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L’agricoltura biologica nelle poliche di sviluppo rurale comunitarie tra presente e futuro Esperienze della programmazione 2007-2013 e prospeve nella riforma della PAC A del seminario

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L’agricoltura biologicanelle politiche di sviluppo rurale

comunitarie tra presente e futuro

Esperienze della programmazione 2007-2013e prospettive nella riforma della PAC

Atti del seminario

StampaChieco Sistemi srl - Bari - [email protected]

Progetto INTERBIOSeminario internazionale sul tema

L’agricoltura biologica nelle politichedi sviluppo rurale comunitarie

tra presente e futuro

Esperienze della programmazione 2007-2013e prospettive nella riforma della PAC

Atti del seminarioRoma, Hotel Quirinale – 19-20 maggio 2010

Programma

L’inizio dei lavori

Premessa

Il progetto “InterBio - Promozione della domanda interna ed internazionale” rientra nell’obiettivo strategico n. 1 del “Piano d’Azione Nazionale per l’agricoltura biologica e i prodotti biologici”, finanziato dal Mipaaf – Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Coordinato dal CIHEAM-IAMB – Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari, ha avuto come obiettivo primario quello di promuovere l’agricoltura biologica italiana ed i suoi valori sia a livello nazionale che internazionale.A tal fine “Interbio” si è proposto di rispondere, attraverso azioni mirate, a 3 obiettivi ritenuti strategici:

1. Favorire la penetrazione commerciale delle produzioni biologiche sui mercati internazionali, indirizzando e valorizzando l’azione promozionale delle istituzioni pubbliche e degli operatori privati anche attraverso il rafforzamento del loro sistema di relazioni;

2. Rafforzare le reti di relazioni a livello nazionale ed internazionale, in particolare negli ambiti della cooperazione commerciale, della cooperazione allo sviluppo, della ricerca e della formazione, con un’attenzione particolare all’area mediterranea;

3. Favorire le conoscenze da parte di funzionari delle istituzioni e tecnici del settore relative agli aspetti tecnici, politici e normativi riguardanti alcuni importanti argomenti riferiti al biologico:

• l’import e l’export dei prodotti bio con i Paesi Terzi• gli sviluppi dei nuovi Regolamenti UE • i Programmi di Sviluppo Rurale • la riforma della PAC a supporto del biologico • le attività di controllo e vigilanza.

Possiamo qui citare, a grandi linee, le attività intraprese nel progetto, ricordando che molto altro si potrà trovare nello “scrigno” progettuale www.interbio.itNel quadro della prima attività, si è cercato di rafforzare le conoscenze del settore commerciale attraverso il monitoraggio delle più importanti manifestazioni internazionali che vedono il biologico protagonista, creando un sostanzioso data-base per guidare gli operatori italiani. A questo si è aggiunta la redazione di “profili” dei Paesi più interessanti per l’esportazione dei nostri prodotti, contenenti tutta una serie di indicazioni strategiche. Conoscere in molti dettagli gli aspetti commerciali di nazioni come il Brasile, il Canada, la Cina, la Francia, il Giappone, la Gran Bretagna, gli USA, ed altri può veramente aiutare chi desidera allargare i propri orizzonti di mercato. L’attività si è poi concentrata sulla raccolta dei

dati riguardanti le esportazioni italiane all’estero, realizzando uno studio approfondito sull’andamento dei consumi e sulle tendenze dei mercati. Il tutto “condito” da una newsletter in inglese per gli operatori commerciali stranieri che – è nostro augurio - abbia almeno un po’ contribuito ad informare su tutti i più importanti eventi del biologico nel nostro Paese.

La seconda azione di “InterBio” ha promosso invece attività specifiche volte a rafforzare la partecipazione costruttiva delle organizzazioni italiane in ambito europeo, in particolare nel Gruppo IFOAM UE a Bruxelles. Ha anche però attivato una notevole cooperazione a livello dei paesi mediterranei (Ministeri e uffici del biologico nel contesto del MOAN, la rete istituzionale nel bacino mediterraneo creata dal CIHEAM-IAMB), giungendo a redigere, dopo incontri specificatamente dedicati, un’approfondita indagine sullo stato della ricerca nel settore in area mediterranea. Una pubblicazione (in lingua inglese ed italiana) molto interessante per gli addetti ai lavori, lo “stato dell’arte” aggiornato al 2010. È la prima volta in assoluto che si riesce ad avere un quadro dello situazione della ricerca relativa al biologico in area mediterranea, con indicazioni sulle criticità e le relative esigenze di sviluppo, e le possibilità di cooperazione transnazionali. Nel contesto di questa azione è stata pubblicata poi una newsletter periodica che ha informato su quanto di importante ed interessante si è venuto a svolgere, nei circa due anni di durata del progetto e nel contesto non-istituzionale, in ambito europeo ed internazionale. Infine, terza attività, l’informazione, volta a migliorare gli strumenti esistenti a supporto del biologico , ed offerta attraverso lo studio e la realizzazione di tre seminari internazionali, gli atti del secondo dei quali presentiamo in questa pubblicazione. Questi eventi, il primo sul futuro della legislazione europea per il settore, il terzo sul tema della certificazione e degli accreditamenti a livello extra UE, hanno contribuito (assieme ad altri minori, ma non per questo meno importanti: ricordiamo ad esempio un incontro internazionale su come far fronte alle possibili frodi) ad offrire degli aggiornati, accurati e utili spunti di riflessione, anche operativa, soprattutto alle istituzioni (compresa la Commissione Europea, sempre presente), ai tecnici ed alle organizzazioni di settore. Come si può vedere da questa estrema sintesi, un progetto vasto e di non facile realizzazione, i cui risultati non sta a noi giudicare, ma la cui realizzazione si è potuta completare soprattutto grazie all’impegno ed all’entusiasmo di tutti coloro che hanno contribuito ad animarlo.

Luigi GuarreraCoordinatore del Progetto InterBio, CIHEAM-IAMB

IntroduzionePatrizia Pugliese,CIHEAM-IAMB; Alessandro Triantafyllidis, IFOAM-EU

La discussione sul futuro della PAC ha avuto un momento molto importante in occasione della Conferenza “La PAC dopo il 2013”, organizzata dalla Commissione Europea, a Bruxelles il 19 e 20 Luglio 2010.A detta di tutte le organizzazioni che vi hanno partecipato è stato un evento molto utile, ed un’occasione di dialogo importante, nel quale, forse per la prima volta, c’è stata la partecipazione ampia della società civile e non dei soliti addetti ai lavori del comparto agro-alimentare. Infatti, molto numerosa è stata la partecipazione di associazioni e movimenti: dagli ambientalisti, ai ruralisti, dai consumatori ai produttori biologici, dai contadini alle grandi cooperative agro-alimentari. Interessi diversissimi che si sono confrontati nella platea della conferenza, e negli otto tavoli tematici svolti in contemporanea. La Commissione Europea, in apertura, ha presentato i risultati del dibattito pubblico on-line sul futuro della PAC, dibattito che ha avuto un’eccellente risposta da parte degli addetti ai lavori e della società civile.Le quattro domande proposte hanno avuto delle risposte in certi casi molto chiare. Alla prima domanda: “Abbiamo bisogno di una Politica Agricola Comune?” la maggioranza ha risposto affermativamente, mentre diversa è stata l’analisi sulla rispondenza delle varie politiche alle esigenze dell’Europa Unita. Il secondo quesito chiedeva “Cosa si aspettano i cittadini dall’agricoltura?” La parte preponderante della società civile ha risposto che l’agricoltura europea dovrebbe:

• Produrre cibo sano, sicuro e a prezzi accessibili• Assicurare un uso sostenibile del territorio• Mantenere vitali le aree rurali• Garantire la sicurezza alimentare.

“Perche riformare la PAC?” Era la terza domanda. Le richieste principali, sono state:

• Assecondare le aspettative dei consumatori riguardo alla qualità del cibo, alla sua origine e tracciabilità.

• Permettere agli agricoltori e ai consumatori di far fronte alla crescente instabilità dei prezzi delle materie prime e dei prezzi al consumo.

• Ristrutturare la PAC e semplificarla.

• Dare maggiore spazio nella PAC all’ambiente, agli standard di qualità e di benessere animale, alla mitigazione del cambiamento climatico.

L’ultimo quesito richiedeva: “Di quali strumenti abbiamo bisogno per la PAC di domani?” In questo caso due sono state le direzioni espresse dal dibattito. Una più conservatrice che approva l’attuale PAC e non richiede grossi cambiamenti per il futuro; e un’altra posizione, comunque ampia, che richiede di ridisegnare la Politica Agricola Comune e di dotarla di nuovi strumenti per collegare la compensazione agli agricoltori al livello dei beni pubblici che sono in grado di garantire alla società.Quale è stato il ruolo del settore biologico nella conferenza? Diversi sono stati gli interventi incentrati sul contributo dell’agricoltura biologica per fronteggiare le sfide del settore agricolo europeo, e sulla necessità di garantire maggiore sostegno al settore nella futura PAC. A favore del biologico hanno parlato IFOAM EU che rappresenta il settore, ma anche ARC (Agricoltural & Rural Convention), Slow Food e Group de Bruges.A conclusione della Conferenza, il Commissario Dacian Ciolos ha delineato le sette sfide alle quali l’Europa agricola deve far fronte attraverso la nuova PAC.

1. L’Unione Europea non è un’isola separata dal mondo: la globalizzazione è una sfida trasversale alla quale L’UE deve apportare il proprio contributo alla sicurezza alimentare mondiale.

2. La sfida alimentare: attraverso la ricerca e l’innovazione l’UE ha la responsabilità di stimolare l’aumento delle rese di produzione, garantendo nel contempo la qualità dei prodotti, e la trasparenza ai suoi cittadini, inoltre deve promuovere i prodotti europei all’estero.

3. La sfida ambientale: l’agricoltura può offrire delle valide soluzioni alle emergenze ambientali globali. La gestione sostenibile delle risorse naturali è contemporaneamente un interesse economico, ambientale e sociale.

4. La sfida economica: bisogna rafforzare gli strumenti di prevenzione dei rischi e di gestione delle crisi di volatilità dei prezzi, e garantire una solida rete di sicurezza per gli agricoltori.

5. La sfida territoriale: sostenere la diversità dell’agricoltura in tutte le aree rurali d’Europa, dev’essere però un’agricoltura in grado di mostrarsi competitiva e che sappia sfruttare la propria specificità territoriale.

6. La sfida della diversità: l’UE a 27 Stati ha aumentato notevolmente la sua diversità e complessità, la PAC del futuro avrà successo se saprà accompagnare le diverse aziende agricole in maniera efficace. La forza dei nostri territori consiste nella diversità delle nostre agricolture.

7. La sfida della semplicità: per essere efficiente e forte la nuova PAC deve essere semplice e comprensibile.

Le conclusioni tratte dal Commissario dimostrano l’intenzione di difendere la PAC in sede di definizione del bilancio UE del prossimo periodo di programmazione e di incidere nel migliorare gli strumenti della PAC per far fronte alle sfide future da lui stesso delineate. A novembre 2011 è attesa la prima comunicazione ufficiale della Commissione UE sul futuro della PAC dal 2013 al 2020.

Le posizioni emerse dal seminario internazionale, organizzato il 19-20 maggio 2010 a Roma, nell’ambito del progetto InterBio, precisamente quelle del Ministero Italiano per l’Agricoltura e le Foreste e quella di IFOAM EU, confermano la necessità di mantenere e rafforzare una Politica Agricola Comune secondo quanto emerso dal dibattito pubblico lanciato dalla Commissione e dalle conclusioni del Commissario Ciolos.Il seminario internazionale InterBio, realizzato con il fondamentale contributo delle istituzioni nazionali, delle Regioni e delle associazioni dei produttori biologici, ha inteso inserirsi nell’auspicato processo di armonizzazione e coordinamento degli interventi regionali a sostegno dell’agricoltura biologica nell’ambito delle politiche di sviluppo rurale comunitarie.L’evento si proponeva due obiettivi specifici: da un lato, favorire lo scambio di conoscenze ed esperienze su orientamenti e modalità di intervento ai fini di un’efficace applicazione delle misure per il biologico nella programmazione per lo sviluppo rurale 2007-2013; dall’altro, offrire un’opportunità di verifica sulle prospettive di evoluzione delle politiche a sostegno del settore nell’ambito della prossima riforma della PAC.

Il programma del seminario si è articolato in quattro sessioni. La prima, propedeutica alle successive, ha introdotto lo stato del dibattito in corso sul futuro della PAC post 2013 e la vision del movimento biologico europeo (IFOAM UE) per il futuro della PAC 2014-2020. La seconda e la terza sessione hanno fornito dapprima un quadro della situazione attuale attraverso una panoramica nazionale ed internazionale delle strategie e dei meccanismi di supporto al biologico nei PSR 2007-2013, per poi passare, attraverso la formula del “talk show”, da una descrizione delle scelte compiute in merito dalle Regioni italiane ad un’analisi puntuale e critica delle stesse. La quarta sessione, svoltasi nel secondo giorno, è stata strutturata invece in “tavoli tecnici” fra addetti ai lavori, grazie ai quali è stato possibile approfondire l’analisi critica avviata nel talk show e, guardando nuovamente al futuro, definire, in prospettiva della ricontrattazione dei PSR, alcune

ipotesi di lavoro volte ad armonizzare e coordinare gli interventi regionali a sostegno del biologico, sulla base sia di una riflessione sugli elementi di successo e le criticità delle esperienze in corso, sia di una discussione sulle differenze – talora vistose – che caratterizzano i PSR regionali italiani.

Elemento di soddisfazione a distanza di alcuni mesi dal seminario è la constatazione che i risultati della discussione e le ipotesi di lavoro emerse sono state realmente utilizzate in alcune Regioni negli incontri tra istituzioni regionali e associazioni dei produttori biologici nell’ambito del processo di rinegoziazione dei PSR.

Verso la riforma della PAC:elementi di riflessione sul dibattito in corso

Graziella Romito, Dirigente COSVIR II – Sviluppo RuraleMIPAAF – Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali

Il seminario entra nel vivo...

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Verso la riforma della PAC: elementi di riflessione sul dibattito in corsoGraziella Romito, Dirigente COSVIR II – Sviluppo RuraleMIPAAF – Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali

Il periodo nel quale viviamo è denso di avvenimenti che stanno modificando profondamente il nostro stile di vita e le nostre abitudini. La crisi economica e finanziaria che ha investito le economie di tutto il mondo sta avendo ripercussioni significative anche sul comportamento giornaliero di ciascuno di noi.Nei prossimi mesi sarà avviato il percorso che porterà alla definizione della nuova Politica Agricola Comune, e con esso anche quello riguardante gli stanziamenti destinati all’agricoltura, a causa della concomitante revisione del bilancio comunitario. Proprio per i motivi anzidetti, questa revisione assume un significato particolare. Infatti, in questo periodo di recessione, è indispensabile fare il possibile affinché il bilancio della PAC non subisca ridimensionamenti tali da penalizzarne l’efficacia.Per sostenere questa richiesta, tuttavia, è necessario giustificarne validamente le motivazioni, anche e soprattutto di fronte all’opinione pubblica.Ciononostante, è importante che una riforma della PAC sia attuata, anche sulla base di alcune significative osservazioni.

• Se si esaminano i dati riguardanti la distribuzione delle risorse finanziarie tra gli Stati membri, si nota che i costi della PAC non sono equamente ripartiti: alcuni Stati membri percepiscono più fondi di quanto non contribuiscano al bilancio comunitario, mentre altri, tra cui l’Italia, si trovano nella situazione diametralmente opposta, creando fenomeni di sperequazione.

• A tutto questo, si aggiunga anche l’ingresso nell’Unione Europea di nuovi Stati membri: esso porterà inevitabilmente ad un redistribuzione dei fondi a disposizione, che potrebbe penalizzare in modo anche consistente alcuni Stati.

• Purtroppo, nel corso di questa programmazione è stata evidenziata la mancanza di coerenza tra obiettivi e strumenti: è stata introdotta la Condizionalità, che è uno strumento valido e importantissimo per orientare le aziende agricole verso il mercato. Tuttavia, il pagamento unico riconosciuto all’agricoltore è legato agli importi percepiti in un determinato periodo storico. In questo modo, viene trascurato un elemento di grande importanza, che può fare la differenza

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tra un’agricoltura semplicemente conservativa e un’agricoltura attivamente impegnata nella salvaguardia e nel miglioramento delle condizioni dell’ambiente: i servizi ambientali resi dall’agricoltore alla collettività.

• L’attuale crisi economica ha determinato il crollo dei prezzi. La PAC non è stata in grado gestire in modo appropriato questa emergenza, dimostrando di essere scarsamente adattabile a contesti in cui si verificano repentini cambiamenti delle condizioni di mercato, generando situazioni di sovra e sottocompensazione.

• Questa programmazione ha anche evidenziato come sia possibile cadere in situazioni nelle quali si verificano duplicazioni degli interventi nel I e II Pilastro; le quali necessitano, successivamente, di una demarcazione, dispendiosa dal punto di vista delle risorse e non sempre di facile attuazione. È necessario considerare un’architettura dei due Pilastri che consenta l’ottenimento di un quadro organico.

• La riforma dell’Health Check è stata una occasione importante per mettere in luce il bisogno di considerare nuovi obiettivi della Politica Agricola Comune: le cosiddette “nuove sfide”, introdotte da Reg. (CE) n. 74/09, che modifica il Reg. (CE) n. 1698/05. Buona parte di queste sono rivolte principalmente alla protezione dell’ambiente: cambiamenti climatici, energie rinnovabili, biodiversità, gestione delle risorse idriche, dimostrando come la politica ambientale sta sempre più prendendo la forma, nell’Unione Europea, di una priorità orizzontale che, in futuro, influenzerà sempre più tutte le altre politiche europee.

Tutto ciò premesso, è possibile ipotizzare una nuova architettura della PAC, che coinvolga congiuntamente Primo e Secondo Pilastro; rafforzando, nel Primo, il ruolo di produzione di beni pubblici e di remunerazione dei servizi ambientali; definendo, nel Secondo, obiettivi chiari e centrati sulle grandi sfide – la maggior parte delle quali a carattere ambientale – che, grazie all’Health Check, beneficiano di ulteriori risorse.Entrando nello specifico, uno dei fabbisogni emergenti dell’intera PAC riguarda la produzione, da parte degli agricoltori, di beni che hanno un valore per la collettività ma che non sono adeguatamente remunerati dal mercato: protezione dell’ambiente, conservazione della biodiversità, della fertilità dei suoli e delle acque, conservazione del paesaggio. Nel loro insieme, questi costituiscono i cosiddetti “beni pubblici” che l’agricoltura fornisce alla società. Una loro definizione potrebbe essere la seguente: “Sono beni pubblici quelli per cui valgono i principi di non escludibilità e di

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non rivalità. Il consumo di tali beni da parte di un individuo non ne riduce la disponibilità per gli altri e nessuno è escluso dalla loro fruizione”.Si impone, pertanto, la necessità di individuare chiaramente un criterio di valutazione dei beni pubblici. Successivamente, è importante legare i pagamenti risultanti ad una base contrattuale, ossia ad accordi scritti tra l’agricoltore e la società, che rappresentino il riconoscimento degli sforzi sostenuti e dei risultati conseguiti. Si ritiene che il pagamento dovrebbe essere determinato sulla base di obiettivi progressivi, per garantire un’attenzione continua rispetto al ruolo sociale dell’agricoltura. Altrettanto importante è lo sviluppo di un sistema di valutazione e monitoraggio pienamente integrato, al fine di individuare in modo continuo punti di forza e di debolezza delle politiche e garantire un costante miglioramento dell’agricoltura.

Il Secondo Pilastro, dal canto suo, dovrebbe aggiornare la struttura dei programmi, definendoli non più in base ad Assi che devono rispondere a obiettivi specifici, ma in base a priorità tematiche all’interno dei programmi stessi e, in riferimento a queste, individuare le misure più appropriate per soddisfare tali priorità.

Altrettanto importante è la concentrazione territoriale, per consentire di legare ai territori rurali le priorità tematiche individuate.Anche la diversificazione delle economie rurali, la qualità della vita e l’inclusione sociale nelle aree rurali rivestono un ruolo importante, specialmente per le fasce più deboli situate non solo nelle aree marginali ma anche in quelle periurbane. Per ottenere risultati decisivi è però necessario migliorare il coordinamento con gli altri Fondi comunitariIl potenziamento della governance è un altro obiettivo rilevante: migliorare il coordinamento orizzontale e verticale, ottimizzare l’offerta formativa, pensare nuove forme di progettazione integrata sono solo alcune delle iniziative che potrebbero essere adottate per migliorare la gestione della PAC.In questo modo, si potrebbe favorire la competitività del settore agricolo nel suo complesso – con particolare attenzione verso la crescita sostenibile e la gestione razionale delle risorse, la formazione e l’innovazione. Senza dimenticare le priorità ambientali introdotte con l’Health Check che, essendo orizzontali a tutto il PSR, potrebbero essere soddisfatte anche attraverso più Assi di intervento.

L’agricoltura biologica, in questo ampio discorso, si inserisce come modello d’avanguardia al quale guardare, poiché l’azienda agricola biologica è anche

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un avamposto agro-ecologico che distribuisce beni pubblici e servizi alla collettività. Infatti, essa accresce la biodiversità, protegge il suolo, assicura standard superiori di benessere degli animali e azzera l’inquinamento ambientale dovuto all’uso di antiparassitari di origine chimica.Tuttavia, esistono giuste istanze dell’agricoltura biologica nei confronti delle istituzioni e del mercato:

• garantire un livello adeguato dell’importo dei pagamenti agroambientali, poiché non sempre la remunerazione alle aziende biologiche è proporzionale agli sforzi richiesti. In quest’ottica, anche la remunerazione dei beni e servizi pubblici associati a questo tipo di agricoltura potrebbe svolgere un ruolo nella definizione del pagamento agroambientale

• uniformare gli importi dei pagamenti agroambientali sul territorio nazionale, vista la diversità riscontrabile tra Regioni e Province Autonome

• garantire un’adeguata differenza con il pagamento destinato all’agricoltura integrata, in base alla differente mole di impegni richiesti

• garantire un’adeguata differenziazione rispetto alle colture praticate e alle tipologie aziendali

• valutare il beneficio ambientale connesso con il metodo di produzione.

L’ottenimento di una PAC più equa e sostenibile per tutti è vincolato alla risposta che le istituzioni comunitarie e nazionali sapranno dare alle necessità presenti e future dell’agricoltura europea. Questa risposta passa anche attraverso il mantenimento dell’attuale quota del bilancio comunitario destinato all’agricoltura.

L’agricoltura biologica costituisce la punta di diamante di un settore agricolo che tenta di farsi sempre più rispettoso dell’ambiente, ed è stata lungimirante precorritrice nel soddisfare gli attuali fabbisogni di qualità e salubrità degli alimenti, di benessere degli animali e di salvaguardia dell’ambiente.È tuttavia necessario fare di più: l’introduzione del principio di remunerazione dei beni pubblici e la definizione di adeguati e trasparenti indicatori di misurazione dei beni e servizi offerti dall’agricoltore alla collettività sono elementi di importanza capitale per valorizzare un settore che, sempre più, è in linea con le priorità ambientali dell’Unione Europea.

La PAC che verrà:Smart change or business as usual ?

La posizione ufficiale IFOAM EU sulla prossima riforma PAC 2014-2020

Alessandro Triantafyllidis, IFOAM EU Group

Gli interventi dei partecipanti

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La PAC che verrà: Smart change or business as usual ?La posizione ufficiale IFOAM EU sulla prossima riformaPAC 2014-2020Alessandro Triantafyllidis, IFOAM EU Group

Siamo a metà dell’attuale periodo di programmazione della PAC 2007-2013, immersi nei problemi dei Piani di Sviluppo Rurale che mal supportano il biologico, eppure è già tempo di parlare della PAC che verrà dopo il 2013. Il dibattito è già iniziato, ed IFOAM EU non si è fatta trovare impreparata, definendo la sua posizione ufficiale sulla revisione con buon anticipo. La proposta ufficiale della Commissione verrà promulgata quest’autunno, mentre il Regolamento definitivo uscirà verso la fine del 2011.A livello globale, il mondo sta affrontando delle sfide molto importanti, che hanno una relazione stretta con l’agricoltura: il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, l’inquinamento delle acque, la perdita di fertilità del suolo, mentre la fame nel mondo rimane un problema ancora di attualità. A livello locale europeo poi, l’agricoltura risente delle crisi più gravi degli ultimi decenni, con i redditi degli agricoltori messi a durissima prova.È il momento di allineare la Politica Agricola Comune con la domanda forte per cibi di qualità, per un’agricoltura sostenibile, e per un futuro possibile per gli agricoltori.

Prima di tutto bisogna partire dagli obiettivi, che la rettifica del Trattato di Lisbona, ha già definito e sono gli stessi dal 1957: dall’incrementare la produttività agricola a stabilizzare i mercati e sostenere il reddito degli agricoltori. Effettivamente sono finalità ancora valide oggi, a parte la prima. Non si può a 50 anni di distanza puntare ancora indiscriminatamente sulla produttività agricola, dopo ripetute riforme della PAC. Il nuovo paradigma deve essere: assicurare la produttività dei terreni agricoli, promuovendo pratiche agricole sostenibili che garantiscano la produzione di cibo sano in un ambiente sano e l’utilizzazione attenta delle risorse naturali.Con la nuova PAC i soldi dovranno essere spesi per assicurare obiettivi chiari di interesse pubblico:

1. garantire la sicurezza alimentare e l’accesso al cibo di alta qualità senza nessuna esclusione sociale;

2. assicurare la vitalità del mondo rurale, ovvero: adeguati standard di vita e di lavoro della comunità agricola, favorire l’impiego in agricoltura;

3. assicurare condizioni di mercato che garantiscano condizioni di vita

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adeguate agli agricoltori, grazie alla possibilità di vendere i loro prodotti ad un prezzo adeguato, fornendo nel contempo servizi alla collettività;

4. fornire servizi pubblici alla collettività (i cosidetti Public Goods) quali: mitigazione e adattamento al cambiamento climatico, biodiversità, protezione e qualità del suolo, protezione e gestione delle risorse idriche, incrementare la produzione di energia verde (CO2 efficiente), incrementare il benessere animale, preservare/restaurare la complessità del paesaggio.

Perché sostenere il modello agricolo biologico nella PAC?

Il settore biologico è nato dal basso da un movimento via via crescente di produttori e di consumatori che lo hanno sostenuto. Nel giro di vent’anni è passato da nicchia a parte consistente del mercato europeo.L’agricoltura biologica contribuisce a realizzare tutti gli aspetti della sostenibilità: riduce gli impatti negativi sull’ambiente da parte dell’agricoltura (emissioni di CO2, inquinamento da fertilizzanti, mancanza di residui), incrementa la fertilità organica del suolo, la biodiversità, e garantisce standard elevati di benessere animale.L’agricoltura biologica è l’unico sistema sostenibile che è regolato a livello europeo e mondiale e l’unico con un sistema di controllo e garanzia accreditato e riconosciuto in tutto il mondo.L’ab utilizza meno input e meno petrolio ma necessita di maggior lavoro e rappresenta un’opportunità consistente di lavoro in ambito rurale.Pur se il ruolo dell’ab nel garantire servizi alla collettività è ormai abbastanza affermato, il mercato compensa solo parzialmente i maggiori costi di produzione.Di contro, la maggior parte dei sistemi agricoli convenzionali continuano a creare danni ambientali che vengono sopportati (e pagati) dalla collettività.

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Come ridisegnare la PAC?

I passati periodi di programmazione hanno fallito l’opportunità di affrontare adeguatamente l’emergenza ambientale e sociale dell’agricoltura. C’è il bisogno di una riforma che riconosca la centralità degli agricoltori, quali produttori di cibi di qualità e di servizi ambientali per la collettività. Esattamente quello cha fa l’Agricoltura Biologica da sempre.Innanzitutto i soldi dovranno essere spesi in linea con dei principi chiari e minimi, quali:

- Supporto solo per il raggiungimento degli obiettivi di Interesse Pubblico

- Supporto solo per produzione in connessione con la terra- Favorire l’approccio di sistema rispetto alla soluzione dei singoli

problemi ambientali- Il calcolo dei pagamenti deve considerare le esternalità- Equa distribuzione dei contributi, evitare che il 20% delle aziende

ricevano l’80% dei contributi del I° pilastro.- Controbilanciare gli svantaggi dovuti al clima, alle aree svantaggiate,

ecc.- Non-interferenza con i mercati stranieri- Semplificazione, ora più che mai necessaria.

Gli attuali pagamenti diretti del I° pilastro assorbono circa il 60% dell’intera PAC. Lasciare inalterato questo sistema è impossibile da giustificare agli occhi dell’opinione pubblica, al livello dell’attuale dibattito.IFOAM EU sostiene che al fine di mantenere un livello adeguato di reddito degli agricoltori, e di garantire l’impiego lavorativo in agricoltura in tutta l’UE, i pagamenti diretti disaccoppiati servono ancora.

C’è bisogno però di un cambiamento radicale: dal pagamento unico buono per tutti alla “Buona pratica PAC”, per chi garantisce dei criteri più ambiziosi. Chi non li garantisce e si limita a stare dentro il quadro normativo europeo, non riceve alcun sostegno. (vedi Fig. 1).

Fig. 1

Misure ad alta performance ambientale Livello Avanzato

Buona pratica PAC

Legislazione UE e nazionale

Livello Base

Livello Legale

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Alcuni criteri definiti da IFOAM EU per accedere ai pagamenti diretti

Un carico di bestiame massimo; presenza in azienda di elementi non coltivati (es. 5% della SAU); l’adozione di una pratica di agricoltura sostenibile (rotazione, fertilizzazione organica, gestione dell’acqua, ecc).Inoltre: la cessazione di qualsiasi tipo di sostegno all’esportazione, la fine della base storica per il calcolo dei premi, ed infine, per sostenere il lavoro agricolo, i pagamenti al di sopra di una certa soglia, devono essere associati al numero di addetti impiegati in azienda.

Qual è la nuova struttura della PAC proposta da IFOAM EU?

Gli attuali due pilastri riuniti in un solo pilastro, formato da 5 assi.Un solo regolamento e non tre come adesso. Un unico sistema di co-finanziamento comune a tutti gli assi, per non provocare diversità di trattamento tra i due attuali pilastri, il primo finanziato interamente dall’UE e il secondo co-finanziato.Allocazione delle risorse ripartite tra gli assi con tetti minimi e/o massimi come l’attuale Sviluppo Rurale, con possibilità di trasferimento di fondi tra gli assi.

Assi:

1. Supporto di base per aziende e mercati2. Innovazione, Investimenti & Informazione3. Agro-Ambiente4. Diversificazione aziendale5. Approccio Leader

I contenuti degli assi in sintesi sono quelli che seguono:

1. Supporto di base per aziende e mercati:

Contiene tutti gli strumenti dell’attuale I pilastro: pagamenti diretti (accoppiati e non), e gli interventi di mercato.

2. Innovazione, Investimenti & Informazione:

Permangono le principali misure dell’attuale Asse 1 dello Sviluppo Rurale, ma vengono orientate esclusivamente per sostenere interventi verso la sostenibilità delle imprese agricole e forestali.Misura per gli investimenti e l’innovazione aziendale. Gli investimenti in c/capitale saranno dati esclusivamente per: migliorare le performance ambientali dell’azienda, per il benessere animale, la

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commercializzazione locale, la produzione di cibo di qualità. Investimenti per l’agricoltura biologica.Misura per l’informazione e la consulenza aziendale.Questi servizi serviranno a supportare gli agricoltori per gestire in maniera ecologicamente ed economicamente sostenibile la loro azienda.

3. Agro-Ambiente.

Misure destinate esclusivamente a schemi che siano efficaci nel garantire sostenibilità e qualità delle produzioni, e miglioramento delle condizioni ambientali. Due condizioni devono essere rispettate:

a) priorità e adeguato supporto all’approccio di sistema (per es. agricoltura biologica) rispetto a soluzioni intermedie o ai singoli interventi agro-ambientali;

b) evitare l’abuso delle misure agro-ambientali per dare un supporto al reddito incondizionato alle aziende con risultati ambientali spesso trascurabili.

Misure:

Agricoltura Biologica (approccio di sistema)Aree Rurali di Interesse Pubblico Speciale ex Indennità compensativaMisure Agro-ambientali (singole componenti ambientali).

4. Diversificazione aziendale

La diversificazione aziendale è un elemento caratterizzante dell’azienda agricola multifunzionale. L’agricoltura biologica fornisce eccellenti modelli di multifunzionlità dagli agriturismi, alle fattorie didattiche, all’agricoltura sociale.L’asse mantiene le stesse misure dell’asse 3 dell’attuale PSR.

5. Approccio Leader

Il Leader è uno strumento molto utile per lo sviluppo delle capacità locali in ambito rurale. Lo scopo di tale asse è di sostenere la comunità rurale che è direttamente connessa con l’attività agricola e forestale.

Altri aspetti, egualmente importanti per la vitalità delle zone rurali, quali: artigianato, banda larga, servizi sociali e assistenziali non direttamente correlati all’agricoltura e forestazione dovranno essere finanziati con altri strumenti di programmazione al di fuori della PAC.

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Per finire, un accenno al budget della prossima PAC, che essendo parte del bilancio dell’UE, sarà trattato prima che la riforma della PAC sia conclusa. Mai come in questi tempi i fondi per la PAC sono sotto pressione da parte di alcuni Stati Membri e di alcuni gruppi di interesse che ne chiedono fortemente la riduzione. IFOAM EU afferma che al fine di raggiungere gli obiettivi della “nuova” PAC, il budget deve rimanere lo stesso e dev’essere aumentato il budget per il Livello Avanzato (attualmente il secondo pilastro).

Il sostegno all’agricoltura biologica nella programmazione 2007-2013:

esperienze europee al confronto

Gerald Schwarz, Hiltrud Nieberg and Jürn SandersJohann Heinrich von Thünen-Institut Federal Research Institute for Rural

Areas, Forestry and Fisheries Institute of Farm Economics

Antje Kölling, Policy coordinator IFOAM EU Group

Da sinistra verso destra

T. De Matthaeis, A. Koelling, G. Schwarz

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Il sostegno all’agricoltura biologica nella programmazione 2007-2013: esperienze europee al confronto

a) Survey of Organic Farming Support Payments in the EU-27Gerald Schwarz, Hiltrud Nieberg and Jürn Sanders,Johann Heinrich von Thünen-Institut Federal Research Institute for Rural Areas, Forestry and Fisheries Institute of Farm Economics

Project summary:

The project was commissioned by the Federal Ministry of Food, Agriculture and Consumer Protection and aims to provide an overview of the organic support scheme in the EU in the current programme period. The overview provides detailed information on the implementation of the organic support payments in EU Member States and their regions, including payment design, eligibility and management requirements, certification support, and aspects in relation to scheme access, planned payment changes and possible combinations with other agri-environment measures. Country templates with detailed descriptions of the organic support payments in the different Member States and their regions are added in the Annex of the report. The report is aimed at policy-makers, stakeholders and scientists with an interest in organic farming and related policies.

The report covers 25 Member States. The two small Member States Cyprus and Malta have been excluded due to their negligible area of organic farming. In addition, the report explicitly covers all 16 German Länder, while in France, Italy and Spain cross sections of representative regions (9 regions in France, 13 regions in Italy and 12 regions in Spain) have been included. The data on the organic support payments have been collated through a survey of relevant organisations in each Member State in 2009, which filled in a questionnaire with questions on the different payment aspects. In addition, data available from published rural development programmes and other online sources were used to obtain additional information on the organic support payments in the previous and current programme period.

Payment rates

The results of the survey show large variations in the payment rates for the same land type using a differentiation of seven land types including arable land, grassland, vegetables and herbs, greenhouse crops, perennials and orchards, vineyards, and olive trees. For example, one ha of arable land

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can receive a conversion payment rate (on the basis of the average rate over a five year conversion contract) between 77 and 600 €. The range of per ha conversion payments for vineyards even spans from 350 to 2 812 €. The differences in payment rates are the result of a number of different factors including different payment differentiations within the broader land types (a specific corn payment is likely to lead to a higher payment rate than an average arable payment), different economic assumptions and different cost and income foregone components in payment calculations, budget allocations and constraints, consideration of different bio-physical land characteristics and the inclusion of (area-based) livestock payment components. However, further analysis is required to draw more detailed conclusions on the exact reasons behind the various differences in payment rates.

To some extent a general pattern emerges from the survey that some Member States tend to have relatively high payment rates across the seven land types compared to other Member States. For example, relatively high conversion and maintenance payment rates generally exist in Belgium, some Italian regions and Greece, while relatively low payment rates can be found in Bulgaria, Estonia, some Spanish regions and UK. But the exact ranking of the Member States in terms of the level of the payment rates varies between the different land types.

Variations between the Member States also exist with respect to the payment differentiation between land types and over time. Only Denmark, Finland and Ireland, have implemented uniform conversion payment rates across the different land use categories. In addition to those three countries, also England and Wales have implemented uniform maintenance payment rates. 10 Member States have constant payment rates throughout the conversion and maintenance periods. On the other hand, roughly half of the countries take into account the lack of price premiums for in-conversion products before the farm is certified as organic and have implemented higher payment rates for the first two or three years of conversion contracts.

The comparison of payment rates for arable land, grassland, vegetables and perennials between 2004 and 2009 shows that the payment rates for those four land types have generally increased across the Member States. In fact, only Austria, Denmark, some German and Italian regions have decreased the payment rates across all four land types over this period. Generally, the implemented changes in payment rates appear to be relatively homogenous within a Member State or region. Only Lithuania, Slovenia, Wales and some

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regions in Germany, Italy and Spain have increased and decreased payment rates of different land types at the same time. Also, in most cases, Member States changed the rate of conversion and maintenance payments for a specific land type in the same direction (exceptions exist for arable land).

Some Member States have reported further increases in payment rates (either planned or already implemented). However, scheme access problems in several countries highlight that high payment rates do not necessarily guarantee a high level of support for organic farms and that the positive impact of high support payments can be reduced due to a lack of access of farms to the schemes. The results of the survey also indicate that the extent of additional scheme requirements beyond organic standards is not necessarily reflected in higher payment rates.

Eligibility criteria and requirements

Support for organic farms is restricted through the implementation of maximum and minimum payment limits (with respect to the farm size or amount of financial support), payment modulation and/or stocking rates. While most MS have implemented minimum payment limits, maximum payment limits and payment modulation are less frequently implemented. Maximum stocking rates per hectare below 2 LU/ha are implemented in six countries (lowest maximum stocking rate of 0.5 LU/ha). Minimum stocking rates, on the other hand, are implemented in the majority of the MS and vary between 0.2 LU/ha and 1 LU/ha. Generally, the survey indicates that Member States implement a selection of maximum and minimum payment limits, payment modulation and maximum and minimum stocking rates, instead of all or none of those limits.

Furthermore, thirteen Member States have implemented restrictions on the eligibility of crops or land types either by defining crop-specific payment categories or specifically excluding certain crop and land types from broader defined payment categories. Generally, four land and crop types can be identified which are not eligible for support in several countries including set-aside land, permanent grassland, greenhouse production and energy crops. Farmers in most Member States have to fulfil additional scheme requirements beyond the organic standards and cross compliance to qualify for organic support payments. Only farmers in Belgium, France, Hungary, Ireland, Luxembourg, and Poland do not need to comply with additional requirements. The most frequent reported additional requirements in relation to training, keeping records of farm (parcel) data, further reductions

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in the application of N-fertilizers, cut or grazing frequency and timing on grassland, no parallel cultivation, restrictions of irrigation and melioration measures, no conversion of permanent grassland to arable land, and harvesting and selling of crops.

Gradual and/or part conversion is possible in most Member States. The restriction to convert the whole farm does only exist in Germany and six further Member States (Denmark, Spain, Hungary, most regions in Italy, Luxembourg and Portugal).

Certification support

The Member States deal in different ways with the costs for certification and inspections incurred by farmers. Most of the Member States provide some form of financial support to farmers to cover parts of the certification and inspection cost, but different approaches are used. Flanders (Belgium), Germany (most regions), Spain (most regions), France, Ireland, Lithuania and the Netherlands provide a separate certification support payment under the organic farming support schemes and reimburse either a specific amount per farm, perhectare or a certain percentage of the certification and inspection cost. A number of Member States use alternative approaches to support certification cost. While Austria, Greece (food crops), Italy, Poland and Slovenia provide support through measure 132 of axis 1 (food quality schemes), Sweden uses article 69 payments (Reg 1782/2003) and Bulgaria, Greece (non-food crops), Latvia and the UK have included a certification cost component in the calculation of conversion payment rates or increased the rate by a certain amount for the first hectare during the in-conversion period. Denmark provides the organic certification free of charge. On the hand, seven countries (Czech Republic, Estonia, Finland, Hungary, Luxembourg, Portugal and Slovakia) did not report any support for certification and inspection cost.

Combinations with other agri-environmental measures

Mandatory commitments to combine organic support payments with basic AEMs exist in Finland and England, while such combinations are optional in Estonia and Denmark. Besides the few cases of mandatory and optional linkages of the organic support payments with basic agri-environmental schemes, the survey explored what other options exist for farmers to topup organic support payments through other AEMs for the same piece of land.

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A wide range of options for combining organic support payments with other agri-environmental payments exist across the different Member States and includes most agri-environmental key themes, such as grassland conversion and maintenance, (other) biodiversity measures, conservation of landscape features, water protection, soil protection, and traditional crop types and endangered livestock breeds.

The results of the survey indicate in some Member States an emphasis in the combination options on certain key themes. For example, a focus on traditional crop types and local/endangered livestock races exist in Southern European Member States and grassland management and biodiversity and wildlife options are the main combination options in the Czech Republic, Poland and Slovenia. “Top-up” payments across several key themes exist in Austria, Belgium, Finland, Germany, some Italian regions, Latvia, Portugal, Sweden, Slovakia and UK. On the other hand, no combination options were reported from Bulgaria, some Spanish regions, some Italian regions and Lithuania. The level of “top-up” payments through other agri-environmental measures varies substantially between different types of measures.

“Topping up” organic support payments through other agri-environmental payments utilises the comparative advantages of organic farms in providing environmental benefits and public goods and grants additional financial support to organic farms. Beyond agri-environmental measures a range of further options of an integrated policy support approach for organic farms exist through other measures in axis 2 (e.g. Natura 2000 payments and animal welfare payments) and other axes of the RDP (e.g. modernisation of farm holdings, food quality schemes and encouragement of tourism activities). The provision of certification support through food quality schemes reported from five Member States presents one example for combined support across different RDP axes. More examples of other rural development measures particularly targeted at organic farms (e.g. modernisation of agricultural holdings in Lombardy in Italy and encouragement of tourism activities in the Czech Republic) have been identified for a selection of Member States in a recent IFOAM study. However, a systematic and detailed update of existing and potential policy support to organic farms across the different axes in the current rural development programmes in the EU-27 would further inform the policy debate about possible future approaches to support organic farming in the EU.

(Il rapporto di ricerca da cui è tratto il presente contributo è stato pubblicato nel giugno 2010 ed è scaricabile dal seguente indirizzo: http://orgprints.org/18013/ )

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b) Organic farming support through CAP measures – Options and best practice examples beyond the agri-environmental programmesAntje Kölling, Policy coordinator IFOAM EU Group

Summary

In the current Common Agricultural Policy (CAP 2007-2013), possibilities to support organic farming are not limited t o support under the agri-environmental schemes. Dedicated funds, higher premiums or priority for organic farms under the competitiveness, diversification or LEADER axis are measures that can help encouraging farmers to convert to organic, whereas they are not yet used throughout all Member States. A study conducted by Alexandra Pohl in 2009 has analysed Rural Development programmes in 27 member state to evaluate how they make use of these possibilities.

Space for action

In Action 6 of the European Action Plan for Organic Food and Farming from 2004, “the Commission strongly recommends Member States to make full use within their Rural Development Programmes of the instruments available to support organic farming (...)”. The conversion to and maintenance of organic farming requires specific knowledge, investments and marketing infrastructures. Additional to support under agri-environmental schemes, instruments under axis 1, 3 and 4 can be useful to perfectly target these needs if priority is given to organic farming under these measures.

Sustainable competitiveness

“Competitiveness” measures play an important role within the rural development programmes, with 18 member states allocating more than 30% of 2nd pillar budget under the 1st axis. It is possible to target these funds towards more sustainability by prioritizing investments in organic farming – either by giving priority to organic farms in obtaining funding, or in dedicating a certain percentage of the budget to organic farms, or by increased funding for participants with a focus on organic farming.

Especially the Czech Republic which considers organic farming as a general priority in the Rural Development programmes gives some good examples, but also Austria and some Italian, German and Spanish Regions consider

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organic farming as a priority in some axis 1 measures. Measures related to training, information and advisory systems (measures 111, 114, 115 in regulation 1974/2006) can support conventional farmers to take the step to convert to the organic approach, but may also help those farmers that do already work according to organic farming rules to further develop their management, to improve their farming methods and their profits. Support for the setting up of young farmers and farm modernisation (measures 112 and 121) can, if priority is given to organic farming, help to shoulder the investments in animal husbandry and machinery that come along with the conversion to organic farming and motivate young farmers to take the conversion step. Incentives to adding value to agricultural products, participating in quality food schemes, setting up of and participating in producer groups (measure 123, 124, 132 and 142) can, if organic farming is prioritized, further contribute to strengthening the capacity of organic farms to generate income and create employment.

Better quality of life through organic food and farming

The third axis of the rural development programmes, dedicated to improving the quality of life in rural areas and encouraging diversification of economic activity, can also be used to support the development of organic farming, especially as many organic farmers aim to diversify their economic activities as well as to contribute to the improvement of life quality in rural regions. For this axis, again the Czech Republic delivers two examples by providing increased funding for organic farms under measures 311 “Diversification into non-agricultural activities” and 313 “Encouragement of tourism activities”.

More possibilities

The LEADER axis is dedicated to bottom-up initiatives, and also in this axis it can be seen that organic farming and local food systems can contribute to fruitful partnerships, as shown by the local action groups (LAG) of Bruges in Belgium and West Cork in Ireland where the organic quality scheme was part of the creation of a regional brand. As a possibility beyond the Rural Development programmes, the current CAP gives member states the possibility to dedicate up to 10% of their national ceiling in the first pillar to grant specific support to farmers that fulfil certain conditions under article 68. Types of farming which are important for the protection or enhancement of the environment and improving the quality of agricultural products fall under these conditions,

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which makes organic farming perfectly suited for this type of support. France uses this possibility to give organic farmers a flat rate top up payment.

Conclusion

Organic farming contributes to all aspects of sustainability and rural viability. Therefore, it deserves particular consideration under all measures and axes: It should be the leading measure of the Agri- Environmental measures and a bonus for organic farming should be foreseen in all the other axes.

The future CAP should finally mainstream sustainability under all axes and measures and should support and make best use of what organic farming can already deliver: An established and European –wide regulated system of sustainable farming, providing the public goods that taxpayers expect from CAP.

References:

European Action Plan for Organic Food and Farming, 2004, European Commission (COM 2004/415 final)How do European Rural development Programmes support Organic Farming?, Alexandra Pohl, Published 2009 by IFOAM EU GroupCAP post 2013 -Smart change or business as usual?, IFOAM EU Group Position Paper for the CAP reform, May 2010 Council Regulation (EC) No 1698/2005 of 20 September 2005 on support for rural development by the European Agricultural Fund for Rural Development (EAFRD)Commission regulation (EC) No 1974/2006 of 15 December 2006 laying down detailed rules for the application of Council Regulation (EC) No 1698/2005 on support for rural development by the European Agricultural Fund for Rural Development (EAFRD)Council Regulation (EC) No 73/2009 of 19 January 2009 establishing common rules for direct support schemes for farmers under the common agricultural policy and establishing certain support schemes for farmers

Lo stato dell’arte della programmazione e dell’attuazione delle misure rilevanti per l’agricoltura biologica nei PSR regionali:

prime valutazioni e riflessioni

Carla Abitabile e Laura ViganòINEA - Rete Rurale Nazionale

Gianluigi Cardone e Patrizia PuglieseCIHEAM-IAMB

Alessandro TriantafyllidisIFOAM EU

Andrea Furlan, Teresa Schipani, Carlo MalavoltaRegione Emilia-Romagna

Irene MartiniRegione Veneto

Sergio UrbinatiRegione Marche

Leonardo Calistri e Marco MinucciRegione Toscana

Un momento del Talk Show

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Lo stato dell’arte della programmazione e dell’attuazione delle misure rilevanti per l’agricoltura biologica nei PSR regionali: prime valutazioni e riflessioni

a) Il supporto all’agricoltura biologica nei PSR regionali2007-2013Carla Abitabile e Laura Viganò, INEA - Rete Rurale Nazionale

Introduzione

In termini di prospettive di mercato, l’agricoltura biologica nazionale sta attraversando un periodo molto favorevole, visti i continui aumenti dei consumi di prodotti biologici che, a partire dal 2006, risultano in controtendenza rispetto alla domanda interna alimentare, in fase di stagnazione anche relativamente ai prodotti con DOP e IGP (ISMEA, 2010). Se si considera, inoltre, la crisi economica e finanziaria che interessa il nostro Paese dal 2008 l’andamento positivo della domanda di prodotti biologici appare ancora più sorprendente.

Dal punto di vista dell’offerta, tuttavia, i dati mostrano un settore sostanzialmente stagnante in termini di produzione di base, incapace di adeguarsi agli andamenti della domanda e di sganciarsi dal sostegno pubblico previsto nell’ambito della politica di sviluppo rurale. A questo proposito, è molto eloquente il caso della regione Molise, dove negli ultimi anni il numero di aziende biologiche si è ridotto enormemente. In particolare, dal 2007 al 2008, gli operatori sono passati da 753 a 153 (-79,7%), di cui 100 sono aziende biologiche (dati SINAB). Si tenga presente che i finanziamenti a favore delle aziende biologiche sono stati stanziati solo nel 1996-97 e nel 2001/2002. Data la durata quinquennale dell’impegno, quindi, si spiega il drastico ridimensionamento del numero di operatori nel 2008. Non mancano comunque gli esempi di evidente situazione di rendita determinata dal sostegno pubblico. Uno di questi lo ritroviamo nell’ampia diffusione del coriandolo biologico – una coltura certo lontana dalla tradizione produttiva nazionale – che si è determinata qualche tempo fa nella regione Marche proprio grazie ai pagamenti elevati garantiti per questa coltura.

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Tabella 1 - Andamento della superficie biologica e dei consumi domestici di prodotti biologici confezionati (2000-2009)

Anno SAU biologica Consumi domestici (prodottibiologici confezionati)

Ha Var. % rispetto all’anno precedente

.000 € Var. % rispetto all’anno precedente

2000 1.040.377 - - -

2001 1.237.640 19,00 250 -

2002 1.168.212 -5,60 301 20,4

2003 1.052.002 -9,94 n.d. -

2004 954.361 -9,28 n.d. -

2005 1.067.102 11,80 285 -

2006 1.148.162 7,60 312 9,2

2007 1.150.253 0,18 330 5,8

2008 1.002.414 -12,8 348 5,4

2009* 1.106.684 10,4 374 7,4

* I semestre 2009Fonte: Elaborazioni su dati SINAB e ISMEA, annate varie

Più in generale, si tratta di un fenomeno piuttosto diffuso a livello nazionale, come mostra l’andamento delle superfici biologiche dal 2000 al 2009 (Tab. 1). Il picco verso il basso, con una superficie di 954.361 ettari, si raggiunge nel 2004, proprio l’anno in cui si sono esauriti i trascinamenti, peraltro di entità considerevoli, relativi agli impegni attivati nel 1999 a titolo del Reg. (CEE) n. 2078/92. Il dato del 2008, inoltre, riflette la scarsa adesione degli agricoltori all’azione agricoltura biologica della misura 214 prevista da tutte le Regioni, tanto che numerose di queste hanno negoziato con la Commissione una revisione del sistema dei pagamenti in occasione dell’Health Check.A tale situazione, peraltro peggiorata nell’attuale periodo di programmazione, ha contribuito fortemente il basso livello dei pagamenti stabiliti in numerosi PSR - ritenuti insufficienti dagli agricoltori a compensare i maggiori costi e i minori redditi determinati dalla conversione dal regime convenzionale a quello biologico -, associato alla frequente impossibilità di cumulare i pagamenti relativi all’azione agricoltura biologica con quelli previsti da altre azioni della misura 214 o da altre misure agro-ambientali. A farne le spese, sembrano essere soprattutto le aziende di

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minori dimensioni che, in generale, hanno maggiori difficoltà a collocare la produzione lungo canali commerciali dedicati, o semplicemente come certificata biologica, a promuovere il proprio prodotto e a ricercare forme di integrazione orizzontale e verticale; dal 2007 al 2008, infatti, la superficie media delle aziende biologiche passa da 25,3 a 22,5 ettari per poi rialzarsi nel 2009 (25,6 ha), quando la superficie biologica complessiva torna a superare 1,1 milioni di ettari.Si deve anche sottolineare, comunque, come la maggior parte dei PSR sia caratterizzata dall’assenza di una strategia articolata e strutturata a favore del biologico, che consenta di attivare - magari accordando una priorità al biologico in ragione del suo minore impatto sull’ambiente e sulla salute umana - tutti gli strumenti potenzialmente disponibili nell’ambito della politica di sviluppo rurale per la crescita del settore e diretti non solo alle aziende agricole, ma anche ai preparatori di prodotti biologici e agli operatori che legano le proprie attività allo sviluppo dell’agricoltura biologica, come nel caso di turismo e artigianato. In Italia, inoltre, manca un disegno complessivo che assicuri la coerenza di tutti gli strumenti di sostegno pubblici messi in campo per il conseguimento di tale obiettivo. D’altronde, le richieste degli operatori del settore sono molteplici e solo alcune possono trovare risposta, spesso parziale, nella politica di sviluppo rurale.Il settore della produzione primaria, d’altro canto, sembra non aver ancora recepito le elevate potenzialità derivanti dal consolidamento della domanda di prodotti biologici e dalla richiesta di maggiori garanzie circa l’eticità delle produzioni (rispetto dei lavoratori, benessere degli animali, ecc.), peraltro non sempre assicurata anche nell’ambito del biologico. Più pronta, invece, sembra la risposta di preparatori e importatori, che dal 2007 continuano ad aumentare. A questo proposito, è indicativa la crescita delle importazioni di prodotti biologici di circa il 30% nel 2008 rispetto all’anno precedente.La situazione, quindi, si presenta piuttosto complessa, per cui complessa e articolata dovrebbe essere la risposta da parte delle istituzioni pubbliche, a livello sia centrale, sia regionale, per sostenere, agevolare e affiancare, in modo coordinato, l’agricoltura biologica nel suo processo di sviluppo. Questo approccio dovrebbe caratterizzare anche i PSR ed è partendo da questa visione che sono state analizzate le strategie adottate dalle singole Regioni nei relativi PSR. Dopo una breve descrizione delle principali criticità del settore biologico a cui i PSR possono dare una risposta, quindi, si passa ad analizzare gli

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elementi rilevati nell’ambito degli stessi che possono produrre effetti positivi sullo sviluppo del settore. L’analisi prosegue con una disamina dei cambiamenti introdotti in tema di agricoltura biologica con la revisione dei PSR post Health Check, verificando in quale misura siano state colte le opportunità legate al lancio delle relative sfide. In funzione, inoltre, delle aspettative degli stakeholder circa il ruolo della politica di sviluppo rurale a favore del biologico scaturite nell’ambito degli Stati generali per il biologico, si individuano gli elementi da considerare per migliorare le strategie dei PSR in tema di agricoltura biologica. Il lavoro termina con alcune indicazioni di carattere generale, allo scopo di evidenziare possibili elementi strumentali alla messa a sistema di tutte le diverse forme di sostegno pubblico attivate e attivabili a livello centrale e periferico.

L’agricoltura biologica nei PSR 2007-2013

È abbastanza diffusa la tendenza a identificare la politica di sviluppo rurale a favore del biologico con il sostegno accordato agli agricoltori a titolo delle diverse misure agro-ambientali che si sono succedute passando da un periodo di programmazione all’altro o, almeno, a concentrare l’attenzione prevalentemente su questo. Nell’ambito di tale politica, invece, l’Unione europea ha messo in campo tutta una serie di strumenti, promuovendo, già negli Orientamenti strategici comunitari per lo sviluppo rurale (Consiglio UE, 2006), l’integrazione e l’utilizzazione congiunta degli stessi, così da poter rispondere a diversi dei problemi che caratterizzano le aree rurali anche in un’ottica settoriale e di filiera. È compito poi degli Stati membri e delle Regioni attivare tali strumenti e adottare gli approcci suggeriti a livello comunitario in modo coerente con gli obiettivi che si vogliono perseguire, compresi quelli inerenti l’agricoltura biologica. A questo proposito, comunque, si deve tenere ben presente che l’azione delle politiche di sviluppo rurale può contribuire a ridurre la portata solo di alcune delle criticità proprie della nostra agricoltura, criticità che nel settore biologico risultano in alcuni casi amplificate, soprattutto a causa della dispersione degli operatori sul territorio e della elevata frammentazione del tessuto produttivo. Tra le principali criticità del biologico cui la politica di sviluppo rurale può dare una risposta, per quanto parziale, vi sono la bassa capacità di investimento e innovazione che caratterizza per lo più le aziende agricole, la difficoltà a valorizzare e promuovere i prodotti biologici e a collocarli

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sul mercato come tali1, la scarsa integrazione orizzontale e verticale tra gli operatori della filiera, l’assenza di uno sviluppato sistema della conoscenza specifico per il biologico e, in particolare, dei servizi di sviluppo.Pur considerando la potenziale capacità dei PSR 2007-2013 di venire incontro alle esigenze del settore biologico, sono tuttavia molto pochi i casi dove si identifica una strategia articolata e coordinata tesa a sostenerne lo sviluppo. Tra questi, spicca l’Emilia Romagna, che pone come priorità tematica trasversale rispetto “agli Assi e allo schema progettuale e territoriale […] che orientano tutte le strategie di intervento” la “valorizzazione dell’agricoltura a metodo biologico”. Priorità alle aziende biologiche, pertanto, viene data nell’accesso ad alcune misure dell’Asse I e nella realizzazione di progetti integrati di filiera, oltre a contemplare la possibilità di concordare ulteriori criteri di priorità a favore dell’agricoltura biologica nell’ambito dei Programmi Rurali Integrati Provinciali (PRIP). Priorità al biologico nell’ambito dell’Asse I e anche a favore delle imprese di trasformazione e commercializzazione (misura 123), indipendentemente dalla loro partecipazione a progetti di filiera, viene data anche nei PSR di Lazio e Sicilia. Tuttavia, manca del tutto il collegamento delle misure dell’Asse III all’agricoltura biologica, che nessuno dei PSR prevede se non in rarissimi casi e limitatamente alla misura 313 “incentivazione di attività turistiche”, in cui si associa lo sviluppo di tali attività a quello dei prodotti di qualità, non specificatamente biologici.Anche quando lo sviluppo del biologico non sia ritenuto prioritario rispetto ad altri obiettivi, comunque, si ravvisano diversi altri elementi positivi, di cui alcuni fortemente strategici e inerenti soprattutto la misura 214. Tali elementi, tuttavia, non sono mai compresenti in uno stesso PSR, fattore che indebolisce l’incisività delle azioni sullo sviluppo del settore.La scelta che esprime maggiormente la volontà di sostenere l’agricoltura biologica - compiuta però solo da sei Regioni - è il sostegno, nell’ambito della misura 214, a questo solo metodo produttivo e non ad altri metodi a bassa intensità di input chimici, tra cui quello integrato, a cui sono associati, tra l’altro, livelli di pagamento non troppo dissimili da quelli fissati per il metodo biologico (Abitabile, 2009). Si riportano nel box 1 gli altri elementi positivi riguardanti la misura 214, la cui inclusione nei PSR agevola anche la selezione degli agricoltori maggiormente motivati a convertirsi al biologico, dati i maggiori sforzi richiesti.

1 Ciò dipende da diversi motivi, quali il mancato riconoscimento del suo maggiore valore aggiunto da parte del mercato, l’assenza di una specifica domanda soprattutto a livello locale, il costo della certificazione di prodotto e così via.

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Box 1 – Misura 214: gli elementi favorevoli a un reale sviluppo dell’agricoltura biologica

- Sostegno accordato solo alle aziende con tutta la superficie investita a biologico e/o con zootecnia completamente biologica;

- Attivazione della misura 214 nell’ambito di progetti integrati di filiera e territoriali e delle azioni collettive;

- Fissazione di condizioni aggiuntive (es. certificazione del prodotto);- Aumento del pagamento in presenza di impegni aggiuntivi (es.,

inerbimento dei frutteti);- Differenziazione del premio tra periodo di conversione e di

mantenimento, accordando un pagamento più elevato al primo;- Periodo di conversione ragionevolmente lungo (2-3 anni), non

uguale a quello del sostegno (5 anni, raramente 6 e/o 7);- Possibilità di cumulare l’azione agricoltura biologica con altre azioni

della misura 214 e con la misura 215 relativa al benessere degli animali;

- Fissazione di priorità per tipologia di area, adesione ad azioni collettive, introduzione del biologico e giovani;

- Fissazione di un pagamento più elevato per le superfici foraggere in presenza di allevamenti biologici;

- Fissazione di un pagamento per i prati e i pascoli o loro inclusione tra le foraggere solo se effettivamente pascolati e in presenza di allevamenti biologici;

Per quanto riguarda l’attuazione, invece, le relazioni annuali presentate dalle Regioni alla Commissione europea nel 2008, le prime dell’attuale periodo di programmazione, indicano come la superficie nazionale interessata dall’azione agricoltura biologica non raggiunga neanche il 20% di quella coinvolta dalla misura 214 nel suo complesso, percentuale comunque molto più elevata di quella relativa all’agricoltura integrata. Paradossalmente, invece, in termini di risorse pubbliche attivate, l’incidenza dell’agricoltura biologica equivale a quella dell’agricoltura integrata.Con le modifiche apportate alla PAC durante la revisione di medio termine (Health Check), gli obiettivi ambientali della politica di sviluppo rurale vengono, come noto, rafforzati e maggiori risorse sono destinate alle sfide previste, in particolare, biodiversità, cambiamenti climatici e gestione delle risorse idriche, a cui nei PSR italiani vengono indirizzate oltre il 60%

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delle risorse totali, pari a 17,6 miliardi di euro (Mantino, 2009). Qui la misura sull’agro-ambiente e quella relativa agli investimenti risultano le misure più utilizzate. In particolare, riguardo alle risorse destinate alle sfide più importanti, la misura 214 incide per l’80% (biodiversità), 34% (cambiamenti climatici) e 20% (risorse idriche). L’agricoltura biologica può avere un ruolo strategico rispetto a tali sfide, ruolo che potrà però essere espresso nella misura in cui la revisione dei PSR conseguente all’Health Check abbia tenuto debito conto di tale potenzialità. Non essendo ancora disponibili dati di attuazione dettagliati relativi ai PSR modificati, pur prendendo atto dell’incremento di risorse di cui ha beneficiato la misura 214, andrà verificata successivamente la ripartizione delle stesse tra le azioni per comprendere la strategia delle singole Regioni riguardo al biologico. Qualche considerazione è tuttavia possibile guardando alle modifiche apportate all’azione specifica, modifiche comunque limitate che hanno interessato circa la metà dei PSR. Si tratta perlopiù di interventi relativi alla zootecnia che si vuole integrare maggiormente nel sistema produttivo aziendale2, come nel caso del premio per foraggere che viene aumentato o condizionato alla presenza dell’allevamento (Liguria, Emilia Romagna, Calabria) oppure differenziato per intensità dell’allevamento (Toscana). Altre modifiche risultano finalizzate a conseguire un maggiore livello di sostenibilità del processo produttivo aziendale, come nel caso del PSR di Bolzano, dove viene introdotto un premio integrativo per le aziende che non utilizzino plastiche per l’insilamento delle foraggere e che rinuncino agli insilati per il bestiame aziendale.Tali modifiche sembrerebbero riflettere una maggiore consapevolezza da parte delle istituzioni della rilevanza della gestione biologica dell’azienda nei riguardi del cambiamento climatico e della tutela delle acque, in particolare. Il collegamento tra queste sfide e il metodo produttivo biologico veniva infatti riconosciuto praticamente da tutti i PSR, con un ulteriore - ma limitato - riconoscimento per il cambiamento climatico in seguito all’Health Check.Se consideriamo la portata delle modifiche dei PSR conseguenti alla revisione di medio periodo della PAC alla luce delle problematiche del settore sopra richiamate, non sembra in definitiva che siano state introdotte variazioni significative per quel che riguarda l’agricoltura biologica. Sembrano disattese in particolare le aspettative degli operatori di utilizzare questa occasione per il rafforzamento della base produttiva,

2 Si tenga comunque presente che, tra le sfi de previste dall’Health Check, è prevista la ristrutt u- Si tenga comunque presente che, tra le sfide previste dall’Health Check, è prevista la ristruttu-razione del settore lattiero-casiario.

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oltre che per migliorare la strutturazione della filiera, sebbene tali elementi siano considerati necessari anche da economisti ed esperti del settore per garantire una risposta adeguata a un mercato in espansione, quale quello del biologico. Nonostante quindi le notevoli risorse dedicate, si rileva anche in questo caso (come nella fase iniziale della nuova programmazione) una discrasia tra le ‘dichiarazioni di intenti’ e la reale volontà a contribuire allo sviluppo del settore.

Gli elementi per lo sviluppo futuro del settore

L’attività di confronto allargato con gli stakeholders del biologico3 ha consentito di individuare un’ampia serie di problemi e le relative soluzioni e di formulare richieste di intervento e raccomandazioni rivolte sia ai privati che alle istituzioni pubbliche. Quelle rivolte, in particolare, alla politica di sviluppo rurale sono molteplici (box 2). Vale la pena soffermarsi sulla necessità di rafforzare l’identità del biologico, assicurando il rispetto dei suoi valori fondanti, di là dai dettami del Reg. (CE) n. 834/2007. Tale richiesta si tradurrebbe sostanzialmente nell’assicurare la sostenibilità di tutti i processi nelle sue tre dimensioni (ambientale, sociale, economica) lungo l’intera filiera, ponendo attenzione, ad esempio, al risparmio di acqua ed energia, all’utilizzazione di materiali ecologici sia nella fase produttiva che nel confezionamento, all’utilizzazione dei residui di produzione e lavorazione, al benessere degli animali, garantendo anche l’assistenza assicurativa e previdenziale ai lavoratori.

Box 2 – Gli Stati Generali per il Biologico: cosa chiedono gli stakeholder

- Sostegno alle aziende biologiche modulato in funzione delle tipologie produttive e territoriali e delle prestazioni ambientali

- Adeguato sostegno agli investimenti- Maggiore integrazione tra gli interventi di settore e quelli per lo

sviluppo delle aree rurali- Sviluppo della commercializzazione a livello locale- Piattaforme logistiche specializzate per il biologico- Adeguati servizi di consulenza, formazione e informazione e azioni

di animazione- Impiego di razze e cultivar locali

3 Gli Stati generali del biologico hanno consenti to di realizzare, nel corso del 2009, diversi in- Gli Stati generali del biologico hanno consentito di realizzare, nel corso del 2009, diversi in-contri sulle questioni aperte del biologico con operatori del settore, ricercatori di varie discipline, istituzioni pubbliche e private, consumatori.

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Oltre agli elementi positivi riscontrati nei PSR già evidenziati, quindi, sono ancora numerosi gli aspetti da perfezionare per rispondere alle richieste del mondo operativo e per migliorare l’efficacia delle strategie che, ormai nella prossima fase di programmazione, si dovranno tenere presente. Innanzitutto, per quanto riguarda la misura 214, è molto sentito il problema della mancanza di uniformità delle condizioni di accesso stabilite nei vari PSR e soprattutto del livello dei pagamenti, spesso non giustificata da sostanziali differenze regionali in termini di condizioni pedo-climatiche, tecniche e di mercato. È necessario procedere, pertanto, all’individuazione di una metodologia di calcolo dei pagamenti che possa essere adottata in tutti i PSR e all’omogeneizzazione delle fonti di dati cui si ricorre. Con riguardo al periodo di conversione, in cui si sostengono i costi più elevati, sarebbe importante stabilire, inoltre, un livello di pagamenti superiore al massimale, per poi ridurlo, negli anni successivi, della misura necessaria per non superare quanto fissato nel regolamento, e assicurare una sua maggiore differenziazione rispetto a quello stabilito per l’agricoltura integrata.Nell’ambito della misura 132, oltre a utilizzare la stessa per sostenere i costi relativi non alla certificazione di azienda controllata ma a quella di prodotto - analogamente a quanto avviene per Dop e Igp - sarebbe importante incentivare la certificazione di prodotto di gruppo, così da ridurne le spese, compreso il costo opportunità del tempo dedicato dagli agricoltori per espletare tutte le procedure burocratiche.Nell’ambito dei pacchetti aziendali, PIF e PIT, inoltre, si dovrebbe prevedere la possibilità di attivare la misura 214, contemplata dal solo PSR umbro, in cui si stabilisce che si può ricorrere a qualunque misura ritenuta funzionale al perseguimento dei relativi obiettivi, e di dare priorità al biologico nell’ambito dei pacchetti per la qualità.Si dovrebbe, infine valorizzare il legame tra agricoltura biologica e le razze e le cultivar locali - da associare ad attività di informazione e comunicazione nei confronti dei consumatori -, i prodotti con denominazione di origine (DOP e IGP) e l’agricoltura sociale.Molteplici, quindi, sono gli aspetti su cui si può intervenire per migliorare tempi e modi di sviluppo del settore biologico. Prima di qualsiasi intervento, tuttavia, è necessario che siano assunte alcune decisioni di fondo per stabilire obiettivi precisi in termini di dimensione relativa dello sviluppo (superficie, quantità, risorse da destinare alla ricerca, alla promozione e così via) da perseguire tramite intervento pubblico. Non solo politica di sviluppo rurale, quindi, ma un insieme di azioni diversi che convergano

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su obiettivi unitari. Fondamentali, pertanto, sono il coordinamento di tutti i soggetti e le istituzioni che operano in tale ambito a diversi livelli e l’armonizzazione degli strumenti disponibili, con l’intento di raggiungere la coerenza delle politiche per il settore biologico con quelle riguardanti la sicurezza dei consumatori e l’ambiente nelle sue molteplici componenti. In tal senso e con specifico riguardo al futuro del PAC, la proposta elaborata nell’ambito della Rete Rurale Nazionale di spostare nel I Pilastro tutte le misure a premio - tra cui quella agro-ambientale - facendole confluire nel pagamento unico aziendale (Rete Rurale Nazionale, 2010) potrebbe comportare un ulteriore problema di coordinamento anche in merito alla strategia per il biologico, che sarà ulteriormente scissa tra I e II Pilastro e tra livelli politici centrale e regionale.

BibliografiaAbitabile C. (2009), La gradazione della sostenibilità agricola: biologico e integrato nella programmazione regionale, in: Viganò L. e Vicentini C. (a cura di), Strategie per l’agricoltura biologica nei PSR 2007-2013, Rete Rurale Nazionale, MiPAAF, Roma.http://www.reterurale.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1941Consiglio UE (2006), Decisione del Consiglio del 20 febbraio 2006 relativa agli orientamenti strategici comunitari per lo sviluppo rurale (periodo di programmazione 2007-2013), 2006/144/CE.ISMEA (2010), Cresce ancora nel 2009 la spesa per i prodotti biologici, http://www.ismea.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/4890.Mantino F. (2009), Le sfide dello sviluppo rurale, in: INEA (2009) La revisione della PAC a seguito dell’Health Check, Osservatorio PAC, INEA, RomaRete Rurale Nazionale (2010), Quale futuro per le politiche di sviluppo rurale post 2013?, Position Paper, Bozza, Mipaaf, Roma.SINAB (annate varie), L’agricoltura biologica in cifre, MiPAAF, www.sinab.it.

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b) Sintesi della discussione dei tavoli tecnici Gianluigi Cardone e Patrizia Pugliese, CIHEAM-IAMB;Alessandro Triantafyllidis, IFOAM EU

I tavoli tecnici del 20 maggio, tra addetti ai lavori, hanno approfondito l’analisi critica iniziata nel talk show del 19 maggio e discusso alcune ipotesi di lavoro al fine di migliorare il sostegno all’agricoltura biologica nell’ambito delle politiche di sviluppo rurale comunitarie nella prospettiva, a breve termine, della ricontrattazione dei PSR.

Gli esperti che hanno partecipato ai Tavoli Tecnici sono stati complessivamente 45. Il grafico che segue ne illustra la ripartizione per tipologie. Significativa è stata la partecipazione dei rappresentanti delle autorità regionali e del Mipaaf nonché di alcune istituzioni di ricerca. Presenti e attivi nel dibattito sono stati diversi rappresentanti dei gruppi di interesse del mondo biologico nazionale.

Partecipanti ai Tavoli Tecnici

Mipaaf18%

Funzionari regionali

27%Istituzioni di ricerca

29%

Gruppi di interesse del

mondo bio13%

altro13%

Nella fase introduttiva dei tavoli, al fine di facilitare l’avvio della discussione, i moderatori hanno richiesto ai partecipanti di esprimere in forma scritta (su post it colorati) gli elementi positivi e le principali criticità riscontrati nella programmazione ed implementazione dei Programmi di Sviluppo Rurale regionali sulla base della propria esperienza personale e professionale. Le tabelle 1 e 2 (in allegato) riportano i contributi dei partecipanti (L=negatività, J=positività).

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Tavolo Tecnico 1: Il sostegno all’agricoltura biologica nelle misure agro-ambientali

Tab. 1: Tavolo tecnico 1 - Il sostegno all’agricoltura biologica nelle misure agro-ambientali Principali positività e negatività emerse Moderatore: Andrea Povellato, INEA

L J1. Finanziamento per l’agricoltura integrata. Portare l’integrato sul mercato con marchi di qualità regionali.

1. Crescente attenzione dello sviluppo rurale a livello comunitario sull’Asse 2

2. Inefficacia dei pagamenti per stimolare la conversione all’AB. Manca una proporzionalità tra i finanziamenti al bio e i beni pubblici forniti dall’agricoltura bio

2. Differenziazione tra premio introduzione e mantenimento

3. Zootecnia biologica dimenticata (premi per foraggiere iniqui, nessuna differenza con l’integrato, premio basato sulla superficie, nella 215 non c’è bio)

3. Alcune Regioni hanno rimediato alle difficoltà iniziali dei pagamenti sulle colture foraggiere per la zootecnia

4. Dispersione risorse finanziarie su un numero troppo ampio di azioni nei pagamenti agroambientali

4. Tutela biodiversità nelle aree sensibili (ZPS-Natura 2000, Parchi) ed adeguato sostegno

5. Federalismo regionale che determina maggiore burocrazia

5. Certificazione di prodotto come condizione di ammissibilità

6. Pagamenti legati alla commercializzazione (es. misura 132)

6. Presenza di Biodistretti che legano al territorio il bio

7. Ridotti massimali per colture ad alto reddito; Scarse risorse su ortofrutta bio

7. Presenza di Progetti di filiera, accordi agroambientali d’area anche se di difficile attuazione. Inclusione della 214 nei progetti integrati.

8. Certificazione obbligatoria per chi chiede il finanziamento (semplificare iter per la certificazione accettando l’autodichiarazione del produttore e controlli a campione da parte delle Regioni)

8. Semplificazione tramite la correlazione tra sistemi informatici (per ridurre i documenti cartacei e per rendere più trasparenti i procedimenti)

Nota: L=negatività, J=positività(vedasi allegato 1 e 2 per l’intero panorama dei “post-it” prodotti nel corso della discussione)

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La discussione tra regioni e gruppi di interesse si è incentrata quasi esclusivamente sull’agro-ambiente (misura 214). Le seguenti tematiche sono emerse con particolare rilievo durante la discussione:

1. Scarso supporto alla zootecnia biologica

2. Rapporto tra “Agricoltura integrata” e “Agricoltura biologica” (AB) nell’ambito della misura 214, e livello dei pagamenti a superficie bio

3. Revisione dei pagamenti per le colture bio

4. Semplificazione amministrativa

1. Scarso supporto alla zootecnia biologica

a. I pagamenti per le superfici foraggere bio sono troppo esigui,

quando sono previsti. Inoltre non è stato previsto un sostegno diretto agli allevamenti zootecnici bio, quindi non è stato previsto il premio €/capo/anno, ma il supporto finanziario si limita al supporto delle culture foraggiere dedicate, quindi, a €/ha/anno.

b. È discutibile secondo alcuni la mancanza in alcuni PSR regionali dell’obbligo di destinare il foraggio aziendale all’alimentazione di capi bio aziendali e/o del comprensorio. Pertanto, alcuni stakeholder propongono dei pagamenti per prati pascoli solo se c’è zootecnia bio.

c. Per ovviare di destinare ingenti risorse del bio a foraggiere anche non destinate all’alimentazione bio si propone un limite massimo della SAU per foraggiere e l’obbligo della rotazione se non c’è la zootecnia.

d. In merito al supporto alle foraggiere, vi è una contraddizione di fondo nel porre sullo stesso piano le aziende zootecniche che hanno difficoltà di approvvigionamento di alimenti bio, con quelle aziende bio che coltivano foraggiere ma hanno pochi o nessun capo allevato.

e. Si è consapevoli che il calcolo del premio per capo allevato è complesso e richiederebbe pertanto una maggiore attenzione della RICA al settore zootecnico.

f. Non c’è un sostegno alle razze autoctone, alle razze a lento accrescimento come gli avicoli e alle api ad arnia, il che non tiene conto delle tradizioni locali.

Soluzioni emerse:

- Sostegno adeguato alla zootecnia: prati e pascoli a premio solo se

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c’è zootecnia biologica (destinati all’alimentazione del bestiame aziendale), con carichi UBA/Ha di min 0,5-max 2. Possibilità di “spalmare” sugli ettari il complesso dei maggiori costi della zootecnia biologica, e non solo i costi o mancati redditi, della gestione delle superfici foraggere (Regione Emilia-Romagna, Lazio, et al.). Premi calcolati anche sulla base delle UBA con mancati redditi zootecnia spalmati su ettaro (Regione Marche e Sardegna).

- Sostegno differenziato per le razze autoctone/razze a lento accrescimento allevate in biologico (bovini e avicoli).

- Permettere nelle domande agro-ambientali la possibilità di accesso anche delle aziende biologiche foraggiere che partecipando a programmi collettivi di comprensorio forniscono il foraggio aziendale ad aziende zootecniche biologiche aderenti al programma.

- Sostegno api bio ad arnia (come nel PSN Austria) per l’importante ruolo ambientale che le api svolgono.

- Utilizzare la misura 215 Benessere animale per la zootecnia biologica.

2. Rapporto tra “Agricoltura integrata” e “Agricoltura biologica” (AB) nell’ambito della misura 214, e livello dei pagamenti a superficie bio

a. L’agricoltura integrata è vista da molti stakeholder intervenuti come in antitesi all’AB perché sottrae delle risorse finanziarie che già sono limitate.

b. L’agricoltura integrata ai fini della diffusione di tecniche agronomiche rispettose dell’ambiente e della biodiversità è meno efficace rispetto all’AB.

c. L’adesione del beneficiario all’agricoltura integrata rispetto a quella biologica è spesso più conveniente dal punto di vista economico, perché la ridotta differenza tra i premi (basata solo sui mancati redditi) non rende conveniente l’adesione all’agricoltura biologica in molte regioni. Infatti, le maggiori difficoltà tecniche nella coltivazione, i maggiori costi di produzione, i minori sbocchi commerciali dei prodotti bio, nel complesso facilitano la scelta degli operatori ad aderire all’integrato. Si denunciano, inoltre, i minori

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controlli sulla legittimità dell’applicazione del metodo di produzione integrata rispetto al biologico.

d. In molte regioni non è possibile la cumulabilità dell’azione AB con le altre della misura 214 al contrario di quella “Agricoltura integrata”, determinando così un supporto finanziario complessivo superiore per l’agricoltura “a basso impatto” ma anche a minor performance ambientale rispetto all’AB.

Soluzioni emerse:

- Dal 1 gennaio 2014 non sarà più finanziabile l’agricoltura integrata perché diventerà baseline (obbligatoria per tutti gli imprenditori agricoli) in base alla DIRETTIVA 2009/128/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 21 ottobre 2009 che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi

3. Revisione dei pagamenti per le colture bio

a. Sono emerse molte perplessità sulla disomogeneità degli importi dei premi per stessa coltura tra differenti Regioni. Per esempio, in Puglia ai cereali sono destinati €96/ha, mentre in Basilicata €160/ha e in Molise €150/ha, pur se le differenze in termini di condizioni pedoclimatiche, tecniche colturali, di cultivar utilizzate e di prezzi non giustificano una così elevata differenziazione.

b. Critiche sono state mosse per i bassi premi destinati agli ortaggi che li rendono poco convenienti dal punto di vista economico.

c. Manca una proporzionalità diretta tra i finanziamenti al bio e i beni pubblici forniti dall’agricoltura bio. In questo caso, si è chiesto di destinare più attenzione e più risorse alla ricerca per la messa a punto di un’univoca ed esauriente metodologia finalizzata a valutare e monetizzare i benefici ambientali dell’agricoltura biologica sulla collettività (esternalità positive) che permetta di accrescere il premio rendendolo più congruo, equo e interessante ai beneficiari.

d. La maggiore attenzione alle politiche dell’offerta di prodotti bio a proposito di premi e priorità ha fatto crescere l’offerta di prodotti

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bio che non è stata contestualmente seguita dalla crescita della domanda. Pertanto, la difficoltà di vendere il bio per mancanza di mercato soprattutto locale ha determinato dei prezzi troppo bassi e prodotti invenduti come bio.

e. Alcune critiche sono state evidenziate per la mancanza in certi PSR regionali di differenzazione tra premi per l’introduzione/avvio e il mantenimento non tenendo conto dei maggiori mancati redditi dell’azienda in conversione che deve sopportate maggiori difficoltà iniziali e soprattutto l’impossibilità di vendere il prodotto come bio, quindi, con un prezzo superiore.

Soluzioni emerse:

- Si è evidenziato un forte interesse per rivedere i premi aggiornandoli almeno ogni due anni, al fine di tener conto dell’oscillazione dei prezzi di mercato che influenzano costi e ricavi.

- Alcune Regioni vorrebbero incrementare i massimali per colture bio ad alto reddito (orticoltura, frutticoltura) per renderli più convenienti.

- Il Ministero ha già realizzato un dossier attraverso Rete Rurale, con l’intento di facilitare il lavoro delle regioni per il calcolo dei pagamenti e per armonizzare i premi.

- Non attivare misure di sostegno all’agricoltura integrata che non apportino tangibili miglioramenti ambientali e senza necessario controllo.

- Prevedere la misura per l’agricoltura a basso impatto solo per l’introduzione e non per il mantenimento (Regione Emilia-Romagna).

- Premio “fedeltà” al bio: per le aziende che continuano nei vari

periodi di programmazione (riproposizione impegni) (Regione Toscana).

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4. Semplificazione amministrativa

a. È emersa la necessità di ridurre i documenti cartacei e rendere più trasparenti i procedimenti amministrativi.

b. La mancanza di semplificazione e di armonizzazione ha destituito molti operatori dall’aderire al bio.

c. Il vincolo della commercializzazione per ottenere il pagamento è un vincolo non indifferente.

d. La difficoltà di avere un unico ed efficiente sistema informatico di gestione delle pratiche PSR e del sistema di controllo e certificazione condiviso da Mipaaf, Enti di vigilanza (Regioni/Province, ICQ, Dogane), Organismi di certificazione (OdC), Enti pagatori e di gestione informatica (AGEA, SIAN), è un limite alla semplificazione e armonizzazione del sistema Bio ritenuto da molti stakeholder troppo burocratizzato.

e. Metodologie di calcolo dei premi troppo complicati che rendono la gestione delle pratiche lunga e complessa (Regione Marche).

f. Misure troppo complesse da controllare sia a livello amministrativo che sul campo.

g. In caso di adesione dell’azienda bio al PSR è necessaria la certificazione obbligatoria, a tal riguardo si è evidenziato l’interesse per l’autodichiarazione effettuata dai produttori che andrebbe sottoposta al controllo a campione da parte degli Enti Regioni. Il processo anzidetto ridurrebbe i costi di certificazione.

Soluzioni emerse:

- Rendere possibile l’interazione a livello informatico tra SIAN, Organismi di Controllo e Enti Regione (il MIPAF ci sta già lavorando).

- Domanda unica per le misure 211 e 214 (Regione Marche).

- Domanda unica per il “pacchetto bio” sulle misure 214 e 132 (proposta da alcune Regioni).

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Tavolo Tecnico 2: Per allargare l’orizzonte: ruolo, strategie e meccanismi di sostegno all’agricoltura biologica oltre le misure agro-ambientali

Tab 2: Tavolo tecnico 2 - Per allargare l’orizzonte: ruolo, strategie e meccanismi di sostegno all’agricoltura biologica oltre le misureagro-ambientali - Principali positività e negatività emerseModeratore: Vincenzo Vizioli, FIRAB, RIRAB

L J1. Manca integrazione sulle misure dei piani a favore dell’AB (manca strategia globale sul biologico nei PSR)

1. Maggiore priorità e investimenti, in alcune regioni, ad investimenti che rispondono alle “Nuove sfide” (Misura 121)

2. Poco utilizzo dello strumento delle priorità per le aziende biologiche aderenti alle misure dell’Asse 1, 2 e 3 (le misure 111, 114, 121, 124 e 311 sono fondamentali e prioritarie per il biologico)

2. Integrazione nell’Ammodernamento aziende agricole (Mis. 121), nella 112, nella Consulenza agricola (Mis. 114), nei Pagamenti Agroambientali (Mis. 214/a), nella Diversificazione attività non agricole (Mis. 311), in alcune regioni.

3. Poca attenzione alle azioni di formazione nei confronti degli agricoltori interessati alla conversione al biologico

3. Possibilità di utilizzare le misure di Formazione ed informazione. AB priorità in alcune regioni

4. Mancanza di approccio di sistema nella Progettazione Integrata e nell’Approccio Leader

4. Integrazione e approccio di sistema: Biodistretti territoriali (es. Cilento)

5. Alti costi per l’attivazione delle misure

5. Domanda unica sul Bio (214 e 132) in una regione

6. I debiti “verdi” non sono pagati dai comparti che inquinano. Se lo fossero si potrebbero aumentare le disponibilità finanziarie per quelli che non inquinano

Nota: L=negatività, J=positività(vedasi allegato 1 e 2 per l’intero panorama dei “post-it” prodotti nel corso della discussione)

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La discussione nell’ambito del tavolo tecnico 2 si è focalizzata principalmente sui seguenti temi:

1. Mancanza di integrazione fra le misure a favore dell’agricoltura biologica

2. Disponibilità di strumenti potenzialmente buoni ma poco fruibili3. Limitata partecipazione del settore biologico alle forme di

progettazione integrata

1. Mancanza di integrazione fra le misure a favore dell’agricoltura biologica

a. Le indicazioni e le raccomandazioni enunciate nelle normative comunitarie e nazionali (Linee guida strategiche della Commissione, Piano Strategico Nazionale) pongono in evidenza la necessità di applicare il principio di integrazione. L’integrazione tra gli Assi tra misure risponde non solo a una precisa indicazione comunitaria ma anche alla necessità di coerenza interna delle politiche regionali e alla responsabilità di compiere azioni efficaci, tramite scelte selettive e aggregate. La partecipazione del beneficiario all’azione AB, ma anche ad altre misure attraverso priorità, da la possibilità all’impresa di percepire un sostegno complessivo maggiore e più conveniente. Purtroppo, spesso l’attuazione del principio di integrazione è stata disattesa (vedi la Puglia che non permette ai produttori bio di partecipare alla 132 come tali, perché il bio non è tra i prodotti finanziabili, al contrario delle denominazioni comunitari).

b. Si dovrebbe sfruttare la politica di sviluppo rurale non più sul mantenimento delle posizioni attuali del bio nel contesto nazionale e internazionale degli ultimi anni, ma puntare a superare lo zoccolo duro del 10% di superficie bio sul totale nazionale per creare una maggiore ricaduta positiva sull’ambiente e di conseguenza sulla collettività. Per questo c’è bisogno di un’azione nazionale sui PSR e creare sinergia fra le diverse misure dei piani.

c. Si evidenzia un ridotto utilizzo dello strumento delle priorità per le aziende biologiche aderenti anche alle misure dell’Asse 1, 2, 3 e 4: le misure 114, 123, 124, 132, 133 e 311 pur essendo importanti e prioritarie per il biologico non sempre sono considerate in diretto rapporto con l’azione AB.

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2. Disponibilità di strumenti potenzialmente buoni ma poco fruibili

a. È questo, per esempio, il caso delle misure sull’assistenza tecnica, formazione e consulenza che potrebbero rispondere ad un’esigenza cruciale e ancora profondamente insoddisfatta delle aziende biologiche italiane, ma per le quali sono state evidenziate numerose criticità che ne hanno sinora impedito, a parte qualche eccezione (caso Toscana), un’implementazione corretta e realmente efficace.

b. Non poche anche le difficoltà incontrate con gli accordi agro-ambientali visti come troppo vincolanti da molti produttori.

3. Limitata partecipazione del settore bio alle forme di progettazione integrata

a. Benché sia sempre più evidente che per la competitività in termini di riduzione dei costi e quindi di prezzi al ribasso non è, per motivi strutturali, una strategia perseguibile da una fetta significativa del sistema biologico nazionale, tale crescente consapevolezza non si è tradotta sinora in un uso completo e sinergico dei diversi strumenti messi a disposizione nell’ambito delle politiche di sviluppo rurale comunitarie. Tra questi, le diverse forme di progettazione integrata che potrebbero consentire invece di “allargare gli orizzonti” del sostegno al settore biologico e di sperimentare percorsi e schemi di sviluppo in grado, più di altri strumenti, di valorizzare le specificità del biologico italiano e dei suoi territori di origine. La complessità degli aspetti di progettazione e successiva gestione - tra l’altro non adeguatamente riconosciuti nelle procedure e meccanismi in atto - ha indubbiamente contribuito a scoraggiare i pochi operatori interessati ad investire in tale direzione.

b. Manca spesso un approccio di sistema del bio attraverso la Progettazione Integrata e all’approccio LEADER (Progetti integrati di filiera, Progetti integrati territoriali, Progetti integrati tematici, Accordi agro-ambientali). Pur nelle Regioni in cui si sono presentati e approvati progetti di integrazione tra operatori bio c’è una certa incertezza sulla capacità da parte del coordinamento degli operatori aderenti a mantenere gli impegni nel tempo.

c. Ancora pochi gli esempi in cui il biologico diventa una scelta precisa di governo del territorio che implicherebbe un’attenzione prolungata nel tempo mirata, da un lato a compiere in modo sistematico alcune scelte strategiche all’interno del PSR, dall’altro a favorire, in modo altrettanto sistematico e puntuale, le sinergie necessarie

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con le politiche extra PSR di supporto all’offerta e soprattutto alla domanda dei prodotti biologici regionali (caso del Bio-Distretto Cilento, Campania).

Soluzioni emerse:

- Prevedere la priorità per l’AB nelle seguenti misure dei PSR: 111, 114, 121, 124, 133, 311, per il ruolo che l’agricoltura biologica svolge per garantire i risultati alle sfide che l’Health Check ha individuato.

- Per i progetti integrati nel settore bio sarebbe più interessante prevedere piccoli investimenti per singoli operatori interessati alla filiera corta e aderenti al progetto integrato, anziché un complesso progetto con elevati investimenti concentrati su un’unica struttura di coordinamento centrale. In alcune regioni l’investimento minimo per poter presentare un progetto integrato è troppo alto e non interessante per l’AB che invece ha bisogno fortemente di integrazione.

- Per ovviare ai problemi procedurali, potrebbe essere utile avviare progetti pilota da analizzare come ‘casi di studio’ per sperimentare procedure, individuare le forme di intervento più appropriate, identificare gli indicatori di efficienza ed efficacia da adottare, prendere consapevolezza dei punti critici.

- Prevedere un budget ad hoc per l’AB nella progettazione integrata (regione Emilia Romagna).

- Inserire nel processo di monitoraggio e valutazione dei programmi, approcci di pensiero e strumenti operativi che consentano di considerare in modo più adeguato ed efficace le specificità del metodo di produzione biologica e, più in generale del settore biologico nazionale, al fine di ampliare nel breve, medio e lungo periodo, la partecipazione degli operatori alle diverse forme di supporto disponibili e di incrementare, rendendoli nel contempo più apprezzabili, i benefici che ne possono derivare per la collettività (si veda a tale proposito anche il contributo a cura di Irene Martini, Regione Veneto).

(Per un ulteriore approfondimento dei temi discussi nell’ambito del presente tavolo tecnico si rinvia anche alle conclusioni del Tavolo Tecnico 2 a cura di Gianluca Brunori, Università di Pisa)

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Allegato 1

Tavolo tecnico 1 - Il sostegno all’agricoltura biologica nelle misure agro-ambientali Positività e negatività espresse dai partecipanti attraverso i “post it”Moderatore: Andrea Povellato, INEA

L J1. Mancato Adeguamento dei i disciplinari di produzione integrata ai criteri OILB? (Decisione CE del 30/12/1996 con l’obbligo di sostituire i mezzi chimici con tecniche allegate al bio)

1. Alcune Regioni hanno rimediato alle difficoltà iniziali dei premi (?)

2. Finanziamento per l’agricoltura integrata

2. Crescente attenzione dello sviluppo rurale a livello comunitario sull’Asse 2

3. Norme imprecise sul calcolo dei pagamenti agroambientali

3. Agricoltura integrata ammessa al finanziamento solo se comporta effettiva riduzione dell’uso di prodotti chimici sia per la difesa piante che per la fertilizzazione graduando l’aiuto con l’entità del risparmio nell’uso di prodotti chimici poco chiaro!

4. Cumulabilità fuori dagli obblighi di legge del bio

4. Differenziazione tra premio introduzione e mantenimento

5. Zootecnia biologica dimenticata (premi per foraggiere iniqui, nessuna differenza con l’integrato, nella 215 non c’è bio)

5. Presenza di omogeneità di finanziamenti “reali” alle aziende bio attraverso premi progressivi e per il mantenimento

6. Nella zootecnia presenza di % di alimenti da agricoltura convenzionale

6. Attraverso la informatizzazione meno burocrazia

7. Premio basso per la zootecnia bio basato su superficie a capo

7. Semplificazione tramite la correlazione tra sistemi informatici (per ridurre i documenti cartacei e per rendere più trasparenti i procedimenti)

8. Premio indiretto alla zootecnia biologica tramite foraggiere

8. Certificazione di prodotto come condizione di ammissibilità

9. Dispersione risorse finanziarie su un numero troppo ampio di azioni nei pagamenti agroambientali

9. Cumulabilità con le altre azioni della misura Pagamenti agroambientali

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10. Confusione tra attestato di idoneità dell’azienda biologica e certificazione di prodotto (la prima doveva essere finanziata dalla 214, mentre la seconda con la 132)

10. Usando seme certificato accresco la valenza agro-ambientale: favorisce la conservazione della biodiversità, dei sistemi agricoli naturali e del paesaggio agrario

11. Premio legato alla commercializzazione

11. Tutela biodiversità nelle aree sensibili (ZPS-Natura 2000, Parchi) ed adeguato sostegno

12. Inefficacia dei premi 12. Presenza di Progetti di filiera, accordi agroambientali d’area anche se di difficile attuazione

13. Federalismo regionale che determina maggiore burocrazia

13. Presenza di Biodistretti che legano al territorio il bio

14. Mancanza di formazione 14. Accordi agroambientali e relative priorità di accesso

15. Scarsa evidenza del procedimento amministrativo (controlli) legati al software del SIAN

15. Inclusione della 214 nei progetti integrati

16. Certificazione obbligatoria per chi chiede il finanziamento (semplificare iter per la certificazione accettando l’autocertificazione del produttore e controlli a campione da parte delle Regioni)

16. Efficace comunicazione agli agricoltori per l’adesione all’azione agricoltura biologica

17. Ridotti massimali per colture ad alto reddito

18. Scarse risorse su ortofrutta bio

19. Manca una proporzionalità tra i finanziamenti al bio e i beni pubblici forniti dall’agricoltura bio

20. Basso premio per zootecnia bio e biodiversità

Nota: L=negatività, J=positività

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Allegato 2

Tavolo tecnico 2 - Per allargare l’orizzonte: ruolo, strategie e meccanismi di sostegno all’agricoltura biologica oltre le misureagro-ambientali Positività e negatività espresse dai partecipanti attraverso i “post it”Moderatore: Vincenzo Vizioli, FIRAB, RIRAB

L J1. Scarsa applicazione del principio di integrazione dell’azione bio della misura 214 con le altre misure degli altri Assi (vedi mis. 214/Bio e 132 e 133 nella Regione Puglia)

1. Priorità trasversale per tutto il PSR all’agricoltura biologica

2. Assenza di integrazione tra Mis. 214/bio e misura dell’Asse 3)

2. Maggiore priorità e investimenti ad investimenti che rispondono alle “Nuove sfide” (Misura 121)

3. Mancanza di approccio di sistema nella Progettazione Integrata e nell’Approccio Leader

3. Integrazione nell’Ammodernamento aziende agricole (Mis. 121), nella Consulenza agricola (Mis. 114), nei Pagamenti Agroambientali (Mis. 214/a), nella Diversificazione attività non agricole (Mis. 311)

4. La Misura 121 non riconosce abbastanza il bio come l’Asse 4

4. Integrazione con la mis. 111, 114, 121, 123, 132, 133

5. Non attivazione di misure dell’Asse 3 correlate al bio

5. Possibilità di adesione alla 311 e 111 (priorità?)

6. Poco utilizzo dello strumento delle priorità per le aziende biologiche aderenti alle misure dell’Asse 1, 2 e 3 (le misure 114, 123, 124 e 311 sono fondamentali e prioritarie per il biologico)

6. Integrazione con la 112 (Insediamento giovani collegato al prepensionamento con pensionato che rimane come tutor), 121 (Investimenti diversificati anche modesti), l’Asse 3 mis. 311 (Fattorie didattiche, Agriturismi, Fattorie sociali) e Approccio Leader

7. Difficoltà e maggiori costi amministrativi nel caso di adesione di aziende bio alla 214 e ad altre misure

7. Ricerca di massima sinergia tra misure del PSR e extra PSR ad esempio legge su ristorazione collettiva)

8. Alti costi per l’attivazione delle misure

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9. Scarsa e disorganica disponibilità di dati relativi ai costi di produzione

8. Dare priorità ad aziende che aumentano l’offerta bio attraverso la formazione e l’assistenza tecnica, e che migliorano la commercializzazione attraverso l’associazionismo e la valorizzazione prodotto

10. Scarsa armonizzazione degli aiuti (non unificazione) e revisione periodica

9. Formazione etica

11. Far pagare i debiti “verdi” ai comparti che inquinano per aumentare le disponibilità finanziarie per quelli che non inquinano

10. Formazione ed informazione

12. Mancanza della valutazione delle esternalità prodotte dal BIO

11. Premio delle foraggiere legato alla zootecnia bio

13. Presenza di obblighi di commercializzazione

12. Per la zootecnia incentivo all’allevamento di razze autoctone

14. Portare l’integrato sul mercato 13. La tendenza ad un maggior supporto finanziario all’Asse 2 (214) persiste anche dopo l’Heath Check

15. Poca attenzione alle azioni di formazione nei confronti degli agricoltori interessati alla conversione al biologico

16. Mancanza di adeguamento premi ogni due anni

Nota: L=negatività, J=positività

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c) Le esperienze di alcune Regioni italiane

- Il PSR per il supporto all’Agricoltura BiologicaAndrea Furlan, Teresa Schipani, Carlo Malavolta, Regione Emilia-Romagna

Il “Programma regionale di Sviluppo Rurale 2007 - 2013”, in continuità con quello precedente per il settore biologico ha previsto in sintesi di:

• confermare le misure agroambientali per l’introduzione e mantenimento produzione biologica con priorità per le cosiddette aree preferenziali, ovvero quelle a maggiore interesse ambientale;

• introdurre la misure 132 - Partecipazione delle aziende a sistemi di qualità alimentare - e 133 - informazione e promozione delle produzioni di qualità, per la copertura parziale dei costi di certificazione;

• avviare, nell’ambito dell’Asse 1, dei progetti di filiera che possono consentire ad imprese del settore biologico, collocate sia all’interno delle filiere ordinarie sia nell’ambito di uno specifico budget per il comparto biologico.

È poi stata assegnata alle aziende che praticano agricoltura biologica un priorità trasversale che ha consentito alle aziende biologiche di concentrare in modo molto significativo le risorse del PSR.Da un analisi complessiva risulta infatti che tra le aziende agricole beneficiarie di contributi del PSR 2007-2013 fino a tutto il 2009, circa 2.550 aziende (pari al 17% del totale) sono iscritte all’Albo regionale degli operatori biologici. Questo dato è pari a circa al 73% delle aziende iscritte all’Albo. Esse hanno già ricevuto complessivamente oltre 99,6 milioni di euro, pari al 36% del totale dei contributi globalmente concessi alle aziende agricole beneficiarie. Se confrontato con i dati degli anni precedenti il numero assoluto di aziende biologiche coinvolte dal PSR aumenta di circa 300 unità, evidenziando quindi una tendenza all’aumento della adesione. Includendo nella analisi anche le aziende agroindustriali, insieme a quelle agricole , le domande presentate da operatori biologici sono state 7.585. Nel loro insieme hanno ricevuto oltre 113,8 milioni di euro, pari rispettivamente al 27% del totale delle domande ammesse ed al 38% dei contributi concessi dal PSR. Se si analizzano separatamente i diversi assi del PSR, si può rilevare sull’Asse

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1, che finanzia gli investimenti per ammodernamento, l’insediamento dei giovani, ecc., che le domande in favore di operatori biologici sono state 2.546 per un totale di quasi 35 milioni di euro. Sono state poi quasi 5000 quelle presentate sull’Asse 2, dedicato agli interventi ambientali per complessivi 74milioni di euro. Infine sull’Asse 3 , per diversificazione, agriturismo, ecc., cono state finanziate 77 per un totale di 5,3 milioni di euro.

Il livello di concentrazione dei contributi erogati sul settore biologica è stato determinato sia dalle priorità specifiche attribuire al comparto insieme però ad altre caratteristiche strutturali ed imprenditoriali dei conduttori (età, dinamicità, propensione all’investimento, ecc.). Queste ultime caratteristiche permettono infatti di ottenere ulteriori punteggi di priorità e di raggiungere gli esiti sopra evidenziati.

Fra i beneficiari iscritti all’albo, le aziende agricole che hanno beneficiato dei due interventi specifici per il settore, dove la certificazione è un requisito primario di ammissibilità, sono state 1.540 per l’azione produzione biologica della misura 214 (misure agroambientali) e 1.896 nella misura 132 di copertura dei costi di partecipazione a sistemi di qualità per il biologico. Se si considera, invece, la sovrapposizione fra i beneficiari dei due interventi, una quota di circa 500 aziende è stata ammessa solo per altre misure, pur non specificatamente dirette al settore biologico.

È opportuno poi ricordare che gli aiuti previsti dalla Misura 214 hanno durata minima quinquennale e quindi i quasi 10 milioni di euro finanziati a partire dal 2008 con il primo bando produrranno complessivamente contributi per 50 milioni di Euro. Va segnalato anche il fatto che, per la Misura 214, è stato possibile ammettere a contributo tutte le domande presentate, recuperando anche le imprese ammesse in graduatoria ma che erano inizialmente rimaste escluse per esaurimento dei fondi.A queste risorse si devono aggiungere i trascinamenti dalla programmazione precedente, pari a circa 43 Milioni di Euro totali. Infine, nel corso del 2010 è prevista la apertura di un nuovo bando che dovrebbe permettere la adesione alle misure agroambientali a tutte le aziende biologiche che ne faranno domanda.In termini di superfici coinvolte I nuovi impegni coprono circa 42.000 ettari di superficie, per il 62% occupati da foraggere, delle quali il 50% destinato alle diverse filiere zootecniche con un aiuto specifico per compensare gli impegni dell’allevamento biologico. Questo dato conferma la validità della scelta di finalizzare gli aiuti al settore zootecnico alle imprese che completano la filiera fino al prodotto finale, pur mantenendo gli aiuti

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direttamente collegati alle superfici, anziché ai soli capi allevati. Occorre poi ricordare che la misura 214, oltre a essere fondamentale per la promozione delle tecniche di produzione biologica, consente il finanziamento di altri interventi di particolare interesse agroambientale (mantenimento delle varietà e specie in via di estinzione, realizzazione di siepi e boschetti, ecc.) che si combinano in modo sinergico con la agricoltura biologica consentendone la applicazione corretta e l’aumento delle performance ambientali complessive..Anche per la misura 132, che finanzia annualmente il 70% dei costi di certificazione, sono previsti altri bandi annuali fino al 2013 e le risorse a disposizione consentono in quasi tutte le Province la ammissione di tutte e domande. Per la misura 132 sono stati elaborati anche i dati relativi al 2009; le aziende biologiche che hanno ricevuto contributi sono oltre 1.700 e l’importo complessivo percepito per il biennio 2008 - 2009 ammonta a 1.244.330 euro.

Tra i diversi interventi messi in campo dalla Regione Emilia-Romagna a sostegno del settore, vanno considerati i progetti di filiera che, complessivamente per tutta la agricoltura regionale, hanno messo a disposizione risorse pubbliche per 140 milioni di euro in grado di movimentare investimenti per oltre 300 milioni. Per quanto riguarda questa importante novità in termini di approccio per il settore “Biologico” sono stati presentati 5 progetti per una richiesta complessiva di oltre 6,6 milioni di euro ed un contributo concedibile di oltre 2,8 milioni di euro. All’interno di questi progetti sono coinvolte 21 aziende agricole per la misura 121, che hanno presentato progetti per 3.300.000 euro e richiesto contributi per 1.283.000 euro e 6 imprese di trasformazione, per un importo dei progetti pari a 2.760.000 euro per un contributo richiesto di 1.100.000 euro.Si può quindi concludere che il PSR 2007-2013 sta rappresentando per il settore biologico un importantissimo strumento di supporto, perché ha consentito e consentirà di mantenere elevati livelli d concentrazione delle risorse sulle aziende biologiche mettendo in campo sia interventi di compensazione dei costi che investimenti per l’ammodernamento aziendale.

(Il presente contributo è stato pubblicato sulla rivista Agricoltura - Mensile della Regione Emilia-Romagna n.7/8 - 2010 pagine 45-47 con il titolo definitivo “I finanziamenti del PSR premiano gli agricoltori bio”)

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- La valutazione degli effetti ambientali dell’agricoltura biologica nell’ambito dei Programmi di Sviluppo Rurale

Irene Martini, Regione Veneto

La recente esperienza, sviluppata attraverso l’attivazione di tre bandi di apertura termini (anni 2008, 2009, 2010) nella Regione del Veneto per quanto attiene l’introduzione ed il mantenimento del metodo di Agricoltura Biologica nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013, ha messo in evidenza significativi punti di interesse e di discussione. Come per le altre realtà regionali italiane, la Regione del Veneto ha ritenuto fondamentale - per il raggiungimento degli obiettivi ambientali posti dalla Commissione per la Programmazione dello Sviluppo Rurale - sostenere e rinforzare la presenza del metodo di produzione biologico, in considerazione dell’ampia e complessa serie di esternalità positive a questo ricollegabili. Tuttavia, rispetto alla precedente fase di programmazione, è stata dettata una decisa evoluzione a tali misure agroambientali, per quanto attiene i criteri di ammissibilità ed i parametri obbligatori ad essa associati. Infatti, il suindicato PSR ha richiesto che, ai fini dell’adesione alla sottomisura 214/c, tutta l’unità operativa aziendale nella sua interezza risultasse già aderente al metodo biologico o si assoggettasse a conversione per la porzione di SAU non ancora biologica.In questo modo è stato indubbiamente premiato un approccio di tipo “olistico”, valorizzando le realtà aziendali che hanno puntato, nel corso degli anni, ad una progressiva e completa adesione e alle tecniche di agricoltura biologica, giungendo così all’esclusione dei metodi convenzionali o ascrivibili all’agricoltura integrata. Questo non è sicuramente un particolare secondario, visto che, anche in funzione dei controlli messi in atto da parte dell’Organismo Pagatore Regionale, la realtà che viene esaminata deve presentare, su tutte le superfici in diretta in gestione, di ottemperare ai parametri già classificati dalla normativa per la produzione biologica. Inoltre, va sottolineato come tale criterio, pur maggiormente restrittivo, risulti far emergere chiaramente ed in modo “soggettivo”, le aziende che hanno scelto, strategicamente, di entrare in un preciso percorso di qualità, sia dal punto di vista dell’offerta di prodotto, sia dal punto di vista degli effetti ambientali associati alla produzione di quel prodotto “bio”.Un ulteriore parametro che è stato introdotto nel PSR del Veneto nel nuovo periodo di programmazione è l’obbligo per le aziende che fanno

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richiesta di aderire alla sottomisura 214-c con superfici foraggere biologiche, di assicurare la contestuale presenza di produzioni zootecniche biologiche, in grado di giustificare il reimpiego di tali produzioni foraggere oggetto di pagamento agroambientale. In questo modo, viene rimossa l’evidente obiezione che derivava dall’adesione “incondizionata” alle misure agroambientali del PSR di superfici foraggere quali prati permanenti avvicendati ed erba medica biologica, nella precedente fase di programmazione, che aveva eroso gran parte della superficie a premio, resa disponibile per il settore biologico nella Programmazione 2000-2006, senza aver adeguatamente inciso sull’efficacia ambientale nelle aree regionali in cui aveva trovato adesione. Tale meccanismo aveva, infatti, portato ad un’incidenza elevatissima della presenza di foraggere biologiche sulla totalità delle superfici inserite nelle domande dell’azione 3 di cui alla misura 6 “Agroambiente” del PSR 2000-2006.Un’ultima, necessaria, considerazione sui criteri messi in atto nella Programmazione 2007-2013, è più generale, e riguarda il meccanismo finanziario che regola i pagamenti a superficie. Il Reg. (CE) 1698/05 non prevede, infatti, nei massimali stabiliti per le singole azioni, una componente di incentivo all’adesione, che, diversamente, era presente nel periodo programmatorio 2000-2006, e che, indubbiamente, rappresenta una motivazione non trascurabile nel definire i presupposti di una partecipazione cospicua da parte degli operatori. In un quadro come quello sopra delineato, trova riconoscimento nel settore biologico la sostanziale conferma della consistenza delle superfici inserite nelle domande di pagamento per azioni agroambientali sull’Agricoltura Biologica corrispondenti, nel periodo 2007-2013 (Sottomisura 214-c), a circa 5.000 ha, rispetto a quanto valutato per la superficie oggetto d’impegno nel periodo 2000-2006 (Misura 6 - Azione 3). Tali conteggi, pur provvisori propongono delle riflessioni in merito alla differente e più decisa azione ambientale che si è voluto adottare nel presente periodo di programmazione, con il consolidamento delle realtà aziendali più strutturate ed orientate all’efficace adozione del metodo biologico. Se nel recente passato l’adesione all’azione agroambientale “BIO” del PSR trovava infatti motivazioni essenzialmente dettate dall’entità del premio agro ambientale, ora fa invece leva sulla volontà di far rientrare il complessivo della SAU aziendale nell’adesione alle politiche comunitarie per il settore BIO, nonché consolidare le tecniche di agricoltura biologica in azienda, nella totalità delle colture presenti. In considerazione di ciò, si evidenzia la necessità di un parallelo

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adeguamento degli strumenti di valutazione, che tenga conto di tale evoluzione positiva che ha interessato il settore biologico in ambito regionale.

Infatti, gli esiti sulle componenti dell’agroecosistema ottenuti attraverso l’attuazione del metodo biologico - come per le altre misure messe in atto dai Programmi di Sviluppo Rurale - devono essere esaminati all’interno di un disegno comune delineato dalla Commissione, al fine di evidenziare i successi e le criticità associate o associabili a tali iniziative.In tal senso, il Quadro Comune di Monitoraggio e Valutazione propone una serie di indicatori comuni di impatto che riflettono esplicitamente gli obiettivi stabiliti dagli Orientamenti Strategici per lo Sviluppo Rurale rispetto alla situazione ex ante in cui trova applicazione il PSR, e che associano i quesiti valutativi dell’ampia casistica di azioni agroambientali messe in atto dagli Stati Membri. Gli indicatori di impatto, che vengono utilizzati per la rappresentazione delle problematiche ambientali e per il monitoraggio del Programma, consentono di quantificare la significatività dei cambiamenti, valutandone gli effetti sulla salute umana, sugli ecosistemi e sul sistema economico e sociale.

Tale sistema, inevitabilmente, non può esprimere le notevoli specificità di attività peculiari, anche se consolidate e ampiamente presenti, quali l’Agricoltura Biologica, e – soprattutto - necessita di particolari adattamenti al fine di evidenziare i mutamenti registrati attraverso il progressivo sviluppo della misura 214 e dei relativi impegni assunti, registrandone le conseguenze attuali e potenziali sull’agroecosistema.Nell’ottica di un approfondimento conoscitivo, potrebbe essere proposta l’integrazione degli indicatori comuni con specifici indicatori supplementari, focalizzati sugli obiettivi dei programmi nazionali e regionali, in grado di considerare l’intero insieme di temi ambientali a livello delle singole realtà territoriali soggette a programmazione. Tali strumenti potrebbero mettere in evidenza, e, dunque, porre a confronto, i risultati dell’applicazione del metodo biologico nelle diverse realtà regionali, anche rispetto il precedente periodo di programmazione, ma soprattutto il relazione all’efficacia ambientale da queste promossa.

Il mantenimento e l’incremento della superficie investita da agricoltura biologica risponde ai principali obiettivi ambientali posti dal Regolamento sullo Sviluppo Rurale, e, più recentemente, dalla riforma Health Check, che riguardano l’arresto del declino della biodiversità, la conservazione delle aree agricole ad elevato valore naturalistico, il miglioramento della

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qualità dell’acqua e il contrasto al cambiamento climatico. Rispetto ad una così ampia casistica di temi, che vengono direttamente ed indirettamente perseguiti dai metodi di agricoltura biologica, si pone la necessità di quantificare e valorizzare il suo reale contributo, con una conseguente potenziale ricollocazione di risorse o futura riformulazione dei Programmi medesimi, in favore di una tipologia di azione che persegue, al contempo, la risoluzione ed il contrasto a numerosi fattori di criticità.

A tale scopo, dovrebbe trovare formulazione un opportuno set di indicatori supplementari che potrebbero essere individuati nella fase di Valutazione intermedia e finale del PSR, in modo da essere, necessariamente:

- adeguati al livello geografico di interesse (locale, regionale, globale);- misurabili (con dati disponibili ed aggiornabili);- basati su standard riconosciuti dalla comunità scientifica nazionale

ed internazionale;- semplici da interpretare da parte di tutti i soggetti, pubblici e privati.

Come sopra riportato, la “trasversalità” con cui si colloca l’agricoltura biologica rispetto alle problematiche ed agli obiettivi ambientali posti dalla Programmazione dello Sviluppo Rurale, ed, in particolare, dalle nuove sfide dell’Health Check, dovrà trovare corretto riscontro nella quantificazione, anche se non completamente esaustiva, dei risultati, su aspetti quali il cambiamento climatico, il miglioramento della qualità delle acque profonde e superficiali, l’incremento della sostanza organica e la tutela della biodiversità.Quest’ultimo rappresenta uno degli aspetti che sono stati di recente maggiormente approfonditi, anche in ambito comunitario, attraverso progetti quali il “BIOBIO-INDICATOR”, che intende sviluppare un set di indicatori attinenti la biodiversità, dal livello genetico, alle specie fino alle diversità degli habitat, per quanto attiene l’Agricoltura Biologica, anche allo scopo di supportare la formulazione delle misure agroambientali. Gli indicatori proposti da questo progetto sono caratterizzati da un basso costo, da una facile comprensione da parte degli operatori, dalla possibilità di essere applicati a più metodi di produzione (quindi non solo il Biologico) e su scala europea.In generale, va sottolineato che i servizi ambientali e i metodi di coltivazione attuati con l’agricoltura biologica dovrebbero trovare puntuale raffronto nei disegni di Monitoraggio, con quelli messi in atto dall’Agricoltura Convenzionale. Un esempio sono le tecniche di avvicendamento colturale e il sovescio che, spesso, vengono praticate

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dagli operatori del metodo biologico e che, difficilmente trovano riscontro nelle pratiche di agricoltura convenzionale. Tali attività, pur non avendo adeguato corrispettivo all’interno del pagamento agroambientale, poiché costituiscono metodo agronomico direttamente associato all’agricoltura biologica, evidentemente rappresentano modalità operative estremamente migliorative nei confronti della struttura del terreno e della biodiversità tellurica, e di cui indubbiamente va data opportuna rilevanza nei documenti valutativi.

In quest’ottica di comprensione d’insieme ed , al contempo, analitica dei vari aspetti che vengono variamente ad interessare l’Agricoltura Biologica, si registra l’esigenza di acquisire dati attraverso studi scientifici in grado di portare ad una sintesi condivisa da parte dei principali attori istituzionali, nella formulazione e conseguente quantificazione di idonei indicatori di impatto. Infatti, benché le fonti di dati siano numerose e, spesso, notevolmente approfondite (studi sulla zootecnia biologica, prodotti fitosanitari, organismi utili, ecc…), spesso non sono facilmente inseribili e contestualizzabili nel disegno di valutazione che è proprio di ciascun PSR regionale. Per quanto riguarda le analisi specifiche che possono essere effettuate a livello locale su fattori puntuali (biodiversità, sostanza organica, qualità delle acque…), risulta di fondamentale importanza l’uniformità nelle metodologie di campionamento, pianificando le diverse fasi operative (determinazione dei siti, pianificazione delle uscite, definizione del campionamento vero e proprio, protocollo di analisi) da parte di Enti designati da parte delle Autorità di Gestione competenti.

Sulla base delle considerazioni sopra riportate, emerge altresì la necessità di affiancare le informazioni basate sui rilievi diretti a quelle derivate da opportuni questionari, formulati in modo uniforme e controfattuale, in grado di mettere a confronto un campione significativo di aziende agricole che attuano il metodo convenzionale e biologico, analizzando, ad esempio, i seguenti parametri:

- le operazioni effettuate , (manuali o con macchine operatrici);- la potenza delle macchine utilizzate;- il lavoro (h/ha): tempo-uomo necessario allo svolgimento delle

operazioni;- la tipologia di rotazioni effettuate, di sfalci e di operazioni sugli

impianti arborei presenti.

Effettivamente, tali informazioni, che non sono presenti nelle domande

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di pagamento, possono essere dedotte esclusivamente tramite confronto diretto con gli operatori, e contribuiscono a stimare, sia a livello qualitativo che quantitativo, le modalità di attuazione delle operazioni colturali, definendo, in tal modo, un quadro analitico che va ad integrare l’analisi derivante dagli indicatori di impatto e di risultato.

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- Il PSR per il supporto all’agricoltura biologica nella Regione Marche

Sergio Urbinati, Regione Marche

Le Marche sono una delle Regioni italiane dove l’agricoltura biologica è maggiormente diffusa: secondo i dati 2008 del SINAB è la seconda dopo l’Emilia Romagna per incidenza sul numero delle aziende agricole nel complesso (5,2% e quarta per quota della SAU totale. (13,5%)Il confronto rispetto ai totali nazionali di operatori e superfici fa comprendere che si tratta di posizioni che vengono mantenute e per certi versi consolidate nel tempo. Nel 2007 le aziende biologiche marchigiane hanno raggiunto i valori massimi con il 7% rispetto alla SAU nazionale bio ed il 5,6% in termini di operatori. L’andamento crescente nel tempo è il segnale di un settore in espansione ma la flessione dell’ultimo anno è il sintomo che qualcosa sta cambiando. Nel 2008 risultano iscritti all’albo regionale 2.649 operatori prevalentemente solo produttori (89%). La dinamica segnala una contrazione rispetto all’anno precedente (-7%, 240 unità) e questo fatto costituisce una inversione di tendenza rispetto alla costante crescita degli ultimi anni.L’agricoltura biologica regionale sembra quindi accusare una battuta di arresto dopo anni di continua espansione.In realtà le superfici biologiche non sono diminuite, anzi c’è stato un leggero incremento del 1,5% che ha portato ad una SAU di 43.559 ettari, pari a ettari + 644 in valore assoluto.Sono significativamente diminuite le superfici in conversione. Calo del 20% dal 2007. Si potrebbe considerare che l’agricoltura biologica regionale sia entrata in una fase di maturità segnata da una diminuzione di nuove aziende e l’uscita di unità produttive di piccole dimensioni.Si tratta comunque di un segnale che la Regione sta analizzando, per comprendere se causato da un fenomeno congiunturale dovuto al difficile contesto economico o al passaggio tra i due periodi di programmazione, infatti alcuni elementi di analisi fanno ritenere che il passaggio dal vecchio al nuovo Programma di Sviluppo Rurale abbia creato un abbassamento del regime di aiuti agroambientali con il conseguente abbandono del biologico da parte di un numero consistente d’imprese.Il “Programma regionale di Sviluppo Rurale 2007 - 2013”, in continuità con il programma precedente cerca di sostenere non solo il metodo di produzione legato all’agricoltura biologica tramite il premio delle misure a superficie, ma promuove anche accordi agroambientali d’area e

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progettazione integrata di filiera (in particolare è stato attivato un Accordo Agroambientale d’Area con una dotazione finanziaria 6 milioni di euro, nel territorio in ZVN della Val D’Aso a seguito di progetto sulla “confusione sessuale” presentato dalla Provincia di Ascoli). Per la Progettazione Integrata di filiera la Regione ha attivato un bando per Macrofiliere di prodotti agroalimentari di qualità. La dotazione finanziaria prevista è di 17,5 milioni. I PIF sono stati attivati come strumento per la valorizzazione dei territori e dei prodotti locali, per garantire una maggiore integrazione tra i vari segmenti della filiera ed un maggior profitto per l’agricoltore che conferisce il prodotto. Sempre nell’ambito della Progettazione Integrata di filiera è stato attivato un bando per le filiere locali di prodotti agroalimentari di qualità, esse si differenziano dalle prime in quanto riguardano prodotti a forte legame territoriale in grado di contribuire alla valorizzazione del territorio di origine e nello stesso tempo capaci di trarre vantaggio dalla qualità del paesaggio locale per elevare la propria immagine di qualità.Tale effetto sinergico può essere ottenuto o da una singola filiera produttiva che coinvolga un produzione settoriale significativa rispetto alla produzione totale locale o da un paniere di prodotti di qualità o biologici, caratterizzanti l’ambito territoriale di riferimento anche in termini di valore economico in relazione ad esso. In ogni caso deve essere garantita una dimensione di filiera minima in termini assoluti al fine di garantire il superamento di una massa critica di una certa rilevanza. La Regione sta pensando anche alla creazione/promozione di distretti territoriali (distretti rurali e agroalimentari) attraverso cui sviluppare e tutelare l’agricoltura biologica, distretti che potrebbero rappresentare una opportunità di crescita e sviluppo e di traino per l’intera economia locale. L’agricoltura biologica marchigiana dovrebbe, quindi, coniugare la specificità del suo processo di produzione con una qualità particolare o superiore derivante dal territorio originario di produzione caratterizzato da una forte valenza ambientale, oltre che dalla presenza dei caratteri economici e sociali tipici del distretto.Per quanto riguarda specificamente i prodotti biologici, l’obiettivo finale è quello di aumentare le possibilità di penetrazione nel mercato, nonché la sinergia tra aspetti complementari (produzione biologica, tipicità territoriale, compatibilità ambientale), in grado di far aumentare la percezione del valore, qualità e sicurezza del prodotto nel consumatore, cioè creare la sinergia tra biologico, tipico, locale ed ecologico. L’idea è quella di promuovere un distretto biologico che si dovrebbe

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caratterizzare per un’elevata qualità ambientale del territorio che consenta di perseguire più facilmente e convenientemente (cioè senza costi aggiuntivi per gli operatori) la tutela delle qualità intrinseche dei prodotti biologici, la contaminazione accidentale da OGM e gli obiettivi di conservazione della biodiversità e tutela del patrimonio naturalistico e paesaggistico, richiamati da tutte le normative in materia.Ma tornando ai numeri del PSR, relativamente alle misure agro ambientali va detto che, per le annualità 2007-2008-2009, è stato possibile per tutte le misure messe a bando ammettere a contributo tutte le domande presentate con istruttoria positiva, non è stato pertanto necessario fare una graduatoria con le priorità per le aree preferenziali, ovvero quelle a maggiore interesse ambientale. Occorre poi ricordare che la misura 214, oltre a essere fondamentale per la promozione delle metodo di produzione biologica, consente il finanziamento di altri interventi di particolare interesse agroambientale fra cui mantenimento delle varietà e specie in via di estinzione, e l’estensivizzazione degli allevamenti, che si combinano in modo sinergico con la agricoltura biologica consentendone l’applicazione corretta e l’aumento delle performance ambientali complessive.

Attualmente tra impegni inerenti il vecchio periodo di programmazione ancora in essere (gli impegni agro ambientali hanno durata quinquennale) e i nuovi impegni relativi alle misura 214 compresi anche le domande inerenti gli accordi agroambientali d’area, sono state presentate nell’annualità 2007 n. 2.968 domande, che liquidate a saldo al 95% circa hanno portato nelle casse degli agricoltori biologici circa €. 12.424.939;Per l’annualità 2008 le domande presentate sono state n. 2.799 che liquidate a saldo al 88% circa hanno portato nelle casse degli agricoltori biologici circa € 9.518.442.Per l’annualità 2009 le domande raccolte sono state n. 2.681.L’istruttoria è incorso e attualmente sono state liquidate a saldo solo per il 25% circa delle domande. Gli anticipi hanno riguardano circa il 60% delle domande presentate ed attualmente sono stati pagati contributi per circa € 5.043.176. La Regione e le strutture decentrate competenti per territorio hanno aperto un confronto puntuale con Agea al fine di poter concludere entro l’anno tutte le istruttorie 2007-2008 ancora sospese.

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- L’esperienza della Regione Toscana nell’impostazione delle misure 111 e 114

Leonardo Calistri e Marco Minucci, Regione Toscana

Premessa

Le misure riportate di seguito sono rivolte al settore agricolo forestale nel suo complesso e pertanto anche al settore biologico, sia per i vegetali sia per gli animali.Inoltre per le aziende biologiche sono previsti delle priorità anche se al momento la Regione Toscana è riuscita, nelle prime due annualità (2008/2009 e 2009/2010), a finanziare tutte le domande ammissibili.

Impostazione Regione Toscana misura 111 “Azioni nel campo della formazione professionale dell’informazione”

Per ciò che riguarda il margine di sovrapposizione degli interventi sostenuti dalla presente misura con l’operatività del FSE, il campo di azione del FEASR viene definito in via residuale, nel senso che con il PSR è possibile sostenere solo interventi di informazione, aggiornamento, assistenza tecnica ma non è previsto il sostegno per attività di formazione vera e propria, che viene lasciato alla competenza del FSE, anche in campo agro-forestale, in quanto già rientrante nell’insieme dell’offerta del sistema formativo regionale. I corsi di formazione professionale finanziati dal FSE sono intesi come corsi di lunga durata finalizzati al conseguimento di un attestato di qualificazione professionale e sono finanziati ordinariamente all’interno del sistema regionale di formazione professionale, finanziato dal POR CReO FSE. Conseguentemente la misura 111 della Regione Toscana è finalizzata ad offrire opportunità di aggiornamento e informazione ad imprenditori agricoli e forestali ed altri addetti del settore agricolo, agroindustriale e forestale compresi i tecnici pubblici e privati che operano nel sistema dei servizi di sviluppo agricolo e rurale considerati come moltiplicatori di informazioni per gli addetti al settore agricolo forestale.I beneficiari della misura sono individuati nella Regine Toscana, nell’ARSIA (Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione nel settore Agricolo-forestale) e nelle amministrazioni provinciali che si servono di qualificati fornitori di servizi cui è affidata la realizzazione delle attività. I fornitori dei servizi finanziati con la misura sono selezionati con procedure trasparenti e non discriminatorie, nel rispetto delle vigenti normative in materia di

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affidamento di servizi. Pertanto la Regione Toscana con questa misura offre servizi ad agricoltori e addetti al settore e non prevede l’erogazione di contributi diretti all’agricoltore ma benefici sotto forma di servizi (partecipazione a corsi di breve durata, seminari, disponibilità di materiale informativo ecc…).

I contenuti dell’iniziative riguardano:

a) la diffusione della conoscenza nel campo dell’innovazione tecnica e tecnologica in agricoltura e nella filiera foresta-legno;

b) la diffusione della conoscenza in materia di politica agricola comune e delle opportunità offerte dall’applicazione delle diverse misure del Piano di sviluppo rurale;

c) l’approfondimento e la conoscenza delle tecniche agroambientali prescritte nell’ambito della condizionalità applicata ai sensi del Reg. 1782/03;

d) la sensibilizzazione degli operatori sul legame fra tutela dell’ambiente e pratiche agricole e forestali;

e) il trasferimento delle conoscenze e delle informazioni relative alla sostenibilità delle attività agricole e alle pratiche selvicolturali in linea con i principi della Gestione Forestale Sostenibile (GFS) risultanti dalla ricerca e dalla sperimentazione, nonché su aspetti legati alle problematiche fitopatologiche delle colture agricole e forestali;

f) il trasferimento delle conoscenze relative all’utilizzo del legname di produzione locale, all’utilizzo di biomasse a fini energetici, alla classificazione del legname per uso strutturale;

g) iniziative di qualificazione ed aggiornamento in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e nell’utilizzazione di macchine e attrezzi nel settore agricolo e forestale; a) realizzazione di interventi pubblici per la tutela dell’ambiente forestale (sistemazione idraulico-forestale con tecniche di ingegneria naturalistica, interventi di prevenzione e controllo delle fitopatie);

h) diffusione delle conoscenze in materia di tecniche di gestione e coltivazione dei boschi secondo i principi della selvicoltura sostenibile;

i) tecniche di prevenzione e controllo dei danni causati da calamità naturali (incendi boschivi, eventi meteorici eccezionali, inquinamento ed altre cause abiotiche) e di ripristino delle foreste danneggiate.

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Per tutte le tipologie di iniziativa, i costi ammissibili sono riferiti alle seguenti categorie:

- acquisizione di servizi impiegati per la realizzazione dell’attività - predisposizione e della documentazione tecnico-scientifica - organizzazione delle attività (affitto locali, preparazione materiale

informativo, realizzazione e gestione mezzi di supporto telematici, spese viaggio relatori ecc.).

- acquisto spazi su mezzi di comunicazione di massa, programmi radio televisivi, servizi telematici.

Gli interventi sono localizzati su tutto il territorio regionale e il sostegno è concesso in forma di contributo a fondo perduto fino al 100% del costo totale ammissibile.

Impostazione Regione Toscana misura 114 “Utilizzo di servizi di consulenza”

La misura è prioritariamente orientata al miglioramento della competitività del settore agricolo-forestale in particolare favorendo il “consolidamento e lo sviluppo delle aziende sul territorio e sui mercati mediante la promozione e la diffusione dell’innovazione” (obiettivo specifico prioritario della misura) e delle conoscenze in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.

La misura è rivolta all’erogazione agli imprenditori agricoli e ai detentori di aree forestali di un aiuto per concorrere ai costi per l’acquisizione di servizi di consulenza tecnica finalizzati a supportare una corretta gestione del territorio e dell’ambiente (compreso il rispetto dei criteri di gestione obbligatori, delle buone condizioni agronomiche ed ambientali di cui agli artt. 4 e 5 ed agli allegati III e IV del Reg. (CE) n. 1782/2003), a diffondere la conoscenza delle normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, a migliorare il rendimento globale dell’azienda.

Per gli interventi di consulenza gli imprenditori agricoli ed i detentori di aree forestali sono liberi di scegliere autonomamente il fornitore del servizio tra quelli riconosciuti e inseriti in appositi elenchi. La selezione dei soggetti che si candidano al riconoscimento è effettuata dalla Regione Toscana mediante bandi pubblici, ripetuti con cadenza annuale per permettere il riconoscimento di nuovi soggetti. Le domande di riconoscimento sono valutate da un gruppo di lavoro cui partecipa la Regione Toscana e l’ARSIA. Ciascun soggetto candidato deve dimostrare il possesso ed il mantenimento

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nel corso degli anni di attività dei seguenti requisiti:

- adeguate risorse in termini di personale qualificato; - mezzi tecnici ed amministrativi; - esperienza ed affidabilità nella prestazione di consulenza di cui all’art. 24 del Reg. CE 1698/05.

Sono esclusi, quali prestatori dei servizi di consulenza tecnica:

• soggetti che esercitino attività di produzione e/o vendita di mezzi tecnici per l’agricoltura;

• soggetti collettivi che svolgano attività di controllo e certificazione ai sensi delle normative comunitarie, nazionali e regionali o si avvalgano di tecnici che esercitino a vario titolo tali attività;

• soggetti collettivi, ed i loro collaboratori, che gestiscono, direttamente od indirettamente, fasi e procedimenti connessi con l’erogazione di aiuti e sussidi nel settore agricolo e dello sviluppo rurale.

Le azioni di consulenza tecnica riguardano le materie di seguito descritte:

- i criteri di gestione obbligatori (CGO) e le buone condizioni - agronomiche ed ambientali (BCAA) di cui al Reg. CE 1782/2003 - capitolo I art. 4 e 5 - sanità pubblica, la salute delle piante e degli animali - protezione dell’ambiente - benessere degli animali - mantenimento dei terreni agricoli in buone condizioni agronomiche

ed ambientali mediante le rotazioni colturali e le diverse pratiche agricole

- sicurezza nei luoghi di lavoro- miglioramento globale del rendimento aziendale

Gli interventi sono localizzati su tutto il territorio regionale.

Le spese ammissibili sono riferite esclusivamente ai costi per l’acquisizione di servizi di consulenza tecnica, ciascun beneficiario può aderire ad un solo servizio di consulenza all’anno e può chiedere l’accesso a più servizi di consulenza nei diversi anni di validità del PSR a condizione che, successivamente all’acquisizione del primo servizio, dimostri di avere nuove esigenze di consulenza. La priorità è comunque accordata agli imprenditori che non hanno ancora usufruito dei servizi.

Il sostegno è concesso in forma di contributo a fondo perduto fino all’80% del costo totale ammissibile per un massimo 1.500 euro per servizio.

La sala del seminario

Considerazioni conclusive

Raffaele Zanoli, Università Politecnica delle MarcheGianluca Brunori, Università di Pisa

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Tavolo Tecnico 1

Il sostegno all’agricoltura biologica nelle misure agro-ambientaliRaffaele Zanoli, Università Politecnica delle Marche4

Misure agroambientali

Azioni da proporre/riproporre

Sostegno alla zootecnia: prati pascoli SOLO se c’è zootecnia bio, foraggere con limite su SAU totale ammessa e con obbligo di rotazione se non c’è zootecnia, con carichi di UBA min 0,3-max 2 invece tutte ammesse. Premi calcolati anche sulla base delle UBA con mancati redditi zootecnia spalmati su ettaro (Regione Marche e Sardegna).

Sostegno razze autoctone/ razze a lento accrescimento (avicoli)Sostegno api ad arnia (PSN Austria)

Premio “fedeltà” al bio: per le aziende che continuano nei vari periodi di programmazione (riproposizione impegni) (Regione Toscana)

Differenziazione tra introduzione e mantenimentoDomanda aziendale “unica” per tutte le misure a superficie del

PSR, e in futuro magari quelle della PAC (primo pilastro)Premi effettivamente adeguati ai massimali calcolati di mancato

reddito per le colture ad alto reddito (es. ortofrutta)Revisione (biennale?) dei premi (sulla base del tiraggio?)

Azioni da non riproporre

Premi bio non sufficientemente superiori a quelli dell’agricoltura a “basso impatto”

Distorsioni sulla facilità di accesso ai premi. Sei premi non sono sufficientemente superiori, le imprese bio aderiscono a misure a basso impatto e poi non certificano i prodotti se ad es. vendono su filiera corta

Premi alla produzione integrata SOLO per introduzione e NON mantenimento (Regione E-R)

4 Il Prof. Zanoli ha presentato un Power Point che abbiamo cercato di riadattare per la migliore comprensione possibile, NdR.

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Metodologie di calcolo dei premi troppo complicati che rendono la gestione delle pratiche lunga e complessa (Regione Marche)

Misure troppo complesse da controllare sia a livello amministrativo che sul campo

Premi per monocolture non in rotazione (es. foraggere)Divieto di “cumulo” dei pagamenti su più misure. Es. sostanza

organica/sovesci + bio Necessità che ci sia un “catalogo” nazionale delle azione e della loro

applicazione, per garantire l’armonizzazione (NON l’omogeneità)Sostegno alla certificazione nell’asse 1 (132): troppo complicata:

necessità di preventivo (oltre che di fatture), e “controlli” in campo che nel caso di fornitori fuori regione diviene oneroso e improponibile (Regione E-R)

Questioni aperte

Come collegare le aziende zootecniche non autosufficienti con aziende che producono foraggere nel comprensorio (PROBER)

Aziende senza terra?Come modulare i premi e garantire un’adeguata adesione che

permetta di spendere i budget? Come garantire uno sviluppo anche nelle regioni dove invece il budget è già tutto impegnato?

Informatizzazione e semplificazione (SIAN dialoga con i sistemi informatici degli odc): problema di avere UN sistema nazionale e NON 21 sistemi regionali

Obbligo di commercializzazione: Abolirlo? Affrontare il caso della contaminazione “accidentale” che rende non certificabili le produzioni: come evitare che l’azienda perda gli aiuti su 5 anni?

Includere i costi della certificazione nel calcolo dei premi ad ettaro?Oltre il calcolo del mancato reddito? Siamo sicuri che basarsi su

una “stima” dei benefici ambientali e sociali sarà una soluzione? Premio a capo/UBA per la zootecnia?

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Tavolo tecnico 2

Per allargare l’orizzonte: ruolo, strategie e meccanismi di sostegno all’agricoltura biologica oltre le misure agro-ambientaliGianluca Brunori, Università di Pisa

Una osservazione generale che si può fare a fronte degli aspetti emersi nel tavolo 2 riguarda il diverso livello di approfondimento rispetto al tavolo 1. La differenza nella trattazione delle due tematiche è un chiaro segnale di come la programmazione dello sviluppo rurale si stia irrigidendo su schemi basati sulla frammentazione degli aiuti in tante misure spesso slegate l’una dall’altra e, poichè le priorità vengono stabilite sui requisiti soggettivi dei beneficiari, scarsamente efficaci obiettivi del piano e in grado di rispondere a specifiche esigenze dei territori. Poichè la ragione del prevalere di un tale schema è la maggiore semplicità, c’è da chiedersi: perchè non semplificare ulteriormente e trasferire gli aiuti al biologico dal secondo al primo pilastro, insieme a tutte le misure che prevedono un certo automatismo dati alcuni requisiti, e concentrare sul secondo pilastro soltanto le azioni più complesse?

La discussione nell’ambito del tavolo tecnico 2 si è focalizzata su:

1. Il significato di competitività adeguato ai principi del bio e investimenti coerenti con essi

2. Servizi di assistenza tecnica e formazione3. Forme di progettazione integrata e approccio LEADER

In particolare dall’illustrazione dei post-it e dalla relativa discussione sono emerse le seguenti considerazioni:

Per quanto riguarda il punto 1, è stato rilevato come il concetto di competitività non possa essere quello legato alla riduzione dei costi in funzione della capacità di sostenere prezzi di vendita sempre più esposti ai mercati globali. L’azienda biologica, e particolarmente quella italiana, ha delle specificità che richiedono strategie alternative rispetto a quelle basate sulla competitività di prezzo. Nel corso della discussione è stato suggerito di legare più strettamente politiche extra PSR, come gli acquisti delle mense, con le misure del PSR. È stato proposto anche di esplorare le possibili sinergie con le fattorie didattiche e le fattorie sociali. Altri suggerimenti riguardano la caratterizzazione delle aziende biologiche attraverso il finanziamento della bioedilizia. Tutti questi aspetti suggeriscono un diverso modello di strategia competitiva, che i PSR dovrebbero sostenere anche creando le condizioni per sbocchi alternativi

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a quelli convenzionali, come ad esempio le varie forme di filiera corta. Il principio della creazione di valore, che incorpora il miglioramento qualitativo e lo svolgimento in azienda di funzioni come la trasformazione e la vendita, diventa il perno di una strategia che oltretutto contribuisce alla competitività dei territorio generando effetti di reputazione dovuti al contributo aziendale alla qualità ambientale e dei prodotti.

Sul punto 2. È stato sottolineato come gli agricoltori biologici, e gli agricoltori in generale, si trovino oggi sostanzialmente soli di fronte ai crescenti problemi tecnici e all’adeguamento alle varie normative. I servizi di assistenza tecnica sono uno snodo cruciale, a cui la programmazione regionale non dà l’attenzione che meriterebbe. Nei casi dove c’è maggiore esperienza in questo campo, si sottolinea come l’attivazione della misura risulti molto onerosa in termini di gestione, e che ci siano difformità procedurali che riguardano l’accreditamento, le modalità di bando, gli standard di servizio richiesti. La seconda osservazione riguarda i servizi di assistenza tecnica. Su questo c’è una recente riflessione della commissione europea dopo l’uscita dei rapporti World Bank e IAASTD, che sottolinea l’inadeguatezza dei sistemi di conoscenza in agricoltura di fronte alle recenti sfide. Il fatto è che siamo in una fase di transizione da un modello agricolo – basato sulla green revolution – ad un altro, caratterizzato dal principio della multifunzionalità e dal riferimento alla sostenibilità. La green revolution per affermarsi ebbe bisogno di ingentissimi investimenti in ricerca e assistenza tecnica, in gran parte finanziati e gestiti dalle autorità pubbliche. Oggi, in assenza di un’attenta riflessione, il sistema delle conoscenze si è adeguato allo spirito della liberalizzazione che ha animato le recenti politiche pubbliche, nel caso specifico basandosi sul principio secondo cui ad una ‘domanda’ di conoscenza si deve rispondere con una ‘offerta’ di servizi della conoscenza. Questo schema funziona soltanto con alcune tipologie di impresa, mentre la maggior parte delle imprese italiane avrebbe bisogno di una salda integrazione in sistemi di conoscenza basati sulla fiducia, su meccanismi di apprendimento e su una comunicazione a doppio senso.

Sul punto 3 tra i principali aspetti ritenuti positivi è stata citata l’istituzione dei ‘distretti del biologico’ nella regione Campania, che dovrebbero facilitare la crescita della reputazione di un territorio attraverso la concentrazione delle aziende biologiche in determinati territori. Tra gli aspetti negativi, vengono segnalate notevoli difficoltà nella progettazione integrata, dovute in particolare: a) ai tempi di attuazione dei progetti, spesso molto più lunghi rispetto ai tempi del finanziamento; b) ai problemi che possono emergere in caso di non raggiungimento degli obiettivi; c) alla difficoltà di vincolare

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i produttori ad impegni precisi una volta firmato l’accordo di progetto. Qualcuno ha anche sottolineato che gli aspetti su cui i PSR dovrebbero essere centrati sono proprio questi, ma che le varie difficoltà individuate li rendano marginali rispetto all’impianto complessivo. Non credo si possa sottovalutare il fatto che il regolamento non facilita affatto questo approccio (ad esempio non consente, almeno a prima vista, di finanziare la progettazione), ma sono convinto che uno studio più approfondito di queste questioni, magari studiando anche esperienze all’estero ed aprendo una specifica linea di comunicazione con la Commissione, potrebbe rimuovere una serie di ostacoli. È noto ad esempio che in Olanda funzionano da più di dieci anni le cosiddette cooperative ambientali, che svolgono un ruolo di mediazione tra gli agricoltori di un territorio e le autorità addette alla programmazione e che negoziano con esse standard ambientali, norme tecniche per rispettarli, premi agli agricoltori e assistenza tecnica. D’altronde le procedure LEADER (che teoricamente possono essere estese anche all’asse 2) sono nate proprio per stimolare questo tipo di iniziative. È necessario però acquisire consapevolezza che lo sviluppo della capacità dell’intero sistema di programmazione di stimolare e guidare i processi di trasformazione, incoraggiando la progettazione dal basso, sia individuale che collettiva, e di favorendo meccanismi in grado di premiare la qualità dei progetti, come ad esempio il supporto alla progettazione e procedure rigorose di selezione dei progetti, e di aumentarne l’efficacia attraverso il monitoraggio e valutazione in itinere. Per ovviare ai problemi procedurali, potrebbe essere utile avviare progetti pilota da analizzare come ‘casi di studio’ per sperimentare procedure, individuare le forme di intervento più appropriate, identificare gli indicatori di efficienza ed efficacia da adottare, prendere consapevolezza dei punti critici.

Credo che sia necessario, infine, un commento di carattere più generale, che riguarda entrambi i tavoli di lavoro. Prima del commento una domanda: in che misura i problemi affrontati dai tavoli sono emersi ed esplicitati nel monitoraggio e nella valutazione del piano? In che misura i documenti di valutazione sono serviti nel secondo ciclo di programmazione? L’impressione è che il monitoraggio e la valutazione vengano percepiti come qualcosa di esterno, necessario per ottemperare ad obblighi di regolamento più che strumento di lavoro. Un adeguato processo di monitoraggio e valutazione potrebbe servire a sviluppare quell’ “apprendimento istituzionale” senza del quale le potenzialità offerte dalla politica di sviluppo rurale non potranno mai essere sfruttate appieno.

Indice

Indice

PremessaLuigi Guarrera,Coordinatore del Progetto InterBio, CIHEAM-IAMB

IntroduzionePatrizia Pugliese,CIHEAM – IAMB;Alessandro Triantafyllidis, IFOAM-EU

Verso la riforma della PAC:elementi di riflessione sul dibattito in corsoGraziella Romito, Dirigente COSVIR II – Sviluppo RuraleMIPAAF – Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali

La PAC che verrà:Smart change or business as usual?La posizione ufficiale IFOAM EU sulla prossima riforma PAC 2014-2020Alessandro Triantafyllidis, IFOAM EU Group

Il sostegno all’agricoltura biologica nella programmazione 2007-2013:esperienze europee al confronto

a) Survey of Organic Farming Support Payments in the EU-27 Gerald Schwarz, Hiltrud Nieberg and Jürn Sanders Johann Heinrich von Thünen-Institut Federal Research Institute for Rural Areas, Forestry and Fisheries Institute of Farm Economics

b) Organic farming support through CAP measures – Options and best practice examples beyond the agri-environmental programmes Antje Kölling, Policy coordinator IFOAM EU Group

Lo stato dell’arte della programmazionee dell’attuazione delle misure rilevanti per l’agricoltura biologica nei PSR regionali:prime valutazioni e riflessioni

a) Il supporto all’agricoltura biologica nei PSR regionali 2007-2013 Carla Abitabile e Laura Viganò, INEA - Rete Rurale Nazionale

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b) Sintesi della discussione dei tavoli tecnici Gianluigi Cardone e Patrizia Pugliese, CIHEAM-IAMB; Alessandro Triantafyllidis, IFOAM EU

c) Le esperienze di alcune Regioni italiane

- Il PSR per il supporto all’Agricoltura Biologica Andrea Furlan, Teresa Schipani, Carlo Malavolta, Regione Emilia-Romagna

- La valutazione degli effetti ambientali dell’agricoltura biologica nell’ambito dei Programmi di Sviluppo Rurale Irene Martini, Regione Veneto

- Il PSR per il supporto all’agricoltura biologica nella Regione Marche Sergio Urbinati, Regione Marche

- L’esperienza della Regione Toscana nell’impostazione delle misure 111 e 114 Leonardo Calistri e Marco Minucci, Regione Toscana

Considerazioni conclusive

Tavolo Tecnico 1Il sostegno all’agricoltura biologica nelle misureagro-ambientaliRaffaele Zanoli, Università Politecnica delle Marche

Tavolo tecnico 2Per allargare l’orizzonte: ruolo, strategie e meccanismi di sostegno all’agricoltura biologicaoltre le misure agro-ambientaliGianluca Brunori, Università di Pisa

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Finito di stampare su carta Ecologica FSCnel mese di Dicembre 2010

Progetto InterBiowww.interbio.it

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