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Prof: De Lellis (assistente del prof Grassi) 08/11/2017 A cura di: Giovanni Stabile
Introduzione del prof Grassi:
L’altra volta abbiamo parlato del morbo di Crohn e abbiamo detto che esistono 4 tipi di pazienti:
Prima diagnosi
Remissione clinica-laboratoristica
Recidiva
Complicanze
Soprattutto nel MC abbiamo un problema con i tramiti fistolosi, che possono essere entero-enterici,
entero-vescicali ecc…
La lezione di oggi ci mostrerà come valutare in DxI questo tipo di complicanza. Quindi cosa dovete chiedere
come prima indagine e cosa in seconda istanza per approfondimento.
Tutto questo nasce perché alla fine del secolo scorso un endoscopista londinese mette a punto un tipo di
sonda ecografica adatta per questo studio. Prima di allora noi non avevamo idea di come fosse fatto questo
sfintere anale, e in generale tutta la regione anatomica, né tantomeno dei rapporti dello sfintere con la
patologia fistolosa e ascessuale.
Grazie a questa nuova tecnologia la patologia anale viene prima inquadrata e poi esaminata
approfonditamente, ma ci vuole ancora del tempo affinchè la procedura sia ottimale in quanto non tutti la
usano, non è ubiquitaria, non sempre viene richiesta e poi c’è anche il problema legato al fatto che prima di
tale diagnostica i chirurghi operavano in modo completamente diverso. Quindi ci vuole del tempo affinchè
possiamo vedere i risultati sui pazienti che beneficiano sin da subito di questa nuova diagnostica. Questo
perché l’iter diagnostico non è ancora da tutti conosciuto.
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Parla la prof:
Gli ascessi e le fistole perianali sono una patologia più frequente di quanto si possa pensare e l’eziologia
non è solo il Morbo di Crohn.
Questa slide mostra in sezione coronale la regione
anatomica di nostro interesse nonché le principali
sedi in cui gli ascessi si possono localizzare.
Quindi distinguiamo:
Il retto
La linea dentata
Il muscolo sfintere interno
Il muscolo sfintere esterno
La fionda del muscolo pubo-rettale
Le fosse ischio-anali
Gli spazi pelvi-rettali
Questi punti anatomici sono importanti per capire dove i focolai settici vanno a localizzarsi in questa
regione.
Gli ascessi sono delle raccolte di pus che nel caso della patologia perianale possono essere classificati in:
Perianali: che si estrinsecano nei tessuti molli cutanei e non interessano gli sfinteri.
Intersfinterici
Ischiorettali
Sopraelevatori: sono sempre nella fossa pelvirettale ma al di sopra del muscolo elevatore dell’ano.
Le fistole costituiscono una comunicazione anomale tra un organo e un altro. Nel caso delle fistole perianali
sono delle anomale connessioni tra la cute perianale e il canale anale.
In realtà, fistole e ascessi rappresentano diverse fasi di una stessa condizione dove l’ascesso rappresenta la
fase infiammatoria acuta e l’origine del processo flogistico mentre la fistola è data dall’espandersi della
formazione ascessuale che si fa strada nei vari tessuti formando un nuovo percorso fino a raggiungere la
cute perianale. Abbiamo così la formazione di questi diversi tramiti.
Di una fistola noi distinguiamo diversi componenti:
Orifizio interno
Tragitto primario (va dal punto infiammatorio, in genere intersfinterico, fino all’orifizio interno)
Tragitto secondario (in base al quale classifichiamo le fistole con la classificazione di Parks)
Estensioni secondarie (ulteriore ramificazione del tragitto secondario)
Uno o più orifizi esterni
Tutte queste componenti noi le dobbiamo identificare per assicurare al paziente le migliori cure
terapeutiche e in particolar modo chirurgico, in quanto il chirurgo deve chiudere sia l’orifizio interno sia
tutti gli altri tragitti nonché drenare gli ascessi preesistenti. Il tutto per minimizzare il rischio di recidiva.
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Di classificazioni delle fistole ce ne sono diverse. Quella più utilizzata è la classificazione di Parks che è
anche quella mostrata nello schema (a sx). Molto utilizzata è però anche la classificazione di St. James (a dx)
che è meno utilizzata in quanto si basa sui reperti forniti dalla risonanza, benchè più precisa e approfondita.
Ma poiché non sempre serve fare la risonanza, ecco che quella di Parks è più utilizzata.
Come si vede nello schema vengono classificate in vari tipi:
Fistola superficiale: è un tramite fistoloso che non coinvolge in alcun modo l’apparato sfinteriale e
si ha un orifizio interno a livello della cute del canale anale e il suo decorso superficiale. Non è detto
che noi osserviamo un orifizio esterno, ma quando l’abbiamo abbiamo la fistola. Se non l’abbiamo,
la fase iniziale della flogosi è rappresentata dall’ascesso.
Fistola intersfinterica: ha solitamente eziologia criptoghiandolare, ovvero si ha una flogosi delle
ghiandole localizzate a livello della linea dentata quindi più o meno a livello del canale anale. Anche
l’orifizio interno partirà quindi dalla linea dentata mentre il tragitto primario attraversa lo sfintere
interno. Il tragitto secondario decorre in questo caso nello spazio intersfinterico. (In generale ogni
fistola con origine criptogenetica ha questo tragitto primario che attraversa lo sfintere, mentre è il
tragitto secondario a definirle il nome).
Fistola transfinterica: come quella intersfinterica è ad eziologia criptoghiandolare, ma in questo
caso il tragitto secondario attraversa anche lo sfintere esterno.
Fistola soprasfinterica: anch’essa ad eziologia criptoghiandolare, ma non si fa strada verso lo
sfintere interno bensì verso l’alto al di sopra di quest’ultimo.
Fistola extrasfinterica: a differenza delle precedenti, non ha origine criptoghiandolare ma origine
iatrogena (ad es. durante l’anestetizzazione del paziente oppure in corso di chirurgia).
SI distinguono poi alcuni tramiti che sono semplici e alcuni che sono complessi. Terminologia utile anche
sotto il punto di vista terapeutico.
Semplici: superficiali, intersfinteriche e transfinteriche basse (si sviluppano nel canale anale medio-
superficiale)
Complesse: transfinteriche alte, soprasfinteriche, extrasfinteriche e quelle da manovre operatorie
(particolarmente complesse).
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Esame obiettivo:
L’esame del paziente ovviamente parte da una valutazione clinica anche per noi che ci occupiamo di
diagnostica per immagini. Come si presenta? Come un orifizio in prossimità della cute perianale che magari
ha anche una secrezione, talvolta a fasi intermittenti alternando infatti periodi di flogosi a periodi di
remissione. Il paziente può avere inoltre dolore o febbre.
L’esame clinico si può effettuare col paziente in diverse posizioni:
Genupettorale
Posizione di Sims
Decubito laterale
Ma cosa importante è l’ISPEZIONE che ci fa valutare la presenza di:
Uno o più orifizi
Presenza o meno di cicatrici
Indurimento della cute nella sede in cui è presente un soprastante tramite fistoloso
Indurimento tesoelastico della cute nella sede in cui è presente un ascesso soprastante, che si può
associare anche a fenomeni irritativi della cute a causa del processo infiammatorio.
All’ispezione segue la PALPAZIONE che consiste nell’esplorazione rettale, con la quale possiamo appunto
notare zone di indurimento a livello del canale anale.
L’obbiettivo della diagnosi pre-operatoria è sì quella di fare una diagnosi di fistola o ascesso, ma anche di
differenziare le cause:
Sinus pilonidalis: chiamata anche fistola sacrococcigea, che entra in DD con una fistola del canale anale. Ma
questo è importante per i chirurghi perché nel sinus pilonidalis si asporta solo la regione sacrococcigea, nel
caso di una fistola anale invece che interessa gli sfinteri vanno asportati i vari tragitti fistolosi.
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La stessa cosa nel caso delle bartoliniti in cui le pz hanno sintomatologia recidivante e ogni tanto lamentano
orizifizi esterni secernenti, febbre, ascessi. Ma l’ecografia endoanale ci fa vedere che non c’è alcun orifizio
interno a livello del canale anale e quindi mandando queste pz dal ginecologo si capisce che l’origine è da
ascrivere alle ghiandole di Bartolini andate incontro ad ascessualizzazione e conseguente formazione di
tramite fistoloso.
Altra origine può essere una idrosadenite per cui vale lo stesso discorso.
Ancora, l’origine può essere una gangrena di Fournier che è molto estesa e può coinvolgere tutti i tessuti
molli della pelvi. Si osserva spesso nei pz diabetici. Può insorgere tanto a livello anorettale tanto da altre
parti della pelvi.
Andiamo adesso ad approfondire quello che succede nella malattia di Crohn, dove questi processi si
sviluppano soprattutto in soggetti maschi ed in età giovanile (20-40 anni). Perché dobbiamo fare accenno al
MC? Perché spesso la manifestazione perianale può essere la prima manifestazione del MC e quindi
andremo ad indagare meglio sui sintomi clinici tipici di tale patologia per capire se l’origine della sepsi è da
ascrivere al MC oppure ad un processo puramente anorettale.
La letteratura ci da’ delle opinioni a volte discordanti in merito all’utilità della DxI in questa patologia poiché
ancora oggi la metodica standard è data dall’esame obiettivo seguito dall’esame sotto anestesia, il quale
ancora oggi è considerato il gold standard e questo non sempre è corretto in quanto esso ha anche delle
variabili che sono l’esperienza dell’operatore, i tragitti fistolosi che talvolta non possono essere
identificabili, poi c’è anche il rischio di creare delle nuove lesioni.
Noi però in questa patologia abbiamo alti tassi di recidiva e complicanze e questo ci deve far capire che è
forse più corretto procedere con un imaging adeguato per ridurre questi tassi. Come? Identificando il
tragitto primario, eventuali raccolte ascessuali, eventuali tragitti secondari nonché valutando se c’è o meno
interessamento sfinteriale. Quindi l’imaging serve per identificare i tramiti, determinarne i rapporti con le
altre strutture circostanti, evidenziare la presenza di complicanze e a monitorare il pz. Per fare questo
abbiamo varie tecniche di imaging:
Oltre all’ecografia endoanale c’è quella transvaginale che ci serve per meglio
evidenziare il tramite fistoloso in alcune cirostanze. Quella transiperineale è
meno utilizzata.
La risonanza è molto importante e vedremo in quali pazienti la andremo ad utilizzare.
La fistolografia a raggi x esiste ancora ma
è caduta un po’ in disuso in quanto si dovrebbe iniettare nel tramite fistoloso
del mezzo di contrasto radiopaco. Un limite è quando non abbiamo un orifizio esterno. Inoltre ci permette di vedere solo il tramite
che abbiamo opacizzato e non altre strutture.
La TC ha una bassa risoluzione di contrasto nell’ambito dei tessuti molli. Viene utilizzata
ancora in condizioni d’urgenza.
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Quindi ci soffermiamo ora sull’ECOGRAFIA:
Andremo ad utilizzare questa sonda che introduciamo per 4-5 cm a livello del canale anale, per valutare tutta l’estensione dell’apparato sfinteriale. Quindi non è un esame molto invasivo. I pz che non tollerano l’esame sono soprattutto quelli che hanno raccolte ascessuali in fase acuta e quindi con dolore molto importante e nei quali si preferisce passare direttamente al secondo step diagnostico che è la RM. Altra controindicazione sono i pz che hanno sviluppato delle stenosi. Una volta applicata la sonda, l’acquisizione delle immagini è praticamente automatica. La sonda ruota per 360° per circa un minuto e ci consente di ottenere un cubo. Cubo che noi possiamo scomporre in tutti i piani che noi riteniamo opportuni. Questo è ovviamente un vantaggio. Altri vantaggi sono il costo ridotto, la non invasività, l’identificazione dell’orifizio interno, la classificazione del tratto fistoloso, la ripetibilità, la ubiquitarietà, la confrontabilità con varie figure mediche.
Questo praticamente è quello che vedete: l’immagine è ruotata per farvela confrontare con la sezione coronale anatomica a destra. Con questa metodica possiamo quindi vedere tutte le strutture anatomiche descritte ad inizio lezione.
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ASCESSO
Come appare un ascesso? Appare come un’area ipo-ecogena un po’ disomogenea. Non dobbiamo dire solo
se c’è o meno l’ascesso, ma dobbiamo specificare anche la sua sede e i suoi rapporti
Ricordatevi di questo ascesso a ferro di cavallo perché dopo vi faccio vedere delle immagini in RM dello
stesso pz, così potete confrontare le due metodiche
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FISTOLE
Dal punto di vista dell’imaging, le vediamo sempre come tragitti ipo-ecogeni.
In questa sede possiamo anche usare un mezzo di contrasto molto semplice: l’acqua ossigenata. Questa è
economica ed ubiquitaria ed è anche utile per il processo settico stesso. Può dare un po’ di fastidio al pz,
motivo per cui in genere la somministriamo insieme ad una quota variabile di soluzione fisiologica.
Viene iniettata nell’orifizio esterno attraverso un tubicino. Essa ci aiuta molto in quanto rende il tragitto
fistoloso opaco e quindi meglio evidenziabile. Questo è molto importante soprattutto in alcuni tipi di fistole
quali ad es. le extrasfinteriche in quanto la risoluzione della metodica va scemando man mano che andiamo
verso l’esterno. Ma in generale ci aiuta in tutti quei casi in cui siamo in dubbio se un reperto ecografico è o
meno un tramite fistoloso.
La letteratura attuale è molto favorevole all’utilizzo di questa metodica.
Limiti: la metodica 3D non è disponibile ovunque, dove disponibile solo il 2D è ancor più importante la
bravura dell’operatore (che costituisce un altro limite della metodica che non c’è nella tecnica 3D in quanto
le immagini sono elaborate in maniera automatica). Altro limite è valutare se una fistola è attiva o no, in
questo ci aiuta molto la sintomatologia del pz (ma è molto più utile la risonanza). Un altro limite è la
valutazione delle estensioni secondarie del tramite fistoloso che possono arrivare anche a molta distanza e
sfociare dal campo di alta risoluzione della metodica.
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Quindi per superare i limiti dell’ecografia abbiamo la RISONANZA MAGNETICA:
Vantaggi: accuratezza, risoluzione spaziale, panoramicità, scarsa invasività, possibilità di studiare
l’attività dei tramiti fistolosi.
Limiti: tempo, pz claustrofobici, costi, esperienza dell’operatore (perché la RM in questa patologia
ha un protocollo dedicato)
Perché si ricorre alla RM? Perché abbiamo un’immagine panoramica, in cui possiamo scegliere diverse
inclinazioni (sia con sezioni frontali, coronali o sagittali sia addirittura con sezioni non assiali pure, ma
leggermente inclinate per renderla perpendicolare all’asse del canale anale il quale è obliquo), nonché una
multiparametricità.
Per quanto riguarda l’attività perché ci aiuta? Sapete cos’è la T2 con soppressione del grasso? Le T2 sono le
più utili perché esaltano i segnali di tipo fluido e quindi una fistola, soprattutto se attiva, contiene tessuto
infiammatorio fluido. Per renderle più evidenti abbattiamo il segnale adiposo che è abbondante in questa
regione.
Le sequenze sul piano assiale ci consentono di vedere bene l’orifizio interno a che livello è situato.
Le sequenze sul piano sagittale ci consentono di andare a delineare l’estensione cranio-caudale.
Un altro fattore in cui è necessaria l’esperienza dell’operatore è nel precisare in quale “quadrante
dell’orologio” si trova l’orifizio interno e “verso che ora” si estende la fistola.
Dalla letteratura emerge che la RM è superiore rispetto all’ecografia. Ma allora la facciamo a tutti? No. Va
fatto in caso di:
tramiti secondari distanti dal canale anale, quando l’eco non ci fa comprendere bene il tutto.
tragitti soprasfinterici, che vanno verso il piano degli elevatori, regione in cui l’eco non arriva o
arriva male.
tragitti extrasfinterici, per lo stesso motivo.
Ricapitolando:
Si fa prima l’eco e poi eventualmente la RM, per meglio identificare le lesioni specie se profonde,
estese o complesse.
Però nei pz già operati per fistola/ascesso (e che quindi hanno recidiva di malattia) si fa
direttamente la RM, in quanto in essi è difficile differenziale i tramiti attivi da quelli non attivi che
all’eco appaiono entrambi ipoecogeni perché sia il fluido sia il tramite fibroso sono ipoecogeni.
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Ma l’esame come si esegue? Con mezzo di contrasto o senza mezzo di contrasto?
Sicuramente per le fistole di origine criptogenetica (come nella maggior parte delle altre condizioni) l’esame
può essere tranquillamente eseguito senza mezzo di contrasto, perché infatti la differenza tra le sequenze
T2 fat sat e T1 con mdc è minima.
Questo vale anche per i pz con MC? Si. Ma ovviamente in questo caso ci limitiamo solo alla regione anale
senza interessarci delle altre regioni del canale alimentare eventualmente colpite dal morbo, dove invece si
preferisce fare T1 con mdc per evidenziare meglio le pareti.
In ogni caso sono in corso degli studi per valutare se l’esame eseguito con mdc può anticipare in maniera
determinante la diagnosi di tali patologie e quindi avere un riscontro significativo riguardo la prognosi del
pz.
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