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LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO Personaggi ed Interpreti (in ordine alfabetico): - Alejandro De Montenegro Fattucchiere Giuliano - Belgarion figlio di Brian Schermidore Fabio - sir Beregar Caldwell Incantatore Stefano L. - Dalyane Incantatrice Chiara - Erik Foks Mirmidone Luca - padre Ivan “Il Lesina” Nikelnevic Anziano Claudio - Lorien “Attaccabrighe” Loth Schermidora Incantatrice Laura - Selmus Bannililth Maliardo eroe Stefano B. Dungeon Master Yuri Coloro che non sono più (in ordine di scomparsa): † Jacob “Il Nano” Kromion Eroe † Gold D. Rufy Borsaiuolo † Briagenn Belcadiz Incantatrice † padre Anton Popescu Anziano † Fantasma Rutarrad (Pugno-di-Ferro) Nano schermidore † Shan Lee-Dai Mistico

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LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO

Personaggi ed Interpreti (in ordine alfabetico): - Alejandro De Montenegro Fattucchiere Giuliano - Belgarion figlio di Brian Schermidore Fabio - sir Beregar Caldwell Incantatore Stefano L. - Dalyane Incantatrice Chiara - Erik Foks Mirmidone Luca - padre Ivan “Il Lesina” Nikelnevic Anziano Claudio - Lorien “Attaccabrighe” Loth Schermidora Incantatrice Laura - Selmus Bannililth Maliardo eroe Stefano B. Dungeon Master Yuri Coloro che non sono più (in ordine di scomparsa): † Jacob “Il Nano” Kromion Eroe † Gold D. Rufy Borsaiuolo † Briagenn Belcadiz Incantatrice † padre Anton Popescu Anziano † Fantasma Rutarrad (Pugno-di-Ferro) Nano schermidore † Shan Lee-Dai Mistico

II

III

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: LE PERIPEZIE DI GOLD

Ovvero DI COME UN LADRO POSSA RISCHIARE LA MORTE PER 11 PUNTI ESPERIENZA

E’ quasi l’alba nella città de La Soglia e, nella nebbia che la mattina copre l’isola di Fogor sul Vecchio Fiume Ventoso, un paio di persone si aggirano furtivamente tra le vie del porto. Uno si muove svelto, silenzioso e invisibile ai pochi scaricatori già presenti sulle banchine, l’altro lo segue anche lui molto agile ma molto meno capace di passare inosservato;. uno è sicuramente più esperto nelle arti ladresche ma l’altro è sicuramente molto più famoso; l’altro è Gold D. Rufy membro dell’ormai celebre Compagnia del Carretto Impennato (nome affibbiatogli a causa della loro entrata a La Soglia a bordo di un carretto magico che correva a tale velocità da impennarsi e con il povero mulo aggiogatovi che invece di tirarlo stava sospeso a mezz’aria ). Il duo è appena uscito da una bettola di quart’ordine e si dirige verso una casa che apparentemente non ha nulla di diverso da tutte le altre catapecchie del porto ma che in realtà è la sede distaccata di una delle più grandi gilde dei ladri del Granducato di Karameikos: Il Regno dei Ladri. L’intenzione di Gold sarebbe di farsi ammettere nella gilda e sembra che abbia buone possibilità visto che le imprese del suo gruppo pare non siano ignote alla gilda. Dopo un leggero bussare della “guida” con il classico spioncino della porta di legno che si apre a far intravedere due occhi curiosi, la porta della casa si apre e i due si ritrovano in un atrio collegato ad altre due stanze e la cucina a giorno con una rampa di scale che porta al piano superiore; dopo brevi convenevoli con le 8-9 persone presenti (tutte piuttosto sbronze) Gold viene invitato a salire le scale perché atteso dal “capo”. Salite le scale e direttosi verso l’unica porta aperta delle tre affacciate sul corridoio al piano superiore, il nostro si trova in una stanza arredata molto riccamente, il tipico studio con scrivania, libreria e quant’altro in cui lo aspettano un uomo (il quale dopo avergli aperto la porta non lo degnerà più di uno sguardo intento com’è alla lettura di un libro) e il capo… o forse sarebbe meglio dire LA “capa”. Un’elfa di bell’aspetto ma che lo lascia a bocca aperta in quanto la sua pelle è grigia scura, i suoi lunghi capelli sono bianchi e pupilla e iride sono di un grigio talmente tenue da essere quasi invisibili. – Benvenuto amico – lo accoglie l’elfa. Dopo un attimo di smarrimento, cercando invano di non far trapelare il suo disagio, Gold risponde con un inchino – Grazie di avermi ricevuto mia signora! –. – Vedo che non sei familiare con la mia razza – dice lei e senza aspettare risposta continua – ci chiamano elfi scuri anche se, per quello che mi riguarda, noi siamo i veri elfi, non quella feccia che si aggira sulla superficie e alla quale tra l’altro ho sentito che ti accompagni… –. – Ma no mia signora! è solo un membro come un altro del mio gruppo di avventurieri. Anzi se devo dirla tutta non mi va neppure molto a genio! –. – Già! A proposito del tuo gruppo… La Compagnia del Carretto Impennato mi pare… abbiamo seguito le vostre imprese (le tue in particolar modo) e sono contenta di accettarti nella nostra organizzazione. Come saprai qui a La Soglia la gilda è ancora agli inizi perché la nostra sede è a Specularum e ho sempre bisogno di nuove reclute. Tanto per mettere le cose in chiaro fin da subito sappi che le missioni della gilda devono avere priorità su tutto (comunque ti lasceremo anche il tempo di dedicarti all’avventura), inoltre il 15% del guadagno spetta a noi; non mancano però notevoli vantaggi non ultimo l’accesso al mercato nero dove potrai trovare ottime merci, per non parlare del fatto che “lavorare” senza essere affiliato alla gilda è “sconsigliabile” se capisci cosa intendo…–. – Certo mia signora, capisco benissimo e sono disposto ad accettare queste condizioni –. – Bene allora. Lascia un tuo recapito e fatti vivo ogni tanto e stai lontano il più possibile da quell’elfa. Puoi andare. – – Mia signora… ehm… prima di andare… avrei una richiesta…– – Sentiamo – – Vorrei sapere se è disponibile alla gilda un maestro di spadino perché nell’ultima avventura mi sono reso conto di essere inesperto e avrei piacere di addestrarmi un po’– – Mh. Dai rapporti che ho ricevuto su di te penso che tu debba fare ancora un po’ d’esperienza prima di cominciare un addestramento del genere. Torna tra una settimana e ti farò trovare un maestro che valuterà se sei pronto, nel frattempo allenati un po’ per conto tuo.– – Sarà fatto mia signora –. Congedatosi dal Capo Gold si intrattiene qualche minuto nella sala comune con gli altri membri ormai completamente sbronzi per un breve brindisi di benvenuto e poi rapidamente si dirige al “quartier generale” del gruppo (che la Chiesa ha generosamente concesso al chierico) ben intenzionato a seguire le direttive della gilda, pregustando già una bella spedizione nei boschi poco fuori de La Soglia nella speranza di fare un po’ di esperienza con lo spadino. Nel frattempo gli altri membri del Carretto Impennato svegliatisi di buonora si apprestano ognuno a farsi i ca…ehm…gli affari suoi. In particolar modo il chierico e il guerriero si dirigono (uno alla sua chiesa e uno in giro per la città) in cerca di un maestro d’arme per affinare anch’essi le proprie capacità di combattimento, l’uno per il martello da guerra e l’altro per la spada lunga e con nemmeno troppa difficoltà entrambi trovano sia un maestro esperto sia un maestro avanzato per le loro rispettive armi. Ovviamente entrambi non badano a spese e decidono di pagare ben 500 MO il maestro avanzato cominciando tosto l’addestramento. Ve la faccio breve e vi risparmio il racconto dettagliato delle settimane di addestramento. Dopo la prima settimana sia il chierico sia il guerriero non c’hanno capito una mazza (ma non si allenava col martello? Mah?), pertanto decidono saggiamente di ricominciare daccapo con lo stesso maestro pagando altre 250 MO. Il guerriero, più avvezzo alla pugna, dopo questa seconda settimana pare essere a buon punto e infatti alla fine della terza settimana con 110 e lode e bacio accademico del maestro diventa più abile nell’uso della spada. Il chierico “capatosta” invece anche dopo la seconda settimana sembra che stia agitando un bastoncino invece di un martello da guerra e il suo maestro disperato gli consiglia di ricominciare ancora una volta daccapo. Pagate altre 250 MO ad un raggiante maestro, finalmente, al terzo tentativo, il nostro prete riesce a capire da che parte si impugna un martello da guerra e, dopo le canoniche 2 settimane (quindi 4 in tutto) riesce a migliorare la sua maestria nell’uso dell’arma. Ma ritorniamo al nostro membro del carretto preferito. Gold di ritorno dalla visita al Regno dei Ladri trova la casa vuota tranne che per il suo vecchio compagno nano (il loro combattere insieme per il mondo risale a ben prima dell’appartenenza alla Compagnia) che, saputo della sua intenzione di avventurarsi nei boschi per fare esperienza si offre di accompagnarlo con la promessa di stare unicamente a guardare intervenendo soltanto in caso di estremo pericolo dell’amico. Commosso da tanta devozione il ladro accetta e poco dopo entrambi si trovano nel bosco armati di tutto punto in cerca di guai. Guai che non tardano ad arrivare in breve un bugbear viene sorpreso dai due e inizia uno scontro testa a testa con il ladro che si dimostra più duro del previsto; infatti Gold è costretto a bersi una pozione di cura e alla fine a scappare su un albero all’arrivo dei disgustosi compagni del mostro. A questo punto il nano non ce la fa più a stare con le mani in mano, nonostante i continui inviti del ladro a scappare attira verso di sé due delle bestie mentre altre due più quella ferita rimangono sotto l’albero fallendo svariati tentativi di arrampicarsi; dal canto suo Gold da sopra l’albero con due lanci da maestro del pugnale colpisce il mostro ferito uccidendolo e, soddisfatto, decide di scappare con l’ausilio della corda magica facendo perdere le proprie tracce agli bugbear. Anche il nano (nonostante le

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corte leve) riesce a distanziare e far desistere dall’inseguimento i mostri uscendo dal bosco e avvicinandosi alla città strada sulla quale ben presto si ritrova con l’amico ladro: un’altra avventura da raccontare e su cui ridere in taverna di fronte ad una buona birra tiepida. A questo punto dopo giorni di allenamenti solitari Gold si presenta alla gilda per iniziare l’addestramento con un maestro avanzato di spadino proprio mentre il chierico e il guerriero iniziano la loro seconda settimana. Le cose non gli vanno troppo meglio che agli altri due però perché dopo la prima settimana il maestro di spadino consiglia anche a lui di cominciare daccapo l’allenamento, ma il ladro imperterrito non vuole arrendersi e la sua testardaggine è premiata: dopo tre settimane complessive e 750 MO spese, proprio mentre anche il chierico finiva, riesce ad avere l’approvazione del maestro e a migliorare la sua maestria con lo spadino. Ora, con le sue rinnovate capacità, la Compagnia del Carretto Impennato è chiamata ad intraprendere una nuova avventura. Il chierico viene invitato dal Patriarca della propria chiesa al ricevimento per accogliere l’ambasciatore elfico di Alfheim il quale cerca degli avventurieri che vadano nei dintorni di Luln ad indagare sulle scorribande di goblinoidi e simili che si sono fatte molto numerose ultimamente; l’ambasciatore teme anche che ci siano elfi scuri dietro queste irruzioni. Riusciranno i nostri eroi a portare a termine anche questa missione? Nella foresta tutti gli animali avevano sentito l'odore del pericolo ed erano spariti seguendo il loro istinto di sopravvivenza. Solo una leggera nube maleodorante si aggirava per la foresta immobile. Gli alberi, giganteschi, abitavano lì da prima che gli elfi vi si stabilissero e vegliavano su di loro proteggendoli con il loro intrico quasi impenetrabile di rami e radici e con il loro impercettibile ai più, movimento…ma questa volta … La nube pian piano si condensò in un punto e acquisì col passare dei minuti forma sferica; nera come una notte senza luna circondava al suo interno, una figura evanescente, l'erba ingiallì rapidamente sotto di essa e i rami e le foglie al suo interno avvizzirono velocemente. All'improvviso si accesero due occhi gialli dal taglio allungato che sembravano scrutare l'esterno; una mano si tese verso la luce, quasi timorosa di bruciarsi al sole…avvizzita, magra, adorna di anelli. Una volta sicura della sua incolumità la bestia si manifestò in tutto il suo terrore facendo fuggire quei pochi animali che si erano nascosti lì vicino. Uscendo dall'oscurità in tutta la sua statura mostrò il suo viso scheletrico e mummificato come il suo corpo, apparentemente gracile e vestito di abiti logorati dal tempo. Una debole comando in elfico si diffuse fra gli alberi dove già aleggiava l'odore di morte …un Lich…forse il primo a varcare i margini di questa antica foresta. A poche centinaia di metri di distanza la vita scorreva tranquilla nella cittadina elfica, ignara della creatura che in attesa li stava osservando Intanto la vita aveva preso, come tutte le mattine all'alba il suo scorrere tranquillo e pacifico. La vita qui era meno frenetica più pacata e le cose venivano svolte con la più totale calma e cura. Un gruppo di tre elfi si preparava al proprio turno di ronda nei dintorni della città, tutti sicuri del fatto che mai nessun pericolo si sarebbe potuto avvicinare così tanto alla città, infondo erano passati centinaia di anni da l'ultima volta che qualcuno si era azzardato ad attaccarli e quel qualcuno ne aveva pagato cara l'impudenza senza estrarre le armi e senza la benché minima coscienza di cosa sarebbe accaduto, i tre elfi si stavano avviando verso la morte, la peggior morte che gli potesse capitare. Parlavano fra di loro degli avvistamenti di elfi oscuri su a nord e delle dicerie su di essi che crescevano di giorno in giorno; nessuno dei tre ci credeva, per loro la storia degli elfi oscuri era tutta una trovata per far intimorire le persone o per chissà per quale strano motivo, ma… come in quelle notti in cui non riesci a distinguere il sogno dalla realtà si misero ad ascoltare un motivetto lamentoso che proveniva dalla foresta tutto intorno a loro e si trovarono all'improvviso di fronte al loro peggior incubo….[continua…]

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: LA RIUNIONE DI CONDOMINIO Ovvero

DI COME SIA DIFFICILE DEDICARSI ALL’AVVENTURA RINCIPALE QUANDO CI SONO STALLE COSI’ REMUNERATIVE DA DISINFESTARE

La vita dell’avventuriero non è sempre così movimentata come si potrebbe pensare, tra un’avventura e l’altra ci sono tante piccole faccende da sbrigare, impegni che non vengono certamente cantati dai bardi ma che in alcun modo possono essere disattesi; di certo uno di questi è l’addestramento con le armi di cui siamo stati testimoni la scorsa volta, un altro è la ricerca e lo studio di nuovi incantesimi da parte dei maghi; naturalmente non possono esimersi da questi compiti neanche i famosi (o famigerati?) membri de La Compagnia del Carretto Impennato. Avevamo lasciato i nostri eroi in procinto di partire per Luln per l’ennesima avventura ma torniamo un po’ indietro nel tempo… Mentre i baldi combattenti del gruppo si esercitavano ai manichini, i due maghi andavano alla ricerca dei rispettivi maestri per migliorare il loro repertorio di incantesimi, ciò può sembrare una cosa da nulla (e lo è) quando si è allievi di un maestro affidabile (o anche solo ordinario) come quello del nostro mago nobile Beregar Caldwell ma questa semplice faccenda, quando si ha a che fare con un maestro come Pivel, può diventare peggio di uno scontro uno faccia a faccia con IL Tarrasque. In questo caso ne fa le spese il buon Alejandro De Montenegro che, essendo allievo proprio di cotal maestro, si ritrova a cercarlo per tutta La Soglia senza avere la più pallida idea di dove sia finito il buontempone, arrivando perfino a “prostituirsi” al maestro di Beregar (inutilmente viste le pretese monetarie del tizio e il “braccino corto” di Alejandro) per avere almeno un piccolo aiuto e non gettare al vento un utile periodo di intermezzo tra le incalzanti avventure della Compagnia. Dopo tre settimane di tentativi infruttuosi, disperando ormai di accrescere la propria conoscenza, passando davanti alla torre della sua famiglia ormai caduta in disgrazia, il nostro mago vede alcune finestre aperte e incuriosito sale a controllare trovando con sorpresa proprio il suo imprevedibile maestro spaparanzato su una sedia, il quale dopo aver glissato abilmente sui motivi che lo avevano tenuto lontano da La Soglia, finalmente concede un po’ del suo tempo all’allievo incredulo ma contento. In tutto questo mese di addestramento e studio c’è poi un’altra faccenda da sbrigare: l’arredamento della sede del Carretto Impennato gentilmente e gratuitamente (o forse no?) concessa dalla chiesa a cui appartiene il buon chierico Ivan Nickelnevic; da qui la cosiddetta “riunione di condominio” che non passerà certo alla storia cantata dai menestrelli ma che è necessaria anch’essa a consolidare il ruolo e le pubbliche relazioni della Compagnia a La Soglia e dintorni. Beh…che dire… chiunque abbia esperienza di una riunione di condominio sa come vanno queste cose… Ovviamente non fa eccezione l’assemblea del Carretto (la compagnia al gran completo con l’elfa Lorien appena tornata da una breve visitina al suo clan -a quanto pare non le piacciono più tanto i boschi-) che inizia da una semplice discussione sull’arredamento desiderato e la destinazione delle stanze per finire con un litigio sulla disposizione e la quantità di soldi da spendere sulla latrina; alla fine comunque, bene o male, l’accordo viene trovato, le monete stanziate e il fornitore scelto e nel giro di qualche settimana la sede del Carretto Impennato è pronta: manca solo l’insegna. Grazie al nano Fantasma (è il suo nome non ve la rifate con me) viene trovata poi anche una grossa botola, non troppo nascosta, che conduce ad un’ampia cantina vuota pronta per ospitare i futuri guadagni della Compagnia. La notte stessa della riunione però, tanto per non farsi mancare niente, succede qualcosa di strano e inquietante: Alejandro si sveglia nella futura sala addestramento dopo uno strano sogno senza sapere come abbia fatto ad arrivare fin lì; preoccupato guardandosi intorno è convinto di vedere muoversi qualche ombra e così sveglia tutti. Dopo una ispezione minuziosa di tutto l’edificio, non avendo trovato nulla, tutti tornano a dormire maledicendo il mago e le sue traveggole; chissà invece che questo episodio non abbia qualche risvolto futuro (…I don't want to be buried in a pet cemetery…). Adempiute queste piccole incombenze c’è tempo anche per un po’ di sana pugna (HO DETTO PUGNA, CHE AVETE CAPITO!?!?!); infatti nonostante la mancanza dell’insegna la Compagnia è divenuta ormai famosa in tutta La Soglia (in effetti più per l’episodio del carretto che per le sue imprese) e, rifiutato un lavoro infame di trasloco a cui degli avventurieri che si rispettino non si abbasserebbero mai, finalmente arriva qualcosa di interessante. Poco prima della partenza per Luln si presenta alla sede, accolto da Lorien, uno spocchioso fattore che sostiene di avere la stalla della sua magione poco fuori città infestata da

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un temibile rugginofago (il terrore di tutti gli avventurieri armati pesantemente) e che, nonostante non sia molto convinto della competenza dell’elfa, sarebbe disposto a sborsare una discreta somma di denaro per liberarsi della bestia: quale opportunità più ghiotta per fare esperienza e per rimpinguare le attualmente magre finanze della Compagnia! Cogliendo l’occasione al volo i nostri beniamini la sera stessa, stanchi dalle fatiche dello studio e dell’addestramento, escono dalla città all’imbrunire, quando le porte si stanno già chiudendo, in direzione della dimora dell’agricoltore trovandosi subito faccia a faccia con uno strano tizio: un uomo vestito completamente di nero con un cappello a tesa larga e con un grande spadone a forma di croce e una collana fatta di denti aguzzi il quale dice di essere un cacciatore di vampiri (la collana in effetti è fatta con i canini di questi esseri immondi) e, rivelando al gruppo che uno di questi mostri si aggira da queste parti, rifiuta l’aiuto del Carretto congedandosi alla svelta dalla compagnia. Un po’ perplessi dall’incontro estemporaneo e facendo battute sul fatto che il loro cliente sia in realtà il vampiro che attira le sue prede con la scusa del rugginofago, i nostri eroi arrivano senza altre interruzioni alla casa del fattore il quale, con la solita spocchia che lo contraddistingue, li conduce alla stalla non senza prima aver mostrato al malfidato ladro di disporre della somma promessa come ricompensa per la disinfestazione. Una volta entrati diventa subito chiaro il da farsi visto che un grosso buco nel terreno indica, senza tema di smentite, il luogo da cui proviene il mostro; a questo punto Gold, visto che è l’unico con un’armatura (di cuoio) dato che gli altri per paura che gli fosse mangiata dal rugginofago sono venuti in mutande e con un'unica arma, con sommo sprezzo del pericolo si cala per primo con la corda magica nel grosso buco che porta in un lungo tunnel seguito dal nano e atteso nella stalla dagli altri; a breve si presenta la bestia: un armadillo gigante con una lunga coda e due antenne sulla testa. La pugna è breve ma intensa, il rugginofago viene tenuto a bada una ventina di secondi nel tunnel dal ladro e dal nano (il quale si vede arrugginire e ridurre in polvere l’ascia dal mostro) e colpito ripetutamente dai dardi incantati dei maghi e dell’elfa poi, con grande acume tattico, viene attirato fuori dal buco dove viene “cardato di legnate” dal resto del gruppo e finito in meno di un minuto. Finita l’esplorazione del tunnel che finisce all’aperto nel bosco il Carretto Impennato si appresta a tornare dal contadino per ricevere l’adeguata ricompensa…

Riusciranno i nostri eroi anche solo a partire per la missione a Luln o saranno ancora allettati dai guadagni delle disinfestazioni?? Vorrei far gentilmente notare al lettore medio di questa impareggiabile storia che il relatore della saga del carretto impennato ha omesso (non so quanto volutamente) di relazionare nel capitolo: "LA RIUNIONE DI CONDOMINIO" che il celebre (ma chi lo conosce?) mago Beregar Caldwell assieme al notissimo (ci risiamo...chi lo conosce?) ladro Gold ed all'altrettanto celeberrimo mago Alejandro de Montenegro avrebbero avuto la brillante idea di come far decollare celermente le finanze della (ormai) squattrinata Compagnia del Carretto Impennato. In buona sostanza i tre (con l'approvazione momentanea del padrone di casa, il famosissimo(?) chierico Ivan Nickelnevic) avrebbero voluto sfruttare una stanza inizialmente vuota per attrezzarla e renderla efficiente per il mestiere più antico del mondo (vi immaginate i soldi a palate?) cosicché da rendere questa Compagnia non solo allegra ma anche benestante... quando in pratica l'idea poteva andare a buon fine ed il mago Beregar era già in procinto di andare a "reclutare" le gentil donzelle da iniziare a questa lodevole e dignitosa professione (la più antica del mondo!), si verificavano spiacevoli inconvenienti: 1) l'elfa Lorien, non appena venuta a conoscenza della proposta, si opponeva tenacemente, ripudiando questo genere di attività, peraltro da effettuarsi nel luogo di dimora, proponendo invece di destinare la stanza vuota a "locale bagno", facendo giustamente notare che all'interno dello stabile quest'evidente necessità non era presente. 2) il chierico Ivan, inizialmente d'accordo (eccome!) ha avuto come una premonizione ed una tirata d'orecchie (dall'alto) che gli faceva repentinamente cambiare idea, non approvando assolutamente la cosa in quanto contro la Religione della sua Chiesa anzi ripugnandola proprio. Il mago Berengar, il ladro Gold ed il mago Alejandro, vistisi alle strette, ormai in minoranza, con il diniego della proprietà e con l'effettiva esigenza di costruire un bagno, ancora oggi assente, purtroppo erano costretti ad abbandonare la brillante idea degna del miglior economista del granducato di Karameikos. Nella migliore delle ipotesi, con l'avanzare dell'esperienza e delle conoscenze si presuppone che i tre riescano in futuro a far cassa inventandosi qualcos'altro che non sia il solito uccidi tutti i mostri, ripulisci la tana e scopri il tesoro...(ovviamente nella speranza di non rimanere a sua volta uccisi). Alla prossima avventura!!!! …di quella pacifica città ormai non rimanevano altro che ceneri fumanti; i corpi squarciati di donne e bambini giacevano ovunque, strani simboli fatti con il sangue dei guerrieri che avevano opposto resistenza tappezzavano le cortecce degli alberi. Qualche orco qua e la si aggirava furtivo fra i cadaveri infilzandoli con le lance, per assicurarsi che nessuno potesse sfuggire al massacro, per poi ammassarli nella piazza principale; intanto Exintarvul si godeva seduto su di uno scranno appena ornato di teste elfiche il suo massacro ben riuscito. Il lich aveva programmato tutto nei minimi particolari ed aveva collaborato per giorni con i rozzi orchi che lo servivano…si ma…come carne da macello. Mentre Exintarvul era intento ad analizzare gli oggetti accumulati, nella silenziosa città dove ormai si udivano soltanto sporadici grugniti, una scossa nel terreno attirò l'attenzione di tutti; ne seguirono altre sempre più forti e sempre più vicine finché nel terreno, sotto il cumulo fumante di cadaveri ammassati per essere bruciati,si apri un enorme cratere dove spuntò un gigantesco verme affamato che dilaniò e inghiottì subito tre orchi vicini; e come apparve, rientrò sinuosamente nel cratere che aveva creato, per far spazio all'arrivo di un nutrito gruppo di elfi oscuri, che si riversarono agilmente e ordinatamente nel territorio circostante armati fino ai denti e con aria circospetta cercando chissà cosa. Per quanto potessero essere stati ordinati e agili, la figura che apparve per ultima fu la più aggraziata. Un elfo femmina vestito con una leggera armatura argentea un martello dall'impugnatura intarsiata di diamanti portato come se soltanto un piccolo peso gravasse sul braccio dell'elfa, corpo longilineo ma formoso e volto coperto da una maschera dalle sembianze feline. Iniziò ad avanzare sul terreno dritta davanti a lei come se già sapesse dove andare, intanto alle sue spalle la testa del verme fece di nuovo la sua comparsa accompagnato da un'altra piccola scossa del terreno e rimase in attesa con l'enorme bocca aperta come se saggiasse l'aria aperta, e gli elfi intorno a lei si disposero in formazione difensiva calando sul loro volto un velo semitrasparente che li proteggeva dal sole. Togliendosi la maschera, l'elfa, fece luce su un volto bellissimo sul quale pochi potevano insistere con lo sguardo, i suoi occhi bianchi come la neve candida si guardavano intorno come se stessero cercando qualcosa a volte soffermandosi nel nulla forse in cerca di ricordi passati in quel luogo. All'improvviso di fronte a lei, Exintarvul apparve in un forte bagliore bianco improvviso che la costrinse a socchiudere gli occhi; si ergeva in tutta la sua statura superando di una spanna l'elfa, la quale alzando lentamente il mento lo guardava dritto negli occhi come se nulla fosse accaduto. Le vesti del lich svolazzavano innaturalmente e mentre i secondi passavano, un globo di luce verdastra si formava nella sua mano destra…mentre la mano destra di lei faceva presa salda sull'impugnatura del martello…i diamanti ferirono il palmo della sua mano…il martello si imbeveva del suo sangue e sembrava prendere vita. Intanto nella tranquilla cittadina di La Soglia Lawrence Le Vingard si stava preparando a partire, come sempre i suoi viaggi venivano decisi all'ultimo momento e regolarmente si dimenticava di qualcosa, ma stavolta avrebbe viaggiato leggero; stava ricontrollando lo zaino che per buona parte era occupato dal libro di magia…immancabile…c'erano poi pergamene, pozioni, poco denaro, come sempre, due o tre ammennicoli magici e un po' di cibo essiccato da consumare anche durante il cammino. La giornata era soleggiata ed una leggera fresca brezza lo costrinse a girarsi verso la finestra aperta per odorare il buonissimo odorino di stufato dell'anziana vicina che gentile come sempre anche stavolta lo avrebbe omaggiato di quella delizia che solo lei sapeva fare; solo

VI

allora si rese conto che una figura femminile dal corpo piuttosto muscoloso per essere una donna, stava seduta sul parapetto giocherellando con un amuleto portato al collo. La sua armatura era lucida e ben curata e la sua fedele mazza ciondolava dalla sua cintura dagli strani ricami floreali, forse di fattura elfica. - Vedo che siamo in partenza – esordì scendendo con un agile balzo dal davanzale. - E tu che ci fai qui non dovresti essere impegnata con fraticelli della tua parrocchia - disse Lawrence in tono scherzoso. - Eh no! Caro mio intanto non si chiamano fraticelli ma Accoliti e poi la mia non è una parrocchia…anzi non è proprio mia. La tua più che una partenza sembra una fuga di soppiatto vedo, non si usa più avvisare? Forse hai paura che parli di te con il Patriarca?. - Ormai si trovava a un passo da lui e l'immagine del mago si specchiava, sul lucido metallo. - Senti vado di furia e non ho tempo di spiegarti dove vado e perché visto poi che non condividiamo più lo stesso letto, anzi fammi un piacere vedi di tenere d'occhio te la città, perché la tranquillità finirà presto anche qui se non faccio o se qualcuno non fa qualcosa subito…ah! Dimenticavo, complimenti per il nuovo taglio di capelli, ti rendono più graziosa e attraente – E sparì come era solito fare, lasciandola lì in piedi con le gote arrossate dalla vergogna e dalla timidezza; toccandosi le ciocche di capelli sulle spalle col sorriso inebetito e coi pensieri che volavano chissà dove chiuse la finestra ed usci dall'appartamento ormai vuoto che poco si addiceva ad un nobile mago di Glantri, ma in fondo anche lei sapeva che lui non era tipo da corti reali ma da viaggi e sacrifici continui donando più a gli altri che a se stesso…chiuse la porta, scese le scale e si unì alla folla che riempiva il mercato. Apparve lì, dove voleva lui, l'incantesimo aveva fatto come sempre il suo dovere ma la scena che gli comparve davanti agli occhi non era quello che si aspettava e quasi pensò di aver sbagliato posto...il suo sesto senso gli permise di schivare l'attacco e uccidere con una scossa elettrica, l'orco che gli si parò davanti…urla di elfi disperati pianti di bambini e l'odore acre della carne bruciata gli fecero perdere il senno della ragione e senza pensarci due volte si gettò in mezzo al massacro inaspettato. Era tutta una gran confusione intorno a lui, i pochi elfi rimasti difendevano la loro terra col sacrificio della loro lunga vita, i suoi incantesimi intanto colpivano dove potevano dando un congruo aiuto alla ormai disorganizzata difesa elfica. Gli orchi avevano gettato il panico nel villaggio e uccidevano senza fare sconti sia donne, che bambini in fuga o paralizzati dalla paura. Lampi e fuoco, energia e acqua scaturivano dalle mani di Lawrence creando un notevole scompiglio tra gli orchi che questa volta non combattevano da soli ma si accompagnavano a terribili creature che sembravano uscite dalle più terribili leggende del passato. Purtroppo i suoi incantesimi oltre a fare strage fra le belve attirarono anche l'attenzione di molti, ma in particolare di una creatura che si stava cibando delle carni di un giovane elfo;creatura dal corpo rotondeggiante con un unico grande occhio centrale ed una bocca irta di zanne; sulla testa dieci peduncoli sormontati da altrettanti piccoli occhietti e senza esitare levitando nell'aria si avviò verso il mago che ancora ignorava l'arrivo del Beholder…[continua…]

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: LA MALEDETTA SCIMMIA Ovvero

DI COME UN GRUPPO DI AVVENTURIERI AFFERMATO POSSA ESSERE RIDOTTO ALL’IMPOTENZA E UN’INTERA FAMIGLIA DI MERCANTI STERMINATA PER COLPA DI UNA STUPIDA SCIMMIA

-...è tutta colpa della "simia"!- Ispettore Jacques Clouseau de la Sûreté

- Ohi Ohi che mal di testa!! – Si lamentò Gold svegliandosi lentamente; tentò di portarsi la mano alla nuca nel gesto istintivo classico di stropicciarsela e si accorse di essere legato come un salame e di essere seduto in terra con le gambe distese e la schiena appoggiata a qualcosa. Focalizzando pian piano le idee comprese di trovarsi legato schiena contro schiena insieme a due dei suoi compagni del Carretto Impennato (nella fattispecie il mago Alejandro e il chierico Ivan anche loro in procinto di svegliarsi), il suo sguardo poi, vagando nel tentativo di intuire la situazione, si posò su Fantasma (il nano compagno di tante avventure) che giaceva poco lontano immoto senza un alito di vita. - Ma che è successo? Come mai mi trovo qui legato? – Pensò il ladro e gradualmente i ricordi riaffiorarono… La sera di tre giorni prima La Compagnia del Carretto Impennato aveva sconfitto un temibile rugginofago nella stalla di un fattore poco fuori di La Soglia e, incassata la meritata ricompensa, i nostri eroi erano tornati a casa per finire i preparativi per la mattina seguente quando sarebbero partiti alla volta di Luln per la missione affidata loro dall’ambasciatore di Alfheim. Il primo giorno di viaggio non aveva presentato particolari problemi; il mago Beregar, il guerriero Jacob e l’elfa Lorien avevano deciso di partire all’alba e viaggiare più spediti per arrivare il prima possibile a Specularum (la capitale del granducato), mentre gli altri quattro sarebbero arrivati per conto proprio con calma tenendo il passo del mulo Stronzolomeo. Molte persone avevano incrociato la Compagnia lungo la Strada del Duca, per la maggior parte carovane di mercanti provenienti dalla capitale, una di queste aveva chiesto di passare la notte con il gruppo nella speranza di avere protezione da eventuali banditi o mostri erranti. La famigliola era composta dal mercante con le sue due figlie, piuttosto bruttine a dire la verità, ma questo non aveva scoraggiato il buon Alejandro dal provarci con quella un po’ più decente; quindi la notte stessa, mentre il mago era impegnato “in camporella” con la sua nuova conquista, Gold aveva optato per una passeggiata notturna tra i due carri della carovana nel tentativo di fare il suo mestiere ma aveva rinunciato presto nel timore di eventuali trappole sul carro delle merci. Il giorno seguente era stato non più agitato del primo e, al momento di accamparsi per la notte, un’altra carovana (questa volta composta da tre carri) aveva chiesto protezione al gruppo, questa volta il mercante era accompagnato dalla moglie e due figlie, una veramente brutta e l’altra molto carina; su questa si erano posati gli occhi del mago playboy ma stavolta la ragazza, che inizialmente era sembrata disponibile, alla fine aveva mandato in bianco il nostro Alejandro. La notte il ladro aveva fatto un nuovo tentativo di racimolare qualche guadagno, era riuscito ad aprire uno dei carri e aveva provato a cercare qualche merce di valore ma era stato messo in allarme da un rumore come di piccoli passi sul tetto del medesimo carro; dopo aver aspettato qualche minuto nascosto in ascolto, non sentendo più rumori, era uscito di soppiatto ed era stato aggredito all’improvviso da una scimmia con ali da pipistrello la quale lo aveva morso e poi era sparita di nuovo lasciando, oltre alla ferita, un veleno in circolo nel corpo del ladro che lo poneva in uno stato di furia omicida; il primo obiettivo che gli si era posto dinanzi era sfortunatamente il carro dove dormiva il mercante con la sua famigliola e Gold era entrato e aveva in poco tempo sterminato i quattro innocenti. Nel frattempo le urla dei poverini avevano svegliato gli altri membri del gruppo che però si erano trovati subito, uno alla volta, faccia a faccia con la scimmia; tutti tranne il nano che coraggiosamente aveva tentato di ridurre a più miti consigli i propri commilitoni ma che per questo ci aveva lasciato le penne. A quel punto il ladro, ancora assetato di sangue, era uscito dal carro del massacro e i compagni rimasti si erano decisi ad affrontarsi alla morte quando un colpo alla nuca li aveva mandati a nanna tutti e tre. - Ecco cos’è successo! Oddio che strage! Maledetta scimmia! – pensò Gold. Nel frattempo una persona sconosciuta con paramenti clericali si avvicinò al trio legato dalle corde… - Vedo che vi siete ripresi, l’effetto del veleno dovrebbe essere passato – disse il tizio.

VII

Un gruppo di avventurieri (di esperienza ben più grande del Carretto Impennato) aveva assaltato la tana delle scimmie e una di queste sfuggendogli aveva aggredito l’accampamento della Compagnia, poi il gruppo era arrivato all’inseguimento e aveva pensato bene di fermare il massacro riducendo all’impotenza i tre invasati. Questo raccontò il chierico slegando Gold e i suoi amici, mentre gli altri membri del suo gruppo, un guerriero e un mago, erano intenti l’uno a preparare la cena e l’altro a studiare un grosso tomo all’apparenza non troppo contenti di aver salvato i nostri eroi. - Certo! Allora la colpa non è mia! La colpa della strage è tutta di questi tre deficienti che si sono lasciati scappare quella stupida scimmia! – pensò Gold. Ma non lo disse. I deficienti però non erano tre ma quattro come egli scoprì ben presto; infatti, quando il Carretto Impennato si apprestò a ripartire, il nostro ladro provò a raggirarli sostenendo che il carro dove era entrato la notte del misfatto era di sua proprietà e ne dette prova aprendo (con un rapido tocco delle dita) il lucchetto che ne chiudeva la porta. Sfortunatamente davanti a lui trovò il quarto deficiente, un collega, che era già entrato nel carro per “ripulirlo” e ne rivendicava la proprietà. Ripartendo a capo chino dopo questa disavventura diretti verso Specularum con il cadavere del povero nano caricato sul mulo, i tre passarono i restanti due giorni di cammino quasi sempre in silenzio, mogi mogi. Arrivati alla capitale, fortunatamente senza ulteriori problemi, i tre si diressero subito alla cattedrale nella speranza di riportare in vita in qualche modo il loro compagno. Nella cattedrale, prima parlarono con un chierico che pretendeva 2800MO per la resurrezione, poi arrivò una chierica che si presentò come Magdel assistente di Lord Olliver Jowett Patriarca di Specularum e che, anche grazie al fatto che Ivan è un fratello della chiesa e per giunta Tyathiano, acconsentì a prendersi cura del povero nano gratis a patto che il Carretto Impennato facesse per lei una missione. E così siamo arrivati al presente. I nostri compagni tutti riuniti alla Locanda del Giglio Nero di Luthier Sforza, personalmente consigliata dalla stessa Magdel, mentre si rifocillano e si godono lo spettacolo della cantante/ballerina Yolanda insieme al redivivo nano, si apprestano a imbarcarsi nell’ennesima missione non prevista che ritarderà ulteriormente il loro arrivo a Luln. Riusciranno, prima o poi, i nostri eroi ad arrivare a Luln per dedicarsi alla missione affidata loro dall’ambasciatore di Alfheim? Il Beholder si avvicinò a quella creatura che stava facendo strage di esseri intorno a se, l'essere sapeva per esperienza che la carne era più saporita se conquistata faticando e poi quegli esseri capaci di lanciare incantesimi avevano un sapore più dolciastro degli altri come se l'essenza della magia insaporisse il loro sangue… Si mosse fluttuando velocemente superando e schivando le creature che gli si paravano davanti e uccidendo mentre passava qualche elfo impegnato a combattere con gli stupidi orchi; Sapeva bene che la sua chiave di vittoria stava nel potere magico scaturito dal suo occhio centrale, quell’occhio infatti era capace di inibire qualsiasi incantesimo…poi con gli altri occhi avrebbe fatto il resto. Quando si trovò in prossimità del mago, spalanco più che poteva le palpebre quasi volesse aumentare il potere dei suoi occhi, e attaccò; il mago si rivelò essere molto agile e schivò gli attacchi...ma…non recitò nessun incantesimo…e si spostava di continuo cercando di sorprenderlo alle spalle…quel mago sapeva…conosceva le sue caratteristiche forse aveva già incontrato qualche essere uguale a lui…doveva agire con prudenza. Lawrence si trovò a contatto con quell’essere che ben aveva studiato sui libri ma che mai aveva incontrato e ringrazio se stesso per aver passato intere giornate chinato sui libri a studiare le cose più incredibili. Tentò di aggirare la bestia che stava cercando di morderlo, provò e provò più volte ma più il tempo passava più la fatica si faceva sentire, aveva impugnato il suo fedele bastone ed era riuscito più volte a ferire il Beholder ma quei colpi non sembravano aver impensierito la belva, che invece già due volte era riuscita ad affondare i denti sul braccio armato del mago che affaticato dal continuo correre stava iniziando a incespicare nei movimenti. Il beholder, si accorse che il mago davanti a se stava faticando e incalzo l'essere velocizzando gli attacchi finché uno dei suo occhi magici colpi l'essere che si ritrovò improvvisamente e innaturalmente rallentato ed allora, affondare le fauci nel fianco del mago fu un gioco da ragazzi per lui; colpì e lo afferrò sulla spalla e senza pensarci due volte lo scaraventò lontano e lo fece impattare violentemente, dopo averlo fatto volare per una decina di metri, contro un albero. Lawrence urlò di dolore e si ritrovò improvvisamente a volteggiare scomposto in aria e quando impattò contro l'albero quasi perse conoscenza dal dolore; ma non si perse d'animo, rimase a terra, e si rese conto, dal luccichio del suo bastone magico che non si trovava più nell'area di anti-magia del mostro. Attivò il bastone e si curò rimanendo supino a terra poi iniziò a recitare l'incantesimo. Il beholder aveva perso di vista il mago che era precipitato a terra, la frenesia del sangue lo aveva accecato e aveva scaraventato il mago lontano invece di finirlo sul posto…si avvicinò velocemente sotto l'alberò ma quando arrivò il corpo del mago non c'era, solo una macchia di sangue era rimasta sulla corteccia dell'albero e in terra, e quando realizzò che era sparito, grazie ad uno dei suoi incantesimi, nel voltarsi fu attraversato da una potente scarica elettrica che era scaturita dalle dita protese verso di lui di Lawrence che si era teletrasportato alle spalle del beholder e che già sorrideva pregustando la vittoria mentre il mostro cadeva a terra con un tonfo sordo esalando l'ultimo respiro…[continua]

VIII

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: LA RISSA Ovvero

DI COME UNA SEMPLICE DISCUSSIONE IN LOCANDA POSSA GETTARE SUL LASTRICO UNA COMPAGNIA In genere una rissa in taverna è una manna dal cielo per un ladro perché, mentre gli altri energumeni si picchiano, un abile rapinatore riesce a tirar su un discreto gruzzolo saccheggiando i corpi svenuti e anche questa volta Gold pensava di fare in questo modo ma ultimamente i nostri eroi sono perseguitati da una buona dose di malasorte. Eravamo rimasti alla Locanda del Giglio Nero di Luthier Sforza con la Compagnia del Carretto Impennato di nuovo riunita che assisteva tutta rapita al meraviglioso spettacolo di Yolanda… Ma proprio “tutta” ? Beh quasi. In realtà solo la parte maschile della Compagnia osserva la bellissima ballerina-cantante mentre Lorien, naturalmente indifferente di fronte alla sua sensualità, spilluzzica qualcosa annoiata al tavolo meditando di uscire dalla locanda e fare una bella passeggiata nei boschi. Il suo desiderio viene però frustrato dall’udito fino degli elfi che le permette di sentire il commento sprezzante che un avventore della locanda fa al suo compagno di merende: - Aoh un’elfa non me la sono mai fatta! Anvedi che questa ce sta! -. Il “burino” in questione si avvicina a Lorien, petto villoso e catenina d’oro in evidenza attraverso la camicia aperta - A’bbella! Te va de fare ’n ballo co’ n’omo vero ? -. L’elfa risponde cortese ma ferma che è alla locanda con i propri compagni e che in ogni caso non le piacciono troppo gli uomini ma preferisce gli elfi - Aoh! Guarda che se te la tiri troppo te se strappa! Anvedi questa! Ma chi te credi d’esse’ a’orecchie-a-punta!! -. Padre Nikelnevic, accortosi della situazione, sta per andare in aiuto della sua amica con il classico “c’è qualche problema ?” quando Lorien, colta nel vivo da quell’ “orecchie-a-punta”, decide di lasciar perdere le parole e mollare un cartone sul naso der coatto scatenando così la più classica delle risse da taverna. La zuffa è grande e mentre i nostri eroi stendono una ventina di persone Gold, dopo essere abilmente sfuggito a due tizi che lo fronteggiavano, riesce a nascondersi dietro il bancone nel tentativo di razziare la cassa che però trova vuota; ma non si dà per vinto e comincia a frugare i corpi di coloro che sono già fuori combattimento racimolando 4 M.O. e 10 M.A. La rissa però ha breve vita. Infatti il signor Sforza (che si era distinto nel parapiglia stendendo due persone per volta) ha subito mandato un garzone ad avvertire le guardie cittadine che arrivano proprio mentre l’elfa lancia un incantesimo Sonno addormentando Yolanda oltre ad altre quattro o cinque persone. Per farla breve tutti vengono arrestati e il Carretto è costretto a pagare una multa salata di 300 M.O. per la rissa, altre 300 M.O. per aver lanciato un incantesimo in città e 500 M.O. per i danni alla locanda. I nostri poi vengono convocati dall’assistente del Patriarca di Specularum dalla quale subiscono un borioso e noioso pistolotto su come solo per il fatto di essere avventurieri non si debbano sentire padroni del mondo e, oltre al danno la beffa, Magdel inoltre comunica loro che non potranno più avere nessun tipo di rapporto con la Chiesa di Karameikos e pertanto saranno anche sfrattati dalla casa di La Soglia (con la promessa però della restituzione dei soldi pagati per la ristrutturazione). A questo punto i nostri eroi, avendo ascoltato forse un decimo delle parole della chierica e liberati dagli obblighi nei suoi confronti, decidono nonostante tutto di non proseguire ancora per Luln ma di adempiere comunque la missione ella che aveva dato loro e ripulire le Caverne di Quasqueton semplicemente per gloria, tesori ed esperienza. L’ingresso si presenta come una grotta naturale all’interno di una collina che poi scende nelle viscere della terra fino ad arrivare ad un corridoio in muratura che termina con una porta di fronte alla quale c’è un licantropo che viene rapidamente devastato dal gruppo. Aperta la porta i nostri si trovano davanti ad un altro corridoio con sei alcove (tre da entrambi i lati una di fronte all’altra) con all’interno di ognuna una statua con le braccia alzate sopra il capo nell’atto di brandire una grossa ascia. Subodorando il trappolone il ladro avanza carponi trovando effettivamente che la pietra sul pavimento davanti alle statue se premuta fa calare entrambe le asce sul malcapitato e che agendo sull’alluce di una delle due statue si può bloccare il meccanismo; forte di questa scoperta Gold tiene bloccata la trappola mentre gli altri passano (per primo il nano) solo per vedersi sprofondare nella pietra successiva. Ritirato su Fantasma dalla buca appena apertasi sotto i suoi piedi con l’aiuto della preziosa corda magica e fatti passare gli altri sempre grazie a questa, il ladro prosegue a colpo sicuro per bloccare la seconda coppia di statue ma cade anche lui in una buca che stavolta era posta prima del meccanismo-trappola; aggrappatosi con destrezza al bordo della buca e sempre grazie alla corda magica Gold passa la seconda trappola e fa passare il resto del gruppo. Diretto ora verso la terza coppia di statue il ladro usa subito la corda magica per passare e atterrare con delicatezza sulla pietra al di là della trappola aspettandosi la solita buca e invece viene teletrasportato di nuovo all’inizio del corridoio; irritato per tutta questa serie di trappole Gold decide di non usare ancora la corda ma prende la rincorsa saltando agilmente tutte le trappole in una spettacolare sequenza di piroette e arrivando infine sulla piccola rampa di scale al termine del corridoio; questa volta è il nano a notare la trappola e prima che Gold metta piede sull’ultimo scalino lo ferma facendogli scoprire che se vi si fosse posato le scale sarebbero diventate uno scivolo verso la mattonella teletrasportante. Mentre ancora i nostri stanno passando Gold si trova di fronte a due grossi funghi semoventi che cominciano a emettere un fortissimo verso: sono due boleti stridenti che vengono però uccisi dal ladro e dal nano in breve tempo. Chissà i terribili mostri che avranno attirato e allertato i due funghi col loro grido lancinante... - E' inaccettabile Patriarca Sherlane, non posso assolutamente soprassedere alla cosa.- Disse l'anziano chierico. - Ascoltami Olliver, tu sai bene quanto me, verso che periodo ci stiamo avviando, gli scontri che stanno attanagliando Alfheim, presto si ripercuoteranno anche qui, lo sai cosa mi ha detto Lawrence Le Vingard??. - Disse con tono pacato stando sempre voltato alla finestra che si affacciava sui giardini interni della cattedrale. - E chi sarebbe questo Le Vingard…Lawrence…questo nome non mi è nuovo!. - Olliver Jowett cercava una posizione comoda per la sua schiena dolorante. - E' il mago che faceva parte, un tempo del mio gruppo! Una persona fidata…quel mago di Glantri che fu… - si voltò lentamente – cacciato dalla sua stessa famiglia perchè ritenuto un rivoluzionario amico dei preti – si morse la lingua per non dire altro. - Si adesso ricordo! – annuì il patriarca di Specularum. - Lawrence mi ha detto di aver dovuto affrontare un Beholder ai confini di una città elfica! E non c'era solo il beholder, ma un intero esercito di orchi!...alle porte di una città elfica…difficile da credere. – sorseggiò il pregiato vino dal calice di cristallo – Noi abbiamo bisogno di tutta la forza giovane che il nostro paese ci può dare, dobbiamo coltivarla e dobbiamo smetterla di non vedere ciò che sta succedendo ad Alfheim; in fondo tutti sbagliano anche noi da giovani abbiamo sbagliato e tu, Olliver non puoi obbligarmi a non dare aiuto a quei ragazzi…è uno sbaglio! – disse alzando il tono della voce Magdel che finora era rimasta in disparte, alle spalle della sedia dove era seduto Jowett, fece un passo in avanti; - In effetti Patriarca, se posso dire la mia, ho visto negli occhi di quel gruppo di giovani…l'inesperienza…la voglia di dimostrare…l'arroganza…l'invincibilità che si pensa di avere a quell’ età…ma ho visto anche il futuro di questo paese, dobbiamo , lentamente, farci da parte e dare largo ai giovani. – disse e riprese la sua precedente posizione dietro il patriarca.

IX

- Esatto – il volto di Halaran si illuminò alle parole di Magdel – Permettimi di guidare questo gruppo di ragazzi finche ne avranno bisogno non permettiamo che scelgano anche loro la via sbagliata, abbiamo già perso un gruppo di avventurieri potenzialmente forti e che probabilmente ci ritroveremo a dover fronteggiare…pensaci Olliver… - disse con tono pacato guardando il vecchio dritto negli occhi. - E va bene, mi hai convinto, scommettiamo su questo…Cassetto Impigliato…Capretto Impalato…o come diavolo si fanno chiamare e visto che devono essere il futuro di Karameikos cerchiamogli anche un nome più onorevole di Capre e Carretti…intanto continua a diffondere il credo della nostra chiesa e tienimi al corrente dei fatti che accadono al nord; - disse il patriarca mentre, aiutato da Magdel si alzava faticosamente dalla sedia – E' quasi giunto il momento per me di ritirarmi dalla mia onorata carriera e tu sarai il mio successore… non voglio lasciarti nelle mani un regno sull'orlo dell'invasione e una chiesa spaccata in due con continue faide interne, quindi datti da fare…intesi? - disse preparandosi ad uscire. - Intesi, fidati di me! – Rispose orgoglioso Sherlane. I due chierici avevano una carrozza bianca ornata di oro che li attendeva fuori dal palazzo, e dopo un ultimo saluto scomparvero nelle vie di La Soglia. Sherlane Halaran tornò dentro e vide che, da una finestra in alto Aleena Halaran, figlia di suo fratello lo osservava. Una delle cose che rende caratteristica la città di La Soglia è l'Isola di Folgor. L'isola è la parte vecchia della città, le case sono costruite una a ridosso dell'altra le vie sono strette e non sono stati concepiti spazi verdi di nessun tipo…un' ammasso di costruzioni vecchie e logore che sembrano sempre sull'orlo di crollare, alte non più di due piani inclinate nelle più strambe direzioni ed ornate di rifiuti negli angoli meno trafficati e di gentaglia un po' ovunque. Zona di delinquenti e di mercato nero, non è assolutamente pattugliata, a differenza della zona continentale della città…le guardie non si spingono nell'interno di Folgor, ma si limitano a pattugliare i due ponti di accesso all'isola…nelle sue stradine contorte circolano molti ladri ben organizzati… - Mia signora ho le informazioni che mi aveva chiesto. – disse l'uomo vestito di grigio. La stanza dove si trovava l'uomo, non aveva finestre ed era illuminata solamente da una candela che sembrava non consumarsi mai…tutto era nella penombra, solo pochi potevano accedere senza scorta a quella stanza infatti nessuno sapeva dove si trovava di preciso. Le due persone che fungevano da scorta erano due ragazzi adolescenti vestiti solo di uno straccio alla vita molto corto e molto sporco, magri con i volti scavati dalla sofferenza, sguardo sempre rivolto verso il basso e inoltre…privati degli orecchi e della lingua…per evitare di cadere nella tentazione di rivelare l'ubicazione della stanza; hanno il compito di bendare l' interessato e accompagnarlo dove sanno punto e basta, quando non sono più in grado di svolgere questa semplice funzione vengono uccisi e sostituiti. - Avanti parla – disse l'elfa dalla pelle grigiastra ruotando la sedia verso l'informatore che aveva spedito qualche giorno fa in cerca di informazioni sul passato di Gold D. Rufy - Allora, mia signora, il soggetto in questione è pulito, anche perché l'età non gli ha permesso ancora di fare grossi danni, anche se qualche giorno fa ha sterminato una famiglia di mercanti seminando tracce e indizi un po' ovunque tanto che è stato arrestato e liberato sotto pagamento a Specularum; quindi la cosa su cui mi sono concentrato di più è il suo passato – disse l'uomo che si era seduto composto sulla sedia di fronte alla scrivania piena zeppa di fogli e monete d'oro che lo inducevano in tentazione. – Il padre era il garzone di un panettiere, lavorava in una bottega nella zona borghese della città e conobbe quella che poi sarebbe diventata la madre di suo figlio durante una consegna di pane…i dettagli dell'incontro li sorvolo perché non degni di nota; fatto sta che la signora in questione non che madre di Gold è…Sabina Radu. – disse fermandosi intelligentemente sul nome della madre. - Sabina Radu...- disse l'elfa sbalordita – Ma se è la Sabina che intendo io, mi stai forse dicendo che è il figlio della sorella maggiore e unica sorella di Anton Radu capo della "Società Velata"… - si mise le mani sulla fronte tanto era sorpresa della cosa. - Si, mia signora, ma mi faccia finire che la situazione non è così brutta come appare…La nostra cara Sabina si invaghì del giovane e prestante garzone tanto che pensò bene di avere un figlio con lui non pensando però alle conseguenze di questo gesto. Partorì in casa di lui in gran segreto…ma si sa i segreti, mia signora, sono quelle cose che si dicono ad una persona per volta…e così dopo pochi giorni la notizia giunse alle orecchie di Anton che scoprì però soltanto della storia d'amore nascosta non del parto; Anton Radu non smentì la sua freddezza e crudeltà, fece uccidere tutta la famiglia del garzone e uccise di fronte a sua sorella il malcapitato uomo di lei. Sabina fu rinchiusa in un luogo sconosciuto per circa tre mesi dopo di che è stata allontanata da La Soglia e vive isolata in una località sconosciuta…non mi sono permesso di approfondire per ovvie ragioni di tempo, ma non è finita; Gold D. Rufy allevato poi in orfanotrofio perché si sa Anton è freddo e crudele ma ha rispetto per i bambini, non è figlio unico ma pare ci sia anche una sorella...- disse l'uomo che fino ad allora era rimasto seduto ed immobile di fronte alla sua signora. - …Quindi ne deduco che oltre a non sapere nulla Anton anche Gold non sa nulla del suo passato e tanto meno sua sorella…bene queste informazioni rimarranno tra noi, voglio che continui a cercare informazioni sulla sorella di Gold ed anche su dove è tenuta la madre, tutto chiaro? – disse lei alzandosi dallo scranno intarsiato e decorato d'oro. - Certo signora,sarò estremamente discreto su queste cose e cercherò di farle avere il resto delle informazioni il prima possibile…potremmo guadagnarci qualcosa in tutto questo? – chiese lui discretamente. - Non so, ancora sono molto confusa ci dovrò riflettere sopra, adesso vai ho altre cose da sbrigare. – l'elfa si voltò e prese un mantello da un attaccapanni dietro. - A presto, mia signora. – disse l'uomo inchinandosi prima di uscire. Uno dei due ragazzi lo bendò lo prese per mano e lo accompagnò verso l'uscita per quei corridoi intricati e bui. Gli occhi dell'elfa scura indugiavano distratti sulla fiamma della candela, ancora pensava a quello che aveva scoperto…Sabina Radu…Gold D. Rufy…[continua] Nel Granducato di Karameikos esiste una piccola comunità di nani che conta non più di un migliaio di membri, sono tutti nani provenienti da Rockhome che hanno deciso di stabilirvisi per lavorare nelle miniere ed estrarre quei minerali che senza di loro sarebbero rimasti all'interno delle montagne per l'eternità. Queste continue estrazioni di minerali hanno permesso a Karameikos un fitto commercio con i nani di Rockhome, ma non tutti i nani presenti nel granducato vivono in comunità ad Altomonte, fra l'altro comunità divisa con gli gnomi, che contano circa cinquemila elementi; insieme ai nani hanno una giurisdizione a sé e si tengono il più alla larga possibile dagli affari degli umani, ci sono però alcune famiglie isolate che vivono all'interno delle città più importanti di Karameikos; una di queste è la città di La Soglia e la famiglia in questione è quella dei Rutarrad. Questa famiglia di nani dai capelli rosso corvino e dalla corporatura piuttosto robusta, si stabilì a La Soglia circa cento anni fa e da allora l'arte della fabbricazione di armi e armature li ha resi famosi in tutto il granducato. Erano un clan molto rispettato a Rockhome finche l'attuale "nonno della famiglia" tale Bron Rutarrad non decise di sfidare l'allora e tuttora Re Everast XV (sì perché all'epoca per succedere al trono bisognava sfidare a duello il Re) … sconfitto in duello, Bron, fu però allontanato insieme a tutta la famiglia cancellato il nome dei Rutarrad dagli albi di Rockhome e marchiati come traditori della corona. Nei mesi successivi la legge di successione fu cambiata in linea di sangue e da allora solo i primogeniti degli Everast potranno salire al trono. Senza batter ciglio Bron si allontanò da Rockhome per non farvi più

X

ritorno e portò con sé la sua famiglia, il clan si sciolse e gli altri nani furono assimilati dagli altri clan. Da allora vivono a La Soglia ma nessuno a parte Bron è a conoscenza dei dettagli della vicenda. Grandi mastri armaioli,i Rutarrad, tradotto Pugnodiferro producono armi e armature per tutti coloro che ne hanno bisogno creando pezzi unici e all'occorrenza anche magici, unica prerogativa: Non sono forgiate armi e armature per Elfi e…Nani. Lungi ancora dall'abbandonare la fucina, l'ormai anziano Bron si reca tutte le mattine all'alba al negozio per riscaldare gli arnesi ed iniziare l'attività da solo in santa pace, si dice che le armature più belle le crei quando è da solo; quella mattina di primavera ad attenderlo accanto alla porta del negozio c'era una nana in armatura di metallo appoggiata ad un martello da guerra intarsiato di gemme. La forma del suo elmo, tondo con due lunghe piume di fenice ai lati del cranio in corrispondenza delle orecchie, tradì subito agli occhi di Bron l'appartenenza al clan dei Torkrest uno dei più antichi clan di Rockhome conosciuti per la loro forte capacità combattiva. Fece finta di niente e aprì il locale; lei di contro lo fermò afferrandolo per un braccio, lui si voltò: - Ti consiglio di mollare la presa, di solito non picchio fanciulle indifese…ma all'occorrenza! – sapeva benissimo che non era una fanciulla indifesa ma cos'altro avrebbe dovuto fare. - I Torkrest sono sempre i fedeli scagnozzi degli Everast? – disse sputando ai piedi della nana. A tale offesa la morsa sul braccio di Bron si fece ferrea e quasi gli strappo un sussurro di dolore, la nana cercava di controllarsi, anche se i denti digrignati e la testa del martello appoggiato sotto il mento del vecchio, facevano pensare ad altro. Bron sapeva bene dove colpire a parole ma un tempo avrebbe saputo come cavarsela anche con le mani dopo le parole, ma adesso era tanto che non si esercitava…e subito pensò che forse quello sarebbe stato il momento adatto per ricominciare; afferro la nana per il collo mostrandole che il suo braccio libero e non era nemmeno il braccio con cui picchiava il martello in fucina, nonostante l'età aveva ancora qualcosa da dire…e la sollevo di qualche centimetro da terra…nana, armatura e martello. - Sono Balis figlia di Bali del clan dei Torkrest e sono venuta per portarti a voce un invito a farci vista nella nostra rocca a Rockhome da parte di mio padre Korin figlio di Orin Capo clan dei Torkrest - disse con un filo di voce mentre penzolava a qualche centimetro da terra con la testa del martello sempre premuta contro la gola di Bron…[continua]

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: IL DUNGEON DELLE TRAPPOLE Ovvero

DI COME “IL CARRETTO IMPENNATO” SIA PARTICOLARMENTE VULNERABILE AI TRABOCCHETTI NONOSTANTE LA PRESENZA DELL’ECCELSO LADRO

-...io vado a mettere dei "tracobbetti" nel caso che qualcuno ci segua!!!- -forse volevi dire dei "trabocchetti"...- -sì "trabocchetti", e io che ho detto!?!-

I Goonies Un comune contadino che non è mai uscito dalla propria dimora se non per brevi viaggi al mercato probabilmente pensa che il pericolo più grande di un dungeon siano i mostri che in genere vi si trovano e così un avventuriero alle prime armi mantiene questa convinzione; convinzione che però presto viene disattesa perché il vero pericolo di un dungeon in realtà sono le trappole come presto ha scoperto anche il Carretto Impennato alle prese con le Caverne di Quasqueton. I nostri eroi hanno appena sconfitto due boleti stridenti dopo aver superato un passaggio zeppo di trabocchetti e si incamminano per il corridoio di destra, ignari di quello che li aspetta, in formazione ottimale: i picchiatori davanti (nano e guerriero), subito dietro il mago panzone e l’elfa, a seguire il nobile veggente nel mezzo della fila e a chiudere il chierico con il ladro. Appena voltato l’angolo al gruppo si prospettano una serie di corridoi ma, neanche il tempo di dare un’occhiata per vedere quale sia la strada migliore che i nostri si trovano davanti un gruppo di scheletri con intenzioni bellicose alcuni armati con spada corta e scudo, altri con arco e frecce. Per nulla scoraggiato dal numero di mostri Padre Nikelnevic si fa avanti brandendo il suo simbolo sacro e costringendo alla fuga quattro scheletri mentre il resto del gruppo si lancia in carica sui restanti, tutti tranne il nobile Beregar che, rendendosi conto dell’inutilità della sua cerbottana coi dardi avvelenati su esseri non-morti e preferendo risparmiare i suoi incantesimi, se ne sta in disparte osservando la scena. Il combattimento dura un paio di minuti (chi non è avvezzo a queste cose sappia che è un sacco di tempo) nei quali l’unico veramente in pericolo di vita è Gold il quale è costretto a bersi un paio di pozioni curative, visto che il buon Ivan Nikelnevic lesina sulle proprie cure, poco prima di lanciarsi all’inseguimento degli altri mostri precedentemente scacciati; il nostro ladro preferito però, non appena gira l’angolo viene investito da un’esplosione: l’ennesima trappola. Stavolta il chierico non si può esimere dal curare il compagno di nuovo quasi in fin di vita riportandolo in condizioni di combattere; in fondo al nuovo corridoio si trovano adesso i non-morti rimasti ed il ladro utilizza ancora una volta la sua preziosa corda magica e, salendoci sopra a mo’ di funambolo, dà l’ennesimo saggio delle proprie doti di agilità correndo fino agli scheletri e assestando un colpo mortale ad uno di essi, nel frattempo i due picchiatori caricano i non-morti incappando però in un’altra trappola che li acceca entrambi con un lampo. In poco meno di un minuto tra i fendenti dei combattenti corpo a corpo e le frecciate precise dell’elfa gli scheletri ritornano alla polvere e i nostri si apprestano a proseguire nella loro esplorazione aprendo una porta nel corridoio e ritrovandosi in quella che pare una camera da letto. Tutti tranne Fantasma e Beregar sono sorpresi all’apparire del mago proprietario della stanza che esce da un passaggio segreto; contemporaneamente partono il fendente del nano che apre uno squarcio nel petto dello sconosciuto e l’incantesimo del suddetto sconosciuto che addormenta la gran parte del gruppo (nano compreso) lasciando però fuori, sfortunatamente per lui, mago Caldwell finora inattivo che si dimostra finalmente utile finendo subito il mago con un dardo incantato. Dopo essersi svegliati e aver frugato la stanza trovando poco più che vestiti la compagnia prende il passaggio segreto che sbuca in un corridoio e poi in una grotta naturale nella quale, in uno scrigno dalla serratura talmente complicata che neanche il ladro è riuscito ad aprirla, trovano alcuni tesori compresa un’ascia magica che viene affidata prontamente al nano. Uscendo dalla grotta e riprendendo il corridoio i nostri si trovano davanti all’ennesima sfida: un massiccio umanoide alto più di due metri con la testa di toro che brandisce una grossa ascia…un minotauro. Il poderoso mostro viene sconfitto con difficoltà grazie soprattutto agli spilli avvelenati del nobile Beregar che riescono a paralizzarlo ma il ladro, che per primo si era buttato ad affrontare il mostro è costretto a consumare ancora altre pozioni curative essendo uscito nuovamente malconcio dallo scontro. Proseguendo noncurante per il lungo corridoio che assume sempre più una conformazione labirintica la compagnia confida nel fatto che le trappole siano finite visto che ne ha trovate tante e invece i due maestri d’arme fanno scattare una trappola che li teletrasporta in una stanza all’apparenza vuota ma che in realtà contiene un camaleonte gigante mimetizzato e che i due presto si trovano ad affrontare. Il resto del gruppo rimasto inizialmente basito dall’improvvisa sparizione dei compagni, decide di seguirli a due a due e presto tutta la comitiva si trova a combattere il grosso rettile che poco può contro la forza d’urto del Carretto Impennato al completo e la giornata finisce con i nostri che si apprestano a preparare il bivacco per il meritato riposo. Riusciranno i nostri eroi a trovare un metodo per evitare le trappole innumerevoli di queste caverne? E dove si troverà la stanza nella quale sono stati teletrasportati?

XI

La torre di grafite nera si ergeva cupa e solitaria di fronte a lui… quella torre era immutevole sembrava non sentire il passaggio inesorabile del tempo… quello stile di costruzione lo aveva sempre affascinato, tutte quelle incisioni gli archi le statue grottesche che sembravano animarsi sporadicamente per scrollarsi la fitta pioggia di dosso… pioggia che inesorabile cadeva ormai da decenni e nonostante tutto sembrava non aver nessun effetto corrosivo sulla torre. Il cappello nero dalla larga tesa riusciva a stento a coprire il viso dall'acqua gli occhi rossi brillavano e scrutavano il cupo portone di legno d'ebano dai riprovevoli intarsi; il lungo mantello ormai zuppo d'acqua si scostò leggermente di lato ed una pallida mano dalle unghie ben curate si fece in avanti verso l'entrata, le corone di denti appuntiti portati attorno al collo come trofeo tintinnarono al vento, si udì un sibilo che sembrava provenire dalla lunga spada che portava dietro la schiena in posizione verticale. – Fermo! – Una figura snella e bassa comparve come dal nulla dietro di lui… se ne riuscivano a distinguere a malapena i contorni, grazie alla pioggia che rimbalzava su di lei. – Pensi sia davvero la cosa giusta da fare? – disse rivelando finalmente i suoi lineamenti da elfa oscura che la distinguevano molto dai suoi cugini elfi da lei tanto odiati. Le dita della mano esitarono incerte, rallentarono ma non si fermarono, bussò ma stranamente il gesto non creò nessun suono. – Certo che è la cosa giusta da fare, in fondo a chi ci dovremmo rivolgere se non a un lich, se vogliamo oltrepassare il portale ci serve qualcuno da questa parte che ce lo tenga aperto per un po', piuttosto tu ti sei occupata dell'altra faccenda? – disse bussando ancora sulla porta e senza provocare rumore. – Ho individuato il gruppo e… – – Il gruppo l'ho individuato anch’io appena fuori città… e non sembravano adatti. – disse in tono scocciato – Come ti stavo dicendo, ho individuato il gruppo e non mi sembrano ancora "adatti" – – Mh! Vedo che la pensiamo allo stesso modo, adesso vattene – disse facendo un passo all'indietro per evitare il portone che si stava aprendo nel più completo silenzio. L'elfa dopo un rapido inchino si dileguò nel nulla. Tylius volse lo sguardo in alto ed ebbe la percezione di una forte fonte magica… familiare, mise il piede avanti e superò la soglia senza timore ripensando all'ultima volta che aveva varcato la porta della torre di Ector che ora si faceva chiamare Exintarvul, un sorriso comparve sulle sue labbra e la sua figura svanì all'interno della torre. L'elfa ricomparve sulla roccia insieme al suo serpente sempre attorcigliato intorno al polso destro, – Dobbiamo andare – e con un balzo scese leggiadra, come se ogni movimento fosse un passo di danza. L'altra figura femminile dai lineamenti umani si alzò, sbuffando, da terra e stiracchiandosi iniziò a farfugliare qualcosa in un linguaggio assai insolito; – Odio le partenze improvvise ed odio trasformarmi così spesso. – disse con un tono di voce che si faceva man mano più cupo e gutturale. La donna inarcò la schiena e da essa uscirono due piccole ali che crescevano in dimensione molto velocemente, il viso prese ad allungarsi in avanti acquistando una forma animalesca, posò in terra quelle che erano una volta le braccia ma che adesso avevano l'aspetto di due potenti zampe artigliate nere; dispiegò le ali ormai enormi, scrollò l'enorme cranio spinoso dalle potenti fauci e flettendo le poderose zampe posteriori il drago nero volò in alto verso il cielo, affiancato dall'elfa comodamente seduta su di un tappeto volante…[continua] Se Glantri è la patria dei maghi…ed una zona da evitare per i chierici, Alfheim è il regno degli elfi…ed una zona da evitare per i nani; nelle comunità di nani ai bambini si narrano vicende di nani coraggiosi che si sono avventurati in quei boschi e non hanno fatto più ritorno, di sortilegi, incantesimi, torture…e chi sa dove si ferma la realtà e inizia la fantasia. Fatto è che, gli altezzosi elfi di Alfheim, vivono principalmente fra di se e non amano la compagnia delle altre razze meno longeve di loro e meno dotte. Per fortuna la bilancia dell'equilibrio non pende mai da una parte sola, ed è così che molti secoli fa, gruppi sparuti di elfi si dissociarono dall'idea comune del loro popolo su il mondo circostante al loro regno e partirono alla volta dell'ignoto; ebbero ovviamente molte difficoltà di adattamento, ma ad oggi si può dire che vivano un po' ovunque, anche se la maggior parte di loro è rinnegata dai propri fratelli di Alfheim. Proprio riguardo a questo, una comunità elfica degna di nota è quella degli elfi Callarii, un clan che si è insediato nel granducato, quando avvenne l'incoronazione del Duca Stefano di Karameikos…e fu proprio lui a spingere l'ingresso degli elfi nel suo regno, creando inoltre una propria guardia personale elfica, mossa geniale per guadagnarsi il favore di questo clan che è adesso a lui favorevole. Capo del clan è Orn Celeb sposato con Riel Galad padre di due gemelli una femmina Lorien Loth ed un maschio Dell Riven. La storia di Orn è molto controversa e nemmeno i figli ne sanno molto, infatti entrambi i genitori preferiscono tenere i figli all'oscuro di tutto per evitare che il loro disonore venga ereditato…comunque… Orn era il consigliere personale di Re Doriath Erendyl e ovviamente conosceva tutti i segreti del re…tutti…ovviamente…ed è stato uno di questi segreti a rovinare la carriera e la vita di Orn e di sua moglie Riel che si trovarono costretti a lasciare la loro patria natale. Furono rinnegati dalle proprie famiglie, addirittura furono additati di aver celebrato un falso matrimonio e, che i loro figli erano il frutto di un sortilegio maligno perché Riel non sarebbe stata in grado di averene…si ritrovarono con le spalle al muro, isolati, derisi, sbeffeggiati a tal punto che Orn decise di inviare una lettera a Stefano di karameikos dove chiedeva asilo politico. Stefano all'epoca non era ancora duca ma accolse a braccia aperte, l'amico consigliere che aveva conosciuto in vari incontri diplomatici. Partirono una mattina di autunno, fuori la fitta nebbia avrebbe aiutato la loro fuga, lasciavano la loro casa da fuggitivi, casa dove non avrebbero più fatto ritorno…a cavallo arrivarono fino al confine di Alfheim…Riel era incinta e doveva spesso fermarsi per riposare e rifocillarsi…beh non era facile andare a cavallo con due creature in grembo vogliose di venire alla luce, in una di queste soste mentre Riel riposava, Orn andò a fare un giro nei dintorni in cerca di acqua fresca da portare alla moglie stremata. Trovò il ruscello, ma insieme all'acqua trovò tre elfi scuri che lo attendevano; non si spiegava che cosa ci facevano lì tre elfi scuri, in pieno giorno liberi di girovagare nelle loro foreste; non ebbe il tempo di pensare che fu subito battaglia, la sua spada incrociò la ricurva sciabola dell'elfo e l'altra spada fermò alle spalle un pugnale intriso di veleno…intanto Riel, appoggiata ad un albero con gli occhi chiusi cercava di rilassare le gambe stanche della lunga cavalcata mattutina…le sue orecchie appuntite si tesero al rumore di passi dietro di lei…forse Orn...pensò…ed invece i suoi occhi inorridirono di fronte alla figura snella di un elfa scura; non riusciva a muoversi era paralizzata dal terrore l'unico gesto che fece fu quello di proteggere la pancia dove dormivano i suoi piccoli…Orn era un bravo guerriero e sapeva ben difendersi da tre avversari ma con tre "scuri" non ci aveva mai combattuto erano abili veloci precisi e il suo combattimento si stava svolgendo tutto sulla difensiva, i tre scuri lo avevano accerchiato e colpivano ripetutamente senza mai fermarsi come se guidati da una forza potentissima…lo avevano già ferito in diversi punti del corpo e il sangue cominciava a sgorgare copioso dalle ferite sollecitate dallo sforzo muscolare del combattimento…la vista iniziò ad annebbiarsi la sua difesa era molle, perse la presa della spada e cadde in ginocchio, gli attacchi degli elfi cessarono al comando di uno di loro e adesso si limitavano a guardarlo dall'alto in basso…cercò di maledirli e cadde al suolo inerme; la scura non aveva armi in mano e disse a Riel di stare in silenzio appoggiandole l'indice freddo sulle labbra…una dolce cantilena cominciò a risuonarle nelle orecchie e si abbandono al caldo abbraccio della musica…l'elfa intanto aveva appoggiato le mani sul ventre di Riel e una luce verdastra aveva cominciato a scaturire dai suoi palmi, irradiando le due figure elfiche...intanto dietro di loro una tunica nera…avvolta nel buio scomparve dietro un albero…la scura recitò il suo incantesimo e come dal nulla era apparsa nel nulla scomparve…[continua]

XII

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: L’ELFA VERDE FOSFORESCENTE Ovvero

DI COME LORIEN DA MORTA RIESCA A MANI NUDE A STACCARE LA TESTA AD UN GARGOYLE

- Dov’è Regan? - - E’ qui dentro. Con noi. -

L’Esorcista

- …Questa cicatrice se la terrà per sempre […] e lei non può farci niente, Silente? - - Anche se potessi, non lo farei. Le cicatrici possono tornare utili. Anche io ne ho una, sopra il ginocchio sinistro, che è una piantina perfetta della metropolitana di Londra. -

Harry Potter e La Pietra Filosofale Le persone nelle difficoltà a volte riescono ad attingere ad energie fino a quel momento sconosciute però ci sono dei soggetti in cui questa capacità raggiunge livelli eccezionali come nel caso dell’elfa del Carretto Impennato che nel momento di massimo pericolo ha dato prova di avere doti inimmaginabili. Avevamo lasciato i nostri eroi in cerca di tesori nella stanza dello scontro con il camaleonte gigante; tesori che vengono puntualmente trovati e, oltre ad una discreta quantità di monete gemme e gioielli, comprendono una spada magica che ha proprietà curative una volta al giorno. Decidendo che non è ancora il momento di riposarsi il gruppo esce dalla stanza nel tentativo di stabilire la propria posizione all’interno del dungeon e proseguendo nei corridoi della labirintica struttura giungono in quella che ha tutta l’aria di essere una sala del trono. Due file di quattro colonne conducono ad una piattaforma sulla quale sono disposti due scranni ai cui lati fanno bella mostra di sé due grottesche statue alate dalla faccia distorta in un ghigno animalesco, il tutto illuminato da una gran quantità di torce disposte sui sostegni delle colonne, un silenzio innaturale pervade la stanza. A questo punto Gold, come sempre cercando di arrivare prima degli altri su eventuali tesori, decide di avvicinarsi furtivamente alla piattaforma passando per la navata destra della grande sala seguito a qualche passo di distanza da Padre Nikelnevic e da Fantasma; mentre osserva da vicino la piattaforma il ladro si rende conto di essere in una zona di silenzio magico e presto nota quello che tutti stavano aspettandosi da un momento all’altro: le due figure alate cominciano a muoversi. Rapidissimo il ladro salta sul basamento e colpisce uno dei gargoyle tra le scapole rendendosi però conto che la sua arma (non magica) nulla può contro la pelle durissima della bestia, Gold allora si ritira verso il fondo della sala nel tentativo di recuperare un pugnale magico ricordandosi che il nobile Caldwell ne possiede uno; nello stesso tempo il nano riesce a fare svariati danni grazie alla sua poderosa ascia magica anch’egli indietreggiando verso il resto del gruppo e i maghi e l’elfa consumano i propri ultimi dardi incantati sul mostro; adesso il gargoyle ancora intonso si getta sul gruppo ma l’altro, prima di essere finito con l’ultimo colpo d’ascia dal nano, fa in tempo a colpire Lorien con una incornata fatale lasciandola in terra chiaramente morta. Il combattimento quindi volge al peggio per la compagnia visto che c’è ancora una bestia viva e sana e già alcuni membri si preparano alla fuga quando succede qualcosa che ha dell’incredibile… le fiaccole hanno un sussulto, come se fossero risucchiate verso il centro della stanza, un bagliore verde circonda la compagna morta che si alza come sostenuta da una forza invisibile, le torce si spengono definitivamente, gli occhi dell’elfa sono completamente bianchi senza pupilla e al suo volto si sovrappone come un immagine traslucida di un altro volto dagli alti zigomi e la pelle bruna… un elfa scura. Quella che fu Lorien levitando a pochi centimetri da terra stende il braccio e prende il gargoyle rimasto alla gola spezzandogli il collo con la sola forza della mano destra e con l’ausilio dell’altra gli stacca la testa con la facilità con cui un bambino stacca la testa ad un pupazzo poi la getta indietro colpendo il seggio di destra. La grande sala è illuminata solo dal bagliore verde emanato dall’elfa e nella penombra adesso si nota una figura umana seduta sullo scranno colpito dalla testa del gargoyle… ripresisi dallo stupore i nostri eroi dirigono le loro attenzioni sul nuovo arrivato… prima il ladro, che nel frattempo si era nascosto nelle ombre, riesce a colpirlo alle spalle imbrattando lo spadino con uno strano liquido denso che ricorda vagamente il sangue, poi il nano seguito dagli altri, tenuti tutti d’occhio dall’elfa verde, si dirige all’attacco ma non sufficientemente alla svelta perché lo sconosciuto fa in tempo a recitare un incantesimo ben noto ai nostri: sonno. Quasi tutta la compagnia cade in terra addormentata e solo Beregar e Alejandro fanno in tempo a vedere il mago che si infila in un passaggio segreto incalzato dalla super-elfa. Subito i compagni svegli scuotono i dormienti e tutti insieme imbucano il passaggio all’inseguimento dei due ritrovandosi in una grotta a loro ben nota (quella dello scrigno con l’ascia magica) con il mago steso esanime e l’elfa (adesso non più circondata dall’alone verde) anch’ella a terra in posizione fetale; Padre Ivan si precipita a controllare lo stato di salute di Lorien che sembra fortunatamente viva dopo l’esperienza mistica, gli altri osservano lo strano corpo dell’incantatore che si rivela essere simile a quello di un umano ma con orecchie a punta e occhi bianchi: un metamorfosis. Adesso passata la frenesia dello scontro, realizzando l’equazione “sala del trono=tesoro”, alcuni (tra cui ovviamente Gold) imbucano di nuovo il passaggio segreto in cerca di eventuali beni preziosi trovando, in uno scomparto nascosto sotto il trono, la giusta ricompensa per il combattimento letale: oltre ad una discreta quantità di monete, gioielli e gemme, i nostri rinvengono un martello da guerra magico, alcune pozioni curative, l’ennesima pozione di forma gassosa, un’armatura magica, un paio di stivali elfici ed uno scrigno all’interno del quale c’è una scrivania in miniatura (che torna alle dimensioni usuali una volta estratta) grazie alla quale gli usufruitori di magia sono in grado di velocizzare la memorizzazione mattutina degli incantesimi. Spartitosi questo ben di dèi la comitiva decide che è arrivato il momento di fermarsi e si accampa nella grotta per il meritato riposo dopo una giornata di duro lavoro. Il mattino dopo al risveglio Lorien non si è ancora ripresa, stabile nel suo stato catatonico. Portandosela dietro a mo’ di fantoccio e con una certa diffidenza, il Carretto Impennato prosegue l’esplorazione delle caverne imbattendosi in una stanza con una piccola fontana al centro; fontana dalla quale Gold e Briagen non esitano a bere (come non vi avevo parlato della maga Briagen? Ah beh… è una storia lunga… sarà per un’altra volta…) l’uno acquisendo un’espressione ottusa e l’altra diventando un po’ più agile; evidente ormai che la fontana sia magica, il gruppo decide di far bere anche l’elfa sperando che l’acqua abbia un qualche effetto benefico sulla sua catatonia ma invece di riprendersi Lorien diventa in qualche modo più sgradevole. Decidendo di non rischiare ulteriormente l’esplorazione prosegue e i nostri capitano in una stanza con un buco al centro da cui scaturisce un notevole calore, neanche il tempo di avvicinarsi per controllare che l’intero pavimento si inclina verso il foro costringendo Gold a salvarsi ancora una volta con l’ausilio della sua preziosissima corda magica, grazie alla quale riesce anche a calarsi osservando l’interno del buco per scoprire che sul fondo è pieno di lava bollente. Abbandonata la stanza la compagnia arriva in un ambiente rettangolare che confluisce in un corridoio sul fondo del quale c’è un piedistallo e sopra questo una meravigliosa spada con l’elsa tempestata di diamanti; come è facilmente immaginabile il ladro vedendo i diamanti non capisce più nulla e si lancia verso la spada trovando però una barriera invisibile che gli impedisce l’accesso e oltretutto premendo con il piede una pietra che fa sparire l’arma, la quale riappare dopo qualche istante. Dopo qualche tentativo infruttuoso si scopre che il tutto è un elaborato scherzo di due fatine che si nascondono nella stanza ma che vengono individuate, catturate e costrette loro malgrado a curare Lorien; mentre una delle due sparge un po’ di polverina sulla testa della povera elfa, l’altra recita la formula “Magia delle fatine picci-picci!” liberandola dal suo stato vegetativo. Con un’elfa finalmente in sé (seppur senza incantesimi) e con Gold ancora non rassegnatosi al fatto che la spada ingioiellata fosse uno scherzo delle fate, il gruppo giunge tramite un corridoio in una strana stanza piena di statue di pietra ben ordinate in file parallele. Pur non avendo mai incontrato creature del genere, i nostri ricordano leggende che parlano di mostri che pietrificano con lo sguardo ed entrano con cautela occhi a terra; le loro aspettative non vengono deluse, una donna con serpenti al posto dei capelli fa la sua apparizione tra le statue: una medusa. Chi con gli occhi bassi, chi con gli occhi chiusi, chi con l’ausilio di uno specchietto, i compagni riescono ad avere ragione abbastanza agevolmente dell’essere senza che nessuno sia pietrificato. Una perquisizione della stanza rivela un bello scudo magico insieme ad altri tesori… Che altro troveranno i nostri eroi nelle Caverne di Quasqueton? E che cosa è successo a Lorien nello scontro con i gargoyle?

XIII

C'era una volta, in una città ad est…ma così ad est che quando sorgeva il sole era la prima città ad esserne baciata dai raggi, un uomo Ernesto De Montenegro ed una donna Elvira Vasquez. I due erano uniti dall'amore reciproco, i due erano divisi dalle faide familiari. Nella loro città, Puerto Magro regnava la legge del combattimento, perfino in mare i "Magriti" erano sempre in lotta con i pirati; ma lo scontro tra i Consuelo e i Montenegro era ben radicato nei secoli…nemmeno loro,adesso, saprebbero dire il perché si uccidevano a vicenda. Quando vide per la prima volta Elvira, Ernesto era nel fior fiore della giovinezza, era alto magro, il viso appuntito da un pizzetto sul mento ancora troppo arruffato per esserne degno di nome e la carnagione olivastra tipica di quelle regioni calienti. Girava per le Rumblas, ovvero le strade del centro più vecchie… e lì in piena notte e in piena sbronza da smaltire, sentì dei cani abbaiare ferocemente e vide questa figura formosa nei punti giusti ma agile come un furetto calarsi da un muro; la sbronza passò ed iniziò l'inseguimento…si l'inseguimento, perché si dà il caso che quel muro fosse il confine della tenuta della sua famiglia. La ragazza correva svelta…guardandosi spesso alle spalle, svoltava all'improvviso, saltava muretti e basse recinzioni e la sua corsa man mano si faceva sempre più incerta e goffa. Portava un vestito nero piuttosto attillato che faceva risaltare ad ogni balzo le sue curve e faceva anche arrossire Ernesto che però aveva già vomitato due volte durante l'inseguimento a causa dell'alcool…da quella sera si sarebbe ripromesso di “abbassare un po' il gomito”, pensava di non farcela a raggiungerla quando un vicolo cieco venne in suo soccorso; si fermò all'imboccatura della via ed iniziò ad avanzare lentamente riprendendo fiato…lei intanto si guardava intorno sembrava impaurita…in fondo non aveva via di fuga. – Ti consiglio di mollare la refurtiva – disse Ernesto fermando l'ennesimo conato di vomito. La ragazza si voltò, aveva un viso stupendo, capelli bruni carnagione olivastra e occhi verde smeraldo…il sorrisetto stampato sulle carnose labbra però non trasmettevano paura o disagio. Ernesto si mosse delineando con i piedi tre cerchi ed in contemporanea con le mani altri due cerchi che servivano ad incanalare nella maniera giusta l'incantesimo… – Dormi…dolcezza! – L'incantesimo non ebbe l'effetto sperato…l'anello che indossava Elvira immagazzinò l'energia magica e brillò nella notte…l'ultima cosa che Ernesto si ricordava di quella notte fu un bacio sulla guancia della pulzella e un bigliettino infilato nella sfarzosa camicia sporca di vomito…dopo, il buio. Quando si risvegliò nel suo letto trovò il fratellino al capezzale che ancora rideva, gli raccontò dell'accaduto e cioè che l'avevano trovato addormentato in una strada del porto privo dei pantaloni, nessuno sa il perché ovviamente e i genitori aspettavano impazienti il suo risveglio. Sulla sedia accanto al letto vide la camicia, la prese e vi guardò all'interno dove accuratamente attaccato trovò il bigliettino…lo aprì…c'era scritto: "Venerdì notte alla collina della Rocca". Il fratello intanto andò ad avvisare i genitori del suo risveglio e lui contento di poter rivedere colei che le aveva rapito il cuore…e anche qualcosa ai suoi...si lasciò cadere sul letto e iniziò a fantasticare. Il venerdì tanto atteso arrivò, la pratica dei genitori se l'era sbrigata con un paio di bugie e il silenzio del fratellino gli era costato una settimana di pulizia della camera. Rimase tutto il giorno in attesa che la stella del vespro apparisse all'orizzonte e poi si incamminò verso la collina, aveva memorizzato gli incantesimi, si era messo il vestito buono da cerimonia… il pugnale imboscato nella veste, capelli in ordine e una buona dose di profumo…ovviamente i fiori nella mano destra e la fiala di fumo per fuggire nella sinistra…tanto per stare tranquilli. La collina quella sera era accarezzata da una leggera brezza che odorava di mare, la luna splendeva nel cielo plumbeo illuminando tutta la costa e specchiandosi nel calmo mare di fine estate. La rocca ormai abbandonata da anni era composta solo dalle mura esterne…in pratica ne era rimasto solo lo scheletro, ma ancora attraverso tre rampe di scale, più o meno sicure si poteva accedere al piano alto, ormai a cielo aperto, che si affacciava sul mare…Ernesto salì, attirato da una debole luce di un fuoco…alla luce della piccola fiamma c'era lei…vestita di viola, un abito lungo dalla larga gonna e dalle mille trasparenze con le spalle scoperte ed uno scialle nero sorretto dalle braccia che le passava dietro la schiena. I capelli sciolti al vento giocavano con i lineamenti dolci del suo viso dove le labbra carnose spiccavano alla luce del fuoco insieme agli occhi verde smeraldo che lo avevano ipnotizzato. L'odore dei suoi capelli si percepiva già sulla rampa di scale ed era un dolce odore di agrumi. Ernesto arrossì alla vista di quella donna e rimase inebriato da quella visione tanto da far ridere Elvira che lo aveva invitato ad avvicinarsi più volte. Rimasero lì, seduti sul bordo del pavimento in pietra che si affacciava a picco sulla scogliera, dondolando i piedi al suono quasi ritmato delle onde e avvicinandoli pian piano alla ricerca di un po' di tepore dalla brezza marina. Proprio un bel quadretto se non fossero stati i rispettivi figli delle famiglie più odiate di Puerto Magro, la loro relazione iniziò in gran segreto e sempre più spesso si ritrovavano alla Rocca sulla collina nelle ore più insolite, inventando le scuse più assurde e furono proprio queste scuse a far insospettire i rispettivi familiari che vedevano i propri figli sempre più strani…sempre con la testa fra le nuvole…a loro insaputa sempre più innamorati. Si andarono a confidare con il prete del paese e grazie anche al suo aiuto col tempo decisero di sposarsi…prima di mettere alla luce il loro figlio, poi sarebbero scappati perché non avrebbero più potuto nascondere a nessuno la loro relazione…ma…non andò così; il prete in realtà tale Don Pedro era in combutta con la famiglia di Elvira, i Consuelo, era un informatore del padre; la notte del matrimonio invece, si celebrò un funerale. Ernesto tutto eccitato usci di casa con la scusa di andare a fare un giro, andò al fienile dove aveva nascosto l'abito elegante e si vestì, tutto eccitato si avviò verso la chiesa…non si accorse però che qualcuno lo stava pedinando. Elvira fece come accordato con Ernesto, usci, si cambiò indossando un elegante abito bianco succinto ornato di pizzi e merletti, scollato…apposta per mostrare il gioiello che qualche mese prima Ernesto le aveva regalato, montò a cavallo e si diresse verso la chiesa, Ernesto arrivò, controllò se dietro c'era il cavallo di Elvira legato all'albero come d’accordo…non c'era…per fortuna era arrivato prima lui, girò i tacchi ed entrò in chiesa…passò l'arcata centrale in direzione dell'altare guardandosi i piedi e recitando quella parte che fra poco lo avrebbe legato a vita al suo amore, sentì il cigolio della porta ma da quella porta dietro l'altare non uscì solo Don Pedro ma anche Giosuè Consuelo il padre di Elvira e due maghi…due sicari che lui già conosceva di fama…la contentezza svanì in un secondo e fu sostituita dal terrore e dalla sorpresa; i suoi occhi si guardarono intorno in cerca di altri sicari e il suo pensiero andò a Elvira che stava per arrivare. – So tutto – esordì il padre – Grazie a Don Pedro sono ormai giorni che controllo i vostri spostamenti caro il mio Ernesto; Tra poco arriverà Elvira ed entrerà da quel portone e vedrà…cosa…cosa vedrà Ernesto!! – il tono di Giosuè era diventato un grido di rabbia, non avrebbe mai permesso a sua figlia di sposare il figlio del suo peggior nemico. – Vi prego non fate del male a mia…vostra figlia…lei non centra… – intanto i due maghi si erano appostati ai fianchi di Ernesto, che in lacrime era caduto in ginocchio con le mani a terra. – Vi prego!. – disse piangendo…e furono le ultime parole che disse e l'ultimo pensiero rimase pieno del suo amore per Elvira, prima che due forti scariche elettriche lo folgorassero. – Voi,mettetevi all'opera! Grazie Don Pedro sono in debito con lei. – Giosuè usci dal retro della chiesa insieme ai due maghi…non prima però di aver tagliato a sangue freddo la gola al prete, che cadde a terra affogando nel suo sangue e non prima di aver messo un pugnale nella mano di Ernesto ed uno in quella del prete insieme ad una lettera. Elvira scese da cavallo nei pressi della chiesa, legò lo stallone all'albero si sistemò il vestito e la giarrettiera sotto il vestito…fece mente locale su quello che doveva fare una volta dentro…fece un profondo respirò ed entrò; avanzò con passo deciso verso l'altare ma il passo divenne a poco a poco incerto finche non getto in terra i fiori che teneva stretti in mano e corse verso l'altare urlando di dolore…cadde in terra accanto al suo amato ormai morto e urlò, urlò e urlò di dolore tanto da perdere la voce…voce che non sarebbe più tornata…vide anche il corpo del prete…il pugnale stretto nella mano…si avvicinò strisciando a terra, trascinandosi il

XIV

cadavere del suo amato…vide la lettera…iniziò a leggere…il padre di Ernesto era in combutta con il prete e voleva che gli uccidesse il figlio per il disonore subito da questa segreta storia…il dolore fu troppo grande e svenne. Si risveglio dopo qualche ora, era rimasta abbracciata ad Ernesto…fuori albeggiava, doveva andarsene e salvare il loro figlio, doveva farlo per suo marito…ricompose la salma, lo baciò sulla fronte e si alzò in piedi; aveva il vestito sporco di sangue, ma non se ne curò, usci slegò il cavallo e partì verso ovest non curandosi della gente che già di prima mattina popolava le vie del porto. Salì alla Rocca sulla collina, andò nel luogo del loro primo incontro, le lacrime rigavano le sue ormai tormentate guance…strinse forte il pugno sulla collana di Ernesto e se la strappò dal collo, la guardò per un ultima volta e la gettò in mare. Quella fu l'ultima volta che Elvira fu vista in città, le schermaglie tra le due famiglie dopo la scoperta del cadavere del figlio si intensificarono, la lettera fu fatta sparire…ma nonostante tutti gli sforzi di aggiustare la faccenda, Giosuè perse comunque la sua unica figlia. Elvira si trasferì ad ovest e dette alla luce Alejandro…poi morì, raggiunse il suo caro che ancora non riusciva a dimenticare e per il quale soffriva enormemente…attraversò quel mare che li aveva fatti conoscere quella sera per andare a riabbracciarlo per sempre…lasciò il figlio in buone mani ed una lettera che gli sarebbe stata consegnata al momento opportuno. Si conosce ben poco della dimensione dei demoni e ancor meno di chi li comanda, si sa però che qualcuno a capo dell'orda infinita di demoni che ogni tanto fa capolino in questa dimensione c'è...quel poco di materiale che si conosce, su queste gerarchie immonde, è stato raccolto in un unico volume adesso custodito nella biblioteca della capitale di Glantri, la fonte delle notizie è, anzi era un demone, un demone della gerarchia regnante, un soggetto anomalo per essere quel tipo di creatura, uno al quale piaceva avere contatti frequenti con questa dimensione. Ovviamente stiamo parlando di una creatura demoniaca, che studiava questa dimensione a modo suo e che chiedeva sempre una contropartita per le informazioni che lasciava. Non se ne conosce il suo aspetto reale, quello però con cui si manifestava su questa dimensione assomigliava ad un diavolo di carnagione rossa con il volto umano, con tanto di coda e ali, ali con cui amava spostarsi per le regioni. La sua prima apparizione risale a più di due secoli fa, durante un'evocazione fuori controllo… "…La pianura ormai era infestata da demoni, pioveva ormai a dirotto e il terreno era un'enorme pozza di fango, dove umani e demoni si scontravano selvaggiamente; i cinque maghi stavano perdendo il controllo della barriera creata intorno al portale, che troneggiava in quel tripudio di sangue e fango, sulla collina; era di forma circolare all'interno nero grafite e dai contorni rosso rubino, la parte nera aveva continuato a vomitare creature demoniache fino all'arrivo dei maghi e adesso il flusso era quasi scemato completamente, solo che le forze in campo erano impari e sotto la tempesta l'esercito di uomini che cercava di opporsi all'orda demoniaca stava avendo la peggio. Il mago che aveva creato il portale stava ancora lì indisturbato, in piedi sull'altare, sopra il cadavere della vergine sacrificata e con le mani protese verso il passaggio dimensionale; gli occhi completamente bianchi non facevano presagire nulla di buono e le scariche di energia rossa che scaturivano dal varco verso di lui sembravano di volta in volta prosciugarlo della sua vitalità e giovinezza. Intanto i demoni continuavano la loro lotta cruenta facendo incetta di morti ed a volte cibandosi delle carni appena macellate dai loro artigli. I cinque maghi che stavano cercando di chiudere il portale aspettavano l'arrivo del maestro che avrebbe sicuramente dato una svolta alla battaglia, erano allo stremo delle forze ed assistevano impotenti alla carneficina nella valle, fra questi maghi vi era anche Lawrence Le Vingard il più giovane dei cinque ma non certo meno esperto degli altri. Infine, l'anziano mago arrivò con somma gioia degli altri cinque, entrò in risonanza magica ma al momento della connessione, una forte vibrazione magica scosse tutta la valle, l'evocatore che aveva aperto il passaggio dimensionale fù completamente assorbito dal portale stesso e svanì ed al suo posto apparve questa affascinante figura demoniaca. Imtilius era più alto di un normale uomo ed anche più robusto…aveva varcato il passaggio con un portamento regale in mezzo a quello scenario sanguinolento; aveva mosso i primi passi guardandosi intorno e annusando l'aria a pieni polmoni, dopodiché aveva preso il primo malcapitato gli aveva staccato la testa, collo compreso, con precisione quasi chirurgica,utilizzando gli artigli delle sue grandi mani ed aveva iniziato a berne il sangue come fosse un vampiro. Una volta sazio del sangue della vittima, aveva gettato via il corpo e con la testa grondante sangue stretta nel pugno destro aveva iniziato, di fronte al portale, a definire i contorni del pentacolo che avrebbe consacrato il suo ingresso in questa dimensione…e fù così che il suo corpo acquistò sostanza…" Imtilius rimase affascinato da questa dimensione e i più incalliti studiosi di lui, ma rimaneva sempre un principe dei demoni ed in quanto tale ogni tanto soleva lasciare una scia piuttosto congrua di cadaveri. Un atteggiamento del genere era ingiustificabile e la contropartita non aveva più lo stesso peso del guadagno; fù deciso allora dalle più alte cariche di Glantri, che soffrono di una insaziabile fame di conoscenza, che Imtilius, loro malgrado, doveva essere o ucciso o rispedito nella sua dimensione…ma Imtilius proprio in quel periodo…sparì; nessuno se ne preoccupò, nessuno lo cercò e da realtà, Imtilius divenne passato e da passato leggenda e fù così dimenticato. Aveva intuito cosa gli sarebbe, tra breve, accaduto e decise di trasferire la sua essenza di demone in un corpo umano per nascondersi almeno per il momento dai suoi aguzzini, infondo non poteva vivere da fuggiasco. Attinse dall'enorme conoscenza arcana che possedeva e trovò la soluzione in un rito satanico antico; purtroppo sulle sue tracce, a sua insaputa, c'era Coryan il quale non attendeva altro che il momento giusto per intervenire e risolvere il problema demone. "Roderia era una piccola cittadina portuale vicino a Specularum, viveva da sempre nell'ombra della capitale ed i suoi profitti venivano dalla pesca e dai piccoli lavori artigianali prodotti dagli abitanti, gli stessi che andavano poi a barattarli o venderli in città; vi erano circa duemila anime in paese ed erano proprio il numero necessario di vite umane che servivano ad Imtilius. Da due anni viveva lì e da quando era arrivato stava lavorando all'enorme Giara Magica che avrebbe funzionato da contenitore di anime. Il rito fù svolto in inverno, una di quelle fredde sere invernali, umide e ventose con il mare che ruggisce imperioso sugli scogli sembra voler inghiottire il paese da un momento all'altro; una di quelle sere dove l'unico posto confortevole è di fronte al fuoco con una coperta calda sulle gambe una mezza dose di alcol e moglie e bambini già a letto che dormono. Imtilius salì sul tetto della chiesa con la sua enorme Giara Magica, la forza impetuosa del vento sollevava le tegole del tetto e sembrava voler impedire al demone il suo rito, iniziò a recitare dall'antico testo che teneva saldamente in mano, Roderia fù avvolto in una cupola violacea ed una fitta nebbia cominciò ad insinuarsi in ogni angolo. Tutti furono attirati alle finestre e alle porte dall'improvviso cessare del forte vento e pian piano iniziarono a rendersi conto di essere in trappola; si cominciarono a sentire le prime urla ed il pianto dei bambini, le persone venivano avvinghiate da veri e propri bracci di nebbia che non davano tregua alle loro vittime ed i corpi venivano privati dell'anima e pietrificati sul posto. Le persone vedevano i propri cari i propri amici perire impotenti, fuggivano ma inutilmente, accalcandosi sui bordi della cupole e

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facilitando così il lavoro della nebbia. Imtilius si godeva impassibile lo sterminio di massa e l'arrivo continuo di anime all'interno della sua Giara che man mano si stava riempiendo. Anche Coryan dall'esterno della cupola inorridiva di fronte a tanta crudeltà, era arrivato tardi richiamato dall'enorme ammasso magico creato dal rito, col pugno serrato imprecava picchiando selvaggiamente sulla barriera magica senza curarsi dei disperati che cercavano aiuto invano davanti a lui ma con lo sguardo fisso su Imtilius che troneggiava la scena dal tetto della chiesa. Il crescendo di urla strazianti di panico si stava adesso affievolendo, infine cessò; la Giara era piena, il tributo di anime era pronto…Imtilius svanì nel nulla ed insieme a lui era svanito l'intero paese di Roderia, mentre Coryan versava lacrime di rabbia di fronte ad una moltitudine di statue di pietra terrificanti. Di fronte ad un atto di tale crudeltà uno degli angeli dominatori della dimensione che da sempre si contrappone a quella dei demoni decise di intervenire…la bilancia dell'equilibrio stava pericolosamente oscillando dalla parte del male.” [continua…]

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: IL DRAGO BIANCO Ovvero

DI COME IL LADRO NON RESISTA A RUBARE UN TESORO ANCHE SE IL FARLO SIGNIFICA MORTE CERTA Ossia

DI COME UN NANO POSSA PASSARE DALLA VITA ALLA MORTE PIU’ SPESSO DI QUANTO NON SI LAVI Altrimenti

DI COME “IL LESINA” SIA BEN PIU’ DI QUELLO CHE APPARE AGLI OCCHI Le Caverne di Quasqueton si stanno dimostrando una sfida abbastanza impegnativa per la Compagnia del Carretto Impennato i cui membri hanno rischiato più volte di lasciarci le penne ma se la sono cavata sempre in qualche modo (vedi la faccenda dell’elfa posseduta), questa volta però stanno per affrontare una prova ben al di sopra delle proprie capacità. Dopo aver affrontato con relativa facilità la Medusa ed essersene venuti via dalla sua tana con un bel po’ di tesori, i nostri eroi proseguono l’epurazione delle caverne tornando sui propri passi per risbucare in un corridoio parallelo a quello dell’ingresso e aprendo una porta si trovano davanti ad una stanza buia interamente scavata, per circa un metro di altezza, piena d’acqua fino a livello del pavimento come una piscina con un bordo intorno di pochi centimetri; dalla parte opposta un’altra porta. Subodorando la presenza di probabili mostri nell’acqua non proprio limpida il ladro, lanterna in una mano e spadino nell’altra, va in avanscoperta tentando un difficile equilibrismo sul bordo della vasca, compie però solo metà dell’impresa e sbilanciandosi cade nell’acqua nel bel mezzo della stanza; quindi i timori si rivelano fondati e, mentre Gold si rimette velocemente in piedi, viene morso sulla gamba; morso che si rivela essere avvelenato e il nostro rapinatore cade in coma galleggiando pancia all’aria. Fantasma, sempre pronto ad accorrere in aiuto del compagno di tante avventure, non ci pensa un attimo, si lega una corda alla vita ed entra nell’acqua per recuperare l’amico ma prontamente viene morso da quelli che si rivelano essere dei serpenti acquatici di circa un metro di lunghezza. Tutto il gruppo ora si mobilita scaricando la propria artiglieria mentre il nano riesce a portare il compagno svenuto all’ingresso della stanza prima di entrare in coma a sua volta, i serpenti però rientrano nella loro tana. Dopo qualche minuto Gold e Fantasma si svegliano dal coma e il ladro stavolta pensa bene di utilizzare la corda magica come aiuto per arrivare alla porta in fondo alla stanza riuscendo nel suo intento e cominciando ad armeggiare sulla porta chiusa per cercare di aprirla; nel frattempo gli altri provano vari sistemi per far uscire i serpenti senza entrare nell’acqua (fino addirittura a dar fuoco ai due boleti stridenti uccisi all’ingresso delle caverne e gettarli nel mezzo della vasca) ma l’unico modo per far uscire le bestie sembra quello di tuffarsi nella piscina. Tutto questo trambusto però allerta gli altri mostri delle caverne e alcuni coboldi si presentano con intenzioni bellicose seguiti a breve da un minotauro che non fa molta distinzione tra coboldi e Carretto: i nostri sconfiggono ambedue i mostri non senza qualche difficoltà mentre Gold, non essendo riuscito ad aprire la porta, torna rapidamente indietro per partecipare alla pugna cercando senza successo di sfuggire ai serpenti acquatici e cadendo di nuovo svenuto sul bordo all’entrata della vasca. Finito lo scontro con gli umanoidi la compagnia si dedica ai serpenti attirati allo scoperto grazie ad un coboldo tenuto in vita legato a mo’ di esca. Finiti anche i serpenti il nano passa a sfondare con l’ascia la porta chiusa ben cosciente di allertare qualsiasi creatura eventualmente presente dall’altra parte; una palla di fuoco, indubbiamente una trappola, investe i nostri (in primis Fantasma). Ancora un po’ scosso il ladro va in avanscoperta silenzioso come sempre, la stanza che si presenta ai suoi occhi è lunga una trentina di metri e larga una decina, il pavimento è irregolare e sale “a terrazze” verso sud fino ad arrivare ad una piattaforma naturale sulla quale è situata la bestia in assoluto più temuta da un avventuriero: un drago. Il drago dalle scaglie bianche è sdraiato, all’apparenza dormiente, su un discreto cumulo di tesori. Come si può immaginare gli occhi del nostro furfante sono fissi su quelle ricchezze e, senza avere il minimo dubbio che possa essere stato il drago e non una trappola a causare l’esplosione, facendo segno agli altri di stare indietro in silenzio, si avvicina furtivo al mucchio con l’intenzione di portar via qualcosa… Il drago dorme… Gold si avvicina… Osserva il rettile… Il drago dorme… Gold adocchia la collana più preziosa che vede fuori dal cumulo… Il drago dorme… Gold raccoglie la collana… Il drago dorme… Gold dorme. I compagni che nel frattempo sono fuori dalla stanza e fuori vista, dopo qualche minuto di attesa sentono fermarsi il respiro pesante del drago addormentato, rumore, qualche sbuffo e poi di nuovo il respiro pesante del drago riprendere regolarmente. Incuriositi si affacciano timidamente e la scena che si presenta loro è la stessa vista dal ladro tranne che lo stesso Gold ne è protagonista: addormentato, a qualche metro da terra, legato per i polsi con delle corde ad un anello di ferro infisso nel muro. Un po’ intimoriti dalla presenza del drago e pensando che il loro compare in fondo ha avuto quello che si merita, i nostri decidono di riposarsi prima e prepararsi in maniera adeguata ad uno scontro così difficile; quindi, lasciando il ladro al suo destino, si ritirano in una stanza sicura per recuperare le energie. Dopo buone otto ore di sonno il gruppo torna nella tana del rettile addormentato con l’intenzione di prenderlo di sorpresa; nel frattempo Gold che si è ripreso le ha provate di tutte (anche le cose più assurde) per liberarsi senza riuscirci ed è ormai rassegnato quando gli altri arrivano pronti al combattimento. Lo sviluppo però è inatteso perché il drago, poco prima di essere attaccato, apre un occhio (dimostrando di non essere per niente dormiente) e lancia un incantesimo facendo addormentare gran parte della compagnia; ne segue un breve dialogo tra l’elfa e il rettile in cui la bestia libera il ladro dalle corde pretendendo un pagamento in oggetti magici per lasciar andare il gruppo senza colpo ferire, mentre altri rimasti svegli scuotono i membri addormentati. Il dialogo non ha modo di proseguire perché i maghi appena svegliati lanciano due dardi incantati al drago scatenando la sua ira e il suo soffio ghiacciato che miete due vittime: l’ormai solito Fantasma (nomina sunt consequentia rerum) e nientemeno che Don Ivan “Il Lesina” Nickelnevich. Gli altri vista la mala parata pensano bene di arrendersi concedendo alla bestia gli stivali elfici del ladro e la spada magica del fu nano in cambio della vita e, presi in spalla i due cadaveri, non solo escono dalla stanza del drago ma decidono addirittura di abbandonare le Caverne di Quasqueton in direzione di Luln nella speranza di trovare qualcuno che riporti in vita le povere vittime. Fortunatamente il viaggio verso Luln non annovera episodi degni di nota e la Compagnia del Carretto Impennato arriva nella cittadina senza ulteriori patemi, subito in cerca di un tempio per rianimare i caduti e finalmente intenzionati a cominciare la missione a lungo dimenticata dell’ambasciatore di Alfheim. Nel tempio le notizie non sono buone perché il posto non è grande e non c’è nessuno in grado di risorgere i cadaveri ma si viene anche a sapere che la cittadina pullula di avventurieri quindi i nostri non disperano di trovare qualche “collega” in grado di riportare in vita i compagni.

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La ricerca per locande passa attraverso varie richieste esose che i nostri non si potrebbero permettere neanche con il tesoro del drago e tutti sono curiosi di sapere a causa di quale bestia sono morti, al ché per non svelare che c’è un drago bianco (con relativo tesoro) nelle vicinanze vengono messe in giro voci che nei dintorni della città ci siano una serie di “ratti mannari del gelo” che sono “ratti mannari completamente bianchi che soffiano ghiaccio”; alla fine trovano un buon chierico che, mosso a compassione, accetta di utilizzare le sue capacità senza pretendere nulla in cambio… – Diciamo che sono in credito di un favore… – sentenzia lo sconosciuto. Il gruppo va a prendere le spoglie dei compagni per l’incantesimo ma arrivati in locanda li aspetta l’ennesima sorpresa: il chierico non è più morto; in qualche modo il suo corpo si è autorigenerato ed egli giace semplicemente e beatamente addormentato. Un po’ sorpresi ma rincuorati dalla circostanza alcuni si caricano il nano sulle spalle e alcuni rimangono a vegliare il Lesina. Quando finalmente sono nuovamente al completo (con un Fantasma piuttosto incupito nei confronti di Gold) il gruppo si dedica alla missione primaria in cerca di notizie su eventuali scorribande di goblinoidi (ed eventualmente drow) senza cavarne un ragno dal buco. Non tarda però a ripresentarsi l’anonimo resuscitatore per riscuotere il suo credito invitando i nostri a compiere una missione raccontando la strana leggenda di una campanella di platino senza batacchio… “La Chiesa di Karameikos è diffusa e popolare soprattutto tra i nobili del Granducato, ma uno dei suoi ordini più popolare tra la gente comune è l’Ordine di Chardastes nato da un evento che accadde più di 300 anni fa. All’epoca c’erano molti luoghi in Karameikos dedicati al culto Traladarano. Un piccolo santuario a Marilenev (la futura Specularum) era uno di questi siti. Un giorno una donna molto malata arrivò al santuario e pregò per la propria salute. Mentre pregava da sola un essere che si presentò come Chardastes le apparve. Egli disse alla donna che la religione della sua gente era falsa e che il proprio culto era l’unica vera fede. Per provarlo impose le mani sulla donna e la curò dalle sue infermità. Andando via lasciò sull’altare una meravigliosa campanella magica. La campanella era fatta del più puro platino, la cosa più strana era che pur non avendo batacchio suonava magicamente quando veniva presa in mano. Quando i Thyatiani si stabilirono a Karameikos incorporarono il santuario nella Chiesa ufficiale. La storia della campanella si è diffusa in lungo e in largo e ogni anno, nell’anniversario del miracolo, centinaia di persone si riversano nel piccolo edificio sperando di essere curati da Chardastes. Si accalcano nel santuario a centinaia per volta e pregano mentre i chierici intonano canti sacri e sollevano la campanella magica. La maggior parte rimane delusa ma così tanti vedono esaudite le loro preghiere che l’Ordine ha prosperato fino ad ora. Tutto però cambiò circa cinque anni addietro. In quel periodo c’era un chierico di nome Elwyn molto dedito alla Chiesa e ben ricompensato dai Patriarchi e dai Monarchi della stessa. Ma questo apparentemente non era abbastanza, c’erano voci che Elwyn avesse cominciato a far pratica con armi affilate e a ricercare gli incantesimi dei maghi cercando di acquisire le abilità delle altre classi. Questa era davvero un’accusa pesante. Elwyn svanì senza lasciar traccia e, con sommo orrore della gente, svanì anche la campanella sacra di Chardastes. Da allora l’Ordine è in uno stato di crisi. I fedeli continuano a venire al santuario nel giorno sacro ma non ci sono più state cure miracolose dalla sparizione della campanella. Il numero dei fedeli è diminuito continuamente fino ad ora.” Qualche tempo fa cominciarono a sorgere voci di una forza ostile e potente. Si dice che qualcuno abbia costruito una grande mostruosa fortezza e che chiunque abbia tentato di investigare non abbia fatto ritorno. Recentemente sono circolate voci che Elwyn possa essere dietro a tutto questo… Lo sconosciuto chiede al Carretto Impennato di esplorare la roccaforte e, se si trovasse lì, di recuperare la campanella di platino. Il giorno dopo pronti di buon mattino i nostri vengono guidati verso la fortezza da Ginoil Portantino ingaggiato all’uopo dall’ignoto chierico. Il viaggio si rivela essere di appena una mezza giornata nelle terre selvagge quando Ginoil, poco prima di abbandonarli, comunica al gruppo che il suo lavoro è compiuto e che proseguendo sul sentiero sbucati dalla boscaglia si troveranno alla loro meta. Effettivamente poco più avanti si apre una grande radura al centro della quale si staglia un enorme edificio nero apparentemente fatto di metallo… e subito una puzza tremenda assale la compagnia mentre alcuni trogloditi escono dalla vegetazione, ma senza troppa difficoltà vengono sconfitti e privati delle piccole sacche che avevano in vita. Le borse contengono diverse monete d’oro d’argento e di platino, un paio di pozioni e una mappa che ha tutta l’aria di essere quella di un tesoro. A questo punto i nostri si avviano all’unica porta visibile entrando nella fortezza (che effettivamente è fatta interamente di ferro) spuntando in un corridoio di una ventina di metri con una porta in fondo ed uno slargo che si apre sulla sinistra. Proseguendo mentre i compagni esplorano lo slargo (completamente vuoto) una profonda voce femminile li accoglie: – Chi osa entrare nel Tempio di Elwyn non invitato? Tornate indietro! Subito! Altrimenti vi aspetta la morte! – la voce poi prorompe in una risata diabolica. Come è ovvio il Carretto Impennato non si fa intimorire da questi mezzucci e prosegue l’esplorazione del corridoio aprendo la porta e trovandosi in un altro corridoio che si apre in diversi stanze del tutto simili a quello appena esplorato; fatti pochi passi però una massiccia porta di ferro cala alle loro spalle bloccando l’uscita e in contemporanea uno sportellino si apre sul muro sulla destra rivelando la toppa di una chiave. Ritenendo che all’uscita si possa pensare in un secondo tempo, i nostri persistono nella ricerca trovando nel successivo slargo un altare di legno scuro sopra al quale si trova una campanella nera fatta di ferro; non trovando altro di interessante prendono la campanella e passano alla stanza seguente. Avvicinandosi si comincia a sentire un mormorio di voci cantilenanti e arrivata in vista della stanza la compagnia si trova davanti a sei figure inginocchiate in preghiera di fronte ad un lungo altare appoggiato alla parete; appena accortisi degli intrusi i sei uomini attaccano il gruppo mazza in mano facendo però una brutta fine in pochi istanti. Anche in questo posto comunque non c’è niente di interessante e i nostri passano alla stanza successiva in cui è presente un altro altare di legno sul quale c’è un’altra campanella stavolta di un metallo rossastro (ovviamente raccolta anch’essa dal gruppo). La stanza successiva sembrerebbe corrispondere alla mappa del tesoro trovata addosso ai trogloditi e la comitiva si appresta ad esplorare il punto segnato con una X quando improvvisamente il pavimento si spalanca sotto di loro gettandoli in una stanza che si apre in un corridoio. Non riuscendo a risalire i nostri eroi proseguono per il corridoio trovandosi in una stanza a confrontarsi con sei orchetti (di cui uno particolarmente grosso) armati di spada corta. La pugna si dimostra abbastanza agevole: al primo assalto il ladro riesce a prendere di sorpresa il grosso capo orchetto e ad ucciderlo sul colpo e gli altri hanno ragione dei sopravvissuti con relativa tranquillità; ricompensa per l’azione sono alcune monete e lo spadino magico del capo orchetto prontamente affidato a Gold. Riusciranno i nostri eroi a portare a termine almeno una missione? Lo scoprirete nelle prossime avventure de La Compagnia del Carretto Impennato. "Nessuno sa se sia venuta prima l'una o l'altra, se siano state create insieme, o se esistano da sempre; l'unica cosa certa è che bene e male sono gli unici eterni rivali. Immaginarsi un mondo paradisiaco è cosa assai difficile e descriverlo ancor di più; il mondo è tempestato da tiranni, da creature immonde da luoghi lugubri e inaccessibili, il male permea questa dimensione perché…perché il male è come una belva perennemente affamata in cerca di cibo e il suo terreno di caccia è qui. Al momento della creazione, quando tutto ancora era caos anche il bene, sottoforma di Angeli abitava questa dimensione, si battevano a migliaia non per loro stessi ma per mantenere un certo "equilibrio cosmico"…l'avrebbero distrutta questa dimensione se "l'equilibrio" avesse richiesto questo sacrificio...ma allora

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dove sta la differenza tra bene e male?!? Forse solo nel principio che li spinge ad agire, nel nome con cui si permettono di giudicare e giustiziare innocenti e poi…chi è veramente innocente… Gli Arcangeli sono i sommi capi conosciuti, comandavano questi eserciti di creature di luce, all'epoca erano costretti ad intervenire di persona negli scontri, perché la portata degli scontri era….enorme…rispetto a ciò che accade oggi. Se dovessimo raffrontare i due periodi storici, oggi e qualche millennio fa, scopriremmo che oggi, tutto è bene, pace e tranquillità e quel poco di male non è vero male ma sono, soltanto piccoli puntini di buio, in un oceano di luce, che cerca di destare quel mare sotterraneo di malvagità che è stato confinato forse ingiustamente…ed ogni tanto qualche torrente di malvagità rompe gli argini ed allaga il mondo, ma con scarso e breve successo, almeno fino a quando io veglierò su di voi.

Serafius." Serafius amava da sempre mostrarsi nella sua vera forma alto circa due metri, corporatura muscolosa due enormi ali bianche sulla schiena, capelli biondi e occhi azzurri, circondato da una forte luce chiara che risalta la sua statuaria presenza…emana bontà e felicita anche a chi lo circonda, si mostrava così come era stato creato in principio, odiava i travestimenti preferiva che i mortali si abituassero al suo aspetto come lui si era abituato al loro. In cuor suo sapeva che ormai la resa dei conti era vicina, era vissuto così tanto in questa dimensione, da affezionarsi a tutto, si sentiva parte del tutto. Era stato convocato dal Sommo Arcangelo per intervenire sulla questione Imtilius, ed il suo ritorno nella dimensione di origine, aveva risvegliato vecchi ricordi di tempi ormai lontani. Lì tutto era luce e tutto era bene…non si sentiva però quell'odore di vita, di vissuto che i suoi polmoni erano abituati a respirare nelle città, nei porti, qui sembrava tutto…finto. Fu accolto a palazzo, attraversò le sconfinate sale e salì per infinite scale, lì il tempo scorreva lento quasi impercettibile, infine arrivò al cospetto dell’Arcangelo. Qui non si parlava si comunicava telepaticamente perché esprimersi a voce era considerato primitivo, la comunicazione telepatica avveniva tramite immagini e non parole. Gli fu mostrato tutto ciò che riguardava Imtilius fino alla strage di Roderia e gli si chiese di intervenire e mettere fine all'esistenza irrecuperabile di quel contenitore di malvagità. In genere quando venivano mostrate certe sequenze di immagini ad Angeli vissuti sempre nella loro dimensione, passava molto tempo prima che si riprendessero dal trauma subito e potessero finalmente intervenire; per Serafius invece era tutto normale lui aveva a che fare periodicamente con certi esseri, era il guardiano della prima dimensione, era quello più "macchiato" di tutti; si girò uscì da palazzo spiccò il volo e si precipitò a folle velocità verso Imtilius; il passaggio tra le due dimensioni era breve se fatto in volo, Serafius conosceva bene la via, ed adesso anche il suo obbiettivo; con le ali piegate dietro la schiena sfrecciava a folle velocità, gocce di condensa gli coprivano il corpo, teso come una corda di violino, l'aria era fredda pungente e gli faceva lacrimare gli occhi leggermente aperti; individuò il monte ed anche Imtilius, allargò le ali per frenare e divampò di luce a fiamma per annunciare al nemico il suo arrivo. Imtilius riapparve sul fiordo altissimo a picco sull'oceano, il cielo era limpido, sulla sinistra si distinguevano i tetti di Specularum e un occhio attento riusciva a scorgere in lontananza, all'orizzonte, le isole di Ierendi. Il pentacolo era già pronto, con un semplice gesto della mano accese le candele ai cinque vertici della stella e lentamente pronunziando una impercettibile litania, iniziò ad aprire la giara, ma proprio in quel momento, come una stella cadente in pieno giorno, una luce brillante in rapido avvicinamento attirò la sua attenzione, non si interruppe e continuò ad aprire la giara. Dalla giara iniziò a fuoriuscire un denso fumo grigio chiaro, tanto pesante da strisciare sui lati del contenitore per poi posarsi in terra nella zona circostante, Imtilius continuò a cantilenare il rito, alzando il tono della voce e aumentando la velocità di recitazione, il denso fumo cominciò a vorticare intorno al pentacolo sempre più velocemente, alzandosi lentamente dal suolo e inghiottendo completamente il pentacolo che cominciava a trasudare sangue; dalla giara aperta i lamenti delle anime delle vittime di Roderia riempivano l'aria e strane figure umane vorticavano nel fumo denso che ormai aveva forma conoidale e che aveva in pochi secondi raggiunto l'altezza di una decina di metri; Imtilius si era spostato fuori dal pentacolo e nella sua mano destra brillava una luce sferica verdastra e adesso sembrava concentrato sul suo rivale Serafius. L'angelo si fermò ad una cinquantina di metri dal suolo accanto al vortice che cresceva rapidamente sia in dimensione che in potenza, la rabbia si espandeva in lui ed aveva annebbiato completamente la sua mente, tanto che le sue ali e il corpo si stavano coprendo di strane venature grigiastre, sempre più nere e sempre più grosse. Stringeva forte i pugni come se volesse arginare quella rabbia che cresceva in lui, sensazione strana ma piacevole, le sue unghie aprirono piccole ferite sul palmo delle mani che versano rivoli di sangue. Emise un urlo straziante…tese il suo corpo evidenziandone tutti i muscoli e sprigionò con forza tanta energia da far cambiare direzione alle onde del mare, il cielo diventò violaceo e dense nubi grigie si ammassavano sul luogo dello scontro…a Specularum la guardia cittadina controllava a distanza la zona e Stefano di Karameikos, dalla terrazza più alta del palazzo stava decidendo se intervenire…preoccupato per le sorti della capitale. Imtilius aveva ripreso le sue sembianze originali, quelle di demone alato, scagliò il globo che si infranse ed evidenziò una barriera, prima invisibile, di energia di forma sferica intorno a Serafius e spiccò il volo; uno spadone nero fiammeggiante si materializzò nella sua mano destra, gli occhi gialli erano fissi sulla preda erano secoli che non combatteva contro una pura creatura del bene. Gli occhi argentei del sempre più nero angelo, seguivano il percorso del globo, con un gesto circolare delle braccia creò una barriera sferica che respinse il globo, aprì il palmo insanguinato della mano destra ed apparve un arco enorme, tese la corda fatta di energia e scaglio un dardo di luce verso Imtilius, che aveva spiccato il volo e si stava dirigendo verso di lui a forte velocità, un altro dardo e un altro un altro ancora, i dardi una volta lanciati si duplicavano rapidamente; Imtilius vide la pioggia di dardi andargli incontro, non aveva tempo di evitarli erano troppi e troppo veloci, si fermò all'improvviso, tese le ali mise lo spadone a protezione della faccia e impattò contro i dardi che lo ferirono in varie zone del corpo, scostò lievemente lo spadone dal volto, sorrise soddisfatto di aver subito solo danni lievi dall'attacco scalciando l'aria con i suoi zoccoli come se volesse darsi una spinta ripartì. Serafius osservava Imtilius avvicinarsi sempre più, era calmo, fece sparire l'arco dalla sua mano e con lenti e controllati gesti incrociò le braccia sul basso ventre, portando le mani dietro la schiena; estrasse da sotto le ali due sciabole dorate inarcò la schiena tese le ali, le racchiuse improvvisamente e si lanciò in picchiata verso il nemico. La distanza fra di loro si accorciava sempre più, da lontano si vedevano due sfere luminose, una rossa e una bianca con forti venature nere, in una cornice surreale dove il mare in tempesta, ruggiva in tutte le direzioni, creando onde alte decine di metri, la roccia a picco sul mare che si stava sgretolando sempre più a causa del tornado che ormai aveva raggiunto le nuvole grigio-viola creando un corpo unico e diretto cielo-terra; gli alberi venivano sradicati dal forte vento , gli animali erano fuggiti e nessuno ormai era in grado di avvicinarsi al campo di battaglia senza subirne le conseguenze. Le due creature impattarono fra di loro, armi contro arma, nessuna ferita; i colpi si susseguirono con una velocità impressionante, erano talmente veloci che crearono una sorta di vuoto d'aria intorno a loro, una bolla dove le scie rosse e bianche lasciate dalle armi circondavano i duellanti. Le armi colpivano e paravano l'angelo era quasi totalmente diventato nero, gli occhi argentei fissi sul nemico, ormai era totalmente caduto in frenesia varie ferite inferte dallo spadone, maneggiato come se fosse una piuma, avevano coperto il suo corpo, volto compreso, di sangue…quella creatura non sembrava più così…angelica…Imtilius fissava Serafius negli occhi cercando ad ogni colpo di trovare lo spazio giusto per colpire, ma ogni volta che metteva a segno un colpo era costretto a scoprirsi e Serafius non mancava di renderglielo, anche il suo corpo era cosparso di sangue giallognolo. I due combattevano e senza rendersene conto si erano diretti all'interno del vortice. Stefano di Karameikos apparve su di una collina poco distante insieme a Olliver Jowett patriarca capo della Chiesa di Karameikos, Doriath Erendyl Re di Alfheim e il Principe Etienne D'Amberville…di Glantri; il principe di Glantri sapeva cosa era necessario fare, l'unica soluzione utile per evitare che i due esseri collassassero la dimensione era quella di dividerli soggiogarli e intrappolarli in corpi umani perché distruggerli, ora, sarebbe stato impossibile e forse le conseguenze peggiori dell'immaginabile. Concordi tutti sul piano di Etienne D'Amberville si presero per mano formando un cerchio e tentarono di salvare il mondo. Lo scontro intanto si era spostato completamente all'interno del vortice, nel suo occhio regnava la pace, i due avevano sotto di loro una voragine infernale, caldo fuoco e fiamme si sprigionavano al suo interno e creature immonde salivano verso l'alto, sopra di loro un'altra voragine un cielo limpido circondato da nubi bianche raggi di sole che rimbalzavano su di esse creando svariati arcobaleni dai sette colori…un esercito di angeli in picchiata verso il basso; i due contendenti ignoravano la battaglia che si sarebbe svolta intorno a loro, il rito di Imtilius ormai era fuori controllo, aveva preso una piega inaspettata. I due si colpivano ripetutamente adesso oltre che con le armi anche con incantesimi che a volte colpivano e a volte rimbalzavano su di loro, uscendo dal vortice ed andandosi a schiantare sul territorio circostante, erano talmente veloci che scomparivano e riapparivano da una parte all'altra del vortice...l'angelo nero e il demone. Intanto le quattro personalità più importanti del mondo conosciuto cercavano di arginare i due fiumi di creature che stavano cercando di invadere questa dimensione per affrontarsi. Una voragine larga centinaia di metri in mezzo al mare colma di creature infernali che si spingevano sull'orlo del cratere senza però poter uscire avvolta dal vapore acqueo che si creava sul bordo e di contro nel cielo pieno di nubi grigio viola tra lampi, fulmini e tuoni di ogni forma e colore, un anello paradisiaco di nubi bianche arcobaleni, cancelli e palazzi dorati pieno di creature che premevano bramose di sangue, la terra sembrava sull'orlo del collasso…Imtilius e Serafius si affrontavano fra cielo e terra, fra paradiso e inferno, fra luce e oscurità rischiando di annullarsi a vicenda, erano stanchi provati, feriti ,ma nonostante tutto continuavano a colpirsi senza, ormai, più tentare di parare o evitare i colpi; al cerchio dei quattro stremati e sulla

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soglia del fallimento si aggiunsero dal nulla altri tre esseri…tre immortali…tre a cui premeva la sopravvivenza della dimensione, solo i quattro del cerchio sanno chi sono e non l'hanno mai rivelato, fatto sta che con il loro arrivo il combattimento ebbe una svolta, l'energia sprigionata prima dai quattro, adesso in sette si era decuplicata, due enormi mani fatte di pura energia premevano sui due passaggi dimensionali polverizzando tutte le creature che entravano in contatto con esse, i due passaggi dimensionali si stavano man mano richiudendo portando con se le creature affacciatesi su questa dimensione, anche se molte erano riuscite comunque a passare e scappare;nello stesso tempo un muro di forza era stato messo fra i due contendenti che ignoravano la presenza dei sette sotto di loro, il muro si divise e piegò verso i due esseri racchiudendoli, loro malgrado in due cubi di energia. Imtilius e Serafius erano stati isolati e si dibattevano violentemente in ira dentro i loro gusci di confine ferendosi con le loro stesse armi e incantesimi. Si attese che le voragini si fossero chiuse completamente adesso le due creature fluttuavano sopra il cerchio dei sette salvatori, che allo stremo delle forze raccolsero ogni residuo di energia rimasto e confinarono i due già svenuti, in due corpi di neonati, un maschio ed una femmina…il vortice svanì nel giro di pochi secondi il mare si placò, in cielo le nubi si diradavano tutto sembrava tornare alla normalità, ma i danni erano ben visibili e lo sarebbero stati per molto. I due neonati non piangevano sembravano tranquilli, il principe elfico era in ginocchio con le mani a terra cercando di riprendere fiato, Stefano di Karameikos era svenuto, Etienne D'Amberville si reggeva al suo bastone, il Patriarca Olliver Jowett caduto a terra strisciava verso i bambini per accertarsi che stessero bene e già si domandava se segnare la vita di due creature era stata la scelta giusta…i tre senza proferir parola sparirono nel nulla. Infine il mondo era salvo anche se danneggiato e con varie creature demoniache e non che scorrazzavano per la dimensione; i bambini furono dati in affidamento, Etienne D'Amberville prese la piccola e la affidò alla famiglia Belcadiz, il Patriarca e Stefano di Karameikos si presero il bambino che sarebbe cresciuto poi alla Soglia all'interno della chiesa…i due crebbero e inconsciamente si cercarono, e adesso si sono trovati e nessuno sa cosa ci riserverà il futuro e se il destino di Briagenn Belcadiz e Ivan Nikelnevich è forse già scritto. [continua…]

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: IL DRAGO NERO Ovvero

DI COME SIA POSSIBILE AVERE LA MEGLIO SU UN DRAGO SE NON VIENE SVEGLIATO PRIMA DELLA PUGNA Quando una persona è avida c’è poco da fare, difficilmente riesce a trattenersi… è vero che lo spadino del capo orchetto è la prima arma magica che Gold abbia mai posseduto ma se fosse stata una bella donna probabilmente il nostro ladro preferito ne avrebbe avuto meno cura. Dopo aver sconfitto i mostri dal muso porcino La Compagnia del Carretto Impennato prosegue l’esplorazione del corridoio in cui è piombata cadendo nella trappola a botola del tempio di Elwyn, con sua somma sorpresa però il passaggio risalendo non tarda a risbucare nel tempio stesso, attraverso una porta segreta, poco più indietro rispetto alla stanza del trabocchetto. Tornando sul luogo della caduta il ladro, adesso che ci fa caso, nota un bordo percorribile stando vicino al muro per evitare la botola raggiungendo così il punto contrassegnato dalla X sulla mappa dei trogloditi; esplorando il muro in corrispondenza si apre un vano contenente alcune pergamene clericali, alcune pozioni, l’ennesimo martello da guerra magico e soprattutto un’altra mappa del tesoro che, a giudicare dal disegno rappresenta una vicina stanza del medesimo tempio. Riprendendo il corridoio ormai lo schema del tempio sembra chiaro: un corridoio che curva ad angoli retti procedendo a spirale verso il centro con stanze, o più propriamente slarghi, che si aprono a intervalli regolari. La stanza successiva è completamente vuota, mentre in quella seguente è presente il solito altare di marmo con la solita campanella questa volta di ottone; presa la campanella continua l’esplorazione in una stanza dove i nostri sconfiggono senza grossi problemi un umanoide completamente fatto di legno. Girato l’angolo Gold corre svelto verso un determinato punto nel muro del successivo slargo corrispondente alla X sulla seconda mappa dove, dopo essersi accertato della carenza di trappole, sfila dal muro un blocco di pietra che nasconde un vano in cui si trovano una bacchetta di paralisi, una spada magica, alcune pergamene clericali ed un anello accumulatore di incantesimi. Contenti della nuova scoperta i nostri passano nella stanza successiva dove trovano l’ennesimo altare di marmo e recuperano l’ennesima campanella, questa volta d’argento, con gli occhi del ladro che già brillano all’aumentare di valore dei sonagli. Seguendo la spirale del corridoio al diminuire del raggio si diminuisce anche le dimensione delle stanze ma non i pericoli perché in quella successiva il gruppo si trova a combattere con una grossa statua di pietra spruzzante lava incandescente dalle dita accompagnata dalla femminile risata diabolica già ascoltata in precedenza; lo scontro non è dei più semplici ma la compagnia riesce comunque ad avere ragione del roccioso mostro. Il locale seguente sembra vuoto ma in effetti è occupato per intero da una trappola a botola in cui alcuni dei nostri cadono inesorabilmente con qualche ammaccatura ma niente di più. Sempre più irritati da questo posto il passo successivo è una stanza vuota tranne che per una statua equestre di bronzo che ha il solo effetto di dare una scossa a chiunque la tocchi; perduto un po’ di tempo nell’esame della scultura, non avendoci ricavato nulla se non qualche scarica elettrica, i nostri decidono bene di curarsi prima di proseguire, un po’ grazie agli incantesimi di Don Lesina e un po’ (visto che Padre Ivan mantiene fede al suo nomignolo) grazie a pozioni et similia. La successiva stanza della spirale contiene ancora un altro altare con sopra una campanella,

stavolta d’oro, che viene stimata dal ladro di un valore che si aggira intorno alle 500 MO; recuperata anche questa campanella, sebbene ne sia ancora ignota l’utilità, i nostri proseguono trovando la stanza seguente vuota ma ancora una volta la risata agghiacciante li accoglie ed una grata di ferro si chiude alle loro spalle. Un pannello si apre nel muro dietro la grata rivelando una serratura con una chiave infilata… – Basta girare la chiave e avrete la libertà! – sentenzia la voce. Stabilendo che ci penserà successivamente visto che ancora deve arrivare in fondo al tempio, la compagnia procede verso il prossimo slargo trovandosi davanti ancora una volta il mostro per eccellenza: un drago, non bianco stavolta ma nero; il rettile sembra addormentato, una massiccia lunga catena lo lega al muro tramite un grosso collare di ferro. Memori dell’ultima esperienza i compagni si ritirano preparando un piano d’azione, il trio di maghi e l’elfa a “bombardare” dalla distanza il drago e gli altri che tentano di sorprenderlo in corpo a corpo mentre è ancora assopito. Il piano riesce e la bestia subisce un primo assalto da ogni membro del gruppo che la riduce pressoché in fin di vita ma con le ultime energie resiste strenuamente ferendo alcuni con il morso e alcuni con gli artigli mentre Gold persiste nella sua “posizione standard di attacco del drago” (ovvero stando sopra la testa). In poco più di un minuto la battaglia ha termine ed il gruppo piuttosto ferito ma soddisfatto si dedica a smembrare il rettile di tutti quei componenti utili agli usufruitori di magia. Alla fine stremati dall’impresa i compagni si ritirano in una stanza vuota per le necessarie cure e il meritato riposo certi, vista la prova appena superata, di essere vicini alla meta. Niente di più vero. Una volta svegli e in buone condizioni, oltrepassato il drago, i nostri giungono al centro della spirale… uno stanzone lungo una quarantina di metri e largo sei, con due coppie di alcove a destra e a sinistra e sul fondo si intravede un altare nella penombra. Il muro sul fondo di ogni

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rientranza è interamente coperto da drappi neri che i nostri subitamente tolgono rivelando quattro dipinti murali che rappresentano una donna che brandisce una spada circondata da cadaveri insanguinati, una donna inginocchiata davanti ad un altare circondata da sei uomini in tunica armati di mazza, una donna che tira con l’arco a Chardastes e una donna che scende in una profonda cavità guidata da un essere che alcuni compagni riconoscono come Leptar (un immortale caotico sconfitto in passato da Chardastes). Avvicinandosi all’altare la penombra si dirada un po’ rivelando al di sopra di esso una campanella di platino che pare proprio essere l’obiettivo della compagnia; non appena la campanella viene raccolta con l’ausilio della corda magica del ladro quattro creature appaiono nella stanza: due sono gargoyle (già tristemente noti al Carretto Impennato), e due sono umanoidi in ombra la cui sagoma è difficile da distinguere. Anche questo scontro si rivela piuttosto impegnativo con i nostri eroi che faticano a sbarazzarsi dei quattro esseri ma alla fine ne escono tutti vivi. Sarà davvero la prima missione che il Carretto Impennato riesce a portare a termine? La campanella di platino sarà veramente quella che cercano? E di chi è la risata diabolica che ogni tanto si sente nel tempio?

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: LA CASA IN FIAMME Ovvero

DI COME ALCUNI SAPPIANO CHE GLI ALTRI SANNO MA GLI ALTRI NON SAPPIANO CHE ALCUNI SANNO CHE GLI ALTRI SANNO Ossia

DI COME UN EVENTO ACCIDENTALE POSSA CAMBIARE IL DESTINO DI MOLTI

- …bisogna considerarlo un nemico. Merita la morte -. - Se la merita! Eccome! Molti tra i vivi meritano la morte. E parecchi che sono morti avrebbero meritato la vita. Sei forse tu in grado di dargliela? E allora non essere troppo generoso nel distribuire la morte nei tuoi giudizi: sappi che nemmeno i più saggi possono vedere tutte le conseguenze. […] Il cuore mi dice che prima della fine di questa storia l'aspetta un'ultima parte da recitare, malvagia o benigna che sia; e quando l'ora giungerà, la pietà di Bilbo potrebbe cambiare il corso di molti destini, e soprattutto del tuo. -

Il Signore degli Anelli: La Compagnia dell’Anello

…Gollum indietreggiò, e un bagliore verde luccicò sotto le sue palpebre pesanti. Pareva quasi un ragno adesso, accovacciato in quel modo sulle gambette curve, coi suoi occhi sporgenti. Il fugace attimo [di dolcezza] era volato via, per sempre.

Il Signore degli Anelli: Le Due Torri L’apparenza inganna recita un vecchio adagio in uso nei Principati... beh i vecchi di Glantri la sanno lunga e presto la Compagnia del Carretto Impennato si renderà conto che i proverbi possono rivelarsi validi anche al giorno d’oggi. Dopo aver sconfitto i gargoyle e le ombre nella lunga stanza centrale del Santuario di Elwyn i nostri eroi si apprestano a riportare la campanella di platino appena recuperata al loro committente ma un rumore sinistro proveniente dal corridoio a sud, come di pietra che sfrega contro pietra, attira la loro attenzione. Il ladro, curioso come al solito, non perde tempo andando a controllare torcia in una mano e spadino nell’altra ed ecco che, affacciatosi sul corridoio, si trova di fronte una donna, appena uscita da un passaggio segreto nel corridoio, che indossa uno scapolare a strisce gialle, lavanda, bianche e nere sopra l’armatura di metallo, in mano uno scudo scintillante e una mazza, alla cintura un anello con un mazzo di chiavi. Appena inizia a parlare Gold riconosce la voce che ha sfidato i nostri lungo tutta l’esplorazione del santuario: – Nel nome di Leptar benvenuti nel mio Sacro Santuario. Vi siete comportati molto bene, molto meglio dei tanti miserabili che hanno provato ad attaccare la mia fortezza prima d’ora. Presumo che abbiate visto le loro ossa dopo aver sconfitto i miei orchi. Oh beh… gli orchi sono facili da reclutare e adorano lavorare per Elwyn L’Ardente… i nuovi si divertiranno molto a banchettare sulle vostre ossa quando avrò finito con voi –. Il ladro, senza aspettare che la nuova arrivata finisca la sua predica, lascia in terra la torcia accesa e corre indietro nella stanza nascondendosi nella prima alcova di destra; quando Elwyn fa il suo ingresso nella stanza ha inizio lo scontro vero e proprio con gli altri, nano e guerriero in testa, che si gettano all’attacco. Il combattimento volge al peggio per il Carretto Impennato perché in pochi secondi due incantesimi partono dalle mani della sacerdotessa e quattro dei compagni rimangono paralizzati mentre tre scappano in preda al panico a nascondersi dietro l’altare. – Avanti mio bel ladro esci allo scoperto! Tanto prima o poi ti trovo! Non ti interessa che i tuoi amici muoiano? – provoca Elwyn avanzando nella stanza. Gold, sempre rintanato nella nicchia, osserva l’avversaria avanzare ignara della sua posizione poi, proprio mentre questa sta per colpire a morte uno dei compagni paralizzati, esce dal suo nascondiglio cogliendola alle spalle e ferendola gravemente. Ne segue un duello serrato in cui gli avversari si scambiano colpi micidiali, il ladro assaggia più di una volta la mazza magica di Elwyn in grado di risucchiare l’energia vitale, al contrario i tentativi del nostro di disarmare la sacerdotessa non sortiscono nessun effetto ma, quando sembra che Gold stia per avere la peggio, riesce a cogliere l’avversaria scoperta e ad assestare il colpo fatale. Don Lesina, passati gli effetti della paura indotta dalla sacerdotessa, si precipita a curare il ladro ma si odono passi nel corridoio… che non sia ancora finita? Con somma sorpresa dei nostri fa il suo ingresso nella stanza il chierico che aveva resuscitato Fantasma e commissionato loro l’incarico trascinandosi dietro un grosso sacco pieno di roba. Porge il sacco alla Compagnia dicendo che quello è il tesoro di Elwyn e chiedendo la campana di platino. Dopo avergliela consegnata, mentre l’effetto della paralisi finisce, il Carretto Impennato chiede al chierico dal nome ancora sconosciuto di curare Gold della perdita di energia vitale subita durante l’ultimo duello (ovviamente in cambio del compimento dell’ennesima missione); fatto questo il committente senza identità si dilegua assicurando il gruppo che presto sarebbe arrivato qualcuno ad affidar loro il prossimo incarico. Un po’ sconsolati per dover ancora rimandare la missione dell’ambasciatore di Alfheim, i compagni si gettano sul sacco ricavandone diversi tesori tra cui, in particolare, un fantastico bastone guaritore (utile per far diventare Don Lesina un po’ meno avaro di cure) oltre allo scudo e alla mazza magici di Elwyn. Uscendo la Compagnia si imbatte in un gruppo di avventurieri molto giovani (probabilmente alla prima missione) che si accingono ad entrare nel santuario; un guerriero, una chierica, un ladro e un mago che si presentano come i Cavalieri Oscuri di Specularum e, quando il Carretto Impennato afferma irridendoli di esser già passato a svuotare il luogo, partono una serie di sfottò tra i due gruppi che si risolverebbero in un nulla di fatto se non fosse che l’elfa, permalosa e attaccabrighe come al solito, fa scalciare il cavallo colpendo a morte il ladro dei Cavalieri. Ne segue uno scontro che ha poco da dire se non per i tentativi di Gold, Ivan e Fantasma di stordire gli avversari per tenerli in vita, vanificati dai maghi del Carretto che senza pietà finiscono gli ormai inermi Cavalieri. Dopo questa avvilente rissa appare all’improvviso il potente essere che ha contribuito a dare il nome alla Compagnia “donandole” il carretto magico con cui arrivò a La Soglia quella famoso sera. Teldon, questo il suo nome, è venuto per dare al gruppo la missione promessa dal chierico innominato che consiste nel recarsi a Kelvin (piccola cittadina a sud de La Soglia) da un certo Stephan che dirà loro cosa devono fare, tutto questo entro tre giorni massimo pena l’ira dello stesso Teldon e di conseguenza la morte. I nostri decidono di passare da La Soglia per fare un salto nella casa comune del Carretto e un po’ di rifornimenti per la successiva avventura; durante il viaggio una notte, mentre Padre Nickelnevic è afflitto dagli incubi sulla strage del gruppo di novellini, appare a Lorien una vecchia elfa dai capelli bianchi e

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radi, a metà tra una visione e un fantasma, che la fa riflettere sull’episodio dei Cavalieri Oscuri e sulla sua effettiva volontà di uccidere il loro ladro. Dapprima l’elfa nega di aver mai avuto intenzione di ucciderlo e sostiene con forza che sia stato un incidente, poi però una vocina rabbiosa le cresce dentro: – NO! NON E’ VERO! VOLEVO UCCIDERLO! MALEDETTO LADRO PRESUNTUOSO! MI HA OFFESA! SI PRENDEVA GIOCO DI ME! E’ GIUSTO CHE SIA MORTO MORTO MORTO!!! – ribatte la vocina. Allora Lorien ammutolisce, non riesce più a negare, la rabbia cresce ancora e dentro di lei di nuovo la vocina: – Basta! Non mi farò più prendere in giro da nessuno! Tutti faranno la stessa fine di quello schifoso ladro! – borbotta la vocina. L’elfa assume un’espressione decisa e crudele, la vecchia canuta improvvisamente come si era manifestata scompare. Durante il viaggio i nostri si trovano anche presi nell’agguato di un gruppo di giganti delle colline che prima li attacca lanciando grossi massi da una posizione elevata, poi passano al corpo a corpo incalzati da alcuni membri del Carretto che si sono avvicinati; morale della favola: giganti sterminati e compagnia solo con qualche graffio. Arrivata a casa senza ulteriori intoppi la Compagnia dedica il pomeriggio alla compravendita di oggetti, attrezzature e rifornimenti fermandosi di notte a dormire nella propria sede. Di notte però l’ennesimo imprevisto affligge i nostri eroi. Gold, tornato nel mezzo della notte da una visita al Regno dei Ladri e Alejandro, svegliatosi nello stesso momento per bere un po’ d’acqua, sono testimoni di una scena piuttosto inquietante. Mentre gemiti di un sonno agitato provengono dalla stanza di Padre Ivan, dalla camera di Briagenn filtra una strana luce verde; curiosi il ladro e il mago aprono piano piano la porta che invece si spalanca violentemente e davanti a loro intravedono per un attimo la figura di un demone immerso in questa luce poco prima di essere abbagliati da un’esplosione. Quando riaprono gli occhi i due compagni si trovano di fronte alla loro casa in fiamme ai piedi di Pivel (maestro di Alejandro), raggiunti poco dopo dal resto del gruppo salvato invece da Alexandra (figlia del patriarca de La Soglia). Ne segue un summit nel tempio della città con il gruppo separato: in una stanza Ivan e Briagenn, in un’altra il resto della compagnia. Prima il patriarca e Pivel raccontano ai due la storia di Imtilius e Serafius (vedi pag.XIV e pag.XVI) non nascondendo nulla del loro coinvolgimento e lasciandoli a meditare se mettere a parte o meno della faccenda il resto del gruppo; poi passano a dare spiegazioni agli altri in maniera molto superficiale, in seguito però vengono avvicinati da Alexandra che racconta loro l’intera vicenda. Quando le due comitive finalmente si riuniscono entrambe decidono di non rivelare nulla all’altra, non sapendo il chierico e la maga che ormai tutta la Compagnia del Carretto impennato è al corrente della loro storia. Un po’ guardinghi gli uni verso gli altri la mattina dopo i nostri eroi partono per Kelvin. Raggiunta la cittadina senza ulteriori problemi si recano da Stephan, che li stava già aspettando, il quale comunica loro che l’incarico consiste nel fare da scorta ad una partita di cavalli destinati ad un villaggio elfico (tra l’altro ben conosciuto da Lorien), quindi la prossima mossa sarà quella di recarsi con un barcone a Sukiskyn da Pyotr (fratello di Stephan) a prendere il carico; tutto questo per una ricompensa di 500 monete d’oro a testa. Il viaggio si svolge tranquillamente fino a che la barca non si blocca in mezzo al fiume fermata da una catena che va da sponda a sponda; da destra sbucano una ventina di uomini, alcuni che si fermano sulla riva a tirare con l’arco, altri che si tuffano in acqua coltello tra i denti per abbordare il barcone. Gold sale subito sulla catena tentando di arrivare sulla sponda ma perde l’equilibrio cadendo in acqua e si ferma ad affrontare i banditi in arrivo facendone fuori diversi, gli altri annientano i restanti piuttosto agevolmente (compreso uno dei marinai, evidentemente un infiltrato, che li aveva attaccati alle spalle) poi la maga e il ladro raggiungono la riva per scoprire però che gli arcieri rimasti hanno tutti la gola tagliata, notando anche che ognuno di loro ha un tatuaggio che rappresenta un anello d’acciaio su parti diverse del corpo. Saranno solo semplici banditi quelli che hanno attaccato il barcone? Cosa non dovevano rivelare gli arcieri che sono stati sgozzati? E non è sospetto tutto questo denaro come ricompensa per una semplice scorta ad una partita di cavalli?

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: GOBLINS, GOBLINS, GOBLINS… E ANCORA GOBLINS Ovvero

DI COME ANCHE I PELLEVERDE POSSANO COSTITUIRE UN PERICOLO QUANDO SONO DIECI VOLTE GLI EROI

…si udì un grande rumore: un bum rombante che pareva giungesse dalle profondità sotto di essi, tremando nella roccia ai loro piedi. Balzarono tutti allarmati verso la porta. Dum, dum, continuava a tuonare, come se immense mani avessero trasformato le caverne stesse di Moria in un gigantesco tamburo. D'un tratto echeggiò uno squillo: un grande corno suonava nel salone, mentre in lontananza si udivano rispondere altri corni, e strilli acuti. Infine il rumore frettoloso di molti piedi. - Stanno venendo! -, gridò Legolas. - Non possiamo uscire -, disse Gimli. - Intrappolati! -, esclamò Gandalf…

Il Signore degli Anelli: La Compagnia dell’Anello Se chiedete a un qualsiasi avventuriero con un minimo di esperienza qual è il mostro che affronterebbe sempre volentieri e senza paura probabilmente vi risponderà: il goblin; tuttavia quando il numero cresce e il rapporto tra il pelleverde e l’avventuriero diventa di dieci a uno (o anche superiore) possono sorgere vari problemi. La Compagnia del Carretto Impennato questa volta si troverà ad affrontare proprio un caso del genere… Dopo lo scontro con i briganti dell’Anello d’Acciaio i nostri eroi cercano di raccogliere le idee per capire il significato dell’attacco, in dubbio se siano stati bersaglio di una semplice banda di schiavisti o invece ci sia qualcosa di più, il dubbio cresce quando il comandante del barcone comunica loro che il rematore traditore era nella sua ciurma da almeno tre anni. Liberata la chiatta dalla catena che la bloccava, il viaggio prosegue senza ulteriori seccature fino ad arrivare all’approdo dal quale i nostri dovranno raggiungere il villaggio di Sukiskyn per prendere il carico mentre la chiatta tornerà indietro per rimpiazzare due rematori morti nell’agguato e temporaneamente sostituiti dal guerriero e dal nano. All’approdo si trova la casa galleggiante di un druido di nome Misha che vive da quelle parti con il suo amico orso che, secondo le indicazioni del comandante, dovrebbe poter accompagnare il gruppo al villaggio attraverso il bosco. Il ladro entra nella casa galleggiante in cerca di Misha quando, giusto il tempo di guardasi intorno, dalla foresta esce barcollando un grosso orso bruno ferito che, appena vede il gruppo, lo carica senza indugio. Sospettando che questi possa essere il compagno animale del druido, i nostri tentano di metterlo fuori combattimento senza ucciderlo ma lo scontro si fa brutale perché l’orso è piuttosto forte e quindi lo sconfiggono senza andare tanto per il sottile non ammazzandolo solo per un colpo di fortuna. Legato l’animale che non smette di essere aggressivo, mentre gli altri si preparano a passare la notte nella casa deserta del druido, il ladro va in avanscoperta nel bosco in cerca di tracce trovando quelle confuse dell’orso e del druido coperte da quelle di numerosi goblins. Il giorno volge al termine e, non volendo addentrarsi nella foresta al buio, Gold decide di tornare all’approdo per proseguire le ricerche il giorno dopo; quando cala la notte ululati riempiono l’aria e i nostri si rintanano (orso incaprettato compreso) nella grande casa galleggiante osservando dalle finestre un branco di lupi in cerca di cibo che però desistono presto non trovando di che sfamarsi.

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La mattina dopo il chierico Ivan ha la brillante idea di pregare la sua divinità di concedergli la capacità di parlare con l’orso dal quale, dopo averlo calmato e slegato, viene a sapere che Misha è stato catturato e probabilmente ucciso da una banda di goblins; l’animale accetta che la compagnia l’aiuti a cercare il druido ma, appena gli viene aperta la porta si lancia improvvisamente verso il bosco lasciando tutti con un palmo di naso. I nostri decretano allora che la missione è più urgente delle sorti del druido (che probabilmente è già morto) e decidono di affidarsi alla memoria di Lorien per raggiungere Sukiskyn. Il percorso nel bosco procede spedito fino all’arrivo in una radura dove l’elfa si blocca improvvisamente come per un senso di pericolo imminente confermato dalla stessa sensazione di Gold che ha sentito qualche rumore nella vegetazione; neanche il tempo di verificare che alcuni grossi aculei dardeggiano verso il gruppo colpendo alcuni compagni e una creatura orrenda fa il suo ingresso nello spiazzo. Il corpo è quello di un leone ma grandi ali di pelle simili a quelle di un pipistrello spuntano dal suo dorso, la coda è ricoperta di aculei e il viso è umano ma con la larga bocca orribilmente piena di lunghe zanne: una manticora. Il combattimento è terribile, il mostro alterna attacchi in mischia con zampe e morso ad attacchi a distanza scagliando aculei dall’alto su tutto il gruppo ma, benché con qualche ferita di troppo, il Carretto Impennato mantiene fede alla sua fama e sconfigge il formidabile mostro; ne segue una seduta intensiva di cure di Don Nickelnevic (sempre meno lesina grazie al nuovo bastone) che risana i compagni quel tanto che basta per proseguire il cammino. Nel tardo pomeriggio di Nytdain 8 di Thaumont i nostri escono dal bosco raggiungendo una vera e propria strada battuta che li conduce in breve tempo alla loro meta. Sukiskyn è una fattoria fortificata circondata in parte da un’alta palizzata, in parte da mura di pietra (porzioni di edifici della fattoria) con un ponte di legno che conduce al portone d’ingresso che attraversa il fiume che passa dal lato ovest; gran parte della fattoria è in fiamme. Il sole è ormai tramontato. Il crepuscolo e il suo silenzio sono scesi nella foresta, tutto è immobile tra gli alberi scuri. Il mondo intero sembra in pace, forse… troppo… Improvvisamente il silenzio viene rotto… – EEEEEEEEEETCHUUUUUUUM!!! Ops… scusate… – il ladro si pulisce il naso con la manica… Ehm… dicevo… improvvisamente il silenzio viene rotto dall’attacco di otto goblins armati di spadini, quattro da un lato e quattro dall’altra della strada. Lo scontro non è impegnativo perché pressoché ad ogni colpo della compagnia un avversario cade morto ma finiti questi nemici altri otto goblins a cavallo di lupi arrivano in carica. – Presto! Entrate! Prima che vi taglino la strada!! – Una voce dalla torretta di legno sopra il portone invita i nostri che non se lo fanno ripetere due volte e corrono dentro la fattoria dove una donna li fa entrare e poi sbarra di nuovo l’ingresso di fronte ai lupi; diventa subito chiaro che Sukiskyn è in stato di assedio. I due si presentano come Taras e Alfana e invitano i nostri ad entrare nell’edificio principale a due piani ma non fanno in tempo a raggiungere la porta che sono caricati da cinque goblins vestiti di un’accozzaglia di pezzi d’armatura e ninnoli di colore rosso i quali sono riusciti a scavalcare la palizzata dal lato nord. Anche stavolta un colpo, un morto. Uccisi rapidamente i cinque finalmente i nostri si rifugiano nell’edificio e fanno la conoscenza del resto dei sopravvissuti (oltre ai due citati sopra): Pyotr (colui che avrebbe dovuto consegnare i cavalli), la moglie Darya, i figli Irina, Matvey e Taras, la chierica Kuzma madre di Pyotr, Masha appena diventata vedova di Hakos e il servo Stellios. Mentre la sera diventa notte il Carretto Impennato viene ragguagliato sulla situazione da Pyotr: a quanto pare tre tribù goblin (i Teschio Lupo, i Lama Rossa e la tribù delle Vipere) si sono unite nel dare l’assalto alla fattoria non si sa bene per quale motivo (la semplice razzia dei cavalli sembra un misero movente per tutti questi pelleverde) e proprio mentre ne parlano cominciano ad accendersi una miriade di fuochi a significare diversi bivacchi da tutti i lati della tenuta. Dum, dum, dum, dum… D’un tratto, nel bel mezzo della notte, si cominciano a sentire tamburi nell’oscurità e voci di goblins unite in canti di guerra, l’ennesimo assalto ha inizio. I nostri allora passano all’azione, Jacob, Fantasma, Ivan e Gold si attestano sotto la torretta del portone, che nel frattempo ha preso fuoco, reggendo la carica di due goblins a cavallo di lupi seguiti da altri dieci appiedati; però sono assaliti anche alle spalle dal lancio di pietre di un altro gruppetto di otto pelleverde in parte coperti dalle fiamme di un edificio a nord; dal secondo piano dell’edificio principale invece il resto del gruppo con l’aiuto di qualche sopravvissuto tenta di tenere a bada la situazione da finestre e feritoie con le armi da lancio. Lo scontro non è dei più semplici e Gold decide di fare l’eroe, per attirare gli otto lapidatori si arrampica sulla palizzata a nord con l’agilità che lo contraddistingue e la scavalca tentando di coglierli alle spalle; la cosa non riesce perché i goblins se ne accorgono ma sortisce lo stesso effetto perché cessano il lancio di pietre verso il portone ingaggiano tutti il ladro in corpo a corpo. Nel frattempo i tre al portone hanno la meglio seppur con qualche difficoltà sui due goblins cavalcalupi e arrestano sotto la torretta in fiamme quattro della fanteria finché ad un certo punto la torretta crolla uccidendo i quattro e sbarrando il passo agli altri. Nello stesso momento Gold è ferito gravemente, riesce a malapena a tenere a bada gli otto avversari quando altri arrivano bersagliandolo con giavellotti e quindi decide che è giunto il momento di ritirarsi arrampicandosi di nuovo sulla palizzata e rifugiandosi al sicuro curato dalle sapienti mani di Padre Nickelnevic. Sarà finito l’attacco notturno? Riusciranno i nostri ad uscirne vivi con tutto questo esercito di goblins? E come mai attaccare così numerosi un semplice allevamento di cavalli? I cadaveri degli elfi uccisi e straziati nelle loro abitazioni, sulla parte alta degli alberi maestosi, che formavano la città elfica, grondavano copiosamente sangue sul terreno sottostante, creando una sorta di pioggia surreale… rossa. Seduto sul cadavere del principe elfico con le mani ancora intrise di sangue caldo, Tylius si tolse l'immancabile cappello nero dalla larga tesa, che nonostante il feroce combattimento era rimasto sempre lì al suo posto, per permettere alle gocce ancora tiepide di bagnargli il viso, il volto dei piccoli principi elfi e le loro urla strazianti di paura riempivano ancora i suoi pensieri cullando dolcemente il suo "essere" malvagio. Azeria comparve come dal nulla, i suoi capelli argentei svolazzavano insieme ai residui di scintille e bagliori verdastri causati dall'incantesimo usato; il volto rivolto verso terra e la figura composta eretta a gambe unite con le braccia lungo il corpo, le mani posizionate dietro la schiena sull'elsa delle spade corte. Alzò lo sguardo e attraverso i suoi occhi vitrei si lesse il compiacimento per lo scenario che era comparso innanzi a lei. – Tylius… – – Azeria accetto solo buone notizie, mi sto godendo il momento, non lo vedi? – disse in tono pacato sistemandosi delicatamente all'indietro i capelli bagnati di sangue elfico. – Allora penso che dovrò ripassare… – – Aspetta; avanti dimmi – disse rimettendosi il cappello ed alzandosi in piedi. – Possibile che tu non porti mai buone notizie!! Sentiamo che è successo stavolta. – scese dal cumulo di cadaveri calpestando volontariamente il volto del principe e sussurrò – Quando morite siete tutti uguali… – – Tylius, i ragazzi sono stati messi a conoscenza della loro natura, adesso sanno chi…anzi cosa sono in realtà. – – L'elfa? –esclamò mentre raggiungeva l'elfa.

XXII

– Niente su di lei..ma… – – Gli altri due, adesso, non sono un problema; – appoggiò la mano destra ornata di anelli sulla spalla destra di lei, rimanendo parallelo a lei in posizione contrapposta. – Anche se sanno cosa cova dentro di loro non sanno come controllarlo e non hanno le capacità per controllarlo…l'incantesimo che tiene imprigionate le due creature è troppo forte per potersi sciogliere, quindi possiamo stare tranquilli, almeno per ora. – Riprese a camminare avanti, lasciandosi l'elfa scura alle spalle. – Non vorrei tu avessi preso troppo alla leggera la cosa! – esclamò voltandosi leggermente verso di lui. – Ti devo forse ricordare lo scopo della nostra missione? O forse lavorare accanto a quel mucchio di ossa di Exintarvul… – Il movimento di Tylius fu impercettibile perfino per i sensi acuti di Azeria, gli occhi simili a quelli di un serpente…rossi…dimostravano tutta la ferocia che aveva scatenato quella frase in lui, aveva agguantato il volto di lei con la mano destra e nella sinistra stringeva un pugnale, premuto contro lo stomaco. Il volto di lei era spaurito, lo sguardo sospeso, i suoi pensieri soppesavano il valore della vita, il cuore batteva all'impazzata e la sua anima singhiozzava per aver osato tanto. – Ricordati, sempre con chi hai a che fare…e non permetterti più di paragonarmi ad una cavia da laboratorio magico come quella, lui si è dovuto affidare ad un antico sortilegio per diventare quello che è…io…sono più antico di quel sortilegio…quindi vedi bene di soppesare le parole quando ti rivolgi a me, se non vuoi fare la fine della tua ex-regina. – sibilò mollando la presa sul volto di lei e rinfoderando il pugnale. Si voltò e riprese a camminare; un portale violaceo apparve di fronte a lui a pochi metri di distanza. – Adesso andiamo, qui abbiamo finito. – disse e sparì dentro il varco. Azeria tirò un sospiro di sollievo e senza batter ciglio e proferire parola lo seguì dentro il portale. Su quell'orrendo palcoscenico rimase solo lo sgocciolio dei cadaveri sul terreno; improvvisamente il cumulo di cadaveri si mosse, il corpo senza vita del principe rotolò su se stesso ed un elfo mortalmente ferito si alzò a fatica. Uno strano effetto di offuscamento visivo pervase il suo corpo e cominciò a cambiare aspetto fisico, mentre muoveva i primi passi in avanti…le orecchie a punta divennero orecchie normali, il naso piccolo e dritto, si fece più rotondo; la statura aumentava a vista d'occhio e tutta la corporatura stava acquistando volume, rispetto alla gracilità comune agli elfi…anche gli abiti cambiavano aspetto…dallo zaino estrasse un tappeto, lo srotolò ed il tappeto rimase sospeso a mezz'aria. Con un agile balzo, la figura ormai completamente diversa dall'elfo che poco fa si era alzato tra i cadaveri, montò sul tappeto e sparì tra le chiome degli alberi, volando via a folle velocità…[continua]

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: SOTTO ASSEDIO Ovvero

DI COME L’ALBA SEMBRI NON ARRIVARE MAI QUANDO SI E’ SVEGLIATI OGNI MOMENTO PER I CONTINUI ASSALTI DEI GOBLINS

- Sono Orchetti, e sono una moltitudine - disse - Alcuni grossi e malvagi; i neri Uruk di Mordor. Per il momento stanno ancora indugiando, ma vi è qualcos'altro fra loro. Un grosso Troll di Caverna, credo, o più di uno. Non vi è scampo da quella parte -

Il Signore degli Anelli: La Compagnia dell’Anello

- …Movimento...segnale netto! Ho letture di fronte e alle spalle... Vengono fuori dalle pareti... vengono fuori dalle fottute pareti! -

Aliens - Scontro finale Se i mostri sono in quantità molto superiore agli avventurieri e li assalgono da tutte le parti, l’unico sistema per contrastarli efficacemente è attestarsi dietro un varco stretto appena sufficiente a farne passare uno per volta; quando però gli avversari hanno modo di accerchiarli e far valere la propria superiorità numerica lo scontro si fa difficile se non mortale per gli eroi. E’ passata da un po’ la mezzanotte a Sukiskyn e i nostri hanno appena respinto un assalto dei goblins alla fattoria in fiamme, la torretta all’ingresso è crollata sul portone, il fuoco ha distrutto anche diverse parti della palizzata e l’edificio a nord così si sono create diverse falle nella fortificazione della tenuta; i nostri eroi sono rinchiusi nell’edificio principale in attesa dell’alba quando i pelleverde, notoriamente refrattari alla luce del giorno, allenteranno (si spera) l’assedio. La pausa concessa ai nostri eroi però è di breve durata, dal bosco a est si sentono delle grida femminili… per quello che si riesce a vedere dal terzo piano dell’edificio una donna con un abito giallo è tenuta in ostaggio da un gruppetto di goblins con cattive intenzioni. Subodorando una trappola il ladro esce dalla fattoria nascosto nelle ombre nel tentativo di avvicinarsi quanto più possibile alla scena mentre il resto del gruppo è pronto a coprirlo dalla stanza al terzo piano ma proprio mentre Gold è quasi arrivato in posizione nella casa succede il finimondo: – Aiuto! Che state aspettando! Quella è mia figlia! Riconosco il vestito! Irina! Aiutatela! Ma che fate ancora fermi qui! – grida Darya in preda al terrore e si getta per le scale con tutta l’intenzione di uscire a liberare la figlia. Un po’ sorpresi dalla reazione della donna tutti rimangono fermi sul posto tranne Lorien che le corre dietro recuperandola appena in tempo sul limitare del bosco già ferita da alcuni giavellotti scagliati dai goblins e trascinandola di nuovo dentro mentre il resto dei compagni le proteggono con le armi a distanza. Il temerario borsaiuolo nel frattempo, osservando la scena da vicino, si rende conto della pantomima organizzata dai pelleverde che hanno abbigliato un loro compare con il vestito giallo di Irina mentre una femmina cerca di imitare la voce di una ragazza in ambasce. Valutato presto che i nemici sono troppi per lui solo, il ladro torna indietro velocemente per avvertire gli altri della messinscena mentre, sempre dall’alto, continua la pioggia di frecce e proietti sui pochi goblins fattisi avanti nell’agguato a Darya che presto vengono respinti. Dopo l’ennesimo assalto e le cure del chierico, convinta Darya che per la figlia ormai non c’è più nulla da fare, i compagni decidono di mettersi a dormire lasciando di guardia Pyotr e Taras sul tetto ma il loro riposo è destinato a interrompersi presto; dopo poco più di un’ora vengono svegliati dalle due sentinelle che li avvertono di strani movimenti degli alberi a nord-est. Raggiunte le vedette i nostri questa volta vedono uscire dal folto del bosco alcuni goblins che tengono in catene un essere alto oltre due metri e mezzo dalla pelle verdastra simile a gomma, le mani che terminano in lunghi e terribili artigli e le fauci aperte in un ghigno che lascia scoperta la fila di denti affilatissimi: – Non ci posso credere! Hanno un Troll! Preparate del fuoco! – grida incredulo Gold scendendo velocemente e uscendo nel cortile seguito dal guerriero, dal nano e dal chierico. Nel frattempo gli altri, pronti a supportare l’azione come al solito dalle finestre, osservano i goblins che liberano il bestione al limitare del bosco scappando nell’interno, non senza però che uno di loro ci lasci le penne trafitto dai suoi artigli. Intanto il ladro si è nascosto vicino alla breccia nella palizzata mentre gli altri tre fanno fronte comune in attesa del mostro che non tarda ad arrivare passando proprio dalla breccia e assaltando i compagni con morsi e artigliate, non

XXIII

consapevole però di Gold alle sue spalle. Tutto finisce in pochi secondi. Il troll viene ferito gravemente dai tre combattenti e dalla pioggia di proiettili dall’alto mentre il ladro, sempre non visto, si porta alle sue spalle e affonda una stoccata “di sotto in suso” tra le gambe della bestia dandole il colpo di grazia; poi tutti si accaniscono sul suo corpo accasciato (ben conoscendo le sue proprietà rigenerative per averne sentito cantare nelle liriche dei bardi) mentre il guerriero si procura dell’olio e una torcia accesa con cui poi viene dato fuoco alle carni puzzolenti. –Alloraaaaa!! Anche il Troll vi abbiamo ucciso maledetti pelleverde!!! Avete più nessuno da mandare!?!?!? Sarà forse l’ora che vi ritiriate!?!?!? – urla un esasperato Alejandro verso la foresta. Affrontata quest’ennesima sfida il Carretto Impennato, dopo le cure di un “Lesina-sempre-meno-lesina”, riprova a dormire un po’ con i soliti Pyotr e Taras sul tetto di vedetta ma anche stavolta il riposo dura poco. Avvicinandosi l’alba sembra che nell’accampamento dei goblins intorno alla fattoria ci sia un po’ di confusione; diversi fuochi si stanno spegnendo e sembra che molti mostri stiano abbandonando il bosco ma quelli rimanenti tentano un ultimo assalto: dal lato est una trentina di goblins capeggiati da due più grossi portano cinque lunghe scale con tutta l’intenzione di entrare dalle finestre al primo piano; dal lato nord si fa avanti il più grosso pelleverde visto sinora (verosimilmente il capo tribù) con quattro gregari anch’essi piuttosto massicci e inoltre in volo cinque pipistrelli giganti diretti alla terrazza dove ci sono le sentinelle. La battaglia è lunga e difficile. A nord il capo tribù viene affrontato dal guerriero, dal nano e dal chierico mentre in cima alla torre Pyotr e Taras raggiunti dal nobile Caldwell cominciano a colpire i pipistrelli in arrivo; Gold, resosi invisibile grazie ad una pozione, è intenzionato a colpire alle spalle il capo ma visto che Jacob, Fantasma e Ivan se la cavano più che bene da soli decide di uscire dalla breccia nella palizzata e aggirare i trenta arrivandogli dietro. Ad est i goblins tentano di piazzare le scale affrontati da Lorien, Alejandro e Briagenn che ne respingono un paio di volte gli assalti gettando giù le scale ma sono costretti a retrocedere nella stanza soverchiati nel numero. Sulla terrazza due dei cinque pipistrelli giganti, pur feriti, arrivano a corpo a corpo con i tre; il mago viene morso e crolla a terra svenuto ma Pyotr e Taras riescono con non poche difficoltà a ucciderli entrambi. Quando Gold arriva sul lato est ormai quasi tutti i pelleverde sono entrati e il nostro ladro torna visibile attaccando uno dei goblin più grossi e uccidendolo con qualche difficoltà quando improvvisamente una voce si ode dall’interno della casa…

– Aiuto! Stanno sfondando la porta a sud! Stanno per entrare! – Jacob e Fantasma, liberatisi agevolmente del capo con la sua guardia del corpo, si precipitano sul lato sud della casa trovandosi ad affrontare una decina di goblins (di cui un paio a cavallo di lupi) arrivati dai recinti dei cavalli, raggiunti dopo pochi istanti dal ladro che grazie all’udito fino ha sentito la richiesta di aiuto. Nel frattempo la battaglia infuria all’interno dello stanzone principale dell’edificio, i tanti goblin ancora vivi sono tenuti a bada dagli altri membri della Compagnia con l’aggiunta di Don Lesina che riescono ad affrontarli pochi per volta un po’ grazie all’astuzia del chierico appena arrivato (che tra le altre cose suggerisce a Briagenn l’uso del potere di ragnatela del suo anello) e un po’ grazie alla conformazione stessa della stanza. I tre fuori riescono a sterminare i dieci goblins ma soprattutto i due lupi che creano non poche difficoltà e rientrano dentro giusto in tempo per aiutare i colleghi ad avere ragione degli ultimi mostri rimasti. Riusciranno davvero i nostri eroi ad arrivare feriti ma vivi all’alba? E quale sarà stato il vero obbiettivo di tutto questo assedio?

XXIV

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: LE AVVENTURE NON FINISCONO MAI Ovvero

DI COME PUR DI FINIRE ALMENO UN’AVVENTURA SI SIA DISPOSTI ANCHE A PAGARE

Ron sussultò guardando attraverso il parabrezza e Harry si voltò appena in tempo per vedere un ramo grosso quanto un pitone che si abbatteva sull'auto. L'albero contro cui si erano schiantati era partito all'attacco. Aveva il tronco piegato in due e i suoi rami nodosi percuotevano ogni centimetro quadrato dell'automobile.

Harry Potter e la Camera dei Segreti Quando si intraprende il duro mestiere dell’avventuriero non si può lasciare niente al caso, perciò i nostri eroi, dopo la notte passata a respingere gli assalti dei goblins, sono intenti a razziare i corpi dei caduti mentre il primo raggio di sole illumina la fattoria di Sukiskyn. Arrivati al momento di proseguire con la missione Pyotr comunica al gruppo che i cavalli da trasportare sono stati rubati dai goblins e che pagherebbe volentieri 100MO ad animale per il loro recupero. La Compagnia, un po’ scocciata dall’ennesimo contrattempo ma allettata dal guadagno, accetta decidendo però di riposarsi qualche ora ritenendo di non essere in grado di partire subito, vista la notte quasi insonne, nonostante il rischio di perdere le tracce della mandria. Una volta svegli e rifocillati i nostri seguono l’evidente pista lasciata dai goblins e dai cavalli camminando tutto il pomeriggio e fino a notte inoltrata decidendo di fermarsi al riparo di un grosso albero quando vengono colti da una fitta pioggia; il bivacco viene allestito vicino all’enorme fusto e la compagnia si sfama con qualche razione da viaggio. Dopo cena vengono preparati i giacigli con Gold e Lorien che decidono di arrampicarsi per dormire sui rami della pianta, non senza suscitare le battute sarcastiche dei compagni su un loro presunto flirt; battute che diventano pesanti quando le fronde su cui sono saliti i due cominciano a scuotersi vigorosamente fino a che il ladro e l’elfa non vengono fatti cadere per terra. Con somma sorpresa di tutti l’albero comincia a emettere gemiti e mormorii incomprensibili che via via si trasformano in un linguaggio intelligibile: – Spegnete subito il fuoco! – si lamenta l’albero pronunciando le parole a un ritmo esasperatamente lento. Quando i nostri esitano un po’ disorientati dalla situazione l’albero comincia a muovere le fronde ed estrarre le radici dal terreno. – Spegnete subito il fuoco! – Il fuoco viene spento e la pianta si ferma completamente, sorda adesso a tutti i tentativi di comunicare da parte di Lorien incuriosita dalla creatura vegetale. La mattina dopo continua l’inseguimento a distanza, sebbene con maggiore difficoltà vista la pioggia della sera precedente, fino a che le tracce dei goblins e dei cavalli cominciano a mischiarsi con tracce di lupo e i compagni giungono presto in vista di una strage: davanti a loro diversi cavalli macellati e una femmina di goblin viva e vegeta che viene catturata in men che non si dica. La goblin, il cui nome si scopre essere Class, viene interrogata sull’accaduto e racconta di un litigio tra i pelleverde superstiti appartenenti a tribù diverse e di uno scontro tra loro da cui la fazione di Class è uscita vincitrice. Con la goblin legata come un salame i nostri si fanno condurre nel luogo in cui i mostri hanno intenzione di vendere i cavalli, la tenuta di una certa signora Lea Fyodorll, un’elfa che a quanto pare non si fa troppi scrupoli ad acquistare bestiame di dubbia provenienza. La Compagnia a questo punto decide di saggiare il terreno presentandosi con alcuni suoi membri nelle vesti di possibili compratori e parlando di persona con Lea, cercando nel frattempo di studiare la conformazione del luogo e la disposizione di eventuali alleati della signora. Dopo questo primo assaggio e un breve e serrato conciliabolo, il gruppo al completo decide di irrompere (Class compresa) nella tenuta giocando a carte scoperte con Lea e intimandole di restituire i trenta cavalli rimasti perché comprati dai goblins che non ne erano i legittimi proprietari; la signora Fyodorll però non avendone nessuna intenzione, avendoli regolarmente pagati e non essendo interessata alla loro provenienza, propone un accordo ai nostri: si offre di rivender loro i cavalli per 50MO l’uno (ovvero il prezzo a cui li ha comprati dai pelleverde) e poi sarà compito della Compagnia stessa a recuperare questa cifra dai goblins. Mentre la maggior parte del gruppo soppesa seriamente l’offerta di Lea ed è propensa ad accettarla, Alejandro spalleggiato da Briagenn intavola una discussione accesa con la commerciante elfica che piano piano sfocia in una serie di reciproche minacce fino a che, da una parte e dall’altra, le prime armi vengono sguainate e le prime formule magiche pronunciate; Lea però è la più veloce e finisce prima di tutti di pronunciare una formula ben nota ormai ai nostri: l’incantesimo sonno. Tre maghi del Carretto Impennato cadono addormentati e il resto della compagnia stufa della situazione e vistasi circondata dagli scagnozzi della signora decide di accettare il patto. Recuperati i maghi addormentati e i trenta capi di bestiame la scelta è di non proseguire ulteriormente all’inseguimento dei goblins (visto il guadagno comunque di 50MO ad animale) e tornare rapidamente a Sukiskyn. Il viaggio di ritorno è sostanzialmente tranquillo a parte le recriminazioni dei maghi (in disaccordo sulla decisione presa con Lea) e l’attacco di un roc (una specie di rapace simile ad un’aquila ma di dimensioni enormi) che i compagni sconfiggono senza troppe difficoltà. Una volta arrivati alla fattoria e incassata la ricompensa l’ennesima brutta sorpresa attende la Compagnia del Carretto Impennato: a Sukiskyn arriva Gregor, il cugino di Pyotr, gravemente ferito. Una volta ripresosi, grazie alle amorevoli cure di Don Lesina, Gregor racconta che i goblins (ancora loro!) hanno attaccato l’avamposto a Ilyakana la notte precedente l’attacco a Sukiskyn facendo diversi prigionieri e uccidendo il resto della gente. Si sono salvati solo lui, Kalanos (il capitano della barca che ha accompagnato i nostri all’approdo) e altri tre o quattro compagni; uno degli uomini fatti prigionieri è Stephan, lo stesso che ha commissionato l’incarico alla Compagnia nonché fratello di Pyotr. Intuendo già che cosa Pyotr stia per chiedere loro i nostri eroi si accordano per recuperare Stephan dai pelleverde per 700MO a testa. Dopo una serata passata a rifocillarsi e una buona notte di sonno i compagni partono verso Ilyakana ma non c’è pace per gli avventurieri! Il gruppo subisce l’attacco di tre grosse pantere nere ognuna con sei zampe e due tentacoli che le spuntano dalle scapole: delle pantere distorcenti. La loro pelle molto particolare devia in modo strano i raggi luminosi cosa che le fa apparire sempre un po’ spostate rispetto alla loro vera posizione, ma lo scontro si rivela più semplice del previsto perché le bestie tutto sommato non offrono una grande resistenza (o forse la Compagnia sta acquisendo una certa esperienza…). Riusciranno i nostri eroi a trovare la tana dei goblins e a liberare Stephan? E finiranno finalmente le disavventure della Compagnia con i pelleverde?

XXV

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: BAGNATI FRADICI Ovvero

DI COME UNA BIMBA CHE NON SI BAGNA SOTTO LA PIOGGIA POSSA ESSERE PIU’ TEMUTA DI UN MOSTRO

Piove, senti come piove madonna come piove senti come viene giù

Piove - Jovanotti

- Posso chiederti perché hai pensato che la piccola Tiffany meritasse di morire? - - Mi è sembrata l'unica veramente pericolosa, Signore - - Come sei giunto a questa conclusione? - - Beh… Stavo per farmi quel tipo appeso al lampione ma poi ho capito che stava solo facendo ginnastica… Come mi sentirei io se fossi in palestra e uno arrivasse di corsa e mi sparasse nelle chiappe. Poi ho visto quel tipaccio bestiale che ringhia… Ma ho notato che ha un fazzoletto in mano e ho capito che non sta ringhiando sta starnutendo… Insomma non può essere una minaccia. Poi vedo la piccola Tiffany e penso… una bambina bianca di otto anni nel cuore del ghetto, tra un mucchio di mostri di notte con dei libri sulla fisica quantistica? Quella sta per combinare qualche guaio Zeta. Avrà sì e no otto anni quei libri sono troppo difficili per lei. Se vuoi la mia, quella mi puzza. -

M.I.B. – Men in Black

Là sui monti con Annette Dove il cielo è sempre blu Là con Dany e con Lucièn Vieni vieni anche tu

dalla sigla di “Là sui monti con Annette” Per un gruppo di avventurieri esperto affrontare mostri diventa una sorta di routine quindi spesse volte un evento inaspettato, anche non cruento, appare più pericoloso di un combattimento. Il Carretto Impennato sta seguendo il fiume verso nord reduce dallo scontro con tre pantere distorcenti. La giornata è piuttosto brutta, continua a piovere e i compagni sono completamente zuppi e stufi mentre cavalcano da Sukiskyn verso Ilyakana, quando improvvisamente il ladro nota qualcosa che si muove nel fiume poco sotto la superficie dell’acqua. Appena il tempo di smontare da cavallo e avvicinarsi alla riva spadino in pugno che un enorme coccodrillo assalta Gold; subito tutto il gruppo riversa i suoi attacchi sulla bestia ma questa riesce a chiudere le sue poderose fauci sulle zampe del cavallo del ladro trascinandoselo nell’acqua, quando il mostro viene ucciso ormai anche il palafreno galleggia esanime trascinato dalla corrente. Dopo la mattinata intensa i nostri si fermano per il pranzo sotto una pioggia sempre costante. Mentre mangiano si comincia a sentire quella che sembra una filastrocca cantata da una bambina che piano piano si fa sempre più vicino. Gold come al solito parte furtivo in avanscoperta per individuare una bambina di una decina di anni che con un paniere raccoglie fiori sotto la pioggia battente… la cosa strana è che non sembra minimamente bagnata. Il ladro incuriosito segue di nascosto la piccola la quale si avvicina al bivacco del gruppo attaccando discorso con Alejandro chiedendo notizie sull’identità della compagnia e sui suoi propositi in questa zona. Fatte le dovute presentazioni si scopre che la bambina si chiama Annette, che ha dodici anni e che è probabilmente una aspirante maga, oltretutto piuttosto sveglia e dotata di uno spiccato spirito di osservazione visto che era fin dall’inizio consapevole del ladro nascosto che la pedinava. Poco convinti dell’ingenuità della bambina e particolarmente impressionati dal fatto che rimanga asciutta nonostante il diluvio i nostri decidono di portarla con sé (anche su insistenza della stessa bambina) per cercare di scoprire qualcosa di più. Annette pare avere una particolare predilezione per il mago mentre mantiene un atteggiamento piuttosto ostile verso Briagenn, Padre Ivan e Lorien; quindi sale a cavallo con Alejandro chiacchierando amabilmente della sua famiglia (apparentemente tutta di maghi) e dei sui studi arcani fino a che, dopo pochi minuti dalla partenza, si interrompe improvvisamente facendo notare al gruppo ignaro che c’è qualche essere che li sta seguendo. In quello stesso momento una creatura amorfa completamente composta d’acqua si erge dal letto del fiume oltrepassando gli altri elementi del gruppo e scagliandosi su Alejandro (o forse sulla bambina), il mago riesce a schivarla e a smontare da cavallo mettendo al riparo la bambina mentre il resto della compagnia si scaglia sul muro d’acqua, i dardi dei maghi sibilano colpendolo e le spade fendono il suo corpo liquido; sfortunatamente i nostri eroi scoprono ben presto che solamente le armi magiche sono efficaci sul mostro e la lotta è più dura del previsto ma il Carretto Impennato dando fondo a tutte le proprie risorse riesce ad avere ragione della creatura senza subire grossi danni. All’imbrunire i compagni giungono ad una Ilyakana completamente deserta e piena di cadaveri dove notano una figura che si aggira tra di essi nell’apparente tentativo di depredarli; quando l’individuo si gira lo riconoscono come il capitano Kalanos il quale però si scaglia contro il gruppo con la bava alla bocca e lo sguardo acceso dalla follia. Dopo una prima carica il capitano scappa nel bosco inseguito dal ladro che, grazie alla sua agilità, riesce a raggiungerlo, stordirlo e riportarlo dai compagni. Durante la notte, con la pioggia che continua a cadere copiosa, i nostri hanno uno strano incontro con uno sconosciuto nobiluomo che a quanto pare è un parente della piccola Annette (probabilmente il nonno) venuto a riprendersela; la bambina non sembra contenta ma, consapevole di aver combinato una marachella uscendo senza il permesso dei suoi, si consegna senza troppe storie al vecchio che senza troppi convenevoli sparisce con la piccola lasciando dietro di sé una creatura del tutto simile a quella d’acqua uscita dal fiume quello stesso pomeriggio con l’unica differenza che invece di esser liquida è interamente composta di fuoco. I nostri un po’ intimoriti si preparano ad uno scontro che presumono essere mortale viste anche le loro esigue energie residue ma l’elementale del fuoco non li considera minimamente andando a piazzarsi sul falò del campo trasformandolo così in una colonna di fiamme alta tre metri… evidentemente il nonno di Annette è tutto sommato contento del trattamento che il gruppo le ha riservato e ha inteso lasciare una guardia notturna per permettere alla compagnia di riposarsi tranquillamente. La mattina svegli, riposati e pienamente operativi, il fuoco ormai spento, i nostri si dedicano alle cure del povero capitano che grazie ai trattamenti del buon Nikelnevich riacquista un minimo di senno riuscendo a descrivere il massacro che pare sia avvenuto la sera prima dell’attacco a Sukiskyn con pochi sopravvissuti e diversi prigionieri; l’unica altra cosa che Kalanos sa dire è che i covi di tutte e tre le tribù goblins non sono molto lontani da Ilyakana in direzione sud-est e che nei dintorni ci sono altre fattorie probabilmente razziate anch’esse dai pelleverde. A questo punto il Carretto Impennato, lasciando il capitano al proprio destino, decide di dirigersi verso la più vicina di queste fattorie in cerca di ulteriori indizi. Dopo un breve viaggio, avvicinandosi alla fattoria di Cherkass, la compagnia nota un’alta colonna di fumo levarsi dalle colline distanti una quarantina di chilometri mentre si rende conto che anche questa tenuta è stata devastata dai mostri probabilmente prima ancora di Ilyakana: un vero e proprio tappeto cadaveri di uomini e goblins misto a ceneri e rovine si estende davanti agli occhi del gruppo che, non trovando ulteriori tracce, decide di dirigersi senza indugio verso il fumo sulle colline. Il tragitto in aperta pianura non subisce interruzioni ma il tempo inclemente continua a bagnare i nostri eroi che ormai sono esasperati dalla pioggia. La mattina del 15 di Thaumont vede il gruppo giungere sul posto da cui saliva il fumo per trovare l’ennesima fattoria in cenere piena di cadaveri attaccata probabilmente tre o quattro giorni prima; nella consueta ricerca di indizi viene trovato un goblin semimorto che spogliato, legato e poi curato viene interrogato senza troppi riguardi. Rianimato e brutalmente minacciato il mostro è più che ansioso di collaborare: appartenendo alla tribù Teschio Lupo è disposto a condurre i nostri nel covo di una delle tribù rivali, nella fattispecie quella delle Vipere. Si avvicina finalmente il momento dello sterminio dei goblins? O forse quello della fine del Carretto Impennato? Riusciranno i nostri eroi a fronteggiare una tribù intera nella sua tana?

XXVI

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: LE MORTE D’JACOB

Ovvero DI COME UNA CHIMERA SIA POCO MA DUE SIANO TROPPE

…E’ qui che il glorioso Re Artù fu sepolto, l’epitaffio recita: “HIC JACET ARTURUS REX QUONDAM REXQUE FUTURUS” (qui giace Artù, re un tempo e re in futuro)

Le Morte d'Arthur Affrontare mostri tutti i giorni e spesso anche più volte al giorno fa parte del lavoro dell’avventuriero ma a volte, un po’ per la foga del momento, un po’ per non avere avuto tempo sufficiente a recuperare le forze, si cerca di risolvere lo scontro il più velocemente possibile magari attaccando frontalmente a testa bassa, questo porta di frequente ad esiti sgraditi… Piove… Piove ancora… Piove sempre… Sono diversi giorni che non smette di piovere e la Compagnia del Carretto Impennato durante tutto questo tempo è stata all’aperto e in viaggio, ormai talmente abituata all’acqua che qualche membro sembra stia cominciando a sviluppare le branchie. I nostri eroi sono alla sequela del goblin catturato nell’ultima fattoria visitata il quale dovrebbe condurli al covo della tribù delle Vipere ma il mostriciattolo, dopo una mezza giornata di cammino, sembra non avere più le idee molto chiare… che si sia perso? Il nano a questo punto, su suggerimento dei compagni, coglie l’occasione per raccomandare alla repellente guida di non portarli direttamente nel covo ma in un luogo da cui si possa vederne l’ingresso per avere così una panoramica della situazione;. qualche attimo ancora di smarrimento e poi il cammino prosegue con il gruppo un po’ dubbioso sulle capacità di orientamento del goblin. Arrivati in prossimità di una radura Gold grazie al suo udito acuto si accorge di un rumore; andando in avanscoperta nascosto dagli alberi osserva nello spiazzo una disgustosa bestia con tre teste una di capra, una di drago e una di leone, la parte anteriore del corpo di leone, la parte posteriore di capra, ali e coda di drago: la chimera ignara, poco distante da un buco nel terreno più o meno delle sue dimensioni (verosimilmente la tana), sta banchettando su un grosso alce. Legato il goblin ad un albero la compagnia si prepara alla battaglia nascondendosi in semicerchio intorno alla radura. Una volta posizionati, al segnale convenuto, cominciano a bersagliare con armi a distanza e incantesimi il mostro colto alla sprovvista mentre chierico e guerriero si preparano a caricarlo. Subito dalle fauci di drago scaturisce una vampata di fuoco che investe Fantasma e Ivan; a questo punto lo stesso chierico e Jacob arrivano in carica fiancheggiando la bestia mentre Gold le giunge di nascosto alle spalle mancandola però clamorosamente due volte. Adeguandosi ai compagni il nano lascia andare la balestra che stava impugnando e carica la chimera affondando l’ascia nelle sue carni ma subendo ancora gravi ferite dai suoi artigli mentre Lorien e Beregar continuano a bersagliarla dalla distanza. Vistasi circondata la creatura tricefala spicca un balzo aiutandosi con le ali di drago e si posiziona alle spalle del ladro mordendolo con la testa di leone e soffiando di nuovo una vampa di fuoco che investe stavolta i quattro in corpo a corpo riducendo Fantasma in fin di vita appena prima che i compagni la circondino nuovamente, stavolta con il guerriero alle spalle e il ladro davanti. La bestia è vicina alla fine, Gold per paura dell’ennesimo soffio infuocato le salta in groppa colpendola sul dorso ma viene sbalzato in terra e ferito dalle sue zampe, il Lesina (che lesina le cure ma non le mazzate) e Jacob affondano due colpi poderosi; il nano, schivando gli artigli che sarebbero risultati per lui mortali, con le ultime energie assesta il colpo letale. Usciti a fatica dallo scontro i nostri provvedono alle necessarie cure e alla perquisizione della tana (un breve tunnel che sbuca in una grotta) in cui rinvengono ben 700 MO. Tirato fuori il malloppo dalla tana, sempre sotto il temporale, la compagnia si prepara ad accamparsi per il pranzo quando il ladro (particolarmente all’erta oggi) percepisce un lontano sbattere d’ali; mentre gli altri riprendono la formazione in cerchio intorno alla radura nascosti nella boscaglia Gold si arrampica su un albero e scorge una seconda chimera che sta arrivando in volo. Appena la bestia si posa vicino alla tana viene assalita da tutto il gruppo e ferita gravemente quindi pensa bene di alzarsi in volo e scappare tornando dopo pochi minuti per infilarsi direttamente nella tana. Con sommo sprezzo del pericolo Jacob e Padre Nikelnevich si gettano nella tana sulla testa della chimera ingaggiando una mischia furiosa, seguiti dal ladro e, dopo qualche titubanza, dal nano. I quattro sono sufficienti a sconfiggere questa seconda bestia ma con le ultime forze il mostro porta con sé nella tomba il buon Jacob Kromion.

XXVII

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: TENEBRA CONTRO LUCE Ovvero

DI COME ADESSO TUTTI SAPPIANO CHE GLI ALTRI SANNO MA SEGUITINO A FAR FINTA DI NULLA

- Ehm ma…co…mani in alto questa è…mh…o la borsa o la vita! - - La vita! - […] - La vita? - - La vita. - - Allora sparo? - - Spara - […] - Sparerò… DTVVVVH - - Buonasera. -

Madonna che silenzio c’è stasera Recita un adagio in voga nel Granducato: Il destino è quel che è, non c’è scampo più per me a voler significare che il destino di una persona non è facilmente modificabile, figurarsi quando è stato già cambiato una volta in maniera così radicale e profonda da mutare l’essenza stessa dell’individuo; si può forse illudersi per qualche tempo di essere riusciti a piegarla ma quando uno meno se l’aspetta la natura torna a presentare il suo conto. Avevamo lasciato il Carretto Impennato, reduce da un duplice scontro con delle chimere, al triste compito di dare degna sepoltura ad un compagno morto. Il fu Jacob infatti, fedele al suo orgoglio di guerriero, aveva sempre ripetuto agli amici di non voler essere riportato in vita in caso di sua prematura dipartita e a questa sua disposizione si attiene il gruppo ripulendo la tana delle chimere per farne una cripta degna del de cuius. Una volta finiti i preparativi e ricomposto il corpo (non senza averlo depredato dei suoi averi, perché va bene il rispetto dei morti, ma gli oggetti servono di più ai vivi per restare tali) i nostri eroi si apprestano ad uscire all’aperto quando il ladro, il primo a presentarsi sotto l’ingresso della tana/cripta, nota che dal varco non proviene nessuna luce. Scartando subito l’ipotesi che il sole sia già calato, dato che da poco è passata l’ora di pranzo, Gold si arrampica velocemente ed esce dal buco per ritrovarsi, invece che nella radura della battaglia con le bestie tricefale, nel corridoio di un dungeon completamente buio rischiarato adesso dalla propria torcia. Il passaggio, dalla sezione quasi quadrata, è pavimentato con grosse pietre regolari che formano anche muri e soffitto ed è alto circa due metri e mezzo, prosegue per una decina di metri davanti al ladro per svoltare poi sulla destra. Ancora basito [F4] per essersi ritrovato in questo luogo sconosciuto, raggiunto dal resto del gruppo, Gold coglie al limite del raggio luminoso della torcia l’immagine fugace di una piccola treccia bionda che sparisce subito dietro l’angolo dove il corridoio svolta; realizzando che dove c’è una treccina ce ne possono essere due e collegando il tutto alla strana bambina incontrata non molto tempo addietro, il nostro ladro si avvicina all’angolo del corridoio quasi certo di trovare Annette che l’osserva divertita e invece i suoi riflessi lo salvano da una grossa clava che si abbatte sul pavimento passando dove qualche istante prima c’era la sua testa. Nel corridoio fa la sua comparsa un grosso orco che a stento riesce ad entrarvi ingobbito con un enorme randello in mano. Il nostro borsaiuolo non si perde d'animo e per evitare i colpi poderosi del mostro si getta sotto le sue gambe passandogli alle spalle con tutta l'intenzione di girare l'angolo all'inseguimento della bambina (che ormai è convinto di aver visto) confidando che i compagni siano più che sufficienti ad aver ragione del bruto; una brutta sorpresa però l'aspetta: un altro orco si para davanti a lui. Nel frattempo il mago Beregar acceca il primo mostro con luce perenne (l'ultimo incantesimo rimastogli) mentre il resto del gruppo, chi in mischia chi a distanza, lo attacca con le risorse residue. Gold dietro l'angolo continua a passare più volte sotto le gambe del secondo bestione per evitarne i colpi ma non riesce a sua volta a colpirlo; in uno di questi passaggi scorge due sconosciuti arrivare nel corridoio (all'apparenza un guerriero ed un mago) che senza metter tempo in mezzo vengono in aiuto dei nostri. Il combattimento ha presto fine: la bestia cieca viene uccisa e crolla su Don Lesina il quale rimane bloccato sotto l'enorme corpaccio, mentre l'altro mostro viene abbattuto senza grandi affanni anche grazie all'aiuto dei due stranieri. – Bene allora visto che l'abbiamo abbattuto noi il tesoro è nostro – esordisce il mago sconosciuto. Risuona la corale e fragorosa risata della Compagnia del Carretto Impennato all’unisono. – Al massimo facciamo a metà visto che uno l'abbiamo ucciso anche noi – replicano i nostri. Ne nasce una piccola discussione che ha fine quando il guerriero senza nome con fare spocchioso decide che non vuole perdersi dietro a stupide dispute per un tesoro misero e porta via il suo compare. Liberato Padre Ivan i nostri si dedicano alla raccolta del tesoro con Fantasma a far da guardia per non essere sorpresi da eventuali nuovi incontri. Neanche il tempo di finire la razzia che un altro gruppo più numeroso arriva al cospetto dei nostri: un ladro (riconosciuto da Gold come l'assassino George, membro dell'Anello d'Acciaio) e un mago si fanno avanti seguiti a breve distanza da un chierico in tenuta completamente nera mentre due guerrieri, l'espressione vagamente scocciata, rimangono un po' in disparte. – O LA BORSA O LA VITA! – esordisce George. Di nuovo la risata simultanea dei compagni del Carretto Impennato riempie il corridoio, increduli per la moltitudine di idioti che affolla questo luogo. – LA VITA! Sempre se ci riesci... – replica Gold. Non c'è tempo per discutere stavolta. Il mago nuovo arrivato, con una risata isterica, apre la mano rivelando il palmo contenente una biglia rossa che esplode repentinamente in una palla di fuoco uccidendo, oltre al chierico e ladro suoi compagni, anche Briagenn. Lo scontro prende una piega imprevista. Il corpo della maga dei Belcadiz comincia ad avere strani sussulti mentre una sfera di profonda oscurità scaturisce da esso, nello stesso momento Padre Nikelnevic si accascia con le mani sulla testa avvertendo dolori lancinanti e iniziando a perdere coscienza. Il mago isterico, già bruciacchiato dalla sua stessa magia, viene adesso trucidato da Fantasma, Lorien raccoglie Don Lesina nel tentativo di fuggire temendo quello che sta per succedere e dalla sfera di oscurità fuoriesce una enorme zampa artigliata che si appoggia sul pavimento nel chiaro tentativo di far leva per far uscire il corpo ad essa collegato. Alejandro allora si avvicina all'oscurità ma viene afferrato dalla zampa e scagliato violentemente contro il muro cadendo a terra svenuto sul cadavere dell'orco. Ora un'altra zampa esce dal buio insieme ad una grossa testa demoniaca. – ANNEEEEETTE!! CHIAMA IL NOOONNOOOOOO!!! – grida Gold come in preda al panico svoltando di corsa l'angolo del corridoio. Il Lesina fuori di sé, liberatosi dalla stretta di Lorien, emanando una forte luce bianca attacca e colpisce il demone a mani nude [gridando “FULMINE DI PEGASUUUUUUS!!”] inondando il corridoio con i raggi di luce che si formano dallo scontro. Proprio quando la situazione sembra disperata fa la sua comparsa dal nulla un mago vestito di abiti lussuosi che teletrasporta via prima i guerrieri e di seguito il nano, poi Gold e Lorien mentre lo scontro atavico tra tenebra e luce provoca onde d'urto devastanti che cominciano far collassare il dungeon e fanno cadere svenuto anche Beregar. Il signorile mago torna e si avvicina ad Alejandro che, ripresosi per un attimo, lo riconosce come il suo maestro poi perde nuovamente conoscenza mentre viene teletrasportato via anch'egli insieme al compagno rimasto.

XXVIII

Tutto il gruppo con l'aggiunta dei due guerrieri sconosciuti e del maestro Pivel si ritrova nella radura dello scontro con le chimere, tutti tranne Padre Ivan Nikelnevic e Briagenn Belcadiz, il luogo è sconvolto da forti scosse telluriche fino a che quattro sfere di luce e altrettante di oscurità escono dal suolo disperdendosi nel cielo e un'esplosione sconquassa il terreno. Adesso è calma piatta, i nostri momentaneamente sordi per il boato e ciechi per la nube di polvere sollevata. Diradatasi la nube la devastazione appare ai loro occhi, dov'era la tomba di Jacob adesso c'è un cratere nel mezzo del quale giacciono i corpi svenuti di Ivan e Briagenn. – Forse questa faccenda è più grande di voi e forse no – dice il maestro Pivel ad Alejandro. – Se volete quantomeno tentare di gestirla al meglio vi dovete recare a Glantri. Ah… a proposito… lasciate perdere la bambina... Annette... quella sì che è una faccenda più grande di voi – pronunciate queste parole il mago sparisce. Ancora un po' scossi dall'intera faccenda i compagni non perdono comunque il loro proverbiale opportunismo e presentano il conto ai guerrieri dell'altro gruppo rimasti. Uno dei due (un certo Boris Corrigan) va via lasciando il proprio denaro e i propri stivali magici promettendo vendetta mentre l'altro, Erik Foks (mai troppo contento dei suoi precedenti compagni), decide di unirsi alla Compagnia del Carretto Impennato che lo accetta “in prova”. Il goblin che faceva da guida per il covo delle Vipere viene trovato morto quindi i nostri decidono di non rimanere nel luogo del misfatto viaggiando per un'ora con i corpi dei compagni svenuti sulle spalle prima di accamparsi. La mattina, ristorati da una buona notte di sonno con Briagenn e Ivan svegli ma con seri problemi sia di salute fisica che mentale, il gruppo torna al cratere in cerca di tracce che li conducano alla tana dei goblins (vista la perdita della guida) trovandone oltre a queste anche diverse altre di umani e cavalli su tutta l'area. Le tracce dei goblins conducono ad un costone di roccia nel quale si apre l'ingresso di una caverna. Il ladro parte in avanscoperta seguito dall'elfa (che ormai non può più starne lontano) esplorando l'accesso in cerca di trappole che puntualmente trova e disattiva, di seguito vengono gli altri che passano avanti proseguendo nel budello largo pochi metri e imbattendosi in due pantere distorcenti. Lo scontro dura pochi secondi perché il nuovo membro del Carretto Impennato mena fendenti poderosi abbattendo rapidamente la prima e con l'aiuto dei compagni anche la seconda (rischiando pure di colpire Gold che come al solito le era balzato in groppa). Uccise le bestie i nostri avanzano nel cunicolo, raggiungono un bivio, svoltano a destra e giungono in una grotta dove li attendono quattro cani che banchettano sul cadavere di una pantera distorcente; il combattimento che ne segue è più arduo del previsto perché i cani non sono normali animali ma hanno la capacità di teletrasportarsi vicino alla preda, mordere e poi riapparire a distanza, però la Compagnia avvezza a superare le difficoltà e con Erik ormai membro definitivo viste le sue grandi doti di combattente, riesce infine ad avere ragione dei cani intermittenti. Essendo stato questo un vicolo cieco, i nostri tornano al bivio svoltando a sinistra dove si imbattono in una stanza piena di goblins Lama Rossa che vengono sterminati in pochi secondi grazie anche all'incantesimo sonno del nobile Caldwell che ne addormenta otto. Il budello prosegue dopo la stanza dei goblins giungendo in una grande grotta dove il gruppo viene attaccato da otto topi-ragno che non offrono grossa resistenza permettendo così ai compagni di occuparsi subito della raccolta dei tesori: un rubino posato su un cuscino e una cassa. Gold si dedica all'apertura della cassa ma inavvertitamente fa scattare la trappola sulla serratura che fa esplodere il rubino (che evidentemente non era tale) colpendo quasi tutti i compagni intorno; aperta la cassa seppur subita la trappola adesso il Carretto Impennato può dedicarsi alla sua attività preferita. Esplorato il covo dei Lama Rossa e non trovato quello che cercavano dove si dirigeranno i nostri eroi? Proseguiranno nella ricerca di Stephan o seguiranno il consiglio del maestro Pivel di recarsi a Glantri?

Il Gazzettino di Specularum

Ormai le voci corrono di città in città, di mercato in mercato, di bocca in bocca; chiacchere vere e gonfiate per far presa sull'ascoltatore, gonfiate talmente tanto che non sanno più di verità. Una cosa è certa Alfheim è caduto sotto le grinfie degli Elfi Scuri i cosidetti "cugini" che tanto parenti non si sono dimostrati. Hanno invaso il regno, hanno scacciato buona parte degli elfi e l'altra parte l'hanno trucidata selvaggiamente; si dice che i corpi degli elfi uccisi siano stati impalati lungo le vie

principali del regno e intorno alle città, come monito, e che, il sangue dei morti gli elfi scuri lo usino per dipingere quadri che abbelliscono le loro nuove case. Cosa ancor più grave, che agli occhi dei più passa inosservata, è la totale indifferenza degli altri stati… nessuno ha mosso un dito per aiutare gli elfi… nessuno ha cercato di impedire questo cataclisma. Darokin si è trovata decine di migliaia di elfi lungo i propri confini in cerca di una nuova dimora, li ha fatti entrare certo ma li sta anche cacciando via in fretta perchè le dispense del

regno non potrebbero sopportare per molto un così sostanziale aumento di popolazione. Glantri, almeno in apparenza non ha rivolto un singolo incantesimo contro questa follia, al contrario se ne è rimasta a guardare dentro i propri confini gli avvenimenti che si succedevano tristi ma inesorabili e non farà entrare nemmeno un profugo sulle proprie terre. Gli altri stati idem hanno tutti voltato le spalle, chi più chi meno, agli elfi… solo per salvaguardare i propri regni… bel gesto, ma come biasimarli, gli elfi sono sempre stati

molto isolati all'interno delle loro terre ed adesso il loro numero è veramente impressionante. Si dice che, stanchi di chiedere aiuto a chi non è interessato a darne, stiano organizzando delle sortite dentro Alfheim ma per ora solo gli elfi oscuri passeggiano per quelle terre, terre che fino a poco tempo fa erano verdi e rigogliose e che oggi solo gli dei sanno a cosa assomigliano.

Catelin Rucescu

XXIX

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: LAMENTO PER GOLD Ovvero

DI COME SFIDARE SEMPRE LA SORTE A VOLTE PAGHI MA ALLA LUNGA PORTI GRAVI CONSEGUENZE

…Si rivolse alla Compagnia. - Dovremo fare a meno della speranza - disse - può darsi che un giorno almeno saremo vendicati. Facciamoci coraggio, e freniamo il pianto! Venite! Ci attendono una lunga strada e molte cose da fare -.

Il Signore degli Anelli: La Compagnia dell’Anello La rapidità di azione può essere molto utile ad un avventuriero per cogliere alla sprovvista i nemici finché è moderata da una certa intelligenza tattica, quando è accompagnata da irruenza, imprudenza e troppa fiducia nella propria buona sorte diventa molto pericolosa per la propria salute e a volte anche per quella dei compagni. Giorno 17 di Thaumont. La Compagnia del Carretto Impennato ha appena finito di ripulire il covo dei goblins Lama Rossa non trovando tracce di Stephan ma recuperando una mappa che indica il covo della tribù delle Vipere; i nostri stanno già allestendo un accampamento in una radura vicino al covo per riposarsi nonostante sia passato da poco mezzogiorno data la loro scarsità di risorse sia magiche che fisiche; preparandosi per una volta con tutta calma, tra le cure del chierico e la preparazione del campo e del pasto arriva presto l’ora di coricarsi. Durante il suo turno di guardia Gold osserva i compagni… Don Nikelnevic finalmente dorme tranquillo, profondamente, il ladro ignora il sogno che sta facendo: sogna il patriarca Sharlane in contesti diversi ma in tutte le scene l’invito ricorrente è di tornare presto; il sonno di Briagenn di contro è molto agitato costellato da incubi pieni di aggressioni e agguati tutti ad opera di mostri. Mentre li sorveglia la mente del malandrino ripercorre la giornata precedente, l’epico scontro luce-tenebre e la fuga col maestro Pivel; lo sguardo poi si posa sul silenzioso nuovo arrivato (insieme al quale sta facendo la guardia) e la mente pensa all’altro guerriero che è andato via minacciando vendetta, un certo Boris Corrigan… – Corrigan… Corrigan… dove ho già sentito questo cognome… MALEDIZIONE! MA CERTO! E’ CUGINO DEL DUCA STEFANO DI KARAMEIKOS! STUPIDO STUPIDO STUPIDO! CHE OCCASIONE PERSA! CHISSA’ CHE RISCATTO AVREI POTUTO CHIEDERE! – pensa Gold non preoccupandosi minimamente dell’entità del castigo che il Duca potrebbe infliggere al gruppo. Improvvisamente il ladro viene strappato ai propri pensieri da alcuni rumori provenienti dal bosco. Erik sembra non essersi accorto di nulla ma, proprio mentre viene messo a conoscenza della situazione e i due cominciano a svegliare gli altri, i rumori si fanno udibili e distinti in tre diversi punti della boscaglia: escono allo scoperto tre elfi scuri, due armati di pugnale e uno che mormora una qualche formula magica svanendo nel nulla. Senza nemmeno una parola comincia lo scontro; Gold è il più veloce e ne ferisce uno col suo spadino, questi arretra e gli lancia un dardo incantato; mentre il resto dei compagni si alza dai giacigli da tre punti diversi del bosco altri dardi incantati si abbattono sui maghi del Carretto, il ladro incalza l’elfo scuro ferito e lo uccide. La battaglia si fa difficile, Beregar con la cerbottana manca il bersaglio mentre padre Ivan lo cura completamente, anche Alejandro manca il colpo con la fionda mentre Lorien ferisce un elfo con un dardo incantato ma viene ferita a sua volta dal pugnale di questo. Dal bosco escono altri tre elfi scuri all’attacco sui maghi che vengono feriti coi pugnali; Briagenn lancia anch’ella dardo incantato, Fantasma e Gold non riescono a colpire mentre Erik uccide uno “scuro” con un colpo solo e don Lesina prosegue le sue sedute di cura su Alejandro risanandolo completamente. Lo scontro è duro, rimangono quattro elfi scuri, uno ferito viene ucciso da un colpo d’ascia del nano; gli altri tre grazie alla loro agilità e alla poca fortuna dei nostri riescono a evitare lesioni gravi mentre piano piano fiaccano le resistenze del gruppo. Uno degli elfi rimasti tira l’ennesimo dardo incantato sul ladro ferendolo gravemente ma padre Nikelnevic accorre subito a curare l’amico sebbene non completamente; Gold per tutta risposta colpisce lo scuro dardeggiatore quasi a morte, morte che sopraggiunge subito dopo grazie al colpo di fionda di Alejandro mentre il chierico prosegue le cure sul ladro. I due elfi ancora in vita pensano bene di ritirarsi e fuggire nel bosco seguiti subito da Gold ed Erik: il guerriero viene seminato ma il ladro grazie al suo udito fino riesce a seguire i movimenti dei due; troppo sicuro di sé viene attirato in un agguato e, pur parando il primo assalto, il secondo gli è fatale, colpito da entrambi stramazza a terra in una pozza di sangue. Udito il clangore delle armi il guerriero accorre rapidamente ma non abbastanza per salvare il compagno, nel frattempo arriva anche Lorien che rimane sconvolta alla vista del cadavere di Gold ma, trattenendo con rabbia le lacrime, cerca e trova le tracce dei due scuri e capisce che sono scappati saltando di ramo in ramo. Ritornati all’accampamento con il corpo dell’amico (senza equipaggiamento evidentemente sottrattogli dagli elfi scuri), tristi per l’accaduto, seppelliscono rapidamente il ladro tornando poi a dormire sorvegliati adesso dal nano e dalla maga. La mattina del 18, fatto un rapido giro di perlustrazione nei dintorni, viene ritrovato lo zaino del ladro e la sua borsa conservante con alcuni oggetti comuni ma non c’è traccia dei suoi oggetti magici. Costruita una lapide per Gold con le belle armature degli elfi scuri, il Carretto Impennato riparte alla ricerca della tana delle Vipere guidati dall’elfa col lutto al braccio (era molto legata al ladro), l’unica un po’ esperta delle zone boschive, ma girano tutto il giorno senza trovare niente. Durante la notte seguente padre Ivan Nikelnevic si gira nel proprio giaciglio in preda a un incubo… un vecchio viene inseguito da una qualche bestia indefinita poi viene raggiunto in un vicolo buio e artigliato a morte… Passata da poco l’alba un prete di mezz’età abbastanza alto, dal fisico asciutto ma apparentemente forte, non bello, vestito di un povero saio e con i sandali ai piedi, si aggira scocciato per i vicoli dell’isola di Fogor sul Vecchio Fiume Ventoso nella città de La Soglia. Anton Popescu, questo il suo nome, sta pensando a come sarebbe bello in questo momento essere nel bosco a meditare godendo della natura invece di impegnarsi per la sua chiesa in faccende che ritiene inutili serrato nei vicoli stretti della

città. Immerso in questi pensieri si ritrova in un vicolo sconosciuto dal quale non era mai passato, mentre cerca di orientarsi oltrepassa un vecchio barbone ubriaco disteso per terra ma si accorge che non è un barbone ubriaco ma un vecchio ferito a morte; qualcosa di molto simile ad un grosso artiglio gli ha aperto la pancia lasciandolo in un lago di sangue. Il vecchio sta ancora stringendo qualcosa nella mano destra. E’ una piccola piastra quadrata di metallo su cui è inciso un serpente forato in sei punti lungo la coda. Perquisendo il cadavere del povero vecchio Anton trova anche una pergamena, in parte stracciata e macchiata di sangue, che sembra contenga le ultime riflessioni di un certo Ankin. Riusciranno i nostri eroi a trovare il covo delle Vipere e recuperare Stephan? Chi era il vecchio morto nel vicolo e cosa avrà a che fare con la compagnia?

XXX

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: IL CULTO DI VELENOM Ovvero

DI COME SIA PIU’ DIFFICILE DECIFRARE UN MESSAGGIO INSANGUINATO CHE STERMINARE UNA TRIBU’ DI GOBLINS Un gruppo di avventurieri, specialmente alle prime esperienze, tende sempre ad ottimizzare le proprie risorse per il combattimento perché l’obiettivo primario è la sopravvivenza; questo però di solito va a scapito delle capacità diplomatiche e investigative e il gruppo in questo modo trova difficoltà nel portare a termine missioni in cui non si tratti semplicemente di sterminare mostri. Mattina del 20 di Thaumont. Il Carretto Impennato dopo una giornata intera passata alla disperata ricerca del covo delle Vipere, non essendo riuscito a cavare un ragno dal buco e non riuscendo l’elfa ad orientarsi sulla mappa dei goblins (un po’ perché pare disegnata da un bambino di tre anni, un po’ perché ancora scossa dalla morte di Gold) decide di seguire il fiume Scendimonti verso nord in direzione di Kelvin in un ultimo tentativo di attirare qualche pelleverde allo scoperto. Il cielo è coperto e, nonostante ancora non piova, non troppo distanti si avvertono tuoni e lampi; alcuni strani pesciolini luminescenti accompagnano i nostri nel cammino lungofiume destando poco più che qualche perplessità. Una pioggia scrosciante comincia a cadere copiosa sulla compagnia che decide di accamparsi presto visto anche che il temporale ha anticipato in qualche modo il crepuscolo. Durante la notte il sonno di don Lesina è di nuovo disturbato dall’incubo del vecchio sventrato nel vicolo e il nostro chierico si sveglia di soprassalto, sudato nonostante la pioggia, scuotendo anche il nano (caduto in un leggero torpore durante la guardia) e Lorien (ancora sveglia a notte fonda intenta a costruire un riparo con scaglie di drago e fogliame); i tre notano un bagliore giallo come di fuoco nel bosco che apparentemente si sta avvicinando al bivacco, Fantasma decide di passare all’azione e scoprire da dove provenga lo strano chiarore. Spingendosi nella vegetazione il nano nota una roccia che potrebbe offrire un ottimo riparo naturale dalla pioggia, facendo mente locale della posizione del rifugio Fantasma avanza ancora per scoprire che il bagliore è emanato da una grossa bestia lucertoloide lunga circa sei metri ricoperta di scaglie rossastre (all’apparenza incandescenti giudicando dal vapore che la pioggia produce cadendo su di esse) che prosegue in direzione dei nostri. Il nano torna indietro non visto dal mostro e avverte i compagni che si preparano alla battaglia chi salendo su un albero (Briagenn), chi arretrando pronto a colpire a distanza (Alejandro e Beregar), chi attirando la bestia allo scoperto preparandosi al corpo a corpo (tutti gli altri). Il calore emanato dalla salamandra del fuoco è tale che i compagni che l’attaccano in mischia subiscono scottature pur non toccandola direttamente ma nonostante questo i nostri riescono ad uccidere il mostro senza subire perdite. Mentre la salamandra viene portata all’accampamento per godere del tepore che tuttora sprigiona, il nano fa per ritornare nel bosco per esplorare la roccia che aveva notato ma i maghi lo fermano perché, proprio da quella direzione, proviene una grossa energia magica; tutti insieme i compagni decidono di andare a esplorare il possibile riparo ma proprio lì si apre un portale. Nel frattempo sull’isola di Fogor Anton piegato sul cadavere del vecchio sventrato cerca di scoprire qualche informazione in più e osservandone bene il volto lo riconosce come un sacerdote in passato frequentava la chiesa ufficiale di La Soglia ma che una volta “in pensione” aveva deciso di seguire un qualche altro tipo di sconosciuto credo religioso. Non trovando altri indizi sul cadavere padre Popescu decide di andare a chiamare le guardie al ponte e ne conduce una sul luogo del delitto. La guardia riconosce il vecchio come Ankin un ex sacerdote della chiesa ufficiale che adesso fa parte di una setta malefica e chiama lo sceriffo che interroga Anton il quale racconta di come si è imbattuto nel cadavere evitando però di menzionare gli oggetti rinvenuti su di esso. Risposto alle domande dello sceriffo il Vicario finisce rapidamente le commissioni per conto della chiesa e attraversa il ponte dell’isola di Fogor per tornare alla cattedrale in cerca del barone Halaran patriarca de La Soglia. Nello stesso momento davanti ai nostri eroi dal portale nel bosco esce arretrando un uomo in armatura che trascina un grosso sacco spinto da altri due, anch’essi in armatura, tutti con il simbolo di un grifone: fanno parte dell’Ordine del Grifone, l’ordine di chierici guerrieri della chiesa di Karameikos. Uno dei tre recita un incantesimo da una pergamena e fa chiudere il portale mentre gli altri fanno le presentazioni. Constantine, Ektor e Dimitri, questi i loro nomi, appreso con ansia della caduta di Alfheim dopo essere stati alcune settimane del piano elementale del fuoco, rapidamente si teletrasportano a La Soglia lasciando in prestito alla compagnia (decisa anch’essa a tornare a casa visti gli incubi del chierico che sanno tanto di premonizioni) un tappeto volante per tornare il più rapidamente possibile. Volando sull’incredibile mezzo dopo poche ore all’imbrunire i nostri si trovano al portone della città vagliati dalle guardie che li lasciano passare dopo un breve interrogatorio. Mentre ognuno si dirige alla propria dimora don Lesina chiede udienza al barone Halaran per parlargli dei suoi incubi trovando già i tre chierici dell’Ordine del Grifone a conferire con lui e padre Anton Popescu in attesa. Finito di discutere con Constantine, Ektor e Dimitri, il barone accoglie contemporaneamente Anton e Ivan ascoltando le storie di uno e dell’altro che si scopre sono stranamente coincidenti e li liquida rapidamente e ordina loro di indagare congiuntamente sulla morte di Ankin. La mattina del 21 di Thaumont mentre il resto della compagnia è impegnata a vendere gli oggetti raccolti durante l’avventura e a cercare maestri per addestrarsi nelle armi e imparare nuovi incantesimi, il curato Nikelnevic accompagnato dal vicario Anton e da un attendente dello sceriffo si dirigono ancora sull’isola di Fogor a casa del defunto Ankin alla ricerca di indizi. La casa è molto povera e non si trovano indizi degni di nota tranne una libreria piena di testi sacri: sembra che effettivamente il vecchio prete si fosse affiliato al Culto di Velenom, una setta dedita all’adorazione di una divinità legale quindi in teoria non malefica come prospettato dalla guardia. Chiedendo informazioni ai vicini i due chierici-detective riescono a trovare il tempio di Velenom sito sempre nell’isola di Fogor, una semplice casa a due piani con l’unica particolarità di avere due grosse lanterne appese ai lati della porta. Aiutati da un’arzilla vecchietta vicina di casa i nostri riescono ad entrare ed esplorare il tempio trovando i registri del culto; esaminando questi registri si scopre che anche Oswald, Mitrem ed Argon (menzionati nella lettera insanguinata) facevano parte del culto e Shime (anch’egli menzionato nella lettera) era da poco un adepto. Ivan e Anton a questo punto si dirigono al registro cittadino per trovare l’ubicazione delle case dei seguaci menzionati nella lettera; trovano quelle di Oswald, Mitrem ed Argon (che vengono perquisite senza trovare traccia né di indizi né dei tre) mentre Shime non è menzionato da nessuna parte. Finita la giornata di ricerche ai nostri si prospetta una notte di meritato riposo che però viene disturbato dall’ennesimo sogno… Dal cielo si vede una città… Il volo prosegue verso una montagna dalla forma di rapace… Un boato, forse un tuono, la montagna si crepa e ne esce del fumo, voragini si aprono sul fianco e lava fuoriesce da esse… Il volo si interrompe e la caduta nella lava è improvvisa… Affondando nel magma si sentono tragici lamenti… Il risveglio la mattina del 22 è brusco e sudaticcio e i nostri scoprono di aver fatto lo stesso sogno. Mentre Briagenn, Lorien, Fantasma, Alejandro e Beregar sono intenti ad allenarsi, i due chierici continuano le indagini intuendo le parti mancanti (o coperte dal sangue nella lettera) e si dirigono al vecchio cimitero alla ricerca della tomba di Evander; la città adesso è tappezzata di manifesti affissi dal barone in cui si chiedono informazioni su dieci membri ecclesiastici del Culto di Velenom e quindici cittadini comuni scomparsi. Durante il tragitto verso il cimitero i nostri passano per il mercato rallentando per la folla, cogliendo quindi le parole di un pastore che racconta di un terremoto avvenuto alla Guglia del Nibbio, una montagna a nord de La Soglia; considerando i possibili punti di contatto tra il racconto del pastore e la propria visione onirica i due chierici prendono nota mentalmente del fatto e proseguono il loro cammino. Arrivati al cimitero cominciano a setacciarlo in cerca della tomba di Evander; il posto è grande e la ricerca occupa tutta la giornata e la mattinata seguente senza però dare esiti positivi: la lapide in questione non è qui. Abbandonata la faccenda dei goblins, abbandonati Pyotr e Stephan, riusciranno i nostri eroi a venire a capo della morte di Ankin?

...Exintarvul si trovava di fronte all'elfa, la guardava dall'alto in basso e rifletteva su come l'avrebbe uccisa...di contro anche l'elfa stava pensando a dove avrebbe sferrato il primo colpo, sul ginocchio sinistro o direttamente sul cranio... Tylius apparve in mezzo ai due contendenti, bloccò i loro polsi e ricordò loro: - Signori ricordatevi che state combattendo per la stessa causa, quindi eviterei spiacevoli episodi, non vorrete che Lord Syrath si scomodi dalla sua isola per voi..vero?. - I due raffreddarono i bollenti spiriti e abbassarono le armi e la guardia, distolsero lo sguardo l'uno dall'altra, in fondo sapevano chi era Syrath. L'elfa scura si appoggiò in maniera composta al suo martello in attesa di ordini, Exintarvul si voltò, mentre sistemava il mantello sulle spalle scheletriche.

XXXI

Tylius da sotto la tesa del suo immancabile cappello nero aspettò qualche istante prima di parlare: - Il primo passo è compiuto signori miei, e devo dire che è stato più semplice di quello che pensavo, Garafaele adesso puoi organizzare le tue truppe e iniziare la conquista di Alfheim, sai bene che non vogliamo prigionieri, ma neanche lo sterminio di massa, quindi permetti pure che fuggano e che raccontino cosa sta accadendo ad Alfheim. - Exintarvul si voltò per guardare di nuovo...l'elfo...non era una femmina era un maschio...- avrei dovuto schiacciarlo come uno scarafaggio. - pensò. - Io Garafaele Galeifel noto come " Il Martello di Rafiel" generale della Radianza nella Città delle Stelle adempierò agli ordini del mio unico sire, Re Telemon delle terre degli elfi scuri; conquisterò Alfheim e porterò giustizia sul mio popolo spargendo il sangue dei nostri cugini sulle loro terre; circonderò i confini del loro regno con i loro cadaveri, che servano da monito a chi oltrepasserà i confini delnostro nuovo impero di superficie; e preparerò una scranno di cadaveri elfici per il mio unico sovrano. LUNGA VITA A TELEMON!!!!. - Un boato echeggiò tra le fila degli elfi che li circondavano, perfino il verme emise un grugnito, Garafaele alzò il martello in aria per incitare il suo esercito, poi si voltò di nuovo verso Tylius appoggiò la testa del martello sul suo pettò e, ad alta voce esclamò: - Ordini del mio Re...non tuoi...essere...qualunque cosa tu sia!. - Gli elfi tuonarono approvazione verso il proprio generale. Tylius non raccolse la provocazione e tacque, in fondo la priorità in questo momento era di conquistare Alfheim e quello stupido generale adesso aveva il consenso di un enorme esercito; si rivolse verso Exintarvul: - Tu invece sai cosa devi fare, quindi ritorna alla tua torre e inizia il rito, mi sembra che ti sia sgranchito le ossa a sufficienza oggi!!. - Il lich si voltò: - E chi saresti tu per darmi ordini, tu che sei venuto bussando alla mia torre in cerca del mio aiuto?? e se io mi rifiutassi??. - - Se tu ti rifiutassi...beh! lasciamo perdere in fondo vorrei solo ricordarti una cosa...semplice semplice. - disse Tylius picchiettando l'indice sulle clavicole scoperte del Lich. - Se tu oggi sei quello che sei è perché Lord Syrath ti ha dato...diciamo una spintarella nella direzione giusta. Quindi invece di roderti gli organi che ormai non hai più dimmi tu cosa vuoi fare! . - I due si stavano fronteggiando, uno con le orbite vuote la testa scheletrica protesa in avanti verso l'altro dagli occhi di rettile verdastri...l'elfo in disparte con la presa stretta sul martello. - Andrò alla mia torre ed inizierò gli studi per eseguire il rito, se avete bisogno di me sapete dove trovarmi. - Le vesti stracciate iniziarono a svolazzare magicamente intorno a lui, un turbine rossastro di energia lo inghiottì...e sparì. Garafaele diede comandi nella sua lingua al suo esercito che in fretta, subito dopo il verme, ripiegò nel buco da dove erano usciti; si volse poi verso Tylius: - C'è altro che devo sapere?? - chiese in maniera diretta. Tylius ci pensò su qualche secondo, ci sarebbero state tante cose che forse avrebbe dovuto sapere ma che avrebbero inevitabilmente compromesso tutto il piano, ma questi pensieri erano dovuti al suo strascico di umanità che si stava portando dietro da secoli ormai e che in fondo assaporava, ogni tanto, molto volentieri; ricacciò i pensieri da dove erano venuti e scosse la testa. Garafaele con i suoi movimenti agili, fluidi e molto femminili sparì nel terreno. Tylius andò a sedersi sul cadavere del principe elfico, inzuppando il dito nelle ferite del cadavere per assaporare il sangue ancora caldo, volse il viso verso l'alto per far si che le gocce del sangue degli elfi, simili a pioggia, lo bagnassero, indugiando con lo sguardo alle nubi oscure che già riempivano il cielo azzurro,donando al dipinto della battaglia, ormai finita intorno a lui, una splendida cornice di nuovi grigi e sfumature nere che rimpiazzavano gli sfavillanti verdi tipici di queste foreste... [continua]

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: LUCE CONTRO TENEBRA Ovvero

DI COME L’EQUILIBRIO DELLA COMPAGNIA SIA TALMENTE FRAGILE DA ROMPERSI PER UNA BANALE RISSA IN LOCANDA

- Beh, lei può credere al Signor Beck! [...] O può accettare il fatto che questa città sta andando verso un disastro di proporzioni bibliche! - - Cosa intende per bibliche? - - Intende cose da Vecchio Testamento Signor Sindaco, proprio roba del tipo collera divina! Fuoco e zolfo che piovono dai cieli, fiumi e oceani che bollono! - - Quarant'anni di tenebre, eruzioni, terremoti! - - Morti che escono dalle fosse! - - Sacrifici umani, cani e gatti che vivono insieme! Masse isteriche! - - Basta! Ho il panorama! -

Ghostbusters - Acchiappafantasmi Una locanda è spesso luogo di litigi e zuffe vuoi per qualche avventore sorpreso a barare al gioco che scatena le ire dei suoi avversari, vuoi per la convinzione dei ladri che sia il posto migliore dove svuotare qualche tasca; raramente però queste baruffe hanno conseguenze più gravi di qualche osso rotto o di qualche debito per la mobilia fracassata ma ultimamente qualsiasi azione intrapresa dalla Compagnia del Carretto Impennato ha esiti nefasti quanto inattesi. Giorno 23 di Thaumont. Intanto che Ivan e Anton errano per tombe, da tutt’altra parte all’interno del villaggio elfico nei boschi intorno a La Soglia un aspro litigio ha luogo tra Lorien (di ritorno dal suo primo giorno di addestramento con il maestro di spada del clan) e suo padre. Il vecchio elfo la rimprovera di passare troppo tempo con gli umani e di aver perso ogni interesse per il proprio clan e la cultura elfica, sordo alle repliche veementi e alle giustificazioni della figlia le comunica che è convocata per la mattina seguente al cospetto del consiglio per motivare questi suoi comportamenti indegni. La mattina del 24 quindi ella si reca nella sala del consiglio posta su una grande piattaforma fra le fronde di un grosso albero, scalza come usa tra gli elfi e rivestita di un abito verde elegante ma claustrofobico, incoraggiata gentilmente dalla madre, fissata in silenzio con severo cipiglio dal padre in piedi in un angolo della stanza e con la medesima severità dai sette consiglieri seduti su imponenti scranni di legno. Interrogata sulle sue peripezie di avventuriera viene accusata di aver perso contatto con il clan avendo acquisito atteggiamenti fin troppo “umani” e le rimostranze dell’elfa non fanno che indispettire ulteriormente il consiglio che tagliando corto le intima di partecipare ad una sorta di programma di recupero per il reinserimento nel clan che in un secondo tempo potrebbe prevedere anche

XXXII

un periodo di servizio al fronte sui confini di Alfheim; non portare a termine questo programma comporterebbe il disonore non solo per lei ma per tutta la sua famiglia ed il conseguente allontanamento di questa dal clan. Una volta uscita dalla sala Lorien ha un ulteriore acceso scontro col padre a causa del proprio comportamento davanti al consiglio ritenuto da lui oltraggioso, il diverbio si conclude con il capo famiglia Loth che disconosce la figlia ordinandole di non farsi più vedere. Tornando a casa per raccogliere le sue cose col cuore gonfio di tristezza ma anche di rabbia l’elfa racconta l’accaduto alla madre che la tranquillizza dicendole che metterà a posto lei le cose con suo padre, di stare serena e pensare solo al suo “reinserimento”; quindi dopo l’addestramento pomeridiano alla spada, una frugale cena consumata in solitudine sulla riva del fiume rimuginando gli ultimi avvenimenti, Lorien torna a casa e, senza scambiare una parola con nessuno, si addormenta sul proprio letto. La mattina seguente svegliata ancor prima dell’alba dal padre, senza troppe spiegazioni e con sua somma sorpresa, viene affidata a quattro elfi a cavallo armati di tutto punto che hanno l’ordine di scortarla al fronte di Alfheim insieme ad altre reclute che verranno recuperate da altri clan lungo il viaggio; percorso un breve tragitto e resasi davvero conto di quello che sta succedendo, dopo un altro diverbio stavolta con le guardie sull’opportunità di chiedere aiuto alle altre razze per riconquistare il regno a loro sottratto dagli scuri, l’elfa decide di abbandonarli e sotto una pioggia battente si dirige verso La Soglia per ricongiungersi al Carretto Impennato. Arrivata in città zuppa d’acqua, lasciatasi ormai alle spalle il suo clan, affitta una stanza in locanda e trova un maestro di spada che le consenta di completare il suo addestramento. Durante la vicenda di Lorien, Ivan e Anton continuano a perlustrare i vari cimiteri della città in cerca della tomba di Evander ma senza fortuna. Abbandonando la pista infruttuosa i due decidono di seguire il racconto del pastore anticipato dal sogno che entrambi hanno fatto e, chieste indicazioni proprio al pastore, si dirigono alla Guglia del Nibbio. Nello stesso momento, da un’altra parte de La Soglia, Fantasma torna a casa per trovare l’intera famiglia in lacrime (a dir la verità più di orgoglio che di tristezza) riunita intorno ad un tavolo su cui è posato uno splendido elmo con due enormi corna che il nano riconosce subito come appartenere a suo nonno Bron. I pianti sono dovuti al fatto che dopo tantissimi anni di esilio Bron è stato richiamato a Rockhome, prova ne è a quanto sembra una lettera, dal contenuto sconosciuto a Fantasma, con il sigillo del clan Torkrest (uno dei tanti che risiedono a Rockhome); il fatto però che l’elmo sia stato lasciato non è un buon segno perché nonno Bron non se ne sarebbe mai privato quindi anche suo figlio (padre del nano del Carretto Impennato) ha deciso di partire per vedere cosa gli sia successo. In ogni caso la conseguenza di ciò è che il meraviglioso elmo del nonno adesso è di proprietà di Fantasma che da buon nano è quasi più interessato al nuovo tesoro acquisito che alle sorti dei suoi parenti. Nel frattempo i chierici investigatori, accompagnati dal nuovo acquisto Erik, in mezza giornata di cammino arrivano in vista della Guglia del Nibbio, un altopiano si estende davanti ai loro occhi coperto di un manto erboso da cui escono qua e là alcune rocce sovrastato da un picco dalla sagoma che potrebbe ricordare vagamente un rapace. Aggirandosi in cerca di corrispondenze col sogno di due notti prima i tre trovano il bastone e il cappello lasciati dal pastore durante la sua fuga e notano la totale assenza di fauna nella zona causa dell’irreale silenzio che vi regna. Dopo un’ora di ricerche infruttuose si odono nel silenzio dei grevi belati e tre arieti di dimensioni innaturali caricano la compagnia ridotta. Lo scontro non è dei più semplici e, se due dei tre mostri vengono uccisi rapidamente, al momento di dedicarsi all’ultimo un altro essere fa la sua comparsa annunciato da una scossa di terremoto. Una grossa lucertola lunga poco meno di una decina di metri con due zampe aggiuntive di dimensioni spropositate poste a metà del corpo, facendo perno su queste, batte il terreno alternativamente con le zampe anteriori e posteriori causando le scosse telluriche. I nostri sono molto in difficoltà perché il movimento del terreno rende difficoltoso anche il solo stare in piedi ed il mostro si avvicina nel tentativo di mordere e calpestare gli avversari; nonostante questo ,con l’aiuto degli incantesimi dei due chierici, il guerriero riesce ad infliggere il colpo mortale al danzatore tremante e di conseguenza all’ariete gigante che nel frattempo era stato stordito dal terremoto. Dedicatisi alla ricerca della tana del mostro i nostri si imbattono poco distante in un crepaccio dal quale proviene un forte odore di zolfo, il guerriero si cala con una corda per una ventina di metri raggiunto in un secondo momento da Anton e Ivan, viene accesa una torcia che illumina una sorta di grotta naturale con stalattiti e stalagmiti. La particolarità delle stalattiti di questa grotta è che scendono fino ad infilarsi letteralmente nel suolo come se questo in precedenza fosse stato più in basso e successivamente ricoperto di sedimenti; l’odore di zolfo è più forte verso il suolo che è piuttosto caldo, pieno di venature (che hanno tutte una medesima direzione) e pare composto di materiale friabile ben diverso da quello delle pareti; ricollegando il tutto al sogno i chierici ne deducono che una colata di lava abbia ricoperto il pavimento della grotta. Finendo di esplorarla il guerriero si imbatte in un teschio e un osso di un avambraccio che sporgono dalla lava raffreddatasi, sulla parete quasi come indicata dal dito dello scheletro si nota una incisione di quattro lettere: “E N E M”, nei pressi i nostri raccolgono anche una pipa stranamente intatta… che sia quella mancante dalla collezione trovata in casa di Mitrem? Vista la friabilità del terreno un po’ di scavi rivelano diversi frammenti di ossa e vesti carbonizzate a occhio e croce almeno di una ventina di persone… che siano tutti coloro che sono scomparsi da La Soglia? Soddisfatti della scoperta i nostri raccolgono un po’ di prove da consegnare al barone. E’ la sera del 25 di Thaumont quando in una affollatissima locanda de La Soglia tutta la Compagnia del Carretto Impennato è riunita per la cena e qualche birra, nell’occasione è presente anche Anton invitato dal Lesina per festeggiare la parziale risoluzione del caso dei venticinque scomparsi e la sua promozione a curato. Ognuno racconta le proprie vicissitudini, dalla cacciata di Lorien dal clan, al nuovo elmo di Fantasma, alle imprese di Anton, Ivan e Erik contro il mostro scatena-terremoti. “I Senzatetto” (un gruppo di bardi tributo dei ben più famosi “Mille Tetti di Specularum”) allieta la folla… – …perché vedi… mentre Anton qui ed Erik erano stesi in terra a causa del terremoto io stavo già avvicinandomi al lucertolone per colpirlo con la mia mazza e poi… ma… ehi che succede??!?! Chi ca…!! FERMO MALEDETTO LADRO! – Don Lesina interrompe inaspettatamente il racconto e afferra un braccio la cui mano tentava di rubare il suo sacchetto delle monete approfittando della confusione della serata, mentre i tre maghi seduti accanto al chierico fanno per aiutarlo nella presa e il resto del gruppo fa per alzarsi cercando di vedere tra la folla a chi appartenga il braccio, dalla parte opposta del tavolo un altro ladro (evidentemente complice del primo) attacca i nostri: ne nasce la più classica delle risse. Erik, senza mettere tempo in mezzo, afferra il tavolo, lo solleva e lo sbatte con forza sul secondo ladro che rimane accasciato sotto di esso insieme però ad altri due o tre avventori; Fantasma, per non essere da meno, salta sul tavolo appena utilizzato dal guerriero per sincerarsi che il malvivente rimanga steso; padre Nikelnevich e gli altri tirano il braccio verso di sé ma il borseggiatore offre più resistenza del previsto; Anton e Lorien si alzano e cominciano ad incunearsi tra la folla per individuare il proprietario del braccio malandrino quando… Il braccio afferrato dal chierico e dai maghi smette di botto di offrire resistenza e il suo proprietario sbuca improvvisamente dalla folla con un pugnale grondante veleno nell’altra mano, proiettato dal tirare dei quattro compagni colpisce Ivan nel petto con la lama avvelenata e il chierico si accascia a terra apparentemente morto… solo per un attimo… Mentre nella sala comune della locanda infuria la rissa un’onda di potere pulsante promana dal chierico che si solleva in ginocchio, gli occhi vacui e inconsapevoli. Lorien ferma l’incauto ladro che tentava di fuggire; Fantasma, temendo quello che sta per succedere, si lancia in carica sul Lesina per buttarlo a terra ma impatta come su un muro di pietra rimbalzando all’indietro; Alejandro e Beregar trascinano via una Briagenn immobile che pare come paralizzata (forse non dalla paura). Ivan finisce di alzarsi da terra mentre al suo corpo si sovrappone sempre più chiara l’immagine di un umanoide asessuato e senza volto, completamente nero tranne che per due bianchissime grandi ali angeliche che spuntano dalla sua schiena, stende il braccio sinistro e tocca con la mano il ladro fermato da Lorien che subito letteralmente si disintegra lasciando nient’altro che un mucchietto di polvere tra le mani dell’elfa. Anton terrorizzato e scosso, non consapevole fino in fondo della situazione, esce dalla locanda in una corsa disperata verso la cattedrale con l’intenzione di chiamare il Barone Halaran. – SERAFIUS FERMATI!! SEI DENTRO UNA CITTA’!!! QUESTE ALTRE PERSONE NON C’ENTRANO NIENTE!!! QUANTE VITE INNOCENTI SEI DISPOSTO A SACRIFICARE PER FARTI GIUSTIZIA!?!?!? – grida Fantasma, ripresosi dall’impatto, verso colui che era conosciuto come padre Ivan Nikelnevich e che adesso si è completamente trasformato nell’angelo nero. Serafius sembra soppesare le parole del nano per qualche secondo ma, non convinto dall’accorato appello, stende il braccio destro a mano aperta verso i tre maghi del Carretto Impennato e un sussurro esce dal volto senza bocca…

XXXIII

Mentre gli avventori della locanda percepiscono finalmente la situazione di pericolo e comincia il fuggi fuggi generale, mentre Anton corre e corre in preda al panico, un bagliore di luce abbagliante di un bianco intensissimo avvolge l’intera locanda, don Popescu temendo il peggio intensifica i suoi sforzi e irrompe nella cattedrale. – LORD HALARAAAAAAAAN !!!! PRESTO LORD HALARAAAAAAN!!! – si sgola il chierico angosciato che continua a correre in direzione delle stanze del barone. Due accoliti lo fermano tentando di calmarlo ma Anton non ne vuole sapere e continua a sbraitare attirando l’attenzione dei chierici della cattedrale e del barone Sharlane Halaran in persona che arriva dopo pochi minuti in tenuta da notte accompagnato da Ektor e Dimitri. Appresi i fatti dal suo sottoposto il barone con freddezza, non lasciando trasparire la sua reale preoccupazione, si dirige rapidamente verso la locanda affiancato da don Popescu e i due chierici dell’Ordine del Grifone. All’arrivo dei quattro sul luogo del misfatto il silenzio regna sovrano ed una densissima oscurità innaturale avvolge l’intera locanda, alcuni corpi giacciono senza vita poco fuori dall’edificio sorpresi evidentemente nel tentativo di fuga, Dimitri dissolve il buio magico e uno spettacolo drammatico si presenta davanti ai suoi occhi: tutte le persone che erano all’interno della locanda sono state sterminate fatta eccezione per i membri della Compagnia del Carretto Impennato (compreso il Lesina tornato nella sua forma umana) e altri tre avventurieri svenuti vicino alla porta. Anton cade in ginocchio piangendo e continuando a mormorare “troppo tardi… troppo tardi…”; il patriarca Sharlane, senza perdere il suo sangue freddo, dà ordini ai Grifoni di scortare i sopravvissuti in prigione e di chiamare i chierici della cattedrale e le guardie cittadine per “ripulire” la scena del massacro. Nelle prigioni de La Soglia i nostri forniscono le poche spiegazioni necessarie al patriarca e a sua nipote Aleena, mentre lo sceriffo catechizza a dovere i tre altri avventurieri sopravvissuti in modo che diano una versione dei fatti conforme a quella ufficiale. Un lord Halaran piuttosto cupo suggerisce ai nostri di stare confinati nella cattedrale per qualche tempo finché le acque non si saranno calmate; ne nasce una disputa perché quasi tutti i compagni sono nel bel mezzo dell’addestramento con vari maestri d’arme della città e interromperlo vorrebbe dire perdere i soldi versati in anticipo e doverlo ricominciare daccapo, ma il patriarca zittisce tutti rimproverandoli per il loro egoismo e ordinando a questo punto che siano scortati in cattedrale. Fatti entrare in un carro chiuso e trasportati in cattedrale, i compagni vengono condotti in uno stanzone adibito a dormitorio comune e stremati crollano addormentati. La mattina del 26 di Thaumont, mentre Halaran mosso a compassione consente ad Aleena di interessarsi affinché i maestri d’arme vengano in cattedrale ad addestrare i membri del Carretto che lo richiedano, il curato Nikelnevich mette al corrente il suo ormai parigrado Popescu della storia di Serafius e Imtilius e dei precedenti avvenimenti riguardanti le manifestazioni dei due; essendo ancora ferito dalla sera precedente poi, utilizza le sue magie curative per ristorarsi ma inaspettatamente la forza magica grezza che ne scaturisce addirittura disassa il pianeta col risultato che il giorno diventa improvvisamente notte e tale rimane, scatenando l’isteria degli animali e masse di fanatici che gridano alla fine del mondo finché, passate trentadue ore, il sole sorge di nuovo e si ristabilisce il normale corso del tempo. Che conseguenza avranno questi fatti sulla reputazione della Compagnia del Carretto Impennato? Riusciranno i nostri eroi ad uscirne puliti? E sarà possibile sempre arginare i danni fatti dagli “ospiti” di Ivan e Briagenn quando perdono conoscenza?

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: I SALMI DEGLI EROI Ovvero

DI COME IL DISPERSO SHIME SI PRESENTO’ ALLA PORTA INSIEME A UNO SGRADITO VISITATORE Quando la malasorte si accanisce non c’è niente da fare, per quanto uno possa stare attento e nascosto non riuscirà mai a sfuggire. I Compagni del Carretto Impennato stanno provando questa sensazione sulla propria pelle, sembra che attirino i guai ovunque vadano senza soluzione di continuità e le motivazioni piano piano vengono meno con lo scemare delle forze e l’aumentare dei problemi… che sia già finita la loro promettente carriera di eroi? Giorno 27 di Thaumont. I nostri rinchiusi nelle stanze della cattedrale, dopo quasi due giorni di buio e gli sconvolgimenti climatici che ne sono derivati, si stanno allenando con i maestri d’arme recuperati da Aleena, sempre però con il pensiero fisso agli accadimenti dei giorni precedenti pensando a come riabilitare la propria reputazione. Mentre nel cortile interno padre Anton Popescu, che è piuttosto abile col bastone, sta addestrando sir Caldwell, giunge Aleena con un invito del barone Halaran per cena la sera stessa. Il pasto è sontuoso, candele accese su lussuosi candelieri d’argento illuminano il salone; un barone insolitamente cordiale si sincera delle buone condizioni dei compagni, dei loro progressi nell’addestramento e garbatamente comunica loro che non è più il caso di tenerli in cattedrale perché, specialmente dopo i fatti degli ultimi giorni, in città circolano strane voci riguardo alla compagnia. Halaran consiglia di provare a tornare alla normale vita di avventurieri, verificare la reazione della gente, magari risolvere definitivamente il caso dei venticinque morti del tempio di Velenom riacquistando la stima della popolazione; a questo proposito insiste perché sospendano gli addestramenti e si trasferiscano nella nuova casa che ancora una volta ha procurato al gruppo. Dopo un iniziale secco rifiuto i nostri vengono a più miti consigli accettando la proposta del barone e, finita la cena, vengono subito infilati in una carrozza che li porta alla nuova dimora vicino alle mura della città. Il veicolo costeggia il fiume, la sagoma dell’isola di Fogor si staglia nella notte alla luce lunare, nessuno gira a quest’ora per la città quindi è facile per Beregar, Anton e Ivan notare individui fermi a due incroci successivi che li seguono con lo sguardo poco prima che una freccia rompa il vetro della carrozza e si pianti all’interno; la freccia reca un messaggio da parte della gilda dei ladri che promette vendetta per quanto successo nella locanda. Arrivati alla meta senza ulteriori intoppi i nostri entrano nel nuovo quartier generale del Carretto Impennato che consta di un piano terreno occupato tutto da un grosso salone e un piano superiore pieno di piccole austere camere da letto; mentre ancora sono in esplorazione si ode bussare alla porta. Erik apre supportato dai compagni pronti a qualsiasi evenienza. Una figura incappucciata in abiti femminili con una voce di donna piuttosto profonda e ambigua dice di voler parlare urgentemente con il gruppo; una volta entrata, chiusa la porta, circondata dai nostri, si toglie il cappuccio scoprendo il volto maschile di un giovane e presentandosi come Shime; il ragazzo, ormai ultimo membro rimasto della setta, riferisce gli eventi che hanno preceduto la strage dei venticinque alla Guglia del Nibbio… I seguaci di Velenom erano dediti a proteggere e perpetuare una raccolta di antichi tomi chiamati “Salmi degli Eroi” i quali raccontano le gesta e i segreti degli eroi dagli albori della storia, la sera del massacro era fissata una delle riunioni della setta nella solita caverna alla Guglia del Nibbio e, come di consueto, un maestro ed un allievo furono sorteggiati per custodire i preziosi volumi mentre i novantanove altri membri si recavano all’incontro per discutere e deliberare. Quella notte però Ankin si svegliò di soprassalto gridando come un ossesso, svegliò Shime sostenendo che la loro vita era in pericolo, che lui (Ankin) doveva assolutamente occuparsi dei morti e che lo stesso Shime sarebbe dovuto fuggire perché presto avrebbe dovuto succedere al Maestro della setta. Il ragazzo allora fuggì nei boschi e solo oggi è tornato in città sentendo parlare della scoperta del massacro da parte di un gruppo di avventurieri e decidendo quindi di parlare di persona con loro. Incalzato dalle domande di Anton e Ivan il giovane rivela che Evander (menzionato nella lettera di Ankin) è il primo Maestro della setta morto ormai da secoli, che i Salmi erano nelle catacombe sotto il tempio ma nessuno ne conosce i segreti perché non sono stati mai decifrati e infine che il nome ENEM inciso dal morente Mitrem nella grotta del massacro non risveglia in lui nessun ricordo. Mentre ancora parla la porta di casa si spalanca di colpo, una ventata improvvisa spegne tutte le fonti di luce della stanza e una creatura scheletrica con mani artigliate entra volando diretta verso Shime; il guerriero e il nano, intuendo le sue intenzioni, si parano davanti al ragazzo e assestano due colpi al mostro mentre padre Anton estrae il simbolo sacro e lo mostra al non-morto nel tentativo di scacciarlo ma senza effetto; il nano viene artigliato dalla creatura che risucchia buona parte della sua energia vitale mentre Lorien e i maghi le scaricano addosso una pioggia di dardi incantati. I successivi attacchi a distanza dei nostri con armi non magiche non sembrano avere effetto e anche la luce magica lanciata da Beregar non ha altro effetto se non quello di migliorare la visibilità nella stanza; Shime nel frattempo è scappato al piano di sopra in preda al panico e il mostro, indifferente all’assalto della compagnia, vola fuori dalla finestra nel chiaro tentativo di seguire il fuggitivo entrando da una finestra del primo piano. Il più lesto a salire è don Lesina che fronteggia il non-morto con una fiala di acqua santa tallonato da Anton e da Fantasma; nella baruffa che si scatena in cima alle scale la creatura riesce a schivare la fiala lanciata dal chierico e ferire lui e Anton risucchiando anche stavolta parte della loro energia vitale ma alla fine i nostri riescono ad averne ragione colpendolo più volte con le loro armi magiche.

XXXIV

Shime viene trovato accovacciato e tremante in un angolino di una delle camere del primo piano fortunatamente illeso. I nostri quindi si recano subito in cattedrale per mettere al corrente il barone della situazione e soprattutto nella speranza di ricevere delle cure; vengono accolti da un accolito il quale, su loro espressa richiesta, li conduce da Aleena (di solito più incline di Halaran ad aiutarli) che ascolta il loro racconto e si appresta a fornire loro le cure necessarie. Riusciranno i nostri eroi, con l’aiuto di Shime, a venire a capo della faccenda catturando l’assassino dei seguaci di Velenom?

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: XIMENE O ENEMIX ? Ovvero

DI COME LA COMPAGNIA TROVO’ LA TOMBA DI EVANDER INSIEME AI SALMI DEGLI EROI Avere a che fare con esseri non-morti o trascendenti non è facile, nemmeno con quelli che hanno buone intenzioni, perché spesso parlano in maniera criptica, per enigmi, però stavolta il Carretto Impennato si è dimostrato in grado anche di risolvere i rebus di un fantasma (seppure molto semplici) e portare a termine una missione… oppure no… Primo giorno di Flaurmont. Mentre ancora la pioggia affligge il Granducato riversandosi a fiumi su la città de La Soglia, nella loro nuova casa il mattino dopo l’arrivo di Shime e la conseguente disavventura col non-morto succhia energia, i nostri si apprestano a curarsi dalle ferite ma, come avviene sempre più spesso ultimamente le preghiere di don Lesina invece di guarire sortiscono effetti diversi; in questo caso una zona di buio, silenzio e ragnatela avvolge tutto il piano terreno dell’edificio lasciando i nostri intrappolati per diversi minuti fino a che si dissolve da sé. Mentre viene deciso di non avvalersi più delle cure di Ivan giunge un messaggero di Aleena che comunica alla compagnia di aver fissato un appuntamento col barone Halaran per la mattina. Dopo essersi preparati in fretta i nostri si dirigono a piedi verso la cattedrale sotto gli sguardi severi della popolazione che, a giudicare dal chiacchiericcio che si leva al loro passaggio, li ritiene responsabili (non a torto a dire il vero) delle recenti stranezze compresa forse la leggera scossa di terremoto della passata notte (unica cosa della quale la compagnia non ha colpa non essendosene neanche accorta). Non dando troppo peso alla propria reputazione in forte calo, i compagni giungono al cospetto del barone patriarca de La Soglia e lo mettono al corrente degli ultimi avvenimenti a partire dalla comparsa di Shime; liquidati in fretta da Halaran con l’ordine di indagare con l’aiuto del novello Gran Maestro del Culto di Velenom i nostri vengono accompagnati da Aleena nella zona residenziale di La Soglia da un guaritore in grado di ristorare l’energia vitale risucchiata dal non morto della notte prima. Giunti ad una lussuosa villa circondata da un giardino vengono ricevuti da un maggiordomo che li fa attendere in un grande atrio sormontato da due scalinate da una delle quali scende niente meno che Alexandra (la figlia segreta del patriarca) ben conosciuta dal Carretto Impennato. Ella conduce i compagni in uno studio che ha l’aspetto di una infermeria, mentre ascolta il loro racconto prepara un intruglio e lo dà loro da bere; la bevanda conferisce a tutti una sensazione di euforia e di benessere intanto che Alexandra ristora a turno Ivan, Fantasma e Anton. Rinvigoriti dall’incontro con la guaritrice i nostri si dirigono verso gli uffici delle guardie a nord e a sud della città per recuperare le loro armi (disquisendo amabilmente sull’opportunità di liberare Imtilius e Serafius nel bel mezzo di Alfheim per mettere fine alla guerra con gli elfi scuri) e si fanno concedere dallo sceriffo un permesso per Lorien ed Erik di portare le armi (sebbene legate) in città. Verso metà pomeriggio, adempiuti gli obblighi burocratici, Shime conduce il gruppo al tempio di Velenom sull’isola di Fogor; una volta all’interno scosta il tappeto nella stanza principale, recita l’iscrizione di una pergamena e fa apparire una botola che dà su scale di pietra che scendono qualche metro nel sottosuolo sbucando in una catacomba scavata nella roccia in cui sono presenti tre tombe e alcuni anfratti in cui sono stipate varie pergamene. Con il benestare del Gran Maestro i compagni perquisiscono a fondo il posto aprendo anche le tombe (senza però profanare le salme) abbandonando il tempio senza trovare nulla di utile alla loro ricerca se non qualche libro storico in cui è descritto il gran maestro Evander con tanto di immagini. Usciti in direzione di una taverna, essendo ormai ora di cena, i nostri vengono attaccati da tre ladri di cui uno viene steso subito e due messi rapidamente in fuga; dopo questo gustoso intermezzo prendono da mangiare e tornano a cenare nel tempio ancora desiderosi di esplorarlo a fondo in cerca di indizi. Finita da poco la cena una forte scossa di terremoto coglie di sorpresa la popolazione di La Soglia, diversi edifici crollano e un forte odore di zolfo proviene dal terreno; il Carretto Impennato, uscito dal tempio ancora in piedi nonostante qualche crepa, si dedica ad aiutare le persone in difficoltà abbandonando per qualche tempo la missione date le gravi circostanze. E’ ormai l’alba del 2 di Flaurmont quando i compagni, impolverati e stanchi, attraversano la desolazione in direzione della loro casa; più della metà degli edifici dell’isola sono crollati mentre il resto della città (di più nuova costruzione) ha resistito meglio, circolano voci che in un giardino situato vicino all’epicentro del sisma tombe, lapidi e scheletri siano usciti dal terreno in seguito alle scosse. Ricollegando questo evento al “vecchio cimitero” nominato nell’ultima lettera di Ankin, improvvisamente dimentichi del sonno e della stanchezza, i nostri si dirigono verso l’epicentro trovando però un cordone di guardie a bloccare l’ingresso del giardino in cui c’è stato lo sconvolgimento tellurico; stremati dunque decidono di dirigersi verso casa per riposarsi con tutta l’intenzione di tornare alla carica successivamente. Nel pomeriggio dello stesso giorno, riposata e rifocillata, la compagnia torna ad aiutare le persone in difficoltà (l’isola di Fogor è stata evacuata e si parla di un centinaio di morti e tantissimi feriti) con don Lesina che passa tra la gente risanandola col bastone guaritore e gli altri che aiutano le ricerche tra le macerie. Nottetempo il Carretto Impennato torna al giardino delle tombe nel tentativo di entrare di nascosto approfittando dei controlli allentati per la notte, evitando le ronde i nostri scavalcano un muro (che crolla nel tentativo) e si addentrano nel parco; la scena non è delle più belle a vedersi, la tensione è palpabile, i nervi a fior di pelle e proprio nel momento di massima tensione un fantasma appare improvvisamente di fronte al gruppo. Trattenendo a stento le urla Anton riconosce Evander dalle immagini viste sui libri nelle catacombe del tempio. Davanti alla cupola di un mausoleo che fuoriesce per metà dal terreno Evander parla con una voce che proviene dall’oltretomba: – Grossi pericoli attendono l’insicuro… Grossi tesori attendono nel buio… Prestate attenzione al vostro vero fine… Prestate attenzione a chi non dice falsità… E se la mano è destra, non manca e non è stanca… Suonerete una musica celestiale –. Sparito il fantasma del vecchio gran maestro i nostri entrano nel mausoleo rimuginando sulle sue parole supponendo che siano una qualche sorta di avvertimento su quello che vi troveranno. Scale di pietra conducono nel sottosuolo dentro una cripta rettangolare larga 9 metri e lunga 4,5. Sulle pareti laterali vi sono quattro porte (due per parete), su quella di fronte ve ne sono tre. La stanza ha un forte odore di muschio e petrolio e il pavimento è ricoperto da polvere, ragnatele e ossa, apparentemente umane. Sull’angolo a sud-ovest vi sono delle profonde artigliate, la stanza è parzialmente illuminata dalla luce

lunare che filtra dalle scale. I compagni aprono le porte una ad una cominciando da quella sulla destra incontrando nient’altro che trappole poi, pensando al primo verso dell’enigma del fantasma, suppongono che l’insicuro sia colui che non sa dove andare mentre colui che è sicuro di se, normalmente, tende ad avanzare dritto, in centro: aprono dunque la porta centrale davanti alle scale che dà su un altro locale, completamente buio. Accese le lanterne, si vede un corridoio che sfocia in un posto buio a sua volta tale da non essere intaccato dalle luci accese dai nostri. Le pareti del passaggio sono lisce, così come il pavimento che solo in alcuni punti è sporco di terra e fango. Il gruppo entra nell’oscurità riconoscendo di camminare su un pavimento irregolare, tenendosi vicino al muro e avanzando a tastoni individuano alcune statue piuttosto grandi; i piedi trascinati sul pavimento producono un rumore come di monete. Erik, pensando al secondo verso del rebus di Evander e alla famiglia da mantenere, apre la borsa conservante e la riempie alla cieca degli oggetti che si trovano sul pavimento… Rumori improvvisi si odono nella stanza, sbuffare e mugghiare di varie creature, Fantasma che stava toccando una delle statue si accorge che la consistenza è cambiata, la statua non è più di pietra ma di carne e si muove. Ne nasce uno scontro al buio nel quale i nostri rischiano la vita feriti tutti gravemente dalle bestie a loro invisibili per cui decidono di scappare tornando a fatica nel corridoio. Anton, pensando che la terza strofa dell’enigma sott’intenda che il proprio vero fine non sia quello di raccogliere i tesori ma di proseguire nella missione, domanda se qualcuno non abbia raccolto nulla da terra. Saputo della pur comprensibile azione del guerriero intima a tutti di non raccogliere più niente e di cercare semplicemente una via d’uscita; quindi il nano viene legato con una corda e mandato in avanscoperta nella stanza buia e a tentoni riesce a trovare una porta a sud-est della stanza. Piano

XXXV

piano tutto il gruppo supera la buia trappola e sbuca in una stanza pentagonale stavolta illuminata. Su ognuna delle altre quattro pareti vi è una porta chiusa, con a fianco una statua. Procedendo da sinistra verso destra (in senso orario), le statue raffigurano dapprima una giovane donna, candida ed immacolata, con un delicato sorriso appena accennato sulle labbra che indica chiaramente la porta al suo fianco; la seconda ha le cupe sembianze di uno storpio, che incute un certo timore: ha la testa grossa e deforme, gli manca un occhio, ha una grossa cicatrice che sembra cucirgli la bocca e anch’egli indica la sua porta; la terza invece, raffigura un chierico nell’atto di benedire, come le altre, anche lui fa segno di entrare nella sua porta; l’ultima, quella alla destra del gruppo, raffigura Evander ed anch’essa indica la porta adiacente. Ormai avvezzi a rimuginare sull’indovinello del fantasma e supponendo che l’unico dei quattro che non può dire falsità sia quello con la bocca ferita in quanto non in grado di parlare, i nostri aprono con sicurezza la porta indicata dallo storpio. Il corridoio dopo la porta del gobbo è intagliato nella roccia ma non lisciato o levigato; le superfici sono bagnate e scivolose ma il soffitto è sufficientemente alto per consentire un’andatura eretta. Improvvisamente, giunge ad un bivio. Entrambi i sentieri si perdono nel buio poco oltre, ma dalle loro profondità, una brezza gelida ed umida raggiunge inaspettatamente i compagni che, considerando la “mano destra, non manca (mancina)” dell’enigma, puntano decisamente a destra seguendo il corridoio interrotto dopo qualche metro da un muro che però ad un rapido esame si rivela essere illusorio. Dietro l’illusione il cunicolo prosegue fino ad una stanza stretta e lunga, dal soffitto ad arco e dalle pareti decorate con mosaici incompleti e rovinati. Il pavimento della stanza è pieno di tessere e frammenti di mosaico caduti. In centro, un grosso macchinario, simile ad un pianoforte ma con la tastiera disposta non linearmente ma a semicerchio, domina quasi completamente il locale. Sopra la porta a Nord vi è una grossa targhetta di bronzo, che recita “Uscita per l’inferno”; sopra quella ad Ovest, un’altra targa riporta la dicitura “Ad Evander, gli amici più cari”; i tasti del pianoforte sono solo sette, grandi e colorati: rosso, giallo, verde, blu, azzurro, nero e bianco. Tendendo presente ancora una volta l’indovinello che parla di musica celestiale, Lorien preme il tasto celeste (azzurro) e il macchinario, con rumore di ingranaggi, ruota di novanta gradi nella stanza rivelando un vano contenente tutti e quindici i volumi dei Salmi degli Eroi e una pergamena manoscritta che recita: “Se trovate questa pergamena, io sarò morto e voi sarete in pericolo. Tutto dipende da quando voi la troviate. Se sono passati secoli, o anche solo una decina di anni, dal giorno 7 di Thaumont dell’anno 1000 lasciate perdere, tutto sarà finito. Ma se leggete questo entro breve tempo, allora forse non tutto è perduto. Il mio nome è Ankin, sono un membro della setta del Salmo degli Eroi, una raccolta di libri contenenti tutte le possibile informazioni sulle figure mitologiche del passato, presente e futuro. Questo nel senso che il nostro compito, oltre a proteggere i tomi, è quello di aggiornarli, perpetuandone il contenuto. Purtroppo, un giorno di molti anni fa abbiamo negato l’affiliazione alla setta ad un mago di nome Ximene. Da allora ci odia ed ha trovato il modo, il giorno stesso in cui io ho scritto questa lettera, di annientare la setta, uccidendo tutti gli affiliati. Tutti tranne me e Shime, un giovane adepto. Ho fatto allontanare il giovane, nella speranza che riesca a salvarsi. Affronterò il demone (ormai è questo che è diventato, un demone…). Lo affronterò questa notte stessa, nella speranza chi il mio vecchio corpo mi aiuti. Se trovate questa lettera, però, saprete come è andata a finire. Cercate un giovane di nome Shime e consegnate a lui i libri, saprà cosa sono e cosa farne. Ditegli anche che deve iniziare tutto da capo, la Setta deve tramandare la conoscenza in eterno.

Ankin, un vecchio stanco.” Mentre vengono raccolti i libri i nostri notano che uno di essi ha in copertina lo stesso simbolo del serpente che si trova sulla placca metallica traforata trovata sul cadavere di Ankin. Provando a far combaciare i fori con le lettere del titolo si scopre che solo in una posizione ogni singolo buco combacia con una lettera…

La placca inizia a sciogliersi, come burro sul fuoco; bolle piccole e grandi si infrangono, riversando nell’aria un caldo odore di ferro. Quando la targhetta è finalmente scomparsa, il libro è esattamente uguale a prima, solo che le lettere E E N I M X, evidenziate in precedenza dai fori della targa, brillano in maniera particolare. Improvvisamente, il libro si apre da solo; le pagine sembrano emanare una luce propria, abbagliante. Con una velocità assurda, il libro si sfoglia avanti ed indietro, avanti ed indietro; il ritmo forsennato aumenta con il bagliore. Ormai l’intera zona è rischiarata a giorno… Avanti e indietro… La luce aumenta… Poi tutto cessa. Il buio torna cupo ed ammantante ed il libro rimane immobile, aperto su una pagina apparentemente casuale. Ma in alto, una scritta più grossa delle altre recita una parola con la quale i nostri eroi sono ormai familiari: “XIMENE”. Questo tomo dei Salmi, tratta solo di vampiri, creature non morte o demoni accomunati dal fatto che in vita erano degli avventurieri, più o meno potenti. Ve n’è un intero e vasto campionario: uomini e donne buoni e caritatevoli impazziti dall’idea della morte, esseri malvagi, ossessionati dalla vita eterna, regnanti che hanno voluto restare al loro posto qualche secolo in più del normale e così via… Il libro narra anche di Ximene, un mago ritenuto abile e potente ma né onesto né puro di spirito. Viene riportata la sua vita, racchiusa in una sola paginetta (per altri esseri si sprecano addirittura una dozzina di fogli), menzionando in particolar modo la sua ossessione riservata alla conoscenza del multiverso, dell’immortalità e del potere assoluto. Il libro non ne parla un granché bene, e non dà nemmeno tanto peso alle sue folli idee di “dominio universale” o alle sue improbabili intimidazioni e minacce. La descrizione del mago termina con la mancata accettazione nella setta descritta in precedenza e con la seguente frase: “Da allora, nulla e nessuno hanno più saputo qualcosa di lui”. Dopo qualche

XXXVI

secondo mentre stanno per chiudere il libro, un nuovo bagliore emana dal tomo. Questa volta assume la forma di un volto, forse conosciuto, forse già visto; ma si, forse è proprio… – Ankin, – dice Shime, alle loro spalle – mio vecchio maestro! – Poi la luce si affievolisce e quindi scompare del tutto, lasciando sul libro una nuova riga, poco sotto la fine della descrizione di Ximene. La riga recita “Enemix”, e la scrittura… – E’ la scrittura di Ankin, – suggerisce Shime – ci sta comunicando qualcosa dall’aldilà! – Sotto, come scritte da una mano invisibile, compaiono altre righe… “Enemix, alias Ximene. Il crudele mago l’ha fatto, si è regalato la non-vita eterna: è divenuto un Lich, ancora più crudele e malvagio, ancora più spietato e meschino che in vita. Ha ucciso tutti noi con i suoi grandissimi poteri ed ora cercherà voi. Non impiegherà molto a scoprire che i sacri tomi sono in mano vostra; siete in pericolo. Shime, non ci crederai mai, ma sai dov’è la sua dimora?!?!?” Dopo un secondo di pausa studiata, la mano invisibile completa la sua descrizione, tracciando delle parole che suonano impossibili… “Nella nostra chiesa, la chiesa di Velenom, a La Soglia.” Poi, dopo una breve pausa, il libro si chiude con un botto. – Questo significa – dice Shime in tono agitato e spaventato – che quella creatura era nella nostra chiesa e sapeva tutto, ha aspettato che tutti fossimo riuniti in un consulto per… per… per ammazzarci! – Contrariamente al parere del gruppo il gran maestro vuole assolutamente tornare al tempio per affrontare Enemix, la discussione è accesa ma alla fine i nostri, seppur riluttanti, si convincono a tornare sull’isola di Fogor. Usciti dalla cripta di Evander, seguendo Shime che li precede di corsa, tornano al tempio di Velenom per trovarlo completamente in fiamme. Vista la pioggia che continua a cadere copiosa è impossibile che l’edificio abbia preso fuoco da solo, cadaveri fumanti e dilaniati da artigli lo circondano, qualcosa di terribile sta succedendo… entrando i compagni trovano l’altare riverso su un lato, la luce dei drappi ornamentali in fiamme accanto ad esso conferisce un aspetto ancora più tetro ed insicuro al luogo già provato dal terremoto, sembra che le ombre siano vive, si muovano; l’odore di morte, di carne, legna e stoffa bruciata satura loro le narici, le assi del pavimento dove una volta era situata la botola magica sono completamente divelte e lasciano scoperte le scale di pietra che scendono nelle catacombe. Il gruppo scende le scale e, arrivato nella grotta sotterranea, un grosso cono di luce accecante proviene dal soffitto. In centro si materializza una spada, più o meno a un paio di metri d’altezza, con l’elsa verso il basso e la lama intenta a guardare il soffitto. Una voce, che Shime riconosce essere quella di Ankin, tuona: – Questa è l’arma forgiata dagli dei; questa lama contiene le anime dei membri della setta, racchiuse nell’acciaio e nella roccia che Enemix ha fatto franare su di loro. Questa sarà la sua rovina, ed i loro corpi saranno al tempo stesso i vendicati ed i vendicatori –. Subito dopo, un guizzo di buio offusca per un momento la visuale del cono, come se qualcosa o qualcuno fosse passato davanti o in mezzo al cono di luce… Un mostro umanoide fatto interamente d’ombra con terribili mani artigliate si para tra gli eroi e la spada. Lorien (memore delle imprese del fu Gold), compresa l’importanza della spada, tenta di passare sotto le gambe della creatura ma senza successo: viene ferita gravemente dai tremendi artigli del mostro così come don Lesina; Erik invece riesce ad assestare un poderoso colpo con la sua spada ma incontra una certa resistenza e infligge meno danni di quanto avesse sperato allora, mentre infuria lo scontro, beve la pozione di fortuna e decide lui di provare a tuffarsi oltre il nemico per afferrare la spada delle anime… L’azione ha successo e il guerriero colpisce il mostro con l’arma sacra appena recuperata lasciandogli un profondo squarcio. Adesso però gli attacchi della creatura, conscia del pericolo, sono tutti rivolti verso Erik, gli altri compagni con le loro armi e incantesimi possono ben poco contro la creatura; una serie di affondi, parate e schivate da parte di entrambi e poi un artiglio si pianta profondamente nelle carni del guerriero. Prontamente don Nikelnevich interviene utilizzando a fondo i poteri del suo bastone guaritore sull’amico che, rinvigorito, riesce ad assestare ancora un paio di colpi l’ultimo dei quali è fatale per il mostro che viene ridotto in cenere. Il Gran Maestro Shime, grato alla compagnia dell’aiuto non potendo lasciare loro la spada sacra (tomba delle anime dei seguaci del suo culto), ricompensa gli eroi con 1000 MO a testa e alcuni oggetti magici scelti dal tesoro del tempio; sebbene Enemix non sia stato ancora affrontato e sconfitto il giovane proverà a riformare il culto per tenere vivi i Salmi degli Eroi. Le successive due settimane passano finalmente in tranquillità per i membri del Carretto tra chi finisce il proprio addestramento con le armi e chi, come Erik, torna in famiglia a Specularum accompagnato da Ivan che approfitta della grande città per vendere e comprare un po’ di equipaggiamento per le future avventure della compagnia. La sera del 17 di Flaurmont i nostri nuovamente riuniti festeggiano la fine dell’addestramento facendo baldoria fino a tarda notte in taverna e tornano a dormire a casa pronti, il giorno seguente, a cercarsi qualche nuova missione degna della Compagnia del Carretto Impennato. Dal diario di Anton Popescu: “17 di Flaurmont. Da alcune settimane ormai ho l’abitudine di accompagnarmi con la famosa (almeno qui a La Soglia) Compagnia del Carretto Impennato, un gruppo di avventurieri piuttosto eterogeneo. A cominciare da Lorien Loth, un’elfa rinnegata dal proprio clan, perennemente in lutto per Gold (compagno ladro morto di recente per cui aveva un’infatuazione), molto permalosa e incline alla rissa, cosa che forse ha imparato vivendo a contatto con Fantasma, altro membro del gruppo, un nano del clan Rutarrad, anch’egli rinnegato dai nani di Rockhome insieme alla propria famiglia. Come se non bastasse il fatto di avere un nano ed un’elfa che vanno d’amore e d’accordo il Carretto Impennato può “vantare” la presenza di Erik Foks, un guerriero che ha scelto il mestiere dell’avventuriero nonostante abbia moglie e figli a casa proprio per (dice lui) mantenere la famiglia, non considerando però il fatto che così la famiglia è quasi come se non l’avesse dato che non la vede mai. Altro compagno degno di nota è sir Beregar Caldwell, nobile figlio del barone Caldwell che ha scelto la vita avventurosa invece di godersi gli agi della propria condizione sociale, salvo però poi fuggire dalla lotta lasciando gli altri in ambasce quando il pericolo lo minaccia direttamente. Ma veniamo ad un membro che pensavo di conoscere bene, essendo un mio confratello, ma che ultimamente mi ha sorpreso per alcuni fatti che non posso scrivere qui per non rischiare che vengano un giorno letti da chicchessia; padre Ivan Nikelnevich detto “il Lesina” per la sua avarizia nell’elargire cure, non altrettanto si può dire delle mazzate che invece distribuisce con generosità ai suoi avversari in combattimento.

XXXVII

Poi c’è Briagenn, maga della famiglia Belcadiz (piuttosto conosciuta nei Principati) dal carattere piuttosto egoista che cova un certo astio (reciproco a dirla tutta) nei confronti di don Lesina sempre per i motivi di cui sopra che non posso raccontare. Ultimo ma non ultimo Alejandro De Montenegro, mago, allievo di Pivel (noto ai più come Lawrence Le Vingard), un “piacione” vestito in maniera più adatta forse ad un bardo che ad un mago, con pantaloni di pelle, camicia bianca con maniche a sbuffo e cappello a tesa larga, che si considera superiore agli altri ma che più di una volta (mi dicono) è stato paralizzato, messo in fuga o addormentato da incantesimi nel momento topico delle sue sbruffonate. Fatto sta che ormai dopo qualche settimana di frequentazione mi sono un po’ affezionato a questa gente, tutto sommato mi piace come ragionano, non sta a me giudicare la bontà delle persone perché il “cattivo” nella natura è necessario quanto il “buono”, loro non hanno preconcetti in questo senso e non sono sottoposti a stupide regole gerarchiche o compiti inutili da assolvere ogni giorno: vivono liberamente, penso proprio che se me lo permetteranno alla fine mi unirò a loro… se non altro sanno come divertirsi, stasera in taverna ce la siamo proprio spassata.” “18 di Flaurmont. Dopo la notte brava mi sono svegliato insieme alla compagnia in un posto diverso da quello in cui c’eravamo addormentati. Il sonno stanotte è stato un po’ agitato (non dubito che sia per quel cinghiale in salsa di menta e tutta quella birra tiepida che mi sono scolato ieri) e al risveglio la sorpresa tanta nel ritrovarsi, anziché nelle nostre stanze, nell’anticamera di una lussuosa villa. Un tappeto pulito di recente orna il pavimento, le mura sono decorate con coloratissimi arazzi. Preziosi candelabri, anch’essi recentemente lucidati, illuminano la stanza grazie a candele nuove di zecca. Ma la cosa che più di tutto è strana è la nebbia impenetrabile che si può vedere dalle finestre e che pare circondare questo luogo. Di certo non ci si annoia in questo gruppo, e adesso dove saremo mai finiti?”

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: CHÂTEAU D’AMBERVILLE Ovvero

DI COME IL “CARRETTO IMPENNATO” SIA DISPERSO IN UN CASTELLO SCONOSCIUTO SENZA APPARENTI VIE D’USCITA L’esplorazione di luoghi sconosciuti dovrebbe essere uno degli obbiettivi principali di ogni buon avventuriero (insieme naturalmente al diventare ricco) ma, quando in quei luoghi si viene trasportati contro la propria volontà, subentra una certa frenesia di trovare una via d’uscita che supera anche la voglia di avventura rendendo spesso l’eroe imprudente e soggetto a cadere in trappole anche stupide. Estratto del diario di Anton Popescu: “18 di Flaurmont. …Abbiamo esplorato la zona. Pare proprio che ci troviamo nell’atrio di una gigantesca magione. Abbiamo fatto un giro del perimetro imbattendoci in altri due ingressi, uno dei quali sembra essere quello principale, senza però trovare altro modo di entrare se non la porta spalancata sull’anticamera che ci ha accolti al nostro risveglio. Il castello ha apparentemente un solo piano e nel centro si intravede una splendida enorme cupola fatta (credo) di vetro, un particolare architettonico veramente incredibile, non pensavo fosse possibile creare una cupola di vetro di queste dimensioni. Più inquietante ancora però è la cupola, stavolta fatta di nebbia, che circonda completamente l’edificio lasciando solo pochi metri di distanza tra questo e la coltre bianca che è di una densità tale da sembrare quasi liquida… ho chiaramente percepito un’aura di malvagità promanare da essa e infilandoci una mano ho avuto una sensazione talmente brutta… Ho consigliato a tutti di non addentrarvisi…” Dopo una prima esplorazione dei dintorni del castello la compagnia si appresta ad esaminarne l’interno. Mentre il nano si avvicina all’unica porta, a parte quella d’ingresso, presente nell’atrio, questa si apre da sola rivelando un lungo corridoio largo sei metri con una guida rossa sul pavimento che, percorrendolo per tutta la sua lunghezza, conduce ad una porta chiusa; sulla destra un’altra porta, anch’essa chiusa, si affaccia sul passaggio. Giusto il tempo di voltarsi verso i compagni per comunicare loro la situazione che dal corridoio arrivano tre esseri umanoidi con sembianze feline e intenzioni bellicose. Briagenn è la più lesta a reagire e si prepara a lanciare un dardo incantato quando le torna alla mente un episodio accaduto quasi un mese prima durante l’addestramento… 24 di Thaumont. Regàlia maestra di Briagenn, nella sua lussuosa residenza poco fuori La Soglia, informava la propria allieva e l’allievo “adottivo” Alejandro sulle regole della casa… – …e non vi è permesso uscire dalla residenza durante il corso a meno che non vi dia io il consenso, per tutto il resto rivolgetevi al maggiordomo che provvederà ai vostri bisogni; adesso seguitelo e vi condurrà nelle vostre stanze al piano superiore così potrete asciugarvi da questa maledetta pioggia e magari farvi preparare anche un bel bagno caldo… domattina cominceremo le lezioni. Buonanotte. – La mattina seguente, dopo un buon sonno ristoratore, gli studenti cominciarono le lezioni: quelle teoriche si tenevano nella grande biblioteca piena di tomi su storia e princìpi della magia mentre quelle pratiche si tenevano in una grande sala completamente vuota tranne che per alcuni manichini un po’ rovinati. Durante il primo di questi addestramenti nella sala dei manichini cominciarono subito i problemi… – Adesso ragazzi cominciate con lanciare su questi manichini il vostro più forte incantesimo offensivo – ordinò la maestra Regàlia – comincia tu De Montenegro – Alejandro lanciò un dardo incantato (nella ormai classica forma di un piccolissimo drago blu) che si infranse sul manichino. – Bene. Adesso tu Briagenn cara… fammi vedere cosa sai fare. – Anche Briagenn lanciò un dardo incantato ma, contrariamente alla teoria per cui questo incantesimo colpisce sempre il bersaglio designato, questa volta la freccia deviò all’ultimo momento colpendo uno stupito Alejandro.

XXXVIII

– Mmmmmh… interessante… De Montenegro tu vieni qui dietro di me – disse Regàlia – e tu cara, per favore, prova di nuovo a lanciare lo stesso incantesimo – Ancora una volta il dardo incantato partì dalle mani della maga del Carretto Impennato e questa volta colpì il bersaglio ma, la soverchia energia magica scaturita, creò un portale nella parete dietro il manichino che risucchiò i tre e li trasportò su un picco innevato… Ritornando con la mente al presente, nonostante questo episodio poco rassicurante, Briagenn decide comunque di lanciare l’incantesimo che fortunatamente colpisce una delle bestie senza effetti collaterali, Lorien utilizza i poteri del suo nuovo arco (ricevuto come ricompensa da Shime) trasformandolo in spada e colpendo lo stesso felino, il nano fallisce l’attacco mentre il guerriero colpisce, ferendo quasi a morte, uno degli altri due mostri; viene il turno di Alejandro che sta per recitare anch’egli la formula del dardo incantato ma improvvisamente si ricorda del dono di Regàlia per la fine dell’addestramento: un anello accumula incantesimi dal quale fa partire uno dei tre dardi caricati uccidendo la bestia colpita da Erik. I due felini rimasti attaccano il gruppo senza successo e vengono rapidamente uccisi, uno dal nuovo martello sovradimensionato del Lesina (anch’esso parte della ricompensa di Shime) e uno in collaborazione tra Fantasma e Briagenn… La maga torna di nuovo con la mente alle lezioni di Regàlia… – Abbiamo un piccolo problema cara – aveva detto la maestra alla maga dei Becadiz, poi si era rivolta anche ad Alejandro – le vostre lezioni d’ora in poi si svolgeranno diversamente: la parte teorica continuerete a farla insieme mentre per la parte pratica ognuno farà lezione per conto proprio. – Dopo questo episodio passarono diversi giorni senza ulteriori problemi (o comunque nulla che non potesse essere controllato da Regàlia) fino al giorno 8 di Flaurmont quando la maestra, durante la colazione, comunicò due notizie ai due allievi: – Cari miei, in primo luogo vi comunico che, visti i vostri progressi negli studi, questa sera non faremo pratica, siete liberi di uscire un po’ a svagarvi. In secondo luogo vi annuncio che nei prossimi giorni dovrete recarvi da Theldon, capo della corporazione dei maghi a Specularum, per il test di ammissione all’Accademia di Magia di Glantri… Contenti? Ho messo una buona parola ma Theldon non farà favoritismi quindi impegnatevi. E adesso finite presto di fare colazione che cominciamo con la teoria –. La sera i due compagni quindi uscirono in una La Soglia devastata dal terremoto, la pioggia aveva smesso di cadere da qualche ora ma il cielo era comunque coperto e qualche goccia d’acqua non mancava di bagnare ogni tanto la terra spaccata. Dopo aver fatto compere nel pomeriggio i nostri si stavano organizzando per la cena quando notarono una bassa nube nerissima (più bassa e più nera delle altre) ferma nei dintorni della taverna scelta per il pasto, dalla quale scendeva un grosso canapo, spesso una decina di centimetri, legato alla vita di un uomo dalla pelle nera, alto quasi tre metri, massiccio e muscoloso oltre la norma; il canapo era teso all’inverosimile verso la nube come anche i muscoli del braccio del gigante che lo teneva; una certa calca si era formata intorno allo strano tizio e i maghi pensarono bene di andare ad indagare. I due, interrogato il bestione, scoprirono il suo nome essere Anchor, un rappresentante di un immortale chiamato Cospinol (una qualche specie di divinità marina)… – …E sono qui in cerca di un angelo e un demone (so che sono stati avvistati da queste parti) i quali si sono impossessati dell’anima del fratello del mio padrone… adesso però mi potreste dire dove procurarmi qualcosa da mangiare ? – disse il gigante mentre il suo stomaco gorgogliava sonoramente. Briagenn e Alejandro incuriositi, volendone sapere di più, lo accompagnarono ad una taverna; Anchor tese i muscoli allo spasmo e si mosse trascinandosi dietro la nuvola nera insieme a qualunque cosa fosse legata al canapo dentro di essa; le guardie cittadine subito allarmate si fecero incontro al gigante intimandogli di lasciare la città ma furono convinte dai due maghi che non stava facendo alcun male e quindi si limitarono a controllarne i movimenti. Il proprietario della taverna più vicino, con la scusa di aver finito le provviste, non permise loro di entrare quindi si diressero verso un altro luogo in cui cenare ma Anchor, girandosi, fece impigliare il canapo nel tetto di una casa sradicandone una grossa porzione come se nulla fosse; le guardie assistito a tutta la scena colsero l’occasione per attaccarlo ma il bestione, inizialmente pacifico, vista la mala parata, uccise a mani nude le guardie in pochi secondi poi cominciò con grande sforzo a tirare verso di sé la grossa fune facendo uscire dalla nube una nave composta da legno marcio e resti di creature di tutti i tipi uniti in maniera caotica. Tenendo la corda con immane sforzo con un braccio solo Anchor suonò un fischio marinaresco e dalla nave uscirono miliardi di granchi che scesero per il canapo avvolgendo i cadaveri delle guardie e portandoli sulla nave per unirli alla chiglia. Mentre osservava rapito questo spettacolo macabro Alejandro venne distolto da Regàlia, appena arrivata sulla scena bardata di tutto punto e con i muscoli del viso tirati per la tensione, che portò via i due allievi rimproverandoli per la loro curiosità… Scuotendosi dalle proprie fantasie Briagenn torna al presente mentre la compagnia entra nel largo corridoio e nella porta a sinistra che immancabilmente si apre da sola rivelando una grande stanza pressoché quadrata, lussuosamente ammobiliata ma con i mobili ammassati alle pareti e i preziosi tappeti arrotolati anch’essi messi da parte e una porta chiusa sulla parete opposta ma la cosa che colpisce subito gli occhi è un ring allestito nel bel mezzo della stanza; in uno degli angoli si trova un uomo dalla pelle grigia con pantaloncini di seta color ambra in posizione di guardia, a fargli da secondo un uomo con pizzetto e capelli neri lunghi ondulati, vestito riccamente di sete colorate con un cappello a tesa larga adornato di una piuma di pavone, ha una borsa di monete che gli pende dalla cinta ed è affiancato da due alabardieri della stessa carnagione del pugile; dalla parte opposta diverse sedie sono poste in file parallele in direzione del ring e su ognuna di esse fluttuano un paio di occhi rossi che si girano a guardare i compagni appena entrati. Fatte le presentazioni si scopre che il tizio si chiama Jean Louis ed è il manager del pugile (un essere magico di sua creazione) e che i nostri si trovano nel Castello degli Amber nei Principati di Glantri: la famiglia Amber (o per meglio dire d’Amberville nella sua lingua originaria) è ben conosciuta a Glantri ed è una delle più influenti se non la più influente in assoluto. Jean Louis propone al gruppo un combattimento di pugilato senza ausilio di oggetti magici o incantesimi con la sua creatura scommettendo 10.000 MO sul suo campione, offrendo anche premi aggiuntivi in caso di K.O. prima del limite o in proporzione alle riprese sostenute dallo sfidante; il Carretto Impennato naturalmente si guarda bene dal rifiutare la proposta ed Erik si fa avanti per affrontare la sfida ma l’incontro ha poca storia: come suona il gong il pugile dalla pelle grigia comincia a muoversi ma il guerriero è più lesto e assesta un uppercut che penetra la guardia dell’avversario colpendolo pieno al mento e mandandolo subito a terra privo di sensi. L’impresa è tale che Jean Louis ne rimane sconvolto nondimeno onora la scommessa pagando il dovuto mentre gli occhi degli spettatori invisibili svaniscono nel nulla. Soddisfatti del guadagno i compagni si avvicinano all’unica porta d’uscita che si apre da sola su una stanza delle stesse dimensioni della precedente rivestita di pannelli di mogano verniciato assolutamente priva di mobilia tranne che per un forziere abbandonato in un angolo, una porta è presente sul muro di fronte e una sul muro a sinistra, un grande camino di marmo fa bella mostra di sé nel muro a destra e attorno ad esso ci sono dodici umanoidi dai tratti felini acciambellati su dodici cuscini sparsi per terra. Non appena il gruppo fa il suo ingresso nella stanza i mostri attaccano ma Anton è rapido a reagire e ne paralizza due con l’incantesimo blocca persone mentre il resto dei compagni riesce a schivarli agilmente; Briagenn lancia il solito dardo incantato ma questo si divide in tanti dardi che colpiscono ogni essere nella stanza compresi i membri del Carretto; nonostante questo il combattimento è facile, ogni singolo colpo dei nostri è letale per i mostri che in pochi secondi vengono sgominati. La mente della maga dopo il dardo malfatto torna al test d’ammissione sostenuto insieme ad Alejandro a Specularum una ventina di giorni prima… queste sue anomalie nel lancio degli incantesimi influenzeranno forse il giudizio della commissione ? Scacciando questo dubbio dalla mente Briagenn si unisce al gruppo nell’esaminare la stanza trovando qualche migliaio di monete d’oro nel forziere già aperto… questo castello comincia ad essere interessante: è molto remunerativo… Usciti per la porta dalla parte opposta del camino i nostri si trovano in un immenso corridoio lungo almeno un centinaio di metri, largo quindici e alto almeno otto con la solita guida rossa nel centro del pavimento che lo attraversa per la lunghezza, una passerella a cinque metri da terra lo attraversa per la larghezza sulla destra, le migliaia di grossi specchi che tappezzano le pareti e il soffitto e il pavimento di marmo lucidato creano con la luce delle torce del gruppo un effetto incredibile; diversi candelabri dorati e lucidi ornano i muri e dal soffitto pendono lampadari di cristallo ma nessuno di questi è acceso. Appena l’intera compagnia entra nel corridoio le numerose porte che vi si affacciano si aprono all’unisono e poi sbattono contemporaneamente spegnendo tutte le fonti di luce con lo spostamento d’aria; quando i compagni le riaccendono tutti i candelabri e lampadari del corridoio si accendono accecandoli tutti con il riflesso degli specchi tranne il nano che fa in tempo a ripararsi gli occhi. Dal fondo del corridoio quattro umanoidi, del tutto simili al pugile affrontato da Erik, si avvicinano con intenzioni ostili. Fantasma reagisce colpendone uno con un fulmine scagliato dal pugnale magico (ennesima ricompensa avuta da Shime) senza però ucciderlo, gli umanoidi allungano le braccia come se fossero di gomma per avvinghiare i compagni ma ci riescono solo col guerriero il quale però riesce subito

XXXIX

a liberarsi e ferire gravemente il suo avversario. Il combattimento non sembrerebbe letale ma si prolunga per qualche minuto a causa della cecità del gruppo, comunque alla fine i nostri riescono ad avere ragione degli avversari e si ritirano nella stanza con il camino in attesa che la vista ritorni. Sotto lo sguardo vigile del nano a fare da guardia i compagni pranzano consumando un po’ di carne secca e formaggio fino a che, dopo due ore, la vista torna e si apprestano a continuare l’esplorazione consci adesso della presenza di trappole nel castello. Cos’altro troveranno i nostri nel castello degli Amber? Chi li avrà portati in questo posto e perché? Avrà forse qualcosa a che fare con Annette, la bambina incontrata nel bosco qualche tempo prima?

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: IL RITORNO DI ANNETTE Ovvero

DI COME GUSTARE UNA CENA SPETTRALE POSSA AVERE EFFETTI BENEFICI PER ALCUNI E DARE ASSUEFAZIONE AD ALTRI Partecipare ad una cena in un castello di solito è una cosa piacevole, specialmente per un avventuriero che pasteggia spesso a carne secca e gallette, quando però il pasto si svolge in un castello sconosciuto in compagnia di esseri spettrali forse sarebbe più saggio non mangiare e tornare alle razioni da viaggio. Giorno 18 di Flaurmont. Avevamo lasciato la compagnia alle cure dei chierici nella stanza dei felini umanoidi dopo l’episodio dell’accecamento; recuperata la vista i nostri proseguono l’esplorazione dello strano castello più per curiosità che alla vera e propria ricerca di una via d’uscita. Tutti in fila dietro al nano che grazie alla sua capacità di infravisione riesce a guidarli anche al buio, i nostri si dirigono alla prima porta a sinistra sul lato opposto del grande corridoio che immancabilmente si apre da sola rivelando un altro corridoio molto più piccolo del precedente con tre porte sulla parete sinistra. La prima delle porte si apre su una stanza quadrata di sei metri di lato con il pavimento completamente ricoperto da una sostanza verde gelatinosa, una piattaforma non molto grande si eleva di mezzo metro dal pavimento e un forziere cubico di pietra è cementato su di essa; il soffitto è completamente ricoperto di una sostanza nera grigiastra. Osservando la stanza Lorien si scopre a fantasticare malinconicamente sulle acrobazie che avrebbe potuto eseguire Gold per arrivare al forziere mentre Fantasma, più concretamente, legato con la corda si addentra nella stanza. Dopo pochi passi la melma verde comincia a muoversi apparentemente minacciosa verso il nano che accelera in direzione della piattaforma; l’elfa è la più lesta a reagire scagliando una freccia alla sostanza verde la quale però continua a concentrare la sua attenzione sul nano colpendolo e ferendolo gravemente con la sua composizione acida. Fantasma viene rapidamente recuperato grazie alla corda e tirato fuori dalla stanza mentre Alejandro, grazie agli insegnamenti di Regàlia, riconosce il mostro sul pavimento come una melma vischiosa e il mostro sul soffitto come un protoplasma nero. Tutti fuori dalla stanza i nostri si consultano sul da farsi ma Briagenn, rimasta nelle retrovie, sobbalza improvvisamente accorgendosi di una nuova presenza accanto a lei nel corridoio: una cortigiana vestita con un abito sfarzoso con busto stretto e gonna a campana saluta la compagnia presentandosi come Isabel d’Amberville. Temporaneamente dimentichi della stanza con i mostri i compagni si fermano a parlare amabilmente con lei avendo conferma che il castello si trova nei Principati di Glantri e per la precisione nella regione di Averoigne, inoltre scoprono di non essere i primi sconosciuti che capitano qui ma anzi di essere gli ultimi di una lunga schiera di avventurieri che li hanno preceduti; la ragazza a questo punto va via senza fornire ulteriori informazioni. Dopo questo strano intermezzo la compagnia si dedica di nuovo alla melma verde gettandole sopra alcune fiaschette d’olio per lanterna e incendiandola con una freccia infuocata scagliata dell’elfa; la strategia sembra avere effetto e dopo un ulteriore lancio di olio e conseguente incendio la creatura gelatinosa pare completamente distrutta tranne che per la parte residua sopra la piattaforma e il forziere. Il nano entra, di nuovo legato, tenendo d’occhio il soffitto che però non dà segni di vita, arrivato sulla piattaforma viene ancora attaccato e ferito quasi a morte dalla creatura; tutto il gruppo adesso si getta in corpo a corpo con la melma e riesce a distruggerla rapidamente. Tenendo sempre d’occhio il protoplasma nero che ancora non dà segni di vita, i compagni aprono il forziere ricavandone diverse monete una spada magica e un altro bastone guaritore che viene prontamente affidato a padre Anton. Usciti dalla stanza si trovano nuovamente davanti Isabel che ha cinque dardi incantati fluttuanti attorno alla propria testa pronti per essere scagliati sui nostri a meno che non le consegnino gli oggetti magici trovati; dopo qualche trattativa la ragazza accetta di andarsene senza colpo ferire in cambio della sola spada e 1000 monete di platino. Parecchio infastiditi da quest’ultimo evento i compagni proseguono l’esplorazione nella stanza successiva, delle stesse dimensioni della precedente, piena di ragnatele; tre ragni delle dimensioni di un pony con un protuberanza sulla schiena accolgono il gruppo. Erik e Fantasma sono i più veloci a reagire e uccidono subito un ragno; i due mostri rimanenti, con somma sorpresa di tutti, scagliano un dardo incantato sul guerriero e un sonno che addormenta Briagenn e Lorien; interviene dunque don Lesina che ne uccide uno con una martellata; il resto dello scontro si risolve rapidamente a favore della compagnia che si concentra tutta sul superstite uccidendolo. Una perquisizione della stanza permette il ritrovamento di una scatola di legno invischiata tra le ragnatele contenente alcune gemme e monete. I compagni escono dalla stanza con circospezione temendo di imbattersi di in Isabel ma, trovando il corridoio deserto, proseguono l’esplorazione aprendo l’ultima porta per scoprire un semplice ripostiglio della biancheria da cui non fanno altro che recuperare alcuni asciugamani, saponi e altre articoli utili per la pulizia personale. Ispezionate tutte le stanze sul piccolo corridoio, tornano al corridoio buio entrando nella porta successiva che si apre su una enorme camera da letto ricca di ornamenti con un letto a quattro piazze con un baldacchino con le tende abbassate. In trasparenza attraverso le tende si intravede un essere sdraiato di dimensioni molto più grandi di un uomo che entra a malapena nel letto. Mentre i nostri rovistano nella stanza il bestione si alza ed esce dal baldacchino lasciando tutti esterrefatti: è un grosso orco che indossa una vestaglia da donna piuttosto stretta e che si comporta come una fanciulla indifesa; si presenta come Janette d’Amberville e sostiene che questa sia camera sua. Il gruppo riesce a farsi dare il permesso di perquisire la stanza con la scusa di proteggerla da eventuali pericoli e il nano riesce a trovare un passaggio segreto sulla parete a sinistra che dà su un’altra camera abitata questa volta da un essere alto più di due metri con la testa di leone; egli si presenta come Riccardo Amber “il Cuor di Leone” e, dopo aver intimato più volte ai nostri di andarsene senza ottenere soddisfazione, prorompe in un ruggito tonante che fa scappare in preda al panico tutti i compagni (che si rifugiano nell’atrio da dove sono entrati) tranne Fantasma e don Lesina il quale tenta un incantesimo blocca persone sul felino; la magia non ha effetto e anzi, come spesso succede ultimamente, si ritorce contro lo stesso chierico paralizzandolo. Il nano, rimasto ormai solo contro il mostro, agguanta il compagno bloccato, arretra trascinandoselo nella camera di Janette e chiude il passaggio segreto sostenendo una tremenda prova di forza con Cuor di Leone; i restanti membri del Carretto dopo un minuto di panico ritornano in sé e Anton pensa bene di tapparsi in qualche modo le orecchie (imitato da Erik e Lorien) e poi seguire i maghi che invece erano subito corsi in aiuto di Fantasma e Ivan. Nel frattempo il nano, dopo un altro minuto di lotta, proprio mentre arrivano i maghi, cede e viene ferito quasi a morte dal mostro sulla soglia del passaggio; Briagenn allora, affiancando Fantasma, lancia l’incantesimo ragnatela fermando per qualche attimo il felino poi, mentre Alejandro si lancia immagini illusorie in previsione del corpo a corpo, il nano arretra bevendo una pozione guaritrice ma viene sorpreso dall’attacco alle spalle dell’orco d’Amberville che gli ammolla una poderosa manata vanificando gli effetti dell’elisir appena assunto. Alcuni secondi dopo arriva il resto del gruppo con le orecchie tappate da pezzi di stoffa strappati dai propri vestiti; Fantasma beve un’altra pozione curativa mentre il guerriero con un colpo quasi uccide l’orco, finito poi da un dardo incantato di Alejandro; Anton si para davanti al felino e lo colpisce col suo bastone distogliendone l’attenzione dagli altri con provocazioni anche verbali, ne nasce un bello scambio di parate tra il bastone del chierico e lo spadone del leone mentre gli altri lo feriscono più volte, questo allora, vista la mala parata, ruggisce di nuovo facendo scappare stavolta solo i maghi. Dopo un ulteriore scambio furioso di fendenti e parate da entrambe le parti, Fantasma finalmente giunge a dare il colpo di grazia al felino quindi, dopo essersi curati, gli eroi decidono di “accamparsi” nella camera da letto per una buona nottata (ammesso che sia notte) di riposo facendo comunque turni di guardia. Durante il riposo il sonno di Briagenn e Ivan è disturbato dal medesimo incubo: Serafius e Imtilius si scontrano con Iril fratello dell’immortale Cospinol (del quale la maga ha incontrato il servitore durante l’addestramento a La Soglia) e lo sconfiggono assorbendone il potere; Fantasma, di guardia, osserva il corpo di Briagenn che si inarca come in preda ad uno spasmo e prorompe in un’esplosione di luce, come in risposta anche la figura del chierico si contorce ed emana un’onda d’urto magica che ferisce seriamente tutti i compagni presenti nella stanza. Dopo questo brusco risveglio, mentre un Anton sempre più stufo di questi continui imprevisti, non riuscendo più a trattenere la rabbia, colpisce forte don Nikelnevich col bastone, tutti si accorgono che Briagenn è all’apparenza un po’ invecchiata e ha acquisito alcuni tratti fisici demoniaci, sebbene non molto evidenti. Dopo l’ennesima sessione di cura i nostri tornano a dormire. La mattina al risveglio Briagenn è tornata al suo aspetto consueto e sia lei che Ivan non hanno più la sensazione di essere “abitati” dalle due entità contrapposte; nel momento in cui pensano questo una ragazzina di una quindicina di anni con i capelli bianchi ed una rosa tatuata sopra il petto fa la sua comparsa sulla porta della camera; i compagni non faticano a riconoscerla come la bambina che non si bagnava sotto la pioggia sebbene sia cresciuta ben più del normale rispetto a quando l’avevano incontrata un mese prima:

XL

– Non so se vi ricordate di me… mi chiamo Annette d’Amberville – dice la ragazza – e sono stata io a portarvi qui. Però vi avevo convocato per risolvere un mio problema, non per crearne come state facendo quindi ho pensato bene di reprimere l’angelo e il demone… finche siete qui non dovrebbero crearvi più seccature –. Poi sparisce così improvvisamente come era apparsa senza menzionare il motivo della loro presenza. Un po’ basiti dall’incontro con Annette i nostri eroi proseguono la loro esplorazione seguendo l’enorme corridoio buio ed entrando nella successiva stanza a sinistra dove vengono accolti da due spettri, un uomo di mezz’età e una matrona dalle vesti sfarzose, i quali li attaccano ma con scarso successo perché uno viene distrutto dall’ascia del nano e uno scacciato dal simbolo sacro di Anton; frugando nella stanza viene trovato uno scrigno chiuso con un lucchetto. Mentre gli altri compagni aspettano fuori della stanza, Fantasma rompe il lucchetto con l’ascia affiancato da Ivan e Anton pronti a curarlo in seguito ad un’eventuale trappola; la quale prontamente scatta ma consiste in una nube velenosa che si sprigiona dallo scrigno cogliendoli di sorpresa. Il nano e il Lesina vengono investiti in pieno e si accasciano al suolo morti ma don Popescu riesce a evitare lo spruzzo e intervenire prontamente riportando in vita i due grazie al neutralizza veleni del suo nuovo bastone guaritore; la successiva perquisizione dello scrigno aperto frutta ben 5000 monete d’oro. Appena scampati ad un pericolo mortale, i compagni proseguono con circospezione verso l’ultima porta a sinistra del corridoio buio che si apre su una enorme cucina di una quarantina di metri per quindici in cui una dozzina di hobgoblins spettrali vestiti di una livrea color ambra chiaro sono intenti a preparare un ricco pranzo anch’esso dall’aspetto traslucido; a destra della porta scale di pietra conducono ad una porticina di legno da cui alcuni dei camerieri spettrali vanno e vengono. Sembra che gli spettri non siano minimamente interessati a loro quindi i compagni hanno modo di perquisire la stanza indisturbati senza però trovare nient’altro che normalissimi utensili da cucina, quindi salgono le scale ed escono dalla porticina sbucando sulla passerella che attraversa il grande corridoio e arrivando, tramite un’altra porticina, in una mastodontica sala da pranzo lunga quarantacinque metri e larga ventiquattro in avanzato stato di abbandono, scesi nella stanza il suo aspetto muta miracolosamente e appare perfettamente ordinata, sebbene concentrandosi attentamente si possano intravedere le sue reali condizioni; dal muro di fronte dodici maschi e dodici femmine, diversi umani e alcuni semiumani, riccamente vestiti entrano nella sala sedendosi al lunghissimo tavolo lasciando vare sedie vuote davanti ad ognuna delle quali c’è un cartellino con il nome di un membro del Carretto Impennato. Non appena i compagni si siedono a tavola al proprio posto dalla porta sopra le scale cominciano ad entrare camerieri fantasma con le portate (spettrali anch’esse tranne quelle portate ai nostri). Solo Anton e Briagenn hanno l’ardire di consumare l’intero pasto mentre Fantasma e Erik consumano solo una portata rendendosi conto che il cibo ha avuto qualche effetto magico (seppur benefico su di loro); alcune portate aumentano la resistenza di chi le mangia, altre tolgono permanentemente la fame, alcune bevande causano una leggera sbornia, altre rendono immuni dai veleni e alcune sono avvelenate. Alla fine arriva il dolce: uno strudel accompagnato da un buon brandy ma, quando la maga del Carretto assaggia il vino, comincia a sentirsi strana, assume un’espressione apatica, i suoi occhi guardano nel vuoto e il suo corpo diventa traslucido come quello degli altri commensali. La cena è finita e i convitati spettrali si alzano ed escono da dove sono entrati seguiti da Briagenn che sparisce con loro nel muro; don Ivan Nikelnevich ha una sensazione bizzarra, come se qualcosa a cui era molto legato stesse andando via, come se stesse perdendo una parte di sé. Piuttosto basiti e affranti (specialmente Alejandro) per la scomparsa di Briagenn, conclusa l’esplorazione dell’ala sinistra del castello, i compagni si dirigono verso la porta in fondo all’immane corridoio buio che immancabilmente si apre da sola schiudendosi su un panorama stupefacente: una colossale cupola di vetro alta più di trenta metri sovrasta una stanza ottagonale di oltre cinquanta metri di lato contenente una vera e propria foresta con alberi di vario tipo che si alzano fin quasi a toccare la volta, non molto distante sulla sinistra si ode lo scorrere di un corso d’acqua e dalla porta si dipana un sentiero che si addentra nella vegetazione. Riusciranno i nostri eroi ad uscire da questo incredibile castello? E quale sarà il problema da risolvere di cui ha parlato Annette? Imtilius camminava con passo svogliato assorta nei propri pensieri, un po' perché aveva ritrovato questa nuova libertà un po' perché non era più lì. La strada lastricata di cadaveri e circondata da una bassa coltre di nebbia rossastra, continuava il suo percorso tortuoso verso la reggia; il lamento delle anime dannate e costrette in questa dimensione facevano da cornice a una tetra follia. Era per lei aria di casa e cercando di togliersi dalla mente quei pensieri poco opportuni per il luogo, mentre la reggia si faceva prossima, tramutò il suo aspetto demoniaco in semi umano, raccolse un anima dalla cortina di nebbia e deliziata ne assunse l'essenza. Sulla soglia di casa l'attendeva il padre che accolse il ritorno della figlia con uno, se così si può definire, smagliante sorriso. - Ben tornata. - esordì abbracciandola - Ti stavamo aspettando, sapevamo che prima o poi ce l'avresti fatta a liberarti da sola da quell'inutile sortilegio. - - Veramente se vogliamo essere precisi, mi sono liberata per un fortuito caso e strana coincidenza, visto che mi trovavo nel castello dei d’Amberville e l'inutile sortilegio era ben radicato. - disse liberandosi dall'abbraccio del padre e superandolo per entrare nella reggia. Il padre si voltò lentamente e la seguì - Quindi eri in "Casa Amber"? che cosa interessante! lo sapevi che anche Cospinol vi stava cercando? - . - No! non lo sapevo, ma immagino che stia ancora cercando vendetta per il suo stupido fratello. - disse mentre camminava. La reggia vista da fuori aveva l'aspetto di un normalissimo castello, ma all'interno la cognizione di spazio perdeva significato: porte seguite da scale all'interno di stanze dalle forme più strane e dagli arredi più bizzarri; tutto era mutevole anche se i due ovviamente si muovevano con sicurezza. - Si, vi dà ancora la caccia per vendicare suo fratello, ma mi hanno riferito che il codardo non si è fatto vedere… piuttosto qualcuno lassù ha visto Anchor e pare sia andato molto vicino alla sua preda - disse sorridendo in attesa della reazione della figlia. Imtilius si fermò, pensò e realizzò… alla mente le tornarono le sensazione vissute da Briagenn nell'incontro con Anchor… lei non lo sapeva fino a poco fa, perché in quel momento non era presente, cosa che denotava il potere del vincolo che l'aveva legata per diversi anni in quel corpo. - Ah sì, adesso ricordo, se fossi stata lucida avrei potuto anche affrontarlo. - riprese a camminare aprendo un enorme portone completamente liscio e fatto di oro, all'interno un enorme stanza avvolta nell'oscurità e in lontananza una piccola fonte di luce bianca. Si avvicinava con passo deciso, ma la distanza sembrava infinita e l'effetto era quello di una cosa che man mano si allontana, improvvisamente invece gli fu di fronte. Polsi e caviglie legati a catene che si perdevano nell'oscurità, il corpo privo di vita di un angelo pendeva nella sua tetra prigione con i muscoli del corpo tesi e la testa inerme rivolta verso il basso. - Sei proprio sicura di volerlo tenere, non è un bello spettacolo da vedere - disse con disgustato il padre. - Ti lascio, i doveri su questa dimensione mi chiamano. - e sparì. - …ti riavrò, saremo di nuovo insieme e questa volta per sempre… - disse accarezzando il volto dell'Angelo dalle ali nere. - Devo tornare a riprendermelo!! - [continua...]

XLI

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: LA FANCIULLA E L’UNICORNO Ovvero

DI COME UNA FORESTA POSSA FACILMENTE DIVENTARE UN CIMITERO SE NON SI E’ PRUDENTI Ogni buon avventuriero dovrebbe imparare con l’esperienza ad essere previdente e accorto rispetto alle proprie azioni perché un minimo di giudizio può fare la differenza tra la vita e la morte e la sventatezza può mettere in pericolo anche i compagni; la Compagnia del Carretto Impennato l’ha imparato a proprie spese. – E CHE DIAMINE! ASPETTATEMI ALMENO NO! – Dice la maga Dalyane ai compagni arrivando di corsa dal grandissimo corridoio buio (come… non vi ricordate di Dalyane? Nemmeno io a dire la verità ma i nostri hanno l’impressione di conoscerla da sempre e che sia sempre stata con loro, in qualche modo il ricordo di Briagenn è totalmente svanito rimpiazzato da quello della maga). Il gruppo nuovamente riunito (??) si addentra nella foresta attraverso il sentiero (l’unica maniera possibile dato che la vegetazione è così fitta da essere impenetrabile) dopo pochi metri però Lorien si accorge di qualche movimento su entrambi i lati del sentiero, appena il tempo di avvertire i compagni che i grossi rami si piegano verso il sentiero, rimembrando all’elfa il triste ricordo di Gold e dell’esperienza con lui sul grande albero animato, ma viene subito distolta dalle sue nostalgiche reminiscenze perché le intenzioni delle piante sono evidentemente ostili. Tre alberi da un lato del sentiero e tre alberi dall’altro attaccano la compagnia, uno riesce quasi ad avviluppare con i propri rami Anton ma viene abbattuto dagli attacchi congiunti dello stesso chierico, Erik, Fantasma e Ivan il quale però viene a sua volta imbrigliato e trascinato verso quella che sembra una bocca così come Dalyane e Lorien; l’elfa però riesce a divincolarsi mentre Alejandro, temendo il combattimento, si lancia l’incantesimo che fa apparire due immagini illusorie di se stesso. Il nano rimasto libero trancia uno dei rami che tiene prigioniero don Lesina, proprio mentre l’albero sta cominciando a masticarlo, dandogli modo di sfuggire alla presa; la lotta è ardua perché le piante sono difficili da colpire a causa dei tanti rami che tentano di afferrare i nostri, così, mentre anche la maga viene mangiucchiata, vengono afferrati Anton, Fantasma e l’elfa. Erik interviene in aiuto di Dalyane assestando una poderosa spadata recidendo le appendici che la tengono prigioniera e facendola cadere prona a terra, don Lesina invece accorre in soccorso del suo confratello senza riuscire però a liberarlo; quindi, mentre Anton e il nano vengono assaggiati anch’essi, Alejandro calcola il lancio del suo nuovo incantesimo palla di fuoco in modo che esploda in alto colpendo solo le chiome degli alberi e non i compagni, abbattendo così il mostro-pianta che incombeva sulla maga rimanendo vittima però di un altro che afferra i tre gemelli facendo svanire le due immagini. Nel frattempo Lorien, Anton e Fantasma vengono ancora rosicchiati mentre il guerriero sempre libero colpisce l’albero che tiene il mago salvandolo dalla bocca del mostro, poi Lorien si libera cadendo bocconi mentre nano e chierico sono quasi interamente dentro la bocca; Alejandro allora interviene bastonando il mostro che trattiene don Popescu, lo stesso fa la maga con un dardo incantato, Lorien rialzatasi tira una freccia precisissima a recidere l’ultimo ramo che lo trattiene liberando il chierico ed Erik abbatte anche questo mostro col suo poderoso affondo. Don Lesina, per non essere da meno, uccide un’altra pianta sotto i colpi del suo poderoso martello da guerra mentre Erik libera anche Fantasma con la collaborazione di un dardo di Alejandro, poi, dopo una serie di colpi a vuoto Anton e Dalyane uccidono il penultimo mostro rimasto. L’ultimo albero viene abbattuto dagli sforzi congiunti di Fantasma, Popescu e Lorien proprio mentre don Nikelnevich stava per essere avviluppato dai suoi rami. Dopo una sessione intensiva di cure i compagni avanzano per il sentiero un po’ più guardinghi, in testa affiancati il nano e il guerriero, seguiti da Anton e Alejandro, a ruota Ivan e Dalyane e a chiudere la fila Lorien; ai lati del sentiero ombre di figure bizzarre sembrano seguirli facendo capolino dalla vegetazione contribuendo a creare una certa tensione. Svoltata una curva del sentiero i nostri eroi giungono ad un bivio a lato del quale una giovane dalla pelle ambrata e dai lunghi capelli dorati giace addormentata con la testa poggiata delicatamente sul grembo di un unicorno sopito anch’esso; la ragazza indossa un abito giallo e un mantello color zafferano e cinge tra le braccia un piccolo cofanetto di legno. Il colore della sua pelle è sospetto e fa scattare qualcosa nella mente della maga, dai suoi studi ricorda che i draghi dorati hanno l’abitudine di assumere forma umana nel qual caso la loro pelle prende proprio quella colorazione. Anton si avvicina all’unicorno ammaliato dalla sua bellezza ma la creatura si sveglia facendo destare anche la fanciulla. Pare che Lady Susanne, questo il suo nome, viva qui (anche se non conosce i padroni di casa) e che non sia mai uscita dalla foresta, per qualche minuto chiacchiera amabilmente col gruppo mentre don Popescu accarezza delicatamente l’unicorno, poi, stufa delle loro continue domande, sale in groppa alla bestia saluta e va via. La strada a destra del bivio conduce ad una porta a due ante che, a occhio e croce, corrisponde all’entrata principale del castello che i nostri avevano già provato ad aprire senza successo, quindi decidono di continuare dritto fino a che il sentiero non arriva ad un ponte di legno largo tre metri che attraversa un corso d’acqua. Dalla parte del ponte vicino ai compagni un umanoide con testa e corna da caprone sta dicendo apparentemente a nessuno: – Vi prego non mangiatemi signor troll, i miei fratelli che sono dietro di me sono più grossi e grassi di me! – – Va bene. Puoi passare. Aspetterò i tuoi fratelli. – risponde da sotto il ponte una voce roca e profonda. Il caprone a questo punto oltrepassa di corsa il ponte. I compagni si avvicinano al ponte e vengono puntualmente appellati dalla voce che intima loro di fermarsi e lasciare i loro averi per passare altrimenti verranno mangiati dal troll che abita sotto il ponte; per niente intimoriti dal vocione gli eroi fanno per attraversare mentre Anton da una parte e Lorien dall’altra si apprestano a controllare l’effettiva presenza del mostro sotto il ponte, ma il troll esce dal fiume e fa la sua comparsa sulla passerella completamente bagnato attaccando il gruppo. Il mostro ha vita breve e il combattimento finisce in meno di un minuto con il nano unico ferito lieve del gruppo e la testa della bestia recisa dal corpo e bruciata. Il sentiero giunge in seguito ad una polla d’acqua circolare alimentata dal corso d’acqua che attraversa la foresta, al centro una fontana di pietra scolpita a forma di tre gargoyle intrecciati che spruzzano acqua dalla bocca, incassato sotto le statue si scorge uno scrigno metallico chiuso da un lucchetto. Susanne seduta sul bordo della fontana sta bevendo da uno strano bicchiere fatto di foglie, interrogata dal gruppo sulla bontà dell’acqua rivela che è rinvigorente ma anche pericolosa, poi di nuovo scocciata dalla loro presenza si allontana a cavallo dell'unicorno. Anton e Dalyane incuriositi provano a bere l’acqua e, mentre la maga aumenta magicamente la propria agilità, il chierico non regge, muore sul colpo e viene risucchiato nell’acqua. Allarmati dalla situazione gli altri si adoperano per recuperare don Popescu ma il corpo sembra completamente sparito; Lorien, salita su un albero, vede il fondo della fontana ricoperto da una strana sostanza grigia ma nessuna traccia di Anton, il nano allora entra nell’acqua legato in vita con una corda nell’estremo tentativo di recuperare il compagno ma viene ferito da qualcosa mentre l’elfa, provando ad aiutarlo, sbaglia mira e gli pianta una freccia nella schiena. Fantasma sembra trattenuto da qualcosa nell’acqua e viene ferito sempre più gravemente alle gambe. I maghi visto il pericolo cominciano a scagliare dardi incantati nella polla e don Lesina con Erik tirano la corda per far uscire il nano ma, nonostante diano fondo a tutte le proprie energie, non hanno successo; anche Lorien si unisce ai maghi lanciando un dardo incantato ma non è sufficiente e Fantasma, ormai allo stremo, cede definitivamente e si accascia proprio mentre il chierico e il guerriero riescono a tirarlo fuori dall’acqua. Anton Popescu è morto. Fantasma Rutarrad è morto. I compagni sono affranti (qualcuno forse più per gli oggetti perduti del chierico che per la sua scomparsa) e, mentre si apprestano a seppellire almeno i resti del nano, compare ancora una volta Annette, stavolta dimostrando un’età intorno ai venticinque anni. Alle proteste del gruppo per non averli aiutati la donna risponde che la colpa è solo loro, che se la devono cavare da soli e, nonostante i troppi decessi le causino qualche fastidio, ribadisce che il Carretto Impennato le serve esclusivamente per i propri scopi e non ha il minimo interesse affettivo verso di loro. Poi sparisce com’era apparsa senza aver ancora rivelato il motivo della loro presenza nel castello lasciandoli perplessi e abbattuti. Estratto del Diario di Anton Popescu (entrato in possesso di Lorien Loth): “19 di Flaurmont dell’anno 1000 …sono casualmente ed accidentalmente entrata in possesso di questo diario dopo la tragica dipartita di Don Anton Popescu, ultimo membro accodatosi a questo nostro ormai sfortunato gruppo di avventurieri che prende il nome di “Compagnia del Carretto Impennato”… ma questa è un’altra storia… Sarà forse stato il destino a decidere che io dovessi trovare questo manoscritto, per questo non mi voglio opporre ed ho deciso di continuare a scrivere i miei pensieri su questi logori fogli in modo che, se il fato deciderà che è giunta per me l’ora solenne, almeno potrò tramandare ai posteri i miei ultimi pensieri.

XLII

Fatti strani stanno accadendo ultimamente ed una sensazione strana mi pervade… Lo sconforto non mi ha più abbandonato dopo la morte di Gold, ma non è solo questo che percepisco… Ci troviamo in quello che sembra essere il Castello degli Amber, una famiglia strana e bizzarra di cui abbiamo fatto in parte la conoscenza… Oltretutto sembra che qui tutto sia avvolto da un’aura magica… La Compagnia si sta decimando, forse per la troppa brama di potere dei “corrotti” cuori umani… Solo in questo momento capisco che forse mio padre aveva ragione a mettermi in guardia su di loro… Ormai è troppo tardi, sono una raminga, scacciata e ripudiata dal proprio popolo, senza più la possibilità di far ritorno… Pensieri che sfrecciano veloci come nuvole. Il fuoco danza allegro sul legno in queste ore di guardia notturna e mi tiene compagnia… Mi chiedo cosa accadrà domani, curiosa ed un po’ preoccupata… Lorien”

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: LA FORESTA IN FIAMME Ovvero

DI COME UN DRAGO D’ORO ABBANDONI LA SUA PROVERBIALE MITEZZA SE GLI VIENE SCONVOLTO L’HABITAT NATURALE Un drago è un essere sempre pericoloso e imprevedibile. Nonostante ce ne siano alcuni tipi mansueti (come ad esempio quelli dorati) il loro comportamento non è mai scontato perché ragionano in maniera totalmente diversa dalle razze umane o semi-umane che tengono in gran conto la propria vita; per un drago invece l’esistenza di queste creature è spesso insignificante data la sua relativa breve durata rispetto alla vita del pianeta, quindi il preservare l’ambiente circostante può essere ben più importante della vita umanoide. Giorno 19 di Flaurmont. La Compagnia del Carretto Impennato, decimata e stravolta dagli ultimi eventi, decide di averne avuto abbastanza per la giornata dedicandosi alla ricerca di un posto adatto per accamparsi, riposarsi, rifocillarsi e metabolizzare la perdita del nano e del chierico. Il posto più adatto sembra essere l’incrocio in cui hanno incontrato per la prima volta la ragazza con l’unicorno, quindi i nostri approntano il bivacco e si preparano ovviamente ai turni di guardia. Giunto il proprio turno, Erik sente alcuni rumori provenire dal portone a due ante d’ingresso al castello e, avvicinandosi, un parlottare di due persone provenire da oltre l’entrata; a giudicare dai loro discorsi sembra che i due siano smarriti e probabilmente trasportati qui contro la loro volontà proprio come i nostri eroi… evidentemente sono il rimpiazzo che Annette ha pensato per la compagnia. Il massiccio portone di quercia viene scosso nel tentativo di aprirlo ma senza successo. I compagni all’interno si armano di tutto punto e si schierano di fronte all’ingresso con il guerriero che prova ad aprire le due ante le quali stavolta non oppongono nessuna resistenza. Davanti a loro si trovano due umani: uno è chiaramente un guerriero vista la sua poderosa armatura e il suo grosso spadone a due mani; l’altro salta agli occhi per il colore giallognolo della sua pelle, i suoi zigomi pronunciati e gli occhi a mandorla non meno che per il suo esotico abbigliamento che consiste esclusivamente in un perizoma e un bastone a due mani lasciando praticamente nudo quasi tutto il corpo muscoloso, oltretutto il tale si presenta in piedi sopra una specie di nuvoletta volante. Belgarion figlio di Brian è il nome del guerriero e Lee-Dai Shan quello dell’altro tizio; appurato che i nuovi arrivati sono effettivamente spaesati e non hanno cattive intenzioni, i nostri li mettono al corrente di quello che sanno circa la propria ubicazione (lasciandoli esterrefatti visto che i due sostengono di essere stati a Thyatis fino a qualche attimo fa) e che sono probabilmente un rimpiazzo voluto da Annette per i propri compagni morti. Mentre fanno conoscenza Shan, con i suoi sensi sempre in allerta, individua sei centauri nascosti intorno a loro nella foresta con le frecce incoccate pronti a tirare, appena il tempo di avvertire gli altri che i dardi partono mancando fortunatamente i bersagli e i centauri caricano spada in pugno. Sir Beregar non perde tempo lanciando un incantesimo palla di fuoco che ferisce alcuni mostri non fermandone la carica ma incendiando una buona parte di foresta; Erik e Lorien finiscono uno dei centauri bruciacchiati prima che possa attaccare e Dalyane ne approfitta per tirarsi le immagini illusorie. I due nuovi arrivati colpiscono duramente uno dei mezzi-cavalli che hanno evitato il fuoco mostrando, il guerriero, una certa potenza con la grande spada e Shan, grande velocità col bastone assestando due colpi in una frazione di secondo ma la creatura rivela una notevole resistenza non cadendo sotto le gravi lesioni. Una nube di denso fumo si alza dalla foresta in fiamme accumulandosi sotto l’immane cupola di vetro mentre il combattimento si sviluppa senza soluzione di continuità in una serie di parate; Alejandro si rende invisibile e arretra nelle retrovie, una delle immagini di Dalyane viene colpita e dissolta e don Nikelnevich assesta un colpo col martellone; Beregar lancia adesso un dardo incantato sul centauro colpito dai nuovi e la maga lo finisce con un colpo di fionda ben indirizzato alla testa. L’elfa a questo punto ferisce con la spada il centauro su Erik così come il chierico; Shan finisce quello su Belgarion che a sua volta sopprime quello su Erik: due avversari rimasti… La nube di fumo si dirada mossa da un vento improvviso e un giovane drago d’oro fa la sua comparsa sulla scena apprestandosi a soffiare fuoco sul gruppo, Beregar, l’unico abbastanza svelto, fugge dal portone nascondendosi dietro il colonnato gridando avvertimenti agli altri che però vengono investiti in pieno tutti tranne Erik, Dalyane e Alejandro che riescono a ripararsi parzialmente. Metà della compagnia è sterminata, Lorien, Ivan, Shan e Belgarion giacciono a terra carbonizzati come anche i centauri mentre Erik e i due maghi fuggono chiudendosi il portone alle spalle; dalle fessure comincia a filtrare un’intensa luce, seguita dal rumore di ossa rotte e carne maciullata, poi si ode la cupola frantumarsi e la figura del drago vola fuori e precipita a terra di fronte alle scale completamente fatto a pezzi; alcuni secondi dopo la luce si attenua fino a scomparire, il guerriero allora decide di entrare… L’incendio della foresta è domato, i compagni, ancora gravemente feriti ma vivi, si stanno alzando e don Lesina è in piedi su di loro con un paio di ali bianche luminescenti che gli fuoriescono dalla schiena, al suo volto se ne sovrappone un altro totalmente senza connotati – Dovete recuperare il mio corpo – dice il chierico rivolto al gruppo, poi le ali e il volto amorfo spariscono e Ivan riacquista coscienza del proprio essere. – Maestro! – dice Shan in ginocchio rivolto a don Nikelnevich non avendo ben compreso la situazione – Io sono un umile mistico, un monaco della lontana regione di Ochalea che segue “La Disciplina”, tu hai chiaramente raggiunto un altissimo livello di illuminazione… Ti prego! Guidami! Insegnami! –. Una volta curati con il bastone del Lesina i nostri finiscono di riposare sempre facendo turni di guardia e, una volta svegli, altri trattamenti sono necessari prima di ripartire. Quasi completamente guariti, insieme ai due nuovi acquisti, prosegue l’esplorazione della foresta ritornando alla fontana dove sono morti Fantasma e Anton nel tentativo di aprire lo scrigno di metallo sotto i gargoyle. Shan entra nella fontana, legato con la corda, camminando sul pelo dell’acqua grazie al suo anello magico però viene comunque attaccato dalla melma grigia presente sul fondo che fuoriesce dall’acqua tentando di afferrare le sue caviglie ma egli la para con il bastone e le assesta due colpi in rapida sequenza, seguiti da due dardi incantati di Alejandro e Dalyane che tuttavia non sono sufficienti a far recedere la creatura che insiste riuscendo stavolta ad afferrare le caviglie del mistico. Beregar allora prova a colpire con la cerbottana senza successo e don Lesina, non volendo rischiare di avvicinarsi, lancia l’Incantesimo del Colpire sul bastone del mistico per aumentarne il danno, questi sfrutta subito l’aiuto picchiando altre due volte l’ameba; anche Lorien (salita nel frattempo su un albero) con una freccia la colpisce ma il mostro informe non desiste e si avvinghia ancora di più a Shan ferendolo molto gravemente con le sostanze acide che secerne. Ivan ed Erik decidono di dunque di tirare la corda per liberare il monaco però non hanno abbastanza forza per contrastare il mostro; i tre maghi continuano con la loro salva di dardi incantati mentre il prigioniero attiva il potere del bastone che si illumina di energia magica e, finalmente, uccide la melma con gli ultimi due colpi ben assestati. Piuttosto acciaccato il mistico (evidentemente dotato di qualche capacità di rigenerazione) si concentra e si guarisce in parte, per il resto viene curato col bastone magico del Lesina e si dirige verso lo scrigno al centro della vasca. Dopo aver controllato l’assenza di trappole il forziere viene aperto rivelando diverse monete d’oro proprio nel momento in cui nell’acqua si crea un gorgo che risucchia la melma senza vita in un buco sul fondo del bacino. La maga in un impeto di coraggio si tuffa nel buco legata da una corda sbucando in un luogo completamente immerso nell’acqua, l’impressione è di essere sul fondo del mare, alcuni tritoni arrivano a recuperare il corpo dell’ameba proprio mentre Dalyane, a corto d’ossigeno, viene tirata via. Tenendo bene a mente questo passaggio verso “un altro mondo”, i nostri si dedicano adesso alla ricerca dell’eventuale tesoro del drago passando gran parte della giornata nella foresta ma nessun tesoro viene rinvenuto e decidono di proseguire per il sentiero giungendo ad un altro bivio speculare al precedente il quale, a sinistra, conduce ad un portone a due ante simile a quello d’ingresso mentre a dritto prosegue immergendosi nuovamente nella foresta. Scegliendo il sentiero a dritto i compagni attraversano una parte del bosco in cui gli alberi sono per lo

XLIII

più querce, alcuni scoiattoli ambrati saltellano da una all’altra per raccogliere le ghiande ma, con somma sorpresa quando uno di essi ne tocca una, questa sembra mutarsi in oro, l’animale allora la prende e corre a portarla in un foro scavato nel tronco di un grande albero. Attirati dall’oro i nostri si dirigono verso l’albero e, mentre Shan salito sulla nuvoletta volante si alza fino al buco per tenere a bada gli scoiattoli, Belgarion levita grazie ai suoi stivali e con un colpo di spada apre un altro buco nell’albero facendo cadere tutte le ghiande dorate: un grosso bottino valutabile in qualche migliaio di monete d’oro al solo costo di qualche graffio di scoiattolo. Proseguendo per il sentiero con il gruzzolo appena raccolto la foresta si fa più rada e la vegetazione è per lo più composta di piante grasse; il percorso giunge alla fine sul muro opposto a quello da cui il gruppo è entrato ad una ampia porta larga tre metri sormontata da tre enormi massi che formano un arcata simile ad un dolmen sotto la quale gocciola sangue in un regolare e continuo fluire. Pare proprio che per passare dalla porta non ci sia altro modo che passare sotto il dolmen e che sia praticamente impossibile non imbrattarsi di sangue. Lorien decide di rischiare passando sotto il la cascata rossa: la sensazione non è buona, un brivido le attraversa la schiena ma apparentemente non succede niente, l’elfa tenta di aprire la porta ma non ci riesce, sembra chiusa a chiave. Risolvendo di passare di qui in un secondo momento, la compagnia torna sui propri passi dirigendosi verso il portone incontrato poco prima. Cosa troveranno ancora i nostri eroi nel castello? Come mai “l’inquilino” di don Lesina è riapparso nonostante l’intervento di Annette? E quando la ragazza si deciderà a rivelare il motivo della loro presenza qui? Quando gli immortali camminavano ancora a piedi nudi sulla terra, quando l'essenza dell'essere si librava nei cieli e si percepiva nella terra, quando gli opposti già esistevano ma non si attraevano… una scintilla di puro sentimento decretò la fine di tutto. L'uno veniva dalla luce, l'altra dall'oscurità… nemici per natura, amanti in segreto; alla fine di uno scontro che soleva riempire il lento scorrere del tempo i corpi avvinghiati dalla brama di vittoria ebbero il loro primo contatto… la diversità li attrasse l'un l'altra, la curiosità li spinse oltre… diversi per natura, ma uguali nel profondo. L'amore li travolse come il mare travolge lo scoglio, impetuoso, incontrollabile, forte e come il mare che con lo scorrere del tempo erode lo scoglio anche questo sentimento stava pian piano erodendo il loro destino. Momenti indimenticabili segnavano le loro passionali stagioni l’uno accanto all'altra, sempre guardinghi sempre nascosti sempre in segreto, ma niente dura in eterno e come il sasso che gettato in acqua crea delle increspature anche il loro strano amore creò un’increspatura nel moto fluido degli eventi e quando fu noto a tutti l'incredulità seguita dalla rabbia fecero da arbitro degli eventi. Lei demone illustre fu ricacciata nelle profondità degli abissi e fra le braccia di lui fu messo il corpo privo di vita di una demone, uguale in tutto e per tutto al suo dolce fiore. Lui angelo senza uguali accecato dal dolore non seppe riconoscere l'inganno tanto grande il suo amore, ma molto più grande fu la paura di averla persa per sempre; preda della disperazione e del pianto per la perduta amata e spinto da questi sentimenti non si curò di vagar per giorni con il corpo della sua anima gemella tra i molti che lo guardavano attoniti volgendo lo sguardo altrove per lo scempio della scena e coprendosi a volte i volti con le ali piumate. L'angelo… caduto vagò per il tempo e per lo spazio pensando solo a lei, avvicinato sempre più frequentemente dai celestiali che insinuarono in lui il seme dell'odio verso l'amata falsa e ammaliatrice che voleva lui solo per distruggere loro. La demone esiliata piangeva la sua triste sorte, fu cullata dalla falsità raccontata dai suoi simili demoni bugiardi e spietati che insinuarono in lei il seme dell'odio verso l'amato falso e ammaliatore che voleva lei solo per distruggere loro. Ed i semi crebbero e germogliarono copiosi, tanto da far scordare il passato amore che aveva anche nelle due stirpi scosso e rinvigorito il disprezzo dei rivali. L'epoca si inasprì, il tempo si contrasse lo spazio si dilatò e gli effetti rimbalzarono ovunque quasi interrompendo la dolce ed eterna melodia della vita stessa che vacillò… per sparire e non tornare. Ormai allontanati da secoli, dalla vita terrena perché banditi dalla natura stessa degli eventi, furono giudicati da chi meno titolo in questo poteva avere, l'essere mortale che tanto lontano sta da loro… fu così ardito da porre fine a quell'amore che si era trasformato in infinita lotta. Così i mortali osarono dove non potevano e tal gesto, imprevedibile, placò l'ira secolare delle due fazioni e rinsavì per un attimo i due diretti contendenti, a quella piccola porzione di tempo non fu data importanza ma forse con una comprensione più sottile della realtà l'evento sarebbe stato notato, forse una comprensione più sottile non avrebbe portato a tutto questo o forse sì, fatto è che il destino ha voluto che i due continuassero il loro percorso molto vicini e nessuno sa come andrà a finire… [continua]

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: SEPOLTA VIVA Ovvero

DI COME I RAPPORTI FAMILIARI POSSANO ESSERE PROFONDI… ANCHE QUALCHE METRO SOTTO TERRA Con i parenti non sempre i rapporti sono buoni, in una famiglia così particolare come quella dei D’Amberville poi, un semplice screzio con un consanguineo può avere conseguenze molto gravi, fin quasi mortali. Giorno 20 di Flaurmont. La compagnia carica di ghiande dorate esce dalla foresta interna al castello passando per il portone a due ante opposto all’ingresso che immancabilmente si apre da solo svelando una stanza che occupa la maggior parte, se non tutta, l’ala centrale del palazzo. L’enorme sala sembra una sorta di cappella privata dalla pianta a croce, sui muri vi sono diverse finestre con sgargianti vetrate colorate, i banchi sono fatti di legno di quercia vistosamente intarsiato e hanno cuscini di velluto morbido, il pavimento è in parquet ornato da un disegno variopinto, quasi in fondo al ramo verticale della croce (lungo una settantina di metri) uno spoglio altare di pietra fa bella mostra di sé; un ballatoio di legno massiccio è situato sopra l’altare e alcune porte si affacciano sulla sala. L’intero edificio è decorato in modo fin troppo vistoso e non trasmette per niente quella sensazione di sacralità che ci si aspetterebbe, oltretutto contro i muri a destra e sinistra della porta sono addossate ventiquattro statue di marmo, tutte con le fattezze tipiche degli Amber, che, seppur rivestite di paramenti sacri, hanno espressioni tra il sarcastico e il maligno di chi deride il sacro. Incuriosito Erik, entrato per primo, si avvicina alla prima statua sulla sinistra che improvvisamente si anima e fa per toccarlo ma il guerriero intimorito riesce a schivarla. Tutto il gruppo entra rapidamente nella cappella attaccando la statua sia a corpo a corpo sia con armi a distanza riuscendo a danneggiarla parzialmente questa però continua ad avanzare riuscendo stavolta a toccare Erik ed estraendo, quasi come un prestigiatore, un paio di stivali elfici dal suo orecchio. Un po’ spiazzati dall’accaduto i nostri rinnovano i loro sforzi contro il nemico di pietra riuscendo alla fine a distruggerla, non prima però che essa sia riuscita a toccare anche il chierico sulla testa stavolta però senza effetto. Il mistico si alza sulla propria verticale grazie alla sua nuvoletta per osservare il ballatoio la maggior parte del quale è ornato da statue grottesche dalla bocca aperta del tutto dissimili da quelle presenti al piano terreno, lungo il muro intravede la tastiera di un organo di cui però non riesce ad individuare le canne; nel frattempo gli altri controllano l’altare in cerca di qualche passaggio o scomparto segreto. Shan torna giù avvicinandosi alla statua sulla destra della porta che anch’essa si anima tentando di toccarlo, egli para il colpo col bastone e risponde due volte danneggiandola mentre il resto del gruppo allarmato accorre in suo aiuto ma non abbastanza velocemente: Lorien, la più lesta, manca il bersaglio con una freccia e la mano di marmo stavolta riesce a toccare il mistico… improvvisamente il suo corpo si irrigidisce e piano piano, cominciando dal punto in cui è stato toccato, inizia a tramutarsi in pietra fino a diventare totalmente simile ad una delle statue presenti nella stanza, solo la nuvoletta sembra essersi salvata. I maghi scaricano i propri dardi incantati ed Erik lancia il fulmine dal pugnale del nano, gli altri si avvicinano e attaccano furiosamente riuscendo anche ad evitare il tocco dell’avversario; tra incantesimi, frecce e attacchi in mischia i compagni riescono a distruggere anche questo avversario con un ultimo poderoso colpo di spada del guerriero padre di famiglia.

XLIV

Alejandro, disperato per il compagno pietrificato, grida invocando Annette senza avere risposta mentre Erik tira giù delicatamente il mistico dalla nuvola; cercando nella borsa qualche rimedio magico per tramutarlo di nuovo in carne, si accorgono che tutte le ghiande d’oro sono di nuovo normali. Un po’ sconsolati decidono di verificare se anche altre statue si possono animare, quindi tutti si schierano a distanza e Lorien scaglia una freccia su una di esse che immancabilmente si anima avanzando minacciosa verso il gruppo che la bersaglia con incantesimi e armi a distanza danneggiandola pesantemente prima che arrivi a corpo a corpo dove viene distrutta dai due guerrieri e dal chierico senza che riesca a toccare nessuno. Finito l’ennesimo scontro le orecchie aguzze dell’elfa percepiscono a malapena un lamento lievissimo proveniente a quanto sembra da sotto il pavimento a sinistra della cappella e un rumore come se qualcuno lo stesse graffiando. Visto che la tattica ha pagato e che su quell’angolo ci sono tre statue, i nostri si piazzano di nuovo a distanza e Alejandro lancia una palla di fuoco nella zona danneggiandole insieme a parte del muro e pavimento; i tre marmi ancora una volta si animano e si muovono verso i nostri. I maghi e l’elfa ne frenano leggermente l’avanzata dando fondo a tutti i dardi incantati disponibili mentre gli altri attaccano con le armi a distanza, poi tutti indietreggiano e continuano a bersagliarle con fulmini e proiettili distruggendone una e mantenendo le altre a distanza; dato fondo poi a tutti gli incantesimi d’attacco memorizzati i nostri continuano a colpire con le armi a distanza utilizzando adesso l’altare come scudo; a questo punto le statue semoventi si dividono e girano una da una parte e una dall’altra dell’altare mettendo in mezzo i compagni che sono costretti a passare al corpo a corpo. Il combattimento infuria tra colpi e parate e Alejandro pensa bene di lanciarsi le immagini illusorie (facendone apparire tre) e unirsi alla mischia col bastone; uno degli avversari viene distrutto con un ultimo colpo di Erik mentre l’altro schiva diversi attacchi riuscendo anche a toccare don Lesina fortunatamente ricavandone solo una pozione. Ora tutti si concentrano sull’unico avversario rimasto che dimostra una certa agilità riuscendo ancora a schivare e toccare uno dei simulacri di Alejandro che si dissolve, quindi finalmente viene assestata una serie di colpi consecutivi che culminano nella fiondata di Dalyane che distrugge la statua. Adesso l’angolo della stanza è libero e Lorien si dedica alla ricerca di una eventuale botola i cui contorni le sono subito evidenti. I forzuti del gruppo riescono ad aprirla facendo forza con la spada rivelando uno stanzino da cui esce annaspando una donna evidentemente denutrita, sporca, disidratata, con i capelli raggrumati e le mani incrostate di sangue sotto le unghie ormai quasi inesistenti. Ella si presenta come Magdalène D’Amberville ringraziando la compagnia e raccontando di essere stata imprigionata lì sotto da suo fratello Carlo completamente impazzito. Alle richieste dei nostri se sia in grado di far tornare normale il mistico pietrificato risponde di non averne i mezzi ma che forse sua cugina Isadora, che di solito si aggira nella foresta, potrebbe esserne capace e che, in cambio dell’aiuto prestatole, è disposta ad accompagnarli da lei. La ricerca della cugina dura ben poco, appena tornati nella foresta al primo incrocio il gruppetto si imbatte in una giovane donna che raccoglie i fiori: è proprio Isadora. Fatte le dovute presentazioni e sbrigati i convenevoli tra le due cugine che non si vedevano da tempo, i compagni pongono la loro richiesta e Isadora grazie all’intercessione della cugina accetta di spietrificare Shan in cambio di alcuni gioielli e pietre preziose in possesso del gruppo, quindi tornati nella cappella ella impone le mani sul monaco facendolo tornare normale. I compagni ora cercano di informarsi su alcune stranezze del luogo, se ci sia un modo di non fare animare le statue o sulle proprietà della cascata di sangue ma Isadora sembra non saperne nulla; sembra che il cugino Carlo (quello che ha imprigionato Isadora) possa avere maggiori informazioni, questi dovrebbe trovarsi nelle stanze dietro la cappella di famiglia. Riusciranno i nostri eroi a trovare Carlo ed uscire vivi dalla cappella? E riusciranno a scoprire cosa vuole Annette da loro? "Le uniche cose che ormai si aggirano, nella Grigia foresta pietrificata dal nero potere degli elfi scuri, sono ombre. Non esiste la minima traccia di vita animale, tanto meno di Treant, alleati e amici millenari degli elfi, che fino a poco tempo fa popolavano queste foreste, fungendo da guardiani sempre vigili ai confini dei questo regno. Le ombre che popolano queste foreste sono frutto delle continue incursioni degli elfi che cercano, per ora invano, di riprendersi il proprio regno… pochi elfi, perché i più ormai si sono rassegnati all'idea di aver perso tutto. Molti vagano in cerca di una nuova patria nei regni vicini, altri restano ai confini di Alfheim trasformando la propria disperazione in epici canti malinconici, altri se ne sono andati, partiti per terre lontane. Gli Elfi scuri hanno chiamato il nuovo regno conquistato Reame di Shazack, nessuno sa per quale motivo anche perché per adesso non ci sono stati contatti con le altre popolazioni ma questo è quello che si sente dire fra i nostri alberi millenari oramai privi di vita." Orn si trascinava stanco e leggermente ferito lungo il sentiero, svoltava per i bivi che gli si paravano davanti con sicurezza, conosceva bene le sue terre natali che lo avevano rinnegato in gioventù ma che lui adesso era tornato a servire con onore ma costretto, costretto per lavare l'onta di disonore che la figlia aveva inferto sulla famiglia. In fondo doveva essere un vizio, anche lui con la sua amata moglie si erano fregiati di disonore, tanto da essere costretti a lasciare la propria patria; infatti non biasimava la figlia, anzi, sorrideva nel pensare a lei e rivedeva se stesso da giovane costretto in dei rigidi regolamenti che gli stavano decisamente stretti. Ma, nonostante tutto, aveva calcato la mano con lei cercando di imporle quello che aveva combattuto anche lui in gioventù. Pensava e ripensava a lei tutti i giorni rimpiangendo di non averle detto un semplice “ti voglio bene” e versava lacrime di tristezza quando ripensava a quel lontano giorno in cui amorevolmente l'aveva abbracciata, giorno ormai lontano… ripensandoci involontariamente andò a stringere al collo il ciondolo della defunta moglie uccisa pochi giorni addietro da una pattuglia di scuri che si erano infiltrati di notte nel loro accampamento con l'unico scopo di uccidere più elfi possibile… prima di farsi uccidere. L'operazione era più che riuscita cinquanta elfi contro i dieci scuri e fra i morti, aveva scoperto solo più tardi rientrando dalla perlustrazione, c'era la sua amata Riel. Lo tormentava il pensiero di doverlo dire alla figlia, di doverla cercare per dirle: - Tua madre è morta. -. Il tormento aveva preso il sopravvento nella sua mente e il suo passo deciso si era trasformato in un lento vagare, aveva sbagliato direzione già due volte e si guardava smarrito attorno cercando di focalizzare la giusta via… Fu un secondo… Un lento sbattere di ciglia… Volse lo sguardo verso il proprio petto per osservare incredulo la ricurva lama di sciabola che si ritraeva lasciando spazio allo spruzzo di sangue violento e alla macchia che si allargava velocemente. Cadde in ginocchio, chiuse gli occhi e volse il suo ultimo pensiero alla moglie che presto avrebbe raggiunto e alla figlia che mai più avrebbe rivisto… Un rumore tagliente… Un tonfo sordo. Quando riaprì gli occhi per una frazione di secondo vide il suo corpo… decapitato… ti voglio bene… Lorien. La fresca brezza fra gli alberi, il cinguettare dei fringuelli, il suono melodioso degli strumenti a corda, il calore della bianca luce che ti avvolge e ti protegge. - Perquisitelo. - Ordinò la voce di colui che l'aveva ucciso ed adesso si affaccendava per ripulire le doppie lame ricurve dall'impugnatura centrale sulle vesti del cadavere. L'elfo viaggiava a torso nudo, tatuato, indossando dei larghi pantaloni grigi infilati dentro gli stivali neri, lunghi capelli neri raccolti in una treccia ed una mascherina nera intorno agli occhi. Gli elfi, scuri, che viaggiavano con lui eseguirono l'ordine. - E adesso andiamo a divertirci altrove. - e dicendo questo scomparvero nella foresta… [continua]

XLV

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: TUTTI PAZZI Ovvero

DI COME IL CASTELLO SEMBRI IL RICETTACOLO DEI PEGGIORI ELEMENTI DELLA FAMIGLIA AMBER (O SONO TUTTI COSI’?) Quando una nobile famiglia riveste una certa importanza sociale, se alcuni dei suoi membri rivelano turbe psichiche o peggio difetti fisici, di solito vengono allontanati e relegati nelle tenute più lontane e irraggiungibili per evitare che possano dare scandalo in pubblico. Questo probabilmente è il caso del Castello in cui si trova attualmente la Compagnia del Carretto Impennato: inaccessibile e celato dalla fitta nebbia è il luogo ideale in cui nascondere gli elementi più eccentrici o minorati della casata D’Amberville. Mattina del 20 di Flaurmont. Dopo la “spietrificazione” del mistico i compagni si avventurano nelle stanze dietro la cappella delle statue animate seguiti da Magdalène alla ricerca del fratello Carlo. La porta dietro l’altare a sinistra si apre da sola, com’è ormai d’abitudine, rivelando un corridoio largo tre metri che dopo una ventina di metri curva a destra ad angolo retto proseguendo per altri trenta metri e curvando nuovamente a destra; sempre sul lato destro di questa porzione di corridoio si affacciano tre porte di legno. La prima di queste stanze (quadrata, di nove metri di lato, con una porta a sinistra e una di fronte) è una saletta spoglia con uno scrittoio e una sedia nel centro attorno al quale ne sono disposte altre dieci, in ognuna di queste sono seduti undici scheletri i quali si alzano con l’intenzione di attaccare il gruppo. Lo scontro è di breve durata perché nove dei non-morti vengono distrutti al primo assalto e uno al secondo, ma quello dietro lo scrittoio si rivela essere un golem d’ossa che oppone una certa resistenza riuscendo anche a ferire Erik e Shan, soccombendo però nel giro di pochi secondi sotto i colpi dello spadone di Belgarion. Un rapido esame della stanza permette di trovare una chiave d’argento in un cassettino dello scrittoio. La porta opposta all’entrata rivela uno sgabuzzino completamente vuoto tranne che per alcuni paramenti clericali di fattura piuttosto pregiata, mentre la stanza a sinistra sembra essere più interessante: è una specie di sacrestia grande poco più del locale appena lasciato con una porta sulla sinistra che dà sul corridoio e una porta sulla parete opposta, quattro buchi del diametro di una trentina di centimetri sono disposti in fila nel pavimento vicino al muro opposto al corridoio. Il monaco incuriosito si avvicina al primo foro a bordo della sua nuvoletta e ne saggia la profondità col bastone causando la fuoriuscita di sei api giganti che attaccano il gruppo senza però troppo successo, in pochi secondi vengono sterminate grazie anche al tiro da cecchino di sir Beregar con la cerbottana dai dardi avvelenati che ne uccide una sul colpo; dal buco viene estratto del buon miele che allieterà più tardi il pranzo dei nostri eroi. L’esplorazione del mistico col bastone viene ripetuta sul secondo foro facendone scaturire un rumore di monete che cozzano fra sé. Il buco è troppo profondo per raggiungerle col braccio e troppo stretto per entrarci, ma il suono della ricchezza aguzza l’ingegno di Alejandro che costruisce una specie di rampino prensile raccogliendo le ossa delle mani degli scheletri appena distrutti, lo lega ad una corda e lo cala nel foro tirando su un sacchetto con un migliaio di monete d’oro. Con le stesse modalità dei due precedenti viene sondato il terzo foro che sembra essere pieno solo di acqua, quindi i nostri passano all’ultimo ma, neanche il tempo di infilarvi il bastone, che ne esce una strana creatura dalle fattezze di un gallo e la coda di un serpente. I compagni stanno bene attenti a non farsi colpire avendo già incontrato questo mostriciattolo e sapendo che pietrifica al tocco; Erik, don Lesina e Lorien lo colpiscono ferendolo gravemente e Shan lo finisce uccidendolo con due colpi di bastone. L’avvicinarsi dell’ora di pranzo è annunciata da un certo languorino che impone ai nostri di fermarsi per mangiare. Dopo essersi rifocillati entrano nella terza stanza del corridoio e vengono accolti da una voce che sussurra: – Ssssssssh per favore tranquilli… fate piano non sopporto il vociare! – Il locale ha le stesse dimensioni del primo visitato e ha tutta l’aria di essere una biblioteca, un tizio ben vestito che indossa un paio di occhialini, coi tratti tipici dei proprietari del castello, alza la testa da un libro e parlando a bassa voce si presenta come Carlo D’Amberville. Dalla coda del gruppo come una scheggia parte Magdalène sbavando in preda a una furia insana di corsa urlando contro il fratello; Erik tenta di bloccarla ma la donna gli sfugge, Lorien e Ivan invece riescono a fermarla poco prima che raggiunga l’uomo. Carlo domanda ai nostri cosa ci facciano con quella pazza di sua sorella ma soprattutto chi l’abbia liberata e, quando scopre che i responsabili sono loro, comincia a gesticolare e mormorare la formula di un incantesimo; allora Ivan tenta un Blocca Persone che però non ha effetto mentre Lorien rimasta sola fatica a tenere ferma la folle; Beregar prova un incantesimo sonno anch’esso inefficace e finalmente Erik riesce a colpire il mago ma non in tempo per fermare il lancio di una Tempesta di Ghiaccio che investe tutti tranne lui. Shan, Beregar, Alejandro e Lorien insieme a Magdalène vengono colpiti in pieno, trafitti da blocchi di ghiaccio, congelati e uccisi. Carlo si rimette tranquillamente a leggere il suo libro mentre i cadaveri vengono trascinati nel corridoio fuori dalla stanza, coi compagni ancora vivi che pensano già a come ritrovare Isadora per chiederle se sia in grado di riportare in vita i morti, quando, come richiamata dal bisogno, dall’angolo del corridoio sbuca proprio Isadora con in mano un mazzetto di fiori appena raccolti. Rientrati nella stanza con i quattro fori nel pavimento, dopo una breve contrattazione, al costo dell’anello respingi incantesimi del monaco più diverse migliaia di monete d’oro, tutti i cadaveri vengono risorti tranne Magdalène (non sembra che alla cugina importi molto). Non contenti di come si è risolto l’incontro con Carlo, i nostri meditano vendetta studiando un piano di attacco con l’incantesimo silenzio in modo che il mago degli Amber non possa lanciare incantesimi, quindi don Lesina estrae la pergamena clericale e ne recita la formula… La pergamena come è normale si cancella ma l’incantesimo non parte e il chierico si sente come se fosse invecchiato di qualche anno. Ancora intenzionati a mettere in atto il piano ma senza più risorse a disposizione, i compagni decidono di riposarsi fino alla mattina dopo così da essere in piena forma; naturalmente vengono stabiliti dei turni di guardia durante i quali si sente il rumore di Carlo che a notte fonda esce e la mattina presto rientra nella biblioteca. Riposati e saziati ancora con del buon miele i nostri si preparano alla lotta, Ivan tenta di nuovo la formula del silenzio (stavolta senza pergamene) ma ancora una volta l’incantesimo non riesce come desiderato… Ivan sente fluire un’energia ben superiore a quella che si sarebbe aspettato, dalla porta che dà sulla biblioteca filtra una forte luce e si ode rumore come di un macello, come di carne fresca che viene lavorata. Aperta la porta uno spettacolo incredibile si presenta agli occhi del Carretto Impennato: l’intera stanza è stata tramutata in carne sanguinolenta mentre il mago D’Amberville è diventato di pietra. Erik, un po’ disgustato ma intenzionato ad approfittare della situazione, entra nella stanza affondando nei tessuti molli fino alle caviglie, stacca la testa di Carlo dal corpo pietrificato e la distrugge. Non ci aveva pensato Annette a reprimere Serafius? Allora come mai gli incantesimi di don Nikelnevich hanno di nuovo effetti collaterali? Riusciranno i nostri eroi a smettere di spendere tutto il loro patrimonio per salvare i compagni morti? E chi sarà veramente questa Isadora che appare sempre nel momento del bisogno? Estratto dal Diario di Lorien Loth: “20 di Flaurmont dell’anno 1000 …continuo a scrivere parole su questo diario, anche per dare un senso a tutto quello che ci sta accadendo in questi giorni! Questo luogo è a dir poco assurdo, ed i suoi abitanti lo sono ancora di più… Ma partiamo con ordine; si sono aggregati alla nostra compagnia altri due personaggi, molto strani: una specie di monaco che va in giro su una nuvoletta e combatte con un bastone (mi ricorda qualcuno ma non riesco a mettere a fuoco “chi”), ed un guerriero in armatura che combatte con uno spadone a due mani… Appena arrivati hanno subito rischiato la vita insieme a buona parte della nostra compagnia (praticamente tutti noi tranne i maghi… strano…), siamo stati attaccati da un drago dorato, probabilmente il custode della foresta, che si è infuriato perché è stato dato fuoco, accidentalmente, ad alcuni alberi… sinceramente, essendo anch’io abitante del bosco, non mi sento di condannare l’azione del drago, anzi, in parte lo capisco… solo che ci stavo per rimettere la pelle ed io per ora mi sento giovane, dopotutto ho solo 80 anni… Comunque, è accaduto tutto rapidamente, non ho ben capito cos’è successo, mi sono solo ritrovata in terra con don Lesina in piedi, sopra di me, trasfigurato ed un gran “macello” (nel vero senso della parola) attorno a noi… Del drago dorato solo un

XLVI

ammasso di scaglie e carne bruciacchiata… Ma questa è stata solo la prima volta che abbiamo rischiato la vita! In realtà ieri sera ho proprio rischiato di non tornar più dal “tunnel di luce bianca”… Questa famiglia è molto rissosa e ci siamo trovati nel bel mezzo di un litigio fra fratello e sorella, insomma, per farla breve, a causa di una tempesta di ghiaccio io, il monaco, ed i due maghi siamo “caduti”… Ma si vede che non era arrivata ancora del tutto la nostra ora, “la grande sorella” non voleva prenderci, e grazie all’aiuto di Isadora, un’altra componente della famiglia, e dietro ad un lauto compenso, siamo “risuscitati”… Che sensazione strana, per niente piacevole! Certo, quanti eventi in soli due giorni… Tutte queste vicende mi portano con la mente ancora a pensare al fronte dove sia mio fratello che mio padre staranno combattendo… Chissà se stanno bene se mi avranno perdonato, se riuscirò ad uscire viva di qui per poterli riabbracciare e dir loro che sono “una testa dura” ma che in fondo il mio cuore è colmo di affetto per loro. E’ quasi giunta la fine del mio turno di guarda, metto via questo diario, guardo gli altri dormire beati, almeno in sogno, e penso a cosa il destino ha riservato a tutti noi e cosa Annette vuole realmente… Lorien”

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: IL MONACO FURIOSO Ovvero

DI COME A VOLTE CI SI DEBBA GUARDARE PIU’ DAI COMPAGNI CHE DAI NEMICI Un avventuriero è sempre preparato al pericolo e normalmente si aspetta che questo provenga dagli avversari che si trova ad affrontare durante le proprie imprese, se invece giunge dai compagni in alcuni casi la sorpresa può essere tale da risultare gravemente nociva alla salute. Giorno 21 di Flaurmont. Dopo l’episodio della biblioteca di carne, la compagnia prosegue la perlustrazione delle stanze dietro la cappella entrando nell’unica ancora inesplorata, un locale dalla pianta quadrata di una decina di metri di lato che si rivela essere completamente spoglio se non per un gruppo di tuniche e paramenti religiosi all’apparenza vuoti i quali ballano una sorta di danza sospesi in aria attorno ad un cerchio rosso disegnato sul pavimento. Incuriosito dalla scena il mistico si avvicina e prova a cancellare il segno rosso senza successo; Erik invece prova un diverso approccio alla questione entrando in mezzo al girotondo senza timore… Il guerriero si fa improvvisamente scuro in volto, esce dal cerchio e si dirige minaccioso verso la maga con tutta l’intenzione di calarle la spada sulla testa ma fortunatamente viene ben parato e tenuto a bada dagli altri compagni, così dopo mezzo minuto di follia, senza che nessuno sia rimasto neppure lievemente ferito, Erik ritorna in sé. Scoperta la pericolosità del circolo i nostri tentano in vari modi di cancellarlo ma senza riuscirci, nel frattempo Belgarion si dedica alla ricerca di passaggi segreti trovandone uno sul muro a destra dell’entrata che si apre su una stanza poco più grande in cui un uomo sta pregando in ginocchio di fronte ad un altare rutilante di ori. Vestito di una ricca cotta di maglia dorata sopra una veste color ambra, al collo una decorazione cruciforme di ambra intagliata, il tizio si volta verso il gruppo: – Posso essere d’aiuto? – dice con voce gentile il sacerdote alzandosi. Si presenta come Simon D’Amberville e conversando amabilmente con la compagnia apprende con sorpresa e dispiacere della vicenda di Carlo e Magdalène; sembra un uomo piuttosto incline a parlare quindi i nostri gli pongono una serie di domande sul castello concentrandosi in particolare sui modi per evitare che le statue della cappella si animino e su eventuali altre strade per passare nell’ala oltre l’arco insanguinato. Simon sostiene che non ci sia metodo per evitare alle statue di animarsi e che di modi per passare nell’altra ala ce ne siano diversi, infatti i membri della famiglia utilizzano di solito incantesimi di teletrasporto o porta dimensionale ma non ritiene comunque che passare sotto il dolmen grondante sangue sia pericoloso. Mentre il gruppo, ottenute le informazioni possibili, si congeda dal chierico degli Amber, questi se ne esce con un ultima domanda piuttosto inquietante: – Chi di voi ha intenzione di morire per primo? – I compagni rimangono per un attimo interdetti poi, non cedendo all’impulso di attaccare briga con Simon, rispondono di non avere alcuna intenzione di morire. – Ah peccato… avrei potuto esservi d’aiuto – dice il sacerdote rimettendosi in ginocchio davanti all’altare. Decisi a non assecondare le provocazioni di Simon, i nostri lo lasciano alle preghiere e proseguono l’esplorazione del castello ritornando nella cappella e salendo sul ballatoio. Grottesche statue con la bocca aperta ornano la maggior parte del coro, contrariamente a quelle nella cappella non hanno i tratti somatici tipici degli Amber, lungo il muro che scende di sotto fino all’altare fa bella mostra di sé un organo del quale però non si vedono le canne. Shan e Dalyane provano a suonarlo e scoprono che le sculture stesse sono le canne perché il suono fuoriesce dalla loro bocca. Non trovando nient’altro di interessante sul ballatoio i compagni scendono e si preparano a far muovere le statue vicine alle due porte che sono rimaste da aprire, naturalmente una per volta in modo che non creino troppa difficoltà. La prima statua viene animata e mentre il mistico la tiene a bada in corpo a corpo (venendo anche colpito apparentemente senza conseguenze) gli altri la bersagliano dalla distanza poi, visto Shan un po’ in difficoltà, anche Erik e Belgarion si gettano nella mischia con quest’ultimo che la distrugge, così facendo però la vicinanza dei due ne fa animare altrettante. Nonostante l’aiuto dei compagni il tocco delle statue è sempre pericoloso e infatti una delle due colpisce Erik pietrificandolo; gli attacchi si intensificano e l’altra pensa bene di dirigersi verso coloro che con arco e fionde la stanno piano piano abbattendo ma Shan è più veloce e la intercetta parandosi davanti a lei e assestandole due colpi di bastone. Finalmente la seconda statua viene sconfitta da un ultimo colpo dello spadone di Belgarion che giunge quindi in aiuto del mistico; insieme danneggiano pesantemente anche la terza che viene poi definitivamente polverizzata da una freccia ben piazzata di Lorien. Un compagno ancora una volta pietrificato induce i nostri a cercare di nuovo Isadora per un aiuto; la donna viene trovata nella biblioteca intenta a contemplare la strana stanza di carne e il cugino di pietra decapitato. Dietro il solito lauto compenso la dama lancia l’incantesimo che trasforma la carne in pietra liberando il guerriero ma inaspettatamente, appena recitata la formula, il monaco si getta sbavando dalla rabbia, come impazzito, sulla donna colpendola due volte col bastone. Allora Isadora lancia un altro incantesimo su Shan ma si rivela inefficace; Alejandro invece nel tentativo di togliere il bersaglio al compagno fa diventare lei invisibile; la bella pensata del mago sembra avere successo perché il mistico, apparentemente attirato da coloro che lanciano incantesimi, si getta ora su di lui ferendolo molto gravemente. Mentre Alejandro arretra sottraendosi alla furia del monaco, il resto del gruppo cerca di renderlo inoffensivo senza fargli troppo male (bastonandolo ad esempio col piatto della spada) fino a che Lorien non riesce a colpirlo alla nuca mandandolo fuori combattimento. Isadora sembra sparita nel nulla. Una volta legato Shan viene ridestato e, dopo alcuni tentativi, si scopre che effettivamente, ogni qual volta un mago lancia un incantesimo, la furia omicida lo coglie nuovamente. Una maledizione, probabilmente inflitta dal tocco di una statua, grava sul mistico, ben consci dei rischi non essendo don Lesina in grado di curarlo fino alla mattina seguente, i nostri decidono di proseguire l’esplorazione entrando nella porta tanto faticosamente liberata dalle statue; di fronte a loro si estende un corridoio su cui si affacciano le porte di tre celle in ognuna delle quali ci sono tre zombies vestiti con abiti monacali color ambra. Senza neanche bisogno di entrare don Nikelnevich distrugge i non-morti grazie al potere del suo simbolo sacro e le stanze vengono perquisite senza trovare niente di valore. Tornati nella cappella vengono animate una alla volta le statue accanto alla porta dalla parte opposta, adottando la medesima strategia con Erik e Shan che le fermano in mischia e gli altri che attaccano con le armi a distanza, le due sculture semoventi sono stavolta distrutte senza subire il minimo danno. Attraversata anche l’ultima porta di quest’ala del castello i compagni si trovano di fronte un corridoio in tutto e per tutto simile al precedente con le solite tre cellette e i soliti nove zombies; anche l’esito è lo stesso e i non-morti vengono ridotti ad un cumulo di cenere da Ivan.

XLVII

Non avendo trovato altro sistema per entrare nell’ala del castello ancora inesplorata, i nostri decidono di avventurarsi sotto la cascata di sangue. Il primo a passare sotto l’arcata di pietra è l’indomito (o incosciente) Shan, come viene bagnato dal sangue un magico vigore lo avvolge e la porta si apre lasciandolo entrare; gli altri lo seguono e il potere magico fortifica anche Ivan, Lorien ed Erik mentre i maghi e Belgarion non ne traggono alcun beneficio ma fortunatamente neanche danno. Che sorprese riserverà l’ultima ala del castello? Riusciranno i nostri eroi a trovare una via d’uscita? E Isadora D’Amberville è solo una maga che vuol far soldi o sta veramente tenendo d’occhio la compagnia?

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: A CARTE SCOPERTE Ovvero

DI COME GIOCARE D’AZZARDO SIA SEMPRE POCO CONSIGLIABILE Il gioco d’azzardo porta sempre effetti nefasti perché, anche se qualche volta le vincite possono essere ricche, a lungo andare le perdite sono maggiori e la Compagnia scoprirà presto che giocare a carte in un castello così particolare come quello degli Amber può avere conseguenze disastrose. Flaurmont, ancora il giorno 21. Abbandonata la cappella i nostri sono appena passati sotto l’arcata grondante sangue per sbucare nella prima stanza dell’ala destra del castello, un immenso salone lungo oltre cinquanta metri e largo una quarantina, dai muri completamente coperti da mosaici raffiguranti scene di corte, vi sono due troni sopra una pedana sul pavimento di marmo lucido dalla quale parte un tappeto rosso che arriva fino alle doppie porte dalla parte opposta del locale. Sui troni siedono due scheletri uno dei quali stringe in mano uno scettro ingioiellato, di guardia alla sala vi sono venti scheletri protetti da corazze arrugginite armati di alabarde, mentre in piedi di fronte ai troni stanno altri dodici scheletri in abiti da cortigiani. Shan, incuriosito dalla scena, scende dalla propria nuvoletta portandosi davanti al podio e salutando i reali poi, pochi istanti dopo, si gira verso i compagni con lo sguardo assente e lancia contro di loro (rimasti ancora all’ingresso della stanza alle spalle dei troni) un incantesimo blocca persone. Solo don Lesina rimane paralizzato mentre gli altri si avvicinano un po’ sorpresi dall’improvvisa capacità magica del mistico, il quale dà ancora sfoggio delle sue nuove abilità lanciandosi velocità, Lorien invece pensa bene di difendersi con quattro immagini illusorie; a questo punto Shan si getta proprio sull’elfa togliendole tre delle quattro immagini intanto che i compagni tentano di stordirlo avendo capito che è vittima di un qualche tipo di controllo mentale. I maghi sono ancora sulla soglia del salone e Alejandro pensa bene di scagliare una palla di fuoco sui troni vaporizzandoli completamente insieme agli scheletri seduti sopra intuendo che il controllo sul monaco possa provenire da essi; l’intuizione si rivela corretta e Shan si riprende prima di fare o subire qualsiasi danno. Un’ispezione della sala rivela una parure di gioielli abilmente nascosta in uno scomparto sotto quello che rimane del podio ma, proprio mentre viene recuperata, Lorien colpisce alle spalle con la spada Alejandro ferendolo gravemente; stavolta i due guerrieri e il mistico reagiscono in fretta bloccandola a terra prima che possa fare ulteriori danni. Un rapido consulto dell’intelligencija del Carretto Impennato permette di dedurre che, più che un controllo mentale, i due episodi possano essere ricondotti ad una possessione da parte di un qualche spirito presente nel luogo, quindi i nostri decidono di cercare qualcosa che possa fungere da filatterio per la presenza. Il mistico distrugge lo scettro ingioiellato che si è rivelato falso ma niente cambia, allora i maghi cercano tra i gioielli trovati sotto il palco scoprendone anche qui uno falso; appena distrutto una figura spettrale fa la sua comparsa nella stanza, si presenta come Catherine moglie del principe Stephen Amber maledetta in questa stanza per aver cospirato col cognato Henri ai danni del marito, poi sparisce di nuovo senza rispondere ad altre domande. Dopo un ora di attesa senza ulteriori problemi, padre Ivan si sblocca e cura i feriti grazie al proprio bastone, una volta che i compagni sono sani si dirigono verso l’unica porta del salone (a parte quella doppia raggiunta dalla guida rossa) entrando in una stanza completamente dipinta di blu, con mobili blu e un tappeto blu all’apparenza vuota impregnata di aromi di cedro, zafferano e ambra con un’altra porta sul muro a sinistra. Un’approfondita esplorazione dell’ambiente non rivela effettivamente nulla di utile. La porta a sinistra si apre in una stanza stavolta completamente bianca; odori di gelsomino, ginseng e mandragola permeano l’aria, la temperatura è sotto zero e una buona metà dello spazio è occupato da un lucertolone bianco a sei zampe, lo sguardo ostile fisso sul gruppo, riconosciuto dai nostri come una salamandra dei ghiacci, la quale blocca l’accesso ad una porta sul muro opposto. Nonostante il freddo intenso emanato dal corpo della creatura i compagni riescono ad ucciderla senza troppe difficoltà e dopo la doverosa perquisizione viene rinvenuto un discreto mucchietto di monete in un angolo coperto da uno strato di neve. Attraversando la porta difesa dalla salamandra il gruppo giunge in una stanza del tutto simile alle precedenti se non per il colore verde permeata da essenze di sandalo, rosa e muschio e completamente priva di mobilia; un gigante alto quasi tre metri dalla pelle verde chiaro e capelli e barba verde scuro blocca l’accesso alla stanza seguente, una spada lunga gli pende dalla cinta mentre brandisce uno spadone a due mani. Entrati nella stanza, davanti ad Alejandro il pavimento muta diventando un prato erboso, i muri scompaiono lasciando il posto all’aria fresca, un fiume si snoda ai piedi del mago, adesso completamente solo tranne che per un gigante di pietra seduto nell’acqua, sul palmo della mano aperta del gigante è seduta Annette, piedi penzoloni… – Vivo circondato da una famiglia di pazzi! – sospira un vecchio in abiti sfarzosi che sbuca da dietro l’imponente corpo di pietra – Salve Alejandro, io sono Etienne D’Amberville, capostipite della famiglia, suppongo che tu mi conosca almeno di fama –. Il vecchio mago glantriano spiega al collega più giovane che la nipote Annette (l’unica a suo dire che gli vuole bene) li ha chiamati nel castello su suo ordine perché lo aiutino trovando la sua tomba e liberandolo dalla maledizione, cosicché egli possa tornare a capo della radiosità e fare piazza pulita dei propri nemici; non può rivelare dove si trovi esattamente la tomba ma prevede che la ricerca si svolga non solo nel castello ma anche nell’antica provincia di Averoigne. Naturalmente il compimento di questa impresa garantirà ai nostri fior di ricompense e in particolare ad Alejandro verrà concesso di entrare a far parte della radiosità. In seguito il discorso dell’uomo, incalzato dalle domande del giovane mago del Carretto Impennato, sviluppa diversi argomenti rivelando ad esempio dettagli sulla faccenda di Imtilius e Serafius, di come siano legati e dei pericoli a cui vadano incontro i nostri ora che il demone è libero; oppure di come la guerra ad Alfheim abbia rivelato che anche gli elfi scuri in qualche modo usano il potere della radiosità. Udendo a malapena le ultime raccomandazioni di Etienne mentre il luogo ameno piano piano scompare mutando di nuovo nella stanza verde, Alejandro si rende conto che tutta la conversazione è durata pochi secondi perché è stata una sorta di visione. – Se volete passare dalla porta dietro di me uno di voi dovrà tagliarmi la testa con questa spada. – Dice il gigante verde porgendo lo spadone a due mani con l’elsa rivolta verso la compagnia. Belgarion è il primo ad accettare la sfida impugnando la spada a due mani, quindi il gigante estrae la spada lunga. Raggiungere la testa dell’avversario è difficile e il guerriero subisce diversi colpi pesanti e in una decina di assalti viene abbattuto senza che il gigante abbia subito un solo colpo. Un po’ sconcertato dalla difficoltà dell’impresa, si fa avanti Erik che raccoglie la grande arma e affronta il mostro verde. Per fortuna al secondo fendente il guerriero riesce a spiccare la testa dal collo del rivale che si dissolve insieme allo spadone lasciando via libera al gruppo, nello stesso momento Belgarion si rianima come se non avesse subito nessuna ferita. La stanza seguente è completamente nera e apparentemente vuota, pregna di fragranze di elleboro, assafetida e ambano, con la solita porta sul muro opposto, una rapida esplorazione rivela una botola nascosta sotto un tappeto color ebano. Aperta la botola i nostri sbucano in un largo corridoio illuminato che conduce ad una stanza larga una quindicina di metri e lunga ventuno, nel bel mezzo del pavimento è disegnata una griglia che la divide in venticinque quadrati disposti a file di cinque, in mezzo ad ogni quadrato è stata scritta una lettera maiuscola, dall’altro lato della stanza c’è una porta ma per arrivarci è necessario passare sui quadrati.

G O H E N O R A R E H A Z A H E R A R O N E H O G

XLVIII

Non essendo sicuri del significato delle parole formate sul pavimento e non volendo rischiare nulla, i compagni decidono di tornare nella stanza nera e finire l’esplorazione di quest’ala del castello nella speranza di trovare qualche informazione a riguardo. La stanza successiva è uguale a tutte le precedenti tranne per il fatto che è completamente dipinta di rosso e senza uscite, odori di benzoino, zolfo ed euforbia riempiono l’aria, un uomo massiccio sta in piedi al centro del locale, la pelle scarlatta e i capelli biondi, indossa una corazza color rosso-oro e il suo poderoso scudo splende come il sole; sembra messo a protezione di un forziere di metallo rosso fuoco. Senza perdersi in chiacchiere attacca la compagnia che però lo sconfigge senza troppe difficoltà, dedicandosi subito all’apertura del forziere che tuttavia è impossibile nell’immediato visto che il metallo è incandescente. Portando un po’ di ghiaccio e neve dalla stanza bianca e aspettando il tempo di un fugace pasto lo scrigno si raffredda e, una volta aperto, rivela un blocco d’oro probabilmente prima fuso per il calore e poi solidificatosi. Non convinto dell’assenza di uscite Belgarion cerca passaggi segreti trovandone uno sul muro opposto all’entrata che dà su un largo corridoio con una guida rossa che svoltando riconduce alla sala del trono, diverse porte vi si affacciano e i compagni decidono di entrare in quella subito a sinistra del passaggio. La stanza è ovviamente una grande biblioteca piena di scaffali ricolmi di libri e pergamene, al centro, seduto su una poltrona di pelle, un individuo è immerso nella lettura di un libro; sebbene costui abbia il corpo di un uomo, la sua testa è quella di un cane pastore scozzese e attorno al collo porta un fischietto color ambra; saluta cordialmente presentandosi come Claude D’Amberville. Alla richiesta del gruppo di esplorare la biblioteca l’uomo-collie dà il permesso a patto che paghino 5.000 MO anticipate quale pegno per qualsiasi oggetto trovino nella stanza

(in fondo tutto quello che c’è nel castello è di proprietà della famiglia Amber). Dopo un po’ di battibecco i compagni accettano di pagare il tributo ed esaminano la biblioteca ricavandone solo tre pergamene: una maledetta che tramuta chi la legge in cane, una con cinque incantesimi dei maghi e la terza piuttosto rovinata che sembra contenere le istruzioni per uscire dal castello e dalla nebbia. Tutto sommato soddisfatti, se non altro per il ritrovamento della terza pergamena, i nostri tornano nel corridoio ed entrano attraverso una doppia porta in un immensa stanza grande almeno la metà della sala del trono che ha tutta l’aria di essere una sala da ballo, l’acustica è eccellente, il pavimento ha un parquet di legno e su una balconata sono presenti diversi strumenti musicali. Una perlustrazione del locale non rivela niente di interessante quindi, sempre passando dal corridoio, i compagni entrano nella stanza successiva che si rivela essere una camera da letto completamente abbandonata. La stanza seguente invece sembra interessante, una sorta di bisca con diversi tavoli da gioco sparsi qua e là, seduta ad uno di questi al centro della stanza vi è una matrona vestita come una zingara, sul tavolo di fronte a lei dieci carte girate sul dorso e disposte in due file di cinque. – Benvenuti, entrate, entrate, le carte sanno tutto. Le carte vedono tutto. Mettetevi comodi. Chi vuole essere il primo a scegliere una carta? Prendete una carta, una qualsiasi… Ma una sola a testa. – dice la donna invitando la compagnia. Il primo a tentare la sorte è il mistico che pesca il re di bastoni… dal nulla si materializza una bacchetta magica nelle mani di Shan. Visto il risultato prova anche Erik estraendo la ruota della fortuna ma apparentemente non ottiene nessun effetto. La pescata successiva è di Dalyane che trova il fante di denari il quale purtroppo fa sì che tutte le sue monete si dissolvano come fumo al vento. Dopo quest’ultima carta gli altri non hanno intenzione di provare, allora Dalyane, che invece vorrebbe ancora sfidare la sorte, chiede alla zingara se il diritto di estrazione sia cedibile a qualcun altro ricevendo risposta positiva. Quindi Shan decide di fare una seconda mano (usufruendo del turno di don Nikelnevic) ma pesca la morte dissolvendosi nel nulla con tutto l’equipaggiamento. Dalyane, per niente impaurita dalla dipartita del monaco, si fa cedere la pescata da Lorien ed estrae di nuovo il re di bastoni ricavandone ancora una bacchetta magica; non contenta utilizza anche l’estrazione spettante ad Alejandro scoprendo il cavaliere di spade che fa comparire tra le sue mani un pugnale magico. Non volendo rischiare ulteriormente, i nostri decidono di abbandonare la stanza e trovare un luogo sicuro dove accamparsi e riposare piangendo ancora una volta la morte di un compagno.

Annette (o meglio suo nonno) ha scoperto finalmente le carte… Saranno in grado i nostri eroi di trovare la tomba di Etienne e liberarlo dalla maledizione? Riusciranno dunque a uscire dal castello tornando alla loro vita di sempre?

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: GLI ORSI MANNARI Ovvero

DI COME LA COMPAGNIA SIA OLTREMODO SOLERTE A RIMPIAZZARE LE PERDITE CON IL PRIMO ESTRANEO CHE APPARE E’ sempre avvilente per un gruppo di avventurieri lasciare per strada i cadaveri di compagni con cui hanno vissuto tante avventure, tristezza mitigata in parte dal recupero dei loro possessi (d’altra parte ci si deve consolare in qualche modo) ma, nel caso della Compagnia del Carretto Impennato, da quando è entrata nel Castello degli Amber ha perduto (e rimpiazzato) così tanti membri da non farci ormai più caso. 21 di Flaurmont. La Compagnia, provata, stanca e con un componente in meno, sta cercando un luogo adatto in cui accamparsi per cenare e dormire in quest’ala del castello. Considerando però che è rimasta da esplorare solo l’ultima stanza del corridoio ha la malaugurata idea di farlo prima di riposarsi. La porta come al solito si apre da sola mettendo i nostri di fronte all’ennesima sfida: la stanza è piena di otto creature ibride orso-umano che gli arcanisti riconoscono come orsi mannari e che, senza metter tempo in mezzo, li aggrediscono. Mentre tutti arretrano il nobile Caldwell lancia una palla di fuoco nella stanza bruciacchiando gli otto ed Erik scaglia un fulmine dal pugnale magico che ne ferisce leggermente un paio. Due creature, apparentemente poco intimorite dall’artiglieria, escono dalla stanza buttandosi su Erik e Ivan ma, mentre il guerriero riesce a difendersi, il chierico viene afferrato con entrambi gli artigli e squarciato. Il combattimento è impegnativo e, nonostante la salva di fulmini e dardi che vengono scagliati da parte dei maghi, gli avversari continuano ad uscire dalla stanza impavidi nel tentativo di ingaggiare corpo a corpo il resto del gruppo. Don Lesina (nonostante la grave ferita) e i guerrieri si gettano in mischia e Briagenn si lancia quattro immagini illusorie un attimo prima che un mannaro le arrivi addosso ne dissolva due a zampate; il chierico ha meno fortuna e cade in ginocchio morso ad una spalla così come Erik ferito dagli artigli, finché finalmente un orso viene ucciso dall’ultimo dardo di Beregar, il

XLIX

cadavere cade terra e muta assumendo la forma di un uomo nudo. Come se lo scontro non fosse già abbastanza duro, improvvisamente la porta a due ante in fondo al corridoio si apre ed irrompe un elfo biondo, di spalle, che arretra incalzato da due elfi scuri (e qualche gremlin che sparisce dopo pochi istanti); nella stanza oltre l’apertura si intravede un portale magico violaceo spalancato su un campo di battaglia che si riduce piano piano fino a dissolversi. Mentre il nuovo arrivato tiene a bada i due scuri avvicinandosi ai nostri, un altro orso viene ucciso dalla spada di Lorien, Beregar tenta un incantesimo sonno senza effetto e Alejandro viene morso e quasi ucciso. Sir Caldwell, visto il pericolo, si allontana dalla mischia inseguito da una bestia e cerca di colpirla con la cerbottana dagli aghi avvelenati; don Lesina usa il bastone guaritore su Alejandro che arretra combattendo mentre i guerrieri tentano di tenere a bada il resto dei mostri, uno di essi però riesce comunque a cogliere la maga togliendole le ultime immagini illusorie e un altro va all’attacco dell’elfo biondo il quale, messo in mezzo, lancia un incantesimo ragnatela bloccando momentaneamente i due scuri e volgendosi verso la mischia principale. Grazie anche all’apporto del nuovo arrivato altri due mostri vengono abbattuti, mentre Alejandro continua a bere pozioni guaritrici nel tentativo di rimanere vivo; Dalyane si lancia altre quattro immagini illusorie e Beregar acceca la bestia che lo inseguiva con un incantesimo di luce perenne. Nel frattempo gli elfi scuri sono quasi riusciti a liberarsi dalla ragnatela e l’elfo biondo muove nuovamente contro di loro uccidendone uno e ferendo gravemente l’altro proprio mentre stacca gli ultimi filamenti bianchi; intanto che don Nikelnevich usa il bastone guaritore sui vari compagni feriti, Lorien uccide un altro avversario e gli orsi rimasti pensano bene di scappare, tutti tranne quello cieco. I nostri non vogliono lasciar andare impunemente i nemici e il chierico abbatte il pesante martello su uno di essi finendolo, allora l’altro mannaro smette di fuggire e imbestialito si getta su Ivan sbranandolo ma viene stroncato da un dardo incantato di Lorien; nello stesso momento l’elfo biondo uccide lo scuro rimasto e Beregar con il bastone mette fine alle sofferenze dell’orso cieco. Finito lo scontro, mentre don Lesina esaurisce le cariche giornaliere del bastone e decide di passare (con grande sgomento degli altri) ai propri incantesimi curativi, il nuovo arrivato si presenta come Selmus Bannililth, un elfo di Alfheim che, a suo dire, proviene direttamente dal fronte e chiaramente non ha idea né dell’ubicazione del castello né del motivo per il quale si trovi qui; quindi vista la recente perdita del mistico e l’obbiettivo comune di uscire da questo strano posto, il Carretto Impennato non ha niente in contrario ad accogliere la richiesta dell’elfo di unirsi temporaneamente al gruppo. Come al solito gli incantesimi del chierico non hanno effetto: nel lanciare il primo semplicemente Ivan sviene e col secondo tentativo il solo risultato ottenuto è quello far provare ai compagni una sensazione di appagamento ma senza essere guariti dalle molte ferite. Si passa allora alla perquisizione della stanza da cui sono usciti gli orsi recuperando da un forziere (scassinato grazie ad un incantesimo di Beregar) diverse migliaia di monete d’oro, una bacchetta delle palle di fuoco e un mantello deflettente come quello posseduto da Alejandro; indagando anche oltre le doppie porte da cui è entrato l’elfo si scopre un atrio, completamente vuoto, in tutto e per tutto simile a quello da cui la compagnia è entrata… Il piano terra della dimora degli Amber è completamente ispezionato. A questo punto i compagni decidono di accamparsi nella stanza blu, ma prima sir Caldwell, che non l’aveva ancora fatto, decide di pescare una carta dalla zingara estraendo, per sua sfortuna, il fante di denari il quale fa sì che tutte le sue monete spariscano nel nulla. Approntati dei turni di guardia a coppie i nostri riescono a passare la notte (ammesso che sia notte) senza ulteriori incontri che disturbino il loro riposo quindi, una volta svegli e ristorati, si preparano ad esplorare i sotterranei del castello scendendo nella stanza con la scacchiera delle venticinque lettere. Che significato avranno le lettere sul pavimento? Riusciranno i nostri eroi a venirne a capo? Sarà qui sotto il cancello delle chiavi d’argento menzionato nella pergamena oppure c’è ancora qualche luogo segreto e inesplorato del castello?

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: SOGNO O SON DESTO ? Ovvero

DI COME UN’ESPERIENZA ONIRICA ESTREMAMENTE VIVIDA POSSA DIVENTARE PIU’ CONCRETA DELLA REALTA’ Dormire è piacevole, specialmente dopo impegnativi combattimenti o estenuanti avventure, ma quando si è indotti a farlo dall’effetto di qualche sostanza allucinogena mista a magia il sonno può diventare piuttosto agitato e finanche pericoloso… Ma non tutto il male vien per nuocere e spesso, superate le difficoltà, la ricompensa non tarda ad arrivare. Giorno 22 di Flaurmont (o giù di lì – tenere il conto dei giorni non è facile quando si è in un castello avvolto da una fitta nebbia). La Compagnia del Carretto Impennato, perplessa e in dubbio sul da farsi, osserva il pavimento a scacchiera con i nomi degli antichi spiriti senza riuscire a decidersi a passarci sopra. – Credo proprio di aver già visto una cosa del genere. Mi pare di ricordare di aver letto da qualche parte di una trappola magica così. Quello di cui sono certo è che sia necessario pronunciare ad alta voce la parola sulla quale si cammina per evitare problemi – Esordisce il nuovo arrivato, l’elfo Selmus, dopo qualche minuto di riflessione. Erik, in seguito a questa rivelazione, rompe gli indugi e fa da cavia passando sulla fila di lettere centrale e gridando “HAZAH”; nonostante abbia fatto come suggerito dall’elfo, il guerriero si ritrova sì dalla parte opposta della stanza, ma completamente privo di vista. Il secondo a passare è proprio Selmus che grida la parola “ORARE” mentre attraversa le lettere corrispondenti stavolta senza danni, seguito da Belgarion che va sul sicuro. La quarta è Dalyane che passa su “GOHEN” arrivando dall’altra parte illesa; poi arriva il turno di Lorien che attraversa su “ERARO”… Il suo corpo comincia a mutare… spuntano peli, la mascella si allunga e dei canini appuntiti le crescono nella bocca: l’elfa sta diventando un lupo mannaro. A questo punto don Lesina e i due maghi rimasti attraversano tutti su “GOHEN” e, mentre il chierico col bastone guaritore cura dalla cecità Erik, l’elfo e l’altro guerriero abbrancano Lorien prima che termini la trasformazione e la legano con la corda. I nostri, loup-garou al guinzaglio, aprono la porta proseguendo l’esplorazione dei sotterranei e sbucando in un corridoio sui lati del quale si trovano quattro celle chiuse da altrettante grate di ferro. In una delle celle un uomo dai capelli lunghi con un pennello e un barattolo di colore sta fissando rapito una luna molto realistica dipinta su una delle pareti, in un’altra sta in piedi fermo un grosso uomo dalla testa di toro, mentre le altre due sono completamente vuote. Ad un esame più approfondito, i maghi scoprono che il minotauro è un’illusione, quindi i compagni decidono di entrare nella cella del pittore (tutte le grate sono effettivamente aperte) il quale non dà segni di reazione estasiato dalla luna dipinta. I tratti dell’uomo permettono di riconoscerlo inequivocabilmente come un Amber, allora i nostri tentano di scuoterlo dal torpore in tutti i modi ma senza successo; le uniche reazioni si ottengono coprendo l’affresco ma il tizio non fa altro che tentare di scoprirlo di nuovo. Nel frattempo Selmus decide di perquisire le altre celle ma, proprio mentre sta per uscire dall’ultima deluso per non aver trovato nulla, viene attaccato da qualcosa di invisibile. Il combattimento è durissimo anche perché la cella è piccola, in pochi possono aiutare l’elfo e l’essere (riconosciuto dai maghi come un segugio invisibile) è quasi impossibile da individuare, quindi i nostri sono costretti a combattere un po’ alla cieca e più volte diversi compagni rischiano la vita, fino a che un ultimo dardo incantato di Alejandro mette fine allo scontro. Attraversata l’unica uscita del “complesso carcerario” abbandonando il pittore al proprio destino, il gruppo si ritrova in un breve corridoio con una porta di fronte, una all’estremità sinistra e una a quella destra. Direttisi a sinistra, la porta si apre su un’immensa stanza piena di vasche e calderoni metallici contenenti vari tipi di liquidi schiumosi dai riflessi iridescenti, su ognuna delle quali sono incisi simboli magici; fiale contenenti svariati liquidi e polveri riempiono gli scaffali appoggiati alle pareti così come alcuni tavoli presenti al centro del locale. Vicino al muro a sinistra sono allineati quattro umanoidi completamente nudi (molto simili al pugile incontrato vicino all’ingresso del castello) due dei quali hanno una spada corta in mano. Non appena i compagni fanno il loro ingresso, uno degli esseri senza arma stende la mano e lancia una palla di fuoco sul gruppo; allora Selmus e Ivan si gettano in mischia contro i quattro mentre l’altro essere disarmato scaglia un’altra palla di fuoco colpendo stavolta solo Belgarion ed Erik. Fortunatamente in pochi secondi il combattimento ha termine con i costrutti falcidiati senza che possano ulteriormente far danni. La subitanea sessione di cure col bastone guaritore non è sufficiente a rimettere completamente in sesto il gruppo, quindi don Nikelnevic a malincuore si decide a utilizzare i propri incantesimi i quali però, pur non causando inconvenienti, ancora una volta non riescono come desiderato. Una perquisizione dello stanzone permette di recuperare una preziosa statuetta di onice e un paio di ampolle contenenti polvere di oro e platino per un valore di diverse migliaia di monete d’oro. Ancora un po’ acciaccati ma soddisfatti dei tesori recuperati, i nostri si dirigono verso la porta all’estremità opposta del corridoio che si apre su un altro corridoio lungo e veramente gelido, la temperatura è sicuramente di diversi gradi sotto lo zero. Il passaggio svolta a destra ad angolo retto rivelando una scena piuttosto insolita: i muri sia a destra che a sinistra per tutti i quaranta metri di lunghezza del corridoio sono pieni di porte; sei file di piccole porte quadrate del lato di poco meno di un metro, interrotte solo da una porta di dimensioni normali sul lato destro; cinque di questi portelli sono marcati con una X rossa. Aprendo una delle porticine marcate, i compagni trovano un cadavere interamente congelato con la scatola cranica completamente vuota. In ognuno dei

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portelli con la X c’è un cadavere con il cervello asportato mentre gli altri loculi sono completamente vuoti; tutto fa pensare ad un obitorio, ma quale sarà il motivo dell’asportazione del cervello? Con questo interrogativo in testa i nostri aprono l’unica porta normale del corridoio sbucando in una grande stanza (poco più piccola di quella dei costrutti) che ha tutto l’aspetto di un laboratorio alchemico ma, oltre ai classici alambicchi e fiale, in giro sono sparse varie lame, bisturi ed arnesi chirurgici; al centro su un tavolo metallico è legato un cadavere umano e, su di lui, un’orrida creatura aliena con sei zampe che terminano con pinze, il suo corpo grottesco è gonfio e ricoperto da una membrana oleosa color giallo-arancio dalla quale sporgono masse di corti tentacoli, quattro occhi gialli sporgenti e una bocca irta di denti; al di sopra degli occhi minacciosi sporgono cinque grosse protuberanze. Alejandro, ormai stanco di queste mostruosità, attraversa la soglia e scaglia una palla di fuoco nella stanza senza nemmeno aspettare che il mostro palesi intenzioni bellicose, la creatura per tutta risposta si getta sul mago ferendolo gravemente con le chele. L’elfo pensa bene di lanciarsi tre immagini illusorie vista la pericolosità dell’essere, mentre i maghi cominciano a bersagliarlo con la propria “artiglieria magica” e i guerrieri lo ingaggiano in un furioso corpo a corpo seguiti dopo pochi istanti dai tre Selmus. Il mostro, soverchiato nel numero, lancia una qualche magia di controllo mentale sul chierico il quale purtroppo viene soggiogato e a sua volta scaglia un incantesimo blocca persone sul gruppo; per una volta, proprio in queste circostanze, l’incantesimo riesce come desiderato e Selmus, Dalyane e Belgarion si paralizzano. La battaglia si mette male, fortunatamente però la creatura aliena è già gravemente ferita e un ultimo dardo incantato di Alejandro è sufficiente ad ucciderla. La perquisizione della stanza rivela un barile in cui, oltre a vari stracci, si trovano una spada e uno scudo magici, sette gemme e qualche centinaio di monete d’oro. L’esplorazione del castello prosegue tornando indietro e attraversando l’ultima porta presente nel piccolo corridoio dopo le celle. Agli occhi del gruppo si presenta una stanza grande più del doppio di quella dei costrutti, una porta a destra e una sul muro opposto sono le uniche uscite, al suo interno ci sono moltissime scaffalature e lunghi tavoli in legno colmi di alambicchi, ampolle, fiale, sublimatori, storte, distillatori, ogni sorta di vetreria e tutto quello che può servire per un perfetto laboratorio alchemico. Appena la compagnia entra nell’immane locale, le tre porte presenti si chiudono a chiave magicamente e un denso fumo nero comincia a diffondersi da una ventina di punti nella stanza; ogni tentativo di sfondare le porte sembra inutile e dopo pochi secondi respirare diventa impossibile. Piano piano i membri del gruppo cadono a terra in un sonno profondo, in piedi rimangono solo Alejandro, Dalyane e Selmus ma anche loro solo fintanto che riescono a trattenere il fiato, quindi dopo un minuto o due tutta la compagnia è fuori combattimento… Nelle viscere di un dungeon don Ivan Nikelnevic è solo, torcia in una mano e martello nell’altra svolta un angolo del corridoio che sta percorrendo per trovarsi davanti un dingo ringhiante. L’animale si rivela essere un cane intermittente che comincia a sparire e riapparire attaccando il chierico. Un paio di colpi del martellone di Ivan assestati con perfetta scelta di tempo sono più che sufficienti a sconfiggere il mostro senza troppe difficoltà… “Aaaaaaah finalmente un po’ d’aria fresca!” Si ritrova a pensare Lorien Loth, sola all’aperto, una giornata splendida di sole, una campagna lussureggiante, in lontananza colline coperte di filari di vigne, alle spalle un cancello, apparentemente nel nulla, completamente d’argento… Erik Foks sta affondando sempre più nella palude, la fitta bruma che da terra arriva al petto del guerriero non gli permette nemmeno di vedere dove mette i piedi, improvvisamente un gelo innaturale lo pervade entrandogli fin nelle ossa, uno spettro completamente nero fluttua davanti a lui osservandolo malignamente con gli occhi rosso fuoco. Erik, pur solo e un po’ intimorito, non si perde d’animo, spada in una mano e pugnale magico nell’altra, arretra scagliando un fulmine dal pugnale sul non morto che fortunatamente sembra accusare il colpo. Un secondo e un terzo fulmine magico fanno in tempo a colpire il mostro prima che raggiunga il guerriero e tenti di attaccarlo senza successo, quindi Erik approfitta della situazione calando la spada magica sullo spettro distruggendolo… Dalyane sta volando. Sola si libra alta tra le nuvole e sopra di esse con le sue ali bianche, angeliche. La sensazione di libertà è stupenda, vola, vola e vola all’infinito in questo mondo celestiale… Solo sir Beregar Caldwell ha capito come stanno realmente le cose. Tutte le piante del mondo, non si sa come, hanno acquisito un intelligenza demoniaca e complottano per dominarlo. Nessuno gli crede ma per fortuna egli ha trovato il modo di salvare tutti, le sue ricerche l’hanno condotto ad un antico artefatto nascosto nelle viscere della terra. Prendendo in mano lo scettro ne sente l’immane potere fluire attraverso il suo corpo, riesce a controllarlo e ne rilascia l’energia magica che riporta all’istante tutte le piante alla loro normale vita vegetativa… Ancora una volta il mondo è salvo e stavolta esclusivamente grazie a lui… Alejandro de Montenegro c’è riuscito! La sua impresa eroica verrà cantata per generazioni dai bardi. Dopo aver superato mille difficoltà e pericoli ha raggiunto la meritata ricompensa diventando un riverito Fattucchiere… Due principesse rapite, due principesse in pericolo, tenute prigioniere in due castelli impenetrabili; ma anche due eroi, Belgarion figlio di Brian e Selmus Bannililth. Ognuno per conto proprio, senza essere a conoscenza l’uno dell’altro, si gettano nell’impresa riuscendo a sconfiggere da soli le guarnigioni dei castelli e liberando le principesse. Gloria e onore e migliaia di monete d’oro ricoprono gli eroi… I compagni si svegliano nel laboratorio alchemico, i sogni erano così vividi da sembrare reali… E forse lo erano! Le ali di Dalyane di certo adesso sono reali, ripiegate sulla sua schiena e anche le monete d’oro di Belgarion e Selmus; Alejandro davvero è diventato un fattucchiere e l’esperienza, la fatica, la conoscenza acquisita nei sogni di tutti è veramente presente e viva anche nella realtà… Ma… un attimo… Lorien? L’elfa è sparita e non si trova più nella stanza con loro… Che fine avrà fatto Lorien? Che stia vivendo realmente il suo sogno?

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LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: AVEROIGNE Ovvero

DI COME LE BAMBINE CAPRICCIOSE ALLA LUNGA SI STANCHINO DEI PROPRI GIOCATTOLI Quando una persona è abituata a considerare gli altri come pedine della propria scacchiera, ad avere tutto sotto controllo e ad ottenere qualsiasi cosa senza sforzo, trova difficile concepire che si possa prendere qualche iniziativa personale. L’irritazione della “piccola” Annette di fronte alle vicende del Carretto Impennato è la più lampante dimostrazione della sua insofferenza al fatto che le cose non vadano esattamente come aveva previsto; in questo caso è molto più facile abbandonare i burattini ormai senza fili e stringere ancor di più il cappio al collo degli schiavi fedeli piuttosto che abbassarsi a riconsiderare le proprie valutazioni. Nel grande laboratorio alchemico i compagni stanno raccontandosi i rispettivi sogni un po’ preoccupati per la scomparsa di Lorien, il tentativo di tenere il computo dei giorni ormai è abbandonato non sapendo per quanto abbiano dormito, il primo pensiero (in particolar modo di Selmus pare) è quello di trovare l’elfa, sempre che sia ancora nel castello. Delle due possibili uscite dalla stanza imboccano quella opposta all’entrata trovandosi davanti un’area, grande quasi il doppio del laboratorio appena lasciato, divisa in sette stanze più piccole separate da un corridoio. Ritenendo un’operazione lunga l’esplorazione di tutte queste stanze, la compagnia prova a considerare l’altra opzione disponibile e torna indietro imboccando l’altra uscita dal laboratorio che dà su un larghissimo corridoio, molto lungo, che si perde nell’oscurità. I nostri valutano più conveniente perquisire le sette stanze piuttosto che seguire un corridoio che potrebbe portarli in una parte completamente sconosciuta del castello e tornano ancora una volta indietro aprendo la più vicina delle sette porte. La stanza che si para loro davanti è completamente vuota e spoglia, fatta eccezione per una buca nel pavimento piena di un liquido scuro e oleoso che brucia e ribolle in superficie; sospeso pochi centimetri sopra la vasca si trova un umanoide piuttosto massiccio dalla pelle rossiccia, deve emanare un intenso calore a giudicare dalla distorsione dell’aria attorno al suo corpo. Solo Selmus con la sua acuta vista da elfo riesce a notare una sfera trasparente al centro della vasca poco sotto il pelo del liquido (e i piedi dell’essere) che contiene una chiave d’argento. La creatura, riconosciuta dagli studiosi del gruppo come un efreet, senza dare nemmeno il tempo ai nostri di intavolare una conversazione, avanza per attaccarli atterrando sul bordo della buca. Don Lesina è il più lesto a reagire e ammolla un poderoso colpo di martello sulla testa dell’efreet; è seguito a ruota da Alejandro che, dall’alto del suo nuovo status di fattucchiere, scaglia contemporaneamente ben tre dardi incantati, seguito a sua volta dai singoli dardi di Beregar e Dalyane; infine, prima che possa reagire, anche Erik cala un fendente sul mostro. Il corpo rosso del gigante si riscalda e si infiamma diventando una colonna di fuoco, coloro che si sono avvicinati si ustionano tanto è il calore che emana, e un grosso pugno ardente si abbatte su Belgarion che però, con un singolo movimento, para e ruota il suo poderoso spadone affondando profondamente nelle carni dell’efreet; quindi Erik, non da meno, incalza e abbatte un secondo fendente staccando di netto la testa dell’essere che scompare in un’intensa fiammata. Selmus prova a saggiare il liquido, ora calmo, con un dito ma viene ferito dalla natura acida della sostanza; l’elfo indica agli altri la sfera con la chiave che adesso è immersa mezzo metro nell’acido quindi Erik, per niente intimorito, infila il braccio e la afferra gettandola poi subito contro un muro straziato dal dolore. Bagnatolo abbondantemente con acqua per rimuovere la sostanza urticante e guarito grazie al solito bastone di Ivan, l’esplorazione può continuare. La stanza seguente è più larga che lunga, un enorme mucchio di tesori la occupa quasi per intero. Erik e Ivan entrano apprestandosi a frugare tra le monete quando un movimento nel mucchio li allerta e la grossa bocca di un gigantesco verme zannuto si chiude a pochi centimetri dalla faccia dei due malcapitati. Fortunatamente il chierico e il guerriero reagiscono prontamente assestando due colpi poderosi al mostro viscido, mentre Dalyane si fa largo nella stanza e lancia un fulmine magico che si scarica per tutta la sua lunghezza, rimbalza sul muro e lo attraversa di nuovo danneggiandolo a sufficienza perché un conclusivo dardo incantato dell’anello di Alejandro lo uccida. Cosa non farebbe un avventuriero per raccattare qualche moneta in più… Erik, pensando al mantenimento della propria famiglia (sempre che riesca ad uscire dal castello), si denuda ed entra nelle viscere del mostro in cerca di qualche oggetto interessante, mentre il resto del gruppo si dedica a scrostare più monete possibili dal corpaccio appiccicoso; poi, completamente impiastricciato e senza aver trovato nulla, è costretto a passare qualche ora a ripulirsi, quindi i compagni decidono di fermarsi per una frugale cena e il meritato riposo. Il giorno dopo, ristorati al pieno delle forze, i nostri continuano la ricerca dell’elfa e dell’uscita entrando nella terza stanza di quest’area. Un pentacolo bianco iscritto in un cerchio è stato dipinto al centro del pavimento, su ogni punta una rossa candela accesa; un corno da caccia ambrato pende da un cordino al muro

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e un libro giace aperto su un leggio posto dietro il disegno; dal centro della stella un umanoide alto tre metri dalla pelle squamosa di un colore grigio opaco, osserva con occhi di bragia la compagnia sulla porta, il suo corpo è privo di peli e le dita terminano con affilatissimi artigli, dalle sue fauci spuntano grosse zanne aguzze e sulla schiena si spiegano immense ali di pipistrello. L’essere demoniaco rivolge la parola al gruppo intimando loro di stare attenti e di non toccare nulla in questa stanza, mentre l’elfo si sta già dirigendo verso il leggio ed Erik ha già le mani sopra il corno. Nonostante le continue minacce del demone Selmus si avvicina al tomo: sembra il libro degli incantesimi di un certo Syrath, nome che risveglia la memoria dei maghi glantriani i quali si ricordano di un gran maestro della scuola della negromanzia ormai scomparso che portava quel nome. Come l’elfo, sordo agli avvertimenti del mostro, tocca il volume un bagliore accecante invade la stanza… – AH AAAAH SAPEVO CHE UN PO’ DI PSICOLOGIA INVERSA AVREBBE FUNZIONATO STUPIDI UMANI!!! – tuona il demone, libero dal pentacolo ormai svanito insieme al libro. Il mostro si getta su Erik il quale nel frattempo, come colto da ispirazione, ha afferrato il corno suonandolo. L’essere demoniaco fa in tempo a ferire il guerriero con gli artigli paralizzandolo prima di svanire nel nulla con un sorriso di soddisfazione. Nell’attesa (e nella speranza) che col tempo il compagno si scuota dalla paralisi, gli altri perlustrano la stanza trovando un paio di armi magiche, una pergamena di incantesimi e un paio di pozioni. Passata un’ora Erik si riprende e, incuriosito, prova a suonare di nuovo il corno senza che niente accada. I nostri adesso si avviano nella stanza centrale che si rivela essere una specie di archivio, la riempiono una serie di scaffali polverosi pieni di oggetti strani e particolari ma prima di dedicarsi alla perquisizione bisogna affrontare un basilisco messo a guardia del posto. Lo scontro con questo lucertolone non è mai facile perché per non incontrare il suo sguardo pietrificante si è costretti a colpire quasi alla cieca, quindi tra coloro che lo aggirano alle spalle, coloro che utilizzano uno specchio e coloro che effettivamente combattono senza guardare la bestia viene uccisa con molta difficoltà e non senza conseguenze: la maga infatti è stata morsa e pietrificata. Non avendo nulla che possa tramutare la pietra in carne, i compagni si dedicano alla ricerca di qualcosa che possa aiutare Dalyane. Vengono rinvenute diverse migliaia di monete d’oro e di platino e, con l’aiuto di un incantesimo di individuazione del magico lanciato da Selmus, alcune pozioni curative, una pergamena con diversi incantesimi clericali, una spada, un pugnale e uno spadone a due mani. Erik allora prova a suonare di nuovo il corno sperando che abbia qualche effetto sulla pietrificazione ma questo si sfalda nelle sue mani senza sortire alcun effetto; nel frattempo l’elfo, Alejandro e l’altro guerriero saggiano rispettivamente le tre armi che si rivelano essere tutte intelligenti e particolarmente efficaci contro i non-morti. Lasciata la maga in un angolo della stanza, i compagni si dedicano alla ricerca, oltre che del cancello delle chiavi d’argento, adesso anche di un sistema per aiutarla. La porta successiva si apre su un locale completamente spoglio come i precedenti tranne che per una fossa larga alcuni metri guardata a vista da sei orribili figure umanoidi dall’aspetto animalesco che il chierico riconosce come ghouls. Don Lesina non perde tempo mostrando il suo simbolo sacro ai non-morti i quali vengono quasi tutti ridotti in cenere e i due che hanno resistito al potere divino vengono prontamente abbattuti da Erik e Selmus. I due guerrieri e l’elfo si avvicinano alla buca per verificare di cosa si tratti ma ciò che si presenta davanti ai loro occhi li turba non poco… La fossa è piena all’inverosimile di ghouls che stanno arrampicandosi uno sull’altro alle pareti per uscire, qualche forza maligna attira i tre verso la buca, Belgarion è l’unico che riesce a resisterle e, proprio mentre i due compagni al suo fianco stanno cadendo giù, si scuote e tenta di afferrarli per non farli precipitare nel profondo del pozzo, riuscendo però a salvare solo l’elfo che si lascia andare in terra sconvolto vicino al bordo dell’abisso oscuro… Per Erik è ormai troppo tardi, precipita rotolando nel buio, troppo scioccato per avere paura, toccato, graffiato e in parte rallentato da forti mani adunche fino a che la fredda terra non lo sorprende dopo una caduta di diversi metri. La vista però adesso è ancora più sconvolgente, un cielo rosso, non il rosso di un caldo tramonto ma piuttosto quello torvo di una ferita infetta, si intravede dall’apertura che si trova di fronte come da dentro una grotta; il sole è piccolo, dall’aspetto vecchio e distante, l’aria è fredda; i muri il pavimento e persino il soffitto, nel quale sbuca il pozzo da cui è caduto, pullulano di pietre tombali come se un immenso cimitero fosse stato ribaltato e miriadi di ghouls sciamano nei dintorni del guerriero. Un folle terrore si impadronisce di Erik quando l’errare confuso dei non-morti prende un’unica direzione, attirati dalla carne fresca dell’essere vivente appena entrato nel loro mondo. Nello stesso momento i compagni si adoperano per una disperata operazione di recupero, Belgarion viene legato in vita e calato nella fossa da Alejandro e Ivan con una corda, ma la lunghezza non è sufficiente ad arrivare in fondo, quindi l’eroe decide di slegarsi e lasciarsi cadere. La caduta è rovinosa e la visione non è meno scioccante che per l’amico ma il guerriero riesce a non farsi sopraffare dall’orrore e lo prende in braccio attivando i suoi stivali di levitazione e cominciando a risalire. Purtroppo la magia degli stivali non consente un’andatura veloce e, pur riuscendo a tornare nella stanza col compagno, i due ne escono feriti gravemente e talmente sconvolti da non poter nemmeno muoversi, neppure dopo le amorevoli cure del buon Nikelnevic. D’improvviso, mentre ancora i guerrieri si stanno riprendendo, si ode un fischiettare nei corridoi: è Isadora D’Amberville che con il suo proverbiale tempismo (e fiuto per gli affari) giunge in aiuto del gruppo. Per prima cosa la donna, evidentemente sorpresa dalla presenza di Selmus, lo interroga aspramente sui modi e i motivi che l’hanno condotto nel castello, poi, non soddisfatta delle sue risposte, lo tratta male dicendo di non voler avere niente a che fare con lui. Mentre l’elfo si allontana, Alejandro prende in mano la situazione contrattando con la signora un prezzo per la spietrificazione di Dalyane, giungendo alla fine ad offrire il magico pugnale intelligente rinvenuto proprio in seguito allo scontro col basilisco. Una volta assolto il proprio compito Isadora se ne va ed i compagni si apprestano ad esaminare le ultime due stanze con la maga di nuovo operativa e i due guerrieri ora in grado di muoversi seppur a mezzo servizio. Giunti davanti alla penultima stanza, il fine udito dell’elfo coglie un ringhiare sommesso al di là della porta. Preparati al pericolo i nostri la aprono armi in pugno scoprendo una stanza spoglia con nient’altro che quattro cucce occupate da esseri canini dal pelo rossastro fulvo, tre delle dimensioni di un pony e uno grande quanto un cavallo. Il primo ad entrare è Selmus che, sperando di non essere visto coperto dal suo mantello magico, avanza verso il mostro più grosso ma, accortosi di essere seguito con lo sguardo dal canide, lo attacca non riuscendo tuttavia a colpirlo; Erik, ancora un po’ scombussolato, entra anch’egli lanciando un fulmine dal suo pugnale magico ma, nonostante danneggi un paio di avversari, la stanza è talmente piccola che il raggio elettrico rimbalza sul muro e torna verso lo stesso guerriero ferendolo; poi anche Ivan attacca il cane maggiore assestandogli finalmente una martellata. A questo punto tutti e quattro i mastini prendono fiato e soffiano contemporaneamente vampe di fuoco su chierico e guerriero che cadono a terra totalmente carbonizzati. Il “nobile” Beregar pensa bene di nascondersi nel corridoio e i compagni rimasti, sebbene intimoriti, rinnovano i loro attacchi: un fulmine magico di Dalyane e un dardo incantato di Alejandro riescono ad abbattere un paio di mastini infernali (tra cui quello più grande) e costringono gli altri due a fuggire per la paura incalzati da Belgarion. Il pericolo però non è passato perché, come sempre succede ormai quando Ivan perde coscienza, l’angelo Serafius fa la sua comparsa… Stavolta l’essere celestiale esce dal corpo del chierico e lo risorge alzandolo in piedi, poi, mentre il tempo sembra essersi fermato per tutti tranne che per loro

due, strappa con una mano le ali dalla schiena di Dalyane e tramuta Alejandro in pietra. – Devi ASSOLUTAMENTE recuperare il mio corpo! – dice l’angelo ripetendo quanto già intimato al gruppo nella foresta interna dopo lo scontro col drago d’oro. Ivan Nikelnevic, forse per la prima volta faccia a faccia con colui che abita il suo corpo, intercede per i compagni e lo convince di aver bisogno di tutti loro per adempiere alla missione affidatagli. Serafius, convinto, ritrasforma il mago in carne e resuscita anche Erik prima di svanire di nuovo all’interno del chierico. Il tempo torna a fluire normalmente per tutti ma, neanche un attimo per riprendersi che nel corridoio appare Annette vicino a Beregar nascosto. I due raggiungono i compagni e la ragazza infuriata ordina al gruppo di andarsene, con un gesto di stizza scarica un fascio di energia distruggendo un muro dell’unico locale

ancora inesplorato e rivelando un cancello argenteo nel bel mezzo della stanza. Ad un suo ulteriore movimento della mano il cancello si apre dando accesso ad un bucolico paesaggio primaverile con l’elfa Lorien che giace, non più in forma di licantropo, addormentata sul prato oltre il varco. I nostri, contenti

LIII

finalmente di uscire all’aria aperta, attraversano il passaggio dimensionale borbottando contro lo scatto d’ira di Annette, la quale ferma un attimo i tre maghi prima che seguano i compagni. – Non ci ho visto più! Non ce l’avevo con voi, non con voi tre almeno… – dice la ragazza – non sopporto coloro che si atteggiano a paladini di bontà, si riempiono la bocca con parole come “bene” e “giustizia” e poi si sentono in diritto di perseguitare quelli come noi che in fondo fanno solo quello che si sentono senza tanti proclami – Nel pronunciare queste parole raccoglie da terra le ali strappate a Dalyane e con delicatezza le riposiziona sulla sua schiena, un leggero tepore pervade il dorso della maga e le due appendici sono di nuovo al loro posto. – Ora andate anche voi ma guardatevi le spalle. Verrà un giorno in cui Serafius pagherà per questi affronti e quel giorno ricordatevi di questo momento e pensate bene a quale sia la parte dalla quale stare – – Non preoccupatevi mia signora – risponde Alejandro con un sorriso malevolo – so bene già da adesso da che parte starò, su una cosa sola non concordo con voi… devono essere loro, e non noi, a guardarsi le spalle! –. Mentre questo ancora avviene all’interno del castello, all’esterno il resto del gruppo in attesa considera gli eventi appena trascorsi ed un infervorato Erik è sempre più convinto a professarsi fedele di Serafius che per ben due volte ha evitato il lutto alla sua famiglia. Lorien viene svegliata e, non appena anche i tre maghi attraversano il cancello raggiungendo i compagni, questo scompare nel nulla lasciandoli su un sentiero nel bel mezzo di un bosco. A giudicare dalla pergamena trovata nella biblioteca di Claude, questa dovrebbe essere Averoigne, vecchia patria degli Amber, in cui cercare i quattro oggetti che permetteranno l’evocazione della tomba di Etienne e il conseguente ritorno a casa del Carretto Impennato. Il sentiero conduce ad una radura e, di seguito, ad una strada che va da nord-est a sud-est. A giudicare dalla fioritura sembrerebbe primavera, la qual cosa risulta strana visto che prima che la compagnia entrasse nel castello era autunno, oltretutto la vegetazione è piuttosto singolare, piante mai viste circondano i nostri e l’elfa decide di fermarsi a raccoglierne diversi campioni, quindi anche gli altri si siedono sul ciglio della strada a riposarsi e rifocillarsi on po’. Dopo alcuni minuti una carovana mercantile transita percorrendo la strada in direzione nord-est. Fermati e interrogati, i mercanti confermano questa essere la provincia di Averoigne, la strada la percorre da nord a sud unendo la capitale Vyones con la città di Ximes (loro provengono proprio da quest’ultima diretti in capitale) e riconoscendo i compagni come forestieri si offrono di accompagnarli ad una locanda che è solo a qualche centinaio di metri di distanza dietro la curva della strada. La Bonne Juissance è una piccola locanda, poco più che una casetta con l’orticello intorno. Parlando con il gestore i nostri scoprono di trovarsi in un mondo totalmente diverso dal proprio, in cui la magia non è ben vista (anzi è considerata opera malefica), un mondo in cui i mostri che loro incontrano

frequentemente sono considerati solo leggende, una regione che una volta era governata dalla famiglia d’Amberville. L’unica cosa veramente utile della sosta in locanda è l’acquisto di una cartina della provincia, purtroppo però non è possibile comprare cavalli o trovare un mezzo di trasporto per Ximes o Vyones che distano alcune centinaia di chilometri. Confrontando i nomi presenti sulla mappa con quelli citati nella pergamena di Claude, vengono riscontrate diverse corrispondenze e la compagnia decide di dirigersi verso le rovine di Sylaire, distanti solo un paio di giorni di cammino nella foresta, nelle quali dovrebbe trovarsi La Spada Incantata in possesso di Sephora o forse di Malachie. Il bosco di Averoigne sembra molto più tranquillo delle foreste di Karameikos e i compagni giungono sul far della sera al fiume Isoile, essendosi imbattuti solamente in un cinghiale che purtroppo è scappato senza che siano riusciti a cacciarlo. Un sentiero si dipana al di là del fiume, fiancheggiato da numerosi menhir, a partire da un’arcata anch’essa di pietra. Guadato agevolmente il fiume, i nostri osservano da vicino le grosse pietre. Sembrerebbero erette da una sorta di culto druidico a giudicare dai simboli e disegni che vi sono incisi, ma la cosa più stupefacente è che al di là dell’arco non sembra più primavera ma autunno. Senza farsi troppi problemi i compagni passano oltre le pietre e seguono il sentiero fino a che non sono costretti ad accamparsi per la notte. Prima di dormire, temendo che l’elfa sia ancora maledetta con la licantropia, Ivan lancia scaccia maledizioni ma, come avviene da un po’ di tempo a questa parte, l’incantesimo non riesce e anzi ha l’effetto contrario, Lorien comincia di nuovo a tramutarsi in lupo mannaro. Prima che la mutazione sia completa l’elfa viene stordita, legata e mantenuta incosciente fino alla mattina. Fortunatamente il riposo del Carretto Impennato non viene disturbato da ulteriori complicazioni e il mattino seguente don Lesina, non contento, ci riprova. Stavolta l’incantesimo sortisce l’effetto desiderato ma Ivan subisce un ritorno di fiamma che lo porta alle soglie della morte. Una pozione curativa serve a rianimare il chierico che poi si risana con l’aiuto del suo bastone guaritore. Pronti dunque a raggiungere in giornata le rovine, i compagni si rimettono in viaggio ma d’improvviso sul sentiero compare una nobildonna, di una bellezza sconvolgente, vestita di abiti lussuosi. Selmus, Beregar e Alejandro si avvicinano in estasi, soggiogati dal fascino innaturale della dama che si presenta come Sephora Sylaire; domanda il motivo della loro presenza nei suoi possedimenti e Alejandro le racconta che sono in cerca della Spada Incantata. Ella è disposta a concedere la spada a patto che le sue terre vengano liberate dalla presenza di un lupo mannaro (e potente mago) di nome Malachie. Adesso tutti i maschi del gruppo (con l’esclusione del solo Ivan) adorano estatici la donna, quindi con entusiasmo accolgono qualsiasi sua richiesta, in ogni caso anche coloro che non sono soggetti al suo fascino ritengono una proposta onesta quella di Sephora e accettano di buon grado.

Riusciranno i nostri eroi a sconfiggere Malachie e recuperare La Spada Incantata di Sylaire ? E cosa si nasconderà dietro al fascino maliardo di Sephora ?

LIV

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: I PERICOLI DI SYLAIRE Ovvero

DI COME SIA PIU’ FACILE PERDERSI IN UNA FORESTA SEGUENDO TRACCE CHE GIROVAGANDO A CASO Quando si cerca qualcuno avere una pista da seguire è una buona cosa, a patto però di essere guidati da chi è in grado di interpretare correttamente gli indizi e le tracce che questi lascia, altrimenti si corre il rischio di farsi fuorviare, trovarsi completamente smarriti e da tutt’altra parte rispetto al ricercato; in questi casi forse si otterrebbe di più a vagabondare senza meta, almeno non si avrebbe la pretesa di essere sulla strada giusta. la Compagnia del Carretto Impennato sta scortando Sephora verso la propria dimora alle rovine di Sylaire, in modo da avere un punto di partenza dal quale cominciare la ricerca del lupo mannaro Malachie, visto che la donna non ha idea del luogo in cui esso si trovi. La componente maschile del gruppo (la quale evidentemente non comprende don Lesina) è totalmente rapita dalla grazia e dal carisma della dama, mentre la maga e l’elfa, un po’ infastidite da tutte le attenzioni che le sono tributate, la interrogano tentando di carpire maggiori informazioni sia su di lei che sul suo nemico, senza però cavare un ragno dal buco. Il breve tragitto conduce presto ad una radura nel bosco dal centro della quale si erge un’antica torre in parte diroccata, circondata da quella che una volta doveva essere un’imponente fortezza di cui adesso rimangono solo pochi muriccioli in rovina ed i segni delle fondamenta tra l’erba alta. Un po’ perplessi dal fatto che questa sia la dimora di una così nobil donzella, i compagni si dedicano con solerzia al setaccio dei dintorni in cerca di tracce del mago-lupo. Il primo a trovarne è Selmus il quale, non molto distante da quelle che in passato erano le mura est della roccaforte, riconosce segni di un lungo appostamento (vecchi ormai di qualche giorno) da cui dipartono impronte umane che dopo qualche centinaio di metri mutano in orme di lupo. Il resto del gruppo, avvertito della scoperta, viene condotto dallo stesso elfo nel folto della vegetazione fino a che le tracce non si confondono mescolandosi a quelle di un branco. I due elfi, più avvezzi alle zone selvagge, tentano di concerto di trovare una pista da seguire ma, nel mentre, Dalyane si accorge di qualche rumore nella boscaglia e individua poco distante una bestia in agguato; a prima vista ha l’aspetto di un drago ma l’occhio allenato della maga nota subito alcune differenze. Per cominciare è dotata delle sole zampe posteriori, mentre quelle anteriori sono sostituite dalle ali (un po’ come un pipistrello) e poi la lunga coda, più sottile di quella di un drago, termina in un affilatissimo aculeo: non ci sono dubbi è una viverna e i maghi mettono subito in guardia la compagnia dal mortale veleno del pungiglione. Alejandro cerca subito di migliorare le proprie difese lanciando quattro immagini illusorie, mentre Erik carica a testa bassa mollando un pauroso fendente che ferisce gravemente il mostro, supportato dalle frecce di Lorien e dal dardo incantato di sir Caldwell. La creatura alata reagisce tentando di mordere senza successo il guerriero che evita anche l’aculeo velenoso; don Lesina decide di lanciare una benedizione che stranamente riesce senza effetti collaterali; Dalyane segue l’esempio del compagno di studi lanciandosi una immagine illusoria, mentre Selmus, finora invisibile grazie al suo mantello elfico, compare vicino alla bestia affondandole la spada nelle carni; ultimo a muoversi anche Belgarion arriva a dar man forte in corpo a corpo calando il suo possente spadone sul collo della viverna. Intanto che i due guerrieri e l’elfo sono intenti combattere scansando il pungiglione, Beregar nota alcune cicatrici sul fianco del mostro che sembrano causate da artigli e comincia a pensare che, in mancanza di meglio, le tracce della viverna possano costituire una buona alternativa per arrivare a Malachie. In ogni caso c’è ancora da sconfiggere un avversario molto ostico anche se già gravemente ferito, i due guerrieri sono presi principalmente a schivare la coda e, proprio da una parata sull’aculeo velenoso, Belgarion riesce a farsi largo nella difesa della creatura con un fendente micidiale che le stacca di netto la testa. Stanchi ma pressoché illesi, i compagni danno credito all’intuizione di Beregar e cominciano a seguire le tracce della viverna che ben presto però portano ad una situazione di incertezza perché Lorien sostiene la strada giusta sia a sinistra, mentre Selmus ritiene di aver individuato una pista nella direzione diametralmente opposta. Nel dubbio ovviamente i nostri si fidano più dell’elfa e optano per seguire lei piuttosto che il nuovo arrivato, il quale si aggrega suo malgrado borbottando il proprio disaccordo, asserendo che sia folle fidarsi delle conoscenze naturali di un elfa di Karameikos (specialmente in contrapposizione a quelle di un “vero” elfo di Alfheim). Il cammino prosegue coi due che battibeccano, intervallato solo da un fugace pasto, fino a che, senza ancora aver trovato né la tana della viverna né segni del lupo mannaro, proprio Lorien è la prima a percepire il rumore di qualcosa di grosso che si fa largo nella foresta. Alberi cadono e passi pesanti fanno tremare il terreno quando, ad una cinquantina di metri dalla compagnia, dalla vegetazione escono due orsi giganteschi i quali fiutano l’aria alzandosi minacciosamente sulle zampe posteriori raggiungendo quasi i cinque metri di altezza; dietro a loro una figura poco più alta, un umanoide dalla pelle grigia, simile a roccia, con in mano un enorme sacco e un’immane clava di pietra. Selmus si accorge che il gruppo è sottovento quindi gli animali li hanno sicuramente fiutati, allora prima che possano attaccarli gli incantatori danno fondo alla propria artiglieria pesante: Beregar e Alejandro lanciano una palla di fuoco a testa imitati da Lorien che utilizza la bacchetta magica, seguiti a ruota da Dalyane con un fulmine che attraversa un orso uccidendolo per scaricarsi poi sul gigante; per finire anche Erik fa partire la scarica elettrica dal pugnale colpendo i due avversari rimasti e abbattendo l’altro orso. Il gigante, clava in mano, vista la mala parata, carica urlando qualche richiamo di aiuto ma l’aiuto non arriva in tempo perché, già gravemente ferito, viene rapidamente finito dai due guerrieri. Mentre i compagni rovistano nel grande sacco del colosso di pietra trovando alcune armi magiche e una pergamena clericale, Dalyane si alza in volo grazie alle ali acquisite in sogno per controllare se l’ultimo grido d’allarme dell’essere è stato recepito. Purtroppo pare proprio di sì, e nemmeno da un avversario semplice: in lontananza un drago verde sta arrivando in volo proprio verso il luogo dello scontro, di certo la devastazione del fuoco è facilmente individuabile. Avendo già avuto a che fare ormai con diversi draghi, i nostri sanno bene che è consigliabile affrontarli in formazione sparsa dato il pericolo del soffio, quindi si distribuiscono in cerchio ad una ventina di metri l’uno dall’altro nascosti nella vegetazione intorno alla radura creata dalle fiamme. Il battito d’ali del verde rettile disperde il fumo gettandolo negli occhi dei compagni che, accecati per qualche istante, sentono solamente il tonfo dell’atterraggio; quando il fumo si dirada, il mostro è intento a cibarsi degli orsi bruciacchiati, sembra che non si sia accorto della loro presenza ma, evidentemente, è solo una tattica perché appena Erik si prepara ad attaccare bevendo una pozione di velocità, il drago a sorpresa si lancia quattro immagini illusorie. Allora contemporaneamente Lorien utilizza di nuovo la bacchetta tirando una palla di fuoco, Erik un fulmine dal pugnale e Alejandro un incantesimo dissolvi magie eliminando tutte le immagini; di seguito Selmus e Dalyane lanciano un dardo incantato e Beregar una luce perenne sugli occhi dell’avversario accecandolo; l’unico ad avventurarsi nel corpo a corpo è Ivan che colpisce col suo pesante martello da guerra. Il combattimento sembra mettersi bene per la compagnia ma Caldwell e De Montenegro si accorgono che qualcosa non va: accanto al drago c’è qualcosa che si muove invisibile delle stesse dimensioni. Se un rettile è affrontabile coordinandosi tutti insieme, due sono decisamente troppi anche per un gruppo rodato di otto avventurieri, quindi i nostri si disperdono scappando nella boscaglia, ma la coppia non sembra intenzionata a proseguire la lotta perché si alza in volo ritirandosi e subendo un’ultima palla di fuoco della bacchetta dell’elfa. Dopo più di mezzora in cui nessun’altra creatura appare sulla scena, i compagni cominciano ad uscire allo scoperto radunandosi piano piano. Adesso cominciano a dubitare della direzione presa dall’elfa e tornano indietro guidati da Selmus. Sembra che scovare il lupo mannaro sia più difficile del previsto, riusciranno i nostri eroi a trovarne le tracce e attirarlo allo scoperto?

LV

LA SAGA DEL CARRETTO IMPENNATO: TEMPO IMPAZZITO Ovvero

DI COME A UN GRUPPO DI AVVENTURIERI SIA RISCHIOSO ANCHE SOLO CHIEDERE INFORMAZIONI

…Oh... Join up with me so joyous and free away to old Sherwood hie For I'm Robin Hood and I'm very good at avoiding the Sheriff's eye So we'll trip along merrily thro' the green woods so gracefully To trip it, trip it, trip it, trip it, trip it up and down… To trip it, trip it…

Robin Hood Daffy Una foresta di norma è piena di insidie e pericoli, figuriamoci quando è infestata da un lupo mannaro. Tuttavia, se proprio il licantropo è l’obbiettivo, sarà sufficiente girovagare qualche giorno per il bosco attirando un po’ l’attenzione e sicuramente questi uscirà presto allo scoperto senza bisogno di mettersi a cercarlo. Un ottimo metodo quando non si ha nel gruppo un membro in grado di trovare le tracce. Dopo lo strano incontro col drago verde che ha lasciato tutti perplessi, la Compagnia sta tornando verso il punto di partenza guidata dall’elfo, ormai certi che la direzione presa da Lorien non porti da nessuna parte. L’elfa dal canto suo è ancora convinta delle tracce che ha trovato e segue i compagni con riluttanza, sentendosi umiliata e offesa, continuando a tenere d’occhio Selmus per controllare dove li stia portando. Ad un tratto nella foresta si ode un lontano fischiettare accompagnato poi da un mormorio. Man mano che si avvicina il mormorio diventa riconoscibile e un’allegra canzoncina allieta le orecchie dei nostri…

Robin Hood e Little John / van per la foresta / ed ognun con l'altro / ride e scherza come vuol… Un uomo piuttosto elegante vestito di una bella cotta di maglia sbuca di tra gli alberi canticchiando, ha un fioretto al fianco e passeggia con un bastone di legno di corniolo appuntito all’estremità, il suo capo è coperto da un cappello a tesa larga adornato di una bella piuma e sulla schiena ah appeso un liuto di ottima fattura. Come si accorge della presenza dei compagni interrompe il motivetto e, un po’ sorpreso di trovare qualcuno nel bosco, togliendosi il cappello si produce un profondo inchino. Inizialmente parla nella lingua usata da queste parti ma, vedendo che i suoi interlocutori non capiscono, utilizza l’idioma comune al gruppo. – Buonasera, il mio nome è Gérard de l’Automme, menestrello girovago – si presenta lo strano tizio – e con quale nome devo rivolgermi a lor signori se mi è concesso averne notizia ? – Fatte le dovute presentazioni i nostri cominciano ad interrogarlo sulla sua provenienza e i suoi affari, venendo a sapere che Gérard viene dalla città di Ximes, in cui si è esibito qualche giorno addietro, diretto a nord verso la capitale Vyones. Parlando del più e del meno scoprono anche che il musico non è poi uno sprovveduto perché, alle domande sulla presenza del licantropo che stanno cercando, racconta che, sebbene non conosca un mago-lupo in queste terre, sa che è stata la famiglia d’Amberville a diffondere la licantropia per la regione portandola dalla propria dimensione di origine; inoltre dimostra di essere a conoscenza degli elfi (contrariamente alla gente di queste parti) e dei Principati di Glantri in cui sostiene Averoigne si trovi. Non riuscendo a cavare altre notizie dal bardo la Compagnia saluta cordialmente Gérard e continua la sua ricerca seguendo Selmus che li conduce fino al punto in cui c’è stato il battibecco tra lui e l’elfa qualche ora prima. Una volta arrivati qui però i due non riescono più a ritrovare la pista e, giunti ormai all’imbrunire, il gruppo decide di accamparsi in uno spiazzo per la notte. Durante il riposo, nel turno di guardia di Beregar con l’elfo, arriva di corsa dal bosco una donna di una certa età, spaurita e turbata, che racconta di essere inseguita dagli inquisitori i quali l’accusano di essere una strega. Rassicurata dai nostri che dietro a lei non c’è anima viva, l’anziana signora (che da giovane doveva essere una vera bellezza) lancia un incantesimo facendo apparire un occhio che vola nella direzione da cui ella proviene. Più tranquilla adesso ha modo di discorrere brevemente col gruppo (ormai destatosi tutto) presentandosi come Moriamis. Al sentire quel nome Alejandro lo riconosce subito come uno di quelli presenti sulla pergamena di Claude accostato alla pozione per viaggiare nel tempo e chiede senza mezzi termini alla donna di consegnare al gruppo il prezioso filtro magico. Colta un po’ alla sprovvista Moriamis dice che non possiede la pozione ma che ne conosce la formula, avendola rubata ad Azedarac (altro nome presente sulla pergamena) Vescovo di Ximes, ed è in grado di prepararla ma pretende, quale pagamento, uno dei bastoni guaritori del chierico. Ne nasce una trattativa sul prezzo, visto che né don Lesina né i maghi sono disposti a cedere il bastone, ma se inizialmente la conversazione procede in maniera cordiale, piano piano, un po’ per la supponenza della vecchia e un po’ per la smania dei maghi, gli animi si scaldano e presto il negoziato si trasforma in tafferuglio con Belgarion nel mezzo a fare da paciere. All’ultima minaccia di Alejandro, Moriamis non si trattiene più e comincia a recitare il rituale di un incantesimo ma il mago è più svelto e la ferisce con un triplo dardo incantato interrompendola; sir Caldwell indietreggia provando a colpirla con la cerbottana ma senza successo, mentre Selmus, avendo deciso di non immischiarsi, si estranea dalla lotta sparendo nel suo mantello elfico. La strega, già abbondantemente provata, decide di fuggire schivando i tentativi di abbrancarla di Erik e Ivan ma si trova davanti Lorien che riesce ad afferrarla e gettarla a terra; allora anche il guerriero e il chierico arrivano a dar man forte all’elfa potendo in tre bloccarla e imbavagliarla. Nel frattempo Belgarion, stufo e esasperato dal comportamento di Alejandro, sfoga la sua rabbia affondando lo spadone sul compagno mago squarciandogli il petto. Raffreddati un po’ gli animi, comprendendo che ormai la donna a nessun prezzo sarà disposta a preparare la pozione per loro, Ivan, Erik e Lorien la lasciano scappare via, poi il chierico si dedica alla cura di Alejandro gravemente ferito. Fortunatamente l’alba giunge senza altri inconvenienti e il gruppo, riposato ma sempre più diviso, si prepara a passare un’altra giornata in cerca del lupo mannaro, quando ad un tratto, proprio mentre si apprestano a lasciare il campo, vengono accerchiati da un branco di sei lupi ben più grossi del normale. Non tarda a comparire il licantropo che sbuca, pochi secondi dopo, nell’atto di trasformarsi da ibrido uomo-lupo a umano, completamente nudo tranne che per una spada che porta di tracolla. – Ho saputo che mi cercavate! Ho pensato di risparmiarvi la fatica. Anche se probabilmente non ce n’era più bisogno dato che la vostra committente è stat servita come pasto per questi miei cuccioletti… – dice Malachie con un sorrisetto ironico indicando i sei animali – In ogni caso so che cercavate la Spada incantata di Sylaire e ho pensato di portarvela, dovete solo passare sul mio cadavere… AH AH AH AH! – La rivelazione fa scatenare la rabbia dei maschi del gruppo soggetti allo charme di Sephora che caricano il mago-lupo a testa bassa proprio mentre sta iniziando a lanciare un incantesimo. Il più lesto però è Erik che mena un poderoso fendente ferendo Malachie e interrompendo la sua formula magica, seguito da Lorien che pensa bene di lanciare l’incantesimo velocità accelerando le azioni dei compagni; ne approfitta l’elfo che con due rapidissime stoccate uccide l’avversario senza che possa reagire. I lupi, spaventati dalla morte del loro padrone, scappano mentre Erik si china sul cadavere nudo per raccogliere la spada. Afferrata l’arma però, il guerriero è costretto a lasciarla subito andare non riuscendo a resistere al suo potere maligno. Prova dunque Selmus a raccoglierla e sebbene anch’egli sia tormentato dalla malvagità dell’oggetto riesce comunque a sopportarne gli effetti negativi; a parte questi effetti collaterali si rende conto che la spada è molto potente, ancor di più contro gli esseri non-morti. Recuperato il primo dei quattro oggetti, Selmus conduce il gruppo alle rovine di Sylaire con l’intenzione di verificare l’effettiva morte di Sephora e, nell’eventualità, di saccheggiarne la torre. All’imbrunire i compagni giungono alle rovine che però sorprendentemente sono abitate; a giudicare da quello che riescono a vedere nascosti nella vegetazione, qualcun altro li ha preceduti: un uomo che ha tutta l’aria di essere un guerriero fa capolino ogni tanto alla porta e almeno altri due soggetti si nascondono furtivi nelle ombre a guardia dell’entrata. Come i maghi e i guerrieri del Carretto Impennato si avvicinano per chiedere informazioni, osservati da lontano dagli elfi e dal chierico ancora nascosti nel verde (Lorien già pronta con una freccia incoccata), le due sentinelle escono allo scoperto.

LVI

– Fermi! Chi siete?!?! Che volete qui!?!? – intimano gli sconosciuti. – Siamo un gruppo di avventurieri e siamo di ritorno da una missione affidataci da Sephora, signora della torre. Vogliamo parlare con lei. – risponde Belgarion. I due picchiano sulla porta e l’uomo in armatura esce un po’ scocciato. La scena precedente si ripete e, alle insistite richieste del gruppo di parlare con la Signora, il tizio risponde un po’ accigliato: – Rimanete dove siete che vado a chiamarvela – I tre entrano nella torre chiudendosi la porta dietro e, dopo neanche un minuto, dalla finestra più alta si affacciano due maghi che scagliano due palle di fuoco sulla combriccola. L’unico che si accorge del pericolo è Belgarion che fa in tempo a mettersi parzialmente a riparo ma non ad avvertire i compagni; quando la polvere sollevata dalle esplosioni e il fumo si diradano, tutto quello che rimane sono i cadaveri carbonizzati di Erik, Alejandro, Beregar e Dalyane. Dal bosco Lorien scaglia la freccia verso la finestra riuscendo solo a far rientrare gli incantatori nella stanza, mentre Belgarion, vivo ma gravemente ferito, viene adesso minacciato dalle spade corte delle sentinelle. Sconcertati e non più in grado di affrontare la lotta, i nostri decidono di venire a più miti consigli e fuggire lontano portandosi dietro i resti dei compagni. Dopo un’ora di cammino, diretti verso la strada principale, un enorme boato in lontananza alle loro spalle (proprio in direzione delle rovine) scuote i nervi già provati del gruppo. La curiosità è forte e, nonostante il pericolo, molta sarebbe la voglia di tornare indietro a vedere cosa sia successo ma, mentre discutono sul da farsi, ancora una volta un orecchiabile motivetto interrompe i loro pensieri…

…Fa le bizze come un matto / se non ha quel che vuol lui / poi diventa mammone... / e si succhia il ditone. / Ah! Ce l'han tutti con lui! / Ma quando Riccardo tornerà / il comodo suo più non farà! / Va' via, re fasullo d'Inghilterra! / Va' via, re fasullo d'Inghilterra… Lorien riconosce la voce del menestrello incontrato un giorno addietro e attira la sua attenzione chiamandolo insistentemente. Effettivamente Gérard fa la sua comparsa sbucando dalla vegetazione e dopo i saluti di rito, intuendo dai cadaveri il bisogno d’aiuto del gruppo, propone loro di accompagnarli da Azedarac, Vescovo di Ximes, che probabilmente li può assistere in qualche modo. Vengono quindi guidati dal bardo verso la strada con le salme avvolte in mantelli quando… Improvvisamente le rovine di Sylaire si parano nuovamente di fronte a loro, Gérard non è presente… Sono tutti vivi… Un momento prima che Belgarion insieme ai “futuri trapassati” decida di avvicinarsi alla torre. Seppur un po’ confusi, rendendosi conto della situazione, Selmus, Lorien, Ivan e lo stesso Belgarion si parano davanti agli altri scongiurandoli di non andare verso la costruzione perché troverebbero la morte. I compagni si allontanano qualche centinaio di metri dalle rovine, coloro che hanno vissuto il salto temporale provano a convincere gli altri spiegando per filo e per segno gli accadimenti delle ultime ore e prevedendo che tra non molto la torre scoppierà. I quattro ex cadaveri decidono di concedere ai compari il beneficio del dubbio e di aspettare l’esplosione della torre, cosa che effettivamente avviene dopo poco più di un ora, con l’aggiunta di un drago verde che vola sulle loro teste diretto… – Ma certo! – esclama Selmus pensando ad alta voce – quello è il drago che abbiamo affrontato ieri! Ora si sta dirigendo verso la radura dove l’abbiamo combattuto dopo aver affrontato il gigante e gli orsi. Quando è apparso il secondo drago invisibile doveva essere già in atto una qualche sorta di paradosso temporale! – Convinti ormai che in questo luogo il tempo non scorra in maniera regolare, i nostri stabiliscono di andare comunque a Ximes da Azedarac per recuperare la pozione per viaggiare nel tempo; alla fine della giornata dunque arrivano sulla strada principale e si accampano sperando di godere finalmente di una notte tranquilla. Per una volta la speranza non è vana e la mattina può cominciare il viaggio a passo spedito verso la città…

…Ogni città / qualche guaio ha / ma qua e là / c'è serenità... / ma non a Nottingham. / Com'è triste subir / questa tirannia / e non poter / volare via dopo tanto pianto... Dopo qualche chilometro la ormai familiare voce del cantastorie giunge alle orecchie dei compagni che, poco più avanti sulla strada, scorgono la inconfondibile figura di Gérard. Anch’egli sta andando a Ximes a riscuotere il pagamento di un’esibizione fatta qualche giorno fa. Il viaggio sulla strada è molto tranquillo e ben più sicuro che nella foresta e in cinque giorni, sfruttando anche una carovana di passaggio, giungono tutti e nove alla città in una soleggiata mattina di primavera. Pagata una moneta d’argento per l’ingresso nelle mura, puntano immediatamente sulla cattedrale e, fermato il primo chierico, chiedono di parlare con il vescovo. Ottengono infine di essere ricevuti grazie all’aiuto di Gérard (molto abile a persuadere le persone) e una cospicua offerta. Il vescovo Azedarac li conduce in un cortile interno dominato da una bellissima fontana, mentre il bardo saluta i compagni lasciandoli soli con l’alto prelato. Seduti sul bordo della fontana i nostri introducono con delicatezza l’argomento “pozione” parlando del loro incontro con la vecchia Moriamis, poi rompendo gli indugi chiedono ad Azedarac se sia in grado di fornire loro il magico infuso. Naturalmente il vescovo accetta di preparare la pozione ma ben presto il discorso vira sul prezzo da pagare per averla e, dopo aver contrattato alcuni minuti, perviene ad un’ultima richiesta di 50.000 MO. Abbandonata la cattedrale, scoraggiati dall’esosa richiesta, i compagni entrano nella vicina locanda del Chierico Onesto per pranzare e decidere il da farsi. Durante il lauto pasto, scartata l’ipotesi del pagamento, concludono di cercare l’ultimo nome scritto sulla pergamena di fianco alla pozione: un certo Jehan; quindi Selmus domanda all’oste se lo conosce ricevendo una risposta negativa ma poco convincente. L’elfo insiste e, dietro al pagamento di 6 MO, riesce a far sbottonare l’uomo che per quella cifra promette anche di organizzare un incontro la sera stessa con Jehan. Giunge presto l’ora di cena e, in una saletta privata, Jehan Mauvassoir, attendente del vescovo, incontra la Compagnia del Carretto Impennato. L’incontro perl è di breve durata perché sfortunatamente egli è bene a conoscenza della cifra richiesta dal proprio superiore e non ha intenzione di chiedere una moneta di meno, l’unica differenza è che accetterebbe in pagamento anche l’equivalente in oggetti magici. Ancora una volta il prezzo è troppo alto e, non volendo privarsi dei prodigiosi oggetti fin qui recuperati, i nostri si risolvono ad abbandonare Ximes e tornare in un secondo momento. Adesso si dirigeranno verso la città di Perigon in cerca di Luc le Chaudronnier e dell’Anello di Eibon. Meno uno. Riusciranno i nostri eroi a recuperare i rimanenti tre oggetti e tornare finalmente a casa?

v. 1.65