le serrature meccaniche e le loro vulnerabilità · prevaricare questi mezzi di difesa della...

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Claudio Ballicu Le serrature meccaniche e le loro vulnerabilità Tecniche di effrazione e ricerca delle tracce forensi nell’attività peritale Progetto grafico, copertina, ricerche iconografiche, disegni e foto di Claudio Ballicu È vietato riprodurre, memorizzare in un sistema di archiviazione o trasmettere, in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, fotocopie, registrazioni o in altro modo, testi, disegni e, più in generale, qualunque parte di questo libro, anche se per uso interno o didattico, senza previo permesso scritto del proprietario del copyright. Le richieste in tal senso potranno essere indirizzate a: [email protected] © Copyright Claudio Ballicu 2018

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Claudio Ballicu

Le serrature meccaniche

e le loro vulnerabilità

Tecniche di effrazione

e ricerca delle tracce forensi

nell’attività peritale

Progetto grafico, copertina, ricerche iconografiche, disegni e foto di Claudio Ballicu

È vietato riprodurre, memorizzare in un sistema di archiviazione o trasmettere, in qualsiasi

forma o con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, fotocopie, registrazioni o in altro

modo, testi, disegni e, più in generale, qualunque parte di questo libro, anche se per uso

interno o didattico, senza previo permesso scritto del proprietario del copyright.

Le richieste in tal senso potranno essere indirizzate a: [email protected]

© Copyright Claudio Ballicu 2018

Nota dell’autore

I “lockpickers”, sono persone appassionate di meccanica di precisione con la curiosità di

conoscere l’intimo funzionamento delle serrature o semplicemente soggetti che sfidano i segreti

delle serrature con spirito sportivo, affrontandone la manipolazione tramite grimaldelli.

Tuttavia, la maggior parte delle persone accomuna la figura dei lockpickers ai ladri e agli

scassinatori, dimenticando l’esistenza di professionisti in grado di intervenire, in maniera del tutto

lecita, per una serratura bloccata o della quale si siano smarrite le chiavi.

Altri tecnici serraturieri (pochissimi, in verità), sono in grado di aprire una cassaforte della

quale sia andata perduta la combinazione, senza ricorrere a mezzi distruttivi, consentendone il

recupero al legittimo proprietario, senza che per questo debbano essere assimilati a chi vive fuori

dai confini della legalità.

Non dimentichiamo, inoltre, l’esistenza di internet, che mette facilmente a disposizione di

chiunque sia interessato, le più dettagliate informazioni sulle serrature e sulle tecniche per

prevaricare questi mezzi di difesa della proprietà.

Troppe persone, infatti, non vogliono pensare fuori da schemi precostituiti, abituate come sono

a omologarsi agli stereotipi livellanti della massa, evitando di sottoporsi a particolari sforzi mentali

o contrastando la morale comune; pensare in modo anticonformista richiede uno sforzo di

valutazione obiettiva della realtà e, perché no, un minimo di cultura e di desiderio di informarsi.

Queste pagine vogliono mostrare le vulnerabilità delle serrature attraverso la descrizione

delle principali tecniche di manipolazione, descrivendo le tecniche di indagine sulle aperture

illecite e la relativa raccolta della documentazione delle tracce, di valore forense,

frequentemente posta alla base della risoluzione delle controversie fra le compagnie di

assicurazione e i loro clienti, vittime di furto.

L’attività peritale del “forensic locksmith” è anche richiesta dagli organi inquirenti, per

contribuire alla formazione del libero convincimento del Giudice.

L’autore del libro, declina sin da ora ogni responsabilità sull’eventuale uso illecito delle

informazioni fornite o dei dispositivi illustrati che non sono pertanto da intendersi come un

invito o un incoraggiamento a mettere in pratica in modi illegali quanto descritto.

Il semplice fatto di proseguire nella lettura, implica l’accettazione di quanto sopra.

Eventuali marchi di fabbrica o di servizio, nomi di prodotti o di aziende che compaiano nel

presente volume, sono utilizzati a solo scopo informativo. L’autore non rivendica alcun diritto in

relazione ad essi, né il loro utilizzo indica legami societari tra i proprietari dei marchi e l’autore del

volume o appoggio dei prodotti da parte dello stesso.

La serratura sicura non esiste!

Esistono solo persone incapaci di aprirla senza possederne la chiave

Avviare la catena di produzione di un nuovo modello di serratura ha un costo industriale non

indifferente. La progettazione ingegneristica, il disegno meccanico, la ricerca ed il collaudo dei

materiali, la preparazione di una catena di montaggio, la trafila delle omologazioni ecc. hanno un

costo industriale elevatissimo che può essere riassorbito solo con la commercializzazione di un

elevato numero di esemplari del manufatto stesso.

Dunque, perché investire ingenti capitali per la realizzazione di un nuovo modello di serratura

se quello precedente andava benissimo e, soprattutto, risultava inattaccabile?

Certo non si debbono soddisfare ragioni estetiche o seguire la moda; questo genere di oggetti è

molto poco sensibile alle tendenze del momento! Se così non fosse, sarebbe sufficiente un restyling

di facciata, un po’ come avviene in campo automobilistico, per esempio, dove spesso un nuovo

modello differisce dal precedente per un semplice aggiornamento estetico della carrozzeria o degli

interni o per l’aggiunta di qualche “gadget” tecnologico, oggi tanto in voga.

Nel caso di una serratura, l’unica ragione plausibile è la scoperta, da parte della malavita o da

parte degli specialisti dell’assistenza tecnica, di un punto debole nel manufatto, su cui far leva per

superarne le difese tramite manipolazione o tramite altre tecniche distruttive.

Quando, a seguito di qualche “colpo” dei “soliti ignoti” andato a segno viene palesato un

“tallone d’Achille” nella serratura, o quando le risultanze delle prove, che le case costruttrici

effettuano per seguire l’evoluzione continua delle tecnologie legate alla meccanica di precisione,

evidenziano l’obsolescenza non tanto di un modello, quanto del principio di funzionamento di una

famiglia di serrature, ecco sorgere la necessità di progettarne un nuovo modello anche a costo di

importanti investimenti economici.

Queste pagine nascono nell’ambito degli studi sulla vulnerabilità delle serrature e sulle

tecnologie di difesa contro attacchi con mezzi non distruttivi (manipolazione, lockpicking) e

distruttivi (trapanazione, attacco con leve metalliche ecc.).

Nessuna serratura, infatti, è inattaccabile o, quantomeno, la sua inviolabilità è direttamente

correlata con il tempo di attacco. La robustezza di tali dispositivi di chiusura, infatti, non è di per sé

sufficiente se si prescinde da una profonda conoscenza metodologica dell’azione criminale.

Spesso le soluzioni trovate dalla malavita equivalgono, senza mezzi termini, a vere opere

dell’ingegno tese alla realizzazione di strumenti specifici volti alla manipolazione o alla

prevaricazione, altamente rifiniti e frutto di lunghi studi e prove.

Solo una sinergia di conoscenze e mezzi di difesa, anche elettronici, migliorabili in base alle

esperienze sulle tipologie di attacco, porteranno al contrasto sempre più efficace di una criminalità

tecnologica, agguerrita e dotata di elevati mezzi economici di finanziamento, il cui “stato dell’arte”

è ben più avanzato di quanto comunemente si possa immaginare.

Il punto di vista dell’autore di questo libro si può, quindi, sintetizzare così: nel campo

serraturiero è in vigore la nozione del “security through obscurity”; mantenere segrete le

informazioni al fine di non dare vantaggi agli attaccanti.

Il suo opposto, diffuso soprattutto in campo informatico, è la “full disclosure”; rendere pubblici

i dettagli allo scopo di permettere agli esperti di analizzarli ed evidenziarne i difetti e i limiti.

Indubbiamente l’età enormemente più giovane della scienza informatica, rispetto alla

meccanica serraturiera, gioca a favore di una maggiore apertura mentale della prima.

La “full disclosure” deriva dalla "legge di Kerckhoffs": "un sistema crittografico dovrebbe

essere sicuro anche se ogni cosa che riguarda il sistema, ad eccezione della chiave, è di pubblico

dominio".

Per quel che riguarda le serrature, è fin troppo facile acquistare un modello da studiare per

trovarne le vulnerabilità, pertanto la sicurezza attraverso "l’oscuramento" delle informazioni, verrà

meno. Inevitabilmente.

Ma forse le ragioni che sottendono a tale ostinazione nel voler mantenere riservato ciò che, alla

cruda luce della realtà, non può essere ragionevolmente segretato, sono altre.

Lascio volentieri ai lettori trarre le conclusioni.

Profilo biografico dell’autore

Sorprendentemente, l’autore di questo libro non è un serraturiere professionista né un

commerciante in questo ambito. Il suo interesse è rivolto principalmente all’aspetto forense della

meccanica serraturiera e delle casseforti, nonché allo studio delle tecniche atte a prevaricare questi

mezzi di difesa della proprietà e dei beni.

Appassionato di meccanica di precisione, da sempre interessato a conoscere il funzionamento

delle cose, proprio il tipo che, nell’infanzia, ricevendo un nuovo giocattolo, per prima cosa lo

smontava per scoprire come fosse fatto “dentro”.

Oggi, smontati tutti i giocattoli possibili, rimane inguaribilmente curioso di conoscere i segreti

delle serrature, i loro limiti per quanto concerne la resistenza ai tentativi di manipolazione e, in

definitiva, la loro sicurezza.

Claudio Ballicu è nato a Roma nel 1949, dove vive e lavora. E’ perito in elettronica industriale

e telecomunicazioni e laureato in Scienze dell’Investigazione all’Università di l’Aquila

Ex Vigile del Fuoco, si è interessato “da sempre” allo studio delle serrature e dei dispositivi

anticrimine in generale. Durante gli anni di servizio nei V.V.F. sempre operativo sui mezzi

antincendio, si è dedicato, in qualità di istruttore professionale, ad insegnare le tecniche di apertura

delle serrature negli interventi di urgenza.

È autore di libri nel campo della meccanica serraturiera, del misterioso settore dello spionaggio

elettronico, dell’indagine sulle cause di incendio e sull’analisi dei tabulati nella telefonia cellulare,

oltre a monografie sugli stessi temi nella rivista del settore “Force-Security”.

È stato invitato a tenere seminari sulla ricerca di tracce forensi nelle serrature e nelle casseforti

manipolate con grimaldelli, nonché seminari sulla sicurezza nel campo

dell’elettronica/telecomunicazioni, presso le università di l’Aquila e di Camerino (Facoltà di

Informatica e facoltà di giurisprudenza) e presso l’Università di Macerata (facoltà di Scienze della

Formazione), oltre che in vari congressi privati.

Nel settore della meccanica serraturiera, ha pubblicato, in collaborazione con C. A. Clerici,

medico specialista in psicologia clinica e ricercatore universitario presso la facoltà di medicina e

chirurgia dell’Università degli Studi di Milano, l’unico volume in italiano sul misterioso mondo

delle casseforti, dal titolo “Casseforti a combinazione meccanica, storia, tecniche e segreti”.

Oggi, effettua perizie forensi e consulenze nel campo serraturiero e casseforti e dei dispositivi

elettronici anticrimine per il Tribunale Civile di Roma, dove è iscritto dal 2005 nei ruoli dei

Consulenti Tecnici di Ufficio (CTU) e, per il Tribunale Penale, in qualità di Perito del P.M. o del

Giudice.

Effettua inoltre perizie e indagini difensive su incarico di studi legali o di agenzie investigative,

su richiesta di privati e di compagnie di assicurazione.

Anteprima di alcune pagine del libro:

Le serrature meccaniche e le loro vulnerabilità

Nella lingua inglese/statunitense, il lemma “lockpicking” indica l’arte di aprire una serratura

senza possederne la chiave, tramite l’uso di grimaldelli. Dal sostantivo “lock” serratura e dal verbo

transitivo “to pick” prendere qualcosa, ma anche tirare su/giù cogliere, selezionare con cura,

usare uno strumento appuntito per togliere/rimuovere.

Nella lingua italiana non troviamo un lemma specifico per indicare questa azione. Il verbo più

appropriato potrebbe essere “manipolare” una serratura, poiché “scassinare” “forzare” sembrano più

adatti ad un’azione prevaricatrice violenta, portata con mezzi forti, quali leve metalliche, giraviti,

trapani ecc. tuttavia, considerare solo l’aspetto prevaricatore delle tecniche esaminate in questo

volume, è indubbiamente limitativo. Non esiste solo l’attacco portato alla proprietà da delinquenti

senza scrupoli, ma anche il lavoro, onesto e svolto alla luce del sole, di tecnici serraturieri in grado

di risolvere il malfunzionamento della vostra serratura, permettendovi di rientrare in casa, o dei

pochi specialisti capaci di aprire una cassaforte senza procurare danni tali da renderla inutilizzabile.

Questi tecnici, ormai sempre più rari, sono ricercatissimi da istituti bancari, gioiellieri e

chiunque, più in generale, abbia necessità di rientrare in possesso dei propri valori chiusi in un

mezzo di custodia, bloccato per una avaria della serratura o a causa di un errato uso da parte del

proprietario.

La curiosità è la molla che ha da sempre spinto il progresso umano a superare sempre nuove

sfide, verso nuove conoscenze, ma è anche la molla che spinge il lockpicker a confrontarsi con le

serrature e con i loro limiti.

Se l’Homo erectus, dopo aver trasferito la sua residenza da un albero frondoso (e scomodo) ad

una vicina caverna, perdendoci riguardo alla vista panoramica ma guadagnandoci in quanto a riparo

dalle intemperie, non si fosse chiesto “cos’è quella cosa?” luminosa e rovente, sputata da un

vulcano o nata dalla caduta di un fulmine, che incendia gli alberi e il sottobosco, non avrebbe

scoperto il fuoco, non si sarebbe potuto riscaldare e tenere lontani i feroci predatori, non avrebbe

potuto espandere le proprie attività nelle ore notturne né avrebbe potuto cuocere i cibi migliorando

così l’assorbimento delle proteine e dei carboidrati.

Certamente il controllo del fuoco da parte dell’ Homo erectus determinò uno dei punti cruciali

di svolta nell'evoluzione culturale umana, consentendo l’incremento della proliferazione e la

sopravvivenza di quello che si avviava a diventare, attraverso il lento scorrere dei millenni, Homo

sapiens. Detto anche… “Homo curiosus”.

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Esiste un sorprendente parallelismo tra le sfide del lockpicking e quelle dell’hacking; mentre

l’appassionato studioso della sicurezza serraturiera si confronta con i limiti di questi mezzi di

custodia, l’hacker si confronta con la sicurezza dei sistemi informatici,

cercando di violarne l’impenetrabilità attraverso lo studio e la ricerca sistematica dei punti

deboli nei programmi che “girano” nei computer, i cosiddetti “bug”.

Insomma, una sorta di sfida intellettuale all’aspetto enigmatico del problema, alla ricerca della

soluzione di un rebus, iniziata, per gli hackers, intorno agli anni ottanta, con i primi rudimentali

personal computer (Commodore 64, Amiga 600, Vic 20 e, prima ancora, Sinclair ZX80 e Spectrum)

e con la nascita di ARPAnet, la “nonna” della moderna rete internet, realizzata nel 1969 dal

Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, per uso militare, durante la guerra fredda e divenuta, nel

tempo, uno dei più grandi progetti civili.

Per i lockpickers, la medesima sfida intellettuale all’aspetto enigmatico del problema, la

medesima ricerca della soluzione di un rebus, inizia ben prima degli anni ottanta; la serratura,

infatti, era già anzianotta, avendo spento tremilaseicento candeline su una gigantesca torta di

compleanno.

Non saprei dire chi fossero i lockpickers contemporanei dei faraoni egizi o quelli che operavano

durante l’Impero Romano, le mie modeste conoscenze non vanno oltre il periodo della Rivoluzione

Industriale quando, nelle varie “Esposizioni Universali” che si tenevano annualmente a Londra o a

Parigi, erano presentate le nuove invenzioni e scoperte industriali, le nuove macchine a vapore e,

per rimanere nell’argomento del libro, le nuove serrature di alta sicurezza.

Proprio durante la Great Exhibition di Londra, al Cristal Palace, Joseph Bramah, figlio di un

agricoltore dello Yorkshire e geniale inventore nel campo dell'idraulica e della meccanica,

trasferitosi a Londra in cerca di fortuna, presentò una serratura semplice e sicura nella quale i

meccanismi interni si allineavano all’atto dell’inserimento della chiave, consentendo la rotazione

del meccanismo di scorrimento del chiavistello. Questo sistema è tutt’ora alla base di vari tipi di

serrature di sicurezza.

Bramah dichiarò che la sua serratura, di forma cilindrica, consentiva 494 milioni di possibili

combinazioni diverse, nella profondità e localizzazione degli intagli di codifica. Era così sicuro

dell’inviolabilità della sua invenzione da offrire un premio di 200 ghinee, una somma notevole per

l'epoca, a chi fosse riuscito ad aprirla con una chiave falsa o con un grimaldello.

La discreta somma di denaro rimase ben custodita nelle tasche del proprietario fino a quando un

serraturiere americano, Charles Alfred Hobbs, figlio di un falegname di Boston, con mano di

velluto e tanta pazienza, dopo un paio di settimane di preparazione, in 51 ore di tentativi ne venne a

capo, dando una memorabile lezione ai fabbri inglesi che si cullavano da troppo tempo nella

convinzione di una loro presunta superiorità nella meccanica serraturiera.

Continuando l’esame delle similitudini tra le sfide del lockpicking e quelle dell’hacking,

esistono persone che manipolano le serrature allo scopo di introdursi nelle altrui proprietà per

commettere reati e hackers “malevoli” (più precisamente definiti “black hat hackers”) che si

introducono dolosamente nei computer per sottrarre dati sensibili, come numeri di carte di credito

con i quali fare acquisti a vostre spese, o password per l’home banking con le quali svuotare il

vostro conto corrente. Ciò avviene in special modo ai nostri giorni, quando il computer è oramai

entrato in tutte le case e moltissime persone effettuano acquisti via internet o gestiscono le proprie

operazioni bancarie senza muoversi fisicamente dalla propria scrivania. Periodicamente, le notizie

di qualche eclatante intrusione, in qualche computer o attraverso qualche porta blindata o

cassaforte, ci raggiungono attraverso le pagine di cronaca nera dei quotidiani o attraverso altri mass-

media, ma raramente la preparazione del giornalista sull’argomento è tanto accurata da fornirci

notizie completamente veritiere e libere da interpretazioni di fantasia.

La regola fondamentale di autodifesa è, comunque, non fornire ad estranei nessuna

informazione, neanche la più insignificante, che possa esporci ad un eventuale attacco.

Ad esempio; chi potrebbe pensare che il semplice fatto di lasciare in vista la chiave a doppia

mappa della nostra porta blindata, magari tenendola in un portachiavi appeso alla cintura dei

pantaloni, possa essere sufficiente a farne una copia fraudolenta. Eppure, può bastare una semplice

fotografia, magari scattata con il cellulare, per risalire ai codici della chiave e fabbricarne una falsa,

ma perfettamente funzionante, come vedremo nel capitolo dedicato a questo diffusissimo modello

di serratura.

Esaurita questa lunga premessa, possiamo entrare nel vivo della questione: iniziamo con il

notare l’esistenza di un principio comune alla base dei metodi di manipolazione delle serrature, a

prescindere dal modello specifico con il quale ci confrontiamo: lo sfruttamento delle tolleranze

meccaniche.

Un mio maestro serraturiere affermava: “In matematica, uno nell’uno ci sta una volta. In

meccanica non ci sta affatto”.

Inutile tentare di inserire un perno con un diametro, per esempio, di dieci millimetri in un foro

di identico diametro. Non è possibile. Fra i due elementi ci deve essere una differenza nel calibro,

anche solo di una frazione di millimetro. Infatti, se un dispositivo meccanico che abbia parti in

movimento non si rispetta questa regola basilare, andrà sicuramente incontro al grippaggio.

Le serrature non fanno certo eccezione a questa regola aurea anzi, poiché sono spesso soggette

all’azione degli agenti atmosferici e all’infiltrazione di polvere, devono essere costruite con

tolleranze meccaniche piuttosto “generose” al fine di garantire un funzionamento sicuro e

scorrevole per moltissimi anni. Tuttavia, ripeto, proprio queste inevitabili tolleranze favoriscono,

indirettamente, le tecniche di effrazione tramite manipolazione.

Passiamo ora dalla teoria alla pratica: per prima cosa dobbiamo capire a fondo come funziona il

cilindro di una serratura.

Cominciamo con qualcosa di semplice; il classico cilindro a pistoncini inventato dal

newyorkese Linus Yale nel lontano 1848 (il nome esatto, a voler essere precisi, è “cilindro a chiave

paracentrica” ma di seguito sarà definito semplicemente “cilindro a pistoncini”).

Si tratta di un cilindro i cui pistoncini (detti anche “perni” o “spine”) di riferma si allineano solo

con l’inserimento della chiave giusta, consentendo il movimento del rotore che a sua volta muove il

meccanismo di chiusura. E’ importante capirne il funzionamento interno, osservando con attenzione

le immagini seguenti, poiché la manipolazione di qualsiasi modello di serratura si fonda su principi

di base simili, fatte le dovute distinzioni tecniche, ma soprattutto su una perfetta conoscenza, tanto

profonda da consentirci di visualizzarne mentalmente i meccanismi che la compongono e i relativi

movimenti, durante la manipolazione stessa.

Le seguenti figg. 3.1 e 3.2 mostrano un “mezzo cilindro” del tipo a pistoncini, mentre il

successivo esploso (fig.3.3) ne mostra gli elementi interni con le rispettive terminologie.

Fig.3.1

Fig.3.2

Fig.3.3

Osserviamo ora un cilindro dopo averlo sezionato (fig.3.4).

Come si può osservare, il rotore (detto anche “nucleo”), ossia quella parte che trascina il

movimento dei meccanismi della serratura e, in definitiva, i chiavistelli, è bloccato dalla presenza

dei pistoncini “passivi” che, in assenza della chiave, si frappongono, lungo la “linea di

separazione”, fra il rotore e lo statore, ossia la parte statica del sistema che costituisce anche il corpo

stesso del cilindro a pistoncini.

Se ora inseriamo la chiave nel cilindro, possiamo vedere i pistoncini “passivi” che si allineano

con la “linea di separazione” ovvero il punto di contatto fra la parte rotante e la parte fissa (fig.3.5).

In queste condizioni la chiave è finalmente libera di girare.

In realtà, ancora non possiamo vedere, all’interno del rotore, la serie di pistoncini che,

accomodandosi nelle incisioni della chiave, (fig.3.6) spingono i corrispondenti pistoncini “passivi”

fino al corretto posizionamento, ma basta girare il rotore di pochi gradi per vederli apparire

(fig.3.7).

Salve a tutti! Permettete che mi presenti: io sono Simon Mago, una specie di

“alter ego” dell’autore di questo libro. Il mio compito è aggiungere brevi note di

chiarimento, consigli sul fai-da-te, pillole di storia ecc. ogni volta che LUI,

essendo avanti con gli anni… dimentica di farlo.

Pertanto, inizio subito con questa prima… Nota:

Sono definiti pistoncini “attivi” quelli che, nel rotore, sono a diretto contatto con

le gole della chiave, mentre sono “passivi” tutti gli altri.

Fig.3.4

Fig.3.5

Fig.3.6

Fig.3.7

Fai-da-te Esistono delle ottime “serrature da esercizio” fresate in maniera da

portare “a vista” le parti interne, reperibili su e-bay o presso alcuni fornitori

per tecnici serraturieri.

La loro funzione è evidente; si possono manipolare osservando, in tempo

reale, i movimenti dei pistoncini o degli altri meccanismi, in modo da

correggere i propri errori affinando la tecnica e la sensibilità necessarie

nell’arte del lockpicking.

Per quanto riguarda il famoso sito di aste, è sufficiente digitare parole chiave come “cutaway

lock” per trovarne a volontà, ma il loro prezzo non è certo modesto. Se invece preferirete

l’autocostruzione, potrete entrare in grande confidenza con la serratura, imparando a conoscerla

nei minimi dettagli, migliorando nel contempo la vostra abilità manuale, che è necessaria al

tecnico serraturiere come l’acqua lo è per i pesci.

Pertanto, nel capitolo che segue, vedremo come realizzare un “cilindro da esercizio” fai-da-te in

modo semplice e senza la necessità di particolari attrezzature.

Buon lavoro, dunque!

Pillole di storia: Il cilindro a pistoncini per serrature fu la rivoluzionaria

invenzione dell’ ingegnere meccanico Linus Yale Jr.

Figlio di un abile serraturiere che produceva costosi sistemi di chiusura

bancari, in modo totalmente artigianale, nella sua officina di Newport, un

sobborgo di New York, dopo aver sperimentato un meccanismo impiegato dagli

egizi tremilaseicento anni prima, brevettò nel 1851 la prima serratura da

montare all’interno del corpo della porta, quella che tutti conosciamo, della

quale sono stati venduti milioni di esemplari. Si trattava di un cilindretto i cui perni di riferma si

allineavano solo con l’inserimento della chiave giusta, consentendo la rotazione del rocchetto che,

a sua volta, muoveva il meccanismo di chiusura. Lo straordinario successo della serratura Yale,

oltre alla sua notevole sicurezza (per l’epoca), fu dovuto al fatto che i meccanismi che la

componevano si potevano realizzare industrialmente a basso costo. Non per niente è ancora oggi il

modello di serratura più diffuso nel mondo, dal quale sono derivate almeno 150 varianti, tutte

regolarmente brevettate.

Nel 1868, Yale Jr. conobbe un giovane ingegnere di Philadelphia, l’ingegnere Henry Towne,

insieme al quale fondò, a Stamford, nel Connecticut, la società Yale & Towne Manufacturing Co.

impiegando 35 persone, un numero inaudito per l’epoca.

Nei primi anni del ventesimo secolo, la compagnia aprì filiali in tutto il mondo arrivando a oltre

12.000 dipendenti. Successivamente la Yale & Towne effettuò acquisizioni e joint ventures con

marchi quali Guli, Chubb Locks, Parkes, Marshall, facendo di Yale il marchio di serrature più

conosciuto al mondo. Nel 2000 la società Yale fu acquistata dal gruppo svedese Assa Abloy, a

tutt’oggi leader mondiale nella sicurezza.

Nell’esoterico mondo delle serrature, alcune aziende hanno lasciato tracce indelebili. Yale ha

avuto il raro privilegio di scriverne di proprio pugno l’emozionante storia, insieme alle tante

geniali invenzioni che ne hanno caratterizzato l’evoluzione della meccanica, nel corso dei secoli.

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Prima di passare alla fresatura del cilindro, con lo scopo di portare in vista il

movimento dei pistoncini attivi e passivi, apriamo una breve parentesi per descrivere lo

smontaggio di un cilindro classico.

A differenza del mezzo cilindro, trattato sinora, lo smontaggio di un cilindro normale,

del tipo cioè che può essere manovrato tanto dall’interno della porta, quanto dall’esterno,

presenta qualche difficoltà in più. Tuttavia non è impossibile superare tali difficoltà

osservando le immagini che seguono e seguendo la descrizione che, come al solito, vi

guiderà passo dopo passo:

La prima operazione, dopo aver fissato il cilindro in una morsa, consiste nello

smontaggio del solito anello elastico “seger” (In effetti in questo cilindro gli anelli elastici

sono due, ai lati della “camma” o “nottolino” l’elemento che, trascinato dal rotore, muove i

meccanismi della serratura).

La rimozione di questi due “seger” richiede un minimo di forza in più e l’uso di due

giraviti, come si può vedere nella foto seguente (fig.4.6), con i quali spingere nella

direzione delle frecce.

Il passo successivo consiste nella rimozione della camma e del perno di

accoppiamento, allo scopo di avere o spazio necessario all’introduzione di una pinzetta da

orologiaio con la quale togliere i pistoncini passivi e le relative molle. Ricordo, infatti, che

in questo cilindro, a causa della sua specifica forma, non possiamo introdurre subito il

tondino metallico per spingere fuori il rotore senza far saltare via i pistoncini.

Infiliamo quindi due chiavi nei due rotori (suppongo, infatti, che il cilindro che avete

comperato disponga di almeno due chiavi) allineando in tal modo i pistoncini e liberando i

due nuclei (ricordate le figg.3.5 e 3.7 ?).

Fig.4.6

Fig.4.7

Ora sfiliamo leggermente i due rotori, appena quel tanto che basta a liberare la

camma, estraendola insieme al perno di accoppiamento contenuto al suo interno (fig.4.7).

Abbiamo così ottenuto un piccolo spazio fra i due nuclei, in modo da poter insinuare

una pinzetta con cui afferrare i pistoncini, uno alla volta, mentre uno dei due rotori viene

gradualmente estratto (fig.4.8).

Per finire non resta che conservare i pistoncini passivi e le relative molle sul solito

nastro adesivo, in attesa di fresare il corpo del cilindro per poi rimontare il tutto (fig.4.9).

Fig.4.8

Fig.4.9

Nota: La camma è l’elemento che, spinto dal rotore, trasmette il movimento al

chiavistello della serratura. Il perno di accoppiamento, che viene spinto in avanti

dalla punta della chiave, serve a collegare, una alla volta, le due metà del cilindro

con la camma. Più precisamente; se inserite la chiave dall’interno della porta,

accoppierà solo il mezzo cilindro interno, impedendo che un estraneo possa girare

la metà esterna approfittando del fatto che la chiave è inserita all’interno.

Fissiamo ora lo statore su una morsa e iniziamo il lavoro di fresatura. Dobbiamo

praticare delle incisioni verticali in corrispondenza dei canali che ospitano i pistoncini

passivi. La giusta posizione di questi ultimi corrisponde esattamente ai tappi di chiusura

dei canali (fig.4.10).

Il fatto di aver smontato il cilindro, estraendo molle e pistoncini dallo statore, pur se ci

ha fatto penare un po’, ci permette ora di lavorare in tutta tranquillità, senza pericolo di

danneggiare questi delicati elementi.

Ovviamente esistono vari sistemi per estrarre i pistoncini interni. Io preferisco

smontare completamente il cilindro, come descritto finora, altri preferiscono trapanare con

una punta sottile i tappi dei canali per poi sfilare le molle e i cilindretti senza smontare il

complesso rotore/statore.

A mio sommesso parere, questa procedura oltre a mettere a repentaglio l’incolumità

delle molle, costringe, in seguito, a ripristinare i tappi dei canali con incerti risultati. Si

possono usare dei segmenti di ottone di diametro adatto o dell’adesivo bicomponente ma

certamente verrà alterata la pressione originale delle molle e, in seguito a ciò, i pistoncini

risponderanno in maniera anomala alla manipolazione. Inutile sottolineare che, essendo

questo un “cilindro da esercizio” il cui scopo è allenare la sensibilità alla manipolazione, è

fondamentale evitare, nei limiti del possibile, alterazioni di qualunque genere.

Finalmente, terminato il lavoro di fresatura, possiamo rimontare le varie parti del

cilindro, semplicemente ripetendo in senso inverso le operazioni di smontaggio.

Rimettiamo al loro posto le molle e i pistoncini passivi, uno alla volta, partendo dal n°5,

usando la solita pinzetta e infilando gradualmente il tondino metallico di cui ho parlato

prima, senza fretta e con la necessaria pazienza.

Completata questa prima fase possiamo rimettere al suo posto anche il rotore,

infilandolo in sede e spingendo fuori il tondino metallico.

Al termine, rimontiamo l’anello “seger” che fissa il rotore all’interno del corpo del

cilindro ed eccoci pronti a iniziare l’allenamento alla manipolazione (la fig.4.11 mostra il

cilindro fresato e rimontato).

Fig.4.10

Il corpo del cilindro, o statore, smontato, durante la fase di fresatura

Fig.4.11

Il cilindro fresato e rimontato

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Prima di addentrarci nelle tecniche di manipolazione, è necessario fare una importante

premessa riguardante l’allineamento dei canali dei pistoncini. Anche questi, infatti, sono

influenzati dalle tolleranze meccaniche che, è bene ricordare, possono essere contenute

ma in pratica sono inevitabili.

Osservando dall’alto il cilindro mostrato in fig.5.1, ossia dalla parte dei tappi che

chiudono i canali dei pistoncini, potremo notare i lievi disallineamenti dei canali di cui

sopra. La linea rossa fa da riferimento per sottolineare questo difetto meccanico. Il

successivo disegno (fig.5.2) ripropone lo stesso cilindro, con falsi colori, esagerando

volutamente il disallineamento per evidenziare nel modo più chiaro possibile il concetto.

Fig.5.1

Fig.5.2

Questa particolare tolleranza meccanica comporta che, applicando una forza rotatoria

al nucleo tramite un grimaldello tensore, uno dei pistoncini passivi andrà a toccare per

primo lo statore, bloccando il movimento del rotore. Questo fatto è essenziale per capire

una tecnica basilare della manipolazione! teniamolo bene a mente, perché ne parleremo

ancora.

Oltre al disallineamento dei canali dei pistoncini lungo l’asse dello statore si deve

considerare anche la tolleranza meccanica sulla verticalità dei canali medesimi, che è

causa di difetti di parallelismo. Ovviamente queste tolleranze possono sommarsi tra loro o

annullarsi a vicenda in modo imprevedibile. E’ per questa ragione che due serrature, in

apparenza identiche, possono reagire in modo differente alla manipolazione; una può

essere aperta più facilmente, mentre un’altra può farci penare a lungo. Solo l’allenamento

costante e paziente permette di raggiungere quella sensibilità manuale specifica che ci

consentirà di aprire un gran numero di serrature in tempi contenuti.

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Iniziamo quindi il nostro primo allenamento: abbiamo bisogno di due grimaldelli, che

lavoreranno in coppia (fig.5.3): con il primo, chiamato ”tensore”, applicheremo una forza

rotatoria e contemporaneamente, con il secondo, chiamato “palpatore” spingeremo sui

pistoncini attivi tentando di allinearli con la “linea di separazione” per ottenere lo sblocco

del rotore.

Fig.5.3

Per prima cosa osserviamo ancora il comportamento dei pistoncini, aiutandoci con la

foto di un cilindro sezionato e con il corrispondente disegno schematico (fig.5.4).

I pistoncini passivi, spinti dalle molle, scendono nel loro canale abbassando i pistoncini

attivi e frapponendosi fra rotore e statore. In tal modo il cilindro è bloccato e la forza

applicata con il tensore fa girare il rotore di appena un “nientesimo” corrispondente,

guarda caso, alla tolleranza meccanica del cilindro. Il diametro dei pistoncini, infatti, è

leggermente inferiore al diametro dei canali che li ospitano (ricordate? la tolleranza

meccanica è inevitabile e favorisce, involontariamente, la manipolazione delle serrature).

Adesso, spingendo con il grimaldello palpaltore sui pistoncini attivi e sollevandoli uno

alla volta insieme ai passivi, potremo apprezzare l’elasticità delle molle che li respingono

verso il basso.

Tutti meno uno; il pistoncino passivo che sta toccando lo statore per primo (che

supponiamo essere il n°2). Questo infatti farà attrito su due punti: sullo spigolo del rotore e

sullo spigolo dello statore (fig.5.5 e particolare ingrandito in fig. 5.6).

Il suo sollevamento trasmetterà al grimaldello la sensazione di sforzo necessario a

muoverlo, nettamente differente dalla sensazione di “elasticità” trasmessa dagli altri

pistoncini, liberi di muoversi perché non toccano né il nucleo né il corpo del cilindro.

Adesso solleviamo ancora di pochissimo questo pistoncino. Allentando poi la forza, ci

renderemo conto dell’assenza della spinta di ritorno della molla. Il pistoncino che tocca

tenderà a rimanere bloccato a seguito della spinta rotatoria che stiamo applicando con il

tensore. Solo il pistoncino passivo ricadrà liberamente nel suo canale.

Fig.5.4

Aumentando ancora leggermente la spinta verso l’alto, troveremo un punto nel quale

sentiremo un “click” che ci segnala l’uscita del pistoncino passivo dal canale del rotore ed

il suo ingresso nello statore. Contemporaneamente il rotore girerà ancora di una frazione

di grado impedendo al pistoncino di ridiscendere. Infatti il bordo del canale dei pistoncini

nel rotore si sarà spostato lievemente ed il pistoncino passivo vi si appoggerà sopra (fig.

5.7 dove supponiamo essere il n° 2 il pistoncino già posizionato e il n°3 il pistoncino che

tocca lo statore).

La fig. 5.8 rappresenta graficamente questo momento, mentre la successiva fig.5.9

ripropone la stessa immagine ingrandita in modo da evidenziare il particolare.

Fig.5.5

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Fig.5.10

Adesso, se con il palpatore solleviamo altri pistoncini attivi, gradualmente e uno alla

volta, mantenendo inalterata la forza rotatoria applicata con il tensore, troveremo un punto

nel quale il rotore girerà ancora di un “nientesimo” e, contemporaneamente, sentiremo un

nuovo “click”.

Cosa succede? Un altro dei pistoncini passivi si è allineato con la linea di separazione,

uscendo dal rotore, mentre il precedente pistoncino è rimasto sollevato e allineato, anche

dopo aver tolto il palpatore. (fig. 5.10 dove supponiamo essere il n°3 il pistoncino rimasto

sollevato e allineato ed il n° 4 quello che si sta allineando).

Ripetendo ancora i passi precedenti, troveremo altri pistoncini che vanno allineandosi,

iniziando dal pistoncino che tocca per primo lo statore e a seguire gli altri, nell’esatto

ordine con cui entrano in contatto.

Ovviamente, poiché ciascuna serratura, anche se della stessa marca e modello, ha

tolleranze meccaniche differenti, l’ordine di allineamento dei canali dei pistoncini sarà

diverso sia sul piano longitudinale che per quanto riguarda la verticalità rispetto al corpo

del cilindro. Pertanto anche l’ordine con il quale i pistoncini si allineeranno, sarà diverso

per ciascun cilindro che manipoleremo.

Inoltre, aumentando la forza di rotazione applicata con il grimaldello tensore, aumenta

la forza necessaria a muovere i pistoncini la cui resistenza sale enormemente e

bruscamente, nel momento in cui entrano in contatto con lo statore.

Per concludere questo capitolo, vi comunico ufficialmente che la tecnica di

manipolazione descritta finora va sotto il nome di “pin-to-pin”, letteralmente: un pistoncino

alla volta. Elementare, Watson!

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In questi primi esperimenti potremo notare un particolare molto importante che è poi la

ragione prima della redazione di questo libro: i grimaldelli per le serrature a pistoncini,

dovendo essere molto sottili, per introdursi facilmente nelle strette imboccature delle chiavi

e nello stesso tempo dovendo essere robusti ed elastici per non deformarsi al minimo

sforzo, devono essere costruiti in ottimo acciaio armonico.

I pistoncini delle serrature finora descritte, così come i loro rotori/statori sono invece

realizzati in ottone, una lega di rame e zinco, scelta per la sua buona resistenza alla

corrosione, per la sua ottima lavorabilità al tornio e alla fresatrice, ma soprattutto per il

basso coefficiente di attrito che consente la scorrevolezza dei meccanismi della serratura

anche in assenza di lubrificazione.

Bene: il contatto ripetuto fra l’acciaio del grimaldello e il tenero metallo dei pistoncini e

del corpo del cilindro, produce quei sottili graffi, quelle tracce, che possono rivelare

l’azione aggressiva di questi strumenti di prevaricazione.

È importante ricordare che queste indagini sono lo scopo finale della redazione di questo

libro e verranno dettagliatamente descritte nell’apposito capitolo.

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Osservando una normale chiave per cilindri a pistoncini, noteremo come il profilo sia

caratterizzato da una serie di denti e di gole (vedi fig.5.15, disegno in alto). Sono le gole, o

meglio, la profondità delle stesse, a determinare la codifica e, quindi, l’unicità della chiave.

I pistoncini attivi devono avere la giusta lunghezza per posizionarsi nelle gole e

allinearsi alla linea di separazione, permettendo così alla serratura di aprirsi.

La tecnica di manipolazione “bumping” prevede la preparazione di una chiave

mediante limatura delle gole fino al punto più basso in cui i pistoncini possono trovarsi. Dal

punto di vista della meccanica serraturiera, stiamo realizzando una “chiave 9*”. Infatti, le

profondità con le quali si può codificare una chiave di questo tipo vanno da uno a nove e le

combinazioni teoricamente possibili sono 95 = 59049. Nello specifico, trattandosi di una

serratura a cinque pistoncini, si definisce “chiave 99999”.

Qualsiasi chiave va bene, a patto che il profilo della lama sia uguale al profilo della

bocca del cilindro dove andrà inserita, tuttavia è anche possibile procurarsi (facilmente)

queste speciali chiavi in internet, già pronte all’uso e in kit adatti alle serrature più diffuse.

Come si può vedere nella fig.5.15 una chiave vergine (disegno al centro), è stata

limata fino a trasformarla in una chiave “bumping” (disegno in basso). Si noti il piccolo

dettaglio, indicato come “modifica della battuta”. È di grande aiuto alla riuscita di questa

tecnica, limare una piccola porzione di battuta.

Il disegno della chiave originale (disegno in alto) è stato aggiunto per confrontare le

gole che cambiano solo per quel che riguarda le profondità ma non le posizioni.

La chiave “bumping” si inserisce nel cilindro, non fino in fondo, ma lasciandola

lievemente indietro di quel tanto che corrisponde alla porzione di battuta limata. In questo

modo le gole della chiave toccheranno solo con un fianco i pistoncini attivi che saranno

scesi alla profondità massima possibile (fig. 5.16).

Si applica quindi una leggera torsione (questa tecnica non prevede l’uso del

grimaldello tensore. La chiave stessa ne fa le veci) e la si colpisce con il manico di un

giravite o con un piccolo martello.

La chiave, avanzando lievemente, colpirà la base dei pistoncini attivi con i fianchi delle

gole. Esattamente con i fianchi opposti a quelli che toccavano in precedenza. È un

discorso un po’ complicato e certamente non intuitivo, ma osservando la fig. fig. 5.17, (che

è un ingrandimento della precedente fig. 5.16) tutto sarà più chiaro.

Per il principio fisico della conservazione dell’energia, che abbiamo già visto nel

capitolo 5.3, l’urto dei fianchi delle gole con le basi dei pistoncini attivi (che rimarranno

quasi immobili), trasferirà l’energia a quelli passivi che salteranno verso l’alto, vincendo

per un attimo il contrasto delle molle e allineandosi oltre la linea di separazione. In questo

brevissimo istante il rotore sarà libero di girare e la serratura di aprirsi.

Fig.5.15

Fig.5.16

Fig.5.17

Fig.5.18

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Il “cilindro a profilo europeo”, deve il proprio nome alla caratteristica sagoma della sua

sezione. Poiché tutti i cilindri europei hanno lo stesso profilo esterno e sono di dimensioni

standardizzate, si può facilmente sostituire un vecchio cilindro a pistoncini, come quelli

visti finora, con uno di nuova concezione. Ad esempio uno a “chiave punzonata”.

Parlare di cilindro a profilo europeo per identificare le moderne serrature a chiave

piatta è tecnicamente inesatto e non indica necessariamente una serratura ad alta

sicurezza ma si riferisce solo alla sua sagoma (fig.7.1), anche se è entrato nel linguaggio

comune per indicare una chiave codificata mediante punzonature (o crateri) sulle due

facce laterali dell’affusto (per questo è anche chiamata “chiave piatta”), anziché ricavando

dei denti sul lato stretto dell’affusto stesso (fig.7.2).

fig.7.1 fig.7.2

Un’altra caratteristica delle chiavi punzonate, che ne aumenta considerevolmente la

sicurezza antimanipolazione, è il numero di pistoncini (e quindi di chiavi diverse

realizzabili) che è possibile inserire nel cilindro. Infatti è evidente che il maggiore spazio

offerto dal lato piatto dell’affusto della chiave, consente la realizzazione di un maggior

numero di crateri, anche posti in doppia fila (fig.7.3), al contrario della chiave a pistoncini,

nella quale lo spazio a disposizione, sul lato stretto dell’affusto, è limitato dalle sue

dimensioni fisiche. Se a tutto questo aggiungiamo che, nel cilindro per chiavi punzonate, lo

spazio per inserire e muovere un grimaldello è drasticamente ridotto, possiamo renderci

conto delle caratteristiche di sicurezza che ne hanno determinato il successo.

La difesa antieffrazione è costituita, inoltre, dal nottolino antisfilamento (evidenziato in

fig.7.4) che, sporgendo fuori dalla sagoma del corpo quando la chiave non è inserita e

facendo battuta nel corpo della serratura, contrasta i tentativi di sfilare il cilindro colpendolo

violentemente con un martello. Vedremo dettagliatamente di cosa si tratta nel capitolo

dedicato alle tecniche di apertura “brute force”. Girando la chiave il rotore muove il

nottolino cui è collegato mettendo in movimento i meccanismi interni della serratura che

trascinano i catenacci e/o lo scrocco.

Nei cilindri più economici e non difesi dal nottolino antisfilamento l’unico elemento che

li trattiene al loro posto è una semplice vite da 6ma.

I cilindri a profilo europeo di migliore qualità, incorporano anche delle protezioni contro

la trapanazione del nucleo o dello statore, costituiti da barrette o da sferette di acciaio al

cobalto. Anche la frattura del cilindro è contrastata da appositi rinforzi in acciaio (fig.7.5) o

tramite linee a frattura predeterminata che lasciano parte del meccanismo all’interno della

serratura in modo che non possa essere afferrata e sfilata.

Anche questi particolari accessori antieffrazione, saranno oggetto di approfondita

descrizione nel capitolo “Tecniche di apertura “brute force”

fig.7.3

fig.7.4

fig.7.5

Nota: I pistoncini inseriti nel corpo dei cilindri a chiave dentellata sono, in genere,

da un minimo di quattro a un massimo di sette. Nei cilindri per chiave punzonata

possono essere anche più numerosi. Ad esempio, nella chiave di fig.7.3, essendo

i crateri posti in doppia fila, possiamo contarne dieci. Sarà interessante sapere

che i pistoncini attivi hanno una lunghezza inversamente proporzionale a quella

dei denti della chiave o della profondità dei crateri; lunghi in corrispondenza di

una gola o di un cratere profondi e viceversa.

Tuttavia, poiché a chiave inserita devono allinearsi tutti alla linea di separazione fra rotore e

statore, all’interno di cilindri di dimensioni standard, la somma fra la lunghezza di ogni pistoncino

attivo e la profondità della relativa gola (o cratere) sulla chiave, deve essere costante, come

mostrato nella tabella a fianco:

I pistoncini passivi, invece, hanno sempre

tutti la stessa lunghezza e non c’è ragione

di farli di dimensioni diverse ad eccezione

di alcuni modelli di cilindri anti-bumping

(vedi cap.5.6) nei quali la lunghezza

differente di uno o due pistoncini, rispetto

agli altri, contrasta efficacemente questa

pericolosa tecnica di effrazione variando i

tempi di allineamento, anche se solo di

frazioni di secondo.

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Questa anteprima termina con l’indice degli argomenti, al fine di dare un’idea la più

precisa possibile circa i contenuti del libro. Ovviamente, essendo ancora in fase di

stesura, l’indice potrebbe subire aggiunte e/o modifiche dettate anche da esigenze

di impaginazione.

Lunghezza pistoncini Profondità gola somma

5,4 mm 4,5 mm 9,9 mm

5,0 mm 4,9 mm 9,9 mm

4,6 mm 5,3 mm 9,9 mm

4,2 mm 5,7 mm 9,9 mm

3,8 mm 6,1 mm 9,9 mm

3,4 mm 6,5 mm 9,9 mm

3,0 mm 6,9 mm 9,9 mm

INDICE Pag.

Nota dell’autore

La serratura sicura non esiste

Profilo biografico dell’autore

1.0 Breve storia della serratura 1

2.0 La madre di tutte le manipolazioni

2.1 La curiosità

2.2 Il pensiero “laterale” ovvero; pensare fuori dagli schemi

2.3 Le sfide del lockpicking e quelle dell’hacking

(LockHacking?)

3.0 Il cilindro a pistoncini

4.0 Realizzazione di un cilindro da esercizio (mezzo cilindro)

4.1 Realizzazione di un cilindro da esercizio (doppio cilindro)

4.2 La fresatura del corpo del cilindro

4.3 Modificare una pinzetta chirurgica

5.0 Le prime basi della manipolazione

5.1 Il pin-to-pin

5.2 Il raking

5.3 La pistola-grimaldello

5.4 Il grimaldello a vibrazione

5.5 Il Key bumping

5.6 I cilindri anti-bumping

5.7 I pistoncini antimanipolazione

6.0 Il cilindro a lamelle

7.0 Il cilindro a profilo europeo

7.1 La duplicazione controllata

8.0 Il cilindro Medeco

9.0 Il cilindro a pompa

10.0 Il cilindro a spillo

11.0 Il cilindro magnetico

12.0 La serratura “skeleton” per porte interne

13.0 La serratura a mappa e a “doppia mappa”

13.1 Una “doppia mappa” da esercizio

13.2 Il grimaldello a “gancio di Hobbs”

13.3 La chiave componibile

13.4 La chiave bulgara

13.5 La chiave nella toppa

13.6 Il salto di mandata

13.7 Costanza fissa o costanza variabile ?

14.0 Le serrature per casseforti ad uso “domestico”

La serratura “Chubb”

La copia fraudolenta della chiave o impressioning

La copia diretta tramite impronta

La copia tramite manipolazione

La copia mediante fotografia

La “pongata”

Contromisure alla manipolazione

Tecniche di apertura “brute force”

La trapanazione del cilindro a pistoncini

L’estrazione del nucleo

La frattura del cilindro

La frattura con il tubo “Innocenti”

La trapanazione del “defender”

La trapanazione del “mentonnet” nella “doppia mappa”

Realizzazione di una dima di foratura

Alcune contromisure alle tecniche “brute force”

Classi di omologazione delle serrature

La norma europea UNI EN

Regole particolari ICIM (Reg. 70R002)

Le normative ANIA

Uno sguardo al futuro

Le serrature a combinazione digitale

Le serrature a riconoscimento biometrico

Le serrature telecomandate

La ricerca delle tracce di manipolazione dal punto di vista

forense

A cosa serve il Perito o il Consulente tecnico

Alcuni attrezzi del mestiere

Bibliografia