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LA RIQUALIFICAZIONE E LA VALORIZZAZIONE DEL PAESAGGIO SILVO-PASTORALE delle Alpi Pascolive della Tremezzina e del gruppo del Generoso Prof. Michele Corti - Docente di Sistemi zootecnici e pastorali montani, Università degli Studi di Milano Dott. Simone Lamberti - Dottore in Scienze e Tecnologie Agrarie, Mezzegra (Co) pubblicato in: La Valle Intelvi. Quaderno n. 9 2003, pp. 255-272 Introduzione. I paesaggi pastorali montani rappresentano una tipologia paesaggistica in cui le componenti naturali (biologiche, geologiche) esercitano un ruolo fondamentale nel determinare la struttura del paesaggio stesso, dal momento che le condizioni ambientali condizionano fortemente le modalità di utilizzo e di intervento antropico. Il territorio alpino, però, è stato sottoposto per secoli, almeno sino all'inizio del XX secolo, ad un utilizzo molto più intensivo delle risorse naturali rispetto al presente, realizzato attraverso un forte investimento in lavoro umano (Mathieu, 2000). La presenza capillare ed assidua dell'uomo nell'ambito dello spazio pastorale alpino ha lasciato numerose tracce. tanto da poter attribuire al paesaggio pastorale una valenza storico-culturale che, se non prevalente (come nel caso di alcuni paesaggi agricoli), risulta pur sempre significativa. Tale valenza tende oggi in gran parte a scomparire in relazione alla estensivizzazione, atrofizzazione e despecializzazione delle attività ma, spesso, a tale perdita non corrisponde una "rinaturalizzazione" in grado di compensare sul piano ecologico ed estetico la perdita di valore storico-culturale. Mentre in pianura, dove sono presenti forti fenomeni di urbanizzazione o, in alternativa, si è sviluppata un'agricoltura fortemente industrializzata, la qualità del paesaggio legata alla conservazione di quanto rimane degli elementi naturali, nel paesaggio pastorale prealpino il mantenimento della fisionomia tradizionale è legato alla conservazione di "residui antropici". Essi esprimono una "diversità culturale" e quindi dei valori simbolici ed identitari importanti (almeno potenzialmente) per i vari soggetti implicati (operatori agro-silvo-pastorali, fruitori, comunità locale insediata, comunità regionale). Dal momento che il paesaggio tradizionale è il risultato della combinazione della diversità degli elementi naturali con la diversità etnoculturale, è evidente come, per preservare e valorizzare questa diversità, sia indispensabile in primo luogo individuare, nel contesto dato, quali siano gli elementi culturali specifici, ma anche comprendere come ,i siano formati in relazione alle caratteristiche democulturali ed ecologiche e quale funzione abbiano rivestito nell'ambito dello specifico sistema agro-pastorale. Una volta individuati tali elementi del paesaggio pastorale tradizionale e valutato il loro valore sotto il profilo estetico e della originalità culturale, risulta possibile stabilire una gerarchia di priorità di interventi di tutela e conservazione in un quadro dinamico, ossia tenendo conto delle nuove funzioni socio- econonomiche del paesaggio stesso (rifunzionalizzazione) e dell’esigenza di implementare i valori estetico-scenografici del paesaggio, nonché quelli di ricchezza e stabilita ecologica (biodiveisità e resilienza).

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LA RIQUALIFICAZIONE ELA VALORIZZAZIONE DEL

PAESAGGIO SILVO-PASTORALEdelle Alpi Pascolive della Tremezzina e del gruppo del Generoso

Prof. Michele Corti - Docente di Sistemi zootecnici e pastorali montani, Università degli Studi di Milano

Dott. Simone Lamberti - Dottore in Scienze e Tecnologie Agrarie, Mezzegra (Co)

pubblicato in: La Valle Intelvi. Quaderno n. 9 2003, pp. 255-272

Introduzione.

I paesaggi pastorali montani rappresentano una tipologia paesaggistica in cui le componentinaturali (biologiche, geologiche) esercitano un ruolo fondamentale nel determinare la struttura delpaesaggio stesso, dal momento che le condizioni ambientali condizionano fortemente le modalità diutilizzo e di intervento antropico.

Il territorio alpino, però, è stato sottoposto per secoli, almeno sino all'inizio del XX secolo, adun utilizzo molto più intensivo delle risorse naturali rispetto al presente, realizzato attraverso unforte investimento in lavoro umano (Mathieu, 2000). La presenza capillare ed assidua dell'uomonell'ambito dello spazio pastorale alpino ha lasciato numerose tracce. tanto da poter attribuire alpaesaggio pastorale una valenza storico-culturale che, se non prevalente (come nel caso di alcunipaesaggi agricoli), risulta pur sempre significativa.

Tale valenza tende oggi in gran parte a scomparire in relazione alla estensivizzazione,atrofizzazione e despecializzazione delle attività ma, spesso, a tale perdita non corrisponde una"rinaturalizzazione" in grado di compensare sul piano ecologico ed estetico la perdita di valorestorico-culturale.

Mentre in pianura, dove sono presenti forti fenomeni di urbanizzazione o, in alternativa, si èsviluppata un'agricoltura fortemente industrializzata, la qualità del paesaggio legata allaconservazione di quanto rimane degli elementi naturali, nel paesaggio pastorale prealpino ilmantenimento della fisionomia tradizionale è legato alla conservazione di "residui antropici". Essiesprimono una "diversità culturale" e quindi dei valori simbolici ed identitari importanti(almeno potenzialmente) per i vari soggetti implicati (operatori agro-silvo-pastorali, fruitori,comunità locale insediata, comunità regionale). Dal momento che il paesaggio tradizionale è ilrisultato della combinazione della diversità degli elementi naturali con la diversità etnoculturale, èevidente come, per preservare e valorizzare questa diversità, sia indispensabile in primo luogoindividuare, nel contesto dato, quali siano gli elementi culturali specifici, ma anche comprenderecome ,i siano formati in relazione alle caratteristiche democulturali ed ecologiche e quale funzioneabbiano rivestito nell'ambito dello specifico sistema agro-pastorale. Una volta individuati talielementi del paesaggio pastorale tradizionale e valutato il loro valore sotto il profilo estetico edella originalità culturale, risulta possibile stabilire una gerarchia di priorità di interventi di tutela econservazione in un quadro dinamico, ossia tenendo conto delle nuove funzioni socio-econonomiche del paesaggio stesso (rifunzionalizzazione) e dell’esigenza di implementare i valoriestetico-scenografici del paesaggio, nonché quelli di ricchezza e stabilita ecologica (biodiveisità eresilienza).

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È opportuno osservare anche come l'obiettivo della ricerca di coerenza tra l'implementazionedella `'qualità culturale" e di quella ecologica- del paesaggio risulti facilitato dal fatto che i paesaggitradizionali sono il risultato di una lenta formazione ed evoluzione alla ricerca di soluzioni in grado diassicurare il massimo di integrazione e di armonizzazione delle attività antropiche con gli elementinaturali (Antrop, 2000). Tutto ciò è ben diverso da quanto si realizza nel paesaggio "moderno",caratterizzato da soluzioni uniformi e"razionali" che mancano di originalità e non si basano sullaricerca di armonizzazione con l'elemento naturale né di coerenza con la storia dei precedentiinterventi antropici (Antrop, 2000).

La specificità del paesaggio pastorale del Lario Intelvese.

Nell'ambito della montagna alpina l'effetto delle attività agro-silvo-pastorali sul paesaggio si èmanifestato in modo disomogeneo in relazione con diversi livelli di densità demografica, con lecaratteristiche forme di insediamento, con le diversità di clima, morfologia del territorio, substratogeologico.

Nella zona propriamente alpina grandi distese di pascoli sono state ricavate spostando verso ilbasso il limite della vegetazione arborea, ma, in larga misura, sfruttando anche le praterie poste al disopra della fascia altitudinale del bosco di conifere. Nelle aree prealpine, invece, il pascolo è statoricavato dove la copertura vegetale è normalmente rappresentata dal bosco misto di latifoglie. Intali situazioni l'abbandono o la riduzione di intensità dello sfruttamento pastorale determinanomodificazioni più rapide e più profonde nell'aspetto e nella struttura del paesaggio vegetale rispettoa quelle che si osservano nella montagna alpina propriamente detta. Ciò vale in modo particolareper l'ambito insubrico, caratteristico della regione dei laghi lombardo-occidentali, dove ladistribuzione delle precipitazioni nel corso dell'anno e le temperature favoriscono una forteproduttività rispetto ad altre stazioni poste agli stessi livelli altimetrici (Giacomini eFenaroli, 1958).

Rispetto alla montagna alpina l'area lariana intelvese, che risente delle condizioni climaticheinsubriche, presenta caratteristiche differenti anche sotto il profilo degli insediamenti e dellemodalità di sfruttamento pastorale del territorio.

In quest'area sono presenti modalità di sfruttamento dei pascoli che non sempre si basano sullapresenza di maggenghi e di alpi (categorie ben definite di insediamento temporaneo), dalmomento che i pascoli sono spesso raggiungibili dai villaggi o da insediamenti sparsi distribuiticapillarmente sul territorio (Pierfermi, 1998). L'assenza, in Valle d'Intelvi, di realtà corrispondenti allevere e proprie alpi pascolive, è riconducibile alle modalità di gestione del pascolamento che, indiversi comuni, ancora all'inizio del XX - in linea con consuetudini largamente diffuse nelmedioevo - prevedeva la formazione di mandrie/greggi affidate ad un pastore comunale. Questi eraincaricato di condurre ogni giorno al pascolo sui pascoli comunali il bestiame e di ricondurlo allasera nel villaggio riconsegnandolo ai singoli piccoli proprietari (Serpieri, 1912). In questecondizioni era ovvio che le numerose "alpi" intelvesi, lungi dal corrispondere al model lotipico dell'alpe pascoliva (definita quale organica unità pastorale costituita da pascoli, fabbricati,infrastrutture e deputata allo sfruttamento continuativo dei pascoli in quota per tutta la durata delperiodo estivo), risultassero individuate dalla presenza di semplici strutture (-bolle-, sòstre, znerícc) enon da un complesso di fabbricati per l'organizzazione dell'attività zootecnica e casearia.

Nella Tremezzina, invece, l'importanza dei centri abitati rivieraschi e del loro retro terracoltivato e il notevole dislivello altimetrico tra essi e i pascoli estivi, determina la presenza di veri epropri monti- (maggenghi) e"alpi" come forma obbligata di utilizzo integrato del territorio. Ciòdetermina una netta differenziazione anche all'interno dello stesso Lario Intelvese.

Le caratteristiche dei due comprensori esaminati.

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Il comprensorio delle alpi pascolive della Tremezzina comprende, come osservato, vere eproprie alpi: Colonno. Ossuccio, Lenno, Mezzegra, collocate sul crinale che separa la Tremezzina dallaValle d'Intelvi. In passato figuravano anche l'Alpe di Sala e quella di Tremezzo e altre piccole alpi,poste a quote inferiori sui versanti del Calbiga e dotate di ridotte superfici pascolivefortemente acclivi. Le alpi della Tremezzina, oltre che disporre di pascoli di buona qualità e confavorevole giacitura. sono favorite dalla facilità di accesso grazie alla strada proveniente da Pigra,costruita nell'ambito della cosiddetta "Linea Cadorna". Sino all'Alpe di Lenno è possibile lapercorrenza con autovetture a trazione singola mentre l'Alpe di Mezzegra (Alpetto) èraggiungibile, con mezzi a trazione doppia. La visione del Lario e del Ceresio dalle cime più alte, postea circa 1.700 m slm (Calbiga, Crocione, Monte di Tremezzo), ma anche da diversi punti panoramicicollocati lungo il percorso che collega le alpi, gratifica l'escursionista e il turista con un panorama dirara bellezza. Oltre alle alpi, con la presenza degli animali al pascolo e la loro produzione casearia(zincarlin, formaggini di capra, formaggio d'alpe) nell'ambito del comprensorio alpino tremezzino visono ulteriori e importanti elementi di interesse turistico. Essi comprendono le postazioni della"Linea Cadorna", l'osservatorio astronomico nei pressi della cima del Calbiga, le aree conpresenza di fossili, l'Alpe di Tremezzo abbandonata sin dagli anni 60, ma con testimonianze diinteressanti architetture. Il comprensorio pastorale-turistico comprende anche un rifugio (Venini) edue ristori-trattoria.

Il gruppo del Generoso rappresenta anch'esso un comprensorio di notevole interesse (epotenzialità) turistiche, caratterizzato da una presenza pastorale ancora significativa, ma menorilevante di quella delle alpi tremezzine. Per le sue caratteristiche morfologiche e ambientali questoterritorio, che comprende anche i versanti del Monte di Orimento e del Pizzo Croce, harappresentato in passato una risorsa territoriale chiave per la Comunità della Valle d'Intelvi, graziead un intenso sfruttamento pascolivo reso possibile alla dolcezza del rilievo (con l'eccezione delleporzioni sommitali del Generoso). Ne fanno fede i numerosi toponimi "alpe" e"piano" utilizzati perindicare delle aree pascolive di pertinenza delle diverse comunità1. Nell'ambito del comprensorio,attualmente, la presenza del bestiame è molto ridotta: presso la Bolla di Orimento ha sedeun'azienda permanente con allevamento di vacche e capre da latte e produzione di latticini;qualche capo bovino e ovino si trova ancora a Erbonne (un tempo insediamento pastorale nonpermanente), mentre, dalla primavera all'autunno avanzato, diverse "alpi" sono ancora caricate, siapure con prevalenza di bestiame bovino asciutto e con equini. La stessa Alpe di Gotta, dove sonoin corso interventi di ristrutturazione, non è attualmente caricata. Nel comprensorio sono presentinumerose nevère e sòstre (vedi oltre), elementi di notevole interesse storico-architettonico, ma che,in assenza di un piano di rilancio dell'attività pastorale, rischiano di subire una fossilizzazione. Lesuperfici a pascolo si sono ridotte in maniera vertiginosa e la loro contrazione è tutt'ora in atto, con leconseguenze paesistiche che verranno oltre discusse. La presenza di elementi di interesse paesistico,storico-culturale, paleontologico (grotta dell'orso), faunistico (facilità di avvistamento di camosci),botanico (piante monumentali), rifugi, ristori. aree ricreative attrezzate, la possibilità di compierediverse escursioni di interesse panoramico e naturalistico alla portata di tutti, determinano unafortissima presenza turistica. A tutti gli elementi di interesse citati si deve aggiungere, nellaprospettiva della valorizzazione turistica delle attività pastorali, che anche nel Generoso si riscontrauna radicata tradizione casearia (formaggini della Val d'Intelvi, ottenuti con latte mistovaccino e caprino, e formaggi semigrassi).

Paesaggio silvo-pastorale: gli interventi di forestazione del passato e le prospettive future.

Il paesaggio "silvo-pastorale" del Lario Intelvese può considerarsi caratterizzato dalla presenza diuna unità significativa dei suoi elementi e qualificarsi quindi come tale?

1 La Valle, infatti "ha pascoli che quasi tutti si allontanano dal tipo dell'alpe (Serpieri. 1912) e che rientrano (rientravano) nella categoria dei pascoli diurni.

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In passato pascolo e bosco erano interessati da forme di sfruttamento strettamente congiunte daparte delle comunità locali (basti pensare all'importanza, in ambito prealpino, del pascolo in bosconelle ore più calde, e alla provvista in bosco di foraggio e di strame per le esigenze dell'attivitàzootecnica). Questa unità di gestione delle risorse e del paesaggio è stata rotta in nome di unapolitica di "intervento dall'alto" sul territorio. Gli stati, grazie al crescente controllo da parte deiloro organi centralizzati sulle comunità alpine, nel corso del XIX e XX secolo hannoperseguito una politica di forestazione secondo criteri per nulla rispettosi delle concretecondizioni ambientali, basata sulla pretesa validità generale del presupposto che "il bosco rende dipiù e protegge meglio". L'aver attribuito, dalla metà del XIX secolo in poi, le cause del"disboscamento" e dei "dissesti idrogeologici" all'eccessiva estensione dei pascoli e al lorosovraccarico2 ha costituito la base di un "forestalismo ideologico" che non ha ancora cessato deltutto di manifestare le sue conseguenze negative.

Nel caso di ampie superfici di territorio silvo-pastorale delle prealpi abbiamo un esempio evidentedi stravolgimento del paesaggio tradizionale e di perdita di una sua organicità sotto la spintadell'applicazione uniforme di orientamenti tecnico-economici forestali "razionali". Ci riferiamo allarealizzazione nel corso del XX secolo di impianti artificiali di conifere in ambienti con caratteristichediverse da quelle del loro habitat naturale. Attratti dalla prospettiva dei rapidi incrementi legnosi delleresinose nelle favorevoli condizioni climatiche prealpine, i tecnici del Corpo Forestale dello Statopromossero la "riforestazione" di ampie superfici con la prospettiva di trasformarle in boschi"pregiati" (dal punto di vista unilateralmente "quantitativista" delle provvigioni legnose, ossia deim3/ha).

Nel territorio del Lario Intelvese i popolamenti di conifere di origine artificialerappresentano il 10% della superficie classificata boschiva (ERSAF, s.d.). La maggior parte deiquesti popolamenti non possono, in realtà, essere definiti boschi in quanto non presentano unarinnovazione spontanea e non rappresentano qualcosa di diverso da un pioppeto della Bassa o daun campo di mais, se non fosse per la diversa durata dell'investimento del terrena Essi sonopresenti nella quasi totalità proprio nell'ambito dei due comprensori esaminati: quello del Generosoe quello delle Alpi Tremezzine (Alpe di Colonno e Alpe di Lenno).

Dal punto di vista economico i risultati di questa operazione sono risultati fortemente negativi,anche a prescindere dalla generale perdita di valore del legname che si è registrata negli ultimidecenni. La realizzazione di estese piantagioni della stessa specie ed età di impianto haridotto la capacità di resistenza alle diverse avversità fisiche e biologiche favorendone ildeperimento. Lo scarso stato di salute delle piantagioni di abete rosso è stato recentemente messo inevidenza in seguito all'esecuzione di monitoraggi da parte della Comunità Montana che hannosottolineato la gravità degli attacchi parassitari da parte del bostrico (Ips typographus), uninsetto della famiglia degli scolitidi che agisce sotto la corteccia.

La scarsa qualità del legname delle piantagioni mature è legata anche alla mancata applicazione dicure selvicolturali (diradamenti, sfolli) con la conseguente eccessiva densità, lo scarso sviluppo dichiome e uno scarso sviluppo diametrico dei fusti (che “filano") in relazione all'altezza (rapportoipsodiametrico molto alto e sfavorevole). Le condizioni di accrescimento dei popolamenti hannoanche determinato un forte deprezzamento della qualità del legname in ragione della nodosità deifusti.

Posto che il valore economico dell'operazione di “riforestazione" appare largamente negativo (ilcosto sostenuto per l'impianto e le cure selvicolturali non è stato minimamente compensato dallaproduzione legnosa), è sul piano ecologico che si registrano conseguenze ancora più negative

2 Quando, in realtà, i disboscamenti del XVIII-XIX secolo sono da attribuire alla crescente produzione di carbone per le esigenze dell'industriasiderurgica e tessile.

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All'interno di queste piantagioni la luce penetra in misura molto limitata e ciò, unitamenteall'accumulo degli aghi indecomposti, che provoca ivi forte reazione acida del terreno, determinal'impossibilità di sviluppo di qualsiasi vegetazione erbacea e arbustiva, premessa indispensabile perun successivo insedia mento delle essenze arboree "spontanee". La forte densità di impianto e lamancata esecuzione dei diradamenti rendono queste piantagioni impenetrabili, una specie dideserto, dove vi è assoluta povertà floristica e faunistica.

A queste considerazioni dobbiamo aggiungerne altre di ordine estetico. La morfologia del terrenoconsente di apprezzare in modo diverso la copertura vegetale arborea in montagna rispetto allapianura: le cime degli alberi di un bosco che occupa un versante pendenza appaiono, da lontano,come un tappeto verde che riveste la montagna. In un denso popolamento di conifere solo gliindividui posti al limite dello stesso possono beneficiare di buone condizioni di illuminazione,mentre nel caso degli altri solo la porzione più elevata della chioma può ricevere un'adeguataquantità di luce e presentarsi verdeggiante. Quella che dall'esterno appare come una massaverde rigogliosa sotto il "tetto" e dietro la "facciata" assume i connotati di un paesaggio morto. Dalpunto di vista scenografico e dal punto di vista dell'alternanza cromatica con la vegetazionecircostante l'impatto visivo dei popolamenti di conifere dall'esterno potrebbe anche apparirepositivo. In realtà la valutazione estetica del paesaggio deve tenere conto di alcune considerazioniimportanti. La prima riguarda i condizionamenti culturali associati al fatto percettivo.L'osservatore che esprime un giudizio positivo di fronte alla dimensione sceno grafica del"bosco" di conifere prealpino è condizionato da immagini stereotipate della .,montagna alpina"(con le "cupe abetaie") che hanno fatto scadere a clichè consumistico l'attitudine romanticaottocentesca nei confronti dell'ambiente alpino (Bonesio, 2002). Una corretta informazioneecologica sul significato del paesaggio vegetale in questione è certamente in grado di modificare,attraverso l'elemento cognitivo, l'apprezzamento estetico di chi frequenta a fini ricreativi l'ambienteprealpino avvicinandolo a quella degli "specialisti". La preferenza del fruitore non esperto deveessere sicuramente tenuta in conto nelle decisioni sulla gestione del paesaggio, ma a patto che sirealizzi anche un minimo di "alfabetizzazione" ecologica che consenta di comprendere, nei suitermini essenziali, la differenza tra la Val d'Intelvi e la Vai di Fiemme.

A1 di là di queste considerazioni, anche restando sul piano della qualità visuale è beneprecisare che, per non cadere in un puro "panoramismo", il paesaggio forestale non può esserevalutato esclusivamente in una prospettiva visuale a grande scala.

Le tecnologie di visualizzazione computerizzata già oggi consentono una valutazionedell'apprezzamento della qualità visuale del paesaggio non solamente sulla base della statica —

panoramica" (in genere effettuata mediante test fotografici), ma anche attraverso una prospettiva"walk-trought” e, grazie alla realtà virtuale, si può consentire al1'osservatore di sperimentarerealistiche esperienze interattive con il paesaggio, compresa la possibilità di dirigere la visuale inqualsivoglia direzione e di dirigersi "dentro" il paesaggio stesso (Daniel 2001).

Nella prospettiva di questo allargamento sperimentale e concettuale delle possibilità legate allavalutazione della qualità visuale del paesaggio è evidente che assumono importanza qualità qualil'accessibilità e la libertà di progressione e la capacità di un paesaggio di esprimere e trasmettere ilsenso del vitalismo biologico attraverso il movimento e la mutevolezza. Visti dall'interno (sempreche sia possibile penetrarvi) i tetri popolamenti artificiali di conifere con l'immobilismo dei lorofusti, i rami secchi, l'assenza di un fiore o di un filo d'erba, l'immutabilità nel corso delle stagioni, lapreclusione della visione del cielo, esprimono l'opposto di questo vitalismo che rappresenta unadelle qualità più apprezzate in un paesaggio.

D'altra parte anche con 1'impiego delle tradizionali tecniche fotografiche è stato osservatocome il paesaggio "a corto raggio" dei densi popolamenti forestali artificiali sia scarsamenteapprezzato dagli osservatori indipendentemente dal loro background culturale (Stnimse, 1996).

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Anche limitandoci alla classica prospettiva visuale a lungo raggio, che tiene conto solo delpaesaggio-superficie (le cime verdi), dobbiamo osservare che il contributo alla qualità visuale dei"boschi" di conifere del Lario Intelvese è in realtà discutibile. Dal momento che la "naturalezza"appare come una delle caratteristiche fondamentali nel determinare l'apprezzamento estetico deipaesaggi naturali e seminaturali (Parson, 1991), le linee rette che contraddistinguono ladelimitazione del popolamento forestale artificiale dal resto della vegetazione (originate dallapedissequa osservanza dei limiti delle particelle catastali) rappresentano un elemento di artificialitàfacilmente percepibile e tale da condizionare negativamente la valutazione estetica del paesaggio.Sulla base del1'applicazione della tecnica dei test fotografici nell'ambito del comprensorio dellealpi della Tremezzina la presenza dell'elemento boschivo appare condizionare negativamente lavalutazione estetica del paesaggio a grande e media scala rappresentato nei fotocolor (Lamberti,2002).

In base a tutte le considerazioni svolte non meraviglia che i Piani di Assestamento Forestaleprevedano nel territorio intelvese la graduale "rinaturalizzazione" dei popolamenti artificiali diconifere e la loro graduale sostituzione con il bosco misto di latifoglie, che rappresenta la formazioneforestale tipica dell'ambiente. È però opportuno segnalare a questo proposito che l'operazione non èscevra di problematiche (e di costi). Il subitaneo "collasso" dei popolamenti in questione o la suasemplice accelerazione, ottenuta assecondando con il taglio l'opera del bostrico e degli schianti,determinerebbe una drastica riduzione del grado di protezione del terreno, oltre che un evidentecompromissione della qualità visuale del paesaggio. Gli interventi prevedono quindi l'apertura dichiarìe o di fasce di taglio, entro le quali, grazie alla presenza della luce, possa affermarsiuna vegetazione erbacea e quindi arbustiva. Un intervento drastico e sistematico di dirado presentaun forte rischio di schianto delle piante lasciate in piedi a causa della maggiore velocità del vento edello sfavorevole rapporto ipsodiametrico.

Un mezzo per favorire la graduale "rinaturalizzazione" delle formazioni arboree potrebbe essererappresentato da un impiego mirato del pascolo con l'obbiettivo di favo rire l'insediamento dellaflora erbacea al margine dei popolamenti e all'interno delle aree disboscate. Tale interventopotrebbe essere indirizzato alla creazione e al mantenimento di pascoli arborati, di forte interessesul piano della qualità estetica e ricreativa, anche valorizzando i lariceti presenti, in attesa di unaloro sostituzione con una stabile popolamento naturale di latifoglie.

Gli aspetti peculiari del paesaggio pastorale del Lario Intelvese

Le caratteristiche sopra richiamate dell'ambiente hanno determinato la presenza nel territorioesaminato di elementi caratteristici e a volte peculiari. Come già osservato questi elementi si possonotrovare organizzati nell'ambito di un alpe pascoliva (detta muunt o aalp) o disseminati sui pascoli.

Uno dei più caratteristici è rappresentato dalle nevère. Si tratta di costruzioni singolari, motivatedalla necessità di accumulare, la neve durante la primavera in un profondo pozzo. La forma dellaparte di costruzione fuori terra è varia, ora a pianta quadrata, ora a pianta circolare (con le muraturefuori terra con circonferenza uguale al pozzo). Il pozzo ha una profondità fino a 8-10 m.Esternamente i muri si presentano per lo più intonacati; la copertura è generalmente in pióde. Unaripida scala porta sul fondo del pozzo. La nevèra veniva caricata a febbraio-marzo con neve"vecchia", essa veniva pressata e la sua superficie coperta con foglie di faggio. L'utilizzoprincipale della nevèra consisteva nel raffreddamento del latte posto nelle conche per l'affioramentodella panna (per la produzione del burro). Al fine di favorire la conservazione della neve siprovvedeva a collocare intorno all'edificio faggi o altre essenze arboree per ottenere un buonombreggiamento durante l'estate. Le nevére sono presenti anche nelle Alpi Lepontine (Pracchi,1958; Patocchi e Pusterla, 1989).

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La sòstra. Architettura pastorale tipica del Lario Intelvese e delle Alpi Lepontine. Consiste in unacostruzione in muratura aperta su uno o più lati. La funzione della sòstra consiste nel mettererapidamente al riparo la mandria/il gregge durante i frequenti e violenti temporali estivi che siabbattono sui monti lariani. Alcune sòstre presentano sul lato aperto dei pilastri in muratura,altre, più tipicamente, delle arcate. La copertura è realizzata con pióde la struttura del tetto,oltre che con le più comuni strutture lignee, può essere costituita da volte in muratura atestimonianza della diffusione locale delle tecniche di realizzazione di sistemi murarispingenti.

La cassina e le stalle. Trattasi di fabbricati che a volte conservano (conservavano) la tipologia diquelli dei maggenghi. Ciò vale in particolare per la stalla-fienile, realizzata su due livelli (il superioreadibito a fienile, l'inferiore a stalla). Vale la pena riportare la descrizione fornita dal Serpieri (1912)per i fabbricati delle alpi pascolive tremezzine:

Cascina piuttosto ampia, formata da 2-3 ambienti ad uso abitazione e casei ficio. Poi c'èil casello del latte, che qui è infirma di ghiacciaia, interrato, riempito durantel'inverno di neve. Una terza costruzione è rappresentata dalla stalla a volta, con fienilesovrapposto. Infine havvi la sostra, coperta da tetto in vivo, a due acque, sostenuto lungo lalinea di colmo e lungo tutto il perimetro da grosse colonne pure in vivo: le gronde sisporgono fin quasi a livello del suolo in modo da meglio proteggere l'interno. Spesso tuttequeste costruzioni sono disposte intorno ad una corte selciata, limitata da muro a secco.Le sostre servono solamente a raccogliere rapidamente il bestiame in caso di temporali. lestalle servono specialmente al bestiame degli affittuari, priima e dopo la formazione dellamandra3

Un esempio dei fabbricati d'alpe come si presentavano ancora negli anni '50, rela tivo all'Alpe di Sala è riportato nella parte illustrativa.

La cùrt. In alcuni casi sulle alpi lariane i vari corpi di fabbrica erano organizzati in torno aduna cùrt selciata, limitata su uno o due lati da muro a secco. Un esempio inte ressante si trovaancora all'Alpe Nesdale (Alpi Lepontine, Plesio). La tipologia di queste cùrt, in parte richiama letipologie delle dimore perinanenti, ma in parte rappresenta anche una forma di transizioneverso le tipologie più spiccatamente pastorali del bàrecb (molto diffuso nell'Alto Lariooccidentale).

II merícc. Consiste in uno spiazzo contornato da piante di alto fusto (faggi) o anche di unarea alberata a moderata pendenza per consentire la sosta del bestiame all'ombra durante le orepiù calde della giornata. La realizzazione del merícc presuppone un vero e proprio impiantoarboreo e, in seguito alla ragguardevole età raggiunta dalle piante, rappresenta oggi unbell'esempio di architettura vegetale. oltre che un patrimonio di alberi monumentali osuscettibili di divenire tali. Presente anche nelle Alpi Lepontine.

La ciudènda. Elemento scomparso a causa della cessazione della pratica di utilizzare partedella superfici a copertura erbacea delle alpi per lo sfalcio; rappresentava lo spazio delimitatoda una siepe di sterpi secchi.

La "bolla". Elemento oltremodo significativo ai fini della caratterizzazione del paesaggiopastorale del Lario Intelvese. Le "bolle" rappresentano delle riserve di acqua per 1'abbev erata delbestiame durante il periodo estivo. La generale scarsità delle sorgenti e la posizione delle alpi

3 (Serpieri (1912) vedi Bibliografia, pp. 181-188.

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pascolive (quelle della Tremezzina sono alpi di crinale) rendono necessario accumulare il piùpossibile l'acqua piovana che si raccoglie negli avvallamenti naturali del terreno - eventualmenteampliati o modificati mediante interventi di sistemazione del terreno - operandol'impermeabilizzazione del fondo. Oggi 1'impermeabilizzazione è realizzata con cemento o posadi teli di plastica mentre, nel passato, veniva utilizzata argilla (spesso portata col gerlo dalontano), cenere, foglie di faggio, sterco animale. In tempi recenti al fine di ampliare la capacitàdi accumulo e di impedire 1'entrata del bestiame "alla guazza" e il conseguente inquinamentodell'acqua con le deiezioni, sono state realizzate in alcune "bolle- delle sponde in cemento e dellerecinzioni. Tali soluzioni, che non sempre conseguono le finalità per cui sono state realizzate,rappresentano comunque un elemento di artificializzazione e di deterioramento della qualitàestetica del paesaggio pastorale.

La "fontana" . Realizzate in lastre di pietra locale le "fontane" sono utilizzate per l’abbeverata delbestiame, non solo nell'ambito dei pascoli e nei pressi delle alpi (quando vi è disponibilità di acqua oltre a quella piovana), ma anche lungo i percorsi di collegamento tra maggenghi e alpie tra i villaggi e i pascoli diurni.

Gli interventi di ristrutturazione dei fabbricati e dei manufatti legati all'esercizio dell'attività pastorale.

Oltre agli interventi rivolti all'adeguamento alle norme igienico-sanitarie e al miglioramento dellecondizioni di abitabilità che hanno interessato i fabbricati tuttora utilizzati per le finalità dell'attivitàpastorale e del caseificio, diverse alpi del territorio considerato sono state interessate da interventiedilizi legati al cambiamento della destinazione d'uso dei rustici. I fabbricati così trasformati, nellamaggior parte dei casi di proprietà privata, ma a volte anche di proprietà comunale, sono divenutiristori o abitazioni secondarie. Le trasformazioni subite sono risultate tali da compromettere lapermanenza e la riconoscibilità degli elementi preesistenti, introducendo elementi estranei (sulpiano dei materiali, delle forme, dei colori).

Ciò ha rappresentato un elemento di perdita di identità e di strutturazione del paesaggio dalmomento che non è più possibile "leggere" una sua finalizzazione. Il risultato è la giustapposizionedi elementi scarsamente armonizzati che deprezza sia la componente turistica che quella pastorale4.Gli interventi che hanno interessato le strutture pastorali ancora utilizzate sono risultati poco attentiall'aspetto formale anche perché, mentre l'adeguamento strutturale alle norme igienico-sanitarie(che ha comportato interventi impegnativi e costosi), è avvenuto sulla base di stringenti prescrizioni.nessuna indicazione generale è venuta a favore del rispetto di criteri paesaggistici. Tale rispetto èstato sinora lasciato alla buona volontà degli amministratori locali ed è considerato ancora come unlusso dal momento che negli interventi su questi fabbricati "produttivi" continuano a utilizzarecriteri di mera funzionalità ed economicità. La consapevolezza del carattere multifunzionaledell'attività pastorale e del suo ruolo della produzione di valori estetici, oltre che ecologici eculturali. è evidentemente ancora molto poco diffusa al di fuori di ristretti ambiti culturali eprofessionali. Non ci si rende conto che la mancata attenzione dell'aspetto estetico comporta unaperdita di valore patrimoniale e di reddito.È significativo che anche nel caso degli interventi di ristrutturazione dell'Alpe di Gotta, proprietà delDemanio regionale, unico esempio di vera e propria alpe pascoliva della Valle d'Intelvi e dotata diun interessante complesso di edifici realizzati in pietra calcarea reperita in situ, si siano seguiti criteripoco rispettosi delle caratteristiche architettoniche tradizionali. Le coperture, per esempio, sonostate realizzate in lamiera grecata invece che in leggere piòd un tempo ampiamente utilizzate ericavate dalle cave del Generoso (Pracchi, 1958).

4 Può essere istruttivo a questo proposito il confronto con le sistemazioni degli agritur malghe trentine caratterizzate dal tentativo a volteriuscito di adattare alle nuova funzione le vecchie tipologie garantendo la riconoscibilità della permanenza di elementi tradizionali.

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La conservazione del paesaggio pastorale sotto il profilo vegetazionale

Mentre sulle alpi della Tremezzina la presenza del bestiame, sia pure ridotta rispetto al passato,assicura un equilibrio che garantisce il mantenimento della copertura erbacea, nel Generoso il bassocarico di bestiame determina una costante contrazione delle superfici a pascolo, che vengono invaseda arbusti (rododendro, rosa canina, ginepro, ginestra) e quindi da essenze arboree "pioniere"(betulla, maggiociondolo) caratteristiche di formazioni secondarie che possono precludere solo intempi più o meno lunghi all'insediamento di associazioni stabili (bosco misto di latifoglie conpredominanza del faggio). La presenza di fasi di transizione favorisce su ampia scala una buonabiodiversità anche se, localmente, il prevalere di graminacee ad elevato portamento (lasciate ad ingrigire sul pascolo sino all'annata successiva), di felci (Pteridium aquilinum) e di poche specie diarbusti può rappresentare un impoverimento rispetto ad un pascolo utilizzato in modo estensivo.

In non pochi casi la situazione floristica determinatasi in seguito alla cessazione delpascolamento, o di una forte riduzione del carico, comporta uno scadimento manifesto della qualitàestetica e della fruibilità ricreativa (difficoltà di progressione su terreni fortemente invasi da felci earbusti spinosi, assenza di superfici con copertura di graminacee a basso portamento adatte perprendere il sole, consumare una colazione al sacco ecc.). Le dimensioni del problemadell'infestazione di Pteridium aquilinum sono facilmente apprezzabili all'Alpe Grande, centrofocale della frequentazione turistica del comprensorio.

Il processo di "transizione" dei pascoli, così come nel caso della rinaturalizzazione deipopolamenti artificiali di conifere, non è scevro di problemi anche se essi sono meno avvertiti (gliinterventi di forestazione e di "rinaturalizzazione" attirano più attenzione perché più costosi edimplicanti codificati interventi e capacità tecniche). Anche per la gestione delle superfici a coperturaerbacea e arbustiva è però opportuno prevedere un "pilotaggio" in modo di massimizzare, perquanto possibile, gli obbiettivi di qualità paesistica ed ecologica.

Lo strumento per una programmazione paesistica è, in questo caso, rappresentato da una gestionemultifunzionale del pascolamento. Essa deve prevedere da una parte l’applicazione di una regime dipascolo da parte del bestiame ancora presente (in grado da distribuire il carico coerentemente conl'obiettivo del mantenimento di alcune superfici a copertura erbacea a carattere "strategico"),dall'altra l'utilizzo del "pascolo di servizio"5 per intervenire in modo più mirato, attraverso l'impiegodi ovicaprini od equini e di recente gli asini hanno acquistato popolarità nell’ambito di iniziative dipascolo "naturalistico" o di "manutenzione territoriale", Corti, 2002). L'utilizzo del pascolo comestrumento di gestione del paesaggio, può essere esteso, nell'ambito del comprensorio in esame, agliinterventi di "rinaturalizzazione" dei popolamenti artificiali di conifere ad interventi con finalitàfaunistica, tesi a mantenere un certo grado di apertura ne1l’ambito delle formazioni forestali esistentie quindi a garantire la disponibilità delle risorse trofiche per la fauna selvatica. Tali interventivengono attualmente eseguiti con mezzi meccanici con costi elevati e con risultati di minore duratarispetto a quelli conseguibili con il pascolamento o integrando gli interventi meccanici con l'impiegodel pascola Le considerazioni sopra svolte in relazione ad una nuova concezione dellagestione pastorale (dal territorio per l'animale all'animale per il territorio) non deve far dimenticareche la pratica pastorale può recuperare importanza non solo per i servizi diretti ed indiretti a favoredella qualità del paesaggio, ma anche attraverso la valorizzazione delle produzioni di qualitàspecifica (latticini, ma anche carni). Nell'ambito delle attività agrituristiche, oltre all'offerta diprodotti alimentari di qualità tradizionale e specifica è ragionevole affiancare quella di servizi sportivi,educativi, didattici centrati sul ruolo degli animali e della pratica pastorale.

5 definito come attività pastorale che fornisce un prodotto zootecnico inferiore al valore del servizio ambientale reso (e remunerato).

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Nella Tremezzina la qualificazione della produzione casearia e la realizzazione di iniziativepromozionali in alpe può rappresentare un elemento trainante per incrementare la frequentazioneturistica. Nel Generoso può, essere invece, il turismo a trascinare, attraverso la domanda diprodotti tipici e di servizi turistico-educativi-ambientali, una ripresa e una riqualificazionedell'attività pastorale. È significativo che le sòstre in migliore stato di conservazione, quelle delGeneroso (Alpe Grande e Pian d'Alpe) che, però, rischiano la monumentalizzazione.

Interventi e prospettive.

Dal momento che un patrimonio non conosciuto non rappresenta una risorsa, ma solo unapotenzialità che rischia oltretutto di essere perduta, è necessario in primo luogo conoscere e farconoscere gli elementi di quello che abbiamo definito il paesaggio pastorale del Lario Intelvese.Pare opportuno suggerire la realizzazione di un inventario di alcuni di questi elementi pococonosciuti. Il censimento delle sòstre, dei merìcc, delle bolle può rappresentare un punto di partenzaper la catalogazione di questo patrimonio. Alla catalogazione delle far riscontro un'azione didivulgazione (tabelle informative, percorsi a tema, opuscoli). Nell'ambito del gruppo del Generosol'Alpe di Gotta possiede delle caratteristiche per divenire un centro di educazione ambientale e diecoturismo rivolto ad un target specifico di consumatori (gruppi giovanili, associazioni, ricercatori).Ciò a patto che la funzione pastorale non venga eliminata, ma interpretata in chiave multifunzionaleattraverso la realizzazione di esperienze pilota di utilizzo del pascolamento estensivo per finalità dimanutenzione ambientale, ma anche mantenendo un risvolto produttivo finalizzato all'aspettodidattico ed educativo).

Tale destinazione presuppone un adeguamento estetico con il ripristino delle caratteristichearchitettoniche. Nell'ambito del Generoso un altro insediamento di cui è auspicabile il recupero èrappresentato dall'Alpe Pesciò. La presenza di numerose "alpi" e di un consistente patrimonioedilizio, ancora in parte legato all'attività pastorale, rappresenta, più in generale, una risorsaimportante per lo sviluppo di attività agrituristiche rivolte al vasto pubblico che frequenta1'area specie in corrispondenza del fine settimana.

Nella Tremezzina gli obbiettivi di qualificazione della presenza e dell'attività turistica sonorappresentati, oltre che dalla organizzazione di eventi sul tema dell'alpeggio e delle produzionitipiche, dalla realizzazione di aree attrezzate, e tabelle informative relative agli importanti elementidi interesse turistico presenti (Lamberti, 2002). Un target al tempo stesso ecologico e diqualificazione turistica è rappresentato dal contenimento della presenza di mezzi motorizzatiprivati. Un servizio di "navetta" tra la stazione della funivia a Pigra e Boffalora, Alpe di Lenno (conpossibilità di biglietto cumulativo battello-funivia-pullmino), potrebbe facilitare la scopertadella dimensione alpestre del Lario (certamente una delle più caratterizzanti dal punto di vistastorico-culturale) e far scoprire a molti l’emozione di ammirare il lago da 1.700 m di quota.

Anche sulla Tremezzina nel caso di diversi fabbricati paiono importanti interventi di adeguamentoestetico.

Ringraziamenti.

Si ringrazia il Dr. Alessando Rapella dell'Ersaf per l'approfondita discussione di diversi punti oggetto della relazione

Appendice.

Inventario dei fabbricati d'alpe della Tremezzina e della Valle d'Intelvi all'inizio del XX secolo (Serpieri, 1912).

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Tremezzina. Alpetto. Buona stalla doppia capace di 22 capi ed una buona sosta in muratura a seccoben costruita. Cisterna in muratura sufficiente ad abbeverare la mandra per tre mesi. Lenno. Cascinacon ghiacciaia: due stalle doppie, capaci ciascuna di 16 capi, con soffitto a volta e fienile so\-rastanti:due sostre. una di m. 15 x 8 circa, l'altra di m. 9 x 8. Pozze in terra. Ossuccio. Oltre alla solita cascinavi è una stalla a volta, doppia, capace di 10-12 capi, ed una sostra coperta di lamiera di zinco, di m. 15 x8. Pozze. Sala. Stalla a volta per 8-10 capi, ed una sostra pure a\ -olta chiusa completamente su trelati, di circa m. 15 x 8. Due pozze. Colonne. Cascina, stalla e sostra come nelle alpi precedenti. Pozze.

Generoso. Cristè di S. Fedele. Cascina e sostra abbandonate, pascolo diurno di 250 capi conpastore comunale. Alpe di Gotto (Aalp da Gòta). Ha una via di accesso non meglio che discreta:ha un notevole complesso di costruzioni in vivo (cascina con ghiacciaia; stalla doppia, a volta, lungacirca 8 m. con sovrapposto fienile; sostra chiusa su tre lati, di m. 30 x 7), in stato poco buono diconservazione. L'alpe è in affitto ad un gruppo di affittuari che vi restano per 6 mesi con il bestiamedi loro proprietà: un centinaio di bovine (70 lattifere) e una quarantina di capre. Il latte è lavorato aburro e formaggio semigrasso, o per la produzione dei caratteristici formaggini della Vallintelvi dilatte vaccino e caprino.

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Le illustrazioni a corredo di questa relazione sono visibili sul CD-Rom allegato.

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Fig. 1- Una "bolla" all'Alpe di Ossuccio. Le "bolle" consentono di accumulare l'acqua piovanaper le esigenze di abbeverata del bestiame durante l'estate e rappresentano un elementoseminaturale caratteristico che costella il paesaggio pastorale del Lario intelvese dove le sorgentisono in numero limitato; è in grado di contribuire significativamente alla qualità visuale delpaesaggio.

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Fig. 2. - Alpi della Tremezzina. La netta demarcazione tra pascolo e impianto di conifere conferisce

artifcialità al paesaggio riducendone la qualità visuale ed ecologica. L'interfaccia tra il pascolorappresenta un,a quinta che nasconde lo squallore all'interno del popolamento arboreo: solo il"tetto" e le "pareti esterne" del popolamento sono verdeggianti in quanto esposte alla luce;all'interno il sottobosco è assente per assenza di luce e inibizione della germinazione mentre i ramidelle conifere sono secchi quasi sino alla cima.

Fig. 3 - Interventi di dirado in impianto artificiale di Abete rosso con piante ormai matureall'Alpe Grande di S. Fedele. Si noti l'assenza di rinnovazione naturale e di qualsiasi vegetazionedel sottobosco, nonché il ridotto diametro dei fusti in relazione alla loro altezza (sfavorevolerapporto ipsodiametrico). Questo sfavorevole rapporto riduce il valore mercantile del legnamee rende più facilmente suscettibili le piante allo sradicamento e allo schianto in presenza ditrombe d'aria. In altri contesti del territorio i popolamenti artificiali si presentano in condizionimolto peggiori per la totale assenza di sfollamenti e diradamenti dopo l'impianto e perl'incidenza di avversità naturali dovute all'habitat non idoneo per le conifere.

Fig. 4 - Il paesaggio tradizionale della fascia sottostante i pascoli estivi. Qui non siamo più in

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presenza di un paesaggio pastorale ma agro-pastorale, oggetto, in passato, di coltivazioniorticole e frutticole oltre che foraggere. . La distribuzione capillare delle stalle-fienile ancora inparte frequentate durante il periodo estivo e la presenza di prati segatizi è responsabile della

qualità visuale di questo paesaggio tradizionale con armoniosa distribuzione di pieni e di vuoti einteressanti contrasti cromatici legati all'alternanza della copertura erbacea con le fascearboree di latifoglie; i rustici di ridotto volume e non sottoposti a pesanti rimaneggiamentirappresentano i segni evidenti ma discreti dell'antropizzazione.

Fig. 5 - La sòstra al Pian delle Alpi a Casasco. Rappresenta l'esempio più notevole di questatipologia; è caratterizzato dal tetto a più falde e dal doppio porticato. A differenza della sòstradell'Alpe Grande a S. Fedele, oggetto di un accorto intervento di sistemazione, questo edificiorichiederebbe urgenti interventi conservativi e azioni di riqualificazione del contesto ambientaleinteressato da degrado del pascolo per infestazione di Pteridium aquilinum.

Fig. 6 - Alpe di Sala negli anni '50. A1 centro la cassina con il fienile al livello superiore, sottola stalla, a sinistra la cucina per la lavorazione del latte, a destra la sòstra (Foto Nangeroni, inPracchi, 1958). Questa tipologia si trova nelle alpi pascolive della Val Senagra e rappresenta unelemento di continuità con quelle dei "monti" (maggenghi).

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Fig. 7 - Alpe di Gotta (Aalp de Gòta). Rappresenta l'unico esempio di vera e propria alpepascoliva nel comprensorio pastorale del Generoso. Il complesso dei fabbricati, dei manufatti disupporto e dell'elemento arboreo (frassini secolari) definisce un insieme di grande interesse anchein ragione del contesto ambientale. Appartiene al demanio regionale (ERSAF).

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Fig. 8 - L'Alpe di Colonno. Esempi, dagli esiti quanto mai sconfortanti, di realizzazione di

fabbricati d'alpe senza alcun riferimento con le architetture e il paesaggio tradizionali,caratterizzati dal forte impatto negativo non solo sull'intorno, ma anche sull'immaginedell'insieme del comprensorio delle Alpi tremezzine.