la principessa dei ghiacci

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Nives, la Principessa dei Ghiacci, vive felice nel suo castello con la zia, le cugine e il fidato Gunnar, il suo lupo bianco. Per Nives è arrivato il momento di sposarsi e diventare una vera regina, ma il suo pretendente nasconde qualcosa di misterioso. Di notte si aggira furtivo per il castello. Perchè? Che cosa vuole? Nives è in pericolo e Gunnar dovrà proteggere la principessa da strani incantesimi...

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erfettamente circolare i angolo. Ogni cosa era elle ultime ore della notte e uoveva incerta lungo uno dei

mò sottovoce la fi gura incappucciata.

La luce si fermò, poi cominciò a scendere fi no ad avvicinarsi al pavimento di marmo che, una volta illuminato, rivelò meravigliosi motivi fl oreali.

La vecchia lampada a olio mostrò i contorni del viso di Haldorr, il bibliotecario di Arcandida. Erano tratti spigolosi, che sottolineavano un’espressione assorta in pensieri lontani. Gli occhi erano scuri e asimmetrici, il naso era talmente adunco che quasi toccava il labbro superiore. Ma il suo sorriso, aperto e gioviale, rasserenava tutto, come il sole che stava per sorgere.

Berglind. Scusate se vi ho dorr, alzando alla luce latratteneva nell’altra mano.

fece cadere il cappuccio sulla edere meglio.ai capelli d’argento, gnon che, come un piccolo

to segreto

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puntaspilli, le adornava la nupassato da tempo i settant’ane liscia, che le diffi coltà della segnato.

Solo la vista la tradiva, e anpermise di leggere l’etichettaHekta’.

– Siete sicuro che questo inchiostro faccia al caso nostro? – domandò l’anziana nobildonna strizzando gli occhi nella speranza di captare qualche lettera.

L’invito s

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stare tranquilla... – la Si tratta di un inchiostro

raccolto personalmente alle la brina con cui lo diluisco.

mpressionata dalla spiegazione di Haldorr, che spalancava gli occhi per dare maggior enfasi alle sue affermazioni.

– Quindi ciò che scriveremo apparirà solo agli occhi del destinatario dell’invito? – chiese la contessa.

– Proprio così, impedendo dunque a persone sbagliate di leggere il contenuto del messaggio.

– Ottimo! A questo punto direi che è tutto pronto!– Dobbiamo solo avvertire la principessa Nives...La contessa si rabbuiò per un istante. Poi, quasi per

scacciare un pensiero, sventolò una mano davanti al viso, sorrise e disse: – Grazie Haldorr, penserò io a

meglio, vedrete. D’altronde mente: è giunto il momento rito.terò a preparare gli inviti e anno alle foche messaggere e dei Passaggi e li portino a

to segreto

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– Perfetto. Siete un aiuto pPoi l’anziana donna si rimi

e uscì dalla biblioteca.Haldorr rimase solo e si ferIl primo raggio di sole entr

della stanza e avvolse la sua mfascio di luce rosata. Lui osservò per qualche istante l’ombra proiettata alle sue spalle e ricordò quanto amava creare fi gure d’ombra quando era bambino. Quindi sollevò gli occhi verso la grande cupola della biblioteca, tutta dipinta come se portasse con sé altre centinaia di libri e, lassù, Haldorr perse lo sguardo e i pensieri.

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– Non se ne parla nemmeno, Erla! – ribatsorella, con la sua pera in mano. – Si fa quel

Arla ed Erla erano sorelle, ma non si assoper niente. Erla, la più anziana, era alta e magrissima, tanto che bisognava guardarla di fronte per accorgersi del suo passaggio. La più giovane invece era l’esatto contrario: bassa e cicciottella, aveva la stessa forma da qualunque parte la si guardasse. I loro caratteri, però, erano molto simili: cocciute e determinate, erano in perenne disaccordo, pronte a discutere ogni cosa fi noall’ultimo dei dettagli.

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che sarà di mele!Sarà di pere, oppure...faceste una con pere e mele? – intervenne

una voce alle spalle delle due cuoche.– Principessa Nives, buongiorno! – salutarono in

coro, colte un po’ alla sprovvista.La principessa di Arcandida era particolarmente

bella, quella mattina. Il suo viso dolce e candido era eccezionalmente luminoso e il suo sguardo

o glaciale era calmo e disteso. mbrava aver dormito a lungo e ene.

Nives ricambiò il saluto delle due cuoche ed entrò in cucina con un bel sorriso.

Indossava un abito piuttosto semplice, ma di una particolare seta preziosa lavorata con la lana. Un abito blu notte cheportava con innata grazia edeleganza, come un fi ore porta iuoi petali. Arla ed Erla si scambiarono sguardo d’intesa. Poi Arla, la

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più pettegola, commentò: – È un giorno di principessa Nives? – alludendo all’abito nonlinea con l’etichetta di corte.

– Vado al Grande Albero con Gunnar – rispose la principessa con semplicità. A quel pensiero un sorriso veloce le attraversò gli occhi chiarissimi. Adorava correre al galoppo con Gunnar per i ghiacci del suo amato regno. In questa stagione, la più mite dell’anno, Nives si sentiva rifi orire e la cavalcata al Grande Albero era una vera e propria rinascita.

Poi, quasi di nascosto, appoggiò le dita affi late sul tavolo della cucina, passandole velocemente sullo zucchero a velo...

– Principessa! Non si mettono le dita nello zucchero! – provò a fermarla Erla, con un attimo di ritardo.

Ma Nives, con un’occhiata divertita, si era già portata i polpastrelli alle labbra e sporcata di zucchero anche la punta del naso.

– Oh! Principessa! – sospirò Arla. – Non imparerete mai! Sentirete la contessa vostra zia!

– E chi glielo dirà? – rise Nives. – Voi, fordavvero così crudeli da farmi prendere una per un poco di zucchero?

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uoche sorrisero rassegnate: non cquanto tutte loro, e la contessa Bo di trasmettere a Nives quel po

etichetta e di usanze di corte per cercare di fregina degna di tale nome, la ragazza sfuggivregola e continuava a comportarsi come unapestifera. E dire che ormai non era più una bma una ragazza nel pieno delle sue energie!

– Un’altra cosa, signore... – aggiunse con tdispettoso, saettando tra loro come un fulmiabito da campanula.

– Sì, principessa? Volevate dirci qualcosa iparticolare... – domandò Arla guardando la

– ... a parte il fatto che andrete con GunnaGrande Albero?! – aggiunse Erla completandella sorella con un certo timore.

Il Grande Albero era, infatti, un albero moparticolare, decisamente magico, cresciuto ein un giardino segreto, la cui esistenza era nopochissimi fi dati della corte di Nives, e che p

more e il rispetto delle cose magira solo il Grande Albero a intimonar era motivo di angoscia, il suosente la intimoriva terribilmente

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si fermò sulla porta, fi ngendo un atone: – No, non ho altro da dirvi, mi – rispose la ragazza con un sorriso

do fi nta di non aver capito il motivo della a.n saprei, sua altezza. Mi sembrava aveste detto cosa, poco fa... – insistette Arla.

sicura, Arla? Ultimamente il tuo udito ti gioca cherzi... – la punzecchiò la sorella.certo, Erla! Ho sentito perfettamente... – poi la i zittì di colpo. orridoio si sentì un rumore di passi e, dopo istante, da dietro lo specchio della porta

ve l’enorme muso di un lupo bianco. Era un robusto, dalla pelliccia folta e uniforme, con leggera striatura grigia sulla testa e sul collo.

a due occhi azzurri grandi e magnetici, che era cuoca, però, sembravano semplicemente osi. Li vedeva affi lati e crudeli. Era il più lupo del regno, il capo di tutti i lupi della essa. Era Gunnar.gli sorrise con lo sguardo: – Eccoti

diamo, allora! – disse, accarezzando male. – E non litigate troppo, voi du

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oi? Ma quando? Non io di certo! Forse té Arla.uriamoci! Sei sempre tu che inizi – replicò

Erla, minacciandola con una mela che le puntava dritto in mezzo agli occhi.

Nives scosse la testa, divertita e rassegnata. Quelle due non sarebbero mai cambiate, ma la cosa non le dispiaceva affatto: i cambiamenti la disturbavano e preferiva che tutto rimanesse come era sempre stato.

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ves galoppava sulla schiena di sua folta pelliccia. Aveva indossato

o blu, come l’abito che portava, e rande cappuccio che le cadeva sulle

spalle. Non aveva freddo. Quel giorno il sole riscaldava intensamente i corpi e i cuori.

Il Regno dei Ghiacci Eterni era una pianura immensa, circondata a nord e a est da basse montagne. Alle loro spalle, il castello di Arcandida si ergeva come una grande signora imbiancata. Gunnar correva veloce, sollevando a ogni falcata scaglie di ghiaccio che, verso il mare, aveva cominciato a cedere. Lo strato bianco che ricopriva ogni cosa era più morbido e liquido. Corsero lungo vasti acquitrini, attorno a cui ronzavano fi tti sciami di zanzare. Nives ascoltava l’aria, socchiudendo gli occhi nel riverbero del sole. Fecero un grande arco a sud, poi marciarono verso nord, diretti alle montagne.

Dopo qualche ora di viaggio, Gunnar si fermò atura nel ghiaccio, quasi nguere tra tutte le altre. Nives si incuneò in quella spaccatura,

o stretto passaggio.fatica: il suo corpo massiccio

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passava a malapena nell’apertura dighiaccio.

Dopo soltanto una decina di passaprì a sorpresa in un’ampia cavernainterne erano rivestite dal tappeto verde di un’edera, tempestata dai mille colori dei suoi piccoli fi ori. Sotto i loro piedi la grotta era ricoperta da un fi tto prato dierba verdissima e morbidissima, che faceva venir voglia

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Era il Giardino d’Inverno, custode

odigiosa cresceva nel centro esatto a e maestosa. Tra le sue foglie verdi

occhieggiavano gli ultimi fi ori e i primi frutti. Non un unico frutto, ma tutti i frutti insieme: ciliegie, mele, pere, susine, banane e tanti altri.

Nella caverna c’era molto più caldo che nella pianura circostante. Il sole entrava da un taglio della roccia, proprio sopra la chioma verde del Grande Albero. Il taglio era protetto da uno spesso strato di ghiaccio, che, come una lente, faceva fi ltrare la sua lucescomponendola in cento diversi arcobaleni.

Una volta dentro al giardino, Nives si sfi lò le scarpe per sentire l’erba sotto i piedi nudi e si avvicinò lentamente ai rami più bassi dell’albero. Assaporò il profumo dei fi ori e guardò con curiosità e meraviglia i frutti che già si affacciavano dai rami più alti.

– Buongiorno, principessa – salutò una voce roca e niva da una zona buia della grotta. a statura, piuttosto robusto e con di feltro scuro calato in testa, a, all’improvviso: era Helgi, il

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L’uomo aveva una lunga barba bionda molto curata,che contornava due fi le di denti bianchi e ordinati. Gli occhi erano coperti dalla falda del cappello, ma Nives conoscevamolto bene lo sguardo leale e sincero che vi si nascondeva.

Le ricordava quello di suo padre e i tempi in cui viveva ancora nel Grande Regno con la sua famiglia e le sue sorelle.

– Buongiorno a voi, Helgi – replicò la principessa. Sapeva che il giardiniere era un uomo di poche parole, così anche lei riduceva la conversazione al minimoa volte, basta uno sguardo per capirsuo padre.

– Il nostro amato albero sembra gsalute – disse soddisfatta la principe

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mavera... – rispose Helgi

Helgi! meno, principessa Nives. È un

privilegio servirla, per uno come me.Nessuno, in tutto quanto il Regno dei Ghiacci

Eterni, poteva dire davvero chi fosse quel vecchio giardiniere e quale fosse stato il suo passato.

Helgi si tolse il cappello, probabilmenterimproverandosi di non averlo fatto prima, e se lo portò al petto con la mano destra. Nella sinistra stringeva un cesto di rami intrecciati, che contenevasoltanto un paio di grandi forbici.

– Possiamo già prendere qualche frutto? – domandò Nives timidamente.

– L’albero è vostro, principessa – ribatté il giardiniere, con devozione.

Nives si voltò verso Gunnar, che capì, si avvicinò ele offrì la schiena per arrampicarsi fi no ai primi rami

o.e si sollevò, agile come una piccola otò la straordinaria varietà di foglieo: vicino a lei, nella parte più basslimoni e poco più in là, un ramo s

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faceva carico di grandi e succulenteAncora qualche settimana, e sarebb

ofumate dei Cinque Regni. Più succole pere rossicce ed enormi manL’albero aveva rami forti e la corteccia bianca.

Nessuno sapeva se, in qualche luogo remoto del Regno della Fantasia, ce ne fosse uno simile. Ma tutti erano convinti che fosse stato Helgi in persona a portarlo con sé e a piantarlo in quella grotta.

Helgi, il silenzioso Helgi.Nives raccolse una pesca dalla buccia vellutata

e sorrise. In fondo, ormai, non era nemmeno così importante conoscere la vera storia dell’albero. Era lì, forte e vigoroso, il dono più meraviglioso che il Regno dei Ghiacci Eterni potesse ricevere.

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