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Sydney memorabile evento ecclesiale. Forse mai come a Sydney ci si è resi conto di quanto possa essere mondiale una giornata della Gioventù. Accanto alle tradizionali bandiere di ogni giornata mondiale, questa volta erano ben 200 che sventolavano a festa, si sono visti i vessilli di ignote isole del Pacifico agitati dai nativi rivestiti nei loro tipici costumi, anche questi chiamati a Sydney dallo stesso impulso dello Spirito che ha fatto attraversare due oceani ai nostri 10.000 connazionali. Si è avvertito chiaramente il soffio dello Spirito, una forza che ha chiamato a raduno da tutto il mondo ragazzi provenienti da tutti i popoli della terra, popoli antichi e giovani, maori e milanesi, pugliesi e polinesiani, veneti e samoani che si sono fusi in un impareggiabile appuntamento di civiltà tra loro remote, allo scoccare di un'ora segnata per tutti da Colonia, in Germania, tre anni fa per ricevere un nuovo vigoroso annuncio di Vangelo. La grande Croce delle giornate mondiali è stata accolta a Sydney in una cornice di umanità innocente, testimoniata dalle danze e dai canti degli aborigeni. Da Sydney ci siamo sentiti dire noi italiani quelle parole “…voi siete membri di una chiesa antica fondata sugli apostoli Pietro e Paolo, mentre in Australia la Chiesa è ancora molto giovane…voi siete terra di primissima semina evangelica, Chiesa degli Apostoli, casa dei papi. Così i nostri ragazzi sono stati accolti e salutati. Nel mondo c'è chi la vede così, gli aborigeni ci danno lezione, ci ricordano le nostre vere, ricche tradizioni, le nostre radici cristiane. Quei 10.000 ragazzi italiani hanno portato in Australia la voce degli Apostoli Quegli aborigeni hanno cantato la gioia di essere accolti da pari a pari con rispetto dai giovani di tutto il mondo, europei, americani, africani, asiatici. Sydney è stato un festival della vita, che ha aiutato a cercare valori alti e veri. Ogni giorno dell'appuntamento mondiale è stato segnato da un “sms” firmato dal Papa ed inviato a tutti i partecipanti, i duecentocinquantamila ragazzi provenienti da tutto il mondo, e altrettanti australiani. Sydney ha proclamato davanti al mondo intero la fede giovane per un mondo nuovo. I giovani sono stati chiamati ad aprire il cuore alla potenza dello Spirito, LE SORPRESE DELLA G. M. G. DI SYDNEY Agosto 2008 - Anno 10 (n° 117) Mensile della Comunità Parrocchiale di Torri del Benaco

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Sydney memorabile evento ecclesiale. Forse mai come a Sydney ci si è resi conto di quanto possa essere mondiale una giornata della Gioventù. Accanto alle tradizionali bandiere di ogni giornata mondiale, questa volta erano ben 200 che sventolavano a festa, si sono visti i vessilli di ignote isole del Pacifico agitati dai nativi rivestiti nei loro tipici costumi, anche questi chiamati a Sydney dallo stesso impulso dello Spirito che ha fatto attraversare due oceani ai nostri 10.000 connazionali. Si è avvertito chiaramente il soffio dello Spirito, una forza che ha chiamato a raduno da tutto il mondo ragazzi provenienti da tutti i popoli della terra, popoli antichi e giovani, maori e milanesi, pugliesi e polinesiani, veneti e samoani che si sono fusi in un impareggiabile appuntamento di civiltà tra loro remote, allo scoccare di un'ora segnata per tutti da Colonia, in Germania, tre anni fa per ricevere un nuovo vigoroso annuncio di Vangelo. La grande Croce delle giornate mondiali è stata accolta a Sydney in una cornice di umanità innocente, testimoniata dalle danze e dai canti degli aborigeni. Da Sydney ci siamo sentiti dire noi italiani quelle parole “…voi siete membri di una chiesa antica fondata sugli apostoli Pietro e Paolo, mentre in Australia la Chiesa è ancora molto giovane…voi siete terra di primissima semina evangelica, Chiesa degli Apostoli, casa dei papi. Così i nostri ragazzi sono stati accolti e salutati. Nel mondo c'è chi la vede così, gli aborigeni ci danno lezione, ci ricordano le nostre vere, ricche

tradizioni, le nostre radici cristiane. Quei 10.000 ragazzi italiani hanno portato in Australia la voce degli Apostoli Quegli aborigeni hanno cantato la gioia di essere accolti da pari a pari con rispetto dai giovani di tutto il mondo, europei, americani, africani, asiatici. Sydney è stato un festival della vita, che ha aiutato a cercare valori alti e veri. Ogni giorno dell'appuntamento mondiale è stato segnato da un “sms” firmato dal Papa ed inviato a tutti i partecipanti, i duecentocinquantamila ragazzi provenienti da tutto il mondo, e altrettanti australiani. Sydney ha proclamato davanti al mondo intero la fede giovane per un mondo nuovo. I giovani sono stati chiamati ad aprire il cuore alla potenza dello Spirito,

LE SORPRESE DELLA G. M. G. DI SYDNEY

Agosto 2008 - Anno 10 (n° 117)

Mensile della Comunità Parrocchiale di Torri del Benaco

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per diventare ambasciatori di una fede antica da proporre e radicare nel cuore di un mondo nuovo, quello delle nuove generazioni che si affacciano all'orizzonte di questo terzo millennio appena iniziato. Una moltitudine immensa in cammino verso una meta, un popolo immenso spuntato da chissà dove, prima e poi disperso nel grande campo dell’umanità, radunato a Sydney in una notte fredda australe a contemplare la Croce del Sud per venire arricchito, nella giornata conclusiva, dai doni dello Spirito, per avere forza di andare oltre le visioni parziali della vuota utopia e della precarietà fugace, per offrire la coerenza e la certezza della testimonianza cristiana. È stata la lunga notte del popolo giovane, per iniziare e vivere sulla pista di una fede esigente e coraggiosa il grande giorno della vita. Papa Benedetto chiama i giovani a sfidare ogni conformismo, a non lasciarsi inghiottire dell’ideologia relativista, a costruire un futuro di speranza dicendo “sì” a Gesù Cristo, alla pace, e alla vita. “Gesù Cristo vi chiama ad essere profeti di un’era nuova. La Chiesa ha bisogno di rinnovamento, ha bisogno della vostra fede, del vostro idealismo, della vostra generosità, così da poter essere sempre giovane nello Spirito”. Risuona ancora vigorosa ed appassionata la voce del Vicario di Cristo indirizzata ai 10.000 giovani italiani presenti a Sydney ed a quanti con loro collegati dall’Italia. “Cari giovani italiani! Un saluto speciale a tutti voi. Custodite la fiamma che lo Spirito Santo ha acceso nei vostri cuori, perché non abbia a spegnersi, ma anzi arda sempre più e diffonda luce e calore, a chi incontrerete sulla vostra strada, specialmente a quanti hanno smarrito la fede e la speranza. La Chiesa può rallegrarsi dei giovani di oggi, ed essere piena di speranza per quelli di domani. Lo Spirito è l’artefice delle opere di Dio, accoglietelo nel vostro cuore, nella vostra mente con i suoi sette doni. La Vergine Maria vegli su di voi in questa notte e in ogni giorno della vostra vita…”. Davvero è stata una continua sorpresa la G.M.G. di Sydney!

Don Giuseppe

UUNNAA VVOOCCEE DDAA SSYYDDNNEEYY

Sette Vite toccate dallo Spirito

Sette giovani. Come i sette doni dello Spirito. Marie Štepánová della Repubblica Ceca, che definisce «uno dei Paesi più atei del mondo», ha imparato a vedere le cose con gli occhi di Dio. Manasurangul di Bangkok ha «incontrato» Gesù alla Gmg di Roma 2000. Danny di Sydney, sordomuta, invita a essere attenti nei confronti degli emarginati. E poi Petar dalla Serbia: «Alcuni anni fa sembrava che non ci fosse più nulla da fare per la comunità cattolica nel mio Paese. Lo Spirito ci ha donato consiglio»; il cileno José («nelle difficoltà il dono della fortezza dello Spirito Santo mi ha dato il coraggio di lottare»); l’austriaca Karin testimone controcorrente fra i suoi coetanei, e infine Sean, nato nello Sri Lanka: «Ero pieno di paure. Ora il timor di Dio mi ha dato il coraggio di vivere». Sono queste le sette testimonianze offerte ai giovani di Randwick durante la veglia. Il Papa ha poi invocato, dopo ogni testimonianza e ogni dono, uno dei santi patroni della Gmg. Nostra Signora della Croce del Sud (per la sapienza), santa Teresa del Bambin Gesù (intelletto), Pier Giorgio Frassati (scienza), santa Faustina (consiglio), Pietro To Rot (fortezza), Madre Teresa di Calcutta e Mary Mackillop (pietà), santa Maria Goretti, (timor di Dio). Tutti giovani ai quali lo Spirito ha cambiato la vita.

(M.Mu.) da Avvenire del 20 luglio 2008

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LLAA VVIITTAA DDII PPAAOOLLOO IINN BBRREEVVEE

Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per vocazione, prescelto per annunziare il Vangelo di Dio, è nato ebreo (Saulo) a Tarso nell'attuale Turchia, tra il 5 e il 10 d.C. A Damasco attorno al 34 è stato folgorato dalla luce del Cristo risorto, come racconta in un triplice resoconto l'autore degli Atti degli Apostoli. Dopo alcuni anni nel profondo silenzio del deserto siriano, attorno al 37 o 38 Paolo fece la sua prima visita agli Apostoli a Gerusalemme, prima sede della Chiesa. Di lì ritornò a Tarso e qui attorno al 44-45 fu raggiunto da Barnaba che lo condusse con sé ad Antiochia, dove si fermò a insegnare e a testimoniare la

sua nuova fede in Gesù, vero Messia e Signore. Nel viaggio attorno al 47 fece una seconda visita a Gerusalemme, e di ritorno ad Antiochia, fu inviato, con Barnaba suo "sponsor", nel mondo ellenista. Il primo viaggio missionario durò dal 47 al 49. Nel 50 partecipò a una riunione con gli apostoli a Gerusalemme, dove si sancì l'annuncio del cristianesimo ai non ebrei e Paolo venne inviato in missione ai pagani. Il secondo viaggio durò dal 50 al 52, con una lunga permanenza a Corinto, da dove forse Paolo iniziò a scrivere alle comunità create durante il suo primo viaggio. Da Corinto scrisse forse le lettere ai cristiani di Tessalonica, l'attuale Salonicco. Anche il terzo viaggio missionario, dal 53 al 58, fu intervallato da una lunga sosta (anni 54-57), questa volta a Efeso: da qui scrisse ai Corinti e organizzò tra la Macedonia e l'Acaia la raccolta di fondi per i poveri della comunità di Gerusalemme. Nell'inverno 57-58 rientra a Corinto, da dove scrive ai cristiani di Roma, dove intende far sosta diretto alla Spagna. Nel 58 è a Gerusalemme per presentare la colletta, ma viene arrestato e condotto prigioniero a Cesarea Marittima. Qui, nel 60, si appella all'imperatore in quanto cittadino romano. Viaggia per mare, e dopo un naufragio a Malta, arriva a Roma in catene nell'inverno del 61. Anche in prigione Paolo continua ad annunciare il regno di Dio e il vangelo a ebrei e pagani. Scrive molto alle comunità che ha fondato e a persone con cui ha collaborato. A Roma Paolo resta circa tre anni. Dalle fonti bibliche non sappiamo altro. Qui è morto martire intorno al 67 d. C. ▄

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CAMPO-SCUOLA AD ALBARÈ

Nel pomeriggio del 15 giugno, una piccola delegazione dei ragazzi di Torri del Benaco è partita per il primo campo-scuola ad Albarè. Anche se il numero dei partecipanti di Torri era di 12 ragazzi e 3 animatori, l’esperienza si è dimostrata molto positiva anche per la grande ospitalità della parrocchia di Santa Croce. Il campo, durato una settimana, è stato di grande aiuto per i ragazzi, che hanno imparato a relazionarsi con gli altri 70 ragazzi del campo. Hanno vissuto e condiviso numerose esperienze. La mattina, dopo la sveglia alle 7.15 e la colazione, c’era il momento di preghiera e riflessione personale, per cominciare bene la giornata. Poi si passava alle attività: giochi a squadre, tornei e laboratori. I 12 ragazzi torresani, divisi nelle cinque squadre del campo, hanno potuto così fare amicizia, collaborare e conoscere gli altri, e si sono messi subito in gioco con tutta la loro gioia. Cantavano, giocavano e scherzavano tutta la giornata, ma la stanchezza non si faceva sentire neanche di sera, quando ci voleva almeno un’ora per riuscire a placare la loro vivacità nelle camerate e, finalmente, andare a dormire. Durante la settimana sono stati numerosi i momenti belli e da ricordare. Ad esempio la passeggiata e il pic-nic ad Albarè, il laboratorio in cui si imparava a costruire gli aquiloni, le feste. O anche la felicità di passare del tempo insieme e fare delle nuove amicizie. È stata sicuramente una fantastica esperienza, sia per i più piccoli, che per gli animatori, che si sono subito inseriti nel gruppo animatori della parrocchia di Santa Croce.

Giulia P. e Sajit F.

IL CAMPO… VISSUTO DA UN’ANIMATRICE

Quella del campo-scuola è stata un’esperienza bellissima! La consiglierei a tutti, soprattutto perché non si è mai tristi

o soli. Al contrario si è sempre coinvolti in molte attività per tutta la giornata. Si fanno tantissime conoscenze, che si rafforzano grazie alla collaborazione che si crea all’interno dei giochi o dei momenti proposti. Questa esperienza mi ha aiutata ad aprirmi di più e a collaborare con gli altri. Le sorprese che ogni giorno il campo ci riservava, una più fantastica dell’altra, sono state apprezzate anche da parte dei bambini. E anche se ogni tanto la stanchezza si faceva sentire, la gioia che se ne ricavava alla fine compensava il resto.

Anna C. È stata un’esperienza istruttiva sia per gli animati che per gli animatori. Durante questi giorni sono cresciuta molto, stando insieme con gli altri. Inoltre ho conosciuto molti nuovi amici.

Giulia T.

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I BIMBI DELLA SQUADRA DELLA PACE

* Al Grest ci si diverte. I giochi sono belli, soprattutto quelli d’acqua. La mia animatrice Silvia è molto simpatica perché ci aiuta nei tornei e a volte partecipa anche lei. * In questi nove giorni di Grest mi sono divertito molto. Nella squadra della Pace, cioè la mia, andiamo d’accordo, sia tra di noi che con gli animatori. I nostri animatori sono Sajit, Silvia e Giuseppe. * Il primo giorno ero molto timida. Ma visto che c’erano tanti bambini ho provato a conoscerli e siamo diventati amici. Nella squadra della Pace mi trovo molto bene.

Giuseppe G. e Maria C.

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IILL PPEERRDDOONN DD’’AASSSSIISSII

Da sempre la Chiesa ha esortato, e continua a f a r l o , a d o f f r i r e preghiere, opere buone e sofferenze come intercessione per i peccatori e suffragio per i defunti. I peccati, ci sp i egano , non so lo feriscono la comunione che abbiamo con Dio, ma compromettono anche l'equilibrio interiore della persona (quante vol te i l r imorso per quello che abbiamo fatto non ci lascia in pace...). Per un risanamento totale quindi non occorrono solo pentimento e remissione delle colpe ma anche una riparazione per il dolore che abbiamo provocato e che, di solito, continua a sussistere. Ho letto che durante i primi secoli del cristianesimo, per intercessione dei testimoni della fede sopravvissuti ai supplizi (i martiri) i vescovi riducevano ai peccatori la durata e il rigore della penitenza, includendo quindi la possibilità, sempre tramite il Signore e per i meriti di Cristo e dei santi, di liberare i pecca to r i anche de i residui lasciat i dai peccati già perdonati in modo da o t tene re l a grazia. I Pastori concedono tale beneficio. a chi ha le dovute disposiz ioni interiori e compie alcuni a t t i p r e s c r i t t i ( l i vedremo più avant i) . Questo intervento nel cammino penitenziale è la: CONCESSIONE DELL'INDULGENZA. Si racconta infatti che una notte dell'anno 1216 Francesco,

immerso nella preghiera e nel la contemplazione nella chiesetta della Porziuncola, ebbe la visione di Cristo, della M a d o n n a e d i u n a moltitudine di Angeli rivestiti di gran luce. Li venerò e loro chiesero cosa d e s i d e r a s s e p e r l a salvezza delle anime, al che Francesco rispose immediatamente: "la remissione completa di tutte le colpe a tutti quelli che, pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa." Cristo accolse la sua preghiera a patto che Francesco chiedesse al suo Vicario in terra – il pontefice Onorio III questa indulgenza. Cosa che Francesco fece senza porre indugio. Gli fu chiesto per quanti anni volesse l'indulgenza al che il Santo rispose: "Padre Santo non domando anni ma anime". Giorni dopo unitamente ai Vescovi dell'Umbria disse tra le lacrime al popolo convenuto alla Porziuncola: "Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso".

Condizioni richieste per ottenere 1' indulgenza plenaria del

perdono di Assisi Dal mezzogiorno del primo agosto alla mezzanotte del 2 agosto oppure, con il permesso de l Vescovo , ne l l a domenica precedente o seguente (a decorrere dal mezzogiorno del sabato fino alla mezzanotte della domenica) si può lucrare u n a v o l t a s o l a l'indulgenza plenaria. 1 - visita, entro il tempo prescritto, a una chiesa Cattedrale o Parrocchiale o ad altra che ne abbia l'indulto e recita del PADRE NOSTRO e del CREDO. 2 - confessione Sacramentale per essere in Grazia di Dio (negli otto giorni precedenti o seguenti). 3 - partecipazione alla S. Messa e Comunione Eucaristica. 4 - una preghiera secondo le intenzioni del Papa (un Padre Nostro e una Ave Maria o altre preghiere a scelta). 5 - disposizione d'animo che escluda ogni affetto al peccato, anche veniale. Le condizioni 2-3-4 possono essere adempiute anche nei giorni precedenti o seguenti quello in cui si visita la chiesa. È conveniente tuttavia che la S. Comunione e la preghiera secondo le intenzioni del Papa siano fatte nello stesso giorno in cui si compie la visita.

Liliana

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23 Giugno, 2008 Un fraterno saluto dalle lontane Filippine e particolarmente dal nostro piccolo ospedale missionario "San Camillo", chiamato anche l' “ospedale dei poveri” dell'isola di Samar. I malati, in maggioranza contadini e pescatori, provengono dai barrios vicini ma anche dalle isole più lontane e c'è ampio spazio per l'esercizio della carità. Quasi tutti non godono dell'assicurazione sanitaria e, il più delle volte, si affidano alla solidarietà dei missionari. . . Vorrei poi dire un fraterno grazie per la gioia di venire a Torri l'ultima domenica di Agosto per la giornata missionaria in favore della Casa della Carità di Marikina. Quest'anno, poi, ho un motivo di gioia in più perché celebro il mio 40° di ordinazione sacerdotale con 31 anni vissuti qui in missione. Mi sento infinitamente felice e riconoscente al Signore per questo dono e questa grande dignità che, secondo Santa Teresa, è più grande di quella degli Angeli in cielo. Per la giornata missionaria sarà con me anche Fr. Angelino Aldegheri che per diversi anni è stato direttore della Casa della Carità. Conserva sempre la sua lunga barba bianca ed è già stato a Torri altre volte. Arriveremo in Italia dopo il 20 Agosto e mi farò sentire quanto prima per telefono. Qualche altra nostra notizia missionaria: recentemente ho avuto pure l'occasione di fare un viaggio missionario in Indonesia per studiare la possibilità di iniziare una nuova missione camilliana in quel paese, il quarto più popolato del

mondo dopo Cina, India e Stati Uniti. Diversi vescovi ci hanno invitato a lavorare con i malati e organizzare opere assistenziali per i bisognosi. L'incoraggiamento a iniziare questa nuova avventura viene anche dal fatto che a Manila abbiamo già sei giovani Indonesiani che presto saranno ordinati sacerdoti. Con loro sarà più facile mettere le basi della nuova missione e aprire il primo seminario. Il mese scorso, c'è stata la benedizione e posa della prima pietra del nuovo ospedale-maternità "San Camillo" e di un poliambulatorio a Manaoag dove portiamo avanti da alcuni anni anche una scuola per infermiere e ostetriche, una scuola elementare e una media con un totale di circa 500 studenti. (foto) II nuovo progetto sarà di aiuto a molte mamme, che per mancanza di adeguata assistenza sanitaria, partoriscono ancora in casa i loro figli e sarà, al tempo stesso, un "campo formativo" per gli studenti infermiere e ostetriche. Questo progetto sta pian piano diventando una realtà grazie alla generosità di tanti amici e benefattori Italiani. Un sentito grazie per la fraterna amicizia e accoglienza pastorale per la giornata missionaria. I malati vi ringraziano e ogni giorno pregano per i parrocchiani e il parroco di Torri. Il Signore, la Madonna e San Camillo vi benedicano. Ogni bene.

P. Luigi Galvani e Fr. Angelino

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PUBBLICHIAMO IL TESTO INTEGRALE DELL’OMELIA CHE IL PAPA HA

PRONUNCIATO DURANTE I VESPRI PER LA SOLENNE APERTURA DELL’ANNO

PAOLINO CELEBRATI NELLA BASILICA DI SAN PAOLO FUORI LE MURA.

Santità e delegati fraterni, signori cardinali, venerati fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio, cari fratelli e sorelle, siamo riuniti presso la tomba di san Paolo, il quale nacque, duemila anni fa, a Tarso di Cilicia, nell’odierna Turchia. Chi era questo Paolo? Nel tempio di Gerusalemme, davanti alla folla agitata che voleva ucciderlo, egli presenta se stesso con queste parole: «Io sono un Giudeo, nato a Tarso di Cilicia, ma cresciuto in questa città [Gerusalemme], formato alla scuola di Gamaliele nelle più rigide norme della legge paterna, pieno di zelo per Dio...» (At 22,3). Alla fine del suo cammino dirà di sé: «Sono stato fatto... maestro delle genti nella fede e nella verità» (1Tm 2,7; cfr 2Tm 1,11). Maestro delle genti, apostolo e banditore di Gesù Cristo, così egli caratterizza se stesso in uno sguardo retrospettivo al percorso della sua vita. Ma con ciò lo sguardo non va soltanto verso il passato. «Maestro delle genti» – questa parola si apre al futuro, verso tutti i popoli e tutte le generazioni. Paolo non è per noi una figura del passato, che ricordiamo con venerazione. Egli è anche il nostro maestro, apostolo e banditore di Gesù Cristo anche per noi. Siamo quindi riuniti non per riflettere su una storia passata, irrevocabilmente

superata. Paolo vuole parlare con noi – oggi. Per questo ho voluto indire questo speciale «Anno Paolino»: per ascoltarlo e per apprendere ora da lui, quale nostro maestro, «la fede e la verità», in cui sono radicate le ragioni dell’unità tra i discepoli di Cristo. In questa prospettiva ho voluto accendere, per questo bimillenario della nascita dell’Apostolo, una speciale «Fiamma Paolina», che resterà accesa durante tutto l’anno in uno speciale braciere posto nel quadriportico della Basilica. Per solennizzare questa ricorrenza ho anche inaugurato la cosiddetta «Porta Paolina», attraverso la quale sono entrato nella Basilica accompagnato dal patriarca di Costantinopoli, dal cardinale arciprete e da altre autorità religiose. È per me motivo di intima gioia che l’apertura dell’«Anno Paolino» assuma un particolare carattere ecumenico per la presenza di numerosi delegati e rappresentanti di altre Chiese e Comunità ecclesiali, che accolgo con cuore aperto. Saluto in primo luogo sua santità il patriarca Bartolomeo I e i membri della delegazione che lo accompagna, come pure il folto gruppo di laici che da varie parti del mondo sono venuti a Roma per vivere con lui e con tutti noi questi momenti di preghiera e di riflessione. Saluto i delegati fraterni delle Chiese che hanno un vincolo particolare con l’apostolo Paolo – Gerusalemme, Antiochia, Cipro, Grecia – e che formano l’ambiente geografico della vita dell’Apostolo prima del suo arrivo a Roma. Saluto cordialmente i fratelli delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali di Oriente ed Occidente, insieme a tutti voi che avete voluto prendere parte a questo solenne inizio dell’ «Anno» dedicato all’Apostolo delle Genti. Siamo dunque qui raccolti per interrogarci sul grande Apostolo delle genti. Ci chiediamo non soltanto: Chi era Paolo? Ci chiediamo soprattutto: Chi è Paolo? Che cosa dice a me? In questa ora, all’inizio dell’«Anno Paolino» che stiamo inaugurando, vorrei scegliere dalla ricca testimonianza del Nuovo Testamento tre testi, in cui appare la sua fisionomia interiore, lo specifico del suo carattere. Nella Lettera ai Galati egli ci ha donato

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una professione di fede molto personale, in cui apre il suo cuore davanti ai lettori di tutti i tempi e rivela quale sia la molla più intima della sua vita. «Vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me » (Gal 2,20). Tutto ciò che Paolo fa, parte da questo centro. La sua fede è l’esperienza dell’essere amato da Gesù Cristo in modo tutto personale; è la coscienza del fatto che Cristo ha affrontato la morte non per un qualcosa di anonimo, ma per amore di lui – di Paolo – e che, come Risorto, lo ama tuttora, che cioè Cristo si è donato per lui. La sua fede è l’essere colpito dall’amore di Gesù Cristo, un amore che lo sconvolge fin nell’intimo e lo trasforma. La sua fede non è una teoria, un’opinione su Dio e sul mondo. La sua fede è l’impatto dell’amore di Dio sul suo cuore. E così questa stessa fede è amore per Gesù Cristo. Da molti Paolo viene presentato come uomo combattivo che sa maneggiare la spada della parola. Di fatto, sul suo cammino di apostolo non sono mancate le dispute. Non ha cercato un’armonia superficiale. Nella prima delle sue Lettere, quella rivolta ai Tessalonicesi, egli stesso dice: «Abbiamo avuto il coraggio ... di annunziarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte ... Mai infatti abbiamo pronunziato parole di adulazione, come sapete» (1Ts 2,2.5). La verità era per lui troppo grande per essere disposto a sacrificarla in vista di un successo esterno. La verità che aveva sperimentato nell’incontro con il Risorto ben meritava per lui la lotta, la persecuzione, la sofferenza. Ma ciò che lo motivava nel più profondo, era l’essere amato da Gesù Cristo e il desiderio di trasmettere ad altri questo amore. Paolo era uno capace di amare, e tutto il suo operare e soffrire si spiega solo a partire da questo centro. I concetti fondanti del suo annuncio si comprendono unicamente in base ad esso. Prendiamo soltanto una delle sue parole- chiave: la libertà. L’esperienza dell’essere amato fino in fondo da Cristo gli aveva aperto gli occhi sulla verità e sulla via dell’esistenza umana – quell’esperienza abbracciava tutto. Paolo era libero come uomo amato da Dio che,

in virtù di Dio, era in grado di amare insieme con Lui. Questo amore è ora la «legge» della sua vita e proprio così è la libertà della sua vita. Egli parla ed agisce mosso dalla responsabilità dell’amore. Libertà e responsabilità sono qui uniti in modo inscindibile. Poiché sta nella responsabilità dell’amore, egli è libero; poiché è uno che ama, egli vive totalmente nella responsabilità di questo amore e non prende la libertà come pretesto per l’arbitrio e l’egoismo. Nello stesso spirito Agostino ha formulato la frase diventata poi famosa: Dilige et quod vis fac (Tract. in 1Jo 7 ,7-8) – ama e fa’ quello che vuoi. Chi ama Cristo come lo ha amato Paolo può veramente fare quello che vuole, perché il suo amore è unito alla volontà di Cristo e così alla volontà di Dio; perché la sua volontà è ancorata alla verità e perché la sua volontà non è più semplicemente volontà sua, arbitrio dell’io autonomo, ma è integrata nella libertà di Dio e da essa riceve la strada da percorrere. Nella ricerca della fisionomia interiore di san Paolo vorrei, in secondo luogo, ricordare la parola che il Cristo risorto gli rivolse sulla strada verso Damasco. Prima il Signore gli chiede: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?». Alla domanda: «Chi sei, o Signore?» vien data la risposta: «Io sono Gesù che tu perseguiti » (At 9,4s). Perseguitando la Chiesa, Paolo perseguita lo stesso Gesù. «Tu perseguiti me». Gesù si identifica con la Chiesa in un solo soggetto. In questa esclamazione del Risorto, che trasformò la vita di Saulo, in fondo ormai è contenuta l’intera dottrina sulla Chiesa come Corpo di Cristo. Cristo non si è ritirato nel cielo, lasciando sulla terra una schiera di seguaci che mandano avanti «la sua causa». La Chiesa non è un’associazione che vuole promuovere una certa causa. In essa non si tratta di una causa. In essa si tratta della persona di Gesù Cristo, che anche da Risorto è rimasto «carne». Egli ha «carne e ossa» (Lc 24, 39), lo afferma in Luca il Risorto davanti ai discepoli che lo avevano considerato un fantasma. Egli ha un corpo. È personalmente presente nella sua Chiesa, «Capo e Corpo» formano un unico soggetto, dirà Agostino. «Non sapete

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che i vostri corpi sono membra di Cristo?», scrive Paolo ai Corinzi (1Cor 6,15). E aggiunge: come, secondo il Libro della Genesi, l’uomo e la donna diventano una carne sola, così Cristo con i suoi diventa un solo spirito, cioè un unico soggetto nel mondo nuovo della risurrezione (cfr 1Cor 6,16ss). In tutto ciò traspare il mistero eucaristico, nel quale Cristo dona continuamente il suo Corpo e fa di noi il suo Corpo: «Il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il Corpo di Cristo? Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane» (1Cor 10,16s). Con queste parole si rivolge a noi, in quest’ora, non soltanto Paolo, ma il Signore stesso: Come avete potuto lacerare il mio Corpo? Davanti al volto di Cristo, questa parola diventa al contempo una richiesta urgente: Riportaci insieme da tutte le divisioni. Fa’ che oggi diventi nuovamente realtà: C’è un solo pane, perciò noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo. Per Paolo la parola sulla Chiesa come corpo di Cristo non è un qualsiasi paragone. Va ben oltre un paragone. «Perché mi perseguiti? ». Continuamente Cristo ci attrae dentro il suo corpo, edifica il suo Corpo a partire dal centro eucaristico, che per Paolo è il centro dell’esistenza cristiana, in virtù del quale tutti, come anche ogni singolo può in modo tutto personale sperimentare: Egli mi ha amato e ha dato se stesso per me. Vorrei concludere con una parola tarda di san Paolo, una esortazione a Timoteo dalla prigione, di fronte alla morte. «Soffri anche tu insieme con me per il Vangelo», dice l’apostolo al suo discepolo (2Tm 1,8). Questa parola, che sta alla fine delle vie percorse dall’apostolo come un testamento, rimanda indietro all’inizio della sua missione. Mentre, dopo il suo incontro con il Risorto, Paolo si trovava cieco nella sua abitazione a Damasco, Anania ricevette l’incarico di andare dal persecutore temuto e di imporgli le mani, perché riavesse la vista. All’obiezione di Anania che questo Saulo era un persecutore pericoloso dei cristiani, viene la risposta: Quest’uomo deve portare il

mio nome dinanzi ai popoli e ai re. «Io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome» (At 9,15s). L’incarico dell’annuncio e la chiamata alla sofferenza per Cristo vanno inscindibilmente insieme. La chiamata a diventare il maestro delle genti è al contempo e intrinsecamente una chiamata alla sofferenza nella comunione con Cristo, che ci ha redenti mediante la sua Passione. In un mondo in cui la menzogna è potente, la verità si paga con la sofferenza. Chi vuole schivare la sofferenza, tenerla lontana da sé, tiene lontana la vita stessa e la sua grandezza; non può essere servitore della verità e così servitore della fede. Non c’è amore senza sofferenza – senza la sofferenza della rinuncia a se stessi, della trasformazione e purificazione dell’io per la vera libertà. Là dove non c’è niente che valga che per esso si soffra, anche la stessa vita perde il suo valore. L’Eucaristia – il centro del nostro essere cristiani – si fonda nel sacrificio di Gesù per noi, è nata dalla sofferenza dell’amore, che nella Croce ha trovato il suo culmine. Di questo amore che si dona noi viviamo. Esso ci dà il coraggio e la forza di soffrire con Cristo e per Lui in questo mondo, sapendo che proprio così la nostra vita diventa grande e matura e vera. Alla luce di tutte le lettere di san Paolo vediamo come nel suo cammino di maestro delle genti si sia compiuta la profezia fatta ad Anania nell’ora della chiamata: « Io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome». La sua sofferenza lo rende credibile come maestro di verità, che non cerca il proprio tornaconto, la propria gloria, l’appagamento personale, ma si impegna per Colui che ci ha amati e ha dato se stesso per tutti noi. In questa ora ringraziamo il Signore, perché ha chiamato Paolo, rendendolo luce delle genti e maestro di tutti noi, e lo preghiamo: Donaci anche oggi testimoni della risurrezione, colpiti dal tuo amore e capaci di portare la luce del Vangelo nel nostro tempo. San Paolo, prega per noi! Amen.

Benedetto XVI

Roma, 28 giugno 2008

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1144 AAGGOOSSTTOO SS.. MMAASSSSIIMMIILLIIAANNOO

KKOOLLBBEE Padre Massimiliano Kolbe è nato in Polonia a Wola (Lodz) l’8 gennaio 1894. la sua famiglia era molto cattolica e lo aveva cresciuto con tanto amore verso la Madonna: pregavano ogni giorno, con la costante recita del S. Rosario. A soli 16 anni, Massimiliano emise una professione semplice nel Seminario dei Frati Conventuali Francescani di Polonia. Studiò a Roma. E proprio a Roma, in una chiesa dedicata alla Vergine Immacolata, fu ordinato sacerdote nel 1918. Ritornò in Polonia con un motto ben preciso: “Rinnovare ogni cosa in Cristo, attraverso l’Immacolata”. E fondò un’Associazione della “Milizia di Maria Immacolata”. Moltissime erano le persone che si iscrivevano a questa Associazione, dimostrando di essere evangelizzatori di Gesù, “innamorati” della Madonna, incamminati continuamente verso la vera Fede. Fra il 1936-39 fu in Giappone dove fondò un bellissimo centro che chiamò “Città dell’Immacolata”. Tornò in Polonia, perché purtroppo c’era aria di guerra (invasione nazista). Nel suo convento accoglieva profughi, feriti, deboli, affamati, scoraggiati, cristiani ed ebrei. Il numero dei

frati che lo aiutavano si era ridotto di molto. Alcuni erano stati incarcerati, ma lui resisteva lo stesso. E continuava a soccorrere tutti, soprattutto gli Ebrei che erano quelli più perseguitati. Alla Gestapo (=polizia “disumana”) Padre Kolbe dava molto fastidio e con pretesti che non erano assolutamente veri, prima fu imprigionato e torturato in un carcere tremendo e poi trasportato in un campo di concentramento, che passò alla storia come la seconda Auschwitz. Ho visto il film dell’Italo-Polacco Zanussi, su Padre Kolbe, e la parte finale mi è molto presente. Dal campo di concentramento un prigioniero era riuscito a fuggire. Radunati sul piazzale tutti i prigionieri, il Maggiore delle SS annunciò: - E per dare una lezione a tutti, dieci di voi saranno presi e fatti eliminare. Lesse i dieci nomi e fra questi quello di un polacco padre di quattro figli. Padre Kolbe uscì dal gruppo dicendo: - Io mi offro al posto di quel papà! Il maresciallo accettò. Li misero tutti dieci chiusi in uno spazio minimo, dove sarebbero morti di fame e di sete. Padre Kolbe fece il consolatore ed il confessore di tutti che ad uno ad uno se ne andarono. Ma lui sopravviveva. Quando il Maresciallo incredulo lo vedeva vivo gli urlava: -Ti vieto di guardarmi! Sentiva in quello sguardo una specie di rimprovero di Dio alla sua coscienza. Per farlo morire gli fecero una iniezione di acido fenico. Era il 14 agosto 1941, la vigilia della Madonna Assunta. Fu così che il papa Paolo VI lo proclamò Beato il 17 ottobre 1971, ed il papa Giovanni Paolo II lo proclamò Santo e Martire il 10 ottobre 1982. E con mia personale soddisfazione, è stato ospite qui nel mio albergo un parroco tedesco che a suo tempo ha guidato un gruppo a Roma per la canonizzazione di padre Kolbe ed ha avuto l’occasione di conoscere direttamente il Polacco salvato: ha provato una emozione eccezionale! Gli sembrava che padre Massimiliano fosse lì, presente più che mai. E mi permetto, prima di concludere, di dire che anche noi dobbiamo soffermarci spesso su questi grandi Santi, non solo per farci aiutare nelle nostre difficoltà, ma per imitarli nelle loro virtù.

Raffaella

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LLOOUURRDDEESS

115500 AANNNNII DDOOPPOO Avevo progettato più volte nel corso degli anni un viaggio a Lourdes. Ma poi difficoltà di vario genere e scelte magari più profane mi avevano portato altrove. Del resto abbiamo qui vicino i Santuari della Madonna della Corona e della Madonna del Frassino. Ma anche la Madonna che preghiamo nella nostra chiesa, nei nostri oratori, presso i capitelli o nell’intimità della nostra casa è sempre la medesima Madonna. Eppure a Lourdes la Madonna ha un fascino tutto particolare, perché qui Ella si è manifestata in modo straordinario e speciale. In quel Periodo la Francia aveva raggiunto un livello di ateismo e anticlericalismo particolarmente intollerante e a volte persino violento. E la Madonna si fa vedere proprio in tale clima ad una ragazzina fragile, povera ed ignorante. Come non pensare subito ad un plagio dei soliti preti, magari pronti ad organizzare una ribellione contro uno Stato illuminato e libero da superstizioni!? Ma questa esile e malaticcia ragazzina difende le sue visioni con coraggio e determinazione contro le insinuazioni e le minacce dell’autorità laica, non meno che dalla preoccupata contrarietà e dalla giusta prudenza dei sacerdoti. Allora come oggi, non dobbiamo nasconderlo, non poche persone considerano il fenomeno Lourdes “simbolo della credulità ingenua e della fede arretrata”. Non sono però le critiche dei dubbiosi o degli scettici, scontate e spesso deboli, che mi mettono in difficoltà, ma piuttosto le mie

contraddizioni o le mie ipocrisie di fronte ad una fede che esige invece coerenza ed impegno. E sono arrivato qui, in questa cittadina ai piedi dei Pirenei, uno fra tanti, per vivere questa esperienza, perché a Lourdes si arriva per fede oppure anche solo per curiosità o magari per cercare una confermare al proprio scetticismo, ma chi ha sensibilità percepisce comunque l’atmosfera di un evento che rimane straordinario. Qui gli ammalati sono i protagonisti e trovano l’amicizia e la solidarietà di chi è più fortunato. Nel loro e nel nostro cuore c’è una grande speranza. Ma c’è un miracolo discreto, silenzioso che possiamo percepire solo nel nostro intimo e che ci dà il coraggio di rinnovarci, di credere e di saper affrontare la vita anche di fronte alle grandi difficoltà. E qui ho visto tanta gente avvicendarsi presso la grotta di Massabielle, nelle varie chiese e cappelle, tutti assistiti ed aiutati, come oggi si suol dire, anche dalla migliore gioventù. Mi hanno affascinato le imponenti ed affollate assemblee, le preghiere ed i canti espressi nelle lingue di tante parti del mondo. La fede infatti ha bisogno di potersi esprimere anche coralmente, come libera e convinta testimonianza di chi la vive o la vuol vivere concretamente. Poi il nostro modesto, ma affiatato gruppo, si è diretto a Nevers dove giace, ancora intatto, il piccolo corpo di Bernadette Soubirous. Ella riposa nell’urna in un atteggiamento sereno e di grande tenerezza. Alla fine delle apparizioni Bernadette aveva raggiunto questa cittadina, perchè così era stata consigliata. Ma schiva e discreta come ella era, rappresentava anche una scelta personale, quella di ritirarsi dalla grande platea, che attirava ormai tanta gente. Qui, pur con grandi sofferenze e qualche gelosia subita, ha imparato a scrivere, a leggere e ad assistere come infermiera gli ammalati. Qui, non più come ingenua o indifesa ragazzina, ha rafforzato e continuato a testimoniare la sua fede nella Signora, che le era apparsa a Massabielle.

William

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PPRREEMMIIOO ““DDOONN GGIIOOVVAANNNNII

AANNDDRREEOOLLII”” Anche quest’anno, dal 25 al 29 giugno, si è svolto il premio culturale “Torri del Benaco – Sandro Bevilacqua”. L’evento si snoda su vari temi, prevalentemente a carattere culturale, con la presenza di autori e giornalisti. In questo contesto è sorto il premio alla memoria di Don Giovanni Andreoli, per più di vent’anni parroco di Pai. La coordinatrice, Cinzia Pagano, ha conosciuto Don Giovanni tre, quattro anni prima che lui morisse ed è stata “toccata” dalla sua grande bontà e umanità tanto da parlarne ancora con commozione. Quando è nata l’idea di valorizzare la cultura a Torri, il suo primo pensiero è stato quello di onorare la paternità spirituale del sacerdote con una sezione a lui dedicata. Nelle quattro edizioni del premio sono stati premiati laici che abbiano dimostrato, con atteggiamenti di vita o con altri mezzi, la loro fede. Nel 2005 il premio è andato a Pia Luciani, nipote di Giovanni Paolo I, e alla principessa Alessandra Borghese, che con i suoi libri “Con occhi nuovi” e “Sete di Dio”, ha descritto il suo ritorno a Dio a Claudia Koll che nel 2006 ha testimoniato il suo ritorno alla fede e continua tutt’oggi

a testimoniarlo con incontri in tutta Italia. Nel 2007 a Fabio Zavattaro, telecronista di viaggi apostolici del Papa presso i popoli di tutto il mondo. Quest’anno al professor Merluzzi per il suo impegno nel recupero dei tossicodipendenti, alla giornalista dell’Arena signora Maria Teresa Ferrari e alla signora Rana per un loro libro fotografico che illustra il degrado e la povertà delle favelas del Brasile. Al di là del premio, Don Giovanni non è stato dimenticato. Nel febbraio scorso, nel terzo anniversario dalla sua morte, è sorto un comitato “Amici di Don Giovanni” che intende raccogliere testimonianze o scritti che ne provino le virtù cristiane che gli erano riconosciute da tutti coloro (e sono tanti) che lo hanno avvicinato e ne hanno avuto beneficio spirituale, prima quale Rettore del Santuario della Madonna della Corona, poi come Parroco di Pai. Alla porta della canonica, il sabato e la domenica in particolare, erano centinaia le persone che andavano a cercarlo per una parola buona, un consiglio, un incoraggiamento, una benedizione. Lui, benché stanco e negli ultimi tempi anche ammalato, accoglieva e ascoltava tutti con un sorriso. Quel sorriso che gli è valso l’affetto e la gratitudine di quanti l’hanno conosciuto e lo portano ancora nel cuore.

Rosanna

È nata CHIARA. Congratulazioni a mamma Francesca

e a papà Giorgio.

È nato FRANCESCO. Congratulazioni a mamma Carmen

e a papà Paolo.

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++ CCEELLEEBBRRAAZZIIOONNII DDEELLLLAA LLIITTUURRGGIIAA ++

ORARIO FESTIVO - DOMENICALE Sabato o Vigilia Domenica o Festa

ore 17.00 Vespero ore 07.00 S. Messa ore 19.30 S. Messa ore 08.30 S. Messa

ore 10.00 S. Messa ore 11.15 S. Messa ore 19.30 S. Messa

ORARIO FERIALE SETTIMANALE Ogni Giorno ore 07.00 Lodi

ore 10.00 S. Messa ore 17.00 Vespero ore 18.00 S. Messa

++ HHEEIILLIIGGEERR GGOOTTTTEESSDDIIEENNSSTT ++ AN FESTTAGEN Am Samstag 17.00 - 19.30 Uhr

Am Sonntag 07.00 - 8.30 - 10.00 /- 11.15 - 19.30 Uhr

AM WERKTAGEN 10.00 / 18.00 Uhr

++ MMAASSSSEESS ++ FESTIVE MASSES Saturday 05.00pm / 7.30pm

Sunday 07.00 - 8.30 - 10.00 - 11.15 “am” / 7.30 “pm”

WEEK MASSES 10.00 “am” / 6.00 “pm”

HA RICEVUTO IL SACRAMENTO DEL BATTESIMO

ALESSANDRO GIOVANNI

HANNO CELEBRATO IL MATRIMONIO

CRISTIANO

MIRKO E

CECILIA

SONO TORNATI ALLA CASA DEL PADRE

GIUSEPPE

PAOLO

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NOVENA DELL’ASSUNTA

ORARIO FERIALE

ore 7.00 Lodi ore 10.00 S. Messa e Omelia. ore 17.00 Vespero ore 18.00 S. Messa e Omelia. ore 21.00 Novena di Devozione.

ORARIO FESTIVO

Sabato ore 17.00 S. Messa ore 19.30 S. Messa

ore 21.00 Novena di Devozione. Domenica ore 7.00 S. Messa ore 8.30 S. Messa ore 10.00 S. Messa ore 11.15 S. Messa ore 17.00 Vespero ore 19.30 S. Messa ore 21.00 Novena di Devozione.

LA FIACCOLATA DELL’ASSUNTA Martedì 14 Agosto, vigilia dell’Assunta, alle ore 21.00 si terrà la processione con fiaccolata e S. Messa. Programma: ore 21.00 Raduno nella Chiesa parrocchiale Accensione delle fiaccole Itinerario: piazza Chiesa, vicolo Chiesa, via Verga, semaforo, via per

Albisano, via Rossini, Via Lombroso, Coi, Capitello della Sacra Famiglia.

All’arrivo sul prato adiacente verrà fatta la celebrazione della Santa Messa solenne dell’Assunta. Finita la celebrazione riprenderà la

processione verso la Chiesa parrocchiale. Itinerario: via Loncrino, loc. Loncrino, via per Albisano, via Verga, vicolo

Chiesa, piazza Chiesa. L’animazione della fiaccolata e della S. Messa viene sostenuta dalle Associazioni del paese. E’ una manifestazione popolare ricca di significato a cui tutti possono partecipare.

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14 AGOSTO ORE 21.00 PROCESSIONE DELL’ASSUNTA

- PARTENZA DALLA CHIESA PARROCCHIALE, - CELEBRAZIONE DELLA S. MESSA AL CAMPO IN LOCALITÀ COI,

RITORNO ALLA CHIESA PARROCCHIALE.

STAZIONE CON CELEBRAZIONE DELLA S. MESSA

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