la storia sulle rive del muson

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INDICE PAGINA Quante balle ci hanno raccontato nei secoli! 2 Esibizioni di sub cultura nella toponomastica locale 3 (*)Reita a Cendrole, i Retii a Riese 7 Akelon Acelum Asolo: l’ignoranza degli asolani 30 (*) Il graticolato ed il Muson: una ricognizione con Google Earth 32 (*)I Goti a Castello di Godego 48 Loria: la vergogna dei fuochi fatui 58 (*) Chi era Giuseppe Sarto? 59 (*)Primo Visentin, detto Masaccio, vive (Aldo Cazzullo ed il partito dei falsificatori) 67 (*)La lega Veneta, tra ignoranza e plagio 86 LA STORIA SULLE RIVE DEL MUSON (*) Gli stessi argomenti, con lo stesso titolo, sono consultabili in rete, come documenti indipendenti. Per una panoramica di tutte le pubblicazioni vedi: http://rivemuson.wordpress.com/

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L' identità storica dei VENETI misconosciuta da una classe dirigente, culturalmente eterodiretta, che dimostra di non conoscere a fondo le nostre vere radici

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Page 1: La storia sulle rive del Muson

INDICE PAGINA

Quante balle ci hanno raccontato nei secoli! 2

Esibizioni di sub cultura nella toponomastica locale 3

(*)Reita a Cendrole, i Retii a Riese 7

Akelon Acelum Asolo: l’ignoranza degli asolani 30

(*) Il graticolato ed il Muson: una ricognizione con Google Earth 32

(*)I Goti a Castello di Godego 48

Loria: la vergogna dei fuochi fatui 58

(*) Chi era Giuseppe Sarto? 59

(*)Primo Visentin, detto Masaccio, vive (Aldo Cazzullo ed il partito dei falsificatori)

67

(*)La lega Veneta, tra ignoranza e plagio 86

LA STORIA SULLE RIVE DEL MUSON

(*) Gli stessi argomenti, con lo stesso titolo, sono consultabili in rete, come documenti indipendenti.

Per una panoramica di tutte le pubblicazioni vedi: http://rivemuson.wordpress.com/

Page 2: La storia sulle rive del Muson

QUANTE BALLE CI HANNO RACCONTATO NEI SECOLI !

Quante baggianate può digerire il popolo veneto, senza mostrare la minima forma di ribellione, un

fremito di disgusto?

Siamo gente pratica, basta che non tocchino il portafoglio!

Se poi riguardano “noiose e futili” questioni sulla nostra identità storica e culturale, chi ha tempo da

perdere?

Eppure non siamo più rozzi, poveri ed ignoranti come una volta! Semo pieni de laureai e de studiai!

Bossi è stato solo l’ultimo ed il più rozzo dei mistificatori

C’è poco da offendersi, servili ed

opportunisti ci immaginano gli altri, perché

tali ci siamo mostrati da secoli.

Pensate solo alla nostra maschera più

famosa : Arlecchino.

Questo documento divulgativo cita qualche

esempio, a mio giudizio facile ed evidente,

di queste mistificazioni.

Chi è interessato è invitato a verificare di

persona ed a farsi un giudizio autonomo.

E forse la manifestazione d’un atavico opportunismo servile dei Veneti?

Page 3: La storia sulle rive del Muson

ESEMPI DI SUBCULTURA LOCALE E TOPONOMASTICA LOCALITA’ VIA DESCRIZIONE DIAP.

SPINEDA BOSCHI IL TUMULO SCAMBIATO PER IL CASTELLIERO DI VALLA’ 9

Il cartello sul posto, quasi invisibile, sembra descrivere esattamente proprio il “castelliero” di Vallà.

VALLA’ 27 APRILE IL CASTELLIERO DI VALLA’ CANCELLATO DALLA TOPONOMASTICA 10

A Vallà non c’è nulla che lo segnali.

Devastato selvaggiamente dai lavori agricoli, rubati in modo sistematico i reperti trovati, la memoria del sito, oltre

che nella tradizione orale, è stata conservata, per tre millenni, nel nome della via.

Il misfatto finale nel dopo guerra: ora la via si chiama “27 Aprile”.

CENDROLE CHIESA LA LAPIDE DI VILONIO NEL MUSEO DEL SANTUARIO 7

In tutta la pedemontana non credo esista un altro reperto romano di pari importanza, non banalmente

archeologica, ma CULTURALE.

Con il recente restauro della chiesa è finito nel museo interno, protetto dalle intemperie.

Il “povero Vilonio”, pagano, se ne sta lì, confuso con gli ex voto cristiani, senza un bigliettino che ricordi

succintamente chi è e come diavolo è capitato lì in mezzo.

CENDROLE

GODEGO

SANTUARIO

MADONNA REITA DIANA MARIA 8

Se nella nostra pedemontana c’è un santuario della Madonna, la cui origine sembra perdersi nella notte dei

tempi, è probabile che si sia sovrapposto ad un antico culto a REITA.

Se c’è lì vicino un aggere, una necropoli o un corso d’acqua, le probabilità aumentano proporzionalmente.

Ogni testimonianza archeologica sull’argomento è ancora un tabù da noi, anche nella toponomastica.

La storia di Riese e di Godego è caratterizzata dalla lotta plurisecolare che l’autorità religiosa, insediata in

parrocchia, ha condotto contro un culto popolare molto sentito e altrettanto indisciplinato, trasgressivo.

I nostri antenati accettarono il cambio del nome, ma non delle prerogative, della figura femminile invocata.

Page 4: La storia sulle rive del Muson

ESEMPI DI SUBCULTURA LOCALE E TOPONOMASTICA LOCALITA’ VIA DESCRIZIONE DIAP.

POGGIANA CIMITERO MONUMENTO A PANTANI

I monumenti sono realizzati con denaro pubblico e devono avere una valida motivazione etica.

Quale valore illustra questo personaggio amatissimo e, proprio per questo, esecrabile esempio di vita?

GODEGO MUSON I SENTIERI DEGLI EZZELINI 38

Impossibile immaginare gli Ezzelini a spasso per i sentieri segnalati dal cartello, lo nega il contesto logistico-

militare ed idrografico.

Come licenza poetica e promozione della nostra identità territoriale, è come se in Romania intitolassero una

località a Dracula: lecito, ma leggermente discutibile.

GODEGO CASTELLO CASTELLARIO - CASTELLO DI EZZELINO 35

Un piccolo cartello, seminascosto, segnala una testimonianza archeologica preziosissima.

Però parla di Ezzelino, l’ultimo inquilino, quello che ne provocò la distruzione, insieme con la propria disfatta.

La sua costruzione va ragionevolmente attribuita ai veneti, arrivati qui proprio nel periodo indicato nel cartello.

Il nome di Godego, secondo le uniche fonti autorevoli, potrebbe derivare dai Goti, che utilizzarono la

fortificazione circa 16 secoli dopo.

Molto discutibile l’esaltazione per gli Ezzelini da un lato, incredibile il tabù per “VENETI” e “GOTI” dall’altro.

LORIA MASACCIO OASI AI DUE TORRENTI

Non è un’oasi, Il Musineo non è un torrente, il Muson nemmeno, da decenni.

“El pra’ dei munari” è il suo vero nome, antico e bello, evoca un paradiso della nostra infanzia.

Allora il Musineo non era ancora stato blindato e “privatizzato”, insomma reso inaccessibile: entrambi i suoi

argini erano molto frequentati dai cercatori di funghi e da noi bambini, a caccia di “gnari”.

Nella nuova denominazione, un’esibizione di ignoranza oppure una “licenza poetica” di cattivo gusto.

LORIA STEMMA FUOCHI FATUI 39

E’ una testimonianza vera, di miseria estrema. Negarla? Assolutamente no!

Ma quale valore intendiamo illustrare, ostentandola nell’emblema della nostra comunità?

Page 5: La storia sulle rive del Muson

LA STORIA : FAVOLA O MAESTRA DI VITA?

I TABU’ Quando la manipolazione storica riguarda un tema troppo importante o difficile da ”taroccare”, si opta per la strategia dell’oblio e del silenzio. Ad esempio: -VENETI: la nostra storia è ignorata e sminuita, oppure si da per scontato un abissale dislivello culturale rispetto a Roma, fatto totalmente falso, una dimostrazione di quanto rozza e provinciale sia la nostra élite. -GOTI: secondo l’unica ipotesi meritevole di approfondimento, hanno dato il nome al paese di Godego; questo tema appassionante viene oggettivamente “ignorato” dalla sua comunità, già nella segnaletica

LE FAVOLE INNOCENTI Sono quelle di mamma e papà, che rendono così piacevole per un bambino iniziare una notte di sogni. Gran parte della produzione “storica” locale si rivolge a bambini molto cresciuti, ma l’intento è simile: a volte il narratore rivive con libertà poetica il mondo della sua infanzia ed i numerosi lettori condividono ed apprezzano la sua prospettiva. Altre volte, un erudito esibizionista, si trastulla ed esibisce qualche conoscenza di latino: così si può fantasticare che il nome di Poggiana derivi da una “Pugna”, una battaglia avvenuta sul posto, ipotesi sicuramente sciocca e fasulla. La STORIA, maestra di vita, è altra cosa, serve per capire, con rigore ed il coraggio della verità, da dove veniamo, per orientarci verso il futuro.

LE FAVOLE MALIZIOSE FAVOLA : racconto normalmente con finale moralistico. Fandonia, frottola, panzana I gruppi di potere hanno sempre manipolato il racconto del passato per orientare la massa ignorante, nella direzione più opportuna, secondo loro. Il prete Camavitto s’inventa la solita ipotesi etimologica, evidentemente inconsistente, una di quelle che gli ignoranti non possono né capire, né contestare, per spiegare l’origine di Godego da “Gudega”. Lo fa con il chiaro intento di compiacere il potente amico Sarto: molto probabilmente, entrambi trovavano sgradevole e censurabile la vicenda gotica. Dopotutto il bravo Camavitto fa il suo mestiere di prete, ma è il comune di Godego che, ancora oggi, ospitandola senza commenti nel suo sito internet, l‘avalla.

Page 6: La storia sulle rive del Muson

LA STORIA : ERUDIZIONE O CULTURA ?

ERUDIZIONE Complesso delle cognizioni acquisite in una o più discipline con profonda e spesso minuziosa conoscenza di dati e di particolari

CULTURA Complesso delle acquisizioni, delle esperienze, dei comportamenti che caratterizzano il tipo e il grado di sviluppo delle qualità intellettuali e morali di un determinato ambiente, di un determinato gruppo sociale, di una determinata epoca

Nella nostra comunità abbondano purtroppo gli eruditi, persone degne di rispetto, spesso godono narcisisticamente dell’esibizione del proprio sapere: alimentano la propria vanità, ma non producono cultura vera. Quest’ultima non è patrimonio esclusivo di una casta di “topi di biblioteca”, ma qualcosa di vivo e concreto che determina profondamente i valori su cui si basa la vita di una comunità.

LA RICERCA STORICA MULTIDISCIPLINARE Livio, come gli altri storici romani, utilizzò essenzialmente la documentazione scritta e la trasmissione orale per la sua formidabile opera: i suoi obiettivi pedagogici e celebrativi predominavano sul rigore storico, così come lo intendiamo oggi. La storia dei Veneti, popolo nobile ed eccezionalmente pacifico, non stimola certo una curiosità superficiale; nessun evento bellico importante, nessun favoloso tesoro o misterioso insediamento scoperto o da cercare. Proprio la grande povertà e labilità degli elementi disponibili per lo studio, impone un lavoro multidisciplinare. L’aerofotogrammetria ha già fornito spunti molto interessanti sulla realtà delle motte, lo studio del DNA potrebbe certamente illuminare le nostre oscure origini molto meglio delle elocubrazioni di certi bibliofili. La storia sulle rive del Muson non può prescindere da una adeguata conoscenza idrogeologica dell’evoluzione della zona.

Page 7: La storia sulle rive del Muson

REITA A CENDROLE, I RETII A RIESE

PROVARE AD IMMAGINARE, STUDIANDO IL CONTESTO GENERALE I dati specifici su Cendrole e Riese, sono molto scarsi, presi da soli, per azzardare conclusioni sicure. Così chiunque, se ignorante e spudorato, si sente autorizzato a formulare le ipotesi più bislacche. Per fortuna l’indagine storica ha fatto progressi notevoli, sconosciuti alla massa: oggi abbiamo un quadro generale abbastanza preciso e completo sui nostri antenati Veneti. Se si studia il contesto generale, allora anche lo scenario che possiamo configurare sulla nostra oscura origine, può essere illuminato molto meglio. Questo è un lavoro di mera divulgazione, le mie fonti sono accessibili a chiunque, nelle biblioteche e nei musei della zona.

Questo argomento si trova incluso in un’antologia, “La storia sulle rive del Muson”, che si può consultare anche in: http://rivemuson.wordpress.com/

Page 8: La storia sulle rive del Muson

INDICE

ARGOMENTO PAGINA INSEDIAMENTI ED INTERFACCE DEI VENETI 3 (*) I VENETI A SUD DI PADOVA 4 I VENETI A NORD DI PADOVA 5 I RETII 6 GLI SCAMBI CON I POPOLI CONFINANTI 7 E’ LECITO CONFONDERE I VENETI CON I CELTI? 8 I NEMICI MORTALI DEI VENETI? I LON(GO)BARDI 9 CHI HA CIVILIZZATO I VENETI? I ROMANI? 10 LE DUE ANNESSIONI 11 I VENETI DI CESARE E TACITO 12 L’INSEDIAMENTO DI CENDROLE 13 I RETII NEL CASTELLO DI RIESE 14 REITA UNA E TRINA 15 REITA NEL NOSTRO DNA CULTURALE 16 CENDROLE = CINERES = CENERI 17 COSA C’ERA A CENDROLE? 18 IL TUMULO A NORD DEL SANTUARIO 19 LO SCAMBIO DEL CARTELLO SEGNALETICO 20 CASTELLIERO = VALLUM = VALLA’ 21 IL CASTELLIERO SPIANATO E DEPREDATO 22 IL GIOIELLO ARCHEOLOGICO DI CASTELCIES ED IL MISTERIOSO POPOLO DEI PREROMANI

23

(*) Questa numerazione vale per il documento singolo, in “La storia sulle rive del Muson” per ricavare il valore progressivo

Page 9: La storia sulle rive del Muson

ETRUSCHI, POI CENOMANI

CEN

OM

AN

I RETII

foto tratta da “I Veneti antichi, di Fogolari e Prosdocimi

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A

NORD EUROPA

VENETI

FLUSSO VELOCE E RICCO VIA MARE

INSEDIAMENTI ED INTERFACCE DEI VENETI

Page 10: La storia sulle rive del Muson

IL COMMERCIO VIA ACQUA Abitare vicino ai fiumi doveva essere particolarmente disagevole, non solo per il rischio momentaneo delle inondazioni, ma per la persistenza degli allagamenti. Ci doveva essere qualche importante vantaggio per risiedervi, bisognava per forza innalzare l’insediamento con un terrapieno, sono molto diffusi lungo il Po. Da noi sono ben conservate le motte di Godego. Un addensamento così rilevante si può spiegare con altre attività economiche, come la pesca per esempio, ma, probabilmente, la spinta del commercio era la principale. Infatti, sull’altra sponda del Po, si contendono la posizione, prima i mercanti Etruschi e poi i Cenomani. Certamente le pochissime insenature, veramente utilizzabili allora, per un porto sicuro sul mare, erano invece rarissime: questo spiega la grande e plurisecolare fortuna di Adria e Altino.

Padova crocevia fluviale

L’Adige passava presso Este fino al 589 d.c.

foto tratta da “I Veneti antichi, di Fogolari e Prosdocimi

I VENETI A SUD DI PADOVA

Page 11: La storia sulle rive del Muson

RETII

foto tratta da “I Veneti antichi, di Fogolari e Prosdocimi

I VENETI A NORD DI PADOVA

IL FLUSSO SUD - NORD VIA TERRA La civilizzazione del nostro mondo, fino al medio evo, ha un flusso con caratteristiche chiare e costanti: dal medio oriente costantemente più ricco ed evoluto, verso l’ovest ed il nord più primitivi. Le materie prime provengono dal mondo sottosviluppato; in direzione contraria vanno i prodotti raffinati del mondo più evoluto. Le migrazioni di popoli sono in una sola direzione; forse interessano comunità marginalizzate per qualche sconfitta, per arretratezza, povertà ecc. Gli spostamenti via terra delle merci sono raramente competitivi con quelli via acqua, lentissimi, secolari, se si tratta di uomini: nel qual caso, le interazioni con gli abitanti dei territori attraversati, sono profonde.

I VENETI ED I RETII NELLO SCAMBIO TRA MEDITERRANEO E NORD EUROPA I colli Euganei ed Iberici, garantiscono condizioni di sicurezza e di comfort ideali per un insediamento; però la scelta del luogo non prescinde quasi mai da un vantaggio commerciale. Allo sbocco di ogni vallata in pianura, troviamo un abitato di Veneti, che gestiscono il trasporto delle merci nella direzione nord-sud, in staffetta con i Retii: in questo caso non ci sono alternative via acqua.

Page 12: La storia sulle rive del Muson

Secondo l’ipotesi prevalente, sono Veneti che si sono separati dagli altri, scegliendo di installarsi nelle vallate alpine di transito sud-nord; tuttavia la letteratura storica antica non esplicitata la comune origine. La percezione della comune identità potrebbe essersi sbiadita per il lungo isolamento tra i monti e la diversa evoluzione, frutto degli scambi con i popoli del nord Europa. Comunque adoravano la stessa dea, Reita, da cui prendono il nome; con i Veneti hanno sempre rapporti pacifici e scambi intensi. A Lagole, luogo di cura, di scambi commerciali ed anche politici, c’era un santuario di Reita, dove i Veneti, ma anche gli Etruschi, erano a casa loro .

foto tratta da “I Veneti antichi, di Fogolari e Prosdocimi

VENETI

RETII

Page 13: La storia sulle rive del Muson

GLI SCAMBI CON I POPOLI CONFINANTI

I VENETI DELLA TURCHIA (PAFLAGONIA) Livio e gli altri storici romani concordano sul mito dei Veneti, giunti appunto via mare, dalla Paflagonia (Turchia), poco dopo la guerra di Troia, nel XII secolo a.c. La ricerca storica ha confermato come questi racconti siano attendibili nella sostanza: era una prassi adornare, ma non stravolgere, queste vicende con qualche componente mitica, con un intento politico e pedagogico. I riscontri archeologici confermano bene questa versione, a differenza di altre ipotesi, più o meno cervellotiche, che vengono man mano inventate.

GLI ISTRI E LA MIGRAZIONE VIA TERRA Abbiamo molte prove di una significativa parentela con loro. Anzitutto i Veneti, data la spiccata attitudine mercantile, sicuramente hanno scambi intensi con questo popolo limitrofo. Inoltre, ricordando la direzione costante dei flussi di civilizzazione, è certo che, nel nostro DNA, ci sia una componente rilevante di popoli che, probabilmente in tempi lunghissimi, hanno attraversato la penisola balcanica, continuando a mescolarsi con i locali, prima di arrivare qui. Una migrazione secolare e povera, più difficile trovarne i riscontri archeologici.

ADRIA E ALTINO CITTA’ “GRECHE” Se le comunicazioni via acqua erano più competitive rispetto alle terrestri, ovviamente quelle via mare avevano vantaggi enormi rispetto a quelle via fiume. Praticamente ponevano il sito fortunato in grado di comunicare, velocemente e senza barriere, con tutto il bacino mediterraneo. Questi due porti marini e pochi altri, Spina per esempio, manterranno sempre una forte superiorità economica e culturale sull’entroterra. Molto cosmopolite, vi risiedevano abitualmente importanti comunità di greci, etruschi, ecc.

Page 14: La storia sulle rive del Muson

E’ LECITO CONFONDERE I VENETI CON I CELTI?

I FIUMI PER GLI SCAMBI COMMERCIALI, MA NON SOLO La logistica degli insediamenti pare dettata dai corsi d’acqua adiacenti: si preferisce l’ansa di un fiume che circondi, protegga l’abitato oppure un punto d’intersezione di diversi corsi. Padova presenta entrambi i requisiti, Este era posta sul vecchio corso dell’Adige, tratteggiato nella piantina. Evidente la finalità commerciale; tuttavia la città dei vivi sta sempre sulla sponda opposta della necropoli, il funerale sembra compiere un percorso fluviale con un probabile valore rituale.

I GALLI CENOMANI

Sulle sponde dell’Adige e del Po ci sono i Galli (Celti) Cenomani. Secondo Livio sono arrivati, con un’incursione, nel 400 a.c., scacciano gli Etruschi, soppiantandoli negli scambi con i Veneti. Verona ha connotati celtici abbastanza evidenti. Si ambientano bene e velocemente, tengono sempre rapporti di fedeltà ed ossequio a Roma. Come i Veneti: entrambi alleati dei romani nelle pochissime guerre menzionate nella nostra storia, combattono addirittura contro i loro compaesani, i celti Boi ed Insubri, scesi in Italia nel 225 a.c. Da questo a dedurre un’origine comune o anche una significativa mescolanza, tra Veneti e Celti ce ne vuole! ETRUSCHI, POI CENOMANI

CEN

OM

AN

I

VENETI

“GRECI”

RETII

NORD EUROPA

“GR

ECI”

L’Adige passava presso Este fino al 589 d.c.

Page 15: La storia sulle rive del Muson

I NEMICI MORTALI DEI VENETI? I LON(GO)BARDI I VENETI, IL POPOLO PIU’ OPPORTUNISTA DELLA STORIA

La spiccata vocazione mercantile, che sempre ci ha contraddistinto, rifulge nella storia di Venezia: trovatemi una città più tollerante, laica, cosmopolita! Il nostro opportunismo ci ha sempre permesso di fare buoni affari con chiunque, anche con il demonio!

ESTE E PADOVA INVOCANO L’INGERENZA ROMANA I Veneti, come i Latini, gli Etruschi ecc. avevano una struttura politica basata sulle città stato. Secondo me, il vero genio, politico e militare di Roma si è rivelato in pieno e magnificamente, nella sua capacità di proporsi come insostituibile arbitro pacificatore dei popoli, che poi ha incluso nell’impero. Sono Padova ed Este ad invocare un console romano, per dirimere una loro controversia. Per quanto ne sappiamo, poi è stato solo amore reciproco; cioè abbiamo fiutato il grandissimo vantaggio di rimanere agganciati alla loro marcia trionfale di conquista.

“AMICI” DEI GOTI La storia delle invasioni barbariche è piena zeppa di stereotipi errati: andrebbe tutta riscritta per le scuole. Ad esempio, non mi risultano documentati lutti epocali, con l’arrivo dei Goti in Veneto e durante la loro plurisecolare permanenza a casa nostra, vedi i “Goti a Castello di Godego”. L’esperienza degli Unni è sicuramente molto terribile, ma relativamente breve.

“NEMICI” ACERRIMI DEI LONGOBARDI Quando arrivano il trauma è mortale, irreversibile: molte illustri città scompaiono del tutto oppure hanno una brusca e definitiva decadenza. Possiamo fissare una data simbolica per la vera fine della civiltà romana in Veneto: nel 639 d.c. il vescovo di Altino distrutta fugge con gli abitanti in laguna e stabilisce la sua sede a Torcello. Sciocca ed accademica la scelta del 476 d.c., è solo la fine di un’istituzione da tempo inutile e degradata. I Veneti vivevano già da un secolo con i Goti in casa, in ben più gravi faccende affaccendati.

Page 16: La storia sulle rive del Muson

CHI HA CIVILIZZATO I VENETI? I ROMANI?

IL CONFRONTO IN ARCHEOLOGIA Solo pochi gli insediamenti popolosi nel Veneto: Padova, Este, Altino, Adria ecc. Tuttavia i reperti archeologici permettono un confronto dettagliato del nostro livello culturale e artistico. Sempre evidente il dislivello tra le città di mare e la terraferma; analogamente, c’è un abisso tra il sud ed il resto dell’Italia, più vicino al centro di irradiazione della civiltà. Queste differenze sono molto evidenti quando si visitano i musei, anche per un profano come me. Invece è difficile percepire una vistosa differenza tra un manufatto romano o veneto, almeno fino alla conquista della Grecia: in quel momento c’è un salto netto, ma per tutta la penisola italiana.

IL CONFRONTO IN LETTERATURA : LIVIO E CATULLO Nella mia personale classifica dei primi dieci letterati latini, a parte Cesare, metto solo provinciali. Parlo di veri geni, come ispirazione ed invenzione comunicativa. Plinio, noiosissimo erudito, lo escludo; Cicerone viene da Arpino, città dei Volsci, a 100 km da Roma. I nostri due sono nella ristretta cerchia dei più celebrati, stanno nelle stanze del potere , intimi di Ottaviano. Virgilio, mantovano, è molto vicino alla cerchia di Catullo. Impossibile immaginare Tito Livio oppresso dal nostro complesso d’inferiorità rispetto ai romani.

Vedo in giro un atteggiamento insopportabilmente provinciale nei confronti della nostra storia, anche nelle persone colte: solo l’impronta di Roma li eccita. Eppure siamo citati nella letteratura omerica con grande rispetto: il popolo dei “bei cavalli”: questo nostro “core business” è ben confermato dall’archeologia. Quando i romani creano il mito della loro ascendenza troiana, prendono lo spunto dal nostro, già consacrato dalla letteratura; sarà la base culturale di relazioni sempre amichevoli, tra affini.

Page 17: La storia sulle rive del Muson

LE DUE ANNESSIONI

COCCOLATI E SEDOTTI DA GIULIO CESARE Certo non esiste una data della “conquista” militare romana: il “matrimonio in chiesa”, da noi tanto agognato e da Giulio Cesare benevolmente concesso, fu solo l’atto finale di una lunga, affettuosa, convivenza, le cui tappe finali sono: nel 49 a.c. la cittadinanza romana e nel 42 a.c. diventiamo parte integrante dell’Italia romana.

UN MATRIMONIO IMPOSTO ED ABBASTANZA INFELICE Nel 1866, una votazione organizzata sul consenso di quattro gatti, ben selezionati, ha sancito la sottomissione alla monarchia sabauda. Secondo me basta confrontare l’espressione dei due personaggi e si capisce perché i veneti nutrano sentimenti così contrastanti per le due “annessioni”: troppa enfasi nostalgica per la prima, rigetto per la seconda. A mio modesto parere, la monarchia sabauda, non solo ha espresso delle figure di monarca molto disonorevoli, ma anche una burocrazia ottusa ed inadeguata al compito immane di unificare l’Italia. Infamia eterna merita il modo in cui hanno contribuito all’entrata in ben due guerre mondiali e per come le hanno condotte.

Page 18: La storia sulle rive del Muson

I VENETI DI CESARE E TACITO

IL RAMO FRANCESE DI CESARE E’ veramente emozionante leggere il racconto della sua guerra contro i Veneti “francesi”. Si percepisce bene l’affinità con i nostri veneziani, si tocca con mano la loro perfetta ambientazione in quel territorio lagunare. Con le loro barche speciali e le loro tecniche, hanno tenuto a lungo sotto scacco l’esercito e la flotta romana; il loro nemico ne parla con grande rispetto. Non si cura di specificare se questo popolo avesse le stesse origini di quello, da lui ben conosciuto, in Italia.

IL RAMO DEI MASURI, SECONDO TACITO Lo storico li menziona brevemente e la collocazione è, molto approssimativamente, nella Polonia. Ho trovato qualche dotto, che in base a complesse argomentazionI, ipotizza la zona dei laghi Masuri, non so con quanto fondamento. A livello puramente emozionale, posso garantire, essendo stato in quei posti, che si tratta di una bellissima e vastissima zona piuttosto lagunare che lacustre; aria di casa nostra insomma.

Page 19: La storia sulle rive del Muson

L’INSEDIAMENTO DI CENDROLE

CENTRO RELIGIOSO ANTICHISSIMO La cristianizzazione della nostra zona deve essersi completata presumibilmente intorno al 1000 d.c., come accadde per i villaggi (pagi) più remoti e depressi. Poco dopo cominciano le testimonianze storiche della costruzione delle prime chiese parrocchiali, staccatesi da quella madre di Cendrole, Poggiana per esempio. Poco a nord, c’è il tumulo, un terrapieno a forma circolare, un manufatto molto tipico, dove si seppellivano personaggi illustri della comunità. Non era posto nella necropoli, ma al centro dell’abitato, una specie di monumento. A quei tempi Castelfranco era quasi disabitata, però c’era una motta molto grande, che costituisce la base dell’attuale castello. Allora il Muson lambiva la motta.

Page 20: La storia sulle rive del Muson

I RETII NEL CASTELLO DI RIESE

Per similitudine con Lagole, la nostra zona poteva essere un luogo d’incontro e scambio. I Retii potevano proteggere nel castello i beni da scambiare con i Veneti, appena giunti in pianura. A Cendrole poteva esserci un centro religioso nel quale rafforzare i legami economici tra le due comunità. In questo caso, possiamo star sicuri che i romani, come loro prassi, avrebbero avallato la situazione. Se invece si dimostrasse una fondazione decisa ai tempi dell’impero, gli scenari sono complessi, sostanzialmente gli stessi che ho cercato di sintetizzare in : “I Goti a Castello di Godego”.

Riese con il suo castello è posta sull’attuale via Castellana e non sull’Aurelia. Secondo me, questo rafforza l’ipotesi della costruzione antecedente all’arrivo dei romani.

Se a Riese c’erano i Retii, chi adorava Reita a Cendrole? I Veneti della pedemontana o quelli di montagna, i Retii?

Page 21: La storia sulle rive del Muson

REITA UNA E TRINA

Questa immagine viene da Montebelluna ed è una delle più interessanti: riccamente vestita, tiene spesso le chiavi, evidente attributo del suo potere. Teologicamente una figura complessa, con tre diverse identità, appellativi e prerogative, una specie di trinità: una sofisticazione che non deve sorprendere, era abbastanza diffusa nel mediterraneo. A Lagole, luogo di cura, viene invocata prevalentemente nel ruolo di guaritrice, “Sanitai“ e sarà rimpiazzata da Apollo, divinità maschile con le stesse prerogative, disorientando alcuni studiosi. Naturalmente gli epiteti con cui viene invocata sono molti più di tre, possiamo immaginare qualcosa di simile alle nostre litanie.

LA SUPERSTIZIONE A CENDROLE Religione ufficiale

In quei tempi potere religioso e civile erano tutt’uno; Giulio Cesare ed Ottaviano rivestivano anche la carica di pontefice massimo, ovvio che ne derivasse qualche conflitto d’interessi nella proposta “teologica”.

I sapienti laici Epicuro e Socrate non credevano agli dei dell’Olimpo; su piani diversi, evidenziarono le menzogne più grossolane della teologia ufficiale, ogni volta che questa invadeva la sfera del conoscibile. Aristotele, osò indagare l’inconoscibile, l’infinito e l’eterno: il suo arduo pensiero è incomprensibile per il comune mortale e, secondo me, ha fatto molto più male che bene all’umanità.

Il popolo superstizioso La gente comune era ossequiosa solo formalmente verso la religione ufficiale, ma si affidava prevalentemente alle pratiche magiche ed affini, quando doveva risolvere qualche problema importante. La componente superstiziosa era evidente nelle nostre pratiche religiose, fino a qualche decennio fa: in particolare proprio a Cendrole.

Page 22: La storia sulle rive del Muson

REITA: INCANALARE CORRETTAMENTE Secondo alcuni studiosi la radice del nome deriva da “retta”. L’appellativo forse alludeva alla prerogativa di favorire l’orientamento del nascituro durante il parto di uomini ed animali, ma, in maniera più estesa, anche il flusso benefico e non distruttivo delle acque ecc. Ad Este la maggioranza degli ex voto sono relativi ai temi della fecondità e del parto, i luoghi di culto sorgono quasi sempre presso un corso d’acqua.

DA REITA A GIUNONE E POI ALLA NOSTRA MADONNA Con i romani Reita cambiò nome, ma non in Diana come ho letto, ma, secondo la prassi nota, in Giunone. La moglie arcigna di Giove incarna il mito della coesione famigliare e della riproduzione, tutto il contrario di Diana, la quale promuoveva, con il terrore del parto, il valore della verginità, per il controllo delle nascite.

LA RIPRODUZIONE PREVALENTE SUL TEMA DELLA LIMITAZIONE DELLE NASCITE Nel mondo più povero e primitivo era prioritaria la sopravvivenza, sempre molto precaria, del clan: gli ex voto di Este riguardano prevalentemente il buon esito della fecondazione umana, animale e vegetale. Invece il valore del controllo delle nascite è tipico delle società benestanti ed evolute. Immagino che ai nostri antenati non importasse molto un cambio di etichetta, certamente non hanno accettato facilmente di sostituire i loro vecchi valori, quando da Giunone sono passati alla Madonna.

IL MATRIARCATO DEI VENETI Sappiamo con certezza che il “core business” iniziale dei nostri antenati era l’allevamento, dei cavalli in particolare: il know how sulla riproduzione era prioritario e certamente fonte di potere sociale. Il maschio, in tutto il mediterraneo, riconosceva alle donne una maggior competenza in materia, lo stesso vale anche per l’arte della tessitura, per esempio: tutto questo trova una conferma nei corredi funerari. Ecco forse perché Reita tiene spesso delle chiavi in mano: da noi, come oggi, “comandava la Francia..”!

REITA NEL NOSTRO DNA CULTURALE

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CENDROLE = CINERES = CENERI

LA TEORIA DELL’INCENDIO DI BOSCHI

Mons. Agnoletti, di Giavera del Montello, è uno storico in generale abbastanza indipendente e professionale, ma la sua opera serve proprio per compiacere il neo eletto cardinale di Venezia, Giuseppe Sarto. La sua ipotesi sulle ceneri è fatta propria integralmente, senza riserve, anche oggi, dalla comunità di Riese, vedi: www.fondazionegiuseppesarto.it/la-storia-di-riese-di-mons.-agnoletti.php Secondo lui le ceneri, miste a parti incombuste di legname, sono da attribuire ad incendi di boschi: ipotesi risibile. Non ho dubbi che l’operazione abbia mirato ad un obiettivo pedagogico: annullare o almeno confondere, la memoria storica del nostro passato, cioè manipolare la nostra stessa identità.

LA SPIEGAZIONE DELLE CENERI SECONDO JACOPO RICCATI Nel 1730, l’illustre scienziato di Castelfranco viene a conoscenza dei lavori di ricostruzione del santuario. Segue i lavori, nota tra altri reperti antichi, abitualmente reimpiegati nella nuova costruzione, la lapide di “Vilonius”. Fa conservare il manufatto, ne trascrive il testo, salvandolo dall’oblio. Vilonius, colui che fece apporre questa lapide, era un giudice ben noto della città di Asolo, a quei tempi una delle più importanti del Veneto. Il testo lascia intendere un suo provvedimento munifico in onore di questa realtà religiosa pagana. Siamo nel secolo dell’illuminismo, poco dopo, nel 1759, il Portogallo espelle i gesuiti, primo fra gli stati europei. Da noi, in campagna, prevale l’oscurantismo clericale ed il dilagante analfabetismo, purtroppo anche l’evoluta e libera Venezia sta declinando.

L. VILO NIU IIII VIR PRAEFECTUS

JURI DICUNDO TESTAMENTO FIERI JUSSIT

Il reperto, visibile a tutti, all’esterno, per due secoli, da poco è riparato dalle intemperie, nel museo della chiesa.

Page 24: La storia sulle rive del Muson

UN LUOGO DI CULTO? L’ARA A STRATI Ai tempi dei Veneti non ci poteva essere un edifico imponente come l’attuale a Cendrole; le celebrazioni religiose avvenivano in una grande radura, possiamo immaginare qualcosa di simile all’attuale area di San Pietro a Godego, con un piccolo tempio per il celebrante. L’animale, scelto come vittima sacrificale, veniva ucciso e poi bruciato sopra un altare, utilizzando il legno come combustibile. Naturalmente la combustione era inevitabilmente incompleta, ma i resti non dovevano essere rimossi; perciò venivano ricoperti da uno strato protettivo (argilla?), sopra il quale veniva celebrato il rito successivo. Nei luoghi di culto ben frequentati è normale rinvenire numerosi altari ed elevati, cioè con molti strati.

COSA C’ERA A CENDROLE?

UNA NECROPOLI? I Veneti praticavano l’incinerazione e le ceneri venivano raccolte in urne più o meno preziose, in funzione dello status del defunto. I più ricchi raccoglievano poi uno o più vasi in una camera protettiva, realizzata con lamine di roccia, laterizi ecc, più raramente si sono trovate ceneri depositate direttamente nel terreno, addirittura adiacenti e alternate alle inumazioni. Invece, mantenevano una separazione molto netta tra il mondo dei vivi e quello dei morti, a differenza dei cristiani. In un tumulo, come a Spineda, poteva essere seppellito un personaggio guida della comunità, era inserito proprio al centro del villaggio, come un monumento. E’ difficile optare per un’ipotesi o l’altra, senza qualche riscontro serio. Certamente sarebbe impossibile confondere le ceneri dei sacrifici con quelle dell’incinerazione: nel primo caso si dovrebbe confermare la presenza dei frammenti di legno incombusto, nel secondo di cocci d’anfora e oggettistica varia.

Page 25: La storia sulle rive del Muson

IL TUMULO A NORD DEL SANTUARIO

La costruzione, di solito, copre e protegge la tomba di un personaggio eminente; insieme con lui si può rinvenire una o più mogli, spesso il suo cavallo e perfino il servo addetto al servizio del quadrupede ecc. Sarebbe interessante e suggestivo verificare se c’è un collegamento tra questo manufatto, relativo ad un ipotetico abitato e l’area sacra che era separata e poteva essere situata dove c’è il santuario.

LA LINEA DI DEMARCAZIONE IDROGEOLOGICA E LA PARTENZA DELL’AVENALE

La costruzione si trova poche centinaia di metri a nord del santuario di Cendrole, andando verso Spineda. I terreni, proprio in questo punto, passano da argillosi ed impermeabili a ghiaiosi e permeabili, andando verso nord-est, verso Montebelluna ed il Piave. L’Avenale, parte proprio qui, per drenare l’acqua che si accumula a causa dell’impermeabilità del terreno: vedi “Il graticolato ed il Muson, una ricognizione con google earth” Il canale, prosegue verso nord, dopo il santuario e termina, anzi, si confonde, con tante piccole roste, proprio in corrispondenza del tumulo. Sappiamo come gli insediamenti e i centri di culto siano sempre collocati in un contesto idrologico speciale.

E’ un manufatto circolare, un cumulo di terra, molto comune nell’età del bronzo, anche in Paflagonia, terra da cui, secondo le fonti letterarie, proveniamo noi Veneti. Sono spesso localizzati in un punto centrale strategico di una motta (o aggere, castelliero ecc.)

TUMULO (VIA BOSCHI , SPINEDA DI RIESE)

Page 26: La storia sulle rive del Muson

LO SCAMBIO DEL CARTELLO SEGNALETICO

IL CASTELLIERO DI VALLA’ SCAMBIATO CON IL TUMULO ! Il cartello a destra è posto proprio di fronte al tumulo: fino a dimostrazione contraria si tratta di un volgare errore. Un “castelliero”, così ben descritto, esiste effettivamente appunto in località Castelliero, a Vallà, corrisponde perfettamente a questa descrizione, ma è tutta un’altra cosa rispetto ad un tumulo.

tumulo ( tomba)

in via Boschi

santuario,

area sacra dei veneti?

Un’area sacra presso il santuario è altamente probabile, ma mai verificata preliminarmente. Di solito era disposta ad una certa distanza dall’abitato: invece il tumulo del capo si collocava al centro dell’insediamento dei vivi.

Page 27: La storia sulle rive del Muson

CASTELLIERO = VALLUM = VALLA’

Muson Avenale

Castelliero

Sulle origini del nome di Vallà non esistono dubbi: il castelliero si trova appunto nell’antica via Castelliero, ora “27 Aprile”. I romani, come al solito, hanno rinominato nella loro lingua la struttura pre esistente.

Via 27 Aprile Via Castelliero per 3000 anni, poi arrivarono i barbari

Page 28: La storia sulle rive del Muson

IL CASTELLIERO SPIANATO E DEPREDATO

LO SPIANAMENTO E LA DEPREDAZIONE Le tracce del castelliero oggi sono quasi invisibili, il cartello segnaletico è finito a Cendrole! La via che lo ricordava ha cambiato nome nel dopoguerra Occupa effettivamente circa due campi trevigiani affiancati, vedi pagina precedente. Sul versante sud si nota un modesto rialzo rispetto al piano della campagna circostante, l’antico terrapieno è stata spianato con i lavori agricoli. Il sito è stato liberamente depredato dai vandali in passato; certo delusi dall’insignificante valore venale delle suppellettili ritrovate, forse inconsapevoli del loro misfatto culturale.

Via 27 Aprile

L’AEROFOTOGRAMMETRIA DELLE MOTTE Le motte in Veneto sono disposte secondo un rigido schema; la distanza media, misurata da alcuni specialisti, dovrebbe essere 5,3 km. Molto interessanti in materia gli studi di Pedron e altri, vedi, per esempio: http://www.archeologiadigitale.it/archeofoss/paper/assets/P_Il_problema_delle_motte.pdf

5,1 Km (1)

Motte di Godego Castelliero di Vallà

(1) misura effettuata con google earth

Page 29: La storia sulle rive del Muson

IL GIOIELLO ARCHEOLOGICO DI CASTELCIES

La stele trilingue è molto famosa, su una faccia c’è un testo “retico con influenze etrusche”. Al legame tra Veneti e Retii ho già accennato, Lagole è un esempio ancora più importante della vivacità degli scambi, anche culturali, con altri popoli. Chi erano questi “Preromani” di cui tanto si parla nel sito e nella documentazione archeologica? Chiedetelo al VENETO Tito Livio, se si sentiva “preromano”! Il risorgimento, ma soprattutto il fascismo, hanno praticato il lavaggio del cervello alla nostra “intellighenzia”. La cultura accademica, arteriosclerotica, non è capace di metabolizzarne i detriti

IL MISTERIOSO POPOLO DEI “PREROMANI"

LA STELE TRILINGUE

Si fa un gran parlare di valorizzazione turistica, anche del patrimonio culturale. A Castelcies (Cavaso, TV) c’è uno splendido esempio di come si può passare dalle parole ai fatti.

Queste foto sono tratte da un opuscolo che potete trovare anche in loco : “SAN MARTINO DI CASTELCIES E I SEGNI DELLA STORIA”

Page 30: La storia sulle rive del Muson

AKELON = ACELUM = ASOLO

PADOVA CONTRO ROMA Secondo le fonti letterarie la prima è stata fondata nel 1185 a.c. Roma nel 753 a.c. Si è dibattuto a lungo sull’attendibilità dei racconti mitici, è certo che la narrazione rispondeva ad obiettivi celebrativi o pedagogici, apertamente dichiarati dallo scrittore di storia. La versione edulcorata non mente sulla cronologia e l’essenza delle vicende narrate: l’archeologia trova spesso delle verifiche sorprendentemente precise. In particolare, la verità storica delle origini del popolo Veneto, la sua provenienza dalla Turchia, i tempi del suo insediamento in Veneto, presentano elementi molto meno controversi rispetto alle stentate ed oscure, vicende di Roma. A mio parere, è irrilevante discettare su eventuali differenze nel livello di civiltà tra Padova e Roma.

AKELON Sull’origine di Asolo basta leggere il libro di Luigi Comacchio, benemerito storico cittadino: “Dalla preistoria alla storia fino al 49 a.c. - vol. 1- 2”, disponibile in tutte le biblioteche della zona. L’opera è abbastanza datata, ma, quello che scrive su Asolo preromanica, l’archeologia l’ha poi confermato e continuamente arricchito nel tempo. Subito dopo Este e Padova, Akelon e soprattutto la vicina Montebelluna sono molto importanti nella storia dei Veneti: insieme con Feltre, Mel e soprattutto Lagole, disegnano la rete di scambi, anche culturali, tra il mondo retico e veneto, tra nord e sud dell’Europa.

Page 31: La storia sulle rive del Muson

L’IGNORANZA DEGLI ASOLANI

ACELUM CONTRO TARVISIUM L’enorme sviluppo economico e sociale che ha accompagnato, in tutta l’Italia, la rapida conquista dell’impero, ha vivacizzato ed arricchito la vita di Asolo e le testimonianze archeologiche sono inequivocabili. Importante municipio romano, la città diventa poi anche sede episcopale per un’area vastissima. Invece, a quei tempi, Treviso era una realtà insignificante. Poi la capitale operativa dell’impero passa da Roma a Milano (per l’occidente); l’interfaccia strategica è sulla frontiera, verso nord est, a contrastare le ondate di invasori. Treviso entra nella storia nel 541 d.c. : i Goti eleggono re Totila, che comanda un presidio in quella zona. Sono a casa loro qui, almeno dal 410 d.c., quando sono transitati per la via Postumia, per andare al sacco di Roma: certamente presidiano anche l’importante e vicino castello di Godego, sulla stessa direttrice. Chi non conosce la storia faticherà a crederlo, ma è molto probabile che fossero qui, negli stessi posti, anche prima del 410 d.c., però al soldo di Roma. Asolo invece decade molto lentamente, il vescovo di Treviso rimpiazza quello di Asolo nel 969 d.c.

LA CIVILTA’ PREROMANICA E LA DELUSIONE DI COMACCHIO Gli storici veneti soffrono di un incredibile provincialismo, quanti appassionati vanno in deliquio per ipotetiche vestigia romane ( ah il mitico graticolato …) e disdegnano l’impronta veneta! Perfino Comacchio! Confessa la sua delusione quando, avendo individuato delle tombe in località “Biordo”, si accorge che i reperti appartengono ad un’epoca più oscura, cioè antecedente a quella romana!

ASOLANI FIGLI DI NN? La città è blasonata per la frequentazione di illustri “foresti”: Caterina Cornaro, Bembo, Duse, D’Annunzio tra gli italiani, Browning, Freya Stark tra gli stranieri. Così anglofila e snob! Ha rinnegato le proprie radici? Nella salita verso la città alcune piastre metalliche illustrano le tappe della storia locale: una bellissima idea. Mi sono divertito a leggerle ed ho scoperto che, secondo l’intellighenzia locale, la storia di Asolo comincia solo quando Cesare concede la cittadinanza romana ai veneti. Imbarazzante ignoranza o caso psicanalitico?

Page 32: La storia sulle rive del Muson

IL GRATICOLATO ED IL MUSON

UNA RICOGNIZIONE CON GOOGLE EARTH

L’IDROGEOLOGIA Non si può visitare il graticolato con la sola guida del manuale del piccolo agrimensore romano: bisogna soprattutto conoscere e “capire” il territorio. Personalmente, dopo questa passeggiata virtuale, ho ulteriormente rafforzato la percezione di un ambiente piuttosto paludoso ed impervio, tranne nel quadrato idilliaco di Borgoricco, beninteso. Il Muson ha invece dettato la sua legge ai Veneti che certamente, per primi, hanno provato ad ordinare il territorio a nord di Camposanpiero : molto incerto e problematico distinguere l’eventuale apporto di Roma in questo territorio.

LE NOSTRE STRADE C’ERANO BEN PRIMA DEI ROMANI A sentire certi autori locali, si ha l’impressione che fossimo dei selvaggi, al momento dell’annessione a Roma. Invece i tracciati delle vie Aurelia, Pagnana e Postumia, era usati dalla preistoria : semplicemente delle “autostrade” hanno rimpiazzato le nostre vecchie provinciali. Una questione più di risorse che di know how: andate a vedere a Padova alcune vie venete, portate alla luce anche di recente.

LE MOTTE, I CASTELLIERI ED IL CARAVANSERRAGLIO L’aerofotogrammetria pare aver evidenziato una regola nella disposizione di questi luoghi di rifugio: ho trovato una conferma anch’io, tra le motte di Godego ed il castelliero di Vallà. Ho sentito ipotizzare motivazioni magico-religiose! Secondo me, questi pragmatici allevatori avevano esigenze ben più urgenti ed utilitaristiche. Ho visitato un caravanserraglio in Turchia, mi pare ragionevole pensare che le nostre strutture, certo molto più rudimentali, avessero la stessa funzione protettiva per animali ed uomini, in un ambiente molto ostile, da ogni punto di vista, ma soprattutto di notte. In questo caso, la distanza misurata potrebbe corrispondere allo spostamento medio giornaliero di un branco di animali al pascolo.

Questo argomento, con lo stesso titolo, è disponibile come documento separato in slide share.

Page 33: La storia sulle rive del Muson

Il Brenta ed il Piave si sono aperti la via verso il mare “camminando” sopra i loro stessi depositi alluvionali. Al centro tra i due si è formata una vasta e profonda depressione, che si è andata man mano colmando, con gli ulteriori apporti alluvionali: il Muson, con i suoi numerosi, piccoli, affluenti, convoglia le acque di questa vasta zona. Il Piave all’inizio scendeva dalle parti di Cornuda, poi deviò bruscamente a est, a causa dell’ostruzione generata dallo stesso fiume, il Montello.

IL MUSON NASCE DA UNA DEPRESSIONE

Brenta

Muson

Page 34: La storia sulle rive del Muson

ALTIMETRIA DAL BRENTA AL PIAVE

I CAPRICCI DEL PIAVE Come illustrato nella diap. precedente, ho rappresentato qui, nei grafici altimetrici, il profilo da un fiume all’altro, i corrispondenza dell’inizio, metà e fine dell’Avenale. Mentre il Brenta ha colmato la depressione, il Piave, allontanandosi, ci ha lasciato in eredità, tra l’altro, una specie di palude, che noi chiamiamo affettuosamente “ i prai”. L’altimetria deve essere una chiave fondamentale per interpretare tutta la struttura fluviale e, nella fattispecie, la brusca deviazione del Muson verso est a Camposanpiero.

Muson, 71slm

Montello

Metà Avenale

Fine Avenale

prai

prai

prai

Inizio Avenale

56

44

54

65

80

11

26

45

BRENTA PIAVE

Page 35: La storia sulle rive del Muson

ALTIMETRIA DELL’AVENALE TRA VIA PAGNANA ED AURELIA

LA BONIFICA Il nostro territorio deve essere stato particolarmente disagevole ed inospitale, a nord di Camposan-piero. Roma si è tenuta ben lontana da qualsiasi intervento in queste zone, allora sicuramente semidisabitate e non attraenti, cioè poco redditizie. I nostri eruditi locali, quasi sempre tendono ad ignorare il grande apporto di Venezia. Dobbiamo onorare i nostri antenati, i Veneti e più tardi la Serenissima, ai quali va il merito della bonifica dei “Prai” : una rete fittissima di canali. L’Avenale è il collettore principale e delimita esattamente il lato est della depressione.

Muson

Avenale fine

Muson Avenale metà

Muson Avenale inizio

Via Aurelia Via Pagnana Le due vie sono evidenziate nella diap. seguente

43

57

76

67

71

55

53

43

43

70

57

49

Page 36: La storia sulle rive del Muson

LE VIE VENETE PRESSO IL MUSON

Asolo

Castelfranco

Astego

Muson

Motte

Castelliero

Vallà Cendrole

Santuario

Montebelluna

Importante città veneta

dopo Padova ed Este

Tumulo

Page 37: La storia sulle rive del Muson

IL SELVAGGIO ED IMPRATICABILE MUSON

LA SUA SCAPESTRATA GIOVINEZZA Prima dell’intervento dell’On. Maria Pia Del Canton, l’alveo era molto meno profondo, estremamente irregolare, ostruito da una vegetazione selvaggia, mancavano gli argini rialzati che vediamo adesso. In questi ultimi anni è stata anche razionalizzata tutta la complessa struttura idraulica della zona, ottimizzando ed equilibrando le portate. Gli allagamenti erano frequenti, interessavano zone molto più ampie di quanto possiamo immaginare noi.

I SUOLI IMPERMEABILI L’altimetria non basta certo a spiegare la grande complessità del nostro contesto idrografico ed un lavoro, anche con un obiettivo meramente divulgativo, richiede una competenza adeguata ed una grande mole di mezzi e di tempo: questa invece è solo una ricognizione per dilettanti. Sintetizzando brutalmente, il materiale alluvionale, apportato dai due grandi fiumi, si è separato durante il tragitto verso il centro della depressione (Muson), diminuendo progressivamente la sua granulometria. I terreni, ghiaiosi e molto permeabili a nord est, diventano progressivamente argillosi e meno permeabili avvicinandosi al Muson. Il fenomeno è molto accentuato dal lato del Piave e a partire da nord, basta pensare ai “prai” da Godego. Quindi, vaste zone depresse si allagavano, ma rimanevano impraticabili a lungo, perché le acque venivano assorbite molto lentamente dal terreno.

CONTESTUALIZZARE Uno studio un po’ approfondito del territorio potrebbe illustrare meglio come gran parte del Veneto fosse abbastanza paludosa ed impraticabile, diventerebbe banale capire perché gli insediamenti dei nostri antenati si fossero concentrati presso qualche altura naturale o artificiale ( Motte). Il linguaggio del territorio ci può svelare segreti molto più interessanti di quanto ci possano testimoniare tutti i cocci ed le monete “romane” rinvenute finora nella nostra zona.

Page 38: La storia sulle rive del Muson

Montebelluna Asolo

Castelfranco (1)

Astego

Motte

Muson Monfumo Brenta

S. Martino dei Lupari

Sile

Piave

(1) difficile ritrovare il

tragitto dell’Aurelia qui

Padova

Treviso

I GRATICOLATI

Page 39: La storia sulle rive del Muson

A VENEZIA IL MERITO DELLE GRANDI OPERE IDRAULICHE

IL MUSON DEI SASSI

Il Muson di Monfumo trasportava molto materiale fino al mare, rischiando di compromettere la navigabilità locale. Invece il ramo, che parte presso San Martino dei Lupari, è alimentato da acqua di risorgiva e non presenta questo problema. I due rami si incontravano a Camposanpiero e proseguivano verso Mirano ( Muson vecio). Venezia deviò il corso del Muson di Monfumo a Camposanpiero, costruendo il Muson dei sassi, che si immette nel Brenta. Invece il ramo di risorgiva continua a percorrere il vecchio alveo.

Montebelluna

Asolo

Padova

Astego

Muson di Monfumo

San Martino dei

Lupari

Brenta

Camposanpiero

Page 40: La storia sulle rive del Muson

IL MUSON DI MONFUMO ENTRA NEL BRENTA A PADOVA

Page 41: La storia sulle rive del Muson

Ecco una parte delle numerose ed importanti opere idrauliche realizzate dai veneziani, anche, ma non solo, per tutelare la città: quanti battibecchi e scaricabarile per un minimo di manutenzione preventiva oggi.

ALTRI INTERVENTI DI VENEZIA

Muson di Monfumo Muson dei sassi

http://it.wikipedia.org/wiki/Brenta

Page 42: La storia sulle rive del Muson

LA ZONA DI RISPETTO DEL BRENTA VERSO BASSANO

Page 43: La storia sulle rive del Muson

CAMPOSANPIERO:LA CENTURIAZIONE TERMINA BRUSCAMENTE

Centuria a CampoSanpiero

Muson vecio

BORGO RICCO

Ho letto strampalate teorie sull’origine tedesca del nome: il termine è certamente

romano ed è coerente con lo sviluppo della centuria in quella zona.

Sostanzialmente, i borghi romani sono gli antenati dei castelli medioevali, una

fortificazione al centro di un territorio donato a delle milizie con il duplice compito

di coltivare le terre e di difendere militarmente il territorio.

Ovviamente queste iniziative abbondavano in zone ostili, di barbari, come appunto

la Germania di allora, per quello lì è così diffuso il termine “Burg”.

http://it.cukwiki.com/wiki/

Page 44: La storia sulle rive del Muson

LA CENTURIA ED I SUOI SOTTOMULTIPLI

CENTURIA “VENETA”

(5000 x 7 X 14)

500000 m2

scala 1: 10000

7x14 campi trevisani

2 CAMPI = 1 ETTARO =

(100 X100) = 10000 m2

CAMPO TREVISANO

50x100 = 5000 m2

scala 1:2000

CENTURIA ROMANA

(711,6 X 711,6)

500000m2

10 x 20 jugeri

scala 1: 10000

JUGERO

35,6X71,2 = 2500

2 JUGERI = 1 HEREDIO=

(71,16x71,16 ) = 5000 m2

scala 1:2000

Come misuravano la terra i Veneti e gli altri popoli italici? Certo non hanno aspettato i romani per suddividere i loro campi. Districarsi nella forsennata diversifica-zione, da una provincia all’altra, probabilmente sopravissuta ai probabili sforzi di standardizzazione di roma, farebbe impazzire anche il più fanatico degli eruditi. Per esempio, oggi approssimiamo a 5000 m2 il campo trevisano, mentre la sua misura esatta dovrebbe essere pari a 5204,69 m2. In realtà l’errore tra la centuria alla “Veneta” e quella alla “romana” è molto minore in “piedi” di quanto appaia dopo l’arrotondamento in metri. Interessante la compatibilità delle due unità misura, entrambe sottomultipli dello stesso modulo quadrato.

Page 45: La storia sulle rive del Muson

A BORGORICCO : CENTURIAZIONE MOLTO INTEGRA

scala 1:44530

campo jugero

perimetro = 2823 ; 2823/4= 706 m Lato nominale = 712 m

L’orientamento, l’ortogonalità, le

misure della centuria sono

perfettamente integre.

Più complesso capire l’evoluzione

dei sottomultipli, campi o jugeri?

In questo caso, considerando la

rozzezza della mia verifica, mi pare

decisamente ben conservata la

misura romana.

Page 46: La storia sulle rive del Muson

dove il

graticolato

è più

visibile

CENTURIA A RIESE

Centuriazione poco visibile a

oriente dell’Aurelia.

La suddivisione segue piuttosto

l’orientamento del Muson, fino

ad una distanza notevole.

Più visibile a

occidente, ma meno

evidente rispetto a

Borgoricco.

La disposizione dei campi ci può far capire fin dove arrivasse l’impatto del torrente in una zona pochissimo

permeabile, acquitrinosa.

Page 47: La storia sulle rive del Muson

CENTURIA A RIESE

1)Il perimetro della

centuriazione è deformato e

confuso.

2) Il Muson compie una forte

deviazione a Campo-

sanpiero, la via Aurelia lo

segue, ma ad una distanza di

sicurezza dai “prai”.

La centuria a Riese è

ortogonale alla via Aurelia e

non risponde a tutti i canoni

classici della centuriazione.

3)Anche le tracce dei

sottomultipli della centuria mi

sembrano particolarmente

incerte, forse più vicine al

campo trevisano.

campo jugero

scala 1:41000

Page 48: La storia sulle rive del Muson

I GOTI A CASTELLO DI GODEGO

INDICE DIAPOSITIVA

SOLO DISINFORMAZIONE? 2 (*)

CONTESTUALIZZANDO LE VICENDE DEL CASTELLO 3

I GOTI A GODEGO, PRIMA DEL SACCO DI ROMA 4

CHE TIPI ERANO QUESTI GOTI 5

PERCHE’ NON PIACEVANO AL PRETE CAMAVITTO 6

TRA NOI ED I GOTI, UN MISTERIOSO FEELING 7

EZZELINO III DA ROMANO MITO LEGHISTA? 8

GODEGO E GLI EZZELINI 9

GLI EZZELINI A SPASSO SUL MUSON 10

Questo argomento si trova incluso in un’antologia, “La storia sulle rive del Muson”, che si può consultare anche in: http://rivemuson.wordpress.com/

(*) Questa numerazione vale per il documento singolo, in “La storia sulle rive del Muson” per ricavare il valore progressivo

Page 49: La storia sulle rive del Muson

SOLO DISINFORMAZIONE?

E’ importante sapere chi ha dato il nome a Godego? Questo documento ha lo scopo di stimolare una ricerca ed una riflessione autonoma di chi legge, sul tema della nostra identità culturale. E’ evidente che conoscere i nostri veri antenati, sia geneticamente che culturalmente, è fondamentale anche oggi, per capire il nostro presente. Qui di seguito riassumo, con intento didattico, notizie facilmente reperibili nelle biblioteche della zona, da qualsiasi persona interessata ad approfondire l’argomento.

Le balle di Camavitto, in bella vista, nel sito del comune Due diversi ipotesi, sull’origine del nome del paese, vengono riportate, con pari evidenza. Quella del prete Camavitto fantastica di un’origine longobarda, io sono convinto che ha credibilità nulla, ma mi scandalizza la malizia che è lecito sospettare. Una rozza mistificazione implicita nel porre sullo stesso piano le due versioni. Contestualizzo la questione nel documento : “Chi era Giuseppe Sarto?”.

Ho trovato questo solo cartello in prossimità del castello, seminascosto ed ambiguo. Forse è il caso di aggiungere almeno una targhetta in loco, 10 righe, per spiegare al passante che il terrapieno militare fu realizzato nel 12OO a.c., cioè dai nostri progenitori Veneti, arrivati qui in quel periodo. Far capire che Ezzelino è solo l’ultimo, celeberrimo occupante, la cui sconfitta, 2400 anni dopo, ha comportato la distruzione della parte muraria.

Una disinformazione sistematica, a partire dalla segnaletica

Page 50: La storia sulle rive del Muson

CONTESTUALIZZANDO LE VICENDE DEL CASTELLO

PERCHE UN CASTELLO PROPRIO LI? Sappiamo pochissimo su questa costruzione, che meriterebbe un’indagine archeologica seria che non c’è mai stata, oppure non è stata divulgata. Come nelle indagini su un delitto, non ci rimane che ragionare sugli indizi, per deduzione. Questa struttura viene fatta risalire proprio al tempo del nostro arrivo nel Veneto, a quei tempi certamente esistevano sia le Motte che il Castelliero di Vallà. Terrapieni simili sono ben noti ed investigati, ce ne sono tanti in Emilia, lungo il Po. La Postumia esiste dalla preistoria, come la più importante direttrice attraverso la quale avvenivano le migrazioni dei popoli e della civiltà stessa, da est a ovest dell’Italia. Il castellario di Godego aveva un evidente ruolo strategico di vigilanza, nel punto in cui attraversava il Muson. Quando i romani fecero un”autostrada” di quella che prima era forse poco più di una pista, certamente valorizzarono e potenziarono anche il castello. Di norma realizzavano sempre dei presidi in prossimità dell’attraversamento di un fiume ed in particolare proprio sulla sponda opposta, nel territorio potenzialmente ostile, se il corso d’acqua faceva da confine.

LA FORTIFICAZIONE PIU ANTICA ED IMPORTANTE FINO ALLA SUA DISTRUZIONE Importante protagonista delle vicende belliche di tutta la pedemontana fino al 1229 d.c., quando viene raso al suolo, nella sua parte muraria. Nelle mappe più antiche compare sempre, insieme con la vicina chiesa di San Pietro ed a pochissimi altri insediamenti di tutto il trevigiano. Per esempio, i castelli di Castelfranco e Cittadella, vengono costruiti proprio qualche decennio prima della sua distruzione, verso il 1200 d.c. ed avranno un ruolo molto marginale nelle vicende belliche successive, diventando prestissimo obsoleti.

Page 51: La storia sulle rive del Muson

I GOTI A GODEGO, PRIMA DEL SACCO DI ROMA

NEL CASTELLO, COME SOLDATI ROMANI

Con Costantino, nel 4 secolo d.c., il degrado della struttura militare subisce una brusca ed inarrestabile accelerazione. Il mestiere del soldato è come quello del cementista oggi; si guadagna molto, ma pochi intendono accettare i gravi sacrifici che comporta: così le file dell’esercito si riempiono progressivamente di barbari. C’è una probabilità statistica che il numero di Goti fosse elevato anche a Godego. Nel valutare la componente etnica, bisogna ricordare che normalmente avevano un seguito numeroso di famigliari, insediati nei paraggi, di solito dediti all’agricoltura.

BUONI SOLDATI, MA DIFFICILI DA INQUADRARE All’inizio l’esercito romano riusciva facilmente a vincere ed a sterminare questi gruppi di invasori ed era molto interessato a riciclare i guerrieri superstiti nell’esercito. Tuttavia erano considerati infidi ed inadatti alla disciplina, perciò, si preferì sempre diluirne attentamente la presenza con altre etnie. I Goti, al contrario, aspiravano a rimanere uniti e cercavano di contrattare un territorio dove insediare l’intero gruppo, garantendo sia la difesa militare che la coltivazione di campi abbandonati.

I GOTI A CASA LORO NEL NORD EST Man mano che i rapporti di forza si spostavano a loro favore, questa aspirazione cominciò ad essere esaudita: verso il 370 d.c. vengono concessi ampi insediamenti a Modena, Reggio, Parma. Invadono il nord est (378 d.c.) e vi sostano a lungo, prima del sacco di Roma (410 d.c.) Totila viene eletto re nella sua Treviso (541 d.c.), nella spedizione verso il sud, si attarda a Goito (Mn) dove viene accolto calorosamente e raccoglie alleati.

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CHE TIPI ERANO QUESTI GOTI

AMMIANO MARCELLINO SE NE INTENDEVA Militare romano, testimonia gli eventi esattamente fino all’arrivo dei Goti nel Veneto, poi smette di scrivere! Serio, leggibile, accettabilmente obiettivo, considerando il suo ruolo: con lui termina la storiografia latina, “laica” ed il cristianesimo completa la conquista di tutto il potere culturale. Cominciano gli anni della storia sistematicamente manipolata, della verità teologica inculcata con la forza. L’eresia ariana, una raffinata disputa teologica sulla natura di Cristo, provoca infinite guerre, per almeno tre secoli: le contese dei mussulmani, tra Sciti e Sunniti, sono vicende da educande al confronto.

SCHIAVI DOCILI ED A BUON MERCATO Meglio non addentrarsi nel groviglio delle diverse etnie classificate dai romani, spesso confusionarie ed errate: per la gente comune “goti” erano tutti gli extracomunitari di allora. Venivano dal nord Europa, rozzi e semianalfabeti all’inizio, i romani li percepivano comunque meno orribili degli Unni, che arrivarono poi, dalle più lontane steppe dell’Asia. Ammiano dice che i genitori stessi vendevano i propri figli ai mercanti di schiavi romani, certi che avrebbero avuto una vita migliore come tali, all’interno dell’impero. Erano reputati servi docili ed a basso prezzo: una famiglia un po’ borghese doveva possederne almeno un paio, per mantenere un minimo decoro. Molti di loro dimostrarono grande talento e li troviamo diffusi in posizioni altolocate.

DISCRETI CONTADINI Dopo Costantino, il dissolvimento dell’impero procedeva con accelerazione progressiva, anche dal punto di vista economico: ampie zone, esposte alle incursioni barbariche, si desertificavano. Il fisco romano non poteva assolutamente rinunciare agli introiti di vaste terre fertili, ma spopolate. La pressione delle esigenze erariali fu un altro fattore determinante nel far gradualmente prevalere la scelta di donare interi territori ai vinti, contro le esigenze più prudenziali dell’esercito.

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PERCHE’ NON PIACEVANO AL PRETE CAMAVITTO

Sono convinto che il nostro “storico” avesse una visione molto errata della realtà confessionale di quei tempi, la revisione storica ha compiuto passi da gigante nel frattempo. Riderebbe incredulo leggendo quanto è accertato oggi e che sintetizzo qui. Questo spiega forse il suo zelo nell’ inventarsi l’origine longobarda, vedi “Chi era Giuseppe Sarto?”

CRISTIANI I GOTI

Dopo Costantino, i soldati romani della guarnigione di Godego, Goti compresi, erano normalmente cristiani, per il semplice fatto che lo era il loro capo, l’imperatore. Anche gli invasori lo erano, quando arrivarono a Godego nel 378 d.c. Erano cristiani ariani, convertiti in massa da un prete, Ulfila, figlio di genitori misti, dopo il 350 d.c. Questo personaggio ha un ruolo di rilievo nella formazione culturale di questo popolo ed anche come loro rappresentante nelle trattative con l’imperatore. Si adunavano nella vicina chiesa di san Pietro: questa sì, meritoriamente, oggetto di attenzione da parte degli archeologi, non fatevi ingannare dalle sue piccole dimensioni. I popoli del nord si adunavano in ampie radure all’aperto, nella chiesa ci stavano i sacerdoti e pochi adepti.

PROBABILMENTE PAGANI I VENETI Sono state scoperte delle tombe, coeve di Gesù Cristo, in località “Casoname”, potrebbero essere Veneti. In tal caso, la comunità poteva essere stanziata nei pressi dell’attuale santuario mariano: è probabile che adorassero la loro divinità, Reita, anche ai tempi dell’invasione dei Goti ed oltre. La cristianizzazione ignorò le aree più povere e sperdute, dove arrivò molto tardi: molti sanno che “pagano” deriva da “pagus”, villaggio Da noi, gran parte degli edifici religiosi cristiani, vengono menzionati, per la prima volta, intorno al mille d.c.

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TRA NOI ED I GOTI, UN MISTERIOSO FEELING

PRIMA STERMINARONO IL GROSSO DELL’ESERCITO ROMANO (378 D.C.) Attraversarono il Danubio supplicando umilmente e pazientemente aiuto, incalzati dai terribili Unni. L’imperatore tentennò troppo, tra l’ingordigia di valorizzare quell’immensa moltitudine di manodopera, per l’esercito e per l’agricoltura ed il timore di non riuscire a controllarla. Alla fine, nella battaglia di Adrianopoli, il grosso dell’esercito romano fu sterminato: perì, senza che se ne ritrovasse il cadavere, lo stesso imperatore. I ricchi si rifugiarono nelle città ben fortificate e tutto il territorio fu alla mercé dei Goti, che non avevano macchine d’assedio adeguate: così si avviarono, saccheggiando liberamente, verso occidente.

NELLO STESSO ANNO SI FERMARONO PROPRIO A CASA NOSTRA

Nello stesso anno arrivarono fino alle alpi Giulie, dette anche “venete” da Ammiano e questo rimase sempre il nucleo centrale della loro permanenza in Italia: nel 541, quando il famoso Totila viene eletto re, comanda l’importante piazza militare di Treviso. Nella sua spedizione trionfale verso il centro sud, raccoglie consensi e sostegno quasi ovunque, specie fino al Po: la tappa più lunga e festosa è a Goito (Mn). Abbiamo già visto che, per esempio, a Modena, Reggio e Parma, poco prima dell’invasione del 378 d.c., si erano insediati gruppi della stessa etnia, autorizzati, con un accordo di pace, da Roma.

IN VENETO, FURONO I LONGOBARDI A SEGNARE LA VERA FINE DELLA CIVILTA’ ROMANA Tutti i “barbari” citati nella storia di Roma, sono passati per casa nostra, sulla comoda autostrada Postumia: sorprendentemente abbiamo poche conferme, anche archeolgiche, di lutti locali veramente epocali. Certo la decadenza già in atto accelera, ma le grandi città sopravvivono comunque, alcune prosperano. Nel 639, con i Longobardi, gli abitanti di Altino distrutta fuggono a Torcello, cessa di colpo e definitivamente il “life style” della civiltà romana.

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EZZELINO III DA ROMANO MITO LEGHISTA?

DRACULA DEL VENETO Universalmente deprecato per la crudeltà esercitata non solo per perseguire cinicamente i suoi obiettivi politico-militari, ma per una conclamata perversione sadica. La sua fama di uomo malvagio è universale e risalta anche se contestualizzata in un’epoca terribile da ogni punto di vista.

NEMICO DELLA LEGA Di origine tedesca, i suoi antenati sono arrivati in Italia come mercenari al servizio dell’imperatore di Germania. La sua fedeltà alla patria tedesca è forse l’unico riferimento costante ed onorevole di una vita disonorevole. Ben noto come nemico acerrimo della lega e dei comuni italiani.

Nel tentativo di individuare nuovi miti idonei alla politica odierna, si sono prodigati sforzi non trascurabili per fare di questo personaggio un campione degli ideali leghisti. Analogamente è stata idealizzata anche l’età medioevale; un’operazione che, a mio giudizio, replica l’esaltazione della romanità, praticata dal fascismo.

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GODEGO E GLI EZZELINI

GLI EZZELINI ED IL CASTELLO DI GODEGO Abbiamo già visto che la costruzione del castellario ( o castelliero), ovvero il il terrapieno ancora oggi visibile, è stimata nel XII secolo a.c., quindi all’epoca dell’insediamento dei Veneti. Sopra questa base, di norma, fino ai tempi dei romani, si realizzava una costruzione in legno. Con l’evolversi delle macchine per l’assedio, si realizzarono delle opere murarie, sempre più poderose. Certamente si trattava di una muratura abbastanza imponente per i tempi, quella che realizzò la famiglia degli Ezzelini, quando, entrati in possesso del castello, provvidero a rafforzarlo. La fortificazione fu distrutta nella fase finale della guerra contro il suo ultimo proprietario: Ezzelino III. Un mostro così terribile per i contemporanei, da farli radere accanitamente al suolo la parte muraria, per scongiurare, quasi scaramanticamente, il ripetersi di simili sciagure. Da allora non fu più ricostruita o utilizzata.

I GODIGESI: UN PO’ GOTI, UN PO MASNADIERI… Ezzelino III aveva 3 gruppi di mercenari tra i suoi fedelissimi: i tedeschi, i saraceni ed infine i masnadieri, soldataglia di mestiere, di varia origine, ma residente sempre nelle immediate vicinanze del castello. E’ noto che il loro reddito principale non veniva dal soldo del padrone, bensì dai saccheggi. Questi erano contemplati e pianificati con cura nel piano strategico, perfino all’inizio del conflitto: soldataglia specializzata devastava il territorio nemico per seminare il panico nei villaggi fedeli all’avversario. L’esercito romano non si comportava in modo molto dissimile. Un’altra importante fonte di reddito era costituita dall’elargizione di terre a queste truppe di fedelissimi, che si volevano radicare nelle vicinanze del castello. Nel medioevo queste proprietà si chiamavano “masnade”, donde il nome del proprietario, “masnadiero”, così famigerato oggi. Certamente Ezzelino III ne insediò molti, nelle vicinanze del castello di Godego.

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GLI EZZELINI A SPASSO SUL MUSON

Possiamo immaginarli a spasso su questi argini, magari con una donzella al braccio? Ovviamente no!Specie Ezelino III, instancabilmente occupato su più fronti bellici. Non solo le rive, ma un larga fascia adiacente, rimase impraticabile per qualsiasi tipo di viandante o esercito, fino a tempi recenti. Basta considerare la struttura viaria antica, sempre a rispettosa distanza dal torrente, vedi “Il graticolato ed il Muson, una ricognizione con Google Earth”.

UN SENTIERO PER ONORARE GLI EZZELINI

Difficile immaginare una scelta più infelice del nome. Se paragoniamo Ezzelino III a Dracula, sono i Rumeni che si devono offendere! Infatti, pari nella crudeltà, Vlad III è stato almeno rivalutato come un grande patriota, mentre Ezzelino III perseguì ciecamente solo la sua avidità di ricchezza e potere. Politicamente fu contro la lega e sempre fedele all’imperatore tedesco.

IL “FIUME”, “FOGNA”, MUSON Non è più un torrente, non va in secca da decenni: i suoi sassi sono quasi sempre neri, a causa dell’eccessivo apporto di nitrati (leggi piscio+merda). Dopo qualche pioggia prolungata, ritornano belli e bianchi, insomma, il male sarebbe reversibile, se si volesse provvedere, eliminando gli apporti illeciti. Si vede spesso moltissima schiuma soprattutto in una vasca, posta sull’Astego, a Spineda, pochi metri prima della confluenza nel Muson: moltissimi vedono e nessuno protesta.

QUALE FILTRO NEL DEPURATORE DI CA’ FALIER? Tratta gli scarichi di Asolo e di alcuni comuni confinanti: per anni la frazione liquida, immessa nel Muson, puzzava di escrementi ed era molto schiumosa: l’ho denunziato anche qui, a lungo. Adesso puzza e schiume sono quasi scomparse: l’odorato e l’occhio sono contenti e l’ARPAV che dice?

Page 58: La storia sulle rive del Muson

LORIA : LA “VERGOGNA” DEI FUOCHI FATUI

IL FENOMENO I “fuochi” che caratterizzano lo stemma di Loria ricordano una vicenda accaduta nel 1754: ci furono numerosi casi di incendi apparentemente spontanei, fienili e altre suppellettili combustibili, ma anche fiammelle vaganti nella notte. La spiegazione scientifica è prosaica; la conosce bene chi ha fatto il servizio militare oppure ha visto i film di Pierino. Ricordate il gioco dell’incendio della scoreggia? Insomma la fermentazione delle sostanze organiche genera il famoso biogas, metano prevalentemente.

IL CONTESTO La differenza tra miseria e povertà la conosce bene chi l’ha vista da vicino, per esempio chi è nato nell’immediato dopoguerra. Molti di noi hanno vissuto in quei tempi una condizione di povertà anche estrema, ma senza arrivare mai al degrado della miseria; la differenza è soprattutto una questione di pulizia e dignità. A Loria, nel 1754, la gente viveva proprio nella miseria più squallida, ovvero, sistematicamente, nello sporco e nel marciume. Questa e nient’altro è stata la causa di questi fuochi, come sapevano benissimo persone come il Larber, contemporaneo e medico chirurgo di Crespano.

PERCHE’ ESIBIRE I FUOCHI FATUI NEL NOSTRO STEMMA? Miseria ce n’era sicuramente tanta anche negli altri paesi, ma da noi di più! Al punto da renderci famosi. Le cronache del tempo si compiacciono di sottolineare che molti di questi fuochi si erano rivelati di origine dolosa, insomma anche la miseria morale... Non bisogna rinnegare il nostro passato, ma ha senso ostentare questa vicenda nello stemma? Sarebbe come se uno scegliesse, per il profilo di Facebook, la gigantografia di una sua emorroide.

Page 59: La storia sulle rive del Muson

CHI ERA GIUSEPPE SARTO?

INDICE DIAPOSITIVA

LA FAVOLA DEGLI INCENDI DI BOSCHI PER SPIEGARE LE ORIGINI DI CENDROLE 47

LA RIVOLUZIONE DI NAPOLEONE 48

LA RIVOLTA DEI COMPAESANI 49

L’INCOMPRENSIBILE NOSTALGIA DEL LOMBARDO VENETO 50

JACOPO MONICO E GIUSEPPE SARTO, AUSTRIACANTI 51

GIUSEPPE SARTO E GLI IGNORANTI 52

BANDIERA E GUIDA DEI SEGUACI DI LEFEBVRE 53

Si sa, ma non si dice

I compaesani di San Pio X conoscono da vicino il contesto, a volte quasi

intatto, nel quale è vissuto quasi tutta la vita e questo è fondamentale

per chi desidera approfondirne l’umanità, sfrondata dalle leggende.

La sua forte personalità si esprime nelle vicende della sua vita, che non

si può comprendere, se non si conosce un po’ la storia locale.

Chi sa, non si può stupire, se lo si definisce un “austriacante”, ma può

ritenere che non si debbano scandalizzare gli ignoranti.

Oppure, molti santuari mariani antichi, sostituiscono precedenti culti

pagani, dei quali la chiesa si ostina a negare perfino la memoria.

Oggi, che la gente è più colta e matura, non conviene la verità?

Page 60: La storia sulle rive del Muson

LA FAVOLA DEGLI INCENDI DI BOSCHI PER CENDROLE

UNA “PUGNA” PER POGGIANA, I LONGOBARDI PER GODEGO

CHI LA SPARA PIU’ GROSSA?

Che fondamento hanno tutte queste leggende, citate acriticamente nelle pubblicazioni “ufficiali”

locali, per spiegare le origini dei nostri paesi? Secondo me, non meritano un commento.

Qualsiasi dilettante di storia locale, purché spudorato, può partorire ipotesi meno strampalate.

COSA C’ENTRA IN TUTTO QUESTO GIUSEPPE SARTO?

Reita, una figura femminile, era la principale divinità dei Veneti, sappiamo come si scrive il suo

nome, ma non come si pronuncia.

Sia a Riese che a Godego, è ben documentato, da autori locali, uno scontro, durato fino a tempi

molto recenti, per riportare nell’ortodossia questi antichi culti pagani.

Il parroco Sarto ritrovò anche a Salzano un antichissimo culto, dedicato ad una misteriosa figura

femminile, chiamata ora Madonna della “Roata”.

Una sua statua lignea è stata riciclata nella chiesa parrocchiale.

Mons. Agnoletti ha partorito la favola degli incendi per Cendrole, in un documento che aveva

l’esplicito scopo di compiacere l’amico cardinale di Venezia, celebrando i suoi luoghi di origine: un

evidente tentativo di recidere i legami della memoria popolare con il passato pagano.

PERCHE’ TIRARE IN BALLO I LONGOBARDI PER LE ORIGINI DI GODEGO ?

Mons. Camavitto, nella stessa occasione, si inventa l’assonanza tra la parola “Gudega” e “Godego”

per avallare l’ipotesi di una fondazione longobarda.

I pochi elementi seri disponibili convergono, tutti ed univocamente, sull’occupazione

dell’antichissimo terrapieno, attualmente visibile e realizzato forse dai Veneti , da parte dei Goti.

Il religioso forse pensava, in questo modo, di confondere/negare un’ascendenza barbara/pagana.

Ignorava che allora, di solito, i Goti erano già “cristianizzati” (ariani), gli autoctoni ancora pagani.

Page 61: La storia sulle rive del Muson

Quando stuprò la millenaria ed illibata regina dei mari

Il baldo generale aveva solo 28 anni, penetrò fino al suo cuore, senza percepire resistenza, senza un

brivido di emozione, del resto era tutto concentrato sulla meticolosa organizzazione del furto dei gioielli di

famiglia.

Dato lo stato di decadenza della vittima, un racconto che potrebbe appassionare un gerontofilo, con

qualche complicazione più adatta alla penna di Masoch che di uno storico.

La rivoluzione di Napoleone

Non provo a fingermi obiettivo: penso tutto il male possibile del personaggio.

La mia condanna è incattivita dall’immobilismo servile della nostra cultura storica: secondo me, la scuola

è ancora sostanzialmente appiattita sulla lezione del Manzoni: leggete “Il cinque maggio 1821”.

Però è facile conoscere quali principali novità percepirono i nostri poveri ed ignorantissimi antenati:

- la riorganizzazione burocratica, finalizzata ad una rapina fiscale feroce , vedi diapositiva seguente

- la coscrizione militare obbligatoria, imposta anche ai nemici assoggettati

Il soldato di mestiere venne sostituito dalla moltitudine immensa di tutti i cittadini.

I giovani venivano strappati alle famiglie, nel periodo di massimo vigore e produttività, anche per periodi

molto lunghi.

Addestrati ed obbligati ad uccidere genti sconosciute, in luoghi anche molto lontani da casa, senza essere

in grado di dare un senso al loro cieco obbedire: pedine insignificanti nella scacchiera del geniale

stratega.

In questo modo Napoleone inaugurò una nuova era, dove fu possibile adunare e sterminare, in battaglie

immani, moltidudini di proporzioni mai viste prima.

- la rivoluzione antireligiosa, feroce, con la condanna allo stato laicale di tutti i religiosi

Opposto il suo atteggiamento con la nobiltà, alla quale associò presto se stesso e l’entourage famigliare,

aumentandone spesso i vecchi privilegi.

LA RIVOLUZIONE DI NAPOLEONE

Page 62: La storia sulle rive del Muson

LA RIVOLTA DEI NOSTRI COMPAESANI

(*)Questi paesi erano passati per mezzo agli avvenimenti causati dall'invasione repubblicana francese, e

successivamente nel 1797 furono assoggettati all'Austria; ma la guerra continuata in Europa doveva ben presto

ricomparire anche qui. Il 30 marzo 1806 Napoleone aveva emanato un decreto con cui univa al Regno d'Italia

tutte le province Venete. Il distretto di Castelfranco venne a formar parte del dipartimento del Bacchiglione, di cui

era capoluogo Bassano del Grappa. Fra le nuove leggi e balzelli imposti dal nuovo governo, la tassa del macinato

parve insopportabile agli abitanti delle nostre ville. Gli animi si esacerbarono tanto da far nascere una vera

sollevazione: "fino le donne armate di mannaie e badili dopo aver fatto macinare nei molini senza pagare, fatto

dare campana a martello, si recano alla residenza del Municipio gridando 'Morte ai Francesi', invadono le stanze

superiori, saccheggiano tutto, e portate le carte dell'archivio nel vicino piazzale le danno alle fiamme". Per questo

fatto giunge subito a Loria una compagnia di soldati francesi proveniente da Bassano, che arriva quando la gente

è raccolta per la sacra funzione in chiesa; la quale viene circondata chiamando il parroco che vogliono arrestare

come supposto istigatore dei tumulti avvenuti. Nel frattempo gli abitanti di Bessica, avvertiti di quanto accadeva a

Loria, si armano e corrono in aiuto dei loro vicini: si dividono in due schiere ed appiattatisi nelle macchie boscose

ch'erano presso la chiesa, con alcuni colpi di fucile riescono facilmente a porre in fuga i soldati francesi, colti così

all'improvviso. Unitisi poi i tumultuanti a quelli di Castello di Godego vanno in massa a Castelfranco dove nasce

un conflitto. (*) Tratta dal sito del comune di Loria al link: http://www.comunediloria.tv.it/contenuti.php?id_contenuti=5

Ecco come accolsero i francesi nel 1806!

Giuseppe Sarto nasce nel 1835, nel frattempo Napoleone

aveva già chiuso i conventi, riaperti poco dopo dall’Austria.

Napoleone Bonaparte

Page 63: La storia sulle rive del Muson

L’INCOMPRENSIBILE NOSTALGIA DEL LOMBARDO VENETO

Il buon governo di Venezia, dimenticato dai veneti

Fino a quando i commerci con l’oriente permanevano floridissimi, Venezia ha snobbato la terraferma.

I pochi fortunati, che vissero sotto il suo dominio, beneficiarono del governo più illuminato d’Europa.

Niente guerre continue dentro i suoi confini e cioè transito di soldataglia, angherie e saccheggi.

L’inquisizione ebbe gli artigli spuntati, gli ebrei il primo rifugio sicuro, con la creazione del ghetto.

Per evitare l’interramento della laguna, fu attuato il riassetto idrologico, che però rese più vivibili vaste zone della

terraferma, valorizzando economicamente i corsi d’acqua con l’irrigazione, i mulini ecc.

La nostra campagna è disseminata di ville bellissime, spesso associate a qualche attività manifatturiera: certo per

il piacere ed il profitto dei veneziani, ma aiutò a sfamare la moltitudine dei nullatenenti.

L’eredità culturale rimane grandissima e, secondo me, sottovalutata.

La millenaria esperienza di governo della Serenissima rifulse nell’azione politica del pontefice PioX.

La dominazione austriaca: mezzo secolo di efficientissima rapina fiscale

L’Austria era irrimediabilmente inguaiata da un deficit crescente ed

incontrollabile, la vacca lombardo-veneta, indubbiamente la più prosperosa

dell’impero, si fece mungere sempre molto docilmente.

Non riesco a capire la nostalgia di molti veneti per quei tempi: ignoranza,

mistificazione o mi sfugge qualcosa?

L’impero austriaco: grande protettore della religione

Tale fu sicuramente percepito, non solo dai vertici della chiesa, ma anche dai

poveri, ignoranti, contadini veneti.

Per loro il parroco era quasi tutto, moltissimo di più di un semplice pastore

delle anime; per esempio suppliva a molte delle funzioni tipiche dello stato

assistenziale moderno.

E’ facile immaginare con quale sollievo abbiano assistito alla fuga dei

mangia preti francesi ed all’arrivo degli austriaci. Radetzky

Page 64: La storia sulle rive del Muson

JACOPO MONICO E GIUSEPPE SARTO, AUSTRIACANTI Nel grafico le tre tappe della loro carriera pastorale: primo incarico in parrocchia, vescovo, patriarca, contestualizzato alle guerre d’indipendenza

1815

1820

1825

1830

1835

1840

1845

1850

1855

1860

1865

1870

1875

1880

1885

1890

1895

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MONICO

L’UMILTA’ DI GIUSEPPE SARTO ED IL SUO CURRICULUM INGANNARONO I CARDINALI PIU ASTUTI E NAVIGATI Il conclave che lo elesse nel 1903 era molto politicizzato: l’Europa era già divisa in due fazioni, che stavano accelerando affannosamente i preparativi per la prossima guerra mondiale, dove si sarebbero scannate a vicenda. Tutte nazioni cristiane, ma ciascun episcopato libero di incoraggiare il suo popolo, anche con la benedizione delle armi. Prima dello scontro, su ciascun fronte, un prete rassicurava le coscienze dei combattenti, confortandoli con l’amministrazione degli stessi sacramenti, nel nome dello stesso Cristo. Il fronte antiaustriaco dei cardinali ingoiò la sua candidatura, commettendo un colossale errore di sottovalutazione: pensava di poter condizionare facilmente quel “povero parroco di campagna”. Fu ingannato dall’autentica umiltà di Giuseppe Sarto, ma anche dal suo curriculum, il più mediocre tra i mediocri, nella storia del papato: nove anni per passare da cappellano a parroco! Noi abbiamo capito benissimo perché.

JACOPO MONICO Più uomo di lettere che pastore: prete nel 1801, insegna in seminario, ma soprattutto si dedica con passione alla letteratura, per ben 17 anni, prima di iniziare un’esperienza pastorale! Inizia una carriera fulminante come parroco a San Vito di Altivole nel 18, vescovo nel 23, cardinale nel 27! Nel grafico la cronologia delle guerre d’indipendenza e le carriere pastorali: le buone relazioni con altolocati ambienti austriaci hanno accelerato la sua ascesa come penalizzeranno poi Giuseppe Sarto. Nel 48, cardinale, sta con l’Austria, nel 49 fugge la vendetta popolare, scappando nell’isola degli Armeni.

GIUSEPPE SARTO Il carriera del futuro papa è lentissima, all’opposto del suo mentore: adesso tirava un’altra aria. Prete nel 58, un anno prima della seconda guerra d’indipendenza, parroco nel 67, un anno dopo l’annessione del Veneto all’Italia, tra la nomina ecclesiastica a cardinale ed il suo travagliato ingresso a Venezia passano ben 16 mesi. Prima deve fare letteralmente a pezzi la giunta laica di Selvatico. Pochi dubbi sul suo orientamento politico; da pochi anni, anche in Veneto, Napoleone aveva spazzato via il buono ed il brutto del clero cattolico, svuotando i conventi senza tanti complimenti; Vienna costituiva oggettivamente il baluardo della chiesa , così come i nostri compaesani la potevano immaginare allora.

1a

2a

3a

SARTO

moti

Page 65: La storia sulle rive del Muson

GIUSEPPE SARTO E GLI IGNORANTI

Pare incredibile che un errore tanto grossolano, sia rimasto ben in vista per un secolo, senza che nessuno abbia provveduto a correggerlo, magari alla chetichella: in questa chiesa sono passati quasi tutti i papi successori di Pio X ed uno stuolo innumerevole di dotti latinisti, vescovi e cardinali. Siamo nel santuario simbolo, dove convergono, da tutto il mondo, i cultori del ritorno al latino! Escludo che nessuno si sia accorto dell’errore, penso che l’autorità religiosa non ritenga affatto necessario correggerlo, dando per scontata una grande ignoranza dei fedeli. Forse è proprio questo è il punto! Il latino non serve per comunicare con la gente, tanto meglio se risulta incomprensibile, come una lingua esoterica. Consente al prete un dialogo esclusivo e privilegiato con Dio, escludendo opportunamente il volgo ignorante. Esattamente questo vogliono i seguaci di Lefebvre.

NEL SANTUARIO A CENDROLE: UNO STRAFALCIONE IN LATINO

La scritta è ben visibile, a destra della balaustra, sotto la statua di Ezechiele, una delle quattro regalate dal neo papa al santuario. L’artista, probabilmente un analfabeta, deve essersi confuso copiando un testo con caratteri gotici.

Questo narra la leggenda popolare e ribadisce il recente monumento nella foto, a Vallà. Per quanto mi risulta : 1) il fatto non è vero 2) il Papa, appena eletto, fu particolarmente irritato per questa sciocca diceria. Preso atto che era troppo diffusa, molto complicato e forse controproducente smentire, decise di arrendersi alla stoltezza del popolo. E’ possibile che questa fonte venga rettificata da altre, ma non è così importante. Per chi si è accostato un po’ al personaggio, la vera certezza è che questa melensa favola è inverosimile. Umile, schietto, semplice, ma certamente alieno dal voler apparire uno “sfigato”, un morto di fame. La sua famiglia apparteneva alla cerchia strettissima delle meno disagiate del paese. L’ultimo anno andò a Castelfranco da gran signore, con tanto di calesse.

ANDAVA A SCUOLA SCALZO PER RISPARMIARE LE SCARPE?

Page 66: La storia sulle rive del Muson

PIO X, BANDIERA E GUIDA DEI SEGUACI DI LEFEBVRE

Papa Francesco e le lobbies del Vaticano Papa Francesco, riformatore energico e motivato come nessun altro predecessore, assomiglia molto a Pio X, nello stile umile e dimesso, che nasconde una formidabile energia e grande statura intellettuale. Dopo più di un anno dall’elezione, Novello Ulisse, dorme ancora, ostentatamente, fuori dalla propria casa. I “proci”, che la occupano, non mostrano molta fretta di sgombrarla spontaneamente, ma Papa Francesco si sta muovendo bene, senza inutile clamore e con determinazione. Le lobbies dei gay, dei pedofili e degli affaristi dello IOR, sono annidate proprio ai vertici del potere. Intente ai loro intrallazzi, non intendono affatto farsi notare, disturbare chi governa.

Fraternità Sacerdotale San Pio X E’ una comunità grande e potente, diffusa in tutto il mondo, ha sempre tenuto un atteggiamento intransigente verso il magistero, continuamente ad un passo dallo scisma. Sostanzialmente dissente da alcune importanti innovazioni del concilio vaticano II° e vorrebbe ritornare alle regole di Pio X (Instaurare omnia in Christo). Ha sempre trovato consensi importanti nelle più alte gerarchie della chiesa: tutti gli ultimi papi, nel difficile tentativo di bilanciare le spinte verso il ritorno al passato, hanno alternato, con scarso successo, il bastone e la carota. Il nostro è un santo molto popolare e quest’affiliazione è certamente scandalosa, anche se di interpretazione molto difficile per la gente comune. Forse, a livello mediatico, sarebbe opportuna una presa di distanza, un chiarimento, più netto e didattico.

I punti fermi simbolici per Lefebvre:

- il prete rivolto a Dio e non al popolo

- il ripristino del latino

Page 67: La storia sulle rive del Muson

PRIMO VISENTIN, DETTO MASACCIO, VIVE

La sera di mercoledì 29 aprile, da una processione

laica in mezzo ai campi, è sgorgato spontaneo il

canto di “Bella ciao”.

In quelle ore il comandante era con noi

Dove ci ha portato l’ideologia del consumismo, fondamento della società capitalista Quanto abbiamo corso dal 45 ad oggi! Adesso siamo proprio impantanati e disorientati. Di alcuni valori fondamentali, indispensabile collante sociale, rimane solo l’apparenza vitale, come per le mummie. Scontenti, incattiviti, senza speranza nel futuro, ostili verso la collettività (stato), considerato unanimente un odioso truffatore, tutti pretendono e nessuno vuol dare di più.

Nella guerra, come nell’acqua, gli stronzi galleggiano; i migliori invece muoiono Io ho un sogno; credo che se gli uomini come Masaccio avessero governato l’Italia, avremmo ora una società più simile a quella del centro e nord Europa: meno bigottismo ipocrita impastato con la superstizione più che con la religione, corruzione, ingiustizia, e più coesione sociale autentica. La teoria del galleggiamento vale anche per la guerra mediatica? Cosa induce aldo cazzullo a dissacrare, ad irridere la memoria di Primo Visentin? Chiedeteglielo, quando verrà dalle vostre parti a pubblicizzare il suo libro. Io contrappongo i fatti che conosco, a pag. 6.

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http://www.anpi.it/donne-e-uomini/primo-visentin/

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L’INTELLETTUALE ED IL SOGNO TRADITO

ecce deus ramum Lethaeo rore madentem uique soporatum Stygia super utraque quassat tempora, cunctantique natantia lumina soluit. Vix primos inopina quies laxaverat artus, et super incumbens cum puppis parte revulsa cumque gubernaclo liquidas proiecit in undas praecipitem ac socios nequiquam saepe vocantem.

Morte di Palinuro

Eneide, libro V

"PALINURO" Monumento a Primo Visentin, Masaccio Opera di Arturo Martini (1946) È tuttora ospitato all'interno di Palazzo del Bo, università di Padova, prima sede clandestina del CLN Regionale Veneto

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COSA CI INSEGNA ANCORA LA GUERRA?

LA RETORICA E LE BUGIE DEI VINCITORI Sempre, nella storia, i vincitori non si sono risparmiati le autocelebrazioni e la demonizzazione dei vinti. Solo molto dopo il 45, De Felice ed altri, hanno potuto completare una prospettiva più obiettiva degli eventi.

SOLDATI BUONI E CATTIVI Sulla scia di questa ricerca scientifica seria, è esplosa editorialmente una pubblicistica di infimo livello, Paolo Pansa ne è il campione: come i maiali sull’immondizia, si è concentrata morbosamente solo sulle malefatte dei partigiani. Quanti dibattiti idioti ho ascoltato nelle osterie! Erano più “delinquenti” e “cattivi” i partigiani o le brigate nere? Un esercizio sciocco e manicheo che piace molto alla “pancia”della gente. L’illustre intellettuale analizza la barbarie del fanatico dell’ISIS, che sgozza le sue vittime davanti alla telecamera. Gli ribatte un altro pensoso sapientone, che evidenzia l’abiezione morale di chi stermina un villaggio in festa, stando comodamente seduto in un confortevole ufficio, semplicemente azionando un pulsante del mouse. Ogni cultura ha un suo concetto della violenza, ha proprio tutta questa importanza discettare sulle differenze?

LA GUERRA E’ IL MALE La nostra costituzione ribadisce chiaramente ed enfaticamente il ripudio della guerra. Si contraddice ed ingarbuglia completamente nell’articolo successivo, quando deve definire le guerre “giuste”. La discriminante sarebbe molto semplice: sono tali quelle di legittima difesa. Ne è uscito un obbrobrio incomprensibile per il comune cittadino. Come mai? Facile capirlo, basta tenere presente i condizionamenti strategici ai quali sottostava l’Italia in quel periodo. Un’ ambiguità che ha permesso le ultime avventure belliche, sempre condannate da tutti, ma solo a posteriori. I partigiani ed i deportati si sono rifiutati di proseguire la guerra: stavano dalla parte giusta. L’Italia, con Germania e Giappone, ha dichiarato una folle guerra di aggressione all’intero mondo civilizzato. I suoi combattenti, anche i più nobili, idealisti e valorosi, stavano da quella sbagliata.

Questo argomento si trova incluso in un’antologia, “La storia sulle rive del Muson”, che si può consultare anche in: http://rivemuson.wordpress.com/

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Palinuro per la sua donna

intellettuale seduttore

Come si vedeva lui? Le poche foto disponibili sembrano tutte in posa, come forse Primo voleva apparire: con una personalità aperta, disinvolta, libera, intellettualmente complessa, sfaccettata. Certamente non un baciapile, un semplice: capiva ed amava il mondo contadino, ma impossibile immaginarlo perennemente relegato nell’asfissiante ghetto culturale dei nostri poveri paesi. Il suo nome di battaglia è quello di un genio, “rivoluzionario” in pittura, morto a 27 anni!

scanzonato sportivo

santo e contadino per Comacchio

Ad ognuno il suo volto Gli autori, che hanno provato a descriverlo, lasciano intravedere piuttosto la propria sensibilità prospettica, anziché illuminare aspetti inediti e più significativi di Primo Visentin. In particolare le biografie più recenti ben poco aggiungono all’opera di Corletto. Mi commuove la statua del Palinuro, voluta dal suo misterioso, ultimo amore: ha colto suggestivamente la sua parabola esistenziale.

MASACCIO

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«I casi sono molti. C’è ‘Masaccio’, partigiano cattolico nato a Riese Pio X, che da fascista convinto scelse il fronte avverso su influsso di don Giuseppe Menegon, figura cardine della Resistenza veneta. Aldo Cazzullo sul Corriere del Veneto del 25/4/2015

MASACCIO SUCCUBE DI DON GIUSEPPE MENEGON?

Parto dal presupposto che Cazzullo sia in malafede ed il mio sdegno contro di lui è proporzionato alla nefandezza morale della sua bugia maliziosa. Tuttavia si deve ammettere teoricamente anche la remota possibilità che questo illustrissimo divulgatore di storia sia in buona fede ed abbia semplicemente preso una colossale cantonata. In ogni caso, intendo qui dimostrare quanto semplice e chiara sia la questione; non serve certo un professore di storia per definirla senza esitazioni.

MASACCIO NON E’ UNO DEI TANTI Sicuramente ci sono stati nella resistenza veneta, molti altri personaggi eminenti, più importanti di lui, sia sul piano operativo che su quello culturale. Però, senza dubbio, è una delle figure più amate ed idealizzate. Il suo prestigio intellettuale è consacrato, tra l’altro, dal celebre monumento, a lui dedicato, nel punto più simbolico del Veneto, cioè nel cuore dell’ateneo patavino, prima sede del C.L.N. in Veneto, vedi diap. 3. Che razza di fonti avrà mai potuto usare il nostro “storico” per proclamare, urbi et orbi, quelle scemenze, che danno il titolo al suo pomposo articolo?

IL BATTAGLIONE MAZZINI Masaccio intitolò a Mazzini la prima formazione che organizzò. Qualcuno può spiegare ai piccoli “cazzullo” chi era costui? Cosa significava scegliere questo nome nella roccaforte del Veneto più fascista, monarchico, turbocattolico? Peraltro un mondo con molti valori estremamente positivi. Don Giuseppe, carismatico, energico, intelligentissimo, ne fu un prestigioso interprete, per tutta la vita.

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PAGO’ A CARO PREZZO IL RIFIUTO DI DICHIARARSI CATTOLICO

70 ANNI DI BALLE NEL TENTATIVO DI TRASVESTIRLO DA “DEMOCRISTIANO” Ad ogni commemorazione, il potere vigente ce la mette tutta, per cercare di assorbire, come fa l’ameba con un corpo estraneo, la figura politica non ortodossa di Primo Visentin. Ogni volta ficca il naso sordido nella sua fragile interiorità di adolescente, curiosando tra i suoi scritti, per enfatizzare, con falsa retorica, la sua fede e quindi, surrettiziamente, la supposta ortodossia cattolica. Impossibile etichettare la visione del trascendente dell’adulto, del comandante, dato irrilevante politicamente.

CERTAMENTE RIFIUTO’ IL DENARO OFFFERTO PER DICHIARARSI “CATTOLICO” Durante la resistenza, i cattolici incarcerati uscivano presto di galera, non veniva torto loro un cappello. I sovversivi, i comunisti per esempio, venivano torturati fino alla morte. Masaccio non aderì mai a nessuna delle due fedi e ne pagò le conseguenze. Quanta ipocrisia e chiacchiere inutili sul tema degli aviolanci. Nel Veneto rimase sempre, saldamente, in mano ai “cattolici” ed agli autonomi (badogliani) , “pappa e ciccia”. Masaccio ne fu escluso di fatto, uno dei pochissimi tentativi cadde nel posto “sbagliato”, una seconda volta l’aereo non sganciò armi e viveri, ma bombe! Più che mai bisognoso di fondi, portò avanti una lunga ed inutile trattativa con i “cattolici”, che lo tennero sulla corda per un certo tempo. Il comandante, io immagino, troppo puro ed idealista, fece fatica ad accettare l’evidenza: se voleva i soldi, doveva dare la sua adesione scritta alle formazioni cattoliche. Alla fine rifiutò.

“GIUSTIZIATO” SU MANDATO DELLA FUTURA DC La sera del 29 aprile, nel momento preciso in cui gli ultimi tedeschi abbandonavano la casa dei Pioti ed il territorio di Loria, il potere passava formalmente dall’occupante tedesco al governo Badoglio. Nello stesso istante cessava anche la protezione, che don Giuseppe, in qualche modo, gli aveva praticamente garantito, presso il giudice nazista, Albrecht Kaiser. L’esecuzione di Primo avvenne in quel preciso, simbolico, momento: presenziava il militare e badogliano Crestani.

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Talvolta una musica, una vecchia foto, un odore, hanno un potere evocativo molto superiore alle parole. Non ero nato nel 45, ma l’ ”odore” di Masaccio è inconfondibile ed emana intensamente dalle persone che l’hanno veramente conosciuto ed amato. La casa dove sono nato è stata acquistata da tutti i fratelli di mio padre, però era intestata al più vecchio, Virgilio; sua moglie, Rita Visentin, è l’unica sorella bilaterale di Primo, gli altri figli sono nati dal secondo matrimonio della mamma. Quindi, se Primo veniva così spesso a dormire a casa nostra, ne aveva buon diritto, era quasi a casa sua. Nel mio “granaro” ha disegnato con il carbone il profilo di un uomo, che mi incuriosiva molto. Mio padre, credo per prendermi un po’ in giro, diceva che Primo aveva rappresentato il duce. Verso la fine della guerra, un gruppo di tedeschi in ritirata pernottò a casa nostra; al mattino la nonna e la zia, con la scusa della Messa, avvertirono i partigiani in paese. Questi si avvicinarono, camminando nel Muson e circondarono la casa: i tedeschi si arresero pacificamente.

Rita Visentin Mia zia era in Canada nel 45, quando è venuta in Italia l’ho scorazzata un po’ in giro. Nulla della sua personalità, solare e dimessa, lasciava intravedere minimamente la grande statura del fratello famoso ed eroe: questo è il più grande complimento che penso di potergli fare. E’ morta costantemente ignorata dai retori di regime.

Mario Scapin Maestro elementare, uno dei pochissimi testimoni viventi che può raccontare, non solo il grande amico, ma anche l’intellettuale. Ha visionato l’importante documentazione, ancora non catalogata, tuttora in possesso della famiglia di Corletto, l’autore dell’unica, vera, biografia di Masaccio.

IL RICORDO DELL’EROE, COME UN ODORE INCONFONDIBILE

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Te asso qua sto sasso e so che nol fiorisse. Ghe sarà sempre un osto, un prete, un fiol de troja pronto a mandarte in scena e quando no te servi spararte drio a schena Parchè par tutto el mondo chi che fa pì paura xe quei coe scarpe grose e anca a testa dura Ma caro comandante A cossa xe servio, na lapide sol muro o un gran eroe morto, se no ghe xe futuro Ma posso dir na roba, a chi che passa e resta, a chi serca na facia sincera, a raixa xe ancora qua, tra i crepi de sta tera.

Ma qua me vardo intorno e libero a me mente, dei tosi del Vial nò ghe‘ ntaressa gnente, ai morti soto i rovi, I ga cambia camixa, comanda sempre lori Ma caro comandante no i gò desmentegai quei attimi de gloria, de miseria tanti, xa pasai, quei giorni in cui se jera imbriaghi sensa paura dea gaera, de tanti sogni de strana libertà, dell’illusion de far na nova era, mentre se jera dentro a storia vera

IL COMANDANTE

Testo autenticamente anonimo.

L’ho “decifrato”, trascrivendolo da un foglio di

carta fradicio e scolorito.

Stava piegato e nascosto sotto il sasso, citato nei

versi, vicino alla tomba di Masaccio.

E stato scoperto da un bambino, venuto a

salutare il nostro partigiano, in una giornata di

pioggia .

Beati i puri di cuore

Il mio “odorato” mi dice che queste parole sono

vere e sincere, rappresentano in modo

insuperabile il sentimento dei “puri di cuore”, dei

più giovani ed ingenui, tra i suoi partigiani.

Ogni anno, il celebrante di regime, toglie questa

poesia dalla tomba e la nasconde!

Primo amerebbe di più questi versi veri o le

orazioni ufficiali?

Con il suo senso dello humour, mi diverto ad

immaginarlo balzare fuori dalla tomba per

terrorizzare l’ipocrita oratore di turno.

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AL FUNERALE, DOV’ERANO I SUOI COMPAESANI?

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COMMEMORAZIONE UFFICIALE AD UN ANNO DALLA MORTE GELO TRA IL POTERE ED IL SUO PAESE

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IL NOME DELLE DUE BRIGATE INVISIBILE SUI CIPPI UN COMPLESSO DI COLPA?

…ma egli incominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell'uomo di cui parlate». E subito per la seconda volta un gallo cantò e si ricordò Pietro della parola che Gesù gli aveva detto….

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DON GIUSEPPE MENEGON

PARTIGIANO (tessera del 1/10/43) Ha cominciato nascondendo i “disertori”, prima in chiesa e poi nel campanile, Sempre in contatto stretto con Masaccio, punto di riferimento primario anche nell’attività operativa del comandante. Individuato ed incarcerato fin dai primi giorni, non fu torturato affatto, anzi ne uscì con il dono di una lunga ed incrollabile amicizia personale con il giudice nazista, Albrecht Kaiser. Solo le anime candide possono credere alla favola edulcorata, che don Giuseppe ha inventato. E’ un dato di fatto che questo legame salvò parecchi partigiani arrestati e non è una stranezza. Nel Veneto il clero svolse un ruolo di collegamento e mediazione sistematico con l’autorità nazifascista. Don Giuseppe andò volontario, come cappellano militare, nella guerra d’Africa, è lecito pensare che l’amicizia, che ostentava con il giudice nazista, avesse anche una componente di affinità politica. Questo non toglie o aggiunge valore della sua scelta di prete: stava dalla parte giusta, contro la guerra. Stupido immaginarlo vicino politicamente a Masaccio, “ribelle” nel pensiero e nell’azione. Aveva un carisma eccezionale: Loria votò in massa per la restaurazione, per la monarchia. Il suo gregge seguì sempre, ciecamente, l’indiscusso pastore.

PRIMO ATTORE NELL’ULTIMO ATTO: L’ESECUZIONE Masaccio è in piazza a Poggiana, affollata da un nugolo di fedelissimi, assapora l’ora del suo trionfo, anche personale: tra pochi istanti marcerà, alla testa di tutte le truppe partigiane, per le vie di Bassano liberata. Don Giuseppe sconvolge la scaletta prestabilita, nella regia degli eventi: un suo emissario impone a Primo di occuparsi prima di uno sgangherato gruppetto di tedeschi, attardatisi nella loro fuga, nella casa dei Pioti. Primo, come Palinuro, pare già “addormentato” nel sonno premonitore della morte, alla quale sceglie di andare incontro accettando di occuparsi personalmente del lavoretto, mentre può scegliere tra una marea di fedelissimi, smaniosi di mettersi in mostra, proprio in quel momento. Questi ultimi cercano invano di dissuaderlo ed urlano furenti che è una trappola….

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ESECUTORI E MANDANTI IL BACIO DI ANDREOTTI

Nessuno dubita che l’uccisore sia stato Andretta, ma che i mandanti siano coloro che hanno preso il potere subito dopo. Quale fu il ruolo del governo Badoglio e della futura DC in questa vicenda? Oppure quello di don Giuseppe? Ormai, chiarire questi dettagli, è impresa sciocca perché impossibile, come cercare le prove del bacio di Andreotti

GIUSTIZIATO DAL GOVERNO BADOGLIO

Quando ero piccolo, tutti, in paese, mi hanno raccontato di ruberie e di tradimenti, ma non è mai emerso niente di sicuro. Adolescente, ho avuto la fortuna di approfondire un pensiero più pacato ed intelligente, di qualche suo vero amico. Ne ho tratto la personale convinzione, arricchita negli anni da continue conferme, che la condanna a morte sia stata decretata dalla futura DC, che ha interpretato il ruolo della “santa inquisizione”. Il governo Badoglio ha formalmente garantito l’esecuzione della sentenza, come “braccio secolare”.

I MILITARI MORO E CRESTANI, GLI EMISSARI INVIATI A SOVRINTENDERE ALL’ESECUZIONE Questi due spudorati mentitori si sono materializzati proprio nelle ultime ore prima della liberazione. Moro raccontando la balla della sua fuga dal campo di concentramento in Austria, si è impadronito della piazza di Ramon. Masaccio, sostanzialmente esautorato, ha vissuto le ultime ore in quarantena, relegato nella sua Poggiana. Crestani ha presenziato alla sua esecuzione, accreditando, con grossolane menzogne, la messinscena dello scontro armato.

IL CONTESTO SOCIALE E POLITICO DEL VENETO Si capisce meglio la storia guardandola dall’alto, contestualizzando un evento nel quadro generale. In Veneto, il gruppo di potere, “clero + abbienti”, ha sempre mantenuto un saldissimo controllo sociale. Siamo transitati, senza sussulti, da un’adesione entusiasta al fascismo, alla democrazia cristiana ed ora alla lega. Il dialogo tra la “resistenza” cattolica, l’occupante nazifascista ed il governo Badoglio è stato ininterotto, intenso, proficuo. Sartor Domenico, Don Giuseppe Menegon, la sorella stessa di Primo, “Toni Piva”, sono stati tutti individuati nei primissimi giorni della resistenza, incarcerati, interrogati, rilasciati indenni subito dopo. All’occupante non facevano certo paura, anzi è evidente che riteneva più vantaggioso tenerli liberi. Masaccio stesso, militarmente insignificante per l’occupante, garantiva sicurezza e controllo sociale in un vasto territorio. Invece era un pericolosissimo avversario politico, un sovversivo, per il gruppo di potere, leggi DC, che si apprestava ad un eterno predominio.

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COSA RIMANE DI LUI

LA LOTTA ARMATA Da un punto di vista strategico militare, il movimento partigiano è stato praticamente irrilevante da noi. Qualcuno si meraviglia? Il vero valore unificante di tutte le anime della nostra resistenza non è stata la liberazione dall’occupazione nazifascista, ma il rifiuto di proseguire qualsiasi guerra. Unica eccezione, la componente comunista, le brigate garibaldine, dove invece c’era un ideale rivoluzionario concreto e preciso, con una strategia militare conseguente. Ben motivate ed attrezzate per una vera attività militare: l’hanno dimostrato, sul Grappa e sul Cansiglio, dove sono state le uniche forze, che si sono battute militarmente e con onore. Agli altri è rimasto, ipoteticamente, il sabotaggio, moderatissimo: con i parroci che correvano qua e là a sconsigliare ogni iniziativa, che avrebbe in effetti, automaticamente, comportato una furiosa rappresaglia.

LA LEZIONE ETICA E POLITICA

L’obiettivo prioritario delle classi dirigenti partigiane era quello di formare ed orientare questi “renitenti alla leva”, giovanissimi, spesso disorientati ed analfabeti politicamente. Infatti, da questa scuola, uscirono molte figure di spicco, della classe dirigente politica del dopo guerra. La formazione di una coscienza politica libera e democratica è stata la principale missione di Masaccio. Uomo troppo libero, complesso e pluralista, per un ambiente estremamente chiuso ed asfittico culturalmente. Volò così alto nella sua lezione, che, i suoi stessi subalterni, non seppero affibbiargli un’etichetta politica. A Poggiana, ebbe un certo seguito il PSDI ( Saragat), ma forse Masaccio era più vicino al partito azionista. Impossibile immaginarlo omologato come “democristiano”.

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MUSSOLINI BENITO, PARTIGIANO

INFELICE IL POPOLO CHE NON PUO’ FARE A MENO DEI DEMAGOGHI Secondo me, la maggioranza degli italiani non è adatta alla democrazia. La gran parte della gente afferma arrabbiata che tutti i politici rubano e mentono, poi però, nei sondaggi, il consenso premia quello che le spara spudoratamente più grosse. Mussolini ci ha portato in guerra due volte, nella prima come “opinion leader”, nella seconda come “duce” indiscusso. Le enormi e prolungate sofferenze non hanno provocato fenomeni rilevanti di resipiscenza e di opposizione nella massa. Il duce, il 25 Luglio 1943, avendo compreso pienamente che il sogno era infranto e che bisognava correre ai ripari, cercò invano di far deviare il suo gregge dal tragitto errato. La parte prevalente degli italiani non comprese o finse di non capire, il suo forte richiamo, solo pochissimi ne trassero, con autentica consapevolezza, le durissime conseguenze.

25 LUGLIO 1943 : MUSSOLINI BENITO, PRIMO EROE PARTIGIANO

Il senso della vicenda della sua auto-defenestarzione non è così complicato da capire, come qualche storico da ad intendere. Aveva capito che la guerra era persa e voleva sganciare se stesso ed il paese dalla folle corsa alla distruzione totale. Avrà adoperato tutta l’astuzia macchiavellica che gli riconosciamo, per confondere i suoi interlocutori, ma è scontato che non subì, inerme, l’iniziativa altrui. Avrebbe potuto interrompere la messinscena in qualsiasi momento, fino agli ultimi minuti, se l’avesse ritenuto conveniente. Dunque il suo gesto rappresenta la prima e la più importante delle azioni volte a concludere anticipatamente il conflitto. Penso che, per il raggiungimento di questo obiettivo, fu potenzialmente più efficace di tutta la lotta partigiana, messa insieme.

L’INFAMIA DELLA MONARCHIA Grandi, il regista “ufficiale” della rappresentazione, si era assicurato un’intesa per un rapido accordo di pace, separato, con l’Inghilterra: il problema più arduo e delicato era quello di sottrarsi, con il minimo danno, dal mortale abbraccio germanico. Il re scelse Badoglio per gestire la situazione: chi può negare che la coppia scrisse una delle pagine più infami della storia d’Italia?

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ENRICO VANZINI A DACHAU

UNA SALA STRACOLMA AD ASCOLTARLO Siamo intossicati da una comunicazione enfatica e seduttiva, dalle cui insidie siamo allenati a proteggerci con lo scetticismo. Il racconto di Enrico Vanzini, con la sua semplicità e schiettezza, annulla subito ogni pregiudizio : arriva diritto al cuore.

UN MANUALE DI SOPRAVVIVENZA ALL’ORRORE Ho letto, mezzo secolo fa, “Se questo è un uomo” di Primo Levi ed è come se avessi ritrovato, in Enrico Vanzini, un buon compagno di un mio carissimo amico. Quanti malati, anche oggi, dimostrano di poter sopportare esperienze terribili, prolungate e senza speranza, senza farsi distruggere psicologicamente. Come ha suggerito l’oratore, nei campi di concentramento, era l’aggravante morale che, spesso, spezzava definitivamente ogni resistenza psicologica. Uomini come Enrico e Primo sembrano aver attraversato “quasi indenni”, miracolosamente, quell’inferno. E’ come se si fossero protetti in una “cella di sicurezza”, come quella dalla quale fuoriescono, sorprendentemente vivi, i piloti di formula uno. Enrico Vanzini ci ha rivelato il suo segreto: un quadro di valori molto semplice, ma, forse proprio per questo, solidissimo, assimilato profondamente, con il latte materno. Considera essenziale sopratutto una profonda adesione alla visione cristiana. Levi invece descrive una ricetta completamente diversa: intellettuale profondo e raffinato, i suoi valori sono decisamente laici e affondano le radici nell’umanesimo.

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LA MORALE DELLA STORIA NON STA IN UN TWEET

LA FORMULA MAGICA PER NON FARSI SPEZZARE DAL DOLORE Enrico Vanzini non ha nemmeno provato a banalizzare, tentando un’impossibile conclusione sintetica, su un tema così complesso e lacerante. Con la depressione che dilaga e tanti suicidi apparentemente poco motivati, queste storie sono più che mai attuali e contengono insegnamenti profondi ed efficaci, collaudati. Tuttavia non si possono sintetizzare in uno slogan, in un tweet.

UNA MELENSA MELASSA CONTRO LA GUERRA Far risaltare l’orrore non è un antidoto che funziona Le ferite del primo conflitto mondiale erano ancora ben aperte nel popolo italiano, quando è entrato nel secondo, l’opposizione fu irrilevante. Che insopportabile sciocchezza! I cattivi non sono sempre gli “altri” Le guerre cominciano perché ci sono popoli particolarmente malvagi? Gli italiani sono buoni o cattivi? Mussolini ci condusse al macello, ben due volte in un ventennio, la prima come “opinion leader”, la seconda come capo della nazione: l’abbiamo seguito come il più docile e stupido degli animali! La nazione italiana, ciecamente al suo seguito, un passo alla volta, dal 35 al 41, arrivò a dichiarare una guerra di sfacciata aggressione, letteralmente a tutto il mondo, esclusi i tre alleati. Prima l’Etiopia, poi: Spagna, Francia, Inghilterra, Albania, Grecia, Jugoslavia, Stati Uniti, Russia ecc. Reazioni popolari? Irrilevanti. Abbiamo capito la lezione? Non tutti, secondo me: quanto confuso fanatismo nostalgico si vede ancora in giro! Sono più maturi gli italiani oggi? Qual’è la loro autonomia di giudizio? I sondaggi dimostrano che la maggior parte dell’opinione pubblica ondeggia da questo a quel demagogo. La gente ostenta disprezzo per il politico, universalmente percepito come mentitore, ma passa da un cialtrone all’altro, alla disperata ricerca di chi le spara più grosse. Siamo sempre i soliti topolini, pronti a seguire, ovunque, il pifferaio di Hamelin.

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NIKOLAJEWSKA VISTA DAL FELDMARESCIALLO KARL RUDOLF GERD VON RUNDSTEDT

UNO STRANO MODO DI COMMEMORARE IL 25 APRILE La storia maestra di vita? Una data molto adatta ad esemplificare il concetto. Qualche anno fa, alcuni comuni del circondario, hanno organizzato una conferenza sulla vicenda di Nikolajewka, tenuta nel municipio di Riese. Ottima la scelta del tema, per illustrare i valori e le virtù che ci accomunano. Ma cosa succede se il relatore, scelto dai sindaci, dimostra una spiccata e legittima passione per l’arte della guerra?

IL MERAVIGLIOSO BASTONE DI COMANDO DEL FELDMARESCIALLO VON RUNDSTEDT Sono rimasto allibito, di fronte all’entusiasmo dell’oratore, per la splendida efficienza delle formidabili armate naziste, il suo interesse per la griffe, con le iniziali del feldmaresciallo, sui carri armati. Ha raggiunto l’orgasmo descrivendo il bastone di comando del suo super eroe, tutto tempestato di diamanti!

IL MANCATO COORDINAMENTO: TROPPA VODKA? La diapositiva con i tragitti dei vari gruppi durante la drammatica ritirata è rimasta a lungo esposta: i percorsi sembrano vicini e si intersecano continuamente. Non mi sono parse illustrate esaustivamente le complesse ragioni per le quali queste unità non sono mai riuscite a contattarsi ed a coordinarsi efficacemente. Condivisibile, sacrosanta, la critica alle gravissime lacune logistiche dei nostri comandi, ancora più umilianti se comparate con la splendida e mirabolante efficienza tedesca. E sulla sofferenza e l’eroismo degli alpini? Poca roba, quasi nessuna emozione, elettrocardiogramma piatto! Per illustrare la sofferenza causata dal freddo, il nostro relatore è dovuto ricorrere all’immagine di un partigiano di Tito, ambientata nella guerra in Jugoslavia.

Page 86: La storia sulle rive del Muson

LA LEGA VENETA,TRA IGNORANZA E PLAGIO

Definizione di ignoranza: con significato ristretto, l’ignorare determinate cose, per non essersene mai occupato o per non averne avuto notizia Tosi è stato estromesso dalla lega, i fatti sono ben noti, non entro nel dettaglio della vicenda. Non è la prima volta che i lumbard impongono brutalmente i loro dictat ai sudditi Veneti. Una parte dei Veneti appare, da sempre, particolarmente succube di fronte a loro. Ricordo alcuni episodi particolarmente inquietanti, nella storia del movimento.

ACHILLE TRAMARIN FONDATORE DELLA LEGA Sono convinto che la maggioranza dei leghisti non ha mai sentito questo nome. Uno dei fondatori, primo segretario nel 1980, uno dei due primi parlamentari nel 1983 E’ stato eliminato da Bossi, arrivato solo qualche anno dopo e che ha operato come mandante, l’esecutore è stato il nostro Rocchetta. Sulla sua figura è calata la censura più feroce , Rocchetta è stato fatto fuori subito dopo. I racconti ufficiali della storia della lega saltano sempre questa fase e partono da Rocchetta, In rete potete trovare conferma di questi dettagli, questo link è il più sobrio: http://en.wikipedia.org/wiki/Achille_Tramarin

TRAMARIN, IL MIO COMPAGNO DI SCUOLA ALLE MEDIE Abbiamo frequentato per un po‘ di tempo la stessa scuola media, in due classi diverse, data l’età. Sono nato nel 47, lui nel 46. La scuola era a Bologna ed io, come lui, mi percepivo molto lontano dalla patria, era proibitissimo parlare in dialetto, anche durante la ricreazione. Era famoso perché amava cantare canzoni in dialetto, ricordo bene il suo più grande successo: “Me compare Giacometo”. Personaggio simpaticissimo, non faccio fatica ad immaginare che non poteva certo durare in politica. Molto idealista, forse anche ingenuo, certo senza il pelo sullo stomaco necessario per sopravvivere in quel letamaio.

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LA LIGA VENETA, TRA IGNORANZA E PLAGIO

LA VERA STORIA DI BOSSI Perito elettrotecnico, diplomato alla scuola per corrispondenza “Radio Elettra” di Torino. La quantità di balle che ha fatto girare sul suo conto è impressionante. Se siete coprofagi vi potete saziare abbondantemente in rete, consiglio questo link: http://www.nocensura.com/2012/04/quando-bossi-diceva-che-era-medico-ma.html Come è potuto accadere che questo gigante del pensiero ed apostolo della verità sia stata la guida indiscussa del movimento per decenni? Certamente aveva, in sovrabbondanza, tutto il pelo sullo stomaco che mancava del tutto a Tramarin…

PLAGIO Definizione: figura criminosa consistente nel sottoporre un individuo al proprio volere, esercitando su di lui un particolare ascendente intellettuale e morale in modo da ridurlo in totale stato di soggezione, annientandone volontà e personalità Ricordate le immagini del nostro presidente Zaia, chierichetto alla cerimonia del Monviso, celebrante Bossi? Che vergogna! Il presidente di tutti i Veneti, non il capo di quattro esaltati ignoranti! L’ignobile messinscena, il culto del dio Eridanio, per inculcare nelle menti dei seguaci obbedienza cieca ad un unico duce, per i popoli lon(go)bardo e VENETO. Come mai i Veneti sono così ben predisposti a queste aberrazioni? Continuo a chiedermelo e vorrei azzardare anche qualche ipotesi, ma potrebbe servire solo ad irritare chi non vuole interrogare veramente se stesso. Una conclusione è certa; in questo modo non abbiamo fatto un millimetro sulla strada dell’indipendenza da Roma. In compenso abbiamo superato ogni pudore nella sottomissione ai longobardi.