lavoratori sereni? l’azienda miglioraii l’impegnoassociativo la difesa del popolo 20 marzo 2016...

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Welfare aziendale La risposta delle piccole e medie imprese alle nuove sfide sociali Un viaggio attraverso sette aziende del territorio – un’im- presa artigiana, un’impresa manifatturiera, un’azienda del settore del commercio, due cooperative sociali, una realtà del settore ricettivo – per provare a “raccontare” come, in mille modi diversi, le piccole e medie imprese declinano e possono declinare il welfare aziendale, spesso a torto conside- rato “appannaggio” solo delle grandi realtà. A proporlo, attra- verso le pagine di questo inserto speciale, è Ucid Padova - Unione cristiana imprenditori dirigenti: uno “strumento” che sabato 19 marzo accompagnerà la riflessione al centro del convegno “Il welfare aziendale: la risposta delle piccole e medie imprese alle nuove sfide sociali”, promosso da Ucid in collaborazione con la fondazione Emanuela Zancan, in pro- gramma dalle ore 10 alle 12 presso la sala Tono del centro Ci- vitas Vitae della fondazione Oic in via Toblino 53 (Padova, zona Mandria). «Le esperienze che abbiamo raccolto, pur così diverse – spiega infatti il presidente Ucid Padova Flavio Zelco – “rac- contano”, in modo molto concreto, come anche le piccole e medie imprese che, non dimentichiamolo, nel nostro paese danno impiego all’80 per cento della forza lavoro e rappre- sentano l’ossatura del sistema produttivo veneto, possono mettere in campo iniziative significative nel campo del welfa- re aziendale, spesso con costi davvero contenuti e ottenendo anche un ritorno significativo in termini di produttività». E questo grazie anche a significative esperienze di rete, che hanno il merito di mettere in “connessione” le azioni di wel- fare aziendale con i servizi di welfare presenti nel territorio. Proprio perché non possono mettere in campo grandi in- vestimenti, le piccole e medie imprese spesso si dimostrano particolarmente “creative” nel mettere in atto soluzioni, spes- so a costo zero o che comportano investimenti contenuti, ca- paci di favorire il benessere e il clima aziendale. A conferma della vivacità su questo fronte, è dei giorni scorsi la pubblica- zione del primo rapporto nazionale sul welfare nelle piccole e medie imprese, promossa da Generali Italia con la partecipa- zione di Confagricoltura e Confindustria e condotta da Inno- vation team: un’indagine che offre un quadro interessante su un aspetto ancora “poco indagato”, perché troppo spesso il welfare aziendale è considerato “appannaggio” delle grandi imprese, quelle che hanno “i numeri” e le potenzialità di inve- stimento – oltre che la volontà del management – per mettere in campo azioni significative in questo senso, dall’attivazione di convenzioni per l’accesso ai servizi sanitari ai bonus dedi- cati ai familiari dei dipendenti. L’indagine ha messo in evidenza come il 21 per cento del- le Pmi abbiamo attivato rilevati iniziative nel campo della conciliazione vita e lavoro – dal sostegno alle pari opportunità a quello alle neomamme e ai neopapà – mentre solo il 10 per cento sono attive principalmente nell’area dell’integrazione sociale e si fanno carico di iniziative di welfare allargate al territorio; rappresentano il 10 per cento anche le imprese che hanno messo in campo iniziative concentrate soprattutto nel settore delle risorse umane e del fringe benefit, ovvero tutti quei beni e servizi che rappresentano elementi complementari alla retribuzione accessoria. Se diverse sono le scelte, diversi sono anche gli approcci: il 48 per cento delle aziende che attuano azioni di welfare – indicate come “attuatrici” – applicano quanto già previsto dai contratti nazionali, mentre le altre si mostrano “creative” nel- l’adottare soluzioni nuove. Lavoratori sereni? L’azienda migliora È considerato, a livello nazionale, uno dei “precursori” di un nuovo modello di welfa- re, che guarda alle fasce deboli non come un costo sociale, ma come una risorsa: Angelo Ferro, per sei anni al timone dell’Ucid naziona- le, avrebbe probabilmente letto con interesse e con la curiosità che lo contraddistinguevano questo inserto speciale. La notizia della sua morte arriva a pochi giorni dal convegno dedi- cato al welfare nelle Pmi promosso da Ucid Padova proprio nella sede del centro Civitas Vitae dell’Oic alla Mandria. «Questa pubblica- zione – spiega in una nota la sezione padova- na dell’Unione cristiana dirigenti – vuole così rappresentare un omaggio alla sua figura, alla sua capacità di “guardare sempre avanti” e scardinare i luoghi comuni. Mentre altri co- struivano delle semplici case di riposo per ri- spondere ai problemi legati all’invecchiamento della popolazione, lui con la fondazione Oic pensava alle residenze per anziani come “fab- briche di relazioni”, dove ogni persona può tro- vare un proprio ruolo e un nuovo protagoni- smo, anche grazie allo scambio con il territorio e con le giovani generazioni. Una capacità vi- sionaria che l’imprenditore padovano ha mo- strato anche come presidente Ucid». «Il professor Ferro – è il ricordo di Giovan- ni Scanagatta, segretario nazionale dell’Unio- ne – ha dato il cuore e l’anima per l’Ucid. È nostra responsabilità lavorare, come lui ci ha insegnato, per un’autentica coscienza impren- ditoriale per il bene comune, segnata da un’al- ta moralità e una grande spiritualità. Solo così possiamo contribuire alla costruzione di un mondo migliore, soprattutto per le giovani ge- nerazioni a cui lui si dedicava con tanto amo- re». Nel periodo in cui è stato alla guida del- l’Ucid nazionale, fra il 2004 e il 2010, Ferro si è speso molto per contribuire al rilancio del- l’Unione. Fra le iniziative cui ha dato impulso, Le giornate di Wojtyla, appuntamenti itineranti che hanno lo scopo di approfondire argomenti di attualità riguardo aspetti etici, economici e sociali. Fortemente voluto da Ferro anche l’isti- tuto di Certificazione etica nello sport, impresa sociale cui Ucid partecipa: nata per promuove- re un modello virtuoso di gestione dello sport, ha “prodotto” anche una Carta dei valori. I rap- porti nazionali Ucid La coscienza imprendito- riale nella costruzione del bene comune - Abi- tare l’impresa e la professione con sguardo di fede, da lui curati, densi di contenuti significa- tivi, sono tuttora una bussola importante per l’Unione. La sua capacità di innovazione e il suo sguardo visionario hanno portato anche alla nascita dell’Impresa sociale srl “Strategie d’impresa per il bene comune”: nata come evoluzione del Centro cardinale Giuseppe Siri, è sorta con la finalità di accompagnare im- prenditori e dirigenti nell’applicazione di scelte e modelli che guardano al bene comune. An- che negli ultimi anni, dismessa ogni carica uf- ficiale, aveva continuato a essere un punto di riferimento nell’Ucid. Lo scorso anno, nella pubblicazione edita da Ucid Padova Quando l’economia incontra la società civile, aveva proposto un’acuta riflessione proprio sul tema del welfare generativo: «Continuiamo a basarci su un sistema di welfare state che non solo stabilisce la tipologia degli interventi – scrive- va in quell’occasione – ma anche fissa le mo- dalità esecutive in forma tassativa e rigida. Ciò ha creato un assetto burocratico pesante, una fiscalità onerosa, la deresponsabilizzazione della società, l’impossibilità di risposte tempe- stive ed adeguate ai nuovi bisogni e il prevale- re di una concezione assistenzialistica (...). Per alimentare la crescita socio-economica biso- gna invece partire dalle persone: devono esse- re responsabilizzate e messe in condizioni di agire. E questo vale soprattutto nei riguardi degli “esclusi”, degli emarginati (...). Trasferito nella società, l’obiettivo di condividere diversità e diseguaglianze, inizia con la “responsabilità dei primi” verso i secondi, i terzi, gli esclusi: ecco il significato di un sistema di welfare so- ciety, in cui ciascun soggetto si apre all’altro, in cui chi è “più avanti” è in grado di capire cosa può fare per l’altro affinché progredisca in qualità della vita. La filiera della vita intrec- cia sapientemente e spontaneamente genera- zioni distanti, dando luogo a un circuito natu- rale di sussidiarietà circolare. L’economia della condivisione può rappresentare un’integrazio- ne positiva ai meccanismi del mercato, capa- ce, per un afflato donativo comunque presen- te, di produrre coesione sociale». ANGELO FERRO Il ricordo di un uomo che ha dato cuore e anima per l’Ucid Ci ha insegnato a inseguire il bene comune IL CONVEGNO Sabato 19 marzo al Civitas Vitae Non serve essere grandi Il convegno di sabato 19 marzo sarà occasione per riflettere, a partire da alcuni casi concreti, su come le piccole e medie imprese possano “costruire”, in rete, modelli di welfare aziendale, anche in risposta ai gran- di cambiamenti che stanno interessando e interesseran- no nel prossimo futuro il sistema generale di welfare, dai mutamenti demografici in atto alla contrazione del- le risorse pubbliche alla trasformazione dei modelli fa- miliari. L’intervento introduttivo sarà curato da Flavio Zelco, presidente Ucid Padova. La parola passerà poi a Fabio Streliotto di Innova srl, ideatore del progetto welfareNet, iniziativa che tie- ne insieme e valorizza, per la prima volta, il ruolo del welfare aziendale, territoriale e contrattuale, mettendo in luce contemporaneamente le esperienze e i servizi di welfare già presenti sul territorio, facilitando la crea- zione di nuovi servizi, strutturandoli e rendendoli ac- cessibili al tessuto imprenditoriale veneto di piccole e piccolissime imprese. Sarà poi la volta di Giampietro Vecchiato, docente a contratto di “Relazioni pubbliche 3.0” presso l’univer- sità di Padova, invitato a illustrare il ruolo del welfare aziendale come strumento di comunicazione interna e al contempo di vantaggio competitivo per le aziende. Prenderà poi la parola Giulia Lucchini, fresca di laurea in Strategie di comunicazione con una tesi dedicata proprio alle esperienze di rete fra Pmi per quanto ri- guarda il welfare aziendale. Chiuderà la riflessione l’intervento qualificato di Tiziano Vecchiato, direttore della fondazione Zancan, che proporrà un’analisi a te- ma welfare aziendale e welfare generativo. Angelo Ferro, presidente dell’Ucid nazionale dal 2004 al 2010, promotore di importanti iniziative diventate patrimonio dell’intera associazione (foto Boato). Inserto al numero 10 del 20 marzo 2016 UCID sezione di Padova - Centro G. Toniolo - Via Dante 55 - Padova - telefono 049-8701939 - fax 049-760313 email: [email protected] - sito internet: http://www.ucid.it/sezionepadova/ UCID sezione di Padova - Centro G. Toniolo - Via Dante 55 - Padova - telefono 049-8701939 - fax 049-760313 email: [email protected] - sito internet: http://www.ucid.it/sezionepadova/ SEZIONE DI PADOVA

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Page 1: Lavoratori sereni? L’azienda miglioraII l’impegnoassociativo LA DIFESA DEL POPOLO 20 MARZO 2016 Fra i fondamentali princi-pi etici che muovono e ispirano l’azione del-l’Ucid

Welfare aziendale La risposta delle piccole e medie imprese alle nuove sfide sociali

Un viaggio attraverso sette aziende del territorio – un’im-presa artigiana, un’impresa manifatturiera, un’aziendadel settore del commercio, due cooperative sociali, una

realtà del settore ricettivo – per provare a “raccontare” come,in mille modi diversi, le piccole e medie imprese declinano epossono declinare il welfare aziendale, spesso a torto conside-rato “appannaggio” solo delle grandi realtà. A proporlo, attra-verso le pagine di questo inserto speciale, è Ucid Padova -Unione cristiana imprenditori dirigenti: uno “strumento” chesabato 19 marzo accompagnerà la riflessione al centro delconvegno “Il welfare aziendale: la risposta delle piccole emedie imprese alle nuove sfide sociali”, promosso da Ucid incollaborazione con la fondazione Emanuela Zancan, in pro-gramma dalle ore 10 alle 12 presso la sala Tono del centro Ci-vitas Vitae della fondazione Oic in via Toblino 53 (Padova,zona Mandria).

«Le esperienze che abbiamo raccolto, pur così diverse –spiega infatti il presidente Ucid Padova Flavio Zelco – “rac-contano”, in modo molto concreto, come anche le piccole emedie imprese che, non dimentichiamolo, nel nostro paese

danno impiego all’80 per cento della forza lavoro e rappre-sentano l’ossatura del sistema produttivo veneto, possonomettere in campo iniziative significative nel campo del welfa-re aziendale, spesso con costi davvero contenuti e ottenendoanche un ritorno significativo in termini di produttività». Equesto grazie anche a significative esperienze di rete, chehanno il merito di mettere in “connessione” le azioni di wel-fare aziendale con i servizi di welfare presenti nel territorio.

Proprio perché non possono mettere in campo grandi in-vestimenti, le piccole e medie imprese spesso si dimostranoparticolarmente “creative” nel mettere in atto soluzioni, spes-so a costo zero o che comportano investimenti contenuti, ca-paci di favorire il benessere e il clima aziendale. A confermadella vivacità su questo fronte, è dei giorni scorsi la pubblica-zione del primo rapporto nazionale sul welfare nelle piccole emedie imprese, promossa da Generali Italia con la partecipa-zione di Confagricoltura e Confindustria e condotta da Inno-vation team: un’indagine che offre un quadro interessante suun aspetto ancora “poco indagato”, perché troppo spesso ilwelfare aziendale è considerato “appannaggio” delle grandiimprese, quelle che hanno “i numeri” e le potenzialità di inve-stimento – oltre che la volontà del management – per metterein campo azioni significative in questo senso, dall’attivazionedi convenzioni per l’accesso ai servizi sanitari ai bonus dedi-cati ai familiari dei dipendenti.

L’indagine ha messo in evidenza come il 21 per cento del-le Pmi abbiamo attivato rilevati iniziative nel campo dellaconciliazione vita e lavoro – dal sostegno alle pari opportunitàa quello alle neomamme e ai neopapà – mentre solo il 10 percento sono attive principalmente nell’area dell’integrazionesociale e si fanno carico di iniziative di welfare allargate alterritorio; rappresentano il 10 per cento anche le imprese chehanno messo in campo iniziative concentrate soprattutto nelsettore delle risorse umane e del fringe benefit, ovvero tuttiquei beni e servizi che rappresentano elementi complementarialla retribuzione accessoria.

Se diverse sono le scelte, diversi sono anche gli approcci:il 48 per cento delle aziende che attuano azioni di welfare –indicate come “attuatrici” – applicano quanto già previsto daicontratti nazionali, mentre le altre si mostrano “creative” nel-l’adottare soluzioni nuove.

Lavoratori sereni? L’azienda migliora

È considerato, a livello nazionale, uno dei“precursori” di un nuovo modello di welfa-

re, che guarda alle fasce deboli non come uncosto sociale, ma come una risorsa: AngeloFerro, per sei anni al timone dell’Ucid naziona-le, avrebbe probabilmente letto con interesse econ la curiosità che lo contraddistinguevanoquesto inserto speciale. La notizia della suamorte arriva a pochi giorni dal convegno dedi-cato al welfare nelle Pmi promosso da UcidPadova proprio nella sede del centro CivitasVitae dell’Oic alla Mandria. «Questa pubblica-zione – spiega in una nota la sezione padova-na dell’Unione cristiana dirigenti – vuole cosìrappresentare un omaggio alla sua figura, allasua capacità di “guardare sempre avanti” escardinare i luoghi comuni. Mentre altri co-struivano delle semplici case di riposo per ri-spondere ai problemi legati all’invecchiamentodella popolazione, lui con la fondazione Oicpensava alle residenze per anziani come “fab-briche di relazioni”, dove ogni persona può tro-

vare un proprio ruolo e un nuovo protagoni-smo, anche grazie allo scambio con il territorioe con le giovani generazioni. Una capacità vi-sionaria che l’imprenditore padovano ha mo-strato anche come presidente Ucid».

«Il professor Ferro – è il ricordo di Giovan-ni Scanagatta, segretario nazionale dell’Unio-ne – ha dato il cuore e l’anima per l’Ucid. Ènostra responsabilità lavorare, come lui ci hainsegnato, per un’autentica coscienza impren-ditoriale per il bene comune, segnata da un’al-ta moralità e una grande spiritualità. Solo cosìpossiamo contribuire alla costruzione di unmondo migliore, soprattutto per le giovani ge-nerazioni a cui lui si dedicava con tanto amo-re». Nel periodo in cui è stato alla guida del-l’Ucid nazionale, fra il 2004 e il 2010, Ferro siè speso molto per contribuire al rilancio del-l’Unione. Fra le iniziative cui ha dato impulso,Le giornate di Wojtyla, appuntamenti itinerantiche hanno lo scopo di approfondire argomentidi attualità riguardo aspetti etici, economici e

sociali. Fortemente voluto da Ferro anche l’isti-tuto di Certificazione etica nello sport, impresasociale cui Ucid partecipa: nata per promuove-re un modello virtuoso di gestione dello sport,ha “prodotto” anche una Carta dei valori. I rap-porti nazionali Ucid La coscienza imprendito-riale nella costruzione del bene comune - Abi-tare l’impresa e la professione con sguardo difede, da lui curati, densi di contenuti significa-tivi, sono tuttora una bussola importante perl’Unione. La sua capacità di innovazione e ilsuo sguardo visionario hanno portato anchealla nascita dell’Impresa sociale srl “Strategied’impresa per il bene comune”: nata comeevoluzione del Centro cardinale Giuseppe Siri,è sorta con la finalità di accompagnare im-prenditori e dirigenti nell’applicazione di sceltee modelli che guardano al bene comune. An-che negli ultimi anni, dismessa ogni carica uf-ficiale, aveva continuato a essere un punto diriferimento nell’Ucid. Lo scorso anno, nellapubblicazione edita da Ucid Padova Quandol’economia incontra la società civile, avevaproposto un’acuta riflessione proprio sul temadel welfare generativo: «Continuiamo a basarcisu un sistema di welfare state che non solostabilisce la tipologia degli interventi – scrive-va in quell’occasione – ma anche fissa le mo-dalità esecutive in forma tassativa e rigida. Ciòha creato un assetto burocratico pesante, unafiscalità onerosa, la deresponsabilizzazionedella società, l’impossibilità di risposte tempe-stive ed adeguate ai nuovi bisogni e il prevale-

re di una concezione assistenzialistica (...). Peralimentare la crescita socio-economica biso-gna invece partire dalle persone: devono esse-re responsabilizzate e messe in condizioni diagire. E questo vale soprattutto nei riguardidegli “esclusi”, degli emarginati (...). Trasferitonella società, l’obiettivo di condividere diversitàe diseguaglianze, inizia con la “responsabilitàdei primi” verso i secondi, i terzi, gli esclusi:ecco il significato di un sistema di welfare so-ciety, in cui ciascun soggetto si apre all’altro,in cui chi è “più avanti” è in grado di capirecosa può fare per l’altro affinché progrediscain qualità della vita. La filiera della vita intrec-cia sapientemente e spontaneamente genera-zioni distanti, dando luogo a un circuito natu-rale di sussidiarietà circolare. L’economia dellacondivisione può rappresentare un’integrazio-ne positiva ai meccanismi del mercato, capa-ce, per un afflato donativo comunque presen-te, di produrre coesione sociale».

ANGELO FERRO Il ricordo di un uomo che ha dato cuore e anima per l’Ucid

Ci ha insegnato a inseguire il bene comune

IL CONVEGNO Sabato 19 marzo al Civitas Vitae

Non serve essere grandi Il convegno di sabato 19 marzo sarà occasione per

riflettere, a partire da alcuni casi concreti, su comele piccole e medie imprese possano “costruire”, in rete,modelli di welfare aziendale, anche in risposta ai gran-di cambiamenti che stanno interessando e interesseran-no nel prossimo futuro il sistema generale di welfare,dai mutamenti demografici in atto alla contrazione del-le risorse pubbliche alla trasformazione dei modelli fa-miliari. L’intervento introduttivo sarà curato da FlavioZelco, presidente Ucid Padova.

La parola passerà poi a Fabio Streliotto di Innovasrl, ideatore del progetto welfareNet, iniziativa che tie-ne insieme e valorizza, per la prima volta, il ruolo delwelfare aziendale, territoriale e contrattuale, mettendoin luce contemporaneamente le esperienze e i servizi diwelfare già presenti sul territorio, facilitando la crea-zione di nuovi servizi, strutturandoli e rendendoli ac-cessibili al tessuto imprenditoriale veneto di piccole epiccolissime imprese.

Sarà poi la volta di Giampietro Vecchiato, docente acontratto di “Relazioni pubbliche 3.0” presso l’univer-sità di Padova, invitato a illustrare il ruolo del welfareaziendale come strumento di comunicazione interna eal contempo di vantaggio competitivo per le aziende.Prenderà poi la parola Giulia Lucchini, fresca di laureain Strategie di comunicazione con una tesi dedicataproprio alle esperienze di rete fra Pmi per quanto ri-guarda il welfare aziendale. Chiuderà la riflessionel’intervento qualificato di Tiziano Vecchiato, direttoredella fondazione Zancan, che proporrà un’analisi a te-ma welfare aziendale e welfare generativo.

Angelo Ferro,presidentedell’Ucidnazionaledal 2004 al 2010,promotoredi importantiiniziativediventatepatrimoniodell’interaassociazione(foto Boato).

Inserto al numero 10 del 20 marzo 2016

UCID sezione di Padova - Centro G. Toniolo - Via Dante 55 - Padova - telefono 049-8701939 - fax 049-760313email: [email protected] - sito internet: http://www.ucid.it/sezionepadova/

UCID sezione di Padova - Centro G. Toniolo - Via Dante 55 - Padova - telefono 049-8701939 - fax 049-760313email: [email protected] - sito internet: http://www.ucid.it/sezionepadova/

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Page 2: Lavoratori sereni? L’azienda miglioraII l’impegnoassociativo LA DIFESA DEL POPOLO 20 MARZO 2016 Fra i fondamentali princi-pi etici che muovono e ispirano l’azione del-l’Ucid

II l’impegnoassociativo LA DIFESA DEL POPOLO20 MARZO 2016

Fra i fondamentali princi-pi etici che muovono eispirano l’azione del-

l’Ucid vi è la centralità dellapersona umana, la salvaguardiae la promozione della sua cre-scita, la sua creatività e dignitàattraverso il sano e correttoesercizio dell’impresa e dellaprofessione. A questi principiabbiamo voluto dedicare il per-corso di approfondimento dellasezione padovana dell’Ucid,conclusosi nel giugno 2015,che ha avuto per tema miglio-rare insieme favorendo lo svi-luppo nella sussidiarietà e soli-darietà.

Nei diversi incontri abbia-mo ragionato, tra gli altri, conil pubblico ministero VartanGiacomelli su come l’etica

possa rappresentare un vantag-gio competitivo; abbiamo poiapprofondito con Roberto Cro-sta e Serafino Pitingaro, rispet-tivamente segretario generale eresponsabile del centro studidella Camera dicommercio di Ve-nezia Rovigo Del-ta Lagunare, ilsenso del progettoOltre il Pil, che sipropone di offrire,per la lettura delnostro contestoeconomico, unagriglia di indicato-ri che vanno oltre quello tradi-zionale del Pil e che aprono al-la riflessione su nuovi possibilimodelli di sviluppo. Da qui ènata l’idea di proporre un’ana-

lisi dedicata al tema del welfa-re, che intreccia molte delle do-mande e delle questioni susci-tate nel corso delle nostre ri-flessioni. Nell’Evangelii gau-dium papa Francesco definisce

il ruolo degli im-prenditori conun’espressione ef-ficace e al contem-po molto impegna-tiva: «La vocazio-ne di un imprendi-tore è un nobile la-voro, sempre chesi lasci interrogareda un significato

più ampio della vita; questo glipermette di servire veramenteil bene comune» (p. 203). Uninvito che è al contempo una“consegna” importante per chi

si trova ad avere la responsabi-lità della gestione di un’impre-sa: non bisogna mai dimentica-re che il ruolo dell’imprendito-re non è solo quello di “farquadrare i conti” e di assicurareil profitto. Ecco che, in questaconcezione, anche il welfareaziendale non deve essere con-cepito come un elemento “ac-cessorio” o un insieme di misu-re da studiare a tavolino, macome una prassi quotidiana, unatteggiamento dell’impresaverso i lavoratori che nasce dauna spinta etica e in molti casi,anziché rivelarsi un costo, sitraduce in un vantaggio com-petitivo, perché migliorare ilclima significa agire anche sul-la leva della produttività.

Un atteggiamento ben rias-

sunto dalle parole di una delleimprenditrici che abbiamo in-contrato durante il nostro viag-gio, Debora Zanon della Zanonprefabbricati di Cittadella: «Ilwelfare? Forse l’abbiamo sem-pre “fatto” prima ancora di sa-pere che si chiamasse così.Semplicemente era ed è unmodo per far star bene i nostrilavoratori, vero motore del-l’azienda. Per me si tratta dimettere in pratica le cose chemi ha insegnato mio nonno».Insomma, senza una relazionefra dipendenti e imprenditori –basata sull’ascolto e sulla valo-rizzazione dei rispettivi ruoli –anche il miglior piano di welfa-re è destinato a naufragare.

Flavio ZelcoPresidente Ucid Padova

Nelle foto,Flavio Zelco

e l’aula Nervigremita

dai soci Ucidlo scorso

31 ottobreper l’udienza

con papaFrancesco.

EDITORIALE L’impegno dell’Ucid nel solco della dottrina sociale e dell’Evangelii gaudium

Per fare bene gli imprenditori,mettiamo sempre al centro la personaIl ruolo di chi dirige un’azienda non è solo quello di “far quadrare i conti”.

C’è una responsabilità più ampia: la promozione della persona umana,della sua creatività e della sua dignità che trova nel lavoro uno spazio

privilegiato. In questo siamo chiamati a far emergere i veri valori cristiani

Il welfare aziendale (WA) agisce nel campodei diritti dei lavoratori mentre il welfare gene-

rativo (WG) agisce in un campo molto più vastoperché non riguarda soltanto i lavoratori ma la tu-tela dei diritti di ogni persona. La natura del primo(WA) ha una portata specifica che, proprio perchériguarda la tutela del reddito da lavoro, si occupa direndere più redditizie le forme di remunerazionedel lavoro in termini di denaro e di servizi. La diffe-renza non riguarda solo la modalità di trasferimen-to del corrispettivo in euro per il lavoro prestato,ma la quantità e qualità di valore che viene ricono-sciuto a chi beneficia di prestazioni di welfareaziendale.

Il valore dei servizi è normalmente più alto del-l’equivalente in euro che poteva essere corrispo-sto. In pratica un carrello spesa all’azienda costa dimeno che al lavoratore e quindi riceverlo in quota

welfare aziendale significa poter ottenere di più, aparità di risorse utilizzate. Le soluzioni pubbliche diwelfare assistenziale tradizionale erogano preferi-bilmente denaro invece che servizi, ma il potenzia-le di aiuto del denaro è quasi sempre inferiore deiservizi. Chi è contrario può dire che con il denarouno può scegliere cosa gli è più utile. Proprio perquesto negli accordi di welfare aziendale il venta-glio di prestazioni è concordato per garantire coseutili e maggiore convenienza economica (buoniscuola, servizi per la non autosufficienza, servizi diutilità quotidiana), sapendo che acquistarli da solisarebbe meno conveniente. Il valore dei servizi allapersona e alla famiglia è infatti normalmente piùalto in regime di acquisto individuale rispetto al-l’acquisto collettivo.

Nel welfare tradizionale questo avviene nor-malmente nel campo dei servizi sanitari. Il pro-ca-pite sanitario, pari a circa 1.800 euro rispetto a unvalore complessivo del fondo sanitario nazionale dicirca 110 miliardi di euro, sarebbe del tutto insuffi-ciente per acquistare le prestazioni sanitarie inclu-se nei livelli essenziali di assistenza e utilizzatenormalmente in un anno solare. Significa che sipuò avere di più se la strategia di utilizzo dei fondia disposizione è in grado di moltiplicare il valore eredistribuirlo.

Qualcosa di analogo, ma su scala più limitata,avviene con il welfare aziendale, ad esempio peravere prestazioni sociosanitarie extra-lea, cioè ul-teriori rispetto a quanto previsto dai livelli essenziali

di assistenza o per altre risposte contrattualizzatedal WA. Lavoratori, sindacati, datori di lavoro sannoche il welfare aziendale può contribuire a maggio-rare e migliorare il rendimento di una parte delreddito da lavoro. In pratica agiscono come un Gas(gruppo di acquisto solidale) per avere di più a pa-rità di risorse.

Il welfare generativo non ragiona così. Il suoorizzonte è più ampio e ambizioso a partire da unproblema: come passare dal raccogliere (r1) e re-distribuire (r2) a un maggiore rendimento (r3) dellerisorse, trasformando le amministrazioni assisten-ziali in gestioni non solo redditizie, ma anche capa-ci di impatto ri-generativo (r4) delle risorse a di-sposizione. È possibile con il concorso al risultato

degli aiutati, responsabilizzandoli (r5) a beneficioproprio e degli altri. In questo modo la produzionedi valore aumenta notevolmente e può garantiremaggiori vantaggi per tutti, in termini di dividendosociale e di maggiore capacità di ridurre le disu-guaglianze.

Le integrazioni tra welfare aziendale e welfaregenerativo sono possibili e auspicabili. Possono es-sere sviluppate lungo l’asse r1-r2-r3, cioè inte-grando le strategie di rendimento delle risorse, elungo l’asse dei potenziali generativi (r4-r5) cheogni beneficiario di welfare può esprimere, accet-tando e valorizzando l’incontro tra diritti e doverisociali.

Per saperne di più: www.welfaregenerativo.it

Un nuovo approccio, in azienda e nella società

Alcuni dei volontariCaritasimpegnatinelle attività del Fondostraordinariodi solidarietà,una delle più feliciesperienze di welfaregenerativo .

LA RIFLESSIONE Welfare aziendale e generativo di Tiziano Vecchiato - direttore Fondazione Zancan

SEZIONE DI PADOVA

La vocazionedi un imprenditoreè un nobile lavoro.

Ma per servire veramenteil bene comune

deve lasciarsi interrogareda un significato

più ampio della vita

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IIILA DIFESA DEL POPOLO20 MARZO 2016

Nelle foto,a sinistradon MarcoCagol.Sopra,il vescovoAntonioin visitaalle aziendedella zonaindustrialelo scorsomaggio.

l’impegnoassociativo

«La dottrina sociale della Chiesa parladi impresa come “comunità di persone”: il

fatto che all’interno di un’azienda ci si preoc-cupi del benessere della persona nella sua in-tegrità è pienamente coerente questa visione»,spiega don Marco Cagol, vicario episcopaleper i rapporti con il territorio e consulente ec-clesiastico di Ucid Padova.

«Se l’impresa è una comunità, ecco che ènecessario guardare alla persona in tutte lesue dimensioni oltre quella del lavoro. Conun’attenzione complessiva però: spingere mol-to sul welfare aziendale non deve essere moti-vo per “squalificare” il welfare universale. In-somma, chi sostiene il welfare aziendale deveguardare e preoccuparsi in qualche modo delwelfare più in generale, altrimenti il rischioconcreto è che si creino isole felici dove i lavo-ratori sono tutelati e godono di strumenti diwelfare e altri luoghi dove non c’è nulla di tut-to questo, con un’evidente disparità».

I questionari anonimi sottoposti dal pro-getto WelfareNet a un campione di 60 piccolee medie imprese, hanno evidenziato come in

cima alle richieste e ai desiderata dei lavorato-ri non ci sia, come ci si potrebbe attendere,l’aumento di stipendio. Un’istanza certo consi-derata importante, ma che nella maggior partedei casi viene solo dopo la richiesta di mag-giore flessibilità, di formazione e di valorizza-zione professionale e personale.

Un dato che non stupisce più di tanto donCagol: «È molto chiaro: tutte le volte che guar-diamo alla persona riconducendola solo allaquestione economica facciamo un’operazionedi riduzionismo che non spiega la realtà. Se lostipendio è certo un aspetto importante, que-sta indagine mostra ancora una volta come lepersone, anche nell’ambiente del lavoro, ab-biamo molto più bisogno di altri elementi: undato che ha molto a che fare con la questionedel senso del lavoro. Pensare che le personelavorano solo perché devono portare a casa lostipendio è, appunto, fare un errore antropolo-gico e non tenere conto che il lavoro ha perl’uomo un significato molto più ampio. Eccoallora che chi nel proprio lavoro non trova unsenso umano e relazionale si accontenteràdello stipendio, lavorerà soltanto per riceverela busta paga a fine mese, con un grandesvantaggio per l’impresa stessa. Aiutare i di-pendenti a trovare questo senso è anche re-sponsabilità dell’impresa: se a un lavoratorechiedi solo di “fare numeri”, quel lavoratoreguarderà solo ai suoi numeri; tanto più le im-prese riescono invece a fondare la loro attivitàprestando attenzione al valore delle persone,tanto più i lavoratori guarderanno anche ad al-tri aspetti che non sono solo i numeri dello sti-pendio, pur importanti, con grande vantaggioper tutti».

C’è chi dice che la crisi in molte realtà ha

“spazzato via” l’attenzione al welfare azienda-le, chi al contrario sostiene che proprio negliultimi anni sia cresciuta la sensibilità da partedegli imprenditori su questo versante, chi an-cora “bolla” le misure di welfare come opera-zioni di immagine messe in campo dalle im-prese senza che vi sia un piano strategico euna visione complessiva.

«Non vedo delle tendenze generalizzate –continua il vicario episcopale – anche in que-sto caso, molto dipende dalle persone chehanno la responsabilità di guidare l’azienda.Se posso rilevare un’evidenza, anche in que-

sto caso senza generalizzare, riguarda il fattoche quando le aziende sono in mano ad azio-nisti anonimi, con proprietà non riconducibili anessuno e poco “individuabili” anche da partedei lavoratori, questo potrebbe snaturare le re-lazioni classiche all’interno dell’azienda e puòportare a strategie che guardano al profittomassimizzato come unico fine nel breve perio-do. Anche in questo caso esistono delle fortu-nate eccezioni, perché aziende nelle mani diazionisti “esterni” possono affidarsi a managerilluminati in grado di mettere in campo atten-zioni specifiche verso la persona...».

DOTTRINA SOCIALE Don Marco Cagol, consulente ecclesiastico Ucid

«Sentirsi valorizzati conta più dei soldi»

Le principali difficoltà che connotanol’attuale sistema di welfare non riguardano

un suo cattivo funzionamento, quanto piuttostoun suo indispensabile adeguamento per farfronte alle trasformazioni della società in atto.Le caratteristiche della società dei nostri giorniimplicano la necessità di costruire un welfarein grado di valorizzare la libera scelta di realiz-zazione del cittadino e della famiglia, attraver-so l’attivazione delle capacità del soggetto el’ampliamento dei suoi margini di autonomia odi libertà sostanziale (Venturi, Rago, 2012). Unwelfare “intelligente”, ovvero capace di legge-re attraverso le esigenze dei territori, anticipa-re l’emersione della domanda e socializzare ibisogni grazie all’azione della pluralità di attoriche lo compongono.

La crisi ha avuto un impatto particolar-mente grave sulle finanze pubbliche e, conse-guentemente, anche sui servizi di protezionesociale e sulle fasce più vulnerabili della popo-lazione. Pertanto, la costruzione di un nuovowelfare necessita dell’azione congiunta di di-verse tipologie di attori: amministrazioni locali,terzo settore e Imprese. In una società in cui lerisorse pubbliche sono in contrazione e i pro-blemi sociali in aumento, vi è la necessità diricostruire una trama sociale capace di attiva-re soluzioni generative. La strategia più pro-mettente è quella di affiancare al welfare sta-tale un “secondo welfare”, fornito da una va-

sta gamma di attori collegati in reti con un for-te ancoramento territoriale.

Tale approccio vuole mobilitare gran partedella società civile che partecipa e investe suivalori della sussidiarietà, della reciprocità e delbene comune. Soprattutto diventa indispensa-bile che le imprese siano uno degli principaliattori di questa “innovazione sociale”. L’inno-vazione può essere colta partendo dall’analisidei modelli di welfare virtuosi a livello europeo,in particolare merita di essere approfonditouno strumento ancora poco diffuso in Italia, ilwelfare aziendale.

Tale strumento può rappresentare – seopportunamente declinato tenendo conto dellepeculiarità italiane, a partire dalla dimensioned’impresa – un primo passo verso un “secon-do welfare”, che tenga proficuamente assiemecomponente pubblica e privata. Il welfareaziendale non va visto nell’ottica di un atto difilantropia, ma come un’azione win-win, dovesia il lavoratore che l’impresa traggono van-taggi.

Vi sono già alcune esperienze significativenel nostro paese, tuttavia riguardano soprat-tutto imprese di grandi dimensioni. Ciò non to-glie che sia possibile portare anche le piccolemedie imprese verso il welfare aziendale, co-struendo un percorso che aiuti a creare retiterritoriali e le supporti nella gestione dei ser-vizi. In Italia una delle sperimentazioni più inte-ressanti è WelfareNet, uno strumento che fa-vorisce la cooperazione tra imprese, enti bila-terali, enti pubblici locali, terzo settore e partisociali, vale a dire tra tutti quei soggetti che avario titolo possono facilitare la conciliazionevita-lavoro.

WelfareNet supporta le Pmi nel realizzarepiani di welfare territoriale, dando benefici siaall’azienda, in termini di produttività, organiz-zazione aziendale e risultati economici, che allavoratore, migliorando il benessere e la con-ciliazione tra la sua vita personale e professio-nale. Ma a guadagnarci è pure il territorio per-

ché vede valorizzati e sostenuti, anche econo-micamente, i servizi presenti.

Concludo citando Breyton e Petrini (2012):la competitività di un’impresa e il benesseredella comunità circostante sono strettamenteinterconnessi: così come l’azienda necessitadi una comunità in buona salute per poterusufruire di personale competente, di un am-

biente in grado di investire e innovare e di unadomanda effettiva dei suoi prodotti, allo stessomodo la comunità ha bisogno di imprese disuccesso per mettere a disposizione posti dilavoro e opportunità per creare ricchezza ebenessere. E ambedue necessitano di politi-che pubbliche che regolino in modo adeguato,incentivandone le interconnessioni.

IL PROGETTO Mettere in rete le risorse del territorio di Fabio Streliotto - Innova S.r.l.

Impariamo dai modelli virtuosi europei

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IV welfareinazienda LA DIFESA DEL POPOLO20 MARZO 2016

PROGETTO NOW Una grande azienda “diffusa”

La strategia giustaè essere flessibili

Dici cooperativa sociale e pen-si – istintivamente – a lavora-tori con contratti precari, sem-

pre “sul filo”. Un po’ perché i casimeno virtuosi sono spesso quelliche più fanno notizia, un po’ perchéi continui tagli delle risorse pubbli-che, e gli appalti al massimo ribas-so, hanno indotto molte realtà a ri-spondere alla crisi agendo sulla levadel costo del lavoro.

La prima sorpresa, incontrandoClaudia Filippi, responsabile risorseumane della Cooperativa socialeProgetto Now di Conselve, è quelladi scoprire che i 145 lavoratori sonoquasi tutti a tempo indeterminato,appena 5 i consulenti esterni. Il nu-mero dei dipendenti è quello di unagrande azienda, con la differenzache i lavoratori – anziché essereconcentrati per lo più in una o duesedi – sono “distribuiti” in un terri-torio vasto, nei diversi servizi ga-rantiti dalla cooperativa, che vannodai nidi e scuole d’infanzia (12 intotale) all’assistenza domiciliare peranziani, dalla gestione delle Medici-ne di gruppo integrate all’attività diformazione. In un quadro di questotipo, riuscire a mantenere forte il le-game dei dipendenti con l’azienda èimpresa che richiede un doppiosforzo. Anche a partire da questa

consapevolezza la cooperativa haattivato da tempo tutta una serie diazioni significative. In una realtà incui i dipendenti sono in larga partedonne, i temi della maternità e dellaconciliazione lavoro-famiglia sonopiù che mai centrali. A una politicadi flessibilità nella concessione deipermessi e nella gestione degli orarisi affianca anche un piano per la ge-stione delle lunghe assenze.

Se in genere le aziende più sen-sibili a questo tema si preoccupanosoltanto di garantire alla mamma dipotersi prendere senza ansie il tem-po necessario per la cura del neona-to, Progetto Now ha deciso di fareun passo in più: «La maggior partedelle lavoratrici – spiega la Filippi –svolge lavori a rischio, come l’in-fermiera o la maestra d’asilo, ed ec-co che spesso le assenze in caso dimaternità sono per un periodo di unanno e mezzo o due. Ci siamo resiconto che spesso succedeva che laneomamma, al rientro dal lavorodopo un tempo così lungo, si ritro-vasse un po’ spaesata, anche per icambiamenti intervenuti nel frat-tempo. Ecco che abbiamo pensatodi mettere in atto la logica del keepin touch: se la lavoratrice ha piaceredi essere contattata, la invitiamo an-che nel periodo di assenza a parteci-pare ai momenti di festa o alle as-semblee, così come ai momenti diformazione. Per gestire il rientronon aspettiamo la settimana prima,ma già nei mesi precedenti comin-ciamo i contatti e mettiamo in attoun piccolo lavoro di ascolto per ca-pire come sono cambiate le esigen-ze della neomamma e come può es-sere reinserita nel rispetto delle esi-genze di servizio e dei suoi biso-gni».

Se la sharing economy è spessocitata come uno dei modelli econo-mici emergenti alternativi al consu-mismo, perché basata sulla logicadello scambio di beni e servizi, inpoche occasioni si è approfondito il

valore dell’impiego di pratiche diquesto tipo come strumenti di wel-fare aziendale. Il progetto “salvatempo-salva reddito” messo in cam-po da Progetto Now, grazie a un fi-nanziamento regionale, nasce pro-prio da questa logica.

Lo “scambio”, a beneficio deisoci della cooperativa (molti deiquali dipendenti) avviene su più li-velli: «Mettiamo a disposizionel’accesso, a tariffe convenzionate eanche fuori dall’orario di lavoro, amolti dei servizi che offriamo al-l’utenza, dalla consulenza legale al-lo sportello dello psicologo fino al-l’accesso a tariffe ridotte agli asili».Ma le misure salva-tempo si tradu-cono spesso anche in alcuni piccoliservizi a costo zero che risultanodavvero preziosi: così, ad esempio,l’operatore che si reca in posta perpagamenti o commissioni collegatealla cooperativa è anche a disposi-zione dei dipendenti, che possonopagare una bolletta o ritirare unaraccomandata senza dover fare isalti mortali per raggiungere l’uffi-cio postale prima della chiusura.

Progetto Now ha inoltre attivatoun progetto con due cooperative delterritorio, Giovani Amici e Alam-bicco: le tre realtà hanno deciso dimettere a disposizione dei dipen-denti delle altre cooperative alcunifra i servizi erogati e hanno poimesso in campo tutta una serie di

convenzioni con gli esercizi com-merciali e i servizi del Conselvano:convenzioni che prevedono adesempio una scontistica in molti ne-gozi, o ancora agevolazioni signifi-cative dal dentista, dalla parrucchie-ra o in palestra.

La stessa logica “guida” il pro-getto Moltiplica, avviato da Con-fcooperative Padova, che ha coin-volto 30 realtà fra cui ProgettoNow: ogni cooperativa ha reso di-sponibile, per i soci-lavoratori dellealtre cooperative, un determinatoservizio a tariffe agevolate. Si vadalle cooperative agricole che offro-no sconti sui loro prodotti ai serviziassistenziali fino alle bomboniere,dai piccoli interventi di manutenzio-ne al giardinaggio, con un vantag-gio generato davvero enorme. OraProgetto Now si sta preparando afare un ulteriore passo: «A breve –spiega la responsabile risorse uma-ne – sarà attiva una bacheca online“scambio-offro-cerco” dedicata ainostri soci. Io ti faccio l’orlo del ve-stito, tu in cambio mi prepari unatorta, io ho dei vestiti del mio bam-bino che non gli vanno più bene, tuin cambio mi offri la bicicletta chetuo figlio non usa più: questol’esempio degli scambi che voglia-mo attivare. In parte sono già attiviin modo informale, con l’aiuto delportale vogliamo sostenerli e farlicrescere».

Con decine di servizi dislocati nel territorio e una forte presenza di donne, è fondamentale gestire permessi, orari, ferie guardando

ai tempi di vita. E investire in formazione e momenti d’incontro

Nella foto sopra, Claudia Filippi,responsabile risorse umane

della cooperativa socialeProgetto Now di Conselve.

Quali sono le ragioni che spingono una coope-rativa sociale a preoccuparsi dei temi del welfare

e a mettere in campo misure specifiche per i proprisoci e lavoratori? «Da una parte – spiegano da Pro-getto Now – siamo convinti che azioni di questo tipo,che non chiedono un investimento di risorse se nonin termini di ore lavoro da parte di chi le mette incampo, contribuiscano a rinforzare il senso di appar-tenenza fra i soci e i lavoratori, soprattutto in una re-altà come la nostra in cui dipendenti sono divisi frapiù sedi, svolgono mansioni diverse e purtroppo nonhanno la possibilità di incontrarsi quotidianamente. Ilcontratto nazionale dei lavoratori delle cooperativesociali, si sa, prevede livelli di stipendio inferiori ri-spetto ad altre tipologie di contratti: ecco che misurecome quella delle convenzioni per accedere in modoagevolato a servizi presenti sul territorio o ai prodottie ai servizi offerti da altre cooperative sono utili a da-re un contributo in questo senso».

La rete fra le cooperative è spesso anche un for-

midabile strumento di marketing, perché permette diincontrare nuovi possibili acquirenti e far conoscere ipropri prodotti o servizi: così, ad esempio, la coope-rativa agricola del territorio che produce vino biologi-co trova nei lavoratori delle cooperative “convenzio-nate” un gruppo di acquisto che contribuisce aestendere la rete distributiva e far conoscere il pro-prio prodotto, ma anche la storia e i valori da cui traeorigine.

«Le convenzioni con i commercianti del territorio,che hanno risposto tutti molto positivamente alla no-stra proposta quando siamo andati a incontrarli auno a uno – precisano poi dalla cooperativa socialedi Conselve – sono state occasione per far conosce-re meglio la nostra realtà e creare nuove relazioni:questo tipo di incontri, infatti, spesso ci hanno datola possibilità di raccontare cosa facciamo e spiegareil senso del nostro impegno, prima ancora che diproporre l’attivazione di una convenzione».

Il ritorno è stato positivo anche per i commer-

cianti del territorio, che possono far conoscere i loroprodotti e servizi a un bacino più vasto di “potenzialiclienti”. Anche a Progetto Now, infine, la formazioneè centrale: numerosi i corsi proposti ai dipendenti nelcorso dell’anno.

Molti i servizi di welfare per il territo-rio che vedono impegnata Progetto

Now, nata a Conselve nel 1997, oggi fra lecooperative più grandi – in termini di di-pendenti e di numero di servizi offerti –del Padovano. Accanto alla gestione diasili nido e scuole dell’infanzia, alla ge-stione di spazi di aggregazione per ragaz-zi, doposcuola, servizi di sostegno educa-tivo domiciliare e laboratori nelle scuole,anche l’organizzazione di corsi promossidai comuni e rivolti ad aspiranti baby sit-ter, che seguono lezioni condotte da edu-catori, psicologi infermieri e avvocati dellacooperativa cui si affianca una formazio-ne sul campo. Famiglie al centro è inveceun servizio specialistico che nasce pervalorizzare e supportare la famiglia nelsuo ruolo di agente “educante”.

Per maggiori info: www.coopnow.it

I SERVIZI Scuole dell’infanzia,asili nido, sostegno educativo,doposcuola, corsi per baby sitter

PROGETTI Collaborando con altre realtà del privato sociale e con i commercianti si fa conoscere l’impresa

Fare rete tra cooperative e costruire vere relazioni nel territorio

SEZIONE DI PADOVA

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Visitare la Paoul a Saonara significa fa-re un viaggio, davvero suggestivo, at-traverso un tratto di storia del Made in

Italy, in un settore – quello della moda edell’accessoristica – che forse più di ognialtro è “bandiera” nel mondo di quella cul-tura del bello e di quel “saper fare” che ren-de così famose e apprezzate le nostre pro-duzioni in quasi ogni angolo del globo.

Le splendide e spesso elegantissimescarpe da ballo e da sposa che escono dallostabilimento alle porte di Padova sono fra lepiù apprezzate, non hannoeguali per livello qualitativo inItalia e nel mondo: dal ballo dicoppia al ballo di sala, dalledanze standard a quelle latino-americane, la Paoul producecalzature specifiche per ognidisciplina, esportando all’este-ro il 50 per cento della produ-zione attraverso 50 rivenditori,cui si affiancano i 137 rivendi-tori italiani. Negli ultimi anni,con la crisi del mercato italiano, la distribu-zione si è spostata ancor più all’estero: fra imercati più interessanti in questo momentola Cina, la Russia e gli Stati Uniti.

Alcuni modelli sono dei veri e proprigioielli da collezione, per la qualità dellafattura e per il pregio dei materiali utilizzati:in diverse occasioni le calzature Paoul sonoapparse ai piedi dei divi di Hollywood, im-mortalate in film diventati poi celebri.

Katia Pizzocaro, al timone dell’aziendaassieme alla madre Maria Teresa e alla so-rella Cinzia – che si occupa di stile e produ-zione – dopo la scomparsa del padre nel

2013, racconta con orgoglio la storia di que-st’impresa che oggi conta 27 dipendenti eregistra due milioni di fatturato.

«Mio padre ha iniziato nel 1967 facendoil terzista, realizzava la tomaia e altre com-ponenti delle calzature. Parallelamente peròaveva sempre coltivato la passione per il de-sign e la modelleria e aveva frequentato an-che una scuola di formazione su questiaspetti: a un certo punto, quando ha iniziatoa trovarsi di fronte a richieste “singolari”come delle scarpe per una rappresentazione

teatrale o uno “stivale” per lapolizia, ha deciso di provare afare da sé, visto che si era ac-corto che questo tipo di richie-ste difficilmente trovavano ri-sposta».

L’intuizione arriva quandoPaolo si iscrive a un corso diballo e si accorge di come difatto mancasse nel nostro pae-se, nonostante la forte tradizio-ne nel calzaturiero, un’offerta

di scarpe da ballo: tutte le calzature veniva-no importate dall’Inghilterra. Da qui la de-cisione di dedicarsi a questo tipo di produ-zione: inizialmente la distribuzione è limita-ta al territorio, ma già oltre trent’anni fa co-minciano le prime esportazioni.

Il clima che si respira oggi in azienda èpiuttosto informale: «Sono convinta che ilmodello di relazione datore di lavoro-dipen-dente sia un po’ superato – è la riflessionedi Katia Pizzocaro – un “vestito” che allalunga può risultare stretto per un’azienda.Con le ragazze con cui collaboro più da vi-cino c’è un rapporto diretto, spesso ci scam-

biamo messaggini alla domenica o alla seraperché ci viene un’intuizione o un’idea nuo-va da sviluppare. Capita ogni tanto che do-po l’orario di lavoro ci fermiamo qui peruna pizza, per fare due chiacchiere e scam-biare alcune idee su questo o quel progetto,per capire insieme quale sia la strada giustada seguire di fronte a una scelta difficile: sifermano con piacere, non è un’imposizione,perché si sentono davvero coinvolte nellavita dell’azienda. È chiaro che la decisionefinale spetta a me – che poi condivido conmia mamma e mia sorella – ma quasi inogni situazione le collaboratrici che mi af-fiancano sono fonte preziosa di “energie” edi “idee”. Ad esempio, due collaboratriciche sono a contatto diretto e quotidiano coni clienti mi forniscono spesso indicazionipreziose perché colgono delle esigenze cheio, facendo un lavoro di “supervisione”,magari non riesco a cogliere. Di recente ab-biamo ragionato insieme sul nuovo piano dicomunicazione per i social, sono usciti deibellissimi spunti. Mi accorgo che il fatto diessere considerate come “parte attiva” di unprocesso le motiva tantissimo, e anche i ri-sultati in termini di produttività si vedono».

VLA DIFESA DEL POPOLO20 MARZO 2016 welfareinazienda

PAOUL La grande tradizione artigiana al servizio di nuovi mercati

Fare azienda è condividere idee

Fra i luoghi che caratterizzano laPaoul anche la cucina, spazio di

relazione e di scambio di idee, c’è poiun servizio catering che garantisce ilpasto per chi non rientra a casa: «Ab-biamo notato – spiega Katia Pizzoca-ro – come il fatto di pranzare tutti inuno spazio comune, anziché a piccoligruppi nei diversi bar della zona, hacontribuito a migliorare molto il clima,si è creata una maggiore confidenza».

Per andare incontro alle diverseesigenze dei dipendenti, gli orari sonomodulati su due turni diversi, che pre-vedono un’ora o due ore di pausapranzo.

«Anche per quanto riguarda i per-messi cerco di non essere rigida. Vedotante aziende che lavorano ancora conil “vecchio sistema”, ma sono convinta

che in questo modo le persone finisca-no per sentirsi in gabbia».

Come nelle altre aziende che si so-no sottoposte a un percorso di coun-selling sui temi del welfare, a sorpresain cima alle richieste espresse dai di-pendenti non c’è l’aumento dello sti-pendio: un aspetto considerato impor-tante, ma comunque giudicato menorilevante rispetto alla richiesta di unambiente positivo, che valorizzi il meri-to e gli aspetti motivazionali e che con-senta – anche attraverso la flessibilitàdegli orari – una buona conciliazionecon la vita personale.

«Proprio sulle relazioni e sul climaaziendale abbiamo deciso di lavorareancora quest’anno, anche attraversoun percorso di formazione specifico»,spiega infine la Pizzocaro.

PROGETTI Spazi e formazione per migliorare le relazioni

Non c’è soltanto lo stipendio

Il vecchio modellodi relazione tra il titolaree i dipendenti in azienda

non funziona più.Se la decisione finalespetta sempre a noi,

a monte c’è un confrontoche aiuta tutti a crescere

Nella fotoa sinistra,Katia e CinziaPizzocaro,al timonecon la madreMaria Teresadell’aziendafondatadal padrenel 1967.

Una fitta rete di rivenditori, il coraggio utilead affrontare i mercati esteri, la continua

voglia di sperimentare e creare prodottiper rispondere alle nuove esigenze dei clienti.Puntando su una raffinata sapienza artigianama anche sul confronto continuo in aziendae sul coinvolgimento diretto dei dipendenti

MUSEO AZIENDALE Vuol raccontarea chi arriva 45 anni di storia e di lavoro

La sede “storica” di Paoul, in via Vigono-vese a Padova, ospita oggi un museo tutto

dedicato alla storia dell’azienda. La collezioneprivata di calzature raccolte in questi spazi“racconta” un percorso lungo 45 anni, chetratteggia, attraverso uno straordinario viaggio,l’evoluzione storica dell’artigianato calzaturie-ro e di un distretto, quello della Riviera delBrenta, che l’ha reso famoso nel mondo.

Spesso i buyers internazionali in visita al-l’azienda vengono accompagnati nella sededel museo per un tour guidato che li aiuta aconoscere più da vicino le radici dell’azienda,la sua storia, il valore dei suoi prodotti che na-scono da una lunga tradizione artigianale.Un’occasione per scoprire anche come la pro-duzione delle calzature sia cambiata nel corsodegli anni.

Uno spazio prezioso all’interno dell’aziendaè la sala collaudi, 350 metri quadri dove, quoti-dianamente, vengono testati, ai piedi di balleri-ni professionisti, i prototipi delle calzature“ideate” dall’area stilistica del calzaturificio.

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BERTO Flessibilità degli orari, buoni spesa, premi di risultato. Così si costruisce benessere

Alla Berto srl, azienda com-merciale di Tombolo che ge-stisce un punto vendita di ri-

cambi industriali, si respira un’aria“di famiglia”. Vuoi per i numeri –10 dipendenti – vuoi perché il turnover è molto basso e il clima, a tuttii livelli, è piuttosto informale e di-steso, come evidenziato dai lavora-tori nei questionari anonimi e nelpercorso di ascolto condotto inazienda. Con 10 dipendenti e un fat-turato di circa 2,7 milioni non sipossono pensare a grandi investi-menti nel campo del welfare azien-dale, ma l’esempio di questa realtàè la conferma che preoccuparsi delbenessere dei dipendenti con misureconcrete non è solo materia appan-

naggio delle grandi imprese. Nonsolo: spesso piccoli interventi – acosto zero – producono risultati in-sperati. È il caso della flessibilitàdegli orari: «Per rispondere a una ri-chiesta partita dai miei collaborato-ri, mi piace chiamarli così e non di-pendenti – spiega l’amministratoreunico Giuseppe Boschiero – alla fi-ne io che volevo semplicementecercare di andar loro incontro, misono trovato ad avere un vantaggioper l’azienda».

Il percorso di ascolto in aziendaaveva infatti evidenziato, come uni-ca criticità per alcuni dipendenti,quella degli orari. Le due ore dichiusura in pausa pranzo per qual-cuno erano un tempo troppo lungo,

mentre altri promuovevano questotipo di organizzazione del lavoroperché consentiva di tornare a casa.Da qui, dopo un confronto con i la-voratori, la decisione di consentiread alcuni di riprendere alle 14 perfinire mezz’ora prima, mentre chiinizia alle 14.30 si ferma fino allachiusura. «In questo modo – spiegaBoschiero – abbiamo esteso di mez-z’ora l’orario di apertura del nego-zio: come imprenditore, a conti fat-ti, ci ho guadagnato perché ho mi-gliorato il servizio senza ricorrere alpagamento di straordinari». Misuresignificative sono anche l’erogazio-ne di buoni spesa o la scelta di con-cedere dei premi di risultato. «Pur-troppo – è la riflessione di Boschie-ro – l’eccessiva tassazione non aiutaa valorizzare lo sforzo di condivi-sione del benessere economico ge-nerato dall’azienda e distribuito aicollaboratori».

L’imprenditore non fa mistero diconsiderare l’azienda un po’ comeuna seconda famiglia, anche perchéla sua storia è fortemente intrecciataa quella della sua famiglia: «Tutto ècominciato da mia mamma, poi l’haaffiancata anche mio papà, dopoqualche anno hanno assunto una di-

pendente, una ragazza di 16 anniche è diventata “una di famiglia”,perché in parte aiutava mio papà atenere la contabilità, in parte ci fa-ceva da babysitter. Anche quandol’azienda è cresciuta ho cercato dimantenere lo stesso clima: fa partedella mia storia familiare, ma è an-che un atteggiamento che viene dal-le mie esperienze nell’associazioni-smo cattolico. I valori che ho impa-rato, mi sono sempre detto, nonposso viverli solo fuori dall’azien-da. Non credo di aver fatto grandicose: semplicemente, a partire dallaconvinzione che le persone vengo-no prima delle macchine, in aziendacerchiamo di ascoltarci reciproca-mente per trovare le soluzioni che cifanno star bene assieme e al tempostesso fanno star bene anche la no-stra azienda. Andando in giro ci ècapitato di sentirci chiedere il moti-vo per cui la nostra realtà non ha ro-tazione di personale, in un mercatodel lavoro così mobile. Penso chequesto dipenda soprattutto dal fattoche i lavoratori si trovano bene. Pernoi, l’assenza di turn over è un fortevalore aggiunto e magari il fatto di“farlo presente” anche fuori ci aiutaa trovare dei bravi collaboratori».

«Il welfare? Forse l’abbiamo sempre“fatto” prima ancora di sapere che co-sa fosse... Semplicemente era ed è un

modo per far star bene i nostri lavoratori,vero motore dell’azienda. Per me si tratta dimettere in pratica le cose che mi ha inse-gnato mio nonno».

Debora Zanon è la responsabile dell’uf-ficio tecnico della Prefabbricati Zanon diCittadella: l’azienda, nata nel 1950, vedecome soci il padre di Debora e lo zio, contauna sessantina di dipendenti e raggiunge unfatturato di 14 milioni di euro. Fra i dipen-denti, molti dei quali con un’anzianità diservizio di 30-35 anni, anche 20 lavoratoristranieri. Molti sono arrivati fra gli anni Ot-tanta e gli anni Novanta, con le prime onda-te di migrazioni nel nostro paese: all’iniziofaticavano a trovare un alloggio, vuoi per icosti non accessibili, vuoi per le difficoltàdella lingua, in qualche caso perché i loca-tori preferivano affittare esclusivamente aitaliani. Un problema di cui l’azienda ha de-ciso di farsi carico direttamente: «Abbiamouna decina di alloggi di nostra proprietà cheaffittiamo loro a condizioni agevolate».

Per andare incontro alle esigenze dei la-voratori l’azienda ha inoltre allestito damolto tempo un servizio di mensa, affidatoa un catering esterno. Di recente poi la Za-non ha messo in campo un piccolo progettoche “tiene insieme” welfare e comunicazio-ne interna.

L’edilizia, si sa, è fra i settori che hannosofferto e soffrono la crisi in misura mag-giore, e i dipendenti della Zanon hanno as-sistito alla chiusura di molte imprese delterritorio. L’azienda di Cittadella è fortuna-

tamente in buona salute, il bilancio 2015 siè chiuso in positivo e anche di recente sonostate fatte nuove assunzioni. Nonostanteciò, fra i dipendenti si respirava un po’ dipreoccupazione, dettata non tanto da motivioggettivi, quanto da un po’ di incertezza sulfuturo, visto l’andamento molto negativodel settore.

«Abbiamo così deciso – racconta Debo-ra Zanon – di proporre una piccola pubbli-cazione quadrimestrale, un foglio informati-vo con cui teniamo aggiornati i nostri di-pendenti sull’andamento dell’azienda, suiprogetti e obiettivi futuri, sulle commessegià assegnate su cui saremo chiamati a la-vorare. Aver comunicato con largo anticipoil fatto che era in arrivo una grossa com-messa che ci avrebbe portato a lavorare dipiù in agosto, si è rivelato ad esempio unvantaggio: ci siamo resi conto che non eranecessario imporre la chiusura aziendale,perché non pochi dipendenti preferivanoprendersi le ferie in settembre e in questomodo siamo riusciti a coniugare senza trop-pa fatica l’esigenza dell’azienda con quelladei lavoratori».

Spesso, infatti, i lavoratori si sentivanoinsicuri proprio perché non avevano chia-rezza sulle commesse già “in casa” che ga-rantivano una certa serenità all’azienda perun periodo di medio-lungo termine: è basta-to far circolare le informazioni diverse permigliorare – in modo sostanziale – il clima.Anche la bacheca aziendale è utile strumen-to di comunicazione: «Inseriamo la foto deiprogetti finiti, montati, in modo che chi halavorato a un componente possa aver lasoddisfazione di vedere il manufatto con-

cluso, il risultato finale». Come in molte altre realtà, la richiesta

che arriva con più forza è quella della flessi-bilità degli orari, per consentire una miglio-re conciliazione dei tempi lavoro-famiglia.«Una richiesta – spiega Zanon – che cer-chiamo di assecondare in ogni modo, tantoche, come dice mio padre, l’ufficio sembraun po’ un porto di mare: c’è chi arriva pri-ma delle otto del mattino, chi esce dopo lesette di sera. A me non interessa se unamamma arriva alle 8 ed esce alle 12 perprendere il figlio a scuola, o se al contrarioarriva più tardi: non voglio regolare gli orariin modo rigido, a me interessa soltanto chequando arriva qui abbia “la testa a posto”,sia serena. Anche a chi ci chiede un anticipodel tfr cerchiamo sempre di dare rispostapositiva». Misure tutto sommato limitate,«che non richiedono grandi sforzi, ma chehanno portato un grande risultato, anche intermini di produttività».

VI welfareinazienda LA DIFESA DEL POPOLO20 MARZO 2016

Nata e cresciuta in una delle zone più dinamiche della provincia, la Berto vantal’invidiabile primato di non conoscere il consueto “via vai” dei dipendenti. Meritodi un’organizzazione basata sui valori appresi in famiglia e nell’associazionismo

L’edilizia ha sofferto una crisi pesante, che ha portato preoccupazione anche tra i dipendenti.Da qui la scelta di una pubblicazione interna per presentare progetti, obiettivi, commesse giàottenute. E quando l’informazione circola, il clima sul posto di lavoro diventa subito migliore

Al lavoro si respira clima di famiglia

ZANON Un’azienda “porto di mare”. Ma quel che conta davvero è “esserci con la testa”

«Welfare? Sempre fatto, senza sapere cosa fosse...»

Giuseppe Boschiero,amministratore unico

di Berto srl di Tombolo

Nella foto,DeboraZanon,responsabiledell’ufficiotecnicodell’aziendafondatadal padree dallo zionel 1950.Tra le sceltematuratenegli anni,quella dimettere unadecina diappartamentia disposizionedei dipendentistranieri.

SEZIONE DI PADOVA

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VIILA DIFESA DEL POPOLO20 MARZO 2016

Formazione: è questa una delle“parole chiave” che guida l’atti-vità de La Meccanica, azienda di

Cittadella che impiega 60 dipendenti enegli ultimi quattro anni ha registratoun significativo incremento di assun-zioni, anche a causa del ricambio ge-nerazionale e dei numerosi pensiona-menti. L’amministratore unico Rober-to Reffo, che ha ereditato dal padre lagrande capacità di guar-dare sempre un “passo ol-tre”, si è trovato così agestire un problema inparte nuovo: «Mi sonotrovato a constatare comenel territorio mancasserole competenze necessarie.Abbiamo provato tanticanali, dalle scuole supe-riori alle aziende di sele-zione del personale fino all’università,ma un po’ ovunque il problema era lostesso: in tutti i settori, la scuola nonformava i ragazzi con le competenzeche cercavamo, né dal punto di vistatecnico, né per quanto riguarda l’ap-proccio al lavoro». Una situazione difronte alla quale Reffo ha deciso dinon restare a guardare: quattro anni faha iniziato, con fatica, a intrecciare undialogo con gli istituti scolastici delterritorio proprio per mettere a puntoun percorso di scambio fra due mondispesso distanti come scuola e lavoro.

Ecco che, con altre aziende, l’im-presa metalmeccanica di Cittadella haideato un modello nuovo, quello del-

l’impresa formatrice, impegnandosi aproporre alle scuole una formazionepiù attuale, completa e coerente con larealtà economica e produttiva locale,mettendo a disposizione le proprieprofessionalità interne per affrontare,attraverso interventi formativi dedica-ti, temi di attualità quali social net-work, green energy, information andcommunication technology (Ict), crea-

tive design. Non solo: perfare in modo che gli stagesiano esperienze realmen-te formative e fruttuosesia per l’azienda sia per iragazzi, La Meccanica haattivato dei corsi di for-mazione “per formatori”:in altre parole, dei percor-si che aiutino i tutor ad af-fiancare gli stagisti.

«Una proposta che in molti casi –spiega Reffo – è utile anche ai tutor,perché li rende più consapevoli del lo-ro lavoro e fa crescere la loro motiva-zione». Insomma, se l’obiettivo di par-tenza è la collaborazione con le scuole,uno dei risultati più importanti è pro-prio la riqualificazione del capitaleumano dell’azienda, attraverso unaformazione continua che permette dianticipare e non subire i cambiamentidel mercato. L’imprenditore cittadelle-se ha deciso di preoccuparsi anche delrapporto interpersonale fra i dipenden-ti, attivando una rilevazione degli hob-by e degli interessi, in base ai quali ilavoratori sono stati riuniti per gruppi

“tematici”: un’occasione per incorag-giare la creazione di legami, gettandoponti nuovi fra “vita” e lavoro. Propriocon questo spirito, l’azienda ha poi fi-nanziato e sostenuto la nascita di unasquadra di volley che riunisce un grup-po di dipendenti. Attive da tempo an-che delle borse di studio per i figli deidipendenti basate sul merito. La pre-senza e attenzione al tessuto sociale incui è radicata l’azienda viene inoltretestimoniata dal supporto costante neiconfronti di alcune associazioni cheoperano nel settore del sociale e i ser-vizi al cittadino.

Nella fotoin alto a sinistra,l’amministra-tore unicode LaMeccanica,Roberto Reffo.

Nella fotoa destra,

TizianaSchiavon,

presidentedella

cooperativasocialeEiteam

di Camin.

welfareinazienda

LA MECCANICA Un impegno costante accanto alle scuole del territorio

Impresa vera, ma anche scuola

La scuola, a tutti i livelli,non formava i ragazzi

né dal punto di vista tecnico

né per quanto riguardal’approccio al lavoro.

Così ora lo facciamo noi

Se le cooperative sociali di tipo B sonoimpegnate in genere in produzioni arti-

gianali o nel settore dell’agricoltura, o ancorain attività di servizio come le manutenzioni o iservizi di giardinaggio, la cooperativa Eiteamrappresenta una singolare – e fortunata –eccezione. Questa realtà che ha sede a Ca-min, e che proprio lo scorso anno ha festeg-giato i primi dieci anni, offre infatti servizi in-formatici che vanno dall’archiviazione docu-mentale al data entry fino all’assistenza dihosting.

Un settore segnato da una trasformazio-ne rapidissima, che chiede un elevato livellodi competenze oltre a un continuo impegnonella formazione e nell’aggiornamento: icompetitor con cui la cooperativa si misurasono tanti e per la maggior parte si tratta diaziende for profit. Da qui la sfida di coniugarela dimensione sociale con le esigenze azien-dali e del mercato. Ai soci collocati in un per-corso di inserimento lavorativo, 18 personecon disagio cognitivo o psichico, si affianca-no altri colleghi con competenze amministra-tive, commerciali e informatiche. Ogni socioporta il proprio contributo professionale eumano, dando vita a uno scambio di espe-rienze, professionalità e sensibilità che si ri-vela davvero fruttuoso. Il punto di forza è da-

to proprio dalla diversità di ognuno dei 30soci lavoratori. Proprio il carattere così “parti-colare” di questa azienda ne fa una realtàdavvero speciale e anche gli strumenti diwelfare devono essere per forza di cose di-versi rispetto a quelli impiegati in un’aziendatradizionale.

«Abbiamo attivato – racconta la presi-dente Tiziana Schiavon – dei percorsi di con-divisione per migliorare la comunicazione e lerelazioni lavorative con il personale inserito,con gli operatori e con le famiglie. Una propo-sta di incontri mensili in cui si mettono a con-fronto fatiche, dubbi e difficoltà. Da 6 anniabbiamo introdotto una supervisione esterna:uno psicoterapeuta che ogni mese ci aiutanel vivere una dimensione di cerchio, di grup-po, per risolvere eventuali problematiche col-legate all’ambiente lavorativo. Si sono creatidiversi gruppi di confronto: un gruppo cheriunisce gli utenti inseriti, uno per noi opera-tori, e un’équipe un po’ più ristretta dedicataa casi specifici che richiedono particolari at-tenzioni. Abbiamo stimolato la costruzione diuna rete di sostegno che va dall’organizzazio-ne comune del trasporto da e verso la nostrasede alla creazione di occasioni di socializza-zione fra i ragazzi al di fuori dell’orario di la-voro. Tutte azioni che stimolano in qualche

modo l’autonomia dei ragazzi, anche in vistadel “dopo di noi”, quando i genitori non ci sa-ranno più». A questo si affianca un supportodi tipo diverso: «Collaboriamo poi con Con-fcooperative e con Legacoop per proporrecontinui percorsi di formazione, sia sul-l’aspetto relazionale, sia sull’aspetto tecnico».

Anche in Eiteam flessibilità è parola d’or-dine: «Per noi è importante che ognuno siaresponsabile del proprio lavoro, raggiunga gliobiettivi, sugli orari non c’è alcuna rigidità.Chiediamo alle persone di proporre la loropresenza a un orario adeguato in base anchealle loro esigenze, tenendo conto anche delproblema del traffico, delle distanze. Non cideve essere anarchia, ci sono delle regoleben precise, però ogni qual volta riusciamoad andare incontro ai dipendenti su alcuniaspetti logistici o che riguardano l’orario lofacciamo volentieri». Per sostenere la capaci-tà di spesa degli operatori e delle persone in-serite, Eiteam ha attivato un servizio assicu-rativo sanitario integrativo con prestazioni su-periori rispetto a quelle previste dal contratto.«Inoltre, il nostro ufficio amministrativo –spiega poi la presidente – offre un supportogratuito ai dipendenti per la compilazione deidocumenti fiscali o amministrativo, dal 730alla documentazione da presentare al comu-ne o all’Ulss per espletare le diverse prati-che. L’obiettivo di tutte queste piccole azioni?Abbiamo delle conoscenze e professionalità,perché non condividerle? Svolgo il mio lavorocon passione e dò il massimo perché tutti quipossano vivere il proprio lavoro allo stessomodo. Lavorare con passione può solo aiu-tarti a stare bene, a vivere meglio e a costrui-re delle relazioni autentiche».

EITEAM 18 persone con disagio al lavoro nel settore informatico

Azienda speciale, scelte speciali

Quando il ricambio generazionale ha richiestonuove assunzioni, è emersa tutta la distanzatra le necessità dell’impresa e i vari percorsi

scolastici. È nata così l’idea di diventareuna vera “impresa formatrice”, collaborando

con le scuole del territorio e investendo anche sulla riqualificazione delle persone in azienda

«Vogliamo promuovere una cultura delvalore condiviso, ovvero l’insieme dellepolitiche e delle pratiche operative cherafforzano la competitività di un’aziendamigliorando nello stesso tempo le condi-zioni economiche e sociali delle comuni-tà in cui opera»: Roberto Reffo definiscecosì il “pensiero” alla base dell’azione deLa Meccanica in materia di welfare. «Le imprese non hanno quasi mai af-frontato i problemi sociali in una pro-spettiva di valore, ma li hanno sempreconsiderati aspetti periferici. Ciò ha resomeno visibili le connessioni tra obiettivieconomici e obiettivi sociali. Sappiamoinvece che nessuna organizzazione èun'entità a sé stante, per questo il suc-cesso di tutte le imprese è influenzatodai servizi di supporto e dalle infrastrut-ture che le circondano; la produttività el’innovazione vengono fortemente in-fluenzate dall’ecosistema territoriale. Leimprese di successo hanno bisogno diuna società sana. L’istruzione, l’assisten-za sanitaria e la cultura sono essenzialiper una “forza lavoro” produttiva. Allostesso tempo, una società sana ha biso-gno di imprese di successo. Nessunainiziativa sociale può eguagliare il settoredel business quando si tratta di creare iposti di lavoro, la ricchezza e l’innovazio-ne che migliorano progressivamente ilbenessere di un territorio. Questa inter-dipendenza è la base da dove partire percreare innovazione, crescita economicae benessere sociale, il costante impegnoche viene profuso giorno dopo giornoper il buon funzionamento e la produtti-vità di La Meccanica viene trasferito allastessa attenzione verso il territorio checirconda l’azienda, con la consapevolez-za e la convinzione che sia possibile in-nescare un circolo virtuoso che porti be-nefici a tutti».

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IMPRESA E TERRITORIO«Per essere aziende di successo serve una società sana intorno»

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VIII welfareinazienda LA DIFESA DEL POPOLO20 MARZO 2016

GRAND’ITALIA Un hotel unico

Senza qualità

non si resiste

Ha cominciato nel 1978 come portiere dinotte, con l’obiettivo di pagarsi gli studiuniversitari e di riuscire al contempo a se-

guire le lezioni di giorno, come facevano altrisuoi coetanei. «Ormai faccio parte dell’arreda-mento di questa struttura», scherza Santo Tarta-glia, oggi direttore di quello stesso hotel – ilGrand’Italia – in cui 38 anni fa aveva iniziato lasua lunga esperienza lavorativa proprio dal gradi-no professionale più basso e dal lavoro forse “piùduro”. L’hotel, uno splendido edificio in stile roc-cocò-liberty del 1907 che si distingue per la strut-tura curvilinea proprio accanto alla stazione fer-roviaria di Padova, all’incrocio con Corso delPopolo, fino al 1957 residenza di nobili venezia-ni, è oggi un elegante quattro stelle della societàSaicom.

Una volta varcata la soglia dell’albergo, subi-to il rumore e il caos che caratterizzano l’areadella stazione sono soltanto un lontano ricordo,grazie all’ottima insonorizzazione, ma anche alleeleganti pareti affrescate e allo splendore deglistucchi e delle dorature che caratterizzano gli in-terni, facendo di questo ambiente “sospeso neltempo” una vera e propria oasi di pace nel cuoredella città. Le splendide scalinate in ferro battuto

sono opera del maestro fonditore Alberto Calli-garis, che nel 1925 ha realizzato anche le cancel-late delle cappelle della Basilica del Santo, men-tre la costruzione dell’edificio, originariamenteabitato dal cavalier Gugliemo Folchi, è attribuibi-le all’ingegner Giuseppe Pesaro: nonostante i nu-merosi interventi restaurativi eseguiti nel corsodegli anni (il più recente risale al 1996) l’origina-le linea architettonica del palazzo è stata gelosa-mente preservata fino ad oggi.

A rendere “confortevole” la permanenza alGrand’Italia è anche la cortesia del personale,aspetto che gli utenti di Tripadvisor premianoquasi unanimemente con i massimivoti, riconoscendo proprio nella qua-lità e nella professionalità del servi-zio uno dei punti di forza dell’offertadella struttura. «I lavoratori – ag-giunge infatti Tartaglia – sono tutti atempo indeterminato, qui non esisto-no “gli stagionali” e il turn over, ingenere forte nelle strutture di questotipo, è davvero basso, abbiamo lavo-ratori che sono con noi da più di 15anni. Per migliorare il benessere la-vorativo, abbiamo cercato di intervenire moltosulla gestione dei turni. Siamo aperti 24 ore algiorno, 365 giorni all’anno, anche la domenica, aNatale e a Pasqua».

Ecco che, con una richiesta di disponibilità diquesto tipo, la conciliazione lavoro famiglia puòdiventare difficile. «Per queste ragioni – conti-nua – mi sono reso conto che se i dipendenti pos-sono disporre di una programmazione dei turni dilungo periodo, riescono a organizzare meglio laloro vita al di fuori del lavoro. Altrove accadespesso che i turni vengano fissati di mese in meseo addirittura di settimana in settimana. In un con-testo di questo tipo è davvero difficile riuscire aprogrammare qualsiasi cosa: un’uscita con la fa-miglia, un ritrovo con gli amici o anche una setti-mana di ferie. Per questa ragione abbiamo messoa punto un’organizzazione degli orari che cercadi conciliare esigenze di servizio con quelle deilavoratori: a inizio anno i dipendenti, che vengo-no consultati nell’organizzazione dei turni e siaccordano direttamente fra di loro in base alle di-verse esigenze in una sorta di “autogestione”,sanno già i loro orari di tutto l’anno; cerchiamoinoltre di raccogliere le diverse esigenze e di ga-rantire che a rotazione tutti possano restare a casanelle festività più importanti o quando hanno

eventi programmati come matrimoni, battesimi,ecc. Dal momento che il livello di professionalitàè alto, spesso i dipendenti sono ormai “intercam-biabili”, anche per quanto riguarda i turni di la-voro….Non solo, siamo attenti anche a garantireil riposo, per evitare che chi “stacca” alla sera al-le 23 debba ricominciare presto la mattina dopocome accade in altre realtà. Poi se uno è in condi-zione di dover rimanere a casa due giorni, magarianche durante la settimana, cerchiamo di fare inmodo che finisca alle quindici del lunedì per sta-re a casa il martedì e il mercoledì in modo che igiorni di riposo effettivi diventino quasi tre».

Piccoli accorgimenti, attenzioniquasi “banali” che risultano peròdavvero molto apprezzate dai lavo-ratori. «Ne sono convinto: più riu-sciamo a rendere distesa la vita deldipendente al di fuori dell’orario dilavoro, più questo si ripercuote an-che sulla produttività e sulla serenitàcon cui lavora».

Una forte attenzione è dedicataanche alla formazione: grazie allaconvenzione stipulata con l’ente bi-

laterale veneto (Ebveneto) sono stati proposti aidipendenti corsi di formazione gratuiti o a tariffeagevolate, sia su questioni che riguardano speci-ficamente il lavoro, dalle lingue alla gestione del-la sala, sia su altri aspetti di interesse specificodel lavoratore che magari non hanno attinenzastretta con la sua professionalità, ma che rispon-dono a un desiderio di formazione. La conven-zione con l’Ebveneto consente inoltre l’accesso arimborsi sulle spese mediche e a un bonus bebèdedicato alle neomamme, contributo straordina-rio e aggiuntivo rispetto a quello “tradizionale”riconosciuto dall’Inps, assegnato di recente aun’addetta alla reception.

I turni li concordano i dipendenti per tuttol’anno, così da conciliare esigenze di lavoroe familiari. Anche così si crea il clima giusto

Cortesia, professionalità,esperienza. Doti apprezzate

dai clienti, che hanno convintola proprietà a investire

in contratti a tempoindeterminato, invece di cedere

alla tentazione di usufruiredi personale stagionale:

che costa meno, ma non può garantire lo stesso

livello di servizio.

Santo Tartaglia, direttore dell’ho-tel Grand’Italia motiva così la scel-

ta di assumere tutti i dipendenti con“contratto fisso”: «Abbiamo bisogno dipersone che siano affidabili, che cisiano nel tempo, che continuino a sta-re con noi, che si trovino bene: il no-stro investimento è sulla persona enon sull’illusione di avere un guada-gno da forme di contratti precari, perpoi magari ritrovarci con personaleche cambia di anno in anno, continua-mente da formare. Non tutti capisconoquesto ragionamento, perché tantiguardano all’utile immediato. Una del-le ragioni per le quali per esempio noiabbiamo sì risentito della crisi, cometutti, ma comunque siamo riusciti a“tenere”, è stata proprio la continuitàdel personale, grande valore aggiunto

specialmente per un’azienda come lanostra che offre servizi e non prodotti.Un aspetto che vedono e apprezzanoanche i clienti: in molti tornano ognianno e ritrovando le stesse persone sisentono anche loro un po’ in famiglia».

Per migliorare il clima aziendale,continua il direttore, «non servonogrossi investimenti, basta avere il giu-sto atteggiamento, a partire dall’atten-zione ad aspetti che sembrano ovvi,come l’assoluta puntualità nel paga-mento degli stipendi o l’attenzione al-l’organizzazione degli orari. Piccoli ge-sti che, da cristiano, mi sento chiama-to a compiere per testimoniare i valoriin cui credo, pur con tutti i miei limiti,nell’ambiente di lavoro».

All’attenzione al welfare si “abbi-na” poi un’attenzione particolare alla

cultura: a rotazione, lo storico albergodi Corso del Popolo ospita gratuita-mente una personale di un’artista delterritorio, che ha così occasione di farconoscere le sue opere, sia ai turistiitaliani e stranieri ospitati nella struttu-ra sia ai cittadini, anche attraverso unapagina dedicata sul sito dell’hotel.

Le salette colazioni, la hall e tuttigli spazi disponibili sono così diventatigli spazi di una mostra permanente,aperta a tutti: un’iniziativa risultatamolto apprezzata e che molti artistihanno raccolto con favore.

Fra gli artisti che hanno esposto direcente all’interno dell’hotel figurano ibellunesi Bruno Trojan e Lorena Ulpia-ni, la padovana Patrizia Da Re, il vene-ziano Amos Loffredda. Non solo: lasplendida cornice del Salone del So-

gno, scenografica sala di rappresen-tanza utilizzata anche per meeting econvegni, che gode di un’ottima acu-stica, è teatro di concerti e di rassegnemusicali gratuite e aperte al pubblicoesterno come Hotel de la musique etdes artes, mini rassegna tutta dedica-ta alle voci femminili.

Saicom, la società che detiene la pro-prietà dell’hotel Grand’Italia, fa capo

alla famiglia Cinel-Grosso, proprietariaanche dell’hotel Filanda di Cittadella,splendido esempio di recupero di unospazio di archeologia industriale.

La famiglia Cinel ha “guidato” per an-ni un’azienda tessile a Crocetta del Mon-tello, la Carrel: le 200 operaie iniziavano illoro orario di lavoro alle 8.30, finivano alle12.30 per poi riprendere alle 14.30 echiudere la giornata lavorativa alle 17.30.Un orario studiato appositamente per an-dare incontro alle esigenze e alle richie-ste delle lavoratrici, quasi tutte mamme,che avevano così il tempo di andare aprendere i bambini a scuola e di pranzarecon loro. «Scelte nate da Antonio Cinel,scomparso solo due anni fa, anche se pernoi è come se ci fosse ancora, che hannoportato avanti con convinzione la moglie, ifigli e i nipoti», spiega il direttore dell’ho-tel Santo Tartaglia.

LA SOCIETÀ Due alberghi specialiLA FILOSOFIA «Bastano piccoli gesti per testimoniare i valori cristiani anche sul lavoro»

Welfare e cultura, così si regge alla crisi

Ne sono convinto:più riusciamo a rendere

distesa la vita fuoridell’orario di lavoro,più questo si traduce

in maggiore produttivitàe serenità dei dipendenti

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