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in collaborazione con: .tk ASS. CULTURALE PGRECO EVENTS ALESSANDRIA DELLA ROCCA 31/07/2010 Numero 1 LA VOCE DEI GIOVANI

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La voce dei Giovani

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Page 1: La voce dei Giovani

in collaborazione con:

.tk

ASS. CULTURALE PGRECO EVENTS

ALESSANDRIA DELLA ROCCA 31/07/2010Numero 1

LA VOCE DEI GIOVANI

Page 2: La voce dei Giovani

INDEX

Falcone, Borsellino e Livatino tre storie diverse ma con un fine unico... 4,5,6,7

alessandria agguato nelle campagne. ucciso presunto boss è un passante...8

Giovanni, vittima innocente, lavorava a parma: era tornato per fare la pasqua in famiglia...9

Nella legalità contro la mafia...10,11,12

Sudoku game...13

La testata del giornalino “La voce dei Giovani” è un’iniziativa derivante dall’aggregazione dei giovani di Alessandria della Rocca che fanno parte dell’ Ass. Cultu-rale PGreco Events. La

PGreco Events non è solo un associazione, ma lo strumento adatto per creare una nuova forma di “Dialogo”. Il giornalino è consultabile diretta-mente online sul sito www.lisciannira.tk il nuovo portale Alessandrino in collaborazione con la PGreco Events.

Page 3: La voce dei Giovani

Falcone, Borsellino e Livatino tre storie diverse ma con un fine unicoGiovanni Falcone nacque a Palermo il 20 maggio del 1939, nel 1961 si lau-

rea presso l’Università di Palermo, discutendo con lode una tesi sull’ “ Istruzio-ne probatoria in diritto amministrativo”. Vinse il concorso in magistratura nel 1964, fu pretore a Lentini e sostituto procu-ratore a Trapani dove vi rimase per 12 anni, in questa sede maturò progressivamente l’inclinazione e l’attitudine per il settore penale. Fu trasferito a Palermo all’indoma-ni del tragico incidente del giudice Cesare Terranova (25 settembre 1979) e comincio a lavorare all’Ufficio Istruzione, Il consiglie-re istruttore Rocco Chinnici gli affidò nel maggio del 1980 le indagini contro Rosario Spatola, un processo che investiva anche la criminalità statunitense, proprio in questa prima esperienza egli avvertì come perse-guire i reati e le attività di ordine mafioso occorresse avviare indagini patrimoniali. Il 29 luglio del 1983 il consigliere Chinnici fu ucciso con la sua scorta, lo sostituì Antonio Caponnetto. Si costituì allora per necessi-tà interne alle indagini il pool antimafia. Del pool faceva parte Giovanni Falcone, i giudici Di Lello e Guarinotta e Paolo Bor-sellino, i funzionari di polizia il Commis-sario Giuseppe Montana e il Vice Questore Ninni Cassarà uccisi nell’estate del 1985, fu allora che si cominciò a temere per la vita dei due magistrati, i quali per motivi di sicurezza soggiornarono per qualche periodo al carcere dell’Asinara. Il 16 dicembre 1987 la Corte d’ Assise d’Appello di Palermo dopo 22 mesi di udienza e 30 giorni di camera di consi-glio emise la prima sentenza di condanna a Cosa Nostra, il primo Maxi proces-so dove l’ordinanza di rinvio a giudizio per i 475 imputati era stata depositata 2 anni prima dall’ufficio istruzione. Nel gennaio del 1987 il Consiglio superiore della Magistratura preferì nominare all’ufficio istruzione al posto di Caponnet-to il consigliere Antonino Meli, il quale avocò a se tutti gli atti. Il 20 giugno del 1989 si verifico il fallito attentato all’Addaura Mondello a proposito dell’incre-scioso fatto Falcone affermo

“ Ci troviamo di fronte a menti raffinatissime che tentano di orien-tare certe azioni della mafia, esistono forse punto di collegamento tra i vertici di cosa nostra e centri occulti di potere che hanno al-tri interessi, ho l’impressione che sia questo lo scenario più atten-

dibile se si vogliono capire davvero le ragioni che hanno spinto qualcu-no ad assassinarmi “Una settimana dopo il CSM decide di nominare Fal-cone a procuratore aggiunto a Palermo. Nel gennaio del 1990 egli coordinò un inchiesta che portò all’arresto di 14 traf-ficanti colombiani e siciliani, inchiesta che aveva preso l’avvio delle confessioni di un pentito il quale aveva rivelato che un mercantile battente bandiera Cilena aveva scaricato nel gennaio del 1988, 596 chili di cocaina al largo delle coste di Ca-stellamare del Golfo. Intanto, fattisi più aspri i dissensi con l’allora procuratore Giammanco, sia sul piano valutativo che su quello etico , nella conduzioni delle inchieste, Falcone accolse l’invito del vice presidente del governo C. Martelli, che aveva assunto l’ interim del Ministero di Grazia e giustizia, a dirigere gli Affari pe-nale del ministero, assumendo l’onere di coordinare una vasta materia, dalle pro-

poste di riforme legislative alla collaborazione internazionale. Si apriva cosi un periodo dal marzo del 1991 caratterizzato da una attività intensa volta a rendere più efficace l’azione della magistratura nella lotta contro il crimine. Falcone si impegnò a portare a termine quanto riteneva condizione indispen-sabile del rinnovamento; e cioè la razionalizzazione dei rapporti tra pubblico ministero e polizia giudiziaria nel 1991 veniva istituita la direzione nazio-nale anti mafia. Il procuratore nazionale antimafia il cui compito e quello di rendere effettivo il coordinamento delle indagini, di garantire la funzionalità della polizia giudiziaria e di assicurare la completezza e la tempestività delle investigazioni,

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Paolo Borsellino nacque a Palermo nel quartiere popolare la Kalsa in cui viveva anche Giovanni falcone. Il 1 settembre del 1958 si iscrisse all’Università di Palermo , il 27 giugno del 1962 all’età di 22 anni Borsellino si laureò discutendo con lode una tesi sul “Il fine nell’a-zione delittuosa”, nel 1963 partecipò al concorso in magistratura che vinse divenendo il più giovane ma-

gistrato d’Italia. Il 14 settembre 1965 venne assegnato al tribunale di Enna nella sezione civile. Nel 1969 fu pretore a Monreale dove lavorò insieme ad Emanuele Basile capitano dei carabinieri proprio qui ebbe modo di conoscere per la prima volta la nascente mafia dei corleonesi nel 1975 fu trasferito a Palermo dove en-trò nell’ufficio istruzione affari penali sotto la guida di Rocco Chinnici nel febbraio del 1980 Borsellino fece arrestare i primi 6 mafiosi tra cui Leoluca Baga-rella sulle indagini condotte dal capitano Basile sugli appalti truccati a Palermo a favore degli esponenti di Cosa nostra. Borsellino entro nel pool antimafia borsellino affermava” il pool nasce per risolvere il problema dei giudici istruttori che lavorano individualmente, separatamente, ognuno per i fatti suoi, senza che uno scambio d’ informa-zioni fra quelli che si occupavano di materie contigue potesse con-sentire, un iterazione, una maggiore efficacia con un azione penale coordinata capace di fronteggiare il fenomeno mafioso nella sua glo-

balità” tutti i componenti del pool chiedevano espressamente l’intervento dello Stato, che non arrivò qualcosa faticosamente giunse nel 1982, a prezzo però di altro sangue, il ministro dell’interno mando a Palermo il generale dei Carabinie-ri Carlo Alberto dalla Chiesa nominandolo prefetto che venne ucciso 100 giorni dopo il suo insediamento .In quell’anno venne approvata la legge che istituiva il reato di associazione mafiosa ( ART 416 bis codice penale)che Borsellino sfrutto per ampliare le indagini sul fronte bancario all’inseguimento dei capitali ricicla-ti. Nel 1986 Borsellino chiese e ottenne la nomina a procuratore capo di Marsala da dove poteva seguire meglio le indagini sulla mafia nel settembre del 1991, la mafia aveva già abbozzato progetti per l’uccisione di Borsellino a rivelarlo fu un pentito della cosca di Castelvetrano a cui era stato dato l’ordine di assassinare il giudice. Borsellino dopo l’interrogatorio del pentito e dopo la rivelazione della

sua uccisione disse “ nella mia vita tutto mi

potevo immaginare ma che un uomo d’onore mi abbracciasse”. Borsellino rila-sciò interviste e partecipò a numerosi convegni per denunciare l’isolamento dei giudici e l’incapacità o la mancata volontà da parte della politica di dare risposte serie e convinte alla lotta alla criminalità. In una di queste Borsellino descrisse le ragioni che avevano portato all’omicidio del giudice Rosario Livatino e prefigurò

la fine che ogni giudice “ sovraesposto” e destina-to a fare.il 19 luglio del 1992 dopo aver pranzato a Villagrazia con la moglie ei figli Paolo Borsel-lino si reca da sua madre in Via D’Amelio dove una fiat 126 parcheggiata nei pressi dell’abitazione della madre con 100chili di tritolo esplode ucci-dendo Paolo Borsellino e i cinque agenti di scor-ta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Rosario Livatino nasce a Canicattì (AG) il 3 ottobre del 1952 consegui la laurea in Giurisprudenza all’Università di Paler-mo nel 1975 con lode, il 21 aprile 1990 consegui il diploma universitario in di-ritto regionale. Giovanissimo entra nel

mondo del lavoro vincendo il concorso per vice direttore in prova presso la sede dell’ ufficio del registro di Agrigento. Partecipa al concorso in magistratura e su-peratolo lavora Caltanissetta quale uditore giudiziario passando poi al tribunale di Agrigento dove per un decennio come Sostituto Procuratore della Repubblica si occupa delle più delicate indagini antimafia, di criminalità comune ma anche nel 1985 di quella che poi negli anni ’90 sarebbe scoppiata come “ Tangentopoli Siciliana”. Fu proprio Livatino assieme ad altri colleghi , ad interrogare per primo un Ministro dello Stato. Dal 1989 al 1990 prestò servizio come giudice presso la se-zione misure di prevenzione. Molto rari gli interventi pubblici gli unici interventi fuori dalle aule giudiziarie, e sono rappresentati da due convegni uno sul “ Il ruolo del Giudice in una società che cambia “ e l’altro “Fede e Diritto”. Rosario Livatino fu ucciso in un agguato mafioso la mattina del 12 settembre 1990 sul viadotto gasena lungo la SS 640 Agrigento Caltanissetta mentre senza scorta si recava in tribunale.

Giuseppe Bosciglio

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Ucciso come boss mafioso. Così è morto ieri mattina in un agguato di chiara matrice mafiosa Emanuele Sedita 68 anni camionista in pensione , ritenuto dagli inquirenti legato alla vecchia mafia del-la zona. L’uomo si trovava in campagnia di un giovane camionista del luogo, Giovanni Carbo-ne di 28 anni, colpito anche lui dal fuoco in-crociato di killers spietati, almeno un paio, che quasi certamente per portare a compimento la missione di morte, si sono avvalsi di una moto, date le impervie condizioni delle stradine di campagna di contrada Cabbibi, la località sita a circa tre chilometri dall’abitato, dov’è stato com-piuto l’agguato. Proprio alla fine della leggera salita sono stati trovati i corpi crivellati di Ema-nuele Sedita e di Giovanni Carbone, il cadavere, quest’ultimo, era finito sopra quello di Sedita. Accanto ai due cadaveri le auto delle vittime, una Fiat 126 verde, acquistata da poco da Gio-vanni Carbone, e un’auto Bianchi 112 colore grigio, di proprietà del Sedita. La morte dei due deve essere stata istantanea dal momento che i killers hanno mirato dritto al cuore di entrambi.Viene considerato un delitto di mafia prima di tutto per la modalità di esecuzione, il classico agguato in campagna, la professionalità dei kil-lers che hanno sparato decine di colpi di pistola, che hanno investito in pieno le vittime, che non hanno avuto scampo. Poi c’è la personalità di uno degli uc-cisi Emanuele Sedita ritenuto legato ad ambienti mafiosi della zona. L’uomo si dedicava alla coltivazione dell’appezzamento di terreno sul quale è stato ucciso ed era stato sospettato di essere legato alla vecchia mafia della zona, quella che comprende i comuni di Bivona, Alessandria della Rocca, Santo Stefano Qui-squina, Cianciana e Cattolica Eraclea.

PGreco Events

“ ALESSANDRIA AGGUATO NELLE CAMPAGNE. UCCISO PRESUNTO BOSS è UN PASSANTE.”

Morto perché ha visto in faccia i kil-lers che hanno freddato con dei colpi di pistola al petto e al collo Emanuele Sedita. Giovanni Carbone, 28 anni, un passato da agricoltore del centro Alessandrino e poi impegnato, come muratore nel campo dell’edilizia, negli ultimi anni, non ad Alessandria della Rocca, ma a Parma. Al nord il giova-ne muratore si era trasferito alla ricer-ca di lavoro. Dalle parti di Alessan-dria della Rocca se ne trova poco, o si resta nei campi a coltivare la terra l’u-nica l’alternativa è al nord alla ricerca di miglior soldo. E Giovanni Carbone era un bravo giovane, una persona pulita. Aveva intenzione di trascorre-re qualche giorno con i genitori, poi sarebbe dovuto ritornare a Parma a continuare il suo lavoro di murato-re. In contrada Cabibbi il giovane, Giovanni Carbone, che ha la propria

abitazione di Alessandria ad una cinquantina di metri, in linea d’aria, da quella in cui abita la famiglia di Emanuele Sedita, si sarebbe trovato per caso. Stava facendo ritorno in paese con la sua Fiat 126 comprata da poco. A quel punto sono entra-ti in azione i killers e per il giovane muratore non c’è stato niente da fare. Che il giovane sia stato ucciso perché aveva visto troppo lo testimonia anche il fatto che, a differenza dell’auto di Sedita che era posteggiata in un piccolo spiazzo a ridosso della stradina polverosa di contrada Cabibbi, quella del Carbone è stata ritrovata con il quadro ancora acceso.

PGreco Events

“GIOVANNI, VITTIMA INNOCENTE, LAVORAVA A PARMA: ERA TORNATO PER FARE LA PASQUA

IN FAMIGLIA”

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Ho quindici anni e la mia vita trascorre tranquilla in questo piccolo paese dell’en-troterra agrigentina; il 19 luglio 2010 mi trovavo in macchina con i miei genitori e ascoltando la radio ho appreso che ricorreva l’anniversario della strage di via D’Amelio e che le statue di Falcone e Borsellino erano state vergognosamente de-turpate da ignoti. “Ritornavamo dal campeggio estivo della parrocchia e alla sta-zione di servizio di Sacchitello con sgomento abbiamo appreso la notizia”: questo il commento di mia madre nel ricordarmi il triste evento. Incuriosita, le chiesi di dirmi di quale strage si trattava; purtroppo noi ragazzi tante volte non conoscia-mo il nostro recente passato; i programmi didattici ci danno nozioni dettagliate della storia antica, ma non su quella contemporanea. Sappiamo poco, anzi po-chissimo, di quella realtà siciliana che ha segnato profondamente gli animi e le coscienze di tutti gli Italiani in quegli anni così drammatici. Cos’è la Mafia, come possiamo definirla? E’ come un cancro che s’ insinua nel tessuto sociale ed è una realtà drammaticamente vera. Le cellule cancerogene sono apparentemente simili a quelle normali, ma esse non seguono le regole di crescita e tolleranza delle cellu-le vicine ma le invadono e le distruggono. Allo stesso modo la mafia non segue le regole morali, etiche e legislative, distrugge come un cancro, senza alcun rispetto insinuandosi infidamente nel tessuto sociale. E’ un’organizzazione malavitosa che si configura come una sorta di stato indipendente, all’ interno di un altro stato, quello nazionale, con il quale entra in netto conflitto, oppure in compromesso. Si presenta anzi tutto come un sistema di potere: essa, però, non si propone di creare disordine sociale, bensì di imporre il proprio ordine, le proprie regole, le proprie “leggi”, come un potere occulto all’ombra del potere costituito. La mafia è molta più pronta dello stato nell’adattarsi al mutare delle situazioni sociali, economiche, politiche; è abilissima nel camuffarsi, nell’infiltrarsi fra gli spazi della legalità, nel crea-re reciproci sospetti. A quest’ aspetto fondamentale “potere” vi è l’ aspetto culturale: la mafia è una mentalità, la sua vera radice è soprattutto di natura culturale.

“Cosa nostra” ha saputo impadronirsi della Sicilia, facendo leva sul sistema dei valori fondamentali su cui poggia la cultura dell’Isola, la “Sicilianità”: cioè, il senso della famiglia, il rispetto dell’ autorità, la fedeltà all’ amicizia, la religiosità popo-lare. Ciò spiega come vi possano essere madri che giungono perfino a ripudiare come “infami” i figli “pentiti”, o fratelli e sorelle di “collaboratori di giustizia” che si tolgono la vita per la vergogna del “tradimento” compiuto da un loro paren-te. Per molto tempo, purtroppo, il fenomeno della mafia è stato sottovalutato e quando, finalmente , sono iniziate le vere mobilitazioni con l’ istituzione della commissione politica antimafia che, varando nuove leggi con le quali è stato giu-ridicamente definito il delitto di mafia, ha cercato di esercitare un controllo mag-giore sul territorio e si è proceduto al rafforzamento degli apparati repressivi, ecco che si è scatenata l’ offensiva mafiosa contro gli uomini dello stato e della legge. Le vittime numerosissime: Rocco Chinnici, Pier Santi Mattarella, Pio La Torre, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giuseppe Fava, il giudice Livatino, don Pino Puglisi, sono solo alcuni della lunga lista di uomini onesti e coraggiosi morti per mano della mafia. Le due efferate stragi dei magistrati Falcone e Borsellino hanno col-mato la misura e hanno fatto emergere un’indignazione popolare, diversa dalle solite reazioni emotive. Questa volta la società civile si è mossa e la sua reazione ha assunto i tratti caratteristici di una vera rivolta spirituale e culturale. La gente non ha potuto più tacere e sopportare; si è ribellata alle estorsioni agli eccidi quo-tidiani alla vergogna morale della mafia. La “Primavera di Palermo” è stata una prova eloquente dimostrando che è possibile realizzare l’unità nel rispetto delle diversità, a condizione, però, di fondare la coalizione su un ethos comune e su un programma condiviso. Fallita la strategia di attacco diretto allo stato, la mafia è tornata oggi ad operare nell’ombra e cerca di far passare sotto silenzio inosservata la proliferazione delle sue redditizie attività illegali. Una delle tante attività illecite

da cui la mafia trae profitto è il racket, che consiste nella minaccia di violenza ai titolari di attività se non “pagano” per avere protezione. L’imprenditore Libero Grassi è stato ucciso proprio perché si è rifiu-tato di pagare ed è stato lasciato solo dagli altri imprenditori paler-mitani che hanno continuato a pagare. Giovanni Falcone diceva: “Si muore generalmente perché si è soli, o perché si è entrati in un gioco troppo grande”. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, poiché si è privi di sostegno e in Sicilia la mafia colpisce proprio i servitori dello Stato che esso stesso non è riuscito a proteggere. Tutto ciò accade perché la mafia è un sistema, ovvero una metafora di potere ed essa si fa Stato dove lo Stato è tragica-mente assente.

“Nella legalitàcontro la mafia.”

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Ecco perché per vincere la mafia, non basta ta-gliare l’erba, se poi si lascia intatta la radice: la repressione ci vuole, ma non basta; ci vogliono anche lo sviluppo economico e la trasparenza della politica e della Pubblica Amministrazione; ma soprattutto occorre che cambino la cultura, il costume e la mentalità della gente, i mafiosi te-mono gli organismi educativi più dei carabinieri, dei giudici e dell’ esercito; La repressione messa in atto dallo stato fin dagli anni ’80 non ha intac-cato le radici culturali da cui invece trae alimento

il fenomeno, ma si è limitata a combatterlo alla stregua di una delle tante forme di criminalità. A mio avviso, solo la scuola , la Chiesa e i Mass Media possono fare molto per cambiare la cultura e la mentalità della gente, togliendo il consenso alle imprese della criminalità organizzata e aiutando a vincere l’ omertà. E’ chiaro che il cambiamento culturale acquista tutto il suo valore quando si traduce in impe-gno politico. Soltando da una crescita civile e morale della cittadinanza si può sperare di risolvere questa piaga. E poiché le sue dimensioni ormai sono univer-sali, nel nostro mondo globalizzato, la lotta alla criminalità organizzata si vince-rà soltanto unendo le forze di tutti, al di là dei confini geografici e degli interessi politici particolari. Si può vincere solo se è combattuta da tutti insieme.

Chiara Raineri

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SUDOKU GAME

FACILE

MEDIO

DIFFICILE

LE SOLUZIONI SARANNO DISPONIBILI NEL PROSSIMO NUMERO. Un Sudoku è una griglia di 9x9 quadretti in ognuno dei quali si dovrà scrivere un numero, da 1 a 9.La griglia è a sua volta divisa in 9 regioni di 3x3 quadretti.

C’è una sola regola per comporre un Sudoku: in ogni colonna, in ogni riga e in ogni regione, ogni nume-ro deve comparire una volta sola.Per fare un Sudoku potete cominciare da una griglia vuota, ma allora Nobuhiko Kanamoto che lo ha in-ventato e gli editori che lo pubblicano non ci guadagnerebbero niente. Perciò i Sudoku che trovate sulle riviste sono già parzialmente compilati e il vostro compito è quello di completarli.

Realizzato da Agnese Comparetto

La PGreco Events ringrazia per la Collaborazione:Giuseppe BosciglioAgnese ComparettoAlessandro CirchirilloFrancesca AlferiGiuseppe Ferraro FanoChiara RaineriDavide FinardiVanessa BarbieraPierfrancesco Ferraro FanoAnita FriscoMarzia Montalbano