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Learning Future by Anno 2 | n. 3 | 2016 pag. 8 innovation & industry 4.0 Gli Autori dell’Innovazione pag. 2 pag. 4 pag. 5 Millennials: rumors, myths & legends focus Tutti i contenuti di questo numero e dei precedenti su cegos.it editoriale pag. 6-7 pag. 3 Le nuove generazioni: caratteristiche, lifestyle e rapporto con il lavoro spunti e appunti inside out pag. 9 È tempo di ricominciare! e-trends Millennials e mondo del lavoro Chi sono e cosa vogliono i Millennials? Corsi di formazione Best Seller e Best Seller Plus ottobre/novembre/dicembre LEARNING LEARNING FUTURE FUTURE TOUR #2016 Quale evento scegli? pag. 10 Millennial vs Yes-Man Una nuova forma di produttore-consumatore pag. 11 international AUTONOMOUS LEARNER: is there any point in still having a trainer? from Innovation Handbook, Cegos, 2016

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Page 1: Learning Future - Cegos · cambiare lavoro: se manca il valore manca l’engagement e quindi si cerca altrove. Vale la pena di affrontare il disagio derivante dal cambiamento per

Learning Future by Anno 2 | n. 3 | 2016

pag. 8

innovation & industry 4.0

Gli Autori dell’Innovazione

pag. 2

pag. 4 pag. 5

Millennials: rumors, myths & legends

focus

Tutti i contenuti di questo

numero e dei precedenti

su cegos.it

editoriale

pag. 6-7

pag. 3

Le nuove generazioni: caratteristiche, lifestyle e rapporto con il lavoro

spunti e appunti

inside out

pag. 9

È tempo di ricominciare!

e-trends

Millennials e mondo del lavoro

Chi sono e cosa vogliono i Millennials?

Corsi di formazione Best Seller e Best Seller Plus ottobre/novembre/dicembre

LEARNINGLEARNINGF U T U R EF U T U R E T

OU

R

#2016

Quale evento scegli?

pag. 10

Millennial vs Yes-Man

Una nuova forma di produttore-consumatore

pag. 11

international

AUTONOMOUS LEARNER: is there any point in still having a trainer?from Innovation Handbook, Cegos, 2016

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2 2016 #03

Se i giovani d’oggi valgono

poco, gli anziani cosa ci

hanno lasciato?”: inizia così

la canzone degli Ex-Otago,

un gruppo musicale genovese non ancora

noto ai più, ma abbastanza in voga tra i

giovani. Il ricambio generazionale porta

con sé turbolenze, ed è così ogni volta che

ad esso si associa un “ampliamento della

conoscenza” che porta con sé una diversa

considerazione del concetto di “limite”.

In questo caso è stato il digitale a

determinare la “discontinuità” e quindi lo

stato di trasformazione sociale. Perché mai

l’ambiente di lavoro dovrebbe restare immune

da tale trasformazione sociale? Con il digitale

il mondo è più vicino. Si attenua il confi ne

tra il noto e l’ignoto. Si attenuano i confi ni in

generale ed anche quello tra vita e lavoro.

La generazione precedente aveva capito

che per gestire lo stress e stabilire un

equilibrio work-life, poteva essere utile

vivere a “compartimenti stagni”: in una

parte della vita si cerca di smaltire lo stress

accumulato nell’altra. Sbiadire il confi ne

signifi ca confondere le due sfere e imparare

nuovamente come si può e si deve saper

costantemente accumulare e smaltire, ma

soprattutto, accumulare meno per smaltire

meno.

Aumentare la soddisfazione lavorativa

signifi ca svolgere un lavoro che abbia un

senso, cioè un valore che non sia legato solo

al ruolo, al job title o allo stipendio. Missione,

Visione e Valori dell’azienda rivestono

maggiore importanza per un Millennial che

non per le precedenti generazioni.

Si affi evoliscono anche i confi ni relativi

all’orario di lavoro: un Millennial può arrivare

in uffi cio mezz’ora in ritardo e rispondere

a una mail alle 10 di sera. Commitment

verso l’obiettivo (legato al valore del lavoro

svolto) piuttosto che verso la regola. Per

questo motivo i Millennials sono più inclini a

cambiare lavoro: se manca il valore manca

l’engagement e quindi si cerca altrove. Vale

la pena di affrontare il disagio derivante dal

cambiamento per fare qualcosa in cui si

crede.

I social network e gli strumenti di

messaggistica hanno completamente

trasformato il concetto di relazione. Dal

discontinuo al continuo. Non c’è più ON/OFF.

ed

ito

ria

le

EMANUELE CASTELLANIAmministratore Delegato Cegos Italia

In qualsiasi momento, chiunque appartenga

alla mia rete di relazioni può postare un fi le

al quale potrò accedere non appena potrò

o vorrò. La facilità con cui si tiene viva una

relazione è anch’essa sconvolgente, al punto

che oggi è normale avere migliaia di contatti

ed è abituale comunicare one-to-many

piuttosto che one-to-one.

Anche la relazione capo-collaboratore

deve svolgersi nel “continuo” e non nel

“discontinuo”. Va bene la performance review

annuale, ma è giudicata soddisfacente se

frequente e poco formale. E non è solo

una questione di confronto, ma anche

di accessibilità. La porta aperta indica

la disponibilità ad un confronto costante

e bidirezionale: il tutoraggio può essere

reversibile o double-face.

Persino il tempo è percepito diversamente e

quindi la sua gestione diventa più che mai un

fattore critico. Il concetto di effective meeting,

ad esempio, è molto cambiato. Oggi la parola

“effective” è legata anche alla frequenza e

durata della riunione e non solo alla scelta

dei contenuti, alla gestione dell’agenda e

alla defi nizione dell’action plan conclusivo. In

molte aziende ormai si svolgono riunioni in

piedi, che durano al massimo un’ora.

I Millennials hanno il mondo in mano

perché hanno la padronanza di un tipo di

informazione sconosciuta alle generazioni

precedenti. Vent’anni fa si diceva “vorrei

leggere due o tre quotidiani al giorno…”, oggi

l’accesso all’informazione è completamente

diverso: propensione e capacità di

acquisire, gestire, elaborare e memorizzare

le informazioni. Ieri era il TG delle 20 che

aveva in parte mangiato il quotidiano, oggi

è il tweet istantaneo che sta mangiando

il TG, con la differenza che le fonti sono

infi nite e sconosciute – questione che apre il

tema di elaborazione, valutazione, verifi ca e

approfondimento delle informazioni stesse.

Mancando spesso l’intermediazione del

giornalista, da un lato si riduce il rischio

di manipolazione, dall’altro ci si espone al

rischio di disorientamento.

La radio sta nuovamente riconquistando il

terreno perduto a scapito della TV. Mi sforzo

di interpretare questo aspetto… la radio

realizza il sogno del multitasking. Può essere

ascoltata anche mentre si fanno altre cose.

Ed ecco che sul luogo di lavoro compaiono

le cuffi e per ascoltare musica mentre si

Direttore ResponsabileLicia Lanza - [email protected]

Direzione e RedazioneCentro Direzionale MilanoFiori, Strada 1, Pal F320090 Assago (MI)

Grafi ca e StampaLaser Grafi ca Digital S.r.l.Via Nazionale dei Giovi, 45 B - 20811 Cesano Maderno (MB)

Anno 2 | n. 3 | 2016

Registrazione del Tribunale di Milano n. 44 del 25/02/2015

svolgono lavori ripetitivi, gli smartphone sono

collocati accanto allo schermo aziendale

perché con la mano destra si risponde

al telefono mentre si legge una mail, e

contemporaneamente si sorride guardando

nello smartphone personale l’ultima foto

postata da un amico che in quel momento è

in vacanza.

I Millennials hanno il mondo in mano dicevo

e, soprattutto in tanti Paesi del mondo ormai

a crescita stagnante, hanno la possibilità di

determinare un’inversione di rotta. Detto ciò,

poi, ci sono anche i giovani che valgono poco

e tanti anziani che hanno lasciato davvero

molto. Ahimé questi giovani che valgono

poco hanno molte più possibilità ed opzioni

per nascondersi nelle pieghe della società,

e diventare tra cinquant’anni un anziano che

non ha lasciato niente.

Coordinamento e diff usione editoriale Addressvitt S.r.l.

Learning Future by

@Ecastellani

3’

te

mpo d i l e t t

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32016 #03

Molto si è detto e scritto su

questo tema che – a volte –

sembra ci sia quasi scoppiato

tra le mani, come fosse in parte

inaspettato. Ma è stata l’accelerazione dei

grandi cambiamenti tecnologici, sociali ed

economici a dargli una brusca impennata.

La logica di completezza imporrebbe di

affrontare l’argomento su più piani, ad

esempio:

• i più importanti aspetti caratterizzanti delle

nuove generazioni: come sono, cosa

preferiscono, come si relazionano

• come interfacciarsi con loro

• come gestirle e che tipo di rapporto hanno

con il lavoro

• qual è il punto di equilibrio tra la fl essibilità

dell’organizzazione nei loro confronti e

viceversa

Il piatto è ricco e articolato se pensiamo

che ormai alle generazioni Y e Z, si sta

aggiungendo un’ulteriore fascia chiamata K

(vedi box).

Senza voler cadere negli stereotipi abituali

per i quali la generazione Y (Millennials) è

cresciuta con internet e i pc portatili, mentre

la generazione Z con i touch screen e

internet mobile, potremmo affermare che la

Z è una generazione Y versione 2.0 che però

non farà tanto parlare di sé e non produrrà

l’ampia letteratura che si è occupata dei

Millennials.

La generazione Y, nata indicativamente tra

il 1980 e il 1995, chiede un cambiamento

dei paradigmi gestionali nei propri confronti

come ad esempio:

• il rapporto con il tempo: i giovani Y

tendono a vivere nell’immediatezza e

richiedono feedback rapidi

• la trasparenza: è una generazione che vuole

sapere e capire

Spu

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Pp

un

ti

TIZIANO BOTTERIHR, Competences & Training Director Cegos Italia

ide

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ire

@tiziano_botteri

• la legittimità: i Millennials non credono

all’avanzamento di carriera per anzianità o

per tecnicità e riconoscono nel proprio capo

le competenze prima di tutto manageriali

• la valutazione verso il loro manager: la

trovano normale e, in certi casi, la esigono

• la fl essibilità: detestano la rigidità e

apprezzano lo smart working

• il reverse mentoring: serve a sviluppare la

fi ducia tra le generazioni perché permette

agli Y di trasferire certe capacità ai senior

La generazione Z (detta anche iGen o Post-

Millennials) viene collocata in termini temporali

tra il 1995 e il 2010, giacché attualmente si

reputa che ogni 12/15 anni vi sia un salto

generazionale. Considerata, come accennato,

da qualche studioso come un’estensione

della Y, la Z tende a marcare ancor di più

alcuni aspetti di quest’ultima:

• l’orrore degli orari: troverete su qualche blog

anglosassone l’immagine un po’ truculenta

che dice “9-5 is dead”; la classica giornata

dalle 9 alle 17, con orario più o meno

continuato, è morta e sepolta

• il “blurring” e il “bleisure”: termini inglesi che

identifi cano il primo la scomparsa di una

frontiera precisa tra vita professionale e

privata, il secondo la conciliazione sempre

più ricercata tra il lavoro e le attività piacevoli

• le “micro-leisure”: di conseguenza emerge

in modo più netto l’orientamento alle pause

brevi e frequenti, sia per consentirsi una

rapida distrazione e allentare l’attenzione,

sia per confronti faccia a faccia, sia (e

forse soprattutto) per parlare – tramite i

social – con persone del proprio network e

con amici, per rispondere alle proprie mail,

per fare acquisti online, per prenotare un

weekend

Ma i ragazzi Z sono i portavoce di uno stile di

vita che guarda con una certa circospezione il

mondo delle imprese.

Questa generazione sembra preferire la

creatività e la co-costruzione, enfatizza le

immagini che vengono condivise insieme a

scritti brevissimi e chiari per far passare prima

di tutto certe emozioni (qualcuno chiama

questo fenomeno “snacking”). Negli Stati Uniti

si stanno diffondendo il DIY (do it yourself)

per il piacere di realizzare qualcosa in totale

autonomia e i “food trucks”, camion-ristoranti

che si trovano presso i mercati o nei raduni

all’aria aperta.

Se dovessimo rimanere in un perimetro

organizzativo, non sarebbe male adottare il

seguente slogan per capire meglio il confi ne

tra le generazioni Y e Z: il rappresentante

della generazione Y è imprenditore della sua

vita professionale, quello della generazione Z

vuole esserlo della sua vita personale e della

sua formazione.

Le nuove generazioni: caratteristiche, lifestyle e rapporto con il lavoro

La generazione K

Contraddicendo alla regola per la quale

oggi nasce una generazione differente ogni

12/15 anni circa e quindi introducendo

l’idea che questo lasso di tempo si sta

accorciando, l’economista britannica di

fama internazionale Noreena Hertz ha

recentemente parlato dell’apparizione di

una nuova generazione, denominata K

perché ispirata direttamente al personaggio

di Katniss Everdeen, l’eroina della saga

“Hunger Games” immortalata al cinema da

Jennifer Lawrence (anno di nascita 1990).

La Hertz, che ha sviluppato questo

concetto attraverso un’inchiesta pubblicata

dal Guardian nel marzo del 2016, sembra

in parte sostituire la denominazione Z con

K, in parte per garantire una continuità ai

nomi generazionali, considerando la K la

fascia più recente della Z, quindi indicando

i nati nel nuovo millennio.

Ma quali sono le caratteristiche dei

giovanissimi K? Sono coloro che hanno

assorbito fi n da piccoli l’austerità,

l’estremismo islamico, il terrorismo, i timori

per il cambiamento climatico. Hanno visto

i loro genitori perdere il lavoro e le loro

paure non sono quelle che da sempre

ricolleghiamo alla classica adolescenza.

È una generazione disincantata che fa

fatica a credere alla meritocrazia, che

pensa che il proprio avvenire sia molto

legato al colore della pelle, alla situazione

economica e all’importanza sociale dei

genitori.

Se il biberon dei ragazzi K è stato lo

smartphone, non paiono dimostrarsi

egoisti e credono che aiutare gli altri sia

importante. Non vedono certamente

il futuro dipinto di rosa, ma vogliono

agire: per la Hertz la generazione K sarà

costellata da gente che creerà e inventerà

molte cose.

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4 2016 #03

focu

s

Gli stereotipi sono una

semplifi cazione della realtà,

spesso funzionali alla creazione

di relazioni basate sulla chiusura

e la strumentalizzazione. Lo stereotipo non si

basa su una conoscenza di tipo scientifi co ma

spesso la millanta, proprio per nascondere una

valutazione reifi cante dell’altro. Gli stereotipi,

secondo Manfred Beller, si presentano in due

forme: “una fi gurativa, relativa a ciò che è

fi ssato o ripetuto in una forma stabile, inerte,

priva di apporti innovativi, convenzionale e

precostituita e una linguistica relativa a quelle

parole o locuzioni entrate nell’uso e fi ssatesi in

Millennials: rumors, myths & legends

ALESSANDRO REATIPractice Business Leader Cegos Italia

Myth 1: Millennials’ career goals and expectations are different from those of older generations

Fact: Millennials place much the same weight on many of the same career goals as older employees do.

Myth 2: Millennials want constant acclaim and think everyone on the team should get a trophy

Fact: Millennials want a manager who’s ethical and fair. They think it’s less important to have a boss who recognizes their accomplishments.

Myth 3: Millennials are digital addicts who want to do everything online Fact: Millennials’ top three preferences for learning new skills at work are physical not virtual.

Myth 4: Millennials, unlike their older colleagues, can’t make a decision without fi rst inviting everyone to weigh in

Fact: Gen X - even more than Millennials - believes in soliciting lots of opinions.

Myth 5: Millennials are more likely than others to jump ship if a job doesn’t fulfi ll their passions

Fact: Employees of each generation share thesame reasons for changing jobs. Top reason: More money and a more creative workplace.

Myth 1: Millennials are more collaborative than competitive

Myth Busted: Millennials are actually more competitive than other generations. They are more driven by relative performance than absolute performance.

Myth 2: Millennials rely on their peers to get work done

Myth Busted: Millennials are more connected outside of work than non-Millennials, but their internal networks are actually slightly smaller than those of non-Millennials. More important, Millennials don’t make suffi cient use of their peers at work. They have the connections, but they don’t trust peers’ input.

Myth 3: Millennials want to organization hop

Myth Busted: Millennials want to experience hop, not organization hop. It just happens that Millennials look externally for these opportunities more than non-Millennials. They are though just as willing as non-Millennials to look for these opportunities internally.

La differenza sostanziale tra i Millennials e

le generazioni precedenti sembra essere la

“digital profi ciency”, che deriva dall’essere

cresciuti direttamente immersi nelle

“non più nuove” tecnologie. Per quanto

riguarda gli obiettivi di carriera, il grado di

coinvolgimento aziendale e le preferenze

verso specifi ci stili di leadership sembra

exaggerations and uncomfortable truths. The

real story behind Millennials in the workplace”.

Ancora più interessante quanto evidenziato

da IBM nel suo report del 2015 “Myths,

una data forma ripetuta in modo meccanico

fi no a banalizzarla”.

In questo momento storico il concetto di

Millennials, nato con una piena rispettabilità

sociologica, rischia di trasformarsi in una

semplifi cazione improduttiva o perniciosa.

Per chi si occupa di gestione e sviluppo delle

risorse umane può allora essere utile riprendere

alcune generalizzazioni e demistifi carle.

Iniziamo ricordando che la creazione del

termine è ampiamente accreditata a William

Strauss e Neil Howe. Nel 1987 avviarono le

loro rifl essioni considerando le implicazioni

dell’inserimento nell’ambiente scolastico dei

nati nel 1982. Successivamente (1991 e 2000)

scrissero altri contributi, sempre fortemente

collegati al tema dell’educazione di questa

generazione. I Millennials ora sono a pieno titolo

inseriti nelle organizzazioni e lungo è l’elenco

delle ricerche e degli articoli divulgativi a loro

dedicati, purtroppo spesso imprecisi e vaghi o,

al contrario, mitizzanti. Ci sono però stati anche

alcuni validi tentativi di contenere le distorsioni.

Ecco una sintesi di quanto è stato proposto da

CEB nel 2014:

che non si presentino differenze sostanziali.

Questa situazione dovrebbe spingerci allora

non a immaginare nuovi modelli gestionali

dedicati specifi catamente alla nuova

generazione, ma a valutare quanto stiamo

concretamente gestendo in maniera integrate,

diversity focused e costruttiva la popolazione

complessiva delle nostre organizzazioni.

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52016 #03

più interessanti, infatti, è la totale differenza

tra la percezione che i manager hanno dei

Millennials e quella che i Millennials hanno di

se stessi. I primi spesso giudicano i giovani

superfi ciali: poco interessati al lavoro, diffi cili

da riprendere per comportamenti sbagliati,

facili a lasciare il posto di lavoro, ritardatari,

con una ricerca di riconoscimento giusto

per il gusto di mostrarlo. I Millennials invece

pensano che il lavoro non defi nisca la loro

persona, si sentono troppo controllati,

vorrebbero capi più amichevoli nella

relazione, capaci di dare una direzione e

pensano di avere idee molto valide, a volte

migliori di quelle dei colleghi più anziani.

Come aiutare i manager ad affrontare le

sfi de della gestione di una generazione cosi

differente dalle altre? Da dove si parte?

Primo elemento: la VISIONE, aiutandoli

a vedere le cose in modo differente. I

Millennials amano fare domande, sono

spesso persone brillanti, ma mancano di

esperienza di vita o lavoro. Hanno bisogno di

più informazioni per comprendere meglio le

cose. Tre competenze che li possono aiutare

sono: mostrargli il quadro complessivo della

loro attività, fare in modo che si interessino

alle cose che fanno, dare più dettagli

possibili.

Secondo elemento: la COMUNICAZIONE,

con focus sull’ascolto. I Millennials sono

cresciuti in un mondo dove la comunicazione

è un fl usso continuo (social, blog, chat, etc.)

e i manager dovrebbero vederla come una

grande opportunità. Le tre competenze da

utilizzare in questo caso sono: costruire

un relazione vera invece di trattarli

come subordinati, sottolineare le aree di

MARIO DE LUCAFranklinCovey Division Director

miglioramento in modo positivo, non mettere

mai le cose su un piano personale.

Terzo ed ultimo: ADATTARSI, giocando con

i loro punti di forza. Considerare questa

una generazione che non accetterà i

classici ruoli lavorativi ed adattarsi ai loro

punti di forza e debolezza potrà fare la

differenza tra la capacità di gestire persone

motivate o continuare a spendere soldi

per il loro replacement. Le tre competenze

da considerare in questo caso sono:

utilizzare la loro immaginazione per risolvere

problemi e situazioni di lavoro, dare i giusti

riconoscimenti, essere fl essibili.

La gestione di una generazione cosi ricca

di complessità e contraddizioni è per i

manager di oggi una nuova sfi da: sarà la loro

formazione a fare la differenza.

insi

de

ou

t

@madeluc

C’è una ragione precisa per

cui i Millennials sono oggi al

centro dell’attenzione: la loro

infl uenza è destinata a crescere

in modo esponenziale. Nel 2010 il 23%

della popolazione era composta da Baby

Boomers, mentre i Millennials erano già

arrivati al 42%. Nel 2015 la loro percentuale

è cresciuta ulteriormente per un valore pari

al 47,2% della forza lavoro a livello mondiale.

Le aziende guardano con attenzione a

questa generazione per un fatto ovvio: la

dimensione.

Come tutte le generazioni anche quella dei

Millennials ha dei tratti distintivi: cresciuta

in un contesto altamente tecnologico e in

un backgroung familiare spesso variegato

– dalla famiglia tradizionale a quella con un

solo genitore che il più delle volte ha un/a

nuovo compagno/a – è la generazione più

curata e coccolata di sempre, con padri

che spendono molto più tempo con i propri

fi gli rispetto al passato. Una generazione

realmente globale, grazie allo stretto

rapporto con la tecnologia e alla presenza,

sempre in crescita, di diverse etnie e culture.

Per il mercato del lavoro, la loro importanza

si basa su un elemento preciso: il

pensionamento di massa dei Baby

Boomers dovrà trovare nei Millennials i loro

sostituti naturali e questo richiederà alle

organizzazioni l’individuazione di strumenti

corretti per attrarre, sviluppare e trattenere i

loro giovani assunti.

A livello formativo, oltre che ai Millennials

è indispensabile pensare ai loro manager,

che devono gestire una generazione così

differente da quelle passate. Uno dei punti

Managing Millennials3’

te

mpo d i l e t t

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6 2016 #03

È tempo di ricominciare!

STRATEGY & LEADERSHIP giorni ott nov dic

1.2.2 La leadership per capi e quadri aziendali 2

13-14 10-11 15-16

17-18 24-25

20-21 28-29

1.2.1 Capi di nuova nomina 2

6-7 3-4

10-11 7-8

17-18 7-8

10-11

MANAGEMENT & COACHING giorni ott nov dic

1.2.3 La gestione quotidiana dei collaboratori 3

5-7 2-4

24-26 2-4

26-28 7-9

9-11

10.1.1 Capo in Produzione 3

5-7 2-4 12-14

12-14 9-11

17-19 16-18

26-28

1.3.19 Saper trattare con tutte le persone 210-11 10-11

17-18 21-22

3.1.1 Il ruolo dell’Assistente di Direzione 220-21 21-22

27-28 24-25

PERSONAL DEVELOPMENT & EFFECTIVENESS giorni ott nov dic

1.1.4 Time Management: la gestione ottimale delle attività 2

10-11 3-4 15-16

17-18 10-11

27-28 17-18

28-29

1.2.1 Capi di nuova nomina 2

6-7 3-4

10-11 7-8

17-18 7-8

10-11

1.1.14 Problem solving for prefessionals 114 11 12

4

1.3.5 Tecniche di assertività 2

3-4 7-8 12-13

10-11 14-15

13-14 17-18

1.3.1 Parlare in pubblico 2

6-7 7-8 12-13

10-11 10-11

13-14 17-18

27-28 24-25

28-29

1.3.18 Stili di comunicazione interpersonale 217-18 10-11

20-21 24-25

1.3.19 Saper trattare con tutte le persone 210-11 10-11

17-18 21-22

PROJECT MANAGEMENT giorni ott nov dic

11.2.3 Formazione pratica al Project Management 3

5-7 2-4 14-16

12-14 9-11

17-19 16-18

19-21

1.1.4 Time Management: la gestione ottimale delle attività 2

10-11 3-4 15-16

17-18 10-11

27-28 17-18

28-29

Corsi di formazione Best Seller e Best Seller Plus ottobre/novembre/dicembre

In tema di formazione i Millennials

sembrano avere le idee piuttosto

chiare: acquisire competenze oggi per

crescere domani. Quanto chiedono ad

un’azienda, per valutarne un’offerta di lavoro o, se

già assunti, per decidere di rimanerci, è che li doti di

skill non solo fruibili nell’immediato, ma soprattutto

utili per fare carriera. Anche altrove.

E se i progetti formativi che interessano l’intera

popolazione aziendale sono sicuramente molto

apprezzati dai Millennials, lo è ancora di più la

possibilità di partecipare ad un corso esterno,

poiché vissuto come un investimento su di sè prima

che per l’azienda.

Occasioni per frequentare in autunno corsi

intercompany non mancheranno con Cegos, grazie

alle oltre 680 edizioni disponibili – tra Milano e le

altre sedi – con una forte concentrazione nei mesi

di ottobre e novembre, storicamente i più “caldi”

per la formazione in Italia. Numeriche a parte,

ampia sarà come sempre la proposta dei seminari

in termini di aree tematiche trattate – competenze

soft e manageriali, ma anche Acquisti, Vendite,

Marketing, Finanza, etc. – e di obiettivi perseguiti:

fornire i fondamenti a chi debba acquisire un nuovo

ruolo, approfondire verticalmente alcuni argomenti

oppure sviluppare competenze trasversali spendibili

in qualsiasi funzione (e in qualsiasi azienda… ).

In autunno le aule di Cegos si tingeranno anche

di nuove tecnologie: la didattica di una serie di

corsi – non a caso, quelli rivolti al target young

– sarà supportata dall’utilizzo in classe, da

parte di ciascun partecipante, di un tablet. Sarà

così possibile disporre dei materiali utilizzati dal

docente per le lezioni teoriche e le esercitazioni

(sempre preponderanti), fruire di contenuti

formativi aggiuntivi, ma anche prendere appunti

e personalizzare i documenti multimediali, per

portarli poi con sé. E metterli all’interno del proprio

“bagaglio”.

EMANUELA PIGNATAROOpen Courses Division Director Cegos Italia

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72016 #03

HR & ORGANIZATION giorni ott nov dic

2.1.30 La comunicazione interna 217-18 14-1520-21 17-18

15.1.1 Analista di organizzazione 310-12 23-2526-28 30-2

2.3.11 Training Manager: il ruolo del responsabile della formazione 3

10-12 28-3012-1426-28

2.1.2 Il colloquio di selezione - tecniche di intervista 26-7 10-11 15-16

24-25 17-18

2.1.6 La gestione del personale: obblighi legali e amministrativi 319-21 21-2326-28 28-30

2.1.7 Come pianifi care il budget del personale 2

3-4 14-15 12-133-4 17-186-7 21-22

26-27 28-29

2.2.2 Il payroll: paghe e contributi 4+4

20-23 sett. 8-11 13-1618-21 ott. 15-1813-16 sett. 29-211-14 ott.27-30 sett.25-28 ott.

FINANCE & LEGAL giorni ott nov dic

6.1.10 Gestione della tesoreria - base 2

13-14 7-8 15-16

10-11

28-29

6.1.2 Gestione della tesoreria - avanzato 35-7 16-18

12-14 23-25

6.1.1 Fondamenti di fi nanza aziendale per non specialisti 3

5-7 2-4 19-21

12-14 9-11

26-28

6.2.4 Budget e controllo di gestione per non specialisti 3

5-7 7-9 12-14

12-14 14-16

19-21 23-25

28-30

6.1.13 Come leggere il bilancio d’esercizio 2

10-11 9-10 1-2

17-18 16-17

26-27

6.2.5 Controllo di gestione - base 3

5-7 7-9

19-21 21-23

26-28

6.2.3 Controllo di gestione - avanzato 3

3-5 9-11 14-16

5-7 16-18

10-12

19-21

26-28

6.2.4 Budget e controllo di gestione per non specialisti 3

5-7 7-9 12-14

12-14 14-16

19-21 23-25

28-30

6.2.16 Controllo di gestione della produzione 213-14 3-4

17-18

6.3.1 Contabilità - base 3

12-14 9-11 14-16

19-21 16-18

30-2

6.3.51 IAS/IFRS - principi contabili internazionali 2

13-14 10-11

17-18 14-15

24-25

6.1.13 Come leggere il bilancio d’esercizio

10-11 9-10 1-2

2 17-18 16-17

26-27

6.3.11 IVA - corso base 3

5-7 2-4

10-12 23-25

24-26

6.3.16 Dal bilancio al carico fi scale 3

10-12 14-16

16-18

28-30

6.3.54 Operazioni doganali 2

7-8 15-16

24-25

28-29

2.1.6La gestione del personale: obblighi legali e amministrativi

319-21 21-23

26-28 28-30

8.1.4 Gli aspetti legali connessi agli acquisti 3

19-21 9-11 12-14

24-26 16-18 14-16

26-28 23-25

I colori delle date si riferiscono a Milano - Roma - Bologna - Torino - Padova

SALES & MARKETING giorni ott nov dic

4.1.51 Area Manager si diventa! 3

3-5 9-11 12-14

12-14 14-16

19-21 16-18

24-26

26-28

4.1.4Formazione pratica di base per Venditori e Tecnici Commerciali

3

3-5 9-11 14-16

12-14 14-16

19-21 16-18

23-25

28-30

4.1.5 Tecniche avanzate di vendita 210-11 7-8 19-20

13-14 10-11

4.1.33 La negoziazione commerciale 2

6-7 14-15

21-22

21-22

4.1.43 Key account management: vendere ai clienti strategici 326-28 2-4 14-16

9-11

4.2.1 Fondamenti di marketing 3

26-28 9-11 14-16

16-18

21-23

4.2.4 Product Manager & Brand Manager 3

3-5 9-11

5-7 14-16

17-19 16-18

19-21 21-23

23-25

4.2.37 Communication Manager 3

10-12 14-16

17-19 28-30

26-28

OPERATIONS giorni ott nov dic

8.1.2 Buyer effi cace 3

5-7 7-9 12-14

10-12 9-11 19-21

12-14 16-18

19-21 23-25

26-28

8.1.3 Trattativa d’acquisto 2

13-14 7-8

17-18 7-8

21-22

8.1.20 Tecniche avanzate di negoziazione d’acquisto 2

3-4 10-11

27-28 14-15

28-29

8.1.4 Gli aspetti legali connessi agli acquisti 3

19-21 9-11 12-14

24-26 16-18 14-16

26-28 23-25

6.3.54 Operazioni doganali 2

7-8 15-16

24-25

28-29

10.1.1 Capo in Produzione 3

5-7 2-4 12-14

12-14 9-11

17-19 16-18

26-28

6.2.16 Controllo di gestione della produzione 213-14 3-4

17-18

10.1.3 Pianifi cazione e programmazione della produzione 3

5-7 16-18 14-16

24-26 28-30

26-28

10.1.4 Tempi e metodi per Analisti di Produzione 312-14 7-9

17-19 21-23

oltre 315 edizioni su tutte le aree di business.

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Page 8: Learning Future - Cegos · cambiare lavoro: se manca il valore manca l’engagement e quindi si cerca altrove. Vale la pena di affrontare il disagio derivante dal cambiamento per

8 2016 #03

LEARNINGLEARNINGF U T U R EF U T U R E T

OU

R

#2016

Quali sono i nuovi trend del mercato?

Quale strada stanno percorrendo le aziende di successo?

Siamo pronti a cavalcare il cambiamento e ad aff rontare le nuove sfi de che quotidianamente incontriamo e incontreremo?

Learning Future Tour è l’occasione per esplorare i temi del momento, per confrontarsi sulla propria esperienza e condividere nuove idee, per fare networking e prepararsi ad affrontare le proprie sfide professionali.

Gli appuntamenti, gratuiti, sono caratterizzati da un taglio fortemente operativo e pragmatico, con l’obiettivo di fornire spunti e strumenti per lo sviluppo del business.

Human Resources Human Resources

Il ROI della FormazioneI differenti modi di affrontare il ROI della formazione, per avere dati utili in quella che potremmo chiamare la “balance score card” della formazione.

Milano, 11 ottobre | Roma, 20 ottobre

New Millennium GenerationQuali sfide porteranno le nuove generazioni nelle nostre organizzazioni? Saremo in grado di ripensare concretamente change management e diversity management, innovando il modo di fare business?

Milano, 21 settembre | Roma, 27 settembre

e-trends

A Learning ExperienceWebTools, soluzioni digitali e dispositivi virtuali possono essere affiancati efficacemente ad una solita formazione classica: cosa comportano questi nuovi innesti nella progettazione di un percorso? Come potrebbe cambiare la figura del formatore, così come la conosciamo? Nel secondo decennio del nuovo millennio, cosa significa formarsi?

Roma, 9 novembre | Milano, 17 novembre

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92016 #03

Millennial vs Yes-Mane

-tre

nd

s Spesso, nell’ultimo paio

d’anni, l’attività di consulenza

nelle organizzazioni nel

campo della formazione ha

portato alla nostra attenzione la diffusa

corrispondenza “giovani-digitale”. Diffi cile

da smentire mentre ci si confronta, proprio

perché prevalentemente vera: i ragazzi più

giovani, cresciuti con/grazie/nonostante la

rivoluzione digitale, sono decisamente più

pronti ad affrontare ogni passo della propria

vita attraverso il supporto dei più innovativi

dispositivi digitali ed attraverso un metodo di

pensiero web-oriented, che faticosamente

viene invece imparato (con successo non

garantito) da coloro che questa rivoluzione

l’hanno dovuta deglutire obbligatoriamente,

affrontando così un processo di

cambiamento quotidiano e radicale.

Questo è certamente il primo passaggio.

Quello più immediato e basilare da

osservare, dentro e fuori dall’azienda;

ciò che è ancora più interessante, è

comprenderne le conseguenze nel tempo.

Questo nuovo approccio fatto di elasticità

di pensiero, rapidità di ricerca e soluzioni a

portata di mano, confronto sociale aperto

e costante, sta portando dritti all’estinzione

del mammifero organizzativo più diffuso

negli ultimi 30 anni, e per certi versi più

apprezzato dai (meno virtuosi) Manager in

ogni organizzazione: lo Yes-Man.

In base ad una survey Nielsen dello scorso

anno, ci sono alcune cose da evitare quando

si gestiscono Millennials in azienda:

• Chiamarli “Millennial” o “Generazione Y”, o

semplicemente “giovani”. Il problema non

è tanto l’epiteto utilizzato, ma di per sé il

fatto di categorizzare (quindi stereotipare)

una fetta di popolazione con l’aiuto di

qualunque aspetto digitale per segnare

meglio il confi ne rispetto a “noi che

veniamo da un’altra epoca”.

• Concedere bonus e non crescita effettiva.

È semplice, come afferma un’intervistata:

“Crescita signifi ca ti stiamo valorizzando,

mentre bonus signifi ca ti stiamo premiando

in questo specifi co spazio temporale”.

Teniamo in considerazione un altro

aspetto importante, del tutto fi siologico

nell’attuale ambiente: il cambio di lavoro

per la generazione Y è diventato normale,

repentino, quasi facile; le job opportunities

si sono moltiplicate ed esistono diverse

app che permettono di candidarsi con un

click. Trattenere un dipendente è di certo

meno semplice oggi rispetto ad un periodo

in cui la leva principale (e quasi sempre

vincente) era il denaro.

• Non dare obiettivi e valori. In realtà si tratta

più della seconda, anche perché abbiamo

fi ducia nel fatto che dare obiettivi sia pratica

ormai scontata. La ricerca evidenzia come

l’importanza di temi come la sostenibilità

dei prodotti e l’impatto produttivo

sull’ambiente siano fondamentali per il

Millennial. Ma soprattutto evidenzia come

non lo siano per la generazione precedente.

• Considerarli pigri, low-workers. È vero,

esistono un sacco di Millennial pigri

e svogliati, come è stato per tutte le

generazioni. Il punto analizzato è diverso

però, composto da una dose di cultura

familiare e sociale (la corrispondenza

sforzo-risultato molto ridimensionata)

e dall’impatto sicuramente legato alla

digitalizzazione e alle possibilità di azione

di conoscenza legate ad essa: non è che i

Millennials non abbiano voglia di lavorare,

è solo che non vogliono fare qualcosa che

non conti, per loro e per l’ambiente che li

circonda.

Non sentirsi nel ruolo adatto, non

sentirsi apprezzati dal proprio capo, non

crescere o crescere a velocità differente

rispetto all’organizzazione, non sentirsi

intellettualmente stimolati nelle attività,

non essere coinvolti, scarsa dinamicità,

vecchi strumenti, niente smartworking…

questi aspetti contribuiscono rapidamente

all’abbandono della nave da parte di questi

nuovi profi li - risorse fondamentali per

LUCA SQUARZONIHead of e-Learning DivisionCegos Italia

le organizzazioni del futuro - che vivono

l’azienda in modo diverso.

It’s okay to feel frustrated. It’s okay to quit

your job. In questa frase esiste tutta la

differenza generazionale che stiamo vivendo,

che sottolinea l’evoluzione darwiniana degli

individui nelle organizzazioni e che determina

il declino dello Yes-Man annunciato in

precedenza, che avrebbe certamente

preferito descrivere i propri simili con

qualcosa del tipo “chi lascia la via vecchia per

quella nuova...”

@theSquarzo

“We do have a sense of entitlement, a sense of ownership, because, after all, this is the world we were born into,

and we are responsible for it”.

Evan Spiegel, CEO Snapchat

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10 2016 #03

inn

ova

tio

n &

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stry

4.0

Quando oggi parliamo di

Millennials e li accostiamo

all’innovazione tecnologica

individuiamo una nuova forma

di produttore-consumatore che viene defi nita

“Autore”. Gli Autori del XXI secolo sono

persone che hanno individuato nel concetto

di Innovazione la loro principale inclinazione,

che si concretizza nello sviluppo di idee

che possono avere un impatto dirompente

all’interno di una specifi ca community di

riferimento.

In questo contesto gli Autori entrano in

contatto tra loro per sviluppare ulteriormente le

proprie idee, con l’obiettivo ultimo di venderle

alle organizzazioni che hanno bisogno proprio

di entrare in contatto con quella specifi ca

community.

Qual è il principale driver che ha generato

la nascita di questi Autori “moderni”?

Sicuramente una specifi ca esigenza da parte

di consumatori facenti parte di una community,

dove un’azienda può intervenire per sviluppare

il suo business. Ma più nello specifi co

l’impossibilità, o quanto meno l’estrema

diffi coltà, da parte delle stesse aziende, di

ragionare fuori dagli schemi tradizionali e,

per il momento, la bassa propensione alla

sperimentazione con l’obiettivo di innovare.

Come ha scritto Clayton Christensen nel

Dilemma dell’innovazione, “Raramente

un’innovazione disruptive ha origine dallo

status quo. I player affermati di un settore

spesso non hanno la struttura adatta o la

preparazione per affrontare una disruption

quando questa si presenta”.

Ecco quindi la quadratura del cerchio:

l’esperienza diretta di un Autore nel provare

a colmare un’esigenza specifi ca, lo porta ad

Gli Autori dell’Innovazione

LUCA GELMETTIInnovation & Industry 4.0 ConsultantCegos Italia

Direi che in questo caso vale al contrario

il famoso detto kennediano “Non cosa un

Millennial può fare per l’Azienda ma cosa

l’Azienda deve fare per i Millennials”.

Sicuramente la prima azione da mettere in

pratica è posizionare il più lontano possibile

i Millennials dallo staus quo aziendale,

con l’obiettivo di favorire la creatività della

generazione Y. Poi è necessario lasciare

i Millennials liberi nell’indagare tutte le

possibili alternative ad un’idea. Solo così

un’organizzazione potrà destabilizzare i propri

concorrenti, perché riuscirà a valorizzare delle

idee che organizzazioni più “statiche” non

riusciranno mai ad immaginare. Non è un

caso che oggi la maggior parte delle piccole

rivoluzioni messe in atto da idee innovative

vengano generate da player che non sono

ancora presenti nel business, ma hanno colto

una grande opportunità: una fra tutte la Google

Car.

inventare, attraverso anche svariati tentativi,

un’idea/soluzione che una volta sviluppata

diventa business. In questi ultimi anni stanno

infatti nascendo una grande quantità di siti

e community (Singularity University è forse

l’esempio più interessante) nei quali Millennials

e non (in un rapporto 80/20) si confrontano e

si aiutano scambievolmente nello sviluppare

idee interessanti da vendere al mercato

dell’IoT.

Quindi questi Autori “seriali” – perché

ovviamente sta diventando una vera e

propria professione – forti della loro capacità

di iniziativa, orientati all’innovazione ed

a tutto quello che ruota attorno all’IoT e

predisposti mentalmente alla sperimentazione

senza paura dei fallimenti (Jeff Bezos

diceva: “Mettere in conto di fallire ti rende

libero”) sono diventati la linfa vitale delle

organizzazioni che vogliono essere sempre

più proattive rispetto alle esigenze della

community di riferimento.

Rispetto a questo scenario vediamo anche

il proliferare di Incubatori, Acceleratori,

Business Angel che prendendo sotto la

propria ala protettrice i Millennnials/Autori,

con l’obiettivo di accorciare e velocizzare il

processo che parte dall’idea, passa da una

start-up, si trasforma in una early stage e

termina il suo percorso diventando un’entità

di business che produce reddito per se stessa

o per un’organizzazione già esistente.

Un ultimo aspetto riguarda come un Millennial

potrebbe sviluppare la professione di Autore

all’interno di un’organizzazione tradizionale.

Gli elementi principali rimangono sicuramente

gli stessi perché è nella natutra di un Millennial

innovare, sperimentare, creare, fallire; il

problema principale è come l’organizzazione

debba gestire la situazione.

“Ogni giorno ci chiediamo – Come possiamo rendere felice questo cliente? Come possiamo farlo proseguendo lungo la strada dell’innovazione? – Ce lo domandiamo perché, altrimenti, lo farà qualcun altro”.

BILL GATES

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112016 #03

AUTONOMOUS LEARNER: is there any point in still having a trainer?

inte

rnat

ion

al

The array of digital tools accessible to

learners is growing. The distinction between

corporate and private applications (Google

Drive, Dropbox and other personal clouds) is

increasingly hazy. The development of BYOD

(Bring Your Own Device), where employees

use their own devices and software at work,

refl ects a similar trend.

Talking pointWhat role can the trainer play in this change? Does the trainer still serve a useful purpose? And if so, what?

What we knowSELF-DIRECTED LEARNING IS A FACT

According to Philippe Carré, author of «Sept piliers de l’auto formation» (Seven Keys to Self-Directed Learning), the learner is both the lead player and the author of his training, and is increasingly autonomous.

HOWEVER MORE AUTONOMOUS DOES NOT MEAN MORE SOLITARY

Learning remains an eminently social process. Philippe Mérieux, a university professor and specialist in educational science, believes that «We always learn on our own but never without others.»

The combination of this social factor and the developments associated with digital technology gave rise to the theory of connectivist learning.

CONNECTIVISM, A LEARNING THEORY FOR THE DIGITAL AGE

Georges Siemens and Stephen Downes are the two leading proponents of connectivist theory. The theory’s main principles are as follows:

Learning happens through connections in networks: these networks link up «nodes», which are sources of information.

The purpose of learning must be to continually obtain up-to-date knowledge.

The connections that enable us to learn more are more important than the sum of knowledge we have at any given moment in time.

Decision-making – which relies on the selection of information - plays an active role in the learning process.

It rests on transient foundations – knowledge is constantly evolving and its useful lifetime has become considerably shorter.

Learning happens in a nebulous environment whose elements are constantly shifting - it is not always under the individual’s control.

Learning may reside not in humans but in a database.

The most important abilities are:

• to be able to distinguish the really important information from what is less important;

• to recognise when new information invalidates the frame of reference that used to guide decision-making;

• to look after and maintain the connections in networks.

This is very different to a behaviourist approach, in which the trainer is the only person to hold knowledge and imposes his expertise and his learning pace on the learners.

What we think about itTrainers are more important than ever in learning programmes, but they must:

Accept that they will no longer be the sole source of knowledge.

Take into account the fact that knowledge acquisition will increasingly occur outside synchronous/classroom times, in a «fl ipped classroom» arrangement, so that synchronous times can be used for applying what has been learnt, interacting, and solving concrete problems.

Broaden their range of digital technology in order to address learners who have broadened theirs.

Change his temporal paradigm: the learners’ training will no longer be confi ned to the two days spent with the trainer, but will be a much longer process, in which the trainer can continue to play a role.

Promote and sustain personal knowledge management by trying to make their learners as autonomous as possible so that they can manage on their own.

NEW SKILLS TO DEVELOP

To fi t in with these changes in society and technology, trainers today must be:

More perceptive of psychological aspects: they must be able to provide situational support and adapt to each learner (not only in the group dynamics).

Humbler: sometimes the learners will be better informed than their trainer. Trainers must be able to take a critical look at themselves and welcome what the group can contribute.

More digitally aware: trainers must know how to use digital tools and tap into their potential to up-date some of their practices and successfully blend digital technology and classroom training.

More aware of what is going on out there: trainers should monitor and curate the latest developments. They need to be very organised and thorough in their monitoring, then share the results with their learners (blogs, Scoop.it, etc.).

More concerned about marketing: trainers should make the effort to develop their personal brand. Be not only competent but «visible». There is a natural tendency to select «star» trainers. Which is why trainers should be increasingly meticulous about their «personal branding».

“ We always learn on our own but never without others.”

Philippe Mérieux University professor and

specialist in educational science

from Innovation Handbook, Cegos, 2016

4’

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cegos.it

B E Y O N D K N O W L E D G E

follow us

ORIZZONTALE02. È una delle prime cose che le nuove generazioni

non amano molto al lavoro

05. È il... burn che la generazione Z non accetta

08. È stata una generazione che ha fatto molto parlare di

sé, anche per gli scrittori che la rappresentavano

09. Termine inglese che indica la scomparsa della

demarcazione tra vita professionale e vita privata

12. Le giovani generazioni lo vorrebbero cambiare

veramente

13. È l’altro nome con cui viene identifi cata la Generazione K

14. È il nome alternativo che viene dato alla Generazione Y

16. Sarebbero da abbattere per evitare inutili scontri tra

generazioni

18. Titolo di un interessante libro del critico letterario

Filippo La Porta, che dipinge le nuove generazioni in

bilico tra alienazione e nuove possibilità di cooperazione,

scambio e condivisione

VERTICALE01. Sembra essere il Paese preferito dalle giovani

generazioni

03. Per le giovani generazioni è da stimolare continuamente

04. Quello americano non è più attrattivo per la

Generazione Z

06. Secondo una ricerca italiana è ciò che i ragazzi

preferiscono in un fi lm

07. Lo Stephen che ha scritto una bel libro sugli adolescenti

dal titolo ‘Noi siamo infi nito’

10. Sottogenere di romanzo nel quale il protagonista rifi uta

la maturità o la formazione

11. Si defi nisce ‘generazionale’ quando i padri lasciano ai

fi gli il timone aziendale

15. Rapper italiano che canta la generazione ‘bho’

17. Vengono usate molto dai giovanissimi per comunicare

le proprie emozioni

Le soluzioni sul prossimo numero!

Come gestire 5 generazioni in azienda

Un saggio sulla convivenza, non sempre facile, delle diverse generazioni in azienda. Un’indagine rigorosa su com’è cambiato il nostro mondo del lavoro e su come approcciarlo per trasformare un momento di crisi mondiale in un futuro di grande opportunità.

di I. Pierantoni, GiveMeAChance, 2015

S-Age Management. Gestire con saggezza generazioni diverse

Allungamento della speranza di vita, immigrazione, rapporto contraddittorio tra natalità e mortalità nei vari paesi e continenti: le ripercussioni del cambiamento demografi co all’interno dei processi produttivi trascinano con sé i grandi temi dell’occupazione, della riforma dei sistemi previdenziali, dell’invecchiamento attivo, dell’apprendimento durante tutto l’arco della vita. Obiettivo del libro è di esaminare i mutamenti enfatizzati in azienda dal contesto esterno e approfondire possibili interpretazioni e approcci in grado di fornire indicazioni sull’evoluzione nella gestione dell’organizzazione e delle persone che ne fanno parte.

di T. Botteri, EGEA, 2012

Not Everyone Gets s Trophy: How to Manage the Millennials

The culmination of over two decades of research, this book provides employers with a practical framework for engaging, developing, and retaining the new generation of employees. This new revised and updated edition expands the discussion to include the new ‘second-wave’ Millennials, those Tulgan refers to as ‘Generation Z,’ and explores the ways in which these methods and tactics are becoming increasingly critical in the face of the profoundly changing global workforce.

di B. Tulgan, Jossey-Bass Inc Pub, 2016

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Quali temi vorresti approfondire nei prossimi numeri? Dicci la tua: scrivi al direttore! [email protected] @licia_lanza

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