“imposte e tasse”, nella limitata accezione in cui tali terminisono adoperati dal secondo comma dell’art. 9 c.p.c., e dunquepossono ricadere nella competenza del giudice di pace.In tema di c.d. tassa di opinamento, dovuta dagli avvocati aiconsigli dell’ordine per il parere reso sulla liquidazione deglionorari nei confronti dei clienti per l’assistenza professionaleprestata, si è affermato (Cass. 27 luglio 2006, n. 17109) chenon vi è violazione dell’art. 7, comma 2, D.Lgs. 23 novembre1944, n. 282 – che tale prestazione patrimoniale prevede – néladdove gli ordini provvedano a stabilire che quanto dovutoper il detto parere sia ascritto a contributo di importo propor-zionale al valore della causa, né laddove si indichi come pa-rametro di riferimento della potestà impositiva degli ordiniunicamente il fabbisogno finanziario dell’ente, essendo inoltremanifestamente infondata la questione di illegittimità costitu-zionale del menzionato art. 7, comma 2, con riferimento agliartt. 3, 23, 24 e 53 Cost.In dottrina, L. CARBONE, La “liquidazione” della parcella daparte dell’ordine professionale, in Giust. Civ., 1991, II, 495;Id., Circa la c.d. “tassa di opinamento” corrisposta al Consigliodell’ordine degli avvocati, in Foro it., 1994, II, 474; G. LEGA,Parere del Consiglio forense e consulenza tecnica, in Giur. it.,1963, I, 1, 675; C. MAGRONE, Onorari del procuratore e pararedel Consiglio dell’ordine, in Foro it., 1968, I, 2518; A.M. SAN-DULLI, Osservazioni in tema di rifiuto di pareri sugli onorari daparte di ordini professionali, in Giust. civ., 1959, II, 255.

Leonardo Carbone

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PPREVIDENZAi problemi

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Il confronto tra i patrimoni degli Enti previdenzialiprivati e delle FondazionibancarieIn un recente editoriale (Prev. For.2/2008, pagg. 100 e 101), il Presi-dente Paolo Rosa ha illustrato quan-to siano divenuti rilevanti i patrimo-ni degli Enti previdenziali privati.Egli ha fatto un confronto con i pa-trimoni delle Fondazioni bancarie,le quali gestiscono gli ingenti patri-moni che erano stati delle societàbancarie, di cui sono derivazione.Queste fondazioni hanno acqui-stato un notevole rilievo nell’eco-nomia finanziaria nazionale perl’influenza che esse possono eser-citare con il loro patrimonio.Ebbene, è interessante rilevare chegli Enti previdenziali privati han-no accumulato patrimoni ingenti,alcuni dei quali sono, per dimen-sioni, comparabili a quelli dellemaggiori Fondazioni bancarie.Tra Fondazioni bancarie ed Entiprevidenziali vi è, però, una rile-vante differenza, in una prospetti-va futura: le Fondazioni bancariepotrebbero aumentare il loro pa-trimonio solo attraverso l’accan-tonamento di redditi, per la partedi essi non utilizzata per le finalitàproprie di ciascuna.

Gli Enti previdenziali, in prospet-tiva, sono invece destinati ad au-mentare notevolmente il loro pa-trimonio, per la necessità che siaincrementato il fondo di garanzia(almeno cinque volte l’ammonta-re delle pensioni erogate, in co-stante aumento) e poi per l’accu-mulo degli avanzi di gestione, de-stinati a prodursi con norme pre-videnziali e criteri di amministra-zione prudenti.Questo fenomeno è destinato aprotrarsi in futuro per un certotempo, perché quasi tutti gli Entiprevidenziali privati (fanno ecce-zione i notai) hanno attualmenteun rapporto anomalo tra iscritti at-tivi e pensionati, per il numeroelevato di iscritti attivi in rapportoal numero dei pensionati.L’anomalia è dovuta al fatto che

le nuove iscrizioni sono aumenta-te in questi ultimi anni in misuraenorme, mentre analogo incre-mento non hanno avuto le pensio-ni maturate nel frattempo.Sono perciò aumentate molto piùle “entrate” delle “uscite”.Non si sa quando il rapporto “fisio-logico” tra iscritti attivi e pensiona-ti raggiungerà il suo equilibrio.Fino a quel momento, il patrimo-nio dovrebbe aumentare, se la di-sciplina normativa sarà corretta infunzione della necessaria conser-vazione degli equilibri finanziari el’ente previdenziale sarà ben am-ministrato.Se soffermiamo l’attenzione sullacomparazione tra i dieci maggioriEnti previdenziali privati e le die-ci maggiori Fondazioni bancarie,abbiamo questi dati:

PLA PREVIDENZA FORENSE

Aumenta il nostro patrimonio: innovare l’amministrazione?Il notevole progressivo aumento delle nostre riserve patrimoniali induce a valutare se l’attuale sistema amministrativo della Cassa Forense sia consono alle aumentate esigenze di tecnicità e di esperienze finanziarie.Si prospettano eventuali innovazioni nella organizzazione degli apparati della Cassa, da sottoporre all’esame del Comitato.

di Dario Donella

Dati di dicembre 2006 delle Fondazioni bancarie

F. CARIPLO 7255

F. MONTE DEI PASCHI DI SIENA 6124,6

F. COMPAGNIA SAN PAOLO 887,4

F. CARIVERONA 5130

F. CR DI TORINO 2906,3

F. CR DI ROMA 2047,7

F. CR DI PADOVA E ROVIGO 1975,4

F. CR DI CUNEO 1366,7

F. CR DI FIRENZE 1301,6

F. CR IN BOLOGNA 1283,5

Il patrimonio della Cassa ForenseSe ora, in particolare, soffermia-mo la nostra attenzione sulla no-stra Cassa ed esaminiamo il bilan-cio tecnico (v. pag. 357 Tavola 7del n. 4/2008 di questa rivista),constatiamo quanto il nostro pa-trimonio sia destinato ad essereincrementato nel futuro.La riforma previdenziale di recen-te adottata dal Comitato miglio-rerà i bilanci futuri e determineràun ulteriore aumento delle riservepatrimoniali. Ancora maggioreperciò dovrà essere l’attenzioneper la loro gestione.Naturalmente, ogni previsionedei bilanci tecnici è condiziona-ta da un gran numero di eventifuturi ed incerti; ciò nonostante,i bilanci tecnici indicano conchiarezza la tendenza dell’evo-luzione dei patrimoni, così co-me indicano la tendenza dell’in-cremento delle entrate contribu-tive e delle erogazioni previden-ziali.

L’importanza del patrimoniodegli Enti previdenziali e la necessità di difenderne l’autonomiaQuesto previsto grande incremen-to patrimoniale attribuisce agliEnti previdenziali privati un rilie-vo politico e finanziario di note-

vole rilievo nell’economia nazio-nale.Ciò fa sorgere una prima preoc-cupazione: sapranno e potrannogli Enti previdenziali privaticonservare in futuro la loro au-tonomia patrimoniale e costitui-re un’isola economicamente fe-lice all’interno di un sistemaprevidenziale nazionale che haerogazioni ben superiori alle en-trate previdenziali, con la co-stante necessità di un interventoequilibratore dello Stato?L’obiettivo primo degli ammini-stratori degli Enti previdenzialiprivati sarà, pertanto, quello dioperare per difendere al massi-mo l’autonomia patrimoniale.Circostanze che favoriscono ladifesa possono essere così indi-viduate:– capacità di gestire per il me-

glio la previdenza di ciascunente garantendo gli equilibrifinanziari per lungo tempo nelfuturo e garantendo la capa-cità di conseguire i fini previ-denziali per cui essi sono staticostituiti;

– capacità di amministrare per ilmeglio il patrimonio possedu-to, scegliendo investimentiprudenziali, ma di sicuro ren-dimento, e rifuggendo da pro-positi speculativi;

– rifiuto costante di utilizzare il

rilevante patrimonio per per-seguire finalità politiche o peresercitare una qualsiasi in-fluenza sull’economia delPaese ed in particolare sull’e-conomia di mercato dei capi-tali;

– mantenimento di un rigorosodistacco dal potere politico,dal governo, dai partiti, daigruppi parlamentari, rifiutan-do in modo fermo ogni stru-mentalizzazione per fini diver-si da quelli propri dell’enteprevidenziale, mantenendocostanti equidistanza ed indi-pendenza nei confronti di qua-lunque potere politico.

La competenza per amministrare il patrimonioUn mezzo importante, per difen-dere l’autonomia patrimoniale, èdimostrare una sicura capacitànell’amministrare il patrimonio.Si constata che le Fondazionibancarie dispongono di un’orga-nizzazione dotata di specifichecompetenze e di rilevanti mezziorganizzativi.Le Fondazioni bancarie sonoamministrate in gran parte dapersone esperte di economia;molto spesso sono persone cheprofessionalmente trattano que-stioni di carattere economico.È certo che anche una grandecompetenza specifica non esclu-de che possano essere compiutierrori, soprattutto quando acca-dono eventi straordinari chesconvolgono tutte le regole del-l’economia di mercato, comepurtroppo sta accadendo ora.Gli Enti previdenziali privati so-no amministrati per la maggiorparte da iscritti dello stesso En-te, eletti democraticamente, maprivi di specifiche competenze

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LA PREVIDENZA FORENSE

ENPAM Ente di previdenza medici e odontoiatri 7652,4

ENASARCO Ente di previdenza agenti e rappresentanti 6033,7

CNPAF Cassa di previdenza avvocati e procuratori 3859,9

INARCASSA Cassa ingegneri e architetti 3826,6

CNPADC Cassa dottori commercialisti 2476,4

CIPAG Cassa geometri 1666,5

INPGI Istituto previdenziale giornalisti 1458,1

CNN Cassa notai 1294,9

CNPR Cassa ragionieri 1193,1

ENPAIA Ente di previdenza addetti e impiegati agricoli 1154,8

Dati relativi al 2007 degli Enti previdenziali privati

PPREVIDENZAi problemi

luzioni più idonee, sarebbe statoutile.Le considerazioni ora svolte in-ducono a porre il problema se lastruttura attuale del Comitatodei Delegati sia idonea ai com-plicati e difficili compiti che glisono affidati.E ciò sia nel campo economico,sia nel campo previdenziale.Attualmente il Comitato dei De-legati è composto di ottantamembri, che rappresentano tuttii distretti italiani, senza distin-zione di compiti tra i delegati.È pur vero che sono previste esono costituite commissioni pertemi specifici (uno di questi siriferisce al bilancio e alla ge-stione del patrimonio, un altroalle riforme, altri ancora a parti-colari argomenti previdenzialied organizzativi). Un comitatodi ottanta componenti è peròinevitabilmente pletorico e di-spersivo.Ma, soprattutto, è impensabileche ciascun delegato abbia lacapacità di decidere sia su argo-menti previdenziali sia su argo-menti patrimoniali. Sembra op-portuno che, nella attribuzionedei compiti ai delegati e ai con-siglieri di amministrazione, ven-ga fatta distinzione tra questidue principali rami di attività.Si prospetta, dunque, l’eventua-lità che il Comitato venga divisoin due distinte sezioni: una de-stinata a trattare prevalentemen-te gli argomenti previdenziali el’altra destinata a trattare preva-lentemente gli argomenti patri-moniali e di bilancio.Questa distinzione consentireb-be sia l’acquisizione di specifi-che competenze da parte dei sin-goli delegati, sia la possibilitàche, a discutere e deliberare suivari argomenti, possa essere un

numero limitato di delegati, conconseguente maggior concretez-za nella partecipazione di cia-scuno alle decisioni (nella di-scussione e nella votazione).Come il Comitato così anche ilConsiglio di Amministrazionepotrebbe essere diviso in due di-stinte sezioni: quella con com-petenza patrimoniale e per il bi-lancio e quella con competenzaprevidenziale.Ciascuna delle due sezioni delConsiglio di Amministrazionedovrebbe essere composta dadelegati, ma anche da espertiesterni, che potrebbero esserescelti dagli stessi delegati oppu-re designati, in parte, dai mini-steri vigilanti.Certo, non è facile individuarela corretta disciplina di funzio-namento del Comitato e delConsiglio di Amministrazione,con due distinte sezioni, mal’argomento è probabilmentemeritevole di attenzione.Al Comitato dei Delegati, nellasua interezza (il “plenum”), e an-che al Consiglio di Amministra-zione nella sua completezza, po-trebbero essere riservate le deci-sioni di maggiore importanza.Questa trasformazione del Co-mitato si collocherebbe senz’al-tro nella direzione di favorirel’accrescimento di specifichecompetenze, con conseguentimaggiori garanzie sulla qualitàdelle decisioni da prendere.Per quanto riguarda la gestionepatrimoniale, si ripropone ilquesito se ciascun Ente previ-denziale debba provvedere inmodo autonomo oppure se sianoauspicabili forme di coordina-mento o di collaborazione.È probabile che l’interscambiodi esperienze e di competenzepossa portare ad utili risultati.

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PLA PREVIDENZA FORENSE

economiche. Gli eletti negli or-ganismi amministrativi degliEnti previdenziali possono esse-re definiti dei “volenterosi dilet-tanti”, perché chiamati a compi-ti non propri dell’attività profes-sionale di ciascuno, ma dotati digrandissima buona volontà digestire il patrimonio nel modomigliore, con l’umilità di chi saquanto si tratti di un compitodifficile e rischioso.Nel difficilissimo frangente diquesti tempi, gli amministratoridella nostra Cassa hanno dimo-strato molta prudenza, dandoprevalenza agli investimenti piùgarantiti e differenziando almassimo gli investimenti con ti-toli di valore variabile.Un soddisfacente risultato è sta-to conseguito anche grazie alparticolare impegno e la buonavolontà di alcuni, che hanno ma-turato una apprezzabile espe-rienza all’interno dell’ente; manulla offre garanzia che i futuriamministratori abbiano capacitàe prudenza simili.Occorre individuare un sistemache offra una maggior garanziadi competenza in chi è chiamatoad amministrare la nostra Cassa.

Prospettive di riforma degli organi direttivi della Cassa ForenseIn occasione della riforma pre-videnziale di recente adottata (inquesto momento siamo in attesadall’approvazione dei ministerivigilanti), abbiamo anche potutoconstatare i limiti della compe-tenza dei delegati nel considera-re le norme previdenziali in fun-zione di una loro modifica.Probabilmente, l’aiuto di esperti(sul piano giuridico e sul pianoeconomico ed attuariale), cheaiutassero nella ricerca delle so-

È comprensibile la gelosia diogni Ente nel gestire il propriopatrimonio in modo autonomo;ma è anche comprensibile che,attraverso la collaborazione ed ilconfronto, si possano conseguirerisultati migliori, senza necessa-riamente dover limitare la libertàdi decisione di ciascun Ente.

Come investire: da soli o in compagnia?Un ultimo argomento, non se-condario, ma certamente fonte didubbi.La crisi finanziaria mondiale,che stiamo vivendo e che scon-volge tutte le regole della gestio-ne dei patrimoni, suscita moltepreoccupazioni.Alcuni Enti previdenziali (fortu-natamente non il nostro) hannoregistrato perdite con allarmatepreoccupazioni dei loro iscritti.È necessario trovare sistemi perinvestire i patrimoni che dianomaggiori garanzie.È opportuno che i patrimoni ven-gano tutti liberamente investitida ciascun Ente secondo proprievalutazioni discrezionali, tuttal-

più nell’ambito di orientamentidi massima suggeriti dai ministe-ri vigilanti, o piuttosto è megliotrovare strumenti di sistematicocoordinamento? E per il coordi-namento, sarebbe preferibile unastruttura che operasse nel settorefinanziario per conto di tutti gliEnti che vi aderissero, oppure,più semplicemente, con unastruttura comune consultiva?La collaborazione tra Enti po-trebbe essere senz’altro vantag-giosa, perché ciascuno potrebbemettere a disposizione specifichecompetenze nel settore.La somma di tutte le competenzedovrebbe offrire la possibilità divalutare in modo più approfondi-to ogni questione relativa allascelta degli investimenti.Come già rilevato, non si ha cer-tezza che persone di specificacompetenza facciano escludereerrori di valutazione; ma, moltoprobabilmente, il confronto trapiù esperti dovrebbe essere ido-neo ad attenuare il rischio.Queste considerazioni induconoa ritenere utile affrontare l’argo-

mento prospettato per provocareconsapevoli scelte.

Un compito importanteper il prossimo ComitatoCon questo scritto, si vogliono of-frire spunti di meditazione su ar-gomenti, che sono certamente digrande importanza per il nostroEnte e che vedranno impegnato ilnuovo Comitato dei Delegati, no-minato con le elezioni indette peri prossimi gennaio/ febbraio2009.Il nuovo Comitato non dovrebbeessere spaventato dal compito distudiare ed attuare nuove forme diamministrazione e di gestioneprevidenziale.L’esigenza di un miglioramentoorganizzativo della Cassa dovreb-be essere evidente e costituire sti-molo per la buona volontà e per laoperosità dei nuovi eletti, che cer-tamente non mancheranno.Prima studiare e poi, eventual-mente, riformare le strutture or-ganizzative della Cassa: questopotrebbe essere un primo puntodel programma del nuovo Comi-tato.

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LA PREVIDENZA FORENSE

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PPREVIDENZA

l’interpretazione delle norme

LA PREVIDENZA FORENSE

Il Consiglio di Amministrazionedella Cassa Forense, con deliberadell’11 dicembre 2008, ha disci-plinato compiutamente, attraversoun’articolata delibera assunta sul-la base di una dettagliata relazio-ne della Direzione Generale, l’i-stituto della prescrizione dei cre-diti contributivi, in tutti i suoiaspetti. La deliberazione è stataassunta tenendo presente i princi-pi enunciati dalla giurisprudenzadella Suprema Corte di Cassazio-ne con particolare riferimento al-l’applicabilità anche al nostro En-te dell’art. 3, comma 9 della leggen. 335/95, che detta regole speci-fiche per la prescrizione dei credi-ti di natura previdenziale, conconseguente abrogazione implici-ta della previgente disciplina (art.19, comma 1, legge n. 576/80).La delibera del Consiglio di Am-ministrazione, pubblicata in que-sto stesso numero della rivista, ri-chiede, tuttavia, una serie di pre-cisazioni per meglio inquadrarel’argomento, anche nella sua evo-luzione storica.

Le vecchie regoleIl tema della prescrizione nellaprevidenza forense era regolatodall’art. 19 della legge 20 settem-bre 1980, n. 576, che stabiliva untermine prescrizionale decennaleper tutti i contributi dovuti allaCassa e i relativi accessori.

Il comma 2 dello stesso articoloprecisava, poi, che il “dies a quo”per il computo del termine era ladata di comunicazione alla Cassa,da parte dell’iscritto, dei propridati reddituali (mod. 5 o dichiara-zione equipollente).La prescrizione, inoltre, dovevaessere eccepita da una delle parti,secondo le ordinarie regole delcodice civile, ed era ammesso an-che un eventuale pagamentospontaneo di contributi prescritticon rinuncia all’eccezione di pre-scrizione.Questo schema, passato al vaglioanche della Corte Costituziona-le, era idoneo a far sì che il cre-dito previdenziale della Cassafosse fortemente tutelato e, d’al-tro canto, la posizione previden-ziale dell’iscritto fosse regola-rizzabile con ampio margine esenza penalizzazioni sul diritto apensione.

Le nuove regoleL’entrata in vigore della legge n.335/95 e, ancor più, la giurispru-denza di Cassazione che ne è se-guita, costringono ora la Cassa arimodulare l’istituto secondo lenuove regole, dettate essenzial-mente per il regime pubblico eche rischiano di creare situazioniparadossali nei sistemi previden-ziali dei liberi professionisti doveesiste un sinallagma assoluto tra

regolare versamento dei contri-buti e diritto alla percezione deltrattamento pensionistico. Talesinallagma, rafforzato anche dalfatto che soggetto obbligato alversamento dei contributi e sog-getto avente diritto ai trattamentiprevidenziali, coincidono, èespressamente statuito da normedi legge primarie e recepito negliStatuti e nei Regolamenti degliEnti.I principi generali derivanti dallalegge n. 335/95 e applicabili, se-condo la Giurisprudenza, anchealle Casse professionali, sono iseguenti:1. termine prescrizionale quin-

quennale;2. “dies a quo” calcolato dalla co-

municazione dei redditi da par-te dell’iscritto;

3. automatismo della prescrizioneche, senza necessità di essereeccepita, produce, “ope legis”,tutti i suoi effetti;

4. i contributi prescritti non pos-sono essere riscossi dall’Entené versati spontaneamente dal-l’iscritto;

5. i periodi di iscrizione per cuivenga accertata una totale oparziale prescrizione di contri-buti non possono essere consi-derati ai fini pensionistici.

Il dettaglio della deliberaAnalizzando ora, più in dettaglio,

La “trappola” della prescrizione dei contributi

La Cassa si adegua alla giurisprudenza di Cassazione in tema di prescrizione.Ma le regole della legge n. 335/95 spesso danneggiano l’iscritto.

di Michele Proietti

PPREVIDENZAl’interpretazione delle norme

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PLA PREVIDENZA FORENSE

la delibera adottata dal Consigliodi Amministrazione, è necessariofare alcune riflessioni.Per quanto riguarda il punto a)occorre precisare che per «accer-tamenti contributivi avviati suc-cessivamente al 1° gennaio 2009»vanno intese tutte le contestazionidi natura contributiva formalmen-te inoltrate, per la prima volta, adun soggetto tenuto a contribuzio-ne previdenziale (iscritto o noniscritto alla Cassa), dopo il 1°gennaio 2009.Sono, pertanto, assoggettate alnuovo regime di prescrizionequinquennale anche quelle istrut-torie (iscrizioni, pensioni, ecc.)avviate prima del 1° gennaio 2009ma per le quali non si fosse anco-ra concretizzata una formale ri-chiesta di recupero crediti neiconfronti del professionista (lette-ra di prenotifica, iscrizione a ruo-lo, comunicazione esito di verifi-ca contributiva, ecc.).Il punto b) della delibera ribadisceil principio sancito nel comma 2dell’art. 19 della legge n. 576/80 ericonosciuto tuttora valido dallaGiurisprudenza, che il “dies aquo” per il calcolo del termineprescrizionale decorre, in ogni ca-so, dalla trasmissione alla Cassadelle comunicazioni degli esattidati IRPEF/IVA da parte del pro-fessionista (mod. 5 o dichiarazio-ne equipollente).Da ciò discende, in primo luogo,che l’omessa comunicazione allaCassa di tali dati non consente ildecorso di termini prescrizionali.Viene, inoltre, ribadito l’orienta-mento per cui, in caso di control-li incrociati con l’Anagrafe Tri-butaria, per la contribuzione do-vuta sulla quota di reddito accer-tata in sede di verifica con il fi-sco, la prescrizione inizia a de-correre dalla data in cui l’Ammi-

nistrazione finanziaria dello Statocomunica all’Ente il reddito pro-dotto dal soggetto tenuto al paga-mento della relativa contribuzio-ne previdenziale. E ciò in consi-derazione dell’esistenza di normeche impongono al contribuente dicomunicare all’Ente il proprioreddito “conforme al vero” (art.17 legge n. 576/80) e della dispo-sizione contenuta nell’art. 2935del Codice civile, in base allaquale la prescrizione comincia adecorrere dal giorno in cui il di-ritto può essere fatto valere dalsoggetto creditore.Resta inteso che qualora la cono-scenza degli esatti dati fiscali av-venga in momenti diversi con ri-ferimento all’IRPEF e all’IVA,(es. mod. 5 contenente il solo da-to IVA integrato successivamentecon il dato IRPEF), il dies a quoandrà calcolato da date diverseper contributo soggettivo e contri-buto integrativo.

Atti interruttivi e sanzioniIl capo c) della delibera tratta iltema degli “atti interruttivi” e del-la loro efficacia, anche con riferi-mento al periodo antecedente al-l’entrata in vigore della legge n.335/95.Rispetto a tale periodo va precisa-to che gli atti interruttivi notifica-ti dalla Cassa e le procedure inte-se al recupero, iniziate prima del17 agosto 1995, comportano ladecorrenza di un nuovo terminedecennale di prescrizione.Di conseguenza, la possibilità direcuperare i contributi relativi adanni precedenti si tradurrà in atticoncreti in modo diverso a secon-da della data dell’ultimo atto in-terruttivo dei termini (se posto inessere).Se l’atto è stato compiuto primadel 17 agosto 1995, possono esse-

re recuperati dalla Cassa i contri-buti risalenti ai dieci anni prece-denti, in quanto gli stessi restanoassoggettati alla prescrizione de-cennale prevista dall’art. 19 dellalegge n. 576/80.Qualora, viceversa, l’atto interrut-tivo intervenga dopo il 17 agosto1995, esso avrà efficacia per isuccessivi 5 anni ed entro tale ter-mine dovrà essere rinnovato dauna delle parti.È opportuno rammentare che han-no efficacia interruttiva della pre-scrizione relativamente al residuodebito, anche i pagamenti in ac-conto di un debito già maturatocome, ad esempio, una contribu-zione parziale versata in sede dimod. 5 o di rateazione.L’adempimento parziale o totaledi una obbligazione, infatti, nonpuò che essere inteso come rico-noscimento della stessa salvo ilcaso in cui il debitore, nell’effet-tuare il pagamento, in pendenzadi un ricorso amministrativo ogiudiziario circa l’esistenza del-l’obbligo contributivo, si riserviesplicitamente il diritto di ripeti-zione a procedimento concluso.In conseguenza di quanto sopra sideve ritenere che dalla data delpagamento ricominci a decorrereun nuovo termine prescrizionaleper il residuo debito per contribu-ti e relativi accessori.Il capo d) della delibera precisa ilregime prescrizionale da applica-re alle sanzioni, distinguendo frasanzioni civili (omessi o ritardativersamenti), che seguono i mede-simi termini previsti per le contri-buzioni dovute, e sanzioni ammi-nistrative (omesso o ritardato in-vio mod. 5, penalità per iscrizionid’ufficio), il cui termine prescri-zionale, sempre quinquennale,decorre dal giorno in cui vieneconsumata l’omissione, ai sensi

mento non può configurare “con-testazione amministrativa”. Talecontestazione deve, viceversa,configurarsi in caso di formale ri-corso amministrativo, di compe-tenza della Giunta Esecutiva o delConsiglio di Amministrazione,nei confronti di un accertamentodivenuto definitivo a norma del-l’art. 10 del Regolamento dellesanzioni.La disciplina dei casi controversi,oggetto di ricorsi amministrativi ocontenzioso giudiziario, è previ-sta al punto f) della delibera, conpieno mandato all’ufficio legaleper operare tentativi di concilia-zione che salvaguardino gli inte-ressi dell’Ente, fermo restandouna valutazione caso per caso daparte del Consiglio di Ammini-strazione.

La trappola previdenzialeIl punto g) della delibera, pur noninnovando rispetto al precedenteorientamento del Consiglio di Am-ministrazione, rappresenta unosnodo fondamentale per inquadra-re correttamente l’istituto dellaprescrizione nel panorama previ-denziale italiano, alla luce dei nuo-vi principi introdotti dalla legge n.335/95. Se da un lato, infatti, i ter-mini di prescrizione diventano piùstringenti (5 anni anziché 10) dal-l’altro viene affermato il rigorosoprincipio per cui l’accertata pre-scrizione, totale o parziale, di con-tributi rende invalidi, a fini pensio-nistici, i relativi periodi di iscrizio-ne.Questo significa, nella pratica, cheanche davanti a modeste differen-ze contributive non pagate (si pen-si ad un banale errore di calcolo insede di mod. 5), se venisse accer-tato il decorso dei termini prescri-zionali, la posizione contributivanon potrebbe essere sanata e l’an-

no di iscrizione non potrebbe inalcun modo essere computato aifini pensionistici. Anche su questotema esistono casi eclatanti, con-fermati in sede contenziosa, diprofessionisti che si sono visti an-nullare diversi anni di iscrizioneper conguagli non versati di pochedecine di euro, a causa di banalierrori di calcolo in autoliquidazio-ne ripetuti nel tempo.Proprio per evitare questo effettoboomerang sui propri iscritti, daconsiderarsi una vera e propria“trappola previdenziale”, la Cassaha introdotto il regime transitoriodi cui si è parlato facendo salvi,comunque, tutti gli accertamentiin corso, avviati entro il 31 di-cembre 2008, salvo, ovviamente,formali ricorsi da parte degli inte-ressati.È fin troppo ovvio raccomandareagli iscritti che possano trovarsi,in qualche caso concreto, al limi-te del quinquennio (es. raccoman-data A/R recapitata tardivamentedal servizio postale), di cercare diregolarizzare la posizione contri-butiva, anziché sollevare contro-producenti eccezioni di prescri-zione. Quasi sempre, infatti, afronte del risparmio di poche de-cine, o centinaia, di euro, conse-guenti ad una eventuale applica-zione delle rigorose regole stabili-te dalla legge n. 335/95, si creanogravissimi danni alla posizionepensionistica, soprattutto alla lucedelle nuove norme che, a seguitodella riforma previdenziale in cor-so di approvazione ministeriale,regoleranno l’accesso ai tratta-menti previdenziali nel prossimofuturo. Una vittoria di Pirro, quin-di, che non sarebbe certo compen-sata dal modesto risparmio in ter-mini contributivi! È chiaro che,dopo la delibera del Consiglio diAmministrazione, la Cassa si sta

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LA PREVIDENZA FORENSE

della legge n. 689/91, ritenuta ap-plicabile alla fattispecie, dallagiurisprudenza di Cassazione.Qualora i contributi siano stati pa-gati in ritardo rispetto al terminedi scadenza legale, le relative san-zioni civili che risulteranno dovu-te e che restano cristallizzate alladata del pagamento si prescrive-ranno nello stesso termine stabili-to per il debito contributivo.Si precisa, infine, che, per esplici-to dettato legislativo (art. 3, com-ma 9, della legge n. 335/95), lacontribuzione caduta in prescri-zione non può essere né riscossadall’Ente né versata spontanea-mente dall’iscritto. L’Ente, quin-di, non può accettare il versamen-to di tale contribuzione prescrittama, anzi, qualora questo vengacomunque effettuato, deve prov-vedere d’ufficio al suo rimborso.

Disciplina transitoriaIl punto e) della delibera tende afavorire una transizione non trau-matica, per l’Ente ma soprattuttoper gli iscritti, dalla vecchia allanuova interpretazione delle normein materia di prescrizione. Ovvia-mente, in ordine al concetto di«accertamenti contributivi … av-viati in epoca antecedente al 1°gennaio 2009» vale quanto dettocon riferimento al capo a).Deve trattarsi, cioè, di atti di ac-certamento specifici, contestatiper la prima volta all’iscritto inepoca precedente al 1° gennaio2009. La delibera esprime ancheil concetto che, per mantenere ap-plicabile, in via transitoria, la vec-chia disciplina di prescrizione de-cennale, debba trattarsi di atti diaccertamento «non contestati invia amministrativa o giudiziaria».A tal fine si osserva che una sem-plice lettera indirizzata all’ufficioaccertante nel corso del procedi-

PPREVIDENZA l’interpretazione delle norme

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PLA PREVIDENZA FORENSE

attrezzando per riscuotere i suoicrediti o, comunque, interromper-ne i termini prescrizionali, benentro il quinquennio, efficientan-do al massimo la sua organizza-zione interna.La gestione del periodo transito-

rio e delle sue “trappole”, tutta-via, resta una insidia che va se-gnalata e che richiederà una cor-retta informativa nei confrontidegli iscritti, visto che la Corte diCassazione non ha ritenuto di do-ver considerare le specificità del-

le regole previdenziali dei liberiprofessionisti, come invocato dal-la Cassa Forense, creando diffi-coltà, in ultima analisi, ai profes-sionisti stessi, a volte disattentinegli adempimenti che riguarda-no la loro previdenza.

Delibera adottata dal Consiglio di amministrazione nella seduta

dell’11 dicembre 2008

Delibera n. 606Oggetto: prescrizione dei periodi contributivi: rela-zione della Direzione Generale e provvedimenticonseguenti.

Omissis

IL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE– letta la relazione della Direzione Generale;– visto l’art. 3, co. 9 della legge 335/95;– visto l’art. 19 della legge 576/80;– considerato l’orientamento giurisprudenziale pre-

valente e, in particolare le sentenze della SupremaCorte di Cassazione nn. 5522/2003; 5622/2006;18698/2007; 5784/2008; 6173/2008;

– considerato, altresì, che, anche alla luce della ri-chiamata giurisprudenza la prescrizione decennaleresta ferma qualora siano stati compiuti atti inter-ruttivi oppure iniziate idonee procedure prima del17 agosto 1995, e che, pertanto, in presenza di taliatti inizia nuovamente a decorrere dalla data del-l’atto interruttivo, un nuovo termine prescrizionale;

– a modifica dell’orientamento manifestato con deli-bera n. 34 del 12/01/1996;

– all’unanimità dei presenti:

Omissis

deliberaa) per tutti gli accertamenti contributivi avviati suc-cessivamente al 1° gennaio 2009, gli uffici dell’Entesono tenuti ad applicare il termine prescrizionalequinquennale di cui all’art. 3, comma 9 della legge335/95, in luogo di quello decennale previsto dal-l’art. 19, 1° co. della legge 576/80;b) il “dies a quo” per il computo del termine pre-scrizionale quinquennale, ai sensi del 2° co. dell’art.

19 della legge 576/80, da ritenersi tutt’ora in vigore,decorre dalla data di effettiva spedizione alla Cassadelle comunicazioni contenenti gli esatti dati dichia-rati ai fini IRPEF e IVA;c) ogni “atto interruttivo” dei termini prescrizionali,ove avvenuto anteriormente al 17/8/1995, interrom-pe la prescrizione dei contributi dovuti alla Cassa edi ogni relativo accessorio, comportando il decorsodi un nuovo termine prescrizionale decennale, comeespressamente previsto dall’art. 3, co. 9 della legge335/95.Nel caso in cui non siano stati compiuti atti interrut-tivi prima del 17/8/1995, il termine di prescrizionequinquennale decorre da quest’ultima data purchè, anorma della legislazione precedente (art. 19 l.576/1980) non residui un termine inferiore; d) alle sanzioni ed agli interessi di cui all’appositoregolamento, da considerarsi accessori rispetto allacontribuzione dovuta, si applicano i medesimi termi-ni prescrizionali previsti per le contribuzioni dovute,salvo le sanzioni di natura amministrativa per omes-so o ritardato invio del mod. 5 (art. 5 del Regola-mento per la disciplina delle sanzioni), il cui termi-ne prescrizionale, sempre quinquennale, decorreràdal primo giorno successivo al termine previsto perl’invio del modello stesso;e) sono, comunque, fatti salvi tutti gli accertamenticontributivi disposti sulla base dell’orientamentopreesistente, se non contestati in via amministrativao giudiziaria dall’iscritto, purché avviati in epocaprecedente al 1° gennaio 2009;f) per le situazioni in contenzioso giudiziario e/o am-ministrativo l’ufficio legale è autorizzato a procede-re a tentativi di conciliazione alla luce dei nuovi cri-teri adottati in materia di prescrizione, fermo restan-do una valutazione caso per caso dell’oggetto com-plessivo della controversia e con salvaguardia diquanto dovuto a titolo di contribuzione e spese com-pensate;g) restano fermi i principi di cui alle delibere n. 755del 7/09/2001, n. 163 del 15/03/2002 e n. 545 del

63

LA PREVIDENZA FORENSE

h) la Direzione Generale impartirà tutte le necessa-rie disposizioni operative, anche di carattere orga-nizzativo, agli uffici, finalizzate all’attuazione dellapresente delibera e al rispetto, per il futuro, dei nuo-vi termini prescrizionali, per tutti i recuperi contri-butivi da avviare.

23/11/2007, per cui l’accertata prescrizione, totaleo parziale, di contributi rende invalidi i relativi an-ni di iscrizione, che non potranno, quindi, essereutilizzati a fini previdenziali salvo il ricorso, sussi-stendone le condizioni, all’istituto della “renditavitalizia”;

PPREVIDENZAl’interpretazione delle norme

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PLA PREVIDENZA FORENSE

È sempre di attualità il problemadella incompatibilità, reso moltoimportante dalla legge n. 319/75,secondo la quale è inefficace perla Cassa l’iscrizione di un avvoca-to che abbia svolto, anche in tem-pi remoti, attività incompatibiliancorché non rilevate dal Consi-glio dell’Ordine.(Vedasi DONELLA, Incompatibilitàe previdenza, Prev. For., n. 3/2004pag. 252 e segg.).Recentemente, il Consiglio diAmministrazione della Cassa, af-frontando un caso particolare, haenunciato questa regola:

L’avvocato che ricopra la caricadi Presidente del Consiglio diAmministrazione, di amministra-tore unico o di amministratore de-legato di una società commercia-le si trova in una situazione di in-compatibilità che, invece, non ri-corre quando il professionista,pur ricoprendo la carica di Presi-dente del Consiglio di Ammini-strazione, sia stato privato, perstatuto sociale o per successivadeliberazione, dei poteri di ge-stione dell’attività commerciale,attraverso la nomina di un ammi-nistratore delegato o di un ammi-nistratore unico.

Nella motivazione della delibera(6/11/2008 n. 544) il Consiglio diAmministrazione ha così motivato:

L’ufficio evidenzia che il CNF, intema di incompatibilità della ca-rica di Presidente di società com-merciali, ha espresso il costanteorientamento che detta incompa-tibilità sussista allorquando a ta-le carica siano riferiti poteri digestione e di amministrazione or-dinaria e straordinaria. Si evi-denzia, in particolare, la pronun-cia della Corte di Cassazione aSezioni Unite, laddove è stato af-fermato che sussiste la situazionedi incompatibilità con l’eserciziodella professione forense, ai sen-si dell’art. 3 del RDL n. 1578/33,per il professionista che assumala carica di amministratore dele-gato di società commerciale, overisulti che tale carica, in forzadell’atto costitutivo o di delegadel consiglio di amministrazione,comporti effettivi poteri di gestio-ne e di rappresentanza, a prescin-dere da ogni indagine sulla con-sistenza patrimoniale della so-cietà medesima e sulla sua conse-guente esposizione a procedureconcorsuali (cfr. Cass. SS.UU.5.1.2007, n. 37). La stessa Corteha altresì precisato che “il pro-fessionista che ricopra la caricadi Presidente del Consiglio diAmministrazione, di amministra-tore unico o di amministratoredelegato di una società commer-ciale si trova in una situazione diincompatibilità (esercizio del

commercio in nome altrui) previ-sta dall’art. 3 RDL 1578/33, si-tuazione di incompatibilità che,invece, non ricorre quando il pro-fessionista, pur ricoprendo la ca-rica di Presidente del Consigliodi amministrazione, sia stato pri-vato, per statuto sociale o persuccessiva deliberazione, dei po-teri di gestione dell’attività com-merciale, attraverso la nomina diun amministratore delegato”. Insenso conforme a tale orienta-mento si è pronunciato anche ilConsiglio Nazionale Forense(cfr., ex multis, CNF, pareri del23.7.2003 e 21.11.2001). Va al-tresì segnalato l’orientamento,invero più risalente nel tempo, se-condo il quale non è incompatibi-le con la professione forense lacarica di consigliere di ammini-strazione che esprima soltantouna volontà collegiale o di presi-dente di società che svolga fun-zione di mera rappresentanza(anche legale) priva di effettivipoteri gestionali.

Ancor più recentemente, il Consi-glio Nazionale Forense, rispon-dendo a un quesito, ha enunciatoquesto principio:

Va preliminarmente ricordata lastabile interpretazione dellaCommissione Consultiva e dellagiurisprudenza del Consiglio sul

Presidente di società di capitale.Incompatibilità e iscrizione alla Cassa

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LA PREVIDENZA FORENSE

lità (CNF sent. 12 novembre1996, n. 159). Sicché certamentenon versa in situazione d’incom-patibilità il presidente che siastato privato, per statuto socialeo per successiva deliberazione,dei poteri gestori attraverso lanomina di un amministratore de-legato (CNF sent. 159/1996, cit.20 settembre 2000, n. 90; Cass.SS.UU. 5 gennaio 2007, n. 37).Con riferimento al caso specificova premesso che l’analisi della

fattispecie concreta è di strettacompetenza del Consiglio locale.

(Omissis)La natura potenzialmente pubbli-ca e lo scopo della società non in-cidono sull’eventuale incompati-bilità (parere 21 novembre 2001),mentre non è concretamente valu-tabile – innanzitutto in termini dicoerenza statutaria e di estensio-ne – la delega di poteri gestori adaltro amministratore.

tema nuovamente sottoposto al-l’esame, secondo la quale è in-compatibile con l’esercizio dellaprofessione forense l’assunzionedella carica di presidente delConsiglio di amministrazione disocietà commerciale che com-porti poteri gestori, in termini dicapacità astratta. Di per sé, in-fatti, la sola funzione di rappre-sentanza giudiziale e direzionedel Consiglio di amministrazio-ne non determina incompatibi-

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PPREVIDENZA

l’informazione

LA PREVIDENZA FORENSE

Come di consueto, al 31 dicem-bre di ogni anno, gli uffici dellaCassa provvedono ad effettuareuna “fotografia” della collettivitàdi coloro che, svolgendo l’atti-vità professionale forense concarattere di continuità, sonoiscritti al proprio Ente di previ-denza, o, in alternativa sono statiiscritti in passato e percepisconoun trattamento previdenziale. Inrealtà la “fotografia”, eseguita suciascun individuo, ha lo scopo diosservare, e fissare in un deter-minato istante temporale, alcuneinformazioni utili alla gestioneprevidenziale dell’Ente che si ri-feriscono, in particolare, ad alcu-ne caratteristiche di tipo demo-grafico, di tipo economico e distatus professionale. Le informa-zioni, così osservate, sono fonda-mentali per svolgere in modocompiuto tutta una serie di anali-si statistico-attuariali che posso-no avere sia scopi semplicementedescrittivi sia essere alla base dipiù complessi studi attuariali ri-chiesti per monitorare la stabilitàfinanziaria di lungo periodo del-l’Ente.In particolare, per ciascun iscritto,

è importante conoscere il suo “sta-tus”, e quindi se svolge l’attivitàprofessionale in qualità di avvoca-to iscritto all’albo, oppure se sitratta di un praticante; se si tratta diun professionista ancora in attivitàoppure di un pensionato e, in que-st’ultimo caso, è importante saperequale tipo di pensione percepisce.Per tutti gli ovvi risvolti previden-ziali legati alla sopravvivenza èfondamentale conoscere gli“aspetti demografici” e quindi sa-pere l’età del professionista, se sitratta di un uomo o di una donna,da quanto tempo svolge la profes-sione forense, e, ovviamente,l’entità del reddito professionaledichiarato.Da ultimo è inoltre interessanteconoscere, per formulare conside-razioni di tipo sociale sulla pro-fessione forense dove, sul territo-rio nazionale, gli avvocati svolgo-no abitualmente la loro attivitàprofessionale.L’ultima “fotografia” eseguita da-gli uffici fa riferimento alla situa-zione degli iscritti e dei pensiona-ti presenti alla data del 31 dicem-bre 2008. Di seguito riportiamorisultati di alcune statistiche.

In primis quanti erano gli avvoca-ti iscritti?Alla data del 31 dicembre 2008,risultavano iscritti alla CassaForense 144.070 soggetti chesvolgono l’attività professionaledi avvocato o di praticante, inparticolare i praticanti erano3.228 e gli avvocati 140.842; sultotale degli iscritti alla Cassa11.773 risultano essere contem-poraneamente iscritti all’albo epercettori di un trattamento pre-videnziale (di vecchiaia, di inva-lidità o di pensione contributivapoiché la pensione di anzianitàprevede la cancellazione daglialbi).Alla stessa data risultano erogatidalla Cassa 24.432 trattamentiprevidenziali.Poiché è interessante conoscere ilnumero del totale dei professioni-sti iscritti ma è ancora più interes-sante sapere come questo dato simodifica nel tempo (anche ai finidella formulazione di ipotesi evo-lutive future) si riporta nella Ta-bella 1 l’evoluzione numerica de-gli iscritti e dei pensionati dellaCassa nell’ultimo ventennio dacui si evince che la popolazione

Novità sui numeri della Cassa:– iscritti Cassa 2008

– aggiornamento delle pensionicorrisposte

Gli uffici della Cassa hanno “fotografato” gli avvocati presenti sul territorio italiano per rispondere alle seguenti domande:

quanti sono? che età hanno? dove svolgono la loro attività?

di Giovanna Biancofiore e Antonella Menichetti

PPREVIDENZAl’informazione

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PLA PREVIDENZA FORENSE

degli iscritti si è più che triplicatanel periodo di osservazione pas-sando dai 42.366 iscritti del 1990a 144.070 del 2008.Il trend di crescita degli iscritti,dopo un periodo in cui è statomolto elevato negli anni 1994-1998, mostrando tassi di crescitaannui mediamente vicini al 9-10%, evidenzia negli ultimi annilivelli di crescita molto più conte-nuti intorno al 5-6% annuo. Laflessione del tasso di crescita è do-vuta essenzialmente agli effetti diuna contrazione del numero deinuovi iscritti agli albi e al registrodei praticanti rilevata di recente(Vedi La Previdenza Forense, 2,2007, pag. 152), fenomeno legatonon a una perdita di attrattiva asvolgere l’attività professionaleforense tra le nuove generazioni,quanto piuttosto ad una oggettivacontrazione numerica delle nuovegenerazioni di italiani nati tra la fi-ne degli anni settanta e i primi an-ni ottanta: da dati Istat si osservainfatti che il numero dei 25enni,

residenti in Italia, ha subito una ri-duzione di circa il 13%, tra il 2001e il 2007, esattamente le genera-zioni nate tra il 1976 e il 1982.

Distribuzione demograficaAnalizzata l’evoluzione temporaledel numero degli iscritti soffermia-moci ora sulle caratteristiche de-mografiche in particolare di coloroche erano presenti al 31 dicembre2008. Nella Tabella 2 si riporta ladistribuzione per sesso e per classidi età degli iscritti alla Cassa (atti-vi e pensionati iscritti) da cui risul-ta che di 132.297 iscritti attivi il57% è rappresentato da soggetti disesso maschile (75.842) e il 43%da soggetti di sesso femminile; lapercentuale aumenta in favore de-gli uomini se si considera il totaledegli iscritti compresi i pensionaticontribuenti, 60% (86.895) uominie 40% (57.175) donne a causa diuna forte predominanza di pensio-nati contribuenti di sesso maschilepari al 94% (10.053) del totale

pensionati contribuenti. Difatti lafemminilizzazione della professio-ne è un fenomeno relativamenterecente come dimostra la distribu-zione per fasce di età degli iscritti:al di sotto dei quaranta anni di etàle donne hanno superato numeri-camente i loro colleghi uomini conun totale di 30.893 professionistecontro 25.384 avvocati uomini.La categoria forense dimostrainoltre un’evidente “giovinezza”con un’età media di circa 42,5 an-ni per gli iscritti non percettori dipensione, con una differenza persesso di quasi cinque anni, 39,8anni è l’età media delle donnecontro i 44,6 degli uomini.Che la categoria sia caratterizzatada un consistente numero di gio-vani professionisti è rilevabile an-che dalla distribuzione per anzia-nità di iscrizione alla Cassa ripor-tata nella Tabella 3, dove oltre il50% degli iscritti ha un’anzianitàdi iscrizione inferiore a dieci anni.Sempre per il recente fenomenodella femminilizzazione della ca-

Anno Iscritti attiviPensionati

contribuentiTotale iscritti

Totale pensionati

Variazione %degli attivi

Variazione %degli iscritti

Variazione %dei pensionati

N° attivi per ogni

pensionato

1990 38.040 4.326 42.366 13.563 2,8

1991 39.994 5.082 45.076 14.166 5,14% 6,40% 4,45% 2,8

1992 41.712 5.201 46.913 14.464 4,30% 4,08% 2,10% 2,9

1993 43.244 5.810 49.054 15.144 3,67% 4,56% 4,70% 2,9

1994 46.497 6.148 52.645 15.713 7,52% 7,32% 3,76% 3,0

1995 51.897 6.392 58.289 16.537 11,61% 10,72% 5,24% 3,1

1996 57.555 6.901 64.456 17.295 10,90% 10,58% 4,58% 3,3

1997 63.792 7.490 71.282 17.858 10,84% 10,59% 3,26% 3,6

1998 69.732 7.886 77.618 18.471 9,31% 8,89% 3,43% 3,8

1999 74.490 8.147 82.637 19.114 6,82% 6,47% 3,48% 3,9

2000 79.908 8.750 88.658 19.595 7,27% 7,29% 2,52% 4,1

2001 84.987 9.083 94.070 20.010 6,36% 6,10% 2,12% 4,2

2002 90.726 9.310 100.036 20.474 6,75% 6,34% 2,32% 4,4

2003 95.837 9.470 105.307 20.993 5,63% 5,27% 2,53% 4,6

2004 102.080 9.793 111.873 21.507 6,51% 6,24% 2,45% 4,7

2005 111.708 10.058 121.766 21.987 9,43% 8,84% 2,23% 5,1

2006 118.552 10.807 129.359 22.997 6,13% 6,24% 4,59% 5,2

2007 125.761 11.057 136.818 23.697 6,08% 5,77% 3,04% 5,3

2008 132.297 11.773 144.070 24.432 5,20% 5,30% 3,10% 5,4

Tab. 1 - Evoluzione del numero dei professionisti (attivi e pensionati) iscritti alla Cassa Forense

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Classi di età

Attivi Pensionati contribuenti Totale iscritti

Femmine Maschi Totale Femmine Maschi Totale Femmine Maschi Totale

24-29 1.448 1.142 2.590 0 0 0 1.448 1.142 2.590

30-34 11.710 8.540 20.250 0 2 2 11.710 8.542 20.252

35-39 17.735 15.702 33.437 1 1 2 17.736 15.703 33.439

40-44 13.622 17.565 31.187 12 11 23 13.634 17.576 31.210

45-49 6.566 12.134 18.700 20 27 47 6.586 12.161 18.747

50-54 3.427 8.708 12.135 20 49 69 3.447 8.757 12.204

55-59 1.255 5.858 7.113 14 67 81 1.269 5.925 7.194

60-64 521 4.330 4.851 5 100 105 526 4.430 4.956

65-69 117 1.197 1.314 253 3.038 3.291 370 4.235 4.605

70-74 40 428 468 200 3.290 3.490 240 3.718 3.958

74+ 14 238 252 195 4.468 4.663 209 4.706 4.915

Totale 56.455 75.842 132.297 720 11.053 11.773 57.175 86.895 144.070

Età media 39,8 44,6 42,5 69,9 73,4 73,2 40,2 48,2 45,0

tegoria, le avvocatesse iscritte allaCassa hanno un’anzianità mediadi iscrizione inferiore ai loro col-leghi di almeno quattro anni: ri-sulta essere di circa 9,5 anni l’an-zianità media delle donne contro i13,6 anni degli uomini.

Distribuzione territorialeRispetto ad altri Paesi europei,dove l’attività professionale fo-rense si concentra in particolarizone1, in Italia la distribuzioneterritoriale degli avvocati e deipraticanti iscritti alla Cassa e ab-bastanza omogenea. Tuttavia,una certa concentrazione di pro-fessionisti si rileva più in alcuneregione rispetto ad altre: in parti-colare la maggiore concentrazio-

ne si osserva nella regione Lom-bardia con 23.175 iscritti, nel La-zio con 19.899 iscritti e nella re-gione Campania con circa 16.920iscritti come indicato nella Car-tina 1. Tuttavia tale primatospetta a suddette regioni solo conriferimento al numero assoluto diavvocati, difatti se poniamo aconfronto il numero di avvocatiiscritti alla Cassa con il numerodei residenti nella regione di ap-partenenza, il primato di maggiorconcentrazione, come risulta dal-la Cartina 2, passa dalla Lom-bardia al Lazio con circa 358 av-vocati ogni 100.000 abitanti, se-guita dalla Campania con 291 edalla Puglia con 286; il fanalino

di coda con il minor numero diavvocati per popolazione resi-dente spetta alla regione Valled’Aosta con 121 avvocati ogni100.000 abitanti.

PensionatiCon riferimento alle pensioni incorso di erogazione alla data del31 dicembre 2008 ricordiamo chela Cassa assicura la copertura pre-videnziale all’iscritto e al suo nu-cleo familiare superstite, in parti-colare eroga agli avvocati iscritti:• una pensione di vecchiaia al

raggiungimento del 65° anno dietà con almeno 30 anni di anzia-nità di iscrizione;

• una pensione di anzianità conalmeno 35 anni di anzianità con-

LA PREVIDENZA FORENSE

Tab. 2 - Distribuzione per classi di età degli avvocati iscritti alla Cassa Forense alla data del 31/12/2008

Classi di anzianità

Attivi Pensionati contribuenti Totale iscritti

Femmine Maschi Totale Femmine Maschi Totale Femmine Maschi Totale

1-5 17.548 13.962 31.510 0 1 1 17.548 13.963 31.511

6-10 18.589 19.101 37.690 9 52 61 18.598 19.153 37.751

11-15 11.768 16.472 28.240 23 129 152 11.791 16.601 28.392

16-20 4.915 10.996 15.911 31 191 222 4.946 11.187 16.133

21-25 2.104 6.408 8.512 47 195 242 2.151 6.603 8.754

26-30 1.026 4.722 5.748 26 300 326 1.052 5.022 6.074

31-35 387 2.714 3.101 66 590 656 453 3.304 3.757

>35 118 1.467 1.585 518 9.595 10.113 636 11.062 11.698

Totale 56.455 75.842 132.297 720 11.053 11.773 57.175 86.895 144.070Anzianità

media9,5 13,6 11,9 39,5 43,3 43,1 9,9 17,4 14,4

Tab. 3 - Distribuzione per classi di anzianità degli avvocati iscritti alla Cassa Forense alla data del 31/12/2008

70

PLA PREVIDENZA FORENSE

Numero Importo medio di pensione

Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale

Anzianità 574 114 688 € 31.947 € 26.199 € 30.995

Vecchiaia 12.323 734 13.057 € 30.774 € 26.903 € 30.557

Contributive 685 67 752 € 5.441 € 4.097 € 5.321

Inabilità 81 18 99 € 15.512 € 11.672 € 14.814

Invalidità 391 88 479 € 12.361 € 9.306 € 11.799

Indirette 98 3.051 3.149 € 12.124 € 12.588 € 12.574

Reversibilità 123 6.085 6.208 € 13.877 € 13.297 € 13.309

Totale 14.275 10.157 24.432 € 28.741 € 14.114 € 22.660

tributiva e non prima del compi-mento del 58° anno di età;

• una pensione contributiva percoloro che al compimento del65° anno di età hanno maturatomeno di trenta anni di anzianitàcontributiva;

• una pensione di invalidità o diinabilità nel caso di una ridu-zione della capacità lavorativaparziale o totale;

• una pensione indiretta in favoredei superstiti di un iscritto;

• una pensione di reversibilità in

favore dei superstiti di pensio-nato.

La situazione delle pensioni incorso di erogazione alla data del31 dicembre 2008 è sinteticamen-te riportata nella Tabella 4.Alla data del 31 dicembre 2008 era-no in corso di erogazione 24.432trattamenti previdenziali, di questi,14.275 (il 58,4% del totale) sonotrattamenti in favore di beneficiaridi sesso maschile e 10.157 (il41,6% del totale) in favore di bene-ficiari di sesso femminile; un eleva-

to numero di trattamenti e rappre-sentato dalle pensioni di vecchiaiache, con le loro 13.057 unità, rap-presentano ben il 53,4% del totaledei trattamenti erogati. Anche le co-siddette pensioni a superstiti rap-presentano una quota importantedel totale dei trattamenti erogati con9.357 unità, pari alla somma di3.149 trattamenti di pensione indi-retta e 6.208 trattamenti di pensionedi reversibilità, esse costituiscono il38,3% (12,9% + 25,4%) del totaledelle pensioni erogate (Grafico 1).

Tab. 4 - Numero e importo medio delle pensioni vigenti al 31/12/2008

Cartina 2 - Numero avvocati italiani ogni 100.000 abitanti.

Avvocati italiani

18.500 a 23.200 (2)

13.900 a 18.500 (1)

9.300 a 13.900 (3)

4.700 a 9.300 (4)

100 a 4.700 (10)

3.157

10.659

8.717

4.557

7.020

9.566

8.677

1.8161.374

5.886

1.350

152

3.365

752

1.960

3.408

16.920

11.66019.899

23.175

Avvocati ogni centomila abitanti

312 a 358 (1)

190

212

237

283

159

224

180

149136

293

228

121

254

222

219

291

286358

240

264 a 312 (4)

216 a 264 (8)

168 a 216 (3)

120 a 168 (4)

PPREVIDENZAl’informazione

Cartina 1 - Numero avvocati italiani: distribuzione regionale.

71

LA PREVIDENZA FORENSE

portata nella Tabella 5, rispecchiasenza variazioni significative ladistribuzione rilevata per gliiscritti in attività, tranne per alcu-ne differenze tra cui, per esempio,il primato del Lazio quale regionecon il maggiore numero di pen-sioni erogate, primato che nella

distribuzione degli iscritti in atti-vità (Cartina 1) spetta invece allaLombardia.

Nota1 L’avvocatura francese è in particolareconcentrata nella regione intorno a Pari-gi: un avvocato su due è iscritto ad unordine dell’Ile de France.

RegionePensioni dirette Pensioni a superstiti Totale pensionati

Femmine Maschi Totale Femmine Maschi Totale Femmine Maschi Totale

Valle D’Aosta 2 20 22 10 0 10 12 20 32

Piemonte 93 721 814 446 15 461 539 736 1.275

Lombardia 250 2.037 2.287 1.176 37 1.213 1.426 2.074 3.500

Liguria 67 506 573 335 12 347 402 518 920

Veneto 39 733 772 417 9 426 456 742 1.198

Friuli Venezia Giulia 9 192 201 145 5 150 154 197 351

Trentino 3 73 76 34 0 34 37 73 110

Alto Adige 9 62 71 44 2 46 53 64 117

Emilia Romagna 88 770 858 500 18 518 588 788 1.376

Toscana 75 834 909 498 13 511 573 847 1.420

Lazio 199 2.065 2.264 1.231 35 1.266 1.430 2.100 3.530

Umbria 12 166 178 95 1 96 107 167 274

Marche 14 277 291 150 4 154 164 281 445

Abruzzo 15 300 315 197 5 202 212 305 517

Molise 1 57 58 57 2 59 58 59 117

Campania 44 1.794 1.838 1.265 17 1.282 1.309 1.811 3.120

Puglia 26 1.173 1.199 843 15 858 869 1.188 2.057

Basilicata 4 109 113 93 1 94 97 110 207

Calabria 10 471 481 383 12 395 393 483 876

Sicilia 47 1.408 1.455 1.040 13 1.053 1.087 1.421 2.508

Sardegna 14 286 300 177 5 182 191 291 482

Totale 1.021 14.054 15.075 9.136 221 9.357 10.157 14.275 24.432

Grafico 1 - Trattamenti previdenziali vigenti al 31/12/2008.

Tab. 5 - Numero delle pensioni vigenti al 31/12/2008 (distribuzione per regione e sesso del beneficiario).

25,4% 2,8%

53,4%

3,1%0,4%2,0%

12,9%

Anzianità Vecchiaia Contributive

Invalidità Indirette Reversibilità

Inabilità

Numericamente meno importantisono le altre tipologie di pensione,per esempio le pensioni di anzia-nità costituiscono un numero con-siderevolmente esiguo e ciò è do-vuto al fatto che pensionarsi di an-zianità è ritenuto dall’avvocatouna modalità di uscita dal percorsolavorativo poco appetibile a causadell’obbligo di cancellazione chepresuppone il diritto ad ottenere iltrattamento pensionistico di anzia-nità. Le pensioni di anzianità sonopertanto pari a 688 trattamenti erappresentano solo il 2,8% di tuttii trattamenti pensionistici.Anche il totale delle pensioni diinvalidità e di inabilità è un nume-ro molto contenuto con 578 (479+ 99) trattamenti pensionisticirappresentano poco più del 2% deltotale delle pensioni erogate.La distribuzione territoriale dellepensioni erogate dalla Cassa, ri-

73

PPREVIDENZA

l’informazione

LA PREVIDENZA FORENSE

73

I contributi dei pensionati attiviQuando l’avvocato va in pensione, sono molto diverse le scelte che fa per

quanto riguarda l’esercizio della professione: c’è chi smette e poi riprende.Tutto ciò fa nascere problemi per quanto riguarda i rapporti con la Cassa

di previdenza, che qui vengono analiticamente esaminati.

di Maria Caterina Neri Serneri

Il trattamento previdenziale forensedi vecchiaia – sia quello determina-to col sistema retributivo (art. 2 leg-ge n. 576/80 e successive modifica-zioni) che quello di tipo contributi-vo (art. 4 del Regolamento Genera-le) – è pienamente compatibile conla prosecuzione dell’esercizio pro-fessionale, a differenza della pen-sione di anzianità, che richiede lacancellazione dalla Cassa.Circa l’80% degli avvocati ammes-si a pensione mantengono l’iscri-zione agli Albi ed alla Cassa matu-rando così, nei cinque anni succes-sivi al pensionamento, i due sup-plementi di pensione, calcolati suicontributi versati e continuano adusufruire dei benefici della polizzasanitaria.In tal caso gli obblighi contributivisono costituiti dai seguenti versa-menti:– 12% sul reddito netto professio-

nale dichiarato ai fini IRPEF (dalsesto anno successivo alla matu-razione del diritto a pensione siriduce al 4% sino al tetto pensio-nabile e al 3% oltre);

– 2% sul volume d’affari IVA;– contributo di maternità.I pensionati che scelgono di can-cellarsi dagli Albi sono, d’ufficio,cancellati dalla Cassa; di conse-guenza vengono meno, dall’annosuccessivo alla cancellazione, gliobblighi contributivi.Oltre alle due casistiche ricordate,

dei pensionati iscritti Albo e Cassae dei pensionati cancellati sia dal-l’Albo che dalla Cassa, esiste unaterza fattispecie.Trattasi della categoria dei pensio-nati di vecchiaia che hanno chiestola cancellazione dalla Cassa percessazione dell’attività professio-nale a seguito di chiusura della par-tita IVA pur mantenendo l’iscrizio-ne in un albo professionale oppuredei pensionati che dopo la cancel-lazione dagli Albi (e quindi anchedalla Cassa) abbiano proceduto aduna nuova iscrizione al solo Alboprofessionale.Quali i diritti e gli obblighi per que-sti professionisti nei confronti dellaCassa alla quale, dunque, non sonopiù iscritti?Non priva di rilievo è la perdita de-finitiva, per il pensionato, di ognicopertura sanitaria perché l’attualepolizza non copre in caso di iscri-zione o reiscrizione alla Cassa do-po i 65 anni.Inoltre, i predetti, come tutti gliiscritti agli Albi forensi, sono natu-ralmente soggetti all’obbligo delladichiarazione annuale del redditoIRPEF e del volume d’affari IVA(Mod. 5) prevista dall’art. 17 dellalegge 576/80 e al pagamento delcontributo integrativo nella misuradel 2% sul volume d’affari IVA di-chiarato.Il Consiglio di Amministrazione,con delibera n. 628 del 19 dicem-

bre 2008, ha disciplinato in modoinnovativo il regime contributivo diquesta categoria di pensionati conriferimento anche al disposto degliartt. 5 e 6 della legge n. 141/92 cheprevede l’obbligo del pagamentodel contributo soggettivo ed inte-grativo a carico dei pensionati cherestano iscritti negli albi professio-nali.Il Consiglio, verificato che la mag-gioranza degli avvocati pensionati,cancellati dalla Cassa per cancella-zione partita IVA, mantiene l’iscri-zione agli Albi senza produzionereddituale, ha stabilito che il pensio-nato di vecchiaia cancellato dallaCassa che, a seguito di reiscrizioneall’Albo o riapertura di partita IVA,non raggiunga i limiti fiscali perl’obbligo di iscrizione né ritenga direiscriversi volontariamente allaCassa, non sarà tenuto a versare ilcontributo soggettivo e il contributodi maternità (così come era dispostodalla delibera consiliare n. 482/98).In questo caso – fermo l’obbligo dipagamento del contributo integrati-vo legato alla sola iscrizione all’Al-bo – gli eventuali redditi professio-nali prodotti dopo la ripresa dell’at-tività professionale, non saranno uti-li per il calcolo dei supplementi dipensione per mancanza di iscrizionealla Cassa. Peraltro, il pensionato di vecchiaia,con calcolo retributivo o contributi-vo, cancellato dalla Cassa, e rei-

PPREVIDENZAl’informazione

74

PLA PREVIDENZA FORENSE

scritto agli Albi, verrà reiscritto for-malmente alla Cassa in presenza diesplicita domanda in tal senso, ov-vero d’ufficio nel caso in cui rag-giunga i limiti reddituali IRPEF oIVA fissati dal Comitato dei Dele-gati come requisito per la conti-nuità dell’esercizio professionale.Indipendentemente dal momentodella reiscrizione alla Cassa, l’ali-quota contributiva da applicarsi peril calcolo del contributo soggettivo,se e in quanto dovuto, resta fissatanel 12% dal 2008 + 3% oltre il “tet-to” per i primi 5 anni successivi alpensionamento e nel 4% dal 2008 apartire dal 6° anno successivo alpensionamento.Parimenti, dal pensionamento, esolo in caso di reiscrizione allaCassa, decorrerà il quinquennio so-lare utile per la maturazione del di-ritto ai supplementi (biennale etriennale).

Pertanto, si può affermare che ipensionati iscritti agli Albi sonostati assimilati, nell’ambito deiprincipi di carattere generale cheregolano la previdenza forense(concetto di esercizio continuativodella professione e di solidarietà)agli iscritti Albi non pensionati.Infatti, alla luce dell’illustrata deli-bera n. 628/08, il regime dichiarati-vo e contributivo è analogo, cosìcome l’obbligo d’iscrizione allaCassa, entro il 31 dicembre dell’an-no successivo a quello di produzio-ne di un reddito o di un volumed’affari superiore ai limiti stabilitiannualmente dai competenti organidell’Ente per la prova dell’eserci-zio continuativo della professione.Si evidenzia che, in base all’art. 1della L. n. 141/92, integrato dal-l’art. 4 e 9 del Regolamento Gene-rale della Cassa, il calcolo del sup-plemento viene così effettuato:

– ai fini dell’anzianità vengonopresi in considerazione gli annid’iscrizione alla Cassa compresinel quinquennio solare successi-vo alla decorrenza della pensionedi vecchiaia;

– ai fini della determinazione delquantum si fa riferimento al-l’importo dei contributi sogget-tivi pagati nel quinquennio d’i-scrizione Cassa decorrente dal-l’anno di pensionamento com-preso (infatti, il calcolo di sup-plemento è divenuto di tipo con-tributivo per le pensioni aventidecorrenza da maggio 2009).

Quindi i pensionati cancellati dal-l’Ente e poi reiscritti entro i succes-sivi cinque anni, maturano supple-menti di pensione di minor impor-to in quanto commisurati alla mi-nor anzianità d’iscrizione e contri-buzione rispetto all’intero quin-quennio di riferimento.

75

PPREVIDENZA

l’informazione

LA PREVIDENZA FORENSE

Anno Coefficienti per il calcolo Contributo Contributo Tetto Minimo IRPEF Minimo IVAe indici della pensione soggettivo integrativo del contributo per la prova per la provadi rivalu- e scaglioni di reddito minimo minimo soggettivo al 10% dell’esercizio dell’eserciziotazione (1) (2) (art. 10, comma 1) (art. 11) (oltre: 3%) continuativo continuativo

(3) (4) (5) della professione della professione(6) (6)

1,75 fino a L. 20.000.000 (€ 10.329,14)1982 1,50 fino a L. 30.000.000 (€ 15.493,71) 600.000 180.000 40.000.000 3.000.000 5.000.000

(+21,1) 1,30 fino a L. 35.000.000 (€ 18.075,99) (€ 309,87) (€ 92,96) (€ 20.658,28) (€ 1.549,37) (€ 2.582,28)1,15 fino a L. 40.000.000 (€ 20.658,28)

1,75 fino a L. 23.700.000 (€ 12.240,03)1983 1,50 fino a L. 35.000.000 (€ 18.385,87) 710.000 213.000 47.500.000 2.840.000 4.260.000

(+18,7) 1,30 fino a L. 41.500.000 (€ 21.432,96) (€ 366,68) (€ 110,01) (€ 24.531,70) (€ 1.466,74) (€ 2.200,11)1,15 fino a L. 47.500.000 (€ 24.531,70)

1,75 fino a L. 27.600.000 (€ 14.254,21)1984 1,50 fino a L. 41.400.000 (€ 21.381,32) 830.000 249.000 55.200.000 3.320.000 4.980.000

(+16,3) 1,30 fino a L. 48.300.000 (€ 24.944,87) (€ 428,66) (€ 128,60) (€ 28.508,42) (€ 1.714,64) (€ 2.571,96)1,15 fino a L. 55.200.000 (€ 28.508,42)

1,75 fino a L. 31.700.000 (€ 16.371,68)1985 1,50 fino a L. 47.600.000 (€ 24.583,35) 950.000 285.000 63.500.000 4.750.000 7.125.000(+15) 1,30 fino a L. 55.600.000 (€ 28.715,00) (€ 490,63) (€ 147,19) (€ 32.795,01) (€ 2.453,17) (€ 3.679,76)

1,15 fino a L. 63.500.000 (€ 32.795,01)

1,75 fino a L. 35.100.000 (€ 18.127,64)1986 1,50 fino a L. 32.600.000 (€ 27.165,63) 1.030.000 315.000 70.200.000 5.250.000 7.875.000

(+10,6) 1,30 fino a L. 61.400.000 (€ 31.710,45) (€ 542,28) (€ 162,68) (€ 36.255,27) (€ 2.711,40) (€ 4.067,10)1,15 fino a L. 63.500.000 (€ 36.255,27)

1,75 fino a L. 38.100.000 (€ 19.677,01)1987 1,50 fino a L. 57.100.000 (€ 29.489,69) 1.140.000 342.000 76.200.000 6.840.000 10.260.000(+8,6) 1,30 fino a L. 66.700.000 (€ 34.447,68) (€ 588,76) (€ 176,63) (€ 39.354,02) (€ 3.532,57) (€ 5.298,85)

1,15 fino a L. 76.200.000 (€ 39.354,02)

1,75 fino a L. 40.400.000 (€ 20.864,86)1988 1,50 fino a L. 60.600.000 (€ 31.297,29) 1.210.000 363.000 80.800.000 7.260.000 10.890.000(+6,1) 1,30 fino a L. 70.800.000 (€ 36.565,15) (€ 624,91) (€ 187,47) (€ 41.729,72) (€ 3.749,48) (€ 5.624,22)

1,15 fino a L. 80.800.000 (€ 41.729,72)

1,75 fino a L. 42.300.000 (€ 21.846,13)1989 1,50 fino a L. 63.500.000 (€ 32.795,01) 1.270.000 381.000 84.600.000 7.620.000 11.430.000(+4,6) 1,30 fino a L. 74.000.000 (€ 38.217,81) (€ 655,90) (€ 196,77) (€ 43.692,25) (€ 3.935,40) (€ 5.903,10)

1,15 fino a L. 84.600.000 (€ 43.692,25)

1,75 fino a L. 44.400.000 (€ 22.930,69)1990 1,50 fino a L. 66.700.000 (€ 34.447,68) 1.333.000 400.000 88.900.000 7.998.000 12.000.000(+5,0) 1,30 fino a L. 77.800.000 (€ 40.180,35) (€ 688,44) (€ 206,58) (€ 45.913,02) (€ 4.130,62) (€ 6.195,93)

1,15 fino a L. 88.900.000 (€ 45.913,02)

(segue)

I dati numerici aggiornati

a cura di Gennaro Florio

PPREVIDENZAl’informazione

76

PLA PREVIDENZA FORENSE

(segue)

Anno Coefficienti per il calcolo Contributo Contributo Tetto Minimo IRPEF Minimo IVAe indici della pensione soggettivo integrativo del contributo per la prova per la provadi rivalu- e scaglioni di reddito minimo minimo soggettivo al 10% dell’esercizio dell’eserciziotazione (1) (2) (art. 10, comma 1) (art. 11) (oltre: 3%) continuativo continuativo

(3) (4) (5) della professione della professione(6) (6)

1,75 fino a L. 47.400.000 (€ 24.480,06)1991 1,50 fino a L. 71.100.000 (€ 36.720,09) 1.420.000 426.000 94.800.000 8.320.000 12.780.000(+6,6) 1,30 fino a L. 82.900.000 (€ 42.814,28) (€ 733,37) (€ 220,01) (€ 48.960,11) (€ 4.400,21) (€ 6.600,32)

1,15 fino a L. 94.800.000 (€ 48.960,11)

1,75 fino a L. 50.300.000 (€ 25.977,78)1992 1,50 fino a L. 75.400.000 (€ 38.940,85) 1.510.000 453.000 100.600.000 9.060.000 13.590.000(+6,1) 1,30 fino a L. 88.000.000 (€ 45.448,21) (€ 779,85) (€ 233,95) (€ 51.955,56) (€ 4.679,10) (€ 7.018,65)

1,15 fino a L. 100.600.000 (€ 51.955,56)

1,75 fino a L. 53.500.000 (€ 27.630,44)1993 1,50 fino a L. 80.200.000 (€ 41.419,84) 1.610.000 483.000 107.000.000 9.660.000 14.490.000(+6,4) 1,30 fino a L. 93.600.000 (€ 48.340,37) (€ 831,50) (€ 249,45) (€ 55.260,89) (€ 4.988,97) (€ 7.483,46)

1,15 fino a L. 107.000.000 (€ 55.260,89)

1,75 fino a L. 56.400.000 (€ 29.128,17)1994 1,50 fino a L. 84.500.000 (€ 43.640,61) 1.700.000 510.000 112.800.000 10.200.000 15.300.000(+5,4) 1,30 fino a L. 98.700.000 (€ 50.974,30) (€ 877,98) (€ 263,39) (€ 58.256,34) (€ 5.267,86) (€ 7.901,79)

1,15 fino a L. 112.800.000 (€ 58.256,34)

1,75 fino a L. 58.700.000 (€ 30.316,02)1995 1,50 fino a L. 87.900.000 (€ 45.396,56) 1.770.000 531.000 117.300.000 10.620.000 15.930.000(+4) 1,30 fino a L. 102.600.000 (€ 52.988,48) (€ 914,13) (€ 274,24) (€ 60.580,39) (€ 5.484,77) (€ 8.227,16)

1,15 fino a L. 117.300.000 (€ 60.580,39)

1,75 fino a L. 61.100.000 (€ 31.555,52)1996 1,50 fino a L. 91.500.000 (€ 47.255,81) 1.840.000 552.000 122.100.000 11.040.000 16.560.000(+4,1) 1,30 fino a L. 106.800.000 (€ 55.157,60) (€ 950,28) (€ 285,08) (€ 63.059,39) (€ 5.701,68) (€ 8.552,53)

1,15 fino a L. 129.800.000 (€ 63.059,39)

1,75 fino a L. 64.600.000 (€ 33.363,12)1997 1,50 fino a L. 96.800.000 (€ 49.993,03) 1.950.000 585.000 129.200.000 11.700.000 17.550.000(+5,8) 1,30 fino a L. 113.600.000 (€ 58.359,63) (€ 1007,09) (€ 302,13) (€ 66.726,23) (€ 6.042,55) (€ 9.063,82)

1,15 fino a L. 129.300.000 (€ 66.726,23)

1,75 fino a L. 67.100.000 (€ 34.654,26)1998 1,50 fino a L. 100.600.000 (€ 51.955,56) 2.030.000 610.000 134.200.000 12.180.000 18.270.000(+3,9) 1,30 fino a L. 117.400.000 (€ 60.632,04) (€ 1.048,41) (€ 315,04) (€ 69.308,52) (€ 6.290,45) (€ 9.435,67)

1,15 fino a L. 134.200.000 (€ 69.308,52)

1,75 fino a L. 68.200.000 (€ 35.222,36)1999 1,50 fino a L. 102.300.000 (€ 52.833,54) 2.060.000 620.000 136.500.000 12.360.000 18.540.000(+1,7) 1,30 fino a L. 19.400.000 (€ 61.664,95) (€ 1.063,90) (€ 320,20) (€ 70.496,37) (€ 6.383,41) (€ 9.575,11)

1,15 fino a L. 136.500.000 (€ 70.496,37)

1,75 fino a L. 69.400.000 (€ 35.842,11)2000 1,50 fino a L. 104.100.000 (€ 53.763,16) 2.100.000 630.000 139.000.000 12.600.000 18.900.000(+1,8) 1,30 fino a L. 121.500.000 (€ 62.749,51) (€ 1.084,56) (€ 325,37) (€ 71.787,51) (€ 6.507,36) (€ 9.761,04)

1,15 fino a L. 139.000.000 (€ 71.787,51)

1,75 fino a L. 70.500.000 (€ 36.410,21)2001 1,50 fino a L. 105.800.000 (€ 54.641,14) 2.130.000 640.000 141.200.000 12.780.000 19.170.000(+1,6) 1,30 fino a L. 123.400.000 (€ 63.730,78) (€ 1.100,05) (€ 330,53) (€ 72.923,71) (€ 6.600,32) (€ 9.900,48)

1,15 fino a L. 141.200.000 (€ 72.923,71)

1,75 fino a € 37.300 (L. 72.300.000)2002 1,50 fino a € 56.100 (L. 108.600.000) € 1.130 € 340 € 74.800 € 6.780 € 10.170(+2,6) 1,30 fino a € 65.400 (L. 126.600.000) (L. 2.190.000) (L. 660.000) (L. 144.900.000) (L. 13.140.000) (19.710.000)

1,15 fino a € 74.800 (L. 144.900.000)

(continua)

77

LA PREVIDENZA FORENSE

Anno Coefficienti per il calcolo Contributo Contributo Tetto Minimo IRPEF Minimo IVAe indici della pensione soggettivo integrativo del contributo per la prova per la provadi rivalu- e scaglioni di reddito minimo minimo soggettivo al 10% dell’esercizio dell’eserciziotazione (1) (2) (art. 10, comma 1) (art. 11) (oltre: 3%) continuativo continuativo

(3) (4) (5) della professione della professione(6) (6)

1,75 fino a € 38.3002003 1,50 fino a € 57.600 € 1.160 € 350 € 76.800 € 6.960 € 10.440(+2,7) 1,30 fino a € 67.150

1,15 fino a € 76.800

1,75 fino a € 39.2002004 1,50 fino a € 59.000 € 1.190 € 355 € 78.650 € 7.140 € 10.710(+2,4) 1,30 fino a € 68.750

1,15 fino a € 78.650

1,75 fino a € 40.2002005 1,50 fino a € 60.500 € 1.220 € 365 € 80.600 € 7.320 € 10.980(+2,5) 1,30 fino a € 70.450

1,15 fino a € 80.600

1,75 fino a € 41.0002006 1,50 fino a € 61.700 € 1.245 € 375 € 82.200 € 7.470 € 11.205(+2) 1,30 fino a € 71.850

1,15 fino a € 82.200

1,75 fino a € 41.7002007 1,50 fino a € 62.750 € 1.265 € 380 € 83.600 € 7.590 € 11.385(+1,7) 1,30 fino a € 73.050

1,15 fino a € 83.600

1,75 fino a € 42.5502008 1,50 fino a € 64.000 € 1.290 € 385 € 85.250 € 8.000 € 12.000(+2) 1,30 fino a € 74.500

1,15 fino a € 85.250

1,75 fino a € 43.2502009 1,50 fino a € 65.100 € 1.310 € 395 € 86.700 € 9.000 € 13.500(+1,7) 1,30 fino a € 75.750

1,15 fino a € 86.700

(continua)

Note alla tabella1) Secondo l’art. 2 della legge 576/80 lapensione si calcolava sulla media dei mi-gliori dieci redditi degli ultimi quindicianni anteriori a quelli del pensionamen-to (rivalutati secondo certi meccanismi):questo reddito medio viene moltiplicatoper il numero di anni di anzianità di ef-fettiva iscrizione alla Cassa e per coeffi-cienti (vedi colonna 1) che sono variabi-li in modo regressivo in funzione di de-terminati scaglioni del reddito mediostesso (vedi colonna 2). Tali scaglionivengono rivalutati anno per anno perconservare il loro valore reale, sulla ba-se delle rilevazioni ISTAT.Con delibera del Comitato dei Delegatidel 19 gennaio 2001, approvata daicompetenti Ministeri il 27 novembre2001, il periodo di riferimento per il cal-colo delle pensioni con decorrenza dal

1° febbraio 2002, è stato ampliato ai mi-gliori 20 anni sugli ultimi venticinque.L’applicazione di questo maggior perio-do di riferimento avviene in modo pro-gressivo, “pro rata”, calcolandosi unaprima quota di pensione – corrispon-dente all’anzianità già maturata (al 31dicembre 2001) – secondo il previgentecriterio, alla quale si aggiunge una se-conda quota – corrispondente all’ulte-riore anzianità – calcolata secondo inuovi criteri.Per coloro che maturano i requisiti dal1° gennaio 2008, (Riforma Previdenzia-le, deliberata dal Comitato dei Delegatidel 17 marzo 2006, approvata dai mini-steri vigilanti) la pensione viene calco-lata su tutti i redditi professionali di-chiarati dal professionista, antecedente-mente all’anno di decorrenza del tratta-mento, con l’esclusione dei peggiori 5

anni. La media reddituale viene determi-nata in ogni caso su almeno 25 annua-lità.Nel rispetto dei diritti acquisiti anchequesto nuovo periodo di riferimento en-tra in vigore gradualmente; infatti percoloro che al 31 dicembre 2007, avrannomaturato almeno 40 anni di età e 5 annidi effettiva iscrizione e contribuzione,l’importo di pensione viene calcolatomediante la somma di 2 o 3 quote, le pri-me due quote, secondo quanto previstodalla delibera del Comitato dei Delegatidel 27 novembre 2001, sull’anzianitàmaturata fino al 31 dicembre 2007 e laterza con il nuovo periodo di riferimentoper l’anzianità dal 2008 in poi.Gli scaglioni indicati per il 2009 dovran-no essere utilizzati per il calcolo dellepensioni che matureranno nel corso del2010.

PPREVIDENZAl’informazione

78

Gli scaglioni di reddito previsti dalla leg-ge sono quattro.I coefficienti, per vari scaglioni, eranostati fissati nella legge n. 576/80, nellamisura, rispettivamente di: 1.50, 1.30,1.15, 1.00; con decreto ministeriale 25settembre 1990 n. 258, i coefficienti era-no già stati così variati: 1.60, 1.39, 1.23,1.07 (l’efficacia di questa variazione siaveva a partire dal 1988); con legge n.141/92, i coefficienti sono stati ulterior-mente elevati, rispettivamente a 1.75,1.50, 1.30, 1.15 con effetto retroattivo fi-no al 1982.Questi ultimi coefficienti si applicanoper tutte le pensioni maturate dopo il 1°gennaio 1982 e cioè a tutte le pensioniper le quali si applica la disciplina pre-videnziale prevista nella riforma del1980 (e perciò anche alle pensioni matu-rate anteriormente e per le quali sia sta-to tempestivamente richiesto il “ricalco-lo” secondo l’art. 28 della legge n.576/80).Si deve tenere presente che, per le pen-sioni liquidate con decorrenza sino al 31dicembre 1992, si applicano i coefficientiche erano in vigore nell’anno di matura-zione del diritto a pensione e, a partiredal 1° gennaio 1993, i nuovi coefficientiintrodotti dalla legge n. 141/92. Per unainformazione rispetto ai coefficienti delpassato, rinviamo alla pubblicazione del-le precedenti tabelle e, da ultimo, al n.1/92 della nostra rivista, a pag. 73.2) L’art. 50 del Regolamento Generaleha determinato l’importo minimo di pen-sione, per l’anno 2007, in € 9.960,00 edha previsto che venga annualmente riva-lutato in proporzione alla variazione me-dia dell’indice annuo dei prezzi al con-sumo per le famiglie di operai ed impie-gati calcolato dall’ISTAT.

Il Consiglio di Amministrazione, nellaseduta del 13 giugno 2008, vista la deli-bera del maggio 2008 con cui veniva sta-bilito l’indice di rivalutazione da appli-care agli importi di pensione dal 1° gen-naio 2009 (1,7%), ha stabilito che perl’anno 2009 l’importo minimo di pensio-ne sia pari ad € 10.333,00.Con norma, di rilevante contenuto soli-daristico, nessuna pensione di tipo retri-butivo erogata dalla Cassa può essereinferiore all’ammontare della pensioneminima, calcolata come sopra esposto.3) Il contributo soggettivo (vedi colon-na 3) minimo è dovuto da tutti gli iscrit-ti alla Cassa, indipendentemente dal-l’entità del loro reddito, col beneficiodella riduzione alla metà per gli avvo-cati e per i praticanti abilitati che siiscrivono alla Cassa prima di averecompiuto i 35 anni di età. Tale benefi-cio di riduzione alla metà del solo con-tributo soggettivo minimo opera per ilprimo anno di iscrizione e per i due an-ni successivi. Dal 1° gennaio 1993 ipensionati di vecchiaia sono esoneratidal pagamento del contributo soggetti-vo e di quello integrativo minimo e so-no tenuti a versare solo i contributi inmisura percentuale.A decorrere dal 1° gennaio 2008 (mod.5/2009) i pensionati, che rimangonoiscritti agli albi, sono tenuti, dal 6° annosuccessivo al pensionamento, a corri-spondere sul reddito professionale, di-chiarato ai fini IRPEF, il contributo disolidarietà nella misura del 4% (in luogodel 3% in precedenza applicato) fino altetto reddituale e del 3% sulla parte ec-cedente il tetto.4) Si evidenzia che dal 1° gennaio 2008,l’aliquota del contributo soggettivo variadal 10% al 12%.

Il contributo soggettivo minimo viene pa-gato in quattro rate (mediante bollettiniMAV dal 2004) nel corso dello stesso an-no di competenza, mentre il contributoper la misura eccedente l’ammontare mi-nimo è pagato in autotassazione, per unametà entro il 31 luglio dell’anno succes-sivo a quello di produzione del reddito, eper altra metà entro il 31 dicembre dellostesso anno, come da nuovo Regolamen-to dei contributi deliberato dal Comitatodei Delegati dell’11 febbraio 2002, ap-provato dai ministeri vigilanti il 7 feb-braio 2003.Il contributo soggettivo eccedente il mi-nimo è dovuto per intero anche da colo-ro che possono beneficiare della riduzio-ne alla metà del contributo minimo, co-me sopra indicato.5) Il contributo integrativo è dovuto datutti gli iscritti agli albi, anche se noniscritti alla Cassa. Esso è fissato nellamisura del 2% sul volume complessivo diaffari dichiarato dall’iscritto ai fini del-l’IVA.Si ricorda che, per la legge n. 335/95 esuccessive modificazioni apportate dalleleggi nn. 449/97 e 488/99, ogni redditoda lavoro autonomo è soggetto a contri-buzione previdenziale; per cui le even-tuali entrate non assoggettate a contri-buzioni a favore della Cassa Forensedebbono essere assoggettate al contribu-to a favore della gestione separata INPS.Nella tabella ora pubblicata viene indi-cata la misura del contributo integrativominimo (vedi colonna 4) che è dovuto datutti gli iscritti alla Cassa a pieno titoloe solo da costoro (infatti gli avvocati so-lo iscritti agli Albi sono obbligati al pa-gamento del contributo integrativo nellamisura del 2%, ma non del contributominimo).

PLA PREVIDENZA FORENSE

Recupero dell’indebito nelle pensioni pagate dalla Cassa

CORTE D’APPELLO DI CATANZARO 3 SET-TEMBRE 2008, N. 1358

Pres. Greco, Rel. Roberti – Omissis c. Cassa Nazionale diPrevidenza e Assistenza Forense (Avv. M. Limardo).

Avvocato – Indebito previdenziale – Ripetibi-lità.

Nella disciplina degli indebiti previdenziali trovanoapplicazione l’art. 2033 c.c. nonché la legge n.662/96 art. 1 commi 260 e 261, che disciplinano ri-spettivamente l’indebito oggettivo in generale, non-ché, in particolare, le prestazioni previdenziali in-debite. È quindi legittima la richiesta di restituzionedelle somme corrisposte in eccedenza della Cassa,non avendo rilevanza l’assenza di dolo o mala fededel professionista, poiché le prestazioni previden-ziali indebite sono tutte ripetibili. Sono pertanto pienamente conformi alla disciplinale delibere assunte dal Consiglio di Amministrazio-ne della Cassa che consentono il recupero degli in-debiti pensionistici entro determinati limiti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSOS.F. ha proposto appello avverso la sentenza delTribunale di Lamezia Terme, emessa il 22.4.2005,che aveva rigettato la sua domanda finalizzata al-la restituzione della somma di lire 9.782.918, in-debitamente trattenuta dalla Cassa Nazionale diPrevidenza e Assistenza Forense, accogliendo in-vece la riconvenzionale di controparte. Nel grava-me l’appellante assumeva che la Cassa in questio-

ne aveva natura privatistica e, in mancanza di do-lo o mala fede, egli non era tenuto a restituire lesomme percepite. In ogni caso giocava a suo favo-re la prescrizione che era quinquennale. Conclu-deva perché la Corte riformasse la gravata senten-za, rigettando l’avversaria domanda.A sua volta la Cassa predetta si è costituita dispie-gando appello riconvenzionale e concludeva perl’accoglimento dello stesso.

MOTIVI DELLA DECISIONEL’appello non appare meritevole di accoglimento.A causa di un errore materiale nell’acquisizionedei dati reddituali del ricorrente, la Cassa ha corri-sposto all’Avv. S.F., per il periodo 1.12.1992-30.11.1999, un maggior importo di lire 34.281.880(euro 17.705,11). La fattispecie, pertanto, deve es-sere inquadrata nell’ambito della disciplina di in-debiti previdenziali, trovando applicazione l’art.2033 cc. nonché la legge n. 662/96 art. 1 commi260 e 261, che disciplinano rispettivamente l’inde-bito oggettivo in generale, nonché, in particolare,le prestazioni previdenziali indebite. Appare, quin-di, legittima la richiesta di restituzione delle som-me corrisposte in eccedenza dalla Cassa al ricor-rente, non avendo rilevanza l’assenza di dolo o ma-la fede del professionista, poiché le prestazioniprevidenziali indebite sono tutte ripetibili. Tale ri-petizione non è più subordinata ai presupposti pre-visti dalla precedente disciplina normativa, maiapplicabile alla Cassa Forense. In tal senso anchela Giurisprudenza, una per tutte: «Le prestazioniprevidenziali indebitamente erogate dagli enti diprevidenza obbligatoria prima dell’1.1.1996 sonoripetibili secondo riguardo sostituiscono per inte-ro la precedente disciplina, con la conseguenzache la ripetizione non è subordinata alla sussisten-za anche dei relativi presupposti secondo la disci-

80

Corte d’Appello di Catanzaro 3 settembre 2008, n. 1358 (pag. 80)Tribunale di Firenze 5 novembre 2008, n. 845 (pag. 90)

LA PREVIDENZA FORENSE

GIURISPRUDENZA PREVIDENZIALE

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plina precedentemente applicabile» (Cass. Civ.,Sez. un., 21 febbraio 2000, n. 30), con l’ulteriorespiegazione, sempre della stessa Cassazione, che ildisposto delle norme della legge n. 662/96 è voltoa garantire le esigenze vitali dell’assicurato e dellafamiglia e, in ragione di tali finalità, si applica an-che agli Enti previdenziali privatizzati. Riguardo alD.m. 25.9.1990, in esecuzione dell’istanza dellostesso Avv. S. del 1.9.1999, gli uffici hanno rettifi-cato l’importo della pensione spettante al ricorren-te sulla base dei corretti dati reddituali e della riva-lutazione al 100% degli stessi redditi; le differenzea credito del professionista per effetto del ricalco-lo, pari a lire 9.782.918, non sono state corrispostein quanto portate in detrazione dal debito del ricor-rente, risultando un debito di lire 24.498.962 (euro12.652,65) successivamente ridotto ai sensi dellalegge n. 662/96. L’appellante lamenta la mancataapplicazione dell’art. 1, comma 261, legge n.662/96 e vorrebbe far venir meno alla Cassa il di-ritto alla restituzione, alla Cassa, delle somme in-debitamente percepite dal ricorrente. Con Deliberadel Consiglio di Amministrazione del 10.1.2003 laCassa stabiliva di uniformarsi alla suddetta norma-tiva, che recita, testualmente, all’art. 1, comma260: «Nei confronti dei soggetti che hanno perce-pito indebitamente prestazioni pensionistiche oquote di prestazioni pensionistiche o trattamenti difamiglia nonché rendite, anche se liquidate in ca-pitale, a carico degli enti pubblici di previdenzaobbligatoria, per periodi anteriori al 10 gennaio1996, non si fa luogo al recupero dell’indebitoqualora i soggetti medesimi siano percettori di unreddito personale imponibile IRPEF per l’anno1995 di importo pari o inferiore a lire 16 milioni».Comma 261: «Qualora i soggetti che hanno inde-bitamente percepito i trattamenti di cui al comma260 siano percettori di un reddito personale impo-nibile IRPEF per l’anno 1995 di importo superio-re a lire 16 milioni non si fa luogo al recupero del-l’indebito nei limiti di un quarto dell’importo ri-scosso». In applicazione di tali disposizioni laCassa comunicava con fax dell’11.9.2003 la vo-lontà di non procedere all’integrale recupero deimaggiori importi pensionistici percepiti indebita-mente pari a lire 24.498.962 (ossia euro12.652,66) limitando il recupero stesso soltanto alire 21.002.573 (ossia euro 10.846,92).Riduzione operata in applicazione della Deliberadel 10.1.2003, poiché nella fattispecie il reddito

imponibile Irpef per l’anno 1995 risulta pari a lire41.067,10, l’importo indebitamente percepito dalprofessionista per il periodo dall’1.12.1992 al31.12.1995, pari a lire 9.994.537, va recuperatodalla Cassa limitatamente ai tre quarti della som-ma originaria, ossia lire 6.498.149.Sotto tale aspetto, ed in merito all’applicazionedella legge n. 662/96, pertanto, si rileva una ces-sazione della materia del contendere.Quanto all’indebito riferito al periodo successivoal 31.12.1995, non è stato possibile effettuare alcu-na riduzione, poiché con delibera del Consiglio diAmministrazione del 28.3.2003, relativamente alleprestazioni pensionistiche indebitamente percepitesuccessivamente alla data del 31.12.1995, venivastabilito di non procedere al recupero quando ilreddito imponibile Irpef dichiarato dal professioni-sta per l’anno 2002 fosse pari o inferiore al doppiodell’importo annuo lordo della pensione minimastabilita per l’anno 2002, di cui all’art. 2, comma 3della legge n. 572/80 (pari a lire 17.040.000), non-ché di procedere all’integrale recupero della som-ma indebitamente percepita qualora il reddito im-ponibile Irpef per l’anno 2002 fosse superiore aldoppio dell’importo annuo lordo della pensioneminima stabilita per lo stesso anno 2002. Nella fat-tispecie il reddito imponibile Irpef dichiarato dalprofessionista per l’anno 2002 è di euro 36.944 e,dunque, certamente superiore al doppio della pen-sione minima annua lorda stabilita per l’anno2002. Pertanto, in virtù della Delibera, l’intero im-porto indebitamente percepito dall’avv. S.F. per ilperiodo dall’1.1.1996 al 30.11.1999, è pari a com-plessive lire 14.504.424.Tutto ciò è stato comunicato all’Avv. S.F. con ri-chiesta di recupero della ridotta somma di com-plessive euro 10.846,92, come da conteggi allega-ti, nonché formulazione di definizione bonariadella vertenza promossa dinanzi a questo Tribuna-le, proposta peraltro non accolta dall’Avv. S.F.Con riferimento all’applicabilità delle norme li-mitative del recupero dell’indebito introdotte dal-l’art. 38, commi 7 e 8 della legge 29 dicembre2001, n. 448, legge finanziaria 2002) riferiteespressamente alle prestazioni pensionistiche acarico dell’INPS, si ricorda che il Consiglio diAmministrazione, con delibera del 15.3.2002, haritenuto che non sussistono i presupposti per rite-nerle applicabili alla Cassa.L’appellante eccepisce l’intervenuta prescrizione

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quinquennale della pretesa ex art. 2948 c.c. n. 4,ex art. 3, comma 9 della legge n. 335/95, nonchéex art. 2, comma 1, D.l. 295/39. Per come giusta-mente ritenuto dal Giudice di prime cure nella fat-tispecie non può trovare applicazione l’art. 2948c.c., che si riferisce alla prescrizione delle “annua-lità delle pensioni alimentari”, al punto 2, e degli“interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagar-si periodicamente ad anno o in termini più brevi”,al punto 4.Inapplicabile è anche l’art. 3, comma 9 della leg-ge n. 335/95, essendo dettato con espresso riferi-mento alle “contribuzioni di previdenza e assi-stenza sociale obbligatoria”.Né tanto meno può trovare applicazione l’art. 3comma 1 del D.l. 295/39, che disciplina fattispe-cie del tutto diverse e comunque dovute dallo Sta-to. In difetto di una normativa speciale, trattando-si di recupero di somme indebitamente percepitetrova applicazione la disciplina generale del ter-mine decennale ordinario ex art. 2946 c.c.L’orientamento giurisprudenziale della Corte deiConti è costante nel ritenere che l’indebito pensio-nistico è soggetto all’ordinario termine decennaledi prescrizione e non a quello quinquennale (cfr.ex plurimis Corte dei Conti, Sez. Lombardia,10.4.2003, n. 425; Corte dei Conti, Sez. Giur.Reg. Basilicata, 31.3.2003, n. 47).Va rilevato, infine, che, ai sensi degli artt. 16 com-ma 6 della legge n. 412/91 e 22 comma 36 dellalegge n. 724/94, il principio del cumulo di interes-si e rivalutazione monetaria sui crediti previden-ziali e da lavoro, richiesto nella fattispecie dal-l’appellante, deve ritenersi ampiamente superatoe, pertanto, non possono essere comunque ricono-sciuti entrambi come richiesti con ricorso intro-duttivo.Alla luce delle osservazioni tutte sin qui dispiega-te, in mancanza di persuasive argomentazioni con-trarie, la impugnata sentenza deve essere total-mente confermata.Sussistono giusti motivi, in particolare con riferi-mento alla qualità delle parti coinvolte nella vi-cenda processuale ed alla sua natura, perché lespese del presente grado di giudizio siano dichia-rate integralmente compensate.

NotaDisciplina del recupero dell’indebito previdenzialeLa sentenza in commento affronta il delicato problema del re-cupero dell’indebito previdenziale. Un’analisi della sentenza

non può prescindere da una preventiva disamina in subjectamateria, con riferimento sia alla disciplina di carattere gene-rale, sia all’ordinamento previdenziale forense, così come in-tegrato, sull’argomento, dalle decisioni degli Organi Colle-giali della Cassa.

1) Il riesame del provvedimento pensionisticoCon riferimento alla problematica concernente i termini en-tro i quali la Cassa Forense può esercitare il diritto di rettifi-care l’importo della pensione già liquidata a seguito dell’ac-certamento di errori degli Uffici nel calcolo della stessa, ov-vero a seguito dell’acquisizione dagli uffici fiscali di infor-mazioni relative alle dichiarazioni ed agli accertamenti defi-nitivi contrastanti con i dati reddituali forniti dagli aventi di-ritto al trattamento pensionistico, ovvero in tutti gli altri pos-sibili casi in cui tale diritto possa essere esercitato, occorreosservare che, a differenza di quanto previsto, ad esempio,per il trattamento dei dipendenti civili e militari dello Stato eper l’INPS, non esistono per la Cassa norme specifiche al ri-guardo. Preliminarmente appare, pertanto, opportuno esaminare ladisciplina dettata per gli Enti pubblici previdenziali di cuisopra, al fine di trarre possibili elementi di ausilio alla disa-mina della problematica.

A) L’erogazione del trattamento di quiescenza dei dipenden-ti civili e militari dello Stato è stabilita dal D.P.R. 29 dicem-bre 1973, n. 1092, il quale disciplina, agli artt. 203 e segg., irequisiti e i termini di decadenza per la revoca o la modifica,da parte dell’Ente, del provvedimento definitivo sul tratta-mento di quiescenza. Il D.P.R. in esame prevede, infatti, una distinzione tra tratta-mento provvisorio e definitivo. Secondo la dottrina, la previsione della possibile emissione, daparte dell’Ente pensionistico, di un provvedimento provvisorio,soccorre ad una necessità di assicurare il sostentamento delpensionato alla cessazione del servizio (DIANA DELLA PUPPA,Gli indebiti pensionistici nel pubblico impiego, in Rivista dellaPrevidenza Pubblica e Privata, n. 5/2002, 755). Nel caso dei dipendenti civili e militari dello Stato, il citatoD.P.R. n. 1092/73 stabilisce, all’art. 162, che il trattamentoprovvisorio viene erogato dalla data della cessazione delservizio fino all’inizio del pagamento della pensione direttae viene determinato in base alla documentazione prodottaovvero in possesso dell’amministrazione, salva la possibilitàper l’Ente di provvedere, all’atto dell’emissione della pen-sione definitiva, ad apportare le eventuali variazioni risul-tanti dall’ulteriore documentazione acquista. Nel caso incui, in sede di liquidazione del trattamento definitivo, venga-no effettivamente apportate variazioni dei predetti importi,l’Ente, ai sensi del comma 7 del predetto art. 162, provvedea far luogo ai necessari conguagli a credito o a debito delpensionato.Una volta adottato il trattamento definitivo, lo stesso può es-sere revocato o modificato dall’Ente per i motivi elencati nel-l’art. 204 e, in particolare, quando:a) vi sia stato errore di fatto o sia stato omesso di tener con-

to di elementi risultanti dagli atti;b) vi sia stato errore nel computo dei servizi o nel calcolo del

contributo del riscatto, nel calcolo della pensione, asse-

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gno o indennità o nell’applicazione delle tabelle che sta-biliscono le aliquote o l’ammontare della pensione, asse-gno o indenntà;

c) siano stati rinvenuti documenti nuovi dopo l’emissione delprovvedimento;

d) il provvedimento sia stato emesso in base a documenti ri-conosciuti o dichiarati falsi.

L’art. 205 disciplina, tra l’altro, i termini di decadenza perl’esercizio della revoca o della modifica dei provvedimenti dicui sopra, le quali devono intervenire entro tre anni dalla da-ta di registrazione del provvedimento, nei casi previsti dallelettere a) e b) dell’art. 204 e, nei casi di cui alle lettere c) ed), entro 60 giorni dal rinvenimento dei documenti nuovi odalla notizia della riconosciuta o dichiarata falsità dei docu-menti. L’art. 206 stabilisce che, nel caso in cui, in conseguenza delprovvedimento revocato o modificato, siano state riscosse ra-te di pensione o di assegno ovvero indennità, risultanti nondovute, non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte,salvo che la revoca o la modifica siano state disposte in se-guito all’accertamento di fatto doloso dell’interessato.Tale disposizione deve essere, tuttavia, interpretata alla lucedei successivi orientamenti giurisprudenziali in tema di recupe-ro di indebito, affrontati nel prosieguo della presente disamina,cui si rinvia per una più approfondita analisi. In questa fase,per completezza di trattazione si segnala, comunque, l’orienta-mento della magistratura contabile, che ha stabilito che il di-vieto di recupero di somme erroneamente erogate previsto dal-l’art. 206 del D.P.R. in questione non trova applicazione nell’i-potesi in cui l’Amministrazione, pur avendo liquidato il tratta-mento pensionistico con clausola di definitività, sia incorsa inerrori interpretativi della normativa di riferimento, cui sianoseguiti provvedimenti di riforma adesivi all’indirizzo giurispru-denziale indicato dalla Corte dei Conti in sede di controllo; ri-corrono, pertanto, nella fattispecie, i presupposti della “repeti-tio indebiti” di cui all’art. 2033 c.c. (Corte dei Conti, Sez. Giur.Reg. Abruzzo, 26 marzo 1999, n. 210).In ogni caso, la diversa disciplina del provvedimento provvi-sorio e del provvedimento definitivo comporta che l’indebitapercezione di somme non dovute che trovino origine nel pri-mo provvedimento incorra nella ripetibilità, nella irripetibi-lità le altre (Corte dei Conti, Sez. III, 6 febbraio 2006, n. 72;Corte dei Conti, Sez. III, 28 settembre 2004, n. 506; Corte deiConti, Sez. III, 21 gennaio 2004, n. 32; Corte dei Conti, Sez.III, 8 marzo 2002, n. 73; Corte dei Conti, Sez. III, 13 marzo2001, n. 113). Appare, inoltre, opportuno segnalare che la giurisprudenzadella Corte dei Conti, peraltro relativa alla sola disciplinadei trattamenti pensionistici dei dipendenti pubblici, ha postoin luce un principio di affidamento dell’avente diritto circa ladefinitività dell’assegnazione della pensione. A tale riguardo, è stato infatti stabilito che l’erroneità dell’e-rogazione di somme non dovute non legittima l’azione di re-cupero da parte dell’Ente previdenziale nei confronti del per-cipiente quando questi abbia ricevuto le somme in buona fe-de e sia trascorso un tempo così lungo da indurre nel mede-simo il ragionevole convincimento che le somme risultasseroeffettivamente dovute (Corte dei Conti, Sez. III, 6 febbraio2006, n. 72, cit.; Corte dei Conti, Sez. III, 6 febbraio 2006, n.

70; Corte dei Conti, Sez. giurisdiz. Sicilia, 2 gennaio 2004, n.1; Corte dei Conti, Sez. Giurisdiz. Piemonte, 15 settembre2003, n. 1590).Analogamente, sempre in materia di pensioni pubbliche, èstato affermato dalla giurisprudenza contabile che deve rite-nersi viziato da eccesso di potere il provvedimento di riduzio-ne del trattamento pensionistico, emanato a distanza di di-versi anni, con il quale viene disposta la riduzione del tratta-mento pensionistico senza che sia stata effettuata alcunaponderazione tra l’interesse pubblico al ripristino della lega-lità ed il danno per il privato che aveva fatto affidamento sul-la legittimità dell’azione amministrativa (Corte dei Conti,Sez. Giurisdiz. Sardegna, 15 maggio 2002, n. 516).

B) Fermo restando quanto precisato in ordine alla disciplinadella previdenziale pubblica, per quanto riguarda l’INPS vaosservato che, ai sensi dell’art. 80, comma 3, del R.D. 28agosto 1924, n. 1422, le assegnazioni di pensioni si conside-ravano definitive quando, entro un anno dall’avviso datoneall’interessato, non fossero state respinte dall’Ente.Più recentemente, l’art. 52, comma 1, della legge 9 marzo1989, n. 88, avente specificatamente ad oggetto l’INPS e l’I-NAIL, ha stabilito che «le pensioni a carico dell’assicurazio-ne generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed isuperstiti dei lavoratori dipendenti … nonché la pensione so-ciale … possono essere in ogni momento rettificate dagli en-ti o fondi erogatori, in caso di errore di qualsiasi natura com-messo in sede di attribuzione, erogazione o riliquidazionedella prestazione».Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto chetale ultima norma, nel riconoscere la facoltà di «provvederealla correzione o all’annullamento, totale o parziale, di qual-siasi provvedimento contenente un errore o un’inesattezza,senza distinzione tra errori di fatto, di calcolo e di diritto»,ha, «per effetto dell’art. 15 delle preleggi, innovato radical-mente l’art. 80, 3º comma, r.d. n. 1422, 28 agosto 1924, abro-gando, tacitamente, quest’ultimo per incompatibilità tra lanuova disposizione (art. 52) e la precedente (art. 80)» (Cass.,Sez. lav., 14 novembre 1989, n. 4805; nello stesso senso,Cass., Sez. lav., 13 ottobre 1990, n. 10061; Cass., Sez. lav.,12 novembre 1990, n. 10924; Cass., Sez. lav., 16 aprile 1991,n. 4061; Cass., Sez. lav., 29 maggio 1991, n. 6088; Cass.,Sez. lav., 5 giugno 1991, n. 6394).Inoltre la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, conl’art. 52 della legge n. 88/1989, «è stata confermata agli en-ti previdenziali, ma senza limite di tempo, la facoltà di prov-vedere alla correzione, ovvero all’annullamento totale o par-ziale o alla revoca di qualsiasi provvedimento contenente unerrore o un’inesattezza, senza che possa essere fatta distin-zione in ordine alla natura dell’errore, come ad esempio traerrori di fatto o di calcolo ed errori di diritto» e che dettanorma «si applica a qualsiasi ipotesi di indebito» (Cass.,Sez. lav., 21 marzo 1992, n. 3563). Peraltro, altra giurisprudenza di legittimità ha ritenuto, inparziale difformità dall’orientamento sopra citato e limitata-mente all’esercizio del potere di annullamento della pensio-ne, che tale facoltà di annullamento sia consentita all’Enteentro i limiti della prescrizione ordinaria, mentre la sola ret-tifica di errori relativi alla liquidazione della pensione, cheattengono esclusivamente alle operazioni contabili di quan-

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tificazione della prestazione previdenziale, comporta invecel’irripetibilità delle somme riscosse senza dolo dal pensiona-to nei confronti del quale l’ammontare della pensione sia sta-to rettificato entro l’anno, ai sensi dell’art. 13 della legge n.412/1991 (Cass., 22 febbraio 1998, n. 1898). Ed invero, co-me meglio si vedrà in seguito, in base all’art. 13 della legge30 dicembre 1991, n. 412, l’INPS dovrebbe procedere an-nualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensio-nati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pen-sionistiche e provvedere, entro l’anno successivo, al recupe-ro di quanto eventualmente pagato in eccedenza.Tale previsione, peraltro, non sembra confliggere con il cita-to art. 52, comma 1, della legge n. 88/1989, in quanto, men-tre quest’ultimo stabilisce che le pensioni possono essere inqualunque momento rettificate in caso di errore di qualsiasinatura commesso in sede di attribuzione, erogazione o rili-quidazione della prestazione, l’art. 13 della legge n.412/1991 – che peraltro nasce come norma interpretativa delsecondo comma dell’art. 52 (e non, dunque, del primo com-ma, che non è soggetto ad alcun intervento modificativo) –,come si evince dal dato testuale, ha un’applicazione limitataalle sole fattispecie relative alla verifica delle situazioni red-dituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alleprestazioni pensionistiche e pertanto non dovrebbe incideresu tutte le altre possibili cause di rettifica delle pensioni pre-viste dall’art. 52, per le quali l’Ente sembra poter restare li-bero di intervenire senza limiti di tempo. Ed invero, anche la dottrina ha ritenuto che, in assenza dellecondizioni che, ai sensi dell’art. 52, comma 2, della legge n.88/1989 (come interpretato dall’art. 13 della legge n.412/1991), consentissero la sanatoria ivi prevista, «l’INPSpoteva chiedere la restituzione di quanto versato senza limitidi tempo» (S. COSTANTINI, La Corte di Giustizia si pronunciasugli indebiti pensionistici, in Rivista del diritto della sicu-rezza sociale, ed. Giappichelli, n. 1/2004, pag. 337), ancor-ché, per la verità, la Corte di Giustizia Europea – pur espri-mendo un parere complessivamente positivo di conformitàdelle disposizioni italiane in materia di indebito all’ordina-mento comunitario – abbia individuato all’interno del pre-detto art. 13 della legge n. 412/1991, una regola procedura-le (quella che pone limiti temporali alla verifica delle condi-zioni reddituali del pensionato ed all’azione di recupero) del-la quale dovrebbe farsi un’applicazioni generalizzata (Cortedi Giustizia, 19 giugno 2003, proc. C-34/02).La dottrina, tuttavia, sul tema appare piuttosto allineata,poiché si anche è affermato che «non può che aderirsi a quelfilone interpretativo che, tanto per la pensionistica INPS, cheper quella a carico del tesoro, ritiene sempre riesaminabile ilprovvedimento concessivo di pensione e sempre utilizzabilelo strumento generale dell’annullamento, in sede di autotute-la … non vi è motivo per negare tale possibilità, non essendoconcepibile, in un ordinamento giuridico rigoroso, la soprav-vivenza di comprovate situazioni giuridiche illegittime, perinesistenza di idonei rimedi» (M. ORICCHIO, La disciplinadell’indebito pensionistico, in Rivista giuridica del lavoro edella previdenza sociale, ed. Ediesse, n. 4/2002, 1310).Da ultimo lo stesso INPS, con la recentissima circolare 2marzo 2006, n. 31 – avente ad oggetto Il sistema di controllodelle prestazioni indebite –, al punto 2.2.2, nel commentare il

comma 1 del ripetuto art. 13 della legge n. 412/1991, haespressamente ribadito il principio della “possibilità di retti-ficare in ogni momento il provvedimento divenuto errato”.

C) Con riferimento alla Cassa Forense, va osservato che gliistituti della pensione provvisoria e definitiva non sono pre-visti da alcuna norma che disciplini l’ordinamento previden-ziale forense. Inoltre, la circostanza che non esista una pre-visione generale che estenda tali istituti a tutti gli enti pen-sionistici e l’assenza, altresì, di pronunce giurisprudenzialifavorevoli a tale estensione, andrebbero valutate secondo ilcriterio interpretativo generale in base al quale le normepossono trovare applicazione solo limitatamente alle ipotesidalle stesse contemplate e, pertanto, in relazione alla fatti-specie oggetto della presente disamina, si applicherebberosolo nell’ambito dell’ordinamento previdenziale di riferi-mento, senza possibilità di estensione – per quanto di interes-se – alla Cassa Forense. Del resto, è principio riconosciuto dalla stessa Corte Costi-tuzionale la non assimilabilità, ai fini della disciplina pensio-nistica, tra la categoria di lavoratori dipendenti dallo Stato edegli altri enti pubblici e quella dei liberi professionisti (Cor-te Cost., 27 luglio 1992, n. 372).Ciò posto, occorre esaminare la problematica concernente itermini entro i quali la Cassa Forense possa provvedere allarettifica dell’importo della pensione.Al riguardo si possono trarre indicazioni implicitamente dal-la previsione di cui all’art. 17, comma 8, della legge 20 set-tembre 1980, n. 576, il quale stabilisce che la Cassa Forenseha diritto “in ogni momento” di ottenere, dai competenti uf-fici delle imposte dirette e dell’IVA le informazioni relativealle dichiarazioni ed agli accertamenti definitivi concernentitutti gli avvocati attivi e i pensionati.Tale disposizione, da interpretarsi in un’ottica sistematica, inrelazione alla complessiva disciplina pensionistica dellaCassa Forense, potrebbe confortare l’ipotesi secondo la qua-le l’Ente – alla stessa stregua dell’INPS – ha la possibilità diprovvedere a rettificare le pensione in qualsiasi momentosuccessivo all’attribuzione della pensione stessa, senza limi-ti di tempo.Sul punto, si segnala un’autorevole pronuncia di merito cheha ritenuto che l’adeguamento della prestazione pensionisti-ca in base ad un accertamento del reddito su base Irpef, nonpuò subire altro fatto impeditivo, che non sia quello dell’or-dinario termine decennale di prescrizione in relazione al re-cupero, con riferimento al momento di decorrenza della pen-sione (Corte d’Appello di Milano, Sez. lav., 2 settembre 2005,n. 628), così dovendosi evidentemente ritenere che il terminedecennale di prescrizione sia relativo alla sola attività di re-cupero dell’indebito, non già di modifica del trattamentopensionistico erogato.Peraltro, tale ultimo orientamento si allinea al principio, sta-bilito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il qualel’Ente previdenziale è legittimato a compiere atti di verifica,di rettifica e di valutazioni di situazioni giuridiche preesi-stenti, nonché ad annullare d’ufficio qualsiasi provvedimen-to che risulti ab origine adottato in contrasto con la norma-tiva vigente, stante la indisponibilità del rapporto assicurati-vo, da parte dei soggetti interessati (Cass., 10 maggio 1995,n. 5088).

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Ciò posto, va comunque precisato che, in ordine al requisitodella buona fede, che deve sussistere nel percipiente la pen-sione ed al successivo affidamento da parte di quest’ultimosulla stessa (cui si riferiscono le sentenze della Corte deiConti sopra citate), la Cassa Forense provvede a trasmettereal pensionato, unitamente alla comunicazione dell’importodella pensione, i relativi conteggi giustificativi corrisponden-ti ai redditi dichiarati (allegati anche questi ultimi agli stes-si conteggi) e pertanto costui è posto in grado di accertareautonomamente eventuali errori commessi. Alla luce di quanto esposto, si ritiene che, ferma restandol’assenza di una specifica disciplina per la Cassa Forense inmateria di rettifica della pensione, vi siano elementi checonfortano un’interpretazione favorevole all’imprescrittibi-lità del diritto di rettifica della pensione, salva l’applicazio-ne del termine di prescrizione decennale limitatamente all’i-potesi del recupero dei ratei di pensione (in tal senso, Cass.,Sez. lav., 10 marzo 1997, n. 2111; Cass., 13 aprile 1987, n.3687; in senso conforme, Corte dei Conti, Sez. Giur. Reg.Campania, 25 settembre 1996, n. 84, Corte dei Conti, Sez.Giur. Reg. Lombardia, 8 maggio 1995, n. 399).

2) La disciplina dell’indebito fino alla legge n. 662/96.Fermo restando quanto sopra esposto, si evidenzia che, comegià detto, in tema di indebito previdenziale, l’art. 52, comma 1,della legge 9 marzo 1989, n. 88 – in tema di ristrutturazionedell’INPS e dell’INAIL –, prescrive che le pensioni a caricodell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, lavecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, delle gestio-ni obbligatorie sostitutive o, comunque, integrative della mede-sima, della gestione speciale minatori, della gestione specialeper i commercianti, gli artigiani, i coltivatori diretti, mezzadrie coloni, nonché la pensione sociale, possono essere in ognimomento rettificate dagli enti erogatori, «in caso di errore diqualsiasi natura commesso in sede di attribuzione, erogazioneo riliquidazione della prestazione».Il comma 2 del predetto art. 52 dispone che, nel caso in cui,in conseguenza del provvedimento modificato, siano state ri-scosse rate di pensione risultanti non dovute, non si fa luogoal recupero delle somme corrisposte, «salvo che l’indebitapercezione sia dovuta a dolo dell’interessato».Le disposizioni di cui ai precedenti capoversi sono state og-getto di dibattito in giurisprudenza; la Suprema Corte ha insostanza esteso l’operatività della norma a tutte le ipotesi incui la percezione della prestazione fosse intervenuta senzadolo dell’interessato e, quindi, anche quando l’errore avesseriguardato la sussistenza stessa del diritto alla prestazione(Cass., 28 settembre 1991, n. 10166). Tale interpretazione èstata sostanzialmente condivisa anche dalla Corte Costitu-zionale, allorché ha precisato che «non sono ripetibili lesomme riscosse, qualunque sia stata la ragione dell’errore equalunque sia stato il provvedimento, sul quale ha incisol’errore dell’ente, compresa la ritenuta sussistenza dei pre-supposti per il riconoscimento del diritto … in altri termini,è sancita la irripetibilità delle somme erogate, sia che l’erro-re sia caduto sull’an sia sul quantum. Unica condizione ri-chiesta è quella della mancanza di dolo dell’interessato»(Corte Cost., 31 luglio 1990, n. 383).Alla luce della sopra riportata interpretazione della giuri-sprudenza di legittimità e di quella costituzionale dell’art. 52

della legge n. 88/1989, quest’ultima norma è stata successi-vamente oggetto di interpretazione autentica mediante l’art.13, comma 1, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, allorchéil legislatore ha statuito che la sanatoria prevista in tale nor-ma opera in relazione alle somme corrisposte in base a for-male, definitivo provvedimento del quale sia data espressacomunicazione all’interessato e che risulti viziato da erroredi qualsiasi natura imputabile all’ente erogatore del tratta-mento previdenziale, salvo che l’indebita percezione sia do-vuta a dolo dell’interessato. Inoltre, l’omessa od incompletasegnalazione da parte del pensionato in ordine a fatti inci-denti sul diritto o sulla misura della pensione goduta, chenon siano già conosciuti dall’ente competente, consente laripetibilità delle somme indebitamente percepite. Il comma 2dell’art. 13 – come visto – dispone che l’INPS procede an-nualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensio-nati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pen-sionistiche e provvede, entro l’anno successivo, al recuperodi quanto eventualmente pagato in eccedenza.La disposizione di cui al precedente capoverso ha chiara-mente limitato la portata della norma interpretata, tanto dacostringere la Corte Costituzionale a dichiararne l’illegitti-mità limitatamente alla parte in cui detta disposizione inten-de disciplinare i rapporti pregressi ovvero ancora pendentialla data della sua entrata in vigore, privandola così dellaretroattività (Corte Cost., 10 febbraio 1993, n. 39).La Suprema Corte di legittimità, nell’interpretare la materiaalla luce delle novità normative, ha esteso la portata della ri-petibilità delle somme versate a titolo di trattamento pensio-nistico, escludendo la rilevanza dell’errore da parte dell’en-te erogatore nella corresponsione di somme non dovute (siveda: Cass., SS.UU., 22 febbraio 1995, n. 1965; Cass.,SS.UU., 22 febbraio 1995, n. 1967), in tal modo assumendo«interpretazioni notevolmente riduttive della soluti retentioin materia di indebito pensionistico, ormai limitata ad unaresiduale applicazione, nei ristretti limiti temporali della suavigenza, dell’art. 52 l. n. 88 del 1989, oppure, con tutti i re-quisiti condizionanti previsti, dell’art. 13 l. n. 412 del 1991»(P. PONTRANDOLFI, in I trattamenti di quiescenza nel settoreprivato, in Dottrina e giurisprudenza sistematica di dirittodella previdenza sociale, diretta da M. Cinelli, ed. Utet, 1999,39), con conseguente incidenza di detta ripetibilità su sommedestinate al soddisfacimento delle esigenze fondamentali delpensionato.Il Giudice delle leggi, intervenendo sulla problematica in or-dine alla specifica fattispecie dell’integrazione al minimo, hatuttavia ridimensionato l’interpretazione fornita dalla Cortedi Cassazione, precisando, a proposito dell’indebito previ-denziale, che «dalla generale regola codicistica di incondi-zionata ripetibilità dell’indebito, trova applicazione la diver-sa regola, propria di tale sottosistema, che esclude la ripeti-zione in presenza di una situazione di fatto … avente comeminimo comun denominatore la non addebitabilità al perci-piente della erogazione non dovuta», chiarendo, altresì, che«la ripetibilità cessa là dove l’ente previdenziale abbia con-tinuato il pagamento dell’integrazione al minimo pur avendola disponibilità delle informazioni necessarie per l’accerta-mento del reddito del pensionato… Il limite, così individua-to, della ripetibilità sancita dalla disposizione denunziata

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non può trovare applicazione immediata dal momento in cuisi determinano per l’INPS le condizioni di verificabilità delreddito dell’assicurato. Perché i dati disponibili siano effetti-vamente acquisiti dall’Istituto e immessi nei circuiti delle ve-rifiche contabili sono necessari tempi tecnici, che il giudicevaluterà avuto riguardo eventualmente ai termini indicatidall’art. 13, comma 2°, l. n. 412 del 1991 … utilizzabile co-me criterio di orientamento» (Corte Cost., 24 maggio 1996,n. 166). La giurisprudenza successiva a tale pronuncia della CorteCostituzionale, interpretando il principio enunciato qualeprincipio di ordine generale valevole anche oltre la materiadell’integrazione al minimo, ha stabilito, nei casi in cui nonsi fosse potuta applicare, ratione temporis o ratione materiae,la soluti retentio secondo le sopra riportate decisioni delleSezioni Unite della Cassazione, che questa invece si appli-casse ove fossero decorsi – con riferimento al momento in cuil’ente avesse acquisito la disponibilità delle relative informa-zioni – i tempi tecnici necessari per la verifica del reddito delpensionato o di altra causa in astratto ostativa alla soluti re-tentio, tempi in genere parametrati sulla previsione di cui al-l’art. 13, comma 2, della predetta legge n. 412/1991 e, cioè,pari ad un anno e si applicasse, al contrario, la repetitio in-debiti nel caso di tempestiva (ovvero entro l’anno) verificadel reddito del pensionato o di altra causa ostativa (in sensoconforme: Cass., 7 dicembre 1996, n. 10919; Cass., 10 di-cembre 1996, n. 11005. In seguito, Cass., 18 dicembre 1996,n. 11331: tale decisione, invero, ritiene congruo il decorsodel termine di centoventi giorni, in conformità all’art. 7 del-la legge n. 533/1973, da quando l’ente previdenziale sia po-sto in grado di accertare le condizioni di fatto o di diritto cherendono non dovuta l’erogazione, giacché il decorso di taletermine fa perdere all’indebito il carattere “fisiologico” perfargli assumere quello “patologico”, quale effetto del negli-gente comportamento dell’ente, con conseguente regolamen-tazione della fattispecie in base all’art. 52 della legge n.88/1989).In seguito, è intervenuta la legge finanziaria per l’anno 1997,la legge 23 dicembre 1996, n. 662, il cui art. 1, comma 260,dispone che, nei confronti dei soggetti che hanno percepitoindebitamente prestazioni pensionistiche a carico degli entipubblici di previdenza obbligatoria, per periodi anteriori al1° gennaio 1996, non si fa luogo al recupero dell’indebitoqualora i soggetti medesimi siano percettori di un redditopersonale imponibile Irpef per l’anno 1995 di importo pariod inferiore a lire sedici milioni. Il successivo comma 261prescrive che, qualora i soggetti che hanno indebitamentepercepito i trattamenti citati siano percettori di un redditopersonale Irpef per l’anno 1995 di importo superiore a liresedici milioni non si fa luogo al recupero dell’indebito nei li-miti di un quarto dell’importo riscosso. Pertanto, la predetta norma non attribuisce alcun rilievo al-l’addebitabilità all’Ente dell’erroneo pagamento e pone il li-mite dei sedici milioni di lire di reddito alla non ripetibilitàod alla ripetibilità ridotta.Il recupero, secondo quanto reca il comma 262 dell’art. 1 in-nanzi illustrato, è effettuato mediante trattenuta diretta sullapensione in misura non superiore ad un quinto e l’importoresiduo viene recuperato ratealmente senza applicazione di

interessi entro il termine di ventiquattro mesi (tale limite tem-porale può essere superato solamente allo scopo di evitareche la trattenuta superi il limite del quinto della pensione).In merito, va rilevato che, rispetto alle previsioni dell’art.2033 del codice civile – in tema di ripetizione dell’indebito,che consente la ripetizione sulla base del solo presuppostodell’assenza di causa del pagamento avvenuto – il comples-so delle norme sull’indebito previdenziale si fonda sull’e-sclusione della ripetizione in presenza della non imputabilitàal percipiente della erogazione non dovuta (in tal senso, Cor-te Cost., sent. 431/1993) e verosimilmente destinata dal per-cettore alle proprie esigenze di vita, in conformità al dettatodell’art. 38 della Costituzione. In altri termini, la ratio sotto-stante all’indebito previdenziale è pur sempre quella di sal-vaguardare le esigenze vitali del pensionato attraverso la so-luti retentio.Né, di converso, in conformità a tale ratio, può ritenersi con-traria agli artt. 3 e 38 della Costituzione la scelta legislativacontenuta nella citata legge n. 662/1996 che costringe chi –non versando in stato di bisogno – ha percepito una sommache non gli spetta e che può essere anche non esigua, a resti-tuirla ancorché il versamento sia dovuto ad errore a lui nonimputabile. D’altronde, che il legislatore non abbia dispostoa sfavore dei pensionati si evince dalla particolare conside-razione avuta nei riguardi dei soggetti a più basso reddito,dall’attenuazione del debito di restituzione posto a carico deipercettori di un reddito superiore attraverso l’abbattimentodel 25 per cento, nonché dalla gradualità del recupero.Ciò premesso sotto un profilo di inquadramento normativodella problematica, va precisato, in ordine all’applicabilitàdelle norme innanzi riportate alla Cassa Forense, che, men-tre l’art. 52 della legge n. 88/1989 e l’art. 13 della legge n.412/1991 non sembrano applicabili né alla Cassa Forense,né agli altri enti previdenziali privatizzati, stante l’espressoriferimento, ivi contenuto, solamente all’INPS ed all’INAIL(conformemente: Corte Cost., 14 dicembre 1993, n. 431;Cass., SS.UU., 21 febbraio 2000, n. 30; Cass., 12 giugno1991, n. 266), i commi 260 e seguenti dell’art. 1 della leggen. 662/1996 appaiono al contrario applicabili anche allaCassa Forense ed agli altri enti previdenziali privatizzati,giacché il comma 260 tratta genericamente di “enti pubblicidi previdenza obbligatoria”.Orbene, sebbene abbia perso la natura di Ente pubblico, laCassa rimane comunque un Ente di previdenza obbligatoriaed a tale proposito, circa la parificazione, nel regime dell’in-debito, di Enti previdenziali in generale operanti con o senzal’ausilio di fondi pubblici, si ravvisa il preciso orientamentodel Giudice delle leggi, secondo cui «non tutte le situazionidiverse debbono ricevere proprie differenti discipline, purchél’unificazione del trattamento abbia una sua causa razionale… Se, quindi, non è censurabile per contrasto con il princi-pio d’eguaglianza qualsiasi omologazione di disciplina di si-tuazioni diverse e nemmeno qualsiasi eventuale disarmonia oincoerenza che una normativa possa, sotto alcuni profili oper talune conseguenze, lasciar trasparire, l’illegittimità èravvisabile solo nel caso di sicura carenza di una adeguatagiustificazione della disciplina introdotta» (Corte Cost., 29ottobre 1999, n. 402). Ne discende che, nel caso in esame, co-me autorevolmente osservato dalle Sezioni Unite della Supre-

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ma Corte, «la ragione unificatrice del regime dell’indebitoper tutti gli enti previdenziali sta nella necessità di assicura-re mezzi adeguati alle esigenze di vita degli assicurati (art.38 Cost.), evitando di chiedere in restituzione somme già daloro percepite e verosimilmente destinate a dette esigenze.Ragione di fronte alla quale il legislatore ha incensurabil-mente ritenuto del tutto ininfluente la circostanza che le pre-stazioni vengano erogate grazie alla sola contribuzione pri-vata oppure con apporti pubblici» (Cass. SS.UU., 21 feb-braio 2000, n. 30). Con detta decisione, in effetti, la SupremaCorte a Sezioni Unite ha ritenuto applicabile la disciplina dicui agli artt. 260 e ss. dell’art. 1 della legge n. 662/1996 an-che all’Enasarco, ente previdenziale privatizzato in base aldecreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, alla stessa stre-gua della Cassa Forense.Altra problematica di sicuro interesse, nell’ambito della fat-tispecie di che trattasi, è quella concernente l’applicabilitàdei commi 260 e ss. dell’art. 1 della legge n. 662/1996 ancheper il periodo anteriore al 1° gennaio 1996 in sostituzionedelle norme previgenti, ovvero ad integrazione delle normeprevigenti, in modo tale da operare soltanto quando la som-ma corrisposta indebitamente già risulti ripetibile. La Supre-ma Corte, a Sezioni Unite, ha risolto la querelle nel primosenso, ovvero ritenendo che le disposizioni della legge n.662/1996 hanno sostituito retroattivamente la precedentenormativa, così disciplinando ex novo l’indebito versamentodi prestazioni pensionistiche, pur non applicandosi tale di-sciplina, però, ai recuperi già avvenuti (cfr., ex multis, Cass.,SS.UU., 21 febbraio 2000, n. 30, cit.; Cass., SS.UU., 26 mar-zo 1997, n. 2664; Cass., SS.UU., 17 marzo 1997, n. 2333;Cass., Sez. lav., 26 maggio 1999, n. 5155; Cass., Sez. lav., 4novembre 1997, n. 10809).La disciplina innanzi descritta, di cui all’art. 1, commi 260 ess., della legge n. 662/1996, deve ritenersi transitoria e gene-ralizzante dell’indebito pensionistico, per il quale, dunque,salvo il caso del dolo, è indifferente qualsiasi altro profilosoggettivo, compreso quello dell’errore.Il Consiglio di Amministrazione della Cassa, preso atto del-la disciplina innanzi illustrata, con delibera del gennaio2003, ha stabilito, in linea di principio, con riferimento agliimporti di natura previdenziale indebitamente percepiti finoalla data del 31.12.1995, di non procedere al relativo recu-pero ogniqualvolta il reddito imponibile Irpef dichiarato daisingoli professionisti per l’anno 1995 sia di importo pari odinferiore a lire 16.000.000, ai sensi dell’art. 1, comma 260,legge n. 662/1996, nonché di procedere al recupero medesi-mo nei limiti dei tre quarti della somma indebitamente perce-pita qualora il suddetto reddito sia superiore all’importo dilire 16.000.000, ai sensi del successivo comma 261 del cita-to articolo di legge.

3) La disciplina dell’indebito previdenziale successiva allalegge n. 662/96.Ciò posto in ordine alla situazione pregressa, occorre osser-vare che, per quanto concerne, invero, le percezioni indebiteverificatesi dal 1° gennaio 1996 in poi (e, dunque, astratta-mente non rientranti nella disciplina di cui alla legge n.662/1996), parte della dottrina ha ritenuto che, nel silenziodel legislatore, tornino ad applicarsi le precedenti regole ed,in particolare, l’art. 13 della legge n. 412/1991, con conse-

guente esclusione della soluti retentio nei limiti indicati dal-le decisioni delle Sezioni Unite della Suprema Corte del1995, innanzi illustrate, come temperate dalla decisione del-la Corte Costituzionale (in tal senso: P. PONTRANDOLFI, in Itrattamenti di quiescenza nel settore privato, in Dottrina egiurisprudenza sistematica di diritto della previdenza sociale,diretta da M. Cinelli, ed. Utet, 1999, 43, cit.). Parimenti, an-che l’INAIL, con circolare del 7 agosto 1997, n. 73, ha chia-rito, per quanto di sua competenza, che – data la natura dinorme di carattere transitorio dell’art. 1, commi 260 e ss.,della legge n. 662/1996 –, per le prestazioni indebite effettua-te a partire dal 1° gennaio 1996, riprende vigore la discipli-na di cui all’art. 55 della legge n. 88/1989, come innovatodall’art. 13 della legge n. 412/1991.Di contro, altra parte della dottrina ha ritenuto che «nonsembra temerario affermare che la L. 662/1996 ha implicita-mente abrogato le precedenti norme che regolavano diffor-memente la materia degli indebiti previdenziali, sostituendoad esse una normativa più restrittiva, ma ancora derogatoriadei principi sanciti dall’art. 2033 del c.c.; essa, tuttavia,avendo una vigenza temporalmente limitata agli indebiti sor-ti prima dell’1.1.1996 non può applicarsi a quelli successiviper i quali (non potendosi parlare di “riviviscenza” dellanormativa antecedente alla L. 662/1996) non può che trova-re applicazione il disposto codicistico» (M. ORICCHIO, in Ladisciplina dell’indebito pensionistico, in Rivista giuridica dellavoro e della previdenza sociale, ed. Ediesse, n. 4/2002,1311, cit.).Sul punto, invero, in linea peraltro con altra giurisprudenza,recentemente il Giudice delle leggi ha affermato, con riferi-mento alla legge n. 662/1996, «che questa disciplina, transi-toria e speciale, non si applica per il futuro (e perciò non in-nova il regime dell’indebito previdenziale posto, da ultimo,dall’art. 13 della legge n. 412 del 1991), ma regola esclusi-vamente gli indebiti già erogati dagli enti pubblici di previ-denza obbligatoria prima del 1 gennaio 1996, collegando laloro irripetibilità o (limitata) ripetibilità alla sola misura delreddito imponibile ai fini dell’Irpef nel 1995» (Corte Cost.,13 gennaio 2006, n. 1), così chiarendo che la regola genera-le è quella prevista dall’art. 13 della legge n. 412/1991.Al riguardo, va tuttavia segnalato che né l’art. 55 della leg-ge n. 88/1989, né l’art. 13 della legge n. 412/1991, sono ap-plicabili alla Cassa Forense, bensì solamente all’INPS ed al-l’INAIL, per espresso dettato normativo e conforme interpre-tazione giurisprudenziale.Ciò premesso, giova comunque osservare in linea generaleche, con l’introduzione della disposizione di cui all’art. 1,comma 260, della legge n. 662/1996, si concretizza una pro-gressiva, seppure temporanea, riduzione dei limiti posti dallegislatore alla ripetibilità dell’indebito pensionistico.In tale ottica, non essendo disciplinato l’indebito nella nor-mativa previdenziale forense, in conformità a quella parte didottrina innanzi richiamata potrebbe ipoteticamente ritener-si applicabile la disposizione di cui all’art. 2033 c.c. per ilperiodo successivo al 31 dicembre 1995 (ferma restando, in-fatti, l’operatività anche nei confronti della Cassa Forensedella legge n. 662/1996 per il periodo precedente) e potreb-be essere consentito alla Cassa il recupero dell’indebito pre-videnziale senza alcuna limitazione, essendo sufficiente so-

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lamente la mancanza di causa nell’erogazione della presta-zione.Tale soluzione, invero, sebbene non preclusa da alcuna di-sposizione di legge, potrebbe tuttavia non risultare equa inragione della delicatezza dell’argomento, stanti comunque lepeculiarità proprie del sistema previdenziale ed il fine cuitende la prestazione pensionistica, ovvero “assicurare mezziadeguati alle esigenze di vita degli assicurati (art. 38 Cost.)”(Cass., SS.UU., 21 febbraio 2000, n. 30). Né può omettersi diconsiderare che il Giudice delle leggi, pronunciandosi in or-dine all’art. 6, comma 11-quinquies, del decreto legge 12 set-tembre 1983, n. 463, convertito nella legge 11 novembre1983, n. 638 – che consentiva il recupero, per le gestioni pre-videnziali, delle somme erogate in eccedenza anche in dero-ga ai limiti posti dalla normativa allora vigente –, ha ritenu-to detta norma in contrasto con il “principio generale di ir-ripetibilità” dell’indebito addebitabile al solvens (Corte Co-st., 24 maggio 1996, n. 166).Orbene, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno precisa-to, in ordine al principio dell’irripetibilità da ultimo citato,che esso non contrasta, comunque, con la scelta del legisla-tore introdotta con la legge n. 662/1996, «eccezionale e invia transitoria … bilanciando tale scelta con l’adozione dialtri criteri quale quello delle condizioni di reddito e di par-ziale irripetibilità per i percettori di reddito meno basso. Nonè contraria agli artt. 3 e 38 Cost. la scelta legislativa che co-stringa chi – non versando in stato di bisogno – ha percepitouna somma che non gli spetta e che può essere anche non esi-gua, a restituirla, ancorché il versamento sia dovuto a errorea lui non imputabile. … Ed infatti, che il legislatore abbiaoperato un bilanciamento dei contrapposti interessi, degliEnti erogatori e degli assicurati, e non si sia limitato a di-sporre con sfavore verso questi ultimi, risulta dalla conside-razione particolare verso i soggetti con più basso reddito (ireali destinatari del “microsistema” normativo dell’indebitoprevidenziale) rispetto agli stessi principi enunciati dallaCorte Costituzionale con la sentenza n. 166 del 1996» (Cass.,SS.UU., 21 febbraio 2000, n. 30, cit.). Sebbene la stessa Su-prema Corte abbia poi precisato, nella medesima decisione,che l’art. 1, comma 260, della legge n. 662/1996 non contra-sta con alcuna norma della Costituzione anche in considera-zione della circostanza che tale disposizione «si riferisca acerti fatti passati e ne sospenda transitoriamente alcuni effet-ti, ponendo altresì alcune clausole di salvaguardia».Pertanto, il problema che si pone è quello di chiarire se ilprincipio comunque ritenuto sussistente in via generale nel-l’ordinamento previdenziale, ovvero quello della salvaguar-dia delle esigenze vitali dell’assicurato e della sua famiglia,possa ritenersi leso dall’applicazione generalizzata del recu-pero dell’indebito, in conformità all’art. 2033 c.c. Orbene,alla luce di quanto innanzi esposto, a tale quesito sembra do-versi dare risposta affermativa; ciò non esime comunque dalvalutare la possibilità di procedere al recupero dell’indebitopensionistico laddove tali esigenze vitali siano comunque as-sicurate e salvaguardate, in sostanza estendendo nel tempola disciplina dettata in via transitoria dal legislatore con lalegge n. 662/1996. In altri termini, alla luce della circostanza che in materia diprevidenza forense non esiste alcuna normativa che precluda

il recupero dell’indebito, può concludersi in via astratta perl’ammissibilità del recupero, sebbene tale conclusione an-drebbe opportunamente contemperata con il rispetto delprincipio di ordine generale, ovvero garantire le esigenze vi-tali dell’assicurato e della sua famiglia. Ed infatti, anche ilmassimo Giudice di legittimità ha precisato, in merito, che «ènecessario tenere poi presente che la ratio sottostante allenorme sull’indebito previdenziale è pur sempre quella di sal-vaguardia delle esigenze vitali dell’assicurato e della sua fa-miglia attraverso la retentio soluti e non quella di consolida-re comunque certi assetti patrimoniali illegittimamente for-mati» (Cass., SS.UU., 21 febbraio 2000, n. 30, cit.).Peraltro, che elemento determinante ai fini del recupero del-l’indebito pensionistico sia ritenuto, dagli organi giudicanti,il reddito, è stato ribadito anche dalla Corte Costituzionale,sebbene incidentalmente, allorché, pronunciandosi in ordinealla legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 260 e 261,della legge n. 662/1996, ha precisato che l’art. 13 della leg-ge n. 412/1991 era stato dichiarato costituzionalmente ille-gittimo dallo stesso Giudice (con sentenza n. 39 del 1993)nella parte in cui consentiva l’estensione retroattiva agli in-debiti previdenziali pregressi della nuova e più restrittiva re-golamentazione, rispetto a quella di cui all’art. 52 della leg-ge n. 88/1989, «senza dare rilievo alla situazione redditualedel percettore della prestazione indebita, talché risultavanocolpiti pensionati a reddito non elevato che avevano fatto af-fidamento sulla legittimità di tal erogazione», mentre l’art. 1,comma 260, della legge n. 662/1996 deve intendersi esenteda censure di legittimità costituzionale in quanto «non esten-de retroattivamente una nuova disciplina a regime, ma rego-la esclusivamente gli indebiti previdenziali pregressi (quellimaturati prima del 1° gennaio 1996) e comunque sanciscel’irripetibilità in caso di reddito inferiore alla soglia suddet-ta e quindi assegna rilevanza alla situazione reddituale delpercettore della prestazione previdenziale indebita» (CorteCost., Ordinanza 20 ottobre 2000, n. 432), con ciò dandoesplicitamente importanza proprio alla situazione redditualedell’assicurato che ha beneficiato di prestazioni previdenzia-li indebite.D’altronde, anche la magistratura contabile si è uniformataallo stesso principio, allorché ha precisato, a proposito delrecupero di indebito in materia previdenziale per il persona-le dell’amministrazione regionale siciliana, che «il recuperodell’indebito pensionistico, laddove l’azione amministrativanon sia vincolata da particolari norme, è subordinato allaconcreta valutazione da parte dell’ente erogatore degli inte-ressi in gioco … La ripetizione dell’indebito, dunque, in ulti-ma analisi, deve essere esclusa in presenza di un pensionatoa reddito non elevato che abbia percepito le somme non do-vute in buona fede e in assenza di dolo» (Corte dei Conti,Sez. Giurisd. Appello Reg. Siciliana, 31 maggio 2000, n.83/A/2000), riconoscendo esplicita rilevanza all’elementoreddituale, oltre che alla buona fede. Anche recentemente, laCorte dei Conti ha evidenziato, laddove si tratti di indebiti ri-petibili ai sensi della normativa vigente (per la previdenzapubblica, nel caso di erogazione di pensione provvisoria, co-me visto), che il recupero «è atto normativamente obbligato-rio sia riguardo all’“an” che al “quantum”, mentre restanodiscrezionali solo le modalità della ripetizione stessa, doven-

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dosi tener presenti, in particolare, ai fini di un recupero ra-gionevole e non eccessivamente gravoso, le condizioni attua-li del pensionato» (Corte dei Conti, Sez. III, 28 settembre2004, n. 506, cit.; implicitamente, in senso conforme: Cortedei Conti, Sez. III, 6 febbraio 2006, n. 72, cit.). Ed invero, esponenti della stessa magistratura contabile, nel-la veste di autorevole dottrina, hanno ritenuto che, «fermorestando la declaratoria di indebita percezione di una certasomma a titolo pensionistico, se ne può decretare eccezional-mente l’irripetibilità totale o parziale, in presenza di fattoridi evidenziazione della buona fede (quali l’assenza di colpa,il basso reddito, la destinazione dell’introito a soddisfare ibisogni di vita del nucleo di appartenenza) da provarsi daparte di chi li invoca. Ad avviso dello scrivente è questa la li-nea interpretativa, già oggi utilizzabile, per contemperare lediverse esigenze di tutela, sia dell’interesse pubblico allacorretta gestione del pubblico denaro, che di quello del pri-vato cittadino alla salvaguardia di livelli di vita dignitosa co-stituzionalmente garantita … In tale ottica sembra timida-mente muoversi la più recente legislazione in materia (n.d.r.:legge n. 662/1996 e legge n. 448/2001) che configura l’irri-petibilità dell’indebito come eccezione alla regola e la anco-ra a precisi limiti temporali e reddituali, conferendo limitatorilievo alla buone fede del percipiente: essa dunque deve fun-gere anche da canone ermeneutica di tutta la legislazione,eventualmente difforme, ancora vigente in materia» (M.ORICCHIO, in La disciplina dell’indebito pensionistico, in Ri-vista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, ed.Ediesse, n. 4/2002, 1311, cit.).Ne discende che, in buona sostanza, laddove vengano salva-guardate le esigenze vitali dell’assicurato e della sua fami-glia – in ossequio al suesposto principio di carattere genera-le –, dando il giusto rilievo alla situazione reddituale dell’as-sicurato, è ammissibile per la Cassa Forense procedere al re-cupero dell’indebito pensionistico, anche in considerazionedel fatto che la normativa previdenziale nulla prevede al ri-guardo e, dunque, nulla richiede a proposito dell’assenza didolo in capo al percettore della prestazione. Ciò, invero, puòavvenire, in concreto, procedendo al recupero dell’indebitonon in via generalizzata, sebbene solamente nei confronti dichi percepisce un reddito sufficientemente adeguato.Accedendo a tale tesi, il Consiglio di Amministrazione dellaCassa, con altra delibera del marzo 2003, ha stabilito, in li-nea di principio, con riferimento a prestazioni pensionisticheindebitamente percepite successivamente alla data del31.12.1995, di non procedere al recupero ogni qualvolta ilreddito imponibile Irpef dichiarato dal percettore, per l’anno2002, sia pari o inferiore al doppio dell’importo annuo lordodella pensione minima stabilita per il medesimo anno 2002,di cui all’art. 2, comma 3, legge n. 576/80, nonché di proce-dere all’integrale recupero della somma indebitamente per-cepita qualora il reddito imponibile Irpef dichiarato dal per-cettore per l’anno 2002 sia superiore al doppio dell’importoannuo lordo della pensione minima stabilita per lo stesso an-no 2002.Ed invero, la Consulta, indirettamente confermando la legit-timità della delibera assunta in tal senso dal Consiglio diAmministrazione, ha ritenuto significativo che la recente nor-mativa di settore (leggi nn. 662/1996 e 448/2001, cit.), «at-

traverso il criterio reddituale garantisca l’irripetibilità di ta-li indebiti ai pensionati economicamente più deboli e – co-munque – ne escluda la ripetibilità totale», evidenziando chela «necessità costituzionale di proteggere, nei sensi indicati,l’affidamento del pensionato non implica di per sé una disci-plina unica dell’indebito previdenziale; onde, al legislatoreche si sia allontanato dal principio civilistico della totale ri-petibilità dell’indebito oggettivo (art. 2033 cod. civ.) deve ri-conoscersi un ambito di discrezionalità nell’individuazionedegli strumenti più idonei a garantire ai pensionati a bassoreddito un congruo livello di tutela, in un generale quadro dicompatibilità, e fra essi può ben essere annoverata la sceltadi collegare la ripetibilità ad un criterio meramente redditua-le» (Corte Cost., 13 gennaio 2006, n. 1). Successivamente, il Consiglio di Amministrazione della Cas-sa, nell’aprile 2006, ritenendo opportuno aggiornare l’im-porto di riferimento, ha deliberato, in linea di principio, conriferimento a prestazioni pensionistiche indebitamente perce-pite successivamente alla data del 31 dicembre 2005, di nonprocedere al recupero ogni qualvolta il reddito imponibile Ir-pef dichiarato dal percettore, per l’anno 2005, sia pari o in-feriore al doppio dell’importo annuo lordo della pensioneminima stabilita per il medesimo anno 2005, di cui all’art. 2,comma 3, legge n. 576/80, nonché di procedere all’integralerecupero della somma indebitamente percepita qualora ilreddito imponibile Irpef dichiarato dal percettore per l’anno2005 sia superiore al doppio dell’importo annuo lordo dellapensione minima stabilita per lo stesso anno 2005.A tale proposito, occorre peraltro evidenziare incidentalmen-te come il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale,con lettera in data 28 marzo 1997 indirizzata all’INAIL e re-cepita da quest’ultimo con la menzionata circolare del 7 ago-sto 1997, n. 73, abbia chiarito che, per “reddito personaleimponibile Irpef” (di cui al testo dell’art. 1, comma 260, del-la legge n. 662/1996), debba intendersi il reddito al netto de-gli oneri deducibili, tenendo altresì conto dei principi ispira-tori che regolano talune prestazioni in materia previdenziale(integrazione al minimo, assegno sociale, ecc.) in base aiquali viene escluso il reddito della casa di abitazione e chenon vanno valutati, nella determinazione del reddito perl’applicazione della norma in argomento, i trattamenti di fi-ne rapporto e le relative anticipazioni (evidentemente non ri-guardanti gli avvocati pensionati), nonché le competenze ar-retrate soggette a tassazione separata, in quanto tali introitinon fanno parte della base imponibile.Per completezza di esposizione, si fa presente che la legge 29dicembre 2001, n. 448, all’art. 38, commi 7 e 8, ha dispostotestualmente che «nei confronti dei soggetti che hanno perce-pito indebitamente prestazioni pensionistiche o quote di pre-stazioni pensionistiche o trattamenti di famiglia, a caricodell’INPS, per periodi anteriori al 1° gennaio 2001, non si faluogo al recupero dell’indebito qualora i soggetti medesimisiano percettori di un reddito personale imponibile ai fini IR-PEF per l’anno 2000 di importo pari o inferiore a 8.263,31euro.Qualora i soggetti che hanno indebitamente percepito i trat-tamenti di cui al comma 7 siano percettori di un reddito per-sonale imponibile ai fini dell’IRPEF per l’anno 2000 di im-porto superiore a 8.263,31 euro non si fa luogo al recupero

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dell’indebito nei limiti di un quarto dell’importo riscosso».Con le disposizioni di cui innanzi, è stata sostanzialmente va-rata dal legislatore la sanatoria sulle somme percepite inde-bitamente dai pensionati, sulla falsariga del condono dispo-sto con la legge n. 662/1996 all’esito di un censimento suiredditi dei pensionati.In base alle disposizioni innanzi riportate, possono dunquebeneficiare della sanatoria coloro che hanno percepito inde-bitamente pensioni, quote di pensioni e trattamenti di fami-glia per i periodi precedenti al 1° gennaio 2001.Il debito nei confronti dell’INPS viene dunque cancellato in-tegralmente per i pensionati che nel corso dell’anno 2000avevano un reddito fino a euro 8.263,31, pari a lire 16 milio-ni, lo stesso tetto previsto dalla legge n. 662/1996.Il comma 8 prescrive che, qualora i soggetti che hanno inde-bitamente percepito i trattamenti citati siano percettori di unreddito personale Irpef per l’anno 2000 di importo superiorea euro 8.263,31, non si fa luogo al recupero dell’indebito neilimiti di un quarto dell’importo riscosso. Pertanto, le norme di cui innanzi non attribuiscono alcun ri-lievo all’addebitabilità all’Ente previdenziale dell’erroneopagamento e pongono il limite dei sedici milioni di lire direddito alla non ripetibilità od alla ripetibilità ridotta.Il recupero, secondo quanto reca il comma 9 dell’art. 38, èeffettuato mediante trattenuta diretta sulla pensione in misu-ra non superiore ad un quinto e l’importo residuo viene recu-perato ratealmente senza applicazione di interessi entro iltermine di ventiquattro mesi (tale limite temporale può esse-re superato solamente allo scopo di evitare che la trattenutasuperi il limite del quinto della pensione). L’ultimo comma dell’art. 38 prescrive, infine, che le disposi-zioni innanzi illustrate non si applicano qualora sia ricono-sciuto il dolo del soggetto che abbia indebitamente percepitoi trattamenti a carico dell’INPS ed, in tal caso, il recuperodell’indebito si estende agli eredi del pensionato.Ciò posto sotto un profilo normativo, occorre accertarel’applicabilità o meno delle sopra menzionate disposizioniin tema di indebito anche alla Cassa Forense; orbene, ildettato normativo non sembra lasciare molto spazio ad in-terpretazioni, giacché le norme in questione fanno espressoriferimento all’INPS e, conseguentemente, sembra doversiescludere l’estensibilità delle stesse ad altri enti previden-ziali.Quanto sopra, peraltro, emerge anche dalla ratio della nor-ma, che è quella di «arginare la vera e propria ondata diprovvedimenti di indebiti pensionistici riguardanti 713.000pensionati titolari di circa 800.000 trattamenti pensionistici… La marea degli indebiti è derivata dall’elaborazione, daparte dell’INPS, dei modelli reddituali riguardanti gli anni1996, 1997 e 1998, compilati dai pensionati interessati» (G.RODÀ, in Guida normativa, n. 19/2002, 11). Ed infatti, la sa-natoria è conseguente alla verifica dei redditi dei pensionaticondotta dall’INPS negli anni dal 1996 al 1998, all’esito del-la quale è stato accertato il fenomeno, di dimensioni assolu-tamente rilevanti, di percezione di somme alle quali i pensio-nati non avevano diritto.Nello stesso senso, peraltro, si è pronunciata anche la dottri-na che ha fornito una prima interpretazione delle norme inargomento, precisando che dalla sanatoria «sono invece

escluse le prestazioni indebite a carico di altri fondi pensio-nistici e dell’INAIL. Questa volta le agevolazioni spettanoquindi solo ai pensionati INPS» (C. VALERI, Le leggi illustra-te, n. 1/2002, 8).Tale conclusione, peraltro, è avallata, oltre che dal dettatonormativo, anche dalla considerazione che, in una materiacosì delicata come quella previdenziale, laddove il legislato-re ha inteso dare una ampia valenza ad una norma, lo ha fat-to espressamente, codificandone i limiti di applicabilità.Ed invero, tale considerazione è confermata dall’orienta-mento assunto in precedenza dalla giurisprudenza allorché siè soffermata sulle previsioni di cui all’art. 52 della legge n.88/1989 ed all’art. 13 della legge n. 412/1991 – sempre inmateria di indebito e concernenti rispettivamente la prima laristrutturazione dell’INPS e dell’INAIL e la seconda l’inter-pretazione autentica della precedente norma –; orbene, lagiurisprudenza pronunciatasi su tali norme ha espressamen-te chiarito la loro inapplicabilità ad altri enti previdenziali,stante l’espresso riferimento, ivi contenuto, solamente al-l’INPS ed all’INAIL (Corte Cost., 14 dicembre 1993, n. 431;Cass., SS.UU., 21 febbraio 2000, n. 30; Cass., 12 gennaio1991, n. 266).Conformemente a tali considerazioni, il Consiglio di Ammi-nistrazione, con delibera del marzo 2002, ha stabilito chenon sussistono i presupposti per ritenere applicabili allaCassa Forense le disposizioni in materia di indebito previ-denziale contenute nella legge finanziaria per l’anno 2002.Ferma restando pertanto l’inapplicabilità alla Cassa Foren-se della legge n. 448/2001, sempre per completezza di tratta-zione si fa presente che, recentemente, le Sezioni Unite dellaSuprema Corte hanno composto un contrasto insorto in sedeinterpretativa del combinato disposto delle leggi nn.662/1996 e 448/2001, relativo al problema della disciplinaapplicabile agli indebiti anteriori al 1° gennaio 1996, affer-mando che rilevano entrambe le normative: dapprima opera-no i commi 260 e 261 dell’art. 1 della legge n. 662 del 1996,onde l’indebito è definitivamente irripetibile se il percettoredella prestazione pensionistica abbia fruito nel 1995 di unreddito imponibile ai fini dell’IRPEF inferiore o pari a 16milioni di lire; se tale soglia è superata operano i commi 7 ed8 dell’art. 38 della legge n. 448/2001, per cui il recupero puòancora essere precluso se il reddito del 2000 sia stato infe-riore o pari ad euro 8.263,31 (Cass., SS.UU., 7 marzo 2005,n. 4809).

Marcello Bella

TRIBUNALE DI FIRENZE 5 NOVEMBRE2008, N. 845

Giud. Muntoni – Omissis c. Cassa nazionale di Previdenza eassistenza forense (Avv. M. Cesaroni)

Avvocato – Continuità dell’esercizio professio-nale – Validità dei criteri adottati dal Comitatodei Delegati.

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La sussistenza del requisito della continuità pro-fessionale si determina sulla base dei parametristabiliti periodicamente dal Comitato dei Delega-ti sulla base della delega espressa prevista nel-l’art. 2 della legge n. 319/1975 e nell’art. 22 del-la legge n. 576/1980.

Nella causa promossa dagli eredi dell’Avv. XYhanno chiesto alla Cassa Forense la liquidazionedella pensione di vecchiaia del defunto, per laquale sarebbero stati maturati i requisiti.La Cassa ha eccepito la mancanza per alcuni annidella prova dell’esercizio continuativo della pro-fessione e ha rigettato la domanda.Gli eredi hanno presentato il ricorso in Tribunale,che lo ha rigettato con questa motivazione:

OmissisIl (omissis) ricorrente sostiene che è illegittimo ildiniego opposto dalla Cassa convenuta afferman-do che, al fine di provare l’esercizio dell’attivitàprofessionale (omissis) risulta impossibile repe-rire ruoli o documenti equivalenti di cin-quant’anni fa e che comunque la sussistenza delrequisito della continuità dell’esercizio dellaprofessione forense non può essere contestatadalla Cassa Forense per i periodi anteriori alquinquennio precedente la domanda (in questocaso, la domanda di pensione di vecchiaia “po-stuma” e del 15/04/2002); il che permetterebbedi superare la soglia minima dei trent’anni diiscrizione richiesti.

OmissisIl diniego opposto dalla Cassa a parte ricorrente èfondato. L’art. 2 della L. n. 576 del 20 settembre1980 prevede che la pensione di vecchiaia postu-ma possa essere concessa previo compimento dialmeno 65 anni di età e dopo almeno 30 anni di ef-fettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa. Lastessa legge attribuiva al Comitato dei delegatidella Cassa, sentito il Consiglio Nazionale Foren-se, il compito di stabilire ogni cinque anni i crite-ri per l’accertamento dell’esercizio della liberaprofessione (art. 22).L’art. 3 della legge 22 luglio 1975, n. 319 (comemodificato dall’art. 22 della L. n. 576/1980) attri-buiva sempre sulla scorta dei criteri fissati dal Co-mitato dei Delegati, la possibilità di revisione de-gli iscritti con riferimento alla continuità dell’e-sercizio professionale rendendo inefficaci agli ef-

fetti dell’anzianità di iscrizione i periodi per i qua-li detta continuità non fosse dimostrata.In sostanza, dunque, per il conseguimento dellapensione di vecchiaia occorrono l’effettiva iscri-zione, contribuzione ed esercizio continuativodella professione forense.Nel caso in esame, non è stata provata l’esisten-za dei requisiti minimi ai quali il Comitato deiDelegati della Cassa subordinava la possibilità diritenere integrato il requisito della continuitàprofessionale e cioè per gli anni dal 1953 al 1960e dal 1962 al 1965 l’avvocato De Sanctis fossestato iscritto nei ruoli di ricchezza mobile (cate-goria C1) quando in alternativa risultasse l’iscri-zione a ruolo di almeno quattro cause per ognianno.La Cassa convenuta ha riportato in un articolatoexcursus, riassunto anche in un esauriente pro-spetto, il succedersi nel tempo dei requisiti perl’accertamento dell’esercizio della libera profes-sione con carattere di continuità via via stabilitidal Comitato dei Delegati. Nessuno di tali criteri,in ordine ai quali il ricorrente non ha mosso alcu-na contestazione, permette di ritenere soddisfatti irequisiti nel caso dell’Avv. De Sanctis.Alla stregua del normale regime dell’onere proba-torio, è appena il caso di rilevare che la asserita, eplausibile, impossibilità di reperire i ruoli diudienza 50 anni fa si riverbera semplicemente adanno della parte ricorrente che si trova a non po-ter provare nulla in proposito.A proposito del principio invocato dal ricorrente etratto da Cass. SS.UU. n. 13.289 del 21 maggio2005, secondo la quale la sussistenza del requisi-to della continuità dell’esercizio della professioneforense non può essere contestata dalla Cassa fo-rense per i periodi anteriori al quinquennio pre-cedente la domanda, è opportuno ricordare chenella stessa sentenza si precisa che il terminequinquennale è applicabile solo nel caso in cui ilprofessionista abbia regolarmente trasmesso le di-chiarazioni reddituali. Invece nessuna dichiarazio-ne reddituale risulta pervenuta dall’Avv. De Sanc-tis, il che giustifica l’indagine che la Cassa ha ese-guito oltre il quinquennio giungendo così a rileva-re la carenza dei presupposti per il diritto alla pen-sione per cui è causa.Il ricorso appare dunque infondato e deve essererespinto.

Omissis

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NotaÈ corretto il criterio per la prova dell’esercizio continuativoLa sentenza in commento affronta la problematica della con-tinuità dell’esercizio professionale, uno dei requisiti (insiemeall’assenza di situazioni di incompatibilità) caratterizzantel’effettività dell’iscrizione alla Cassa.Ciò premesso, si evidenzia che l’art. 2, comma 1, della leggen. 319 del 22 luglio 1975 (contenente modifiche delle normesulla previdenza ed assistenza forense) rimette alla determi-nazione del Comitato dei Delegati della Cassa, sentito ilConsiglio Nazionale Forense, i criteri per accertare qualisiano gli iscritti alla Cassa stessa che esercitino la professio-ne forense con carattere di continuità, ai fini previdenziali eassistenziali, con conseguente diritto-dovere di iscrizione al-la Cassa ed obbligo del versamento dei contributi previden-ziali per il professionista iscritto.Pertanto, l’individuazione dei parametri che definiscono lanozione di esercizio della libera professione forense con ca-rattere di continuità sono stabiliti da un organo della Cassa(Comitato dei Delegati) in virtù di un potere regolamentareche è attribuito direttamente dalla legge. Da ciò deriva, evi-dentemente, che le delibere assunte in materia dal Comitatodei Delegati costituiscono provvedimenti normativi rientran-ti tra le fonti normative del diritto oggettivo, che integrano lanorma di legge delegante (cfr., in tal senso Cass. n.4263/1987).Il suddetto requisito dell’esercizio della libera professionecon carattere di continuità è stato in concreto ricollegato,dalle delibere assunte negli anni dal Comitato dei Delegati(e, ancor prima, antecedentemente all’entrata in vigore del-la L. n. 319/75, dalla prassi della Giunta Esecutiva dellaCassa), al raggiungimento di determinate risultanze fiscali,dichiarate o accertate ai fini dell’IRPEF o dell’IVA, dappri-ma come criterio principale di valutazione della continuitàmedesima e poi, successivamente, come unico criterio utileper determinare la sussistenza di quel requisito in forza delquale si instaura e perdura il rapporto assicurativo-previ-denziale forense, considerato in ogni suo aspetto (iscrizione,cancellazione, retrodatazione, pensionamento, ecc.), nessunoescluso (cfr., in tal senso, testualmente Cass. n. 4263/87,cit.).In particolare, con delibera del 22 maggio 1976, all’art. 1, ilComitato ha espressamente stabilito che “si deve ritenere inpossesso del requisito dell’esercizio professionale forense ef-fettivo e continuo l’avvocato o procuratore, iscritto alla Cas-sa, nei cui confronti sia stato accertato o che abbia egli stes-so dichiarato (ai fini dell’IRPEF) un reddito netto derivantedall’esercizio dell’attività professionale forense non inferio-re ai tre milioni annui, oppure abbia denunciato un volume diaffari annuo ( ai fini dell’IVA) non inferiore a lire cinque mi-lioni”, prevedendo poi, ai commi successivi, la possibilità disupplire al mancato raggiungimento dei suddetti limiti con laprova sostitutiva o integrativa della trattazione annua di undeterminato numero di nuove cause.La successiva delibera del Comitato dei Delegati del 30 otto-bre 1982 ha sostanzialmente ripetuto la precedente, ancoran-do il reddito minimo ed il volume d’affari minimo, richiestiper la sussistenza del requisito della continuità dell’eserciziodella professione, all’importo del contributo soggettivo mini-

mo, prevedendo ancora, ma soltanto in via transitoria per glianni 1983 e 1984 e soltanto qualora fosse comunque stataraggiunta almeno la metà dei limiti suddetti, la possibilitàdella prova integrativa della trattazione di nuove cause.Con le successive delibere del 23 maggio 1987, 17 luglio1992, 30-31 maggio 1997, 25 ottobre 2002 e, da ultimo, 28settembre 2007, infine, il Comitato dei Delegati ha definitiva-mente stabilito che “possiede il requisito dell’esercizio pro-fessionale forense effettivo, continuativo e prevalente, l’avvo-cato o procuratore che abbia dichiarato o nei cui confrontisia stato accertato un reddito netto oppure un volume d’affa-ri derivanti dall’esercizio dell’attività professionale forenserispettivamente non inferiori a un livello annuo pari a seivolte il contributo soggettivo minimo di cui all’art. 10 legge576/80 ai fini dell’IRPEF o a nove volte lo stesso contributoai fini dell’IVA”.Ciò posto, con riferimento ai dubbi che sono stati sollevatiin ordine alla legittimità di un criterio unicamente redditua-le, sulla base del quale valutare se la professione forensevenga o meno svolta con carattere di continuità e, pertanto,se sussista in capo al professionista l’obbligo di iscrizionealla Cassa Forense, bisogna innanzitutto fare alcuni brevirilievi di carattere generale sulla funzione della previdenzaforense.L’art. 38 della Costituzione, di cui le norme previdenziali co-stituiscono l’attuazione, infatti, dispone espressamente il ri-conoscimento a tutti i lavoratori (e perciò anche ai liberi pro-fessionisti) del diritto a che siano preveduti ed assicuratimezzi adeguati alle loro esigenze di vita per il verificarsi dideterminati eventi, che generano situazioni di bisogno.Le norme previdenziali, pertanto, hanno come destinatari i li-beri professionisti in quanto “lavoratori”, ossia soggetti cheesercitano l’attività professionale per conseguire un redditosufficiente per provvedere alle loro esigenze economiche di vi-ta, e non in quanto semplicemente iscritti in albi, elenchi o re-gistri; di conseguenza, la continuità dell’esercizio professio-nale deve essere ricollegata alla percezione di un reddito o diun volume d’affari tali da soddisfare le suddette esigenze.In un sistema, inoltre, come quello della previdenza forense,nel quale sono compresi soggetti che percepiscono redditi dientità totalmente diversa e che esercitano la professione inmodi del tutto eterogenei, il criterio del reddito è l’unico chepossa garantire una valutazione uniforme in ordine all’eser-cizio in modo continuativo della professione e che possa ave-re valore per la generalità degli iscritti, perché è oggettivo erisponde inoltre ad un’esigenza di equità e di correttezza giu-ridica, se non altro per l’ovvia considerazione che è impen-sabile che sussista un esercizio continuativo della professio-ne di avvocato a cui non corrisponda la produzione di unreddito di una certa consistenza.Basti fare un esempio: se il criterio per accertare la sussi-stenza del requisito della continuità dell’esercizio dellaprofessione fosse quello della certificazione di un certo nu-mero di cause trattate, si arriverebbe all’assurdo che nonavrebbe i requisiti per l’iscrizione alla Cassa e per la frui-zione delle prestazioni previdenziali l’avvocato che svolga– anche con sostanzioso profitto – attività stragiudiziale diconsulenza, mentre, per contro, sarebbe tenuto all’iscrizio-ne alla Cassa e al versamento dei contributi - quanto meno

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quelli minimi – anche l’avvocato patrocinatore con un red-dito assai modesto. La situazione sopra descritta sarebbe evidentemente del tut-to in contrasto con il principio di solidarietà infracategoria-le su cui si fonda la previdenza forense, che impone la sog-gezione di tutti i membri della categoria agli obblighi con-tributivi.Si deve, inoltre, tenere presente il fatto che l’art. 2, comma 2,della legge n. 319/75 prescrive che i criteri per l’accertamen-to dell’esercizio continuativo della libera professione “sa-ranno determinati tenendo presente l’entità e, comunque, ilcarattere prevalente del lavoro professionale […]”.Il criterio del reddito tiene certamente conto di tale prevalen-za, ossia della prevalenza del lavoro professionale rispettoad altri tipi di lavoro (cfr. in tal senso DONELLA, “L’eserciziocontinuativo della professione”, in La previdenza forense,1994, 1, 37 e ss. e n. 2-3, 68 e ss., per un aggiornamento ve-di lo stesso DONELLA in La previdenza forense, 2007, 4, 258),se si accetta il ricorso alla presunzione, che peraltro trova ri-scontro nella stragrande maggioranza dei casi, che un ap-prezzabile reddito (o volume d’affari) è frutto di un rilevanteimpegno di lavoro, impegno che fa sì che l’attività professio-nale svolta debba considerarsi prevalente rispetto a qualsia-si altra attività di lavoro.Si deve, inoltre, far presente che l’aver escluso al fine che in-teressa la rilevanza dell’attività processuale e ritenendo de-terminanti soltanto i requisiti fiscali, ha prodotto notevolivantaggi:– in primo luogo, mentre (secondo la previsione della deli-

bera del Comitato dei Delegati del 22 maggio 1976) l’at-tività stragiudiziale eventualmente svolta dall’iscritto nonaveva alcuna rilevanza ai fini della dimostrazione dellasussistenza dell’esercizio continuativo della professione,contrariamente a quanto disposto – come si è precedente-mente visto – in caso di attività giudiziale, che poteva ad-dirittura sostituire il requisito fiscale, con l’introduzionedel criterio fiscale come unico mezzo di prova possibile èstata eliminata ogni discriminazione tra attività giudizia-le e attività stragiudiziale svolte dal professionista; di-scriminazione che si sarebbe sostanziata, come preceden-temente accennato, nel fatto che due avvocati (l’uno dedi-to ad attività di consulenza e l’altro ad attività giudizia-le), anche se avessero entrambi prodotto il medesimo red-dito, avrebbero potuto avere obblighi contributivi total-mente diversi, pur svolgendo, con modalità diverse, lastessa professione;

– in secondo luogo, poi, è stato eliminato l’annoso problemadella certificazione delle cause trattate, incontrato dal pro-fessionista al momento della richiesta di riconoscimentodel diritto a pensione; l’esercizio continuativo della profes-sione, infatti, essendo ancorato unicamente al reddito, puòessere facilmente ed oggettivamente accertato sulla basedelle comunicazioni annuali effettuate alla Cassa ai sensidell’art. 17 della legge n. 576/80.

– infine, essendo - come si è detto – il reddito oggettivamen-te accertabile sulla base dei dati fiscali, è stata esclusa lapossibilità di una arbitraria scelta dell’avvocato in ordineal fatto di iscriversi o meno alla Cassa, che sarebbe statainvece consentita con il criterio della certificazione delle

cause (che avrebbe potuto richiedere o meno a suo piaci-mento), con il conseguente stravolgimento del principiodell’obbligatorietà di iscrizione alla Cassa, sancito dal-l’art. 22 della legge n. 576/80.

Deve ritenersi, pertanto, legittima, oltre che condivisibile,l’opzione, effettuata dal Comitato dei Delegati a partire dal1982 (ed ancora oggi confermata), a favore del criterioesclusivamente reddituale.Tra l’altro, il legislatore, con l’art. 11 della legge n.141/1992, ha integrato l’art. 22, comma 2, della legge n.576/1980, disponendo espressamente che “gli effetti dell’i-scrizione decorrono dall’anno in cui è stato raggiunto il mi-nimo di reddito o il minimo di volume d’affari, di natura pro-fessionale, fissati dal Comitato dei Delegati”, con ciò ricono-scendo espressamente la legittimità e congruità della sceltaoperata dal Comitato dei Delegati in favore del criterio delreddito.Passando ad un esame puntuale dei parametri indicati, si ri-leva che i prescritti livelli di reddito e di volume d’affari, es-sendo multipli del contributo soggettivo minimo, di cui al-l’art. 10 della legge n. 576/80, sono rivalutati automatica-mente anno per anno, in virtù della disposizione di cui al-l’art. 16 della legge n. 576/80.Le delibere del Comitato dei Delegati hanno, poi, stabilitoche il requisito dell’esercizio continuativo della professioneforense sussiste, alternativamente, o quando è stato superatoil livello prescritto per il reddito IRPEF o quando è stato su-perato il livello prescritto per il volume d’affari IVA.Ciò posto, è ragionevole ritenere che le dichiarazioni fiscali(almeno una, IRPEF o IVA) degli avvocati che esercitino laprofessione forense con carattere di continuità arrivino age-volmente a superare i limiti individuati dal Comitato dei De-legati, che, peraltro, sono stati determinati sulla base del mo-nitoraggio, a livello statistico, delle dichiarazioni pervenutenegli anni dagli iscritti, con lo scopo di evitare proprio laesclusione di un ingente numero di professionisti dalla frui-zione delle prestazioni previdenziali.È, infatti, arduo, data l’obiettiva esiguità degli importi inconsiderazione (basti pensare che per il 2008 il limite mini-mo di reddito dichiarato a fini IRPEF è di appena 8.000,00Euro), riconoscere l’effettivo esercizio della professione al-l’avvocato che non riesca a superare tali importi.Basti pensare, ad esempio, che un dipendente di studi profes-sionali del livello più basso gode di una retribuzione tabella-re annua pari quasi al doppio del reddito minimo indicatodal Comitato dei Delegati.La medesima considerazione, peraltro, è stata fatta propriadalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza n.125/1988), che hanno messo in evidenza l’opportunità dell’in-dividuazione di parametri bassi per garantire a tutti gli avvo-cati e procuratori che esercitano la professione, anche ai me-no fortunati, la tutela previdenziale prevista dall’art. 38 dellaCostituzione. La Corte ha, infine, concluso che “sono legittimele delibere […] del Comitato dei Delegati […] con le quali so-no stati determinati i criteri per la prova dell’esercizio conti-nuativo della professione, avendo l’art. 2 della legge n. 319/75imposto soltanto di tener presenti l’entità e la prevalenza del-l’attività professionale ed altri elementi, come è stato corretta-mente fatto con l’indicazione di idonei parametri”.

GIURISPRUDENZA PREVIDENZIALELA PREVIDENZA FORENSE

Del resto, la correttezza della scelta fatta dal Comitato deiDelegati emerge anche dalla circostanza che la giurispru-denza, sia di legittimità che di merito, si è più volte pronun-ciata a favore della legittimità del criterio reddituale.La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ad esempio, con lagià citata sentenza n. 4263 dell’8.05.1987, ha esplicitamenteaffermato che “i criteri per l’accertamento dell’eserciziocontinuativo della professione forense, fissati dal Comitatodei Delegati della Cassa di previdenza degli Avvocati […] invirtù della delega conferita dall’art. 2 l. 22 luglio 1975 n.319, sono ancorati al raggiungimento di determinate risul-tanze fiscali e riguardano il rapporto assicurativo previden-ziale in ogni suo aspetto compresa la cancellazione dal nove-ro degli iscritti alla Cassa” e successivamente, con sentenzan. 41 del 7.01.1997, affrontando il problema della prova del-l’esercizio continuativo della professione in sede di istanza diliquidazione della pensione di vecchiaia, ha ribadito che “laprova deve essere fornita coi criteri determinati dal Comita-to dei Delegati della Cassa; il giudizio di merito in proposi-to è incensurabile in Cassazione” (nello stesso senso cfr. an-che la sentenza del Pretore di Castrovillari del 13.07.1996,nella quale si legge che “assoggettati all’obbligo di iscrizio-ne alla Cassa sono solo quegli iscritti agli albi professionaliche esercitino la professione con continuità; l’unico criteriocui far riferimento per accertare la continuità sono i parame-tri reddituali (ai fini Irpef ed Iva) stabiliti dal Comitato deiDelegati ed annualmente aggiornati; ove sia superato tale li-mite minimo v’è presunzione di esercizio continuativo e,stante l’assenza di possibilità di prova contraria, è da ritene-re che tale presunzione sia iuris et de iure”).Oltre a quelle innanzi citate, sono, altresì, numerose le pro-nunce recenti che hanno comunque riconosciuto la legitti-mità dei criteri fissati dal Comitato dei Delegati per l’accer-tamento della sussistenza del requisito della continuità pro-fessionale.In particolare, la Cassazione, Sezione Lavoro, con sentenzan. 8947/2004, ha testualmente affermato che “il rinvio alle

determinazioni del Comitato dei Delegati della Cassa, […]implica il riconoscimento di una potestà autoregolamentare[…] nell’individuazione e definizione dei parametri che defi-niscono la nozione […] di continuità dell’attività professio-nale; […] il diritto-dovere di iscrizione alla Cassa medesi-ma, con i conseguenti obblighi contributivi, discende dal rag-giungimento, nel corso dell’anno, di un reddito netto, ai finidell’IRPEF […], oppure di un volume d’affari, ai fini dell’I-VA […]”.Ancora più recentemente, le Sezioni Unite della Corte di Cas-sazione, con sentenza n. 13289/2005 – in tema di limiti tem-porali alla verifica della sussistenza del requisito della conti-nuità professionale -, hanno precisato che, essendo il requisi-to della continuità professionale accertabile sulla base di cri-teri fiscali e, quindi, oggettivi, una volta che il professionistaabbia assolto all’obbligo di comunicazione dei dati redditua-li, previsto dall’art. 17 della legge n. 576/80, spetta alla Cas-sa contestare l’eventuale insussistenza della continuità pro-fessionale, riconosciuta come elemento costitutivo del dirittoal trattamento pensionistico di vecchiaia, sulla scorta appun-to di quei parametri reddituali fissati dal Comitato dei Dele-gati. Si legge, infatti, nella motivazione della suddetta senten-za che “l’accertamento della continuità dell’esercizio profes-sionale (che rappresenta un requisito legale per il diritto allaprestazione) risulta affidato ad una verifica da compiere sul-la base dei parametri stabiliti da determinazione del Comita-to dei Delegati della Cassa – alla quale la legge riconosce atal fine […] una potestà autoregolamentare – e in relazionealle comunicazioni periodiche effettuate dagli interessati, checonsentono per ogni anno il controllo da parte della Cassa”.Sulla base delle svolte considerazioni, nonché degli orienta-menti giurisprudenziali citati, deve, pertanto, affermarsi lapiena legittimità dei criteri di accertamento dell’eserciziocontinuativo della professione forense, stabilite dalle delibe-re del Comitato dei Delegati, in attuazione del disposto del-l’art. 2, comma 1, della legge n. 319 del 22.07.1975.

Marcello Bella

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Ringrazio vivamente per aver ac-colto il mio “grido di dolore” eavermi quindi fatto avere l’ultimonumero della “Previdenza Foren-se” nonostante da circa un annosia pensionato attivo di vecchiaia.Mi auguro di poter, anche in fu-turo, continuare a leggere la rivi-sta, che, in quanto edita dall’En-te che ha per essenziale suo sco-po quello di assicurare la pensio-ne agli avvocati, dovrebbe averecome primi destinatari proprio ipensionati.Con i migliori saluti.

Avv. Dilvo Biasi

Oggi ho ricevuto il n. 4/2008 del-la bella rivista “La Previdenza Fo-rense”, che non mi veniva speditaperché pensionato.Vi ringrazio di aver accolto la miarichiesta.Ora, fra una sciata e l’altra, potròrinfrescarmi la memoria leggendoalcuni articoli interessanti dellarivista e mi sentirò ancora partedelle problematiche dell’Avvoca-tura, che mi ha coinvolto con pas-sione, per 50 anni.

Avv. Piero Camanni

Risposta del Direttore

I costi della stampa e della spedi-zione della rivista sono elevati econtinuano ad aumentare in con-siderazione del costante aumentodegli iscritti.Il CdA ha dovuto deliberare unaselezione dei destinatari per con-tenere i costi.In questa selezione sono stati sa-crificati i pensionati.Sono giunte da più parti richiestedi spedizione della rivista da

pensionati e queste sono state ac-colte.L’Avv. Dilvio Biasi manifesta per-ciò gratitudine, mentre manifestainteresse alla lettura della rivista,di cui apprezza le importanti fun-zioni informative.

Gentile collega,faccio seguito alla telefonata conla Segreteria del Comitato di Re-dazione per sottoporLe il seguen-te quesito: nel numero 1/2008 del-la rivista La Previdenza Forense,nell’articolo da Lei scritto su «Di-ritti di procuratore ed onorario diavvocato: differenze e fattispecie“particolari” nella giurisprudenzae prassi amministrativa», a pagina26 nell’esaminare la voce “Operaprestata per la conciliazione” af-ferma: «Quando la controversiastragiudiziale approda ad una de-finizione stragiudiziale, non sonoliquidabili separatamente gli ono-rari giudiziali sub specie di onora-ri per “opera prestata per la conci-liazione”».Poiché tuttavia, nel caso di specie,è necessariamente così perchénon essendoci un giudizio non so-no applicabili gli onorari per l’at-tività giudiziale, mi sorge il dub-bio che per un refuso di stampaLei avesse esaminato il caso incui la controversia giudiziale ap-prova ad una definizione stragiu-diziale.È un dubbio infondato?Mi permetto altresì di sottoporLela seguente fattispecie: nel caso incui la controversia giudiziale ven-ga definita con scrittura privata,redatta dal C.T.U., ma sottoscrittadalle parti nel solo ufficio del con-sulente, quale è l’onorario esigibi-

le dall’avvocato per l’opera pre-stata per la conciliazione?La ringrazio per l’attenzione e laconsulenza e Le porgo i miei mi-gliori saluti.

Avv. Cristina Gotti

Riscontro, in ritardo, al quesitoposto dall’Avv. Cristina Gotti conriferimento ad un mio scritto pub-blicato su questa rivista, neln.1/2008, pag. 26, precisandoquanto segue.La tabella stragiudiziale non pre-vede la voce “Opera prestata perla conciliazione”. Il mio scrittovoleva evidenziare che eventuale“opera” prestata per la concilia-zione stragiudiziale non dà dirittoad un distinto onorario per la de-finizione stragiudiziale della lite.E di ciò vi è conferma nel testodel D.m. 8.4.2004 in cui si speci-fica che la voce della tariffa inquestione si applica soltanto nelcaso in cui la conciliazione av-venga in sede giudiziale.Nello scritto segnalato vi è, però,un refuso di stampa, per cui ilcomma in contestazione va cosìletto: «Quando la controversiagiudiziale (e non stragiudiziale)approda ad una definizione stra-giudiziale, non sono liquidabiliseparatamente onorari per la de-finizione stragiudiziale, che van-no ricompresi negli onorari giudi-ziali sub specie di onorari per“opera prestata per la concilia-zione”» (tale orientamento è sta-to confermato dalla Corte di Cas-sazione con sentenza 19.2.2007 n.3740 e dal Consiglio dell’Ordinedi Bologna con delibera del22.11.2004).

Leonardo Carbone

LLETTERE E QUESITI LLA PREVIDENZA FORENSE

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