le antiche catapulte -...

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In questa antica catapulta per frecce, fondata su un progetto elaborato da tecnici alle dipendenze di Dionisio il Vecchio, tiranno di Siracusa nel IV secolo a.C., un arco flessibile era montato all'estremità di una lunga struttura in legno comprendente una guida a coda di rondine. La slitta mobile, che trasportava la corda dell'arco grazie a un dispositivo di aggancio e scatto, era tirata verso la parte posteriore del fusto, contro la resistenza dell'arco, da un verricello. Una guida con denti di arresto solidale al fusto impediva il movimento in avanti della slitta, che veniva trattenuta da un nottolino. Pare che l'elemento che collegava la catapul- ta al piedi stallo fosse una versione antica del giunto universale. Quanto all'arco, era costituito probabilmente da tre diversi materiali incollati assieme: una parte mediana in legno, uno strato frontale formato da tendini di animali e uno strato posteriore di corno. Poiché i tendini oppongono una forte resistenza alla tensione e il ccrrno alla compressio- ne, un tale arco doveva essere molto più potente di un arco comune ottenuto da un singolo pezzo di legno. La freccia è lunga circa 2 metri. BRACCIO D'ARCO FLESSIBILE AGGANCIO E SCATTO VERRICELLO PIEDISTALLO Le antiche catapulte Testi greci e romani pervenuti fino a noi rivelano il notevole livello di abilità matematica e tecnica che si espresse nello sviluppo di questi antichi esempi di lanciamissili balistici lanciare pietre pesanti fino a 78 chilo- grammi. In effetti l'ingegnere romano Vitruvio ci dà le dimensioni di catapulte che potevano lanciare pietre fino a 162 chilogrammi di peso, anche se macchine così gigantesche non furono probabil- mente mai costruite. Le macchine più comuni scagliàvano sassi di peso compre- so fra 13 e 26 chilogrammi. Apparvero ora macchine in grado di lanciare frecce lunghe fino a quattro metri. Ma anche quando le catapulte lanciavano missili (nel senso originario di qualsiasi arma da getto) di scala più umana, l'arciere o il fromboliere veniva a essere completa- mente soverchiato. Le fonti dicono che una catapulta, che lanciava frecce di di- mensioni normali (circa 70 centimetri) aveva una gittata massima di circa 640 metri, e c'è ragione di credere che si tratti di un'indicazione attendibile. La distanza massima raggiungibile da un arciere era di circa 450 metri. Le catapulte erano in grado di scagliare tali proiettili con una precisone conside- revole. Esse potevano facilmente concen- trare i loro colpi su un singolo punto, col- pendolo ripetutamente ed eliminando così i merli di protezione sulle mura di una città o staccando la corazza di una torre N el 399 a.C. Dionisio il Vecchio, tiranno della colonia greca di Siracusa, in Sicilia, preparò la sua città a una lunga guerra con Cartagine intraprendendo un programma di ricerca e di sviluppo. Utilizzando tecniche oggi familiari, come la formazione di grandi équipe di specialisti, la divisione del la- voro per frazionare i compiti in unità fa- cilmente padroneggiabili e il ricorso a incentivi finanziari e psicologici. Dionisio mirò chiaramente sin dal principio alla produzione di nuove armi. Da questo programma uscirono quadriremi e forse quinqueremi, navi da battaglia con quat- tro o cinque ordini di rematori, che dispo- nevano di una potenza da applicare al loro sperone maggiore di quella delle normali triremi. I tecnici di Dionisio pro- gettarono anche le prime catapulte. Queste antiche macchine lanciavano probabilmente frecce utilizzando archi poco più potenti di quelli che potevano essere tesi da un uomo. Meccanizzando la tensione dell'arco e lo scatto della corda, però, gli inventori delle catapulte resero possibile la costruzione di archi molto più potenti. Pare che queste macchine venis- sero costruite con vari materiali; l'arco era composto, in particolare, da una parte centrale in legno, alla quale erano incolla- ti, frontalmente, uno strato di tensione di tendini animali e posteriormente uno strato di compressione in corno. Infine l'arco flessibile raggiunse i limiti intrinseci delle sue possibilità e fu soppiantato da catapulte fondate sul principio della tor- sione. In questa impostazione fasci com- patti di fibre elastiche fortemente tese venivano sottoposti a un'ulteriore tensio- ne per mezzo di un braccio d'arco rigido quando l'arma veniva caricata prima del lancio. Per le corde che componevano questi fasci potevano essere usati pelo di cavallo o anche capelli umani, ma per ot- tenere prestazioni superiori venivano preferiti tendini di animali. Per meccanizzare i movimenti della macchina, i progettisti delle catapulte incorporarono in esse un certo numero di importanti particolari costruttivi. L'ele- mento principale nella catapulta era il fu- sto, che formava l'asse principale dell'ar- di Werner Soedel e Vernard Foley ma. Nella parte più alta di questo fusto composito c'era una guida a coda di rondi- ne nella quale poteva scorrere avanti e indietro un altro fusto di dimensioni infe- riori, la slitta. La slitta trasportava nella sua parte posteriore un dispositivo di ag- gancio e scatto, destinato appunto a bloc- care e a liberare la corda dell'arco. Davanti a questo dispositivo c'era una scanalatura, sulla parte superiore della slitta, nella qua- le la freccia era alloggiata e dalla quale veniva lanciata. Per armare l'arco, si face- va avanzare la slitta finché il dispositivo di bloccaggio poteva agganciare la corda del- l'arco. Poi la slitta veniva riportata all'in- dietro finché l'arco era teso completamen- te. Nelle prime versioni guide con denti di arresto disposte lungo il fusto impegnava- no nottolini solidali alla slitta per resistere alla forza dell'arco. Più tardi fu adottata una ruota con denti di arresto nella parte posteriore del fusto. Nelle prime catapulte la slitta era probabilmente riportata indie- tro a mano, ma presto le dimensioni e la potenza di queste macchine richiesero l'u- so di un verricello. Non appena la catapulta divenne trop- po grande per poter essere usata appog- giata a una spalla, venne collocata su un piedistallo. Allo scopo di facilitare il pun- tamento fu escogitato un giunto speciale per collegare il fusto col piedistallo. La soluzione di questo problema anticipò l'invenzione del giunto universale, la qua- le è attribuita di solito o a Girolamo Car- dano (donde il nome di «giunto cardani- co» o semplicemente «cardano») o a Robert Hooke, e viene quindi fatta risali- re al Cinquecento o al Seicento. Analo- gamente, le superfici di scorrimento a coda di rondine della guida della slitta riappaiono ovunque nella costruzione di macchine moderne e l'uso di un gancio per sostituire l'azione della mano umana ha fondato una tradizione di manipola- zione meccanica la quale ha condotto ai robot che vengono sviluppati oggi. La maggior parte di questi sviluppi tec- nici fu passata sotto silenzio dai più colti fra gli antichi greci e romani. Anche in tempi più vicini a noi gli studiosi dell'anti- chità classica non hanno dedicato molta attenzione ai testi sulle catapulte che sono sopravvissuti. L'importanza di questi testi si è rivelata appieno solo nel XX secolo, quando gli antichi trattati sulle catapulte cominciarono a essere decifrati da studio- si che disponevano di esperienza militare e di una formazione tecnica. Lo studio sperimentale di vere armi costruite sulla base di questi testi subito dopo l'inizio del secolo dall'ufficiale di artiglieria tedesco Erwin Schramm stimolò una linea di ri- cerche che è culminata in anni recenti con le opere definitive dello storico britannico E. W. Marsden. Questa letteratura chiari- sce che i greci erano ben lontani dal di- sprezzare l'osservazione esatta ed espe- rimenti rigorosi come si suppone solita- mente. Benché Platone possa avere di- sprezzato l'incapacità degli oggetti del mondo reale di adeguare le loro misure alle dimensioni ideali della geometria e benché Aristotele possa aver fondato in gran parte la sua biologia su descrizioni meramente verbali di specie animali, al- l'interno della comunità degli antichi in- gegneri meccanici furono sviluppati me- todi di studio della natura di importanza molto maggiore per il futuro. T a sostituzione dell'arco flessibile con l'elasticità di torsione dette un gran- de impulso all'ingegneria delle catapulte. Questo progresso fu compiuto circa mez- zo secolo dopo l'invenzione della catapul- ta e qualche indizio suggerisce che Filippo di Macedonia, il padre di Alessandro Magno, fu il sovrano che sovvenzionò questa fase di ricerca e di sviluppo. Quel che è certo è che catapulte potentissime apparvero per la prima volta nel corso delle campagne di Alessandro. In effetti c'è ragione di associare l'ascesa di grandi imperi con l'avvento della catapulta. Le catapulte che utilizzavano la poten- za di un arco flessibile erano atte solo al lancio di frecce o pietre relativamente piccole (le pietre richiedevano una corda d'arco con una sorta di borsa o tasca nel suo punto di mezzo). Le frecce potevano avere le dimensioni di un piccolo giavel- lotto e le pietre dovevano essere abba- stanza piccole da poter essere lanciate dalla spalla. Una volta perfezionato il principio della torsione, divenne possibile 86 87

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In questa antica catapulta per frecce, fondata su un progetto elaboratoda tecnici alle dipendenze di Dionisio il Vecchio, tiranno di Siracusa nelIV secolo a.C., un arco flessibile era montato all'estremità di una lungastruttura in legno comprendente una guida a coda di rondine. La slittamobile, che trasportava la corda dell'arco grazie a un dispositivo diaggancio e scatto, era tirata verso la parte posteriore del fusto, contro laresistenza dell'arco, da un verricello. Una guida con denti di arrestosolidale al fusto impediva il movimento in avanti della slitta, che veniva

trattenuta da un nottolino. Pare che l'elemento che collegava la catapul-ta al piedi stallo fosse una versione antica del giunto universale. Quantoall'arco, era costituito probabilmente da tre diversi materiali incollatiassieme: una parte mediana in legno, uno strato frontale formato datendini di animali e uno strato posteriore di corno. Poiché i tendinioppongono una forte resistenza alla tensione e il ccrrno alla compressio-ne, un tale arco doveva essere molto più potente di un arco comuneottenuto da un singolo pezzo di legno. La freccia è lunga circa 2 metri.

BRACCIO D'ARCO FLESSIBILE

AGGANCIO E SCATTO

VERRICELLO

PIEDISTALLO

Le antiche catapulteTesti greci e romani pervenuti fino a noi rivelano il notevolelivello di abilità matematica e tecnica che si espresse nellosviluppo di questi antichi esempi di lanciamissili balistici

lanciare pietre pesanti fino a 78 chilo-grammi. In effetti l'ingegnere romanoVitruvio ci dà le dimensioni di catapulteche potevano lanciare pietre fino a 162chilogrammi di peso, anche se macchinecosì gigantesche non furono probabil-mente mai costruite. Le macchine piùcomuni scagliàvano sassi di peso compre-so fra 13 e 26 chilogrammi. Apparveroora macchine in grado di lanciare frecce

lunghe fino a quattro metri. Ma anchequando le catapulte lanciavano missili(nel senso originario di qualsiasi arma dagetto) di scala più umana, l'arciere o ilfromboliere veniva a essere completa-mente soverchiato. Le fonti dicono cheuna catapulta, che lanciava frecce di di-mensioni normali (circa 70 centimetri)aveva una gittata massima di circa 640metri, e c'è ragione di credere che si tratti

di un'indicazione attendibile. La distanzamassima raggiungibile da un arciere era dicirca 450 metri.

Le catapulte erano in grado di scagliaretali proiettili con una precisone conside-revole. Esse potevano facilmente concen-trare i loro colpi su un singolo punto, col-pendolo ripetutamente ed eliminandocosì i merli di protezione sulle mura di unacittà o staccando la corazza di una torre

N

el 399 a.C. Dionisio il Vecchio,tiranno della colonia greca diSiracusa, in Sicilia, preparò la

sua città a una lunga guerra con Cartagineintraprendendo un programma di ricercae di sviluppo. Utilizzando tecniche oggifamiliari, come la formazione di grandiéquipe di specialisti, la divisione del la-voro per frazionare i compiti in unità fa-cilmente padroneggiabili e il ricorso aincentivi finanziari e psicologici. Dionisiomirò chiaramente sin dal principio allaproduzione di nuove armi. Da questoprogramma uscirono quadriremi e forsequinqueremi, navi da battaglia con quat-tro o cinque ordini di rematori, che dispo-nevano di una potenza da applicare alloro sperone maggiore di quella dellenormali triremi. I tecnici di Dionisio pro-gettarono anche le prime catapulte.

Queste antiche macchine lanciavanoprobabilmente frecce utilizzando archipoco più potenti di quelli che potevanoessere tesi da un uomo. Meccanizzando latensione dell'arco e lo scatto della corda,però, gli inventori delle catapulte reseropossibile la costruzione di archi molto piùpotenti. Pare che queste macchine venis-sero costruite con vari materiali; l'arcoera composto, in particolare, da una partecentrale in legno, alla quale erano incolla-ti, frontalmente, uno strato di tensione ditendini animali e posteriormente unostrato di compressione in corno. Infinel'arco flessibile raggiunse i limiti intrinsecidelle sue possibilità e fu soppiantato dacatapulte fondate sul principio della tor-sione. In questa impostazione fasci com-patti di fibre elastiche fortemente tesevenivano sottoposti a un'ulteriore tensio-ne per mezzo di un braccio d'arco rigidoquando l'arma veniva caricata prima dellancio. Per le corde che componevanoquesti fasci potevano essere usati pelo dicavallo o anche capelli umani, ma per ot-tenere prestazioni superiori venivanopreferiti tendini di animali.

Per meccanizzare i movimenti dellamacchina, i progettisti delle catapulteincorporarono in esse un certo numero diimportanti particolari costruttivi. L'ele-mento principale nella catapulta era il fu-sto, che formava l'asse principale dell'ar-

di Werner Soedel e Vernard Foley

ma. Nella parte più alta di questo fustocomposito c'era una guida a coda di rondi-ne nella quale poteva scorrere avanti eindietro un altro fusto di dimensioni infe-riori, la slitta. La slitta trasportava nellasua parte posteriore un dispositivo di ag-gancio e scatto, destinato appunto a bloc-care e a liberare la corda dell'arco. Davantia questo dispositivo c'era una scanalatura,sulla parte superiore della slitta, nella qua-le la freccia era alloggiata e dalla qualeveniva lanciata. Per armare l'arco, si face-va avanzare la slitta finché il dispositivo dibloccaggio poteva agganciare la corda del-l'arco. Poi la slitta veniva riportata all'in-dietro finché l'arco era teso completamen-te. Nelle prime versioni guide con denti diarresto disposte lungo il fusto impegnava-no nottolini solidali alla slitta per resisterealla forza dell'arco. Più tardi fu adottatauna ruota con denti di arresto nella parteposteriore del fusto. Nelle prime catapultela slitta era probabilmente riportata indie-tro a mano, ma presto le dimensioni e lapotenza di queste macchine richiesero l'u-so di un verricello.

Non appena la catapulta divenne trop-po grande per poter essere usata appog-giata a una spalla, venne collocata su unpiedistallo. Allo scopo di facilitare il pun-tamento fu escogitato un giunto specialeper collegare il fusto col piedistallo. Lasoluzione di questo problema anticipòl'invenzione del giunto universale, la qua-le è attribuita di solito o a Girolamo Car-dano (donde il nome di «giunto cardani-co» o semplicemente «cardano») o aRobert Hooke, e viene quindi fatta risali-re al Cinquecento o al Seicento. Analo-gamente, le superfici di scorrimento acoda di rondine della guida della slittariappaiono ovunque nella costruzione dimacchine moderne e l'uso di un gancioper sostituire l'azione della mano umanaha fondato una tradizione di manipola-zione meccanica la quale ha condotto airobot che vengono sviluppati oggi.

La maggior parte di questi sviluppi tec-nici fu passata sotto silenzio dai più coltifra gli antichi greci e romani. Anche intempi più vicini a noi gli studiosi dell'anti-chità classica non hanno dedicato moltaattenzione ai testi sulle catapulte che sono

sopravvissuti. L'importanza di questi testisi è rivelata appieno solo nel XX secolo,quando gli antichi trattati sulle catapultecominciarono a essere decifrati da studio-si che disponevano di esperienza militaree di una formazione tecnica. Lo studiosperimentale di vere armi costruite sullabase di questi testi subito dopo l'inizio delsecolo dall'ufficiale di artiglieria tedescoErwin Schramm stimolò una linea di ri-cerche che è culminata in anni recenti conle opere definitive dello storico britannicoE. W. Marsden. Questa letteratura chiari-sce che i greci erano ben lontani dal di-sprezzare l'osservazione esatta ed espe-rimenti rigorosi come si suppone solita-mente. Benché Platone possa avere di-sprezzato l'incapacità degli oggetti delmondo reale di adeguare le loro misurealle dimensioni ideali della geometria ebenché Aristotele possa aver fondato ingran parte la sua biologia su descrizionimeramente verbali di specie animali, al-l'interno della comunità degli antichi in-gegneri meccanici furono sviluppati me-todi di studio della natura di importanzamolto maggiore per il futuro.

T a sostituzione dell'arco flessibile conl'elasticità di torsione dette un gran-

de impulso all'ingegneria delle catapulte.Questo progresso fu compiuto circa mez-zo secolo dopo l'invenzione della catapul-ta e qualche indizio suggerisce che Filippodi Macedonia, il padre di AlessandroMagno, fu il sovrano che sovvenzionòquesta fase di ricerca e di sviluppo. Quelche è certo è che catapulte potentissimeapparvero per la prima volta nel corsodelle campagne di Alessandro. In effettic'è ragione di associare l'ascesa di grandiimperi con l'avvento della catapulta.

Le catapulte che utilizzavano la poten-za di un arco flessibile erano atte solo allancio di frecce o pietre relativamentepiccole (le pietre richiedevano una cordad'arco con una sorta di borsa o tasca nelsuo punto di mezzo). Le frecce potevanoavere le dimensioni di un piccolo giavel-lotto e le pietre dovevano essere abba-stanza piccole da poter essere lanciatedalla spalla. Una volta perfezionato ilprincipio della torsione, divenne possibile

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MOLLADI TORSIONE

SLITTA

BRACCIO D'ARCO RIGIDO

AGGANCIO E SCATTO

\ éAtr

RUOTA CONDENTI D'ARRESTO

1kt f VERRICELLO

GIUNTO UNIVERSALE

PIEDISTALLO

FUSTO

L'introduzione delle molle di torsione consentì agli antichi ingegnericostruttori di catapulte di progettare armi di dimensioni molto maggio-ri, come questa versione di catapulta o balista lanciasassi romana, laquale lanciava una pietra di un talento, ossia di 26 chilogrammi. (Unavista frontale di una macchina simile appare in copertina.) Una sorta di

borsa o navetta al centro della corda contiene la pietra e un anellofissato alla parte posteriore della borsa è agganciato al dispositivo dibloccaggio. Le rondelle all'estremità dei fasci di torsione in questoparticolare modello potevano essere fatte ruotare e venire poi fissateper adattare opportunamente la tensione prima di effettuare il tiro.

d'assedio mobile. Era possibile puntare lecatapulte durante il giorno, quando sipoteva osservare il punto di caduta deimissili, e poi terrorizzare i nemici tirandoa intervalli nello stesso punto di notte.All'assedio di Avaricum (l'attuale Bour-ges), nel 52 a.C., Giulio Cesare osservòche le sue catapulte non avevano alcunadifficoltà ad abbattere uno dopo l'altro iguerrieri galli man mano che salivano inuna postazione molto esposta che era divitale importanza ai fini dell'attacco ro-mano. Tutti questi particolari fanno pen-sare a un alto grado di precisione intrinse-ca di queste macchine. (In effetti, quandouna di queste catapulte ricostruite daSchramm fu provata in presenza del Kai-ser, si dice abbia spaccato in due con unafreccia un'altra freccia andata preceden-temente a bersaglio, nel migliore stile diRobin Hood.) È, chiaro che la meccaniz-zazione aveva oltrepassato di molto lecapacità degli arcieri umani.

All'assedio di Gerusalemme, nel 63a.C., Giuseppe, il comandante delle forzeebraiche che difendevano la città, riferìche una palla lanciata da una catapultaromana aveva mozzato completamente latesta a un amico che stava accanto a luisulle mura. Anche a distanze prossime a400 metri una di queste palle poteva, aquanto pare, sfondare varie file di soldatiprima di fermarsi. Nello stesso assedio,secondo Giuseppe, una donna gravida fuuccisa da una palla e il feto fu scagliato a30 metri di distanza. Le frecce, lunghe epesanti, erano altrettanto efficaci. Truppein avanzata potevano essere letteralmen-te inchiodate al suolo dalla discesa di que-ste frecce. Di fatto la parola catapultaderiva dalla potenza di penetrazione diquesta macchina. I fanti greci armati allaleggera portavano uno scudo chiamatopelte, e il prefisso kata denota un motoverso il basso. Una catapulta è quindi unamacchina in grado di perforare comple-tamente uno scudo verso il basso. All'as-sedio di Gaza, nel 332 a.C., Alessandro fuferito al collo da una freccia di catapultache gli aveva trapassato sia lo scudo sia lacorazza. È noto che le macchine di Ar-chimede suscitarono terrore all'assedio diSiracusa da parte dei romani dal 213 al211 a.C. Una reazione tipica dell'epoca fuquella del generale spartano Archidamo,che, osservando il lancio di una catapulta,esclamò profeticamente: «Oh Ercole, ilvalore marziale umano non serve più!»

I n definitiva, le catapulte incisero in misura significativa sulla conduzione

della guerra e quindi sull'equilibrio di po-litica e società. A grandi linee, si può direche spostarono il vantaggio dalla partedegli assedianti. Fino alla comparsa dellecatapulte questi si erano trovati quasisempre in una posizione di grande svan-taggio. La guerra di Troia durò verosi-milmente dieci anni e la lotta fra Atene eSparta si protrasse certamente per unquarto di secolo, nonostante la grandesuperiorità dell'esercito spartano. A queitempi la maggior parte delle città che ce-devano agli assedianti venivano per lo piùconsegnate al nemico da traditori.

Con l'introduzione delle catapulte, e dialtre macchine da guerra che stavano en-trando in uso in Occidente, gli assedi di-vennero più efficaci. Dapprima Dionisiodi Siracusa, e poi i macedoni Filippo eAlessandro, usarono alte torri da assediomobili in grado di sovrastare le mura diuna città e sottoporre i merli delle stesse aun bombardamento distruttivo, mentreenormi arieti, spinti fin da 1800 uomini,percuotevano le mura dal basso. Le cata-pulte non potevano certo competere inpotenza con tali arieti, ma potevano ab-battere mura che non erano state costrui-te a regola d'arte. Filone di Bisanzio, in unmanuale di balistica composto attorno al200 a.C., scrisse che un muro doveva ave-re uno spessore di almeno 4,62 metri perresistere alle pietre lanciate dalle catapul-te e che era una buona idea cercare diimpedire alle catapulte lanciasassi di av-vicinarsi a meno di 150 metri per mezzo difossati e di altri ostacoli.

Ma anche quando le mura erano bencostruite, i merli sporgenti al di sopra diesse restavano vulnerabili. Poiché i merlidovevano essere di spessore limitato alloscopo di consentire una buona visuale,

Le dimensioni del pannello che costituiva ilpezzo superiore di uno degli alloggiamenti del-le molle di torsione in una grande catapulta peril lancio di pietre venivano specificate dai pro-gettisti in funzione delle dimensioni dei lativerticali dell'alloggiamento, i quali erano de-terminati a loro volta dal diametro del fascio dicorde che formavano la molla di torsione. Lospessore del pannello superiore non si conoscecon sicurezza, ma probabilmente esso era pres-s'a poco uguale al diametro del fascio di corde.Pare che i costruttori di catapulte procedesserodisegnando dapprima un rettangolo con unlato uguale alla profondità dell'elemento verti-cale dell'alloggiamento e l'altro lato press'apoco doppio. Tracciavano poi la diagonale delrettangolo, da A aG e a partire daD tracciava-no una linea parallela alla diagonale. La lineaBG veniva poi estesa fino a intercettare la pa-rallela da D nel punto E. Determinato in talmodo il punto centrale del parallelogrammaADEG, con centro in tale punto veniva traccia-to un cerchio di diametro uguale a quello delfascio di corde. (Nel pezzo finito, il cerchiodelimitava in effetti un foro che alloggiava ilfascio di corde.) Venivano poi tracciati gli archiDE e AG, di raggio pari a tre volte il diametrodel fascio di corde. Infine le mortase per i teno-ni venivano centrate in modo appropriato neidue lati rettilinei del pezzo e scavate in esso peruna profondità pari a due terzi del suo spesso-re. Gli ingegneri avevano portato i loro proce-dimenti di progettazione al punto di includerenelle loro istruzioni per la costruzione di cata-pulte metodi di trasformazione automatica del-la scala. Una volta scelti il sito e la destina-zione dell'arma, si poteva stabilire la grandez-za dei proiettili che si volevano lanciare. Unavolta specificato questo elemento, la formuladella catapulta forniva le dimensioni del fasciodi torsione di cui c'era bisogno. Conoscendo ildiametro del fascio, i manuali di costruzione,che si avvalevano dei risultati di decenni disperimentazione, fornivano le dimensioni del-le parti principali della macchina in multiplidel diametro del fascio di corde. Nella costru-zione reale le parti critiche della struttura in le-gno venivano rinforzate con elementi in ferro.

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La catapulta più complessa inventata nell'antichità era un'arma a ripe-tizione progettata da Dionisio di Alessandria, attivo nell'arsenale diRodi. Come si vede in questo particolare, le frecce scendevano nellascanalatura di lancio da una sorta di serbatoio o caricatore grazie allasemplice forza di gravità. Le frecce venivano fatte scendere una a unadalla rotazione di un tamburo di alimentazione scanalato in modo daaccogliere una freccia per volta. La rotazione del tamburo era control-lata da una camma elicoidale scanalata sulla superficie, nella quale eraimpegnato un dente montato sulla slitta. Il moto della slitta era pro-dotto a sua volta da due catene a maglie piane, una su ciascun latodella macchina. Secondo il testo pervenutoci che descrive la catapulta a

ripetizione, le catene ingranavano su rocchettti in forma di prismipentagonali. A giudizio dell'autore questi prismi dovevano funzionarecome una sorta di ruota dentata inversa; in altri termini l'impegno dellacatena sui rocchetti pentagonali avveniva per mezzo di denti che entra-vano negli appositi incavi del rocchetto. Il prisma posteriore venivafatto ruotare per mezzo di un verricello e il gancio per il bloccaggiodella corda dell'arco veniva impegnato e liberato a tempo debito daspine montate in due posizioni estreme sul fusto dell'arma, passate lequali la slitta si muoveva. Perciò, invertendo la rotazione del verricel-lo, la catapulta poteva automaticamente effettuare il lancio di tutte lefrecce fino a quando il serbatoio non era completamente svuotato.

Due progetti alternativi per catapulte furono introdotti da Ctesibio di Alessandria alla metà del IIIsecolo a. C. per sostituire il tipo con molle di torsione. In entrambi i progetti bracci d'arco rigidiruotavano attorno a un perno in prossimità dell'estremo interno del braccio. Quando l'arco venivateso, gli estremi interni dei due bracci si muovevano in modo tale da premere o su molle di bronzo(in alto, nel modello chiamato chalcotonon) o su pistoni che scorrevano all'interno di cilindri aperfetta tenuta d'aria (in basso, nel modello chiamato aerotonon). Nessuno dei due progetti for-nì una forza confrontabile con quella dell'arco di torsione e i miglioramenti rimasero sulla carta.

era facile abbatterli con palle di pietra,non lasciando sulle mura alcun riparo peri difensori. Neutralizzati i tiri di reazionedei difensori, gli arieti e gli uomini cheattaccavano le mura dal basso potevanolavorare con maggiore tranquillità. Lacatapulta ebbe un ruolo importante nelrendere la vita urbana nel IV secolo a.C.significativamente più precaria. Durante isuoi primi cinque anni di regno. Alessan-dro si impadronì di cinque grandi città e dimolte città minori. Un brano della Politi-ca di Aristotele (che fu maestro di Ales-sandro) riflette il mutamento. Un'urbani-stica razionale, con strade rettilinee che siintersecavano a formare blocchi urbanirettangolari, era stata da poco popolariz-zata in Grecia dall'architetto Ippodamo.Aristotele obiettò che almeno una partedi ogni città doveva conservare la disposi-zione casuale propria dei tempi anterioriper rendere più difficile agli invasori lapenetrazione in essa. Inoltre, egli scrisse,«s'ha da ritenere che la difesa solidissimadelle mura sia la protezione militare piùadatta, tanto più con i moderni ritrovati infatto di missili e di macchine d'assedioestremamente precise» (1330b-133 la;trad. R. Laurenti, Laterza, Bari, 1973).

Ma il consiglio di Aristotele non fu suf-ficiente. La piccola città-stato democra-tica stava morendo per opera della nuo-va tecnologia. Quando le sue mura di-vennero vulnerabili, essa fu inghiottitadai grandi imperi assolutistici come quel-lo di Alessandro. La guerra campale de-mocratica era fondata su uomini armati diaste, disposti spalla a spalla su una linea.Ogni guerriero svolgeva una funzionestandardizzata e poteva essere facilmentesostituito in essa da un altro. Quest'ugua-glianza sul campo di battaglia, assiemeall'analoga uguaglianza dei vogatori nellaflotta da battaglia, si era dimostrata unforte elemento a sostegno del sistemaurbano democratico.

Con l'avvento di macchine militari spe-cializzate, l'uguaglianza dell'armamentoandò perduta. Speciali abilità matemati-che e tecniche si richiedevano per la co-struzione e la manutenzione di una cata-pulta e i rischi che si correvano nel servireuna catapulta erano inferiori a quelli delcombattimento in prima linea. In conse-guenza di questa situazione cominciaronoa emergere gerarchie di specialisti confunzioni e prerogative particolari. Nelcorso del tempo un ordinamento politicoche era appropriato a un livello di svilup-po tecnologico in cui la forza muscolareumana svolgeva una parte significativarisultò insufficiente quando i singoli citta-dini-soldati cominciarono a perdere laloro posizione di preminenza a vantaggiodelle macchine..

J4 nuovi ordinamenti politici l'anticoingegnere venne a trovarsi in una

situazione favorevole. In passato il suostatus non era stato elevato. Fra tutti glidèi dell'Olimpo soltanto Efesto, che lavo-rava alla fucina e faceva ingegnosi lavoriin metallo (compresi automi), veniva ri-tratto come sporco, deforme e zoppo. Loscultore Fidia, che svolse un ruolo di su-

pervisione nella costruzione dell'Acropo-li sotto Pericle, fu accusato di sacrilegioper aver osato inserire un suo ritratto nel-la sua opera. In seguito, però, per gli arti-sti e artigiani la situazione migliorò. Nonconosciamo il nome degli inventori al ser-vizio di Dionisio, mentre ci sono pervenu-ti i nomi di tre fra coloro che lavoravanoalla corte di Filippo e di Alessandro: Poli-dia, Diade e Caria. Nel secolo seguente icostruttori di catapulte divennero celebrie oggi sopravvivono i nomi e, almeno inparte, le opere di autori posteriori, comeErone, Filone, Bitone, Vitruvio, Ctesibioe altri. La tradizione culmina con Archi-mede, che era famoso al suo tempo piùper le sue macchine da guerra che per le

sue opere matematiche. Le recenti ricer-che di A. G. Drachmann, dell'Universitàdi Copenaghen, e di Derek J. de SollaPrice della Yale University fanno riteneresempre più inattendibile la tesi sostenutada Plutarco che Archimede disprezzassel'ingegneria. In epoca romana chi eraesperto nel campo delle catapulte dispo-neva di un atout importante che potevaconsentirgli anche di sopravvivere a epu-razioni politiche.

Questa promozione sociale dell'inge-gneria si fondava su una forte domanda dicatapulte. Esse divennero parte integran-te di ogni fortezza e di ogni forza d'asse-dio moderne e gradualmente comincia-rono a essere usate nella più mobile con-

duzione della guerra sul campo di batta-glia. In mare le catapulte potrebbero ave-re avuto una parte nella corsa agli arma-menti navali che condusse dalla trireme,con i suoi tre banchi di rematori, a navienormi che contavano sino a 40 banchi dirematori. Evidentemente l'assunto chestava alla base di questi sviluppi era che iltiro con le catapulte poteva decimare leforze imbarcate sulle navi nemiche quan-do tali navi erano ancora troppo lontaneper l'abbordaggio e lo speronamento.Quanto più grande era una nave, tantepiù catapulte poteva trasportare e tantopiù stabile era la piattaforma di lancio.Secondo questa interpretazione, la cata-pulta avrebbe quindi soppiantato il com-

SERBATOIO DELLE FRECCE

CAMMA SCANALATA

TAMBURO ROTANTE

AGGANCIO

LA SLITTA" ACCIO SOLIDALE—Ci

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Un effetto dello sviluppo delle catapulte fu quello di costringere gliabitanti delle città a costruire mura più alte allo scopo di allungare lagittata delle loro macchine. Raddoppiando, per esempio, l'altezza dellemura non si aumentala la gittata in proporzione, ma si dava comunqueai difensori un %antaggio maggiore. Questo sviluppo nella storia dellefortificazioni suggerisce che le catapulte fossero considerate una mi-

naccia maggiore di quella degli arieti, poiché mura più alte erano menostabili quando venivano attaccate dal basso. Le catapulte difensivevenivano usate probabilmente tenendone il fusto in posizione più omeno orizzontale per ottenere una maggiore precisione, come si puòvedere in questo diagramma schematico. Raddoppiando l'altezza (h) siaumentava la gittata di una catapulta (L) della radice quadrata di 2.

L'estrattore di radice cubica, un semplice dispositivo meccanico inven-tato da un ignoto geometra greco del III o IV secolo a.C., rendevapossibile progettare una catapulta lanciasassi a una determinata scalarisobendo una formula, la quale stabiliN a che il diametro (in dita) delfascio di corde era uguale a 1.1 volte la radice cubica di 100 volte il pesodei proiettili di pietra che si volevano lanciare espresso in mine. Pertrovare la radice cubica di un certo valore D • per esempio, si sceglievaprima un segmento lineare Q e poi si otteneva il %alore B tale che13 = £2 /a 2, Le linee a e B venivano poi disegnate ad angoli retti (a

sinistra). Facendo scorrere la ganascia mobile del dispositivo, lo sipoteva allineare in modo che il punto C venisse a trovarsi sul prolun-gamento verticale della linea a e il punto D sul prolungamento oriz-zontale della linea 13 (a destra). La soluzione era data allora da y , unvalore uguale alla distanza OD. Supponiamo, per esempio, che yfosse uguale alla radice cubica di 100. Se si dovesse scegliere a ugualea 4, 13 dovrebbe essere uguale a 100/16, ossia 6,25. L'estrattore diradice cubica, dopo essere stato allineato in maniera opportuna, for-nirebbe per y il risultato approssimativamente corretto, ossia 4,64.

COLLOCARE C SU QUESTA LINEA

COLLOCARE D SUQUESTA LINEA

SCEGLIERE aPOI p= fl/a2

2h1

battimento corpo a corpo in mare, svol-gendo la parte che sarebbe stata assuntadai cannoni 2000 anni dopo. Infine, nuo-ve tattiche di battaglia, di navi corazzatedette catafratte e gli sforzi dei romani perdominare l'intero Mediterraneo ebberol'effetto di ridurre ancora una volta ledimensioni delle navi da battaglia.

L'importanza della catapulta condussea sforzi per migliorarne le prestazionianche oltre i limiti già raggiunti grazieall'introduzione dell'arco a torsione.L'ingegnere Ctesibio, per esempio, attivoad Alessandria alla metà del III secolo a.C., tentò di eliminare le corde di capelli edi tendini, che erano soggette a rompersi,a marcire e a variare di tensione in seguitoall'umidità e allo stiramento. Entrambi iprogetti alternativi da lui proposti com-prendevano bracci rigidi che ruotavano suun asse in prossimità del loro estremo piùinterno; questi bracci erano incurvati inmodo tale che, quando l'arco veniva teso,

premevano o su molle di bronzo martella-to o su pistoni che scorrevano all'internodi cilindri a perfetta tenuta d'aria (si vedal'illustrazione nella pagina a fronte). Mané la compressione delle molle di bronzo(le quali sono ovviamente inferiori sottola maggior parte dei punti di vista, a molledi acciaio) né la compressione della picco-la quantità d'aria che può essere contenu-ta nei cilindri potevano fornire una forzaparagonabile a quella dell'arco a torsione.(Nella sperimentazione di queste idee,Ctesibio scoprì che dal cilindro, assiemeal pistone da lui forzato in esso con unmartello, usciva del «fuoco». La fiamma oil fumo erano forse prodotti dall'accen-.sione della colla da carpentiere da lui usa-ta per ottenere una perfetta tenuta. Sel'accensione era causata dal calore dicompressione dell'aria, Ctesibio può es-sere considerato lo scopritore dell'effettodiesel.)

Press'a poco nello stesso periodo, Dio-

nisio di Alessandria sviluppò quella che fuforse la macchina più notevole di questogenere: una catapulta a ripetizione (siveda l'illustrazione alla pagina preceden-te). Le frecce venivano alloggiate in uncaricatore o serbatoio verticale alimenta-to a gravità e quindi trasferite una pervolta nella scanalatura di tiro per opera diun tamburo rotante il cui moto era con-trollato da un sistema a guida eccentricaazionato dalla slitta. Non si conosce alcunesempio anteriore di un tale sistema, enessun esempio altrettanto complesso ènoto al Cinquecento. Un singolo moto delverricello controllava il tamburo, la slitta,il meccanismo di agganciamento e di scat-to, cosicché era sufficiente far ruotare ilverricello avanti e indietro per mantenerein azione la macchina sino allo svuota-mento del caricatore. Qui fece per la pri-ma volta la sua comparsa la catena a ma-glie piane, spesso attribuita a Leonardo.Le maglie della catena avevano presumi-

bilmente sporgenze che andavano a inse-rirsi negli interstizi di un ingranaggio in-verso; in altri termini, i denti erano inter-ni, non esterni, un po' come avviene inuna moderna sega a catena. (Questa in-terpretazione si fonda in parte su partico-lari contenuti nel testo che si è conservatoe in parte sulle necessità meccaniche dellasituazione.)

La catapulta a ripetizione non riuscì asostituire la catapulta normale. La facilitàe rapidità di operazione andavano a scapi-to della gittata, che era sensibilmente in-feriore. La sua stessa precisione, inoltre,finì paradossalmente col costituire unosvantaggio. La macchina concentrava isuoi tiri alla sua distanza massima (circa200 metri) in uno spazio così ristretto chenon valeva la pena di tirare a quella di-stanza neppure su un piccolo gruppetto diuomini. (Fu un modello di una di questecatapulte a ripetizione a spaccare in dueuna freccia nell'esibizione di tiro diSchramm per il Kaiser.) I comandantitemevano inoltre che essa comportasseuno spreco di munizioni: la stessa lagnan-za che fu sollevata contro l'invenzione deifucili a ripetizione due millenni dopo.

Un'altra ragione dell'insucesso di que-ste interessanti variazioni può essere vistanel grado di sofisticazione degli sforzitecnici applicati nel frattempo alla cata-pulta comune. Il successo della catapultarese imperativa l'esigenza di raggiungeregittate almeno pari a quelle raggiunte dainemici. Fu allora necessario adeguare laquantità di fibra elastica al peso deiproiettili. Probabilmente la progettazionenon mirò tanto a raggiungere la gittatamassima in assoluto quanto a pervenire alpunto oltre il quale i costi aumentavanotroppo rapidamente e diminuivano lamaneggevolezza e la precisione (quest'ul-tima in conseguenza di fattori balisticilungo la traiettoria).

Uno dei passi avanti cruciali nel proget-tare l'utilizzazione delle molle di torsioneconsistette nello stabilire un rapporto frail diametro e la lunghezza del fascio cilin-drico di corde elastiche. Se le corde eranotroppe corte, sviluppavano un elevato at-trito interno e potevano non avere un al-lungamento elastico sufficiente per evita-re la rottura quando i bracci dell'arco ve-nivano tirati all'indietro. Se erano troppolunghe, una parte della loro elasticitàrimaneva inutilizzata pur tirando i bracciall'indietro nei limiti consentiti dallastruttura della macchina. Tutte le descri-zioni di catapulte che si sono conservatefanno pensare che in realtà venisse rag-giunta una configurazione cilindrica otti-male e che da essa non ci si allontanassetranne che in circostanze particolari,come nel caso delle macchine esclusiva-mente a breve gittata costruite da Archi-mede a Siracusa.

Questa ottimizzazione del fascio dicorde fu raggiunta attorno al 270 a.C.,forse dal gruppo di ingegneri greci chelavoravano per la dinastia tolemaica inEgitto. Ivi e a Rodi gli esperimenti deiricercatori sulle catapulte furono, secon-do Filone, «massicciamente sovvenziona-ti perché essi avevano re ambiziosi che

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Un tardo sviluppo nella storia della tecnologia delle catapulte fu lacheiroballistra o carrobalista romana, una macchina su ruote relativa-mente piccola che risale al I secolo d.C. circa. La struttura in ferro leconferiva una mobilità sufficiente per consentire l'uso sul campo dibattaglia e la struttura aperta facilitava la localizzazione di bersaglimobili. L'arma 'veniva puntata probabilmente allineando la punta dellafreccia con un traguardo, opportunamente elevato, montato sulla parte

posteriore del fusto. Le relazioni matematiche fra la forza dell'arco, lospostamento della slitta e l'angolo di elevazione erano tali che, usandouna linea di mira che passava per il bersaglio, la punta della freccia e iltraguardo posteriore, si poteva conseguire automaticamente la traiet-toria corretta solo stimando la distanza e tirando indietro la slitta per ilnumero opportuno di denti d'arresto. La cheiroballistra fu poi soppian-tata da una catapulta più semplice, a un solo braccio, chiamata onagro.

PUNTA DELLA FRECCIA

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TRAGUARDO,

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promuovevano la loro abilità artigianale».I risultati furono compendiati in due

formule. Per una catapulta a frecce ildiametro del fascio di corde fu stabilitosemplicemente in 1/9 della lunghezza del-la freccia. La formula, più complessa, diuna catapulta lanciasassi stabiliva, in ter-mini moderni, che il diametro del fascio dicorde in dita (un dito vale press'a poco19,8 millimetri) è uguale a 1,1 volte laradice cubica di 100 volte il peso dellapalla in mine (una mina è pari a 437grammi circa).

Lad formula della catapulta lanciasassi

presenta due caratteristiche notevo-li. Innanzitutto dà una soluzione reale edesatta per una progettazione ottimale.Per rendercene conto, supponiamo dap-prima (supposizione in effetti ragionevo-le) che i costruttori di catapulte desideras-sero dare alle loro macchine prestazionimassime. Essi dovevano a tal fine massi-mizzare l'energia cinetica dei loro proiet-ti, e quindi l'energia potenziale immagaz-zinata nelle molle a torsione. La modernateoria dell'elasticità applicata al disegno

di queste molle ci dice che l'energia im-magazzinata disponibile per il lancio saràproporzionale alla quantità della tensioneiniziale data al fascio nel suo montaggionella catapulta più la tensione addizionalecausata dal preattorcigliamento del fa-scio, al quadrato dell'angolo indicantel'ulteriore attorcigliamento conferito ti-rando all'indietro il braccio dell'arco e alcubo del diametro della sezione del fa-scio. L'elevazione al cubo del diametrodel fascio significa che, per esprimere ildiametro del fascio elastico nei termini

della massa del proietto, si doveva estrar-re una radice cubica.

Si osservi che, per arrivare a questorisultato, si devono usare i concetti dell'e-nergia cinetica e potenziale, i quali nonfurono combinati in una relazione signifi-cativa fino al Settecento, ossia fino all'o-pera di Eulero e Daniel Bernoulli. Si ri-chiede inoltre la teoria dell'elasticità, laquale era stata iniziata circa mezzo secoloprima da Hooke e da Robert Boyle. Sidevono impiegare inoltre i principi dellabalistica, i quali non furono chiariti sinoall'opera di Bonaventura Cavalieri e diGalileo Galilei, nella prima metà del Sei-cento. Che gli antichi ingegneri delle ca-tapulte riuscissero a pervenire a una for-mula che conserva la sua validità anchealla luce di questi sviluppi molto posterio-ri è un fatto davvero impressionante.

L'utilizzazione di una radice cubicacostituisce il secondo carattere notevoledella formula della catapulta lanciasassi,in quanto tale formula fu scritta in unperiodo in cui i matematici greci non era-no ancora in grado di padroneggiare ap-pieno le equazioni di terzo grado. Attor-no al 460 a.C. Ippocrate di Chio (da nonconfondersi col famoso medico) avevastabilito che sarebbe stato possibile dupli-care con precisione il volume di un cubose si fossero trovate due linee che definis-sero due medi proporzionali fra due lineedate. Nel secolo seguente si era fatto soloqualche passo avanti verso la soluzionedel problema. Archita di Taranto edEudosso di Cnido avevano escogitatoeleganti soluzioni teoriche, ma si trattavadi soluzioni tridimensionali, molto sco-mode fisicamente e quasi di nessuna utili-tà nell'esecuzione di calcoli. La situazioneera a questo punto quando fu introdottol'arco a torsione.

La maggior parte di coloro che risolse-ro il problema della radice cubica aveva-no una connessione diretta e indiretta conle catapulte. Menecmo, secondo la tradi-zione, fu uno degli insegnanti di Alessan-dro Magno; perciò era presente nel tem-po e nel luogo in cui l'arco a torsionevenne per la prima volta alla ribalta. Lasua soluzione implicava l'intersezione disezioni coniche, un concetto che pare siastato scoperto da lui. Purtroppo non cisono elementi sufficienti che consentanodi stabilire se egli fu condotto a considera-re le coniche dal problema di estrarre ra-dici cubiche necessarie per la progetta-zione di catapulte.

Dopo di lui si adoperò alla soluzionedel problema delle radici cubiche Erato-stene, che era nato a Cirene ma viveva adAlessandria, la quale era allora un centrodella ricerca sulle catapulte. Eratostene,che era amico di Archimede, affermòesplicitamente che la catapulta era laprincipale ragione pratica per affrontareproblemi con radici cubiche. Possiamosupporre che Eratostene fosse interessatoa problemi di ingegneria, dal momentoche Archimede gli dedicò il suo libro Sulmetodo. In quest'opera soluzioni appros-simate di problemi matematici sono ab-bozzate inizialmente con un'impostazio-ne pratica di tipo meccanico. Per esem-

pio, talune sezioni di corpi vengono pesa-te per determinare il rapporto dei lorovolumi. La soluzione di Eratostene sifondava su un dispositivo meccanico conparti scorrevoli, che doveva essere similea quello raffigurato nell'illustrazione dipagina 92 in basso.

Il gruppo di uomini che si occuparonosubito dopo di lui del problema della so-luzione delle radici cubiche, fra cui Filonedi Bisanzio, Archimede di Siracusa edErone di Alessandria, erano tutti famosiper i loro lavori sulle catapulte. È interes-sante osservare che la più grande catapul-ta lanciasassi di cui si abbia notizia, unamacchina da tre talenti (78 chilogrammi),fu costruita da Archimede. Una macchinadi questo «calibro» avrebbe richiestoun'estrazione di radice cubica, in quantonon ci sono radici naturali nella quantitàdesiderata. Nella costruzione di questemacchine a breve gittata Archimede do-vette anche allontanarsi dalle proporzionidelle catapulte normali. L'efficacia dellecatapulte da lui costruite attesta la suaabilità come ingegnere matematico.

Considerati come gruppo, questi anti-chi studiosi del problema della radice cu-bica stanno a sé rispetto all'orientamentoprincipale della matematica greca. Anzi-ché limitarsi all'uso della riga e del com-passo, essi escogitarono semplici disposi-tivi meccanici che consentivano loro digenerare sezioni coniche e anche curve diordini superiori. Alcuni ausili di cui si val-sero, come il semplice «regolo calcolato-re» raffigurato nell'illustrazione a pagina92 in basso, anticipano i compassi di pro-porzione e gli archipendoli usati dagli ar-tiglieri verso la fine del Cinquecento.L'opera di questo gruppo fu però trascu-rata sino al Rinascimento, quando la ma-tematica riprese a svilupparsi press'apoco a partire dal punto in cui essi l'ave-vano lasciata. La géometrie di Descartes,per esempio, si inizia con procedimenti edispositivi molto simili ai loro.

Pare, perciò, che gli ingegneri che sioccuparono di catapulte eseguisseroesperimenti che li costrinsero a entrare inun campo fino ad allora ignorato dai pro-cedimenti matematici tradizionali. Èabbastanza facile ancora oggi adattaredati di terzo grado a una curva di secondogrado se i dati sono scadenti o l'investiga-tore è poco scrupoloso. Perciò dobbiamoavere una grande considerazione per que-sti antichi investigatori. Essi devono ave-re ripetuto molte volte le loro prove ditiro con le catapulte, devono avere anno-tato i dati delle osservazioni con estremadiligenza e devono averne interpretato irisultati con grande precisione. I passi in-troduttivi dei Belopoeika di Filone insi-stono molto sui procedimenti sperimenta-li e sui risultati ottenuti dagli antichi inge-gneri costruttori di catapulte, e dal puntodi vista della teoria dell'ingegneria mo-derna l'esattezza della sua esposizionepare confermata completamente.

Essendo pervenuti a un volume e auna configurazione ottimali per il fasciodi corde che dovevano fornire l'elasticitàdi torsione, gli ingegneri delle catapultecontinuarono i loro esperimenti fino a

ottimizzare le dimensioni delle restantiparti costitutive delle loro macchine dagetto. Se i bracci dell'arco erano troppocorti, la forza richiesta per il caricamentopoteva essere eccessiva, lo spostamentodella corda dell'arco troppo piccolo e lesue capacità di trasferimento di energiapotevano risultarne diminuite. Se i braccidell'arco erano troppo lunghi, ritardava-no l'azione delle molle a causa della loromassa eccessiva, oppure rendevano lamacchina troppo ingombrante. Stabilitala lunghezza dei bracci dell'arco, dal tra-gitto della corda dell'arco si potevanodeterminare la lunghezza della slitta edel fusto, e così via per il resto dellamacchina.

nfine gli ingegneri delle catapulte scris-sero i loro testi in modo tale da fornire

le dimensioni delle parti principali dellamacchina come multipli del diametro delfascio elastico. Una volta calcolato questodiametro per la grandezza del proiettiledesiderato, il resto della macchina venivatrasformato alla scala appropriata; e que-sto attesta un livello di razionalità tecnicache non fu raggiunto di nuovo fino all'e-poca della Rivoluzione Industriale.

L'ultimo perfezionamento importantenella progettazione delle catapulte risaleall'epoca romana tarda, quando il ferro fusostituito come materiale da costruzioneal legno. Quest'innovazione rese possibi-le una riduzione nelle dimensioni, unaumento dei livelli di sollecitazione e unamaggiore libertà di corsa per i bracci del-l'arco. La catapulta poté ora essere mon-tata su ruote e spostata con facilità da unaparte all'altra del campo di battaglia inrisposta alle mutevoli vicende della lotta.La nuova struttura aperta semplificò an-che il puntamento, che nelle macchineanteriori in legno era stato assai ridotto,specialmente per bersagli mobili e vicini.

Questo tipo avanzato di catapulta - lacarrobalista - venne troppo tardi per po-ter essere usato nel periodo di espansionedella civiltà romana, ma svolse una suafunzione nello stabilizzare i confini del-l'impero e nel contribuire a impedirne l'e-rosione. Man mano che l'Impero declina-va, però, le capacità tecniche richieste percostruire e usare macchine così complessepare diventassero sempre più rare. Unanuova macchina più semplice, detta ona-gro, con una sola fascia elastica e un solobraccio terminante con un cucchiaio, cheveniva usata per scagliare pietre, si impo-se sempre più. Essa avrebbe fornito l'arti-glieria pesante del Medioevo, fino allacomparsa del trabocco, la cui struttura eraancora più semplice e il cui funzionamen-to sfruttava la forza di gravità.

La progettazione scientifica di macchi-ne complesse, con una deliberata coordi-nazione sperimentale delle dimensionidelle parti componenti, non ricomparvenella civiltà occidentale sino al Settecen-to. Nel periodo antico i mutamenti in cuiebbe parte la catapulta prefigurarono, inmodi che non possono non colpirci, pro-blemi riapparsi molto tempo dopo neirapporti fra scienza e tecnologia da unlato e guerra e società dall'altro.

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