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1 La tecnica della moviola come rielaborazione delle narrative personali. Aspetti conversazionali e valenze terapeutiche Silvio Lenzi Psichiatra, Psicoterapeuta, Didatta SITCC, Direttore Scuola Bolognese di Psicoterapia Cognitiva, Presidente Sinesis Associazione per la ricerca in scienze e terapie cognitive, Docente di Psicodiagnostica all’Università di Siena Abstract In questo lavoro presentiamo una descrizione della tecnica della moviola da una particolare prospettiva: l’analisi cognitivo-conversazionale dei trascritti di seduta, che utilizza in modo integrato concetti e strumenti provenienti da diverse aree disciplinari, quali la pragmatica linguistica e lo studio delle funzioni cognitive mediante analisi del discorso. Una volta individuate e descritte le principali attività conversazionali che caratterizzano la metodologia terapeutica della moviola –indagine e ridefinizione- , prenderemo in esame come il loro susseguirsi in seduta vada a realizzare un riordinamento delle narrative personali che rappresenta il razionale del processo terapeutico cognitivista: il monitoraggio e la modificazione dell’attività cognitiva. Il lavoro illustra inoltre come sia possibile, grazie alla prospettiva cognitivo-conversazionale, utilizzare i trascritti di seduta per monitorare momento per momento il processo terapeutico di rielaborazione delle narrative personali, mettendo in relazione le attività conversazionali e la loro negoziazione con processi cognitivi attivati nel paziente e nel terapeuta. Parole Chiave: Psicoterapia Cognitiva, Analisi cognitivo-conversazionale, Indagine, Ridefinizione, Prospettiva di narrazione. The “slow-motion replay” technique as re-elaboration of personal narratives. Conversational aspects and therapeutic value. Silvio Lenzi S.B.P.C. Scuola Bolognese di Psicoterapia Cognitiva, Sinesis Associazione per la ricerca in scienze e terapie cognitive Abstract This work presents a description of the “slow-motion replay technique” from a particular perspective, that of cognitive-conversational analysis, in an integrative method of using concepts and tools arising from different fields, such as Pragmatics and the study of discourse equivalents of cognitive functions. In the first part, we individuate and describe the main conversational activities that characterize the therapeutic slow-motion replay technique (inquiry and reworking). We then examine how such sequences can lead to a reordering of personal narratives that represents the essence of the cognitive therapeutic process: the monitoring and modifying of cognitive activity. This work also shows how the cognitive-conversational perspective can easily be used in moment- by-moment monitoring of the personal narrative reworking process, through the correlation of the conversational activities and the cognitive processes elicited in both patient and therapist. Key Words: Cognitive Psychotherapy, Cognitive-conversational Analysis, Inquiry, Reworking, Narrative Perspective. I. La metodologia di base della terapia cognitiva È stato osservato che l’approccio cognitivo alla psicoterapia nasce con l’esigenza – sentita tra gli anni 60 e 70 da alcuni terapeuti statunitensi di formazione analitica - di rinnovare la teoria e la

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La tecnica della moviola come rielaborazione delle narrative personali. Aspetti conversazionali e valenze terapeutiche Silvio Lenzi Psichiatra, Psicoterapeuta, Didatta SITCC, Direttore Scuola Bolognese di Psicoterapia Cognitiva, Presidente Sinesis Associazione per la ricerca in scienze e terapie cognitive, Docente di Psicodiagnostica all’Università di Siena Abstract In questo lavoro presentiamo una descrizione della tecnica della moviola da una particolare prospettiva: l’analisi cognitivo-conversazionale dei trascritti di seduta, che utilizza in modo integrato concetti e strumenti provenienti da diverse aree disciplinari, quali la pragmatica linguistica e lo studio delle funzioni cognitive mediante analisi del discorso. Una volta individuate e descritte le principali attività conversazionali che caratterizzano la metodologia terapeutica della moviola –indagine e ridefinizione- , prenderemo in esame come il loro susseguirsi in seduta vada a realizzare un riordinamento delle narrative personali che rappresenta il razionale del processo terapeutico cognitivista: il monitoraggio e la modificazione dell’attività cognitiva. Il lavoro illustra inoltre come sia possibile, grazie alla prospettiva cognitivo-conversazionale, utilizzare i trascritti di seduta per monitorare momento per momento il processo terapeutico di rielaborazione delle narrative personali, mettendo in relazione le attività conversazionali e la loro negoziazione con processi cognitivi attivati nel paziente e nel terapeuta. Parole Chiave: Psicoterapia Cognitiva, Analisi cognitivo-conversazionale, Indagine, Ridefinizione, Prospettiva di narrazione. The “slow-motion replay” technique as re-elaboration of personal narratives. Conversational aspects and therapeutic value. Silvio Lenzi S.B.P.C. Scuola Bolognese di Psicoterapia Cognitiva, Sinesis Associazione per la ricerca in scienze e terapie cognitive Abstract This work presents a description of the “slow-motion replay technique” from a particular perspective, that of cognitive-conversational analysis, in an integrative method of using concepts and tools arising from different fields, such as Pragmatics and the study of discourse equivalents of cognitive functions. In the first part, we individuate and describe the main conversational activities that characterize the therapeutic slow-motion replay technique (inquiry and reworking). We then examine how such sequences can lead to a reordering of personal narratives that represents the essence of the cognitive therapeutic process: the monitoring and modifying of cognitive activity. This work also shows how the cognitive-conversational perspective can easily be used in moment-by-moment monitoring of the personal narrative reworking process, through the correlation of the conversational activities and the cognitive processes elicited in both patient and therapist. Key Words: Cognitive Psychotherapy, Cognitive-conversational Analysis, Inquiry, Reworking, Narrative Perspective. I. La metodologia di base della terapia cognitiva È stato osservato che l’approccio cognitivo alla psicoterapia nasce con l’esigenza – sentita tra gli anni 60 e 70 da alcuni terapeuti statunitensi di formazione analitica - di rinnovare la teoria e la

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prassi clinica a partire da ciò che concretamente prova e pensa il paziente fornendo un metodo per accostarsi e cogliere specifici aspetti dell’attività conoscitiva e dell’esperienza soggettiva individuale1. Il comune denominatore dell’approccio cognitivista alla psicoterapia è quello di focalizzarsi sulla cosiddetta attività cognitiva. Le terapie cognitivo-comportamentali condividono infatti tre assunti fondamentali (Dobson 2000):

1. L’attività cognitiva influenza il comportamento 2. L’attività cognitiva può essere monitorata e modificata 3. Il cambiamento desiderato del comportamento può essere facilitato attraverso il

cambiamento cognitivo L’approccio cognitivista pone attenzione alla mappa del mondo e del problema che il paziente presenta e mette in evidenza il particolare significato che il soggetto vi conferisce in linea con la ormai classica citazione del filosofo stoico Epitteto: “Non sono le cose in sè stesse a preoccuparci ma le opinioni che ci facciamo di esse”. Lo sviluppo del cognitivismo clinico ha poi portato in primo piano diversi aspetti della “attività cognitiva” dando particolare rilievo ora alla autonomia della conoscenza emozionale (Liotti 2002), ora ai processi di auto-organizzazione della conoscenza personale (Guidano 1991, Reda 1984), nonché agli aspetti metacognitivi (Semerari, Dimaggio Semerari 2003) e, seppure con diverse connotazioni, alla dimensione evolutiva della conoscenza individuale (a cominciare da Guidano, Liotti 1983). Accanto all’ampliamento del concetto di attività cognitiva anche il metodo della terapia cognitiva ha subito delle modificazioni, mantenendo comunque fondamentali aspetti di continuità. La peculiarità dei caposcuola Beck e Ellis fu di indagare intenzionalmente e sistematicamente, addestrando il paziente in seduta, le rappresentazioni coscienti e preconsce che precedono, accompagnano e seguono uno stato emotivamente problematico attraverso una procedura detta di auto-osservazione, che permette di registrare pensieri emozioni e sensazioni nel momento in cui si verificano. Beck chiamò queste rappresentazioni pensieri automatici e descrisse la sua scoperta come un modo di accedere alle esperienze dei pazienti al di là di visioni oggettivanti (vedi nota 1) e interpretazioni teoriche, che oggi chiameremmo sovrascritture (Stanghellini in press), restituendo al 1 Il tema dell’accesso conoscitivo all’esperienza soggettiva individuale è di estremo interesse scientifico e filosofico ed è tuttora caratterizzato da una innumerevole serie di questioni aperte che hanno una concreta ripercussione su come vengono studiate e trattate le esperienze di disagio psicologico. Alcuni risvolti epistemologici e teorici inerenti il metodo dell’auto-osservazione meriterebbero di essere approfonditi proprio in relazione all’accezione di self-observation -proposta da Guidano differenziandola dal self-monitoring (1995)- collegata al metodo della moviola e lo faremo in un prossimo articolo su questa rivista. Ne illustriamo qui preliminarmente alcuni aspetti attraverso le questioni poste da Giovanni Stanghellini sui limiti dell’empatia e sulle possibilità di esplorazione della soggettività tramite la negoziazione dialogica delle narrative personali. Tale modalità conoscitiva vede proprio nella tecnica della moviola una sua sistematica modalità di attuazione. “Can subjectivity be made accessible for direct examination, or does such examination necessarily imply an objectivation and consequently a falsification? The objectification of subjectivity may occur:

1. in the process of reflection (does reflection imply a third person approach to oneself?); 2. in the phenomenon of remembering (how does someone remember his past experiences as his own? Does

remembering also imply a third-person perspective?) 3. and in general in any kind of typification of personal experiences (since every type of self-awareness is

intersubjectively mediated, how does this mediation of intersubjectivity – e.g. through commonly shared meanings - modify our own experiences?).

A special kind of falsification of subjective experiences is the one entailed in personal narratives: “Does self-awareness necessarily have an egocentric structure, or is self-awareness rather the anonymous acquaintance of consciousness with itself?” (Zahavi, 1999). Are experiences related to each other and connected to an ego (as we all presuppose), or are they just fragments fluctuating in the stream of consciousness? If the latter were the case, would every narrative be an overwriting, for the purpose of meaningfulness, of originally egoless experiences? What sort of understanding is possible beyond the limitations of empathy? One possible answer is: The Narrative Approach. In this perspective understanding is not view as the effect of empathy, the “internal actualisation” of the other’s experience; rather, as the outcome of shared narratives, the point of intersection of two subjectivities” (da Stanghellini 2004, modificato).

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paziente quella sovranità sulla propria esperienza personale che la teoria e la prassi di una psicoanalisi stereotipata gli avevano tolto2. La ricerca e l’analisi – attraverso le pratiche di autoosservazione- di particolari elementi dell’attività cognitiva per poi attuarne una qualche forma di rielaborazione costituisce a tutt’oggi l’aspetto centrale della metodologia di intervento cognitivista. Se la scomposizione dell’esperienza in componenti di base secondo un modello derivante dalla psicologia cognitiva rappresentava il fulcro della metodologia cognitiva standard, l’ampliamento del concetto di attività cognitiva ha portato a indirizzare l’indagine e la rielaborazione cognitivista su altri aspetti della conoscenza personale, inerenti ad esempio l’organizzazione narrativa dell’esperienza stessa. Uno dei contributi dell’opera di Vittorio Guidano, il principale a nostro parere, è stato quello di formalizzare una metodologia di intervento cognitivista indirizzata all’analisi e alla rielaborazione della attività cognitiva attraverso la declinazione delle modalità e dei registri narrativi. Possiamo considerare questa metodologia una “espansione della procedura di base” dell’intervento cognitivista, mettendo in primo piano gli aspetti di continuità delle diverse metodologie nell’ambito della vasta area del cognitivismo clinico, e proponendone un utilizzo anche integrato rispetto alle procedure standard di intervento (Giannantonio Lenzi, 2009). Della metodologia guidaniana di analisi e rielaborazione delle narrative personali, la cosiddetta “tecnica della moviola”, daremo qui una descrizione attraverso l’analisi di alcuni brani di seduta per poi discuterne la valenza terapeutica, dopo aver detto qualcosa del tipo di analisi dei trascritti da noi utilizzato. II. Un metodo di studio -e di ricerca: l’analisi cognitivo-conversazionale dei trascritti di seduta Lo studio delle sedute di Vittorio Guidano è stato affrontato nell’ambito di un progetto di ricerca avente per oggetto le interazioni e gli scambi linguistici che avvengono nelle sedute di psicoterapia cognitiva. Le sedute, necessariamente video o audio-registrate e trascritte, sono state inizialmente analizzate mediante strumenti tecnici mutuati dalla pragmatica linguistica (teoria degli atti linguistici di Austin, logica conversazionale di Grice), da teorie dell'interazione sociale (frame analysis di Goffman) e specialmente dall'Analisi Conversazionale (AC), che dà al nostro lavoro l'orientamento metodologico di fondo. Non si sono adottate nella parte iniziale del progetto le teorie cui si riferiscono i terapeuti che conducono le sedute: in questo senso la nostra analisi, con tutti i suoi possibili difetti e pregiudizi d'altro genere, può essere considerata “neutrale” rispetto alle teorie cliniche, e mira in primo luogo a descrivere la tecnica terapeutica quale risulta dall'effettiva interazione in seduta fra terapeuta e clienti, documentabile appunto col metodo adottato3. Per conversazione si intende l’intera classe di fenomeni che coinvolgono l’attività di parola (talk in interaction) nei contesti più diversi (Galatolo e Pallotti 1999). L’idea di fondo degli analisti della conversazione è che ogni tipo di conversazione sia reso possibile dalla implicita competenza degli interlocutori su un’ampia varietà di pratiche e regole. Il fine dell’AC è quello di descrivere, accanto agli aspetti relativi ai contenuti espliciti del discorso, le tacite procedure che informano la produzione delle conversazioni. Gli studi delle interazione professionali “tendono a cogliere, in ogni tipo di incontro istituzionale studiato, i modi in cui le generali strutture dell’interazione sono 2 Questa posizione non va confusa con quella propria delle psicoterapie umanistiche che pongono l’empatia e l’autenticità come elemento caratterizzante la metodologia di intervento. 3 L’AC si basa su un metodo trasversale alle diverse teorie e modelli dei terapeuti, tuttavia può entrare in dialogo con esse secondo tre diverse modalità (Peräkylä 2003): 1. l’AC può confermare o correggere alcune assunzioni che le teorie comunemente accettate fanno relativamente

all’andamento delle sedute; 2. l’AC può fornire una descrizione più dettagliata di pratiche già descritte dai modelli correnti; 3. l’AC può aggiungere una nuova dimensione alla comprensione di una pratica descritta.

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selettivamente usate e trasformate allo scopo di portare avanti i compiti istituzionali”. Tutto questo comporta uno sforzo di descrizione del dettaglio di come il professionista e i suoi clienti eseguono il loro compito nell’interazione e attraverso l’interazione. L'analisi eseguita descrive dunque le attività che si realizzano in seduta, ovvero ciò che si fa con ciò che si dice, intendendo per “ciò che si fa” non singoli atti individuali, bensì configurazioni interattive di mosse prodotte in sequenza e manifestamente interpretate dai partecipanti. L'obiettivo della ricerca è quello di descrivere da questa particolare angolazione lo svolgersi della terapia, a vari livelli di complessità strutturale: a partire dai repertori di mosse, che vengono a costituire gli specifici tipi di attività interne alla seduta (frame), fino alla configurazione complessiva delle singole sedute e di intere serie di sedute (sequenze di frame). Applicando l’analisi a un significativo corpus di sedute, diviene possibile ricostruire la tecnica terapeutica come repertorio di attività tipiche; e si possono identificare i princìpi che organizzano l’integrazione delle attività elementari in un processo coerente – dotato di alcune costanti e molte varianti. Con un metodo simile è stata ricostruita la Intervista Circolare come specifica tecnica di terapia familiare (Leonardi e Viaro 1990); e si sono analizzate una varietà di metodologie proprie della terapia cognitiva (Lenzi e Bercelli in press). È importante ricordare che l’analista non si basa sulla propria interpretazione delle intenzioni comunicative del locutore, bensì considera come attività ciò cui i partecipanti, Terapeuta (T) e Paziente (P) nel nostro caso, mostrano l’un l’altro di essere orientati mentre le mettono in atto e reagiscono ad esse4. Nell’analisi delle sedute di terapia cognitiva (Bercelli Lenzi 1998) si è indirizzata l’osservazione su alcuni punti fondamentali:

1. descrivere i tipi di atti linguistici presenti: i singoli enunciati, le singole mosse di una conversazione, contribuiscono a realizzare attività sociali quali ad esempio asserire, esprimere uno stato d’animo, lamentarsi, accusare, comandare, incoraggiare ecc.

2. ipotizzare sistemi di regole che riflettano la distribuzione degli atti linguistici tra i partecipanti, le modalità della presa del turno e della correzione conversazionale;

3. descrivere il modo in cui le regole di interazione vengono comunicate e negoziate dai partecipanti (cooperazione);

4. descrivere le modalità tipiche di sviluppo della sequenza conversazionale; 5. descrivere le configurazioni ricorrenti (in termini di attività linguistiche, sequenze e formati

di interazione); 6. definire le competenze che vengono presupposte in quel tipo di terapia (vale a dire le

competenze necessarie per produrre quelle configurazioni conversazionali) per esempio i modi in cui il terapeuta tratta l'esperienza del paziente o esprime il proprio parere di esperto.

Le analisi hanno permesso di identificare e connotare due attività di base nelle sedute di terapia cognitiva: l’indagine e la ridefinizione (Bercelli e Lenzi 1998, 2005; Lenzi e Bercelli 1999, Lenzi e Bercelli 2006) che vanno a realizzare le due fasi principali dell’intervento cognitivista: l’elicitazione/monitoraggio e la rielaborazione dell’attività cognitiva. Nell’attività di indagine il terapeuta principalmente attraverso domande elicita informazioni riguardo ai problemi e alle

4 È importante notare come attraverso questo tipo di analisi possano essere rilevati comportamenti comunicativi

non necessariamente collegati alle intenzioni o alle esperienze interne, implicite od esplicite che siano. In questo modo la rappresentazione delle attività degli interlocutori (terapeuta e paziente) potrebbe divergere da quella da essi stessi riferita. Una simile differenziazione tra due tipi di resoconto su di sè, in prima e in terza persona se così si può dire, si realizza anche nella metodologia terapeutica presa in esame, la tecnica della moviola, in cui il paziente parla di sé stesso in riferimento a episodi interpersonali di cui è protagonista e che riferisce in seduta, sottoponendoli alla rielaborazione “della rievocazione di episodio”, ricostruendo il sé protagonista dell’episodio attraverso la sceneggiatura dell’episodio stesso vedendosi ora dall’interno ora dall’esterno. Questa è la peculiarità della conoscenza di sé sviluppata attraverso il metodo dell’auto-osservazione (Guidano 1991, 1995) che cerca di riconoscere oltre agli aspetti dell’esperienza immediata anche aspetti dell’agire comunicativo (Habermas 1981) potenzialmente eccedenti le rappresentazioni esplicite ed implicite di sé.

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vicende del paziente, in forma narrativa e non-narrativa –informazioni in senso lato: fatti, opinioni, sentimenti, ecc.- principalmente attraverso domande. Di specifici modi dell’indagine –sovraepisodica ed episodica in particolare- si dirà a proposito degli esempi riportati. Solitamente nella ridefinizione il terapeuta produce un enunciato che si presenta e viene trattato dal paziente come una riformulazione di ciò che egli stesso ha detto, o come basato su ciò che ha detto, subito prima o in una parte precedente della seduta o in una seduta precedente. In questo tipo di attività il paziente può replicare confermando o contestando o commentando o aggiungendo elementi pertinenti – contribuendo così alla rielaborazione – o limitandosi a mostrare di avere inteso. La descrizione dell’andamento di una seduta attraverso le attività conversazionali in essa realizzate può essere integrata con la valutazione di particolari aspetti delle attività conoscitive individuali, così come essi possono risultare dall’analisi del discorso praticata sempre sui trascritti di seduta. Poiché i temi delle sedute vertono comunque intorno al racconto di vicende autobiografiche abbiamo utilizzato i marcatori linguistici dell’attivazione dei sistemi di memoria, così come essi risultano dal Rating System dell’Adult Attachment Interview (Main, Goldwin in press, Crittenden 1999). Lo studio della memoria umana, così come osserva Tulving (1995, 2007), ha subito nel corso degli anni una profonda evoluzione passando dall’analisi delle performances a quella dei processi, per arrivare allo studio dei sistemi di memoria, fino ad individuare diversi sistemi di memoria separati e in interazione tra loro. Crittenden (1999, 2006) in una rielaborazione del Rating System dell’Adult Attachment Interview ispirata alla classificazione di Tulving, utilizza sei sistemi di memoria intesi come ambiti di funzionamento conoscitivo – procedurale, per immagini correlati ad un tipo di funzionamento preconscio e non verbale; memoria semantica e memoria legata all’uso connotativi del linguaggio (funzionamento conscio e verbale); memoria episodica o di fonte, memoria di lavoro che si collegano al funzionamento riflessivo e integrativo (Crittenden 2008) - per rendere conto delle varie modalità di organizzare gli stati mentali individuali in relazione a esperienze interpersonali ed emotive significative. Ci viene fornito in questo modo uno strumento per classificare e descrivere empiricamente, attraverso l’analisi del discorso, i pattern di funzionamento conoscitivo relativamente alla elaborazione delle esperienze personali. Dall’utilizzo combinato dell’Analisi della Conversazione e degli equivalenti linguistici dell’attivazione dei Sistemi di Memoria deriva un metodo di studio di quello che accade in seduta in grado di cogliere in modo integrato gli aspetti essenziali di una metodologia terapeutica. Questa metodologia integrata di osservazione realizza quella che denominiamo analisi cognitivo-conversazionale. III. La tecnica della moviola attraverso i trascritti di seduta Presenteremo ora alcuni stralci di analisi di trascritti di sedute effettuate da Vittorio Guidano e relative alla realizzazione della tecnica della moviola illustrando attraverso di essi i principali aspetti conversazionali di questa metodologia. Per una analisi più completa e documentata rimandiamo ai nostri precedenti lavori e in particolare a Bercelli e Lenzi 1998, Lenzi e Bercelli 1999, Lenzi e Bercelli 2002, Bercelli e Lenzi 2005, Lenzi Bercelli in press. I brani qui presentati risultano comunque esemplificativi delle principali macro-attività conversazionali – denominate frame di seduta- che vanno a realizzare la tecnica stessa e che risultano essere le seguenti:

I. la presentazione del problema o del tema di vita scelto dal soggetto, II. una prima modalità di indagine relativa alla ricostruzione generale degli eventi che

riguardano il tema o problema presentato (indagine sovraepisodica), III. una seconda modalità di indagine relativa alla ricostruzione dettagliata o rievocazione di un

episodio e della esperienza soggettiva del soggetto nelle principali fasi dell’episodio stesso, IV. la ridefinizione di aspetti dell’attività cognitiva esibiti dal soggetto nelle vicende in esame

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V. la riformulazione in termini funzionali del problema presentato inizialmente a cui si può accompagnare una rielaborazione del tema di vita.5

I. PRESENTAZIONE DEL PROBLEMA Riportiamo un inizio tipico della conversazione terapeutica in seduta. Dopo aver raccolto qualche dato anagrafico, T avvia così il dialogo:

T dunque, (1,0) allora, se dovessi (2,0) devi definire quello che può essere (1,0) il problema che definisce (0,5)

P hm T al momento attuale (1,0) di vita che stai attraversando (1,0) così P una cosa che mi sta preoccupando in questo fine mese che eh quando devo andare a letto, prima di andare a

dormire mi prende l’angoscia (1,0) e quando non riesco a dormire mi devo alzare e devo prendere qualcosa per addormentarmi (0,5) questo mi preoccupa perché non è mai accaduto perchè sono una dormigliona

T in che senso sei una dormigliona? P appena andavo a dormire, eh non vedo l'ora di anda' a letto, perché stanca; è una cosa piacevole (0,5) poter

andare a letto invece adesso la vivo come una situazione hm (1,0) me me la sento proprio (1,0) d’irrequietezza.

T hm hm La prima domanda del T introduce l'argomento della conversazione richiedendo una definizione di ciò di cui si andrà a parlare: "quello che può essere un problema" nella situazione di vita attuale di P. Va detto che T non dà per scontato che quello di cui parlerà P sia effettivamente un problema pertinente con il carattere dell'intervento richiesto (aspetto questo sempre importante nel momento in cui si deve decidere l'indicazione alla psicoterapia). La risposta di P individua un ambito problematico che riguarda il proprio comportamento e il livello emotivo -la difficoltà ad addormentarsi e l'emozione soggettiva di angoscia- nonchè il carattere di discontinuità con il periodo precedente e col comportamento abituale di P6. T sembra accettare la risposta di P, non interrompendo nelle pause all'interno del turno di risposta di P, e anzi chiede precisazioni riguardo al significato del termine "dormigliona", che P fornisce senza difficoltà. Con questo tipo di domande - definito domande di precisazione semantica – T si sofferma, richiedendo spiegazioni sul significato, su termini assai comuni e usati da P come se avessero un significato ovvio, che ne presuppone un’immediata condivisione. Sembra essere proprio quest'ovvietà del termine ad attivare in T questo tipo di domande, che costituiscono un non trascurabile aspetto di differenziazione dalla conversazione ordinaria. Osserviamo infine che l'enunciazione del problema viene richiesta a P in termini valutativi, attraverso l'uso di indici linguistici che la contrassegnano fin dall'inizio come un parere opinabile, riservando così a T la possibilità di replicare in proposito. Cosa che farà nella fase finale della seduta, nell’ultimo dei brani qui riportati. II. INDAGINE SOVRAEPISODICA 5Per facilitare la lettura del trascritto, usiamo solo alcune delle notazioni usuali nell’analisi della conversazione:

((ride)) descrizione di elementi dell’interazione non resi dalla trascrizione (0,5) pausa e sua durata in secondi COME parole pronunciate a voce più alta come parole pronunciate con un’enfasi particolare co- parola lasciata a metà . ? , i segni d’interpunzione indicano l’intonazione corrispondente, rispettivamente, alla conclusione di un enunciato, a un

enunciato interrogativo e a una continuazione discorsiva. ( ) parole non capite da chi ha trascritto [...] alcune battute del dialogo vengono omesse come turni o parti di turno analizzati in dettaglio nel commento 6La definizione del tema presentato non è mai scontata e una sua condivisione rappresenta un passaggio di estrema importanza. Spesso tale

definizione viene articolata dal terapeuta in modo assai complesso e secondo sequenze ben definite che variano a seconda del tipo di problema presentato o del tema analizzato. Sono aspetti che non troviamo in questo brano.

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Vediamo ora nel frammento immediatamente successivo al precedente alcune caratteristiche relative a come T procede nella conduzione della conversazione terapeutica.

P quindi T ((interrompendo)) ed è cominciata quando? un mese fa? P sì, è circa un mese che hm io mi ricordo a associata a un periodo in cui ero molto affaccendata sia a casa che al

lavoro, avevo anche delle lezioni da fare, quindi le facevo- facevo i lucidi preparavo le diapositive per queste lezioni la sera tardi e quando andavo a letto c'avevo proprio questa- è iniziato proprio da questo periodo proprio l’ansia (0,5) di dover andare a dormire.

T hm. dunque, (1,0) un mese fa è- diciamo era a metà di marzo? (0,5) P sì, sì.

Assistiamo fin da queste prime battute ad una definizione attiva da parte del terapeuta sia delle modalità di organizzazione della conversazione che del tipo di contenuti in essa affrontati. Osserviamo nel primo turno di questo frammento un fenomeno di primaria importanza per quel che riguarda la direttività e la costruzione del frame di indagine: T interrompe il turno di P, che probabilmente avrebbe voluto aggiungere qualcosa riguardo alla propria irrequietezza (una considerazione generale forse - la congiunzione conclusiva “quindi” lo lascia intendere) e fa una domanda di precisazione. Le regole del gioco linguistico si impostano fin dall'inizio, e come in questo caso senza difficoltà, visto la disciplinata risposta di P, che rinuncia a riprendere il discorso interrotto da T. E’ T che dirige la conversazione attraverso le domande, mentre P ha il compito di rispondere. T si riserva inoltre di accettare, confermandole con cenni a proseguire o anche di approvazione, le risposte di P oppure, come in questo caso, ha la facoltà di interrompere il turno di P, facendo una ulteriore mossa (la domanda di precisazione in questo caso). Ne deriva un tipico micro-andamento dei turni di parola tra i due partecipanti alla conversazione che assume questa configurazione: 1° mossa domanda di T 2° mossa risposta di P 3° mossa apprezzamento, da parte di T, della risposta e sua nuova prima mossa Se la risposta viene apprezzata come adeguata la nuova 1° mossa consiste in una nuova domanda dell’esperto, se invece la risposta non è considerata adeguata vi sarà un apprezzamento della risposta come almeno in parte inadeguata e un'altra 1° mossa che insiste sul medesimo punto, di solito ripetendo o riformulando la stessa domanda, o domandando chiarimenti o precisazioni. Questo tipo di conduzione, che è propria della tecnica di questo terapeuta , individua un tipo di frame che chiamiamo indagine. Attraverso la prerogativa di porre domande T è in grado di selezionare i contenuti della conversazione. Qui infatti, piuttosto che lasciar proseguire P nella sua esposizione, T mantiene, attraverso la prerogativa del porre domande, uno stretto controllo sulla conversazione sia nella sua struttura che dal punto di vista tematico e si orienta alla ricostruzione dei fatti relativi all'insorgenza del problema in questione. La successiva domanda ("è cominciata quando? un mese fa?") può essere considerata un’altra domanda di precisazione e la risposta è fornita da P in termini di eventi concreti. Troviamo qui, accanto all'aspetto della direttività, quello che rappresenta il principale vincolo tematico che T impone allo sviluppo della conversazione, ovvero il privilegiare e l'attenersi alla descrizione degli eventi. In effetti le diverse mosse di T, e in particolare le serie di domande di precisazione, portano invariabilmente a riferire i problemi (ed eventualmente le affermazioni o giudizi generali proposte spontaneamente da P) ad avvenimenti concreti: ogni aspetto problematico viene descritto in riferimento a quanto è successo e quindi viene esposto nei termini degli eventi - osservabili - che lo caratterizzano.

T ti ricordi? la prima volta che ti (0,5) ti è successo per la prima volta che ti sei accorta che c'avevi questi P eh la prima volta, la la notte precedente alla lezione che dovevo fare la prima lezione che dovevo fare (0,5) a

un workshop ( ) quel workshop T come era saltata fuori questa cosa di- di stare al workshop ( ) di questa lezione che dovevi fare

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P e il docente mi aveva proposto questo insegnamento o- e (0,5) io all’inizio volevo rifiutare ((tono quasi ilare)) poi

T quand’è questa proposta che periodo è? (1,0) P (0.5) i primi di marzo T primi di marzo (2,0) P poi dopo non ho avuto la possibilità cioè non ho voluto poi rifiutare ((voce incrinata come per accenno di

riso)) perchè anche perché lui mi ha detto, hai tre minuti per decidere (1,0) T allora P ecco ((ridendo)) T di tempo te n’ha dato ((ironicamente)) ( ) mentre te lo diceva, te P hm, sì. T quando te lo diceva te l’aspettavi che ti facesse questa proposta P NO T questa proposta o no? P no.

Nel turno iniziale di questo brano T fa una domanda ("ti ricordi la prima volta") attraverso cui sembra voler richiedere a P uno sforzo ulteriore di dettaglio nella ricostruzione dei fatti. L'esito sembra essere soddisfacente e T e P si addentrano nella ricostruzione degli antefatti alla "prima volta", individuando in particolare il momento preciso in cui venne decisa la lezione, precedentemente alla quale si verificò per la prima volta il problema. In relazione a questa particolare circostanza, l'indagine di T viene a toccare un ambito tematico fino a quel momento non esplicitamente toccato, cioè aspetti relativi alla esperienza soggettiva di P: dopo uno scambio informale in cui T si permette un commento ironico sulle modalità del docente, T inizia infatti a indagare sulle aspettative di P. Nel porgere la domanda T fa una precisazione temporale ("quando lo diceva"), specificando il momento preciso in cui si chiede se P avesse o meno una determinata aspettativa. P è indotta a porsi come osservatore di sé stessa e di certi aspetti della propria esperienza, trattata da T come registrabile osservativamente da P stessa. P pure viene considerata in grado di particolareggiare la propria esperienza interna incrementando il resoconto di diversi tipi di dettaglio7

. Anche gli aspetti interni dell'esperienza soggettiva, le aspettative in questo caso particolare, vengono trattate nel frame di indagine come un comportamento osservabile, di cui è possibile chiedere notizia o conferma8. Questa domanda risulta interessante anche in quanto indicativa del modo con cui T tratta l'esperienza del paziente e in particolare dell'assumersi il diritto di fare ipotesi o affermazioni su di essa. La domanda infatti può essere considerata una domanda informativa, cioè una domanda che in realtà introduce un punto di vista o una ipotesi di T, ovvero il fatto che P potesse avere delle aspettative e in particolare quella aspettativa. Si noti però che T chiede conferma della sua ipotesi, astenendosi dall’asserire alcunchè riguardo ai contenuti specifici dell’esperienza soggettiva di P. Precisando quanto emerso dai brani analizzati con ulteriori dati provenienti dall’analisi del nostro corpus di sedute guidaniane, proponiamo una schematizzazione di alcuni aspetti relativi al problema presentato dal paziente che risultano significativi per l’indagine sviluppata dal terapeuta:

• il problema è trattato come una somma di momenti problematici. “Above all, it is always necessary to start from an event, or a series of events that can be chronologically organized and consequently analyzed one by one. Basically, any problem presented by a patient can be

7 Il paziente viene trattato da un punto di vista conversazionale come competente nel registrare aspetti della propria esperienza

(vedi il punto 6 degli oggetti di osservazione nel paragrafo 2). È possibile che questa modalità lo favorisca nell’attivare le proprie competenze metacognitive, rendendo quindi la procedura utile dal punto di vista terapeutico fin dalle sue prime fasi (vedi Semerari 2000 sulla funzione terapeutica del monitoraggio metacognitivo).

8 L’incremento di dettagli sia interni che esterni si viene a determinare una modificazione di alcune delle consuete modalità con cui nella conversazione ordinaria si raccontano episodi autobiografici, ad esempio le valutazioni che risultano proprie di resoconti sommari (Guidano 1999, Bercelli 2002) e anche altre modalità quali richieste di consenso, accuse, collusioni, ecc (vedi Crittenden 1999). Tali modalità - che costituiscono una sorta di presentazione di sé tipica del raccontare episodi personali (vedi su Goffman Bercelli, Leonardi e Viaro, 1999) - qui vengono messe tra parentesi e in un certo senso sospese, aprendo lo spazio per una diversa modalità di elaborazione, narrativa e conoscitiva, degli episodi stessi. Una delle abilità base del terapeuta cognitivista, probabilmente la principale secondo questa prospettiva, consiste proprio nel costruire - anche gestendo le inevitabili insubordinazioni di P alla costruzione e mantenimento del frame - dei particolari formati interattivi in cui possano trovare spazio gli episodi di vita dei P senza il condizionamento delle esigenze di "faccia" o di rimessa in scena come diremo più avanti, in modo da rendere possibile una rilettura ovvero il riarrangiamento dell'esperienza (problematica) stessa in una integrazione riflessiva.

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reformulated in terms of the events that have created it and to which it refers.” (Guidano 1991 pag 100, 1995 pag 157).

• P è invitato a fare una esposizione generalizzata dei fenomeni da lui ritenuti critici, sebbene possa riferire eventi particolari, da intendersi talvolta come emblematici.

• Compaiono nel resoconto termini generici che racchiudono una gamma di possibili significati più specifici e alternativi (significato personale).

• I fenomeni problematici avvengono in situazioni diverse per contesto sociale (privato o professionale, ad esempio), per individui coinvolti, o per altre variabili– differenziabili nell’esposizione iniziale in modo solo approssimativo.

• I confini del fenomeno problematico che lo delimitano come oggetto unitario di discorso sono sfumati; sarà perciò sfumato ed elastico l’ambito degli antefatti e dei seguiti rilevanti.

• Un problema candidato ad una psicoterapia può venire riferito come un intreccio assai complesso di fattori esterni e interni alla sua mente: nel suo resoconto facilmente P evidenzierà gli uni a scapito degli altri oppure li sovrapporrà indebitamente – mentre entrambi gli ambiti, accuratamente distinti, sono essenziali in una terapia cognitiva.

• P tende a fornire nella sua esposizione iniziale una scansione temporale molto approssimativa del fenomeno problematico.

In relazione a questi aspetti le informazioni ricercate dal terapeuta nel corso dell’indagine sovraepisodica risultano le seguenti:

• il significato personale che il cliente attribuisce ad alcuni termini che compaiono nel suo resoconto;

• l’eventuale varietà dei contesti situazionali in cui avviene il fenomeno problematico; • gli antefatti e i seguiti, potenzialmente rilevanti, non esplicitati dal cliente nella sua versione

iniziale; • la scansione temporale degli eventi narrati, specialmente di ciò che succede nei momenti

problematici; • gli elementi, potenzialmente rilevanti, dei momenti problematici che nel resoconto del

cliente appaiano sottaciuti o indifferenziati, specialmente rispetto alla distinzione interno/esterno.

III. RIEVOCAZIONE DI EPISODIO

T oh, e come? in questo contesto qua, vediamo come sorge la prima volta che c'è sta difficoltà ad addormentare. (2,5)

P la prima volta pensavo al fatto che mi dovevo svegliare la mattina prima, due ore prima, così e mi rivedevo tutto se (0,5) andava bene (0,5) perché (0,5) due ore di lezione, cioè c’avevo paura dei buchi, quindi magari hhmm se finisco un quarto d’ora prima, poi dopo il quarto d’ora facciamo la discussione, e qui (0,5) cioè, volevo organizzare un po’ bene a controllare anche il tempo che ci mettevo per

T quindi la prima volta che ti è successo la mattina dopo dovevi fare sta lezione qui P sì. T quindi, il programma era che tu ti dovevi svegliare due ore prima per farti proprio il la scaletta il timinig P hm eh, sì infatti, era T bene. e dopo di che come succede che sei entrata in difficoltà? vai a letto e che succede P cioè mi sento proprio un l’ansia, tremore, (1,0) e proprio inizio anche a tremare proprio, freddo, T oh, sei a letto? P sì.(1,0)

T inizia in questo brano una nuova sequenza di indagine che presenta alcune caratteristiche diverse. Nel porre la prima domanda infatti troviamo la glossa organizzativa "vediamo" e un sommario riassunto "in questo contesto qua" che connette quello che si dirà a quanto è emerso sinora. La domanda richiede alla solita maniera l'andamento dei fatti relativi alla prima volta "che c'è sta difficoltà" ad addormentarsi, riprendendo quanto chiesto a inizio seduta. Seguono due riassunti, mediante i quali T costruisce lo scenario antecedente alla comparsa della difficoltà, per poi far andare avanti la sequenza narrativa, chiedendo che "succede dopo". Le

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domande sono poste al tempo presente e contengono riferimenti al contesto concreto in cui la P protagonista dell’episodio si trova, modalità queste che favoriscono quella che possiamo considerare una approfondita rievocazione dell'episodio. Quando il terapeuta chiede al paziente di ricostruire nei dettagli un determinato episodio autobiografico può ottenere, quanto ai contenuti, un resoconto di un intreccio di eventi oggettivi, percezioni, sensazioni, rappresentazioni, valutazioni. La peculiarità di questo specifico frame che chiameremo frame di rievocazione dell'episodio non dipende comunque tanto dalla natura dei contenuti, quanto dal fatto che il discorso del paziente e del terapeuta si riferisce stabilmente, per un lasso di tempo non momentaneo, ad un complesso oggetto unitario che sembra comparire concretamente sulla scena dell’interazione: l’episodio rievocato nelle diverse modalità rappresentazionali del paziente. L’episodio rievocato, delimitando fortemente l’ambito di pertinenza della conversazione, garantisce una speciale stabilità tematica e una convergenza d’attenzione su di un determinato oggetto. Sebbene qualcosa di simile possa avvenire anche negli altri frame finora considerati, sembra qui esserci un netto salto di qualità. Notavamo in un precedente lavoro che si tratta di qualcosa di analogo a quello che avviene quando medico e paziente passano dall’anamnesi alla palpazione di un organo che potrebbe risultare dolente (Bercelli Lenzi 1999). Notiamo inoltre che da un punto di vista dei processi conoscitivi il terapeuta, focalizzando se stesso e il paziente su questa attività, facilita l’altro nel difficile compito di mantenere vivido lo stato di rievocazione dell’episodio, permettendo l’attivazione prolungata e condivisa di specifici sistemi di memoria (memorie per immagini, memorie procedurali contesto e stato dipendenti) e rendendo questi accessibili alla conoscenza riflessiva in un modo non usuale (Guidano 1995). Vediamo come prosegue la rievocazione e come vengono realizzati questi modi non usuali di accesso riflessivo alla conoscenza di sè.

T l’ansia dove l'avverti P al- al livello ipogastrico T * e come ti accorgi che è ansia? (2,0) P perché me la sento dentro, cioè proprio un tremore interno che poi dopo diventa anche esterno T vabbe’ P cioè proprio evidente perché inizio proprio a ballare sul letto T ° eh però, dico, ma vedo che non te n’accorgi semplicemente per questo perché se uno c'ha una specie di cosa

dentro P perché è antecedente, (0,5) prima ( ) T ° ho capito, c'avrà anche dei contenuti ma mentre stai a letto ti immaginerai anche delle cose, domani mattina

c’hai sta lezione, P no, sul livello immaginativo no (1,0) T e come fai a differenzia' sta cosa P cioè dico ma che mi prende, ma perché non dormo? se c’avevo sonno. tanto quando smetto, è perché c’ho

sonno T hm hm. P quindi, vado a letto, mi metto sul letto e non riesco è come se dovessi ricomincia’ la giornata, come se magari

mi fossi svegliata in quell’istante e ricominciare e iniziare proprio la giornata no? invece (1,0) ( ) T ma in quel caso lì, in quella sera lì inizia’ la giornata che significava? fare lezione il giorno dopo. P hm hm. (0,5) T quindi che significa, che avrebbe significato ricominciare la giornata? (0,5) P preparare il il programma co- che avevo deciso. T cioè, non aspettare le due ore prima ma preparartelo subito. P hm. T quindi, ci pensavi a sta cosa. P sì, sì. (0,5) T ** quindi l’ansia era riferita a questo (0,5) P sì (0,5) T e- e in che che modo sentivi l'urgenza di farlo subito e non di farlo due ore prima come l’avevi deciso? due

ore prima di andare (1,0) P perché pensavo magari se non- se- se non riesco a svegliarmi oppure non faccio in tempo perché ci metto più

hmmm sono molto lenta al mattino, in bagno, poi dico che quindi magari non c’è tempo, oppure devo fare una cosa veloce, e allora (1,5)

T qui (1,0) c’avevi praticamente il dubbio che forse se- rispettato il programma di alzarsi due ore prima, forse non avresti fatto in tempo a farlo.

P hm.

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In questa sequenza T, dopo aver elicitato il contesto situazionale dell'episodio, si concentra sull'esperienza soggettiva di P, un'esperienza di ansia, utilizzando inizialmente una domanda di precisazione ("dove l'avverti") che presenta caratteristiche simili ad altre viste in precedenza e inerenti alla sequenza denominata “come è fatta l'esperienza” (Bercelli, Lenzi 1998). Nel proseguire T sembra fare un passo in più, richiedendo a P di descrivere come "si accorge" che si tratta di ansia. La domanda in effetti contiene come presupposto l'affermazione che ci si accorge che l'ansia è ansia in un qualche modo e che è possibile riferire su questo. La sequenza che segue presenta caratteristiche che individuano un particolare tipo di attività che possiamo considerare intermedia fra l’indagine e la rielaborazione. Il T infatti può rilevare un’incongruenza fra alcune delle cose che ha detto il paziente, e solitamente gli chiede di modificare il suo resoconto in modo da eliminarla. Nella terapia cognitiva post-razionalista una forma particolare d’incongruenza è la lacuna descrittiva: P presenta come esauriente la descrizione di un'esperienza mentre T mostra di non accettarne la validità, e chiede quindi di colmare la lacuna con una serie di domande di spiegazione. Vi è una sottile differenza rispetto alla domanda di precisazione: in questa viene chiesto a P di dire qualcosa che dovrebbe sapere e dire senza problemi, in quella invece gli viene chiesto di risolvere un problema ("come fai a differenziare") e corrispondentemente la risposta di P potrà essere problematica. Il terapeuta può aiutare il paziente a sanare l’incongruenza, la lacuna descrittiva, proponendo qualche elemento del suo modello dell'esperienza, nei modi che ora vediamo. La risposta che P offre non soddisfa T, il quale evidenzia l'incongruenza (e lacuna) attraverso affermazioni da esperto (°): un'ansia deve avere dei contenuti, magari sul livello immaginativo. Anche qui, come sopra, T non si arroga il diritto di sapere cosa immagini P ovvero non si attribuisce la facoltà di particolareggiare nello specifico contenuto la sua esperienza, ma sa che P come ogni essere umano non può avere ansia solo a partire da un tremore somatico, senza cioè che ci sia un contenuto conoscitivo. T insiste finché non ritiene colmata la lacuna, ovvero finché non rinviene qualcosa a cui l'ansia può essere riferita (**), per poi procedere nell'indagine sull'ansia ancora per un turno chiedendo precisazioni sul modo di percepire l'urgenza e riassumere conclusivamente il contenuto dell'esperienza di ansia. La sequenza esaminata può essere vista anche prendendo in considerazione la dimensione dettaglio/sommario (Bandler Grinder 1975a, 1975b, Jefferson 1985, Bercelli 2002) osservando il movimento ciclico della sua articolazione: sommario ricerca di dettagli nuovo sommario9. Questa ciclicità è uno degli aspetti che caratterizza la metodologia terapeutica della moviola in quanto si realizza nella produzione di resoconti sia a livello di un singolo episodio che a livello più ampio relativamente alla descrizione di più episodi e del problema stesso. Prima di proseguire nell’analisi dei brani andiamo a schematizzare i principali aspetti conversazionali che caratterizzano la rievocazione di episodio. Per facilitare il recupero mnemonico di circostanze contestuali e di altri elementi sottaciuti o dimenticati T:

a. chiede in particolare al paziente di rievocare circostanze concrete apparentemente marginali, che lo aiutano a ravvivare la memoria, quasi rivivendo l’evento in questione,

9 Il P che racconta un episodio della sua vita seleziona drasticamente i particolari e talora più o meno inconsapevolmente li distorce per fare emergere una versione dell’episodio in linea con i suoi schemi cognitivi espliciti o linee di presentazione di sè T, volendo andare al di là del resoconto abituale, deve sollecitare la descrizione di aspetti e dettagli dell’episodio che il paziente spontaneamente non riuscirebbe a rievocare. “Tanto più concreta è la rappresentazione tanto più le valutazioni emozionali sono aderenti all’esperienza trascorsa” (Wiedemann, 1986, p 66) fino ai resoconti “spogliati di ogni presunzione” di Perec (1978). Va inoltre segnalato, rifacendosi ad alcuni lavori di Analisi della Conversazione ripresi recentemente da Bercelli (2002), che particolareggiando un episodio narrativo che risulta sommario, nelle conversazioni ordinarie si sostiene dell’interpretazione dei fatti da esso veicolata (Jefferson 1985). Il sistematico unpackaging realizzato tramite la rievocazione consente a terapeuta e paziente di modificare il rapporto tra “fatti concreti” e valutazioni, facilitando la costruzione di nuovi resoconti sommari.

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b. richiede una minuta scansione temporale della sequenza di eventi e comportamenti con una pignoleria che si può ritrovare soltanto negli interrogatori giudiziari o simil-giudiziari, anche questo mediante ripetute domande di precisazione,

c. talvolta introduce corrispondenti glosse di conduzione che organizzano lo svolgimento del discorso, ad esempio “qui bisogna andare al rallentatore”.

Un evidente tratto della ricostruzione degli episodi è la focalizzazione su aspetti del comportamento e sull’esperienza soggettiva del protagonista dell’episodio, quasi a costruire un resoconto documentaristico come diremo in seguito. È stata rilevata la costante presenza di una serie di domande di precisazione denominate “sequenze su come è fatta l'esperienza” che si ispira ad un particolare modello cognitivista degli ingredienti dell’esperienza soggettiva (Giannatonio, Lenzi 2009 pag 27 e sg., pag 61 e sg.). Un aspetto che rivela la metodicità del terapeuta in questa disamina e che è caratteristico della visione guidaniana del livello tacito della conoscenza personale consiste nella frequente comparsa e ripetizione di domande di repertorio, quali “che effetto ti fa?”, “come l’avvertivi?”, “che senso ti dà?”, e simili. Specialmente riguardo ad esse si intensificano nel corso della ricostruzione stessa le manovre a, b, c. Un ulteriore elemento conversazionale relativo a come viene trattata l’esperienza soggettiva è che T può valutare come insoddisfacente o insufficiente una risposta di P relativa alla sua stessa esperienza, ripetendo più volte la domanda e talvolta dicendo esplicitamente che c’è una incongruenza o lacuna, o comunque qualcosa da correggere o da spiegare, nel resoconto appena prodotto da P. In queste occasioni T evita di fornire lui stesso la correzione richiesta, limitandosi a fornire qualche commento su come si articola in generale l’esperienza soggettiva che chiamiamo inserto didattico (Bercelli Lenzi 1998) o al più ipotizzando qualcosa e chiedendo al paziente di confermare, rispettando la priorità della competenza del paziente riguardo ai contenuti della propria esperienza soggettiva. Segnaliamo infine che, a conclusione della sequenza di rievocazione, solitamente la ricostruzione dell’episodio viene momentaneamente abbandonata, generalmente dopo che un elemento dell’esperienza soggettiva di P è stato riferito o confermato da lui e apprezzato come significativo dal T, per essere poi ripresa a distanza di tempo nella stessa seduta o in sedute successive. Può avvenire anche che il medesimo episodio venga ricostruito e ripercorso più volte, consecutivamente o a distanza, con gradi variabili di focalizzazione su determinati passaggi e aspetti del comportamento o dell’esperienza di P. Talvolta la ricostruzione dell’episodio si conclude con un commento riassuntivo in cui T richiede o fornisce una sua rielaborazione dell’esperienza soggettiva e su questa base del possibile significato complessivo dell’episodio per P. È quanto vedremo ora nel proseguire della seduta dove emerge un ulteriore fondamentale aspetto delle attività conversazionali tipiche di questa metodologia terapeutica. IV. RIDEFINIZIONE

T e poi, quando vai lì a far sta lezione, come va? (3,0) P cioè, l’impatto è stato (1,0) hh T questa cui riferiamo questo periodo qui era era ( ) la prima P la prima lezione, sì perché io non sapevo dove andare, non sapevo (0,5) hhe niente, non sapevo la classe,

non non avevo proprio idea di di come organizzarla, cioè non sentivo proprio ((ride nervosamente.)) quasi che non fossi all’altezza della situazione.

T hm P (1,0) e poi, (sono) T questo an andando? P hm (1,0) T * senti, mentre andavi e c’avevi sto senso quasi di non sentirti all’altezza della situazione, no? (que) P sì. (1,0) T * come t’immaginavi che saresti dovuta essere quello che avresti dovuto sapere per sentirti all’altezza

della situazione P il professore. T cioè? (0,5) P dovevo ((voce incrinata, leggermente ridente)) essere lui. (1,0)

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T in che senso dovevi essere lui? P con la sua esperienza. [..]

P allora, ecco hm il fatto del primo livello mi dava la tranquillità magari rispetto al secondo e al terzo Abbiamo visto che T affronta l’andamento di un episodio a partire dalla precisazione delle circostanze contestuali e della successione cronologica, per poi indagare l’esperienza che P si trova ad avere in un preciso momento e contesto. Per quanto riguarda l’inizio di questo episodio notiamo che è T stesso a precisare nella sua prima domanda le circostanze spazio-temporali (episodiche), mentre P riferisce nella sua risposta un aspetto relativo all’esperienza del proprio sentirsi in quella situazione. E' probabilmente il potersi riferire a uno sfondo di circostanze fattuali ben precise che consente a T di concentrarsi, nel seguito della sequenza, su un aspetto particolare dell’esperienza soggettiva di P, cioè il fatto che non si sentiva all’altezza della situazione. La domanda che nei due turni seguenti (*) T rivolge a P su questo aspetto della propria esperienza è senza dubbio particolare. Se infatti da una parte viene rimarcato il carattere situato dell’esperienza stessa precisando nella domanda la scansione temporale (“mentre andavi…”), dall’altra T sembra richiedere una certa elaborazione sul piano cognitivo del "non sentirsi all’altezza", riferendosi agli aspetti che soddisferebbero tale criterio: "come saresti dovuta essere per sentirti all'altezza". La risposta di P evidenzia bene il criterio richiesto (essere come il professore), e lo fa con un enunciato che riguarda il proprio modo unico e per così dire idiosincrasico di interpretare e quindi vivere la situazione in questione. E’ la chiara e condivisa esplicitazione di questi aspetti relativi all'atteggiamento personale di P che consente ora a T di cambiare registro e di procedere diversamente, non più facendo domande, o enunciati ad esse collaterali. Vediamo di cosa si tratta.

T quindi ecco voglio dire il fatto che era il primo livello P se io il primo livello, T il fatto che era il primo livello significava che era P quindi già hh T era un una una condizione già(.) minima P esatto. sì, era T quello che non ho capito è hh (0,5) come, tu, ti saresti sentita, insomma, tranquilla, all’altezza P hm T se in questa condizione minima, che era al primo livello, P hm, hm. T però c’avevi una preparazione massima, (1,5) come il professore. P hm (6,0) P se io avessi avu se io T eh, eh. (.) quello che colpisce proprio è questo qui: per sentirti all ’altezza P hm (0,5) T tu, rispetto a una situazione che (.) ritenevi affrontabile perché era (.) minimale del primo livello no? P hm T però a questo minimale la tua risposta era che dovevi avere una preparazione massima come il professore P certo è perchè (1,0) T cioè voglio dire è il massimo come minimo? P eh. T come minimo è il massimo. P sì. eh. (1,0)

Esaminando questa sequenza possiamo subito notare, a proposito degli interventi di T, che non si tratta più di sole domande, quanto piuttosto di una serie di affermazioni sull’esperienza e sull’atteggiamento di P in quel particolare momento dell’episodio. T introduce i suoi interventi con alcune marche e glosse ("quindi", "ecco", "voglio dire", "quello che non ho capito", "quello che colpisce"), che sembrano volerne evidenziare il diverso carattere rispetto alle proprie precedenti enunciazioni e cioè non più quello di domande oppure affermazioni di validità generale, ma piuttosto quello di commento e giudizio sugli atteggiamenti e sull'esperienza personale di P, pur nel riferimento a quanto è appena emerso nell’indagine. In effetti sinora T si era attribuito nei suoi commenti il ruolo di esperto generale della struttura dell’esperienza, della sua grammatica e della sua sintassi, senza voler mai entrare nel merito dei contenuti dell’esperienza stessa, di cui il principale esperto risultava esser sempre e comunque P stessa.

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Vediamo invece qui come T possa, a certe condizioni, spingersi oltre questi limiti, contribuendo in modo più diretto alla definizione della situazione con una serie di affermazioni che definiamo parere da esperto: T, dopo avere raccolto una mole di informazioni sull’andamento oggettivo e soggettivo dell’episodio, ha la possibilità di proporre una sua ridefinizione dell’andamento delle cose, che solitamente tende a sottolineare aspetti di come P si è comportata o di ciò che ha effettivamente esperito, sulla base di ciò che P stessa ha riferito durante l’indagine. Questo tipo di intervento generalmente conclude lo sviluppo di un tema, l’indagine di un episodio o di una parte significativa dello stesso e riguarda, come abbiamo detto, il caso particolare, cioè il contenuto specifico dell’episodio e dell’esperienza di P10. In questa sequenza abbiamo dunque una serie di pareri dell’esperto mediante i quali T delinea quella che ai suoi occhi di osservatore, comunque esperto, appare come una caratteristica centrale dell’atteggiamento di P nella situazione della lezione. Definiamo frame di ridefinizione la particolare configurazione conversazionale determinata da questa serie di interventi, la quale risulta caratterizzata principalmente dal fatto che i due interlocutori si trovano a fare asserzioni riguardo a un episodio (a una serie di o una parte di) già raccontato godendo per così dire degli stessi diritti e vincoli di commento e sottolineatura, potendo magari anche avere pareri differenti che possono venir discussi. Infatti P ha diritto di intervenire sulle affermazioni di T, e anche di replicare, e può farlo in un certo senso alla pari del terapeuta in quanto osservatore di sé stesso, col vincolo preciso di attenersi ai riscontri osservativi al momento emersi in seduta, appunto alla pari di T. V. RIFORMULAZIONE DEL PROBLEMA Dopo aver esaminato le attività di indagine e di ridefinizione, consideriamo un brano relativo alla conclusione della seduta quando T è giunto oramai alla conclusione dell'iter cronologico di indagine sull'andamento degli avvenimenti ed ha evidenziato, attraverso il recupero di aspetti situati e ordinati dell'esperienza di P, quello che lui ha più volte definito il tema, ovvero un aspetto centrale dell'esperienza di P. T si accinge qui a concludere la seduta e lo fa riprendendo da dove lui e P erano partiti, cioè dal problema presentato. Il problema viene riaffrontato a partire dalla "spiegazione" che P ne dava. Vediamo come.

T senti tu questo tema qui del non dormire, sta paura di non essere all'altezza di far ste lezioni ci convivi diciamo da un mesetto

P m T come è stata la convivenza con sto problema. Sto mesetto che te sei trovata di fronte P di irrequietezza T ho capito, ma che ne pensi, come te lo sei spiegato. In questi tuoi 34 anni di vita P (interrompe) cioè io me lo so' spiegato che prima avevo il giusto tempo per l'impegno che avevo preso, ora

tutti questi impegni e la mia incapacità a non ad a non rifiutarmi, quindi ad accettare tutto quello che mi viene offerto

T * questa è la difficoltà che dicevamo a rifiutare (6) quindi più che altro (..) c'è un atteggiamento assecondante e compiacente è come se trovassi più naturale aderire alle aspettative degli altri che non

P sì eh effettivamente La sequenza presenta da un punto di vista conversazionale alcune caratteristiche tutto sommato abbastanza facilmente delineabili in quanto collegate alle attività precedentemente svolte in seduta. L'intervento chiave, che contribuisce a definire il formato della sequenza, risulta essere quello con cui T nel suo terzo turno di parola chiede a P quale fosse la sua spiegazione del problema, dopo aver accostato in un breve riassunto informativo il fatto del non dormire alla paura di non essere all'altezza. T cioè riassume i propri pareri da esperto finora espressi, riferendoli alla valutazione del

10 Non dovrebbe sfuggire la differenza fra due particolari interventi di T, costituiti da affermazioni e non da domande, che abbiamo finora incontrato: l’inserto didattico da esperto e il parere da esperto. L'inserto didattico è formulato parenteticamente all’interno dello sviluppo di un tema (all’interno di un frame di indagine) e riguarda questioni generali dell’organizzazione dell’esperienza soggettiva (indipendenti dall’individualità del paziente sebbene applicabili anche a lui) di cui T rivendica implicitamente un’esclusiva competenza rispetto al paziente. L’intervento è in un certo senso funzionale all’indagine e a P non è consentito replicare, in quanto le affermazioni di T non riguardano p singoli contenuti della personale esperienza di P, di cui egli rimane l'esperto in modo altrettanto esclusivo.

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problema e in particolare collegandosi alla definizione inizialmente proposta da P. Si ritorna quindi qui ad un resoconto sommario in cui trovano spazio, per quanto riassunti, gli elementi emersi nell’indagine comprensivi delle valutazioni espresse da T in forma di parere. Attraverso queste mosse viene impostata da T l'attivazione del frame conversazionale di riformulazione del problema, in cui P è invitato a riflettere sul proprio comportamento e sulla propria esperienza, aiutato dal fatto di poter guardare a tali aspetti – relativi ad episodi rievocati nell'indagine - da una prospettiva privilegiata di osservatore. E' questo il formato conversazionale che può consentire a T di proporre una propria versione (punteggiatura) degli eventi ora disponibili ed eventualmente di negoziare con P sulla stessa, senza con questo ledere quelle prerogative di P riguardanti la sua competenza sulla propria esperienza, che si erano venute a delineare in precedenza. In effetti, procedendo nell'analisi del dialogo, possiamo notare che, rispetto alla risposta iniziale di P, i successivi interventi di T sono introdotti da avversativi e propongono contenuti ben precisi e alternativi alla spiegazione di P. A tale nuova prospettiva P mostra di assentire solo dopo un ulteriore supplemento di indagine, omesso nella trascrizione per ragioni di brevità, che elicita un aspetto dell'esperienza di P, quello relativo all'incapacità a rifiutarsi, che in qualche modo potrebbe confermare la ridefinizione del T. A questo punto, ottenuto l'assenso di P, T può avviarsi alla conclusione estendendo ulteriormente il suo discorso di ridefinizione che arriva a comprendere la globalità del problema di P.

T anche perchè sembrerebbe che il senso di te che viene dall'aderire alle aspettative degli altri è un senso di te di persona accettabile e competente

P m T m si vede abbastanza bene credo che sia questo qui il tema da sarebbe questo qui il tema da dipanare un po' P m T più che un discorso di difficoltà di adattamento insomma sembra che questa sia stata una situazione in cui c'è

una vigilanza al 110% per essere in grado di poter rispondere alle aspettative di fare lezione come l'avrebbe fatta il professore

P m T va bè possiamo concludere

Vediamo nei turni di quest’ultimo passaggio come T ribadisce conclusivamente la sua visione complessiva del problema con un parere dell'esperto che potremmo definire per certi versi addirittura diagnostico, realizzando una vera e propria riformulazione del problema in termini di funzionamento conoscitivo. In questo senso, riferendoci al corpus complessivo delle sedute guidaniane, abbiamo potuto osservare che nel fornire i propri pareri da esperto T attribuisce al cliente una particolare modalità personale di sentire e rappresentare se stesso e l’altro, e la relazione fra se stesso e l’altro (producendo una rielaborazione dell’attività cognitiva). Inoltre T presenta tale modalità personale come un aspetto del funzionamento conoscitivo, attivato da una specifica configurazione di stimoli ambientali e interpersonali ricorrenti nei confronti dei quali rappresenta una risposta dotata di senso e di funzionalità (ricalcando aspetti del principio di normalità di selviniana memoria, Leonardi e Viaro 1990). La ridefinizione ha poi la forma di una generalizzazione, in quanto riconosce una regolarità: a certe situazioni P reagisce regolarmente con una determinata modalità di esperirle. T definisce la riformulazione in modo per certi versi divergente dall’esposizione iniziale del problema fornita da Pz – divergente anche nel senso che vengono inseriti elementi che inizialmente mancavano e sono poi emersi nell’indagine, rivestendo così un ruolo per certi versi discrepante e perturbativo (Guidano 1987). In relazione a tale aspetto perturbativo risulta di fondamentale importanza da una parte che la generalizzazione si basi su comportamenti personali osservati e/o su momenti di esperienza concreta interni a singoli episodi ricostruiti nell’indagine: è dunque importante che T richiami quanto già visto nella ricostruzione di quei particolari eventi episodici; dall’altra che vi sia da parte del paziente un assenso convinto alla prospettiva proposta, non determinato da atteggiamenti di adesione compiacente, ma basato su aspetti personali ricordati.

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I pareri forniti da T in conclusione di seduta implicano infine anche una definizione propositiva di quello che potrebbe essere un prossimo percorso terapeutico (il tema da dipanare un po') 11 e rappresenta in un certo senso il punto di arrivo di tutto l'iter di indagine e ridefinizione portato avanti nel corso della seduta. Si realizza così quello che abbiamo definito il ciclo dei frame di seduta (Lenzi Bercelli 1999, Lenzi Bercelli in press): definizione del problema indagine sovra-episodica rievocazione di episodio ridefinizioni riformulazione del problema (vedi figura 1). L’attuazione di questo ciclo di attività risulta idoneo (vedi tabella 1) da una parte a passare in rassegna per candidarlo ad un eventuale riordinamento l’attivazione selettiva dei diversi sistemi di memoria e quindi delle diverse modalità di funzionamento del sistema conoscitivo dall’altra ripercorrere la processualità basica della auto-organizzazione del sistema conoscitivo ovvero l’integrazione tra l’esperire e la sua spiegazione esplicita. Vedremo nella prossima sezione come lo schematico andamento delle attività qui delineate possa risultare soggetto a diverse forme di modificazione nella diversificazione degli approcci cognitivisti per poi affrontare nuovamente il discorso delle valenze terapeutiche della metodologia.

Figura 1. Indagine e ridefinizione nella terapia cognitiva costruttivista post-razionalista (modificato da Bercelli Lenzi, 2000) Legenda: il riquadro indica una fase e descrive sopra i contenuti del discorso, sotto le mosse conversazionali con cui vengono trattati e che individuano il frame; la freccia continua indica una transizione canonica da una fase all’altra della seduta; la freccia tratteggiata indica una transizione possibile da una fase all’altra della seduta (non tutte le transizioni possibili sono qui indicate)

11 Si tratta di quel tipo di attività che abbiamo denominato "piano di azione" (Bercelli e Lenzi 1998, 2004).

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FASI TIPO DI ELABORAZIONE CONOSCITIVA

Costruzione e mantenimento della sintonia nel rapporto e nella conversazione.

Conoscenza procedurale: schemi interpersonali e formati interattivi nella relazione in corso.

Focalizzazione tematica sul problema. Conoscenza semantica, ordinamento semantico/episodico.

Ricostruzione storica del problema. Sequenzializzazione temporale che prelude al recupero dell'esperienza situata e accesso ai sistemi di memoria per immagini e procedurali.

Ricostruzione di episodi. Riordinamento dell'esperienza situata con recupero dei diversi ingredienti: ABC, senso di sé, riordinamento sintattico e buona forma dell'esperienza.

Rielaborazione di episodi e loro integrazione tramite l’identificazione e la ricostruzione del tema di significato.

Incremento della competenza autobiografica: memoria episodica integrata, integrazione tacito/esplicito.

Riformulazione del problema. Riordinamento molare, formulazione del problema in termini di funzionamento psichico e alla luce degli elementi emersi.

Tabella 1. Fasi della tecnica della moviola e corrispondenti cambiamenti conoscitivi. IV. Verso una caratterizzazione conversazionale della tecnica della moviola nel continuum degli approcci cognitivisti La struttura basilare di una particolare metodologia di intervento cognitivista può essere caratterizzata descrivendo le attività conversazionali con cui terapeuta e paziente realizzano i due momenti cardine del percorso terapeutico cognitivista ovvero l’elicitazione/monitoraggio e la modificazione degli elementi dell’attività cognitiva del paziente12. Le attività della conversazione iniziano con l’esposizione del problema, in cui il paziente, su invito del terapeuta, presenta liberamente il suo problema e il terapeuta si limita ad ascoltarlo, al più chiedendo qualche precisazione e chiarimento, senza assumere la guida dell’esposizione del paziente. All’esposizione del problema segue un momento di accordo su come procedere, indicato solitamente con il termine tecnico di contratto terapeutico. L’esposizione del problema da parte del paziente ha anche una funzione di richiesta all’esperto di un suo ‘servizio’ riguardo al problema esposto: se l’esperto ritiene, eventualmente dopo una breve indagine preliminare, di poter accettare la richiesta, egli pone delle condizioni relative allo svolgimento della terapia, che a sua volta il paziente potrà accettare o meno. La terapia inizia poi con l’attività di indagine vera e propria, in cui il terapeuta con le sue domande sceglie i temi del discorso e in questo modo guida l’esposizione del paziente articolandola secondo diverse modalità di esposizione e di elaborazione e producendo di conseguenza tipi diversi di resoconto. Successivamente alla fase di indagine il terapeuta procede ad una ridefinizione della difficoltà e della situazione problematica del paziente in cui il terapeuta dichiara il suo punto di vista, approdando generalmente ad una riformulazione del problema, per poi sviluppare eventuali altre attività, presentate come conseguenti alle ridefinizioni proposte. Ovviamente una seduta di psicoterapia cognitiva e a maggior ragione un insieme di sedute hanno un andamento più articolato e complesso rispetto allo schema presentato per una serie di ragioni. Innanzitutto occorre osservare che l’indagine non è nettamente separata dalla rielaborazione. La stessa sequenza delle domande rivela quali aspetti specifici della vita del paziente siano ritenuti dal

12 La descrizione realizzata da una prospettiva conversazionale può essere così riassunta: “Il paziente espone un

problema, su cui il terapeuta indaga interrogandolo, per poi riformulare il problema sulla base di ciò che è stato espresso dal paziente stesso”. Lo slogan si compendia quello che coglie il punto di vista del paziente: “Parlare sentendosi capiti dei propri problemi e dei fatti che li costituiscono” (Lenzi Bercelli 2002).

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terapeuta più rilevanti ai fini della riformulazione del problema. Infatti certe domande del terapeuta– le domande informative – presuppongono qualcosa che il paziente non ha effettivamente detto. Si tratta di una sorta di ‘scorciatoia’ dell’indagine, che un terapeuta esperto usa con cautela, ma non raramente. Un secondo ordine di fenomeni per cui le attività di indagine e rielaborazione nel corso di una seduta di psicoterapia non hanno generalmente una successione così lineare riguardano la possibilità di realizzare le ridefinizioni e la riformulazione nel corso dell’indagine stessa. Le domande dell’indagine ad esempio possono essere introdotte da riformulazioni, in cui il terapeuta “ridice” in modo variamente modificato quanto già detto dal paziente. Una forma di riformulazione può consistere nel ripetere un enunciato del paziente, dandogli risalto. Ancora il terapeuta può riassumere varie informazioni fornite dal paziente, tralasciandone alcune come irrilevanti, evidenziandone altre ed eventualmente sottolineandone la possibile connessione; oppure può rielaborare più attivamente e specificamente quanto detto dal paziente man mano che si affrontano i diversi temi di indagine senza aspettare il finale della seduta o comunque un momento più avanzato della conversazione. Un terzo ordine di ragioni di articolazione delle attività è quello inerente alle modalità di rielaborazione. Il terapeuta può fornire il suo parere di esperto in modo unilaterale, oppure invece indurre progressivamente il paziente a dire cose che poi il terapeuta può limitarsi a confermare, riformulandole solo parzialmente (rielaborazione co-costruita da entrambi). La ridefinizione può arrivare presto in una forma breve e enfatizzata che potremmo denominare responso, dopo un’indagine breve, oppure venir differito anche per varie sedute. La riformulazione del problema può essere inoltre espressa dal terapeuta in modo più o meno ipotetico, da un estremo in cui abbondano formule dubitative e cautelative ad un estremo opposto di dichiarazione senza incertezze. Il terapeuta può fornire il suo parere con una certa solennità, marcandolo fortemente come ridefinizione finale -responso- o invece ‘buttarlo lì’ informalmente. Un ulteriore fattore che contribuisce all’andamento complesso delle sedute riguarda le attività conversazionali non canoniche, che possono intralciare l’andamento di base a causa delle cosiddette insubordinazioni del paziente oppure essere introdotte per iniziativa del terapeuta in affiancamento alle attività di base. Ad esempio l’intervento di terapeuta può essere rivolto direttamente a modificare aspetti considerati disfunzionali dell’attività cognitiva del paziente (intervento sui prodotti conoscitivi tramite esercitazione). Queste nostre elementari osservazioni sull’integrazione di indagine e ridefinizione contribuiscono all’individuazione alcuni aspetti rispetto a cui la conversazione terapeutica può differenziarsi intorno alle due attività di base, caratterizzando le diverse tipologie di approccio cognitivista:

1. la libertà che il terapeuta lascia al paziente nell’organizzare l’esposizione dei suoi resoconti (direttività del T),

2. la distinzione fra i diversi elementi dell’attività cognitiva del paziente e il loro rispettivo peso e ruolo nell’indagine (per esempio grado di dettaglio dei resoconti, distinzione tra valutazioni da elementi fattuali),

3. la collocazione delle ridefinizioni fornite dal T, specialmente come sua visione complessiva del problema del P,

4. il rapporto fra il tipo di ridefinizione utilizzato e la soluzione diretta del problema, 5. la gamma degli ulteriori tipi di attività svolti in seduta e i modi della loro integrazione.

La metodologia di intervento guidaniana si colloca in queste dimensioni articolando le attività di base, indagine e ridefinizione, secondo specifiche modalità di cui individuiamo sinteticamente gli aspetti che ci sembrano più significativi e di cui discuteremo nel prossimo paragrafo le valenze terapeutiche:

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a. viene lasciato uno spazio solo iniziale all’esposizione spontanea del problema da parte del paziente13

b. il paziente viene condotto attraverso specifiche modalità conversazionali da resoconti autobiografici generalizzati, specialmente intorno a routine ed eventi di vita connessi al problema, a resoconti puntiformi della sua esperienza soggettiva relativa a singoli episodi significativi (gli aspetti di contenuto dell’indagine sono riassunti nella tabella 2) per poi tornare a resoconti di carattere più generali

c. il terapeuta guida strettamente lo sviluppo dei resoconti generalizzati in modo da selezionare col paziente gli episodi in cui si collocano esperienze soggettive rilevanti rispetto al problema

d. il terapeuta estrae gli elementi che sostengono la sua riformulazione del problema principalmente dai resoconti episodici particolareggiati del comportamento e dell’esperienza immediata del soggetto

e. il terapeuta lega la riformulazione del problema (un resoconto generalizzato finale) ad un confronto integrativo fra i resoconti generalizzati esposti dal paziente nella prima fase dell’indagine e i dati di esperienza situata, emersi nella fase successiva dell’indagine come resoconti puntiformi;

f. il terapeuta utilizza una attività non canonica ovvero la prescrizione di compiti di auto-osservazione della propria esperienza soggettiva, da svolgere fuori seduta.

Informazioni biografiche di sfondo

Definizione iniziale del problema

Resoconto di eventi di vita associati al problema

Resoconto di situazioni ed esperienze ricorrenti

Ricostruzione di episodio Aspetti dell’attività cognitiva del soggetto

Indagine sovra-

episodica

Tabella 2. Aspetti contenutistici dell’indagine V. La tecnica della moviola come rielaborazione delle narrative personali La metodologia della moviola mette in grado il terapeuta di selezionare, attraverso il gioco delle domande e degli apprezzamenti delle risposte, oltre che i contenuti anche il tipo di conversazione, tenendola lontana da quelle modalità di presentazione di sé e di attività linguistica che sono tipiche della conversazione ordinaria, pur mantenendone i medesimi contenuti, ovvero vicende e aspetti della propria esperienza personale.

13

Una maggiore importanza data alla esposizione spontanea del paziente è caratteristica dello stile di indagine di altri terapeuti cognitivi costruttivisti (Bercelli Lenzi 1988, Lenzi Bercelli in press). Inoltre nel trattamento dei cosiddetti pazienti difficili viene ad essere più curata la sintonizzazione procedurale nel corso di tali esposizioni spontanee fino ad individuare una seconda espansione della metodologia cognitivista che mette al centro gli aspetti posizionamento interattivo e di incassamento (embeddedness) con altre attività linguistiche dei resoconti del paziente. (Giannantonio Lenzi 2009)

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Questa modalità di “parlare e raccontare di sé interloquendo con un esperto del funzionamento del sé”, risulta caratterizzata ora da un atteggiamento osservativo che implica da parte del terapeuta nei confronti del paziente l'attribuzione di una competenza conoscitiva sulla propria esperienza, ora dalla possibilità di commentarla e rivalutarla sotto la guida del terapeuta. In tal modo essa sicuramente favorisce una alternanza di diversi Self14 inscenati in seduta, competenti in diverse maniere, con l’effetto terapeutico di smuovere il paziente innanzitutto da modalità coinvolgenti di espressione quali la lamentela, la recriminazione ecc, nonchè da stili eccessivamente distanzianti di racconto e di conseguenza dall’incapacità di saltare agilmente a livelli metacognitivi più astratti e integranti, tipici invece di un funzionamento cognitivo più equilibrato. Inoltre gli specifici formati conversazionali di seduta realizzano una particolare modalità di trattare l'esperienza sintomatica che rappresenta a nostro parere uno dei principali fattori terapeutici propri di questo approccio. In sostanza possiamo dire che attraverso le attività conversazionali che terapeuta e paziente realizzano in seduta i sintomi e gli aspetti problematici vengono rielaborati come un insieme di pensieri, emozioni e comportamenti - il cosiddetto tema - che trovano senso nell'ambito della narrativa personale del paziente. “Il setting –operativo cruciale per citare direttamente le parole di Vittorio Guidano- si situa nell’interfaccia tra l’esperienza immediata e il suo riordinamento esplicito. La procedura di base consiste nell’addestrare il paziente, attraverso il metodo di autoosservazione, a differenziare la percezione immediata di sé dalle spiegazioni che se ne dà e dalle convinzioni che ne ricava, ricostruendo quindi i pattern di coerenza che egli impiega per rendere coerente ciò che sente” Questa rielaborazione o ricostruzione del tema personale si realizza in modo specifico in primo luogo attraverso la ricostruzione degli eventi - l'indagine su come sono andate le cose - e soprattutto con l’ausilio della modalità di rievocazione degli episodi, che consente di elicitare in seduta aspetti dell'esperienza soggettiva che non venivano in precedenza esplicitamente presi in considerazione dal paziente nelle narrazioni spontanee delle problematiche in questione o che venivano trattati diversamente. Abbiamo visto infatti che il frame di rievocazione dell'episodio consente di focalizzare a lungo la conversazione e quindi l'attenzione e la memoria del paziente su aspetti e dettagli che normalmente non vengono rievocati. Focalizzando sé stesso e il paziente su questa attività, il terapeuta facilita l'attivazione prolungata e condivisa di specifici sistemi di memoria situata (procedurale e per immagini) rendendo questi accessibili alla conoscenza riflessiva in un modo tale da consentire una diversa organizzazione narrativa dell'episodio stesso. La particolare posizione in cui il paziente si viene a trovare, cioè di essere sia il soggetto che l'oggetto dell'indagine, facilita la costruzione di una più articolata competenza narrativa, in quanto contribuisce a creare, attraverso il decentramento favorito dalla condivisione conversazionale dei contenuti, uno spazio di rielaborazione e reinterpretazione dell'esperienza stessa realizzando una integrazione di diverse prospettive di narrazione. La nuova versione narrativa viene così più facilmente arricchita e aggiornata attraverso gli interventi di ridefinizione del terapeuta, interventi che talora vengono a contraddistinguere specifiche sequenze della conversazione in seduta e che culminano nella cosiddetta riformulazione del problema in termini di tema personale, che a conclusione di seduta - ma anche a conclusione di terapia - richiama l'iniziale presentazione del problema da parte del paziente. La procedura di interconnessione tra indagine e ridefinizione sembra dunque ricalcare da un lato quella che secondo il modello post-razionalista è considerata la processualità basica che presiede alla auto-organizzazione del sistema conoscitivo e alla costruzione dell'identità personale, cioè la ricorsività tra esperienza immediata e rilettura esplicita di tale esperienza, dall’altro risulta evidente come possa favorire l’integrazione tra i diversi sistemi di memoria in relazione alla costruzione

14 Il modello goffmaniano dei giochi di faccia sottolinea l'esigenza di presentare nelle diverse interazioni quotidiane

una particolare immagine di sé anche attraverso il riarrangiamento della propria esperienza passata (Goffman 1959, 1974, 1981). Secondo questo autore ogni riflessione e rielaborazione della propria esperienza avviene nell'ambito interpersonale ed è essa stessa azione e interazione a tutti gli effetti. A tali dinamiche di rielaborazione in un contesto interattivo si riferisce il concetto di self proiettato in seduta largamente utilizzato nell'analisi dei frame.

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delle narrative personali. Da tale considerazione risulta dunque efficacemente evidenziata e teoricamente giustificata la valenza terapeutica della sequenza dei frame di seduta. Se da un lato la metodologia della moviola trae origine da un preciso orizzonte teorico, quello dell’impostazione sistemico processuale, l’analisi delle sue modalità conversazionali di realizzazione consenti di rilevare alcuni aspetti critici dell’inquadramento teorico da cui questa metodologia trae origine. Fin dal suo volume del 1987, Vittorio Guidano proponeva un modello a doppio livello dei processi conoscitivi, focalizzando l’intervento terapeutico sull’interfaccia tra quella che allora chiamava conoscenza tacita e la sua rielaborazione esplicita (pag. 99 dell’edizione italiana, ma anche Guidano 1995 pag 15515). Nei lavori successivi le denominazioni di questa dialettica fondamentale - la “processualità basica” - dei processi conoscitivi sono mutate ma questa è rimasta al centro della riflessione del nostro autore. Per certi versi questa prospettiva, pur essendo stata rivoluzionaria rispetto allo stato del cognitivismo clinico di allora e per certi versi, verrebbe da dire, anche rispetto a quello di oggi, non è scevra dal rischio di alcuni fraintendimenti o semplificazioni eccessive. Come ad esempio nota Arciero (2006)16, la visione di una relazione fra unità pre-riflessiva del flusso soggettivo e la sua riconfigurazione simbolico narrativa, non vanno confuse con o ridotte ad una prospettiva in cui l’esperienza acquista significato a posteriori attraverso la riflessione, quando essa cioè diventa oggetto di uno stato cosciente di livello più alto. Questo porterebbe da un lato ad un problema di regressione ad infinitum, mentre dall’altro diventerebbe difficile rendere conto dei processi conoscitivi e di costruzione dell’identità vendendo a mancare, o per lo meno essendo poco e non appropriatamente considerato, uno dei poli della dialettica17. Per rispondere adeguatamente al rischio di tali semplificazioni teoriche occorre a nostro parere fare costante riferimento ad una modellizzazione più precisa, e per certi versi anche più valida, della metodologia terapeutica della moviola, in modo da poter osservare e quindi rendere conto nel dettaglio dei processi di organizzazione della conoscenza personale, così come questi si mostrano nel concreto delle specifiche interazioni linguistiche in seduta. Ciò consentirà una più valida comprensione di alcuni aspetti fondamentali del dispiegarsi del personale conoscere e del processo terapeutico. Basti pensare a come l’azione terapeutica si eserciti anche su aspetti non semantici delle narrative personali tramite il riordinamento che via via si realizza in seduta durante le procedure di indagine, attraverso la regolazione di immagini e memorie situate attraverso i processi di sintonizzazione interattiva18. Ancora sarà possibile prendere in esame nel dettaglio, e non solo in termini di dichiarazioni programmatiche, le modalità di integrazione nelle procedure di intervento di azioni terapeutiche direttamente rivolte alla modificazione di aspetti rappresentativi non verbali della conoscenza personale, quali le tecniche di stimolazione sensoriale bilaterale come l’EMDR (Lenzi 2001) o le tecniche schermo (Giannantonio, Lenzi 2009). Ecco dunque i risultati del nostro riferirci alla moviola nei termini dell’analisi dei trascritti secondo la prospettiva cognitivo-conversazionale: l’evidenziarsi da una parte dell’attivazione e integrazione dei sistemi di memoria in relazione alle diverse attività terapeutiche di esplorazione e riordinamento e dall’altra dei giochi linguistici, dei più fini aspetti interattivo-interpersonali relativi all’attuazione della procedura terapeutica che testimoniano tra l'altro come ogni rilettura e rielaborazione innovativa della attività cognitiva si verifichi nell'ambito e come conseguenza di uno specifico

15 “Self observation provides the raw materials that are necessary in the attempted reconstruction of events of therapeutic

interest, working at the interface between immediate experiencing and symbolic explaining. It permits the exploration and analysis of three levels of processing: immaediate awarness, mediated explanations, and the dynamic and ever –developing relationship between these basic contrasts” (Guidano 1995).

16 Va detto che Arciero (2006) introduce un ulteriore punto di novità rispetto all’impostazione guidaniana che risulta in sintonia con quanto emerge dalle nostre analisi, ovvero una possibile apertura al “senso condiviso” nella costruzione del significato personale.

17 Alcune problematiche relative alla identità narrativa e alla costruzione retorica dell’identità sono toccate in Lenzi 2005.

18 Il richiamo qui è alle protoconversazioni così come sono descritte da Russel Meares, (Meares 1993, 2000).

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contesto interattivo-conversazionale19. Crediamo che tale prospettiva di applicazione e di studio della metodologia guidaniana ci consentirà da un lato di approfondirne e articolarne maggiormente gli ambiti di applicazione, dall’altro ci offrirà la possibilità di condividerli con colleghi di altri approcci a partire da una documentazione puntuale e basata su elementi empirici. Riferimenti bibliografici Arciero, G. (2006). Sulle tracce di sé, Torino, Bollati Boringhieri Atkinson J.M., Heritage J. (eds.) (1984). Structures of Social Action: Studies in Conversation Analysis. Cambridge: Cambridge University Press. Austin, J., (1967). How to do Things with Words. Oxford, Oxford University Press Bandler, R., Grinder J. (1975a). La struttura della magia. Trad. it. Roma: Astrolabio, 1981 Bandler, R., Grinder, J. (1975b). I modelli della tecnica ipnotica di Milton H. Erickson. Trad. it. Roma: Astrolabio, 1984 Bandler, R., Grinder, J. (1979). La metamorfosi terapeutica. Principi di programmazione neurolinguistica. Trad. It. Roma: Astrolabio, 1980 Bandler, R., Grinder J. (1982). La ristrutturazione. Trad. it. Roma: Astrolabio, 1983 Bara, B. G. (2005) (a cura di). Nuovo manuale di psicoterapia cognitiva. Torino: Bollati Boringhieri Bara, B. G. (2007). Dinamica del cambiamento e del non cambiamento. Torino: Bollati Boringhieri Battacchi, M. W. (2006). La conoscenza psicologica. Roma: Carocci Battacchi, M.W., Renna, M., Suslow, T. (1995). Emozioni e Linguaggio, Roma: Nuova Italia Scientifica Beck, A. (1976). Cognitive Therapy and Emotional Disorders. Trad it. Principi di terapia cognitiva, Roma: Astrolabio, 1984 Bercelli, F. (2002). Identità e narrazione: di sé e di altri. In Lorenzetti R., Stame S. (a cura di) Narrazione e identità, Bari, Laterza, 2002 Bercelli F., Lenzi S. (1988a). Analisi Conversazionale di sedute di Terapia Cognitiva. Quaderni di Psicoterapia Cognitiva, 2, pp. 6-27. Bercelli F., Lenzi S. (1988b). Riascoltando una seduta. Quaderni di Psicoterapia Cognitiva, 3, pp 26-42. Bercelli, F., Lenzi, S.,(1999). Riascoltando una seduta II, in Quaderni di Psicoterapia Cognitiva 4, 42-60 Bercelli F., Lenzi, S. (2000). Conversational Analysis of V. Guidano’s demonstative therapy sessions VII International Congress on Constructivism in Psychotherapy, Ginevra settembre 2000. Educational Whorkshop Bercelli, F., Lenzi S. (2004). Tipi di attività in psicoterapia: l’accomodamento procedurale, Quaderni di Psicoterapia Cognitiva 15, 8-27 Bercelli F., Lenzi S. (2005). La conversazione nella terapia cognitiva a orientamento costruttivista, in Bara B., Nuovo Manuale di Psicoterapia Cognitiva, Torino, Bollati Boringhieri, 2005 Bercelli F., Leonardi P., Viaro M. (1999). Cornici terapeutiche. Applicazioni cliniche di analisi dell’interazione verbale. Raffaello Cortina editore, Milano Canestri, J. (2001). Linguaggio, neuroscienze e psicoterapia. Intervento al simposio Psicoterapia e neuroscienze, Congresso SOPSI Roma 2001 Conway, M. A. (1996). Autobiographical memories and autobiographical knowledge. In Remembering our past: studies in autobiographical memory (ed. D. C. Rubin), pp. 67-93. Cambridge University Press.

19 Vedi le analisi di trascritti di seduta proposte in Giannantonio Lenzi 2009, nel capitolo 2.

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