la struttura ecologico-ambientale - … · in italia l’ecologia del paesaggio compare a partire...

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43 CAPITOLO 4.1 LA STRUTTURA ECOLOGICO-AMBIENTALE L’ECOLOGIA DEL PAESAGGIO: UNA NUOVA DISCIPLINA PER LA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE L’Ecologia del paesaggio nasce 200 anni fa ad opera di alcuni geografi tedeschi, tra i quali Alexander Von Humboldt; secondo tali autori il paesaggio viene definito come carattere complessivo di una regione. È ancora di scuola germanica la riscoperta della dimensione ecologica: il biogeografo Carl Troll, negli anni Trenta, iniziò ad utilizzare le immagini scattate dagli aerei per interpretare la complessità ambientale. Da quel periodo al Dopoguerra la disciplina rimase ferma a causa della scarsità di idee di rilievo. Dagli anni Cinquanta in poi l’Ecologia del paesaggio si evolve su diversi fronti grazie all’apporto di studiosi (differenziati tra loro sia nella definizione di ecologia, sia nella definizione del concetto di paesaggio) spinti soprattutto dalla limitatezza dell’ecologia generale riguardo alle applicazioni di tipo territoriale (NAVEH, LIEBERMAN 1984; NAVEH 1990; ZONNEVELD 1990; FORMAN, GODRON 1986; FORMAN ET AL. 1990). La disciplina, dati i suoi amplissimi orizzonti culturali, consente la convivenza di geografi, antropologi, economisti, ecologi, biologi e professionisti della pianificazione e gestione ambientali. Lo spirito inter/multidisciplinare del settore nasce infatti dall’esigenza di interpretare la complessità da parte di gruppi disciplinari distinti creando un filo trainante che ha permesso alla disciplina in più di un ventennio di raggiungere un posto di rilievo nella ricerca ecologica. In Italia l’Ecologia del paesaggio compare a partire dal 1986 e si afferma come disciplina scientifica autonoma con l’istituzione di un gruppo di lavoro dell’ambito della Società Italiana di Ecologia e, soprattutto, con la costituzione della Società Italiana di Ecologia del paesaggio nel 1988 (FARINA 2001). L’Ecologia del paesaggio è particolarmente utile nella pianificazione e gestione del territorio perché è l’unica disciplina ecologica che riconosce un’importanza fondamentale alla dimensione spaziale e cioè alle modalità di localizzazione, distribuzione e forma degli ecosistemi. In sintesi la forma degli elementi paesistici influisce sulle funzioni e viceversa; gli studi di questa branca dell’ecologia riguardano quindi la struttura, le funzioni del paesaggio e le loro trasformazioni nel tempo. Il Paesaggio, secondo la disciplina in oggetto, è un sistema complesso in cui interagiscono gli ecosistemi naturali, l’uomo, il suo sistema sociale ed il suo modo di organizzare lo spazio, rispecchiando la cultura che lo ha creato. Eʹ necessario un approccio di tipo globale, in grado di superare l’ottica delle analisi di settore per considerare il territorio come un’unica entità, costituito da ecosistemi diversificati.

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CAPITOLO 4.1 LA STRUTTURA ECOLOGICO-AMBIENTALE

L’ECOLOGIA DEL PAESAGGIO: UNA NUOVA DISCIPLINA PER LA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE L’Ecologia del paesaggio nasce 200 anni fa ad opera di alcuni geografi tedeschi, tra i quali Alexander Von Humboldt; secondo tali autori il paesaggio viene definito come carattere complessivo di una regione. È ancora di scuola germanica la riscoperta della dimensione ecologica: il biogeografo Carl Troll, negli anni Trenta, iniziò ad utilizzare le immagini scattate dagli aerei per interpretare la complessità ambientale. Da quel periodo al Dopoguerra la disciplina rimase ferma a causa della scarsità di idee di rilievo. Dagli anni Cinquanta in poi l’Ecologia del paesaggio si evolve su diversi fronti grazie all’apporto di studiosi (differenziati tra loro sia nella definizione di ecologia, sia nella definizione del concetto di paesaggio) spinti soprattutto dalla limitatezza dell’ecologia generale riguardo alle applicazioni di tipo territoriale (NAVEH, LIEBERMAN 1984; NAVEH 1990; ZONNEVELD 1990; FORMAN, GODRON 1986; FORMAN ET AL. 1990). La disciplina, dati i suoi amplissimi orizzonti culturali, consente la convivenza di geografi, antropologi, economisti, ecologi, biologi e professionisti della pianificazione e gestione ambientali. Lo spirito inter/multidisciplinare del settore nasce infatti dall’esigenza di interpretare la complessità da parte di gruppi disciplinari distinti creando un filo trainante che ha permesso alla disciplina in più di un ventennio di raggiungere un posto di rilievo nella ricerca ecologica. In Italia l’Ecologia del paesaggio compare a partire dal 1986 e si afferma come disciplina scientifica autonoma con l’istituzione di un gruppo di lavoro dell’ambito della Società Italiana di Ecologia e, soprattutto, con la costituzione della Società Italiana di Ecologia del paesaggio nel 1988 (FARINA 2001). L’Ecologia del paesaggio è particolarmente utile nella pianificazione e gestione del territorio perché è l’unica disciplina ecologica che riconosce un’importanza fondamentale alla dimensione spaziale e cioè alle modalità di localizzazione, distribuzione e forma degli ecosistemi. In sintesi la forma degli elementi paesistici influisce sulle funzioni e viceversa; gli studi di questa branca dell’ecologia riguardano quindi la struttura, le funzioni del paesaggio e le loro trasformazioni nel tempo. Il Paesaggio, secondo la disciplina in oggetto, è un sistema complesso in cui interagiscono gli ecosistemi naturali, l’uomo, il suo sistema sociale ed il suo modo di organizzare lo spazio, rispecchiando la cultura che lo ha creato. Eʹ necessario un approccio di tipo globale, in grado di superare l’ottica delle analisi di settore per considerare il territorio come un’unica entità, costituito da ecosistemi diversificati.

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La lettura del territorio nell’Ecologia del paesaggio La fortissima pressione, indotta dalle attività economiche, richiede continue trasformazioni di aree e adeguamenti infrastrutturali in tempi brevi. Negli ultimi decenni si è manifestata con forza lʹesigenza di studiare l’ambiente da un punto di vista globale, in modo tale da considerare i processi e non solo lo stato dell’ambiente, i processi sono studiati sulla base di indicatori e modelli in grado di monitorare il sistema territoriale alle diverse scale spazio-temporali. L’esame delle dinamiche territoriali a più scale, descritte con indicatori, ha consentito di valutare l’evoluzione del territorio, di monitorarne lo stato e di impostare le verifiche future. Queste valutazioni sono utilizzate per inquadrare problematiche e processi dellʹintero sistema territoriale per poi poter analizzare i diversi settori disciplinari, avendo sempre come riferimento il sistema nella sua interezza e complessità. Secondo il Principio delle Proprietà Emergenti, per cui un tutto organico è superiore alla somma delle sue componenti, la metodologia di studio dei paesaggi deve essere basata su un integrazione contemporanea di tutte le variabili, cioè compiuta sui caratteri e i comportamenti propri di quel livello di organizzazione biologica. La struttura e le funzioni indagate nell’ambito dell’analisi territoriale dell’Ecologia del paesaggio sono: Strutture paesistiche

Carta fisionomica della vegetazione; Presenza e distribuzione della fauna; Distribuzione degli apparati paesistici; Determinazione dell’Habitat Umano; Determinazione dell’Habitat Naturale;

Funzioni paesistiche Valutazione ecologica dei tipi di vegetazione; Dinamica della componente faunistica; Dinamica degli apparati paesistici e dell’Habitat Umano (HU); Regime dei disturbi presenti; Habitat Standard Procapite; Connettività, circuitazione e loro andamento;

Valutazioni dello stato ecologico Influenza del tipo di disturbi; Valutazione delle macchie residuali; Stato delle rete ecologica; Pressione antropica sulle aree naturali;

Criteri terapeutici di intervento Pianificazione e progetto di corridoi ecologici

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Progetto di fasce tampone; Controlli e cenni di gestione Cenni di gestione secondo i criteri dell’Ecologia del Pesaggio possono essere aggiunti per categorie normative.

La valutazione è considerata uno dei primi strumenti della politica, cioè la base per

prendere decisioni, perché valutare significa conoscere. prendere decisioni, perché valutare significa conoscere.

La conoscenza può derivare dall’osservazione del paesaggio reale oppure da un modello culturale, quindi confermare la necessità di agire entro un sistema di riferimento. Caratteristiche quali diversità, fragilità, resistenza e resilienza possono essere utilizzate come indicatori per comprendere strutture e dinamiche dei paesaggi. Nel presente studio sono stati utilizzati i seguenti indicatori: HABITAT UMANO (HU) : è quella porzione di territorio nella quale l’uomo svolge la maggior parte delle sue funzioni vitali (abitare, reperire cibo, lavorare, ricrearsi, ecc.), mantenuta tale dall’intervento dell’uomo. Fanno quindi parte dell’Habitat Umano tutti gli elementi paesistici delle aree urbanizzate (parchi e giardini compresi), agricole e boscate interessate da opere di mantenimento da parte dell’uomo (impianti forestali). Viene espresso in termini percentuali. Sono riconducibili all’Habitat Umano i seguenti apparati paesistici (il sistema di tessere di funzioni paesistiche analoghe capaci di formare una configurazione riconoscibile)

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HABITAT NATURALE (HN) : è quella porzione di territorio che solo saltuariamente viene frequentata dall’uomo e che, comunque, non è luogo di attività umane permanenti. Fanno parte dell’Habitat Naturale boschi, brughiere, aree colonizzate da vegetazione pioniera, campi incolti abbandonati ecc. Viene espresso in termini percentuali. Sono riconducibili all’Habitat Naturale i seguenti apparati paesistici:

HABITAT STANDARD: lo studio della componente umana in una Unità di Paesaggio viene affrontato attraverso l’esame di questo indice. L’Habitat Standard procapite è un indice ecologico che mette in relazione le aree, corrispondenti a un certo habitat, con le popolazioni che interagiscono con quell’habitat (Ingegnoli, 1980,1993,2003; Gibelli, 1999). L’Habitat Standard misura l’esigenza di spazio ecologico per un organismo, in questo caso l’uomo, il cui spazio ecologico relativo corrisponde alla somma di diversi apparati paesistici. Nella pianificazione viene utilizzato relativamente all’Habitat Umano e al numero di abitanti corrispondenti. Si misura in m2/ab, corrisponde alla superficie che ogni abitante ha a disposizione per le funzioni vitali, lavorative, ricreative e varia al variare del tipo di paesaggio, quindi è un indicatore del grado di antropizzazione dell’ecomosaico.

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L’Habitat Standard procapite sarà pari a: HS = HU/n. abitanti Intendendo con HU la sommatoria dei seguenti apparati: HU = PRD+ PRT +RSD+SBS+CHG+DIS La tabella indica il valore di Habitat Standard per alcune unità di paesaggio:

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CAPACITAʹ PORTANTE: è denominata σ ed è espressa dal rapporto tra Habitat Standard (HS) e Habitat Standard Teorico (HS*) (HS/HS*). Quest’ultimo è espresso da un valore in m2 specifico per ogni apparato; per la Lombardia i valori di Habitat Standard Teorico minimo sono: HS* PRD (m2) 1043 HS* RSD (m2) 105 HS* SBS (m2) 79 HS* PRT (m2) 200 ___________________ HS* (m2/ab) 1427 È un indice di importanza ulteriore per la valutazione della componente umana e corrisponde alla capacità portante di una Unità di Paesaggio. In generale, la capacità portante risulta ecologicamente positiva per valori di sigma > 1,2 , mentre risulta progressivamente più negativa scendendo sotto tale cifra. Questo dipende dal fatto che, quando i m2 disponibili per ogni abitante sono al di sotto del valore minimo, la popolazione dellʹarea in esame potrebbe decidere di ricavarsi nuovi spazi per garantirsi tutti i servizi ritenuti necessari. CONNETTIVITA’: è una caratteristica del paesaggio, indica la possibilità di spostamento tra elementi funzionalmente omogenei, grazie a percorsi idonei alla diffusione delle specie animali e vegetali e utili alla fruizione in mezzo della natura da parte dell’uomo. Nell’analisi del territorio bergamasco l’indice di connettività è stato

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applicato al sistema della vegetazione naturale e seminaturale, al fine di evidenziarne le eventuali carenze strutturali e individuarne le esigenze. Nelle carte elaborate sono rappresentati legami e nodi del sistema della vegetazione arborea. I legami sono essenzialmente corridoi (filari e siepi o aree boscate di forma allungata) mentre i nodi sono costituiti dagli incroci tra legami che obbligano ad un cambio di direzione o all’interno di macchie boscate. Legami e nodi sono stati contati e inseriti nella formula per il calcolo della connettività (Forman, Godron, 1986; Gibelli, Palmeri, Russi, 1996). CONNETTIVITÀ (γ) = Legami/3*(Nodi-2) L’indice può assumere valori che vanno da 0 a 1, maggiore è il valore numerico e maggiore è la connettività del sistema. CIRCUITAZIONE: la circuitazione consiste nella possibilità di effettuare dei percorsi all’interno di una struttura paesistica, in modo tale da non dover necessariamente ripassare sullo stesso tratto per tornare al punto di partenza. In pratica ci da un’idea dell’efficienza e dell’articolazione della rete. Legami e nodi sono stati contati e inseriti nella formula per il calcolo della circuitazione (Forman, Godron, 1986; Gibelli, Palmeri, Russi, 1996). CIRCUITAZIONE (α) = (Legami-Nodi + 1)/2*Nodi-5 L’indice può assumere valori che vanno da -1 a 1. METODO DEI GRAFI: l’utilizzo del metodo dei grafi, che può essere costruito ad ogni scala geografica, è stato proposto da Cantwell e Forman (1993) secondo i quali le interazioni tra le diverse porzioni di un ecomosaico sono importanti per il funzionamento dell’intero sistema. I grafi estratti da un ecomosaico assumono forme molto diversificate e con significati diversi. Il grafo a catena è tipico di strutture lineari come strade, siepi, corridoi di linee elettriche e fiumi. Il modello a tela di ragno è tipico di ambienti dove una matrice domina e al suo interno sono poste tessere isolate di elementi residuali come boschi in un ambito intensamente coltivato. La forma a rete è tipica di ambienti molto eterogenei mentre la forma a candelabro è costituita da un elemento centrale connesso con molti elementi su di un lato.

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Grafici teorici di alcuni tipi di disposizione spaziale degli elementi del paesaggio (1.a catena 2 tela di. ragno 3. collana 4.crocera 5. a rete 6. a satellite 7. a candelabro 8. poligono completamente connesso)

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Esempi di grafi applicati a tre esempi a crescente complessità di rapporti per aggiunta di oggetti (nodi) Criteri di diagnosi dello stato ecologico del paesaggio bergamasco Gli organismi, le popolazioni, le comunità o i sistemi ecologici sono sottoposti a processi destabilizzanti che definiamo disturbo. Il contesto ambientale in cui viviamo è pieno di disturbi, una televisione con il volume troppo alto, l’autobus che passa sotto casa, un aereo che decolla, sono alcuni dei disturbi sonori a cui siamo quotidianamente sottoposti. Questi disturbi riducono la qualità della vita ma possono essere “incorporati”, cioè assorbiti dal sistema in essere. Il disturbo è quindi un processo comune a tutti gli stati organizzativi della vita ed è una delle cause maggiori dell’evoluzione delle specie in un continuo gioco adattativo (FARINA). L’evoluzione tende a ridurre l’effetto del disturbo attraverso meccanismi adattativi, i sistemi aggregati, popolazioni, comunità, landscapes reagiscono al disturbo in forma indiretta e complessa (GLENN ET AL., 1992). Ovviamente disturbi come esondazioni o incendi, portatori di sconvolgimenti più o meno profondi dell’assetto vegetazionale, sono eventi temporanei e la natura tende poi a

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ricostituire situazioni e processi normali. Il disturbo antropico, invece, anche se assimilabile a quello di qualsiasi altro animale, differisce per estensione, severità e frequenza. Essendo ormai la specie dominante in quasi tutti gli ecosistemi, l’uomo “tecnologico” non riesce più ad essere incorporato dalla biosfera e si stanno verificando profondi cambiamenti nei cicli biogeochimici (cambiamenti climatici sensibili, invasione di specie alloctone, aumento dell’acidità dell’acqua e del suolo). Se consideriamo le trasformazioni avvenute in una finestra temporale di 50 anni possiamo dire che alcune trasformazioni, come la regimazione dei fiumi, sono disturbi che il sistema può incorporare: in alcuni decenni il fiume si riappropria dello spazio a lui necessario. Certamente lo sviluppo urbano appare un disturbo di difficile incorporazione (WICKHAM ET AL., 2000). Il disturbo ha la capacità di esaltare le capacità di resilienza di un sistema ecologico ma anche la sua fragilità. Dove lʹuomo ha modificato lʹambiente con ripetuti disturbi il grado di libertà per evolvere è molto ridotto ed osservabile non più a grande scala ma alla meso o micro scala.

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Diversità floristica della bergamasca

Carta della diversità floristica provinciale. Il prospetto illustra il numero di specie di piante superiori (felci, gimnosperme, angiosperme) rilevate per quadrante nell’ambito del progetto di cartografia floristica della bergamasca promosso dal Gruppo Flora Alpina Bergamasca (Calvi e Ferlinghetti, 1989; Ferlinghetti e Federici, 1997; Federici, 2006). In conformità al Progetto di Cartografia Floristica Centroeuropea (Ehrendorfer e Hamann, 1965; Nikfeld 1971, 1997), il territorio provinciale è stato suddiviso in aree base contrassegnate da quattro cifre ed estese 11,5 km in latitudine e 13,6 km in longitudine. Ogni area base è a sua volta suddivisa in quattro quadranti ampi circa 5,5 per 6,5 km. Limitando l’analisi al settore bergamasco, la maggiore diversità specifica si registra nella fascia prealpina esterna dove mediamente si registrano valori compresi tra 900 e 1100 entità per quadrante con punte superiori ai 1100.

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Le cifre minime si registrano in pianura dove i valori sono generalmente compresi tra 500 e 700 entità per unità del reticolo, il numero di specie aumento lungo l’asta dell’Adda, dell’Oglio e del Serio a dimostrazione dell’importante ruolo di serbatoi di naturalità e di corridoi ecologici che i corsi d’acqua costituiscono. L’area planiziale di maggior pregio floristico risulta essere l’Isola bergamasco i cui valori superano la cifra di 800. Il numero di specie della fascia alpina generalmente non supera la cifra di 1000, in conseguenza della maggior selettività delle condizioni ambientali e per la minor articolazione degli habitat rispetto all’ambito prealpino. I valori tornano infine a salire in Val di Scalve per la diversificazione del substrato geologico e la peculiare storia naturale e antropica. Punti critici per gli spostamenti faunistici Dall’analisi della carta prodotta, si sono osservati i seguenti punti critici di attraversamento della fauna lungo le strade, che corrispondono in parte a corridoi per la fauna selvatica. Sono state individuate in collaborazione con l’Assessorato Provinciale alla caccia e Pesca le zone di maggiore transito delle specie di ungulati attraverso la rete viari bergamasca. Le specie prese in considerazione sono il cervo (Cervus elaphus) e il capriolo (Capreolus capreolus). Oltre che le strade interessate alla migrazione primaverile degli anfibi (soprattutto rospo comune). L’analisi ha permesso d’individuare due corridoi ecologici relativi al cervo, in cui occorrerebbe realizzare opere di mitigazione di un certo rilievo.

1) La zona compresa tra Piangaiano e Pianico in Valle Cavallina: 2) La zona presso Scalvino tra Lenna e Camerata Cornello.

Per il capriolo le zone d’interesse sono più diffuse sul territorio e gli investimenti ad opera delle auto non sono concentrati in singole aree. Da segnalare inoltre che nel tratto tra S. pellegrino (Ruspino) ed Ambria sono segnalati più che investimenti stradali, annegamenti della fauna selvatica (cervo e capriolo), nel canale idroelettrico adiacente alla strada. Per il resto della situazione si veda la carta allegata. Per quanto riguarda gli anfibi e le loro migrazioni primaverili si segnalano i principali tratti stradali interessati dal fenomeno:

1) La strada provinciale 76 nella zona tra Casazza e Endine (rospo comune, rana di Lataste, rana dalmatina, rana verde, tritone punteggiato, tritone crestato) 2) La strada provinciale nella zona tra Piangaiano e il primo tornante direzione Solto Collina Lago di Gaiano (rospo comune, rana di Lataste, rana dalmatina) 3) Il tratto di strada provinciale sebina presso Tavernola 4) Il tratto di strada provinciale sebina in località Zù (rospo comune) 5) La strada provinciale tra Villa d’Adda e il ponte di Brivio (rospo comune e rana di Lataste)

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6) La strada provinciale tra Barzana e Palazzago in località Montebello (rospo comune).

Le zone indicate dovrebbero essere oggetto d’attenzione con collocamento di particolari strutture progettate in tal senso: sottopaggi (tunnel e similari per gli anfibi, viadotti sotto la sede stradale per la fauna ungulata). Per gli anfibi inoltre sarebbe opportuno non trasformare le attuali caratteristiche del versante, non edificare in modo eccessivo le sponde dei laghi. A seguire si riporta la carta dei principali punti di conflittualità tra il movimento della fauna vertebrata e le infrastrutture viarie.

Zone di massima biodiversità per i vertebrati Sono state individuate le zone di massima diversità dei vertebrati attraverso l’ausilio degli atlanti regionali. In particolar modo sono stati consultati l’atlante degli uccelli nidificanti, quello dei mammiferi e degli anfibi e rettili. I primi due costruiti su base cartografica IGM sono stati facilmente sovrapponibili, quello degli anfibi e rettili non ha consentito analoga operazione in quanto i quadranti corrispondevano ad aree più vaste e non completamente sovrapponibili con le precedenti, poiché i quadranti corrispondevano ad una suddivisione territoriale UTM. Dall’analisi dei dati contenuti negli atlanti che hanno adottato una suddivisone IGM, e che perciò hanno permesso una

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sovrapponibilità di dati relativamente agli uccelli e ai mammiferi si evidenziano i due raggruppamenti seguenti: - aree di maggiore biodiversità: Bergamo e aree limitrofe; la bassa val Seriana; La Val S.Martino La bassa Valle Cavallina La bassa Val Camonica, La bassa Valle Brembana Alta Val Brembana, Val taleggio, Val Parina e Valle Imagna Alta Val Seriana La Valle di Scalve La Val del Riso La Val Borlezza L’alto Sebino e l’alta valle Cavallina e il Basso Sebino La zona tra di pianura tra Romano e l’Oglio Sono state rilevate le zone importanti per i singoli gruppi sistematici: - importanti per la biodiversità per l’erpetofauna: La Val Calepio I colli di Scanzo e Albano L’Isola - importanti per la biodiversità dell’avifauna: La Gera d’Adda La bassa pianura tra Serio e Oglio I dati possono essere interpretati in questo modo: la massima biodiversità del settore occidentale si abbia nella fascia basso collinare prealpina fino all’alta Val Brembana che ha subito una forte. Stupisce l’alta biodiversità relativa alla fascia Bergamo bassa valle Brembana. In realtà queste zone cerniera tra la pianura e le Alpi presentano specie di entrambi i comprensori, ed inoltre le spiccate condizioni di termofilia dei versanti meglio esposti favoriscono l’insediamento di specie a gravitazione mediterranea (occhiocotto, passero solitario, rondone pallido). Quindi le zone di alta biodiversità animale corrispondono ad aree in cui abbiamo presenze di specie più spiccatamente montane che raggiungono i limiti altimetrici più bassi di distribuzione (rana temporaria, rondine montana, codirosso spazzacamino) e specie planiziali che si spingono all’interno della valle (rana di Lataste, ). La Val Taleggio che presenta zone poco abitate a causa dello spopolamento che ha favorito l’insediamento di numerose specie animali. Le zone che presentano una biodiversità elevata come la precedente, sono quelle a più alta naturalità e a maggiore diversificazione di habitat, collocate nell’alta Val Seriana e nella valle di Scalve. Queste zone sono quelle montane prealpine alpine che hanno conservato zone di territorio non eccessivamente antropizzato, come il complesso della valle del Riso che è caratterizzato dal SIC Val Nossana-Cima di Grem zona di notevole valore faunistici, di raccordo con la Valle Brembana.

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Nelle zone più alte delle valli è possibile osservare in ogni ambiente naturale la tipica fauna alpina, presente grazie alla tutela a cui stata oggetto negli ultimi anni. Spiccano ad esempio per l’ambiente delle praterie di alta quota la salamandra nera, lo stambecco, la lepre variabile e l’ermellino; per i cespuglieti il gallo forcello e il marasso; per le zone forestali il picchio nero, la civetta caporosso e l’astore; per le zone rocciose l’aquila reale (almeno dodici coppie), il gufo reale e il picchio muraiolo. Inoltre sono presenti popolazioni numerose di camosci, caprioli e marmotte; più raro è il cervo. Nelle due zone prealpine non sono presenti alcune entità più di alta quota, ma compaiono specie più termofile soprattutto nella class degli anfibi (tritone crestato, raganella, ululone) e alcune specie ornitiche legate ai pascoli di mezza montagna (averla piccola, bigia padovana, codirossone, fanello, re di quaglie, zigolo giallo). Ad alta biodiversità riscontriamo le aree che vanno dal basso all’alto Sebino e comprendono anche la parte superiore della Valle Cavallina. La presenza dei laghi di Endine, Gaiano e Iseo contribuiscono ad incrementare il numero di specie presenti attraverso l’aumento dei contingenti di specie legate alle zone umide (anatidi, ardeidi, acrocefalidi, anfibi ed ittiofauna). Zona ad alta biodiversità è quella centrata attorno a Romano di Lombardia tra il Serio e l’Oglio: in questa zona la presenza di due grandi fiumi e di fontanili favoriscono una buona diversità nell’avifauna e nei mammiferi. L’analisi per singoli gruppi sistematici ha messo in risalto quanto segue. Per gli anfibi e rettili sono di notevole importanza le zone collinari e basso montane che si estendono dalla bassa Val Serina fino al lago d’Iseo e l’Isola. Qui evidentemente esistono condizioni ottimali per la presenza di parecchie di specie di anfibi e rettili. In queste zone se si escludono poche specie microterme (marasso, lucertola vivipara e salamandra nera), tipiche della fascia alpina, sono presenti tutte le specie della bergamasca. L’analisi dell’avifauna, mette in evidenza aree di buona naturalità e ricche di avifauna della fascia prealpina da un lato; dall’altro alcune zone di pianura (Gera d’Adda e bassa pianura tra Serio e l’Oglio) che presentano una discreta diversificazione ambientale del paesaggio (fiumi con boschi riparali, magredi, zone coltivate, fontanili attivi, siepi interpoderali, laghetti di cava). A seguire si riporta la carta delle aree di biodiversità

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Descrizione delle schede degli ambiti territoriali L’analisi dello stato di fatto della struttura ecologico-ambientale è stata effettuata mediante la descrizione dei caratteri di 19 ambiti territoriali caratterizzati da una significativa omogeneità paesaggistica e ambientale. Le 19 aree identificate sono state così denominate: 1. La bassa pianura tra Serio e Oglio 2. La Gera d’Adda 3. La bassa pianura tra Fosso Bergamasco e Serio 4. L’alta pianura tra Serio e Cherio 5. L’alta pianura tra Cherio e Oglio 6. L’alta pianura tra Roggia Pomperduto e Serio 7. L’alta pianura tra Brembo e Roggia Pomperduto 8. L’Isola Bergamasco e la Val S. Martino 9. Bergamo e la corona nord-occidentale 10. Il basso Sebino 11. La Valle Cavallina 12. La Bassa Val Seriana 13. La Valle Imagna 14. La bassa Val Brembana 15. L’alto Sebino 16. L’altopiano di Clusone e la conca della Presolana 17. La Valle di Scalve 18. La valle Seriana Superiore 19. L’alta Valle Brembana A seguire si riporta la cartografia con la perimetrazione dei 19 ambiti territoriali.

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Ogni ambito territoriale è corredato da una scheda descrittiva strutturata secondo i seguenti tematismi: • Inquadramento geografico: descrizione dell’ambito territoriale in oggetto, sua

estensione e delimitazione geografica ed eventuale coinvolgimento in trasformazioni derivate dallo sviluppo urbanistico.

• Ecologica del paesaggio: come prima elaborazione sono state rappresentate

cartograficamente la distribuzione dei principali disturbi alla connessione ecologica e la connettività degli spazi aperti.

Nello specifico per elaborare la CARTA DEI DISTURBI è stato necessario individuare i disturbi, in particolare quelli giudicabili come non incorporabili in un certo tipo di paesaggio, differenziando con colori le aree a diversa destinazione. Per ogni tipologia di disturbo è stata creata unʹarea di buffer cioè unʹarea di influenza negativa e le distanze sono state scelte in base allʹintensità del disturbo in questo modo:

Infrastrutture lineari (strade, ferrovie, aereoporti, ) : 30 m Cave e miniere : 30 m Attività industriali: 30 m Attività polifunzionali : 25 m Attività commerciali e direzionali: 20 m Zone residenziali: 15 m Aree di interesse comunale : 10 m Aree di interesse sovracomunale : 10 m

Mentre per elaborare la CARTA DEL SISTEMA DEGLI SPAZI APERTI sono stati considerati gli spazi aperti (insiemi di tessere di tipo uguale alla matrice del paesaggio in esame o differente dalla originaria matrice del paesaggio in esame sopravvissute ai successivi eventi e interventi di trasformazione del territorio stesso). Tali tessere di spazi aperti sono definite macchie indipendentemente dalla forma assunta. Il ruolo strategico delle macchie residuali è particolarmente importante perché possono assolvere la funzione di stepping stones per la connessione, la mitigazione mesoclimatica di un’area intensamente urbanizzata, isola per il rifugio faunistico, protezione per i rischi idrogeologici, necessità di mantenere una buona porosità della matrice di paesaggio, modellamento di configurazione paesistica e/o verde urbano. Per costruire questa carta tematica è stato utilizzato come base dati la carta della Destinazione d’Uso dei Suoli Agricoli e Forestali (DUSAF) e, attraverso lʹutilizzo di programmi applicativi dei sistemi informativi territoriali, sono state mappate le aree aperte. Successivamente si è proceduto a sovrapporre le aree di buffer dei disturbi con gli spazi aperti e, dove le due si intersecavano, creare aree di

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influenza negativa. A queste è stato attribuito un colore rosso per renderle evidenti. Alla carta così ottenuta è stato sovrapposto il grafo della connettività che ha come scopo la misura della connettività e della circuitazione tra gli elementi a vegetazione arborea ed alto arbustiva allʹinterno di un ecomosaico, quindi la verifica della esistenza o meno e dello stato di relazione funzionale della rete ecologica locale. Tali elaborati sono accompagnati da un commento critico, è stato inoltre calcolato l’Habitat Umano (HU), l’Habitat Naturale (HN), l’Habitat Standard (HS), l’indice di connettività e di circuitazione, la capacità portante. Sulla scorta di tali indicatori dell’ecologia del paesaggio è stato infine espresso un giudizio sintetico sulla qualità dell’ambito di paesaggio in esame.

• Quadro naturalistico: si è privilegiata la descrizione dei principali caratteri floristico-vegetazionali e faunistici anche al fine di integrare l’approfondita analisi forestale sviluppata nella sezione Studi e analisi del PTCP della Provincia di Bergamo. Nella trattazione si è posta particolare attenzione alla presenza di specie e habitat di interesse comunitaria (Direttive Habitat 92/43/CEE e Uccelli 79/409/CEE) anche in ossequio alle richieste della recente “Legge per il governo del territorio” L.R. 11 marzo 2005, n. 12. Il linguaggio è stato volutamente piano e divulgativo al fine di fornire uno strumento di conoscenza che sia pienamente utilizzabile anche da non specialisti e che possa prestarsi ad una azione formativa. Nella descrizione degli aspetti naturalistici costante è stata l’attenzione alle relazioni ecologiche tra gli elementi fisico-ambientali che strutturano l’ecomosaico locale.

Le schede di analisi ambientale e paesaggistica dei 19 ambiti territoriali sono riportate negli allegati (Allegato B).