learning future - cegos · cambiare lavoro: se manca il valore manca l’engagement e quindi si...
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Learning Future by Anno 2 | n. 3 | 2016
pag. 8
innovation & industry 4.0
Gli Autori dell’Innovazione
pag. 2
pag. 4 pag. 5
Millennials: rumors, myths & legends
focus
Tutti i contenuti di questo
numero e dei precedenti
su cegos.it
editoriale
pag. 6-7
pag. 3
Le nuove generazioni: caratteristiche, lifestyle e rapporto con il lavoro
spunti e appunti
inside out
pag. 9
È tempo di ricominciare!
e-trends
Millennials e mondo del lavoro
Chi sono e cosa vogliono i Millennials?
Corsi di formazione Best Seller e Best Seller Plus ottobre/novembre/dicembre
LEARNINGLEARNINGF U T U R EF U T U R E T
OU
R
#2016
Quale evento scegli?
pag. 10
Millennial vs Yes-Man
Una nuova forma di produttore-consumatore
pag. 11
international
AUTONOMOUS LEARNER: is there any point in still having a trainer?from Innovation Handbook, Cegos, 2016
2 2016 #03
Se i giovani d’oggi valgono
poco, gli anziani cosa ci
hanno lasciato?”: inizia così
la canzone degli Ex-Otago,
un gruppo musicale genovese non ancora
noto ai più, ma abbastanza in voga tra i
giovani. Il ricambio generazionale porta
con sé turbolenze, ed è così ogni volta che
ad esso si associa un “ampliamento della
conoscenza” che porta con sé una diversa
considerazione del concetto di “limite”.
In questo caso è stato il digitale a
determinare la “discontinuità” e quindi lo
stato di trasformazione sociale. Perché mai
l’ambiente di lavoro dovrebbe restare immune
da tale trasformazione sociale? Con il digitale
il mondo è più vicino. Si attenua il confi ne
tra il noto e l’ignoto. Si attenuano i confi ni in
generale ed anche quello tra vita e lavoro.
La generazione precedente aveva capito
che per gestire lo stress e stabilire un
equilibrio work-life, poteva essere utile
vivere a “compartimenti stagni”: in una
parte della vita si cerca di smaltire lo stress
accumulato nell’altra. Sbiadire il confi ne
signifi ca confondere le due sfere e imparare
nuovamente come si può e si deve saper
costantemente accumulare e smaltire, ma
soprattutto, accumulare meno per smaltire
meno.
Aumentare la soddisfazione lavorativa
signifi ca svolgere un lavoro che abbia un
senso, cioè un valore che non sia legato solo
al ruolo, al job title o allo stipendio. Missione,
Visione e Valori dell’azienda rivestono
maggiore importanza per un Millennial che
non per le precedenti generazioni.
Si affi evoliscono anche i confi ni relativi
all’orario di lavoro: un Millennial può arrivare
in uffi cio mezz’ora in ritardo e rispondere
a una mail alle 10 di sera. Commitment
verso l’obiettivo (legato al valore del lavoro
svolto) piuttosto che verso la regola. Per
questo motivo i Millennials sono più inclini a
cambiare lavoro: se manca il valore manca
l’engagement e quindi si cerca altrove. Vale
la pena di affrontare il disagio derivante dal
cambiamento per fare qualcosa in cui si
crede.
I social network e gli strumenti di
messaggistica hanno completamente
trasformato il concetto di relazione. Dal
discontinuo al continuo. Non c’è più ON/OFF.
ed
ito
ria
le
EMANUELE CASTELLANIAmministratore Delegato Cegos Italia
In qualsiasi momento, chiunque appartenga
alla mia rete di relazioni può postare un fi le
al quale potrò accedere non appena potrò
o vorrò. La facilità con cui si tiene viva una
relazione è anch’essa sconvolgente, al punto
che oggi è normale avere migliaia di contatti
ed è abituale comunicare one-to-many
piuttosto che one-to-one.
Anche la relazione capo-collaboratore
deve svolgersi nel “continuo” e non nel
“discontinuo”. Va bene la performance review
annuale, ma è giudicata soddisfacente se
frequente e poco formale. E non è solo
una questione di confronto, ma anche
di accessibilità. La porta aperta indica
la disponibilità ad un confronto costante
e bidirezionale: il tutoraggio può essere
reversibile o double-face.
Persino il tempo è percepito diversamente e
quindi la sua gestione diventa più che mai un
fattore critico. Il concetto di effective meeting,
ad esempio, è molto cambiato. Oggi la parola
“effective” è legata anche alla frequenza e
durata della riunione e non solo alla scelta
dei contenuti, alla gestione dell’agenda e
alla defi nizione dell’action plan conclusivo. In
molte aziende ormai si svolgono riunioni in
piedi, che durano al massimo un’ora.
I Millennials hanno il mondo in mano
perché hanno la padronanza di un tipo di
informazione sconosciuta alle generazioni
precedenti. Vent’anni fa si diceva “vorrei
leggere due o tre quotidiani al giorno…”, oggi
l’accesso all’informazione è completamente
diverso: propensione e capacità di
acquisire, gestire, elaborare e memorizzare
le informazioni. Ieri era il TG delle 20 che
aveva in parte mangiato il quotidiano, oggi
è il tweet istantaneo che sta mangiando
il TG, con la differenza che le fonti sono
infi nite e sconosciute – questione che apre il
tema di elaborazione, valutazione, verifi ca e
approfondimento delle informazioni stesse.
Mancando spesso l’intermediazione del
giornalista, da un lato si riduce il rischio
di manipolazione, dall’altro ci si espone al
rischio di disorientamento.
La radio sta nuovamente riconquistando il
terreno perduto a scapito della TV. Mi sforzo
di interpretare questo aspetto… la radio
realizza il sogno del multitasking. Può essere
ascoltata anche mentre si fanno altre cose.
Ed ecco che sul luogo di lavoro compaiono
le cuffi e per ascoltare musica mentre si
Direttore ResponsabileLicia Lanza - [email protected]
Direzione e RedazioneCentro Direzionale MilanoFiori, Strada 1, Pal F320090 Assago (MI)
Grafi ca e StampaLaser Grafi ca Digital S.r.l.Via Nazionale dei Giovi, 45 B - 20811 Cesano Maderno (MB)
Anno 2 | n. 3 | 2016
Registrazione del Tribunale di Milano n. 44 del 25/02/2015
svolgono lavori ripetitivi, gli smartphone sono
collocati accanto allo schermo aziendale
perché con la mano destra si risponde
al telefono mentre si legge una mail, e
contemporaneamente si sorride guardando
nello smartphone personale l’ultima foto
postata da un amico che in quel momento è
in vacanza.
I Millennials hanno il mondo in mano dicevo
e, soprattutto in tanti Paesi del mondo ormai
a crescita stagnante, hanno la possibilità di
determinare un’inversione di rotta. Detto ciò,
poi, ci sono anche i giovani che valgono poco
e tanti anziani che hanno lasciato davvero
molto. Ahimé questi giovani che valgono
poco hanno molte più possibilità ed opzioni
per nascondersi nelle pieghe della società,
e diventare tra cinquant’anni un anziano che
non ha lasciato niente.
Coordinamento e diff usione editoriale Addressvitt S.r.l.
Learning Future by
@Ecastellani
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32016 #03
Molto si è detto e scritto su
questo tema che – a volte –
sembra ci sia quasi scoppiato
tra le mani, come fosse in parte
inaspettato. Ma è stata l’accelerazione dei
grandi cambiamenti tecnologici, sociali ed
economici a dargli una brusca impennata.
La logica di completezza imporrebbe di
affrontare l’argomento su più piani, ad
esempio:
• i più importanti aspetti caratterizzanti delle
nuove generazioni: come sono, cosa
preferiscono, come si relazionano
• come interfacciarsi con loro
• come gestirle e che tipo di rapporto hanno
con il lavoro
• qual è il punto di equilibrio tra la fl essibilità
dell’organizzazione nei loro confronti e
viceversa
Il piatto è ricco e articolato se pensiamo
che ormai alle generazioni Y e Z, si sta
aggiungendo un’ulteriore fascia chiamata K
(vedi box).
Senza voler cadere negli stereotipi abituali
per i quali la generazione Y (Millennials) è
cresciuta con internet e i pc portatili, mentre
la generazione Z con i touch screen e
internet mobile, potremmo affermare che la
Z è una generazione Y versione 2.0 che però
non farà tanto parlare di sé e non produrrà
l’ampia letteratura che si è occupata dei
Millennials.
La generazione Y, nata indicativamente tra
il 1980 e il 1995, chiede un cambiamento
dei paradigmi gestionali nei propri confronti
come ad esempio:
• il rapporto con il tempo: i giovani Y
tendono a vivere nell’immediatezza e
richiedono feedback rapidi
• la trasparenza: è una generazione che vuole
sapere e capire
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TIZIANO BOTTERIHR, Competences & Training Director Cegos Italia
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ett
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pe
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ire
@tiziano_botteri
• la legittimità: i Millennials non credono
all’avanzamento di carriera per anzianità o
per tecnicità e riconoscono nel proprio capo
le competenze prima di tutto manageriali
• la valutazione verso il loro manager: la
trovano normale e, in certi casi, la esigono
• la fl essibilità: detestano la rigidità e
apprezzano lo smart working
• il reverse mentoring: serve a sviluppare la
fi ducia tra le generazioni perché permette
agli Y di trasferire certe capacità ai senior
La generazione Z (detta anche iGen o Post-
Millennials) viene collocata in termini temporali
tra il 1995 e il 2010, giacché attualmente si
reputa che ogni 12/15 anni vi sia un salto
generazionale. Considerata, come accennato,
da qualche studioso come un’estensione
della Y, la Z tende a marcare ancor di più
alcuni aspetti di quest’ultima:
• l’orrore degli orari: troverete su qualche blog
anglosassone l’immagine un po’ truculenta
che dice “9-5 is dead”; la classica giornata
dalle 9 alle 17, con orario più o meno
continuato, è morta e sepolta
• il “blurring” e il “bleisure”: termini inglesi che
identifi cano il primo la scomparsa di una
frontiera precisa tra vita professionale e
privata, il secondo la conciliazione sempre
più ricercata tra il lavoro e le attività piacevoli
• le “micro-leisure”: di conseguenza emerge
in modo più netto l’orientamento alle pause
brevi e frequenti, sia per consentirsi una
rapida distrazione e allentare l’attenzione,
sia per confronti faccia a faccia, sia (e
forse soprattutto) per parlare – tramite i
social – con persone del proprio network e
con amici, per rispondere alle proprie mail,
per fare acquisti online, per prenotare un
weekend
Ma i ragazzi Z sono i portavoce di uno stile di
vita che guarda con una certa circospezione il
mondo delle imprese.
Questa generazione sembra preferire la
creatività e la co-costruzione, enfatizza le
immagini che vengono condivise insieme a
scritti brevissimi e chiari per far passare prima
di tutto certe emozioni (qualcuno chiama
questo fenomeno “snacking”). Negli Stati Uniti
si stanno diffondendo il DIY (do it yourself)
per il piacere di realizzare qualcosa in totale
autonomia e i “food trucks”, camion-ristoranti
che si trovano presso i mercati o nei raduni
all’aria aperta.
Se dovessimo rimanere in un perimetro
organizzativo, non sarebbe male adottare il
seguente slogan per capire meglio il confi ne
tra le generazioni Y e Z: il rappresentante
della generazione Y è imprenditore della sua
vita professionale, quello della generazione Z
vuole esserlo della sua vita personale e della
sua formazione.
Le nuove generazioni: caratteristiche, lifestyle e rapporto con il lavoro
La generazione K
Contraddicendo alla regola per la quale
oggi nasce una generazione differente ogni
12/15 anni circa e quindi introducendo
l’idea che questo lasso di tempo si sta
accorciando, l’economista britannica di
fama internazionale Noreena Hertz ha
recentemente parlato dell’apparizione di
una nuova generazione, denominata K
perché ispirata direttamente al personaggio
di Katniss Everdeen, l’eroina della saga
“Hunger Games” immortalata al cinema da
Jennifer Lawrence (anno di nascita 1990).
La Hertz, che ha sviluppato questo
concetto attraverso un’inchiesta pubblicata
dal Guardian nel marzo del 2016, sembra
in parte sostituire la denominazione Z con
K, in parte per garantire una continuità ai
nomi generazionali, considerando la K la
fascia più recente della Z, quindi indicando
i nati nel nuovo millennio.
Ma quali sono le caratteristiche dei
giovanissimi K? Sono coloro che hanno
assorbito fi n da piccoli l’austerità,
l’estremismo islamico, il terrorismo, i timori
per il cambiamento climatico. Hanno visto
i loro genitori perdere il lavoro e le loro
paure non sono quelle che da sempre
ricolleghiamo alla classica adolescenza.
È una generazione disincantata che fa
fatica a credere alla meritocrazia, che
pensa che il proprio avvenire sia molto
legato al colore della pelle, alla situazione
economica e all’importanza sociale dei
genitori.
Se il biberon dei ragazzi K è stato lo
smartphone, non paiono dimostrarsi
egoisti e credono che aiutare gli altri sia
importante. Non vedono certamente
il futuro dipinto di rosa, ma vogliono
agire: per la Hertz la generazione K sarà
costellata da gente che creerà e inventerà
molte cose.
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focu
s
Gli stereotipi sono una
semplifi cazione della realtà,
spesso funzionali alla creazione
di relazioni basate sulla chiusura
e la strumentalizzazione. Lo stereotipo non si
basa su una conoscenza di tipo scientifi co ma
spesso la millanta, proprio per nascondere una
valutazione reifi cante dell’altro. Gli stereotipi,
secondo Manfred Beller, si presentano in due
forme: “una fi gurativa, relativa a ciò che è
fi ssato o ripetuto in una forma stabile, inerte,
priva di apporti innovativi, convenzionale e
precostituita e una linguistica relativa a quelle
parole o locuzioni entrate nell’uso e fi ssatesi in
Millennials: rumors, myths & legends
ALESSANDRO REATIPractice Business Leader Cegos Italia
Myth 1: Millennials’ career goals and expectations are different from those of older generations
Fact: Millennials place much the same weight on many of the same career goals as older employees do.
Myth 2: Millennials want constant acclaim and think everyone on the team should get a trophy
Fact: Millennials want a manager who’s ethical and fair. They think it’s less important to have a boss who recognizes their accomplishments.
Myth 3: Millennials are digital addicts who want to do everything online Fact: Millennials’ top three preferences for learning new skills at work are physical not virtual.
Myth 4: Millennials, unlike their older colleagues, can’t make a decision without fi rst inviting everyone to weigh in
Fact: Gen X - even more than Millennials - believes in soliciting lots of opinions.
Myth 5: Millennials are more likely than others to jump ship if a job doesn’t fulfi ll their passions
Fact: Employees of each generation share thesame reasons for changing jobs. Top reason: More money and a more creative workplace.
Myth 1: Millennials are more collaborative than competitive
Myth Busted: Millennials are actually more competitive than other generations. They are more driven by relative performance than absolute performance.
Myth 2: Millennials rely on their peers to get work done
Myth Busted: Millennials are more connected outside of work than non-Millennials, but their internal networks are actually slightly smaller than those of non-Millennials. More important, Millennials don’t make suffi cient use of their peers at work. They have the connections, but they don’t trust peers’ input.
Myth 3: Millennials want to organization hop
Myth Busted: Millennials want to experience hop, not organization hop. It just happens that Millennials look externally for these opportunities more than non-Millennials. They are though just as willing as non-Millennials to look for these opportunities internally.
La differenza sostanziale tra i Millennials e
le generazioni precedenti sembra essere la
“digital profi ciency”, che deriva dall’essere
cresciuti direttamente immersi nelle
“non più nuove” tecnologie. Per quanto
riguarda gli obiettivi di carriera, il grado di
coinvolgimento aziendale e le preferenze
verso specifi ci stili di leadership sembra
exaggerations and uncomfortable truths. The
real story behind Millennials in the workplace”.
Ancora più interessante quanto evidenziato
da IBM nel suo report del 2015 “Myths,
una data forma ripetuta in modo meccanico
fi no a banalizzarla”.
In questo momento storico il concetto di
Millennials, nato con una piena rispettabilità
sociologica, rischia di trasformarsi in una
semplifi cazione improduttiva o perniciosa.
Per chi si occupa di gestione e sviluppo delle
risorse umane può allora essere utile riprendere
alcune generalizzazioni e demistifi carle.
Iniziamo ricordando che la creazione del
termine è ampiamente accreditata a William
Strauss e Neil Howe. Nel 1987 avviarono le
loro rifl essioni considerando le implicazioni
dell’inserimento nell’ambiente scolastico dei
nati nel 1982. Successivamente (1991 e 2000)
scrissero altri contributi, sempre fortemente
collegati al tema dell’educazione di questa
generazione. I Millennials ora sono a pieno titolo
inseriti nelle organizzazioni e lungo è l’elenco
delle ricerche e degli articoli divulgativi a loro
dedicati, purtroppo spesso imprecisi e vaghi o,
al contrario, mitizzanti. Ci sono però stati anche
alcuni validi tentativi di contenere le distorsioni.
Ecco una sintesi di quanto è stato proposto da
CEB nel 2014:
che non si presentino differenze sostanziali.
Questa situazione dovrebbe spingerci allora
non a immaginare nuovi modelli gestionali
dedicati specifi catamente alla nuova
generazione, ma a valutare quanto stiamo
concretamente gestendo in maniera integrate,
diversity focused e costruttiva la popolazione
complessiva delle nostre organizzazioni.
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più interessanti, infatti, è la totale differenza
tra la percezione che i manager hanno dei
Millennials e quella che i Millennials hanno di
se stessi. I primi spesso giudicano i giovani
superfi ciali: poco interessati al lavoro, diffi cili
da riprendere per comportamenti sbagliati,
facili a lasciare il posto di lavoro, ritardatari,
con una ricerca di riconoscimento giusto
per il gusto di mostrarlo. I Millennials invece
pensano che il lavoro non defi nisca la loro
persona, si sentono troppo controllati,
vorrebbero capi più amichevoli nella
relazione, capaci di dare una direzione e
pensano di avere idee molto valide, a volte
migliori di quelle dei colleghi più anziani.
Come aiutare i manager ad affrontare le
sfi de della gestione di una generazione cosi
differente dalle altre? Da dove si parte?
Primo elemento: la VISIONE, aiutandoli
a vedere le cose in modo differente. I
Millennials amano fare domande, sono
spesso persone brillanti, ma mancano di
esperienza di vita o lavoro. Hanno bisogno di
più informazioni per comprendere meglio le
cose. Tre competenze che li possono aiutare
sono: mostrargli il quadro complessivo della
loro attività, fare in modo che si interessino
alle cose che fanno, dare più dettagli
possibili.
Secondo elemento: la COMUNICAZIONE,
con focus sull’ascolto. I Millennials sono
cresciuti in un mondo dove la comunicazione
è un fl usso continuo (social, blog, chat, etc.)
e i manager dovrebbero vederla come una
grande opportunità. Le tre competenze da
utilizzare in questo caso sono: costruire
un relazione vera invece di trattarli
come subordinati, sottolineare le aree di
MARIO DE LUCAFranklinCovey Division Director
miglioramento in modo positivo, non mettere
mai le cose su un piano personale.
Terzo ed ultimo: ADATTARSI, giocando con
i loro punti di forza. Considerare questa
una generazione che non accetterà i
classici ruoli lavorativi ed adattarsi ai loro
punti di forza e debolezza potrà fare la
differenza tra la capacità di gestire persone
motivate o continuare a spendere soldi
per il loro replacement. Le tre competenze
da considerare in questo caso sono:
utilizzare la loro immaginazione per risolvere
problemi e situazioni di lavoro, dare i giusti
riconoscimenti, essere fl essibili.
La gestione di una generazione cosi ricca
di complessità e contraddizioni è per i
manager di oggi una nuova sfi da: sarà la loro
formazione a fare la differenza.
insi
de
ou
t
@madeluc
C’è una ragione precisa per
cui i Millennials sono oggi al
centro dell’attenzione: la loro
infl uenza è destinata a crescere
in modo esponenziale. Nel 2010 il 23%
della popolazione era composta da Baby
Boomers, mentre i Millennials erano già
arrivati al 42%. Nel 2015 la loro percentuale
è cresciuta ulteriormente per un valore pari
al 47,2% della forza lavoro a livello mondiale.
Le aziende guardano con attenzione a
questa generazione per un fatto ovvio: la
dimensione.
Come tutte le generazioni anche quella dei
Millennials ha dei tratti distintivi: cresciuta
in un contesto altamente tecnologico e in
un backgroung familiare spesso variegato
– dalla famiglia tradizionale a quella con un
solo genitore che il più delle volte ha un/a
nuovo compagno/a – è la generazione più
curata e coccolata di sempre, con padri
che spendono molto più tempo con i propri
fi gli rispetto al passato. Una generazione
realmente globale, grazie allo stretto
rapporto con la tecnologia e alla presenza,
sempre in crescita, di diverse etnie e culture.
Per il mercato del lavoro, la loro importanza
si basa su un elemento preciso: il
pensionamento di massa dei Baby
Boomers dovrà trovare nei Millennials i loro
sostituti naturali e questo richiederà alle
organizzazioni l’individuazione di strumenti
corretti per attrarre, sviluppare e trattenere i
loro giovani assunti.
A livello formativo, oltre che ai Millennials
è indispensabile pensare ai loro manager,
che devono gestire una generazione così
differente da quelle passate. Uno dei punti
Managing Millennials3’
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È tempo di ricominciare!
STRATEGY & LEADERSHIP giorni ott nov dic
1.2.2 La leadership per capi e quadri aziendali 2
13-14 10-11 15-16
17-18 24-25
20-21 28-29
1.2.1 Capi di nuova nomina 2
6-7 3-4
10-11 7-8
17-18 7-8
10-11
MANAGEMENT & COACHING giorni ott nov dic
1.2.3 La gestione quotidiana dei collaboratori 3
5-7 2-4
24-26 2-4
26-28 7-9
9-11
10.1.1 Capo in Produzione 3
5-7 2-4 12-14
12-14 9-11
17-19 16-18
26-28
1.3.19 Saper trattare con tutte le persone 210-11 10-11
17-18 21-22
3.1.1 Il ruolo dell’Assistente di Direzione 220-21 21-22
27-28 24-25
PERSONAL DEVELOPMENT & EFFECTIVENESS giorni ott nov dic
1.1.4 Time Management: la gestione ottimale delle attività 2
10-11 3-4 15-16
17-18 10-11
27-28 17-18
28-29
1.2.1 Capi di nuova nomina 2
6-7 3-4
10-11 7-8
17-18 7-8
10-11
1.1.14 Problem solving for prefessionals 114 11 12
4
1.3.5 Tecniche di assertività 2
3-4 7-8 12-13
10-11 14-15
13-14 17-18
1.3.1 Parlare in pubblico 2
6-7 7-8 12-13
10-11 10-11
13-14 17-18
27-28 24-25
28-29
1.3.18 Stili di comunicazione interpersonale 217-18 10-11
20-21 24-25
1.3.19 Saper trattare con tutte le persone 210-11 10-11
17-18 21-22
PROJECT MANAGEMENT giorni ott nov dic
11.2.3 Formazione pratica al Project Management 3
5-7 2-4 14-16
12-14 9-11
17-19 16-18
19-21
1.1.4 Time Management: la gestione ottimale delle attività 2
10-11 3-4 15-16
17-18 10-11
27-28 17-18
28-29
Corsi di formazione Best Seller e Best Seller Plus ottobre/novembre/dicembre
In tema di formazione i Millennials
sembrano avere le idee piuttosto
chiare: acquisire competenze oggi per
crescere domani. Quanto chiedono ad
un’azienda, per valutarne un’offerta di lavoro o, se
già assunti, per decidere di rimanerci, è che li doti di
skill non solo fruibili nell’immediato, ma soprattutto
utili per fare carriera. Anche altrove.
E se i progetti formativi che interessano l’intera
popolazione aziendale sono sicuramente molto
apprezzati dai Millennials, lo è ancora di più la
possibilità di partecipare ad un corso esterno,
poiché vissuto come un investimento su di sè prima
che per l’azienda.
Occasioni per frequentare in autunno corsi
intercompany non mancheranno con Cegos, grazie
alle oltre 680 edizioni disponibili – tra Milano e le
altre sedi – con una forte concentrazione nei mesi
di ottobre e novembre, storicamente i più “caldi”
per la formazione in Italia. Numeriche a parte,
ampia sarà come sempre la proposta dei seminari
in termini di aree tematiche trattate – competenze
soft e manageriali, ma anche Acquisti, Vendite,
Marketing, Finanza, etc. – e di obiettivi perseguiti:
fornire i fondamenti a chi debba acquisire un nuovo
ruolo, approfondire verticalmente alcuni argomenti
oppure sviluppare competenze trasversali spendibili
in qualsiasi funzione (e in qualsiasi azienda… ).
In autunno le aule di Cegos si tingeranno anche
di nuove tecnologie: la didattica di una serie di
corsi – non a caso, quelli rivolti al target young
– sarà supportata dall’utilizzo in classe, da
parte di ciascun partecipante, di un tablet. Sarà
così possibile disporre dei materiali utilizzati dal
docente per le lezioni teoriche e le esercitazioni
(sempre preponderanti), fruire di contenuti
formativi aggiuntivi, ma anche prendere appunti
e personalizzare i documenti multimediali, per
portarli poi con sé. E metterli all’interno del proprio
“bagaglio”.
EMANUELA PIGNATAROOpen Courses Division Director Cegos Italia
72016 #03
HR & ORGANIZATION giorni ott nov dic
2.1.30 La comunicazione interna 217-18 14-1520-21 17-18
15.1.1 Analista di organizzazione 310-12 23-2526-28 30-2
2.3.11 Training Manager: il ruolo del responsabile della formazione 3
10-12 28-3012-1426-28
2.1.2 Il colloquio di selezione - tecniche di intervista 26-7 10-11 15-16
24-25 17-18
2.1.6 La gestione del personale: obblighi legali e amministrativi 319-21 21-2326-28 28-30
2.1.7 Come pianifi care il budget del personale 2
3-4 14-15 12-133-4 17-186-7 21-22
26-27 28-29
2.2.2 Il payroll: paghe e contributi 4+4
20-23 sett. 8-11 13-1618-21 ott. 15-1813-16 sett. 29-211-14 ott.27-30 sett.25-28 ott.
FINANCE & LEGAL giorni ott nov dic
6.1.10 Gestione della tesoreria - base 2
13-14 7-8 15-16
10-11
28-29
6.1.2 Gestione della tesoreria - avanzato 35-7 16-18
12-14 23-25
6.1.1 Fondamenti di fi nanza aziendale per non specialisti 3
5-7 2-4 19-21
12-14 9-11
26-28
6.2.4 Budget e controllo di gestione per non specialisti 3
5-7 7-9 12-14
12-14 14-16
19-21 23-25
28-30
6.1.13 Come leggere il bilancio d’esercizio 2
10-11 9-10 1-2
17-18 16-17
26-27
6.2.5 Controllo di gestione - base 3
5-7 7-9
19-21 21-23
26-28
6.2.3 Controllo di gestione - avanzato 3
3-5 9-11 14-16
5-7 16-18
10-12
19-21
26-28
6.2.4 Budget e controllo di gestione per non specialisti 3
5-7 7-9 12-14
12-14 14-16
19-21 23-25
28-30
6.2.16 Controllo di gestione della produzione 213-14 3-4
17-18
6.3.1 Contabilità - base 3
12-14 9-11 14-16
19-21 16-18
30-2
6.3.51 IAS/IFRS - principi contabili internazionali 2
13-14 10-11
17-18 14-15
24-25
6.1.13 Come leggere il bilancio d’esercizio
10-11 9-10 1-2
2 17-18 16-17
26-27
6.3.11 IVA - corso base 3
5-7 2-4
10-12 23-25
24-26
6.3.16 Dal bilancio al carico fi scale 3
10-12 14-16
16-18
28-30
6.3.54 Operazioni doganali 2
7-8 15-16
24-25
28-29
2.1.6La gestione del personale: obblighi legali e amministrativi
319-21 21-23
26-28 28-30
8.1.4 Gli aspetti legali connessi agli acquisti 3
19-21 9-11 12-14
24-26 16-18 14-16
26-28 23-25
I colori delle date si riferiscono a Milano - Roma - Bologna - Torino - Padova
SALES & MARKETING giorni ott nov dic
4.1.51 Area Manager si diventa! 3
3-5 9-11 12-14
12-14 14-16
19-21 16-18
24-26
26-28
4.1.4Formazione pratica di base per Venditori e Tecnici Commerciali
3
3-5 9-11 14-16
12-14 14-16
19-21 16-18
23-25
28-30
4.1.5 Tecniche avanzate di vendita 210-11 7-8 19-20
13-14 10-11
4.1.33 La negoziazione commerciale 2
6-7 14-15
21-22
21-22
4.1.43 Key account management: vendere ai clienti strategici 326-28 2-4 14-16
9-11
4.2.1 Fondamenti di marketing 3
26-28 9-11 14-16
16-18
21-23
4.2.4 Product Manager & Brand Manager 3
3-5 9-11
5-7 14-16
17-19 16-18
19-21 21-23
23-25
4.2.37 Communication Manager 3
10-12 14-16
17-19 28-30
26-28
OPERATIONS giorni ott nov dic
8.1.2 Buyer effi cace 3
5-7 7-9 12-14
10-12 9-11 19-21
12-14 16-18
19-21 23-25
26-28
8.1.3 Trattativa d’acquisto 2
13-14 7-8
17-18 7-8
21-22
8.1.20 Tecniche avanzate di negoziazione d’acquisto 2
3-4 10-11
27-28 14-15
28-29
8.1.4 Gli aspetti legali connessi agli acquisti 3
19-21 9-11 12-14
24-26 16-18 14-16
26-28 23-25
6.3.54 Operazioni doganali 2
7-8 15-16
24-25
28-29
10.1.1 Capo in Produzione 3
5-7 2-4 12-14
12-14 9-11
17-19 16-18
26-28
6.2.16 Controllo di gestione della produzione 213-14 3-4
17-18
10.1.3 Pianifi cazione e programmazione della produzione 3
5-7 16-18 14-16
24-26 28-30
26-28
10.1.4 Tempi e metodi per Analisti di Produzione 312-14 7-9
17-19 21-23
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8 2016 #03
LEARNINGLEARNINGF U T U R EF U T U R E T
OU
R
#2016
Quali sono i nuovi trend del mercato?
Quale strada stanno percorrendo le aziende di successo?
Siamo pronti a cavalcare il cambiamento e ad aff rontare le nuove sfi de che quotidianamente incontriamo e incontreremo?
Learning Future Tour è l’occasione per esplorare i temi del momento, per confrontarsi sulla propria esperienza e condividere nuove idee, per fare networking e prepararsi ad affrontare le proprie sfide professionali.
Gli appuntamenti, gratuiti, sono caratterizzati da un taglio fortemente operativo e pragmatico, con l’obiettivo di fornire spunti e strumenti per lo sviluppo del business.
Human Resources Human Resources
Il ROI della FormazioneI differenti modi di affrontare il ROI della formazione, per avere dati utili in quella che potremmo chiamare la “balance score card” della formazione.
Milano, 11 ottobre | Roma, 20 ottobre
New Millennium GenerationQuali sfide porteranno le nuove generazioni nelle nostre organizzazioni? Saremo in grado di ripensare concretamente change management e diversity management, innovando il modo di fare business?
Milano, 21 settembre | Roma, 27 settembre
e-trends
A Learning ExperienceWebTools, soluzioni digitali e dispositivi virtuali possono essere affiancati efficacemente ad una solita formazione classica: cosa comportano questi nuovi innesti nella progettazione di un percorso? Come potrebbe cambiare la figura del formatore, così come la conosciamo? Nel secondo decennio del nuovo millennio, cosa significa formarsi?
Roma, 9 novembre | Milano, 17 novembre
Scegli il tuo evento e registrati subito:
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92016 #03
Millennial vs Yes-Mane
-tre
nd
s Spesso, nell’ultimo paio
d’anni, l’attività di consulenza
nelle organizzazioni nel
campo della formazione ha
portato alla nostra attenzione la diffusa
corrispondenza “giovani-digitale”. Diffi cile
da smentire mentre ci si confronta, proprio
perché prevalentemente vera: i ragazzi più
giovani, cresciuti con/grazie/nonostante la
rivoluzione digitale, sono decisamente più
pronti ad affrontare ogni passo della propria
vita attraverso il supporto dei più innovativi
dispositivi digitali ed attraverso un metodo di
pensiero web-oriented, che faticosamente
viene invece imparato (con successo non
garantito) da coloro che questa rivoluzione
l’hanno dovuta deglutire obbligatoriamente,
affrontando così un processo di
cambiamento quotidiano e radicale.
Questo è certamente il primo passaggio.
Quello più immediato e basilare da
osservare, dentro e fuori dall’azienda;
ciò che è ancora più interessante, è
comprenderne le conseguenze nel tempo.
Questo nuovo approccio fatto di elasticità
di pensiero, rapidità di ricerca e soluzioni a
portata di mano, confronto sociale aperto
e costante, sta portando dritti all’estinzione
del mammifero organizzativo più diffuso
negli ultimi 30 anni, e per certi versi più
apprezzato dai (meno virtuosi) Manager in
ogni organizzazione: lo Yes-Man.
In base ad una survey Nielsen dello scorso
anno, ci sono alcune cose da evitare quando
si gestiscono Millennials in azienda:
• Chiamarli “Millennial” o “Generazione Y”, o
semplicemente “giovani”. Il problema non
è tanto l’epiteto utilizzato, ma di per sé il
fatto di categorizzare (quindi stereotipare)
una fetta di popolazione con l’aiuto di
qualunque aspetto digitale per segnare
meglio il confi ne rispetto a “noi che
veniamo da un’altra epoca”.
• Concedere bonus e non crescita effettiva.
È semplice, come afferma un’intervistata:
“Crescita signifi ca ti stiamo valorizzando,
mentre bonus signifi ca ti stiamo premiando
in questo specifi co spazio temporale”.
Teniamo in considerazione un altro
aspetto importante, del tutto fi siologico
nell’attuale ambiente: il cambio di lavoro
per la generazione Y è diventato normale,
repentino, quasi facile; le job opportunities
si sono moltiplicate ed esistono diverse
app che permettono di candidarsi con un
click. Trattenere un dipendente è di certo
meno semplice oggi rispetto ad un periodo
in cui la leva principale (e quasi sempre
vincente) era il denaro.
• Non dare obiettivi e valori. In realtà si tratta
più della seconda, anche perché abbiamo
fi ducia nel fatto che dare obiettivi sia pratica
ormai scontata. La ricerca evidenzia come
l’importanza di temi come la sostenibilità
dei prodotti e l’impatto produttivo
sull’ambiente siano fondamentali per il
Millennial. Ma soprattutto evidenzia come
non lo siano per la generazione precedente.
• Considerarli pigri, low-workers. È vero,
esistono un sacco di Millennial pigri
e svogliati, come è stato per tutte le
generazioni. Il punto analizzato è diverso
però, composto da una dose di cultura
familiare e sociale (la corrispondenza
sforzo-risultato molto ridimensionata)
e dall’impatto sicuramente legato alla
digitalizzazione e alle possibilità di azione
di conoscenza legate ad essa: non è che i
Millennials non abbiano voglia di lavorare,
è solo che non vogliono fare qualcosa che
non conti, per loro e per l’ambiente che li
circonda.
Non sentirsi nel ruolo adatto, non
sentirsi apprezzati dal proprio capo, non
crescere o crescere a velocità differente
rispetto all’organizzazione, non sentirsi
intellettualmente stimolati nelle attività,
non essere coinvolti, scarsa dinamicità,
vecchi strumenti, niente smartworking…
questi aspetti contribuiscono rapidamente
all’abbandono della nave da parte di questi
nuovi profi li - risorse fondamentali per
LUCA SQUARZONIHead of e-Learning DivisionCegos Italia
le organizzazioni del futuro - che vivono
l’azienda in modo diverso.
It’s okay to feel frustrated. It’s okay to quit
your job. In questa frase esiste tutta la
differenza generazionale che stiamo vivendo,
che sottolinea l’evoluzione darwiniana degli
individui nelle organizzazioni e che determina
il declino dello Yes-Man annunciato in
precedenza, che avrebbe certamente
preferito descrivere i propri simili con
qualcosa del tipo “chi lascia la via vecchia per
quella nuova...”
@theSquarzo
“We do have a sense of entitlement, a sense of ownership, because, after all, this is the world we were born into,
and we are responsible for it”.
Evan Spiegel, CEO Snapchat
3’
te
mpo d i l e t t
ura
10 2016 #03
inn
ova
tio
n &
in
du
stry
4.0
Quando oggi parliamo di
Millennials e li accostiamo
all’innovazione tecnologica
individuiamo una nuova forma
di produttore-consumatore che viene defi nita
“Autore”. Gli Autori del XXI secolo sono
persone che hanno individuato nel concetto
di Innovazione la loro principale inclinazione,
che si concretizza nello sviluppo di idee
che possono avere un impatto dirompente
all’interno di una specifi ca community di
riferimento.
In questo contesto gli Autori entrano in
contatto tra loro per sviluppare ulteriormente le
proprie idee, con l’obiettivo ultimo di venderle
alle organizzazioni che hanno bisogno proprio
di entrare in contatto con quella specifi ca
community.
Qual è il principale driver che ha generato
la nascita di questi Autori “moderni”?
Sicuramente una specifi ca esigenza da parte
di consumatori facenti parte di una community,
dove un’azienda può intervenire per sviluppare
il suo business. Ma più nello specifi co
l’impossibilità, o quanto meno l’estrema
diffi coltà, da parte delle stesse aziende, di
ragionare fuori dagli schemi tradizionali e,
per il momento, la bassa propensione alla
sperimentazione con l’obiettivo di innovare.
Come ha scritto Clayton Christensen nel
Dilemma dell’innovazione, “Raramente
un’innovazione disruptive ha origine dallo
status quo. I player affermati di un settore
spesso non hanno la struttura adatta o la
preparazione per affrontare una disruption
quando questa si presenta”.
Ecco quindi la quadratura del cerchio:
l’esperienza diretta di un Autore nel provare
a colmare un’esigenza specifi ca, lo porta ad
Gli Autori dell’Innovazione
LUCA GELMETTIInnovation & Industry 4.0 ConsultantCegos Italia
Direi che in questo caso vale al contrario
il famoso detto kennediano “Non cosa un
Millennial può fare per l’Azienda ma cosa
l’Azienda deve fare per i Millennials”.
Sicuramente la prima azione da mettere in
pratica è posizionare il più lontano possibile
i Millennials dallo staus quo aziendale,
con l’obiettivo di favorire la creatività della
generazione Y. Poi è necessario lasciare
i Millennials liberi nell’indagare tutte le
possibili alternative ad un’idea. Solo così
un’organizzazione potrà destabilizzare i propri
concorrenti, perché riuscirà a valorizzare delle
idee che organizzazioni più “statiche” non
riusciranno mai ad immaginare. Non è un
caso che oggi la maggior parte delle piccole
rivoluzioni messe in atto da idee innovative
vengano generate da player che non sono
ancora presenti nel business, ma hanno colto
una grande opportunità: una fra tutte la Google
Car.
inventare, attraverso anche svariati tentativi,
un’idea/soluzione che una volta sviluppata
diventa business. In questi ultimi anni stanno
infatti nascendo una grande quantità di siti
e community (Singularity University è forse
l’esempio più interessante) nei quali Millennials
e non (in un rapporto 80/20) si confrontano e
si aiutano scambievolmente nello sviluppare
idee interessanti da vendere al mercato
dell’IoT.
Quindi questi Autori “seriali” – perché
ovviamente sta diventando una vera e
propria professione – forti della loro capacità
di iniziativa, orientati all’innovazione ed
a tutto quello che ruota attorno all’IoT e
predisposti mentalmente alla sperimentazione
senza paura dei fallimenti (Jeff Bezos
diceva: “Mettere in conto di fallire ti rende
libero”) sono diventati la linfa vitale delle
organizzazioni che vogliono essere sempre
più proattive rispetto alle esigenze della
community di riferimento.
Rispetto a questo scenario vediamo anche
il proliferare di Incubatori, Acceleratori,
Business Angel che prendendo sotto la
propria ala protettrice i Millennnials/Autori,
con l’obiettivo di accorciare e velocizzare il
processo che parte dall’idea, passa da una
start-up, si trasforma in una early stage e
termina il suo percorso diventando un’entità
di business che produce reddito per se stessa
o per un’organizzazione già esistente.
Un ultimo aspetto riguarda come un Millennial
potrebbe sviluppare la professione di Autore
all’interno di un’organizzazione tradizionale.
Gli elementi principali rimangono sicuramente
gli stessi perché è nella natutra di un Millennial
innovare, sperimentare, creare, fallire; il
problema principale è come l’organizzazione
debba gestire la situazione.
“Ogni giorno ci chiediamo – Come possiamo rendere felice questo cliente? Come possiamo farlo proseguendo lungo la strada dell’innovazione? – Ce lo domandiamo perché, altrimenti, lo farà qualcun altro”.
BILL GATES
3’
te
mpo d i l e t t
ura
112016 #03
AUTONOMOUS LEARNER: is there any point in still having a trainer?
inte
rnat
ion
al
The array of digital tools accessible to
learners is growing. The distinction between
corporate and private applications (Google
Drive, Dropbox and other personal clouds) is
increasingly hazy. The development of BYOD
(Bring Your Own Device), where employees
use their own devices and software at work,
refl ects a similar trend.
Talking pointWhat role can the trainer play in this change? Does the trainer still serve a useful purpose? And if so, what?
What we knowSELF-DIRECTED LEARNING IS A FACT
According to Philippe Carré, author of «Sept piliers de l’auto formation» (Seven Keys to Self-Directed Learning), the learner is both the lead player and the author of his training, and is increasingly autonomous.
HOWEVER MORE AUTONOMOUS DOES NOT MEAN MORE SOLITARY
Learning remains an eminently social process. Philippe Mérieux, a university professor and specialist in educational science, believes that «We always learn on our own but never without others.»
The combination of this social factor and the developments associated with digital technology gave rise to the theory of connectivist learning.
CONNECTIVISM, A LEARNING THEORY FOR THE DIGITAL AGE
Georges Siemens and Stephen Downes are the two leading proponents of connectivist theory. The theory’s main principles are as follows:
Learning happens through connections in networks: these networks link up «nodes», which are sources of information.
The purpose of learning must be to continually obtain up-to-date knowledge.
The connections that enable us to learn more are more important than the sum of knowledge we have at any given moment in time.
Decision-making – which relies on the selection of information - plays an active role in the learning process.
It rests on transient foundations – knowledge is constantly evolving and its useful lifetime has become considerably shorter.
Learning happens in a nebulous environment whose elements are constantly shifting - it is not always under the individual’s control.
Learning may reside not in humans but in a database.
The most important abilities are:
• to be able to distinguish the really important information from what is less important;
• to recognise when new information invalidates the frame of reference that used to guide decision-making;
• to look after and maintain the connections in networks.
This is very different to a behaviourist approach, in which the trainer is the only person to hold knowledge and imposes his expertise and his learning pace on the learners.
What we think about itTrainers are more important than ever in learning programmes, but they must:
Accept that they will no longer be the sole source of knowledge.
Take into account the fact that knowledge acquisition will increasingly occur outside synchronous/classroom times, in a «fl ipped classroom» arrangement, so that synchronous times can be used for applying what has been learnt, interacting, and solving concrete problems.
Broaden their range of digital technology in order to address learners who have broadened theirs.
Change his temporal paradigm: the learners’ training will no longer be confi ned to the two days spent with the trainer, but will be a much longer process, in which the trainer can continue to play a role.
Promote and sustain personal knowledge management by trying to make their learners as autonomous as possible so that they can manage on their own.
NEW SKILLS TO DEVELOP
To fi t in with these changes in society and technology, trainers today must be:
More perceptive of psychological aspects: they must be able to provide situational support and adapt to each learner (not only in the group dynamics).
Humbler: sometimes the learners will be better informed than their trainer. Trainers must be able to take a critical look at themselves and welcome what the group can contribute.
More digitally aware: trainers must know how to use digital tools and tap into their potential to up-date some of their practices and successfully blend digital technology and classroom training.
More aware of what is going on out there: trainers should monitor and curate the latest developments. They need to be very organised and thorough in their monitoring, then share the results with their learners (blogs, Scoop.it, etc.).
More concerned about marketing: trainers should make the effort to develop their personal brand. Be not only competent but «visible». There is a natural tendency to select «star» trainers. Which is why trainers should be increasingly meticulous about their «personal branding».
“ We always learn on our own but never without others.”
Philippe Mérieux University professor and
specialist in educational science
from Innovation Handbook, Cegos, 2016
4’
te
mpo d i l e t t
ura
cegos.it
B E Y O N D K N O W L E D G E
follow us
ORIZZONTALE02. È una delle prime cose che le nuove generazioni
non amano molto al lavoro
05. È il... burn che la generazione Z non accetta
08. È stata una generazione che ha fatto molto parlare di
sé, anche per gli scrittori che la rappresentavano
09. Termine inglese che indica la scomparsa della
demarcazione tra vita professionale e vita privata
12. Le giovani generazioni lo vorrebbero cambiare
veramente
13. È l’altro nome con cui viene identifi cata la Generazione K
14. È il nome alternativo che viene dato alla Generazione Y
16. Sarebbero da abbattere per evitare inutili scontri tra
generazioni
18. Titolo di un interessante libro del critico letterario
Filippo La Porta, che dipinge le nuove generazioni in
bilico tra alienazione e nuove possibilità di cooperazione,
scambio e condivisione
VERTICALE01. Sembra essere il Paese preferito dalle giovani
generazioni
03. Per le giovani generazioni è da stimolare continuamente
04. Quello americano non è più attrattivo per la
Generazione Z
06. Secondo una ricerca italiana è ciò che i ragazzi
preferiscono in un fi lm
07. Lo Stephen che ha scritto una bel libro sugli adolescenti
dal titolo ‘Noi siamo infi nito’
10. Sottogenere di romanzo nel quale il protagonista rifi uta
la maturità o la formazione
11. Si defi nisce ‘generazionale’ quando i padri lasciano ai
fi gli il timone aziendale
15. Rapper italiano che canta la generazione ‘bho’
17. Vengono usate molto dai giovanissimi per comunicare
le proprie emozioni
Le soluzioni sul prossimo numero!
Come gestire 5 generazioni in azienda
Un saggio sulla convivenza, non sempre facile, delle diverse generazioni in azienda. Un’indagine rigorosa su com’è cambiato il nostro mondo del lavoro e su come approcciarlo per trasformare un momento di crisi mondiale in un futuro di grande opportunità.
di I. Pierantoni, GiveMeAChance, 2015
S-Age Management. Gestire con saggezza generazioni diverse
Allungamento della speranza di vita, immigrazione, rapporto contraddittorio tra natalità e mortalità nei vari paesi e continenti: le ripercussioni del cambiamento demografi co all’interno dei processi produttivi trascinano con sé i grandi temi dell’occupazione, della riforma dei sistemi previdenziali, dell’invecchiamento attivo, dell’apprendimento durante tutto l’arco della vita. Obiettivo del libro è di esaminare i mutamenti enfatizzati in azienda dal contesto esterno e approfondire possibili interpretazioni e approcci in grado di fornire indicazioni sull’evoluzione nella gestione dell’organizzazione e delle persone che ne fanno parte.
di T. Botteri, EGEA, 2012
Not Everyone Gets s Trophy: How to Manage the Millennials
The culmination of over two decades of research, this book provides employers with a practical framework for engaging, developing, and retaining the new generation of employees. This new revised and updated edition expands the discussion to include the new ‘second-wave’ Millennials, those Tulgan refers to as ‘Generation Z,’ and explores the ways in which these methods and tactics are becoming increasingly critical in the face of the profoundly changing global workforce.
di B. Tulgan, Jossey-Bass Inc Pub, 2016
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Quali temi vorresti approfondire nei prossimi numeri? Dicci la tua: scrivi al direttore! [email protected] @licia_lanza
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