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Il divieto di abuso del diritto Un’analisi di Cass., 18 settembre 2009,n. 20106

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Il divieto di abuso del

diritto

Un’analisi di Cass., 18 settembre

2009,n. 20106

Il caso

• Gruppo automobilistico – concessionari

• Contratti di concessione di vendita con clausola

attributiva di una facoltà di recesso ad nutum

• Esercizio della facoltà di recesso da parte della

Renault: scioglimento unilaterale di una pluralità

di contratti

Le richieste delle

concessionarie

• Indennità perdita clientela (applicazione analogica norme

agenzia)

• Risarcimento danno per esercizio abusivo del recesso

(comportamento contrario a buona fede): recesso

intimato non per ridurre i concessionari ma per inglobare

ex dirigenti indotti alle dimissioni spontanee

• Risarcimento del danno per frustrazione dell’affidamento

nella continuazione del rapporto nuovi investimenti

La dipendenza economica

delle concessionarie

• Imposizione di un sistema informatico che consentiva di

conoscere i clienti e impadronirsi dell’avviamento

• Controllo rete distributiva

• Divieto di commercializzare beni di marca diversa

• Imposizione prezzi da praticare

La difesa del gruppo

automobilistico

• Non dipendenza:• Non imposizione prezzi da praticare ma richiesta di non praticare

prezzi superiori a quelli di listino

• Conoscenza nominativi acquirenti: funzionale all’esecuzione dei contratti

• Non applicabilità norme indennità agenzia: diversità agenzia/concessione di vendita

• Non abuso: le disdette erano avvenute nel quadro di una complessa e vasta ristrutturazione della rete di vendita determinata da flessione del mercato dell’auto

• Non affidamento: i nuovi investimenti erano in realtà esborsi effettuati in adempimento di precisi obblighi contrattuali

La questione dell’abuso

• Il comportamento del gruppo

automobilistico è legittimo?

• È possibile un controllo sull’esercizio del

di recesso ad nutum?

La decisione del Tribunale di

Roma: le domande sono infondate

• I concessionari non sono soggetti deboli: i mercati in cui operano consentono una conservazione dell’impresa anche in caso di cessazione del rapporto

• Non si applica la norma sull’indennità di agenzia. Il contratto di agenzia e il contratto di concessione di vendita sono diversi:

• Il concessionario acquista le merci e le rivende a terzi in nome proprio e a proprio rischio

• L’agente agisce per conto e in nome del produttore, promuovendo la conclusione di contratti di vendita tra proponente e terzo

La decisione del Tribunale di Roma in ordine alla richiesta di risarcimento del

danno per esercizio abusivo del diritto da parte del gruppo automobilistico

- L’abuso è escluso in punto di fatto e non di diritto:

riesce difficile per il Tribunale ipotizzare che l’impresa

convenuta non fosse in grado, per le sue dimensioni, di

assorbire la cessazione del rapporto con un ristretto

numero di dipendenti e avesse pertanto bisogno di

ricorrere a una scelta così traumatica come una diffusa

revoca dei rapporti di concessione in atto.

La decisione del Tribunale

sull’affidamento

• Gli investimenti effettuati non rappresentano un quid

pluris rispetto agli obblighi previsti dal contratto

La decisione della Corte

d’appello: l’appello è infondato

• La corte affronta gli stessi temi affrontati dal Tribunale,

ma in ordine diverso:

• Questione del risarcimento del danno in relazione

all’abusività del recesso

• Questione relativa alla dipendenza dei concessionari

• Questione relativa all’affidamento

• Questione relativa all’applicazione analogica della

disciplina in materia di agenzia.

La decisione della Corte d’Appello sulla

questione dell’abuso: il comportamento del

gruppo automobilistico non è abusivo

• Non si può parlare di abuso perché:

• La casa produttrice è titolare di un diritto di recesso ad nutum: non è necessario un controllo causale

• Non è pertinente il richiamo agli artt. 1175 e 1375 c.c. perché i principi di correttezza e buona fede non creano obbligazioni autonome, ma rilevano soltanto per verificare il puntuale adempimento di obblighi riconducibili a determinati rapporti

• Non sono presenti nella specie i principi enucleati dalla giurisprudenza in tema di abuso del diritto (speculare ai c.d. atti emulativi):

• Elemento oggettivo, consistente nell'assenza di utilità per il titolare del diritto

• Elemento soggettivo costituito dall'animus nocendi, ossia dall'intenzione di nuocere o di recare molestia ad altri

Il ricorso in Cassazione

• Violazione e falsa applicazione del diritto in relazione

agli artt. 1175 e 1375 c.c.

• Violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c.

• Violazione e falsa applicazione delle disposizioni

sull’agenzia ed errata valutazione della giurisprudenza

tedesca in materia

La decisione della

Cassazione: i primi due

motivi sono fondati

L’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale, la cui costituzionalizzazione è ormai pacifica:

Collegamento [clausola generale di] buona fede /solidarietà sociale art. 2 Cost. la buona fede impone a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali (richiamo alla funzione integrativa della buona fede) il criterio della buona fede costituisce strumento per il giudice atto a controllare, anche in senso modificativo o integrativo, lo statuto negoziale, in funzione di garanzia del giusto equilibrio degli opposti interessi [primi rilievi: La Cassazione sposta l’attenzione dal piano dell’esercizio del diritto a quello del contenuto del contratto tuttavia, il problema dell’abuso è un problema di corretto esercizio della titolarità di un potere]

Le argomentazioni della

Cassazione

Il collegamento tra la buona fede e l’abuso del diritto:

• Criterio rivelatore della violazione dell'obbligo di

buona fede oggettiva è quello dell'abuso del diritto.

Gli elementi costitutivi

dell’abuso

• 1) La titolarità di un diritto soggettivo in capo ad un soggetto

• 2) La possibilità che il concreto esercizio di quel diritto possa essere effettuato secondo una pluralità di modalità non rigidamente predeterminate

• 3) La circostanza che tale esercizio concreto, anche se formalmente rispettoso della cornice attributiva di quel diritto, sia svolto secondo modalità censurabili rispetto ad un criterio di valutazione, giuridico o extragiuridico

• 4) La circostanza che, a causa di una tale modalità di esercizio, si verifichi una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare del diritto ed il sacrifico cui è soggetta la controparte.

L’abuso del diritto nell’accezione assunta

dalla Cassazione• L'abuso del diritto non presuppone una violazione in senso

formale, ma delinea l'utilizzazione alterata dello schema formale del diritto, finalizzata al conseguimento di obiettivi ulteriori e diversi rispetto a quelli indicati dal Legislatore.

• È ravvisabile quando nel collegamento tra il potere di autonomia conferito al soggetto ed il suo atto di esercizio, risulti alterata la funzione obiettiva dell'atto rispetto al potere che lo prevede.

• L’abuso viene delineato come esplicitazione dell’obbligo di buona fede/solidarietà sociale e declinato in chiave di proporzionalità

Conseguenze dell’abuso

Come conseguenza di tale eventuale abuso,

l'ordinamento pone una regola generale, nel

senso di rifiutare la tutela ai poteri, diritti e

interessi, esercitati in violazione delle

corrette regole di esercizio, posti in essere

con comportamenti contrari alla buona fede

oggettiva.

La Cassazione afferma la vigenza di un generale principio che

vieta l’abuso del diritto ma non ne individua il fondamento. Tale

principio viene giustificato sulla sola base dell’evoluzione

giurisprudenziale

• Cultura giuridica degli anni '30 l'abuso del diritto: non fondato su un principio giuridico ma su di un concetto di natura etico morale colui che abusava del diritto era considerato meritevole di biasimo, ma non di sanzione giuridica.

• Preoccupazione per la certezza - o quantomeno prevedibilità del diritto art. 7 progetto preliminare codice 1942 («nessuno può esercitare il proprio diritto in contrasto con lo scopo per il quale il diritto medesimo gli è stato riconosciuto») non trasfuso

• Mancanza di una norma di carattere generale - norme specifiche checonsentissero di sanzionare l'abuso in relazione a particolari categoriedi diritti

• Mutamento del contesto storico, culturale e giuridico: ilproblema diviene oggetto di rimeditata attenzione da parte dellaCorte di legittimità

Applicazioni del principio in ambito societario

Deliberazione assembleare di scioglimento della società - esercizio del diritto di voto

• I soci debbono eseguire il contratto secondo buona fede e correttezza nei loro rapporti reciproci, ai sensi degli artt. 1175 e 1375 c.c., la cui funzione è integrativa del contratto sociale, nel senso di imporre il rispetto degli equilibri degli interessi di cui le parti sono portatrici.

• Invalidità della delibera, se è raggiunta la prova che il potere di voto sia stato esercitato allo scopo di ledere gli interessi degli altri soci, ovvero risulti in concreto preordinato ad avvantaggiare ingiustificatamente i soci di maggioranza in danno di quelli di minoranza, in violazione del canone generale di buona fede nell'esecuzione del contratto (v. Cass. 11.6.2003 n. 9353).

• Tale canone generale non impone ai soggetti un comportamento a contenuto prestabilito, ma rileva soltanto come limite esterno all'esercizio di una pretesa, essendo finalizzato al contemperamento degli opposti interessi (Cass. 12.12.2005 n. 27387).

• [Rilievo: la Cassazione ritorna al piano dell’esercizio, richiamando implicitamente la funzione valutativa della buona fede]

Qualità di socio ed adempimento secondo buona fede delle obbligazioni societarie ai fini della sua esclusione dalla società:

Cass. 19.12.2008 n. 29776,

La sentenza contiene solo un cenno all’abuso del diritto, in quanto il ricorrente incidentale (che aveva chiesto l’esclusione di uno dei soci per gravi inadempienze) non aveva allegato tale ipotesi. La Corte lascia intendere che, qualora ciò fosse avvenuto, essa avrebbe potuto compiere un vaglio intorno all’abusività della condotta, giungendo a conclusioni diverse in ordine alla decisione:

«Correttamente la Corte d'appello ha ritenuto che le condotte tenute dal [socio Tizio] e concretatesi nell'intimazione di sfratto, in qualità di locatore dell'immobile, per morosità alla società che si era resa inadempiente al pagamento dei canoni, nella mancata approvazione del bilancio 1996, nella richiesta di restituzione di prestiti effettuati alla società, nella domanda di messa in liquidazione della stessa e di revoca dell'amministratore, costituissero esercizio di diritti spettanti a [Tizio] in virtù della sua qualità di locatore dell'immobile utilizzato dalla società e di socio. In buona sostanza il ricorrente incidentale non contesta che il [socio Tizio] avesse diritto di avvalersi delle facoltà rientranti nella sfera di esercizio dei suoi diritti, ma allega che tali condotte non potevano che causare gravissimo danno alla società ed alla stessa posizione di [Tizio] in qualità di socio.Ciò non toglie peraltro che ugualmente sia questione di diritti che competevano a [Tizio] ne' può ritenersi che l'assunzione della qualità di socio e l'obbligo di buona fede nell'adempimento delle obbligazioni che derivano dal contratto di società comporti la preventiva rinuncia del socio ad avvalersi dei suoi diritti e facoltà, anche derivanti da rapporti estranei al contratto sociale, ogni qual volta essi possano in ipotesi rivelarsi lesivi dell'interesse della società. Altra e diversa questione sarebbe se dalla contrarietà dell'esercizio di tali diritti all'interesse della società si volesse ricavare la prova del dolo del socio e quindi dell'abuso del diritto, ma tale ipotesi non è neppure allegata dal ricorrente incidentale»

Applicazioni del principio nei rapporti bancari

• Il recesso di una banca dal rapporto di apertura di credito, benché pattiziamente consentito anche in difetto di giusta causa, è da considerarsi illegittimo ove in concreto assuma connotati del tutto imprevisti ed arbitrari (Cass. 21.5.1997 n. 4538; Cass. 14.7.2000 n. 9321; Cass. 21.2.2003 n. 2642).

• Con riferimento ai rapporti di conto corrente, è stato ritenuto che, in presenza di una clausola negoziale che, nel regolare tali rapporti, consenta all'istituto di credito di operare la compensazione tra i saldi attivi e passivi dei diversi conti intrattenuti dal medesimo correntista, in qualsiasi momento, senza obbligo di preavviso, il giudice di merito deve valutare il comportamento della banca alla stregua del fondamentale principio della buona fede nella esecuzione del contratto. Con la conseguenza, in caso contrario, del riconoscimento a carico della banca, di una responsabilità per risarcimento dei danni (Cass. 28.9.2005 n. 18947).

Altre applicazioni• In materia contrattuale:

• Contratto di mediazione (a proposito del diritto alla provvigione,

Cass. 5.3.2009 n. 5348),

• Contratto di sale and lease back connesso al divieto di patto

commissorio ex art. 2744 c.c., (Cass. 16.10.1995 n. 10805; Cass.

26.6.2001 n. 8742; Cass. 22.3.2007 n. 6969; Cass. 8.4.2009 n.

8481),

• Contratto autonomo di garanzia ed exceptio doli (Cass. 1.10.1999

n. 10864; cass. 28.7.2004 n. 14239; Cass. 7.3.2007 n. 5273).

• In materia tributaria: principio antielusivo

Il problema dell’esercizio di prerogative private

legalmente o pattiziamente attribuite nella

giurisprudenza antecedente: Cass., 20 aprile 1994, n.

3775 (Caso Fiuggi)

• Nel caso deciso dalla corte, il Comune aveva concesso in locazione alla società alcuni stabilimenti termali, prevedendo che il canone di affitto dovesse essere commisurato al prezzo di vendita di fabbrica delle bottiglie. Senonché, a partire dal 1983, l’Ente Fiuggi aveva bloccato questo prezzo, e tuttavia, quello del prodotto, nella fase di commercializzazione, era stato aumentato dalle società distributrici, appartenenti allo stesso gruppo dell’affittuaria. Tale strategia aveva consentito all’Ente Fiuggi di conseguire un duplice vantaggio. Per un verso, infatti, aveva impedito l'adeguamento del canone dovuto al Comune; per altro verso, la società aveva ugualmente lucrato sulle vendite.

• La scorrettezza non era sfuggita all’ente pubblico, il quale, nell’ambito della vicenda giudiziaria, ha rimarcato l’illegittimità del comportamento della controparte contrattuale.

• La Cassazione, riformando la decisione della Corte d’appello, ha accolto le doglianze del Comune, precisando che, quandanche la legge pattizia avesse attribuito davvero all'Ente Fiuggi una «piena libertà» nel determinare il prezzo di fabbrica delle bottiglie, essa avrebbe dovuto, in ogni caso, ritenersi vincolata dall'osservanza del dovere di correttezza discendente dall’art. 1175 c.c.

• La pronuncia contiene un riferimento all’abuso, a proposito della discrezionalità riconosciuta alla parte, rispetto all’aumento del prezzo delle bottiglie, per precisare come, appunto, di tale discrezionalità, in quanto governata dalla correttezza, non sia possibile abusare.

Le conclusioni della Cassazione:

l’abuso del diritto come principio

generale dell’ordinamento

Il breve excursus esemplificativo consente di ritenere ormai

acclarato che il principio dell'abuso del diritto è uno dei

criteri di selezione, con riferimento al quale:

- esaminare anche i rapporti negoziali che nascono da

atti di autonomia privata, e

- valutare le condotte che, nell'ambito della formazione ed

esecuzione degli stessi, le parti contrattuali adottano.

Il rapporto tra buona fede e abuso del diritto nella prospettiva della

Corte• I principii della buona fede oggettiva, e dell'abuso del diritto,

debbono essere selezionati e rivisitati alla luce dei principi

costituzionali

• In questa prospettiva i due principii si integrano a vicenda:

• buona fede canone generale cui ancorare la condotta delle parti,

anche di un rapporto privatistico e l'interpretazione dell'atto

giuridico di autonomia privata

• Abuso necessità di una correlazione tra i poteri conferiti e lo

scopo per i quali essi sono conferiti Qualora la finalità perseguita

non sia quella consentita dall'ordinamento, si avrà abuso In

questo caso il superamento dei limiti interni o di alcuni limiti esterni

del diritto ne determinerà il suo abusivo esercizio.

Le critiche della Cassazione alle argomentazioni precedentemente

esposte• La Corte di merito ha errato quando ha adottato le seguenti proposizioni

argomentative: • 1) che la sussistenza di un atto di abuso del diritto sia soltanto speculare agli atti

emulativi e postuli il concorso di un elemento oggettivo, consistente nell'assenza di utilità per il titolare del diritto, e di un elemento soggettivo costituito dall'animus nocendi;

• 2) che, stabilito che la casa produttrice era libera di modificare l'assetto di vendita, il recesso ad nutum era il mezzo più conveniente per realizzare tale fine; al che conseguirebbe l'insussistenza dell'abuso;

• 3) che, una volta che l'ordinamento abbia apprestato un dato istituto, spetta all'autonomia delle parti utilizzarlo o meno;

• 4) che non sussista la possibilità di utilizzare un giudizio di ragionevolezza in ambito privatistico - in particolare contrattuale - in cui i valori di riferimento non solo non sono unitari, ma sono addirittura contrapposti;

• 5) che nessuna valutazione delle posizioni contrattuali delle parti - soggetti deboli e soggetti economicamente "forti" -, anche con riferimento alle condizioni tutte oggetto della previsione contrattuale, rientri nella sfera di valutazione complessiva del Giudicante.

• La Corte di merito ha affermato che una volta che l'ordinamento aveva previsto il mezzo (diritto di recesso) per conseguire quel dato fine (scioglimento dal contratto di concessione di vendita), erano indifferenti le modalità del suo concreto esercizio.

• Il problema è che la valutazione di un tale atto deve essere condotta in termini di "conflittualità". Ovvero: posto che si verte in tema di interessi contrapposti, di cui erano portatrici le parti, il punto rilevante è quello della proporzionalità dei mezzi usati.

• Proporzionalità che esprime una certa procedimentalizzazione nell'esercizio del diritto di recesso (per es. attraverso la previsione di trattative, il riconoscimento di indennità ecc.).

• La Corte di appello avrebbe dovuto valutare se il recesso ad nutum previsto dalle condizioni contrattuali, era stato attuato con modalità e per perseguire fini diversi ed ulteriori rispetto a quelli consentiti.

• Ed in questo esame si sarebbe dovuta avvalere del materiale probatorio acquisito, esaminato e valutato alla luce dei principii oggi indicati, al fine di valutare - anche sotto il profilo del suo abuso - l'esercizio del diritto riconosciuto.

• In ipotesi, poi, di eventuale, provata disparità di forze fra i contraenti, la verifica giudiziale del carattere abusivo o meno del recesso deve essere più ampia e rigorosa, e può prescindere dal dolo e dalla specifica intenzione di nuocere: elementi questi tipici degli atti emulativi, ma non delle fattispecie di abuso di potere contrattuale o di dipendenza economica.

• La esclusione della valorizzazione e valutazione della buona fede oggettiva e della rilevanza anche dell'eventuale esercizio abusivo del recesso, infatti, consentirebbero che il recesso ad nutum si trasformi in un recesso arbitrario, cioè ad libitum, di sicuro non consentito dall'ordinamento giuridico.

Considerazioni critiche a

margine della sentenza

• Qual è il fondamento del presunto principio di (divieto di) abuso del diritto?

• Nel caso di specie ricorrevano gli elementi costitutivi dell’abuso esplicitati dalla Cassazione?

• Vi era la possibilità che il concreto esercizio di quel diritto possa essere effettuato secondo una pluralità di modalità non rigidamente predeterminate?

• Ricorreva la circostanza in base alla quale tale esercizio concreto, anche se formalmente rispettoso della cornice attributiva di quel diritto, sia svolto secondo modalità censurabili rispetto ad un criterio di valutazione, giuridico o extragiuridico?

• Era integrata la circostanza secondo cui, a causa di una tale modalità di esercizio, si verifichi una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare del diritto ed il sacrifico cui è soggetta la controparte?

• Era necessario il ricorso all’abuso del diritto? La questione non avrebbe potuto essere risolta sulla sola base della clausola generale di buona fede e correttezza?

• La buona fede e l’abuso del diritto possono autorizzare un sindacato del giudice sull’atto di autonomia?