la raccolta della biomassa forestale -...

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Stefano Verani - Giulio Sperandio - Rodolfo Picchio - Serena Savelli Monterotondo, Settembre 2009 Stampa finanziata dalla Regione Lazio nell’ambito del Piano di Informazione e Divulgazione Agricola LA RACCOLTA DELLA BIOMASSA FORESTALE TECNICHE,ECONOMIA E SICUREZZA DEL LAVORO

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Stefano Verani - Giulio Sperandio - Rodolfo Picchio - Serena Savelli

Monterotondo, Settembre 2009

Stampa finanziata dalla Regione Lazio nell’ambito del Piano di Informazione e Divulgazione Agricola

LA RACCOLTA DELLA BIOMASSA FORESTALE

TECNICHE, ECONOMIA E SICUREZZA DEL LAVORO

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Autori:

Stefano VeraniRicercatore presso l’Unità di Ricerca per le Produzioni Legnose fuori foresta (CRA-PLF). Sede

distaccata di Roma. Via Valle della Questione 27, 00166 Roma. E-mail: [email protected]

Tel. + 39-06 61571021.

Giulio SperandioRicercatore presso l’Unità di Ricerca per l’Ingegneria Agraria (CRA-ING). Via della Pascolare 16,

00016 Monterotondo (RM). E-mail: [email protected] Tel. +39- 06 90675218.

Ph.D. student presso UNITUS

Rodolfo PicchioRicercatore presso il Dipartimento di tecnologie, ingegneria e scienze dell’Ambiente e delle

Foreste, dell’Università degli Studi della Tuscia (DAF). Via S. Camillo de Lellis, 01100 Viterbo. E-

mail: [email protected] Tel. +39- 0761 357400.

Serena SavelliDottore di ricerca in meccanizzazione forestale ed assegnista di ricerca presso il Dipartimento di

Ecologia e Sviluppo Economico Sostenibile, dell’Università degli Studi della Tuscia (DECOS). E-

mail: [email protected].

Il lavoro è stato coordinato da Stefano Verani e Giulio Sperandio che hanno anche redatto rispettivamente i capitoli 1 e 2. Rodolfo Picchio e Serena Savelli hanno curato il capitolo 3.

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BIBLIOGRAFIA CONSULTATA:

Armef-Ctba-Idf, 1993. Manuel d’exploitation forestière. Tome I. Armef-Ctba, Paris.

Baraldi G., Capelli G., 1973. Elementi tecnici per il calcolo del costo di esercizio delle macchine agricole. Genio Rurale, 9: 37-76.

De Benedictis M., Cosentino V., 1982. Economia dell’azienda agraria. Teoria e metodi. Il Mulino,

Bologna.

Hippoliti G., 1997. Appunti di meccanizzazione forestale. Studio Editoriale Fiorentino, Firenze.

Hippoliti G., Piegai F., 2000. Tecniche e sistemi di lavoro per la raccolta del legno. Compagnia

delle Foreste, Arezzo.

Merlo M. 1991. Elementi di economia ed estimo forestale-ambientale. Pp.545. Pàtron Editore,

Bologna.

Michieli I., Michieli M., 2002. Trattato di estimo. Edagricole, Bologna.

Miyata E. S., 1980. Determining fixed and operating costs of logging equipment. North Central

Forest Experiment Station. Forest Service, USDA, St. Paul, MN, 14 pp.

Ribaudo F., 1977. Il costo di esercizio delle macchine agricole. Macchine e Motori Agricoli, 11:

101-116

Sperandio G., Verani S., 1999. Primi risultati di un’indagine sulla meccanizzazione e sui costi delle utilizzazioni boschive nella regione Lazio. Sherwood, Foreste ed Alberi Oggi n. 50 (35-42).

Le illustrazioni del testo sono tratte dai volumi riportati in bibliografia.

INDICE

Pag.PREMESSA 5

1. LE UTILIZZAZIONI FORESTALI 6

1.1. IL PROCESSO PRODUTTIVO 6

1.1.1. I SISTEMI DI LAVORO 7

1.2. LE OPERAZIONI FORESTALI 8

1.2.1. ABBATTIMENTO 8

1.2.2. ALLESTIMENTO 10

1.2.3. CONCENTRAMENTO 14

1.2.4. ESBOSCO 15

1.2.5. TRASPORTO 19

1.3. LE PIANTAGIONI GOVERNATE A CEDUO A TURNO BREVE 20

1.3.1. COSTITUZIONE DELLE PIANTAGIONI 20

1.3.2. RACCOLTA DELLE PIANTAGIONI 21

2. ANALISI DEI COSTI DI PRODUZIONE 22

2.1. IL COSTO DEI FATTORI PRODUTTIVI 22

2.1.1. COSTO DELLA MANODOPERA 22

2.1.2. COSTO DELLE MACCHINE ED ATTREZZATURE 24

2.1.3. PRINCIPALI PARAMENTI PER IL CALCOLO DEI COSTI 25

2.2. IL COSTO DELLE OPERAZIONI FORESTALI 26

2.2.1. COSTO DELLE UTILIZZAZIONI FORESTALI 26

2.2.2. CENNI SUL PREZZO DI MACCHIATICO 30

2.3. IL COSTO DI RACCOLTA DELLE COLTURE FORESTALI

DA BIOMASSA 31

2.3.1. PRINCIPALI CANTIERI DI LAVORO 31

2.3.2. ELEMENTI DI VALUTAZIONE E CALCOLO DEI COSTI DI RACCOLTA 33

3. LA SICUREZZA NEI LAVORI FORESTALI 36

3.1. STRALCIO DEL DECRETO LEGISLATIVO 81/2008 36

3.1.1. FIGURE COINVOLTE 37

3.1.2. VALUTAZIONE DEI RISCHI 40

3.1.3. FORMAZIONE, INFORMAZIONE ED ADDESTRAMENTO 41

3.1.4. ATTREZZATURE DI LAVORO 42

3.1.5. DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE 44

3.1.6. SEGNALETICA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO 47

3.1.7. CANTIERI TEMPORANEI MOBILI 49

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PREMESSA

Il lavoro in bosco generalmente è considerato facilmente eseguibile da qualsiasi

persona disposta a lavorare con fatica e all’aperto. Se questo poteva essere vero un

tempo, oggi non è più così. Lavorare in bosco significa avere un bagaglio di

conoscenze tali da permettere di operare nel rispetto dell’ambiente, con maggiore

sicurezza e più alte produttività di lavoro al fine di ridurre i costi unitari di

produzione. Questi tre scopi sono raggiungibili solo attraverso una approfondita

conoscenza dei sistemi di lavoro, delle macchine e delle attrezzature oggi disponibili

sul mercato. Scegliere le macchine più idonee da un punto di vista tecnico,

economico e di sicurezza ed impiegarle con sistemi di lavoro che meglio si adattano

ai diversi soprassuoli e alle diverse forme di governo dei boschi, significa effettuare il

lavoro di utilizzazioni forestali nel migliore dei modi e, in ultima analisi, fare quella

selvicoltura sostenibile di cui oggi i nostri boschi hanno bisogno.

Con questo piccolo manuale, che contiene indicazioni anche in termini economici sui

costi di produzione del legname e di sicurezza sul lavoro, s’intende fornire a tutti

coloro che a vario titolo operano nel campo dei lavori boschivi delle nozioni di base

per una corretta esecuzione delle principali operazioni del lavoro di utilizzazioni

forestali in riferimento ai boschi tradizionali e alle nuove piantagioni dedicate alla

produzione esclusiva di biomassa per fini energetici.

Questa versione del manuale aggiorna ed integra una precedente edizione pubblicata nella Collana Servizi Sviluppo Agricolo nel settembre del 2003 ad opera della Regione Lazio.

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1. LE UTILIZZAZIONI FORESTALI

Le utilizzazioni forestali fanno parte, insieme ai rimboschimenti, alla costruzione e manutenzione di

strade e piste, al miglioramento dei boschi finalizzato all’uso sociale, dei lavori che vengono svolti

in bosco. Poiché il taglio delle piante e il loro allontanamento dal bosco ricopre un’elevata

percentuale del totale dei lavori boschivi, spesso le utilizzazioni forestali sono identificate con i

lavori forestali.

Il fine principale delle utilizzazioni forestali è quello della coltivazione del bosco affinché possa

assolvere alle funzioni protettive, paesaggistico-ricreative di conservazione della biodiversità e

produttive. In pratica con le utilizzazioni, che debbono essere effettuate con l’applicazione di

sistemi di lavoro ecocompatibili ed economicamente sostenibili, vengono messe in pratica tutte

quelle norme selvicolturali indispensabili per una buona conservazione del bosco.

Nella pratica le utilizzazioni forestali si esplicano nell’attuazione di tutti quegli interventi

selvicolturali eseguiti sulle fustaie sia naturali che artificiali e sul bosco ceduo.

1.1. IL PROCESSO PRODUTTIVO

Al pari di ogni lavoro le utilizzazioni forestali sono composte da una serie di operazioni da svolgere

che possono essere riunite in tre grandi gruppi:

Abbattimento ed allestimento delle piante

Movimentazione del legname

Trasporto

Abbattimento ed allestimento

Questa operazione prevede il taglio della pianta, la sua sramatura, l’eventuale scortecciatura e la

sezionatura alla lunghezza dell’assortimento finale desiderato. L’allestimento della pianta può

essere effettuato subito dopo il suo abbattimento nel punto in cui cade (letto di caduta) oppure dopo

averla trasportata all’imposto. Nel caso di produzione di scaglie (cippato) tutte le suddette

operazioni sono sostituite da una sola operazione: la sminuzzatura (cippatura).

Movimentazione del legname

Movimentare il legname significa portare la pianta dal punto in cui viene abbattuta ed

eventualmente allestita ad un luogo (imposto) da dove avverrà poi il trasporto alla destinazione

finale. La movimentazione del legname si suddivide in due operazioni:

concentramento

esbosco

Il concentramento per definizione è quell’operazione che consiste nel portare il legname dal punto

in cui viene tagliato ad una via di esbosco. Non sempre esiste (ad es. nell’esbosco a soma con

animali).

Con l’esbosco il legname viene trasportato all’imposto dove può subire ulteriori lavorazioni oppure

essere inviato direttamente all’industria utilizzatrice. Le vie di esbosco sono rappresentate da strade,

piste, linee di canalette, linee di gru a cavo.

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Trasporto

Il trasporto è quell’operazione che consiste nel prelevare il legname presente all’imposto e

trasferirlo all’utilizzatore finale (segheria, industria di pannelli di particelle o quanto altro).

Pur essendo effettuata, il più delle volte da imprese non

specificatamente forestali, è un’operazione spesso limitata

dagli stessi fattori che vincolano la raccolta del legname.

In Italia l’unica forma di trasporto che riguarda il legname è

quello su ruota.

1.1.1. I SISTEMI DI LAVORO

Esistono tre sistemi fondamentali di lavoro in bosco:

Il sistema del legno corto (Short Wood System) che

prevede l’abbattimento e l’allestimento della pianta sul

letto di caduta e l’esbosco del materiale sezionato.

Classico esempio la produzione di legna da ardere o la

produzione di materiale da cartiera nel taglio del

pioppeto (Figura 1.1).

Il sistema del fusto intero ( Tree Length System) che

prevede l’esbosco di fusti interi sramati e la successiva

riduzione in assortimenti all’imposto (Figura 1.2).

Il sistema dell’albero intero (Full Tree System) che

prevede l’abbattimento e il successivo esbosco della

pianta comprensiva di rami. La sramatura e la

depezzatura (se previste) vengono effettuate

all’imposto. Questo sistema è utilizzato quando si

prevede l’utilizzo della ramaglia (legna da ardere

derivante da grossi rami di pioppo), quando il taglio

deve essere sgombrato immediatamente dalla ramaglia

(taglio di piantagioni e loro ricostituzione) o quando si

utilizza la pianta intera per produzione di cippato

(Figura 1.3).

La scelta di un sistema di lavoro o di un altro è strettamente

correlata alla pendenza del terreno, alla sua accidentalità(presenza di rocce affioranti, torrenti e quanto ostacoli il

passaggio di mezzi), all’intensità di taglio (inferiori a 30

m3/ha, tra 30 e 80 m

3/ha, superiori a 80 m

3/ha), alle

dimensioni unitarie delle piante utilizzate, all’accessibilitàal bosco, alla presenza di vie di esbosco, alla preparazionedel personale e alle attrezzature disponibili (riferite

prevalentemente all’esbosco).

Figura 1.1. Sistema di lavoro “a legno corto” Short Wood System.

Figura 1.3. Sistema di lavoro “dell’albero intero” – Full Tree System.

Figura 1.2. Sistema di lavoro “del fusto intero” – Tree Length System.

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1.2. LE OPERAZIONI FORESTALI

Il lavoro di utilizzazioni forestali si divide nelle seguenti

operazioni: Abbattimento, Allestimento (cimatura,

sramatura, depezzatura, scortecciatura, sminuzzatura),

Concentramento (se esistente), Esbosco e Trasporto.

1.2.1. ABBATTIMENTO

Per abbattimento di una pianta s’intende la sua recisione

alla base del fusto. La prima scelta che l’operatore deve

fare prima di procedere all’abbattimento è l’individuazione

della direzione di atterramento (Figura 1.4). Debbono poi

essere valutati anche la presenza di ostacoli naturali,

eventuali piante che non debbono essere danneggiate e la

direzione dell’eventuale successivo concentramento ed

esbosco.

Una volta considerati questi fattori va delimitata

(virtualmente) una zona di sicurezza, entro la quale non

deve trovarsi alcuna persona (Figura 1.5); la zona di

pericolo per le persone è rappresentata da una superficie

circolare con raggio pari a 1,5-2 volte l’altezza della

pianta, quindi si procederà liberando due vie di fuga

opposte alla direzione di caduta della pianta e

successivamente alla pulizia del tronco per circa 1,5 m di

altezza e della zona di taglio.

Principali tecniche di abbattimento

La macchina prevalentemente usata per l’abbattimento è la

motosega (Figura 1.6).

In relazione al diametro (al calcio) della pianta l’abbattimento può essere effettuato in 3 modi

diversi:

Piante con diametro alla base < di 10 cm. Si effettua un solo taglio, obliquo, il più possibile

vicino a terra, partendo dalla direzione opposta a quella scelta per la caduta (Figura 1.7).

Piante con diametro alla base compreso tra 10 e 20 cm. In questo caso la pianta

può essere abbattuta con due

tagli il primo, eseguito dalla

parte in cui deve cadere la

pianta, che assume la

funzione di tacca di

direzione, il secondo dalla

parte opposta, eseguito 2 o 3

cm più in alto; è il vero e

proprio taglio di

abbattimento.

Figura 1.6. Motosega di media potenza, professionale. Figura 1.7. Taglio di

abbattimento obliquo.

Figura 1.4. Osservazione dell’albero da abbattere e direzione di caduta.

Figura 1.5. Rappresentazione schematica della zona vietata alle persone.

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Piante con diametro alla base superiore a 20 cm. In questo caso il taglio deve seguire delle

regole ben precise: 1) asportazione della tacca direzionale, alla base del tronco, effettuata

mediate due tagli successivi, il primo orizzontale ed il secondo inclinato di 45° rispetto al primo.

La tacca deve penetrare all’interno del tronco per almeno 1/4 del diametro riferito alla zona di

taglio; 2) taglio di abbattimento eseguito

superiormente al taglio orizzontale della

tacca per almeno 1/10 del diametro nella

parte opposta alla direzione di caduta

della pianta; 3) il taglio sarà fatto in

modo tale da rilasciare una cerniera

dello spessore pari a circa 1/10 del

diametro, favorendo la caduta della

pianta nella direzione desiderata (Figura1.8).

Nel caso di tagli colturali (diradamenti), in

popolamenti particolarmente densi dove le

piante, a causa del sovrapporsi delle

chiome, hanno difficoltà a cadere si può

impiegare lo slittino (Figura 1.9) o una levadi abbattimento e giratronchi (Figura1.10).

Il primo si impiega su terreni in pendenza

fino ad un massimo del 40%. Per

l’abbattimento si effettua un solo taglio facendo

cadere la base della pianta all’interno dello slittinoche viene poi tirato consentendo così l’atterramento

ed un primo concentramento della pianta.

Vi sono casi di abbattimento particolari quali quelli da eseguire su piante che pendono nella

direzione opposta a quella di caduta. In questo caso la principale attrezzatura complementare da

utilizzare è il tirfort, sostanzialmente un paranco (Figura 1.11).

L’abbattimento può essere effettuato anche

meccanicamente con testa abbattitrice montata

anteriormente a un trattore, un escavatrice o una motrice

dedicata.

La testa abbattitrice è l’unità base che permette di

effettuare l’abbattimento meccanico. E’ costituita da una

Figura 1.11. Tirfor, attrezzo impiegato per direzionare la caduta delle piante durante l’abbattimento.

Figura 15 – Leva di abbattimento e giratronchiFigura 1.10. Leva di abbattimento e gira tronchi.

Figura 1.12. Feller (1-cesoie; 2-pistone idraulico).

Figura 14 – impiego dello slittino per facilitare la caduta delleFigura 1.9. Impiego dello slittino per facilitare la caduta delle piante.

Figura 1.8. Modalità corretta di esecuzione dell’abbattimento in piante con diametro superiore a 20 cm.

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pinza con tre o quattro bracci metallici che servono per tenere la pianta, durante e dopo

l’abbattimento (struttura-buncher), e da un organo di taglio vero è proprio posto alla base, che può

essere una cesoia (Figura 1.12), un disco oppure una barra incernierata da un lato con catena

tagliente, come quella della motosega. Questo tipo è certamente il più usato nell’abbattimento e può

raggiungere dimensioni di taglio di 80 cm.

Una testa abbattitrice come descritta, può essere

montata all’estremità di un braccio idraulico snodato

ed alimentata dal circuito idraulico del braccio stesso,

azionato da macchine con potenza non inferiore ad 80

kW (Figura 1.13). In genere simili equipaggiamenti si

trovano su escavatori o caricatori opportunamente

modificati, raramente dei comuni trattori agricoli

vengono modificati per ottenere un risultato comunque

inferiore soprattutto come potenze idrauliche gestibili

e come distribuzione dei pesi. Generalmente la testa

abbattitrice con barra a catena è dotata anche di organi

che permettono la sramatura e sezionatura della pianta.

1.2.2. Allestimento

L’allestimento della pianta comprende le operazioni di sramatura,

sezionatura ed eventuale scortecciatura, necessarie perché dalla pianta

intera si ottengano gli assortimenti commerciali voluti.

Sramatura. La sramatura è quell’operazione che prevede l’asportazione

dei rami al fine di poter in seguito effettuare la sezionatura.

Indipendentemente dalla destinazione finale del fusto, lo scopo

principale della sramatura è quello di effettuare un taglio, il più possibile

vicino al tronco, dei rami o dei nodi da asportare. Una buona sramatura

deve essere effettuata in una buona posizione, con un buon

coordinamento nel movimento della motosega e con l’applicazione di

razionali tecniche di lavoro. In riferimento alla specie, se appartenente

alle conifere o alle latifoglie e quindi con caratteristiche differenti per

dimensioni e posizionamento dei rami sul fusto, si possono distinguere

diverse tecniche di lavoro.

Sramatura di conifereNella sramatura di piante di conifere si possono applicare tre metodi di

lavoro: il metodo detto a pendolo, il metodo a leva ed il metodo misto.

1) metodo a pendolo: consiste nel taglio di tutti i rami che si

incontrano nello spostamento longitudinale della motosega

(spostamento massimo di 1 metro) lungo il tronco. Questo

metodo si applica nel taglio di rami di piccole dimensioni (Figura1.14)

2) metodo a leva: questo metodo di lavoro si applica su piante di un

certo diametro dove lo spostamento della motosega non permette

l’eliminazione di tutti i rami presenti, ma ne obbliga il singolo

taglio. Con questo metodo si effettua un minimo spostamento tra

i rami da tagliare e una regolare progressione tra i verticilli.

(Figura 1.15).

3) metodo misto: questo metodo consiste nell’applicazione dei due

metodi sopra esposti in porzioni distinte del tronco di una pianta.

Figura 1.13. Testa abbattitrice con barra a catena, rulli di trascinamento dei fusti e coltelli per la sramatura.

Figura 1.15. Sramatura: metodo a leva.

Figura 1.14. Sramatura: metodo a pendolo.

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Nel caso in cui i rami presenti siano troppo grossi si può, lavorando verso sinistra e poi verso

destra, tagliare i rami a 30-40 cm dal tronco ed applicare poi il metodo a leva per il taglio completo

dei rami.

Sramatura di latifoglieLe grosse dimensioni e la irregolarità di disposizione dei rami

di una latifoglia, non permettono generalmente l’applicazione

dei sistemi di lavoro menzionati per le conifere.

L’eliminazione di un ramo con un solo taglio non può essere

effettuata, ma bisogna alleggerire il peso dei rami

cominciando a tagliare la parte esterna di essi ed avvicinarsi

man mano al tronco (Figura 1.16).

SezionaturaLa sezionatura consiste nel sezionare il fusto in pezzi di

lunghezza predefinita in base alla sua destinazione finale (per

sfogliato, segagione, cartiera o pannelli). Per fusti di piccole

dimensioni l’operazione non presenta particolari problemi, lo

stesso dicasi anche quando il fusto sia di dimensioni

maggiori, ma perfettamente appoggiato per tutta la sua

lunghezza al suolo.

In questi casi si procede operando un unico taglio

perpendicolare all’asse longitudinale del fusto che lo percorra

lungo tutto il diametro.

In caso di fusti di dimensioni medio-grandi non appoggiati del tutto a terra, sollevati da una parte e

facenti leva, o che flettano perché poggiano su due vincoli, (due sporgenze del suolo o un piccolo

fosso), bisogna seguire una diversa procedura.

E’ sufficiente individuare nella zona da sezionare, la parte in cui le fibre del legno sono compresse

ed iniziare il lavoro in corrispondenza di questa, entrando nel fusto per circa 1/3 del suo diametro.

Si passa poi alla parte tesa fino ad incontrare il taglio precedente.

In un fusto o parte di esso che sporge come una mensola è facilmente individuabile la parte

compressa nella zona inferiore, al contrario, in un fusto che appoggi su due vincoli sporgenti oppure

fletta in una piccola fossa, la parte compressa è quella superiore.

Se la sezionatura venisse eseguita al contrario, nella parte tesa si potrebbero verificare scosciature

del legname, fonti di pericolo e di sprechi, mentre in quella compressa si andrebbe incontro quasi

sicuramente all’incastrarsi della barra della motosega.

L’abbattimento ed l’allestimento della pianta (ad

eccezione della scortecciatura) può essere effettuato con

teste combinate abbattitrici-sramatrici-sezionatrici che

possono essere montate su unità motrici più o meno

specializzate e nel loro insieme costituiscono l’harvester(Figura 1.17). Queste sono macchine ad alta tecnologia

composte da un unità motrice a telaio articolato con 4 o 6

ruote motrici, quasi sempre gommate e munite di gru alla

cui estremità è montata la testa combinata in grado di

abbattere ed allestire la pianta. Dalla cabina girevole,

attraverso un braccio idraulico sfilabile o articolato, si

comanda la testata dell’harvester che svolge tutte le

funzioni sopra esposte. Ad operare la sramatura sono 4 o più coltelli che generalmente, sono le

Figura 1.17. Harvester in fase di sezionatura di piante di pioppo abbattute.

Figura 1.16. Sistema di lavoro consigliato per la sramatura delle latifoglie.

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stesse fauci della pinza che aggancia la pianta. Due ruote o cingoli di trascinamento, in gomma o in

metallo, comandate dall’operatore, stringono la pianta e ne permettono il suo scorrimento contro i

coltelli. La sezionatura alla misura voluta è possibile in quanto un piccolo pignone presente sulla

testa è, durante lo scorrimento del fusto, pressato al tronco e funge da misuratore di lunghezza,

grazie ai sistemi elettronici che equipaggiano queste macchine. Nei modelli più sofisticati le

informazioni elettroniche registrate possono essere molteplici ed in genere sono gestite tramite un

vero e proprio computer di bordo dotato di software appropriati.

Macchine di questo tipo hanno dimensioni ragguardevoli

potenze molto elevate, dell’ordine dei 130 kW e pesano anche

25 t. Le testate richiedono, per essere azionate, una portata

idraulica maggiore di 200 l/min e il loro peso va da 1 a 2,5 t.

Una volta eseguito l’abbattimento la pianta viene fatta ruotare e

posta anteriormente e perpendicolarmente alla macchina.

Grazie alle ruote di trascinamento montate sulla testata

dell’harvester, si fa scorrere la pianta in modo che i rami

incontrino i coltelli e vengano da questi asportati. In sequenza

successiva viene effettuato il taglio che fa cadere il toppo della

lunghezza precedentemente programmata. Gli assortimenti

prodotti, sul letto di caduta, o all’imposto se è stato effettuato

l’esbosco della pianta intera, generalmente sono disposti in andana.

Scortecciatura

E’ quell’operazione che prevede l’asportazione della corteccia dal

fusto. Se si ritiene che dal momento dell’abbattimento a quello della

vendita del legname passi un lasso di tempo abbastanza lungo è

necessario che la scortecciatura sia eseguita subito in bosco per

favorire la perdita di umidità ed arginare attacchi parassitari che

rovinerebbero il legname.

La strisciatura, asporta solo delle strisce di corteccia, generalmente

4 sui diversi lati del fusto.

La scortecciatura viene quasi

sempre effettuata alla

fabbrica, anche se esistono

delle macchine, che possono

essere impiegate in bosco.

Sostanzialmente esistono

quattro tipi di scortecciatrici:

a testa fresante (Figura 1.18),

asporta la corteccia

“fresando” il fusto. Piccole

teste fresanti possono essere

montate anche su motoseghe o sul braccio di decespugliatori

portatili ed impiegate in bosco, a rotore (Figura 1.19), a disco (Figura 1.20) e a tamburo (Figura 1.21).Il primo tipo esegue la scortecciatura “fresando” appunto il fusto

asportando la corteccia. Il secondo tipo asporta la corteccia con dei

coltelli (incisori e raschiatori), montati su un rotore. Con il terzo tipo la corteccia viene asportata da

coltelli posti su un disco che ruota su di un asse perpendicolare alla pianta. Con il quarto tipo

l’asportazione avviene per abrasione in quanto i tronchi sono messi dentro un grosso cilindro che

viene fatto ruotare e i tronchi urtando tra loro perdono la corteccia.

Figura 1.18. Scortecciatrice a testa fresante (1-rulli di trascinamento; 2-braccio porta fresa; 3-fresa.

Figura 1.20. Scortecciatrice a disco (1- coltelli; 2- Vite senza fine)

Figura 1.21. Scortecciatrice a tamburo.

Figura 1.19. Scortecciatrice a rotore (1-coltello incisore; 2-coltello raschiatore).

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Sminuzzatura

La sminuzzatura è quella operazione con la quale la pianta intera (comprensiva di rami) viene

ridotta in piccole scaglie (chips) che sono utilizzate per la produzione di pannelli di particelle, per la

produzione di cellulosa o per uso energetico. La sminuzzatrice (cippatrice) è una macchina che, per

mezzo di un organo di taglio, riduce in piccole scaglie cimali, rami oppure piante intere. Può essere

dotata di motore autonomo, oppure sfruttare la potenza fornita da un trattore. Sulla base dell’organo

di taglio esistono tre tipologie di macchine: a tamburo (Figura 1.22), a disco (Figura 1.23) e a vite

senza fine (Figura 1.24).

Nella prima l’organo sminuzzatore è costituito da un

cilindro, di diametro variabile da 40 cm a 100 cm, che

ruota sul proprio asse e sul quale sono montati,

tangenzialmente, dei coltelli.

Nella seconda tipologia l’organo tagliente è costituito

da un grosso volano sul quale sono montati, in

posizione radiale, da 2 a 4 coltelli. Il volano

ha un diametro minimo di 80 cm.

Nella terza tipologia l’organo tagliente è

costituito appunto da una vite senza fine

ruotante su un asse orizzontale.

L’alimentazione del materiale può avvenire

dall’alto oppure frontalmente per mezzo di

una bocca a forma di tronco di piramide

sulla quale, lateralmente, sono presenti dei

rulli di trascinamento. L’espulsione del

prodotto avviene generalmente attraverso

un collo d’oca.

Esistono scippatrici di elevata potenza,

anche oltre i 400 kW, montate su specifici trattori e quindi autonome nello spostamento.

Figura 1.24. Cippatrice a vite senza fine (1-organo tagliente; 2-organo di espulsione; 3-asse orizzontale).

Figura 1.22. Cippatrice a tamburo (1-bocca di alimentazione;2-rulli di trascinamento;3-coltello; 4-controcoltello;5-ventilatore; 6-bocca di espulsione).

Figura 1.23. Cippatrice a disco (1 e 2-carter; 3-disco rotore; 4-coltello; 5-controlama verticale; 6-contro lama orizzontale; 7-lama taglia frasche; 8-tubo di lancio; 9-alette di espulsione; 10-albero scanalato).

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1.2.3. CONCENTRAMENTO

Per concentramento s’intende quell’operazione che prevede la movimentazione del materiale dal

punto in cui è stato effettuato l’abbattimento e l’eventuale allestimento (letto di caduta) ad una via

di esbosco (pista, linea di gru a cavo o di canalette) da dove il materiale sarà poi esboscato fino al

piazzale di lavorazione e carico per essere poi inviato all’industria utilizzatrice. Esistono operazioni

in cui la fase di concentramento è assente come l’esbosco di legna da ardere con muli. Sono infatti

gli animali che vengono condotti sul letto di caduta e caricati di legna. Esiste poi un

concentramento “indiretto” che è quello effettuato da un verricello montato posteriormente al

trattore (Figura 1.25, Figura 1.26). Lo stesso dicasi nell’esbosco con gru a cavo dove il materiale è

concentrato sotto la linea (per mezzo della fune traente) prima dell’issaggio e successivo esbosco.

L’avvallamento libero è un sistema di concentramento così come lo strascico del materiale con

animali. Di particolare interesse è il verricello forestale che è una macchina operatrice, portata o

fissa. Nel caso dei verricelli portati o mobili è vincolata al trattore tramite l’attacco a tre punti e

fatta funzionare dalla presa di potenza dello stesso. I verricelli fissi invece possono essere anche

azionati direttamente tramite il circuito idraulico del trattore.

Strutturalmente, nella sua versione più semplificata, un verricello forestale è composto da una

struttura metallica sulla quale sono vincolati un tamburo ed una trasmissione, che nella pratica

possono presentarsi in maniera molto complessa ed offrire diverse soluzioni di combinazioni.

Nella maggior parte dei casi la trasmissione del moto avviene per via meccanica, grazie ad un

albero cardanico collegato alla presa di potenza del trattore che trasmette il moto ad un gruppo

moltiplicatore/riduttore applicato al tamburo sul

quale agiscono, per governarne il movimento,

una frizione ed un freno.

I verricelli mobili sono i più utilizzati, si

montano sul sollevatore idraulico in pochi minuti

e sono molto più versatili di quelli fissi

imbullonati alla struttura del trattore.

Oltre alla struttura in metallo che contiene gli

organi di trasmissione e frenatura del moto, nel

verricello troviamo una rete metallica di

protezione, uno scudo in basso solidale al resto

della struttura con la triplice funzione di

ancoraggio, quando è abbassato, di sollevamento

della testa dei tronchi quando viene alzato

tramite il sollevatore idraulico e di protezione del

trattore rispetto ai movimenti incontrollati dei

tronchi stessi durante lo strascico.

Altro importante dispositivo di cui sono muniti i

verricelli forestali è la bocca d’esbosco. Questa

consiste in una carrucola incernierata a bandiera

nella parte alta della struttura metallica,

attraverso la quale passa la fune, completata da

una sorta di guida fune forato, basculante, ed a

sua volta incernierato sui lati della carrucola

stessa. La bocca d’esbosco diminuisce l’usura

della fune e rende regolare il suo avvolgimento

sul tamburo, e ne facilita anche il

direzionamento, sia in fase di svolgimento a

vuoto che di richiamo, con agganciati i fusti.

Figura 1.26. Concentramento indiretto: corretto attacco dei tronchi alla fune del verricello.

Figura 1.25. Verricello forestale (1-griglia di protezione; 2-bocca di esbosco superiore; 3-bocca di esbosco inferiore; 4-scudo posteriore; 5-comandi frizione/freno; 6-griglia protezione organi di trasmissione; 7-albero di trasmissione; 8-piede stabilizzatore; 9-attacco verricello al terzo punto).

15

Altro carattere distintivo del verricello è il numero dei tamburi. Oltre

a quelli ad un solo tamburo, esistono quelli a due tamburi che

permettono di concentrare ed esboscare un numero superiore di fusti,

in questi sono ovviamente doppie le funi e le bocche d’esbosco.

Ancora un parametro da tener presente nella scelta di questi mezzi è la

forza di trazione massima sviluppabile. E’ un metro molto importante

perché inquadra il campo d’applicazione del verricello stesso e ne

definisce i limiti. Esistono diversi modelli in base alla forza di

trazione che vanno da circa 20 kN a 100 kN ed oltre, con un valore

medio di 60 kN. Un verricello medio di questo tipo dovrebbe avere

uno o due tamburi capaci ognuno di alloggiare almeno 80-100 m di

fune del diametro di 10-12 mm, con una massa pari a circa 500 kg. E’

preferibile usare funi a 114 fili, con anima in acciaio o in canapa. La

fune dovrà essere correlata di ganci scorrevoli che permettono di

esboscare più tronchi alla volta.

1.2.4. ESBOSCO

Con tale operazione si effettua la movimentazione del materiale, lungo una via di esbosco, fino al

piazzale di lavorazione. Sostanzialmente esistono tre tipi di esbosco: per via terrestre, via idrica, via

aerea. In Italia l’esbosco per via idrica è stato abbandonato completamente già da un ventennio, ed

anche negli altri Paesi è in disuso a causa delle perdite di legname se si effettua la “fluitazione

libera” e della difficoltà tecnica di riunire il legname in grossi “zatteroni” trascinati da un battello.

L’esbosco per via terrestre può essere effettuato per avvallamento obbligato, a soma , a strascico e per esbosco-trasporto.

Esbosco per avvallamento obbligato. Questo sistema di esbosco può essere effettuato in vallette

naturali con pendenza superiore al 50%. Sulle

Alpi è ancora abbastanza usato. Oltre che in

linee naturali il materiale può essere esboscato

in linee permanenti artificiali rappresentati dalle

risine in pietra o linee artificiali mobili

rappresentate da canalette in polietilene (Figura1.27). Queste ultime sono ricavate dalla

sezionatura longitudinale di tubi in polietilene

Figura 1.28. Canalette in polietilene: particolare di montaggio.

Figura 1.29. Schema di montaggio di linee di canalette su diversa pendenza del terreno.

Figura 1.27. Esbosco per avvallamento obbligato con canalette in polietilene

16

impiegati per condutture di gas: hanno una lunghezza variabile da 3 a 5 m, una larghezza di 400-

600 mm ed uno spessore di 10-12 mm. Alle due estremità presentano dei fori che servono per la

loro unione mediante l’impiego di particolari ganci (Figura 1.28, Figura 1.29).

Esbosco a soma. L’esbosco può essere effettuato a soma con animali, più frequentemente muli

(Figura 1.30), ma anche con cavalli utilizzati sia a soma che per l’esbosco a strascico. Un

particolare tipo di esbosco a soma è quello meccanizzato con trattore dotato anteriormente e

posteriormente di gabbie metalliche (Figura 1.31).

Esbosco a strascico. E’ effettuato con trattori forestali o

trattori agricoli adattati all’impiego in bosco, dotati

posteriormente di un verricello mobile o fisso, oppure

pinza (Figura 1.32). Il trattore forestale si differenzia

fondamentalmente da quello agricolo per due aspetti: la

ripartizione del peso prevalentemente sull’assale

anteriore per evitare impennamenti durante lo strascico

e copertura degli organi di trasmissione e di altre parti

che, durante il lavoro in bosco, per la presenza di rami,

ceppaie ed altro, potrebbero subire danni e quindi

determinare arresti della macchina (Figura 1.33).

Esbosco-trasporto. Il rimorchio e il trattore portante sono impiegati per l’esbosco-trasporto di

materiale già assortimentato (legna da ardere, materiale derivante da utilizzazione di pioppeti)

oppure di piante intere o fusti sramati. Possibilmente il rimorchio deve essere del tipo forestale e

quindi dotato di uno o due assi trazionati, di un robusto telaio per resistere alle sollecitazioni

durante il tragitto e di sistemi che ne aumentino la manovrabilità.

Deve avere baricentro basso, assale trazionato e ruote a sezione larga. Rispetto a quello agricolo, la

struttura base del rimorchio forestale è comune per i diversi modelli presenti sul mercato, il telaio è

Figura 1.30. Esbosco a soma con animali (muli).

Figura 1.32. Trattore forestale munito di pinza posteriore per l’esbosco a strascico (1-arco mobile; 2-pistone di regolazione dell’inclinazione; 3-pinze).

Fig. 1.33. Dispositivi di protezione macchina (in neretto) applicabili ad un trattore agricolo per renderlo idoneo all’uso forestale.

Figura 1.31. Esbosco a soma con trattore munito di gabbie.

Classificazione di massima dei rimorchi forestali.

Tipo di rimorchio Portata (in kg)

Leggero 3500-5000

Medio 5000-7000

Pesante 7000-14000

17

formato da assi in acciaio, collegato al trattore tramite un timone con gancio ad occhio girevole e si

appoggia su un assale con due o più ruote trazionate o direttamente sui mozzi delle ruote nel caso di

rimorchi a trazione idraulica. Alcuni rimorchi pesanti hanno assale doppio o ruote gemellate. In

caso di presenza del pianale è utile che questo possa essere ribaltabile su tre lati per agevolare lo

scarico del materiale.

Per la scelta del trattore una regola di semplice applicazione consiglia 10 kW di potenza per

tonnellata di portata del rimorchio. Il trattore deve avere la trazione sulle quattro ruote e la presa di

potenza sincronizzata. Al rimorchio deve essere accoppiata una gru idraulica per il carico e lo

scarico del materiale (Figura 1.34). Le gru possono essere montate direttamente sul trattore o sul

rimorchio forestale e sono costituite da una base su cui è montato il braccio idraulico generalmente

diviso in due spezzoni articolati, dei quali il secondo con braccio

sfilabile. Sono inoltre dotate di stabilizzatori, nella parte bassa,

indispensabili nella fase di carico. Tutto è messo in funzione dallo

stesso impianto idraulico del trattore o da uno autonomo, in questo

caso il funzionamento è garantito dalla pompa azionata dalla presa di

potenza del trattore.

Il trattore forestale o forwarder è una macchina costituita da due parti

principali: un avantreno dove è presente la cabina di guida ed il

motore; un retrotreno dove si trova il pianale per il carico ed una gru,

con uno sbraccio medio di 7 m (Figura 1.35). L’avantreno ed il

retrotreno sono collegati da un’articolazione snodata. La macchina è a

due assi trazionati che possono permettere il montaggio di 4, 6 o 8

ruote isodiametriche e gemellate. Possono avere una portata compresa

tra 8 e 12 t e sono dotati di motori con potenza compresa tra 80 e 110

kW. La lunghezza può variare dagli 8 ai 10 m, con massa compresa tra

9 e 13 t. La cabina è dotata di posto di guida reversibile regolabile

elettronicamente in base al peso ed all’altezza dell’operatore, di ampia

visibilità con sistema di climatizzazione interna. Nei modelli più

sofisticati le funzioni del veicolo sono governate da un computer di

bordo che permette la gestione dei parametri operativi del mezzo: si possono visualizzare e

registrare il carico trasportato, le distanze percorse ed il numero di viaggi orari, o riferiti alla intera

giornata lavorativa.

Il carico e l’esbosco del materiale con un trattore articolato portante seguono, più o meno, lo stesso

iter di lavoro dell’esbosco effettuato con trattore munito di rimorchio e gru idraulica. E’ una

macchina di ottima manovrabilità.

Figura 1.34. Rimorchio a doppio asse con gru idraulica per il carico del materiale. Figura 1.35. Forwarder in fase di carico del

legname.

Figura 1.36. Gru a cavo leggera con motore autonomo.

18

Esbosco con teleferiche. L’esbosco con questo mezzo avviene per via aerea, per cui le

caratteristiche negative del terreno (accidentalità, umidità) e la mancanza di infrastrutture

all’interno del bosco (viabilità) influiscono marginalmente sul lavoro. Le teleferiche si suddividono

in due grandi gruppi: quelle da trasporto e quelle da esbosco. Le prime, oramai abbandonate nel

nostro Paese dagli anni ’70 del secolo scorso permettono il carico del materiale solo in punti

prefissati della linea (esempio classico è la teleferica tipo Valtellina). Le seconde, le gru a cavo,

invece permettono il carico del materiale lungo tutta la lunghezza della linea (Figura 1.36). Oggi

quelle maggiormente impiegate sono le gru a cavo a stazione motrice mobile che, avendo le funi

(portante e traente) avvolte su tamburi azionati a motore, consentono

di avere tempi ridotti di montaggio e smontaggio. Generalmente

vengono impiegate nell’esbosco verso monte (Figura 1.37), ma con

l’aggiunta di un'altra fune si può effettuare l’esbosco anche verso

valle (Figura 1.38). Sono dotate di un ritto di estremità è la potenza

è fornita da un trattore o da un motore autonomo. In relazione al

diametro e alla lunghezza della fune portante si distinguono in

leggere (diametro portante 14-16 mm lunghezza massima 300-350

m); medie (diametro portante 18-20 mm lunghezza fino a 800 m);

pesanti con portante avente diametro maggiore di 20 mm e

lunghezze superiore al km). Il materiale è raccolto ed esboscato per

mezzo di un carrello che collegato alla fune traente scorre e si blocca

(per agganciare il materiale) lungo la fune portante. I carrelli, in

funzione della loro complessità e del carico che possono sopportare

si distinguono in: carrelli a taglia, carrelli semiautomatici e carrelli

automatici. Più recenti sono i carrelli con motore interno,

telecomandati, in grado di spostarsi lungo la fune portante nelle due

direzioni (Figura 1.39).

Esbosco con mezzi aerei. Questo tipo di esbosco è effettuato con elicotteri, e dato l’elevato costo

orario va effettuato solo per esboscare legname di grande valore. Uno dei grossi vantaggi consiste

nel fatto che il legname non subisce danni di tipo qualitativo. E’ raramente praticato.

Per la scelta di uno dei sistemi di esbosco sopra elencati si fa riferimento alla classificazione del

terreno in classi di pendenza come mostrato in Figura 1.40.

Fig. 1.37. Esbosco, verso l’alto, con gru a cavo leggera (1-corridoio di concentramento; 2-area di raccolta).

Figura 1.38. Esbosco, verso il basso, con gru a cavo leggera (1-supporto intermedio; 2-fune portante; 3-fune terzo tamburo; 4-fune traente; 5-ancoraggio).

Figura 1.39. Carrello con motore interno telecomandato.

19

1.2.5. TRASPORTO

Come già accennato il trasporto è quell’operazione che consiste nel prelevare il legname presente

all’imposto e trasferirlo all’utilizzatore finale (segheria, industria di pannelli di particelle o quanto

altro).

Il trasporto del materiale legnoso dipende dai seguenti fattori:

1) caratteristiche del prodotto legnoso che molte volte è disomogeneo per dimensioni , forma e peso

(percentuale di umidità variabile, massa volumica);

2) caratteristiche, densità e qualità in particolare, della rete viaria ed infrastrutture presente nella

foresta;

3) legislazione vigente che impone

determinati carichi trasportabili e

blocca il trasporto in giorni prefissati

della settimana;

4) presenza di attrezzature o meno sul

veicolo per il carico del materiale

(gru per il carico);

5) fattore climatico che molto spesso

(periodo invernale in particolare) non permette l’accesso in zone di montagna.

I mezzi impiegabili sono in funzione principalmente del tipo di viabilità e della distanza da

percorrere (< 10 km; 10-50 km; >50 km).

Tipologia Carreggiata minima [m]

A. Piste forestali e strade trattorabili 2,5

B. Strade comionabili secondarie 3

C. Strade camionabili principali 3,5

Caratterizzazione di massima della viabilità forestale.

0% 20% 40% 60% 80%

I (0-20%)

II (21-40%)

III (41-60%)

IV (61-80%)

Pendenza terreno (%)

Cla

ssi d

i pen

den

za

IN SALITA: Gru a cavo mobile;IN DISCESA: Avvallamento libero; Avvallamento obbligato(risine in linee obblique )

IN SALITA: Gru a cavo mobile;IN DISCESA: Avvallamento libero; Avvallamentoobbligato (risine in linee obblique )

IN SALITA: A soma per legna daardere; A strascico con trattori; Gru acavoIN DISCESA: Avvallamento obbligato; asoma; a strascico con trattori

TUTTE LE DIREZIONI:A soma per legna daardere; A strascicocon trattori per fustiinteri

Figura 1.40. Sistemi di esbosco in funzione della classe di pendenza del terreno.

20

I trattori con rimorchio ed i trattori articolati portanti in genere possono essere validamente

impiegati nelle tipologie di viabilità A, B e C, per distanze inferiori ai 10 km. Gli autocarri nelle

tipologie B e C per distanze inferiori ai 50 km. Gli autocarri con rimorchio e gli autoarticolati su

strade camionabili principali (tipologia C) e distanze in genere superiori ai 50 km.

I trattori con rimorchio ed i trattori articolati portanti (forwarder) sono gli stessi impiegati

nell’esbosco. Gli altri mezzi in genere si presentano con le seguenti caratteristiche peculiari:

autocarri: in genere hanno da 2 a 3 assi con 2-6 ruote motrici e capienza di carico di 10-15 m3;

autocarri con rimorchio: hanno da 4 a 6 assi con 2-6 ruote motrici e capienza di carico di 35-40 m3;

autoarticolati: hanno in genere 5 assi con 2-4 ruote motrici e capienza di carico di 30-35 m3;

Molto spesso è preferibile che questi mezzi siano equipaggiati con gru idraulica per il carico e lo

scarico del materiale, in questo caso negli autocarri semplici ed autoarticolati verrà posizionata

dietro la cabina, mentre negli autocarri adibiti al trasporto con rimorchio sarà posta al termine del

pianale.

1.3. LE PIANTAGIONI GOVERNATE A CEDUO A TURNO BREVE

Le prime piantagioni dedicate alla produzione di materiale da utilizzare per fini energetici sono

state costituite nel nostro Paese nei primi anni ’90. Da allora, a seguito delle problematiche legate ai

cambiamenti climatici che hanno portato l’Italia ad assumere impegni internazionali per la

riduzione di emissione di gas serra e per l’incremento di utilizzo di energia derivante da fonti

rinnovabili, sono diventate una realtà presente e in continua crescita. Per cui, pur trattandosi per

molti versi di una coltura agroforestale si ritiene opportuno di dover fornire indicazioni sulla loro

costituzione e raccolta.

1.3.1. COSTITUZIONE DELLE PIANTAGIONI

Le specie da impiegare nella costituzione di piantagioni dedicate alla produzione di materiale da

destinare a fini energetici debbono essere specie a rapida crescita e caratterizzate da facoltà

pollonifera. La specie maggiormente impiegata è il pioppo (il miglioramento genetico riesce a

fornire cloni sempre più produttivi), in secondo ordine viene impiegata anche la robinia e

l’eucalipto, prevalentemente nel sud- Italia. La forma di governo con cui vengono trattate è quella a

ceduo con rotazione biennale o triennale (Short Rotation Coppice - SRC). A differenza del bosco

ceduo nell’utilizzazione non vengono rilasciate matricine ma viene effettuato il taglio completo

della piantagione (taglio a raso). L’impianto ha una densità compresa tra le 7.000 e le 8.000 piante

che sono generate da talee (caso del pioppo) o piantine (robinia ed eucalipto) e sono disposte o in

fila singola o in file binate. Le distanze d’impianto ad oggi prevalentemente usate sono quelle

riportate in Figura 1.41.

Possono essere costituite anche piantagioni con turni più lunghi, generalmente di 4-5 anni, in questo

caso la densità d’impianto è notevolmente inferiore dato che di norma viene adottato un sesto

d’impianto (in quadro o a rettangolo) con interdistanza di 3 x 3 m o 2 x 3 m. L’impianto è costituito

con l’impiego di macchine appositamente progettate, trapianta talee (Figura 1.42), trapianta astoni

o macchine derivate dall’orticoltura.

21

1.3.2. RACCOLTA DELLE PIANTAGIONI

Il prodotto finale della SRC è rappresentato da cippato di legno che poi sarà bruciato in appositi

utilizzatori finali (centrali) per la produzione di energia (termica o elettrica). Tale materiale può

essere ottenuto applicando due diversi sistemi di lavoro che sostanzialmente differiscono tra di loro

per l’impiego di macchine diverse e per la diversità temporale di produzione.

Il primo sistema di lavoro prevede l’impiego di una macchina del tipo falciatrinciacaricatrice che in

un unico passaggio taglia raccoglie e riduce in scaglie le piante. Il cippato è soffiato dentro un

rimorchio trainato da un trattore che viaggia in parallelo alla macchina (Figura 1.43)

Il secondo sistema di lavoro prevede invece che le piante una volta tagliate siano allontanate dal

campo, riunite in adeguate cataste e cippate in un momento successivo (Figura 1.44).

Figura 1.44. Esbosco delle piante intere dopo il taglio effettuato con macchina taglia ceppaie.

Figura 1.43. Falciatrinciacaricatrice durante la raccolta di una SRC di pioppo.

Figura 1.42. Trapiantatalee durante la piantagione di una SRC a file binate.

o o o o o o o o o

o o o o o o o o o

o o o o o o o o o

o o o o o o o o o

o 2,80 m o o o o 2,80 m o o o o

o o o o o o o o o

o o o o o o o o o

o o o o o o o o oo o o o o o o o o

o o o o o o o o o

o o o o o o o o o

o o o o o o o o o

o o o o o o o o o

o o o o o o o o o

0,50 m 0,50 m

FILE SINGOLE FILE BINATE

TaleeTalee 0,75 m

Figura1.41. Schemi d’impianto di SRC più comunemente adottati e relative distanze.

22

2. ANALISI DEI COSTI DI PRODUZIONE

La determinazione dei costi del lavoro di

utilizzazioni forestali prende in esame i fattori

impegnati nelle varie operazioni del processo

produttivo (abbattimento, allestimento e

movimentazione del legname). Questo tipo di

valutazione è fondamentale per le imprese del

settore, sia ai fini del bilancio economico

aziendale, sia per avviare un processo di

ottimizzazione nell’utilizzo delle risorse tecniche

ed umane disponibili per una migliore

programmazione degli interventi selvicolturali che

l’impresa si accinge a svolgere.

2.1. IL COSTO DEI FATTOTI PRODUTTIVI

Nella presente analisi vengono esaminati i costi

diretti di produzione, secondo lo schema della

Figura 2.1 riportato a fianco, dovuti

sostanzialmente all’impiego di manodopera,

macchine e attrezzature impiegate nelle diverse

operazioni del processo di utilizzazione boschiva, mentre non sono considerati altri oneri a carico

dell’impresa, imposte e altre voci, che riguardano la gestione complessiva dell’attività dell’impresa

forestale. Si fa prevalentemente riferimento alla produzione di legna da ardere, assortimento

principale dei boschi laziali e alla produzione di biomassa per uso energetico ottenuta da

piantagioni forestali energetiche appositamente costituite.

2.1.1. COSTO DELLA

MANODOPERA

La determinazione di questa

voce di costo varia in funzione

del tipo di contratto di lavoro

o di accordo che il lavoratore

ha con il proprio datore di

lavoro. Il suo reperimento nel

settore forestale è sempre più

difficoltoso a causa di una

serie di motivi, primo tra tutti,

l’abbandono delle località

montane da parte delle

popolazioni locali avvenuto in

modo continuo e crescente

negli ultimi anni.

Le principali problematiche

collegate alla reperimento

della manodopera forestale Figura 2.2. Problematiche relative alla manodopera nel settore forestale.

PROBLEMATICHE RIGUARDANTI

LA MANODOPERA

Scarsa stabilità del posto di

lavoro.

Periodo lavorativo più breve di

altri settori (6-10 mesi/anno).

Condizioni di lavoro gravose in

rapporto alla retribuzione.

Richiesta di elevata

professionalità.

Scarsa pianificazione dei lavori

forestali.

Mancanza di personale

specializzato.

Costo unitario elevato in rapporto

al basso valore di alcuni

assortimenti legnosi (negli ultimi

40 anni il costo della manodopera è

aumentato di 80-120 volte mentre la

legna di sole 10-15 volte).

Maggioranza delle imprese

forestali a conduzione familiare.

Scarsa offerta di manodopera

nel settore forestale

Difficoltà delle imprese ad

assumere manodopera

CAUSE

Figura 2.1. Elementi esaminati per l’analisi dei costi delle utilizzazioni forestale.

ANALISI DEI COSTI

COSTI DIRETTI DELLE

UTILIZZAZIONI BOSCHIVE

Costo della

Manodopera

Costo delle macchine

e delle attrezzature

Costo delle singole operazioni

selvicolturali

Costo dell’intero processo

produttivo di utilizzazione

23

vengono sintetizzate nella Figura 2.2.

Oltre alle problematiche sopra riportate, un aspetto fondamentale che investe il settore è

rappresentato dalla scarsa possibilità di formazione professionale che hanno gli operatori forestali.

Infatti, in Italia non esistono, se non in rarissimi casi, centri specializzati in grado di formare

personale specializzato per questo tipo di lavoro. La professionalità, infatti, permette di meglio

affrontare i lavori, particolarmente gravosi in bosco, con maggiore razionalità e minore rischio per

la salute della persona.

Anche la pianificazione dei lavori è un aspetto estremamente importante per la manodopera in

quanto favorisce una maggiore stabilità del lavoro nel settore, ma gli strumenti che operano in tal

senso, come per esempio i piani regionali di assestamento forestale, anche se presenti in molti piani

regionali, sono poco o affatto applicati.

Dal punto di vista economico, la retribuzione della manodopera forestale, in linea di massima, può

avvenire in varie forme, così come mostrato in modo sintetico nello schema della Figura 2.3.

Il costo complessivo della manodopera, in termini di retribuzione in busta paga, dipendente da

molte voci e varia in funzione del comparto di attività (agricoltura, industria, ecc.) e della tipologia

del datore di lavoro (pubblici o privato). I contratti nazionali afferenti a comparti diversi da quello

agricolo, come quello industriale o dell’artigianato, spesso applicati anche in campo forestale,

prevedono remunerazioni per la manodopera di entità superiore.

In linea di massima, tuttavia la remunerazione di un operaio è formata da: una paga base lorda

(minimo contrattuale, integrazioni, indennità varie, eventuali straordinari); i contributi e le

assicurazioni a carico del datore di lavoro; le spese accessorie (mensa, trasporti missioni, ecc.).

Dalla paga lorda si arriva a quella netta detraendo tasse e contributi vari a carico del lavoratore; per

i contratti agricoli il netto è circa il 60-70% del lordo, mentre, per quelli industriali, si stima intorno

al 55-60%.

TIPOLOGIE DI RETRIBUZIONE DELLA

MANODOPERA FORESTALE

A COTTIMO

Retribuzione rapportata

alla produttività di lavoro

(metri cubi, metri steri,

quintali, ecc.) di legname

lavorato (abbattuto,

allestito, esboscato) al

giorno.

E’ un sistema

vantaggioso

economicamente per

l’operaio più produttivo,

ma, con la fretta

aumentano i rischi per la

salute dell’operaio stesso.

A TEMPO

Retribuzione tipica del

lavoro dipendente. La

paga è indipendente

dalla produttività per

cui essa è in genere

inferiore rispetto al

cottimo, ma consente al

datore di lavoro di

gestire meglio il

personale. E’ un forma

di pagamento più adatta

al lavoro meccanizzato

e con operai a diversa

professionalità.

A PREMI

Retribuzione a tempo

con aggiunta di un

premio in busta paga in

funzione per esempio di

una più alta produttività

raggiunta o di un

utilizzo corretto delle

macchine che, in tal

modo, si usurano meno.

Si ottengono maggiori

produttività ed è

necessaria una minore

sorveglianza da parte

del datore di lavoro.

A NORMA

Retribuzione tipica in

passato dei paesi

socialisti (ormai

scarsamente

applicata). La paga

parte da un livello

standard e può variare

in positivo o in

negativo in funzione

della maggiore o

minore produzione

ottenuta dall’operaio.

Figura 2.3. Tipologie di retribuzione più diffuse nel settore forestale.

24

Risulta evidente che l’operatore forestale percepisce un compenso piuttosto “esiguo” se rapportato

alla natura del lavoro. D’altra parte, anche gli imprenditori forestali, sia a causa della scarsità di

manodopera specifica, sia per ottenere un maggiore margine economico, ricorrono frequentemente

a rapporti lavorativi non sempre in accordo con il regime di contrattazione vigente (lavoro in nero,

soprattutto per forza lavoro straniera).

I livelli di larga massima delle

paghe orarie e giornaliere della

manodopera forestale, in

riferimento ai diversi comparti,

nonché la paga relativa alla

manodopera non

contrattualizzata, sono riportate

sinteticamente nello Tabella 2.1.

La variazione delle tariffe orarie

(da minima a massima) è

dipendente dal diverso grado di

specializzazione posseduto

dall’operatore.

2.1.2. COSTO DELLE MACCHINE ED ATTREZZATURE

Anche per la più realistica determinazione dei costi delle macchine è importante poter pianificare e

razionalizzare il loro impiego. Per le macchine, quindi, il costo può essere sostanzialmente calcolato

secondo le tre modalità descritte nella Figura 2.4.

Il calcolo del costo orario di esercizio delle macchine, mediante metodologia analitica, tiene conto

in genere di una serie di elementi di tipo tecnico ed economico che, sulla base delle loro

Qualsiasi modalità di calcolo si voglia utilizzare deve comunque essere il più

possibile oggettiva e basata su parametri il più possibile omogenei per

permettere confronti tra valutazioni diverse

DURANTE IL CICLO DI

VITA

sulla base sia di dati certi, sia di dati stimati; è una via di mezzo rispetto

ai due precedenti

MODALITA’ DI CALCOLO DEL

COSTO DELLE MACCHINE

A CONSUNTIVO

sulla base di dati certi; metodo preciso ma poco

adatto per una pianificazione aziendale

A PREVENTIVO

sulla base di una stima; metodo maggiormente

impiegato perché permette di esprimere giudizi preventivi di convenienza economica

DETERMINAZIONE DEL COSTO MACCHINA

Figura 2.4. Tipologie di calcolo del costo macchina.

COSTO DELLA MANODOPERA NEL SETTORE AGRO-FORESTALE (2008)

Tipologia di contratto Euro/ora Euro/giorno(***)

Contratti dell'Agricoltura 8,90-13,90 (*) 71,20-111,20

Contratti dell'Artigianato 16,70-19,50 (*) 133,60-156,00

Manodopera straniera 5,00-7,00 (**) 40,00-56,00

(*) Comprensivo di tutti gli oneri assicurativi, previdenziali e dei contributi versati dal datore di lavoro (**) Non comprensivo degli oneri di cui sopra(***) Si fa riferimento ad una giornata di 8 ore.

Tabella 2.1. Valori di larga massima del costo della manodopera.

25

caratteristiche, compongono le due principali categorie di costo nelle quali si distingue il costo di

esercizio della macchina, cioè i costi fissi e i costi variabili, formati da una serie di voci, come

mostrato in Figura 2.5.

2.1.3. PRINCIPALI PARAMENTRI PER IL CALCOLO DEI COSTI

I principali parametri per il calcolo dei costi

possono essere sintetizzati come segue:

prezzo d’acquisto - rappresenta il prezzo a

nuovo della macchina comprensivo degli

accessori legati ad essa, o comunque il

prezzo a valuta attuale se si deve valutare

il costo orario di una macchina acquistata

in passato; bisogna tenere presente che in

genere il capitale da ammortare, è inferiore

al prezzo d’acquisto in quanto va

considerato anche l’eventuale prezzo di

recupero della macchina;

periodo d’ammortamento - rappresenta il

periodo entro il quale il capitale di

acquisto della macchina viene

ammortizzato. Tale periodo potrà essere

più o meno lungo in funzione dell’intensità

dell’impiego annuo della macchina;

interessi - rappresentano il prezzo d’uso del capitale mediamente investito e potrebbero essere

calcolati utilizzando un tasso d’interesse annuo (per esempio quello offerto dalle banche per i

crediti agrari);

durata tecnica - periodo in cui la macchina può essere tecnicamente utilizzata sotto sforzo

prima di raggiungere la non convenienza a procedere a riparazioni troppo onerose;

ore di lavoro effettivo - ore effettive in cui la macchina è a lavoro nell’arco della giornata. A

seconda dei lavori tale parametro può essere anche inferiore al 50% dell’orario giornaliero. Una

motosega, per esempio, lavora effettivamente 4-5 ore su 8 giornaliere. Tale parametro, se

espresso in termini percentuali sul totale delle ore di lavoro esprime il coefficiente di utilizzo

della macchina;

coefficiente di riparazione - è calcolato in base all’esperienza e tiene conto della suscettibilità

della macchina a subire guasti anche in rapporto al tipo di lavoro svolto. Esso tende ad

aumentare più che proporzionalmente all’aumentare delle ore d’impiego della macchina. Si

esprime in genere con un coefficiente (variabile in genere da 0,3 a 1,1) che moltiplica il prezzo

d’acquisto della macchina;

combustibili e lubrificanti - rappresentano i costi per il consumo di questi due elementi che sono

anche direttamente rilevabili. Generalmente, si possono calcolare moltiplicando il loro consumo

orario per il prezzo unitario, oppure tramite formule che tengono conto dei consumi specifici

della macchina, risalendo poi al consumo orario stimato;

materiale di rapido consumo - materiale che si usura, come per esempio la catena delle

motoseghe, le funi dei verricelli, ecc. Il loro costo è determinato sia sulla base dell’esperienza,

sia tramite calcolo forfetario.

COSTI FISSI

Ammortamento

Assicurazioni

Ricovero

Imposte

Amministrazione

Sorveglianza

Spese generali

VALUTAZIONE ANALITICA DEL COSTO

DI ESERCIZIO DELLE MACCHINE

COSTI VARIABILI

Manutenzioni

Riparazioni

Combustibili

Lubrificanti

Pneumatici

Materiale d’uso

Figura 2.5. Voci considerate nella determinazione dei costi di esercizio delle macchine.

26

2.2. IL COSTO DELLE OPERAZIONI FORESTALI

Senza approfondire gli aspetti tecnici e le formule specifiche che permettono il calcolo analitico dei

costi orari delle macchine e delle attrezzature impiegate nel lavoro, di seguito si procederà ad un

inquadramento generale dell’aspetto

economico delle utilizzazione boschive.

Tenuto conto che, nel caso per esempio del

centro Italia, il livello di meccanizzazione

impiegato in bosco è piuttosto basso, e che la

tipologia prevalente è il Ceduo in grado di

produrre soprattutto legna da ardere, si è

proceduto alla individuazione dei costi in

riferimento soprattutto a questa tipologia di

bosco e all’impiego di una meccanizzazione

che varia da un livello basso a un livello

intermedio, maggiormente rappresentativa

per la produzione di legna da ardere. La

stima che si vuole proporre in questa sede è

da considerarsi di larga massima e riguarda

sia i costi orari dei cantieri di lavoro, sia i

costi per unità di prodotto delle macchine e

della manodopera, con distinzione nelle

singole operazioni e fasi di lavoro più

frequentemente riscontrabili nello

svolgimento dell’attività forestale dei nostri

boschi.

2.2.1 COSTO DELLE UTILIZZAZIONI FORESTALI

Per la valutazione dei costi delle utilizzazioni forestali è necessario dapprima esaminare le

produttività medie delle principali operazioni svolte durante il lavoro in bosco e cioè

l’abbattimento, l’allestimento, il concentramento e l’esbosco (Figura 2.6).

Nella Tabella 2.2 si riportano i valori di larga massima delle produttività riscontrabili, per diverse

tipologie di bosco ceduo, per l’abbattimento, l’allestimento e il concentramento del legname (nostre

La tariffa media lorda della manodopera è assunta pari a 12 euro/h, mentre il costo della motosega 3 euro/h. Nelcalcolo è stata considerata un squadra operativa composta da 2 operai e 2 motoseghe.

Tabella 2.2. Produttività e costi di abbattimento e allestimento dei cedui per la produzione di legna da ardere

Tipo di ceduo

t/g x op. t/h x op. euro/t t/g x op. t/h x op. euro/t

Forteti, Cedui scadenti e sporchi 1,5 3,0 0,19 0,38 84,21 42,11

Cedui misti caducifoli mediocri 3,0 4,0 0,38 0,50 42,11 32,00 1,3 2,0 0,16 0,25 100,00 64,00

Cedui di cerro discreti 4,0 7,0 0,50 0,88 32,00 18,18 2,0 3,0 0,25 0,38 64,00 42,11

Cedui di castagno, faggio o cerro, buoni 7,0 10,0 0,88 1,25 18,18 12,80 3,0 3,8 0,38 0,48 42,11 33,33

Tagli di maturità Tagli di conversione

VALUTAZIONE DEI COSTI

DELLE UTILIZZAZIONI BOSCHIVE

Determinazione delle

produttività di lavoro

delle singole operazioni

(manodopera e macchine)

Determinazione del costo

orario del cantiere per le

singole operazioni

(manodopera e macchine)

Calcolo del costi delle singole operazioni:

- Abbattimento - Allestimento - Concentramento - Esbosco

Calcolo dei costi di utilizzazione:

- Costo totale di utilizzazione - Costo per unità di superficie- Costo per unità di prodotto

Figura 2.6. schema da seguire per il calcolo dei costi di utilizzazione.

27

elaborazione su dati Hippoliti e Piegai, 2000), nonché i relativi costi stimati per singola tonnellata

lavorata, per operaio..

Relativamente all’operazione di esbosco, nelle Tabelle 2.3 e 2.4 vengono riportati i risultati

economici dell’elaborazione dei dati riguardanti l’impiego di alcuni mezzi di esbosco più

frequentemente utilizzati nella produzione di legna da ardere, dei quali si descrivono le principali

caratteristiche tecniche, le produttività di lavoro ottenibili, la squadra minima di operai, il costo

Tabella 2.3. Produttività medie e costi orientativi per le diverse tipologie di esbosco (in boschi cedui e primi diradamenti), nel caso di percorsi non obbligati (massa legnosa media 80-100 t/ha).

Descrizione Valori medi Range valori Note Euro/hESBOSCO A STRASCICO CON TRATTORE (primi diradamenti) 44,82Meccanizzazione Trattrice forestale (40 kW) con verricello 20,82Manodopera Squadra minima di 2 operai 24,00Viaggi (N./g) 15 10 20Carico per viaggio (t) 1,50 1 2Produttività giornaliera (t/g) 22,50 12 25Produttività oraria (t/h) 2,81 2 3Costo orario cantiere (Euro/h) 44,82Costo unitario (Euro/t) 15,94 13,43 20,14

ESBOSCO A STRASCICO CON SKIDDER (diradamenti distanza <500) 54,80Meccanizzazione Skidder (67 kW) con Pinza Skidder con verr. su Ceduo 42,80Manodopera Squadra minima di 1 operai 12,00Viaggi (N./g) 33 25 35 20 15 25Carico per viaggio (t) 1,20 0,5 3,0 1,7 1,0 2,5Produttività giornaliera (t/g) 40,00 35 45 34 30 40Produttività oraria (t/h) 5,00 4 6 4,3 3,5 5Costo orario cantiere (Euro/h) 54,80 54,80Costo unitario (Euro/t) 10,96 8,26 12,39 12,90 8,26 19,62

ESBOSCO A SOMA CON GABBIE (distanza <500 m) 38,98Meccanizzazione Trattrice (50 kW) con gabbie anteriori e posteriore 14,98Manodopera Squadra minima di 2 operai 24,00Viaggi (N/g) 11 8 14Carico per viaggio (t) 2,50 2 3Produttività goirnaliera (t/g) 27,50 15 30Produttività (t/h) 3,50 2,5 4,5Costo orario cantiere(Euro/h) 38,98Costo unitario (Euro/t) 11,14 8,26 14,46

ESBOSCO CON RIMORCHIO (distanza <500 m) 56,25Meccanizzazione Trattrice (50 kW) con rimorchio Tr. (70kW) +Rimorchio+gru idraul. 20,25Manodopera Squadra minima di 3 operai Squadra di 2 operai 36,00Viaggi (N/g) 8 6 10 8 8 14Carico per viaggio (t) 4,00 3 5 5,00 4 7Produttività giornaliera (t/g) 32,00 20 40 40,00 35 60Produttività oraria(t/h) 4,00 3 5 5,00 4 6Costo orario cantiere (Euro/h) 56,25 55,81Costo unitario (Euro/t) 14,06 10,33 17,04 11,16 8,26 11,88

ESBOSCO A SOMA CON ANIMALI (distanza <500 m in discesa) 52,92Meccanizzazione Muli n. 10 28,92Manodopera Squadra minima di 2 operai 24,00Viaggi (N/g) 11 8 14Carico per viaggio (t) 1,90 1,6 2,2Produttività giornaliera (t/g) 20,90 15 28Produttività (t/h) 2,61 2 3,7Costo orario cantiere (Euro/h) 52,92Costo unitario (Euro/t) 20,26 13,43 23,76

ESBOSCO A STRASCICO CON CAVALLI (distanza <150 m in discesa) 15,47Meccanizzazione Cavalli n. 1 3,47Manodopera Squadra minima di 1 operaio 12,00Viaggi (N/g) 9 7 11Carico per viaggio (t) 1,00 0,7 1,3Produttività giornaliera (t/g) 9,00 6 11Produttività oraria (t/h) 1,13 0,7 1,4Costo orario cantiere (Euro/h) 15,47Costo unitario (Euro/t) 13,75 9,81 20,14

28

orario del cantiere e il costo finale per tonnellata di prodotto esboscato. In particolare, nella prima

tabella, vengono esaminati mezzi che non seguono percorsi di esbosco obbligati, mentre nella

seconda si comprendono mezzi che seguono percorsi obbligati (linee di esbosco).

Infine, sulla base delle produttività medie riportate per le singole operazioni dei cantieri di

utilizzazioni boschive, nei due grafici successivi, vengono mostrati rispettivamente i costi di

esbosco in funzione dei mezzi impiegati per svolgere questa operazione (Figura 2.7) e i costi

complessivi delle utilizzazioni boschive per tonnellata di legname prodotto, disaggregati nelle due

voci abbattimento/allestimento ed esbosco (Figura 2.8).

Tabella 2.4. Produttività medie e costi orientativi per le diverse tipologie di esbosco (in boschi cedui e in primi diradamenti), in percorsi obbligati (massa legnosa media 80-100 t/ha).

Descrizione Valori medi Range valori Note Euro/hESBOSCO CON GRU A CAVO LEGGERA (Lunghezza linea <300 m) 54,74Meccanizzazione Gru a cavo con motore autonomo (40 50 kW) 22,21Manodopera Squadra minima di 3 operai 32,54Viaggi (N./g) 80 60 100Carico per viaggio (t) 0,34 0,25 1,0Produttività goirnaliera (t/g) 27,20 25 55Produttività oraria (t/h) 3,40 37.014 12,39Costo orario cantiere (Euro/h) 54,74 19,63Costo unitario (Euro/t) 16,10 10,84 18,07 (escl. montaggio smont.)

Costo unitario (Euro/t) 17,73 12,39 19,62 (incl. montaggio smont. 4 5h )con pendenza del 70% > 5 6h

ESBOSCO CON RISINE IN PVC (lunghezza linea circa 100 m, con legname già concentrato alla linea) 22,98Meccanizzazione Risine x 100 m (n.25) 1,29Manodopera Squadra minima di 2 operai 21,69Viaggi (N/g)Carico per viaggio (t)Produttività giornaliera (t/g) 17,00 15 20 10,33Produttività oraria (t/h) 2,13 1,5 3,0 18,59Costo orario cantiere (Euro/h) 22,98Costo unitario (Euro/t) 10,82 8,26 16,01 (escl. montaggio smont.)

Costo unitario (Euro/t) 13,53 10,33 18,59 (incl. montaggio smont. 3h)

ESBOSCO CON FILO A SBALZO (Lunghezza linea <150 m) 24,27Meccanizzazione Verricello (5 kW) 2,58Manodopera Squadra minima di 2 operai 21,69Viaggi (N./g)Carico per viaggio (t) 0,05 0,03 0,08Produttività goirnaliera (t/g) 12,00 10 20 14,46Produttività oraria(t/h) 1,50 1,0 2,0 26,86Costo orario cantiere (Euro/h) 24,27Costo unitario (Euro/t) 16,18 12,39 13,94 (escl. montaggio smont.)

Costo unitario (Euro/t) 18,35 14,46 26,85 (incl. montaggio smont. 4h)

29

Skp=Skidder con pinza; Skv=Skidder con verricello; Trg=Trattore con rimorchio e gru; Tga=Trattore con

gabbie; Cav=Cavalli (n. 1); Tri=Trattore con rimorchio; Ris=Risine in PVC; Tve=Trattore con verricello;

Gca=Gru a cavo leggera; Mul=Muli (n. 10); Fba=Filo a sbalzo.

Figura 2.8. Costo di utilizzazione per unità di prodotto e per i diversi mezzi di esbosco, ripartito nelle singole operazioni.

10,9612,90

11,16 11,14 15,94

13,75

14,06 14,97

19,70 20,26 20,3317,35 17,35

21,40 21,40

17,35 21,4019,11

24,88

21,40 21,40 21,40

28,3130,24

32,57 32,54 33,29 35,15 33,17

39,85 41,11 41,66 41,73

05

101520253035404550

Costoun

itario(euro/t)

Mezzi di esbosco

Esbosco Abbatt. allest. conc. Totaleutilizz.

Skp=Skidder con pinza; Skv=Skidder con verricello; Trg=Trattore con rimorchio e gru; Tga=Trattore con

gabbie; Cav=Cavalli (n. 1); Tri=Trattore con rimorchio; Ris=Risine in PVC; Tve=Trattore con verricello;

Gca=Gru a cavo leggera; Mul=Muli (n. 10); Fba=Filo a sbalzo.

Figura 2.7. Costi orari ed per unità di prodotto per i diversi cantieri d'esbosco (valori orientativi).

54,80 54,80 55,81

38,98

44,82

15,47

56,25

25,45

60,87

52,92

26,89

10,9612,90

11,16 11,1415,94

13,7514,06

14,9719,70 20,26 20,33

0

10

20

30

40

50

60

70

0

10

20

30

40

50

60

70

Costoun

itario(euro/t)

Costoorariode

lcan

tiere(euro/h)

Mezzi di esbosco

euro/h euro/t

30

2.2.2 CENNI SUL PREZZO DI MACCHIATICO

Il prezzo di macchiatico (PM) è un termine che in estimo rappresenta il prezzo di trasformazione

del bosco che si va a tagliare, riferito all’unità di misura (q, t, m3, mst, ecc.). Esso è ottenuto dalla

differenza tra il prezzo di mercato dei prodotti trasformati (assortimenti legnosi) all’imposto o, più

raramente, al piazzale di segheria, e tutte le spese occorse e occorrenti per la trasformazione stessa.

In pratica per ottenere il PM è necessario effettuare un bilancio parziale tenendo conto dei costi di

tutti i fattori produttivi che sono coinvolti nella trasformazione, come mostrato nello schema di

Figura 2.9.

Il PM non rappresenta altro che il più probabile valore unitario

di mercato delle piante in piedi, e proprio perché è un valore

unitario, è necessario che la valutazione dei singoli costi venga

fatta in modo molto accurato in quanto piccoli errori in questa

fase diventano di notevole entità quando si passa alla

valutazione dell’intero bosco in piedi, ossia al valore di

macchiatico (VM). Quest’ultimo non è altro che il valore di tutti

gli assortimenti legnosi ottenuti dal lotto boschivo (Va) a cui andranno sottratti tutti i costi sostenuti

per la loro trasformazione (Ct), cioè: VM = Va - Ct. Partendo dalla determinazione di VM, il PMpotrà essere ottenuto con la formula PM = VM/m, dove m rappresenta la massa di legname lavorata

(in q, t, m3, mst, ecc.). La stima del PM (o VM) deve essere per quanto possibile oggettiva e va

riferita ad un processo di trasformazione effettuato in condizioni ordinarie, cioè considerando la

manodopera, le tecnologie e i sistemi di lavoro più frequentemente impiegati dalle imprese forestali

del luogo. Il PM (o VM) rappresenta, da un lato, l’unica voce in attivo per il proprietario che vende

il bosco, mentre, dall’altro, costituisce un costo per l’impresa forestale che lo compra.

Nelle condizioni meno favorevoli del bosco da utilizzare, cioè in presenza di elevate pendenze,

scarsa viabilità forestale, scarsa provvigione, oppure nel caso di diradamenti in piantagioni

artificiali, spesso le spese di trasformazione risultano più elevate del valore commerciale degli

assortimenti legnosi ottenuti ed allora il PM (o VM) risulta negativo (macchiatico negativo).

In linea di massima, si procede alla determinazione del VM quando la vendita del bosco è effettuata

“a corpo”, cioè considerando il valore delle piante in piedi di interi lotti boschivi in relazione alla

massa legnosa ritraibile, mentre, verrà privilegiata la stima del PM quando i contraenti si accordano

sulla vendita del bosco “a misura” stabilendo un prezzo per l’unità di prodotto; in questo caso il

valore di vendita (o acquisto) dell’intero lotto verrà determinato successivamente alla sua

utilizzazione in relazione alla massa di assortimenti effettivamente ottenuta.

Un esempio di calcolo del PM è riportato nella Tabella 2.5 e fa riferimento ad un caso concreto di

un bosco governato a ceduo della superficie complessiva di 3,70 ha, costituito in prevalenza da

cerro e carpino, nel quale sono state rilasciate 130 matricine/ha ed è stata asportata una massa

legnosa complessiva di 384,8 tonnellate, pari a circa 104 t/ha. L’assortimento ottenuto è legna da

ardere che, all’imposto, è venduta ad un prezzo medio di 75 euro/t.

Stipendi

Salari

Quote di ammortamento

Imposte e contributi

Interessi e rischi di

capitale

Spese varie (contratti,

ecc.)

_PREZZO DI

MACCHIATICO

PREZZO LEGNAME

all’imposto

SPESE SOSTENUTE (Costi di trasformazione) =

Figura 2.9. Determinazione del prezzo di macchiatico

31

2.3. IL COSTO DI RACCOLTA DELLE COLTURE FORESTALI DA BIOMASSA

Come già accennato in precedenza, la coltura forestale da biomassa, la cosiddetta Short Rotation Coppice (SRC), è una piantagioni la cui diffusione è andata aumentando

negli ultimi 15 anni ed è ampiamente meccanizzate in tutte le fasi di

coltivazione. Per realizzare la piantagione è possibile attualmente disporre

di trapiantatrici ormai pienamente affidabili, soprattutto per il trapianto di

talee di pioppo, che riescono a raggiungere produttività di lavoro superiori

alle 3.000 talee h-1

, garantendo un apprezzabile risparmio economico nella

fase d’impianto. Per la gestione della piantagione non vi sono particolari

esigenze in termini di meccanizzazione, anzi addirittura vi può essere una

riduzione degli interventi rispetto ad altre colture arboree ed erbacee. Le

difficoltà maggiori si rilevano in genere per la raccolta della biomassa,

anche se le soluzioni meccaniche attualmente non mancano. Di seguito si

riportano i dati economici relativi ad alcune macchine presenti in Italia che

rappresentano i due principali sistemi di raccolta della SRC:

2.3.1 PRINCIPALI CANTIERI DI LAVORO

il sistema delle falciatrinciacaricatrici che eseguono il lavoro con sequenza

continua e in un singolo passaggio delle operazioni di taglio, raccolta e

cippatura e l’altro sistema basato sul taglio e trasporto delle piante intere

fuori campo, con sminuzzatura effettuata in un tempo successivo. Per il

primo sistema si riportano i costi relativi a due tipologie di

falciatrinciacaricatrici: la semovente Claas Jaguar modello Mega (Figura2.10) e l’operatrice portata Spapperi RT (Figura 2.11). La prima macchina

è impiegata soprattutto nel Nord-Italia, mentre la seconda è attiva

Descrizione delle voci euro/t euro/ha Totale su 3,70 ha %

A. Prezzo medio dell'assortimento (all'imposto) 75,00 7.800,00 28.860,00 100,0% a1. - Legname da opera - - - a2. - Legna da ardere 75,00 7.800,00 29.187,60 100,0% a3. - Tronchettame - - - a4. - Cippato - - -

B. Spese di trasformazione 55,66 5.789,06 21.419,51 100,0% b1. Taglio, allestimento e concentramento 23,50 2.444,00 9.042,80 42,2% b2. Esbosco e smacchio 15,70 1.632,80 6.041,36 28,2% b3. Carico, trasporto e scarico 0,00 0,00 0,00 b4. Cippatura 0,00 0,00 0,00 b5. Direzione, amministrazione e sorveglianza 2,74 285,38 1.055,89 4,9% (7% di (b1+b2+b3+b4+b5)) nei casi (1) e (2) b6. Interessi e rischi di capitale 9,80 1.019,20 3.771,04 17,6% (25% di (b1+b2) b7. Spese contrattuali e di pubblicazione F.A.L. 3,92 407,68 1.508,42 7,0% (10% di b1+b2)

C. Prezzo di macchiatico (A-B) 19,34 2.010,94 7.440,49

Tabella 2.5. Calcolo del prezzo e del valore di macchiatico di un bosco ceduo con produzione di legna da ardere. Caso di un ceduo di cerro e carpino con superficie utilizzata di ha 3,70 e produzione media di 104 t/ha (valori riferiti al 2008).

Figura 2.10. Claas Jaguar .

Figura 2.11. Spapperi.

32

soprattutto nel Centro-Sud. Per il secondo sistema di lavoro, è attualmente utilizzata la macchina

taglia ceppaie Agritech, in genere affiancata da un trattore munito di pinza per il trasporto

fuoricampo delle piante abbattute.

Allo stato attuale la macchina più produttiva e più competitiva in assoluto è la semovente Claas

Jaguar, di cui sono disponibili modelli con potenze molto elevate (260-460 kW), munita di testa di

taglio di più recente concezione (HS2 e GBE1), in grado di ottenere raggiungere produttività lorde

di raccolta elevate, anche dell’ordine di 30-40 t h-1

, con capacità lorde di lavoro, relazionate alla

quantità di biomassa per ettaro, superiori a 0,7-0,8 ha h-1

. Il costo orario medio dell’intero cantiere,

costituito dalla raccoglitrice e da un minimo di due trattori con rimorchio, può essere inferiore a

300 euro. Per questo sistema il costo complessivo per ettaro può risultare, pertanto, inferiore a 450-

500 euro ha-1

, in dipendenza della provvigione ad ettaro e del tipo di organizzazione del cantiere.

La Spapperi RT esegue il lavoro di raccolta e cippatura in

modo meno veloce ed efficiente perché la macchina è portata

posteriormente ad un trattore che deve avanzare in retromarcia

(velocità di circa 1-2 km h-1

). L’investimento per allestire

l’intero cantiere è contenuto entro i 270.000 euro, la

produttività è però più limitata con capacità di lavoro di 0,3-

0,4 ha h-1

. Il costo orario del cantiere è di circa 230 euro,

mentre il costo ad ettaro può arrivare mediamente intorno ai

700 euro.

Il secondo sistema di lavoro, è caratterizzato dall’impiego di

macchine ed attrezzature più semplici che comportano un livello di impegno finanziario di gran

lunga inferiore ai precedenti. L’abbattimento delle piante intere è effettuato con una Taglia ceppaie

a sega circolare (Figura 2.12), montata su un trattore agricolo di non elevata potenza (50-70 kW),

il trasporto e l’accumulo dei fusti con trattore munito di forca a pinza (Figura 2.13), mentre la

Cantieri di Raccolta della biomassa

1° Sistema 2° Sistema

Taglio, raccolta, cippatura e carico in fasesequenziale (macchine falciatrinciacaricatrici)

Discontinuità temporale delle tre operazioni(macchine distinte per il taglio, l’esbosco e lacippatura)

Raccoglitrici dotate di motore autonomo(macchine combinate semoventi)

Raccoglitrici, con funzionamento garantitodalla presa di potenza di un trattore (macchinetrainate o semi portate)

Macchine con funzionamento garantito dallapresa di potenza di un trattore. L’esbosco è fattocon un altro trattore

Macchine che tagliano, raccolgono etrasportano piante intere, dotate di motoreautonomo (macchine semoventi)

Due principali sistemi di lavoro

Figura 2.12. Particolare della sega circolare del Taglia ceppaie.

33

sminuzzatura dei fusti è effettuata successivamente con una sminuzzatrice forestale (Figura 2.14).

Con questo sistema si ottengono produttività di abbattimento e trasporto abbastanza elevate, 0,5-

0,8 ha h-1

, con costi inferiori ai 200 euro ha-1

. Tuttavia, la successiva sminuzzatura, rende i costi

complessivi di produzione del cippato superiori rispetto al primo sistema di lavoro. Il capitale

necessario per allestire l’intero cantiere è contenuto entro i 130.000 euro, mentre il costo

complessivo ad ettaro (comprensivo della sminuzzatura) è stimato intorno a 700-950 euro.

2.3.2 ELEMENTI DI VALUTAZIONE E CALCOLO DEI COSTI DI RACCOLTA

Nella determinazione dei costi orari

delle diverse macchine sono stati

considerati alcuni elementi comuni i cui

valori sono mostrati in Tabella 2.6,

mentre nella Tabella 2.7, si riportano i

risultati dell’analisi economica dei

cantieri con la determinazione dei costi

di produzione del cippato nei diversi

cantieri di lavoro.

Il costo orario del cantiere delle

falciatrinciacaricatrici comprende, oltre

alla macchina raccoglitrice, il costo di

due trattori di media potenza (80-100

Utilizzo annuo della macchina

Massa media per ettaro

Tipologia e prezzo del carburante

circa 800 ore, 100 giorni effettivi (al

netto dei giorni piovosi e di

impraticabilità dei campi e festività)

50 t tal quale (25 t ha-1 anno-1)

Gasolio agricolo a prezzo agevolato:

0,95 euro litro-1

Tasso annuo d’interesse 6,0%, da applicare sul capitale

mediamente investito

Valore a nuovo delle macchineVariabile da 60.000 a 370.000 euro in

relazione alla tipologia delle macchine

impiegate

Potenza delle macchine Variabile da 60 a 440 kW in relazione

alla tipologia delle macchine impiegate

Consumo di carburanteVariabile da 14 a 75 kg di gasolio in

relazione alla potenza della macchina

e all’impegno durante il lavoro

Tabella 2.6. Elementi di base utilizzati nel calcolo del costo orario del cantiere di raccolta.

Figura 2.13. Trattore con braccio telescopico e forca a pinza per il trasporto fuori campo delle piante intere.

Figura 2.14. Cippatrice forestale con braccio munito di pinza.

Cantieri di lavoro Produzione biomassa

Produttività cantiere

Capacità di lavoro

Superficie dominata

t/ha t/h ha/h ha/anno euro/h euro/ha euro/h

Claas J. 860+GBE1+2

trattori + 2 rimorchi50 35 0,7 560 298,00 425,71 8,51

Spapperi RT+ 3 trattori

+ 2 rimorchi50 17 0,34 272 229,00 673,53 13,47

Agritech TC + 2 trattori

+ pinza + cippatrice50 15 0,3 240 78,00 910 (*) 18,2 (*)

(*) Il valore riportato comprende anche il costo di cippatura (rispettivamente 650 euro/ha e 13 euro/t)

Costo

Tabella 2.7. Confronto dei dati tecnici ed economici relativi alla produzione del cippato nei tre cantieri di lavoro annuo.

34

kW) con idoneo rimorchio per il trasporto del cippato, stimato complessivamente in circa 100 euro

h-1

.

Il costo del sistema di raccolta con Taglia ceppaie, per omogeneità di confronto, è comprensivo

anche del costo della sminuzzatura valutato mediamente in 13 euro t-1

, anche se tale operazione è

differita rispetto al taglio.

L’analisi dimostra che la

macchina attualmente più

efficiente nella raccolta è la

Falciatrinciacaricatrice Claas

Jaguar 860 con testata GBE1 che,

sfruttando al massimo le sue

potenzialità riesce a contenere i

costi intorno agli 8 euro t-1

, a

fronte del sistema Spapperi e

della taglia ceppaie che invece

salgono rispettivamente a 13 e 18

euro t-1

(Figura 2.15). Qualora

però, le potenzialità delle

macchine non venissero sfruttate

al massimo e le superfici lavorate

risultassero ridotte al di sotto dei

100 ha anno-1

, allora la Spapperi

diverrebbe più competitiva della

Claas, anche se in questo caso i

costi sono comunque più elevati

in tutti i cantieri di lavoro

(Figura 2.16).

La Figura 2.17 evidenzia come la

riduzione percentuale dei costi di

raccolta all’aumentare della

superficie lavorata è più evidente

nelle raccoglitrici semoventi

(base di riferimento il costo

ottenuto su un minimo di 50

ettari raccolti ogni anno).

In conclusione si può constatare

che l’evoluzione della

meccanizzazione nella raccolta e

l’aumento delle rese medie ad

ettaro della SRC ha portato

indubbiamente ad un

miglioramento delle prestazioni

delle macchine con significativi

benefici in termini di riduzione

dei costi dell’operazione.

Il fattore che incide

maggiormente sul costo di

raccolta è la superficie lavorata

annualmente che deve tendere

0,00

5,00

10,00

15,00

20,00

100 200 300 400 500 600

16,33

11,5810,00 9,20 8,73 8,41

17,07

14,2113,26

19,6318,42 18,01

Costo

medio

(eu

ro/t

t.q

.)

Superficie lavorabile (ha anno-1)

Claas J.860+GBE1 Spapperi RT Sist. Taglia ceppaie

Figura 2.15. Costo medio a tonnellata dei tre cantieri considerati, calcolato in funzione della superficie lavorabile annualmente.

0%

20%

40%

60%

80%

100 200 300 400 500 600

36,8%

55,2%61,3% 64,4% 66,2% 67,4%

25,1%

37,6%41,8%

11,0%16,5% 18,4%

Superficie lavorabile (ha anno-1)

Claas J.860+GBE1 Spapperi RT Sist. Taglia ceppaie

Figura 2.17. Riduzione percentuale dei costi per ettaro all’aumentare della superficie lavorata annualmente in rapporto ad una superficie minima lavorata di 50 ha anno-1).

1292

436

1140

711

1103

921

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

0 100 200 300 400 500 600 700

Cost

o (e

uro

ha

-1)

Superficie lavorabile (ha anno-1)

Claas J.860+GBE1 Spapperi RT Sist. Taglia ceppaie

Figura 2.16. Costo medio per ettaro dei tre cantieri considerati, calcolato in funzione della superficie lavorabile annualmente.

35

sempre a coincidere con quella teorica potenzialmente dominata dalla macchina stessa.

I costi presentati sono al netto del trasporto delle macchine per gli spostamenti sugli appezzamenti

da lavorare. Minore è, infatti, la superficie da raccogliere per singolo campo, maggiore sarà la

frequenza degli spostamenti tra i vari appezzamenti e più elevato risulterà il costo globale dei

trasferimenti.

Nella programmazione di nuovi impianti SRF bisognerà quindi pensare a superfici accorpate più

estese (Figura 2.18), da realizzarsi anche promuovendo forme di associazionismo non solo tra

agricoltori ma anche tra questi e le imprese utilizzatrici che dovranno garantire il servizio di

raccolta e di trasporto del materiale prodotto (Figura 2.19).

Bisogna tuttavia sottolineare che i dati economici presentati, pur essendo di larga massima, possono

comunque essere utilmente impiegati per supportate le scelte degli operatori del settore

nell’individuazione delle soluzioni più razionali in termini di sistemi di lavoro e mezzi meccanici da

impiegare in relazione alle condizioni ambientali in cui si opera. Quanto riportato, infine, può

risultare utile come arricchimento di elementi valutativi a livello di Amministrazioni regionali per

meglio intervenire sulla filiera legno-energia anche con incentivazioni finanziarie mirate alla

diffusione della meccanizzazione più adeguata per questo settore, per intensificare quell’azione di

stimolo già avviata da più di qualche anno ma che necessita di ulteriore sviluppo nella direzione

della valorizzazione della produzione di biomassa e del loro utilizzo come fonte rinnovabile a

finalità energetiche.

Figura 2.18. L’estensione della coltura e la ottimale lunghezza dei campi rende più economica la raccolta della SRC.

Figura 2.19. Trasporto e scarico del cippato in un piazzale di stoccaggio temporaneo.

36

3. LA SICUREZZA NEI LAVORI FORESTALI

Nonostante siano vigenti una serie di normative in materia di sicurezza e salvaguardia della salute

degli operatori sul posto di lavoro, nel settore forestale, più che in altri comparti produttivi

(industria e agricoltura), vi è una maggiore resistenza ad accettare le prescrizioni legislative in

merito, sia in riferimento ai titolari delle imprese, sia alla macchine.

Il D.Lgs. 626/94 ha rappresentato una evoluzione nazionale in materia di sicurezza del lavoro, di

miglioramento della qualità della vita oltre a favorire una riduzione del costo sociale che gli

infortuni e le malattie professionali rappresentano. Negli anni, altri Decreti hanno modificato,

migliorato, ampliato, modernizzato quella che era la Legge pioniera, basando sempre di più la

sicurezza sulla prevenzione soggettiva, o meglio sulla partecipazione responsabile dei soggetti

interessati. Con l’approvazione del Decreto Legislativo sulla sicurezza sul lavoro 81/2008, si

rimette al centro dell’azione del Governo e del Parlamento l’attenzione al problema della sicurezza

sul lavoro. Tale Decreto dà una nuova definizione di prevenzione: “complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno”.

3.1. STRALCIO DEL DECRETO LEGISLATIVO 81/2008

Le disposizioni contenute nel presente Decreto Legislativo costituiscono attuazione dell'articolo 1

della legge 3 agosto 2007, n. 123, per il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia di

salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro, mediante il riordino e il

coordinamento delle medesime in un unico testo normativo.

E’ stato necessario creare un modello legale in grado di prevenire, meglio di quanto oggi accada, il

rischio di infortuni sul lavoro. Questo, affinché la prevenzione della salute e della sicurezza divenga

effettiva in ogni contesto lavorativo, e non solo predisponendo un sistema di regole, ma soprattutto

integrando il sistema normativo tradizionale con strumenti quali la formazione, le “buone prassi”,

gli accordi collettivi e la Responsabilità Sociale delle Imprese. La nuova legge fissa i limiti e i

requisiti minimi obbligatori ma lascia più libertà al datore di lavoro e a tutte le figure professionali

che collaborano con lui, nell’adottare misure di tutela, nella ricerca e nella messa in pratica delle

misure di prevenzione e tutela.

37

3.1.1. FIGURE COINVOLTE

Ogni soggetto ha i propri obblighi verso le altre figure professionali con cui collabora, ma anche nei

confronti degli organi di controllo superiori e della collettività.

Di seguito verranno riportati gli obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti, dei lavoratori e del

medico competente, in quanto i soggetti su cui grava in misura maggiore il peso e la responsabilità

della sicurezza sui luoghi di lavoro.

SOGGETTI DELLA PREVENZIONEAZIENDALE

Dirigente: persona che, in ragione delle competenze

professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla

natura dell'incarico conferitogli, attua le direttive del datore di

lavoro organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa.

Preposto: persona che, in ragione delle competenze

professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali

adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla

attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive

ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei

lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa.

Responsabile del servizio di prevenzione e protezione:

persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali

designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il

servizio di prevenzione e protezione dai rischi.

Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona

eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto

concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il

lavoro.

Servizio di prevenzione e protezione dai rischi: insieme

delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda

finalizzati all'attività di prevenzione e protezione dai rischi

professionali per i lavoratori.

Datore di lavoro: soggetto titolare del rapporto di lavoro con

il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e

l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta

la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione

stessa o dell'unita' produttiva in quanto esercita i poteri

decisionali e di spesa.

Medico competente: medico in possesso di uno dei titoli e dei

requisiti formativi e professionali che collabora con il datore

di lavoro ai fini della valutazione dei rischi ……. e per tutti gli

altri compiti di cui al presente decreto.

Lavoratore: persona che indipendentemente dalla tipologia

contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito

dell’organizzazione di un datore di lavoro …, con o senza

retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere,

un’arte o una professione.

38

OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO E DEL DIRIGENTE[i punti a) e b) non possono essere assolutamente delegati dal datore di lavoro]

a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento “Valutazione dei rischi”;

b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;

c) nominare il medico competente per l'effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal presente

decreto legislativo;

d) designare i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di gestione dell'emergenza;

e) fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale;

f) richiedere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni in

materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di

protezione individuali messi a loro disposizione;

g) richiedere al medico competente l'osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel presente decreto;

h) adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i

lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona

pericolosa;

i) adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento;

l) consentire ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, l'applicazione

delle misure di sicurezza e di protezione della salute;

m) comunicare all'INAIL, o all'IPSEMA, in relazione alle rispettive competenze, a fini statistici e informativi, i

dati relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso

quello dell'evento e, a fini assicurativi, le informazioni relative agli infortuni sul lavoro che comportino

un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni;

n) nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto e di subappalto, munire i lavoratori di apposita

tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del

datore di lavoro;

o) nelle unità produttive con più di 15 lavoratori, convocare la riunione periodica;

p) aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza

ai fini della salute e sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica della

prevenzione e della protezione;

q) comunicare annualmente all'INAIL i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.

39

OBBLIGHI DEI LAVORATORIOgni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.

a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento degli obblighi previsti a

tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;

b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della

protezione collettiva ed individuale;

c) utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto,

nonché i dispositivi di sicurezza;

d) utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;

e) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei

dispositivi, nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi

direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle proprie competenze e possibilità, per eliminare o ridurre le

situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;

f) non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;

g) non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che

possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;

h) partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro;

i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico

competente.

40

3.1.2. VALUTAZIONE DEI RISCHI

Al fine di verificare la conformità normativa dell’azienda, la procedura da seguire prevede degli

steps:

- identificazione delle sorgenti di rischio;

- identificazione dei rischi di esposizione;

- stima dei rischi di esposizione individuali.

Una volta individuati tutti i fattori di rischio, la mossa successiva è passare all’individuazione delle

persone esposte. Il tutto si concretizza nella redazione del documento “Valutazione dei rischi”.

OBBLIGHI DEL MEDICO COMPETENTE

a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei

rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla

predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei

lavoratori, all'attività' di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di

competenza, e alla organizzazione del servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di

lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro;

b) programma ed effettua la sorveglianza sanitaria attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei

rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati;

c) istituisce, anche tramite l'accesso alle cartelle sanitarie e di rischio, aggiorna e custodisce, sotto la

propria responsabilità, una cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza

sanitaria. Nelle aziende o unità produttive con più di 15 lavoratori il medico competente concorda con

il datore di lavoro il luogo di custodia;

d) consegna al datore di lavoro, alla cessazione dell'incarico, la documentazione sanitaria in suo possesso;

e) invia all'ISPESL, esclusivamente per via telematica, le cartelle sanitarie e di rischio nei casi previsti dal

presente decreto legislativo, alla cessazione del rapporto di lavoro;

f) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato della sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti e, nel

caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti

sanitari anche dopo la cessazione della attività;

g) informa ogni lavoratore interessato dei risultati della sorveglianza sanitaria e, a richiesta dello stesso,

gli rilascia copia della documentazione sanitaria;

h) comunica per iscritto, in occasione delle riunioni al datore di lavoro, al responsabile del servizio di

prevenzione protezione dai rischi, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, i risultati anonimi

collettivi della sorveglianza sanitaria effettuata e fornisce indicazioni sul significato di detti risultati ai

fini della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori;

i) visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all'anno o a cadenza diversa che stabilisce in base alla

valutazione dei rischi; cadenza diversa che stabilisce in base alla valutazione dei rischi; l’indicazione

di una periodicità diversa dall'annuale deve essere comunicata al datore di lavoro ai fini della sua

annotazione nel documento di valutazione dei rischi;

j) partecipa alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti

con tempestività ai fini della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria;

k) comunica, mediante autocertificazione, il possesso dei titoli e requisiti al Ministero della salute entro il

termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

41

I datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori effettuano la valutazione dei rischi sulla base

delle procedure standardizzate. Gli stessi possono autocertificare l'effettuazione della valutazione

dei rischi.

3.1.3. FORMAZIONE, INFORMAZIONE ED ADDESTRAMENTO

La formazione è uno dei punti fondamentali nell’ottica della prevenzione degli infortuni. Questa

deve avvenire al momento dell’assunzione, o in caso di trasferimento del lavoratore ad altre

mansioni oppure se vengono introdotte nuove attrezzature, tecnologie o metodologie di lavoro. La

formazione deve essere ripetuta periodicamente.

VALUTAZIONE DEI RISCHI

Valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza.

Il testo unico non delinea una metodologia per la valutazione dei rischi, ma il documento deve comunque

contenere:

a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività' lavorativa;

b) l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali

adottati;

c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di

sicurezza;

d) l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli

dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti

in possesso di adeguate competenze e poteri;

e) l'indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante

dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla

valutazione del rischio;

f) l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono

una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.

Una volta redatto il documento, devono essere messe in atto le procedure per l’attuazione delle misure,

periodicamente deve essere eseguito il controllo del programma ed eventualmente provvedere

all’adeguamento e all’aggiornamento in caso di sopravvenute modifiche all’attività svolta.

42

Riunione periodica

Nelle aziende e nelle unità produttive che occupano più di 15 lavoratori, il datore di lavoro,

direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta

all'anno una riunione cui partecipano:

a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;

b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;

c) il medico competente, ove nominato;

d) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all'esame dei partecipanti:

a) il documento di valutazione dei rischi;

b) l'andamento degli infortuni e delle malattie professionali e della sorveglianza sanitaria;

c) i criteri di scelta, le caratteristiche tecniche e l'efficacia dei dispositivi di protezione individuale;

d) i programmi di informazione e formazione dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori ai fini della

sicurezza e della protezione della loro salute.

Della riunione deve essere redatto un verbale che e' a disposizione dei partecipanti per la sua

consultazione.

Il datore di lavoro fornisce al servizio di prevenzione e protezione ed al medico competente

informazioni in merito a:

a) la natura dei rischi;

b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure preventive e

protettive;

c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;

d) i dati di cui al comma 1, lettera r), e quelli relativi alle malattie professionali;

e) i provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza.

3.1.4. ATTREZZATURE DI LAVORO

Processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi.

FORMAZIONE, INFORMAZIONE e ADDESTRAMENTO

ATTREZZATURE DI LAVORO

Sono attrezzature di lavoro qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto destinato ad essere usato durante il lavoro.

43

Uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa ad una attrezzatura di

lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio, l'impiego, il trasporto, la riparazione, la

trasformazione, la manutenzione, la pulizia, il montaggio, lo smontaggio;

Zona pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimità di una attrezzatura di lavoro nella

quale la presenza di un lavoratore costituisce un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso;

Lavoratore esposto: qualsiasi lavoratore che si trovi interamente o in parte in una zona pericolosa;

Operatore: il lavoratore incaricato dell'uso di una attrezzatura di lavoro.

Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono essere conformi alle specifiche

disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto.

Le attrezzature di lavoro costruite in assenza di disposizioni legislative e regolamentari e quelle

messe a disposizione dei lavoratori antecedentemente all'emanazione di norme legislative e

regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, devono essere conformi ai

requisiti generali di sicurezza.

Si considerano conformi alle disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive

comunitarie di prodotto le attrezzature di lavoro costruite secondo le prescrizioni dei decreti

ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 395 del decreto Presidente della Repubblica 27 aprile

1955, n. 547, ovvero dell'articolo 28 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.

Il datore di lavoro deve provvedere affinché per ogni attrezzatura di lavoro messa a disposizione, i

lavoratori incaricati dell'uso dispongano di ogni necessaria informazione e istruzione e ricevano una

formazione adeguata in rapporto alla sicurezza relativamente:

a) alle condizioni di impiego delle attrezzature;

b) alle situazioni anormali prevedibili.

Al fine di assicurare il buono stato di conservazione e l'efficienza a fini di sicurezza delle

attrezzature di lavoro le stesse devono essere sottoposte a un controllo iniziale (dopo l'installazione

e prima della messa in esercizio) e ad un controllo dopo ogni montaggio in un nuovo cantiere o in

una nuova località di impianto, al fine di assicurarne l'installazione corretta e il buon

funzionamento. Nel caso di attrezzature soggette a influssi che possono provocare deterioramenti

suscettibili di dare origine a situazioni pericolose devono essere sottoposte a controlli periodici,

secondo frequenze stabilite in base alle indicazioni fornite dai fabbricanti, ovvero dalle norme di

buona tecnica, o dai codici di buona prassi; a controlli straordinari al fine di garantire il

mantenimento di buone condizioni di sicurezza, ogni volta che intervengano eventi eccezionali che

possano ridurre la sicurezza delle attrezzature di lavoro, quali riparazioni, trasformazioni, incidenti,

fenomeni naturali o periodi prolungati di inattività.

Il testo unico 81/2008, in uno degli allegati, elenca i requisiti generali applicabili a tutte le

attrezzature di lavoro, riferiti principalmente ai:

a) sistemi e dispositivi di comando

- devono essere sicuri e scelti tenendo conto delle sollecitazioni, dei disturbi prevedibili

nell’ambito dell’uso;

- devono essere visibili e facilmente individuabili, oltre ad trovarsi al di fuori delle zone

pericolose in modo da non comportare rischi derivanti da una manovra accidentale;

- devono permettere l’arresto generale dell’attrezzatura in condizioni di sicurezza;

- i motori soggetti a variazione di velocità devono essere provvisti di regolatore automatico di

velocità per impedire che questa superi i limiti prestabiliti;

b) rischi di rottura, proiezione e caduta di oggetti durante il funzionamento

- un’attrezzatura che presenti tali rischi deve essere munita di dispositivi appropriati di

44

sicurezza corrispondenti a tali pericoli;

c) rischi dovuti ad elementi mobili

- le attrezzature che presentano tali rischi devono essere dotate di protezioni o di sistemi

protettivi che impediscano l’accesso alle zone pericolose o che arrestino i movimenti

pericolosi;

- le protezioni e i sistemi protettivi devono essere robusti, non provocare rischi supplementari

e non devono essere facilmente elusi o resi inefficaci. Inoltre si devono trovare a sufficiente

distanza dalle zone pericolose, non devono limitare il ciclo del lavoro ne tanto meno la

manutenzione e la sostituzione di parti danneggiate.

d) segnalazioni

- i dispositivi di allarme devono essere ben visibili e le segnalazioni comprensibili;

- gli strumenti indicatori devono essere collocati in modo visibile, in modo da garantire la

sicurezza ai lavoratori.

3.1.5. I DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE

Non costituiscono DPI:

a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la

sicurezza e la salute del lavoratore;

b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;

c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di polizia e del personale

del servizio per il mantenimento dell'ordine pubblico;

d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto stradali;

e) i materiali sportivi quando utilizzati a fini specificamente sportivi e non per attività lavorative;

f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione;

g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.

Obbligo di uso

I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti

da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o

procedimenti di riorganizzazione del lavoro (Figura 3.1).

DISPOSITIVO DI PROTEZIONE INDIVIDUALE (DPI)

Per DPI si intende qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.

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I lavoratori del settore agro-forestale dovrebbero essere

dotati almeno dei seguenti DPI:

tute da lavoro comode, fatte con materiale

resistente, non infiammabile, con polsi e caviglie

possibilmente aderenti. Per il settore forestale, nel

caso venga utilizzata la motosega questa tuta dovrà

essere antitaglio, munita comunque di strisce di

tessuto colorate, visibili da lontano in ambiente

boschivo;

Requisiti dei DPIdevono essere adeguati alle condizioni esistenti sul

luogo di lavoro

devono tenere conto delle esigenze ergonomiche o di

salute del lavoratore

devono poter essere adattati all'utilizzatore secondo le

sue necessità

devono essere adeguati ai rischi da prevenire, senza

comportare di per sé un rischio maggiore

devono essere conformi alle norme di cui al decreto

legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, e sue successive

modificazioni

In caso di rischi multipli che richiedono l'uso simultaneo di più DPI, questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell'uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi corrispondenti.

Figura 3.1. Dispositivi di protezione individuale da indossare durante le operazioni di utilizzazioni forestali.

Figura 3.2. Tute e guanti idonei all’uso della motosega.

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giacche antitaglio nel caso si utilizzi la motosega

per potature, o comunque venga frequentemente

alzata al di sopra del bacino (Figura 3.2);

guanti adeguati al tipo di lavoro svolto, per

proteggere le mani contro perforazioni, tagli,

ustioni, vibrazioni ecc. (Figura 3.3);

calzature di sicurezza, antiscivolo, con puntale in

acciaio (Figura 3.4);

indumenti contro il maltempo, quali i giubbotti termici,

impermeabili, ecc. (Figura 3.5);

casco di sicurezza per proteggere la testa da colpi

accidentali (Figura 3.6);

cuffie o inserti auricolari antirumore per proteggere le

orecchie da eccessiva rumorosità nell’ambiente di

lavoro (Figura 3.6);

visiera in rete antiriflesso per proteggere gli occhi ed il

viso, per esempio da schegge di segatura, rami, ecc.,

come nel caso di utilizzo della motosega (Figura 3.6).

Figura 3.3. Guanti idonei per svolgere lavori diversi.

Figura 3.5. Giacche e pantaloni idonei all’uso in bosco. Figura 3.6. Casco con visiera retata e

cuffie, adatte per esempio per l’impiego della motosega

Figura 3.4. Calzature di sicurezza con puntale d’acciaio.

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3.1.6. SEGNALETICA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LUOGO DI LAVORO

b) segnale di divieto: un segnale che vieta un comportamento che potrebbe far correre o causare un

pericolo;

c) segnale di avvertimento: un segnale che avverte di un rischio o pericolo;

d) segnale di prescrizione: un segnale che prescrive un determinato comportamento;

e) segnale di salvataggio o di soccorso: un segnale che fornisce indicazioni relative alle uscite di

sicurezza o ai mezzi di soccorso o di salvataggio;

f) segnale di informazione: un segnale che fornisce indicazioni diverse da quelle specificate alle

lettere da b) ad e);

g) cartello: un segnale che, mediante combinazione di una forma geometrica, di colori e di un

simbolo o pittogramma, fornisce una indicazione determinata, la cui visibilità e' garantita da una

illuminazione di intensità sufficiente;

SEGNALETICA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LUOGO DI LAVORO

Indicata «segnaletica di sicurezza»: è una segnaletica che, riferita ad un oggetto, ad una attività o ad una situazione determinata, fornisce una indicazione o una prescrizione concernente la sicurezza o la salute sul luogo di lavoro, e che utilizza, a seconda dei casi, un cartello, un colore, un segnale luminoso o acustico, una comunicazione verbale o un segnale gestuale.

Principali DPI necessari all’operatore forestale

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h) cartello supplementare: un cartello impiegato assieme ad un cartello del tipo indicato alla lettera

g) e che fornisce indicazioni complementari;

i) colore di sicurezza: un colore al quale e' assegnato un significato determinato;

l) simbolo o pittogramma: un'immagine che rappresenta una situazione o che prescrive un

determinato comportamento, impiegata su un cartello o su una superficie luminosa;

m) segnale luminoso: un segnale emesso da un dispositivo costituito da materiale trasparente o

semitrasparente, che e' illuminato dall'interno o dal retro in modo da apparire esso stesso

come una superficie luminosa;

n) segnale acustico: un segnale sonoro in codice emesso e diffuso da un apposito dispositivo, senza

impiego di voce umana o di sintesi vocale;

o) comunicazione verbale: un messaggio verbale predeterminato, con impiego di voce umana o di

sintesi vocale;

p) segnale gestuale: un movimento o posizione delle braccia o delle mani in forma convenzionale

per guidare persone che effettuano manovre implicanti un rischio o un pericolo attuale per i

lavoratori.

3.1.7. CANTIERI TEMPORANEI E MOBILI

FINALITA’ DELLA SEGNALETICA

vietare

comportamen

ti “a rischio”

prescrivere

determinati

comporta-

menti

fornire

indicazioni

preventive

avvertire

della presenza

di un rischio o

pericolo

Esempi di segnaletica di sicurezza relativa alle macchine (caso specifico della motosega)

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Agli effetti delle disposizioni di legge si intende per cantiere temporaneo o mobile: qualunque

luogo in cui si effettuano lavori edili o di ingegneria civile il cui elenco è riportato nell'allegato X

della presente legge.

Nei cantieri la cui durata presunta dei lavori è inferiore ai duecento giorni lavorativi, l'adempimento

di quanto previsto dall'articolo 102 costituisce assolvimento dell'obbligo di riunione di cui

all'articolo 35, salvo motivata richiesta del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Nei

cantieri la cui durata presunta dei lavori è inferiore ai 200 giorni lavorativi, e ove sia prevista la

sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41, la visita del medico competente agli ambienti di lavoro

in cantieri aventi caratteristiche analoghe a quelli già visitati dallo stesso medico competente e

gestiti dalle stesse imprese, e' sostituita o integrata, a giudizio del medico competente, con l'esame

di piani di sicurezza relativi ai cantieri in cui svolgono la loro attività i lavoratori soggetti alla sua

sorveglianza. Il medico competente visita almeno una volta all'anno l'ambiente di lavoro in cui

svolgono la loro attività i lavoratori soggetti alla sua sorveglianza.

Per maggiori approfondimenti legislativi si consiglia di esaminare per intero il decreto legislativo emanato a

riguardo, con i rispettivi allegati.

ALLEGATO X

I cantieri temporanei e mobili sono qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili o di ingegneria civile il cui elenco e' riportato nell'allegato X del testo unico sulla sicurezza.

I lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento,

ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento o lo smantellamento di

opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in

altri materiali, comprese le linee elettriche, le parti strutturali degli impianti elettrici, le opere

stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo per la parte che comporta

lavori edili o di ingegneria civile, le opere di bonifica, di sistemazione forestale e di sterro.

Stampa: Grafica Salaria Via Salaria, 88/A - 00015 Monterotondo (Roma)

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Settembre 2009