le politiche economiche
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Le politiche economiche. Una definizione universalmente accettata del rapporto fra le amministrazioni pubbliche e le politiche economiche non esiste. Possiamo partire da una considerazione di fondo: - PowerPoint PPT PresentationTRANSCRIPT
Una definizione universalmente accettata del rapporto fra le amministrazioni pubbliche e le politiche economiche non esiste.
Possiamo partire da una considerazione di fondo:
una buona amministrazione pubblica deve porsi quale strumento di sviluppo nell’ambito della politica economica
di un Paese.
Le politiche economiche
Quando in Italia si parla di politiche economiche, si tende a suddividere la scienza economica sottostante in due rami: •un ramo positivo (l’economia politica) •un ramo normativo (la politica economica)
L’economia politica studia il funzionamento concreto del sistema economico o di uno specifico operatore
La politica economica studia gli strumenti con i quali l’azione pubblica può raggiungere determinati obiettivi.
Le politiche economiche
La storia reale del pensiero economico fornisce ampie prove del condizionamento storico delle amministrazioni pubbliche.
Poiché l’economia è una scienza applicata, strettamente legata ai giudizi sui sistemi e sulle politiche reali, la cosa non deve apparire sorprendente; sarebbe piuttosto sorprendente il contrario, ovvero la totale assenza di tracce tra le teorie economiche, i condizionamenti sociali e l’evoluzione delle amministrazioni pubbliche.
La storia del pensiero economico
TEORIA
ECONOMICA
DETERMINA
NUOVE POLITICHE
ECONOMICHE
SISTEMA
ECONOMICO
SISTEMA
POLITICO
SISTEMA
AZIENDALE
CONDIZIONANO INCIDE SU
I condizionamenti delle teorie economiche
Ai soggetti pubblici spetta il compito di
programmare, organizzare, attuare gli
obiettivi della politica.
In una moderna economia di mercato, d’altra
parte, i soggetti pubblici devono
sistematicamente confrontarsi con il
comportamento dei soggetti privati e con le
loro aspettative.
I Soggetti pubblici
ADAM SMITH
Pone le basi dell’economia politica partendo dalla considerazione che ogni ricchezza è prodotta dal lavoro e che ogni individuo è il miglior giudice del proprio interesse.
Elabora la teoria della mano invisibile, secondo cui, attraverso il meccanismo degli scambi, gli interessi dei differenti individui e quindi della società in quanto somma di individui, sono realizzati con la massima efficienza.
Se ciascun soggetto è libero di decidere il suo comportamento, se a ciascuna merce si applica il medesimo prezzo (operando in un mercato concorrenziale), ogni individuo troverà l’impiego più vantaggioso per il capitale di cui dispone e, pur perseguendo esclusivamente il proprio interesse, egli, spinto da una mano invisibile, accrescerà contemporaneamente il benessere collettivo.
…Smith
Pertanto, se il mercato, lasciato libero da
impedimenti e costrizioni, è in grado di
raggiungere risultati positivi per l’intera
società, diviene compito dello Stato e quindi
delle amministrazioni pubbliche, quello di
giocare un ruolo il più possibile neutrale in
campo economico.
…Smith
In Adam Smith, c’è la consapevolezza
che lo Stato ha il compito di assicurare i
servizi pubblici essenziali allo sviluppo della
società (giustizia, difesa, sanità, opere
pubbliche) che non potrebbero essere affidati
ai privati poiché questi non sarebbero in
grado di porvi mano o per mancanza di mezzi
o perché il profitto previsto e’ troppo basso o
alternativamente se troppo alto
provocherebbe scompensi d’altro tipo.
…Smith
Con Smith nasce il liberismo economico e vi
sono gli embrioni dei primi condizionamenti
tra teorie economiche e funzionamento della
pubblica amministrazione
…Smith
DAVID RICARDO
Egli non ha mai concordato con quanti hanno
ritenuto che a causa degli interessi dovuti sul
capitale da rimborsare, il ricorso
all’indebitamento trasferisce l’onere della
spesa pubblica sulle generazioni future.
Secondo le sue teorie, in caso di ricorso al
debito, solo il capitale viene sottratto alla
ricchezza produttiva della nazione e non gli
interessi; negli anni successivi all’emissione
del prestito, infatti, vi saranno da un lato
persone tenute a pagare tributi per gli
interessi e dall’altro, individui che
riceveranno il pagamento di tali interessi (i
detentori del debito pubblico).
…Ricardo
In definitiva, per Ricardo le generazioni
future non sopportano alcun onere
aggiuntivo; indubbiamente, le sue teorie
hanno influenzato le amministrazioni
pubbliche del tempo.
…Ricardo
Ricardo approfondisce per primo un tema che sarebbe divenuto di grande attualità:
il problema della scelta tra finanziamento della spesa pubblica con imposta straordinaria
o con debito pubblico.
Egli aggiunge inoltre che per la generazione presente imposta straordinaria e debito pubblico sono equivalenti perché nel primo caso la collettività sopporta la spesa nel momento in cui l’imposta è istituita; nel secondo caso, invece, la pubblica amministrazione dovrà aumentare le imposte future per pagare gli interessi del debito.
…Ricardo
JOHN STUART MILL
Mill, mitiga il rigore di Smith e le sue drastiche
concezioni sulla necessaria neutralità
dell’attività finanziaria pubblica, ipotizzando
la possibilità di un intervento pubblico nei casi
in cui tale attività fosse in grado di migliorare
le condizioni sociali della collettività.
Con Mill si cominciano ad approfondire i legami tra l’attività finanziaria e l’attività economica. Mill è stato anche il primo economista a dare basi solide teoriche alla cosiddetta teoria del “sacrificio uguale”, in base al quale il sacrificio che ogni contribuente deve affrontare per il pagamento delle imposte deve risultare proporzionale per tutti.
…Mill
Si ha così uguaglianza di carico tributario quando i tributi imposti cagionano ai contribuenti un eguale sacrificio.
Il prelievo tributario, effettuato in relazione al principio di decrescenza di utilità economica della ricchezza, per Mill deve pesare sui più abbienti. In tal modo, oltre a ripartire equamente le imposte, si addossa alla collettività il minor sacrificio possibile.
…Mill
Alla fine del diciannovesimo secolo, il
pensiero economico classico viene
letteralmente ripudiato e anche se
“neoclassico” sembra indicare una certa
affinità, le teorie hanno ben poco a che
vedere con Smith e Ricardo.
Il Neoclassicismo
Per i neoclassici, il nuovo principio di fondo è semplice. Il valore di un prodotto non è dovuto solo alla quantità di lavoro in esso compreso, ma risiede anche nell’utilità attribuita dal consumatore all’ultima unità acquistata.
la teoria finanziaria neoclassica concentra la propria attenzione prevalentemente su due problemi:
•l’allocazione ottimale delle risorse
•la ripartizione del carico fiscale
…Il Neoclassicismo
In questo periodo storico appare senza veli e
per la prima volta la differente applicazione
delle teorie economiche rispetto ai
condizionamenti sociali, politici e istituzionali
dei differenti paesi e le diverse conseguenze
sui sistemi pubblici.
…Il Neoclassicismo
Mentre la scuola neoclassica inglese concentra, alla
fine del diciannovesimo secolo, la propria
attenzione sulla ripartizione delle imposte, la stessa
teoria neoclassica, in altri paesi dell’Europa
continentale (come Italia e Francia), conserva un
approccio più ampio non scindendo mai il problema
delle imposte e quindi della determinazione delle
entrate da quello delle spese; il tutto incidendo
pesantemente sulla struttura dell’amministrazione
pubblica e sul suo funzionamento.
…Il Neoclassicismo
La causa di tale diversità va ricercata nelle
differenti condizioni di sviluppo sociale ed
economico dei vari paesi europei in questo
determinato periodo storico.
Mentre in Inghilterra il processo di
industrializzazione della struttura economica
può considerarsi concluso agli inizi del ‘900,
con il ruolo di propulsione dello Stato ridotto
al minimo, ...
…Il Neoclassicismo
… in Italia lo Stato interviene nello stesso
periodo con vigore a difesa delle nascenti (e
molto deboli) industrie; tutto avviene con un
aumento considerevole della spesa pubblica e
con un processo di responsabilizzazione ai
vari livelli del settore pubblico.
…Il Neoclassicismo
Arriviamo così all’economia del benessere, a quel filone della teoria economica che valuta il gradimento sociale di situazioni economiche alternative. L’economia del benessere, trae origine da un’opera dell’economista Pigou ma è l’italiano Pareto che la rende organica definendone i criteri fondamentali:
l’efficienza e l’equità
Criteri che oggi, a distanza di un secolo, ritroviamo su due livelli differenti e con maggiore sofisticazione, nell’analisi della determinazione, per l’azienda pubblica, del valore pubblico.
Economia del Benessere
ARTHUR PIGOU
Ritiene che il benessere sociale coincida con il reddito e pertanto con il benessere economico, e il reddito così come ogni altro bene economico, ha un’utilità marginale decrescente. Per tale motivo egli dice che una politica redistributiva, che sposta il reddito dalle fasce più ricche a quelle più povere della popolazione, accresce inevitabilmente il benessere sociale. Tutto questo a patto di non ridurre il volume complessivo del reddito.
VILFREDO PARETO
Per Pareto è stato sufficiente dimostrare
che un sistema è efficiente se non è
possibile aumentare il benessere di un
individuo senza diminuire il benessere di
qualcun altro.
Egli fissa in tre condizioni l’efficienza:
• efficiente combinazione dei fattori
produttivi,
• l’ottima combinazione del prodotto
• massima efficienza negli scambi.
Con queste tre condizioni, la società
raggiunge la frontiera della possibilità,
costituita dalle infinite combinazioni che
assicurano l’efficiente allocazione delle risorse
disponibili.
…Pareto
I tentativi di Pigou non hanno trovato,
nel contesto storico ed economico di inizio
diciannovesimo secolo, il favore degli
studiosi. In particolar modo è stato
contestata l’impossibilità di comparare le
variazioni di benessere tra persone diverse;
per tale motivo ogni giudizio su una politica
redistributiva non può essere frutto che di
un giudizio di valore
Pigou
L’influenza maggiore sulla politica neoclassica appartiene senza ombra di dubbio all’economista Say. La legge di Say afferma che l’offerta di beni crea la domanda e pertanto non può esserci sovrapproduzione rispetto alla domanda per un lungo periodo di tempo.
Secondo Say, ogni spostamento da un equilibrio di questo tipo determina un riaggiustamento ad opera delle forze di mercato sino al raggiungimento di un reddito nazionale di cosiddetta piena occupazione.
Say
Secondo questa teoria, se su un mercato c’è
un’insufficienza di domanda, è necessario
ammettere che su qualche altro mercato c’è
un’insufficienza dell’offerta.
…Say
Se la legge di Say è considerata
accettabile, non si può non dedurre che tutto
quello che viene prodotto è certamente venduto,
a qualsiasi livello complessivo di produzione.
S’intende pertanto che l’azienda ha sempre
interesse a produrre al massimo della capacità
del sistema economico; l’unico limite potrebbe
essere dato dalla forza lavoro disponibile.
…Say
CARLO MARX
Egli ha liquidato la legge di Say, affermando che in un sistema capitalistico, la moneta non è solo mezzo di scambio, ma anche capitale.
In un sistema di questo tipo, non tutta la moneta riscossa viene spesa.
•coloro che hanno redditi appena sufficienti ai loro bisogni, utilizzano tutta la moneta disponibile;
•coloro che invece hanno redditi elevati, non spendono tutto subito ma risparmiano in attesa di situazioni maggiormente vantaggiose.
Poiché gli imprenditori acquistano beni strumentali quando ritengono ci sia convenienza, ne consegue che non sempre si verifica la legge di Say.
Marx, variamente giudicato, criticato, al
tempo stesso osannato e detestato,
rappresenta il primo grande esempio di
quanto una teoria economica possa incidere
sulla costruzione di nuove politiche che a
loro volta caratterizzano l’intero
funzionamento del sistema economico,
privato e pubblico.
…Marx
L’analogia tra il capitalismo e le forme
precedenti di società, circa l’appropriazione
di un surplus da parte di persone che non
partecipano all’attività produttiva, è per
Marx un dato storico derivante
dall’esperienza sociale.
…Marx
Egli mostra l’analogia che esiste tra
situazioni in cui l’appropriazione di
plusvalore è sancita politicamente o in cui è
riconosciuta di fatto, come “nella forma
capitalistica di sfruttamento”
…Marx
Nel diciannovesimo secolo, per Marx, il problema
economico non consiste nel dimostrare
l’appropriazione, bensì nel conciliarla con la
legge del valore: nello spiegare, in altri termini,
come essa si verifichi nel regno della concorrenza
e della “mano invisibile” di Adam Smith del
secolo precedente, sino a quel momento punto di
riferimento del liberismo economico
…Marx
Marx ha avviato l’esposizione della teoria del
plusvalore nel primo libro del Capitale,
partendo dal presupposto che le merci
vengono scambiate secondo il loro valore,
quindi proporzionalmente.
…Marx
Verso la fine del secondo libro del capitale,
prima di affrontare la questione del prezzo e
del valore, Marx sviluppa il concetto delle
due principali sezioni della produzione
sociale e l’analisi dei loro rapporti.
L’attenzione si concentra in questa fase nella
connessione con i rapporti strutturali dello
sviluppo economico.
…Marx
Com’è noto, Marx non ha mai portato a
termine e tanto meno riveduto e corretto il
secondo e il terzo libro del Capitale.
E’ stato Engels a raccogliere e pubblicare,
dopo la morte di Marx (1883) le sue
annotazioni, definendole nella sua prefazione
al secondo libro del Capitale, “un insieme di
studi incompiuti e per lo più frammentari”.
…Marx