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LABORATORIO DI STORIA IN PRIMA A: ABBIAMO CERCATO NOTIZIE SUI NOSTRI COGNOMI E CONDIVIDIAMO ALCUNI RESOCONTI CON VOI! Bevilacqua [etimologia] Il cognome di mio papà è Bevilacqua così come lo era quello di mio nonno, del mio bisnonno, del mio trisavolo e chissà quanti altri avi avevano il mio stesso cognome. Le sue origini risalgono infatti a un tempo molto lontano. Il primo documento è datato XI secolo trovato in provincia di Trento. Ne esiste un altro del 1307 dove si legge chiaramente il nome di un certo “ Petrus Bibens Acquam “ e a Genova, la città in cui vivo, esiste un documento del 1160. Il cognome Bevilacqua è composto dall'unione delle parole “Bevi” e “acqua”, un fatto un po’ bizzarro in quanto nella mia famiglia sono tutti amanti del vino. E' molto probabile che il soprannome sia nato ironicamente per sottolineare qualche estimatore del buon vino anche se rimane possibile qualche ceppo legato ad un soprannome attribuito a qualcuno completamente astemio che magari se ne faceva vanto. In Italia siamo in circa 4615 di cui 706 risiedono in Veneto; 475 in Lombardia; 458 in Lazio; 399 in Campania... e solo 170 in Liguria. A Genova conosco una bambina che anche lei come me si chiama Beatrice Bevilacqua e anche lei è nata nel mio stesso anno. Abbiamo praticamente il codice fiscale quasi uguale! Ma mentre suo padre è originario della Sicilia, mio papà è campano d'origine. Esistono alcune famiglie nobili: la famiglia veronese Bevilacqua che diede il nome a un comune in provincia di Verona e la famiglia di Bologna Bevilacqua Ariosti. Le sue varianti sono Bevacqua, tipico dell'area che comprende la Calabria e la Sicilia e Bivacqua che è una forma dello stesso cognome tipico di Tostorici. Mi piace avere la stessa iniziale del nome e del cognome; Bibi è il soprannome che mi ha dato mia mamma quando ero piccola raccontandomi che era lo stesso soprannome di una donna piena di fascino e carisma. NICOLOSI Antichissima famiglia siciliana, detta Nicolosi o Nicoloso, la quale, al dir del Galluppi, godette nobiltà in Messina dal secolo

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LABORATORIO DI STORIA IN PRIMA A: ABBIAMO CERCATONOTIZIE SUI NOSTRI COGNOMI E CONDIVIDIAMO ALCUNI RESOCONTI CON VOI!

Bevilacqua [etimologia]

Il cognome di mio papà è Bevilacqua così come lo era quello di mio nonno, del mio bisnonno, del mio trisavolo e chissà quanti altri avi avevano il mio stesso cognome. Le sue origini risalgono infatti a un tempo molto lontano. Il primo documento è datato XI secolo trovato in provincia di Trento. Ne esiste un altro del 1307 dove si legge chiaramente il nome di un certo “ Petrus Bibens Acquam “ e a Genova, la città in cui vivo, esiste un documento del 1160. Il cognome Bevilacqua è composto dall'unione delle parole “Bevi” e “acqua”, un fatto un po’ bizzarro in quanto nella mia famiglia sono tutti amanti del vino. E' molto probabile che il soprannome sia nato ironicamente per sottolineare qualche estimatore del buon vino anche se rimane possibile qualche ceppo legato ad un soprannome attribuito a qualcuno completamente astemio che magari se ne faceva vanto.In Italia siamo in circa 4615 di cui 706 risiedono in Veneto; 475 in Lombardia; 458 in Lazio; 399 in Campania... e solo 170 in Liguria.A Genova conosco una bambina che anche lei come me si chiama Beatrice Bevilacqua e anche lei è nata nel mio stesso anno. Abbiamo praticamente il codice fiscale quasi uguale! Ma mentre suo padre è originario della Sicilia, mio papà è campano d'origine.Esistono alcune famiglie nobili: la famiglia veronese Bevilacqua che diede il nome a un comune in provincia di Verona e la famiglia di Bologna Bevilacqua Ariosti. Le sue varianti sono Bevacqua, tipico dell'area che comprende la Calabria e la Sicilia e Bivacqua che è una forma dello stesso cognome tipico di Tostorici.Mi piace avere la stessa iniziale del nome e del cognome; Bibi è il soprannome che mi ha dato mia mamma quando ero piccola raccontandomi che era lostesso soprannome di una donna piena di fascino e carisma.

NICOLOSI

Antichissima famiglia siciliana, detta Nicolosi o Nicoloso, la quale, al dir del Galluppi, godette nobiltà in Messina dal secolo

XIII al secolo XVIII. Un Girolamo ottenne, con privilegio del 18 ottobre 1687, la concessione del titolo di barone di Roccadoro; un Carlo, con privilegio del 29 giungo 1723, fu decorato del titolo di barone di Villagrande; un Pietro Paolo tenne la carica di catapano nobile in Acireale nel 1746-47; un barone Paolo, fu capitano di giustizia di detta città nel 1760-61, e quest'ultima carica tenne nel 1797-98; un Sebastiano, che occupò in detta città di Acireale lacarica di patrizio.

DAMONTE

Famiglia che dicesi discendere da un Ariberto che, accompagnando Carlo Magno in Italia nell'anno 801, in premio dei suoi servigi, fu nominato marchese della Toscana e Vicario imperiale in Arezzo e in Città di Castello.Da questo Ariberto, Barone di Bourbon, discese Ranieri chesi disse Bourbon Damonte. Questa famiglia si divise in molti rami: così abbiamo i Bourbon marchesi di Pratella Civitella e Petriolo, quelli di Vigliano e del monte Santa Maria, quelli di Sorbello in Perugia, di Santa Maria in Firenze e in Ancona e i Bourbon di Città di Castello. Un Francesco Maria fu gentiluomo di Camera

Paganini

Ci sono circa 1402 famiglie Paganini in Italia.

Paganini sembra avere almeno tre ceppi, nella Liguria orientale, nella Lombardia occidentale e in Emilia Romagna. Questo cognomefa ipotizzare un'origine non cristiana delle famiglie: infatti era usanza medioevale il definire i barbari non cristiani o saraceni, conl'appellativo e quindi con il soprannome di “pagano”. Presenti in quasi tutta l'Italia e, dunque, anche nel nord; hanno dato origine a diversi importanti ceppi in val di Blenio. Il nome di persona compare almeno dagli inizi del Duecento. Sulla sua motivazione sono sorte varie discussioni. Certi studiosi hanno pensato a una componente religiosa o a una presunta designazione che veniva rivolta a chi non praticava. Pagano è già usato nel 1296 a Sigirino, mentre si ha un Paganino de Torre in val di Blenio in un documento del 17 maggio 1456 steso a Rongie. Sono citati, negli Archivi Statali Araldici Italiani come Signori di Moncalieri.

PAGANI

BLASONATURA:

FONTE: Patriziato Subalpino A. Manno, Torino 1895-1906, ed. online Vivant a cura di

A. Scordo

Moda anni 70

Moda anni '70: dai figli dei fiori allo stileda discoteca. Un decennio caratterizzato dallecamicie a fiori e dalle minigonne, dai jeans azampa di elefante e dai caftani etnici, daicolori acidi e dalle stampe psichedeliche, dallezeppe vertiginose e dai sandali rasoterra. Gli anni '70 si aprono con una continuazione

dello stile hippie, anche noto come movimento "flower power" di fine anni '60,caratterizzato dalle camicie tie dye, dalle blouse messicane, dai top ricamatiin pizzo crochet, dai ponchos, dalle mantelle e dall'abbigliamento militare. Ipantaloni erano in jeans, tela o suède, ma rigorosamente a zampa d'elefante,mentre gli abiti erano noti come tuniche chiamate "maxis", e le gonne eranolarghe e lunghe alla caviglia. I colori erano molto vivaci e gli accessori comegirocolli, collari per cani e ornamenti artigianali e naturali come legno,conchiglie, pietre, piume, perline indiane e cuoio, riflettevano quel mix diculture, viaggi e contaminazioni esotiche che questo movimento rappresentava. Sono in tante le donne che in quegli anni hanno continuato a indossare abitipiù glamour, ispirati alle star dei mitici film hollywoodiani degli anni '40,reinterpretando look più minimal e lineari caratterizzati da eleganti blazerunisex in una moltitudine di tessuti preziosi e ampi revers, maxi abiti da seralunghi e fluttuanti, pantaloni palazzo da portare con camicie luccicanti conlunghi fiocchi annodati al collo, oppure abiti e gonne rigorosamente mini,abbinati a giacconi di pelliccia, collane, orecchini di perle, turbanti e stivalialtissimi con tanto di zeppa. La metà degli anni '70 è nota come la rivincita della maglietta o T-shirt,non più considerata come semplice indumento, ma intesa come vero e propriocapo d'abbigliamento con disegni elaborati, slogan urlati o maglietterappresentanti le squadre sportive più amate. E mentre svaniva lo stile"flower power" degli Hippie, pian piano si diffondeva una nuova culturadell'abito, quella dei maglioni over, dei cardigan in lana grossa, dei kimono edelle grafiche orientali, dei pantaloni cachi, dei gauchos, dell'abbigliamentovintage e degli abiti da operaio, frutto di una consapevolezza dell'abito intesocome abbigliamento più pratico e utilitario. Adottando anche un approccio piùminimal e meno sciupato, fino ad arrivare alla tendenza dell'activewear

americano caratterizzato dalle tute da lavoro, dalle sneakers e dalleheadbands. Sicuramente la moda di quegli anni è statacaratterizzata da abiti, accessori e trend cheancora oggi sono un cult del nostro guardaroba,mischiate però ad alcune tendenze più moderne,nonostante il vintage sia sempre parecchioapprezzato. La moda anni ’70, figlia un po’ di quellapsichedelica e ribelle degli anni ’60, sicaratterizza per alcuni importanti cambiamentidella società, a cominciare da quell’indipendenza equell’emancipazione che le donne cominciano adavere. Caratterizzata da capi di abbigliamento daicolori pop e decisamente vitaminici, la modaSeventies promuove look completamenteappariscenti, impreziositi da motivi geometrici oda delicati fiorellini. I capi di abbigliamentoconsiderati più glamour sono i pantaloni a zampa di elefante, abbinati a magliee giacche strette e corte, sia per lui sia per lei, pantaloni di pelle per metterein mostra le gambe o a fiori grandi ereditati dalla moda dei figli dei fiori deglianni ’60, pantaloni strettissimi abbinati a cinturoni, senza dimenticare legiacche di pelle stile biker e i cappotti bon ton per look più eleganti.Non mancal’influenza vecchio west munita di frange, cult anche di questa estate, oltre aivari completi eleganti color pastello: dal giallo canarino all’azzurro per finirecon il total white spesso indossato da Elvis. Accessori cult che ancora oggi fanno furore sono i cappelli di paglia, quelli daltaglio maschile stile baschetto, oltre che soluzioni più bon ton a tese larghe, ivari tipi di bijoux esagerati, con gli stessi motivi geometrici e floreali chetroviamo negli abiti, senza dimenticare lo stile indiano molto in voga. Le borseerano pratiche e ampie, principalmente di tela, cuoio, con frangette, mentre lescarpe erano caratterizzate da zeppe altissime o da stivali che raggiungono leginocchia, anche per gli uomini. E non dimentichiamo le fasce per capelli cheprediligevano il cotonato afro e il famosissimo caschetto dei Beatles.

Bianca Lucianò e Jamila Sane

Audrey HepburnNacque a Bruxelles come Audrey Kathleen Ruston (Bruxelles, 4 maggio 1929 –Tolochenaz, 20 gennaio 1993) Nel 1952 la Hepburn si sottopose a un provino per il nuovo film del regista

statunitense William Wyler, Vacanze romane.Racconta Wyler: «All'inizio, recitò la scena del copione,poi si sentì qualcuno gridare "Taglia!", ma le riprese inrealtà continuarono. Lei si alzò dal letto e chiese,"Com'era? Sono andata bene?". Si accorse che tuttierano silenziosi e che le luci erano ancora accese.Improvvisamente, si rese conto che la cinepresa stavaancora girando... Aveva tutto quello che stavo cercando,fascino, innocenza e talento. Inoltre era moltodivertente. Era assolutamente incantevole, e ci dicemmo"È lei!"La Hepburn vinse l'Oscar come migliore attrice

protagonista nel 1954. In quell'occasione l'attrice indossò un abito bianco a fiori, chesarà giudicato in seguito come uno dei migliori di tutti i tempi. Il personaggio di Holly Golightly, da lei impersonato nel film Colazione da Tiffany,tratto dal romanzo di Truman Capote e diretto da Blake Edwards nel 1961, venneconsiderato come una delle figure più incisive e rappresentative del cinemastatunitense del XX secolo. L'interpretazione fece guadagnare all'attrice un'altranomination all'Oscar, poi vinto da Sophia Loren e ilsecondo David di Donatello per la migliore attricestraniera. Intervistata a proposito di unpersonaggio così insolito per lei, la Hepburn disse:«Sono un'introversa. Interpretare una ragazzaestroversa è stata la cosa più difficile che io abbiamai fatto» Nel 1992, tornata da un lungo viaggio in Somaliaa scopo benefico, la Hepburn accusò forti doloriallo stomaco. Dopo essere stata visitata da unmedico svizzero, in ottobre, volò a Los Angeles perconsultare specialisti più esperti. I dottori che lavisitarono scoprirono l'esistenza di un cancrosviluppatosi lentamente, che la condusse pocotempo dopo alla morte.

Bianca Lucianò e Jamila Sane

Elvis Presley

Verso la fine del 1970 ElvisPresley, da tempo lontano dallescene, si attivò allo scopo diottenere un colloquio conl'allora presidente degli StatiUniti Richard Nixon: larichiesta che egli avanzò venneaccolta e nello stesso anno egli si recò alla Casa Bianca, in visita. Inconcomitanza con l'avvenimento e allo scopo di solennizzarlo, venneroovviamente scattate numerose istantanee, che lo ritraggono mentre dialoga conlui nel celebre Studio Ovale. La Biblioteca presidenziale Nixon Library &Birthplace, con sede a Yorba Linda in California, vende le copie di taliistantanee, naturalmente corredate dalla didascalia «The President & TheKing».

All'epoca il cantante interpellato a proposito delle questioni inerenti allenuove tendenze che si stavano affermando in campo musicale, così si espresse:«La musica è molto migliorata negli ultimi anni. I suoni sono migliori, i musicistisono migliori... Conoscete i Beatles e i Byrds... Ma il rock 'n' roll,fondamentalmente, si basa sul gospel e il rhythm and blues...»

Da ricordare la stretta amicizia che in quel periodo egli strinse con il cantantegallese Tom Jones, egli atteggiamenti che quest'ultimo adottava quando siesibiva sul palco. Fu proprio Las Vegas, la città che circa una quindicina di anniaddietro era stata la testimone di uno dei maggiori insuccessi giovanili delcantante, poiché all'epoca il sofisticato pubblico che affollava i suoi esclusivilocali aveva dimostrato di non apprezzare assolutamente gli atteggiamenti in cuiegli si produceva durante le sue esibizioni, il luogo presso il quale si concretizzòla sua rinascita artistica. Elvis, da quel momento in poi, sembrò deciso a volerrecuperare tutti gli anni perduti trascorsi lontano dal pubblico, e nell'arco di

sette anni, compreso tra l'anno 1970 e l'anno 1977, si esibì in quasi un migliaiodi concerti, raggiungendo una media di una performance ogni due giorni e mezzocirca. Degno di nota il fatto che aveva raggiunto la notorietà internazionaledurante lo svolgimento di un tour attraverso varie località degli Stati Uniti,calcando anche i palcoscenici di Las Vegas.

Da ricordare anche il ruolo di Bill Bellew, un costumista di Los Angeles, che apartire dal 1968 e fino alla data di decesso del cantante, assurse al ruolo di suo"costumista ufficiale", e si occupò dei costumi di scena indossati dallo stessodurante lo svolgimento delle sue esibizioni. Inizialmente i costumi di scenaindossati dal cantante si ispiravano alle tuniche indossate dai karateka ed il lorodisegno era semplice e razionale ma, col passare degli anni, esso divenne semprepiù complesso ed elaborato, tanto che vennero di volta in volta inseriti su di essiun numero esagerato di guarnizioni decorative di varia forgia, che concorrevanoalla formazione di disegni di natura simbolica.

Tali costumi vennero corredati in seguito ad accessori quali grossi cinturoni,lunghi e decorati mantelli, e sciarpe particolari, tinte con colori cangianti, che ilcantante lanciava verso il pubblico alla fine delle sue performance. Col passaredel tempo, questi travestimenti ("Jumpsuit", in inglese) finirono per essereconsiderati una parte indissolubile della colorita iconografia che ruotavaattorno del personaggio, e a diventare parte integrante della sua immagine.Dopo il decesso del cantante, i suoi abiti di scena assursero inoltre al ruolo direliquia e furono esibiti in giro per il mondo durante le manifestazioni cheavevano attinenza alla sua figura. Alcuni di essi sono stati venduti durante losvolgimento di aste a cifre davvero ragguardevoli, mentre gli altri sono ancoravisibili presso quella che fu la sua dimora, Graceland.

Un costume di scena di Elvis risalente al 1969, esposto a Graceland

Il cantante, a partire dai primi anni Sessanta, consolidata la ricchezza, iniziòa collaborare con una serie di organizzazioni che si occupavano di raccoglierefondi per devolverli successivamente a scopo benefico, effettuando una lungaserie di donazioni in denaro, peraltro di rilevante entità, alle stesse, emantenne tale consuetudine sino alla fine dei suoi giorni.

ll 14 gennaio del 1973 venne ripreso e trasmesso in mondovisione il primo showvia satellite da Honolulu, denominato ufficialmente l'Alohafrom Hawaii Via Satellite, che fu seguito da un pubblicostimato composto da oltre un miliardo di telespettatori inquaranta paesi. In quell'occasione il cantante avanzò al suocostumista la richiesta di preparargli un costume di scenache richiamasse i più classici stereotipi degli Stati Uniti e,per accontentarlo, costui produsse un costume in unparticolare tessuto bianco, tempestato di pietre preziose,che formavano il disegno di quello che era da sempreconsiderato dal popolo americano il simbolo piùcaratteristico della nazione e cioè quello dell'AmericanEagle (l'aquila americana), riprodotta disponendo ad arte

sul tessuto vistose gemme rosse, oro e blu. Il tutto era accompagnato da una

cintura chiusa da un enorme fibbia decorata con altre "American Eagle" dorate,e da un imponente mantello tempestato di gemme, disposte in modo da formareun disegno che riproduceva per l'ennesima volta tale simbolo.

A partire dall'inizio del decennio in questione, il cantante adottò uno stile divita sempre più sregolato e stravagante. Da allora in poi egli cominciò adindossare capi di abbigliamento sempre più vistosi ed eccentrici e a faresfoggio, ogni qualvolta gliene si presentava l'opportunità, di atteggiamenti,come si suol dire, "regali", molto simili a quelli che avrebbe assunto un vero eproprio "monarca". In conseguenza di ciò venne allora soprannominato "theKing" (il re, appunto) e per i suoi fan tale rimase sino alla fine dei suoi giorni.

All'epoca, interpellato dai giornalisti sulle peculiarità e sulle stravaganze checaratterizzavano la sua immagine pubblica, il cantante così espresse:«L'immagine è una cosa, mentre l'uomo è un altro... è molto difficile viveredietro a un'immagine...» Sempre a partire da allora egli cominciò poi a prodursiin spese folli e esagerate, acquistando con un ritmo forsennato quantitativienormi di gioielli costosissimi, auto di lusso, a volte fatte personalizzareapposta per lui allo scopo di soddisfare i suoi gusti tendenti al kitsch da genialicarrozzieri.

A partire dalla seconda metà degli anni Settanta, diventò anche evidente ilfatto che il cantante, a causa dello stato depressivo che lo affliggeva e delconseguente abuso di farmaci in cui si produceva nel tentativo di combatterlo,cominciasse decisamente a manifestare i segni di una qualche forma disquilibrio psichico. Si avviava così un declino che lo avrebbe portato aprematura morte, nel 1977.

Bianca Lucianò e Jamila Sane

“LO STORMO RANDAGIO”I ragazzi del laboratorio teatrale/musicale sul palco:

splendido spettacolo, dopo un lungo percorso di preparazione È stata un esperienza fantastica quasi indescrivibile.. ma per quel po’ che riesco proverò adescriverlo. Per iniziare, dovevamo conoscerci: Mauro Pirovano, il nostro insegnante (che non volevaessere chiamato maestro) ci ha spiegato per prima cosa che se sul palco non si va d’accordonon si entra perfettamente nella parte. Prima di darci il copione Pirovano ci ha fatto eseguire vari esercizi che ci sarebero servitiper lo spettacolo, come ad esempio l’abbandono: immaginare di essere rimasti soli esorpresi, rialzarsi, ricominciare e reagire; esercizi che a volte mi hanno commosso dentro. Ma poi è arrivata la parte difficile: mettere su lo spettacolo, che avremmo portato al Dusee come replica all’ I.C.Terralba. Per prima cosa dovevamo scegliere un volatile che ci sarebbe piaciuto interpretare,svolgere una ricerca su di esso e provare a riprodurne il canto. Io ho scelto il pettirosso; hosvolto una ricerca per conoscere i suoi movimenti, i suoi colori, e ho interpretato il suocanto come un fischio. Quindi Pirovano ha iniziato ad assegnarci le parti. Alcuni studenti dell’Accademia e delConservatorio ci hanno aiutato creandoci i vestiti e formulando delle musiche adatte al testo;ma non solo loro: anche la prof Russo s’è data tanto da fare con i suoi alunni, creando unamusica e delle frasi da cantare perfette per il nostro spettacolo. Il tempo passava, l’ansia saliva, e il giorno della rappresentazione al Duse è arrivato. Leprove fatte non erano tante, il palco era un po’ piccolo e tra di noi ci sono stati degli errori,quindi non è venuto perfetto; ma ci siamo ripresi con la replica all’ I.C. Terralba, dove èuscito uno spettacolo perfetto, siamo stati bravissimi! Mi sono divertita tantissimo, ed è stato un progetto che oltre a farmi divertire mi hainsegnato un sacco di cose: il fatto che siamo tutti diversi uno dall'altro, ma non per questoci dobbiamo prendere in giro e discriminarci; ma la cosa più importante, che è bruttorimanere da soli, ma dobbiamo saperci rialzare. Giulia

Personalmente èstata un’esperienzafantastica.

All’inizio ero un po' preoccupata, poimi sono trovata bene nello stormoma non ci sentivamo propriamenteuna stormo vero; ci riuscimmo dopo

l’intervento del mago degli uccelli.Ci sono state lezioni divertentissime e altre un po' noiose, però ce l’avevano detto,dovevano decidere le parti e quindi...Arrivato il giorno del grande evento, eravamo agitatissimi tutti, ma quando è iniziato lospettacolo “la paura”del palcoscenico e l’ansia sono sparite, e abbiamo recitato, da quantici hanno detto tutti, bene. C’è stato qualche errore, ma non credo che il pubblico se ne siaaccorto.La seconda volta è stata meno traumatica e abbiamo recitato anche meglio, senza errori,giustamente: non è sempre stato così? la seconda volta viene sempre meglio. Ci siamo divertiti tutti, e l’anno prossimo vorrei rifarlo. Io mi ero trasformato in una pernice bianca: ho scelto questo volatile solo per l’ambientein cui abita, la tundra, un posto dove c’è freddo, ed io lo adoro. Alessia Dopo esserci truccati, siamosaliti sul palco: era bellissimo!Avevamo una paura folle, perchéc’era davvero molto pubblico,ma appena abbiamo iniziato arecitare, la paura è passata. Inrealtà alcuni compagni hannosbagliato la parte, ma abbiamorisolto improvvisando. La nostra esperienza dilaboratorio teatrale è stata moltobella e divertente. Alle prove cidividevamo in gruppi: gliaiutanti del mago e lo stormo.Noi eravamo tra gli aiutanti del mago: civetta, gufi, barbagianni e bambina. La civetta eravestita con una camicetta bianca e dei pantaloni marroncini, portava le ballerine, aveva ungilet a scacchi e un papillon grigi; il gufo era vestito con una camicetta bianca e dei pantalonineri, degli stivali marroncini, aveva un gilet grigio e un papillon nero con brillantini, degliocchiali giganti e un bastone. La civetta e i gufi avevano il trucco marroncino e bianco con ibrillantini, il mascara, la matita nera e il lucidalabbra. Le nostre acconciature erano duetrecce con la lacca e delle forcine. Il verso era molto acuto e disteso, riproduceva quello delgufo della civetta. Per noi tre questa giornata è stata veramente bella ed emozionante! Chiara, Martina, Marta Io e la mia compagna di classe Beatrice ci siamo subito esposte, quando si è parlatodi un corso di teatro: ci piaceva l’idea!Da Gennaio a Maggio 2017, siamo andati nella sala grande del primo piano dell’I.C.Molassana, con altri ragazzi di seconda, terza media e di quinta elementare; abbiamoprovato fino alla nausea, per dar vita ad uno spettacolo: “Lo stormo randagio”,ispirato al romanzo di R. Bach: “Il gabbiano J. Livingston”, di cui abbiamo parlatoanche in classe, durante le ore di Italiano.Certo all’inizio non è stato facile; c’era chi si vergognava anche perché non eravamosoli: c’erano i musicisti e le musiciste del Conservatorio, le ragazze delle Belle Arti,le Professoresse e l’attore Mauro Pirovano.Abbiamo collaborato anche con la Prof.ssa Russo e dei ragazzi della mia classe, che

hanno lavorato alla creazione della musica del mago. Sinceramente a me piacerebbe fare nuovamente teatro anche nei prossimi anni,perché ho buttato giù delle frontiere e superato dei confini, ma soprattutto ho strettonuove amicizie.

Alessia Pace, I A

All'inizio era tutto buio c'era un silenzio totale. Io ero dietro le quinte e stavomorendo d'ansia. Poi ad un tratto la prof Vinelli ci ha detto di salire sul palco eincominciare a recitare. Io ero in preda al panico, e in più non ci avevano fattofare nessuna prova. Era il momento di incominciare: ero tutto pronto, lucispente, musica e soprattutto noi. Salita sul palco, tutta l'ansia che avevo erasparita, era come se non ci fossi neanche, come se fossi ancora lì a provare conPirovano. Era spettacolare! Mi è piaciuto anche per il fatto che ci siamo divertiti e alla fine risate su risate;ci avevano chiesto i nomi e le nostre aspettative sullo spettacolo, e nel mentremia sorella è venuta da me e mi ha dato un mazzo di fiori. É stata una esperienza bellissima, che io vorrei rifare; peccato che il prossimospettacolo non sia al Duse, ma non fa niente, l'importante è recitare. Rianna

GEMELLAGGIOGEMELLAGGIO GENOVA - NIZZA

Siamo un gruppo di seconda A che frequenta la classe di francese. La nostra prof quest'anno ciha proposto un gemellaggio con una scuola di Nizza. Tutto è iniziato con un video: mostrava inostri corrispondenti seduti ai loro banchi che ci salutavano e si presentavano. Non tuttiparlavano italiano, ma abbiamo apprezzato molto il loro gesto. Per ricambiare abbiamoincominciato a scrivere delle e-mail, ma qualcosa non ha funzionato, perché non abbiamoricevuto risposte e ci siamo rimasti molto male. Però ora abbiamo la possibilità di chiarire: li incontreremo appunto la prossima settimana, e nonvediamo l’ora! Vi aggiorneremo presto.

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E’ passata una settimana da quando li abbiamo incontrati. “Memorabile” sarebbe dire poco. La mattina, appena sono arrivati, li abbiamo accolti nell'aula magna e gli abbiamo offerto dellafocaccia accompagnata da bibite. Mentre la distribuivamo, molti volevano fare bis o ci dicevanoche era molto buona! Dopo aver finito di mangiare ci siamo divisi in gruppi ed abbiamo incontrato i nostricorrispondenti. Li abbiamo portati in giro per la scuola e abbiamo fatto alcuni giochi checonsistevano in conversazione, dialogo e soprattutto divertimento. Verso le due ci siamo riuniti e siamo usciti da scuola per recarci al Porto Antico. Per fortuna iltempo era soleggiato e abbiamo pranzato e chiacchierato fino all’arrivo della guida.Sfortunatamente questa non parlava francese, ma eravamo muniti di ottimi traduttori! Abbiamo girato per il centro e per i vicoli fino alle quattro, finchè non ci siamo ritirati in unpiazzale aspettando l’arrivo del pullman.

Nonostante non abbiano risposto del tutto sinceramente alla nostra domanda “come mai non aveterisposto alle e-mail?”, siamo molto contenti di questa uscita istruttiva e divertente. Non vediamo l’ora che arrivi l’autunno per incontrarli a Nizza!

Il giorno 28 Aprile si è svolto nella nostra scuola un incontro tra le classi 1B, 2 A, 2B e dueclassi francesi provenienti da Nizza. I ragazzi sono arrivati un po’ in ritardo intorno alle 11,30 e sono stati accolti da noi, dallaProf.ssa Totaro e altri professori, dal Dott. Maffezzini, che si occupa in Provveditoratoproprio di scambi con la Francia e dal Dott. D’Avolio del nostro Municipio. Dopo una breve pausa focaccia, abbiamo avuto l’occasione di conoscere ognuno il propriocorrispondente, attraverso un piccolo gioco di presentazione e un tour della nostra scuola. Verso le 12,30, noi in autobus e loro in pullman, siamo andati all’Expo, per il pranzo e per lavisita guidata da due persone della Banca del Tempo. Abbiamo visto Palazzo S. Giorgio, piazzaBanchi, Via S. Lorenzo, piazza Matteotti, Piazza delle Erbe, il Chiostro di S. Agostino e infinein Piazza Carignano. Qui ci siamo seduti, fatto foto insieme e ci siamo scambiati regali esouvenir da noi preparati. E’ stata una giornata molto bella, durante la quale è stato possibile parlare più lingue esoprattutto stringere nuove amicizie e mostrare la bellezza della nostra città!!!

W l’Europe et les langues étrangères!!!Ilari e Letizia 1B

In ricordo di Genova, abbiamo preparato e regalato ai nostri amici francesi dei segnalibro:

Ecole française VS Ecole italienneEcole française VS Ecole italienneUne petite interviewUne petite interview

1) Comment est structurée votre école? Elle comprend, comme la nôtre, l’école maternelle, primaire et le collège?Notre école est composée d’un côté du collège et le Lycèe et de l’autre côtéun Lycèe professionel et le Lycée pratique des métiers.

2) Vous avez des classes particulières, pour musique, atélier, informatique? Vous changez de classe pour faire leçon?Oui il ya des classes différentes pour la musique et l’informatique , nous changeons regulièrement de classe.

3) Dans votre école il y a beaucoup d’instruments technologiques interactifs utilisés aussi pour les étudiantes? Oui nous avons des ordinateurs, des tablettes tactiles, des tableaux intéractifs et des télévisions dans le cours de recréation.

4) Comment utilisez-vous l’Auditorium, si vous l’avez…On l’utilise pour des spectacles de théâtre ou pour des réunions.

5) Quelles sont les régles de votre vie scolaire?On ne doit pas porter de bonnet ou de casquette On ne doit pas être vulgaire avec nos professeur On ne doit pas utiliser l’ascenseur, à part si on est blessé.

6) Vous portez l’uniforme? Non, nous ne portons pas d’uniforme.

7) Quel est votre emploie du temps? Vous aussi vous avez des horaires diversifiés?Le mercredi après- midi et le samedi nous n’avons pas de cours.La section sportive n’a pas cours le mardi après –midi et le jeudi après –midi.

8) Quelles périodes de vacances vous avez? Nous avons deux semaines de vacances tous les mois

9) Vous aimez l’italien? Comment vous le trouvez? Vous pensez de l’étudier aussi après l’école?Oui, je trouve que c’est une belle langue. Oui je pense car j’ai de la familleitalienne

10) Qu’est-ce que vous pensez de l’Italie?Je trouve que c’est une belle ville et très intéressante pour sa culture

11) Quelles problèmes y a-t-il eu avec les mails?Pardon, je n’ai pas beaucoup de temps pour répondre, mais n’hésitez pas à m’envoyer, j’essayerais de te répondre

LE NOSTRE PASSIONI

Gara di tiro con l’arco Il giorno 3 maggio io e il mio amico Pietro siamo stati convocati dal nostroistruttore di tiro con l’arco per una gara organizzata dal M.I.U.R. che sisvolgeva a Lavagna. Arrivati a destinazione, dopo un viaggio durato poco più di mezz’ora, ci siamorecati, con mio padre e l’istruttore, in una palestra all’interno di una scuolamolto grande. Abbiamo preso l’arco smontato e l’abbiamo montato; un insegnante ci hadisposto in file diverse: io ero con altri tre ragazzi e Pietro con un altro gruppo. Ci hanno dato una schedina, dove l’istruttore assegnava i punti. C’eranocinque paglioni verso i quali gli arcieri della stessa squadra scoccavano lafreccia; i turni erano 8 e la distanza era di 15 metri. Il paglione aveva dei punti: il primo bianco 1 punto, il secondo 2, il primo nero3, il secondo 4, il primo blu 5, il secondo 6, il primo rosso 7, il secondo 8, il primogiallo 9 ed il secondo 10. Al fischio tutti abbiamo messo la freccia nell’arco e abbiamo tirato tre frecceciascuno. Quando tutti avevamo finito di tirare siamo andati, con l’istruttore, alpaglione a contare i punti e a recuperare. Alla fine degli 8 turni, l’istruttore ci ha fatto vedere i punti che avevamo fatto,ed io avevo centrato anche alcuni 9 e 10! Per il momento non sappiamo ancora quale squadra abbia vinto, perchédevono fare i calcoli, però una cosa è sicura: ci siamo divertiti moltissimo. Nicolò Cubeddu