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LE STRUTTURE SPAZIALI RECIPROCHE ATTILIO PIZZIGONI, Università di Bergamo SUMMARY Spatial Reciprocal Frames are three dimensional grid mainly used as a roof structure, and consisting in a building system of mutually supporting beams. There are short beams - each others holding up and between connected with simply contact bonds – by witch is possible several different buildings to form. Like that it’s possible to dismantle these frameworks, and then in various form to reassemble. Geometrical and functional flexibility are the peculiarity of S.R.F. about ecological building standards and environmental respect. Their uneven modular points of support and their building reversibility make them suitable also in extreme cases as, for example, to cover an archaeological field with a temporary deck. Here is synthesized the geometric research and setting-up a physical and an Elements Finished Model for to test the structural potentiality of the system. Finally is here expounded on the design production for competition of Shanghai’s 2010 Italian Pavilion witch get to evidence practical and profitable use of S.R.F. in contemporary architectural context. 1. INTRODUZIONE Le strutture spaziali reciproche sono strutture tridimensionali realizzate con travi che si sostengono vicendevolmente mediante vincoli di semplice appoggio. Il principio costruttivo è antico e il loro uso viene già citato da trattatisti medievali come Villard de Honnecourt e riportato negli scritti di architetti rinascimentali come Sebastiano Serlio e nello stesso Codice Atlantico di Leonardo da Vinci. Il loro utilizzo attuale appare di particolare interesse per la progettazione di edifici temporanei e comunque smontabili e recuperabili (demountable buildings) con specifici risvolti sulla ecosostenibilita del sistema, proprio per le potenzialità connesse alla possibilità di riutilizzare grandi o piccole strutture, di copertura e di utilizzo temporaneo, per riadattarle ad altri usi anche in forme e dimensioni diverse, e quindi senza spreco od utilizzo di altro materiale. La caratteristica di queste strutture è infatti quella di potersi ricomporre in nodi e con geometrie diverse, ed essere poi smontate e riutilizzate su punti di appoggio diversamente posizionati, anche con geometrie e quote di imposta degli appoggi variabili e non complanari. Lo stesso elemento può essere utilizzato a comporre nodi strutturali a tre, quattro, cinque o più aste , con l’equilibrio statico del sistema che resta indifferente rispetto alla variazione delle quote altimetriche dei punti di appoggio. Tale flessibilità geometrica e strutturale le rende oggetto di particolare interesse anche con riferimento alla certificazione LEED (Leadership in Energy and Environmental Design) nei cui protocolli viene attribuito un valore di eco-sostenibilità maggiore quando è possibile riutilizzare le strutture al termine della loro vita funzionale per rimontarle in forme e composizioni diverse e per usi diversi da quelli del primo impiego. La struttura si presta particolarmente alla copertura di grandi luci e può essere realizzata con i materiali più diversi, dall’acciaio al legno lamellare, ma anche il calcestruzzo armato può essere utilmente impiegato. La sua flessibilità la rende interessante anche quando vi siano da ricercare soluzioni eccezionali come può essere, ad esempio, quella per la protezione temporanea e reversibile di un campo di scavi archeologico dove può assumere rilevanza determinante la smontabilità del sistema , assieme alla possibilità di scegliere i punti di appoggio con totale flessibilità geometrica, sia in pianta che altimetricamente, in modo che la struttura non interferisca con le preesistenze storiche dei ritrovamenti. I casi di cui si rende qui documentazione sono essenzialmente studi e prototipi di laboratorio messi a punto nel corso di una ricerca condotta alla Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bergamo dal 2006 ad oggi, i cui risultati hanno permesso di elaborare un progetto esemplare presentato al concorso per il Padiglione Italiano all’esposizione Internazionale di Shangai del 2010. Figura 1. Studio di un elemento standardizzato per nodi strutturali a 3,4,6 elementi.

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LE STRUTTURE SPAZIALI RECIPROCHE

ATTILIO PIZZIGONI, Università di Bergamo

SUMMARY

Spatial Reciprocal Frames are three dimensional grid mainly used as a roof structure, and consisting in a building system of mutually supporting beams. There are short beams - each others holding up and between connected with simply contact bonds – by witch is possible several different buildings to form. Like that it’s possible to dismantle these frameworks, and then in various form to reassemble. Geometrical and functional flexibility are the peculiarity of S.R.F. about ecological building standards and environmental respect. Their uneven modular points of support and their building reversibility make them suitable also in extreme cases as, for example, to cover an archaeological field with a temporary deck. Here is synthesized the geometric research and setting-up a physical and an Elements Finished Model for to test the structural potentiality of the system. Finally is here expounded on the design production for competition of Shanghai’s 2010 Italian Pavilion witch get to evidence practical and profitable use of S.R.F. in contemporary architectural context.

1. INTRODUZIONE Le strutture spaziali reciproche sono

strutture tridimensionali realizzate con travi che si sostengono vicendevolmente mediante vincoli di semplice appoggio. Il principio costruttivo è antico e il loro uso viene già citato da trattatisti medievali come Villard de Honnecourt e riportato negli scritti di architetti rinascimentali come Sebastiano Serlio e nello stesso Codice Atlantico di Leonardo da Vinci.

Il loro utilizzo attuale appare di particolare interesse per la progettazione di edifici temporanei e comunque smontabili e recuperabili (demountable buildings) con specifici risvolti sulla ecosostenibilita del sistema, proprio per le potenzialità connesse

alla possibilità di riutilizzare grandi o piccole strutture, di copertura e di utilizzo temporaneo, per riadattarle ad altri usi anche in forme e dimensioni diverse, e quindi senza spreco od utilizzo di altro materiale.

La caratteristica di queste strutture è infatti quella di potersi ricomporre in nodi e con geometrie diverse, ed essere poi smontate e riutilizzate su punti di appoggio diversamente posizionati, anche con geometrie e quote di imposta degli appoggi variabili e non complanari. Lo stesso elemento può essere utilizzato a comporre nodi strutturali a tre, quattro, cinque o più aste , con l’equilibrio statico del sistema che resta indifferente rispetto alla variazione delle quote altimetriche dei punti di appoggio. Tale flessibilità geometrica e strutturale le rende oggetto di particolare interesse anche con riferimento alla certificazione LEED (Leadership in Energy and Environmental Design) nei cui protocolli viene attribuito un valore di eco-sostenibilità maggiore quando è possibile riutilizzare le strutture al termine della loro vita funzionale per rimontarle in forme e composizioni diverse e per usi diversi da quelli del primo impiego.

La struttura si presta particolarmente alla copertura di grandi luci e può essere realizzata con i materiali più diversi, dall’acciaio al legno lamellare, ma anche il calcestruzzo armato può essere utilmente impiegato. La sua flessibilità la rende interessante anche quando vi siano da ricercare soluzioni eccezionali come può essere, ad esempio, quella per la protezione temporanea e reversibile di un campo di scavi archeologico dove può assumere rilevanza determinante la smontabilità del sistema , assieme alla possibilità di scegliere i punti di appoggio con totale flessibilità geometrica, sia in pianta che altimetricamente, in modo che la struttura non interferisca con le preesistenze storiche dei ritrovamenti.

I casi di cui si rende qui documentazione sono essenzialmente studi e prototipi di laboratorio messi a punto nel corso di una ricerca condotta alla Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bergamo dal 2006 ad oggi, i cui risultati hanno permesso di elaborare un progetto esemplare presentato al concorso per il Padiglione Italiano all’esposizione Internazionale di Shangai del 2010.

Figura 1. Studio di un elemento standardizzato per nodi strutturali a 3,4,6 elementi.

2. I RIFERIMENTI STORICI

Le strutture di copertura realizzate con travi “corte” sono conosciute come una delle tecnologie più antiche e il loro utilizzo si perde nella più lontana tradizione costruttiva dell’umanità.

Fondato sull’esperienza e sull’uso dei materiali naturali come il legno e pertanto con elementi portanti di lunghezza necessariamente limitata, questo metodo vive tuttora nella cultura materiale di alcune popolazioni primitive come nelle dimore mobili delle tribù lapponi e del nord America.

Ma la storia registra la presenza di simili procedure costruttive anche nella produzione architettonica classica. A Nisa, in Mesopotamia nell’attuale Afganistan, gli archeologi russi ne hanno riscontrato l’uso fin dal secondo millennio a.C., per la copertura della “Sala Quadrata” secondo uno schema di “travi corte” riportato dal Pizzetti. Un’interessante testimonianza appare nei templi di pietra scavati nella roccia a Bany Jahn che riproducono all’intradosso della volta la struttura tipica delle coperture dei templi in legno realizzati appunto con sistemi di travi corte che si auto-sostengono vicendevolmente.

Se ne trova notizia anche nella descrizione che Giulio Cesare fa del ponte da lui realizzato sul Reno sempre mediante l’uso di travi corte, e del quale è stata ipotizzata una ricostruzione da Massimo Scolari in una recente mostra a Vicenza.

Villard de Honnecourt ingegnere medioevale e costruttore di cattedrali, descrive il metodo nel suo “Taccuino” (1225-1250), presentandolo come il modo di “costruire una casa o una torre quando le travi in legno sono troppo corte”.

Nel medesimo periodo storico l’uso di questa tecnica costruttiva viene applicato nella realizzazione dei templi dei monaci buddisti Chogen (1121-1206), e nel cosiddetto “Ponte dell’arcobaleno”, a Shandong in Cina, dove, nei dipinti che più volte lo hanno rappresentato come una delle più importanti opere realizzate durante la dinastia Song (960-1280), si nota chiaramente che le travi correnti seguono la geometria di sostegni reciproci.

Si deve comunque a Leonardo da Vinci la proposta progettuale più interessante descritta nel foglio 899 del Codice Atlantico (ex fgl..328) come un graticcio “che fa la volta per il tutto” (oggi diremmo “geodetico”) (vedi Fig 4) per un padiglione provvisorio. In numerosi altri fogli Leonardo riprende progetti di ponti e coperture realizzate con travi autosostenute di cui rappresenta con esattezza le dimensioni geometriche e i particolari costruttivi. Certamente Leonardo in quei disegni riporta conoscenze

tecniche e scientifiche ancora vive nella tradizione orale dei maestri e degli ingegneri medioevali, assieme a tecnologie antiche delle quali comunque rimaneva viva l’applicazione. E’ noto a tale proposito come l’innovazione messa a punto da Brunelleschi per la realizzazione della Cupola di Santa Maria del Fiore sia costituita dal modo in cui i corsi di mattoni della volta venivano messi in opera facendo sì che essi si sostenesero vicendevolmente, evitando così la necessità di impalcature e centine. Questo procedimento brunelleschiano, detto “a spinapesce”, realizza una serie di orditure a spirale nella posa dei mattoni le quali scaricano il peso della volta sulle spirali inferiori in un sistema spaziale assai simile al sistema delle “strutture reciproche”. Senza volerci addentrare nella questione strutturale della cupola fiorentina, è comunque opportuno sottolineare come la logica costruttiva delle strutture spaziali reciproche sia assai più ampia e diffusa di quanto non lascerebbe intendere l’utilizzo sperimentale delle applicazioni contemporanee finalizzate perlopiù a funzioni espositive o a dimore eccezionali e temporanee come quelle del 1978 dell’olandese Bijnen brevettate col nome “Nomadome”, o il sistema SIGMA di Gat del 1992. Destinate ad usi analoghi ci appaiono le proposte del brevetto americano di Crooks del 1980 per costruzioni con elementi triangolari “senza forma” (“a-shaped”), quelle retrattili di Baverel e Saidani, o ancora le dimore in legno di Graham Brown realizzate in Scozia nell’ultimo decennio.

Figura 2 (sin). Sebastiano Serlio, dal Libro Primo dei Cinque Libri dell’Architettura. Figura 3 (dex). Leonardo da Vinci, Ponte a Travi Corte, dal Codice Atlantico. (fgl. 286 r-a , part.)

L’’uso tradizionale delle strutture reciproche ci appare infatti, nella storia della tecnologia, assai più consolidato di quanto non si possa ritenere dalle “sperimentazioni” contemporanee; basti pensare che il loro uso, oltre ai numerosi esempi riportati da Leonardo, compare come una vera e propria “soluzione da manuale” nel trattato del Serlio (1475-1554) là dove si rende necessario realizzare solai e coperture con luci superiori a quella delle travi disponibili. Anche se bisogna

riconoscere che lo studio e la conoscenza di queste strutture, a partire dal tardo Cinquecento, rimane in secondo piano rispetto alla più semplice tecnologia delle capriate lignee (cosiddette “palladiane” e che per molti aspetti sono la più diretta evoluzione delle travi corte) per non dire poi del successivo sviluppo dei solai a volta in mattoni. Se tuttavia oggi l’utilizzo delle strutture reciproche sembrerebbe trovare un nuovo impulso è certo per le potenzialità connesse ai caratteri di flessibilità e soprattutto di reversibilità (quindi di temporaneità e di smontabilità e riutilizzo) che le caratterizzano, per non dire della loro suggestiva plasticità formale ed evidenza architettonica.

3. DEFINIZIONE DI STRUTTURA SPAZIALE RECIPROCA

Possiamo definire “reciproca” una struttura

composta da diversi elementi (che qui chiamiamo anche “travi corte” o “aste”) che interagiscono strutturalmente tra loro attraverso vincoli di semplice appoggio, per realizzare in tal modo strutture complesse (travi, coperture o solai) di luce assai maggiore rispetto ai singoli elementi che le compongono. I menzionati riferimenti storici, così lontani nel tempo, poco si prestano a essere trasportati immediatamente nell’ambiente tecnologico attuale dove nuovi materiali come i compositi, i legni lamellari e l’acciaio lasciano intravvedere per queste strutture un uso e un’evoluzione diversa da quella della tradizione antica. Ne’ il Teatro di Marionette realizzato a Seiwa in Giappone da Kazuhiro Ishii, costruito in legno, e neppure la copertura delle sale di Louis Kahn per il Centro comunitario di Mill Creeck a Filadelphia (quattro travi cave in calcestruzzo armato auto-sostenute) costituiscono un riferimento sufficiente da cui partire per proporre oggi una tecnologia costruttiva capace di valorizzare le caratteristiche di de-montabilità, di reversibilità e di flessibilità geometrica delle travi reciproche. Sono comunque gli studi di Leonardo quelli da cui siamo partiti e da cui ci vengono le suggestioni più utili.

Se, nel piano, teoricamente anche due sole travi possono esercitare azioni reciproche di mutuo auto-sostentamento, nello spazio il nodo elementare di tale struttura richiede tre o più aste che si connettono tra loro secondo griglie e schemi compositivi anche molto diversi per caratteristiche sia formali che strutturali. Così un nodo di tre elementi “reciproci” realizza di fatto una struttura isostatica, in grado di trasferire gli sforzi da una trave all’altra fino a scaricare tali sollecitazioni sugli appoggi esterni.

Pur vincolati tra loro da semplici appoggi gli elementi di una struttura reciproca così concepita realizzano di fatto una sorta di incastro attraverso il quale si attua la continuità strutturale dell’intero traliccio spaziale, il cui comportamento può quindi essere assunto e analizzato come quello di un graticcio plasticamente coerente e unitario.

Figura 4. Leonardo Da Vinci, foglio 899 (ex328) del Codice Atlantico. Progetto di una copertura provvisoria di 45 braccia di lato e realizzata con 84 travi (“cantili”) di legno .

3. OTTIMIZZAZIONE GEOMETRICA DELLA TRAVE CORTA

La ricerca è partita dalla costruzione e messa

a punto geometrica della forma delle travi per ottimizzarne la sezione trasversale resistente in dipendenza degli sforzi a cui la struttura veniva sottoposta. L’ipotesi di utilizzare un materiale diverso da quello tradizionalmente usato per queste strutture, costituito dal legno massello, ha preso avvio dalla necessità di una trave a sezione verticalmente allungata per meglio rispondere alle sollecitazioni e dalla ricerca di una forma che meglio rispondesse ai vincoli bilateri cui viene sottoposto ogni singolo elemento. La scelta è stata quella di utilizzare per il modello e il prototipo di studio calcestruzzi ad alta resistenza fibrorinforzati, ma, in alternativa, interessanti vantaggi si sarebbero ottenuti anche utilizzando altri compositi, legni lamellari stratificati, o profili in acciaio. La standardizzazione dell’elemento trave si motiva quindi proprio per garantire la reversibilità e la flessibilità formale e il riutilizzo del sistema costruttivo. La forma della sezione longitudinale è tale che lo spazio di sovrapposizione verticale delle travi dia forma a una figura geodetica: a una calotta sferica la cui “freccia” di colmo risulti tanto più alta quanto più ampia è la dimensione in pianta della struttura.

Figura 5. Nodo a tre elementi.

La forma a doppia S di tale elemento deriva quindi proprio dalla necessità di ridurre la sovrapposizione tra le travi senza ridurne la sezione resistente evitando così l’incastro tipico delle travi serliane che indebolisce la struttura e superando anche la necessità di quella eccessiva inclinazione delle travi così come esse vengono generalmente utilizzate negli esempi contemporanei (K.Ishii, G. Brown, ecc.) Il modello fisico è stato realizzato usando un calcestruzzo ad alta resistenza fibrorinforzato, con dimensioni e pesi adeguati (25kilogrammi) per poter essere movimentato con facilità nelle prove e nei modelli di laboratorio.

Figura 6. Modello dell’elemento base.

Figura 7. Comportamento del modello sottoposto a carico di rottura.

4. IL MODELLO TEORICO E IL MODELLO FISICO.

La verifica statica del sistema costruttivo delle

“travi spaziali reciproche”, è stata condotta sul modello teorico attraverso analisi numerica, confrontandone poi i risultati con le prove a rottura effettuate nei laboratori dell’Università di Bergamo. Tale raffronto è stato condotto sia sul singolo elemento della trave corta (o asta), che sul nodo minimo a tre aste. I risultati delle prove hanno confermato le valutazioni analitiche sulla

portata del sistema condotte sia utilizzando le equazioni tradizionali della statica, che attraverso analisi elaborata con ABAQUS ad elementi finiti sulla singola trave e sui nodi elementari a tre e a quattro aste. La sostanziale omogeneità dei risultati in termini di carico ultimo ottenuti alle varie modellazioni e la concordanza con i risultati delle prove sperimentali a rottura hanno di fatto mostrato la buona approssimazione della generalizzazione del comportamento statico di tali strutture e la possibilità di studiare in condizioni ultime anche strutture più complesse realizzate con questo tipo di trave.

Figura 8. Prova a rottura di un nodo a tre elementi nel Laboratorio della Facoltà di Ingegneria di Bergamo.

Figura 9.Modello teorico (FEM) di un nodo a tre elementi.

5. VERIFICHE DI RIMONTAGGIO DEL PROTOTIPO

E’ stata prodotta, in via sperimentale, una

piccola serie di travi in calcestruzzo ad alta resistenza fibrorinforzato di forma identica a quella studiate analiticamente, con le quali è stato montato un prototipo di copertura. L’utilizzo di tali elementi ha dimostrato la facilità di montaggio e di smontaggio degli stessi nelle diverse possibili griglie strutturali alternative, con nodi a tre o a quattro aste, e con differenti geometrie compositive ortogonali, triangolari od esagonali.

Gli stessi elementi sono stati poi riutilizzati e montati secondo lo schema strutturale di una cupola “fuelleriana” costituita cioè sulla geometria di un pentagono contornato da esagoni.

Figura 10.Modello fisico con gli elementi montati in schemi esagonali con nodi a tre aste.

Figura 11. Gli stessi elementi smontati e rimontati su schema ortogonale con nodi a quattro aste.

Figura 12. Montaggio di una struttura provvisoria composta da venticinque “travi corte” reciproche connesse tra loro secondo la geodetica “fuelleriana” (un pentagono con cinque esagoni).

Il “prototipo” è stato lasciato in opera come saggio di edificio sperimentale a disposizione per ulteriori verifiche strutturali.

Le foto 10, 11, e 12 riportano alcuni dei possibili “esercizi di montaggio” condotti con i prototipi realizzati, montati e smontati successivamente secondo schemi e geometrie diverse, nella consapevolezza che il gioco compositivo offerto da tali elementi può risultare senza limiti, affidato soltanto alle circostanze dei punti di appoggio e della geometria del contesto.

6. REDAZIONE DI UN PROGETTO ESEMPLARE

Per verificare sul campo la reale applicazione della tecnologia studiata è stato elaborato un progetto presentato al concorso indetto nel 2008 dal Ministero degli Esteri per la realizzazione del Padiglione Italiano all’Esposizione Internazionale di Shanghai del 2010. Il progetto dimostra la reale potenzialità di una simile tecnologia proprio nel rispondere a un bando che, per ragioni di sostenibilità ambientale, richiedeva come dato fondamentale la smontabilità della struttura al termine del suo uso temporaneo, e la possibilità di poterla riutilizzare in altre forme e per altre funzioni. L’idea progettuale proposta ha volutamente fatto riferimento al disegno di Leonardo del Codice Atlantico (fig 4) e da lui stesso descritto come “incatenatura di travi in legno per la costruzione di un edificio provvisorio”.

Figura 13. Il modello leonardesco (cfr. fig.4) ricostruito da studenti dell’Università di Bergamo. La citazione del foglio leonardesco assunta a matrice concettuale del progetto, pur nella evidente trasposizione alla tecnologia più sofisticata odierna, sottolinea anche lo stretto rapporto di continuità che queste strutture esprimono tra la tradizione architettonica e costruttiva cinese e la storia dell’ingegneria e dell’architettura occidentale moderna, e soprattutto con quella italiana del Rinascimento e delle meravigliose invenzioni costruttive di Brunelleschi e di Leonardo. L’occasione concorsuale, divenuta caso di studio ed esercizio

di applicazione della ricerca, ha permesso di redigere il progetto di una copertura a pianta quadrata di 60 metri lineari per lato, in grado cioè di accogliere al suo interno uno spazio libero dove ordinare le esigenze espositive richieste. La sua de-montabilità cioè il fatto di poter essere smontata al termine del’Esposizione per essere riutilizzata in forme e dimensioni differenti, è stata possibile perché tutta la struttura viene messa in opera con giunti a secco e in semplice appoggio, cioè senza bulloni, senza saldature, senza resine o altro, ma sfruttando soltanto il principio della reciprocità strutturale degli elementi. Proprio per questo la struttura, al termine del suo utilizzo espositivo, potrebbe essere ricomposta anche in altre forme, con diversi appoggi, e con differenti dimensioni. Le singole travi una volta smontate possono essere ricomposte anche con geometrie diverse dallo schema ortogonale iniziale: realizzando così nodi triangolari, pentagonali o forme libere anche più complesse La proposta in progetto con l’utilizzo di nodi ortogonali a quattro aste, è quindi dimostrativa di una soluzione “possibile” e deriva essenzialmente dalla volontà di evidenziare il riferimento allo schema leonardesco, ma le stesse travi corte possono dare forma ad altri edifici dagli utilizzi e nei contesti più diversi. Per enfatizzare l’immagine figurale dell’intreccio strutturale delle travi reciproche, il manto di copertura impermeabile in lastre di poliuretano è stato previsto all’interno della struttura (fig 14), in modo da lasciare in evidenza l’intreccio strutturale delle travi stesse e, nello stesso tempo, per utilizzarle come elementi di ombreggiamento di climatizzazione, e per mitigare l’insolazione all’interno. Innovazione tecnologica, ricerca architettonica e di ingegneria strutturale, proposta di sostenibilità ambientale, sono tre aspetti che trovano quindi una felice sintesi in questo progetto: una sintesi che si fonda sul carattere stesso delle “strutture reciproche”, che sembrano trarre ispirazione proprio dai principi organici e naturali. Vorremmo infatti definire il senso delle strutture reciproche in una sorta di “architettura della natura”, in quanto le loro forme sembrano generarsi da un processo di autoriproduzione e di crescita spontanea per elementi similari e continui. Questo profondo legame con la natura è ciò che avvicina le “strutture reciproche” a quelle che hanno indagato i più innovativi ingegneri strutturisti del secolo scorso:da R. Buckminster Fuller a E. Torroja, da P.L. Nervi a S. Musmeci. La peculiarità di tali strutture sarebbe davvero difficile da comprendere se non riconoscessimo in esse il legame di ispirazione che passa attraverso lo studio attento e circostanziato della struttura della materia e della osservazione dei processi di crescita e di organizzazione delle cellule nel mondo organico.

Nei principi su cui si fondano gli equilibri delle strutture reciproche, sembrano infatti incontrarsi le discipline più diverse, dalla geometria alla biologia, in una suggestione di forme da cui discende la stessa valenza innovativa del sistema e la sua carica immaginifica. Se spetta agli strutturisti riportare l’immaginazione costruttiva nel cuore della didattica e della progettazione, gli architetti e i designer troveranno una ulteriore riprova di quanto la bellezza dell’architettura sia legata alla statica, ai materiali e alla vita interna dell’architettura stessa, mentre troppo spesso le innovazioni formali in architettura sono soltanto cattiva letteratura.

Figura 14. Esploso assonometrico della struttura di copertura realizzata con una griglia di travi spaziali reciproche con nodi ortogonali a quattro aste.

Figura 15. Tavola strutturale del progetto di concorso del Padiglione Italiano all’Expo di Shanghai 2011.

Figura 16. A. Pizzigoni, Progetto di concorso per Padiglione Italiano all’Expo di Shanghai 2011.

7. CONCLUSIONI

Si può concludere che i risultati degli studi da me condotti e coordinati alla Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bergamo, non solo hanno evidenziato le potenzialità che può offrire questo ambito della ricerca architettonica e strutturale e della produzione edilizia in gran parte ancora da indagare e da mettere a punto tecnologicamente, ma hanno fatto emergere la grande carica di suggestione formale e compositiva che tale sistema costruttivo può offrire. I nodi e gli intrecci degli elementi strutturali collegati tra loro con semplici giunti “a secco” enfatizzano infatti l’immagine evocativa e senza tempo di queste strutture, tanto che noi davvero vogliamo condividere le considerazioni della studiosa inglese Olga Popovic Larsen la quale, a conclusione della sua recente pubblicazione dedicata alle strutture reciproche, si chiede se non sia allora il caso – parlando di “Reciprocal Frames” - di non usare più per esse il termine di “strutture”, ma di sostituirlo tout court con quello certamente più appropriato di “architetture”. Ề così che la sfida lanciataci da Leonardo e dagli antichi può e deve essere oggi raccolta dagli architetti e dagli ingegneri contemporanei, ed è proprio in tal senso che possiamo leggere alcune delle proposte più interessanti dell’architettura contemporanea , da Shigeru Bahn a Cecil Balmond, da Calatrava fino alla recente proposta di Frank O. Ghery per il padiglione Serpentine a Londra, in quanto esse, per così dire, traggono tutte ispirazione e fondano la loro forza di immagine sulla grande suggestione plastica che contiene in sé questa concezione strutturale.

Infine, data la relativa “novità” dell’argomento si è pensato di fare il punto sulla bibliografia in argomento, anche per rendere testimonianza a coloro che spesso nella sostanziale disattenzione della comunità scientifica portano avanti gli studi di queste strutture.

Figura 17. Frank O. Ghery, Padiglione della Serpentine Gallery, London, Hide Park, 2008.

Figura 18. Cecil Balmond, Modello di Struttura reciproca presentato all’esposizione personale al Museo Louisiana, Copenhagen, lug-ag. 2007.

Figura 19. Santiago Calatrava, Il grattacielo Tourning Torso; in primo piano la ricostruzione di un’autoctona costruzione scandinava fondata sul principio statico delle “strutture spaziali reciproche” , Malmö - Sweden, 2005. Ringraziamenti: Un particolare ringraziamento va al Prof. Paolo Riva dell’Università di Bergamo, Direttore del Laboratorio della Facoltà di Ingegneria, dove sono state effettuate le prove citate. Un doveroso riconoscimento al Gruppo Italcementi di Bergamo che ha sostenuto e promosso la ricercai. Referenze fotografiche: tutte le fotografie sono dell’autore.

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