la sostituzione del corpo vivente con il corpus … · 2018. 12. 10. · la sostituzione del corpo...

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LA SOSTITUZIONE DEL CORPO VIVENTE CON IL CORPUS DOTTRINALE IN PSICOANALISI di Pietro Barbetta Il sacro è eretico. Il sacro è scelta, sottomissione a una volontà altra. L eretico, da aíresis, come il sacro, è scelta, elezione, ma anche addizione a una setta, rendersi schiavi. Si tratta di termini ambigui, come qualsiasi altro termine, sembrano opposti, ma si somigliano. Non sono identici, ma equivalenti. Per entrambi cè metanoia, conversione, salto nel vuoto, da una vita allaltra. Insomma, ci si rimette del proprio. Le esitazioni di Agostino, 1 giungono fino allestasi schizofrenica, Agostino sente una voce di bambino che grida: “tolle lege! tolle lege!. 2 Gli antichi lo chiamano kledon, è un modo per avere allucinazioni uditive, predittive, nessuno sa come ottenerlo, capita. Le voci enunciano, in modo criptico, l’evento del futuro. Agostino, in questo senso, ci parla dell’attesa. Un esempio del tutto opposto di conversione riguarda Cartesio 3 . Ciò di cui non si può pensare ci sia qualcosa di maggiore - come diceva Sant’Anselmo per dimostrare l’ontologia divina - in Cartesio diventa, penso dunque sono, prova ontologica dellesistenza dellIo. Sono serie differenti di metanoia, qualcosa che cambia la vita. In queste serie di conversione, non si tratta del soggetto, si tratta della vita. Nella conversione, Cartesio ci è andato di mezzo, ha dovuto cambiare vita. Leggiamolo nei suoi dolori: […] debbo qui considerare che sono uomo, e che per conseguenza, ho l'abitudine di dormire e di rappresentarmi nei sogni le stesse cose, e alcune volte delle meno verosimili ancora, che queglinsensati quando vegliano. Quante volte m'è accaduto di sognare, la notte, che io ero in questo luogo, che ero vestito, che ero presso il fuoco, benché stessi spogliato dentro il mio letto? È vero che ora mi sembra che non è con occhi addormentati che io guardo questa carta, che questa 1 Agostino Confessioni, Milano, Garzanti, 1990. 2 Ivi 3 Cartesio, R., Meditazioni metafisiche, Roma, Laterza, 1997.

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LA SOSTITUZIONE DEL CORPO VIVENTE CON IL

CORPUS DOTTRINALE IN PSICOANALISI

di Pietro Barbetta

Il sacro è eretico.

Il sacro è scelta, sottomissione a una volontà altra. L’eretico, da aíresis, come

il sacro, è scelta, elezione, ma anche addizione a una setta, rendersi schiavi. Si

tratta di termini ambigui, come qualsiasi altro termine, sembrano opposti, ma si

somigliano. Non sono identici, ma equivalenti.

Per entrambi c’è metanoia, conversione, salto nel vuoto, da una vita all’altra.

Insomma, ci si rimette del proprio. Le esitazioni di Agostino,1 giungono fino

all’estasi schizofrenica, Agostino sente una voce di bambino che grida: “tolle

lege! tolle lege!”.2 Gli antichi lo chiamano kledon, è un modo per avere

allucinazioni uditive, predittive, nessuno sa come ottenerlo, capita. Le voci

enunciano, in modo criptico, l’evento del futuro. Agostino, in questo senso, ci

parla dell’attesa.

Un esempio del tutto opposto di conversione riguarda Cartesio3. Ciò di cui non

si può pensare ci sia qualcosa di maggiore - come diceva Sant’Anselmo per

dimostrare l’ontologia divina - in Cartesio diventa, penso dunque sono, prova

ontologica dell’esistenza dell’Io.

Sono serie differenti di metanoia, qualcosa che cambia la vita. In queste serie

di conversione, non si tratta del soggetto, si tratta della vita. Nella conversione,

Cartesio ci è andato di mezzo, ha dovuto cambiare vita. Leggiamolo nei suoi

dolori:

[…] debbo qui considerare che sono uomo, e che per conseguenza, ho

l'abitudine di dormire e di rappresentarmi nei sogni le stesse cose, e alcune volte

delle meno verosimili ancora, che quegl’insensati quando vegliano. Quante volte

m'è accaduto di sognare, la notte, che io ero in questo luogo, che ero vestito, che

ero presso il fuoco, benché stessi spogliato dentro il mio letto? È vero che ora mi

sembra che non è con occhi addormentati che io guardo questa carta, che questa

1 Agostino Confessioni, Milano, Garzanti, 1990. 2 Ivi 3 Cartesio, R., Meditazioni metafisiche, Roma, Laterza, 1997.

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testa che io muovo non è punto assopita, che consapevolmente di deliberato

proposito io stendo questa mano e la sento: ciò che accade nel sonno non sembra

certo chiaro e distinto come tutto questo. Ma, pensandoci accuratamente, mi

ricordo d’essere stato spesso ingannato, mentre dormivo, da simili illusioni. E

arrestandomi su questo pensiero, vedo così manifestamente che non vi sono

indizi concludenti, né segni abbastanza certi per cui sia possibile distinguere

nettamente la veglia dal sonno, che ne sono tutto stupito; ed il mio stupore è tale

da esser quasi capace di persuadermi che io dormo (Descartes, Prima

meditazione).

Pensiamo per un momento a Cartesio4 come un soggetto in terapia, e al suo

testo come un discorso sulla vita. Quest’uomo è perdutamente innamorato di

Cervantes, è sconvolto dalla potenza letteraria dello spagnolo. In quanto

innamorato di un amore proibito – il bisogno di certezza e la scienza glielo

impediscono - non può permetterselo.

Leggiamo un altro passo, dalle sedute, che riguarda gli anni dei suoi dolori:

Sono stato allevato nello studio delle lettere fin dalla fanciullezza, e poiché mi

si faceva credere che con esse si poteva conseguire una conoscenza chiara e

sicura di tutto ciò che è utile nella vita, avevo un estremo desiderio di apprendere.

Ma non appena ebbi concluso questo intero corso di studi, al termine del quale si

è di solito annoverati tra i dotti, cambiai completamente opinione: mi trovavo

infatti in un tale groviglio di dubbi e di errori da avere l’impressione di non aver

ricavato alcun profitto, mentre cercavo di istruirmi, se non scoprire sempre più la

mia ignoranza. (Discorso sul metodo p. 4).

Descartes descrive quanto già accadde a Socrate: l’angoscia che procura

l’idealismo. Per Parmenide5 l’Essere è e non può non essere, la realtà è unica, ma

ci sono cose che non riguardano la filosofia, i capelli, il sudore, lo sporco.

Dettagli del divenire, dai quali Socrate si ritrae angosciato. Eppure i capelli, lo

sporco e il sudore sono enti che non si manifestano attraverso la “semplice

presenza”: i capelli cadono, incanutiscono, lo sporco si deposita, il sudore fluisce

dai pori della pelle (ricordo un giovane idealista che voleva fare un intervento

chirurgico alle ghiandole sudoripare, per non puzzare davanti ai superiori).

Emanano odore, sono là fuori: positivi, da positum, appartengono alla vita.

L’esperienza di Cartesio è qualcosa che si separa dalla vita, è dolorosa, si

4 Cartesio, R., Discorso sul metodo, Roma, Laterza, 2007. 5 Platone, Parmenide, Milano, Rizzoli, 2004.

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imprime nella carne come principio di eguaglianza universale. L'Io è condizione

di possibilità per la conoscenza; Cervantes6 descrive le azioni di uno scriteriato,

Don Chisciotte, un senza mente. L’Io deve mangiare dall’albero della

conoscenza, l’albero della vita gli è interdetto. Per questo l’Io abbandona ogni

proprietà della vita, ogni esperienza enattiva7, diventa puro Io ideale.

Che cosa dunque, questa psicoanalisi cartesiana, diffusa un po’ in tutte le

scuole, non può sopportare? Alla nascita, siamo tutti come Moosbrugger.

Ricordate il Moosbrugger dell’Uomo senza qualità di Musil8? Uno spietato

assassino dal volto da bambino, oggetto di discussione tra magistrati e psichiatri,

colpevole o incapace?

“Se l’umanità potesse fare un sogno collettivo, sognerebbe Moosbrugger”.

Prendiamo Jung9, che possiamo criticare quanto ci pare, ma che ha almeno due

meriti: quello di essere stato tra i primi a usare il metodo psicoanalitico con gli

psicotici e di esserci passato attraverso, dimostrando personalmente che la psicosi

non è malattia irreversibile.

Per Jung lo schizofrenico è colui che sostituisce il complesso dell’Io con un

complesso a tonalità affettiva che gli fa perdere il principium individuationis.

Tuttavia, allo stesso modo di Cartesio, Jung si spaventa quando legge l’Ulisse

di Joyce. Non abbiamo accesso alla prima recensione, la seconda è più mite, ma è

chiaro lo spavento: Ulisse è un capolavoro perché esprime i rallentamenti del

pensiero tipici dello psicotico. Non è propriamente un complimento, no?

Cervantes sta a Descartes, come Joyce sta a Jung.

Insomma la grande letteratura contiene il perturbante (Unheimich)10.

Costituisce una cartina di tornasole per la psicoanalisi. Se la psicoanalisi

mantiene un coté idealista, lo si vede dalla reazione di fronte alla letteratura, a

questo tipo di letteratura.

La lettura di Cervantes, da parte di Cartesio, produce ripudio (Verleugnung)

del dia-ballo, la confusione del reale, oggi diremmo: “ripudio dell’inconscio

come produzione sociale”, l’inconscio ha da rimanere un fenomeno interiore.

La stessa confusione viene descritta da Spinoza in modo affatto diverso,

quando parla della sovrapposizione dei due attributi della sostanza cui l’essere

umano ha accesso: idee e corpi, sovrapposizione che produce il conatus. La

creazione degli affetti.

6 de Cervantes, M., Don Chisciotte della Mancia, Bompiani, 2012. 7 Varela, F., «Il corpo come macchina ontologica», in Che cos’è la conoscenza, a cura di Mauro Ceruti e

Lorena Preta, Che cos’è la conoscenza, Roma, Laterza, 1990. 8 Musil, R., L’uomo senza qualità, Torino, Einaudi, 2005. 9 Jung, C. G., “Ulisse un monologo”, in Jung, C.G., Opere vol. 10/1, Torino, Bollati, 1998. 10 Freud, S., Il perturbante, in Freud, S., Opere complete, vol. IX, Torino, Bollati, 1986.

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Al contrario, l’attrazione verso Cervantes, spinge paradossalmente Cartesio

nella direzione opposta, lì nasce l’idealismo.

Non credo che Cartesio conoscesse una delle fonti ispiratrici di Cervantes:

Ariosto11. Orlando è il riferimento implicito di Don Chisciotte, Don Chisciotte lo

conosce a memoria, ne parla, gli dedica alcuni versi introduttivi. Indirettamente,

Descartes è turbato dal corpo senza organi di Orando.

L’Ego cartesiano elimina il corpo di Orlando, un corpo che, privo di senno,

ancora agisce. Il corpo privo di senno diventa res extensa.

All’opposto, di Orlando l’unica cosa che rimane è il corpo, il suo resto. Il

cogito se ne va sulla luna.

Il terrore di Cartesio è che il corpo, senza cogito, diventi una gettata di

frammenti su piani d’intensità: Orlando che vaga per i boschi, Chisciotte che

diventa cavaliere fuori tempo, il Licenciado Vidreira12 che ha corpo di vetro.

Cartesio ha bisogno di pensare al corpo come res extensa, manichino privo di

identità, pronto per un trapianto di cervello che gliela dia, come vorrebbe

Michael Cazzaniga, noto neurologo cartesiano.

La migliore trasformazione grottesca di questa idea è La classe morta di

Tadeusz Kantor, un gruppo di manichini accatastati in classe, sono là a ricordare

la nostra infanzia, morta, massacrata dal cogito scolastico, prima ancora di

nascere.

Il corpo, questa brutta bestia che lavora sempre.

Sorprende sapere che, per lo psicoanalista, il corpo è ostacolo. Il corpo, dopo

essere stato il principale ostacolo alla ragione, è diventato il principale ostacolo

all’amore. Qui Spinoza13 si sorprenderebbe. Come può un affetto, un composto di

corpo e idea, un impasto ibrido, avere una parte di sé che gli fa da ostacolo?

Eliminare il corpo dagli affetti, non è come eliminare gli affetti stessi e ridurli a

ragione? Possibile che il sesso faccia così paura al moderno psicoanalista?

Con questa frase: “Il corpo è il principale ostacolo all’amore”, Lacan risponde

a Fachinelli14, che gli fa il gesto napoletano, lo stesso che Sraffa fece a

Wittgenstein15 dopo avere letto il Tractatus. Il gesto di passarsi il dorso della

mano sotto il mento è espressione codificata del corpo, ma il linguaggio del

11 Ariosto, L., Orlando furioso, Milano, Garzanti, 2005. 12 de Cervantes, M., El Licenciado Vidreira, Il dottor Vetrata, Milano, Leone, 2010. 13 Spinoza, B. Etica, Milano, Bompiani, 2007. 14 Sciacchitano, A. (2014) “La psicoanalisi chiede asilo” in Melandri, L. L'attualità inattuale di Elvio

Fachinelli, Milano, IPOC. 15 Wittgenstein, L. Tractatus Logico-Philosophicum, Torino, Einaudi, 1961.

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corpo non è universale, non è interpretabile. Come dice Fachinelli, non è italiano,

è napoletano. Il corpo presenta sempre un’espressione situazionale, contestuale.

Senza corpo, l’ordine simbolico è universale, condizione di possibilità,

invariante, asse cartesiano. La psicoanalisi ci ha raccontato che, se l’Ego è

debole, bisogna ripararlo, rinforzarlo. La psicoanalisi è stata comportamentista, ci

sono cascati in molti: chi dice che gli incontri devono essere fitti, chi dice che

l’analisi deve durare a lungo per tutti, chi dice che non si deve rispondere al

telefono, chi dice che non si deve usare skype, chi dice che se ci si incontra per

strada non bisogna salutarsi, che fa pagare le sedute anche quando il “paziente” è

ammalato (cioè sempre), chi dice che fuori dal setting non si può fare qualcosa

insieme all’analizzato/analizzante, ecc., ecc..

Tutte queste barriere servono a impedire che lo psicoanalista – che in questa

logica è rigorosamente maschio – possa avere intercorsi sessuali con la paziente –

rigorosamente isterica - come la barriera lignea del confessionale. Come se la

questione del corpo fosse già, di per sé, questione incandescente, come se il

corpo fosse il dia-ballo dal quale tenersi lontani per l’ossessione della pulsione

libidica. Ma il corpo è lì, con i suoi dolori, le ferite, le oppressioni, le torture. Il

corpo è positum, ciò che sta là fuori.

Che il positum non sia dunque il terzo escluso dell’idealismo di cui parla

Sciacchitano nel suo intervento?

Ora tocca a Freud. Che ne è del corpo in Freud, dove e perché scompare? Il

corpo è il grande rimosso di Freud. L’ipnosi non funziona, la catarsi non

funziona, la consapevolezza non basta, oggi potremmo dire che guasta. Il

paradosso è che, nel momento in cui Freud16 si accorge che la consapevolezza

non serve, inventa la psicoanalisi, ma, nell’inventare la psicoanalisi, non elimina

la consapevolezza, elimina il corpo e la relazione. Il vero analista freudiano non

ti dà neanche la mano. Allontana il corpo, si dispone dietro di lui, non c’è più

nemmeno una carezza.

Con Freud si assiste a questo spostamento: l’inconscio freudiano si mostra

nell’analisi con Dora17. Qualcuno pensa che l’analisi con Dora sia uno

spostamento dell’analisi verso l’interpretazione, a scapito della relazione

terapeutica. Ma c’è dell’altro: il corpo di Freud è quello di un ebreo nella Vienna

cattolica, un corpo con un segno di discriminazione, un corpo estraneo. Durante

gli incontri con Ida Bauer (ebrea come lui) la città è in preda a un violento

rigurgito antisemita, che vedrà Lueger (poi ammirato da Hitler) governare tra il

1897 e il 1910. Ma Freud pensa che Ida Bauer sia un soggetto universale,

16 Freud, S. Introduzione alla psicoanalisi, in, Freud, S. Opere complete, vol. VIII, Torino, Bollati, 2013. 17 Freud, S. “Dora”, in Casi clinici, Torino, Bollati, 1976.

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isterico, che prova un conflitto tra l’attrazione incestuosa per il padre/signor

K./Freud e il divieto morale cartesiano. Risultato del conflitto, la sintomatologia

isterica. La terapia sarà un fallimento, eccesso d’interpretazione, dicono alcuni.

C’è qualcosa che non torna, come scrive Billig18.

Ora vorrei sottoporre all’attenzione un sogno di Freud19 che rivela la posizione

del suo corpo in relazione all’Altro:

Vestito molto sommariamente, salgo le scale da un appartamento a pian

terreno a un piano superiore. Salgo a tre gradini per volta e son felice di poter

salire con tanta agilità. Improvvisamente vedo una domestica che scende le scale

e mi viene incontro. Mi vergogno, voglio fare in fretta ed ecco sopraggiungere

quel senso di inibizione, sono inchiodato ai gradini e non riesco a muovermi (TD,

trad. Elvio Fachinelli, p. 227).

Nell’analisi di questo sogno Freud nota di avere due appartamenti nello stesso

palazzo, casa e studio, su due piani diversi. Poi Freud descrive le sue abitudini

quotidiane nello spostarsi dallo studio a casa, ma aggiunge: “Ma la scala che io

sto salendo non è quella di casa mia”. Nel riconoscere il volto della domestica

che incontra nel sogno, scopre che quella è la casa di una anziana signora da cui

si reca per certe punture. Si tratta della domestica della signora.

Più avanti Freud aggiunge: “La vergogna di non essere completamente vestiti

ha indubbiamente carattere sessuale”.

Che cosa c’è, dietro l’avverbio indubbia-mente (gli avverbi mentono sempre!)?

Freud infatti dichiara che la domestica, più anziana di lui, non ha alcuna

attrattiva. Infine, come in un’intuizione, ben lontana dal tema della sessualità,

Freud scrive:

… quando faccio la visita del mattino in quella casa, di solito son colto sulle

scale da un accesso di tosse con catarro; l’espettorato finisce sulla scala. Infatti

non esiste sputacchiera né al primo né al secondo piano: secondo me non è giusto

che io sia ritenuto responsabile della pulizia della scala [sic!] che dovrebbe

essere resa possibile dalla sistemazione di una sputacchiera. La portinaia, persona

anch’essa anziana e brontolona, ma con istinti di pulizia che sono pronto a

riconoscerle [sic!], sostiene in questa faccenda un punto di vista diverso. Sta a

spiare, e se mi permetto di nuovo la suddetta libertà, la sento brontolare

rumorosamente. Inoltre, quando ciò accade, per vari giorni, quando ci

18 Billig, M., L’inconscio freudiano, Torino, Utet, 2002. 19 Freud, S. “L’interpretazione dei sogni”, in, Opere complete, vol. III, Torino, Bollati, 1989.

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incontriamo, mi rifiuta l’abituale ossequio. (ivi, p. 228 corsivi miei)

In che mondo possibile un medico può essere ritenuto responsabile della

pulizia delle scale? Come può uno psicoanalista (il fondatore!) non descrivere gli

istinti di pulizia come tendenze patologiche ossessive? Chi spia la portinaia? Un

medico? Per quali ragioni?

Ora, fatto salvo che le sputacchiere, fino agli anni Cinquanta del Novecento,

erano d’uso comune nei locali pubblici e sulle scale condominiali, il resto va da

sé. A cavallo tra i due secoli - quando Freud svolge la sua autoanalisi, che sfocerà

nella Traumdeutung - la mancanza di ossequio di una portinaia verso un medico

era cosa impensabile, così come il rumoroso brontolio di fronte allo sputo di un

Dottore che non ha a disposizione una sputacchiera.

A meno che non ci fosse risentimento verso una persona che ha un titolo

professionale attribuitogli “ingiustamente”. Questa portinaia, se fosse stata viva

nel 1938, avrebbe votato, come la stragrande maggioranza degli austriaci, per

l’annessione alla Germania nazista.

Come mai, riguardo a questo sogno, Freud dichiara che il sogno “ha

indubbiamente natura sessuale”? Come mai questa certezza cartesiana? Qual è il

Don Chisciotte di Freud? Anche lui, come il Chisciotte, è un hidalgo (il figlio di

qualcuno, titolo che prima del 1492 era attribuito in Spagna anche agli ebrei che

possedevano terreni)? Freud è ebreo, Freud è marrano, convertito al laicismo

illuminista, o almeno combattuto da due istanze, il consapevole progetto di

diffusione delle idee psicoanalitiche nel mondo e l’inconscio lavorio per

proteggersi dall’antisemitismo dilagante in Europa.

Il suo corpo è situato, posizionato: un medico ebreo nel bel mezzo di un

tessuto sociale - l’Europa cristiana, di cui Buttiglione rivendica ancora le origini -

profondamente antisemita.

Se non si assume questo punto di vista, non si può che dare la vecchia risposta

ideologica che lo stesso Freud ha suggerito: quando si parla del corpo si parla di

qualcosa che “ha natura indubbia-mente sessuale”.

La strategia argomentativa di Freud, riguardo al suo corpo, somiglia a quella

di Cartesio, a quella di Socrate davanti a Parmenide: il sudore, i capelli, lo

sporco, lo sputo. Ma il corpo di Freud porta i segni della discriminazione,

dell’ostilità, dell’insulto, dell’oppressione, dell’apartheid, fino alla Shoah. Il

rimosso in Freud si mostra – nei filmati di repertorio - attraverso l’espressione

del suo volto quando i nazisti gli devastano lo studio, lui presente. Sembra dire:

“tranquilli, sono quattro mascalzoni, questa storia finirà presto”.

Freud condivide l’incredulità degli ebrei: come può l’Europa, di cui siamo

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parte integrante, respingerci, discriminarci, annientarci?

Se il corpo in psicoanalisi è solo un corpo che ostacola l’amore, allora Freud

avrebbe ragione a rimproverare Ferenczi che reintroduce le carezze, gli abbracci,

i baci. Il suo terrore è che possa accadere un fraintendimento sessuale. Non riesce

a vedere che un corpo ferito ha bisogno tenerezza, che la persona che frequenta la

terapia è sempre, in primo luogo, un bambino, una bambina ferita, oppressa,

umiliata, denigrata. Che la psicoanalisi non può limitarsi al desiderio di

riconoscimento, desiderio del piccolo (a) borghese.

Theatrum psychoanalyticum

Nella mia esperienza clinica ho visto due tipi di via d’uscita da questa em-

passe psicoanalitica: Moreno e Artaud.

Le vie d’uscita di Jacob Levi Moreno20 e di Antonin Artaud21 prendono

direzioni diverse, opposte. La via di Moreno permane dentro la biografia,

ricostruisce, attraverso il corpo, il filo conduttore di un’identità continua, lo

psico-dramma. L’io esperisce, attraverso il corpo, la storia della sua vita, la

narrazione si trasforma in performance teatrale. Si tratta del Lavoro dell’attore,

per usare un titolo di Konstantin Sergeevič Stanislavskij22, rivolto a se stessi.

Come noto il metodo Stanislavskij pratica l’immedesimazione dell’attore nel

personaggio. In questo caso il corpo è ancora un corpo psicologico, interno al

triangolo familiare, estraneo al sociale, se non in termini di acquisizione di

competenze per la leadership di successo. Per questo ha un grande seguito:

saranno famosi.

Tra le dissidenze verso questo metodo dobbiamo menzionare Luigi Pirandello,

Bertolt Brecht e Dostoevskij in letteratura. Poi via via, a cascata, Samuel Beckett,

Antonin Artaud, Tadeusz Kantor,

Il Living Theatre, Carmelo Bene, e, sul piano letterario, Franz Kafka, Robert

Musil, James Joyce, Carlo Emilio Gadda, Louis Wolfson, ecc.23

Tutti questi nomi costituiscono la seconda via d’uscita. La via d’uscita di

Artaud è particolarmente interessante perché, artista schizofrenico lui stesso,

mette in scena gli organi, les organes, senza corpo, come nel testo censurato dalla

radio francese, che sarebbe dovuto andare in onda nel 1948, poco prima della

20 Levi Moreno, J., Il teatro della spontaneità, Roma, Di Renzo, 2011. 21 Artaud, A., Il teatro e il suo doppio, Milano, Einaudi, 2000. 22 Stanislavskij, K., S., Il lavoro dell’attore su se stesso, Roma, Laterza, 2008. 23 Le opere di questi autori sono note, mi limito a segnalare due studi recenti sullo scrittore schizofrenico

Louis Wolfson, perché in entrambi sono coinvolto: Barbetta, P., Valtellina, E., Louis Wolfson. Cronache

da un pianeta infernale, Roma, Ilmanifestolibri, 2014 e Drigny, J., Pellet, S., et Thomas, C. (éds.),

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morte dell’artista, come nelle glossolalie, le manducazioni, i versi in metrica,

senza significato, impasto di basco, ungaro-finnico, dialetto di Smirne,

nominazioni fluviali, l’arve e l’aume. Serie schizofreniche infinite.

Artaud è il punto finale di un teatro del corpo oppresso, doppio. Il corpo

rinuncia al complesso dell’io per prendere posizione, come ebreo, nero, disabile,

donna, omosessuale, folle. Questo è il corpo che, ancor oggi, la psicoanalisi vede

con spavento. Lo stesso spavento provato da Socrate, da Cartesio e da Freud. Lo

spavento di fronte alla schizofrenia, che rende impossibile la terapia, l’attività di

un gruppo (Bion), di una famiglia (Boscolo e Cecchin), di una comunità (Laing,

Basaglia e Basaglia), di un’istituzione (Fanon, Guattari) 24 irriducibile al lettino,

se non attraverso le cinghie di contenzione.

Il corpo scolastico

La mossa di Freud, lo spostamento dei corpi, sul lettino, alle spalle,

depoliticizza il corpo del paziente e quello dell’analista, l’uno è appunto paziente,

essere generico (il Gattungwesen marxiano), l’altro è professionista che pratica la

neutralità (l’Avalutatività weberiana).

Se il corpo è un ostacolo, il suo spostamento sul lettino, con l’insieme dei

rituali della neutralità terapeutica, compresa l’eliminazione della stretta di mano,

non risolve la questione della presenza della persona che frequenta la terapia “in

carne e ossa”.

La scuola è corpus dottrinale, organismo, schema, qualcosa che viene dopo

(nachträglich). È possibile pensare a una scuola senza schemi?

Alcuni dicono: “solo se impari lo schema lo puoi abbandonare”, altri dicono:

“poiché lo schema viene dopo, quando arriva sei finito”. Quanti ragazzi, quanti

bambini abbandonano la scuola, come mai?

Scuola è un termine impegnativo, indica l’insegnamento di una dottrina che

presuppone prerequisiti, è una vecchia questione posta da Gramsci25. Come

nell’analisi per Foucault26, la scuola per Gramsci è il luogo di promozione per

coloro che possono permetterselo.

Nella metafora della scuola come una casa, che va costruita a partire dalle

Dialogues schizophoniques avec Louis Wolfson, Paris, Fabula, 2016. 24 Bion, W. Esperienze nei gruppi, Roma, Armando, 2016; Boscolo, L., Cecchin, G., Hoffman, L., Penn,

P. La clinica sistemica, Torino, Bollati, 2004; Laing, R., D., L’io e gli altri, psicopatologia dei processi

interattivi, Milano, Rizzoli, 2002; Ongaro Basaglia, F., Basaglia, F., La maggioranza deviante, Milano,

Baldini & Castoldi, 2015; Fanon, F. Decolonizzare la follia, Parma, Ombre Corte, 2012, Guattari, F., De

Leros à La Borde, Paris, Ligne. 25 Gramsci, A., Quaderni dal carcere, Torino, Einaudi, 1975. 26 Foucault, M. La volontà di sapere, Milano, Feltrinelli, 1978.

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fondamenta, per poi arrivare al tetto, la scuola, a qualsiasi livello, è pensata come

un insieme gerarchico di mattoni di conoscenza. Tuttavia, l’alternativa del

ripudio della scuola è imbarazzante, implica l’assenza di criterio, l’abbandono

scolastico produce un bambino che sta in casa a presidiare i luoghi domestici, un

otaku giapponese.

Il problema della scuola è un problema di trasmissione, che cosa trasmette la

scuola? Trasmette fraintendimenti. Tanto più è dogmatica, gergale, tanto più

tradisce il messaggio originario con la pretesa di renderlo così com’era, un essere

che si oppone al divenire.

Prendiamo solo un piccolo esempio che riprende quanto già scritto sopra

riguardo a Freud27. Come si insegna la frase: “Abbiamo trattato il sogno come un

testo sacro”?

Che vuol dire questa frase? Un testo sacro, per essere trattato, necessita di una

semiotica, di che semiotica si tratta?

Forse della dogmatica cristiana? In questo caso il sogno, come l’Antico

Testamento, sarebbe un messaggio originario della venuta del Messia, una

psicoanalisi salvifica.

Un’ermeneutica? Dove Deutung diventa Auslegung? Esplicitazione

dell’Essere attraverso il linguaggio, come nella Daseinanalyse di Binswanger?

Forse si tratta della linguistica strutturale? Che divide l’analisi del testo in due

aspetti (metaforico e metonimico), come prevale in alcune letture lacaniane?

Potrebbe trattarsi infine del midrash ebraico? Che cerca di “sollecitare” il

significato del testo perché produca altre, infinite significazioni non esegetiche,

come nella lettura di David Meghnagi28?

L’origine ebraica di Freud e il termine “sovradeterminazione” mi spingono a

ritenere che Freud intendesse proprio quanto scrive Meghnagi. Se così fosse,

saremmo di fronte a un testo (quello freudiano) che a sua volta va reinterpretato,

come nell’esperimento svolto sopra a partire dal sogno delle scale. Ma qui non ci

sono criteri certi, l’attenzione fluttuante e le libere associazioni sono singolari,

idiosincrasiche, idiografiche. Come trasmettere una scienza idiografica, non

nomotetica, se non attraverso la pratica clinica nel vivo della sua produzione?

Come trasmettere che non ci sono criteri certi, che dal racconto onirico, dalla

singolarità - come insegna Freud in Costruzioni nell’analisi – non si possono

trarre che significazioni singolari? Che ciò che conta sono le sfumature, i

frammenti, i dettagli invisibili, che stanno sulla superficie? Insomma come si può

trasmettere la competenza dello psicoanalista?

27 Freud, S. Introduzione alla psicoanalisi, op. cit. 28 Meghnagi, D. Il padre e la Legge, Venezia, Marsilio, 2013.

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Se fosse un discorso dell’Università, basterebbero le nozioni29, se fosse solo

questione di fare una analisi personale, due analisi personali, tre analisi personali,

come spesso accade, basterebbe considerare l’inconscio come un’istanza privata,

interiore. Quanti psichiatri hanno fatto l’analisi personale per avere il coraggio di

fare gli elettroshock in reparto? Quanti manager per avere il coraggio di

licenziare? E da qui in poi diamo la stura al concetto di neutralità, in cui, in

teoria, un mafioso potrebbe fare l’analisi per superare l’angoscia di uccidere, un

torturatore, per superare l’angoscia di torturare, ecc., ecc.

Quando si parla di etica della psicoanalisi, di cosa si parla, se non di ciò?

La cura di sé, il terzo (corpo) escluso.

Sciacchitano ha riproposto di recente, con la mia adesione, il termine

“soggetto collettivo”, abbiamo anche fatto un seminario al Centro Milanese di

Terapia della Famiglia, noi due, insieme a Lea Melandri, Federico Ferrari e

Roberto Pozzetti.

Ma cos’è il soggetto collettivo terapeutico?

Nella Vita contemplativa, Filone di Alessandria30 descrive la società dei

terapeuti così:

La scelta di questi filosofi è immediatamente sottolineata anche dal nome che

essi portano Terapeuti ... la terapeutica di cui fanno professione è superiore a

quella che vige nelle nostre città; questa si limita a curare i corpi, ma l’altra cura

anche le anime (psychos) in preda alle malattie penose e difficili da guarire che i

piaceri, i desideri, le preoccupazioni, i timori, le avidità, le sciocchezze, le

ingiustizie e l’infinita moltitudine delle altre passioni e miserie fanno abbattere su

di loro. (Filone).

I terapeuti di Filone di Alessandria sono, in primo luogo, un dispositivo

matriciale di cura di sé. Convivono e si curano reciprocamente. Nel gruppo,

praticano l’analisi reciproca. Ma cos’è l’analisi reciproca? Ferenczi, il più audace

tra gli psicoanalisti, fece scandalo quando introdusse questo concetto. Come! Le

posizioni dell’analista e dell’analizzante non possono essere simmetriche!

L’analisi reciproca è costitutivamente impossibile nel contesto privato della

relazione diadica sul lettino. Il termine “analisi reciproca” è riproposto da

29 Barbetta, P. “The Outrageous Discourse of Psychoanalysis for Present-Day Academic Institutions”, in

Open Journal of Social Sciences, 2015, 3. 30 Filone di Alessandria, I Terapeuti, de vita contemplativa, narcissus.me

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Fachinelli31 sulla scorta dell’episodio dell’Uomo col magnetofono32 Jean-Jacques

Abrahams sequestra lo psicoanalista nel suo studio, ha tra le mani un

magnetofono e impone all’analista di ripetere al magnetofono le frasi che,

durante tutti quegli anni di analisi, l’analista gli aveva propinato. L’analista

rifiuta, nasce un violento diverbio, una colluttazione, il corpo dell’analista si

scontra con il corpo del soggetto. Abrahams introduce la democrazia nell’analisi,

questa l’opinione di Fachinelli, attraverso un gesto rivoluzionario, tipico di

quell’epoca, siamo nel 1969. La reciprocità richiede coraggio, si tratta di

Gorizia33 di Kingsley Hall, della Clinica La Borde, del lavoro di Fanon, in

Algeria e in Tunisia. Sono altrettante riproposizioni del terzo escluso.

Difficile uscire dalla logica scolastica, che non riconosce la caducità presente

nel principio del terzo escluso, se due cose non possono essere entrambe vere,

non è detto che non siano entrambe false.

Per i mistici il terzo escluso è il sacro, un salto. Wittgenstein lo descrive come

l’indicibile, Bateson come un tipo estremo di apprendimento, il paradosso: l’Io

può non esistere (la cibernetica dell’Io) come ente isolato, esiste solo in relazione

all’Altro, l’Io sono due, il suo doppio, la bottiglia, la sostanza, la slot. Ma anche

l’amore, l’arte, il sacro. Può insegnare questo una scuola? O corre il rischio di

essere chiusa dall’Autorità Paterna?

Il sublime (sotto il limite), il guardare l’incandescenza appena un passo prima

di penetrarla, è arte. Il sacro è l’ingresso nell’indicibile. La logica classica

risponde alla produzione del bisogno, alla finalità cosciente, si spaventa (come

Socrate e Cartesio) del positivo, di ciò che sta là fuori: capelli, sudore, sporco,

catarro, corpo martoriato, disciplinato, docile. Ma questo, se non riguarda la

filosofia idealista, riguarda il sacro. Mi pare che quel che per Bateson34 è il sacro,

per Lacan35 è la Cosa. Allora, però, la Cosa viene prima della psicoanalisi.

Scrive Foucault: “Mai la psicologia potrà dire la verità sulla follia perché è la

follia che detiene la verità sulla psicologia”. Mai la psicoanalisi potrà dire la

verità sulla Cosa, perché la Cosa contiene la verità sulla psicoanalisi. Se la Cosa

è psicosi, siamo dentro la prospettiva di una psicoanalisi psichiatrica; se la cosa è

sacro, siamo dentro la prospettiva di un’analisi antropologica. La cosa è Angelus

novus, Angelo sterminatore, è la morte che gioca a scacchi con il cavaliere, è la

veglia intorno a Finnegans, è Moosbrugger, l’antropofaga, il jiin.

31 Fachinelli, E., L’uomo col magnetofono, Milano, Erba Voglio, 1977. 32 Barbetta, P., Conserva, G., Valtellina, E., L’uomo col magnetofono, edizione critica, con nuovi

contributi, Parma, Ombre Corte, 2017. 33 Le altre opere sono citate in nota 24, aggiungo qui Comba, L. Tessere, Milano, Il Saggiatore, 2011. 34 Bateson, G. Una sacra unità, Milano, Adelphi, 1997, Bateson G., Bateson, M.C., Dove gli angeli

esitano, Milano, Adelphi,1989.

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Prendersi cura è un gesto collettivo, pubblico, richiede un tessuto di corpi che

ricreano continuamente le produzioni dell’inconscio, l’inconscio non è un

fenomeno interiore, è fatto del modo in cui ci sediamo, del tono delle nostre voci,

del disgusto, della gioia, della tristezza che proviamo, è sempre in relazione. Se

la finalità cosciente è un Io che taglia un albero per costruire una casa,

l’inconscio è il sistema Pietro-ascia-albero che disbosca l’universo. L’inconscio

disvela che la finalità cosciente umanistica è sempre anti-ecologica36.

35 Lacan, J., Il Seminario Libro VII (1959-60), L’etica della psicoanalisi, Torino, Einaudi, 2008. 36 Bateson, G., Verso un’ecologia della mente, Milano, Adelphi, 1976.