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La produzione delle conserve vegetali Quaderno ARSIA 7/2004

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La produzione delle conserve vegetali

• Quaderno ARSIA 7/2004

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• Quaderno ARSIA 7/2004

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ARSIA - Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione nel settore Agricolo-forestaleVia Pietrapiana, 30 - 50121 Firenzetel. 055 27551 - fax 055 2755216/2755231www.arsia.toscana.itemail: [email protected]

Coordinamento della pubblicazione: • Guido Giampieri - ARSIA

• Emanuela Balocchini, Regione Toscana - D.G. Dirittoalla salute e politiche di solidarietà

• Alessandra Alberti - Confederazione Italiana Agricoltori• Olivia Fossi - Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti• Luigi Pratesi - Federazione Regionale delle Unioni

Agricoltori della Toscana

RingraziamentiL’autrice ringrazia per la collaborazione Anthony Cimatti,Agronomo.Si ringraziano le Case Editrici Il Sole 24 Ore - Edagricole,CUSL e ANICAV per la concessione dell’uso delle immaginie delle tabelle tratte da proprie pubblicazioni.

Cura redazionale, grafica e impaginazione:

LCD srl, Firenze

Stampa: Tipolito Duemila srl, Campi Bisenzio (FI)

ISBN 88-8295-062-X

Fuori commercio, vietata la vendita

© Copyright 2004 ARSIA Regione Toscana

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La produzione delle conserve vegetali

Maria Grazia Migliorini

ARSIA • Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazionenel settore Agricolo-forestale, Firenze

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Sommario

Presentazione 7Maria Grazia Mammuccini

Premessa 9

1. Caratteristiche delle conserve vegetali 101.1 Classificazione di legge 111.2 Classificazione tecnologica 12

2. Principali rischi igienico-sanitari e contaminazioni 152.1 Alterazioni 152.2 Contaminazioni 15

2.2.1 Clostridium botulinum 15

3. Le materie prime 193.1 Ortaggi di superficie 193.2 Tuberi 193.3 Frutta 19

4. La tecnologia delle conserve vegetali 214.1 Processo produttivo e prodotti 214.2 Conserve e semiconserve 224.3 Trattamenti con mezzi fisici 23

4.3.1 Sterilizzazione 234.3.2 Pastorizzazione 284.3.3 Refrigerazione 284.3.4 Congelamento e surgelazione 294.3.5 Tecniche di concentrazione 294.3.6 Essiccamento 324.3.7 Liofilizzazione 32

4.4 Trattamenti con fermentazione/acidificazione 324.5 Trattamenti con mezzi chimici 34

4.5.1 Aggiunta di sale e zucchero 344.5.2 Aggiunta di sostanze conservanti 354.5.3 Atmosfera modificata 36

4.6 Il controllo del Clostridium botulinum 364.6.1 Parametri produttivi delle conserve a bassa acidità 364.6.2 Parametri produttivi delle conserve acidificate 374.6.3 Parametri produttivi delle conserve naturalmente acide 37

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4.6.4 Parametri produttivi delle conserve con attività dell’acquainferiore a 0,94 374.6.5 Parametri produttivi delle semiconserve vegetali 37

5. Produzione delle conserve vegetali 395.1 Preparazione degli ortaggi e della frutta al consumo e alla conservazione 39

5.1.1 Ortaggi 395.1.2 Frutta 39

5.2 Le metodologie di conservazione 395.2.1 Conservazione allo stato fresco 405.2.2 Congelamento/surgelazione 425.2.3 La conservazione mediante il calore. La sterilizzazione 455.2.4 La conservazione sottolio, sotto aceto, sotto sale, sotto alcool 505.2.5 L’essiccazione e la liofilizzazione 525.2.6 La fermentazione e la conservazione in agrodolce 53

6. Impianti e macchinari 556.1 Impianti per la concentrazione degli alimenti 55

6.1.1 Evaporatori 556.1.2 Sistemi di crio-concentrazione 56

6.2 Sterilizzatori 576.2.1 Apparecchi discontinui (autoclavi) 576.2.2 Apparecchi continui 586.2.3 Sterilizzatori per prodotti sfusi 60

6.3 Pastorizzatori 606.3.1 Pastorizzatori continui per prodotti condizionati 606.3.2 Pastorizzatori per prodotti sfusi 61

6.4 Essiccatori 616.4.1 Essiccatore discontinuo ad armadio 626.4.2 Essiccatore a tunnel 626.4.3 Essiccatore a schiuma 626.4.4 Spray-drying 63

6.5 Impianti di refrigerazione 636.6 Impianti di congelamento e surgelazione 64

7. Alterazioni e difetti delle conserve vegetali 65

Bibliografia 67

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Maria Grazia MammucciniAmministratore ARSIA

La dinamicità delle aziende agricole toscane hacondotto allo sviluppo e all’ampliamento di attivitàcomplementari a quelle tradizionali. Se alcuni pro-cessi di trasformazione sono da sempre stati al cen-tro dell’attività aziendale rivolta al mercato, altririspecchiavano, in origine, più le consuetudini fami-liari rivolte all’autoconsumo. Ormai da diversi annianche l’attività di produzione di conserve vegetalista passando dall’ambito domestico a quello arti-gianale anche grazie alle opportunità offerte daalcuni canali brevi di commercializzazione, comel’attività agrituristica e la vendita diretta in azienda.

Questo lavoro intende avvicinare i produttoriartigianali di conserve vegetali a un approccio piùorganico e tecnico nell’organizzazione produttiva,rispetto a quello che può essere finora derivato daesperienze personali, da interventi prescrittivi delleAutorità sanitarie in funzione del rilascio del pare-re sanitario e da consulenze in occasione dell’im-plementazione del sistema di autocontrollo igieni-co-sanitario.

Infatti con la pubblicazione delle Linee-guidaper l’applicazione del Decreto legislativo 155/97 e,

successivamente, con la Guida pratica all’igienedei prodotti agroalimentari, l’ARSIA ha inteso for-nire degli strumenti atti a colmare un aspetto criti-co e impellente della formazione dei tecnici e degliaddetti delle trasformazioni alimentari in ambitoagricolo, al fine di garantire la salubrità dei pro-dotti e il rispetto delle normative igienico-sanitarie.

D’altra parte non si è certo esaurito l’argomen-to “qualità”, che è innanzitutto miglioramentocontinuo e mantenimento di standard per qualifi-care le produzioni, in un’ottica di mercato e diconcorrenza.

Con il presente manuale si intende offrire alcu-ni elementi di tecnologia alimentare necessari alleaziende per procedere sulla strada del raggiungi-mento di elevati standard qualitativi delle produ-zioni conserviere nel rispetto dei requisiti igienico-sanitari di base.

Tali conoscenze, oltre a permettere un approc-cio più tecnico e una razionalizzazione dei proces-si produttivi, possono utilmente orientare le scelteorganizzative e produttive aziendali e accrescerequindi le opportunità commerciali.

Presentazione

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Premessa

Ortaggi e frutta costituiscono per l’uomo unaricca fonte di zuccheri prontamente assimilabili,sali minerali, vitamine, microelementi e devonopertanto rappresentare una quota importante delladieta alimentare. Una delle maggiori problemati-che legate a questa tipologia di alimenti è il man-tenimento nel tempo delle loro preziose caratteri-stiche nutrizionali e organolettiche, essendo di persé, nella maggior parte dei casi, prodotti che a tem-peratura ambiente, una volta acquistati, hanno unaconservabilità relativamente ridotta.

Lo scopo principale di produrre una conservavegetale è pertanto quello di allungare il tempo diconservazione di un alimento che allo stato natura-le (verdura o frutta fresca) è abbastanza relativo. Nelcorso del tempo si è passati da metodi di conserva-zione empirici a metodi sempre più avvalorati datecniche scientifiche, man mano che la microbiolo-gia e la tecnologia alimentare prendevano sviluppo.In sostanza l’uomo ha da sempre avuto la necessitàdi ottenere alimenti stabili nel tempo, tanto cheoggi si parla di “stabilizzazione degli alimenti”. Unalimento sottoposto a un trattamento stabilizzantemantiene inalterate per un determinato periodo ditempo, e a determinate condizioni di conservazio-ne, le caratteristiche chimiche, fisiche, nutrizionali emicrobiologiche presenti nel prodotto appena otte-nuto. Il grado di stabilità che si può ottenere dipen-de ovviamente, oltre che dalle esigenze umane, daltipo di materia prima, dalla metodologia di stabiliz-zazione che si può applicare e infine dal tipo di pro-dotto finito che si vuole ottenere.

Tra i mezzi di stabilizzazione degli alimenti visono trattamenti più o meno energici ed efficaci.

Quelli più blandi consentono una stabilizzazionenel tempo abbastanza ridotta ma permettono dimantenere inalterate, o quasi, le caratteristiche delprodotto (per esempio, conservazione allo statofresco, congelazione). Altri trattamenti sono cosìenergici che, contemporaneamente all’effetto sta-bilizzante, determinano una trasformazione delprodotto di partenza (materia prima), tanto che ilprodotto finale può avere caratteristiche del tuttodiverse (per esempio, confettura) e la sua stabilitànel tempo accrescersi notevolmente rispetto all’ali-mento originario.

Un alimento stabile subisce comunque, nell’ar-co di un tempo relativo, una serie di modificazionidelle proprie caratteristiche provocate da processichimico/enzimatici che avvengono in maniera piùo meno lenta al suo interno e dallo sviluppo deimicrorganismi presenti, poiché non tutti i tratta-menti stabilizzanti sono anche sterilizzanti1. Quin-di la stabilità dell’alimento non è infinita e dopo uncerto periodo di tempo le modificazioni di cuisopra tendono ad alterarlo e pertanto diviene ina-datto all’alimentazione. Le tecniche di conserva-zione hanno quindi lo scopo di prevenire e/o ral-lentare i cambiamenti della struttura, delle caratte-ristiche sensoriali e del valore nutritivo dei cibi.

Nel settore degli alimenti vegetali tali tecnichesi possono ottenere con:1) mezzi fisici: basati sull’azione del calore (per

esempio, vegetali al naturale in scatola), sull’ap-plicazione delle basse temperature (per esempio,verdure surgelate), sulla riduzione controllata delcontenuto di acqua libera (per esempio, verdu-re/frutta essiccate o liofilizzate);

1 La sterilizzazione ha per scopo la distruzione di tutti i microrganismi ed enzimi presenti nell’alimento, permettendone una sta-bilizzazione per periodi di tempo anche estremamente lunghi (alcuni anni).

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2) per fermentazione/acidificazione: con la fer-mentazione naturale, grazie allo sviluppo divari tipi di microrganismi favorevoli, si ottienela formazione di acidi organici o di alcol etilico(per esempio, crauti, olive fermentate). L’ab-bassamento del pH dell’alimento si ottieneanche mediante aggiunta diretta di sostanzeacide come l’acido acetico e citrico (per esem-pio, sottaceti). In sostanza con queste tecnichesi riduce la possibilità di sviluppo di microrga-nismi patogeni e produttori di tossine. Talemetodo determina anche una notevole trasfor-mazione della materia prima, tanto che le carat-teristiche del prodotto finito possono esseresostanzialmente diverse;

3) con aggiunta di conservanti chimici: aggiunta dimolecole chimiche che prolungano il periododi validità dei prodotti alimentari proteggendo-li dal deterioramento provocato dai microrga-nismi. Oggi si tende sempre più a ridurre l’ap-plicazione di tali tecniche per evitare l’impiegodi molecole chimiche estranee all’alimento sullequali aleggia sempre il sospetto di tossicità.Anche la conservazione sotto sale o salamoia(per esempio, olive, capperi), zucchero emediante affumicatura rientrano in questa clas-se perché vengono sfruttati gli effetti antimi-crobici prodotti dal sale e da alcuni componen-ti chimici del fumo.Successivamente vedremo nel dettaglio le sin-

gole tecniche. Questa classificazione è comunquepuramente didattica infatti, molto spesso, le tecni-che utilizzate sono ottenute con un impiego mistodei vari mezzi a disposizione come, per esempio, laproduzione di sottoli che si basa sia sull’azione delcalore che sull’acidificazione e quella delle confet-ture che prevede, oltre alle prime due, anche lariduzione dell’acqua libera ottenuta sia con l’eva-

porazione che con l’aggiunta di zucchero. Pur-troppo contemporaneamente all’effetto stabiliz-zante, tutti i trattamenti determinano sull’alimen-to anche una serie di effetti negativi che consisto-no in modificazioni più o meno evidenti dellecaratteristiche fisiche, organolettiche e nutrizionali(per esempio, perdita o distruzione di elementinutrienti come le vitamine).

Quindi non tutte le tecniche sono adatte allevarie tipologie di vegetali che si vuole conservare epartendo da una stessa materia prima si possonoottenere prodotti finiti estremamente diversi fraloro. La qualità dell’alimento conservato è pertan-to il risultato sia degli effetti del trattamento che hasubito, sia della successiva conservazione (a tempe-ratura ambiente o controllata). Gli effetti stabiliz-zanti del trattamento conservativo possono infattiessere totalmente vanificati se la conservazionenon avviene in maniera regolare (per esempio,capsule e tappi che perdono la tenuta). Pertantodurante questo periodo svolge un ruolo di impor-tanza strategica il materiale di confezionamentoche deve essere, secondo i casi, impermeabile aivari fattori di alterazione quali l’ossigeno, la luce,l’acqua e i microrganismi.

Chi produce conserve vegetali per il mercato,sia a livello artigianale che industriale, deve esserein grado di conciliare vari elementi:• ottenere alimenti con elevate garanzie di sicu-

rezza igienica per il consumatore;• ottimizzare l’effetto stabilizzante e degradativo

dei trattamenti tecnologici;• ottenere alimenti gustosi, graditi al consumato-

re e facili da manipolare;• ottenere alimenti conservati che mantengano

comunque un elevato potere nutritivo;• economizzare il trattamento scelto sia in termi-

ni di tempi di lavoro che di costi.

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Le conserve vegetali possono essere classificatein vari modi fra cui:• secondo la normativa vigente;• secondo parametri tecnici.

Entrambe le classificazioni sono importanti peril produttore; la prima perché la normativa deveessere rispettata e fornisce delle regole ben definitesia dal punto di vista produttivo che di etichettatu-ra del prodotto finito; la seconda perché mette inluce le necessità tecnologiche da rispettare per otte-nere dei prodotti igienicamente sicuri.

1.1 Classificazione di legge

Alcune tipologie di conserve sono definite danormative vigenti.

D.P.R. 11 aprile 1975 n. 428 • Pomodori pelati: pomodori di tipo lungo priva-

ti della buccia con le eventuali aggiunte defini-te nell’art. 2;

• semi-concentrato di pomodoro: succo di pomo-doro sottoposto a processo di concentrazione ilcui residuo secco, al netto di sale aggiunto, nonsia inferiore al 12%;

• concentrato di pomodoro: succo di pomodorosottoposto a processo di concentrazione il cuiresiduo secco, al netto di sale aggiunto, non siainferiore al 18%;

• doppio concentrato di pomodoro: succo di pomo-doro sottoposto a processo di concentrazione ilcui residuo secco, al netto di sale aggiunto, nonsia inferiore al 28%;

• triplo concentrato di pomodoro: succo di pomo-doro sottoposto a processo di concentrazione ilcui residuo secco, al netto di sale aggiunto, nonsia inferiore al 36%;

• sestuplo concentrato di pomodoro: succo di

pomodoro sottoposto a processo di concentra-zione il cui residuo secco, al netto di saleaggiunto, non sia inferiore al 55%.

Decreto Legislativo 20 febbraio 2004 n. 50• Confettura: mescolanza, portata alla consisten-

za gelificata appropriata, di zuccheri, polpa e/opurea di una o più specie di frutta e acqua. Pergli agrumi, tuttavia, la confettura può essereottenuta dal frutto intero tagliato e/o affettato.Sono inoltre definite le quantità minime dipolpa e/o purea di frutta da utilizzare per laproduzione di 1000 g di prodotto finito;

• confettura extra: mescolanza, portata alla con-sistenza gelificata appropriata, di zuccheri e dipolpa non concentrata di una o più specie difrutta e acqua. Sono inoltre definite le quantitàminime di polpa di frutta da utilizzare per laproduzione di 1000 g di prodotto finito;

• gelatina: mescolanza, sufficientemente gelifica-ta, di zuccheri e del succo e/o estratto acquosodi una o più specie di frutta. Sono inoltre defi-nite le quantità minime di succo e/o estrattoacquoso di frutta da utilizzare per la produzio-ne di 1000 g di prodotto finito;

• gelatina extra: mescolanza, sufficientementegelificata, di zuccheri e del succo e/o estrattoacquoso di una o più specie di frutta. Sonoinoltre definite le quantità minime di succo e/oestratto acquoso di frutta da utilizzare per laproduzione di 1000 g di prodotto finito chenon devono essere inferiori a quelle stabilite perla confettura extra;

• marmellata: mescolanza, portata alla consi-stenza gelificata appropriata, di acqua, zuccherie di uno o più dei seguenti prodotti, ottenuti apartire da agrumi: polpa, purea, succo, estrattiacquosi e scorze. Sono inoltre definite le quan-tità minime di polpa e/o purea di frutta da uti-

1. Caratteristiche delle conserve vegetali

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lizzare per la produzione di 1000 g di prodot-to finito;

• marmellata-gelatina: prodotto esente totalmen-te da sostanze insolubili, salvo eventualmenteesigue quantità di scorza finemente tagliata;

• crema di marroni: mescolanza, portata alla con-sistenza appropriata, di acqua, zuccheri e nonmeno di 380 g di purea di marroni (di Castaneasativa) per 1000 g di prodotto finito.

Decreto Legislativo 21 maggio 2004, n. 151• Succo di frutta: prodotto fermentescibile ma

non fermentato, ottenuto da frutta sana ematura, fresca o conservata al freddo, apparte-nente a una o più specie e avente il colore, l’a-roma e il gusto caratteristici dei succhi di fruttada cui proviene. L’aroma, la polpa e le celluledel succo che sono separati durante la lavora-zione possono essere restituiti allo stesso succo.Nel caso degli agrumi il succo di frutta provie-ne dall’endocarpo. Il succo di limetta può esse-re ottenuto dal frutto intero, secondo le buoneprassi di fabbricazione, in modo da ridurre almassimo la presenza, nel succo, di costituentidelle parti esterne del frutto;

• succo di frutta ottenuto da succo concentrato: pro-dotto ottenuto reinserendo nel succo di fruttaconcentrato l’acqua estratta dal succo nel mo-mento della concentrazione e ripristinando gliaromi e, se opportuno, la polpa e le cellule per-dute dal succo ma recuperati al momento delprocesso produttivo del succo di frutta in que-stione o di succhi di frutta della stessa specie.L’acqua aggiunta deve presentare caratteristicheappropriate, in particolare dal punto di vista chi-mico, microbiologico e organolettico, in mododa garantire le qualità essenziali del succo. Il pro-dotto così ottenuto deve presentare le caratteri-

stiche organolettiche e analitiche per lo menoequivalenti a quelle di un succo di tipo medioottenuto a partire da frutta della stessa specie;

• succo di frutta concentrato: prodotto ottenutodal succo di frutta di una o più specie, median-te l’eliminazione fisica di una determinata partedi acqua. Se il prodotto è destinato al consumodiretto, questa eliminazione deve essere almenopari al 50%;

• succo di frutta disidratato in polvere: prodottoottenuto dal succo di frutta di una o più specie,mediante eliminazione fisica della quasi totalitàdell’acqua;

• nettare di frutta: prodotto fermentescibile manon fermentato, ottenuto con l’aggiunta di acquae di zuccheri e/o miele ai prodotti definiti prece-dentemente, alla purea di frutta o a un miscugliodi questi prodotti. Seguono ulteriori indicazioni.

1.2 Classificazione tecnologica

La classificazione delle conserve più importan-te dal punto di vista puramente produttivo è quel-la effettuata sulla base delle loro caratteristiche fisi-che più importanti ossia il pH e l’acqua libera(activity water - aw). Tale distinzione in sei classinon è però da considerarsi rigida in quanto sonopossibili delle sovrapposizioni.

Ogni classe è contraddistinta da:• una diversa possibilità di sviluppo di microrga-

nismi nella conserva;• un conseguente possibile grado di alterazione

del prodotto e di rischio di patogenicità;• i relativi trattamenti termici da effettuare per

ottenere la stabilizzazione del prodotto.In particolare:

• classi a), d) ed e): possibile sviluppo di lievi-

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Tab. 1 - Classificazione sulla base di caratteristiche fisiche (pH e aw)

Conserve acide Conserve a bassa acidità

pH < 4,3 4,3 < pH < 4,6 pH > 4,6

aw > 0,98 a) succhi e polpe di agrumi, b) succhi e polpe di frutta, succhi c) conserve di ortaggi al naturale,conserve di ortaggi all’aceto e passati di pomodoro, pomodori conserve sott’olio non

pelati, polpe e cubettati fermentate e/o acidificatedi pomodoro, conserve di frutta all’acqua e/o allo sciroppo

aw < 0,98 d) concentrati di pomodoro, e)concentrati di pomodoro, f) ortaggi in salamoia concentrati di frutta, concentrati di frutta, marmellate, non fermentatimarmellate, confetture e confetture e gelatine,gelatine, ortaggi in ortaggi in salamoia fermentatisalamoia fermentati

Fonte: Manuale di corretta prassi igienica per la produzione di conserve vegetali stabilizzate mediante trattamenti termici (Conservevegetali appertizzate) predisposta dalla Stazione Sperimentale per l’industria delle conserve alimentari per conto di ANICAV - luglio 1996).

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ti, funghi e bacilli lattici = alterazioni delprodotto ma con nessun problema di patoge-nicità sul consumatore. Sono le conservenaturalmente acide od ottenute medianteacidificazione (aggiunta di sostanze acide ofermentazioni);

• classe b): possibile sviluppo di lieviti, funghi,bacilli e clostridi non patogeni = alterazioni delprodotto ma con nessun problema di patogeni-

cità sul consumatore. Sono le conserve natural-mente acide;

• classe c) e f): possibile sviluppo di qualsiasi tipodi microrganismo = alterazioni del prodotto epossibili risvolti di patogenicità. Sono le con-serve poco acide.Vedremo successivamente quali sono le impli-

cazioni tecnologiche delle varie classi di conservevegetali (v. paragrafo 4.6).

13L A P R O D U Z I O N E D E L L E C O N S E R V E V E G E T A L I

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I prodotti ortofrutticoli sono estremamenteeterogenei e quindi possono presentare differentiproblemi igienico-sanitari.

2.1 Alterazioni

Molti prodotti vegetali devono essere consuma-ti freschi e pertanto mantenere le caratteristicheorganolettiche e al contempo la sicurezza igienico-sanitaria senza subire alcun trattamento. Questiprodotti possono essere facilmente alterati a causadella loro esposizione a vari agenti quali:• parassiti che vivono a spese del vegetale (tra

questi batteri, funghi, virus, animali inferiori esuperiori);

• fattori ambientali (condizioni climatiche emetereologiche anomale o dannose, mancanzao eccesso di acqua ecc.), sfavorevoli condizionidel terreno (tra cui deficienze o eccessi di ele-menti chimici), traumi, azioni dannose svolte daantiparassitari, competizione con altre piante.Queste alterazioni di solito si manifestano con

anomalie a livello esteriore della pianta e/o del suofrutto.

2.2 Contaminazioni

La microflora che si ritrova sui vegetali provienedall’ambiente, dall’aria, dal terreno e dall’acqua. Lamicroflora contaminante può variare come quantitàe qualità secondo le caratteristiche del prodotto(composizione, aw, pH) e secondo come è coltiva-to (se è un vegetale di superficie o cresce sottoterra; se il prodotto è vicino al terreno o sollevato).

Fondamentale è l’acqua di irrigazione o se l’ap-pezzamento di terreno è vicino a fonti inquinanti

(per esempio, scarichi fognari che possono appor-tare ingenti contaminazioni fecali). Anche l’aspet-to esterno del vegetale contribuisce a facilitare oridurre le possibilità di contaminazione; un vegeta-le con superficie rugosa può presentare un nume-ro di germi più alto rispetto a uno con superficieliscia; gli ortaggi a foglia arricciata (per esempio,gli spinaci) possono presentare difficoltà di lavag-gio. Nel complesso i vegetali rappresentano unbuon terreno di coltura per muffe, lieviti e batteri.

I batteri che maggiormente si ritrovano suivegetali appartengono ai generi: Achromobacter,Aerobacter, Alcaligenes, Bacillus, Chromobacte-rium, Flavobacterium, Lactobacillus, Streptobacte-rium, Leuconostoc, Xantomonas, Staphylococcus,Micrococcus, Sarcinia, Serratia.

Tra le muffe, che fra l’altro possono provocaremarciumi sia in campo che durante la conservazio-ne, ritroviamo i generi: Botrytis, Phytospora, Rhizo-pus, Fusarium, Cladosporium, Alternaria.

Tra i contaminanti chimici dobbiamo ricordare:• residui di antiparassitari, per cui è fondamenta-

le che vengano rispettati i tempi di carenzaprima di effettuare la raccolta;

• residui di concimi (nitrati);• residui di prodotti fitosanitari in genere;• metalli pesanti provenienti da fonti inquinanti

(per esempio, industrie, strade a grande percor-renza).Tra i contaminanti fisici ricordiamo:

• frammenti o corpi di insetti;• vegetali estranei;• terra, sassi, residui di concimi organici;• frammenti di legno, metallici o di vetro.

2.2.1 Clostridium botulinumIn considerazione del fatto che la tossina pro-

dotta dal batterio Clostridium botulinum rappre-

2. Principali rischi igienico-sanitari e contaminazioni

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senta il rischio microbiologico più grave per leconserve vegetali, è necessario soffermarsi su taleproblematica.

Questo batterio gram-positivo, anaerobio esporigeno vive normalmente in forma vegetativanel terreno (strati non superficiali) e talvolta nelleacque e quindi può ritrovarsi facilmente sui vege-tali, soprattutto quelli coltivati a terra. Esistonovari tipi di Clostridium botulinum, alcuni di essisono proteolitici (scindono le sostanze proteiche)e altri no, così come possono produrre gas oppureno. Quando il Clostridium botulinum si trova incondizioni di aerobiosi (a contatto con l’aria) o inaltre condizioni non ottimali, per sopravvivere hala capacità di produrre una spora (forma di soprav-vivenza), ossia il germe si racchiude in una speciedi guscio molto resistente in grado di proteggerlodalle condizioni avverse e perde la capacità di mol-tiplicarsi. La spora botulinica è molto resistentealle alte temperature e consente al germe di supe-rare indenne condizioni ambientali non ottimali.Se le condizioni vitali ritornano normali (per esem-pio, dentro un barattolo sottovuoto) la spora ger-mina e il batterio torna alla forma vegetativa capa-ce di moltiplicarsi. È proprio a seguito della ger-minazione della spora che viene prodotta la neuro-tossina (tossina che attacca il sistema nervoso), cheè la più attiva fra le tossine conosciute in natura.Tutte le condizioni che quindi influenzano lo svi-luppo del batterio influenzano positivamente anchela produzione di tossina. La tossina è di natura pro-teica e quindi se sottoposta all’azione del caloreviene distrutta facilmente (termolabile).

Il Clostridium botulinum è in grado di svilup-parsi su molti substrati (carni, pesci, molluschi evegetali poco o mediamente acidi) sui quali,durante lo sviluppo, produce la tossina. Tra i fatto-ri che limitano lo sviluppo di Clostridium botulinumsugli alimenti e quindi tengono sotto controllo laproduzione di tossina vi sono:

a) temperatura: i vari tipi di Clostridium botu-linum presentano esigenze di temperatura ottima-le di sviluppo variabili. In genere la produzione ditossina può avvenire anche alle temperature mini-me di crescita. Le temperature inferiori a quelleminime di crescita, impedendo lo sviluppo delgerme, prevengono la produzione della tossina equindi rivestono un’importanza fondamentale perquei prodotti (in particolare le semiconserve) incui il controllo dello sviluppo del germe non èattuabile con gli altri fattori. Le basse temperatureperò non hanno alcun effetto sulle spore (le quali,quando si ritroveranno a condizioni favorevoli,germineranno e daranno origine alla produzione

di tossina) come sulla tossina. Le temperature dicottura (sopra i 50/60°C) hanno la capacità didistruggere le forma vegetative ma non le sporeche, secondo il tipo di Clostridium botulinum,sopravvivono anche a temperature di ebollizione(100°C). Si è visto sperimentalmente che il tratta-mento termico in grado di distruggere le sporebotuliniche più resistenti è di 121°C per 2 minutie 30 secondi. La tossina, invece, essendo di strut-tura proteica, se sottoposta temperature sopra gli80°C viene degradata; per cui la bollitura, per 15’,di cibi in cui è sospetta la presenza di tossina, rie-sce a renderli innocui;b) pH o acidità del mezzo: lo sviluppo del Clostri-

dium botulinum è favorito da un pH intorno a 7(neutro) ma l’effetto dell’acidità è condizionatooltre che dal tipo di botulino dalla natura delsubstrato. La massima produzione di tossina siha tra pH 5,0 e 8,0, mentre i limiti minimi checonsentono la germinazione della spora e la pro-duzione di tossina sono 4,6 per i tipi proteoliticie 5,0 per i non proteolitici. L’ambiente acidofavorisce l’effetto delle alte temperature, per cuiè possibile ridurre le temperature dei trattamen-ti termici di sterilizzazione sia nelle conserve chenelle semiconserve acide (pH inferiore a 4,6);

c) aw o acqua libera: i valori di acqua libera minimache permettono la germinazione della spora, losviluppo del germe e la produzione di tossinasono 0,94 (per i ceppi proteolitici) e 0,97 (per iceppi non proteolitici). A valori di aw inferiorisolo una parte delle spore viene distrutta e nonsi ha la completa scomparsa. Questo fattorepreso a sé stante non garantisce quindi il con-trollo totale dello sviluppo di tossina botulinica edeve essere associato comunque agli altri fattori;

d) presenza di ossigeno: questo germe anaerobiopuò sopravvivere anche in presenza di modesteconcentrazioni di O2. Il confezionamento sotto-vuoto quindi non è una condizione indispensa-bile perché si possa verificare la produzione ditossina, anche se comunque risulta sempre il piùpericoloso, perché in condizioni di assenza diossigeno viene inibito lo sviluppo di altri germiantagonisti allo sviluppo del Clostridium botuli-num che quindi si trova in condizioni di vantag-gio. È stato dimostrato sperimentalmente che inconfezioni con una atmosfera interna costituitadal 100% di anidride carbonica (CO2) è statorallentato lo sviluppo del batterio e che taleeffetto può essere potenziato dalla conservazio-ne dell’alimento a temperature di refrigerazione;

e) presenza di conservanti aggiunti: il sale ha uneffetto inibente sullo sviluppo del Clostridium

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botulinum con concentrazioni che vanno dal10 al 5% secondo il tipo di germe. L’effetto delsale è esaltato sia dalle basse temperature chedall’acidità dell’ambiente e dal valore di acqualibera. Questo è quindi il tipico fattore iniben-te che deve essere utilizzato in associazionecon gli altri, per avere garanzia di stabilità. Tragli additivi che possono essere utilizzati inambito alimentare, sicuramente i nitriti sidimostrano i più attivi soprattutto se associatiad ambiente acido, concentrazione salina epresenza di ascorbato o isoascorbato di sodio(antiossidanti);

f) flora competitiva: la presenza di altri germicontaminanti, normalmente presenti sull’ali-mento, può influenzare lo sviluppo del botuli-no. I germi che più svolgono effetto inibente

sono i batteri lattici che, producendo acido lat-tico, tendono a far scendere il pH del prodot-to e quindi a creare un ambiente poco adattoallo sviluppo del Clostridium botulinum. Alcu-ni di questi batteri producono anche un anti-biotico, la nisina, che ha un ulteriore effettoinibente sul botulino. Muffe e lieviti sono inve-ce microrganismi che tendono a favorire lo svi-luppo del botulino perché rendono il substratopiù adatto alla produzione di tossina (manten-gono un pH elevato utilizzando parte degliacidi presenti).Nella tab. 2 sono riepilogati i requisiti necessa-

ri allo sviluppo del Clostridium botulinum e quin-di alla produzione di tossina. Tenere sotto con-trollo tali fattori permette di gestire il rischiobotulinico.

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Tab. 2 - Requisiti necessari allo sviluppo del Clostridium botulinum

Requisito Ceppi proteolitici Ceppi non proteolitici

Tipo tossina A,B,F E,B,F

Habitat suolo suolo e fondi marini, fluviale, lacustre

pH minimo inibente 4,6 5,0

aw minima inibente 0,94 0,97

Temperatura (ambito di crescita) 10-48°C 3,3-45°C

D100 delle spore 25’ < 0,1’

Concentrazione di sale (NaCl) inibente 10% 5%

Concentrazione di glucosio inibente 36,4% 22,5%

Concentrazione di saccarosio inibente 48% 38%

Trattamento termico denaturante 85°C x 5’ 85°C x 2’per le tossine negli alimenti 79°C x 20’ 79°C x 5’

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I vegetali che costituiscono le materie primedelle conserve sono rappresentati sostanzialmenteda ortaggi di superficie, tuberi e frutta.

Le varie tipologie presentano caratteristiche dinatura chimica e fisica molto variabili; ciò natural-mente incide sullo sviluppo microbico e di conse-guenza sulle proprietà igienico-sanitarie dellamateria prima.

3.1 Ortaggi di superficie

Gli ortaggi possono essere distinti in:• non acidi: con un pH superiore a 5,1 (per

esempio, insalate), sono più facilmente attacca-bili dai microrganismi;

• acidi: con pH da 4,5 a 5,1 (per esempio,pomodori), sono più difficilmente attaccabili.Tra gli ortaggi di superficie, quelli in foglia

sono facilmente contaminabili per varie ragioni: ilprodotto è vicino al terreno, i tessuti sono moltodelicati, hanno un elevato rapporto super-ficie/volume. Questi devono essere perciò mani-polati con attenzione sia in raccolta che in lavora-zione e in conservazione. La rottura dei tessutiinfatti determina la fuoriuscita di succo cellulareche favorisce la diffusione e la moltiplicazionemicrobica.

In particolare sulle insalate esiste il pericolo dicontaminazione da batteri patogeni come Salmo-nella, Shigella, Listeria monocytogenes e Vibrio cho-lerae. Frequente anche la presenza di germi alte-ranti come la Erwinia e Pseudomonas (causa dimarciumi). Altre alterazioni possono essere provo-cate da invasioni di muffe quali Botrytis cinerea,Bremia lactucae e Sclerotinia spp.

3.2 Tuberi

I tuberi acquisiscono la flora microbica tipicadel terreno dove vivono. Difficilmente i germi pos-sono penetrate all’interno del vegetale perché illoro epitelio è molto resistente e funge da barriera,a meno che non sia stato danneggiato. Una dellecaratteristiche a loro favore è che quasi semprevengono consumati previa cottura, che svolge uneffetto sanificante.

Tra i patogeni che possono ritrovarsi sui tuberivi sono il Bacillus cereus e il Clostridium botuli-num, tipici abitanti del suolo, anche se il pericolodi contaminazione è limitato.

Questi vegetali possono essere inoltre soggettiad alterazioni dovute all’attacco di germi sviluppa-tisi anche durante le fasi successive di lavorazionecome Erwinia, Pseudomonas, Clostridium spp. eda muffe che possono avere effetti putrefattivicome Alternaria solani e Phytophthora infestans.Fusarium e Rhizoctonia spp. sono muffe che pos-sono provocare rispettivamente annerimento erammollimento.

3.3 Frutta

La frutta presenta un pH generalmente acido euna percentuale di zuccheri piuttosto elevata (circail 13%) che possono variare secondo il tipo di frut-to e il grado di maturazione. La maggior parte deifrutti ha un pH acido compreso fra 4 e 5 e poi visono frutti molto più acidi con un pH inferiore a3,6 tra cui ananas, uva, lamponi, mirtilli, pompel-mi e limoni. I batteri patogeni non trovano unacondizione ideale di vita su prodotti con pH infe-riore a 4,5; invece muffe e lieviti trovano condi-zioni ideali di sviluppo grazie anche alla concentra-zione zuccherina.

3. Le materie prime

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Ovviamente più un frutto cresce vicino a terra(per esempio la fragola) e più facilmente può esse-re contaminato attraverso il terreno e le acque.

Tra le muffe che più facilmente si ritrovano sullafrutta vi sono la Botrytis cinerea e la Phytophthoracactorum.

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In questo capitolo analizzeremo i mezzi che latecnologia alimentare mette a disposizione delproduttore per ottenere le conserve vegetali.

4.1 Processo produttivo e prodotti

Il processo produttivo alimentare va dalmomento in cui la frutta o l’ortaggio (materieprime) entrano nel laboratorio di trasformazione etermina con la commercializzazione del prodottofinito (confettura, marmellata, frutta secca, sotto-lio, passata ecc.).

Gli obiettivi del processo produttivo sono:a) aumentare la conservabilità delle materie prime

per estenderne la disponibilità nel tempo (peresempio, verdure e frutta tal quali);

b) produrre ingredienti alimentari (per esempio,olio, zucchero, farine ecc.) da utilizzare per laproduzione di alimenti complessi;

c) produrre alimenti dalla combinazione dellematerie prime con gli altri ingredienti ed even-tualmente con aggiunta di additivi alimentari(per esempio, acido ascorbico, sorbato di sodio,nitriti e nitrati).Si distinguono pertanto due tipologie di pro-

cesso alimentare:• processi di conservazione, a loro volta divisibili in:

– conservazione dei prodotti “freschi” che tra-sferiscono al consumo i prodotti vegetali cosìcome ottenuti dalla raccolta e che permettonola conservazione delle materie prime delle con-serve vegetali;– produzione delle “conserve” che hanno perobiettivo quello di prolungare nel tempo la con-servazione e che si ottengono con interventi tec-nologici molto più drastici del primo caso, tantoda modificare, nella maggior parte dei casi, lecaratteristiche delle materie prime di origine.

• processi di trasformazione, a loro volta distin-guibili in:– prima trasformazione che operano sulle mate-rie prime provenienti dal campo;– seconda trasformazione che operano sugliingredienti ottenuti a loro volta da una trasfor-mazione industriale.Anche questa suddivisione dei processi in due

categorie è puramente didattica in quanto nellarealtà avviene una continua compenetrazione tra ledue tipologie. Per esempio, alcuni processi di con-servazione comportano delle trasformazioni anchesostanziali delle caratteristiche materie prime, tantoche si potrebbe affermare che alcune conserve sonoprodotti trasformati. Nello stesso tempo alcuni pro-cessi di trasformazione hanno come scopo unamigliore conservabilità dell’alimento e alcuni pro-dotti trasformati necessitano di essere sottoposti asuccessivi trattamenti di conservazione.

La classificazione di cui sopra è schematizzatanel diagramma di flusso (fig. 1).

Dai suddetti processi hanno origine teorica-mente cinque categorie di prodotti:1) prodotti freschi (frutta e verdura tal quali);2) conserve e semiconserve (surgelati, sottoli,

sottaceti, sotto sale o salamoia, verdure o frut-ta al naturale sterilizzate, prodotti essiccati eliofilizzati);

3) prodotti di prima trasformazione (succhi);4) ingredienti (zuccheri, olio, aceto);5) prodotti di seconda trasformazione (confettu-

re, prodotti dolciari, gelati, liquori).Pure in questo caso le categorie tendono a

compenetrarsi e per esempio è difficile inquadrareuna confettura o un sottolio nella categoria 2) onella 5), quando sappiamo che per la loro produ-zione viene utilizzato sia un processo di conserva-zione che di trasformazione.

4. La tecnologia delle conserve vegetali

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4.2 Conserve e semiconserve

Una precisazione importante da fare è intro-durre la distinzione fra conserve e semiconserve,che differiscono fra loro sia per il trattamentotermico che subiscono, sia per la modalità di suc-cessiva conservazione, sia per la durata di vitaconservativa.

Si definisce conserva un prodotto trattato atemperature di sterilizzazione dopo essere statorinchiuso in un recipiente a chiusura ermetica. Iltrattamento termico utilizzato determina l’uccisio-ne di tutte le forme vegetative o di spore microbi-che (patogeni e non) e degli enzimi, purché la con-fezione rimanga ermeticamente chiusa al fine dievitare il reinquinamento. Questi prodotti hannouna durata di conservazione molto lunga, dalpunto di vista microbiologico quasi illimitata. Len-tissimamente comunque alcuni fenomeni alterativipersistono e quindi la conservabilità è certamentemolto lunga ma non realisticamente illimitata.Questi prodotti altamente stabili possono essereconservati a temperatura ambiente (conserve vege-tali appertizzate).

Si definisce semiconserva un prodotto che per lasua natura non può essere trattato a temperature disterilizzazione, ma comunque a temperature cheper lo meno distruggono forme microbiche vege-tative (fra cui le patogene) ed enzimi. Questi pro-dotti non sono sterili e contengono un numerovariabile di microrganismi (forme microbiche ter-moresistenti, spore) che sono però tenuti sottocontrollo, ossia ne viene impedito il moltiplicarsi,mediante l’applicazione di ulteriori tecnologie.Queste sono basate su: • altri fattori fisici quali le basse temperature che

devono essere mantenute costantemente durantela conservazione;

• e/o fattori chimici come l’uso di additivi conproprietà batteriostatiche;

• e/o tecniche che hanno come scopo la creazio-ne di ambienti inadatti allo sviluppo microbico(abbassamento dell’acqua libera con concentra-zione del prodotto per evaporazione dell’acquao aggiunta di zucchero o sale).Le semiconserve hanno una conservabilità limi-

tata nel tempo e spesso devono essere conservate atemperatura controllata.

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Fig. 1 - Diagramma di flusso dei processi di trasformazione delle conserve (fonte: PERI C., ZANONI B., Manuale di tecno-logie alimentari - Parte prima: modelli e teoria delle operazioni unitarie)

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4.3 Trattamenti con mezzi fisici

Nella tab. 3 sono riepilogati i trattamenti conmezzi fisici che possono essere utilizzati per la pro-duzione delle conserve vegetali e che andremo aesaminare in questo paragrafo.

4.3.1 SterilizzazioneII principale obiettivo della sterilizzazione è la

distruzione di tutti i microrganismi patogeni ealteranti (batteri, lieviti, muffe) e l’inattivazionedegli enzimi, responsabili delle più gravi alterazio-ni degli alimenti. Il calore, se somministrato inmodo da provocare un notevole innalzamentodella temperatura dell’alimento, ha un’azione leta-le per tutte le forme viventi. Le condizioni per

ottenere una sterilità completa o almeno “com-merciale” dipendono da vari fattori:a) la modalità di trasmissione e somministrazione

del calore all’alimento;b) il numero di germi presenti inizialmente nell’a-

limento. Maggiore è la carica microbica e mag-giore sarà la T° necessaria per ottenere la mortedei microrganismi;

c) la resistenza dei microrganismi al calore, resi-stenza che varia a seconda della natura e dellostadio di sviluppo dei microrganismi stessi. Ingenere i batteri psicrofili (le cui temperatureottimali di sviluppo sono intorno ai 18-20°Ccon gli estremi a -18/+30°C) sono meno resi-stenti dei mesofili (temperature ottimali 30-37°C; estremi 10-45°C) e questi dei termofili

23L A P R O D U Z I O N E D E L L E C O N S E R V E V E G E T A L I

Tab. 3 - Trattamenti con mezzi fisici per la preparazione di conserve vegetali

DISTRUZIONE DI MICRORGANISMI ED ENZIMI

Operazione Principio ed effetti dell’operazione Fattori critici

Pastorizzazione Trattamento termico blando Conservabilità limitata per distruggere le forme microbiche nel tempo. Necessità vegetative banali o patogene di refrigerazione

Sterilizzazione Trattamento termico drastico per Totale asetticità e perfetta (o appertizzazione) distruggere le forme microbiche tenuta dei contenitori

termoresistenti (spore) e per inattivare gli enzimi

INIBIZIONE DELLO SVILUPPO MICROBICO E DELLE ATTIVITÀ ENZIMATICHE

Operazione Principio ed effetti dell’operazione Fattori critici

Refrigerazione Rallentamento delle attività microbiche Esigenza di mantenere ed enzimatiche, del metabolismo ininterrotta la catena del freddo.post-raccolta e riduzione della temperatura Più efficace se associata a valori compresi fra lo zero e + 12 ˚C ad atmosfere modificate

Surgelazione Inibizione delle attività microbiche Esigenza di mantenere ed enzimatiche per la riduzione ininterrotta la catena del freddo. della temperatura a valori compresi Tanto migliore quanto più tra -15 ˚C e -25 ˚C rapido è il raffreddamento

Evaporazione Moderato effetto di inibizione Conservabilità limitata se nondello sviluppo microbico per aumento associata ad altri trattamentidella pressione osmotica del mezzo; (aggiunta di conservanti,evaporazione dell’acqua per ebollizione, zucchero, surgelazione ecc.)generalmente sotto vuoto preliminari a trattamenti

di essiccamento

Essiccamento Inibizione delle attività microbiche Evitare la reidratazione per ebollizione ed enzimatiche nonché delle reazioni durante la conservazione

chimiche per riduzione dell’attività con opportuni sistemi dell’acqua a valori sufficientemente bassi; di imballaggioevaporazione dell’acqua per ebollizione,anche sotto vuoto

Essiccamento Come sopra. Evaporazione dell’acqua Come soprain corrente d’aria per scambio di materia con aria caldo-secca

Liofilizzazione Come sopra. Sublimazione dell’acqua Come sopra

Fonte: Manuale di tecnologie alimentari I - Parte prima: modelli e teoria delle operazioni unitarie (C. Peri e B. Zanoni), 2003.

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(ottimali 50-55°C; estremi 45-90°C). I batterigram-negativi sono meno resistenti dei gram-positivi. Uno stesso batterio allo stato di sporaha una resistenza molto maggiore che nondurante lo sviluppo attivo, così come è maggio-re la resistenza del germe quando si trova nellafase stazionaria di crescita o di quiescenza piut-tosto che durante lo sviluppo attivo. I lieviti e lemuffe sono molto più sensibili al calore dei bat-teri e anche le loro spore sono meno resistenti(non sopportano T° superiori ai 100°C);

d) la natura dell’alimento, che esercita un’influen-za determinante sul processo di inattivazione.In particolare:

• la sensibilità al calore aumenta se il pH dell’ali-mento è maggiore di 8 o minore di 6;

• se l’alimento contiene grasso (naturale oaggiunto come l’olio) la resistenza aumenta;

• un basso tenore di acqua libera (quindi, comevedremo, anche quando vi sono alte concen-trazioni di sale o zucchero) tende ad aumenta-re la resistenza dei microrganismi. Pertanto ali-menti grassi o dolci richiedono trattamenti ter-mici più decisi.Per determinare i parametri di un trattamento

termico è necessario individuare il microrganismo“bersaglio” o “determinante” ossia la forma che sivuole colpire per ottenere un alimento sicuro igieni-camente e lungamente conservabile.

In particolare, in conserve ad acidità superiore a4,5-4,6 il microrganismo bersaglio sarà necessaria-mente il Clostridium botulinum (o meglio la suaspora); in conserve acide (pH inferiore 4,6) il ber-saglio non sarà più il botulino, già controllato dal-l’acidificazione, ma germi alteranti che di normasono più resistenti alle alte T°.

Sulla base della resistenza termica del microrga-nismo bersaglio verranno effettuati i calcoli e leregistrazioni necessarie a stabilire il trattamentotermico.

A livello sperimentale è stata determinata la resi-stenza dei microrganismi alla alte temperature. Laresistenza termica o “termoresistenza” viene per-tanto espressa da due valori D e z.

Il valore D indica il tempo necessario a provoca-re la morte del 90% dei microrganismi presenti inuna sospensione a una certa T° di trattamento fissae costante; espresso in forma logaritmica è il temponecessario per ottenere una riduzione decimale delnumero dei germi (per esempio, per passare da 104

a 103 – ovvero da 10.000 a 1000 – in pratica peruccidere 9000 germi, quindi ottenere una riduzionedel 90%). Conoscendo il valore D del germe “ber-saglio” a una certa T° è possibile calcolare il tempo

necessario per ottenere il risultato finale come la ste-rilità del prodotto. Il valore D di norma è scritto conla T° corrispondente, per esempio:

D121°C = 2 minuti

significa che per ottenere una riduzione decimaledi quel germe è necessario sottoporlo a 121°C per2 minuti. Ovviamente si tratta di un valore speri-mentale perché significherebbe portare istantanea-mente il prodotto a 121°C, mantenere tale tempe-ratura costante per due minuti e poi raffreddareimmediatamente. Nella realtà sappiamo che il calo-re penetra nell’alimento in un certo tempo primadi raggiungere una determinata temperatura e cheanche il raffreddamento avviene gradualmente.Quindi occorre mettere in relazione i due fattoritempo e temperatura.

Il valore z indica i gradi di calore necessari perindurre una riduzione decimale di una popolazio-ne microbica, ossia i gradi di temperatura necessa-ri a provocare la morte del 90% dei germi presentiin una sospensione quando trattata a varie tempe-rature. Conoscendo z per ogni microrganismo siotterranno gli stessi effetti in tempi diversi aggiun-gendo o togliendo questo valore dalla T° di tratta-mento. Quindi, quando diciamo che per un certomicrorganismo z = 10°C vuol dire che se D100°C =2 minuti, posso ottenere lo stesso effetto aumen-tando o riducendo di 10°C il trattamento con iseguenti tempi D110°C = 0,2 minuti D90°C =20 minuti.

Il suddetto esempio è stato fatto per facilitare lacomprensione del concetto di trattamento termi-co equivalente, ma il calcolo non sarebbe cosìimmediato per valori di z diversi da 10 o variazio-ni di T° diversi da 10°C.

Per calcolare un trattamento equivalente sideve applicare una specifica formula:

t(T) = t (Tr) x 10(Tr -T) / z

Se è noto il tempo di trattamento t a una certatemperatura Tr [cioè t(Tr)] è possibile calcolare l’e-quivalente tempo di trattamento a una diversatemperatura (T). Se per esempio, un trattamentotermico a 71,7°C per 15 secondi è in grado dipastorizzare un certo prodotto si può calcolare iltrattamento termico equivalente a 70,5°C o 78°C,occorre però sapere il valore z, per esempio:

70,5°C = 15 x 10(71,7-70,5) / 10 = 15’’ x 100,12 = 19,8“

78°C = 15 x 10(71,7-78)/ 10 = 15’’ x 10 - 0,63 = 3,5“

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Ricordiamo che questi calcoli sono sempre teo-rici perché anche in questo caso è praticamenteimpossibile portare istantaneamente l’alimento allaT° prefissata, mantenerla costante per il tempo desi-derato e raffreddare istantaneamente.

Nella tab. 4 sono indicati vari valori D e z per iprincipali microrganismi patogeni, in forma vege-tativa e spora, e per le tossine, alle varie T° neces-sarie per ottenere una riduzione decimale. Come sipuò notare, generalizzando, il valore z è intorno a10°C per le spore batteriche, 5°C per le formevegetative.

Abbiamo detto che i trattamenti termici nonsono né uniformi né istantanei; quindi per potervalutare l’effetto di un qualsiasi trattamento occor-re definire un’unità di misura. A tale scopo dob-biamo introdurre un altro concetto, ossia quello di“effetto letale” che viene indicato con il valore Fcorrispondente a:

F = D121°C (logN0-logN)

dove (logN0-logN) è il numero di riduzioni decima-li che si vuole ottenere. Il valore F esprime pertantol’effetto letale in minuti a una determinata tempera-tura. Per esempio: F10

121°C = 4 corrisponde a un trat-tamento sterilizzante ottenuto con un riscaldamento

immediato a 121°C, il mantenimento di tale T° per4 minuti e un raffreddamento immediato.Per convenzione per le spore con z=10°C e F 121°C

l’effetto letale ossia l’F10121°C è indicato con F0

detto anche effetto sterilizzante quando la T° diriferimento è 121°C, mentre abbiamo l’effettopastorizzante quando la T° di riferimento è 60°Ce si indica come:

P60°C = D60°C (logN0-logN)

Per determinare il valore F0 di un certo tratta-mento è necessario conoscere il valore D121°C delmicrorganismo bersaglio e il numero di riduzionidecimali (logN0-logN) necessarie a rendere l’ali-mento a un corretto grado di sterilità.

Quando il microrganismo bersaglio è il Clostri-dium botulinum (tipico delle conserve non acide)è comunemente accettato che il numero di ridu-zioni decimali da ottenere è pari a 12, ammetten-do sperimentalmente che in 1 grammo di alimen-to possa essere presente 1 spora di botulino. Il trat-tamento termico dovrà essere in grado di ridurre laprobabilità di sopravvivenza del germe in 1 confe-zione su 1000 miliardi (=1012) di confezioni oppu-re, espresso diversamente, la sopravvivenza di unaspora su 1000 miliardi (=1012) di confezioni. Que-

25L A P R O D U Z I O N E D E L L E C O N S E R V E V E G E T A L I

Tab. 4 - Valori D e z per i principali microrganismi patogeni

Microrganismo D z

Yersinia enterocolitica a 62,8°C = 0,24 - 0,96’ 5,1 - 5,8

Listeria monocitogenes a 60,0°C = 2,85’ 5,8 - 6,3

Salmonella spp. a 70,0 = 0,027 - 0,017 ‘ 4,4 - 5,6

Clostrudium botulinum:• tipo E e altri non proteolitici

Forma vegetativa a 82,2°C = 0,49 - 0,74’ 7,4 - 10,7Forma sporulata a 85,0°C = 5’ 5,6 - 10,7Inattivazione tossina 4,0 - 6,2

• tipo A e altri tipi proteoliticiForma vegetativaForma sporulata a 121°C = 0,3 - 0,23’ 10Inattivazione tossina a 85,0°C = 5’ 4,0 - 6,2

Staphylococcus aureus: a 60,0°C = 5,2 - 7,8’ 5,4 - 4,8inattivazione tossina a 98,9°C = 2 ore circa 27,8

Clostridium perfringens:Forma vegetativa a 59,0°C = 7,2’ 3,8Forma sporulata a 98,9°C = 26 - 31’ 7,2

Bacillus cereus:Forma vegetativa a 60,0°C = 1’ 6,9Forma sporulata a 100°C = 2,7 - 3,1’ 6,1Inattivazione tossina:

diarroica a 56,1°C = 5’emetica a 121°C = stabile

Fonte: G. Tiecco, Igiene e Tecnologia alimentare, 2001.

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sti valori di sopravvivenza sono considerati accetta-bili (valore consigliato anche dalla Food and DrugAdministration). Facciamo un esempio:• sappiamo che per la spora di Clostridium botu-

linum il valore D121°C = 0,2 minuti e che il valo-re z = 10°C;

• dobbiamo trattare un prodotto confezionato inun contenitore di 1 kg;

• di conseguenza si ammette che in 1 g = 1 sporain 1 kg = 103 spore (1000 spore);

• e vogliamo ottenere una riduzione di 10-12

ossia passare da 103 a 10-12;• applichiamo la formula (logN0-logN) = (103 -

10-12) = 15 riduzioni

F10121°C = F0 = D121°C (logN0-logN)

ossia

F = 0,2’ x (103 -10-12) = 0,2’ x 15 = 3’

Per ottenere l’effetto sterilizzante F0, ossiaottenere una riduzione accettabile di botulino,dobbiamo trattare termicamente il prodotto inmodo da applicare la temperatura di 121°C per 3minuti. In tal modo si ottiene un prodotto sicurosotto l’aspetto sanitario, ma occorre tenere inconsiderazione anche gli aspetti commerciali,perché oltre al requisito della sicurezza l’industriavuole anche ottenere un prodotto che abbia unalunga durata di conservazione; l’obiettivo è quin-di quello di arrivare a una “sterilizzazione com-merciale”. In questo caso bisogna cambiaremicrorganismo determinante. Il microrganismoda prendere in considerazione, sempre nel caso diconserve non acide, è il Clostridium sporogenesche ha un valore D più alto del botulino, infattiD 121°C = 1 minuto.

Il numero di riduzioni decimali che si ritieneottimale raggiungere in questo caso è pari a 10-5,visto che non si tratta di un germe patogeno. Quin-di se ammettiamo sperimentalmente, anche in que-sto caso, che in 1 kg di prodotto vi siano 103 sporee dobbiamo passare a 10-5, si applica la formula:

(logN0-logN) = (103 - 10-5) = 8 riduzioni

da cui

F0 = D121°C (logN0-logN) ossia F = 1’ x 8 = 8’

L’effetto sterilizzante deve pertanto salire da 3’a8’ per ottenere il controllo del Clostridium sporoge-nes e avere una conserva sicura (il margine di sicu-rezza è elevato visto che per il botulino sarebbe

necessario arrivare solo fino a 3’) e anche stabile.Ovviamente trattamenti termici con una coppia ditempo e temperatura diversi possono raggiungereun effetto sterilizzante equivalente = Fz

t

Se l’F0 (quindi con z=10°C a 121°C) di un trat-tamento è pari a 8’:• per un trattamento a 111°C il valore F10

111°C

sarà pari a 80’;• per un trattamento a 131°C il valore F10

131°C

sarà pari a 0,8’;• per un trattamento a 141°C il valore F10

141°C

sarà pari a 0,08’.Questi quattro trattamenti termici sono equiva-

lenti perché seppure con tempo/temperaturediverse hanno lo stesso effetto sterilizzante.

Si può applicare quindi la formula t(T) = t (Tr) x10 (Tr -T) / z per calcolare i trattamenti equivalenti.

Secondo la tipologia di conserva vi sono delleindicazioni generiche di effetti sterilizzanti da rag-giungere per avere sia la sicurezza sanitaria checommerciale.

Conserve acide (con pH fra 4,6 e 4,2 o 3,9 perla frutta): il germe determinante è il Clostridiumpasteurianum le cui spore hanno un D100°C = 1,3’e z = 10°C. Non essendo un germe patogeno, ènecessario ottenere un abbattimento di 10-5; peròsperimentalmente è stato dimostrato che la suaconcentrazione nel substrato è maggiore che per ilbotulino, ossia 104 spore/grammo. Sempre sup-ponendo di avere contenitori da 1 kg, si avranno107 spore/kg e quindi si deve ottenere una ridu-zione di 12 = (107 - 10-5) = (logN0-logN)

F10100°C = 12 x 1,3 = 15 minuti

Se il pH si avvicina a 4,2 non tutte le sporesono in grado di germinare e quindi il valore F puòscendere a 10/6 minuti.

Per le conserve acide in letteratura è indicatoun F10

100°C = 12/6 minuti.Conserve molto acide (con pH inferiori a 4,2): a

questi valori di pH le spore non germinano e pos-sono sopravvivere solo forme vegetative che perògià a 70°C sono distrutte, oppure lieviti e muffe. Igermi bersaglio sono poco definiti e in genere siconsiderano forme vegetative con D71°C = 2/3minuti e z=10 °C, oppure muffe (sono più termo-resistenti) con D92°C = 2/3 minuti e z = 7 °C.

Per le conserve molto acide in letteratura èindicato un F10

71°C = 50 minuti. Se però il pro-dotto è molto concentrato – aw bassa – e quindiaumenta la resistenza al trattamento, si deve salirea F10

100°C = 12/6 minuti.Conserve non acide (con pH superiori a 4,6): il

trattamento è quello descritto precedentemente

26 Q U A D E R N O A R S I A 7 / 2 0 0 4

Page 29: La produzione delle conserve vegetali - agrofarm.it

quindi si consigliano F10121°C = F0= da 3 a 7/8

minuti.Abbiamo detto che questi calcoli sono teorici,

infatti nella realtà in ogni istante del trattamentotermico la T° varia (sale, rimane costante o scende)in relazione al tempo. Il calore penetra nell’ali-mento secondo una “curva di penetrazione” chedipende da innumerevoli fattori tra cui:• caratteristiche chimiche e fisiche dell’alimento;• caratteristiche del contenitore;• dimensioni del contenitore;• metodo di trasmissione del calore.

Si ricorda che è di fondamentale importanzamisurare la T° di un prodotto trattato termica-mente al suo “cuore” ossia nella parte più interna,quella in cui il calore penetrerà con più difficoltà enecessariamente in più tempo. Il calcolo dell’effet-to sterilizzante è quindi dato dalla sommatoria odall’integrale di tanti F letali parziali che varianocontinuamente lungo la curva di penetrazione delcalore nell’alimento.

Escludendo la possibilità di effettuare un calco-lo manuale, occorre affidarsi a degli strumenti ingrado di calcolare automaticamente l’effetto steri-lizzante ottenuto dal trattamento termico da ana-lizzare, mediante sonde che vengono disposte sianel cuore del prodotto che nell’ambiente di tratta-mento (autoclave, forno).

Tenendo i valori di F precedentemente indica-ti come “riferimenti di un processo teorico”,secondo il tipo di conserva che deve essere tratta-ta, il produttore deve validare il proprio processodi trattamento termico. Ossia, una volta stabiliti iparametri di processo (tempi di trattamento etemperatura T° che deve essere raggiunta al cuoredel prodotto, tipo e dimensione delle confezioniecc.), verificare, mediante il calcolo dell’effettosterilizzante, se il valore di F raggiunto dal pro-

cesso termico reale è equivalente ai valori sopraindicati e quindi a un processo teorico di riferi-mento. È evidente che, essendo notevoli i fattorivariabili che possono influire sul risultato del pro-cesso termico, ogni operatore deve validare il pro-prio processo e non ci possono essere delle “ricet-te” valide per tutti. La validazione di un processotermico si ottiene mediante le seguenti fasi di stu-dio e sperimentali:• stabilire quali microrganismi possono essere

presenti e tra questi quali possono accrescersi,in modo da richiedere la distruzione medianteil trattamento termico;

• stabilire quali microrganismi possono essereconsiderati determinanti (bersaglio) per giudi-care l’efficacia del trattamento termico;

• stabilire la probabilità di sopravvivenza deigermi che può essere ritenuta accettabile ai finidi sicurezza e commerciali;

• calcolo dell’effetto sterilizzante teorico suffi-ciente per ottenere la sterilità commerciale (aquesto punto ogni trattamento termico equiva-lente per letalità a quello teorico può essereconsiderato sufficiente);

• analisi della curva di penetrazione del calore;• individuazione dei parametri di processo opera-

tivi necessari per il trattamento termico e calco-lo dell’effetto sterilizzante ottenuto;

• campionatura per verificare l’abbattimentomicrobico, le caratteristiche organolettiche enutrizionali del prodotto finito, la shelf life, icosti economici del trattamento;

• considerazione di alcuni margini di sicurezza daapplicare al trattamento calcolato e verificatocome sufficiente. Tali margini devono esserestabiliti considerando l’affidabilità della produ-zione in linea rispetto al controllo di tutte quel-le variabili (materia prima, confezione, prodottofinito, attrezzature disponibili ecc.) che possonoinfluire sulla letalità del trattamento termico;

• elaborazione del programma di sterilizzazio-ne/pastorizzazione definitivo.Gli strumenti che vengono utilizzati per la

misurazione del valore F nei processi termici sia disterilizzazione che di pastorizzazione sono svaria-ti, hanno diversa applicazione, esattezza di misu-razione e costi (termocoppie, termoresistenze,data logger). Per la scelta dello strumento dimisurazione è necessario valutare il tipo di tratta-mento eseguito e il macchinario a disposizione, laconfezione del prodotto, il posizionamento dellostrumento, la sua sensibilità e affidabilità. Il con-trollo delle T° di trattamento deve essere accuratoalmeno a 1-2 °C. Infatti, trattandosi di valoriesponenziali, per variazioni di soli 0,5°C si hanno

27L A P R O D U Z I O N E D E L L E C O N S E R V E V E G E T A L I

Fig. 2 - Curva di riscaldamento e raffreddamento dicarne di pollo (fonte: TIECCO G., Igiene e tecnologiaalimentare, 2001)

83,476,569,662,755,848,942,135,228,321,4

10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120 130 140

ambiente

superficieprodotto

prodottoa cuore

Page 30: La produzione delle conserve vegetali - agrofarm.it

errori potenziali sull’effetto sterilizzante applicatodell’ordine di +/- 10% (quando z=10°C). Questistrumenti, che a tutti gli effetti servono per ilmonitoraggio di CCP di processo, devono essereaffidabili e quindi controllati e tarati con cadenzeprestabilite.

4.3.2 PastorizzazioneIl trattamento di pastorizzazione avviene a

temperature inferiori rispetto alla sterilizzazione(di norma tra i 60 e gli 80°C, mai comunque soprai 100°C) e ha quindi un’azione più blanda. Infattilo scopo è quello di distruggere le forme vegetati-ve banali e patogene, mentre non ha effetto sullespore né dei germi alteranti né dei patogeni e igermi termofili possono anche sopravvivere informa vegetativa.

Le considerazioni effettuate nel precedenteparagrafo sono valide anche per la pastorizzazione.In particolare, si ricorda che per tale processo siparla di effetto pastorizzante quando la T° di rife-rimento è 60°C e si indica come:

P 60°C = D60°C (logN0-logN)

I prodotti ottenuti dalla pastorizzazione nonhanno una durabilità così lunga come quella deglisterili e devono essere conservati a temperaturacontrollata, mantenendo la catena del freddo dallaproduzione alla commercializzazione. Solo in que-sto modo è possibile controllare lo sviluppo micro-bico dei microrganismi che hanno resistito al trat-tamento e potrebbero inficiare la conservabilità ela sicurezza sanitaria del prodotto finito.

4.3.3 RefrigerazioneCon l’abbassarsi della temperatura si ottiene il

duplice effetto di ritardare e/o bloccare lo sviluppomicrobico e di ridurre le attività enzimatiche, per-mettendo un allungamento nel tempo della conser-vabilità dell’alimento e una buona prevenzionedelle tossinfezioni alimentari. Quando l’abbassa-mento della temperatura non scende sotto gli 0°Csiamo in regime di refrigerazione.

I requisiti fondamentali che un processo direfrigerazione deve avere affinché abbia successosono:• partire da un alimento in cui la carica microbi-

ca sia già a livelli accettabili (ricordiamo che lebasse temperature non permettono di sanifica-re il prodotto);

• essere applicato precocemente;• essere mantenuto durante tutto il periodo di

conservazione dell’alimento ossia deve essere

mantenuta la cosiddetta “catena del freddo”.Nella tab. 5 sono riportate alcune temperature

di inibizione dei germi patogeni.I cibi refrigerati hanno una conservazione limi-

tata nel tempo con una durata influenzata da varifattori come:• specie dei germi presenti sul prodotto: se l’ali-

mento è contaminato da germi resistenti allebasse temperature (per esempio, Listeria), laproliferazione non viene rallentata e quindi l’a-limento può essere comunque degradato e nonsicuro sotto l’aspetto igienico;

• carica microbica: la velocità di crescita dei germiè direttamente proporzionale al numero deglistessi per cui quanto maggiore è la carica micro-bica dell’alimento tanto minore è il periodo diconservazione in ambiente refrigerato;

• temperatura e mantenimento della stessa:quanto più si avvicina allo zero tanto più lungosarà il tempo di conservazione dell’alimento.La temperatura deve essere mantenuta durantetutto il periodo di conservazione perché i germipossono sempre riprendere lo sviluppo nonappena dovesse avvenire un innalzamento;

• velocità di penetrazione del freddo al cuore del-l’alimento: per avere un’efficace refrigerazionequesta deve essere la più rapida possibile;

• umidità del prodotto, dell’ambiente e qualitàdell’aria: se le superfici esterne dell’alimentosono molto umide lo sviluppo microbico è faci-litato per cui è meglio evitare la condensazionedel vapor acqueo sulle superfici dell’alimento. Èimportante che anche la qualità microbiologicadell’aria interna ai refrigeratori sia buona per evi-tare contaminazioni interne;

• controllo delle contaminazioni crociate: siadovute alle superfici delle celle frigorifere cheagli altri alimenti contenuti.Il controllo e la misurazione della temperatura

nel caso di conservazione con il freddo diviene unfattore critico di successo e quindi deve essere affi-dato a strumenti che debbono essere controllati etarati. Si va da strumenti semplicissimi, quali i tra-dizionali termometri manuali, a sonde termometri-

28 Q U A D E R N O A R S I A 7 / 2 0 0 4

Tab. 5 - Alcune temperature di inibizione

dei germi patogeni

Microrganismo Temperature di inibizione

Staphylococcus spp. 6,7°C

Clostridium perfringens 6,5°C

Salmonella spp. 5,2°C

Clostridium botulinum tipo E 3,3°C

Page 31: La produzione delle conserve vegetali - agrofarm.it

che, a termografi, a data logger. Soprattutto per isurgelati vengono utilizzati anche indicatoritempo/temperatura (ITT) che si basano sulla varia-zione di colore di speciali sostanze a seguito dimodifiche della temperatura o a prolungata con-servazione anche a T° ottimali (di solito si presen-tano come etichette o linguette applicate sulle con-fezioni dei prodotti).

4.3.4 Congelamento e surgelazioneQuando le temperature di conservazione sono

portate al di sotto dello zero si entra nelle tecnichedi congelamento e surgelazione. I due prodotti chene derivano si diversificano sia dal punto di vistanormativo che tecnologico. Entrambe le tecnichehanno per scopo quello di provocare il congela-mento dell’acqua contenuta sia nell’alimento cheall’interno degli eventuali microrganismi presentisullo stesso.

Il passaggio dell’acqua dallo stato liquido a quel-lo solido determina una riduzione dell’aw, perchél’acqua si viene a trovare in una forma non piùdisponibile per le cellule microbiche. Inoltre, duran-te la formazione dei cristalli di ghiaccio, le strutturecellulari possono subire dei danni irreparabili e quin-di il congelamento, oltre a rendere inospitale l’am-biente per la riduzione dell’acqua libera, provocaanche una certa mortalità dei microrganismi. Pur-troppo i cristalli di ghiaccio provocano anche la rot-tura delle pareti cellulari dell’alimento e quindi alloscongelamento si noterà un certa perdita di liquidi eanche di sostanze nutritive (essudati).

Un processo di congelamento è efficientequando il danno tecnologico dovuto alla formazio-ne di grossi cristalli di acqua viene ridotto al mini-mo e questo si ottiene mediante un congelamentorapido tipico della surgelazione. Nel congelamentolento i primi cristalli di ghiaccio che si formanosono all’esterno delle cellule e tendono a ingran-dirsi con l’abbassarsi della temperatura; successiva-mente si formano i cristalli interni. Sono i grossicristalli esterni che, in un processo lento, danneg-giano le cellule. Nel congelamento rapido, o sur-gelazione, si formano microcristalli di ghiaccio siaall’esterno che all’interno delle cellule e quindi ildanno è molto ridotto.

Si deve ricordare che le cellule microbichesopravvissute smettono di moltiplicarsi ed entranoin una fase di latenza. Quando la temperatura risalei microrganismi lentamente riprendono a sviluppar-si e quindi, trovandosi in presenza di essudati com-posti da acqua e sostanze nutritive, possono provo-care danni sia igienici che qualitativi ai prodottiscongelati. Anche lo scongelamento deve avvenire

velocemente e comunque i prodotti, soprattutto senon utilizzati immediatamente, devono essere sem-pre mantenuti a temperature di refrigerazione.

Le spore e le tossine (botuliniche o stafilococci-che) non sono influenzate dal congelamento percui gli alimenti contaminati possono, anche se sur-gelati/congelati, provocare malattie alimentari.Inutile dire che per questi alimenti è fondamentaleil mantenimento della catena del freddo durantetutto il periodo di conservazione sia in fase com-merciale che casalinga.

Nel corso del congelamento e della conserva-zione a bassa temperatura, possono comparire dellemodificazioni nel prodotto, che se accentuatedivengono difetti:• disidratazione superficiale;• modifiche organolettiche come cambiamenti di

colore e riduzione dell’aroma;• modifiche chimiche come una parziale denatu-

razione delle proteine, l’idrolisi degli zuccheri el’ossidazione dei grassi.

4.3.5 Tecniche di concentrazionePer concentrazione di un alimento liquido o di

una materia prima si intende la rimozione selettiva diuna certa quantità di acqua dagli altri costituenti.Nell’industria alimentare sono molteplici i casi neiquali questa operazione risulta utile:a) confezionamento, trasporto e stoccaggio di pro-

dotti finiti o destinati all’industria di trasformazio-ne. La riduzione del contenuto in acqua consenteun notevole risparmio in termini di volume e dipeso (per esempio, succhi di frutta concentrati);

b) stabilizzazione di prodotti alimentari, ottenutamediante riduzione dell’umidità relativa diequilibrio e di aw a valori tali da inibire le rea-zioni degradative di tipo microbico;

e) pretrattamento di prodotti destinati a successi-ve trasformazioni, quali per esempio l’essicca-mento o la cristallizzazione;

d) recupero di nutrienti dalle acque di lavaggio edagli effluenti in genere.Le soluzioni offerte dalla moderna tecnologia

sono numerose e anche i criteri di scelta che pos-sono essere seguiti. In particolare al di là del pro-blema economico per i costi di gestione e installa-zione, deve essere comunque garantito il rispettodelle caratteristiche organolettiche e qualitative delprodotto che si vuol ottenere. Qualunque sia ilprocesso di concentrazione prescelto, la rimozionedell’acqua dall’alimento deve avvenire riducendo alminimo gli effetti collaterali quali:• degradazione delle qualità nutritive e funziona-

li del prodotto;

29L A P R O D U Z I O N E D E L L E C O N S E R V E V E G E T A L I

Page 32: La produzione delle conserve vegetali - agrofarm.it

• distruzione dei componenti termolabili (peresempio, alcune vitamine e proteine);

• perdita consistente di componenti volatili chepuò compromettere l’aroma del prodotto fini-to e la comparsa di odori e sapori estranei.Oggi la concentrazione di un prodotto alimen-

tare può essere ottenuta impiegando varie tecnichebasate su principi fisici e modalità operative diffe-renti. Almeno in linea di principio è possibile perogni alimento individuare la tecnica di concentra-zione più idonea a preservarne le caratteristichequalitative originarie.

Le principali tecniche di concentrazione impie-gate nell’industria alimentare, sono:1) evaporazione;2) crio-concentrazione;3) filtrazione per membrana (osmosi, ultrafiltra-

zione e osmosi inversa).

EvaporazioneIl processo di evaporazione si basa essenzial-

mente sul passaggio dell’acqua dallo stato liquidoa quello aereo mediante somministrazione di calo-re. Le due fasi vengono quindi separate sfruttandole diverse caratteristiche fisiche. L’andamento delprocesso è condizionato essenzialmente dallemodalità di trasmissione del calore dal fluido riscal-dante alla soluzione da evaporare. Lo sviluppo tec-nologico di questa tecnica è stato improntato suuna serie di soluzioni tali da incrementare l’effi-cienza degli scambi termici.

Per comprendere meglio i principi fisici cheregolano il processo di evaporazione, è utile fareriferimento al diagramma di stato dell’acqua.Come è noto, lo stato (solido, liquido, aeriforme)in cui l’acqua si trova in un dato istante dipendedalle condizioni di temperatura e pressione delsistema. Osservando la fig. 3, dove è riportato ildiagramma “temperatura-tensione di vapore” nelcaso dell’acqua, è possibile conoscere per ognitemperatura e pressione lo stato in cui si trova l’ac-qua. Per esempio, nei punti A e B le condizionisono tali per cui l’acqua, se presente, è solida. Ana-logamente in A’ e B’ l’unico stato possibile è quel-lo di vapore. Sotto certe particolari condizioni ditemperatura e pressione, l’acqua può esistere con-temporaneamente in due stati. Queste condizionisono quelle rappresentate in figura dalle linee cheseparano le diverse regioni. Lungo OM avremoquindi la coppia solido-liquido; lungo OP, liquido-vapore; lungo SO, solido-vapore. Esiste poi unsolo punto in cui le tre linee, incontrandosi, ren-dono possibile la coesistenza di tre stati. Il puntoin questione (O, nella figura) è detto punto triplo

e nel caso dell’acqua corrisponde a 0,098°C e 4,8mm Hg. Se, mantenendo per esempio la pressionecostante, il sistema viene riscaldato, si avrà sposta-mento delle condizioni lungo una retta orizzonta-le. Questo potrà comportare l’attraversamento dauna regione all’altra, con conseguente passaggio distato. L’ebollizione, vale a dire l’evaporazione vio-lenta, si ha quando la tensione di vapore dell’acquaeguaglia la pressione esterna (a pressione atmosfe-rica il p.eb. dell’acqua è 100°C).

I principali fattori che condizionano la velocità dievaporazione possono essere così riassunti:• modalità con le quali viene fornito il calore al

sistema;• quantità di calore richiesto per evaporare l’unità

di peso di acqua, alle date condizioni operative;• temperatura massima che il sistema può rag-

giungere senza subire denaturazioni;• pressione alla quale si effettua l’evaporazione;• qualsiasi alterazione nelle caratteristiche chimi-

che e fisiche che possa prodursi nel sistema nelcorso dell’evaporazione.Un’evaporazione teoricamente “perfetta” do-

vrebbe portare a un prodotto concentrato che, unavolta diluito con la quantità identica di acqua per-duta, ritornasse alle condizioni iniziali. In partico-lare, per un prodotto alimentare, non dovrebberoprodursi alterazioni irreversibili di nessun genere.Colore, aroma, componenti essenziali (quali ad peresempio, vitamine) dovrebbero cioè mantenersiinalterati. Si dovrebbe inoltre impedire che com-ponenti poco solubili, in seguito alla concentrazio-ne, dessero luogo a precipitazione, date le diffi-

30 Q U A D E R N O A R S I A 7 / 2 0 0 4

Fig. 3 - Schema di evaporazione

Pre

ssio

ne

Temperatura

solido

liquido

A A’

M P

B

S

0

B’

vapore

Page 33: La produzione delle conserve vegetali - agrofarm.it

coltà che in genere si incontrano nel risolubilizza-re i precipitati. In pratica, ovviamente, è impossibi-le evitare completamente queste trasformazioni.Da un punto di vista tecnico una particolare atten-zione deve essere rivolta ai seguenti parametri:• temperatura massima che può raggiungere il

sistema senza subire dannose alterazioni irre-versibili (per esempio, reazione di Maillard);

• circolazione del liquido lungo le superfici discambio termico: deve essere impedito che, inseguito a soste troppo prolungate, la tempera-tura del liquido superi il valore massimo con-sentito, anche solo localmente, perchè ciò pro-vocherebbe alterazioni del prodotto;

• viscosità del fluido: deve essere tenuto presenteche generalmente questa aumenta con il con-centrarsi della soluzione;

• tendenza a schiumare: occorre inibirla in quan-to la formazione di schiuma rallenta la separa-zione del vapore dal liquido.

Crio-concentrazioneMolti degli inconvenienti che si hanno nella

concentrazione per via evaporativa di alimentiliquidi quali latte, succhi di frutta, vino, caffè, tèecc. possono essere evitati ricorrendo alla crio-concentrazione. In questo processo, infatti, laconcentrazione della soluzione avviene “a fred-do”. In tal modo l’acqua presente può solidificaree separarsi dalla soluzione sotto forma di cristallidi ghiaccio.

A differenza dei processi di tipo evaporativi(vedi liofilizzazione), nella crio-concentrazionenon viene somministrato calore al materiale ma, alcontrario, ne viene sottratto e non è necessarioportare il sistema a basse pressioni. È così possibi-le evitare tutti gli inconvenienti che derivano dal-l’impiego delle alte temperature, mentre nel con-tempo le perdite in sostanze volatili (aromi) posso-no essere sensibilmente minimizzate.

Schematicamente un processo di crio-concen-trazione consiste delle seguenti fasi:• cristallizzazione: il sistema viene raffreddato al

fine di provocare la nucleazione dei cristalli dighiaccio;

• accrescimento dei cristalli di ghiaccio;• separazione dei cristalli dalla soluzione concen-

trata;• lavaggio dei cristalli di ghiaccio e recupero dei

soluti;• riciclo delle acque di lavaggio.

Un processo di crio-concentrazione convenzio-nale può essere schematizzato come in fig. 4.

Processi di concentrazione per membranaL’utilizzazione per fini pratici delle membrane

semipermeabili per la separazione – e quindi la con-centrazione – di componenti a diverso peso mole-colare può essere considerata una tecnologia relati-vamente recente. Ciò è dovuto essenzialmente alnotevole sviluppo che si è avuto in questi ultimianni nelle tecnologie di fabbricazione delle mem-brane che senza dubbio rappresentano ancora l’ele-mento più delicato delle apparecchiature progetta-te e realizzate nel campo della filtrazione per mem-brana. Le prime osservazioni relative al fenomenodell’osmosi risalgono a oltre due secoli fa.

Per osmosi si deve intendere il fenomeno per ilquale l’acqua fluisce spontaneamente da una solu-zione più diluita a una più concentrata, separateuna dall’altra da un’adatta membrana. La proprietàessenziale della membrana è quella di essere per-meabile alle molecole d’acqua, mentre non lasciapassare le molecole del/dei soluti. Il fenomeno del-l’osmosi può essere sfruttato per rimuovere acquada una soluzione diluita impiegando una soluzionealtamente concentrata. Il mezzo di separazionedelle due soluzioni consiste in una membrana per-meabile: l’acqua fluisce dalla soluzione più diluita aquella più concentrata fino allo stabilirsi di un equi-librio. La disidratazione per osmosi può essereeffettuata convenientemente anche con alimentisolidi, quali la frutta. Il procedimento in questocaso prevede la riduzione della frutta in fette o spic-chi e quindi l’immersione dei pezzi nella soluzioneconcentrata disidratante. La struttura cellularesuperficiale dei pezzi di frutta agisce come una verae propria membrana semi-permeabile. Impiegandouna soluzione a concentrazione zuccherina, l’acquarimossa può raggiungere anche il 50% della quan-tità contenuta inizialmente. La disidratazione pervia osmotica presenta una serie di vantaggi:• la frutta disidratata per osmosi non è sottopo-

31L A P R O D U Z I O N E D E L L E C O N S E R V E V E G E T A L I

Prodotto Cristallizzazione Separazione

Ghiaccio

Concentrato

Fig. 4 - Schematizzazione di un processodi crio-concentrazione

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32 Q U A D E R N O A R S I A 7 / 2 0 0 4

sta ad alte temperature per lunghi tempi. Idanni prodotti dal calore sulle proprietà nutri-tive e organolettiche sono quindi molto ridotti.In particolare il colore e l’aroma non subisconoalterazioni profonde;

• l’elevata concentrazione zuccherina della pelli-cola residua in superficie stabilizza il colorerispetto a fenomeni di imbrunimento enzimati-co. È cosi possibile ottenere frutta in pezzi disi-dratata che conserva in larga misura il coloreoriginario senza bisogno di impiegare additivichimici come l’anidride solforosa;

• l’allontanamento dell’acqua per osmosi produ-ce una parziale rimozione degli acidi organici,fatto che, unito all’incremento nel contenuto dizuccheri, rende il prodotto più gradito seimpiegato nel settore dolciario. Infine, dal punto di vista economico, la disidra-

tazione per via osmotica è un processo particolar-mente interessante se visto come pretrattamento ditecniche di essiccamento ad aria calda.

4.3.6 EssiccamentoPer essiccamento si intende la rimozione di un

liquido da un solido mediante evaporazione. Nelsettore delle tecnologie alimentari il caso indubbia-mente più importante è quello dell’acqua: a diffe-renza dei sistemi di concentrazione, i vari processi diessiccamento hanno come fine la rimozione pratica-mente totale dell’acqua, in modo da isolare i costi-tuenti solubili e insolubili.

Nel campo della conservazione dei vegetali, l’es-siccamento riveste una particolare importanza. L’ac-qua è infatti il mezzo fondamentale in cui si svolgo-no tutte le più importanti reazioni chimiche, enzi-matiche e microbiologiche responsabili delle altera-zioni caratteristiche che colpiscono gli alimenti.

L’eliminazione dell’acqua per inibire i processidi degradazione degli alimenti è una pratica anti-chissima. Oggi le tecniche di essiccamento presen-tano un elevato livello di perfezionamento. Allaluce delle conoscenze delle trasformazioni indottedai processi di disidratazione, i moderni impianti diessiccamento permettono di ottenere prodotti fina-li di alta qualità e di lunghissima conservazione.

Rispetto agli altri mezzi di conservazione (sur-gelazione, irradiazione, sterilizzazione termicaecc.), senza entrare in tema di qualità, gli alimentiessiccati presentano il non trascurabile pregio diavere un peso e un volume estremamente ridottorispetto al prodotto di partenza. Sono evidenti leconseguenze che questo comporta nei costi di tra-sporto e magazzinaggio. Un confronto completofra i vari metodi di conservazione dovrebbe consi-

derare non soltanto i costi di confezionamento, tra-sporto, magazzinaggio e distribuzione, ma anche icosti di produzione e le eventuali variazioni nelpotere nutritivo e nelle qualità in genere.

Per ottenere un prodotto essiccato che man-tenga la sua integrità per tutta la durata della vitacommerciale, rimane comunque fondamentale ilconfezionamento. I materiali devono essere imper-meabili all’aria che può trasportare umidità eovviamente le tecniche di chiusura devono esseretali da garantire l’ermeticità delle confezioni.

4.3.7 LiofilizzazioneLa liofilizzazione è il trattamento di essiccazio-

ne più moderno. Il principio è quello della subli-mazione sotto vuoto spinto dei cristalli di ghiaccioche si formano negli alimenti dopo la congelazione.Si ottiene in tal modo la quasi totale asportazionedell’acqua e contemporaneamente il prodotto man-tiene una struttura porosa facilmente reidratabile. Ilprodotto è portato a T° bassissime (-30/-50°C) esuccessivamente trasferito in una camera stagnadove viene creato il vuoto spinto e somministratocontemporaneamente calore per far partire la subli-mazione. Al termine si riscalda la camera sottovuo-to fino a circa +30°C per eliminare le ultime traccedi acqua.

Per prodotti come la frutta è necessario chequesta venga privata della buccia e tagliata in fettesottili in modo da favorire la sublimazione.

Con questa tecnica si ottiene una notevoleriduzione della flora microbica, perché i microrga-nismi vengono uccisi dalle alte temperature nel-l’ordine del 75-80%. Ovviamente una parte di loropuò sopravvivere ma rimarrà in stato latente fino aquando l’alimento non verrà reidratato. Anche l’a-limento liofilizzato non è quindi sterile e deve esse-re adeguatamente conservato per impedire che lecellule microbiche una volta reidratate riprendanoil loro sviluppo.

4.4 Trattamenti confermentazione/acidificazione

Il pH esprime l’acidità di una sostanza e rappre-senta uno dei principali fattori di crescita dei micror-ganismi. I batteri si sviluppano entro un intervallodi pH abbastanza ampio anche se prediligonoambienti vicino alla neutralità (6,5-7,5). Muffe e lie-viti sono più tolleranti dei batteri agli ambienti acidi.

La gestione del pH di un alimento rappresentapertanto un mezzo per selezionare la flora microbi-ca e per controllare la conservazione degli alimenti.

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Alimenti che, naturalmente o perchè addizionati disostante acide, hanno un pH verso l’acidità sonomeno facilmente attaccati dai microrganismi (igermi alteranti preferiscono pH neutro o alcalino)e si conservano con maggiore facilità. In particola-re i germi patogeni non sono in grado di sviluppar-si a pH inferiori a 4,6, anche se vi possono esseredelle eccezioni e comunque l’inibizione è dovuta aun concerto di fattori come la T° e la presenza diossigeno durante la fase di conservazione.

Nella tab. 6 sono indicati i limiti di pH iniben-ti e letali per alcuni germi patogeni.

Nella frutta e nei succhi di frutta con pH acidole alterazioni sono conseguenti allo sviluppo dimuffe, lieviti e batteri acidofili mentre gli altri bat-teri sono inibiti. Inoltre lo sviluppo di muffe e lie-viti (che utilizzano gli acidi organici) tende, con iltempo, ad abbassare il contenuto di acidi presentinell’alimento e a riportarlo verso la neutralità equindi a renderlo più facilmente attaccabile daglialtri microrganismi sia alteranti che patogeni.

Anche se l’uso dell’acidità da sola non è in gradodi determinare prodotti stabili, è comunque uno deiprincipali metodi di conservazione degli alimenti.L’acidificazione dell’alimento può svilupparsi natu-ralmente mediante il fenomeno della fermentazioneoppure può essere indotta artificialmente mediantel’aggiunta di sostanze acide.

La fermentazione è dovuta allo sviluppo nell’a-limento di microrganismi in grado di utilizzare glizuccheri presenti e trasformarli in acidi organici.Tipico è lo sviluppo di lattobacilli che produconol’acido lattico a carico degli zuccheri e creano unambiente inadatto allo sviluppo dei patogeni edegli alternati. Durante la fermentazione inoltre ilattobacilli entrano in un vero e proprio stato dicompetizione e antagonismo con gli altri germi edeterminano un’inibizione allo sviluppo della floraalterante e dei patogeni. Questi microrganismisono utili all’uomo perché, oltre ad acidificare ilprodotto, conferiscono aromi e odori caratteristicifino ad arrivare a una vera e propria trasformazione

dell’alimento che perde le caratteristiche dellamateria prima per assumerne di proprie (per esem-pio, salami e formaggi).

Con lo sviluppo della tecnologia e della micro-biologia è stato possibile produrre ceppi di mi-crorganismi che, inoculati appositamente nellamateria prima e posti in condizioni ambientali otti-mali (temperatura, umidità, contenuto di sostanzenutrienti ecc.), producono una “fermentazioneguidata”, con migliori garanzie nell’ottenere siauna corretta acidificazione del prodotto finito cheuna maggiore sicurezza dell’inibizione dello svi-luppo dei germi alteranti e patogeni. L’uso di taliceppi, detti “starter”, consente inoltre all’industriaalimentare di ottenere prodotti più standardizzatie di ridurre notevolmente gli scarti di produzionedovuti allo sviluppo di fermentazioni anomale. Leprincipali fermentazioni utili all’uomo sono la fer-mentazione lattica (formaggi, salami, crauti), l’ace-tica (aceto) e l’alcolica (vino, birra).

L’acidificazione dell’alimento può infine avve-nire grazie all’aggiunta di sostanze acide normal-mente estranee alla materia prima. È il tipico casodei prodotti “marinati”. Questa tecnica sfrutta ilprincipio che, quando il pH di un alimento è por-tato a valori inferiori a 4,3-4,0, viene inibito lo svi-luppo sia dei germi patogeni che alteranti. Lasostanza acida più utilizzata è un acido organico,l’acetico. Ovviamente non è possibile scendere avalori di pH troppo bassi perché altrimenti si com-promette il gusto del prodotto che, in questo caso,a differenza dei prodotti fermentati, non cambia lasua natura. L’acido acetico, per svolgere un’ade-guata azione letale sui microrganismi, deve risulta-re in concentrazione del 4-6%. Siccome le sporesono più resistenti all’acidità, oltre all’acido aceticovengono aggiunte sostanze in grado di potenziar-ne l’effetto quali acido lattico, zucchero, sale (clo-ruro di sodio). La marinatura può essere fatta acaldo (immersione della materia prima in soluzio-ne acida per 10-20’ a 80-90°C) o a freddo (immer-sione della materia prima in soluzione acida per 3-5 giorni a 10-15°C). Al momento della commer-cializzazione il prodotto finito marinato a freddodovrebbe contenere 1,5-3% di acido acetico e 3-4%di sale (in estate) e 0,8-2% di acido acetico e 2-3%di sale (in inverno). Il prodotto marinato a caldoinvece dovrebbe contenere 3-5% di acido acetico e4% di sale.

Sebbene nel settore della conservazione deglialimenti il pH sia ampiamente utilizzato come fat-tore di controllo dello sviluppo microbiologico,occorre sottolineare che questo fattore da solo nongarantisce l’asetticità del prodotto e deve essere

33L A P R O D U Z I O N E D E L L E C O N S E R V E V E G E T A L I

Tab. 6 - Limiti di pH inibenti e letali

per alcuni germi patogeni

Microrganismo pH inibente pH letale

Staphilococcus aureus 5,0 4,9

Bacillus cereus 4,9 4,9

Escherichia coli O157:H7 5,4 < 3,0

Yersinia enterocolitica 5,0-5,08 4,75

Listeria monocytogenes 4,59 4,37

Fonte: G. Tiecco, Igiene e Tecnologia alimentare, 2001.

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associato ad altri parametri di controllo, quali peresempio la temperatura e l’acqua libera. I prodottisoltanto acidificati quindi non sono stabili (vi sipossono sviluppare muffe e lieviti) e pertanto devo-no essere conservati in fase di commercializzazionea temperatura refrigerata mai superiore agli 8°C.

Quando il pH diviene un parametro di con-trollo dello sviluppo microbico e quindi un fatto-re di conservazione dell’alimento è opportunogestirlo correttamente. Per alcuni prodotti (fra cuianche i vegetali) la fase di acidificazione o fermen-tazione dovrebbe essere gestita come un CCP. Intal caso, ma comunque quando è necessario con-trollare il livello di pH raggiunto, l’industria ali-mentare si deve dotare di strumenti di misura perquesto parametro.

Un metodo semplice e poco costoso per misu-rare il pH è l’uso della cosiddetta “cartina di tor-nasole”. Si tratta di piccole strisce di carta oppor-tunamente trattata che possono essere immerse nelprodotto o messe a suo contatto. Secondo il valo-re di pH la cartina assume dopo pochi secondi uncolore caratteristico. Basta confrontare tale colorecon la scala di colori riportata sulla confezione dellacartina di tornasole e leggere il valore di pH corri-spondente. Questo sistema non è però molto pre-ciso perché si basa sulla sensibilità dell’osservatoree si ottiene una valutazione di massima.

Gli strumenti più efficaci sono i pHmetri(manuali o da laboratorio) che, grazie ad appositesonde che vanno immerse o infisse nel prodotto,misurano il pH con un alto grado di precisione.Esistono molti tipi di pHmetri in commercio e convari tipi di sonde, ognuna delle quali adatta a untipo di alimento piuttosto che a un altro. Vi sonoanche dei tipi che contemporaneamente permetto-no di misurare pH e temperatura. Di solito il costodi un pHmetro manuale è abbastanza contenuto.Anche questi strumenti dovranno essere controlla-ti e tarati con gli appositi liquidi tampone di solitoin dotazione allo strumento. La procedura di tara-tura è di norma molto semplice e può essere ese-guita facilmente seguendo le istruzioni allegate.

Quando è possibile sarebbe opportuno che ilproduttore validasse il proprio processo di acidifi-cazione o fermentazione stabilendo i parametri daapplicare per essere sicuro di ottenere il grado dipH ottimale alla conservazione e al controllo dellosviluppo microbico. Tra questi parametri la dose distarter, la T° e l’umidità ambientale, l’aggiunta dizuccheri e/o sale. Una volta validato il processoanche con riscontri analitici, il produttore avrà lapossibilità di continuare a gestire la misurazionedel pH come CCP o come semplice misura di veri-fica del processo stesso.

2.5 Trattamenti con mezzi chimici

Questa tecnologia prevede l’uso di sostanzechimiche per facilitare la conservazione degli ali-menti. In particolare possiamo avere:• conservazione mediante aggiunta di sale e

zucchero;• uso di sostanze conservanti;• atmosfera modificata.

4.5.1 Aggiunta di sale e zuccheroL’aggiunta nell’alimento di queste due sostanze

che si disciolgono nell’acqua presente nel prodottoha lo scopo di abbassare il livello di acqua liberaoltre che ovviamente rendere più gradevole il gustodell’alimento. L’acqua libera è uno dei fattori dicrescita, e di conseguenza anche “limitante”, piùimportante per i microrganismi. L’acqua è un ele-mento indispensabile per ogni forma di vita; però imicrorganismi non sono capaci di utilizzare tuttal’acqua presente in un alimento, ma solo la frazio-ne libera che viene espressa da rapporto fra pres-sione di vapore del solvente e quella del soluto:

aw = p/p°.

Ogni aumento del soluto determina un abbas-samento dell’aw dell’alimento e quindi una riduzio-ne dell’acqua libera disponibile per i germi.

Nella tab. 6 sono indicati alcuni valori di aw

limitanti per i principali microrganismi.Quando l’acqua libera diviene un mezzo di con-

trollo dello sviluppo microbico e un mezzo di con-servazione, è indispensabile poterne misurare i valo-ri per avere la conferma di avere raggiunto i livelli diinibizione delle specie microbiche bersaglio. Questoè possibile mediante l’uso di appositi strumenti da

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Tab. 6 - Alcuni valori di aw limitanti

per i principali microrganismi

Valore aw Genere microrganismo

0,95 Yersinia0,943 Enterobacter0,94 Listeria0,93 Clostridium, Escherichia, Salmonella0,928 Lactobacillus, Streptococcus0,90 Bacillus0,86 Vibrio0,85 Staphylococcus0,70 Aspergillus0,62 Penicillium, Saccharomyces

Fonte: G. Tiecco, Igiene e Tecnologia alimentare, 2001.

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laboratorio, di norma abbastanza costosi. In tal casol’acquisto si rende conveniente solo se il numero dianalisi è tale da ammortizzarne sufficientemente ilcosto. Se quindi non è possibile dotarsi di tale stru-mento si può sempre ricorrere a laboratori di anali-si specializzati che eseguono di routine tale ricerca.In alternativa il produttore può validare il proprioprocesso di riduzione dell’acqua libera, così comeper i processi termici, stabilendo e standardizzandoi parametri da applicare per ottenere il giusto livellodi aw che può garantire la conservazione dell’ali-mento e il controllo dello sviluppo microbico (peresempio, dose degli additivi/peso di alimento, tem-peratura di trattamento ecc.).

SalagioneL’uso del sale per la conservazione degli alimenti

è una pratica antichissima. Si basa sull’effetto di disi-dratazione che il sale provoca sia sulle cellule dell’ali-mento che su quelle dei microrganismi e sulla pro-duzione di ioni cloruro che sono nocivi per i batteri.

Ad alte concentrazioni saline si ottengonoquindi valori di acqua libera bassi che impedisconolo sviluppo della maggior parte dei microrganismi,anche se alcuni sono comunque capaci di svilup-parsi in tali ambienti (germi alofili) e altri di sop-portarli ma non moltiplicarvisi (germi alodurici).

La salagione può essere a secco o umida, secon-do che venga usato sale tal quale (frizionato sulprodotto o sovrapposto a strati di alimento) o unasoluzione di sale, acqua e aromi che viene detta“salamoia” in cui si immerge il prodotto.

Le salamoie possono avere diverse concentra-zioni tanto che si dividono in:• salamoie deboli, con un contenuto di sale del

10%;• salamoie medie, con un contenuto di sale del

18%;• salamoie forti, con un contenuto di sale del 25-

30%.È opportuno ricordare che nelle salamoie posso-

no svilupparsi i microrganismi alofili (sia batteri chemuffe e lieviti) provocando alterazioni della soluzio-ne. Quindi è necessario che la salamoia venga con-servata a T controllata e venga rinnovata per impe-dire che odori e sapori poco gradevoli siano confe-riti all’alimento trattato.

Aggiunta di zuccheroGli zuccheri svolgono un’azione inibente sullo

sviluppo microbico simile a quella svolta dal sale,anche se un poco più blanda. Anche nel caso diaggiunta di zucchero il principio è quello di abbas-sare l’acqua libera presente nell’alimento e creareun ambiente sfavorevole allo sviluppo e alla soprav-

vivenza microbica. Occorre comunque ricordareche esistono sia dei germi che sopravvivono a ele-vate concentrazioni di zucchero (osmofili) sia deigermi che le sopportano ma non vi si moltiplicano(osmodurici). Fra di essi vi sono germi che tendo-no ad acidificare il prodotto e quindi a renderlonon più gradevole e adatto all’alimentazione. Inparticolare le muffe riescono a svilupparsi anche suprodotti con alte concentrazioni di zuccheri, comele confetture.

Grazie all’aggiunta di zucchero, oltre che allaconcentrazione dell’alimento mediante l’evaporazio-ne dell’acqua, marmellate, confetture, succhi di frut-ta, gelatine divengono prodotti con un buon gradodi conservazione, anche a temperatura ambiente.

4.5.2 Aggiunta di sostanze conservantiNella Direttiva 95/2/CE del 20.02.1995 rela-

tiva agli additivi alimentari diversi dai coloranti edagli edulcoranti si ritrova la seguente definizione:“…. i conservati sono sostanze che prolungano ilperiodo di validità dei prodotti alimentari proteg-gendoli dal deterioramento provocato dai micror-ganismi”. Tali sostanze chimiche non vengonoconsumate abitualmente ma vengono incorporatenegli alimenti con lo scopo di prolungarne la vitaconservativa rendendoli innocui mediante l’inibizio-ne dello sviluppo dei patogeni e stabili organoletti-camente inibendo lo sviluppo dei microrganismialteranti. Contemporaneamente non devono esseredannosi per la salute del consumatore e quindidevono essere impiegati in quantità precise, tantoche per alcuni è la legge a stabilirne la dose, il campodi impiego e il grado di purezza.

Quando si intende utilizzare un conservante ènecessario sempre consultare la normativa vigentein materia perché per ogni sostanza sono indicati,oltre alle dosi, anche gli alimenti in cui può essereutilizzata. In Italia le disposizioni comunitarie inmateria di additivi sono state recepite nel DecretoMinisteriale 27.02.1996 n. 209 e successive modi-fiche e integrazioni. Quando si fa ricorso a talisostanze è importante calcolare la giusta doserispetto al quantitativo di materia prima utilizzatae avere a disposizione strumenti di misura (bilan-ce, dosatori) con il giusto grado di precisione eadeguatamente controllati e tarati almeno annual-mente. Sarebbe pertanto opportuno che l’uso ditali sostanze venisse considerato nell’analisi delrischio aziendale come un potenziale rischio dicontaminazione chimica e quindi venissero adot-tate azioni atte ad annullarlo o controllarlo. Seritenuto necessario, nella fase di pesatura dell’ad-ditivo, può essere identificato un CCP e quindidovranno essere eseguite opportune registrazioni

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delle pesate e una gestione proceduralizzata deglistrumenti di misura.

L’azione dei conservanti sui microrganismi puòessere sostanzialmente di due tipi:• batteriostatica: provoca l’inibizione dello svi-

luppo dei batteri;• battericida: provoca la morte dei batteri.

Oltre a essere aggiunte direttamente agli ali-menti, alcune sostanze conservanti possono essereadottate nelle tecniche di confezionamento, addi-zionandole all’atmosfera che circonda l’alimento(come la CO2 nel confezionamento in atmosferaprotettiva).

4.5.3 Atmosfera modificataUna delle tecniche conservative più utilizzata

attualmente, soprattutto per i prodotti freschi ealtamente deperibili, è basata sulla modificazionedell’atmosfera che circonda il prodotto dentro laconfezione chiusa ermeticamente. Fondamentale èl’impiego di materiali di confezionamento chesiano impermeabili all’ossigeno e contemporanea-mente mantengano l’umidità dell’alimento. Inoltreper il successo della tecnica è indispensabile che pertutta la vita commerciale del prodotto sia mantenu-ta l’integrità della confezione.

L’influenza maggiore è a carico dei batteriaerobi che hanno bisogno di ossigeno per soprav-vivere. L’effetto sui batteri anaerobi e sugli aerobifacoltativi è meno evidente. Le metodiche adotta-te per modificare l’atmosfera sono di tre tipi:a) confezionamento sottovuoto: si ottiene estraendo

l’aria dalla confezione solitamente in materialeplastico. Sottratta l’aria, la confezione collassa eaderisce all’alimento, assumendo il caratteristi-co aspetto. L’ossigeno residuo viene eliminatograzie alle reazioni chimiche del prodotto eall’attività dei microrganismi che permangononella confezione. Con questo sistema, associatoalla refrigerazione, si può ottenere una duratadel prodotto superiore a cinque volte rispettoalla conservazione in atmosfera normale. Pur-troppo questo sistema non offre buone garan-zie per il controllo dello sviluppo dei germi psi-crofili (quelli che crescono bene a basse tempe-rature, per esempio, Listeria) e del Clostridiumbotulinum, a meno che non vengano associatialtri metodi conservativi;

b) confezionamento in atmosfera protettiva: in que-sto caso durante il confezionamento viene con-temporaneamente estratta l’aria e insufflata unamiscela di gas (di norma anidride carbonica,azoto e ossigeno). La composizione della misce-la dipende dall’alimento che si vuole preservaree, se durante la conservazione la miscela subisce

delle variazioni, questo non tende a influenzarela stabilità del prodotto;

c) conservazione in atmosfera controllata: vieneutilizzata per grossi quantitativi di prodotto econsiste nell’adottare una tecnologia che per-mette di mantenere l’ambiente gassoso stabileper tutta la durata della conservazione.Quando si utilizzano tali tecniche di conserva-

zione è necessario gestirle correttamente soprat-tutto se ci si affida solo a queste per il controllodella conservazione dell’alimento. In tal caso,sarebbe opportuno che l’azienda si dotasse di un“analizzatore di atmosfera” uno strumento ingrado di analizzare, mediante una sonda ad agoche viene inserita nella confezione chiusa, la com-posizione dell’atmosfera presente. In tal modo siha il controllo che i gas inseriti nelle confezionisiano nelle giuste proporzioni e che la presenza diossigeno sia adeguatamente controllata.

4.6 Il controllo del Clostridium botulinum

Conoscere i fattori che inibiscono lo sviluppodelle spore del Clostridium botulinum, e di conse-guenza impedire la produzione di tossina, è fonda-mentale per la scelta del trattamento termico dautilizzare per produrre una conserva vegetale sta-bile e quindi conservabile a temperatura ambiente(v. paragrafo 2.2.1).

A tale proposito è funzionale utilizzare un’ul-teriore classificazione delle conserve tradizionali(simile a quella che abbiamo già visto nel paragrafo1.2):• conserve a bassa acidità;• conserve acidificate;• conserve naturalmente acide;• conserve ad attività dell’acqua < 0,94.

Considerazioni specifiche verranno poi fatteper le semiconserve.

4.6.1 Parametri produttivi delle conserve a bassa aciditàSono quelle conserve che hanno un pH supe-

riore a 4,6 e una aw superiore a 0,94, parametriche di per sè non permettono il controllo dellosviluppo botulinico. Per questi prodotti è necessa-ria l’applicazione di un trattamento termico di ste-rilizzazione tale da ridurre a valori molto bassi laprobabilità di sopravvivenza delle spore botulini-che. Tecnologicamente si considera che un valoredi effetto sterilizzante pari a F0=3 sia sufficiente agarantire una buona sicurezza sanitaria nei con-fronti delle spore più resistenti (ceppi proteoliti-

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ci). Nella pratica è ottimale giungere a un F0=7,questo perché un trattamento termico con taleeffetto sterilizzante garantisce anche la riduzione alivelli accettabili di spore di batteri non patogenima alteranti come il Clostridium sporogenes che,essendo più termoresistenti della spora botulina,possono sopravvivere a un trattamento pari a F0=3e provocare l’alterazione del prodotto finito. Lariduzione anche di queste spore permette pertan-to di ottenere: un prodotto sicuro perché a talilivelli la probabilità di sopravvivenza delle sporebotuliniche è praticamente nulla; un prodotto sta-bile e conservabile a temperatura ambiente ancheper molto tempo.

Il controllo del processo di sterilizzazionediventa pertanto un CCP e il trattamento termicodeve essere validato da persone competenti e veri-ficato con analisi microbiologiche. Nel corso dellavalidazione dovranno essere stabiliti i limiti criticidi processo (tempo e temperatura) e presi in con-siderazione tutti quei fattori che possono influen-zare la velocità di penetrazione del calore dentro leconfezioni come il peso netto e sgocciolato, laviscosità, lo spazio di testa minimo, il tipo di con-tenitore (materiale, dimensioni, grado di trasmis-sione del calore ecc.) e il tipo di impianto da uti-lizzare (dalla pentola a pressione all’autoclave).Insomma, per essere sicuri di produrre una conser-va a bassa acidità con le necessarie garanzie sanita-rie, non bisogna lasciare niente al caso.

4.6.2 Parametri produttivi nelle conserve acidificateVengono così classificate quelle conserve pro-

dotte con materie prime a bassa acidità a cui ven-gono aggiunti acidi o altri ingredienti acidi inmodo da ottenere un pH finale di equilibrio pari oinferiore a 4,6. Questi prodotti vengono normal-mente sottoposti a trattamenti di pastorizzazioneper uccidere le forme microbiche vegetative, quin-di le spore non possono germinare solo grazie alpH inferiore a 4,6.

Per queste conserve, essendo solo il valore delpH inferiore a 4,6 a garantire la sicurezza del pro-dotto e il controllo dello sviluppo botulinico, il pro-duttore dovrà validare il proprio processo per averela garanzia che durante tutta la shelf life del prodot-to tale limite sia mantenuto. Un innalzamento delpH dovuto a una diluizione provocata dal rilasciodei succhi vegetali o allo sviluppo di altre formemicrobiche (muffe) sopravvissute al trattamento ter-mico porterebbe infatti a una perdita delle condi-zioni di sicurezza. La misurazione del pH finale diequilibrio è pertanto un CCP da monitorare a cam-pione subito dopo il trattamento termico di pasto-

rizzazione e durante il periodo di conservazione.Numerosi casi di botulismo, sia da conserve dome-stiche che industriali, sono stati causati da erronea omancata acidificazione.

4.6.3 Parametri produttivi delle conserve naturalmente acideFanno parte di questa categoria tutti i prodotti

con pH naturalmente inferiore o uguale a 4,6 equindi sicuri per il controllo dello sviluppo botuli-nico. Queste conserve vengono solo pastorizzatecome le precedenti. In questo caso il punto criticodi controllo è la misurazione del pH prima dellapastorizzazione soprattutto se, prima di tale fase,vengono utilizzate sostanze alcalinizzanti, nelle fasipreliminari preparative del prodotto (per esempio,soda nelle olive), che potrebbero provocare l’in-nalzamento del pH naturale a livelli non sicuri.Sono stati rilevati anche casi sporadici di botulismoin tali tipi di conserve. Questo è stato provocatodallo sviluppo nel prodotto finito di muffe o diBacillus che hanno permesso l’innalzamento delpH a valori tali da non impedire più la germina-zione delle spore botuliniche.

4.6.4 Parametri produttivi delle conservecon attività dell’acqua inferiore a 0,94In queste conserve il Clostridium botulinum non

è in grado di svilupparsi per la bassa aw (per esempio,pesto alla genovese). Eventualmente vengono effet-tuati dei trattamenti termici in funzione delle formemicrobiche alteranti che potrebbero svilupparsi intali condizioni di aw. Per esempio, per prodotti conaw tra 0,89 e 0,93 occorre un trattamento termicoin grado di inattivare i Bacillus, mentre per valoriinferiori a 0,89 occorre un trattamento capace diinattivare le cellule vegetative batteriche e le muffe.Per queste conserve il punto critico di processo èpertanto la misurazione dell’acqua libera finale.

4.6.5 Parametri produttivi delle semiconserve vegetaliIn questi prodotti la sicurezza del controllo

dello sviluppo botulinico è garantito dalla combi-nazione dei diversi fattori di controllo (aw, pH,additivi, temperatura di conservazione, blandi trat-tamenti termici). La conservabilità del prodottofinale è sempre limitata nel tempo.

Tipiche semiconserve vegetali sono alcune pre-parazioni gastronomiche generalmente confezio-nate sottovuoto o in atmosfera modificata, precot-te, conservate a temperature di refrigerazione e daconsumare previo riscaldamento ma anche fredde(secondi piatti o antipasti a base di verdure, vege-tali cotti). Il processo produttivo di tali prodotti

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deve essere pertanto sottoposto a validazione, peravere la certezza di ottenere un’integrazione deivari fattori di controllo capace di contenere lo svi-luppo botulinico e impedire la produzione di tos-sina e anche per stabilire il giusto tempo di conser-vazione del prodotto finito.

La Commissione consultiva per la Sicurezzamicrobiologica degli alimenti inglese (ACMSF) for-nisce questa serie di raccomandazioni:• magazzinaggio a < 3°C;• magazzinaggio a </=5°C e vita massima del

prodotto </=10 giorni;• magazzinaggio a 5-10°C e vita massima di 5

giorni;

• magazzinaggio a temperatura di refrigerazionecombinata con trattamento termico di 90°C x10’ o equivalenti;

• magazzinaggio a temperatura di refrigerazionecombinata con un pH </=5 dell’alimento;

• magazzinaggio a temperatura di refrigerazionecombinata con una concentrazione salina>/=3,5% nell’alimento;

• magazzinaggio a temperatura di refrigerazionecombinata con aw </=0,97 dell’alimento;

• magazzinaggio a temperatura di refrigerazionecombinata con trattamenti termici combinatiad altri fattori che prevengono lo sviluppo diClostridium botulinum.

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5.1 Preparazione degli ortaggi e dellafrutta al consumo e alla conservazione

5.1.1 OrtaggiLa preparazione degli ortaggi da conservare è

un accorgimento indispensabile per salvaguardarnela sanità e la conservabilità. Andranno eliminate lefoglie lesionate, quelle già colpite da parassiti(come si trovano facilmente nelle insalate e neicavoli), effettuando cosi una pulizia che non deveperò essere eccessiva (come se l’ortaggio dovessegiungere sulla tavola), perché l’ulteriore puliziaall’atto del consumo implicherebbe, di conseguen-za, un incremento notevole degli scarti. Questiultimi sono comunque sempre considerevoli. Aeccezione di alcune verdure come i fagioli stringa,la zucca benincasa, la zucchina, dove praticamentenon viene scartato nulla, nelle altre la percentualedi scarto medio varia da un minimo del 5% fino araggiungere il 70% del peso iniziale.

5.1.2 FruttaIl momento della raccolta e il conseguente

grado di maturazione della materia prima rappre-senta un fattore molto importante per la buonariuscita di una conserva a base di frutta. Il frutti-coltore sa che esistono molti tipi di maturazione el’individuazione del momento ottimale di raccoltaè variabile in funzione delle diverse utilizzazioni.L’aspetto difficile della questione è rappresentatoda come individuare la maturazione per le proprieesigenze. Esistono strumenti e metodi analiticiabbastanza esatti e utili allo scopo, usati soprattut-to a livello industriale.

I metodi soggettivi, come la parola stessa indi-ca, non sempre sono atti a una precisa determina-zione; essi si basano sulla facilità di distacco dalramo, puntano alla valutazione del colore o delle

dimensioni, fanno riferimento all’aspetto dei semio all’apprezzamento del gusto o si riferiscono alladata secondo il calendario. Naturalmente quantoindicato vale per i frutti da consumarsi immediata-mente o quasi: quanto più ritardato sarà il momen-to di portarli sulla tavola o prolungata dovrà esse-re la conservazione, tanto più arretrato dovrà esse-re lo stadio di maturazione di raccolta. Non sidovrà tuttavia eccedere nell’anticipare la raccoltaaltrimenti si consumerà un frutto con scadenticaratteristiche organolettiche.

La frutta, specialmente se viene colta matura, èsicuramente più profumata e dolce, ma inteneriscemolto velocemente ed è soggetta a contaminazio-ni fungine in misura maggiore tanto da diventarerapidamente non commestibile. In particolare laconservazione dei frutti delle drupacee (albicocca,amarena, ciliegia, pesca, susina ecc.) è quanto maiproblematica, dato che nel volgere di pochi gior-ni sovrammaturano e possono divenire preda direpentine invasioni di marciumi.

5.2 Le metodologie di conservazione

La possibilità di effettuare un tipo di conserva-zione piuttosto di un’altra deve essere innanzitut-to valutata in base all’idoneità di ogni vegetale aessere sottoposto a uno specifico metodo di con-servazione o di trasformazione. Vi è poi anche daconsiderare la quantità di lavoro da svolgere perrealizzare la trasformazione, dato che ogni sistemaesige un impegno diverso di tempo e di applica-zione manuale.

Per i prodotti dell’orto e del frutteto è possibi-le ricorrere a uno dei seguenti metodi di conserva-zione: conservazione allo stato fresco; congelazio-ne/surgelazione; sterilizzazione; conservazione

5. Produzione delle conserve vegetali

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per mezzo dell’aceto e del sale; conservazione peressiccamento/liofilizzazione; fermentazione; con-servazione in agrodolce.

5.2.1 Conservazione allo stato frescoLa conservazione allo stato fresco del vegetale,

a temperatura ambiente, in ambiente esterno o infrigorifero (refrigerazione), costituisce il mezzoprincipe di conservazione e sicuramente di granlunga il più semplice. Tuttavia richiede notevoliconoscenze delle prerogative intrinseche dei vege-tali per individuare i metodi di stoccaggio o di con-fezionamento più idonei, nonché le temperaturepiù indicate. Bisogna inoltre prestare attente econtinue cure ai vegetali depositati a temperaturacontrollata, dato che possono facilmente alterarsinel corso della conservazione per il sopraggiunge-re di marciumi o essere invasi da insetti che porta-no alla distruzione o alla non commestibilità.

Numerosi ortaggi e frutti si prestano alla conser-vazione per periodi prolungati, mentre altri esauri-scono nel breve spazio di qualche giorno la possibi-lità di mantenere intatte le prerogative qualitative.Le cause possono essere: la sensibilità all’appassi-mento, la suscettibilità alla senescenza o la facilità asoggiacere al marciume. Un elemento che non favo-risce la conservazione della frutta o degli ortaggi fre-schi è la loro ricchezza in acqua.

Un vegetale depositato in frigorifero o lasciato atemperatura ambiente perde acqua in seguito all’in-staurarsi dei fenomeni di traspirazione, dato che ingenere l’epidermide non possiede particolari sostan-ze atte a evitarli, ma addirittura è costituita in mododa consentire lo scambio dei gas e del vaporeacqueo. In seguito alla traspirazione si nota unappassimento che può risultare più o meno appari-scente a seconda del vegetale. Quanto più i prodot-ti hanno perso acqua tanto meno sono gustosi eprofumati; inoltre diventano fibrosi, di consistenzainnaturale. Il limite massimo di perdita d’acqua chesi traduce in un vistoso appassimento può esserediverso nei singoli frutti e/o ortaggi (5-6% per albi-cocche, frutti di bosco, limoni, mele e prugne; 7-10% per arance e pere).

Solo frutta la secca (noci, nocciole, mandorleecc.) perde acqua e peso senza problemi, anzi siconserva meglio quando è parzialmente disidratata.

Nel caso degli ortaggi solo pochi di essi, che pernatura hanno un’epidermide più consistente o unastruttura dei tessuti particolare come asparago, bar-babietole, cavoli, cavolfiore, cipolla fresca, patata,porro, pomodoro, sedano sopportano perdite dipeso fino al 7-10%, mentre solo le cipolle e l’aglioperdono acqua e peso senza problemi, anzi si con-

servano meglio quando sono stati parzialmentedisidratati prima della conservazione.

Da notare inoltre come la conservazione deiprodotti freschi causi una notevole perdita di vita-mine, specialmente se le modalità di confeziona-mento o il deposito a bassa temperatura non ven-gono effettuati tenendo conto delle esigenze delprodotto. In genere il lungo intervallo tra la raccol-ta e il consumo, in particolare per gli ortaggi lascia-ti a temperatura ambiente, causa innanzitutto unaperdita elevatissima di vitamine, in particolare dellaC (acido ascorbico), e in digeribilità, in quantoaumenta anche la consistenza e la fibrosità. Solo icavoli perdono poca vitamina C. Questo fattodetermina il maggiore tempo di cottura necessarioper i cavolfiori, gli zucchini, i fagioli, i piselli “vec-chi” rispetto a quelli appena raccolti. Gli ortaggi dafoglia, in modo particolare, vanno rapidamente rac-chiusi in contenitori adottando la temperatura diconservazione più bassa possibile, evitando peròche gelino. Non conviene neppure lavarli, primadella conservazione, perché l’eccesso di umiditàpuò provocare marciumi, soprattutto se vengonoracchiusi in sacchetti di polietilene. Quando unortaggio o un frutto appare contaminato da unmarciume, qualunqe esso sia, ma specialmente se sitratta di marciume nero, del Penicillium, dettoanche marciume verde-azzurro, oppure del marciu-me lenticellare delle pomacee, è bene scartare tuttoil frutto danneggiato o una porzione più cheabbondante. La ragione dell’eliminazione di unagrande porzione non è solo da ricercarsi nel cattivosapore dovuto alla presenza del marciume che hainvaso i tessuti del vegetale, ma nel fatto che nellepresunte parti sane, dove non è ancora avvenuta ladisorganizzazione dei tessuti, possono essersi giàinseriti dei miceli fungini anche se al momento nonvisibili.

In sostanza quindi, per poter procedere razio-nalmente alla conservazione, occorre conoscereinnanzitutto le caratteristiche del prodotto e rico-noscere lo stadio di maturazione a cui deve essereraccolto, ma anche le modalità di trattamento emanipolazione. A queste nozioni vanno abbinatele conoscenze tecniche relative alle modalità distoccaggio; sono infatti offerte diverse possibilità:nel caso più semplice i prodotti possono essereconservati direttamente in pieno campo o raccoltie depositati in appositi locali, così come possonoessere sistemati nelle celle frigorifere. Per ognunodi questi metodi vi sono poi degli accorgimentiparticolari da mettere in atto, relativi alla prepara-zione e al confezionamento, al fine di realizzare lecondizioni ideali per raggiungere così la massima

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durata, mantenendo nello stesso tempo integra laqualità ed evitando per quanto possibile gli scarti.

RefrigerazioneDiversi vegetali risultano irrimediabilmente

danneggiati da temperature prossime a 0°C. Nondevono, per esempio, essere depositati a tempera-ture inferiori ai 10-12°C le zucche, i pomodoriverdi, i cetrioli, le melanzane, i peperoni, le patatedolci. Tra i frutti i pompelmi e i frutti tropicali. Aloro volta non devono essere posti a temperatureinferiori ai 7-8°C le zucchine, i fagiolini, i pomo-dori rosati o frutti come le angurie, le arance, imandarini e i meloni. Non devono essere posti atemperature inferiori ai 4-5°C asparagi, barbabieto-le, patate. Tra i frutti: certe varietà di mele o di perecome la Passa Crassana.

Un altro importante fattore da considerare perben conservare i prodotti freschi è l’umidità relativadell’ambiente nel quale sono stati stoccati. Le esi-genze sono assai diverse: per alcuni di essi è indi-spensabile un’umidità molto bassa, per altri elevatis-sima. Devono essere depositati a bassa umidità, cioèin ambiente secco, l’aglio, la cipolla, la zucca, lo sca-logno, il peperone piccante, nonché i semi secchidelle leguminose (fava, cece, lenticchia, pisello,fagiolo). Richiedono invece un ambiente a elevatis-sima umidità (possibilmente al limite della saturazio-ne), altrimenti appassiscono rapidamente, gli ortag-gi da foglia e quelli con epidermide sottile e moltopermeabile: prezzemolo, insalate, spinacio, cavolocinese, sedano, carota, ravanello, melanzana. Perquesti ortaggi più soggetti all’appassimento è con-veniente la sistemazione in sacchetti di polietilene inmodo che, una volta richiusi, l’ambiente che si vienea creare intorno all’ortaggio sia particolarmenteumido. Qualora si notasse la formazione di goccio-line di acqua, che favorirebbero lo sviluppo dei mar-ciumi e/o muffe, converrà predisporre qualche forodi diametro pari alle dimensioni di una matita perarieggiare il prodotto e limitare l’eccesso di umidità.

Devono essere posti in un ambiente a elevataumidità, ma non eccessiva, le barbabietole, le pata-te dolci, le rape, le patate, i cavolfiori, i cavoli rapa,i sedani rapa, i pomodori, i peperoni.

Conservazione a temperatura ambienteÈ possibile una buona conservazione dei pro-

dotti freschi predisponendo dei locali appositamen-te attrezzati, cercando di ottenere le condizioni ditemperatura e di umidità idonee per avere risultatisoddisfacenti. Schematicamente possono essereriportate le seguenti caratteristiche dei locali dovedovrà essere attuata la conservazione dei prodotti.

I locali destinati alla conservazione degli ortag-gi devono essere innanzitutto freschi: la temperatu-ra deve cioè risultare la più bassa possibile; devonoessere costruiti in modo che sia facile attuare la ven-tilazione per poter ricambiare in breve tempo l’ariadel locale. Un aspiratore può risultare assai utile. Illocale dovrebbe anche essere provvisto di finestrel-le dotate di battenti che permettano sia di oscurarel’ambiente sia di regolarizzare, mediante l’aperturae la chiusura, l’aerazione che assicura tanto l’elimi-nazione dei metaboliti e l’introduzione di aria puli-ta, quanto il raffreddamento del locale.

Nei locali adibiti a magazzino i ricambi d’ariadanno modo di regolarizzare anche l’umidità rela-tiva. Gli indispensabili ricambi d’aria per allontana-re i metaboliti e i prodotti odorosi dovranno esse-re effettuati nelle giornate umide e piovose, o dinotte quando si vuole elevare l’umidità relativa. Ilricambio dell’aria, messo in atto nelle giornate lim-pide e nelle ore pomeridiane, permette di ridurrel’umidità qualora fosse eccessiva. Bisogna perciòevitare che nel locale entri aria troppo fredda ocalda quando invece si vuole assicurare uno stabilelivello di umidità relativa. In questo caso l’opera-zione andrà perciò fatta o di notte o di giorno inrelazione alla temperatura.

Per incrementare l’umidità relativa bisognaanche disporre nel locale di materiali che facilmen-te si impregnino d’acqua, che verrà poi cedutaall’ambiente. All’occorrenza possono venire impie-gati il muschio, la segatura o la sabbia. Questi mate-riali vanno di tanto in tanto bagnati. Anche il pavi-mento dovrebbe essere costituito da materiale chesia facile da bagnare e impregnare con acqua nelcaso che sia necessario innalzare l’umidità nell’am-biente. I locali devono essere attrezzati con scaffali,supporti per distribuire i prodotti, contenitori, inmodo che sia reso facile il passaggio dell’aria nel-l’intento di assicurare il raffreddamento e l’elimina-zione dei metaboliti gassosi. Numerose specie difrutta emettono dei prodotti odorosi volatili (es.etilene prodotto dalle mele) capaci di stimolare inmisura sensibile la maturazione e il decadimento,non solo di se stesse, ma anche di altri vegetali, conesaltazione dei fenomeni di ingiallimento e di sovra-maturazione. Sarà bene pertanto disporre di alme-no due locali in modo da depositare in uno la frut-ta caratterizzata dall’emissione di etilene e profumi,nell’altro quegli ortaggi sensibili alla precoce matu-razione. In genere sono preferibili i locali piuttostopiccoli in modo che sia possibile collocare separata-mente le diverse specie tra loro non compatibili.

Molti ortaggi, e in particolare quelli da foglia,dovrebbero essere parzialmente interrati in casset-

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te, riempite con sabbia, ricoprendo parte dellapianta con un foglio di polietilene per mantenere ilpiù idratata possibile la parte aerea che altrimentiappassirebbe rapidamente.

Va anche precisato che non solo occorronolocali idonei e imballaggi appropriati, ma cheentrambi andrebbero disinfettati almeno una voltaall’anno. Gli imballaggi, le mensole e i supportipossono essere immersi in vasche contenentiun’abbondante quantità di acqua opportunamentearricchita con ipoclorito, in soluzione al 5%; vannopoi esposti al sole in modo che asciughino com-pletamente. Le pareti e il pavimento vanno invecelavati, sempre con acqua e cloro e successivamentele pareti vanno imbiancate con latte di calce.

Infine bisogna evitare che tutti gli ortaggi daradice (per esempio, carote) così come i tuberi (peresempio, patata), nel corso della conservazionesiano esposti alla luce in quanto ne verrebbe favo-rito il germogliamento; questo fenomeno non soloprovoca uno scadimento della qualità, ma è causadi notevoli perdite di valore nutritivo. Nel casospecifico delle patate esposte alla luce viene favori-to rinverdimento e la contemporanea formazionedi un composto tossico, la “solanina”, che rimanenel tubero anche dopo che è stata provocata lascomparsa del colore verde in seguito alla nuovasistemazione in ambiente buio.

Conservazione in ambiente esternoNelle località con un clima alquanto freddo, dove

cioè la temperatura risulta sufficientemente bassa sindall’inizio del periodo di conservazione, moltiortaggi, e in particolare quelli da radice, da tubero ealcuni da foglia, possono essere stoccati con ottimosuccesso all’aperto, direttamente in campo o in rifu-gi appositamente costruiti. Bisogna evitare che i pro-dotti siano colpiti da punte di temperatura eccessiva-mente basse, tali che possano provocare danni o chela massa si surriscaldi con le evidenti perdite che neconseguirebbero. Occorre perciò predisporre ade-guati materiali isolanti (paglia, foglie) che assicurinouna costante uniformità della temperatura.

Un altro elemento di successo o insuccesso,nel caso di conservazione realizzata all’aperto, èrappresentato dalle condizioni di umidità. Ingenere deve essere evitata l’umidità eccessiva, pre-disponendo razionali drenaggi e mettendo in attoprotezioni che evitino la bagnatura causata dallapioggia dei prodotti conservati. Nel contempo iripari devono essere approntati in modo che con-sentano un’adeguata ventilazione che elimini ilcalore prodotto dai vegetali in essi conservati.Tutto ciò permette di mantenerli nelle condizioniideali.

Si possono così realizzare diversi sistemi di pro-tezione, per esempio le radici possono essere inter-rate in trincee che vengono coperte con paglia e unfilm di polietilene fissato ai lati del solco. È possi-bile anche scavare una fossa, sistemare ai lati delleassi e in questo scavo ripiantare cardi, sedani, cavo-li che andranno poi protetti con tavole, foglie sec-che, paglia e infine un film di polietilene per impe-dire alla pioggia di bagnare il tutto. Si possonocostruire anche dei tunnel, in questo caso è indi-spensabile che il film non sia posto a contatto conl’ortaggio da conservare, ma ci sia un ampio volu-me d’aria: l’aria infatti esercita un’ottima azioneisolante. Questo tipo di protezione è però efficacee valido solo nel caso che non si verifichino tem-perature eccessivamente basse.

5.2.2 Congelazione/surgelazioneQuando invece la temperatura adottata scende

a livelli decisamente inferiori a 0°C, fatto che com-porta la pressoché completa estinzione della vitadei prodotti e la trasformazione in ghiaccio deisucchi cellulari, si parla di congelazione.

Il metodo prende il nome di surgelazione,quando il completamento del processo avvieneentro le quattro ore e il mantenimento dei prodot-ti, preparati in piccole unità e confezionati, avvie-ne a una temperatura sempre inferiore a - 18°C. Ilcongelamento, o meglio la surgelazione realizzataentro tempi brevissimi dalla raccolta, è il metodoche mantiene inalterata la qualità e provoca leminori perdite rispetto al prodotto fresco appenaraccolto. La scelta della varietà più idonea è unaspetto assai importante da valutare con estremaattenzione quando si ricorre a questo metodo diconservazione. Occorre anche preoccuparsi diadottare, per certe specie orticole, opportuni pre-trattamenti (scottatura in acqua bollente), cosìcome è necessario preoccuparsi di confezionare perla fase di conservazione il prodotto in modo ido-neo o attuare uno scongelamento secondo tecni-che opportune affinché le prerogative organoletti-che non vengano meno.

Si discute molto sulla differenza tra i termini“congelazione” e “surgelazione”. In realtà si trat-ta di una divisione quasi artificiosa, in quanto i sur-gelati, come già accennato nell’elencazione deimetodi di conservazione, sono dei prodotti conge-lati secondo particolari modalità. La legge infattidefinisce surgelati quei prodotti che sono stati con-gelati rapidamente, in un tempo inferiore allequattro ore, mantenuti sempre a una temperaturainferiore a -18°C, venduti in confezioni, pertantodove il produttore è identificabile con il nome, ilmarchio, la località di fabbricazione ecc. Nella pre-

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parazione casalinga possiamo ritenere che tutti iprodotti siano congelati.

Naturalmente per assicurare la qualità di unprodotto congelato ed essere sicuri che questavenga mantenuta nel tempo dovranno essererispettate certe norme prima, durante e dopo ilcongelamento, oltre a mettere in atto taluni accor-gimenti, in verità assai semplici, in fase di prepara-zione del prodotto.

Le regole per una buona preparazione dei con-gelati possono essere riassunte nei seguenti punti:• utilizzare materie prime di ottima qualità;• lavorare prodotti freschissimi;• preparare rapidamente i prodotti lavandoli,

pulendoli e scartando le parti superflue;• effettuare i pretrattamenti (scottatura, cottura),

quando necessari;• confezionare correttamente;• congelare velocemente a temperatura bassissima;• conservare a temperatura inferiore a -18°C;• scongelare e cuocere in modo appropriato.

È consigliabile pertanto congelare il più rapida-mente possibile gli ortaggi dopo la raccolta, utiliz-zando solo i prodotti prelevati allo stadio ottimaledi maturazione o addirittura, nel caso di alcuni, auno stadio leggermente arretrato di sviluppo per-ché solo così saranno teneri e di eccellenti caratte-ristiche organolettiche al momento del consumo.

I prodotti soggetti maggiormente alla perditadi colore o di consistenza nel corso della conserva-zione (perdite qualitative), vanno sottoposti a deitrattamenti preliminari. Questi trattamenti vannoeffettuati immediatamente dopo avere lavato epulito il prodotto e dopo averlo tagliato, se neces-sario, nelle dimensioni opportune. Per esempio, gliortaggi possono cambiare facilmente di colore, piùraramente di consistenza, pertanto prima dellacongelazione è necessario per molti di essi sotto-porli al pretrattamento di scottatura, altrimenti sievidenzieranno questi aspetti negativi. Gli ortaggialterati da marciumi o invasi da insetti o a uno sta-dio non ideale di maturazione vanno assolutamen-te eliminati.

La congelazione dei vegetali offre il grandevantaggio di mantenere inalterato il contenuto divitamine, specialmente se l’operazione è fatta entrobrevissimo tempo dalla raccolta; non solo, racco-gliere gli ortaggi allo stadio di maturazione piùidoneo permette di avere un prodotto dalle carat-teristiche qualitative eccellenti per sapidità e profu-mo. Per una buona riuscita della congelazione,cioè per mantenere buone le caratteristiche quali-tative del prodotto, è opportuno scegliere varietàappropriate e raccoglierle a stadi di maturazioneconfacenti.

Pretrattamenti per la congelazioneIl processo di congelazione, come è stato detto,

deve essere preceduto in molti casi da una serie dioperazioni per rendere idoneo il prodotto, mante-nere intatte le sue qualità e in definitiva migliorare lasua conservabilità. La congelazione deve così esserepreceduta per molti ortaggi dal trattamento di scot-tatura o bollitura, detta in termine tecnico “blan-ching”, che ha lo scopo di inattivare gli enzimi e diprovocare un aumento della consistenza in seguitoall’eliminazione dell’aria contenuta all’interno deitessuti che è uno dei fattori di alterazione del pro-dotto. L’eliminazione dell’aria dai tessuti consenteanche una riduzione di volume del prodotto e con-seguentemente un maggiore riempimento degliimballaggi. La scottatura serve anche a ridurre lapopolazione microbica presente e pertanto è unmezzo per assicurare una maggiore serbevolezza.

Non tutte le specie di ortaggi necessitano diquesti trattamenti; l’operazione, infatti, in qualchecaso è effettuata solo per facilitare la sbucciaturamentre in altri è indispensabile per evitare le modi-fiche di colore e di consistenza attraverso la inatti-vazione degli enzimi che causano l’inscurimentodei tessuti e la loro degradazione.

Per scottare bisogna preparare una capace pen-tola con 4-5 litri di acqua bollente; questa deveessere mantenuta in ebollizione attiva. Convieneaggiungere all’acqua 10 g di sale per litro, primache vengano immersi gli ortaggi; il sale infatti ridu-ce la possibilità di indesiderati scolorimenti. Sipotrà allora immergere il prodotto nella quantitàdi 250-300 g per volta, racchiuso in una retina o incestello di acciaio. L’acqua in pratica non deve maicessare di bollire. Se l’acqua smette di bollire signi-fica o che è stata immessa una quantità di prodot-to eccessivo o che la fiamma è insufficiente. Lastessa acqua può servire per effettuare diverse scot-tature, dopo di che va ripristinato il livello qualorasi intenda continuare nell’operazione di scottatura.

Gli ortaggi, dopo la scottatura, vanno immersiin acqua ghiacciata, oppure posti in acqua corren-te per una durata uguale a quella dell’ebollizione.In genere vanno asciugati su canovacci operandocon la maggiore velocità possibile; in qualche casosi schiacciano per facilitare la fuoriuscita dell’acquaassorbita. Nel caso di qualche ortaggio che facil-mente imbrunisce, è opportuno mettere in ognilitro d’acqua 20 o 30 g di acido ascorbico (vitami-na C) o aggiungere 50 g di succo di limone, nel-l’intento di mantenere inalterato il colore.

CongelamentoA temperature inferiori a 0°C l’acqua passa dallo

stato liquido a quello solido e in seguito a questa

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modifica dello stato si ha un aumento di volume.Questo stesso fenomeno avviene anche per i succhicellulari composti da acqua, zuccheri e altre sostan-ze organiche, ma a temperature decisamente inferio-ri a 0°C. Se il processo di congelamento è lento,oppure se la temperatura dopo la cristallizzazionerimane vicina a 0°C, prima congela l’acqua separan-dosi dalle altre sostanze in cristalli di dimensionipiuttosto grossi, in seguito, man mano che la tem-peratura si abbassa, congelano gli altri composti e isucchi. Tutto ciò provoca la rottura delle cellule, illaceramento dei tessuti, con conseguenze negativeall’atto dello scongelamento, in quanto l’ortaggioperde i succhi. All’opposto, se il congelamento èavvenuto rapidamente, raggiungendo in breve bas-sissime temperature, si verifica il contemporaneocambiamento di stato sia dell’acqua sia dei composticontenuti nei succhi cellulari, cosicché si ha la for-mazione di piccolissimi cristalli che non danneggia-no i tessuti. Al momento del consumo la strutturadel vegetale si mantiene intatta e presenta un’ottimaconsistenza. Il congelamento deve pertanto avvenireil più rapidamente possibile. Conviene quindi porta-re la gradazione del congelatore al massimo livello epreparare dei contenitori che abbiano uno spessorenon superiore a 4-5 cm, nell’intento appunto di ren-dere più veloce il congelamento. Se il congelamentoè avvenuto lentamente, la qualità del prodotto, almomento del consumo, è molto scadente. Nel con-gelatore le confezioni vanno sistemate prima sulfondo, poi lungo le pareti e infine andrà occupato lospazio centrale in modo che la temperatura sia la piùuniforme possibile. Da notare che un congelatoredella capienza di 100 litri contiene al massimo 70 kgdi prodotto.

ContenitoriI contenitori che possono essere utilizzati per la

congelazione dei prodotti possono essere di varimateriali: cartoni impermeabilizzati, film plastici,plastica dura ecc.

È bene ricordare che tali materiali devono sem-pre essere garantiti dal fornitore come adatti avenire in contatto con alimenti, a norma di legge,ed è bene anche sapere se sono garantiti per esseresottoposti a basse temperature.

Durata della conservazioneTutta la frutta come la verdura si conserva per

6-12 mesi e frequentemente anche di più, salvoeccezioni, mantenendo ottime caratteristiche qua-litative a patto che la temperatura rimanga sempresotto i -18°C. Durante la conservazione è pertan-to bene che la temperatura non si innalzi verso

0°C perché, se i microrganismi sono completa-mente inattivi, gli enzimi continuano, anche a bas-sissime temperature, a provocare il deterioramen-to del sapore, del colore e della consistenza. Que-ste denaturazioni vengono constatate anche sesono stati messi in atto i pretrattamenti di scotta-tura o è stato aggiunto zucchero. Esiste infatti unalegge fisica indicata convenzionalmente come“effetto tempo/temperatura” sulla qualità: quan-to più è bassa la temperatura, tanto più prolunga-ta è la durata alla quale il prodotto mantiene inal-terate le proprie prerogative qualitative. Qualorala temperatura si avvicini a 0°C, ma è sufficientel’intervallo tra i -12 e i -2°C, avviene una nettamodificazione dello stato cristallino dei succhi cel-lulari congelati; questi si aggregano diventandovoluminosi e di conseguenza provocano la rotturadelle pareti cellulari. Ne deriva che allo scongela-mento il prodotto perde succo e non ha più la pri-mitiva consistenza. Questa constatazione suggeri-sce di evitare oscillazioni di temperatura durante laconservazione perché i grossi cristalli non si disag-gregano più. Nel caso che si verifichino degliscongelamenti per mancanza di energia elettricaevitate di ricongelare, ma consumate immediata-mente o preparate piatti pronti o confetture ogelati. Solo la carne può essere ricongelata senzatroppi inconvenienti.

ScongelamentoÈ questa una fase delicata dell’utilizzazione che

condiziona in molti casi la qualità del prodottoall’atto del consumo. In linea generale la fruttadeve essere scongelata immediatamente prima diportarla in tavola, in modo che sia leggermentefredda quando viene consumata. L’operazionedello scongelamento deve essere fatta a temperatu-ra moderata. Per la frutta l’ideale è depositare iprodotti nel frigorifero, dopo averli tolti dal conte-nitore e averli messi in una ciotola. La durata delloscongelamento in frigorifero si protrae per oltre seiore e anche più se i frutti sono grossi. Molte spe-cie “collassano” e diventano eccessivamente molliquando vengono scongelate rapidamente oppurehanno raggiunto la temperatura ambiente.

Gli ortaggi in genere, e specialmente quelli dipiccole dimensioni, vanno cotti buttandoli diretta-mente nell’acqua bollente ancora congelati. Nonusate troppa acqua: il prodotto di un sacchetto da1/2 kg dovrebbe cuocere in 300 g di acqua salatao poco più. Si può anche mettere il sacchetto nel-l’acqua bollente; quando l’acqua riprende a bolli-re, toglietelo, aprite il sacchetto e mettete il pro-dotto nel recipiente di cottura con il condimento.

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Possono essere congelati anche molti piatti pronti,cioè già cotti.

Lo scongelamento e il riscaldamento dei cibipuò essere effettuato nel forno a microonde fissan-do la potenza di erogazione dell’apparato radiante allivello appositamente indicato. I tempi variano conlo spessore e la ricchezza di acqua dei cibi, pertantosolo l’esperienza può suggerire la durata, che in ognicaso è brevissima e molto inferiore a quella che siconstaterebbe utilizzando un forno tradizionale.

5.2.3 La conservazione mediante il calore. La sterilizzazioneLa conservazione per tempi molto lunghi dei

prodotti vegetali implica necessariamente la distru-zione dei microrganismi dannosi (muffe, lieviti, bat-teri) che ne provocano l’alterazione e quella dei bat-teri patogeni (sia in forma vegetativa che sporulata).Tali organismi sono sempre presenti nell’aria, nel-l’acqua e nel terreno e perciò inquinano facilmentetutti i prodotti. Il mezzo più sicuro per ottenere ladistruzione dei microrganismi dannosi consiste nelsottoporre alla sterilizzazione i prodotti, ossia nelricorrere all’impiego dell’alta temperatura (uguale osuperiore ai 100°C) capace di uccidere ogni organi-smo vivente. È indispensabile inoltre ricorrere allealte temperature per inattivare tutti i “fattori didenaturazione” provocati dagli enzimi che sonocausa di indesiderabili modificazioni del prodottonel corso del tempo, come cambiamenti del colore,del sapore e della consistenza. Con questa metodo-logia si ottiene la vera “conserva”.

Idoneità dei prodottiI vegetali da destinare alla conservazione

mediante il calore si possono dividere in due gran-di categorie: quelli molto acidi e quelli poco acidi.Questi ultimi si alterano molto più facilmente senon sono stati sottoposti all’azione di temperatu-re molto elevate per tempi sufficientemente lun-ghi. Quanto più è bassa l’acidità del vegetale,tanto minore, a parità di temperatura, è la duratadella sterilizzazione e la possibilità che subentrinoalterazioni.

La sterilizzazione riesce facilmente a operare ladistruzione degli enzimi e dei batteri nei prodottipiù acidi, infatti può essere fatta anche mediantesemplice bollitura ricordando che ogni prodottorichiede che la coppia tempo/temperatura dell’o-perazione sia diversa in relazione alle caratteristi-che costitutive. Naturalmente anche le dimensionidel contenitore hanno molta importanza perché latemperatura minima necessaria deve essere rag-giunta e mantenuta per i tempi prefissati nelle posi-

zioni più interne del recipiente, cioè nei punti incui il calore penetra con più difficoltà e lentezza.

PreparazioneI prodotti da conservare devono essere innan-

zitutto freschissimi e vanno manipolati con moltaattenzione se si vogliono mantenere integre le loroqualità alimentari. Difatti dopo diversi giorni dallaraccolta i vegetali sottoposti alle manipolazioni e altrasporto tendono ad appassire e intervengono tra-sformazioni più o meno nocive che alterano il lorovalore alimentare. Un’altra avvertenza per mante-nere intatte le prerogative dei prodotti da steriliz-zare consiste nel pulire, lavare, tagliare solo laquantità di cui è possibile provvedere immediata-mente alla sistemazione, quel tanto che si può met-tere contemporaneamente in un vaso, evitando dilasciare i prodotti, preparati a pezzi, all’aria.

Per ottenere buoni prodotti conservati devonoessere rispettate alcune regole che sono sintetizza-te nei seguenti punti;• raccogliere i prodotti al giusto grado di

maturazione;• prepararli per la conservazione quando sono

freschissimi;• eliminare le parti non commestibili o lesionate;• lavarli accuratamente in acqua corrente, evitan-

do di tenerli immersi anche per breve temponell’acqua a meno che ciò non sia indispensabi-le per accelerare l’eliminazione della terra;

• togliere la buccia e le radici solo immediatamenteprima della cottura o della sistemazione nei vasi;

• procedere rapidamente al taglio in pezzi o allamacinazione o all’estrazione del succo;

• i prodotti orticoli, in attesa di essere sistemati neirecipienti, dopo essere stati puliti e tagliati, perimpedire che cambino colore o scuriscano posso-no essere immersi in acqua acidulata con aceto.I procedimenti di conservazione devono esser

perciò iniziati nel più breve tempo possibile dopola raccolta scegliendo ortaggi giovani, teneri e sani.È bene inoltre dividere gli ortaggi in base alladimensione e al grado di maturazione, in modoche il prodotto finale risulti più uniforme per con-sistenza e qualità.

I recipientiSe il contenitore rimane integro le conserve

vegetali possono essere conservate a temperaturaambiente anche per lunghissimo tempo (anni). Daqui l’importanza fondamentale di scegliere il conte-nitore più adatto al prodotto finito che si vuoleottenere al fine di impedire la comparsa di difetti ealterazioni. In commercio ne esistono di innumere-

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voli tipi e di vari materiali (vetro, banda stagnata,materie plastiche). Il produttore deve valutarealmeno tre elementi fondamentali:• che siano prodotti con materiali idonei al con-

tatto con gli alimenti;• che siano adatti a sopportare le temperature

dei trattamenti termici a cui possono esseresottoposti;

• il grado di permeabilità all’aria.Questi parametri devono pertanto essere richie-

sti al fornitore del materiale da confezionamento.

Riempimento dei recipientiI prodotti non vanno eccessivamente compres-

si nei vasi; taluni infatti, come i piselli, i fagioli ilmais o le fave, aumentano addirittura di volumedurante la sterilizzazione. I vasi vanno perciò riem-piti fino a 1 o 2 centimetri dall’orlo. Il prodotto vacoperto con un “liquido di governo” che può esse-re dell’acqua salata o dell’aceto; i prodotti scoper-ti cambiano di colore e si alterano più facilmente.In qualche caso conviene sistemare una reticella inplastica per impedire che il prodotto affiori. Illiquido di governo deve rimanere sempre a mezzocentimetro dall’orlo in modo che l’aumento divolume conseguente al riscaldamento non provo-chi una sovrappressione nel vaso stesso.

I vasi che si utilizzano sono in genere da 1/2litro o da 1 litro. Il liquido di governo, cioè l’acquasalata o l’aceto, necessario per riempire un vaso da1 litro varia da 150 a 350 g. Le oscillazioni di pro-dotto e di liquido dipendono dalle dimensioni delvegetale e dei pezzi preparati, dal grado di maturitàche influisce sul peso, ma anche dalle modalità dipreparazione; si può infatti fare ricorso alla conser-vazione di prodotto fresco o di prodotto in prece-denza bollito. Si parlerà allora di “riempimento deivasi con prodotto crudo” e “riempimento dei vasicon prodotto scottato o preriscaldato”.

Riempimento dei vasi con prodotto crudoAdottando il sistema di preparazione che ricor-

re direttamente al prodotto fresco si procede nelmodo seguente: l’ortaggio viene pulito, fatto apezzi delle dimensioni volute e sistemato nel vasocomprimendolo alquanto. Si aggiunge acqua bol-lente o acqua acidulata fino a coprire il prodotto ea completare il riempimento del vaso. Il sistema èsbrigativo e rapido, ma nel prodotto rimane dell’a-ria per cui è difficile sistemare gli ortaggi in modoappropriato e si perde una notevole parte del volu-me. Inoltre qualità, colore e consistenza del pro-dotto conservato sono inferiori a quelle del pro-dotto sottoposto a preventiva cottura o scottatura.

Riempimento dei vasi con prodotto scottatoQuando si adotta la precottura o scottatura si

procede in questo modo: l’ortaggio va pulito, fattoa pezzi secondo le dimensioni volute e fatto bolli-re in acqua addizionata di aceto, nella quantitàindicativa di 300 g per litro; la quantità di sale cheverrà aggiunta sarà diversa in relazione alle caratte-ristiche dell’ortaggio.

Il colore delle verdure rimane più intenso ebrillante quando la cottura viene effettuata immer-gendole in acqua bollente e mantenendole copertecon l’acqua durante tutta l’operazione. È bene chela pentola non venga chiusa con il coperchio. Ogniverdura va cotta separatamente in piccole quantitàper essere sicuri che l’acqua rimanga in ebollizioneattiva per tutto il tempo e che la durata dell’opera-zione rispetti i tempi previsti. Quando i prodottisono ancora caldi vanno sistemati nel vaso senzacomprimerli eccessivamente; si versa poi nel vasouna parte del liquido in cui erano stati fatti bollirein modo da coprirli. Il liquido deve coprire intera-mente il prodotto altrimenti la parte che rimaneesposta cambia di colore.

SterilizzazioneVi sono tre modalità per realizzare la sterilizza-

zione: in pentola aperta, in pentola a pressione e inautoclave. In tutti i casi tempi e temperature varia-no a seconda del metodo adottato e delle dimen-sioni del vaso, oltre che, come è già stato detto,dell’acidità dei prodotti. Ricordiamo pertanto cheogni trattamento di sterilizzazione per essere con-siderato sicuro e quindi garantire un prodotto fini-to non pericoloso per la salute del consumatore,deve essere validato.

Nel capitolo 4 “La tecnologia delle conservevegetali” abbiamo visto come validare il processotermico ossia come verificare, in modo oggettivo,che l’effetto sterilizzante sia stato raggiunto con gliadeguati margini di sicurezza. Troppe sono le varia-bili (tipo e composizione della materia prima, pre-trattamenti, tipo di contenitore e quantitativo diprodotto inserito, impianto utilizzato ecc.) per affi-darsi alla “ricetta della nonna”.

Sterilizzazione in pentola apertaIl fondo della pentola dovrebbe essere di rame

in modo da avere una temperatura uniforme inogni suo punto. Per garantire una buona steriliz-zazione è necessario mettere in atto alcuni accor-gimenti: disporre nella pentola una reticella,meglio se tenuta sollevata da bastoncini di legno oda un supporto tipo quelli che servono a sostene-re i ferri da stiro, oppure sistemare sul fondo uno

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straccio sul quale si appoggeranno i vasi e le bot-tiglie. I recipienti possono essere inseriti in uncestello in modo che non siano a contatto delfondo e si possano poi estrarre rapidamente tuttiinsieme. I contenitori devono essere interamentericoperti con acqua, che andrà portata il più rapi-damente possibile all’ebollizione. Il bordo dellapentola dovrà superare di almeno 2-3 cm il pelodell’acqua. Se durante l’ebollizione l’acqua doves-se calare e non coprire più interamente i vasi,aggiungere nuova acqua bollente per evitare l’in-terruzione dell’ebollizione. Con questo metodo itempi della sterilizzazione sono lunghi e la certez-za della riuscita non è assoluta, specialmente per ivegetali a pH alto.

Sterilizzazione in pentola a pressioneDopo aver sistemato i vasi sul fondo della pen-

tola, si versa tanta acqua da coprirli; quindi si chiu-de il coperchio, mantenendo però aperta la valvo-la. Acceso il fuoco si devono attendere diversiminuti, fino a quando inizia a uscire il vapore. Aquesto punto si chiude la valvola e i tempi di steri-lizzazione vanno calcolati da tale momento. Toltala pentola dal fuoco occorre lasciare raffreddareper almeno trenta minuti se i vasi sono da 500 g eper quarantacinque minuti se sono da 1 kg primadi aprire la pentola. Se all’interno vi fosse ancoradella pressione è facile provocare la rottura dei vasi.Per evitare che nel corso della bollitura i recipientisi tocchino, possono essere sistemati degli spessoriin legno o, al limite, basta fare un paio di giri conuna corda intorno a ogni vaso.

La temperatura sopra i 100°C deve penetrarefino al centro del recipiente, perciò i tempi di steri-lizzazione previsti sono diversi per i vasi da 1/2litro e da 1 litro. I tempi variano anche in funzionedi altri fattori come: il tipo di prodotto, le dimen-sioni dei pezzi, la loro consistenza, l’avere o menoattuato la scottatura. Anche l’altitudine della loca-lità ove si opera influenza i tempi di sterilizzazione.

Dopo la bollitura i vasi vanno asciugati, verifi-cando che il coperchio sia ben chiuso. Se il coper-chio dovesse aprirsi con molta facilità vuol dire chela chiusura non è stata effettuata in modo corretto.In questo caso, se si teme di non aver realizzatouna perfetta sterilizzazione, si potrà, senza paura dieccessivi danni alla qualità del prodotto, effettuareuna seconda bollitura, adottando tempi uguali aquelli precedentemente indicati e operando secon-do tutte le buone norme prima elencate.

I vasi si depositano tenendoli separati uno dal-l’altro in modo che non si tocchino, eventualmen-te usando dei fogli di carta. La confezione va siste-

mata in un luogo fresco e buio sino al momentodel consumo.

La sterilizzazione, ricordiamo, provoca ladistruzione dei batteri ma, se non è stata realizza-ta per tempi sufficientemente lunghi, le muffe, ilieviti e i batteri, e in special modo il temutissimobatterio Clostridium botutinum, possono inquina-re i prodotti e causare gravissime intossicazioni alconsumatore fino a provocarne la morte. Prima diaprire i vasi è perciò opportuno osservare se si sonoverificate delle fermentazioni. L’inconveniente sievidenzia con l’intorpidimento del liquido, la for-mazione di bollicine di gas, il rigonfiamento delcoperchio di metallo. Mentre si apre il vaso è indi-spensabile osservare che non si avvertano sibili o sisprigionino odori anormali, nel quale caso i vasivanno inesorabilmente scartati con tutto il loroprodotto. Vi sono però dei tipi di Clostridiumbotulinum che non determinano alterazioni visibi-li od organolettiche del prodotto.

Quando si hanno dei dubbi sull’integrità delleconserve vegetali, anche se queste sono state fattecon ortaggi del tipo molto acido, far bollire peralmeno quindici minuti il prodotto prima di con-sumarlo perché questo trattamento permette didistruggere le tossine emesse dai microrganismiinquinanti eventualmente presenti.

Sterilizzazione in autoclaveL’uso di un autoclave è certamente la tecnica più

sicura per condurre correttamente una sterilizzazio-ne. I metodi descritti precedentemente sono piutto-sto empirici; la sterilizzazione condotta con un’au-toclave, al contrario, permette di sfruttare a pieno ivantaggi di un impianto tecnologico che forniscemaggiori condizioni di sicurezza igienico-sanitariadel trattamento termico con esso condotto.

Sul mercato sono presenti autoclavi delle piùsvariate tipologie, dimensioni e, ovviamente, costi.È possibile quindi trovare l’impianto più adattoalle esigenze aziendali. Si va dalle autoclavi indu-striali, che possono processare centinaia di confe-zioni per ciclo di lavoro, a quelle che possono con-tenere 20-30 barattoli e quindi adatte anche alavorazioni artigianali se non addirittura familiari.L’autoclave è comunque dotata di un sistema piùo meno complesso per l’impostazione dei parame-tri di processo che, ricordiamo, devono essere stativalidati.

Per quanto riguarda i sistemi di controllo anchequi possono essere diversi (da registratori automa-tici informatizzati, a registratori su supporto carta-ceo o magnetico). Le autoclavi più semplici posso-no non avere sistemi di registrazione del processo

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ma sono comunque dotate di sistemi di allarme cheavvertono se per qualche ragione il trattamento ter-mico non dovesse essere stato condotto corretta-mente. L’uso di un autoclave per il processo di ste-rilizzazione conferisce pertanto maggiori sicurezzee un livello di professionalità più alto al produttore.Da non dimenticare poi che, impostando diversa-mente i parametri del trattamento, con lo stessoimpianto è possibile effettuare anche semplicipastorizzazioni, quando il prodotto lo permetta.

Frutta sciroppataPossono essere destinate a questa utilizzazione

le albicocche, le amarene, le ciliegie, le mele, lenettarine, le pere, le pesche, le prugne.

La preparazione della frutta sciroppata prevedela sistemazione dei frutti completamente maturi,ma ancora sodi, nei vasi dove vanno accuratamen-te disposti fino a mezzo centimetro dall’orlo. Alcu-ni preferiscono sbucciare i frutti, altri dividerli ametà o in pezzi di uguali dimensioni, nel qual casovengono anche snocciolati. Per sbucciare facilmen-te la frutta conviene buttarla in acqua bollente perpochi minuti. Nei vasi si versa lo sciroppo caldoche deve non solo coprire la frutta ma arrivare apochi millimetri dall’orlo del recipiente. In genereviene utilizzato uno sciroppo leggero, ma nel casodi frutta poco zuccherina o non completamentematura si può ricorrere alla preparazione di scirop-pi di media densità. Questi prodotti possono esse-re non sottoposti a sterilizzazione ma a semplicepastorizzazione solo se si è sicuri che il loro pH siae si mantenga a valori inferiori a 4,6.

Confetture e marmellateMediante la cottura della frutta con lo zucche-

ro, aggiunto in proporzioni molto diverse, si ottie-ne la condensazione della massa e la possibilità diconservare a lungo il prodotto ottenuto.

Diversa frutta si presta molto bene alla prepara-zione delle confetture (si ricorda che le marmellatea norma di legge, sono solo quelle a base di agru-mi), ottenendo un prodotto di ottima qualità. Lemodalità di preparazione possono essere assai diffe-renti in quanto la frutta può essere a pezzi oppuremacinata e passata al setaccio o triturata.

Le quantità di zucchero che si aggiungono sonoquanto mai diverse sia in relazione al tipo di frutta,sia al gusto personale. La preparazione infatti preve-de la semplice cottura con l’aggiunta di una notevo-le quantità di zucchero cosicché l’elevata concentra-zione impedisce lo sviluppo dei microrganismi e ladenaturazione del prodotto (il valore di acqua libe-ra che deve essere raggiunto per controllare lo svi-

luppo microbico deve essere inferiore a 0,98. Inmedia confetture e marmellate hanno una aciditàche è inferiore a 4,6 per l’acidità stessa della fruttautilizzata o per l’aggiunta di sostanze acide (peresempio, succo di limone). A questi livelli di aciditàe aw questi prodotti, una volta versati nei vasetti,possono essere sottoposti a una semplice pastorizza-zione, purché si abbia sempre la sicurezza che i livel-li di sicurezza di pH e aw siano raggiunti.

Quando si vuol preparare confetture meno ric-che di zucchero, cotte per breve tempo, è consi-gliabile aggiungere della pectina per rendere piùconsistente la confettura ottenuta. La pectina è unprodotto largamente presente in natura in moltifrutti. Per esempio la buccia delle arance ne è par-ticolarmente ricca, così come è abbondante nellemele e nella cotogna. Chimicamente la pectinaappartiene al medesimo gruppo degli zuccheri, mamanca totalmente di potere dolcificante. Indu-strialmente si provvede a estrarla proprio dalla frut-ta e dopo la purificazione e l’essiccazione essa sipresenta come una polvere bianca, che si puòacquistare in farmacia o in drogheria. Quandoviene a contatto con l’acqua o con un liquidoforma una massa molle capace di conferire una par-ticolare consistenza ai prodotti. Viene quindi fre-quentemente addizionata alle confetture e allegelatine per conferire una maggiore consistenza alprodotto senza dover procedere a lunghe cotture.

Quando si intende usare la pectina bisognaportare la frutta a ebollizione, dopo aver aggiun-to lo zucchero, mescolando vivacemente per rom-perla. Raggiunto un minimo di consistenza siversa la pectina, in genere 50 g per 1 kg di frutta,e si lascia cuocere ancora per un paio di minuti,poi si mette la confettura nei vasi. Se l’ebollizioneprosegue per troppo tempo, la confettura diventadura e perde qualsiasi profumo e sapore. Se la cot-tura avviene in pentola è bene che questa sia diforma larga e bassa, con fondo pesante perché èmeno facile che la confettura si attacchi. La cottu-ra, nella prima fase, prevede l’evaporazione del-l’acqua, pertanto il fuoco deve essere vivace ebasta mescolare di tanto in tanto; nella secondafase, quando la massa diviene densa, bisognaridurre il fuoco e mescolare molto più frequente-mente. La durata della cottura in genere si aggirasu una o due ore, ma può prolungarsi abbondan-temente nel caso di frutti particolarmente acquo-si. Eventualmente la cottura può essere divisa indue tempi: in un primo tempo si cuoce la fruttaper facilitare la rottura e rendere più facile la maci-nazione o il passaggio al setaccio, in un secondotempo la si cuoce con lo zucchero.

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Per individuare se la confettura è sufficiente-mente consistente e abbastanza cotta si procedenel seguente modo: un primo metodo prevede dilasciare cadere la confettura da un cucchiaino: sescende come un filo continuo la composta non haraggiunto la necessaria consistenza; se invece cado-no gocce separate la cottura è sufficiente. Un altromodo di valutazione dell’idonea durata della cot-tura è quello di raccogliere una goccia dalla pento-la e di lasciarla cadere su un piattino tenuto incli-nato; se si coagula rapidamente, senza scivolare,allora la confettura è pronta e va versata nei vasi.

Anche per questi prodotti è fondamentale latenuta delle capsule; l’ingresso di aria nel vasettopotrebbe provocare lo sviluppo di muffe con laconseguente degradazione del prodotto. Special-mente le confetture preparate con poco zuccherodebbono essere mantenute in frigorifero dopo l’a-pertura del recipiente e l’inizio del consumo, perevitare la formazione di muffa. Quando sullasuperficie di una confettura si forma della muffanon basta asportarla, ma bisogna eliminare ancheuno strato sufficientemente alto di prodotto, inquanto le muffe si spingono in profondità forman-do frequentemente delle tossine alquanto dannoseper il consumatore.

Le confetture possono presentare dei difetti:quando si presentano troppo dure i tempi di cot-tura sono stati troppo prolungati oppure la quan-tità di zucchero aggiunta è stata eccessiva. Quan-do sul fondo della pentola il prodotto si è attacca-to e carbonizzato, la confettura assume un saporesgradevole.

Le gelatineLa preparazione della gelatina è leggermente

più complessa di quella della confettura. La gelati-na è un prodotto preparato con il succo di fruttapiuttosto acida, addizionato di pectina, di zucche-ro e reso solido mediante cottura. Si presenta comeun composto trasparente e che mantiene la formadel contenitore quando viene da esso estratto.

Si possono preparare diversi tipi di gelatine:quelle che in inglese sono dette marmalade sonogelatine tendenzialmente molli contenenti piccolipezzi di frutta e di buccia (tipica è quella di aran-ce); quelle denominate preserves sono invece for-mate da un succo gelatinoso con grossi pezzi difrutta. In realtà sono preparazioni simili tra loro.In ogni caso bisogna prestare sempre molta atten-zione nella preparazione, specialmente delle pre-serves, per raggiungere risultati soddisfacenti.

Succhi, passate, puree o cremogenati di verdura e fruttaI succhi freschi di verdura e frutta possono esse-

re preparati rapidamente con i prodotti dell’orto edel frutteto. Numerose ditte di elettrodomesticihanno posto sul mercato centrifughe e frullatoriche permettono di ottenere succhi e puree. Con ilprimo elettrodomestico si prepara un succo limpi-do da consumare tal quale, da diluire con il latte oda concentrare per preparare gli sciroppi. Con ifrullatori, così come con i passaverdure, si ottieneuna spessa purea con la quale si preparano dellepassate che possono essere consumate direttamen-te o utilizzate diluite con acqua.

La verdura o la frutta va sempre pulita elimi-nando le parti lesionate e non commestibili, lavatasenza però lasciarla a lungo a bagno nell’acqua per-ché alcuni sali minerali molto solubili potrebberoperdersi in larga misura.

Il succo o la passata vanno versati in bottigliet-te di vetro che si possono chiudere ermeticamen-te, mai in recipienti di metallo. Quando si prepa-rano le passate o le puree la quantità ottenuta èpraticamente uguale al peso del vegetale; mentrequando si estrae il succo le quantità ottenibili pos-sono essere molto diverse in funzione della succo-sità e dello stato di maturazione: nel caso dellaverdura, data la maggiore presenza di fibre, ilsucco ottenibile da 1 kg varia da 400 a 600 cc. Perrendere più gradevole il succo e la purea si puòaggiungere dello zucchero in misura variabilesecondo i propri gusti. Per impedire che il pro-dotto cambi di colore nell’attesa di versarlo nellebottiglie conviene aggiungere da 15 a 40 g disucco di limone per ogni litro.

Le bottiglie andranno riempite fin quasiall’orlo e chiuse con un tappo a corona, median-te apposite macchinette. Occorre ora iniziare lasterilizzazione disponendo le bottiglie in unagrossa pentola dove devono risultare completa-mente coperte con l’acqua. Il tempo di bollituraè variabile a seconda delle dimensioni delle botti-glie, indicativamente si va da 15 a 20 minuti.Conviene lasciar raffreddare le bottiglie nell’ac-qua stessa, dopodiché, una volta asciugate, su cia-scuna di esse si incolla un’etichetta con le indica-zioni di legge.

Se questi prodotti non vengono sterilizzati masemplicemente pastorizzati si ottiene una “semi-conserva” che ha minori garanzie igieniche eminor tempo di durata che è necessario conserva-re a temperature controllate.

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5.2.4 La conservazione sottolio, sotto aceto, sotto sale, sotto alcolCome più volte ricordato i prodotti orticoli nel

corso della conservazione risultano inattaccabili daparte delle muffe quando viene loro fornito unambiente sfavorevole ai microrganismi. Tale risulta-to viene in un certo senso garantito dalla sterilizza-zione, ma per taluni ortaggi lo si può raggiungereanche con la sola aggiunta di una soluzione di acetoo di sale; entrambi, alle giuste concentrazioni, sonoin grado di rendere inospitale l’ambiente per la vitadei microrganismi che possono recare grave dannoalla commestibilità. Qualora invece non si procedarazionalmente in modo tale che le dosi di detti com-posti siano sufficienti a inibire lo sviluppo deimicrorganismi dannosi sono possibili alterazionicome l’ammuffimento e la fermentazione. La primasi manifesta in superficie con una patina di muffa,mentre la fermentazione si evidenzia con bollicine digas ed è quasi sempre accompagnata dalla comparsadi sapori e odori sgradevoli o dalla modificazione delcolore.

La conservazione sottolioLa sistemazione sottolio non è altro che un

mezzo per rendere più gradevole il sapore dell’or-taggio all’atto del consumo, ma non deve intender-si anche come mezzo di conservazione. La direttapreparazione nell’olio di molti prodotti orticoli(pomodori, melanzane, peperoni, cavolfiori, cipolleecc.) non assicura affatto la conservazione neltempo. La sistemazione degli ortaggi sottolio deveessere pertanto preceduta da trattamenti in gradodi inibire lo sviluppo batterico (scottatura in aceto,essiccazione) e seguita dalla sterilizzazione, per assi-curarsi l’eliminazione delle forme sporigene (Clo-stridium botulinum in particolare) e degli enzimi,secondo la coppia tempo/temperatura dettata dallesingole ricette di conservazione. Oltretutto unenergico trattamento termico permette anche digarantire la lunga conservabilità del prodotto (sirimanda pertanto al paragrafo della sterilizzazione).Questo metodo di conservazione determina per-tanto anche una trasformazione del prodotto.

La conservazione sotto acetoNumerosi ortaggi si prestano alla conservazio-

ne in aceto in quanto il sapore acidulo li rende gra-devoli come gusto e idonei ad accompagnare molticibi. La concentrazione dell’acido acetico, perchéagisca come inibente dei microrganismi, devesuperare il 3,5% nel prodotto conservato, perciò,utilizzando dell’aceto di sei gradi o, come si suoleanche dire, con il 6% di acidità, basta unire 120 g

di aceto a 100 g di ortaggi se questi sono pocoacquosi, mentre sono necessari 140-150 g di acetonel caso di ortaggi molto ricchi di acqua (questiquantitativi sono puramente indicativi). Se questoè l’unico mezzo che viene adottato per impedire losviluppo batterico è fondamentale ricordare chel’acidità del prodotto deve essere inferiore a pH4,5 per essere sicuri di bloccare lo sviluppo del Clo-stridium botulinum. Tale valore diviene un puntocritico di controllo per questi tipi di produzioni eciò rende necessario effettuare con certezza lamisurazione del pH del prodotto (la misurazionedeve essere effettuata sul prodotto). La misurazio-ne, oltre che al momento della preparazione, deveessere fatta anche dopo un certo periodo di tempoper essere sicuri che non vi sia stata diluizione daparte dei succhi vegetali e che il pH non si siainnalzato a livelli non sicuri.

Quando si è sicuri sopra ogni dubbio di averottenuto tali valori di pH e di mantenerli neltempo, è possibile non sottoporre a sterilizzazioneil prodotto.

I vegetali in genere sono ricchissimi di acqua inquanto questo elemento raggiunge e supera il 90%del peso cosicché, quando sono immersi nell’ace-to, una parte dell’acqua di cui sono costituiti perun processo di osmosi fuoriesce dal prodotto ediluisce la concentrazione dell’aceto che può dimi-nuire il livello di acidità, in modo tale da risultareinsufficiente per una buona conservazione, comedetto sopra. Ecco spiegata la ragione per cui biso-gna utilizzare una quantità di aceto superiore alpeso del prodotto da conservare e in dose tantopiù alta quanto più acquoso è l’ortaggio. L’elevataquantità di aceto può rendere eccessivamente pun-gente il sapore del prodotto. Per ridurre il gustoacido si può unire qualche grammo di zucchero odi succo di limone, oppure di sale da cucina, con loscopo anche di rendere più efficace l’azione con-servante dell’aceto. La durata dei sottaceti superaabbondantemente l’anno, dopo di che si nota unalenta progressiva degradazione delle qualità orga-nolettiche. Dopo l’apertura del vaso è consigliabi-le consumare il prodotto entro breve tempo perevitare alterazioni o tenere i barattoli in frigoriferoin modo che la bassa temperatura concorra a evita-re l’attacco dei microrganismi.

Per la preparazione degli ortaggi si devono uti-lizzare prodotti freschi, raccolti a idonea matura-zione. Bisogna innanzitutto lavare ed esaminareattentamente i prodotti scartando quelli guasti,quelli eccessivamente acerbi, quelli troppo maturi edando la preferenza a quelli sodi, turgidi e freschi.Conviene anche suddividere gli ortaggi in gruppi di

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uguali dimensioni in modo che i tempi di cottura edi macerazione siano uguali; non vanno lasciatiimmersi nell’acqua, a meno che della terra nonincrosti la superficie, ma vanno lavati rapidamentein acqua corrente per allontanare sudiciume, terra,antiparassitari. I frutti vanno poi preparati in mododa eliminare le parti non commestibili quali ipeduncoli, le foglie superflue, le radici ecc.

Particolare attenzione deve essere prestata airecipienti e agli attrezzi da utilizzare per la prepara-zione e per la conservazione. Le pentole devonoessere in acciaio inossidabile; vanno evitati i reci-pienti smaltati in quanto frequentemente la lorosuperficie non è integra, cosi come quelli in ferro, oalluminio, o rame perché l’acidità dell’aceto porta insoluzione tali sostanze che risultano dannose alsapore e al colore. Gli attrezzi devono essere inacciaio o in plastica. Quanto ai vasi in vetro per leconserve devono essere pulitissimi, intatti e avere untappo a vite o delle guarnizioni in gomma che assi-curino un’eccellente chiusura. È preferibile utilizza-re i vasi con doppio coperchio, rammentando chequello piatto interno deve essere sempre nuovo. Ivasi con il fermaglio in ferro e guarnizione ingomma non sempre chiudono a dovere la bocca delvaso; la gomma deve essere morbida, nuova, inoltreconviene immergerla in acqua bollente per alcuniminuti prima di sistemarla sui vasi.

È sempre bene utilizzare un buon aceto di seigradi preferibilmente bianco in quanto il colore deisottaceti ottenuti rimane più naturale e non siavvertono imbrunimenti come quando si usa l’ace-to rosso. Può essere utilizzato anche l’aceto dimele che è molto aromatico.

I vegetali possono essere utilizzati direttamenteper preparare i sottaceti; più frequentemente con-viene far precedere una breve scottatura. Essa ridu-ce la consistenza, distrugge una parte della floramicrobica e inattiva gli enzimi, così durante la con-servazione si evitano il rammollimento e le modifi-cazioni del colore. I tempi di scottatura in acquasalata (20 g di sale per litro) o in acqua acidulatacon limone o aceto (50 g per litro) sono limitati apochi minuti. L’acqua è bene che sia poco dura,cioè caratterizzata da basse quantità di minerali. Ivegetali vanno immersi nell’acqua che deve rimane-re in forte ebollizione per tutto il tempo dell’ope-razione; avvenuta la scottatura, si asciugano su uncanovaccio e infine si sistemano nei vasi. Quandonella preparazione si ricorre a un aceto di bassa con-centrazione per non avere prodotti pungenti, alloscopo di evitare successive alterazioni è indispensa-bile procedere a un trattamento termico più omeno prolungato, in modo da assicurare la distru-

zione dei microrganismi. Si fanno così bollire i pro-dotti per alcuni minuti nell’aceto stesso. Non biso-gna utilizzare il medesimo aceto in cui è stata effet-tuata la scottatura degli ortaggi per la successivaconservazione in quanto con la bollitura l’acidoacetico evapora e inoltre la soluzione acidulataviene diluita dai succhi vegetali che vengono per-duti duranti la bollitura.

I vasi possono essere riempiti sia con aceto fred-do che con aceto bollente. Nel primo caso puòessere conveniente sostituire l’aceto dopo un certoperiodo affinché il prodotto si impregni di unaquantità di acido acetico sufficiente a impedire laputrefazione. Più sicura è la conservazione realiz-zata versando l’aceto caldo sul prodotto perchéprovoca una certa distruzione dei microrganismipresenti. Quando si usa aceto caldo conviene limi-tare il tempo dell’ebollizione al minimo indispen-sabile perché si volatilizzano sia l’acido acetico, siagli aromi; in genere basta scaldarlo a 50-60°C.

Quando si riempiono i vasi con ortaggi caldi èopportuno che anche i recipienti siano stati fattiprecedentemente scaldare in acqua, meglio se ste-rilizzati. In questo caso i vasi vanno riempiti com-pletamente in quanto durante il raffreddamentoavviene una certa diminuzione di volume del liqui-do e del prodotto. Per una buona conservazione laquantità d’aria nel recipiente deve essere ridotta alminimo.

La conservazione sotto saleLa caratteristica principale delle verdure prepa-

rate con questo metodo è quella di risultare almomento del consumo eccessivamente salate,tanto da non poter essere utilizzate direttamente.Possono comunque servire per preparare mine-stroni o, come nel caso del prezzemolo e dei cap-peri, per condire altri cibi; in questo caso la carat-teristica del salato non appare controproducente.Tuttavia se si ritiene che la quantità di sale sia inogni caso eccessiva si potrà all’atto dell’utilizzazio-ne tenere l’ortaggio qualche ora in acqua.

Questo metodo di conservazione si basa sullariduzione dell’acqua libera presente nel prodotto equindi sulla creazione di un ambiente inadatto allosviluppo microbico. Per avere la sicurezza di inibi-re lo sviluppo di Clostridium botulinum occorrearrivare a valori inferiori a 0,94.

Le verdure vanno pulite, lavate e asciugate sucanovacci; in seguito, se il tipo di ortaggio lo richie-de (per esempio sedano, sedano rapa, carote, rapa),si taglia in pezzi grossolani oppure si tritura, megliose non molto finemente (basilico, prezzemolo).Solo i capperi si lasciano intatti.

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La verdura va pesata; poi vi si aggiunge unaquantità di sale grosso in proporzione variabile; sirimescola accuratamente, dopodiché si versa neivasetti comprimendo leggermente. I vasi vannochiusi ermeticamente. I capperi e i funghi chiodinisi possono sistemare anche a strati alterni con il sale.

La conservazione sotto alcolPer evitare che batteri e muffe provochino l’al-

terazione dei frutti è necessario che il grado alcoli-co del liquido di governo che accompagna i fruttisia superiore a 45°: questo in genere è il grado alco-lico della grappa e del brandy che vengono utiliz-zati nella preparazione della frutta sotto spirito.L’alcol infatti esercita un’efficacissima azione anta-gonista nei riguardi dei microrganismi e pertantoassicura la conservazione.

Perché ciò avvenga è necessario che il gradoalcolico non scenda sotto determinati limiti. Si puòpartire anche dall’alcol buon gusto o alcol puro,diluendolo opportunamente con acqua zucchera-ta, per raggiungere una gradazione di circa 45-50°.In pratica si raddoppia, in tal caso, il volume del-l’alcol puro di partenza. Depositando i frutti inalcol a maggiore gradazione, a parte lo spiccatobruciore che si avverte al momento del consumo,è facile constatare un raggrinzimento poco grade-vole, dal momento che parte del succo del fruttoesce per bilanciare la scarsità di acqua del liquido incui è depositato.

In genere i migliori risultati nella preparazionedei frutti sotto spirito si ottengono con prodotti dipiccole dimensioni che si impregnano rapidamentedi alcol, mentre le specie con esemplari alquantogrossi, come le pesche o le prugne, possono subi-re rammollimenti, cambiamenti di colore e addirit-tura fermentazioni prima che l’alcol esplichi la suaazione batteriostatica e conservante. Inoltre quan-do si mette sotto spirito della frutta poco zucche-rina si può aggiungere dello zucchero prima di ver-sare l’alcol diluito con acqua zuccherata o grappa.

5.2.5 L’essiccazione e la liofilizzazioneQuesti due metodi, il primo possibile anche a

livello artigianale, il secondo solo a livello indu-striale, si basano sull’abbassamento del valore diacqua libera del prodotto a livelli tali da inibire losviluppo microbico.

Ricordiamo che i valori di aw che riescono a ini-bire totalmente lo sviluppo microbico sono aldisotto di 0,60. La maggior parte dei microrgani-smi patogeni e tossigeni sono generalmente moltosensibili alla disidratazione e non si moltiplicanopiù a umidità relative inferiori a 85-90%.

Entrambi i metodi però non riescono a sanifi-care l’alimento perché i germi presenti sul prodot-to finito non si moltiplicano più ma il loro nume-ro rimane sostanzialmente inalterato rispetto aquello della materia prima. Se il prodotto inoltre sireidrata (in corso di conservazione per cattivatenuta dei materiali da confezionamento) o perchéentra a far parte di altri prodotti, i germi presentiriprendono lo sviluppo. Se pertanto non è possibi-le ridurre ai livelli indicati l’umidità o mantenerlaoccorre garantire la conservazione di questi pro-dotti con la combinazione di più fattori come lariduzione del pH, la refrigerazione, la conservazio-ne sottovuoto.

Da queste considerazioni appare come sia fon-damentale l’importanza di partire da una materiaprima con bassi livelli di contaminazione microbi-ca e il più integra possibile. La preparazione dellaverdura destinata all’essiccazione è nel complessoun’operazione assai semplice e facile. È importan-te innanzitutto che gli ortaggi siano freschi; vannoscartate le parti non commestibili e naturalmentegli ortaggi andranno lavati, asciugati, tagliati oaffettati nelle misure più convenienti. Le cipolle, lecarote, le melanzane, i peperoni, gli zucchini, ifunghi vanno preparati a fette o a rondelle, mentreconviene tagliare a pezzetti il sedano e i fagiolini.Il prezzemolo e gli spinaci devono essere depiccio-lati e i pomodori aperti in due valve, dopo avertolto la zona rugginosa della cicatrice del pedun-colo ed eliminati i semi. La frutta è bene sia moltomatura perché così, oltre a essere più saporita, èpiù zuccherina e riesce a seccare più rapidamente.Le albicocche, le pesche, i kaki devono essereancora sodi anche se ben maturi, mentre le prugnepossono essere già tenere. Le albicocche e le pru-gne vanno aperte, divise in due parti mentre lepere, le mele, le pesche, i kaki è bene venganoaffettati in modo da ottenere sezioni di 5-7 mm dispessore. Fatta eccezione per le albicocche e per leprugne, conviene sbucciare tutti i frutti e nel casospecifico delle mele e delle pere, mediante l’appo-sito attrezzo, eliminare anche il torsolo.

PretrattamentiSono pochi gli ortaggi che mantengono inalte-

rate le loro caratteristiche nel corso dell’essiccazio-ne senza richiedere alcun trattamento; tra questiricordiamo pomodori, cipolle, prezzemolo, pepe-roni. Conviene scottare gli altri ortaggi, perchéquesta operazione assicura la distruzione degli enzi-mi e la conseguente possibilità che si verifichinocambiamenti del colore o modifiche dell’aroma nelcorso della conservazione. La maggior parte degli

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ortaggi richiede una scottatura in acqua in forteebollizione per un tempo da uno a tre minuti.

Anche fra i frutti sono pochi quelli che manten-gono inalterate le proprie caratteristiche nel corsodel processo di essiccazione e della successiva con-servazione e perciò non richiedono alcun tratta-mento: tra questi fichi, kaki, prugne, uva. Gli altri èmeglio scottarli o fumigarli con anidride solforosa otrattarli con una soluzione di metabisolfito.

Queste operazioni assicurano la distruzione dienzimi e la conseguente possibilità che si verifichi-no cambiamenti del colore oppure modifiche del-l’aroma nel corso della conservazione.

Essiccamento L’essiccamento può essere effettuato all’aperto,

oppure in forni ed essiccatoi.

Essiccamento all’apertoSi realizza stendendo i prodotti su graticci di

legno o telai con reti in plastica, che vanno espostial sole. Specialmente quando l’essiccamento è infase avanzata i vegetali vanno sistemati ordinata-mente su graticci, evitando che i pezzi si sovrap-pongano. Per evitare che gli insetti vadano a visita-re i prodotti conviene stendere una garza diretta-mente sopra il telaio. È opportuno anche provve-dere, nei giorni successivi, a rivoltare i pezzi perfacilitare l’essiccamento.

Quando tra il giorno e la notte vi fosse una dif-ferenza di temperatura superiore ai 10°C, o l’umi-dità fosse elevata, conviene ritirare al coperto i telainelle ore notturne, specialmente dopo alcuni gior-ni di esposizione al sole, quando il prodotto è giàparzialmente secco, per evitare che si reidrati. Se ilsole fosse debole converrà deporre sopra il gratic-cio un telaio per concentrare il calore e accelerareil processo di essiccamento. Si tratta di costruire untelaio di legno, delle medesime dimensioni del gra-ticcio, dotato di supporti che lo tengano sopraele-vato di 20-25 cm. Sul telaio si pone una lastra divetro o di plexiglas o un foglio di polietilene.

Essiccamento in fornoQuando il clima non è favorevole per assicurare il

completo essiccamento del prodotto già parzialmen-te disidratato al calore del sole, potrà essere utilizza-to il forno di cucina per completare l’operazione.Bisogna però tenere bassissima la temperatura delforno, altrimenti i prodotti cuociono o induriscono;la temperatura dovrà oscillare tra i 35 e i 40°C.

Nel forno vanno posti dei graticci preparati conun telaio di metallo e legno dove è fissato un tes-suto di plastica a fitta trama, tipo zanzariera. Que-

sti graticci di plastica sono da preferire a quelli dimetallo perché più facili da pulire. I graticci sonopiù razionali dei vassoi di metallo, abitualmenteusati nei forni, in quanto facilitano il passaggio del-l’aria calda e pertanto l’essiccamento risulta piùrapido e uniforme.

Effettuato l’essiccamento, che deve essere spin-to a fondo per evitare reazioni dovute all’insedia-mento di muffa durante la conservazione, bisognaprocedere al confezionamento. Da 1 kg di ortaggisi ottiene una quantità di prodotto essiccato moltobassa: dai 50 ai 100 g, ma in alcuni casi può essereanche inferiore.

EssiccatoiPer un processo di essiccamento a livello più

industriale è necessario utilizzare essiccatoi chegarantiscono una perdita di acqua, anche su gran-di masse, in tempi più brevi e condizioni più con-trollate rispetto ai metodi precedenti.

Nel caso di essiccazione di vegetali i tipi diessiccatoi più utilizzati sono quelli ad armadio, atunnel o a nastro.

Anche se i modelli sono diversi, il principio difunzionamento è simile e si basa sull’immissionesulla massa di prodotto di aria calda e dall’estrazio-ne dei vapori.

Confezionamento del prodottoessiccato o liofilizzatoLa confezione deve essere fatta in modo da evi-

tare che il prodotto possa essere infestato da insettio che possa assorbire l’umidità dell’ambiente. Assaiconvenienti le scatole di plastica o di metallo, oppu-re i sacchetti in laminato, dove alla carta è accoppia-to l’alluminio o la plastica; questi tipi di sacchettisono impermeabili all’aria e difficilmente attraversa-ti dagli insetti. Inoltre viene meglio preservato l’a-roma del prodotto. Può essere convenientementeusato anche il sottovuoto. Il tutto va tenuto in unluogo fresco e asciutto.

5.2.6 La fermentazione e la conservazione in agrodolceSono entrambi metodi lunghi e abbastanza

laboriosi che si applicano, almeno nel nostro paese,a pochi ortaggi. Tuttavia il prodotto “trasformato”che si ottiene alla fine, se ben curato nei procedi-menti, si presenta gustoso e di buona qualità. Sia lafermentazione che l’agrodolce richiedono, alla finedel procedimento, la sterilizzazione per ottenereadeguate garanzie igieniche altrimenti si ottieneuna “semiconserva” che ha una durabilità inferioree deve essere conservata a temperatura controllata.

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Page 56: La produzione delle conserve vegetali - agrofarm.it

FermentazioneIl sale o la salamoia concentrata arrestano lo

sviluppo dei microrganismi presenti nei vegetali;quando invece la concentrazione salina è modesta,inferiore al 15%, viene favorita la crescita di speci-fici microrganismi, i batteri lattici, che produconol’acido lattico (fermentazione lattica). In seguitoalla fermentazione, che si protrae per diverse setti-mane, vengono modificate sia la consistenza, sia lecaratteristiche organolettiche del prodotto. Inoltrela nuova acidità creata dall’azione dei batteri latti-ci rende impossibile la crescita di altri microrgani-smi responsabili della putrefazione o di altre alte-razioni del gusto. La fermentazione è un metodoutilizzato solo per pochissimi ortaggi: in Italiasolo per i cavoli nella produzione dei crauti.

AgrodolceBasandosi sulle tecniche di preparazione e sugli

ingredienti utilizzati vengono individuati tre tipi diprodotti in agrodolce: l’ortaggio sottaceto fermen-tato, il tipo di pronto consumo e il tipo contorno.

Sottaceto fermentatoNel tipo sottaceto fermentato si impiegano i

cetriolini e i cavoli. La preparazione richiede tresettimane. I cetrioli, al termine della trasformazio-ne diventano gialli, di consistenza relativa. I cavo-

li, che vengono in precedenza preparati in sottilistriscioline, risultano sodi e croccanti, di colorebianco e cremoso; il prodotto finito prende ilnome tradizionale di crauti.

Pronto consumoIl tipo da pronto consumo è così detto perché

va utilizzato entro pochi giorni dalla preparazione;si tratta quindi di una semiconserva da trattare conadeguato riguardo (conservazione in frigorifero).Gli ortaggi affettati o preparati a piccoli cubettivengono immersi in acqua salata per una notte, poiscottati in aceto bollente aromatizzato con spezie,messi nei vasi, coperti con sciroppo, dopodichésono pronti per il consumo: rimangono caratteriz-zati da una relativa croccantezza e consistenza.

ContornoIl tipo contorno prevede la preparazione di

ortaggi a pezzetti e la cottura fino a raggiungere laconsistenza desiderata, dopodiché vengono prepa-rati in agrodolce, a seconda del tipo di ortaggio, eutilizzati quindi come contorno. La conservazioneè di pochissimi giorni e da effettuare in frigorifero.Qualora durante il periodo che intercorre tra lapreparazione e il consumo si evidenziassero muffe,opalescenze, bollicine di gas o cambiamenti dicolore, è opportuno non consumare il prodotto.

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6.1 Impianti per la concentrazionedegli alimenti

6.1.1 EvaporatoriUn evaporatore è essenzialmente uno scambiato-

re di calore nel quale un liquido viene portato all’e-bollizione, in modo che parte di esso si trasformi invapore. L’evaporazione presenta una gamma di tec-nologie di processo molto ricca, adatta al vastocampo dei prodotti da concentrare.

La soluzione da concentrare può essere riscal-data con vari mezzi:• mediante vapore proveniente da apposita caldaia;• mediante resistenze elettriche;• mediante gas caldi provenienti da una combu-

stione;• utilizzando fluidi che devono essere raffreddati;• sfruttando il calore prodotto da alcune reazioni

esotermiche che avvengono durante il cicloproduttivo. Il sistema più diffuso è quello chesfrutta il vapore acqueo.Di seguito alcuni esempi della vasta gamma di

apparecchiature a disposizione per realizzare ope-razioni di concentrazione del prodotto.

Evaporatori discontinui

Concentratore a capsulaII concentratore a capsula è un apparecchio

aperto all’atmosfera ed è il tipo più semplice. Ilriscaldamento si effettua facendo circolare vaporenell’apposita camicia. La capsula è costituita daghisa o ferro smaltato.

Concentratore a bollaIl concentratore a bolla è un concentratore

discontinuo impiegato per limitate produzioni.

Può lavorare sotto vuoto ed è quindi collegato conun apposito apparato per creare la depressione.Nella parte inferiore della bolla vi è una doppiacamicia per il vapore di riscaldamento. L’agitatoreprovvede a evitare surriscaldamenti localizzati.Complessivamente l’efficienza termica è piuttostomodesta anche per i bassi coefficienti globali di tra-smissione. Per l’elevata versatilità e semplicità d’im-piego il concentratore a bolla viene impiegato nellepiccole aziende (per esempio, per produrre con-centrato di pomodoro, marmellata, confetture).

Evaporatori a tubiGli evaporatori a fascio tubiero sono molto

diversificati. Il fascio tubiero può essere dispostoorizzontalmente o verticalmente. Il vapore puòcircolare internamente o esternamente. Gli appa-recchi a circolazione interna sono adatti per i liqui-di che non danno luogo a incrostazioni e depositisul fascio tubiero.

Evaporatori a tubi orizzontaliL’evaporazione avviene all’interno dei tubi, il

vapore prodotto trascina il liquido verso l’alto e lacircolazione naturale del prodotto concentratoavviene per mezzo di un canale discendente cen-trale di grande diametro. Questo tipo di evapora-tore è utilizzato particolarmente nell’industria sac-carifera, è poco costoso e ha pochi problemi difunzionamento, ma è caratterizzato da una limita-ta efficienza di scambio termico.

Evaporatori verticaliIn questi apparecchi lo scambiatore a fascio

tubiero è disposto verticalmente. In questo caso ilvapore condensa sulla superficie esterna dei tubi,mentre all’interno di questi circola il liquido da con-centrare. L’evaporazione favorisce un moto ascen-

6. Impianti e macchinari

Page 58: La produzione delle conserve vegetali - agrofarm.it

sionale del fluido attraverso il fascio tubiero, men-tre nel condotto centrale il moto è discendente.

Adatto per soluzioni che producono incrosta-zioni, l’apparecchio presenta nella parte centraledel fascio tubiero un grosso condotto per la circo-lazione della miscela da concentrare.

Evaporatore Kestner o a “pellicola ascendente”La soluzione entra dal basso e circola nell’appa-

recchio (circolazione naturale a “termosifone”)fino a raggiungere la concentrazione voluta. Pereffetto del battente idrostatico nella parte inferioredei tubi non avviene ebollizione del liquido, cheinvece inizia a svilupparsi nella regione centraleanche per il maggior riscaldamento cui è stata sot-toposta la soluzione. Nella zona superiore il vapo-re generato dalla ebollizione occupa la parte cen-trale del tubo, mentre il liquido viene proiettatocontro la parete ove forma una pellicola sottile.Questo evaporatore è detto per questo a “pellico-la ascendente”.

Evaporatore a “pellicola discendente”Contrariamente all’apparecchio a pellicola

ascendente, nei tubi di questo evaporatore non siformano colonne di liquido e quindi non si hannogli effetti dovuti al battente idrostatico. L’alimen-tazione della soluzione avviene dall’alto, mentre iprodotti della concentrazione (vapore e concentra-to) escono dal basso.

6.1.2 Sistemi di crio-concentrazioneIn molti sistemi di crio-concentrazione la sezio-

ne di cristallizzazione è costituita da uno scambia-tore di calore a superficie raschiata. Su questazona, detta anche zona di nucleazione, il ghiacciosi forma alle pareti e pertanto deve essere “raschia-to” con opportuni sistemi meccanici. Al centrodella massa i cristalli possono accrescersi, ma ingenere si preferisce che l’accrescimento dei cristal-li di ghiaccio avvenga in una zona diversa (cristal-lizzatore). I tempi di permanenza nello scambiato-re sono quindi molto brevi, in modo da favorire lanucleazione e inibire l’accrescimento.

Poiché il campo di temperature impiegate nellacrio-concentrazione oscilla tra -3°C e -7°C, le alte-razioni dovute ai danneggiamenti termici dei com-ponenti termosensibili sono in questo caso comple-tamente assenti. Modeste perdite di soluto possonoverificarsi per inglobamento nei cristalli di ghiaccio.Se nel corso del congelamento non si verificanosurraffreddamenti locali, i cristalli di ghiaccio risul-tano di elevata purezza e le perdite di soluti posso-no essere anche dell’ordine dell’1%, mentre i solidinella soluzione concentrata possono raggiungerelivelli del 40-50%. Raggiunta la concentrazionedesiderata la sospensione passa dal cristallizzatore alsistema di separazione dei cristalli di ghiaccio dallasoluzione concentrata. Questa fase può essere rea-lizzata mediante l’impiego di presse, di separatoricentrifughi, di colonne di lavaggio, oppure utiliz-

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Fig. 5 - Evaporatore a tubi lunghi a film ascendente (fonte: PERI C., ZANONI B., Manuale di tecnologie alimentari. ParteIII - Macchine e impianti)

Vapore prodotto

Vaporedi riscaldamento

Livello liquido

CondensaAlimentatoConcentrato

Page 59: La produzione delle conserve vegetali - agrofarm.it

zando sistemi che sfruttino una opportuna combi-nazione delle tecnologie suddette.

Oggi il sistema più diffuso è l’impiego di filtricentrifughi, sebbene le perdite siano anche in que-sto caso piuttosto elevate (anche più del 10%). Ilghiaccio, dopo la centrifugazione, può essere lava-to con acqua ottenuta da cristalli fusi ma, se da unlato questa operazione riduce le perdite, dall’altroè inevitabile una diluizione del concentrato.

6.2 Sterilizzatori

Gli sterilizzatori utilizzati nell’industria alimen-tare si distinguono in discontinui (autoclavi) econtinui.

6.2.1 Apparecchi discontinui (autoclavi)Le scatole, sistemate in apposite ceste realizza-

te in filo di ferro o in lamiera forata, vengono tra-sportate con mezzi meccanici all’interno dell’auto-clave. Una volta chiuso il portello superiore, primadi immettere il vapore nell’autoclave vengonoaperte le valvole di scarico dei gas incondensabili e

dell’aria, mentre lo scarico dell’acqua viene ovvia-mente mantenuto chiuso. Il vapore immesso nel-l’autoclave favorisce la fuoriuscita dell’aria presen-te. Anche se è molto difficile valutare il momentoin cui tutta l’aria è stata allontanata, l’esperienzaunita all’osservazione dei dati di temperatura epressione permette di giudicare il momento piùopportuno per chiudere il rubinetto per lo scaricodell’acqua. L’eliminazione dell’aria dall’autoclave sirende necessaria in quanto un miscuglio aria-vaporeproduce all’interno una distribuzione irregolare dellatemperatura e inoltre la presenza dell’aria è un osta-colo alla trasmissione del calore.

La durata del trattamento termico, misurata dalmomento in cui la temperatura e la pressionehanno raggiunto valori corrispondenti, varia aseconda del tipo di prodotto. La velocità con cui siraggiungono le condizioni operative dipende dallanatura dei contenitori in quanto un aumento trop-po rapido di pressione, non bilanciato da un ana-logo aumento della pressione interna alle scatole,potrebbe provocare una deformazione degli invo-lucri. Per i prodotti confezionati sottovuoto que-sto problema è evidentemente più grave.

57L A P R O D U Z I O N E D E L L E C O N S E R V E V E G E T A L I

Fig. 6 - Autoclave discontinua (fonte: PERI C., ZANONI B., Manuale di tecnologie alimentari. Parte III - Macchinee impianti)

Aria compressa Sfiato

Regolatoreautomatico

Vapore

Acqua di raffreddamento Scarico

Troppopieno

Page 60: La produzione delle conserve vegetali - agrofarm.it

Terminato il periodo di sterilizzazione l’immis-sione di vapore viene arrestata; lentamente vieneaperta la valvola dello scarico dell’aria e, quando lapressione interna si è abbassata fino a eguagliarequella esterna, viene aperto il portello superiore. Lescatole, sia all’interno dell’autoclave che all’esterno,vengono raffreddate con acqua fino a una tempera-tura di 35-40°C. Solo allora sono pronte per essereinviate ai reparti di etichettatura e imballaggio.

Il successo dell’autoclave nella tecnologia disterilizzazione da oltre cento anni è dovuto amolte ragioni che si possono così enumerare:1) basso costo d’investimento che rende l’autocla-

ve insostituibile nelle installazioni di piccolacapacità;

2) possibilità di trattare i prodotti più diversi e direalizzare, insieme alla sterilizzazione, la cottura;

3) possibilità di operare sia con recipienti in vetroche in banda stagnata e con le più diversedimensioni e forme del contenitore;

4) possibilità di variare a volontà il ciclo termico;5) facilità di manutenzione e conduzione anche

con personale non specializzato.Per semplificare il sistema di carico delle scato-

le e automatizzarlo è stato anche messo a punto unsistema di autoclavi senza paniere, a caricamento

diretto, che opera per batch successivi in una cate-na continua.

L’inconveniente principale dell’autoclave classi-ca è che i contenitori rimangono fermi durante ilprocesso e l’andamento dello scambio termico èmolto lento. Per ovviare a questa limitazione, tuttele più moderne autoclavi sono dotate di meccani-smi che consentono l’agitazione dei contenitori.

6.2.2 Apparecchi continuiParticolari dispositivi permettono di ruotare le

scatole intorno al proprio asse, il che permette unamigliore e più omogenea trasmissione del caloreall’interno della confezione. Di conseguenza si hauna riduzione dei tempi di sterilizzazione e ingenerale un miglioramento delle qualità organolet-tiche e nutrizionali del prodotto.

La rotazione influenza positivamente la tra-smissione del calore, in quanto all’interno dellescatole si ha un rimescolamento del contenuto.Nel caso di prodotti liquidi o aventi una frazioneliquida, si creano correnti che facilitano una piùuniforme distribuzione della temperatura. Anche ilfilm fluido che si forma all’interno e all’esternodelle pareti del contenitore, in seguito alla rotazio-ne, subisce una sensibile riduzione dello spessore.

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Fig. 7 - Sistemi di autoclavi a funzionamento automatico senza panieri (fonte: PERI C., ZANONI B., Manualedi tecnologie alimentari. Parte III - Macchine e impianti)

caricocarico

completato

il vaporesostituisceil cuscinod’acqua sterilizzazione scarico

cuscino d’acqua

vapore

acqua calda

acqua fredda

serbatoiodi trasferimento scarico

dei contenitori

nastro trasportatoredi raffreddamento

Page 61: La produzione delle conserve vegetali - agrofarm.it

La velocità di rotazione delle scatole deve esse-re scelta a seconda della natura del prodotto: ilmassimo di turbolenza interna si produce quandola forza centrifuga eguaglia la forza peso del con-tenuto. In questo caso lo spazio di testa libero va aoccupare il centro delle scatole. Una velocità ecces-siva, o una troppo lenta, farebbero sì che lo spaziodi testa andrebbe a occupare rispettivamente laposizione in basso o in alto della scatola.

Altri tipi di sterilizzatori continuiNegli ultimi anni sono comparsi diversi tipi di

sterilizzatori continui, nei quali la rotazione assialedelle scatole è ottenuta per rotolamento su nastri econdotte che, attraverso un percorso tortuoso, siportano in sezioni a diversa temperatura per la ste-rilizzazione e il raffreddamento.

L’hydrolock è una macchina a sviluppo orizzon-tale; questo tipo di sterilizzatore è largamente utiliz-zato per la sterilizzazione di prodotti confezionati inbusta flessibile retort pouch; in questo caso è indi-spensabile che la pressione all’esterno del contenito-re sia sempre un po’ più alta di quella interna e ciòsi ottiene utilizzando per il riscaldamento nonvapore condensante ma una miscela di aria e vapore(circa 80% in peso di vapore).

L’hydroflow è uno sterilizzatore continuo carat-terizzato dal fatto che i contenitori sono trasporta-ti e mantenuti in agitazione da una corrente d’ac-qua in un tubo di forma appropriata. L’acqua chenelle diverse sezioni dell’apparecchio è portata adiverse temperature per iniezione di vapore, costi-tuisce anche il mezzo di riscaldamento. Possonoessere variate sia la temperatura e la portata del-l’acqua, sia la lunghezza del percorso medianteopportuni by-pass, variando di conseguenza il rap-porto tempo-temperatura a seconda della necessitàdel processo e delle caratteristiche del prodotto.

Gli sterilizzatori idrostatici realizzati inizial-mente per la sterilizzazione del latte in bottiglia,sono oggi largamente diffusi per ogni tipo di con-serva e di contenitore.

Sterilizzatori a fiammaNegli sterilizzatori a fiamma i contenitori sono

sterilizzati per passaggio su bruciatori a gas.Durante il passaggio i contenitori rotolano rapida-mente provocando un’efficace agitazione del pro-dotto. Durante il trascinamento attraverso le variesezioni i contenitori vengono mantenuti in oscilla-zione dal moto di va e vieni della barra di suppor-to e ciò contribuisce a migliorare il trasporto di

59L A P R O D U Z I O N E D E L L E C O N S E R V E V E G E T A L I

Fig. 8 - Schema funzionale dello sterilizzatore hydrolock (fonte: PERI C., ZANONI B., Manuale di tecnologie alimentari.Parte III - Macchine e impianti)

Page 62: La produzione delle conserve vegetali - agrofarm.it

calore e a rendere omogenee le temperature inter-ne. Le temperature di sterilizzazione sono limitatesoltanto dalla tenuta dei coperchi del contenitorealla pressione interna che non è più bilanciata,come nelle autoclavi a vapore, dalla pressione ester-na. Occorre in ogni caso operare con spazi vuotirelativamente importanti nel contenitore e, per iformati di maggiori dimensioni, con scatole e fon-delli rinforzati. Un’importante variante del proces-so consiste nell’eliminare l’aria dal contenitoreprima dell’aggraffatura per riscaldamento a 100°C;il vapore che si produce elimina completamente l’a-ria sicché, dopo l’aggraffatura e nel normale ciclo disterilizzazione, non si generano pressioni eccessive.Dalla sosta si passa alla zona di raffreddamento connebulizzatori ad acqua, nella quale la temperaturascende fino a circa 40°C. Maggiore resistenza al tra-sporto di calore è rappresentata dalla conduzioneall’interno del prodotto.

Il vantaggio principale di questi sterilizzatori èdi consentire trattamenti molto brevi che realizza-no il concetto dell’HTST; ciò permette un’ottimaconservazione dei caratteri sensoriali e la minimiz-zazione degli effetti di imbrunimento.

6.2.3 Sterilizzatori per prodotti sfusiLa sterilizzazione di prodotti sfusi in scambia-

tori di calore continui seguita dal confezionamen-

to asettico ha costituito un vero salto di qualitàdelle tecnologie di sterilizzazione. È divenuto pos-sibile attuare con notevole rigore il concetto del-l’HTST, con un netto miglioramento delle qualitàsensoriali e nutritive dei prodotti. Per quanto con-cerne il trasporto di calore, la sterilizzazione deiprodotti sfusi può essere attuata in due modi:• con apparecchi a scambio indiretto a piastre,

tubolari e, per i prodotti più viscosi, con“votator”;

• con apparecchi a iniezione diretta di vapore. Inquesto caso il raffreddamento è attuato conun’evaporazione flash.È evidente che questi metodi di sterilizzazione

possono essere applicati soltanto a prodotti fluidi equesta ne è la principale limitazione. L’esempio piùclassico di queste tecniche è quello della sterilizza-zione del latte, che consiste in un trattamento dipochi secondi a 140-145°C e nel successivo confe-zionamento asettico.

6.3 Pastorizzatori

6.3.1 Pastorizzatori continui per prodotti condizionatiPer i trattamenti termici a più bassa temperatu-

ra e a pressione atmosferica (pastorizzazione), ven-

60 Q U A D E R N O A R S I A 7 / 2 0 0 4

Fig. 9 - Sterilizzatore idrostatico; i punti rappresentanoi contenitori (fonte: PERI C., ZANONI B., Manuale di tec-nologie alimentari. Parte III - Macchine e impianti)

Fig. 10 - Schema di confezionatrice asetticaper Tetrapack (fonte: PERI C., ZANONI B., Manuale di tec-nologie alimentari. Parte III - Macchine e impianti)

vapore

ingressocontenitori

uscitacontenitori

zon

a di raffred

dam

entozo

na

di p

reri

scal

dam

ento

Page 63: La produzione delle conserve vegetali - agrofarm.it

gono utilizzati apparecchi continui a tunnel, neiquali i contenitori, generalmente bottiglie, vengo-no trasportati da un nastro e investiti da una piog-gia d’acqua a opportuna temperatura.

6.3.2 Pastorizzatori per prodotto sfusiLa pastorizzazione continua dei prodotti liqui-

di sfusi avviene con sistemi del tutto analoghi aquelli descritti per la sterilizzazione. I prodottivengono riscaldati in scambiatori a scambio indi-retto, a piastre o tubolari o “votator”, e successi-vamente confezionati con sistemi di confeziona-mento asettico.

6.4 Essiccatori

Di norma l’essiccamento viene preceduto daoperazioni di preconcentrazione, in modo daridurre il contenuto in acqua, per unità di sostanzasecca, che deve essere allontanata. Motivazioniprincipalmente di carattere economico suggerisco-no, infatti, di ricorrere all’essiccamento solo dopoche una larga porzione dell’acqua libera presentenel materiale sia stata rimossa con altri sistemi.

Nel caso di prodotti liquidi come latte, caffé,succhi di frutta ecc., la preconcentrazione vieneeffettuata mediante evaporazione. Un particolare

interesse stanno attualmente suscitando le tecnichedi concentrazione a freddo quali la crioconcentra-zione e i processi per membrana.

Per gli alimenti che si presentano sotto forma diparticelle più o meno grandi disperse in un mezzoacquoso, l’essiccamento viene preceduto da opera-zioni di separazione meccanica quali filtrazione,sedimentazione, centrifugazione.

L’essiccamento di un prodotto umido presup-pone due operazioni fondamentali:• somministrazione di calore;• rimozione del vapore generato.

Il calore può essere fornito al materiale facendolambire la superficie della sostanza umida da unacorrente d’aria calda; in questo caso è la stessa ariache provvede a rimuovere il vapor d’acqua che sìlibera dal prodotto. L’evaporazione dell’acqua pre-sente nel solido viene condotta normalmente a unatemperatura inferiore al punto di ebollizione del-l’acqua, specialmente se il prodotto può subirealterazioni.

Le principali grandezze che regolano l’opera-zione sono;• superficie lambita, che deve essere la più eleva-

ta possibile;• temperatura dell’aria: con l’aumentare della tem-

peratura aumenta la quantità di calore fornita dalprodotto e quindi la velocità di essiccamento;

61L A P R O D U Z I O N E D E L L E C O N S E R V E V E G E T A L I

Fig. 11 - Pastorizzatore continuo a tunnel per prodotti in bottiglia (fonte: PERI C., ZANONI B., Manuale di tecnologie alimentari. Parte III - Macchine e impianti)

carico1°

preriscaldam.2°

preriscaldamento pastorizzazione raffreddamento scaricopreraffredd.

serbatoio pre-raffreddamento

serbatoio 2°preriscaldamento serbatoio pastorizzazione

serbatoioraffreddamento

serbatoio pre-riscaldamento

Page 64: La produzione delle conserve vegetali - agrofarm.it

• velocità dell’aria: con l’aumentare della velocitàaumenta lo scambio termico e l’evaporazione;

• pressione di esercizio: operando a bassa pressio-ne aumenta l’evaporazione;

• umidità dell’aria: deve essere chiaramente infe-riore a quella del solido.Il controllo dell’umidità dell’aria in entrata e in

uscita permette di eseguire il processo e di evitarepossibili sprechi o addirittura gravi danni nel prodot-to, come conseguenza di un riscaldamento eccessivo.

In altri apparecchi il calore viene fornito permezzo di una parete di scambio. In questi casi l’ap-parato deve essere provvisto di un sistema per larimozione del vapore. Esistono numerosissimi tipidi essiccatori che vengono classificati in base ai piùdiversi criteri riguardanti i materiali essiccati, i modidi funzionamento degli impianti, le loro caratteri-stiche meccaniche ecc. Di seguito verranno somma-riamente descritti alcuni esempi di essiccatori.

64.1 Essiccatore discontinuo ad armadioÈ il tipo più semplice. Consiste in una camera a

pareti adiabatiche, nell’interno delle quali sonodisposte varie intelaiature in grado di accogliere gliappositi vassoi contenenti il materiale da essiccare.I vassoi sono a larga superficie e piccolo spessore.L’aria circola mediante un ventilatore e appositiscambiatori provvedono al suo riscaldamento. Ivassoi possono essere forati, così da permettere ilpassaggio dell’aria.

6.4.2 Essiccatore a tunnelIn questi essiccatori una serie di carrelli si

muove in modo continuo all’interno di un tunnelnel quale circola aria calda. Materiale e aria posso-no muoversi in controcorrente o in equicorrenteoppure l’aria può essere inviata in direzione orto-gonale alla direzione del movimento dei carrelli.L’apparecchio risulta quindi particolarmente versa-tile e trova largo impiego nell’industria alimentare,proprio nel settore dei prodotti vegetali.

6.4.3 Essiccatore a schiumaSistema relativamente recente, l’essiccamento a

schiuma permette di ottenere polveri ben disidra-tate e ad alto grado di reidratabilità anche nel casodi prodotti ad alto tenore zuccherino quali i suc-chi di frutta. L’apparecchio consiste in una serie diunità disposte in tunnel. Il materiale, addizionatodi emulsionanti, viene disposto – sotto forma dischiuma – su un nastro trasportatore forato. Unleggero flusso d’aria, attraversando il nastro pro-voca la “craterizzazione” della schiuma. Nel tun-nel il materiale, investito da correnti d’aria pro-dotte da ventilatori, attraversa zone a temperaturedecrescenti, fino a uscire completamente disidrata-to. Al terminale il prodotto viene scaricato sottoforma di scaglie. Le scaglie possono essere ulte-riormente ridotte per macinazione o compressio-ne tra rulli.

62 Q U A D E R N O A R S I A 7 / 2 0 0 4

Fig. 12 - Essiccatore a nastri sovrapposti, ad alimentazione tangente d’aria (fonte: PERI C., ZANONI B., Manualedi tecnologie alimentari. Parte III - Macchine e impianti)

scarico aria

prodotto essiccato

ingresso aria

ingresso aria

ingresso aria

prodotto alimentazione

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6.4.4 Spray-DryingQuesto apparecchio fa parte di un secondo

gruppo avente in comune una caratteristica: ilmateriale, ridotto in gocce o granuli, viene essic-cato per contatto con una corrente di fluidoriscaldato. Le particelle, cioè, sono disidratatementre si trovano “sospese” nella corrente delfluido essiccante.

II sistema spray, detto anche atomizzazione, èforse il più diffuso nell’essiccamento industriale deiprodotti liquidi. Anche nell’industria alimentarel’atomizzazione riveste un ruolo di primariaimportanza. Fra i prodotti ottenuti con il sistemaspray si possono ricordare il latte, i latti artificiali(latte magro addizionato di grassi animali), siero dilatte, ma anche succhi di frutta ecc.

L’apparecchio atomizzatore permette di realiz-zare cicli di essiccamento continui, impiegando lecondizioni operative più idonee. La sua versatilitàin questo senso è infatti molto elevata.

Le caratteristiche del prodotto essiccato peratomizzazione sono quelle di un materiale il cuicontenuto in acqua (con un massimo iniziale dicirca il 50%) è stato ridotto gradualmente e pereffetto evaporativo: in queste condizioni i solutisono migrati verso la superficie con l’acqua e rima-nendo su di essa, hanno formato una crosta super-ficiale. Questa zona ricca di soluti in superficie creaproblemi di dissoluzione in condizioni poco dina-miche quali quelle di una sospensione statica dellapolvere in mezzo liquido, problemi dovuti soprat-

tutto ai fenomeni di saturazione nell’intorno delgranello, per concentrazione. La caratteristica mer-ceologica più importante di un prodotto in polve-re è la sua reidratabilità, cioè la rapidità e comple-tezza con cui può essere disciolto in acqua. Si èosservato innanzitutto che le polveri più fini si rei-dratano con maggior fatica di quelle grosse e quel-le più leggere più difficilmente di quelle a maggio-re densità. Per questo motivo i fini che si ottengo-no nell’essiccamento spray non sono riuniti al restodelle polveri ma vengono riciclati per favorirnel’agglomerazione con le polveri che si vanno for-mando nell’essiccatore. Ciò avviene generalmentea livello dell’atomizzatore.

Le polveri “instant” consistono pertanto inagglomerati che hanno qualche millimetro di dia-metro; questi si reidratano facilmente poiché assor-bono avidamente, per capillarità, l’acqua nel lorointerno e una grande superficie viene così bagnata.Si evita così il fenomeno di formazione di grumi chesi verifica per aggregazione superficiale quando unapolvere costituita da tante piccole particelle singoleviene messa in acqua.

6.5 Impianti di refrigerazione

Vi possono essere varie tipologie a disposizio-ne, più o meno efficienti e funzionali.

La cella frigorifera è ovviamente l’impianto piùclassico di refrigerazione, di cui possiamo trovare in

63L A P R O D U Z I O N E D E L L E C O N S E R V E V E G E T A L I

Fig. 13 - Essiccatore spray a ciclo aperto (fonte: PERI C., ZANONI B., Manuale di tecnologie alimentari. Parte III -Macchine e impianti)

atomizzazione

recupero delprodotto e

scarico dell’aria

scrubberciclone

prodotto

prodotto

aria

essiccam.

Page 66: La produzione delle conserve vegetali - agrofarm.it

commercio varie tipologie e dimensioni. Questoimpianto è pertanto flessibile alle esigenze dell’in-dustria, di semplice funzionamento e manutenzio-ne. Lo svantaggio è dovuto al fatto che il raffredda-mento è molto lento, quindi il sistema è più adattoallo stoccaggio del prodotto già refrigerato. Per raf-freddare più rapidamente l’alimento vengono usatii refrigeranti ad aria forzata costituiti da tunnel, neiquali passano nastri trasportatori su cui è posato l’a-limento, in cui è immessa aria fredda a velocità ele-vata. In questo modo viene accelerato soprattutto ilraffreddamento superficiale del prodotto.

Un’altra soluzione è data dagli idrorefrigerato-ri, impianti nei quali il prodotto è spruzzato oimmerso in vasche di acqua fredda e dove la tra-smissione del freddo anche all’interno del prodot-to è velocizzata. In alternativa si può effettuare larefrigerazione in regime di sottovuoto, in tal casol’assenza di aria provoca un fenomeno superficialedi evaporazione flash che determina una maggiorevelocità di raffreddamento ma, nello stesso tempo,una piccola disidratazione del prodotto e un certocalo di peso.

6.6 Impianti di congelamento e surgelazione

Gli impianti di congelamento possono essere adaria ferma oppure a piastre, dove l’alimento passaattraverso due piastre refrigeranti. La corrente d’a-ria può anche essere forzata, in questo caso di parladi air blast e vengono utilizzati per prodotti confe-zionati (air blast carton per i gelati) o sfusi (peresempio, pizze). Tale tecnologia è utilizzata ancheper la surgelazione.

Gli impianti di surgelazione IQF (IndividualQueek Freezer) sono fra i più moderni ed efficien-ti. Consistono in grossi tunnel ruotanti in cui pic-coli pezzi di prodotto sono lambiti da aria fredda(-30/40°C) immessa ad alta velocità. La surgela-zione avviene rapidamente e permette di mantene-re separati i singoli pezzetti (per esempio, piattipronti).

Infine la tecnica criogenica in cui viene utilizza-ta l’immersione in azoto liquido (-200°C) o ani-dride carbonica (-70°C) per ottenere una surgela-zione velocissima.

64 Q U A D E R N O A R S I A 7 / 2 0 0 4

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Nelle conserve acide e non acide possono svilup-parsi varie specie microbiche, anche se i maggioriresponsabili delle alterazioni sono i batteri sporige-ni. Questi infatti, grazie alle loro forme di resisten-za, le spore, possono sopravvivere ai trattamenti ter-mici di sterilizzazione commerciale e, con il passaredel tempo, provocare alterazioni al prodotto finito.

Tra i germi alteranti più frequenti vi sono deibacilli (Bacillus coagulans e polymyxa) e clostridi(Clostridium thermosaccharolyticum, pasteurianume butyricum) responsabili della fermentazionebutirrica. Questi germi riescono a svilupparsi incondizione di assenza di ossigeno (tipica delle con-serve) e a valori di acidità bassi e medi. Il difettoalterativo è dato dalla produzione di gas che ten-dono a far gonfiare il contenitore (bombaggio),alla comparsa di cattivi odori e talvolta anche daalterazioni della consistenza del prodotto.

In altri casi si ha come effetto solo l’inacidimentodel prodotto (flat sour) senza la comparsa del bom-baggio; in questo caso i maggiori responsabili sonobatteri sporigeni termofili che possono sopravviverealle temperature in cui la spora del Clostridium botu-linum viene normalmente distrutta (Bacillus stea-rothermophilus e thermoacidurans).

Un altro difetto è l’annerimento del prodottoprovocato dalla reazione con il ferro del conteni-tore con un prodotto a base di zolfo prodotto dalgerme alterante Desulfotomaculum nigrificans.

Un’altra alterazione a cui possono andare incon-tro polpa, succhi di pomodoro e frutta è una deaci-dificazione provocata da muffe (in presenza di ossi-geno) e lieviti o batteri (in assenza di ossigeno) cheutilizzano gli acidi organici presenti nel prodotto edeterminano l’innalzamento del pH in prodotti nor-malmente acidi. Questo può essere molto pericolo-so quando viene usato il fattore pH come solo ele-mento di controllo del Clostridium botulinum.

Appare fondamentale l’importanza di impedireassolutamente l’ingresso di ossigeno nelle confezio-ni che potrebbe permettere lo sviluppo di muffe,l’innalzamento dell’acidità e la possibilità di sviluppodi tossina botulinica anche nelle conserve natural-mente acide sottoposte a semplice pastorizzazione.

Uno dei fenomeni alterativi a cui possonoandare incontro le conserve vegetali sottolio è l’ir-rancidimento degli acidi grassi insaturi che com-pongono l’olio, con alterazione del gusto e dell’o-dore del prodotto finito. Anche questo fenomenoè provocato dalla presenza di aria nella confezione.

Nelle conserve vegetali sottoposte a trattamen-ti termici particolarmente intensi e non controllatipossono avere luogo le seguenti alterazioni chedeterminano una riduzione del potere nutritivo ela modifica delle caratteristiche organolettiche delprodotto finale:• perdita di vitamine ed enzimi;• degradazione delle proteine;• reazioni di imbrunimento non enzimatico (rea-

zioni di Maillard) che provocano la produzionedi composti chimici di colore bruno a carico dizuccheri e proteine, rendendo pertanto il pro-dotto di colore scuro e riducendone il valorenutritivo.Appare pertanto fondamentale trovare sempre

il giusto equilibrio fra l’energia del trattamentotermico e il mantenimento delle caratteristicheorganolettiche del prodotto finito.

Le semiconserve (non acide), per loro natura,non sono ottenute con trattamenti sterilizzanti, percui lo sviluppo dei microrganismi sopravvissuti deveessere controllato mediante altri fattori, in partico-lare la temperatura di conservazione a livello direfrigerazione o surgelazione e l’uso di additivi conproprietà batteriostatiche. La loro conservazione ècomunque limitata nel tempo.

7. Alterazioni e difetti delle conserve vegetali

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AA.VV. (1996) – Manuale di corretta prassi igienica perla produzione di conserve vegetali stabilizzatemediante trattamenti termici (conserve vegetaliappertizzate), SSICA per conto di ANICAV.

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Bibliografia

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Collana Quaderni ARSIA

1/97. Supporti conoscitivi per l’attività di consulenza gestionale alle imprese agricolea cura di G. Franchini, G. Lorenzini

2/97. Progetto di meccanizzazione di vigneti su pendici terrazzate a forte declivitàa cura di M. Vieri, M. Giovannetti, P.P. Lorieri, S. Tarducci, M. Zoli, M. Beltrami

3/97. Indagine sugli aspetti ecologici ed economici dei vaccinieti nell’Appennino Tosco-emilianoa cura di I. Ronchieri, T. Mazzei

4/97. L’analisi del processo decisionale in agricoltura secondo il modello EPAAV nell’applicazione a un caso concreto. I. Malevolti

5/97. Vitigni extraregionali: osservazioni comparative sul comportamento agronomico e tecnologico di 17 cultivar a uva bianca in ambiente collinare toscano. G. Di Collalto, S. Mancuso, R. Bandinelli

6/97. Alcuni vitigni regionali minori tradizionalmente coltivati in Toscana: principali caratteristiche descrittiveG. Di Collalto, R. Bandinelli

7/97. Osservazioni comparative su alcune forme di allevamento della vite in ToscanaG. Di Collalto, R. Bandinelli, P. Petroni

8/97. Osservazioni comparative sulla produttività delle viti e la maturazione dell’uva in alcuni cloni di vitigni toscaniG. Di Collalto, M. Giovannetti

9/97. Ricerche sul germoplasma viticolo della Toscana: 1. Vitigni a uva da coloreP.L. Pisani, R. Bandinelli, A. Camussi

1/98. Il bacino idrografico del torrente Sova in Casentino. Studio preliminare per la pianificazione degli interventi di sistemazione idraulico-forestale in un bacino montano. R. Chiarini, C. Fani, M. Miozzo, G. Nocentini

2/98. Introduzione alla “Qualità” nel settore agroalimentare. P. De Risi, R. Moruzzo3/98. Linee guida per l’applicazione del D.Lgs. 155/97 nelle aziende agricole toscane. Settore vinicolo4/98. Linee guida per l’applicazione del D.Lgs. 155/97 nelle aziende agricole toscane. Settore oleicolo5/98. Linee guida per l’applicazione del D.Lgs. 155/97 nelle aziende agricole toscane. Settore miele6/98. Linee guida per l’applicazione del D.Lgs. 155/97 nelle aziende agricole toscane. Settore ortofrutticolo7/98. L’innovazione nell’agricoltura toscana. Analisi del fabbisogno e criteri per la definizione delle priorità di azione

G. Brunori8/98. Il Vin Santo in Toscana. Composizione e caratteri sensoriali. P. Buccelli, F. Giannetti, V. Faviere

1/99. Linee guida per l’allevamento di galliformi destinati al ripopolamento e alla reintroduzioneF. Dessì Fulgheri, A. Papeschi, M. Bagliacca, P. Mani, P. Mussa

ARSIA, la comunicazione istituzionaleal servizio dell’agricoltura

L’attività editoriale

L’ARSIA svolge la propria attività editoriale attraverso unaspecifica linea, articolata in varie collane (monografie, qua-derni tecnici, atti di convegni e seminari, manuali tecnici) eprovvede direttamente alla loro diffusione. L’Agenziaregionale, infatti, pubblica i risultati di studi, ricerche e spe-rimentazioni, realizzati dai propri tecnici o commissionati

all’esterno, con l’intento di fornire attraverso la stampa (outilizzando gli strumenti telematici) il materiale tecnico perla divulgazione e l’aggiornamento.L’elenco aggiornato di tutte le pubblicazioni edite dal-l’ARSIA è consultabile in internet all’indirizzo:

www.arsia.toscana.it/vstore

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2/99. Il latte ovino in Toscana. Indagine sulle aziende di produzione e studio dell’influenza dei fattori alimentari sulla qualità del latte

3/99. Rapporto sull’economia agricola della Toscana, a cura di R. Pagni4/99. Strategie delle imprese agricole familiari e sviluppo rurale integrato, a cura di I. Malevolti5/99. I danni causati dal cinghiale e dagli altri ungulati alle colture agricole. Stima e prevenzione6/99. Linee guida per l’applicazione del D.Lgs. 155/97 nelle aziende agricole toscane. Settore cerealicolo7/99. Il formaggio pecorino toscano, a cura di R. Bizzarro8/99. Linee guida per l’applicazione del D.Lgs. 155/97 nella produzione delle conserve vegetali9/99. Il legno di castagno e di douglasia della Toscana. Qualità del legno e selvicoltura.

Classificazione e valori caratteristici del legname strutturale

1/2000. Le tecniche di immissione della piccola selvaggina. R. Mazzoni della Stella2/2000. Risultati delle prove funzionali su linee gocciolanti integrali (Parte I). M. Bertolacci3/2000. La coltivazione del fungo pioppino in Toscana. Valutazione della fattibilità tecnica ed economica

di un sistema produttivo. G. Nocentini, M. Coluccia, G. Gaggio, S. Salvadorini

1/2001. L’oidio della vite in Toscana. P. Cortesi, M. Ricciolini2/2001. Linee guida per la ricerca europea nel settore agricolo-forestale e della pesca. G. Torta3/2001. L’igiene dei prodotti agroalimentari. Guida pratica4/2001. Metodologie alternative di lotta alle parassitosi gastrointestinali degli ovini

1/2002. Il miele in Toscana. Miglioramento della qualità e valorizzazione2/2002. Il monitoraggio fitosanitario delle foreste, a cura di A. Guidotti3/2002. Risultati delle prove funzionali su linee gocciolanti integrali e irrigatori a pioggia. Parte II. M. Bertolacci

1/2003. Anagrafe bovina - Istruzioni per l’uso2/2003. Uso razionale delle risorse nel florovivaismo: i fabbisogni energetici (+ CD). M. Vieri, M. Ceccatelli3/2003. Come produrre energia dal legno. G. Mezzalira, M. Brocchi Colonna, M. Veronese4/2003. Interventi di ingegneria naturalistica in Toscana. Prime esperienze di monitoraggio

A.L. Freschi, G. Nocentini, F. Dinardo5/2003. Macchine irroratrici agricole: controlli e tarature per una maggiore efficienza e sicurezza di impiego

R. Russu, M. Vieri

1/2004. Miglioramento qualitativo delle produzioni vitivinicole e del materiale di propagazionea cura di A. Gemmiti

2/2004. Uso razionale delle risorse nel florovivaismo: i fertilizzantia cura di P. Baroncelli, S. Landi, P. Marzialetti, N. Scavo

3/2004. Trasformare la comunicazione rurale. Scenari ed esperienze in alcuni paesi europeiG. Brunori, P. Proietti, A. Rossi

4/2004. Un nuovo metodo ecologico per la prevenzione dei danni da uccelli alle colture agricole F. Santilli, S. Azara, L. Galardi, L. Gorreri, A. Perfetti

5/2004. Uso razionale delle risorse nel florovivaismo: l’acqua (+ CD)a cura di A. Pardossi, L. Incrocci, P. Marzialetti

6/2004. Le colture dedicate ad uso energetico: il progetto Bioenergy Farm7/2004. La produzione delle conserve vegetali

M.G. Migliorini

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Annotazioni

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Finito di stampare nel dicembre 2004

da Tipolito Duemila srla Firenze

per conto diARSIA • Regione Toscana

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Quaderno ARSIA 7/2004

La produzione delle conserve vegetali

La produzione di conserve vegetali è una delle trasformazioni alimentaripiù critiche dal punto di vista igienico-sanitario e qualitativo.Nel contempo permette di realizzare prodotti ben apprezzatidai consumatori sia per i loro aspetti organolettici, sia per il contenutodi servizio.L’obiettivo di ottenere una conserva stabile e allo stesso tempo gustosae nutriente deve essere raggiunto tenendo conto della particolaritàdelle materie prime, tanto ricche di sostanze nutritive quanto delicatenella loro conservazione, delle innumerevoli metodologiedi trasformazione che la tecnologia alimentare mette a disposizione,dei controlli che devono essere necessariamente adottati per garantirel’integrità microbiologica e chimica del prodotto.Questa pubblicazione vuole fornire alle aziende agricole, ai tecnicie ai consulenti aziendali uno strumento per affrontare con le adeguatebasi tecnico-scientifiche l’attività di trasformazione delle conservevegetali, agevolando la conoscenza dei requisiti per l’ottenimentodi prodotti standardizzabili, sicuri igienicamente e di eccellenzaorganolettica.

L’ARSIA,AgenziaRegionale per loSviluppo el’Innovazionenel settoreAgricolo-forestale,istituita con laLeggeRegionale37/93, èl’organismotecnicooperativo dellaRegioneToscana per lecompetenze nelcampo agricolo-forestale,acquacoltura-pesca efaunistico-venatorio.