la zootecnia biologica e l’allevamento bovino materiale ... · sulle tecniche di allevamento e...

22
1 La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale per il CD della Coldiretti Che cos’è la Zootecnia Biologica ¾ Un po’ di storia Il concetto di zootecnia biologica non ha certamente più di 10 anni, ed è almeno di tre lustri più giovane rispetto a quello di agricoltura biologica intesa come solo coltura dei vegetali. Conviene fare qualche cenno storico per capire meglio. All’interno del movimento ecologista internazionale negli anni ‘70 si formarono le prime associazioni che si occupavano di agricoltura biologica. Anche in Italia molti decisero di dedicarsi a questo tipo di produzione. C’è da dire che almeno all’inizio pochi di quelli che decidevano di diventare produttori biologici erano agricoltori, ma erano singoli o gruppi spesso spinti da motivazioni ideologiche che facevano loro superare difficoltà a cui un agricoltore classico si sarebbe subito arreso. Essi agivano spesso in maniera individuale o scollegata, tanto che in Italia verso la fine degli anni ‘70 esistevano in pratica poche associazioni che si occupavano del problema (fra le principali Aam Terra Nuova, Suolo e Salute e l’Associazione per l’Agricoltura biodinamica). Dopo 10 anni alla fine degli anni ‘80 c’erano già un buon numero di associazioni che si occupavano di agricoltura biologica fra cui il movimento più rappresentativo era la Commissione nazionale “Cos’è biologico”, gruppo di lavoro costituto da 16 membri fra associazioni, coordinamenti regionali, centri naturali e tecnici nato per promuovere una legge che riconoscesse i prodotti biologici in Italia (da questa Commissione nacque in seguito l’AIAB). Fino ad allora infatti, al contrario di molti Paesi europei (Gran Bretagna, Francia, Germania, Olanda) legalmente in Italia non esisteva nessun prodotto che si potesse chiamare biologico. Un primo riconoscimento si ebbe nel 1988 con una circolare del Ministero dell’Agricoltura. Si cominciò si può dire solo allora a pensare anche ad una regolamentazione per le produzioni animali sulla base dei criteri definiti a livello internazionale dall’IFOAM. Fino alla fine degli anni ‘80 dell’allevamento, anche se in effetti praticato dagli agricoltori biologici che avevano normalmente nelle loro aziende api, polli, conigli, pecore e capre si parlava poco. Il motivo era che c’era una certa renitenza a parlare di quello che all’interno del movimento ecologista veniva senz’altro visto, con ottica già animalista, vegetariana, o addirittura vegetaliana, come intollerabile sfruttamento degli animali. Tanto che erano in molti a teorizzare una agricoltura biologica senza animali, che cioè non utilizzasse nemmeno fertilizzanti di origine animale. A titolo personale scrissi in quel periodo per Aam Terra Nuova un articolo sulla trattamento omeopatico degli animali. Anche se mi fu richiesto di non insistere troppo sulle tecniche di allevamento e sulle produzioni, ma di parlare soprattutto del benessere degli animali per non irritare troppo la suscettibilità dei lettori, era già il segno che il dibattito all’interno della Commissione nazionale “Cos’è biologico” stava cambiando le cose. Da allora effettivamente molto è cambiato anche sulla spinta di convegni internazionali o nazionali e dal fatto che finalmente nel 1999 è stato approvato il Regolamento CE 1804 che dal 24 agosto 2000 è in vigore in tutti gli stati europei. ¾ Definizione Secondo le norme IFOAM, da cui sono derivati tutti i disciplinari delle Associazioni e degli Organismi di controllo e le leggi ed i regolamenti sulla zootecnia biologica, gli animali sono una parte importante del sistema perché sono importanti per chiudere il

Upload: vuongdiep

Post on 18-Feb-2019

219 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale ... · sulle tecniche di allevamento e sulle ... Da qualche anno la Centrale del Latte di Firenze produce una linea di

1

La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale per il CD della Coldiretti Che cos’è la Zootecnia Biologica

Un po’ di storia

Il concetto di zootecnia biologica non ha certamente più di 10 anni, ed è almeno di tre lustri più giovane rispetto a quello di agricoltura biologica intesa come solo coltura dei vegetali. Conviene fare qualche cenno storico per capire meglio. All’interno del movimento ecologista internazionale negli anni ‘70 si formarono le prime associazioni che si occupavano di agricoltura biologica. Anche in Italia molti decisero di dedicarsi a questo tipo di produzione. C’è da dire che almeno all’inizio pochi di quelli che decidevano di diventare produttori biologici erano agricoltori, ma erano singoli o gruppi spesso spinti da motivazioni ideologiche che facevano loro superare difficoltà a cui un agricoltore classico si sarebbe subito arreso. Essi agivano spesso in maniera individuale o scollegata, tanto che in Italia verso la fine degli anni ‘70 esistevano in pratica poche associazioni che si occupavano del problema (fra le principali Aam Terra Nuova, Suolo e Salute e l’Associazione per l’Agricoltura biodinamica). Dopo 10 anni alla fine degli anni ‘80 c’erano già un buon numero di associazioni che si occupavano di agricoltura biologica fra cui il movimento più rappresentativo era la Commissione nazionale “Cos’è biologico”, gruppo di lavoro costituto da 16 membri fra associazioni, coordinamenti regionali, centri naturali e tecnici nato per promuovere una legge che riconoscesse i prodotti biologici in Italia (da questa Commissione nacque in seguito l’AIAB). Fino ad allora infatti, al contrario di molti Paesi europei (Gran Bretagna, Francia, Germania, Olanda) legalmente in Italia non esisteva nessun prodotto che si potesse chiamare biologico. Un primo riconoscimento si ebbe nel 1988 con una circolare del Ministero dell’Agricoltura. Si cominciò si può dire solo allora a pensare anche ad una regolamentazione per le produzioni animali sulla base dei criteri definiti a livello internazionale dall’IFOAM. Fino alla fine degli anni ‘80 dell’allevamento, anche se in effetti praticato dagli agricoltori biologici che avevano normalmente nelle loro aziende api, polli, conigli, pecore e capre si parlava poco. Il motivo era che c’era una certa renitenza a parlare di quello che all’interno del movimento ecologista veniva senz’altro visto, con ottica già animalista, vegetariana, o addirittura vegetaliana, come intollerabile sfruttamento degli animali. Tanto che erano in molti a teorizzare una agricoltura biologica senza animali, che cioè non utilizzasse nemmeno fertilizzanti di origine animale. A titolo personale scrissi in quel periodo per Aam Terra Nuova un articolo sulla trattamento omeopatico degli animali. Anche se mi fu richiesto di non insistere troppo sulle tecniche di allevamento e sulle produzioni, ma di parlare soprattutto del benessere degli animali per non irritare troppo la suscettibilità dei lettori, era già il segno che il dibattito all’interno della Commissione nazionale “Cos’è biologico” stava cambiando le cose. Da allora effettivamente molto è cambiato anche sulla spinta di convegni internazionali o nazionali e dal fatto che finalmente nel 1999 è stato approvato il Regolamento CE 1804 che dal 24 agosto 2000 è in vigore in tutti gli stati europei. Definizione

Secondo le norme IFOAM, da cui sono derivati tutti i disciplinari delle Associazioni e degli Organismi di controllo e le leggi ed i regolamenti sulla zootecnia biologica, gli animali sono una parte importante del sistema perché sono importanti per chiudere il

Page 2: La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale ... · sulle tecniche di allevamento e sulle ... Da qualche anno la Centrale del Latte di Firenze produce una linea di

2

ciclo ecologico dell’azienda biologica. Il letame prodotto è la fonte principale di materia organica, ed in questo senso è importante per la fertilità del suolo. Gli animali inoltre possono utilizzare le aree agricole non utilizzate per le produzioni vegetali. Lasciare aree a produzione di foraggio è poi un buon sistema per evitare rotazioni molto strette delle colture. Infine l’allevamento degli animali aiuta nella diversificazione e nel bilanciamento del sistema agricolo. La conversione delle proteine e dell’energia delle piante in proteine ed energia animale determina delle perdite dovute alla conversione metabolica. Per questo, a seconda delle circostanze, si dovrà trovare un equilibrio fra le produzioni agricole destinate al consumo umano e quelle per l’alimentazione degli animali. Dovranno essere utilizzati al massimo i sottoprodotti derivanti dai processi di lavorazione industriale dei prodotti derivanti da agricoltura biologica. Le tecniche di gestione nell’allevamento animale debbono tenere conto dei fabbisogni fisiologici ed etologici degli animali. A questo fine deve essere loro consentito di esplicare i loro basilari fabbisogni comportamentali, e tutte le tecniche di allevamento, specialmente se richiedono il raggiungimento di buoni livelli di produzione e buone performance di crescita, debbono essere dirette al mantenimento della buona salute degli animali. E’ necessario scegliere razze che siano adattate alle condizioni locali, questo al fine di ottenere produzioni ragionevoli con bassi livelli alimentari, una buona resistenza e longevità degli animali e prodotti di qualità. Le tecniche di embryo transfer non sono concesse, sono sconsigliate, ma tollerate, quelle di inseminazione artificiale. L’alloggiamento degli animali deve consentire loro un movimento sufficiente, sufficiente aria fresca e luce solare, protezione dalle intemperie, ampie aree di riposo coperte da materiali naturali, libero accesso all’acqua ed al cibo, il tutto deve essere costruito con materiali non trattati o coperti da sostanze tossiche. Sono vietate pratiche che determinino la mutilazione degli animali come il taglio della coda, la castrazione, il taglio dei denti, il debeccaggio, la tarpatura delle ali, ed altre. Possono essere consentiti solo la castrazione di suinetti e vitelli, il taglio della coda delle pecore per prevenire la miasi, la decornazione dei vitelli. La dieta deve essere bilanciata in accordo con le necessità nutrizionali degli animali ed essere di buona qualità. Gli alimenti debbono provenire da agricoltura biologica. Nell’impossibilità di produrli e reperirli tutti è consentita l’utilizzazione di una piccola percentuale di alimenti provenienti da produzioni convenzionali. Non possono essere utilizzati promotori di crescita, appetibilizzanti sintetici, conservanti, coloranti, urea, sottoprodotti animali (farina di carne) per i ruminanti, alimenti trattati chimicamente (es. farine di estrazione) o addizionati con altri agenti chimici. Le vitamine, gli aminoacidi, gli oligoelementi, non debbono provenire da prodotti di sintesi. Gli animali allevati dovrebbero provenire da altri allevamenti biologici. Nella impossibilità di realizzare questa condizione, soprattutto nei primi tempi, vengono posti dei limiti all’acquisto e vengono stabiliti i tempi minimi di permanenza nell’allevamento dopo i quali le produzioni possono essere considerate biologiche. Le cure agli animali e tutte le pratiche di allevamento sono rivolte ad ottenere la massima resistenza contro le malattie e a prevenire le infezioni. Quando necessario gli animali debbono essere curati da veterinari che pratichino la fitoterapia, l’omeopatia od altre medicine dolci. I trattamenti classici per il momento non sono proibiti del tutto, ma è necessario rispettare un periodo di sospensione doppio rispetto a quello di legge. Sono consentite le vaccinazioni di legge. Situazione attuale

Page 3: La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale ... · sulle tecniche di allevamento e sulle ... Da qualche anno la Centrale del Latte di Firenze produce una linea di

3

La zootecnia biologica stenta ancora a decollare in Italia al contrario di quello che accade oltralpe. Siamo allo stadio in cui eravamo 15-20 anni fa coll’agricoltura biologica. Sembra strano dire questo quando il pericolo della BSE incombe sull’Europa, e non passa settimana che non vengano sequestrate partite di carne infetta o presunte tali. Forse le cause sono da ricercarsi in parte nella piccola dimensione delle nostre aziende biologiche (solo da poco tempo si stanno convertendo in Toscana al biologico aziende di bovini da carne di una certa consistenza) ed al fatto che il parallelismo fra biologico e vegetariano non è ancora stato superato: cioè chi consuma biologico è in genere vegetariano ed al massimo di origine animale può comprare un po’ di miele ed un po’ di formaggio. Molti allevatori tradizionali, proprietari di un numero consistente di capi, non si decidono a convertire l’azienda perché hanno paura di fare un salto nel vuoto: hanno paura cioè di andare a produrre ad un costo maggiore senza avere la sicurezza di spuntare un prezzo sufficiente sul mercato, anche se adesso le cose con lo scandalo BSE stanno cambiando. Grossisti e commercianti cominciano a pensare che sarebbe interessante mettere dei punti vendita per questi prodotti, ma non sanno dove reperirli in discreta quantità e non sono sicuri che ci sia un mercato. I consumatori dal canto loro comprerebbero volentieri prodotti biologici di origine animale, ma non sanno dove trovarli ed hanno paura di doverli pagare troppo. Vi sono però alcuni esempi importanti. Da qualche anno la Centrale del Latte di Firenze produce una linea di prodotti biologici (Podere Centrale) utilizzando il latte prodotto secondo il metodo biologico nelle stalle della Cooperativa “Emilio Sereni” di Borgo S. Lorenzo (FI) e della Cooperativa il Monte di Galliano (FI). Dal 2000 la Cooperativa Agricola di Firenzuola (CAF), che conta più di 100 soci perlopiù allevatori, produce e commercializza carne biologica bovina ed ovina in Toscana. Degne di nota sono anche iniziative sull’impiego di alimenti biologici nelle mense scolastiche. Far conoscere i prodotti biologici alle famiglie attraverso questo sistema è sicuramente di grande impatto psicologico e produrrà certamente effetti positivi per la diffusione di questi alimenti. Va tutto bene per i prodotti vegetali, ormai facilmente reperibili, ma il problema è che non essendo per adesso sufficiente, ad esempio, la produzione di carne prodotta con metodo biologico, difficilmente sarà possibile rifornire di questo prodotto una mensa comunale che ha bisogno di un approvvigionamento continuo e costante durante tutto l’arco dell’anno. Non ci sono ancora dati e statistiche sicure riguardanti il settore della zootecnia biologica, ma ce ne saranno fra non molto, in quanto il Ministero delle Politiche Agrarie e Forestali e l’ISTAT stanno mettendo a punto banche dati e sistemi di rilevamento che dovranno dare un’idea di quella che è la reale consistenza di questo settore. Allevamento biologico “tradizionale”

Attualmente la maggior parte di quelli che fanno zootecnia biologica sono ancora agricoltori per i quali l’allevamento rappresenta solo una parte della loro attività. In genere appartengono ancora alla categoria di quelli per cui la scelta di fare agricoltura biologica è stata prima di tutto un fatto ideologico e poi una scelta imprenditoriale. Questi soggetti talvolta hanno una visione del biologico molto “integralista”, e ritengono che alcune tecniche di allevamento, che eppure sono consentite dai disciplinari, siano in contrasto col concetto stesso di produrre

Page 4: La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale ... · sulle tecniche di allevamento e sulle ... Da qualche anno la Centrale del Latte di Firenze produce una linea di

4

biologico. Mi ricordo, ad esempio, di una discussione presa durante un seminario con un allevatore di capre che non voleva sentir parlare in nessun modo della utilizzazione degli insilati, nella alimentazione dei sui animali. Questo tipo di posizioni, se da una parte sono apprezzabili, perché danno al consumatore ulteriori garanzie di serietà del prodotto, dall’altra fanno capire come siano difficili ad ottenere produzioni di alimenti biologici di origine animale sufficienti a soddisfare un mercato che dovrebbe essere in espansione. Esistono ancora poche aziende specializzate di certe dimensioni come la già ricordata Cooperativa “Emilio Sereni” di Borgo S. Lorenzo. Stanno emergendo solo ora imprenditori classici che hanno convertito o stanno convertendo le loro aziende e per i quali produrre biologico rappresenta una precisa scelta imprenditoriale. Con queste aziende “moderniste” il rischio è il contrario di quello ricordato per le “integraliste”. C’è il pericolo che questi imprenditori neo-biologici, sostenuti dalla logica del profitto, tendano ad interpretare in maniera troppo elastica i disciplinari di produzione. Certamente i tipi di allevamento estensivo, come ad esempio quelli delle pecore o dei bovini da carne condotti sui terreni marginali dell’Appennino, sono generalmente di per sé molto vicini a quanto richiesto dai disciplinari di produzione, e quindi lo sforzo da fare per adattare completamente l’allevamento al metodo di produzione biologico è in genere modesto. Un’opera di informazione sistematica degli allevatori potrebbe in questo caso essere utile per far conoscere questa possibilità di valorizzazione dei prodotti dell’allevamento. Per alcune regioni centro-meridionali, dove ancora la pastorizia e la trasformazione dei suoi prodotti assume un aspetto rilevante, la possibilità di poter valorizzare queste attività ecocompatibili di alta qualità mediante l’iscrizione ad Organismi di controllo che le possano certificare, può risultare estremamente interessante. E’ ad esempio il caso dell’Abruzzo, regione per altro ricchissima di aree protette, dove solo in questi ultimi anni gli allevatori si sono resi conto di questa possibilità. Spesso glio Organismi di Controllo debbono solo prendere atto della ecocompatibilità di questi allevamenti e della loro naturale aderenza ai disciplinari di produzione senza dover chiedere all’allevatore di effettuare cambiamenti nel sistema di gestione.

Allevamento biologico “moderno”

Diverso è il discorso per gli allevamenti intensivi come il ricordato allevamento dei polli da carne o da uova, e come la maggior parte degli allevamenti dei conigli e dei maiali. Questi sono difficilmente convertibili perché spesso necessitano non solo di un rimodernamento totale delle strutture, di solito oneroso, ma anche di un cambiamento totale della mentalità dell’allevatore. Questo non vuol dire che dall’oggi a domani l’allevatore classico debba diventare da inquinatore ecologista e da sfruttatore di animali animalista. Inizialmente potrà essere spinto solo dalla convinzione di fare una scelta economicamente valida per la propria azienda, ma in un secondo tempo dovrà assumere una mentalità diversa, più rispettosa verso gli animali, l’ambiente e gli utenti finali dei suoi prodotti. La conversione di grosse aziende produttrici è del resto importante per la diffusione della zootecnia biologica, ed per far sì che i prodotti da essa derivati possano diffondersi sempre di più e a prezzi accettabili fra i consumatori. Del resto anche grandi aziende di trasformazione stanno mostrando un grosso interesse per questi prodotti e stanno cercando di acquistare carni prodotte secondo il metodo biologico da utilizzare nelle proprie linee di alimenti per bambini.

Page 5: La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale ... · sulle tecniche di allevamento e sulle ... Da qualche anno la Centrale del Latte di Firenze produce una linea di

5

Ricerca

Lo sviluppo della zootecnia biologica dovrà passare anche da un approfondimento ed una ottimizzazione dei sistemi di allevamento in zootecnia biologica, dal punto di vista tecnico, scientifico ed economico. Questo potrà scaturire solo dalla collaborazione fra singoli allevatori, Associazioni di produttori e consumatori, Organismi di controllo, Università ed altri soggetti interessati al settore, come e sta avvenendo nei Paesi del Nord Europa, ma come purtroppo ancora stenta ad accadere nel nostro Paese. Ma qualcosa si sta muovendo, infatti da 2 anni esiste un Network europeo finanziato dalla UE (Contratto n° FAIR-CT98-4405) dal titolo “Network for Animal Health and Welfare in Organic Agricolture”, coordinato dalla Università di Reading (UK), di cui è partner anche l’Università di Firenze. Sempre l’Università di Firenze ha partecipato alla presentazione di due fra i primi progetti europei presentati per il finanziamento all’interno del V Programma Quadro. Il primo, coordinato dalla Università di Kassel (D), riguarda la prevenzione delle mastiti negli allevamenti biologici, il secondo, coordinato da un Istituto di Ricerca olandese, è sull’allevamento biologico dei suini. Il Ministero delle Politiche Agrarie e Forestali ha istituito una Commissione per l’Agricoltura Biologica, e Gruppi di Lavoro su diverse tematiche connesse. Fra questi ce n’è uno sul benessere animale e sull’impatto ambientale nelle produzioni animali biologiche, che prevede una indagine conoscitiva della situazione, ed anche sperimentazioni in aziende campione. Di questo gruppo fanno parte sia l’Università di Firenze che di Milano. Oltre che a Firenze e Milano anche presso le Università di Perugia e Viterbo esistono gruppi di ricerca attivamente impegnati nella ricerca in zootecnia biologica.

Motivi per scegliere la zootecnia biologica Lo studio dell’ecologia applicato alle produzioni animali mette in evidenza quanto poco rispettosa dell’ecosistema possa essere la zootecnia intensiva, che al fine di ottenere il massimo profitto col minimo della spesa, utilizza sistemi che non tengono conto né del benessere degli animali allevati, né della salvaguardia dell’ambiente, con poco riguardo anche al consumatore finale. Come in tutti gli usi intensivi e specializzati della terra, nell’agricoltura intensiva, ci sono costi e profitti, che includono l’erosione del suolo, l’inquinamento da pesticidi e fertilizzanti, l’alto costo dei carburanti e l’accresciuta vulnerabilità ai cambiamenti climatici ed ai parassiti. Anche l’allevamento intensivo è caratterizzato da un’utilizzazione massiccia di energia sottoforma di elettricità e combustibili, da un accrescimento della vulnerabilità degli animali ai patogeni, ma soprattutto dalla creazione di inquinamento. Lo produce perché utilizzando farmaci di sintesi per gli animali e prodotti chimici per migliorare le produzione foraggere, inquina l’ambiente e produce alimenti anch’essi inquinati. Solo gravi fatti di cronaca portano a conoscenza dell’opinione pubblica questi problemi, almeno per il breve tempo per cui la cosa fa “notizia”; è il caso di quando accadono gravi episodi di danneggiamento dell’ambiente, come l’eutrofizzazione delle alghe dell’Adriatico dovuta agli allevamenti dei maiali della Pianura Padana, o di quando esistono pericoli immediati per la salute umana, come nel caso degli estrogeni ritrovati nelle carni di bovini trattati fraudolentemente dagli allevatori a scopo di profitto, la diossina nei mangimi e quindi nelle carni dei maiali, o dell’epidemia di

Page 6: La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale ... · sulle tecniche di allevamento e sulle ... Da qualche anno la Centrale del Latte di Firenze produce una linea di

6

BSE, la malattia della mucca pazza, originata dall’utilizzazione delle farine di carne di pecore ammalate nella alimentazione di altri animali. Per inciso Rudolph Steiner, fondatore della Antroposofia e della Agricoltura Biodinamica, aveva già predetto nel 1919 che se le vacche fossero state alimentate con residui animali sarebbero diventate pazze. Non troviamo però notizia sui quotidiani dei gravi rischi per l’ecosistema, e dei pericoli per la salute umana prodotti quotidianamente dall’allevamento intensivo degli animali. Ne è un esempio l’inquinamento dell’ambiente dovuto alla dispersione di farmaci e dei loro metaboliti, come nel caso dei prodotti utilizzati per sverminare gli animali, difficilmente degradabili, che si ritrovano nelle loro deiezioni e quindi nei liquami utilizzati per fertirrigare i campi, o l’inquinamento dell’organismo degli stessi consumatori dovuto all’assunzione continua di molecole farmacologiche attraverso il consumo di carni di animali trattati. I tempi di sospensione, anche se rispettati dall’allevatore, risultano infatti spesso insufficienti perché le molecole farmacologiche ed i loro metaboliti vengano completamente eliminate dal corpo dell’animale. Questo fatto è particolarmente grave perché, ad esempio, l’assunzione continua di farmaci ad azione antibiotica pian piano fa sì che si selezionino nuovi ceppi di batteri patogeni resistenti, che per essere distrutti hanno bisogno di farmaci sempre più potenti e sempre più nuovi, che funzionano solo per pochi anni prima di diventare anche loro inefficaci. Se la ricerca e l’industria farmaceutica trae profitto da ciò, non così e per l’organismo umano ed animale, oggetto dell’inquinamento farmacologico, che viene indebolito dalla assunzione di antibiotici sempre più potenti. I consumatori più accorti cominciano a dubitare dei prodotti di questo tipo di zootecnia e cercano alimenti sani prodotti nel rispetti della natura e degli animali e sono pronti a pagarli anche relativamente di più. Giunti ad una eccessiva industrializzazione si tratta quindi di ritornare ad un tipo di zootecnica non inquinante, rispettosa della natura, degli animali e dell’uomo. Questo però non deve e non può essere un mero ritorno all’antico, all’immagine stereotipata del buon mezzadro toscano che all’interno del podere realizzava una sorta di “ciclo chiuso aziendale”, al contrario si tratta di rendere possibili, attraverso tecniche appropriate, produzioni animali ecocompatibili che soddisfino un gran numero di consumatori, a costi, se possibile, non di molto superiori a quelli della zootecnia industriale. Il benessere animale

Il rispetto del benessere degli animali fa la grande differenza con i sistemi di allevamento tradizionali sia intensivi che estensivi. Esistono ancora controversie rispetto a tutte le tematiche riguardanti il benessere animale. Anche la definizione di che cosa sia il benessere suscita ed ha suscitato infinite discussioni. Il fatto è che questo concetto è presente da tempo nelle “linee guida” redatte da alcuni Paesi e, quel più conta, in alcune normative della Comunità Europea, compreso il Reg. CE 1804/99. Il benessere di un individuo è lo stato in cui si trova in relazione ai suoi tentativi di far fronte al proprio ambiente. Questo concetto si riferisce sia al numero dei tentativi fatti sia alla quantità di tentativi che hanno successo. I tentativi di far fronte all’ambiente includono il funzionamento dei sistemi di riparazione del corpo, le difese immunitarie, le risposte fisiologiche d’emergenza, ed una varietà di risposte comportamentali. In sintesi il benessere animale è la misura di quanto l’animale riesce, in un dato ambiente, a soddisfare i suoi bisogni (fame, sete, relazioni sociali, riparo, ecc.), di evitare

Page 7: La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale ... · sulle tecniche di allevamento e sulle ... Da qualche anno la Centrale del Latte di Firenze produce una linea di

7

sensazioni sgradevoli (paura, sofferenza, noia, ecc.), di sfuggire possibili pericoli (predatori, parassiti, malattie). Un aspetto importante del benessere di un animale sono le sue sensazioni soggettive. Sensazioni piacevoli e spiacevoli sono parte dell’esperienza di un individuo quando cerca di far fronte al suo ambiente. La nostra conoscenza della complessità della organizzazione del cervello e del comportamento degli animali è tale che è ora inconcepibile che qualcuno non pensi che anche questi animali non abbiano sensazioni soggettive. E’ difficile conoscere le sensazioni soggettive degli animali, come del resto lo è anche dei nostri simili, ma dobbiamo accettare che queste sensazioni esistano e che siano simili alle nostre. DA AMPLIARE

Principali leggi e Regolamenti della zootecnia biologica

In Italia la materia era normata, prima del 24 agosto 2000, oltre che dai Disciplinari privati Delle Associazioni del Biologico (tutti ispirati a quello IFOAM), da alcune leggi emanate da alcune Province Autonome e Regioni. Fra queste c’è da ricordare la L.R. n.54 della Toscana promulgata il 12 aprile 1995 dal Consiglio Regionale: "Norme per le produzioni animali ottenute mediante metodi biologici". Il 24 agosto 1999 è stato pubblicato il Regolamento CE n. 1804/99 che completa, per

le produzioni animali, il Regolamento CEE n. 2092/91 relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e all'indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari. Il 4 agosto 2000, con il Decreto n. 91436, il Ministro delle Politiche Agrarie e

Forestali, ha stabilito le modalità di attuazione il Italia del Regolamento CE n. 1804/99.

Allevamento biologico dei bovini

Conversione dell’allevamento

Il processo di conversione può essere sintetizzato nei seguenti punti: 1. Conversione della produzione vegetale aziendale 2. Conversione del sistema di allevamento 3. Conversione ideologica dell’allevatore I primi due sono squisitamente tecnici, il terzo è un elemento concettuale non inerente solamente la scelta del biologico, ma riguarda la necessità di assumere da parte dell’allevatore una visione d’insieme, olistica, che gli consenta di ottimizzare le fasi tecniche della conversione. In particolare l’allevatore non dovrà semplicemente cercare delle soluzioni derivate dalle tecniche convenzionali e sostitutive delle stesse. Così facendo probabilmente riuscirebbe a rispettare formalmente le normative, ma non sempre raggiungerebbe obiettivi economici soddisfacenti. La scelta delle razze da allevare, ad esempio, non può essere limitata alla semplice potenzialità produttiva. Questa è infatti il risultato di scelte effettuate a monte riguardanti l’economicità di orientamenti ecocompatibili quali, ad esempio, la gestione delle superfici destinate ai foraggi, e gli orientamenti presi nel rispetto del benessere animale (ricoveri, terapie naturali, razioni rispettose della fisiologia dell’animale). Scelte di conduzione in cui interagiscano molteplici fattori, come quella della razza, sono numerose nella conduzione zootecnica e ciò rende complessa l’identificazione delle esigenze aziendali nella fase critica della conversione.

Page 8: La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale ... · sulle tecniche di allevamento e sulle ... Da qualche anno la Centrale del Latte di Firenze produce una linea di

8

E’ opinione comune che la conversione per certi tipi di allevamento è più facile e per altri è più difficile, e che certi tipi di allevamento bovino solitamente condotti in maniera estensiva (come la linea vacca vitello), più facilmente si adattano ad essere convertiti. E vero però che mentre in alcune aree della penisola si sono continuati ad utilizzare sistemi tradizionali, certamente vicini a concetto di “biologico”, in altre sono stata adottati “moderni” sistemi e tecnologie che ne potrebbero rendere più difficile e problematica la conversione. Anche l’ambiente dove gli animali vengono condotti al pascolo è cambiato, e certe zone sono sicuramente rischiose perché le essenze di cui si nutrono gli animali potrebbero essere ricche di metalli pesanti e di inquinanti. Lo stesso vale per l’acqua utilizzata per abbeverare gli animali talvolta proveniente da falde sottostanti zone dove viene effettuata agricoltura intensiva. L’utilizzazione indiscriminata di medicinali pericolosi per la salute degli animali, dell’uomo e dell’ambiente viene purtroppo soltanto limitata dagli ultimi regolamenti. E qua si pone il problema fra la differenza di una produzione zootecnica veramente biologica ed una solamente certificata. Purtroppo non sono la stessa cosa, e prima di arrivare a produzioni veramente biologiche in certi casi passano anni. Altro problema di questo tipo di produzioni è che spesso la conversione degli animali e delle loro produzioni non viene neanche iniziata perché i proprietari, pur avendo spesso tutte le colture ed i prati pascoli in biologico, non ne vedono il vantaggio economico né prospettive di mercato per il futuro. Anche gli Organismi preposti alla certificazione ed al controllo hanno le loro colpe. Non esistono, ad esempio, statistiche certe per quello che riguardano gli allevatori che potenzialmente potrebbero essere convertiti e potrebbero entrare in programmi di avvio alla utilizzazione di Medicine Non Convenzionali in zootecnia biologica Non ci sono sufficienti tecnici esperti nella riconversione e assistenza agli allevamenti. Cominciano ad esserci abbastanza veterinari esperti di Medicine Non Convenzionali, ma gli aspetti da seguire non sono solo quelli sanitari, vanno dalla alimentazione, al sistema di allevamento, alla trasformazione e commercializzazione dei prodotti. La sperimentazione è iniziata, soprattutto per quello che riguarda la utilizzazione delle Medicine Non Convenzionali, ma non copre tutti gli aspetti e le esigenze di questo nuovo tipo di allevamento. Non esistono studi sicuri su molti aspetti, ed anche i parametri indicati dai regolamenti e dalle deroghe sono più frutto di accordi politici che dettati da dati scientifici. In realtà le normative dei regolamenti sono tutte norme di convenienza e di transizione verso un tipo di produzione biologica che non è stato ancora definitivamente stabilito, ma che dovrà essere fissato anche in base ai risultati della ricerca. Gli allevatori stessi non debbono seguire in maniera passiva i regolamenti, ma si debbono trasformare in ricercatori e contribuire a mettere in risalto le problematiche dell’allevamento biologico ed a risolverle. Densità degli animali e benessere animale

Il numero di animali presenti in azienda deve essere proporzionato alle dimensioni dell’azienda ed alla sua capacità produttiva nel rispetto del benessere degli stessi e dell’ambiente. Gli ammassamenti eccessivi di animali portano sicuramente a problemi sanitari. In natura infatti gli animali sottoposti a stress, in caso di sovrappopolazione, abbassano le loro difese organiche, si ammalano e muoiono. Questo ha il significato di far diminuire il numero degli individui a favore della sopravvivenza dei più forti. Così

Page 9: La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale ... · sulle tecniche di allevamento e sulle ... Da qualche anno la Centrale del Latte di Firenze produce una linea di

9

accade che quando la densità degli animali di un allevamento è eccessiva questi tendono ad ammalarsi. Gli animali in produzione e le loro deiezioni, a loro volta, si devono integrare con le coltivazioni agrarie al fine di non produrre inquinamento, ma anzi di migliorare la fertilità del terreno. Questo si può ottenere mediante la corretta gestione dei reflui dell’allevamento, nel rispetto della direttiva europea relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato da nitriti provenienti da fonti agricole ( Reg. CEE 676/91). A questo scopo il Reg. CE 1804/99 fissa il carico massimo di animali per ha corrispondente a 170 kg N/ha/anno. Massimo numero di animali per ettaro (equivalenti a 170/kg N/ha/anno) Vitelli da ingrasso 5 Altri bovini < 1 anno 5 Bovini maschi 1-2 anni 3.3 Bovini femmine 1-2 anni 3.3 Bovini maschi >2 anni 2 Giovenche da allevamento 2.5 Giovenche da ingrasso 2.5 Vacche da latte 2 Vacche lattifere da riforma 2 Altre vacche 2.5 Questo limite potrebbe essere in effetti criticabile perché tiene sì conto delle deiezioni prodotte, ma non della sostenibilità dell’azienda. Due bovini adulti per ha infatti potrebbero anche essere troppi per una azienda della Maremma Toscana, regione con terreni aridi e poco produttivi, o pochi in zone di pianura con suoli molto fertili come un polder olandese o la stessa Pianura Padana. Comportamento in stalla

Il comportamento sociale dei bovini è estremamente complesso. Anche in stalle dove le vacche vengono allevate senza toro si creano delle gerarchie e dei rapporti complessi fra gli animali. Adottare sistemi permanenti di stabulazione fissa (a catena) significa negare la possibilità agli animali di avere rapporti sociali fra di loro, il che ne inficia inevitabilmente la condizione di benessere e quindi le produzioni. Zimmerman e Zebb (1971) studiarono il comportamento di una mandria di vacche allevate tutte insieme a stabulazione libera. Il gruppo delle vacche più anziane (7 – 8 anni) rappresentava nella loro prova quello gerarchicamente più importante. Il gruppo di media età (4 – 5 anni) comprendeva la massa della mandria, nella quale si integravano lentamente gli animali più giovani. Gli animali ancora più giovani (figlie) tentavano di integrarsi nel gruppo delle vacche di media età o delle più giovani, alcune addirittura cercavano di inserirsi direttamente in quello delle più anziane. Tutti i gruppi rifiutavano quello degli animali giovani acquistati di recente, ed alcuni soggetti che non godevano di ottima salute. DA AMPLIARE I sistemi di allevamento de bovini

Si riportano schematicamente i principali sistemi di allevamento dei bovini. Strutture ed ubicazioni degli allevamenti da latte

Page 10: La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale ... · sulle tecniche di allevamento e sulle ... Da qualche anno la Centrale del Latte di Firenze produce una linea di

10

Bradi Semibradi Stabulazione libera Stabulazione fissa Strutture ed ubicazioni degli allevamenti da carne

Si riportano schematicamente • Produzione vitelli

In stalla a stabulazione libera Bradi o semibradi, linea vacca vitello

• Strutture ed ubicazioni degli allevamenti di ingrasso

Bradi Semibradi Stabulazione libera Stabulazione fissa

Le stalle a posta fissa sono consentite nell’allevamento biologico solo per periodi limitati di tempo in quanto impediscono agli animali un normale comportamento sociale. Questo tipo di stalla quindi presuppone che gli animali si rechino pwe la maggior parte del tempo al pascolo od abbiano a disposizione ampi paddock dove muoversi. Si possono distinguere essenzialmente 3 tipi di stalla di questo tipo. 1. Stalla longitudinale ad una fila con deposito di foraggio dalla parte del muro dove

sono legati gli animali. Rappresenta il tipo più antico e tradizionale di molte zone montane. Implica un lavoro notevole da parte dell’allevatore.

2. Stalla a posta fissa a due file con corsia di alimentazione nel mezzo e deposito di fieno e paglia in alto. E’ il caso di stalle in cui il fieno viene ancora raccolto e conservato in presse che vengono ammassate sopra la stalla e calate attraverso apposite feritoie.

3. Stalla a posta fissa a due file con copertura del tetto ed il deposito di fieno e paglia nel capannone annesso. E’ il caso più frequente nel caso in cui il fieno e la paglia vengano raccolti e conservati in rotoballe.

Come si è detto per le vacche da latte la stabulazione fissa non può essere prolungata per tutto l’anno perché ciò comporta una limitazione di movimento e quindi una diminuzione del benessere. Anche l’Ordinanza Svizzera per la tutela degli animali del 1981, quindi prima che si parlasse di zootecnia biologica, nell’articolo 18 afferma : “I bovini che vengono tenuti legati devono avere la possibilità di muoversi di tanto in tanto al di fuori del loro posto fisso”. Fino a quando nelle stalle a posta fissa non c’erano ancora gli abbeveratoi automatici era uso condurre le vacche all’abbeveratoio del paese o al pozzo nel cortile, e di conseguenza queste si muovevano camminando due volte al giorno. Dato che però l’assunzione di acqua durante il pasto migliora la fisiologia ruminale, è auspicabile l’installazione di abbeveratoi automatici. In questo modo viene meno la necessità di spostare gli animali. Nell’allevamento biologico bisogna tenere di conto che se anche il movimento dell’animale AMPLIARE IN TUTTI I MODI

Page 11: La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale ... · sulle tecniche di allevamento e sulle ... Da qualche anno la Centrale del Latte di Firenze produce una linea di

11

I sistemi di alimentazione Si riportano schematicamente i principali sistemi di alimentazione utilizzati nell’allevamento bovino. Sistemi di alimentazione allevamenti da latte Tradizionale Unifeed Con integrazione individuale Sistemi di alimentazione allevamenti da carne Tradizionale Unifeed L’obiettivo è che gli animali abbiano una alimentazione sana, priva di alimenti pericolosi (OGM, farine di carne, farine proteiche di estrazione, ecc.). I regolamenti fissano la quantità di alimenti convenzionali ed in conversione consentita, in modo che gli animali vengano alimentati il più possibile con alimenti derivanti da agricoltura biologica, preferibilmente provenienti dalla stessa azienda di allevamento. Questo perché non dovrebbero esistere aziende biologiche “senza terra”, dove gli animali vengono allevati, ma non vengono effettuate produzioni foraggere e le deiezioni vengono esclusivamente smaltite al di fuori dell'azienda. Questo tipo di allevamento esiste soprattutto nelle produzioni avicole e cunicole, ma in Italia vi sono anche alcune grandi aziende del Sud che allevano bovine da latte acquistando fuori tutti gli alimenti necessari. Il rapporto fra foraggi e concentrati non deve superare 60/40 per non forzare la normale fisiologia ruminale e le performance produttive come avviene nella zootecnia intensiva, in cui gli animali vengono portati allo stremo delle loro capacità. Gli insilati vengono consentiti se accompagnati da fibra lunga. C’è però da dire che non tutti però sono d’accordo che siano compatibili con produzioni di alta qualità, in quanto influenzerebbero soprattutto il sapore del prodotto. Nelle condizioni attuali, e con razze bovine selezionate per alte produzioni, e quindi alti fabbisogni alimentari dalla zootecnia classica, solo in pochi casi possiamo pensare di fare a meno di utilizzare questo sistema di conservazione dei foraggi. Un grosso problema per il nostro Paese è quello degli alimenti proteici. Non avendo pascoli permanenti che assicurino alte produzioni foraggere di qualità per tutto l’anno come nel nord Europa, e non potendo utilizzare né farine di estrazione, né prodotti OGM, non è facile superare il problema. La soia che viene commercializzata è perlopiù di provenienza USA, e quindi quasi certamente OGM, quindi non resta che produrre leguminose alternative come il pisello proteico od il favino per venire incontro ai fabbisogni proteici della razione. Un altro problema, è quello della diatriba sulla possibilità di utilizzare o meno vitamine di sintesi, che non riguarda tanto l’allevamento dei bovini, che sintetizzano le vitamine nel rumine, quanto quello degli avicoli e dei maiali. Da ultimo va accennato alla scarsa disponibilità di alimenti bio, che però va sempre più diminuendo perché molti agricoltori biologici si sono messi a produrre alimenti per il bestiame, molti mangimifici producono e commercializzano alimenti bio, o compatibili (sfruttando la percentuale di alimento convenzionale consentita). Acquisto degli animali

Il problema della provenienza degli animali da rimonta sta esplodendo in questo momento di epidemia di mucca pazza. Come è successo in l’agricoltura biologica per i

Page 12: La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale ... · sulle tecniche di allevamento e sulle ... Da qualche anno la Centrale del Latte di Firenze produce una linea di

12

semi e per le piante si sta permettendo la utilizzazione di animali provenienti dagli allevamenti tradizionali e si stabilisce un periodo di conversione. Il Reg. CE 1804/99 modificato dal DM 4/8/00 recita infatti che I prodotti animali possono essere venduti con la denominazione biologica soltanto se gli animali sono stati allevati secondo le norme del presente regolamento per un periodo di almeno: — 12 mesi per gli equini ed i bovini (comprese le specie Bubalus e Bison) destinati alla produzione di carne ed in ogni caso per almeno tre quarti della loro vita; — 6 mesi per gli animali da latte. Il problema è che questa normativa non ci garantisce dal fatto che questi animali siano liberi da BSE, perché per adesso i controlli per tale malattia in Italia sono ancora limitati e perché la maggior parte dei bovini ingrassati in Italia proviene dall’estero. C’è per assurdo, al contrario, anche un problema di sotto utilizzazione di animali provenienti da agricoltura biologica. I vitelli maschi degli allevamenti biologici da latte finiscono infatti il più delle volte in centri di ingrasso convenzionale per la produzione di baby beef. AMPLIARE Le razze

L'importanza della utilizzazione di razze rustiche, autoctone, adattabili alle condizioni ambientali esistenti, resistenti alla malattie, selezionate al fine di evitare malattie specifiche o problemi sanitari, viene ribadita in tutte le leggi e disciplinari fino ad adesso esistenti. La realtà dell'allevamento italiano rende per molti tipi di allevamento quasi impossibile l'applicazione di questo principio. Troppe razze bovine, ovine, caprine, cunicole ed avicole sono state ridotte a livelli prossimi all'estinzione da una politica agricola sconsiderata iniziata negli anni '60. Per quello che riguarda l’allevamento bovino da carne un esempio classico di razza rustica adatta a produzioni biologiche di alta qualità è dato dalla Maremmana. La Maremmana è sopravvissuta fino ad oggi perché adattata ad ambienti dove difficilmente potrebbero essere allevati altri bovini. La resistenza alle malattie è indubbia, in quanto tradizionalmente questi animali, almeno nella Maremma Toscana, non subiscono alcun tipo di trattamento, neanche antiparassitario, durante la loro vita, se non in casi veramente eccezionali. La Maremmana ha quindi subito una selezione più vicina a quella naturale dei selvatici che vivono allo stato libero: questa ha permesso la sopravvivenza solo dei soggetti più forti ed adattati all’ambiente. Selezione ben diversa è stata fatta sulle moderne razze bovine da carne, che hanno guadagnato in produttività, ma perduto molto in rusticità e resistenza alle malattie. Gli individui di Maremmana che oggi alleviamo sono resistenti a malattie infettive e parassitarie che decimerebbero capi di altre razze allevati negli stessi luoghi e nelle stesse condizioni. La Maremmana sarebbe infatti naturalmente resistente alla Piroplasmosi, malattia endemica sulle coste della Maremma. Contribuirebbe a questa sua caratteristica la cute spessa che la renderebbe più difficilmente attaccabile dalle zecche vettrici della malattia. Gli attuali problemi di positività alla IBR ed alla BVD sarebbero dovuti agli incroci effettuati immettendo negli allevamenti tori di razze francesi da carne, che avrebbero infettato le mandrie. In effetti gli animali delle aziende che non hanno subito introduzioni di bovini dall’esterno da moltissimi anni, come quelli della tenuta presidenziale di Castelporziano, sono tutti sieronegativi.

Page 13: La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale ... · sulle tecniche di allevamento e sulle ... Da qualche anno la Centrale del Latte di Firenze produce una linea di

13

Altra caratteristica che rende questa razza adatta a produzioni biologiche è l’estrema frugalità e la capacità di sfruttare il pascolo arboreo per integrare la sua dieta, soprattutto durante i periodi di siccità estiva. La Maremmana è quindi una grande utilizzatrice delle risorse naturali di quei “terreni marginali” di cui è ricca la Toscana, e che vanno preservati e valorizzati in quanto facenti parte di una delle più grandi foreste esistenti ancora nell’Europa occidentale. Con la pratica della introduzione delle mandrie di Maremmane nel bosco, “vaccinazione” secondo un termine utilizzato correntemente in Maremma, si ottiene la fertilizzazione del terreno e la pulizia del sottobosco, utile anche alla prevenzione degli incendi. L’allevamento brado di questa razza è facilitato dal carattere docile, lo stesso che nei secoli passati la aveva fatta apprezzare nel lavoro dei campi, e ne aveva determinato la diffusione dal litorale tirreno fino alla Romagna ed alle Marche. Anche gli incroci con la Chianina erano apprezzati per il lavoro, in quanto univano la forza e la mole della Chianina alla rusticità ed al carattere docile della Maremmana.

Strutture zootecniche spazi destinati agli animali

In tutti i disciplinari viene vietato a priori l’allevamento intensivo e la stabulazione fissa permanente e vengono date delle indicazioni di come e soprattutto in che spazi devono essere tenuti gli animali. E’ quindi essenzialmente il benessere dell’animale che spinge i compilatori di questi testi a definire le superfici di allevamento, coperte e scoperte, che debbono essere riservate a ciascuna specie. Queste debbono essere abbastanza ampie da permettere agli animali di muoversi liberamente ed accedere con facilità ad acqua e cibo e debbono essere fornite di una buona ventilazione ed illuminazione naturale. La scelta delle misure è abbastanza difficile in quanto in realtà mancano studi approfonditi a livello mondiale sulle superfici ottimali di allevamento che assicurino il benessere agli animali. Fanno eccezione le norme dettate dal “Codes of recommanadations for the welfare of livestock” del “Ministry of Agicolture, Fishers and Food” del Regno Unito. Le superfici definite dalle normative sono comunque sempre già un compromesso fra quello che si pensa siano i fabbisogni degli animali, ed una supposta economicità dell’allevamento biologico. Per quanto riguarda bovini e bufalini, ovini e caprini, equini ed asinini le superfici non sono molto più grandi e diverse da quelle degli allevamenti tradizionali, anche se condotti con metodi intensivi. In genere con modesti riadattamenti è possibile modificare anche le stalle chiuse tradizionali, praticando delle aperture per consentire agli animali di accedere liberamente ai recinti esterni, ritenuti indispensabili al fine di consentire il libero movimento ed il benessere degli animali. Il problema sorge con tipi di allevamento che prevedono l’utilizzazione della catena che viene concessa dal Reg. CE 1804/99 solo in determinati casi e per brevi periodi di tempo. Il problema sorge anche quando si desiderano fare delle produzioni più consistenti magari convertendo allevamenti tradizionali già esistenti. Le superfici minime coperte e scoperte ed altre caratteristiche di stabulazione previste per i differenti tipi e specie di produzione previsti dal Reg. CE 1804/99 sono riportate nella seguente tabella. SUPERFICI COPERTE

(superficie netta disponibile per gli animali)

SUPERFICI SCOPERTE

(spiazzi liberi, esclusi i pascoli)

Page 14: La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale ... · sulle tecniche di allevamento e sulle ... Da qualche anno la Centrale del Latte di Firenze produce una linea di

14

Peso vivo minimo (kg)

mq/capo mq/capo

bovini ed equini

da allevamento e destinati all'ingrasso

Fino a 100 Fino a 200 Fino a 350 oltre 350

1.5 2.5 4.0 5 con un minimo di 1 m2/100 kg

1.1 1.9 3 3.7 con un numero di 0.75 mq/100kg

Vacche da latte

6

4.5

Tori

10

30

Il problema dei pascoli

Il Reg. CE 1804/99 integrato e modificato dal D.M. 4/8/00 prevede che ai ruminanti venga assicurata la possibilità di pascolare. Questo punto è forse il più difficile da realizzare nel nostro Paese e nella nostra Regione per i sistemi di allevamento utilizzati e per la mentalità degli allevatori, perché per un grande periodo dell’anno non c’è pascolo fresco nella maggio parte delle aree, perché vengono utilizzati per al produzione del latte animali altamente produttivi che hanno bisogno di una alimentazione molto spinta ed equilibrata e che il pascolo potrebbe squilibrare. Si riportano integralmente gli articoli che vi si riferiscono. Reg. CE 1804/99

8.3.1. Fatte salve le disposizioni del punto 5.3, tutti i mammiferi devono avere accesso a pascoli o a spiazzi liberi o a parchetti all'aria aperta che possono essere parzialmente coperti, e devono essere in grado di usare tali aree ogniqualvolta lo consentano le loro condizioni fisiologiche, le condizioni climatiche e lo stato del terreno, a meno che vi siano requisiti comunitari o nazionali relativi a specifici problemi di salute degli animali che lo impediscano. Gli erbivori devono avere accesso ai pascoli ogniqualvolta lo consentano le condizioni. 8.3.2. Nei casi in cui gli erbivori hanno accesso ai pascoli durante il periodo del pascolo e quando il sistema di stabulazione invernale permette agli animali la libertà di movimento, si può derogare all'obbligo di prevedere spiazzi liberi o parchetti all'aria aperta nei mesi invernali. 8.3.3. Fatta salva l'ultima frase del punto 8.3.1, i tori di più di un anno di età devono avere accesso a pascoli o a spiazzi liberi o a parchetti all'aria aperta. 8.3.4. In deroga al punto 8.3.1, la fase finale di ingrasso dei bovini, dei suini e delle pecore per la produzione di carne può avvenire in stalla, purché il periodo in stalla non superi un quinto della loro vita e comunque per un periodo massimo di tre mesi.

Page 15: La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale ... · sulle tecniche di allevamento e sulle ... Da qualche anno la Centrale del Latte di Firenze produce una linea di

15

8.5.1. In deroga ai requisiti di cui ai punti 8.3.1, 8.4.2, 8.4.3 e 8.4.5, e alle densità di stabulazione di cui all'allegato VIII, le autorità competenti degli Stati membri possono concedere deroghe ai requisiti di detti punti e dell'allegato VIII per un periodo transitorio che scade il 31 dicembre 2010. Tale deroga si applica esclusivamente alle aziende dedite all'allevamento aventi edifici preesistenti, costruiti anteriormente al 24 agosto 1999 e nella misura in cui tali edifici adibiti all'allevamento soddisfano le norme nazionali concernenti la produzione biologica in vigore anteriormente a tale data o, in mancanza, le norme private accettate o riconosciute dagli Stati membri.

DM 4/8/00

8.5.1 La deroga generale sulla stabulazione del bestiame, nonché quella sulla stabulazione fissa nelle piccole aziende, è applicabile dalla data di entrata in vigore del regolamento a quelle aziende che si sono sottoposte ad un sistema di controllo basato su norme regionali o su norme private riconosciute, accettate dallo Stato e comunque in conformità a quanto previsto al precedente punto 6.1.5 del presente Decreto. 6.1.5 In deroga alle disposizioni del punto 6.1.4, la stabulazione fissa può essere praticata in edifici esistenti prima del 24 agosto 2000, a condizione che il responsabile dell’azienda, prima dell’avvio, sottoscriva un piano di adeguamento delle strutture aziendali della durata massima di due anni e che nel periodo estivo ricadente nell’applicazione della deroga, venga comunque assicurato il pascolo agli animali e che nel resto dell’anno non vengano tenuti alla catena. Tale piano dovrà prevedere l’adeguamento degli spazi esterni entro il primo anno ed entro due anni, l’adeguamento riguardante le strutture coperte. In ogni caso le deroghe sugli spazi disponibili non potranno superare il 20% degli spazi richiesti dal Reg. (CE) n. 1804/99

Aspetti sanitari In tutti i regolamenti e disciplinari si insiste molto sull’aspetto della prevenzione. La profilassi nella zootecnica biologica è basata sui seguenti principi: a) scelta delle razze o delle linee e ceppi appropriati di animali; b) applicazione di pratiche di allevamento adeguate alle esigenze di ciascuna specie che stimolino un'elevata resistenza alle malattie ed evitino le infezioni; c) uso di alimenti di alta qualità, abbinato a movimento regolare fisico e accesso ai pascoli, stimolando così le difese immunologiche naturali degli animali; d) adeguata densità degli animali, evitando così il sovraffollamento e qualsiasi problema sanitario che ne potrebbe derivare. Ciò nonostante se gli animali si ammalano vanno curati utilizzando però sistemi meno inquinanti possibile. Il concetto è che come non possono essere usati prodotti chimici nel trattamento e nella prevenzione delle malattie delle piante, così dovrebbe essere, per quanto possibile, per le produzioni animali. Si riportano schematicamente le principali patologie che possano colpire un allevamento bovino. Problemi sanitari allevamenti da latte

Mastiti Infertilità

Page 16: La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale ... · sulle tecniche di allevamento e sulle ... Da qualche anno la Centrale del Latte di Firenze produce una linea di

16

Dismetabolie alimentari Problemi podalici Zoonosi Tubercolosi Brucellosi Altre malattie

Problemi sanitari allevamenti da carne

Dismetabolie alimentari Patologie broncopolmonari Parassitosi Altre malattie Le medicine non convenzionali

Si riportano i punti principali del Reg. CE 1804/99 e del DM 4/8/00 riguardanti le terapie consentite. • Reg. CE 1804/99

5. Profilassi e cure veterinarie 5.4. L'uso di medicinali veterinari nell'agricoltura biologica deve essere conforme ai seguenti principi: a) i prodotti fitoterapici (ad es. estratti vegetali — esclusi gli antibiotici — essenze, ecc.), omeopatici (ad es. sostanze vegetali, animali o minerali), gli oligoelementi e i prodotti elencati all'allegato II, parte C, sezione 3, sono preferiti agli antibiotici o ai medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica, purché abbiano efficacia terapeutica per la specie animale e tenuto conto delle circostanze che hanno richiesto la cura; b) qualora l'uso dei suddetti prodotti non sia verosimilmente efficace, o non si dimostri tale per le malattie o le ferite, e qualora la cura sia essenziale per evitare sofferenze o disagi all'animale, possono essere utilizzati antibiotici o medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica sotto la responsabilità di un veterinario; c) è vietato l'uso di medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica o di antibiotici per trattamenti preventivi. 5.8. Ad eccezione delle vaccinazioni, delle cure antiparassitarie e dei piani obbligatori di eradicazione attuati negli Stati membri, nel caso in cui un animale o un gruppo di animali sia sottoposto a più di due o massimo tre cicli di trattamenti con medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica o antibiotici in un anno (o a più di un ciclo di trattamenti se la sua vita produttiva è inferiore a un anno), gli animali interessati o i prodotti da essi derivati non possono essere venduti come prodotti ottenuti conformemente alle disposizioni del presente regolamento. Tali animali devono essere sottoposti ai periodi di conversione previsti al capitolo del presente allegato, con il consenso dell'autorità o dell'organismo di controllo.

• D.M. 4/8/00

5.8. Tenuto conto della corrente prassi di allevamento, i trattamenti antiparassitari possono essere limitati a due nel corso dell’anno compresi quelli per gli ectoparassiti somministrati per via parenterale e/o per applicazioni esterne con prodotto ottenuti per sintesi chimica.

Page 17: La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale ... · sulle tecniche di allevamento e sulle ... Da qualche anno la Centrale del Latte di Firenze produce una linea di

17

Le molecole da utilizzare per detti trattamenti debbono essere caratterizzate da un basso impatto ambientale, una rapida metabolizzazione, limitati effetti tossici e tempi di sospensione inferiori ai dieci giorni.

Uno degli “anelli deboli” della riconversione agrozootecnica è quello della necessità di passare da un tipo di prevenzione e terapia delle malattie di tipo tradizionale (allopatia) altamente inquinante, ad un sistema diverso che utilizzi medicine naturali dolci. Questo al fine di eliminare la presenza dei residui chimico-farmaceutici nei prodotti zootecnici e per far sì che le produzioni biologiche animali corrispondano veramente alle aspettative dei consumatori. Le medicine dolci utilizzabili, fra le quali l’omeopatia, l’omotossicologia, l’isopatia, la fitoterapia e l’agopuntura, devono dare tutte la sicurezza che le carni degli animali e le loro produzioni (latte) non contengano alcuna molecola farmacologica estranea. Fra le medicine proponibili è sicuramente l’omeopatia a dare al tempo stesso maggiori garanzie di efficacia sia per la salute degli animali che per la salubrità delle derrate alimentari. L’omeopatia infatti è costituita da un corpo dottrinario, volto alla salvaguardia del benessere sia umano che animale, consolidatosi nel corso di due secoli, ed utilizza rimedi ad altissima diluizione dove non sono neanche più presenti in tracce le molecole originarie. 2) Il farmaco omeopatico nella legislazione italiana Sono due le leggi che disciplinano il settore: 1. la L. 110 del 17/3/95 che si occupa di regolamentare i medicinali omeopatici per uso veterinario (recepimento Direttiva CEE 92/74); 2. la L. 185 del 22/5/95 che tratta la regolamentazione dei medicinali omeopatici per uso umano (recepimento Direttiva CEE 92/73). I medicinali omeopatici che abbiano una concentrazione di principio attivo pari o inferiore a una parte per milione sono da considerarsi atossici e non necessitano di tempi di sospensione. I medicinali omeopatici destinati agli animali da reddito, che producono alimenti per l’uomo, debbono sottostare alla registrazione completa come le molecole farmacologiche classiche. Per prescrivere questi prodotti è necessaria la ricetta veterinaria in triplice copia non ripetibile prevista dal D.L. 119/92. Per i medicinali destinati alle specie di affezione ed esotiche è sufficiente la registrazione semplificata. Per la loro prescrizione è sufficiente la ricetta veterinaria unica non ripetibile. Per uso umano, purché si usi la via orale o esterna, non è necessaria ricetta medica. Qualsiasi allevatore potrebbe quindi recarsi in farmacia ed acquistare per uso personale i medicinali omeopatici senza ricetta e poi diluire i rimedi in soluzione sterile apirogena iniettabile se non volesse usare la via orale o esterna per somministrare questi ai sui animali. A tutt’oggi mancano ancora purtroppo la approvazione di una Farmacopea ufficiale omeopatica, il riconoscimento ufficiale delle Scuole omeopatiche, l’insegnamento ufficiale dell’Omeopatia nelle Università italiane. C’è una effettiva difficoltà culturale e pratica nella introduzione della Omeopatia negli allevamenti. La effettiva difficoltà di passare dall’allopatia alle medicine naturali sta nel fatto che le basi teoriche su cui queste si basano sono generalmente lontane dal comune modo di intendere la medicina, per questo i futuri utenti sono diffidenti ed hanno difficoltà ad accettarle.

Page 18: La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale ... · sulle tecniche di allevamento e sulle ... Da qualche anno la Centrale del Latte di Firenze produce una linea di

18

Per diffondere questi sistemi e metodi di cura comunque è soprattutto necessario sensibilizzare al massimo i futuri utenti, diffondendo i principi teorici basilari di queste medicine e dimostrando la loro reale efficacia nella cura degli animali. Allo stesso tempo è necessario che queste siano loro facilmente accessibili: cioè debbono essere disponibili veterinari naturopati esperti che possano seguire gli allevamenti, e facilmente reperibili i farmaci ed i rimedi che essi prescrivano. Sulla scorta di esperienze effettuate soprattutto in altri Paesi europei, anche nel nostro Paese, anche presso l’Università di Firenze, vengono effettuate alcune esperienze di confronto di gruppi di animali trattati con medicine dolci e non. Esperienze dimostrative di animali curati unicamente con l’omeopatia messi a confronto con altri curati con l’allopatia, svolte in aziende limitrofe, sono la migliore dimostrazione per gli allevatori della possibilità reale di utilizzare questa medicina. Questo tipo di prove servono anche a spingere i veterinari delle aziende ad avvicinarsi a questa antica disciplina e a verificarne di persona gli effetti terapeutici. Esistono comunque già anche in Italia alcune stalle che utilizzano unicamente l’omeopatia nella cura degli animali, e non solo biologiche. Il costo dei medicinali è in genere inferiore a quello della medicina convenzionale. Dipende molto che tipo di terapia viene utilizzata. Certamente un veterinario che utilizzi soprattutto rimedi omeopatici unitari farà risparmiare molto l’allevatore. I veterinari naturopati debbono in genere affrontare un lavoro molto lungo e complesso soprattutto nei primi tempi che vengono chiamati ad occuparsi di un allevamento. In seguito il lavoro, e quindi il costo, se tutto va bene, non dovrebbe essere molto più gravoso di quello riservato un normale veterinario aziendale. Nei casi acuti si possono avere dei successi immediati, del tutto comparabili a quelli della allopatia. Molti casi cronici che per l’allopatia sono incurabili vengono risolti ogni giorno con la utilizzazione di medicine dolci negli uomini come negli animali. La qualità dei prodotti provenienti dagli animali curati con medicine dolci non aggressive sono qualitativamente superiori e privi di pericolosi residui.

Interventi sugli animali (decornazione)

La cauterizzazione dell’abbozzo corneale è consentita solo al di sotto delle 3 settimane di vita. E’ questo però il punto di maggiore scontro ed attrito con i biodinamici. Infatti essi considerano indispensabile che i bovini abbiano le corna. Diversi centri di ricerca tedeschi, austriaci, olandesi e svizzeri, dove la Biodinamica è più diffusa, stanno studiando sistemi di gestione della mandria che rendano possibile tenere gli animali con le corna senza che questi debbano essere necessariamente legati. Qualità della carne

Tipi di produzione

Si riportano in sintesi i tipi di produzione ottenibili da un allevamento da carne Vitelli da latte Vitelli leggeri (12 mesi) Vitelloni (16-18 mesi)

Page 19: La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale ... · sulle tecniche di allevamento e sulle ... Da qualche anno la Centrale del Latte di Firenze produce una linea di

19

La filiera della carne La filiera della carne, soprattutto in alcuni passaggi fondamentali, come il trasporto degli animali e la macellazione ha influenza sul benessere dell’animale e quindi sulla qualità del prodotto.

Trasporto degli animali Acquisto animali Trasporto agli impianti di macellazione Impianti di macellazione Struttura ed attrezzature Prodotti Carcasse in canale Quarti anteriori e posteriori Quinto quarto Pelli Ossa, grasso e scarti Macellerie ed impianti di lavorazione Struttura ed attrezzature Differenti tagli Tagli di prima qualità Tagli di seconda qualità Tagli di terza qualità Frattaglie Commercializzazione dei prodotti Prodotti con marchio DOP Prodotti biologici

La tracciabilità del prodotto La tracciabilità del prodotto è fondamentale per assicurare al consumatore la qualità e la sicurezza di quello che compra. Anche nel biologico il sistema di tracciabilità deve essere messo a regime anche se è molto più avanti che per il prodotto convenzionale.

Qualità del latte

La filiera del latte dalla stalla

Impianti di mungitura Qualità degli impianti Manutenzione Conservazione del latte alla stalla Contenitori frigoriferi Raccolta e trasporto del latte Rete di raccolta del latte Trasporto alle centrali od ai caseifici Centrale del latte Struttura ed attrezzature Prodotti Latte fresco Panna Burro

Page 20: La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale ... · sulle tecniche di allevamento e sulle ... Da qualche anno la Centrale del Latte di Firenze produce una linea di

20

Yogurt Caseificio Struttura ed attrezzature Differenti tipi di lavorazione (cagliata naturale, vegetale, lattica) Prodotti Formaggi a pasta filata Formaggi freschi e stagionati Formaggi tipici e di qualità Commercializzazione dei prodotti Prodotti con marchio DOP Prodotti biologici

La situazione italiana della produzione di latte bio è certamente indietro rispetto a quella di molti paesi del nord Europa. Le cause sono da ricercarsi: 1. incertezza legislativa che abbiamo avuto fino ad oggi, 2. immaturità del mercato. Le cose però stanno rapidamente cambiando perché l’interesse dei consumatori sta crescendo rapidamente, ed insieme a questo anche il numero delle aziende che si convertono al biologico. In Italia dovrebbero esserci circa 200 stalle da latte certificate dai vari Organismi di controllo e circa 100 aziende che trasformano il latte o lo commercializzano fresco, la maggio parte delle stalle si trova al nord del paese, ma anche nel centro e nel sud si sta sviluppando la produzione di latte bio. Le produzioni di latte biologico sono in genere effettuate in stalle che erano originariamente convenzionali. Gli animali che vengono utilizzati sono spesso di alta genealogia (Holstein nelle zone di pianura, e Brown Swiss in quelle di montagna), capaci di dare produzioni molto spinte, ma poco rustici e facilmente soggetti a squilibri metabolici e mastiti. Il latte biologico viene venduto fresco o trasformato: 1. Vengono prodotti formaggi di alta qualità come il Gorgonzola ed il Parmigiano

Reggiano. Esistono anche stalle di bufale (Bubalus bubalus) certificate per la produzione di Mozzarella biologica. La produzione e la commercializzazione di formaggi viene perlopiù effettuata da piccole aziende. Le aziende che fanno latte per la caseificazione di formaggi di alta qualità aderiscono spesso anche ad altri disciplinari di produzione. Alcuni di questi sono più restrittivi dei disciplinari di produzione biologica e non permettono la utilizzazione di insilati (Parmigiano Reggiano).

2. Il latte commercializzato fresco o sottoforma di yogurt viene invece prevalentemente raccolto da grossi gruppi industriali che hanno delle linee commerciali biologiche. Molte stalle che producono latte per il consumo diretto aderiscono a programmi di alta qualità che non consentono SCC superiori a 300.000. In queste stalle la composizione del latte e le SCC vengono controllate individualmente almeno una volta al mese. Il latte di massa viene analizzato tutte le volte che arriva alla Centrale del Latte.

Dati sulla produzione del latte

Bovini da latte: situazione dei controlli Razza Lattazione Allevamenti Kg % %

Page 21: La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale ... · sulle tecniche di allevamento e sulle ... Da qualche anno la Centrale del Latte di Firenze produce una linea di

21

>200 gg controllati latte grasso proteine Bruna 96.425 11.331 5.481 3,86 3,39 Frisona Italiana 612.906 14.750 7.782 3,52 3,17

Valdostana Pezzata Rossa

3.920 1.286 3.224 3,54 3,28

Pezzata Rossa Italiana

28.944 3.854 5.195 3,87 3,39

Piemontese 18 3 1.677 3,72 3,63

Bianca Val Padana

192 39 4.345 3,44 3,40

Reggiana 483 91 4.892 3,60 3,37 Modicana 5.308 384 2.981 3,52 3,49

Oropa P. R. 1.561 170 2.487 3,59 3,35

Rendena 2.784 204 4.440 3,47 3,23 Grigia Alpina 6.156 1.027 4.302 3,69 3,35

Tarina 3 2 2.520 3,45 3,36 Rossa Danese 10 5 6.908 4,34 3,50

Pinzgau 687 110 5.154 3,88 3,40 Jersey 1.945 242 4.689 5,73 4,10 Abbondance 4 3 3.902 3,55 3,42

Valdostana Pezzata Nera

281 584 2.626 3,46 3,34

Burlina 187 14 4.055 3,62 3,12 Angler 93 4 5.676 4,70 3,68 Castana 851 851 2.513 3,41 3,34 Cabannina 151 55 2.527 3,56 3,19

Varzese 3 4 3.091 3,67 3,28 Fonte: relazione annuale A.I.A. 1996

Bovini da latte: produzioni medie a lattazione chiusa

Anno N. lattazioni Kg latte % grasso % proteine Kg proteine 1991 721.379 6.492 3,52 3,08 144.242

Page 22: La zootecnia biologica e l’allevamento bovino Materiale ... · sulle tecniche di allevamento e sulle ... Da qualche anno la Centrale del Latte di Firenze produce una linea di

22

1992 704.540 6.657 3,54 3,11 145.862 1993 708.533 6.786 3,54 3,11 149.532 1994 708.103 6.897 3,55 3,15 153.839 1995 737.420 7.003 3,55 3,15 162.670 1996 768.341 7.247 3,57 3,21 n.d.

Fonte: relazioni annuali A.I.A. Dati sulla produzione della carne

Bovini da carne: situazione dei controlli (1995) Razza Manze Vacche Totale Aziende Capi/azienda Pezzata Rossa 138 3.904 4.042 402 10,15

Piemontese 4.384 50.579 54.963 2.021 27,20

Charolaise 48 1.720 1.768 91 19,43

Marchigiana 1.578 24.003 25.581 4.415 5,79

Chianina 194 12.159 12.353 807 15,31 Limousine 113 3.653 3.766 121 31,12

Romagnola 505 7.705 8.210 957 8,58

Maremmana -- 1.972 1.972 43 45,86

Podolica 2 14.178 14.180 465 30,49 Sarda -- 5.568 5.568 275 20,25 Pisana 6 93 99 22 4,5 Sardo modicana -- 947 947 63 15,03

Fonte: relazione annuale A.I.A. 1995