leasing la tutela dell utilizzatore nel contratto di...

21
Leasing La tutela dell utilizzatore nel contratto di leasing finanziario Cassazione Civile, SS.UU., 5 ottobre 2015, n. 19785 - Pres. Rovelli - Est. Spirito - Sertra S.r.l. (già Spinelli & Rampazzo S.r.l.) c. Car Diesel S.p.a. Tra il contratto di leasing finanziario, concluso tra concedente e utilizzatore, e quello di fornitura, concluso tra concedente e fornitore allo scopo (noto a questultimo) di soddisfare linteresse dellutilizzatore ad acquisire la disponibilità della cosa, si verifica unipotesi di collegamento negoziale (nella pur persistente individualità pro- pria di ciascun tipo negoziale) in forza del quale lutilizzatore è legittimato a far valere la pretesa alladempimen- to del contratto di fornitura, oltre che al risarcimento del danno conseguentemente sofferto. Invece, in mancan- za di unespressa previsione normativa al riguardo, lutilizzatore può esercitare lazione di risoluzione (o di ridu- zione del prezzo) del contratto di vendita tra il fornitore e il concedente (cui esso è estraneo) solamente in pre- senza di specifica clausola contrattuale con la quale gli venga dal concedente trasferita la propria posizione so- stanziale. Il relativo accertamento, trattandosi di questione concernente non la legitimatio ad causam bensì la titolarità attiva del rapporto, è rimesso al giudice del merito in relazione al singolo caso concreto. In tema di vizi della cosa concessa in locazione finanziaria che la rendano inidonea alluso, occorre distin- guere lipotesi in cui gli stessi siano emersi prima della consegna (rifiutata dallutilizzatore) da quella in cui siano emersi successivamente alla stessa perché nascosti o taciuti in mala fede dal fornitore. Il primo caso va assimilato a quello della mancata consegna, con la conseguenza che il concedente, in forza del principio di buona fede, una volta informato della rifiutata consegna, ha il dovere di sospendere il pagamento del prezzo in favore del fornitore e, ricorrendone i presupposti, di agire verso questultimo per la risoluzione del contratto di fornitura o per la riduzione del prezzo. Nel secondo caso, lutilizzatore ha azione diretta ver- so il fornitore per leliminazione dei vizi o la sostituzione della cosa, mentre il concedente, una volta infor- mato, ha i medesimi doveri di cui al precedente caso, In ogni ipotesi, lutilizzatore può agire contro il forni- tore per il risarcimento dei danni, compresa la restituzione della somma corrispondente ai canoni già even- tualmente pagati al concedente. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI Conforme Cass. 30 giugno 1998, n. 6412; Cass. 2 ottobre 1998, n. 9785; Cass. 2 novembre 1998, n. 10926; Cass. 27 luglio 2006, n. 17145; Cass. 16 novembre 2007, n. 23794; Cass. 12 gennaio 2011, n. 534; Cass. 30 aprile 2014, n. 9417. Relativamente allapplicazione del canone di buona fede nellesecuzione del contratto per delineare i comporta- menti di concedente e utilizzatore Cass. 6 giugno 2002, n. 8222; Cass. 29 aprile 2004, n. 8218. Difforme Cass. 30 maggio 1995, n. 6076; Cass. 11 luglio 1995, n. 7595; Cass. 16 maggio 1997, n. 4367; Cass. 26 gennaio 2000, n. 854; Cass. 12 marzo 2004, n. 5125; Cass. 15 ottobre 2010, n. 21332. La Corte (omissis) Fatto e Diritto 1 - Il processo. La Spinelli & Rampazzo s.r.l. citò in giudizio la Car Diesel s.p.a., chiedendo la risoluzione, per inadempi- mento di questultima, del contratto di fornitura di un autocarro collegato ad un contratto di leasing stipulato con Austria Finanza s.p.a.; autocarro poi risultato privo di una qualità essenziale, in quanto strutturalmente ini- doneo ad ottenere lautorizzazione ADR e la conseguen- te omologazione da parte del Ministero dei Trasporti. Chiese, altresì, la condanna della società convenuta al risarcimento dei danni o, quantomeno, alla riduzione del prezzo di compravendita. Nella costituzione in giudizio di Car Diesel s.p.a. e pre- via riunione di questa causa ad altra da questultima in- trodotta nei confronti della Marciar s.n.c. di Cordioli E. & C., alla quale era stato dato incarico di allestire ed adeguare lautocarro in vista dellottenimento della sud- detta autorizzazione ministeriale, intervenne là sentenza con la quale il tribunale di Verona: dichiarò la risoluzione del contratto di fornitura per fat- to e colpa della venditrice Car Diesel s.p.a.; condannò questultima alla restituzione di quanto percepito nella vendita; respinse la domanda risarcitoria. Interposto gravame da parte della Car Diesel s.p.a., la corte di appello di Venezia, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarò la carenza di legittimazione attiva della Spinelli & Giurisprudenza I singoli contratti 224 i Contratti 3/2016

Upload: hathien

Post on 22-Feb-2019

218 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Leasing

La tutela dell’utilizzatore nelcontratto di leasing finanziarioCassazione Civile, SS.UU., 5 ottobre 2015, n. 19785 - Pres. Rovelli - Est. Spirito - Sertra S.r.l.(già Spinelli & Rampazzo S.r.l.) c. Car Diesel S.p.a.

Tra il contratto di leasing finanziario, concluso tra concedente e utilizzatore, e quello di fornitura, concluso tra

concedente e fornitore allo scopo (noto a quest’ultimo) di soddisfare l’interesse dell’utilizzatore ad acquisire la

disponibilità della cosa, si verifica un’ipotesi di collegamento negoziale (nella pur persistente individualità pro-

pria di ciascun tipo negoziale) in forza del quale l’utilizzatore è legittimato a far valere la pretesa all’adempimen-

to del contratto di fornitura, oltre che al risarcimento del danno conseguentemente sofferto. Invece, in mancan-

za di un’espressa previsione normativa al riguardo, l’utilizzatore può esercitare l’azione di risoluzione (o di ridu-

zione del prezzo) del contratto di vendita tra il fornitore e il concedente (cui esso è estraneo) solamente in pre-

senza di specifica clausola contrattuale con la quale gli venga dal concedente trasferita la propria posizione so-

stanziale. Il relativo accertamento, trattandosi di questione concernente non la legitimatio ad causam bensì la

titolarità attiva del rapporto, è rimesso al giudice del merito in relazione al singolo caso concreto.

In tema di vizi della cosa concessa in locazione finanziaria che la rendano inidonea all’uso, occorre distin-

guere l’ipotesi in cui gli stessi siano emersi prima della consegna (rifiutata dall’utilizzatore) da quella in cui

siano emersi successivamente alla stessa perché nascosti o taciuti in mala fede dal fornitore. Il primo caso

va assimilato a quello della mancata consegna, con la conseguenza che il concedente, in forza del principio

di buona fede, una volta informato della rifiutata consegna, ha il dovere di sospendere il pagamento del

prezzo in favore del fornitore e, ricorrendone i presupposti, di agire verso quest’ultimo per la risoluzione

del contratto di fornitura o per la riduzione del prezzo. Nel secondo caso, l’utilizzatore ha azione diretta ver-

so il fornitore per l’eliminazione dei vizi o la sostituzione della cosa, mentre il concedente, una volta infor-

mato, ha i medesimi doveri di cui al precedente caso, In ogni ipotesi, l’utilizzatore può agire contro il forni-

tore per il risarcimento dei danni, compresa la restituzione della somma corrispondente ai canoni già even-

tualmente pagati al concedente.

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI

Conforme Cass. 30 giugno 1998, n. 6412; Cass. 2 ottobre 1998, n. 9785; Cass. 2 novembre 1998, n. 10926; Cass. 27 luglio2006, n. 17145; Cass. 16 novembre 2007, n. 23794; Cass. 12 gennaio 2011, n. 534; Cass. 30 aprile 2014, n. 9417.Relativamente all’applicazione del canone di buona fede nell’esecuzione del contratto per delineare i comporta-menti di concedente e utilizzatore Cass. 6 giugno 2002, n. 8222; Cass. 29 aprile 2004, n. 8218.

Difforme Cass. 30 maggio 1995, n. 6076; Cass. 11 luglio 1995, n. 7595; Cass. 16 maggio 1997, n. 4367; Cass. 26 gennaio2000, n. 854; Cass. 12 marzo 2004, n. 5125; Cass. 15 ottobre 2010, n. 21332.

La Corte (omissis)

Fatto e Diritto

1 - Il processo.La Spinelli & Rampazzo s.r.l. citò in giudizio la CarDiesel s.p.a., chiedendo la risoluzione, per inadempi-mento di quest’ultima, del contratto di fornitura di unautocarro collegato ad un contratto di leasing stipulatocon Austria Finanza s.p.a.; autocarro poi risultato privodi una qualità essenziale, in quanto strutturalmente ini-doneo ad ottenere l’autorizzazione ADR e la conseguen-te omologazione da parte del Ministero dei Trasporti.Chiese, altresì, la condanna della società convenuta alrisarcimento dei danni o, quantomeno, alla riduzionedel prezzo di compravendita.

Nella costituzione in giudizio di Car Diesel s.p.a. e pre-via riunione di questa causa ad altra da quest’ultima in-trodotta nei confronti della Marciar s.n.c. di Cordioli E.& C., alla quale era stato dato incarico di allestire edadeguare l’autocarro in vista dell’ottenimento della sud-detta autorizzazione ministeriale, intervenne là sentenzacon la quale il tribunale di Verona:dichiarò la risoluzione del contratto di fornitura per fat-to e colpa della venditrice Car Diesel s.p.a.; condannòquest’ultima alla restituzione di quanto percepito nellavendita; respinse la domanda risarcitoria.Interposto gravame da parte della Car Diesel s.p.a., lacorte di appello di Venezia, in riforma della sentenza diprimo grado, dichiarò la carenza di legittimazione attivadella Spinelli &

GiurisprudenzaI singoli contratti

224 i Contratti 3/2016

Rampazzo s.r.l., con conseguente rigetto di tutte le do-mande da questa proposte.Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazio-ne Sertra s.r.l. (già Spinelli & Rampazzo s.r.l.) sulla basedi un unico motivo. Resiste con controricorso la CarDiesel s.p.a. Sertra ha depositato memoria ex art. 378c.p.c. Nessuna attività difensiva è stata svolta dallaMarciar s.n.c.La terza sezione civile di questa Corte, ritenuto che lacausa pone una questione di massima di particolare im-portanza, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’e-ventuale assegnazione alle Sezioni Unite. Il Primo Pre-sidente ha così disposto.2- Il motivo di ricorso.Con l’unico motivo di ricorso Sertra s.r.l. deduce, exart. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa appli-cazione dell’art. 1705 c.c., e delle disposizioni che pre-siedono all’interpretazione dei negozi giuridici ex art.1362 c.p.c. e segg. La corte di appello avrebbe erronea-mente affermato la carenza della sua legittimazione atti-va alla risoluzione della vendita sull’erroneo presuppostoche l’esercizio diretto dell’azione contrattuale da partedell’utilizzatore del bene in leasing nei confronti del for-nitore, non derivando da una previsione generale di leg-ge, sia ammissibile solo in presenza di specifica clausolacontrattuale, nella specie inesistente.A corredo del motivo viene formulato, ex art. 366 bisc.p.c. (qui applicabile ratione temporis), il seguente quesi-to di diritto: “se vi è stata violazione e falsa applicazionedell’art. 1705 c.c., e dei criteri che presiedono all’inter-pretazione dei negozi giuridici in virtù dei quali nel con-tratto di locazione finanziaria all’utilizzatore è riconosciu-ta, quale effetto naturale connaturato all’operazione dilocazione finanziaria stessa, una tutela diretta verso il for-nitore per i vizi della cosa anche in assenza di specificheclausole contrattuali, avendo ritenuto nel caso di speciela corte di appello di Venezia, nonostante la pacifica edocumentata sussistenza della locazione finanziaria, il di-fetto di legittimazione attiva dell’utilizzatore, sul presup-posto che la stessa dovesse avere la propria fonte in unpatto contrattuale non rinvenuto agli atti del giudizio;dovendosi invece dichiarare sussistente la legittimazioneattiva dell’odierna ricorrente quale utilizzatore nel con-tratto di locazione finanziaria intercorrente con la CarDiesel, con ogni conseguenza di legge”.3 -L’ordinanza di rimessione.Con ordinanza interlocutoria del 4 agosto 2014, n.17597, la Terza Sezione Civile di questa Corte ha chie-sto l’intervento chiarificatore delle Sezioni Unite in or-dine alla questione di massima di particolare importan-za, concernente - con riguardo ai presupposti sostanzialie processuali di applicazione dell’art. 1705 c.c., comma2, alla locazione finanziaria - le azioni direttamente pro-ponibili dall’utilizzatore nei confronti del venditore e,segnatamente, quella di risoluzione della vendita perinadempimento di quest’ultimo.Ha osservato il collegio che tale questione non può pre-scindere dalla considerazione della natura e della strut-tura del contratto di locazione finanziaria.

In particolare, sotto il profilo della causa contrattuale,viene evidenziato che il conseguimento del bene nelladisponibilità dell’utilizzatore è reso possibile dall’inter-vento del concedente;il quale, peraltro, esaurisce il proprio ruolo nel fornire ilsupporto finanziario necessario all’acquisto, restando so-stanzialmente indifferente allo svolgimento della rela-zione materiale con il bene, sebbene ne sia divenutoformalmente proprietario. Ed, infatti, il concedente:non intrattiene rapporti con il fornitore diversi da quel-li necessari a formalizzare l’acquisto, nemmeno nella fa-se della trattativa (occupandosi direttamente l’utilizza-tore della scelta del bene da acquistare); non assume irischi riconducibili a vario titolo al rapporto con la cosa(deterioramento, sottrazione, perimento, vizi, difettifunzionali, inidoneità all’uso previsto, mancata o in-completa consegna).Insomma, il concedente sostiene finanziariamente un’o-perazione che è definita da soggetti diversi nei suoiaspetti essenziali.Sotto il profilo della struttura del contratto, poi, l’ordi-nanza ritiene ormai superata la ricostruzione del leasingin termini di contratto unitario plurilaterale, preferendodottrina e giurisprudenza fare riferimento alla figura delcollegamento negoziale tra compravendita e locazionefinanziaria. Tale ricostruzione, che non mette in discus-sione la causa unitaria dell’operazione economica, con-durrebbe ad ammettere l’azione diretta dell’utilizzatorenei confronti del fornitore, seppure in presenza di alcunipresupposti e limiti, non sempre univocamente determi-nati, riconducibili al mandato senza rappresentanza dicui all’art. 1705 c.c., comma 2, laddove l’utilizzatore as-sume la veste di mandante, il concedente quella dimandatario (compiendo un’attività giuridica per contodell’utilizzatore senza spenderne il nome) ed il fornitorequella del terzo.Sostiene, pertanto, l’ordinanza che:a) l’operazione economica che interviene tra conceden-te, utilizzatore e fornitore non da luogo ad un contrattoplurilaterale, ma ad un collegamento negoziale tra uncontratto di compravendita ed un contratto di locazio-ne finanziaria, per effetto del quale l’utilizzatore è legit-timato ad esercitare in nome proprio le azioni scaturentidal contratto di fornitura. Con la conseguenza che laclausola derogativa della competenza, contenuta nelcontratto di vendita ed espressamente approvata periscritto dalle parti di quel contratto, deve ritenersi ope-rante anche nei confronti dell’utilizzatore, in quantoclausola di trasferimento, facente parte del contratto dalquale l’utilizzatore deriva il suo potere di azione;b) “in caso di leasing finanziario - atteso che con laconclusione del contratto di fornitura viene a realizzarsinei confronti del terzo contraente quella stessa scissionedi posizioni che sì ha per i contratti conclusi dal man-datario senza rappresentanza (sicché ai sensi dell’art.1705 c.c., comma 2, il mandante ha diritto di far propridi fronte ai terzi in via diretta e non in via surrogatoriai diritti di credito sorti in testa al mandatario, assumen-do l’esecuzione dell’affare, a condizione che egli nonpregiudichi i diritti spettanti al mandatario in base al

GiurisprudenzaI singoli contratti

i Contratti 3/2016 225

contratto concluso, potendo il mandante peraltro eser-citare in confronto del terzo le azioni derivanti dal con-tratto stipulato dal mandatario volte ad ottenerne l’a-dempimento od il risarcimento del danno in caso diinadempimento) - l’utilizzatore è legittimato a far valerela pretesa all’adempimento del contratto di fornitura,oltre che al risarcimento del danno conseguentementesofferto” (in questo senso Cass. 27 luglio 2006, n.17145), nonché ancora all’accertamento dell’esatto cor-rispettivo spettante al fornitore;c) l’utilizzatore non è, invece, normalmente legittimatoall’azione di risoluzione del contratto di vendita tra ilfornitore e la società di leasing, salva la presenza di unaspecifica clausola contrattuale che trasferisca in capo al-l’utilizzatore la posizione sostanziale spettante al conce-dente. Legittimazione, peraltro, riconosciuta da alcunesentenze, le quali, facendosi carico del pregiudizio chela risoluzione del contratto di vendita potrebbe arrecareal concedente, configurano, a tutela di quest’ultimo e agaranzia della utilità della sentenza medesima, una fatti-specie di litisconsorzio necessario che ne permetta lapartecipazione al giudizio; litisconsorzio esteso anche al-l’azione di riduzione del prezzo della fornitura.L’ordinanza interlocutoria richiama, poi, la L. 14 luglio1993, n. 259, di ratifica ed esecuzione della Convenzio-ne Unidroit sul leasing finanziario internazionale stipu-lata ad Ottawa il 28 maggio 1988.L’art. 10, della menzionata legge - non applicabile nel ca-so all’esame della Corte ma pur sempre utile a fini inter-pretativi - stabilisce che gli obblighi del fornitore deri-vanti dal contratto di fornitura possono essere fatti valereanche dall’utilizzatore, pur non essendo quest’ultimo par-te del contratto, anche se per l’annullamento o per la ri-soluzione del contratto di fornitura occorre in ogni casoil consenso del concedente. Il tutto, peraltro, nel quadrodi una disciplina informata ad una maggiore tutela dell’u-tilizzatore nei confronti del concedente, laddove per ildiritto interno è preclusa la possibilità di ottenere la riso-luzione del contratto di leasing per questioni inerenti allacosa, nonché la possibilità di far valere nei confronti delconcedente l’inadempimento del fornitore.Si afferma, altresì, che qualsiasi soluzione interpretativanon può prescindere dalle conclusioni raggiunte da Sez.U, 8 ottobre 2008, n. 24772, secondo la quale “l’espres-sione diritti di credito derivanti dall’esecuzione delmandato (art. 1705 c.c., comma 2), che accorda almandante pretese dirette nei confronti del terzo con-traente, va circoscritta ali ‘esercizio dei diritti sostanzialiacquistati dal mandatario, rimanendo escluse le azioniposte a loro tutela (annullamento, risoluzione, rescissio-ne, risarcimento del danno)”. Si tratta, beninteso, diuna decisione non emessa in materia di leasing ma diportata generale, affrontandosi tutti gli aspetti della le-gittimazione sostitutiva del mandante, così come desu-mibili dall’art. 1705 c.c., comma 2, norma ritenuta or-mai costituente “Il passaggio obbligato comunementeinvocato per normativamente giustificare e definire, an-che nella locazione finanziaria, le azioni contrattualiesperibili in via diretta dall’utilizzatore”.

Il collegio della terza sezione, peraltro, dubita che il deci-sum di Sez. U, n. 24772/2008, con riferimento all’attribu-zione al mandante dei diritti ma non delle azioni, possaessere trasposto sic et simpliciter in materia di leasing inquanto significherebbe negare la peculiarità di tale istitu-to e la stessa sua perfetta sussumibilità sotto la disciplinadel mandato senza rappresentanza. Ed, invero:a) con riferimento all’art. 1705 c.c., comma 2, l’utilizza-tore, a differenza del mandante, ha un rapporto direttocon il fornitore (terzo nel rapporto di mandato), gesten-do in prima persona, fin dall’inizio, il rapporto di forni-tura e stabilendone discrezionalmente le condizioni;b) con riferimento all’art. 1706 c.c., il regime degli acqui-sti del mandatario poco o nulla si attaglia alla locazionefinanziaria, nella quale il passaggio delle cose alla pro-prietà del mandante non avviene (se avviene) per riven-dica (cose mobili) o per obbligo di ritrasferimento (im-mobili e mobili registrati), ma per esercizio del riscatto;c) la ratio ispiratrice di Sez. U, n. 24772/2008 è voltaalla tutela del terzo: “ciò che osta all’accoglimento dellatesi ammissiva della legittimazione diretta da parte delsoggetto, il mandante, che pure ha acquisito i diritti ne-goziali e ne può fruire in guanto titolare sostanziale, è lapreclusione a configurare nella specie in pregiudizio delterzo ed in violazione dell’articolo 1406 del codice civi-le - una cessione al mandante dell’intera posizione con-trattuale formalmente costituitasi in capo al mandatario(...) senza consenso del contraente ceduto. Orbene, sitratta di un ostacolo che, nella locazione finanziaria,non sembra abbia ragione di esistere; dal momento chein essa il rapporto (ancorché non unitario) viene pur-tuttavia ad instaurarsi ed a svolgersi nella piena consa-pevolezza e volontà di tutti e tre i contraenti; certamen-te incluso il venditore. Sicché non vi sarebbe motivo diparlare di cessione contrattuale senza consenso del con-traente ceduto, ma soltanto di esposizione del terzo (an-che senza una specifica previsione pattizia) ad una legit-timazione non soltanto non aliena, ma addirittura coes-senziale al contratto da lui stipulato”.L’ordinanza di rimessione osserva, altresì, che Sez. Un.,n. 24772/2008 non stabiliscono una regola assoluta, maun semplice rapporto regola - eccezione, ragion per cuisarebbe sempre possibile far rientrare il leasing tra le ipo-tesi in cui la legge riconosce eccezionalmente all’utilizza-tore - mandante la legittimazione sostanziale e processua-le. Tuttavia, resterebbe il problema di stabilire quali sonole azioni che spettano all’utilizzatore e, segnatamente, segli spetta l’azione di risoluzione, che potrebbe essere pre-giudizievole per il mandatario-concedente.In realtà, sembra necessario al collegio della terza sezio-ne contemperare, quale naturale conseguenza del colle-gamento negoziale, le diverse esigenze di tutela del con-cedente e dell’utilizzatore, pressappoco come avvenutonel caso limitrofo del collegamento negoziale tra com-pravendita e mutuo di scopo, in cui è stato riconosciutoche, in caso di risoluzione del contratto di vendita perfatto imputabile al venditore, l’obbligo di restituzione almutuante della somma ricevuta grava sul venditore enon sul mutuatario; e ciò in relazione al venir meno, intale evenienza, dello scopo del contratto di mutuo. Allo

GiurisprudenzaI singoli contratti

226 i Contratti 3/2016

stesso modo, lo scioglimento della vendita potrebbecomportare Io scioglimento della locazione finanziariase fosse valorizzata la funzione economica non solo fi-nanziaria, ma anche di scambio insita nel collegamentonegoziale tra contratto di fornitura e leasing. Infine,viene evidenziato che la soluzione del litisconsorzio ne-cessario con il concedente, affermata in alcune pronun-ce al fine di ammettere la risoluzione ad istanza dell’uti-lizzatore, non è soddisfacente, perché “la sola partecipa-zione alla lite del concedente (quand’anche la si rite-nesse necessaria) nulla sarebbe in grado di dire sui dirit-ti contrattuali che, nel processo così soggettivamenteesteso, possono trovare deduzione e riconoscimento”.In tale situazione di incertezza interpretativa, è richie-sto, pertanto, un intervento chiarificatore delle SezioniUnite.4 - La questione sottoposta alle Sezioni Unite - Premes-se.La questione sottoposta alle Sezioni Unite può essere,dunque, così sintetizzata: se, in caso di leasing finanzia-rio, l’utilizzatore sia legittimato - oltre che a far valerela pretesa all’adempimento del contratto di fornitura eal risarcimento del danno conseguentemente sofferto -anche a proporre domanda di risoluzione del contrattodi vendita tra il fornitore e la società di leasing, comeeffetto naturale del contratto di locazione finanziaria,oppure se tale legittimazione sussista solamente in pre-senza di specifica clausola contrattuale con la qualevenga trasferita la posizione sostanziale, del concedenteall’utilizzatore.Prima di procedere alla soluzione della questione occor-re svolgere alcune premesse.Vanno dati per acquisiti una serie di concetti, nozioni edefinizioni consolidatisi intorno al contratto del quale sidiscute, che, benché atipico rispetto a quelli previsti dalcodice civile, ha ormai trovato, nelle sue molteplici ver-sioni, unanime definizione dottrinaria e giurisprudenziale,nonché ripetuti riconoscimenti normativi. Va, dunque,ristretta la trattazione nei limiti del quesito posto alle Se-zioni Unite e delle perplessità avanzate dall’ordinanza dirimessione rispetto ad un preponderante quadro dottrina-rio e giurisprudenziale che, come si vedrà in seguito (ecome la stessa ordinanza ammette), non solo ha da tem-po negato alla vicenda la natura di negozio plurilateralema, ravvisando un’ipotesi di collegamento negoziale (trala vendita e la locazione), ha escluso che l’utilizzatorepossa sperimentare verso il fornitore l’azione di risoluzio-ne e quella di riduzione del prezzo.Altrettanto occorre premettere che, come meglio sispiegherà, la prassi mercantile ha di fatto risolto il pro-blema attraverso la frequente stipulazione di atti ai qua-li partecipano le tre parti (soprattutto nel leasing immo-biliare), oppure attraverso clausole contenute nel con-tratto di locazione con le quali il concedente trasferisceall’utilizzatore tutti i diritti e le correlate azioni che eglipotrebbe sperimentare verso il fornitore.5 - Le azioni esperibili dall’utilizzatore in ipotesi di ina-dempimento del fornitore - Il risalente quadro giurispru-denziale.

La chiave di volta della questione risiede nella configu-razione strutturale del contratto del quale si discute, po-sto che, se lo si ravvisa come contratto unitario plurila-terale, è agevole farne discendere l’esperibilità dell’azio-ne di risoluzione da parte dell’utilizzatore contro il for-nitore, posto che quest’ultimo è considerato anch’egliparte del contratto di compravendita. Il problema si po-ne, invece, se l’interprete tiene ben distinti, nella vi-cenda, il contratto di vendita (tra fornitore/venditore econcedente/acquirente) e contratto di locazione (traconcedente/proprietario/locatore della cosa ed utilizza-tore/locatario della stessa), pur riconoscendo l’indiscuti-bile collegamento esistente tra i due.In questa seconda ipotesi, il contratto di vendita è, perl’utilizzatore, negozio stipulato tra terzi (res inter alios ac-ta) rispetto al quale egli non ha alcun potere d’inciden-za; restando, comunque, da verificare se il riconosciutocollegamento negoziale conceda all’utilizzatore (comesostiene il ricorso in esame e pone in chiave problema-tica l’ordinanza interlocutoria) quel potere, compresal’esperibilità da parte sua dell’azione di risoluzione delcontratto di vendita, al quale egli non ha partecipato.Come s’è già visto in precedenza, una risalente giuri-sprudenza, proprio per risolvere positivamente il proble-ma, tendeva a configurare la locazione finanziaria comeun rapporto trilaterale, in cui l’acquisto ad opera delconcedente va effettuato per conto dell’utilizzatore, conla previsione, quale elemento naturale del negozio, del-l’esonero del primo da ogni responsabilità in ordine allecondizioni del bene acquistato per l’utilizzatore, essendoquest’ultimo a prendere contatti con il fornitore, a sce-gliere il bene che sarà oggetto del contratto e a stabilirele condizioni di acquisto del concedente, il quale nonassume direttamente l’obbligo della consegna, né garan-tisce che il bene sia immune da vizi e che presenti lequalità promesse, né rimane tenuto alla garanzia perevizione (in tal senso, Cass. n. 4367/97, n. 6076/95, n.5571/91).Così ragionando, si evitava di lasciare l’utilizzatore sen-za tutela, essendo comunque “abilitato ad esperire diret-tamente le azioni derivanti dalla compravendita del be-ne nei confronti del fornitore” (in questo senso si espri-meva la già citata Cass. n. 4367/97);azioni giustificate proprio dalla struttura trilaterale delrapporto e dal fatto che è l’utilizzatore (e non il conce-dente/proprietario, che si è limitato a finanziare l’opera-zione) ad avere intrattenuto rapporti diretti con il forni-tore del bene oggetto del contratto.Più in particolare, Cass. n. 854/00, ponendosi appuntonell’ottica del contratto di leasing come contratto pluri-laterale, osservava che, poiché la prestazione del forni-tore va ritenuta essenziale nell’economia dell’affare aisensi dell’art. 1459 c.c., non v’è possibilità da parte del-l’utilizzatore di chiedere la risoluzione del contratto difornitura per inadempimento del fornitore senza chevenga coinvolto anche il concedente. Invero, “la loca-zione finanziaria dà luogo ad un’operazione giuridicaunitaria, nella quale ognuno dei contraenti è consape-vole di concludere un accordo con le altre parti interes-sate dall’affare; ciascun contraente assume volontaria-

GiurisprudenzaI singoli contratti

i Contratti 3/2016 227

mente obblighi nei confronti delle altre due parti; il for-nitore si obbliga, nei confronti del concedente, a trasfe-rirgli la proprietà e, nei confronti dell’utilizzatore, aconsegnargli il bene e a dargli le garanzie della vendita;il concedente si obbliga a pagare il prezzo del bene alfornitore e a consentirne il godimento ali ‘utilizzatore;questi a sua volta si obbliga a rimborsare al concedentecon gli interessi e le spese il finanziamento ottenuto.Nascono vincoli obbligatori incrociati tra loro nei qualila prestazione del fornitore è essenziale nell’economiadel contratto, perché è quella che soddisfa l’interesse dientrambe le altre, oltre che quello dello stesso fornitorea ricevere il prezzo; se essa viene meno, il contratto siscioglie rispetto a tutte le altre parti.La risoluzione del rapporto di compravendita chiesta edottenuta autonomamente dall’utilizzatore il quale conse-gua la restituzione del prezzo e il risarcimento del dannopregiudicherebbe la condizione del concedente; questi ol-tre ad essere privato della garanzia rappresentata dallaproprietà del bene rischierebbe anche di non ricevere icanoni essendo venuta meno con la cessazione del godi-mento del bene la causa della contrapposta obbligazionedell’utilizzatore di pagare i canoni”. Di qui la necessitàdella partecipazione al giudizio di risoluzione del conce-dente, che la sentenza riteneva rispondere all’esigenza av-vertita anche dal legislatore, allorquando, con l’art. 10della legge n. 259/1993, recependo la Convenzione Uni-droit sul leasing internazionale, ha stabilito che l’utilizza-tore, pur potendo agire direttamente nei riguardi del for-nitore per l’adempimento del contratto di fornitura(comma 1), non può chiederne tuttavia la risoluzionesenza il consenso del concedente (secondo comma).Questa sorta di litisconsorzio necessario nei confrontidel concedente (nell’azione di risoluzione direttamenteintrodotta dall’utilizzatore contro il fornitore) sembrava,a siffatta giurisprudenza, un espediente capace di rime-diare alla stridente anomalia dell’azione risolutiva con-cessa a chi non è stato parte del contratto da risolvere eche, nel suo esito positivo, necessariamente comporta laperdita in danno del concedente/proprietario/locatorenon solo della proprietà (garanzia rispetto all’utilizzato-re) ma anche dei canoni derivanti dalla locazione (sullastregua di quest’orientamento si vedano anche Cass. n.5125/04 e n. 11776/06).6 - Segue - L’evoluzione giurisprudenziale.La tesi del contratto unitario plurilaterale è stata, però,ben presto abbandonata dalla giurisprudenza a seguitodella decisa critica della dottrina, iniziandosi a ricostrui-re, in accordo con questa, la struttura del contratto dileasing come ipotesi di collegamento negoziale. Secon-do quest’idea, l’operazione di leasing finanziario constadi due contratti collegati tra loro: quello di leasing pro-priamente detto e quello di fornitura. “Questo collega-mento, consistente in ciò che il contratto di fornitura,nel complesso dell’operazione, ha la funzione di mezzoper l’esecuzione di quello di leasing, risulta da più indi-ci: la struttura del procedimento di formazione negozia-le, in cui intervengono in varia sequenza le tre parti; lasussunzione, a contenuto del contratto di fornitura, dielementi individuati insieme dal fornitore e dell’utilizza-

tore; la circostanza che i contratti, di fornitura come dileasing, esplicitino, per solito, come ragione dell’acqui-sto del bene da parte del concedente sia la sua conces-sione in godimento all’utilizzatore che lo ha scelto, siala previsione, contenuta nel contratto di fornitura, chela consegna del bene dovrà farsi dal fornitore diretta-mente all’utilizzatore” (così motiva Cass. n. 10926/98 ele fanno seguito Cass. n. 15762/00, n. 5125/04, n.19657/04, n. 6728/05, n. 20592/07).In altri termini, il leasing finanziario “realizza un’ipotesidi collegamento negoziale tra contratto di leasing econtratto di fornitura, quest’ultimo venendo dalla socie-tà di leasing concluso allo scopo, noto al fornitore, disoddisfare l’interesse del futuro utilizzatore ad acquisirela disponibilità della cosa” (Cass. n. 17145/06). Ed ilnesso di collegamento tra i due contratti viene normal-mente in evidenza proprio “in virtù di clausole di inter-connessione, per cui nel contratto di vendita tra forni-tore e società di leasing viene convenuto che il beneoggetto del negozio sia acquistato allo scopo di cederloin godimento al cliente della società (il quale in prece-denza ha provveduto ad indicarlo specificamente) ed èprevisto anche che il bene sia consegnato direttamentedal fornitore all’utilizzatore” (Cass. n. 16158/07, n.9417/14).In quest’ordine di idee, s’è fatto ricorso alla disposizionedell’art. 1705 c.c., comma 2, (il quale attribuisce almandante il diritto, in via diretta e non in via surroga-toria, di far propri di fronte ai terzi i diritti di creditosorti in testa al mandatario, assumendo l’esecuzione del-l’affare, a condizione che egli non pregiudichi i dirittispettanti al mandatario in base al contratto concluso,potendo il mandante esercitare in confronto del terzo leazioni, derivanti dal contratto concluso dal mandatario,intese ad ottenerne l’adempimento od il risarcimentodel danno in caso di inadempimento) per dedurne chel’utilizzatore ha la legittimazione a far valere le azioniintese all’adempimento del contratto di fornitura ed alrisarcimento del danno da inesatto adempimento (cosìCass. n. 10926/98, n. 17145/06, n. 17767/05, n.5125/04, n. 19657/04), con esplicita o talvolta implicitaesclusione dell’azione di risoluzione.Sulla base della stessa premessa normativa, si è pure ag-giunto che, in assenza di diversa pattuizione, con laconsegna del bene dal fornitore direttamente all’utilizza-tore e la conseguente sua accettazione da parte di que-st’ultimo, sorge a carico dell’utilizzatore l’obbligo di pa-gamento dei canoni nei confronti del concedente e nonpossono a lui opporsi eventuali vizi, per quanto origina-li, del bene locato, che devono essere fatti valere conazione di garanzia unicamente nei confronti del fornito-re. Invero, costituisce elemento naturale del negozio“l’esonero dal locatore di ogni responsabilità in ordinealle condizioni del bene acquistato per l’utilizzatore, es-sendo quest’ultimo a prendere contatti con il fornitore,a scegliere il bene, che sarà oggetto del contratto, ed astabilire le condizioni di acquisto per il concedente, percui ogni vizio del bene dovrà essere fatto valere diretta-mente dall’utilizzatore nei confronti del fornitore, cosìcome avviene nel caso di contratto concluso dal man-

GiurisprudenzaI singoli contratti

228 i Contratti 3/2016

datario in nome proprio, ma per conto del mandante”.Con la conseguenza che “l’utilizzatore non può far vale-re l’eccezione di inadempimento del fornitore, per viziodel bene locato, a norma dell’art. 1460 c.c., per rifiutarele proprie prestazioni nei confronti del concedente”(Cass. n. 19657/04).Per effetto di questa evoluzione giurisprudenziale s’è,dunque, ammesso che l’utilizzatore possa agire contro ilfornitore per l’adempimento o per il risarcimento, mas’è escluso categoricamente che possa agire anche per larisoluzione, tenuto, appunto, conto che a questa conse-guono necessariamente effetti sulla sfera giuridica delconcedente, con la determinazione dell’obbligo di resti-tuzione del bene e della perdita del lucro dell’operazio-ne di finanziamento.In particolare, si è sottolineato “l’emergere a tale stre-gua di una lacuna in merito alla disciplina applicabile alleasing finanziario in caso di risoluzione del contrattoper inadempimento e in particolare relativamente ai ri-medi dallo stesso utilizzatore esperibili nei confronti delfornitore. Lacuna da risolversi invero solamente casoper caso, la possibilità di esercitarsi da parte dell’utilizza-tore l’azione di risoluzione del contratto di vendita tra ilfornitore e la società di leasing - cui esso è estraneo - di-pendendo in realtà dalla sussistenza nel contratto di lea-sing di uno specifico patto al riguardo” (così, Cass. n.17145/06 e n. 534/11).Quest’orientamento tiene a precisare (in risposta alla ri-salente giurisprudenza che pretendeva il litisconsorzionecessario del concedente in siffatta azione dell’utilizza-tore contro il fornitore) che la questione attiene nongià alla legittimazione passiva, ma alla “titolarità attiva,all’esito del previo accertamento in ordine alla previsio-ne nel contratto di leasing di una clausola contemplan-te il suindicato pattizio trasferimento all’utilizzatore del-la posizione sostanziale originariamente propria della so-cietà di leasing acquirente”; con la conseguenza che “ilrelativo accertamento, soggetto ad eccezione di partenei tempi e nei modi previsti dal codice di rito, spettainvero al giudice del merito”.Anche Cass. n. 23794/2007, che pure riconosce la legit-timazione dell’utilizzatore alla domanda di accertamentodell’esatto corrispettivo, nega, benché implicitamente,la legittimazione di quest’ultimo alla domanda di risolu-zione: “(...) deve - decisamente - escludersi che la do-manda di accertamento (negativo) delle maggiori prete-se fatte valere in via stragiudiziale dal fornitore e, quin-di, in buona sostanza, di accertamento del corrispettivoin realtà spettante a quest’ultimo, possa identificarsi inuna domanda di risoluzione contrattuale”.7- La soluzione della questione.Benché siano ormai numerosi gli interventi legislatividiretti a definire ed a regolamentare la vicenda negozia-le della quale si sta trattando e, dal canto suo, la giuri-sprudenza (non solo di legittimità) sia stata finora tesa astudiarlo in maniera unitaria e formalistica, l’istitutodella locazione finanziaria si presenta, invece, nella pra-tica mercantile, sotto forme e strutture diverse, di voltain volta adattate a realizzare i concreti e disparati inte-ressi degli operatori economici, tradotti in formulari

contrattuali che hanno soltanto alcuni punti in comunema che, abitualmente, sono diversamente forgiati se-condo le concrete esigenze in campo.È così che nella generica denominazione di leasing sivanno a ricomprendere numerosissime figure contrat-tuali, ognuna avente la sua peculiarità, quali (solo percitarne alcune) il leasing traslativo e quello di godimen-to, il leasing operativo e quello al consumo, il leasingpubblico e quello finanziario immobiliare, il lease backe la locazione finanziaria di autoveicoli, navi ed aero-mobili.Il dato comune a tutti è che, alla base, esiste un’opera-zione di finanziamento tendente a consentire al c.d. uti-lizzatore il godimento di un bene (transitorio o finalizza-to al definitivo acquisto del bene stesso) grazie all’ap-porto economico di un soggetto abilitato al credito (ilc.d. concedente) il quale, con la propria risorsa finanzia-ria, consente all’utilizzatore di soddisfare un interesseche, diversamente, non avrebbe avuto la possibilità ol’utilità di realizzare, attraverso il pagamento di un ca-none che si compone, in parte, del costo del bene ed,in parte, degli interessi dovuti al finanziatore per l’anti-cipazione del capitale. Affiancata a questa v’è, necessa-riamente, un’altra operazione, quella tendente all’acqui-sto del bene del quale l’utilizzatore intende godere, ossiaun’ordinaria compravendita stipulata tra fornitore econcedente, attraverso la quale il secondo diventa pro-prietario del bene che darà in locazione all’utilizzatoreda lui finanziato. Proprietà che, soprattutto nel leasingtraslativo (ossia quello che, come esito finale, prevede iltrasferimento di proprietà dal concedente all’utilizzato-re) ha la fondamentale funzione di garanzia a favore delprimo, rispetto ai canoni che ha il diritto di percepiredal secondo.Nella grande normalità dei casi, è lo stesso utilizzatore/-locatario a scegliere non solo il bene in tutte le sue ca-ratteristiche, ma anche il fornitore, il quale ultimo èconsapevole dei risvolti dell’operazione, ossia che la co-sa viene acquistata dal concedente perché questi la diain godimento all’utilizzatore.Non v’è dubbio, dunque, che la vicenda è trilatera, nelsenso che coinvolge necessariamente tre soggetti; cosìcome è indubbio che tra i due negozi v’è un indispensa-bile collegamento, siccome la fornitura è effettuata infunzione della successiva locazione del bene compraven-duto e la locazione presuppone che il locatore si sia pro-curato il bene che darà in godimento al locatario.Tuttavia, nessuno pone in discussione che i due attimantengano la loro sostanziale autonomia, che l’utiliz-zatore sia terzo rispetto al contratto di fornitura ed, asua volta, il fornitore sia terzo rispetto al contratto dilocazione; laddove, invece, il concedente è l’unico, tra itre, ad essere parte di entrambi gli atti.In quest’ordine di idee, la sottrazione della vicenda dal-l’ambito del rapporto plurilaterale e la sua sussunzionein quello del contratto collegato fa sì che le parti possa-no gestire separatamente i distinti rapporti contrattuali,secondo le rispettive funzioni, assegnando rilevanza giu-ridica a quelle sole interdipendenze che realmente con-dizionano l’attuazione dell’operazione economica.

GiurisprudenzaI singoli contratti

i Contratti 3/2016 229

D’altronde, è la stessa prassi che ha preferito la stradadel contratto collegato, tenuto conto che, per un verso,il contenuto del contratto di fornitura è di estrema rile-vanza per l’utilizzatore nelle parti in cui si fissano lequalità e le caratteristiche del bene, le garanzie di con-formità, gli obblighi di consegna, ma che, per altro ver-so, una serie di altri patti contenuti nel contratto di for-nitura (si pensi, ad esempio, alle clausole relative al pa-gamento del prezzo) non generano interdipendenza e ri-mangono (o possono rimanere) estranee al regolamentocontrattuale tra concedente ed utilizzatore.La stessa Convenzione di Ottawa, della quale s’è già fat-ta menzione, descrive la vicenda economica come in-corporante due distinti contratti rispettivamente richia-mati nelle L. n. 259 del 1993, comma 1, lett. a) e b),pone al centro dell’operazione il concedente e lo indivi-dua in colui il quale stipula sia il contratto di fornitura,sulla base delle indicazioni dell’utilizzatore, sia il distin-to contratto di leasing con l’utilizzatore, “dando a que-st’ultimo il diritto di usare il bene contro pagamentodei canoni”. Peraltro, la Convenzione non parifica inradice le figure del concedente e dell’utilizzatore nei lo-ro rapporti verso il fornitore, bensì ricorre alla tecnicadell’assimilazione, stabilendo che “Gli obblighi del for-nitore in base al contratto di fornitura potranno esserefatti valere anche dall’utilizzatore come se egli fosse par-te di tale contratto e come se il bene gli dovesse esserefornito direttamente” (art. 10).Così inquadrato, il contratto di leasing è un contrattomeramente bilaterale stipulato tra concedente ed utiliz-zatore e collegato ad altro contratto bilaterale stipulatotra concedente e fornitore per l’acquisizione del beneoggetto del contratto a favore dell’utilizzatore.Nella pratica, il collegamento si realizza mediante appo-site clausole previste in ciascuno dei due contratti. Inparticolare, nel contratto di leasing, quelle clausole: ob-bligano il concedente ad acquistare il bene già indivi-duato dall’utilizzatore e descritto nello stesso contratto(anche mediante esplicito riferimento al contenuto delcontratto di fornitura, che l’utilizzatore dichiara di co-noscere ed approvare); cedono all’utilizzatore diritti fu-turi, ma determinabili perché derivanti al concedentedal contratto di fornitura; obbligano il concedente allafutura cessione di eventuali diritti nascenti da responsa-bilità del fornitore. Nel contratto di fornitura:configurano l’utilizzatore (che nel contratto di leasingha assunto tutti i rischi derivanti dalla fornitura oltreche dall’utilizzo del bene oggetto del contratto) qualebeneficiario delle prestazioni inerenti alla produzione emessa a disposizione del bene, in conformità con le pre-scrizioni contrattuali e di legge già definite nel contrat-to di leasing. Così pure, nella pratica questo collega-mento è talvolta ancor più esaltato attraverso la parteci-pazione dell’utilizzatore al contratto di fornitura. So-prattutto in area di leasing immobiliare il notaio usa co-stituire nel contratto di compravendita la “parte vendi-trice” (il fornitore), la “parte acquirente” (il conceden-te), nonché l’altro soggetto che dichiara di intervenirenell’atto di compravendita in qualità di “utilizzatore”dell’immobile, oggetto del separato contratto di locazio-

ne finanziaria, ed al quale la parte venditrice, preso attoche l’acquisto viene effettuato dal concedente al solo fi-ne di fargli utilizzare l’immobile, presta tutte le garanziedi legge, assumendo altresì nei suoi confronti le obbliga-zioni che - per legge o per convenzione - sono a suo ca-rico in quanto parte venditrice. In siffatti contratti siaggiunge pure che:per la suddetta ragione, l’utilizzatore (riconosciuta lacorrispondenza dell’immobile a quello da lui autonoma-mente prescelto ed individuato) potrà rivolgersi diretta-mente ed autonomamente alla parte venditrice in ognisede per qualsivoglia reclamo o pretesa, relativi all’im-mobile, previa comunicazione scritta alla parte acqui-rente; l’utilizzatore manleva la parte acquirente da qual-siasi conseguenza derivante da vizi, difetti, irregolarità,inidoneità all’uso, mancanza delle qualità all’uso, man-canza delle qualità relativi all’immobile, agli impianti,alle pertinenze ed agli accessori dello stesso, nonché pereventuali mendacità, irregolarità od imprecisioni delledichiarazioni rese dalla parte venditrice nell’atto (cosìtestualmente s’esprimono le più comuni clausole inseri-te nei contratti di compravendita di beni immobili de-stinati al leasing).È proprio la presenza di siffatte clausole normalmentein uso nei moduli contrattuali che consente di configu-rare il contratto di fornitura alla stregua di un contrattoproduttivo di alcuni effetti obbligatori a favore del terzoutilizzatore, senza necessità di ipotizzare la presenza diun mandato implicito al contratto di leasing volto adassicurare all’utilizzatore i diritti di azione riconosciutidalla legge al mandante nel mandato senza rappresen-tanza (art. 1705 c.c., comma 2).In questo senso, la pratica commerciale ha elaborato so-luzioni idonee a conciliare le istanze di separazione fun-zionale e dei rischi, così da consentire la realizzazionedell’operazione economica attraverso il coordinamentoche l’unitarietà di tale operazione e l’interdipendenzatra le prestazioni naturalmente generano.Volendosi, invece, porre al cospetto di ipotesi in cuinessuna clausola contrattuale consenta all’utilizzatore lasperimentazione dell’azione risolutiva del contratto difornitura, non può eludersi la regola base in tema di ef-fetti del contratto, ossia quella in virtù della quale ilcontratto ha forza di legge tra le parti, non può esseresciolto che per mutuo consenso o per cause ammessedalla legge e non produce effetto rispetto ai terzi chenei casi previsti dalla legge. È la regola della c.d. relati-vità del contratto, consacrata nell’art. 1372 c.c., in forzadella quale è, in via di principio, da escludersi che, inmancanza di diverso patto o di specifica disposizionenormativa, colui che non è stato parte del contratto difornitura (l’utilizzatore) possa agire perché il contrattostesso sia risolto; incidendo in una res inter alios acta esortendo, così, l’effetto di privare il concedente dellaproprietà del bene locato e, dunque, della garanzia riser-vatasi a fronte del pagamento dei canoni di locazione.Questa regola, in specifiche ipotesi, è stata ritenuta de-rogata da un collegamento negoziale in senso tecnico,che impone la considerazione unitaria della fattispecie.Collegamento in senso tecnico per il quale è necessario

GiurisprudenzaI singoli contratti

230 i Contratti 3/2016

che ricorra sia un requisito oggettivo, costituito dal nes-so teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazionedegli interessi reciproci delle parti nell’ambito di una fi-nalità pratica consistente in un assetto economico glo-bale ed unitario, sia un requisito soggettivo, costituitodal comune intento pratico delle parti di volere non so-lo l’effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti inessere, ma anche il coordinamento tra di essi per la rea-lizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effet-ti tipici e che assume una propria autonomia anche dalpunto di vista causale (il principio è consolidato e, trale più recenti in tal senso, cfr. Cass. n. 11974/10).Non è qui il caso di approfondire in astratto il tema delcollegamento negoziale, tuttavia il quesito posto alleSezioni Unite presuppone (nell’impostazione sia del ri-corso, sia dell’ordinanza interlocutoria) che ci si interro-ghi se, nella specifica vicenda in trattazione, ricorraun’ipotesi di collegamento negoziale in senso tecnico,in virtù del quale la validità e l’invalidità di un contrat-to si rifletta sull’altro in forma di reciproca interdipen-denza. Ossia produca, in estrema sintesi, gli effetti dicui al brocardo del simul stabunt simul cadent.Orbene, sul punto occorre concordare con quell’autore-vole dottrina la quale osserva che, dal punto di vistaeconomico, l’operazione di leasing è sicuramente trilate-rale, nel senso che i rapporti tra fornitore, concedenteed utilizzatore costituiscono un tutto unitario. Eppure,dal punto di vista giuridico, le cose stanno diversamen-te, siccome ci si trova al cospetto di due contratti (quel-lo di compravendita e quello di locazione finanziaria)che, come s’è visto in precedenza, conservano la rispet-tiva distinzione, pur essendo tra loro legati da un nessoche difficilmente può essere considerato di collegamen-to negoziale in senso tecnico. Un collegamento tale,cioè, da comportare che la patologia di un contrattocomporti la patologia anche dell’altro. È pur vero chequesti contratti sono legati da un nesso obiettivo (eco-nomico o teleologico), ma quel che manca, perché pos-sa ravvisarsi il collegamento tecnico, è il nesso soggetti-vo, ossia l’intenzione delle parti di collegare i vari nego-zi in uno scopo comune. Non si può dire, infatti, che ilfornitore si determini alla vendita in funzione della cir-costanza che il bene verrà concesso in locazione dalcompratore/concedente all’utilizzatore/locatario. Alcontrario, il fornitore ha il mero interesse alla venditadel suo prodotto e la causa che regge il contratto da luistipulato con il finanziatore/concedente è quella tipicadel contratto di compravendita, ossia il trasferimentodel bene in cambio del prezzo.Tant’è che, nella fisiologica evoluzione dell’operazione,il fornitore, una volta consegnato il prodotto all’utilizza-tore, esce di scena, essendo assolutamente disinteressatoallo svolgersi dell’altra vicenda che concerne la locazio-ne stipulata tra concedente ed utilizzatore. Le circostan-ze, dunque, che sia proprio l’utilizzatore a scegliere ilfornitore, a trattare con lui ed a ricevere la consegnadel bene e che il fornitore, a sua volta, sia consapevoleche l’acquisto da parte del committente sia finalizzatoalla locazione del bene in favore del terzo utilizzatoresono del tutto esterne rispetto alla struttura stessa dei

contratti che si vanno a stipulare e non sono capaci dimutarne la causa di ciascuna.Se è vero quanto finora osservato, è anche vero che lostesso concedente, una volta determinatosi al finanzia-mento, è del tutto disinteressato rispetto alla scelta delbene e del fornitore effettuata dall’utilizzatore, postoche, qualunque essa sia, egli è garantito dalla proprietàdel bene rispetto all’obbligo del pagamento del canonea carico dell’utilizzatore stesso.A conferma di quanto finora argomentato soccorre (ol-tre la menzionata Convenzione di Ottawa) il quadronormativo delineato dal Testo Unico delle leggi in ma-teria bancaria e creditizia (D.Lgs. n. 385 del 1993), ilquale, nei contratti di credito collegati ed in ipotesi diinadempimento del fornitore, non consente all’utilizza-tore/consumatore (soggetto sicuramente meritevole dimaggior tutela rispetto all’imprenditore) di agire diretta-mente contro il fornitore per la risoluzione del contrat-to di fornitura, bensì gli consente di chiedere al conce-dente/finanziatore (dopo avere inutilmente costituito inmora il fornitore) di agire per la risoluzione del contrat-to di fornitura; richiesta che determina la sospensionedel pagamento dei canoni (art. 125 quinquies, il qualedispone pure che la risoluzione del contratto di fornitu-ra determina la risoluzione di diritto, senza penalità eoneri, del contratto di locazione finanziaria).Per le ragioni finora esposte deve escludersi pure chel’utilizzatore possa autonomamente esercitare contro ilfornitore l’azione di riduzione del prezzo che, quale ri-medio sinallagmatico, andrebbe a modificare i terminidello scambio nel rapporto tra concedente e fornitore.È per tutte queste ragioni che le SU concordano conl’orientamento giurisprudenziale (la cui più approfondi-ta analisi va rinvenuta nella già citata Cass. n.17145/06) dal quale possono dedursi le due seguenticonsiderazioni:Tra il contratto di leasing finanziario, concluso tra con-cedente ed utilizzatore, e quello di fornitura, conclusotra concedente e fornitore allo scopo (noto a quest’ulti-mo) di soddisfare l’interesse dell’utilizzatore ad acquisirela disponibilità della cosa, si verifica un’ipotesi di colle-gamento negoziale (nella pur persistente individualitàpropria di ciascun tipo negoziale) in forza del quale l’u-tilizzatore è legittimato a far valere la pretesa all’adem-pimento del contratto di fornitura, oltre che al risarci-mento del danno conseguentemente sofferto. Invece, inmancanza di un’espressa previsione normativa al riguar-do, l’utilizzatore può esercitare l’azione di risoluzione (odi riduzione del prezzo) del contratto di vendita tra ilfornitore ed il concedente (cui esso è estraneo) sola-mente in presenza di specifica clausola contrattuale conla quale gli venga dal concedente trasferita la propriaposizione sostanziale.Il relativo accertamento, trattandosi di questione con-cernente non la legitimatio ad causam bensì la titolaritàattiva del rapporto, è rimesso al giudice del merito inrelazione al singolo caso concreto.8 - La tutela dell’utilizzatore.Posto che il dibattito finora affrontato scaturisce dallapreoccupazione che l’utilizzatore, in assenza di clausole

GiurisprudenzaI singoli contratti

i Contratti 3/2016 231

contrattuali che (come s’è detto) gli trasferiscano la po-sizione sostanziale del concedente rispetto ad ipotesi ri-solutive del contratto di fornitura (ipotesi che s’è verifi-cata nella fattispecie in trattazione), rimanga sfornito ditutela, nell’inerzia del concedente, occorre affrontareanche questo tema.C’è, dunque, da chiedersi quali siano i rimedi esperibilidall’utilizzatore in ipotesi di vizi della cosa (oggetto siadel contratto del leasing, sia di quello di fornitura) inuna vicenda contrattuale che, nella prassi mercantile,tende ad affermare (come s’è visto) l’esonero del conce-dente da responsabilità per vizi della cosa ed il corri-spondente obbligo dell’utilizzatore di accertare la con-formità del bene in sede di consegna (eventualmente ri-fiutandolo). Ciò a garanzia della separazione tra rischiofinanziario e rischio operativo che sottende la vicendaeconomica in questione, la quale vuole che l’esecuzionedel piano di ammortamento del credito sia indipenden-te da qualsiasi contestazione concernente la qualità e laconformità della fornitura. Ciò significa che, in forza diqueste clausole, l’utilizzatore non può sospendere il pa-gamento dei canoni, né ottenere la risoluzione del con-tratto di locazione.Trattandosi di discipline speciali, deve essere decisa-mente escluso che alla fattispecie possa farsi estensivaapplicazione delle disposizioni contenute nella Conven-zione di Ottawa, sul leasing finanziario internazionale, onel TUB, a favore dell’utilizzatore/consumatore.La giurisprudenza unanime (così come la dottrina) rico-nosce all’utilizzatore il diritto di agire verso il fornitoreper il risarcimento del danno, nel quale sono tra l’altrocompresi i canoni pagati al concedente in costanza digodimento del bene viziato. A tale ultimo riguardo laresponsabilità risarcitoria può farsi risalire, in via gene-rale, a quella da lesione del credito illecitamente com-messa dal fornitore che è terzo rispetto al contratto dilocazione.Ma venendo più al fondo della questione, occorre di-stinguere l’ipotesi in cui i vizi siano immediatamente ri-conoscibili dall’utilizzatore da quella in cui gli stessi simanifestino successivamente alla consegna, tenendo so-prattutto conto che il canone di buona fede agisce qua-le strumento integrativo dei contratti (art. 1375 c.c.).In questo caso, v’è l’obbligo dell’utilizzatore di informa-re il concedente circa ogni questione che sia per questorilevante, così come v’è l’obbligo a carico del conceden-te di solidarietà e di protezione verso l’utilizzatore, al fi-ne di evitare che questo subisca pregiudizi.Il primo caso deve essere equiparato a quello dellamancata consegna, sicché il concedente, una volta in-formato del fatto che l’utilizzatore, verificati i vizi cherendono la cosa inidonea all’uso, ha rifiutato la conse-gna, ha l’obbligo di sospendere il pagamento del prezzoin favore del fornitore, per poi esercitare, se ricorronoi presupposti di gravità dell’inadempimento, l’azione dirisoluzione del contratto di fornitura, alla quale neces-sariamente consegue la risoluzione del contratto di lea-sing. Diversamente, il concedente corrisponderebbe alfornitore il pagamento di un prezzo non dovuto che,

come tale, non può essere posto a carico dell’utilizzato-re.Il secondo caso - quello dei vizi occulti o in mala fedetaciuti dal fornitore ed emersi dopo l’accettazione ver-balizzata da parte dell’utilizzatore - sicuramente consen-te all’utilizzatore di agire direttamente contro il fornito-re per l’eliminazione dei vizi o la sostituzione della cosa.Ma, laddove ne ricorrano i presupposti, anche in questocaso il concedente, informato dall’utilizzatore dell’emer-sione dei vizi, ha, in forza del canone integrativo dellabuona fede, il dovere giuridico (non la facoltà) di agireverso il fornitore per la risoluzione del contratto di for-nitura o per la riduzione del prezzo, con tutte le conse-guenze giuridiche ed economiche riverberantesi sul col-legato contratto di locazione.In conclusione, si può affermare il principio in ragionedel quale:In tema di vizi della cosa concessa in locazione finanzia-ria che la rendano inidonea all’uso, occorre distinguerel’ipotesi in cui gli stessi siano emersi prima della conse-gna (rifiutata dall’utilizzatore) da quella in cui sianoemersi successivamente alla stessa perché nascosti o ta-ciuti in mala fede dal fornitore. Il primo caso va assimi-lato a quello della mancata consegna, con la conseguen-za che il concedente, in forza del principio di buona fe-de, una volta informato della rifiutata consegna, ha ildovere di sospendere il pagamento del prezzo in favoredel fornitore e, ricorrendone i presupposti, di agire versoquest’ultimo per la risoluzione del contratto di forniturao per la riduzione del prezzo.Nel secondo caso, l’utilizzatore ha azione diretta verso ilfornitore per l’eliminazione dei vizi o la sostituzione del-la cosa, mentre il concedente, una volta informato, ha imedesimi doveri di cui al precedente caso. In ogni ipo-tesi, l’utilizzatore può agire contro il fornitore per il ri-sarcimento dei danni, compresa la restituzione dellasomma corrispondente ai canoni già eventualmente pa-gati al concedente.9- La causa in trattazione.Come s’è visto in precedenza, nella causa in trattazionel’utilizzatrice Spinelli & Rampazzo S.r.l. ha citato la for-nitrice Car Diesel s.p.a. per la risoluzione del contrattodi fornitura per mancanza nella cosa delle qualità pro-messe in contratto in subordine, per la riduzione delprezzo. La sentenza impugnata ha dichiarato l’attricepriva di “attiva legittimazione” ed ha così respinto ledomande, ritenendo che l’eventuale esonero del pro-prietario/concedente da ogni responsabilità per vizi del-la cosa debba risultare da apposito patto, non avendofonte normativa. La sentenza ha pure aggiunto che l’at-trice non ha nemmeno prodotto in giudizio il contrattodi locazione finanziaria, sì da provare l’esistenza di unmenzionato patto.Così decidendo la sentenza s’è adeguata ai principi didiritto sopra enunciati, con la conseguenza che il ricor-so proposto dalla Spinelli & Rampazzo deve essere re-spinto.La complessità della questione, che ha richiesto l’inter-vento delle SU, impone l’intera compensazione tra leparti delle spese del giudizio di cassazione.

GiurisprudenzaI singoli contratti

232 i Contratti 3/2016

IL COMMENTOdi Giovanni Di Rosa

Le Sezioni Unite confermano l’orientamento maggioritario che esclude la proponibilità direttada parte dell’utilizzatore in leasing finanziario dell’azione di risoluzione del contratto di venditastipulato tra il concedente e il fornitore per l’inadempimento di quest’ultimo, atteso che il pursussistente collegamento negoziale (sia pure non di tipo tecnico) tra il contratto di leasing e ilcontratto di vendita non consente il superamento del principio di relatività degli effetti del con-tratto, in mancanza di un’espressa previsione normativa al riguardo o di specifica clausola con-trattuale di cessione della posizione sostanziale del concedente. Non viene peraltro smentital’interpretazione restrittiva dell’art. 1705, comma 2, c.c. che limita gli strumenti di tutela delmandante (l’utilizzatore) nei confronti del terzo (il fornitore), inalterato il contratto concluso con ilmandatario (concedente), alle sole azioni manutentive (di adempimento e risarcitorie), quantun-que lo stesso richiamo all’istituto del mandato senza rappresentanza debba ritenersi, rispetto al-la fattispecie in esame, non del tutto appropriato. All’applicazione della regola della buona fedein executivis risponde, invece, in ragione del reciproco dovere di collaborazione tra concedente eutilizzatore nella complessa operazione di natura preminentemente finanziaria, il diversificato re-gime di tutela nei confronti del fornitore in presenza di vizi del bene concesso in leasing, a se-conda cioè che si tratti di vizi emersi prima o successivamente alla consegna, essendo comun-que riconosciuta all’utilizzatore pretesa risarcitoria comprensiva dei canoni eventualmente giàcorrisposti al concedente.

La questione sottoposta alle Sezioni Unite

Con atto di citazione del 14 ottobre 1998 Spinel-li & Rampazzo S.r.l. (utilizzatore nel contratto dileasing finanziario) domandava la risoluzione delcontratto di fornitura avente ad oggetto un benemobile registrato (un autocarro), stipulato traAustria Finanza S.p.a. (società di leasing conce-dente) e Car Diesel S.p.a. (fornitore), per ina-dempimento di quest’ultimo, essendo il bene ri-sultato (successivamente alla consegna) privo diuna qualità essenziale che lo rendeva inidoneoall’ottenimento della prescritta e indispensabileomologazione amministrativa. Nel giudizio diprimo grado il Trib. Verona con sentenza 1° lu-glio 2003 faceva propria la richiesta di parte at-trice con consequenziale declaratoria di risoluzio-ne del contratto di vendita per colpa e fatto delfornitore con obbligo di restituzione della sommapercepita a titolo di prezzo, escludendosi tuttaviail profilo risarcitorio; i giudici d’appello di Vene-zia, invece, accogliendo l’interposto gravame,con sentenza 7 novembre 2007 dichiaravano lacarenza di legittimazione attiva dell’utilizzatorecon conseguente rigetto di tutte le domande daquesti proposte. La Corte di cassazione, investitadel ricorso da parte di Sertra S.r.l. (già Spinelli& Rampazzo S.r.l.), era così chiamata a pronun-ciarsi sull’invocata violazione e falsa applicazionedell’art. 1705 c.c. e delle disposizioni che presie-

dono all ’interpretazione dei negozi giuridiciex artt. 1362 ss. c.c.; l’utilizzatore si doleva infattidella affermata carenza della propria legittimazio-ne attiva alla risoluzione del contratto di com-pravendita, erroneamente statuita a suo avvisodai giudici di appello in quanto, mancando unaprevisione generale di legge, non era stata ravvi-sata alcuna specifica clausola contrattuale in talsenso. Ritenuto il conflitto giurisprudenziale inordine alle azioni contrattuali direttamente espe-ribili dall’utilizzatore in relazione all’inadempi-mento del fornitore, in particolare l’azione di ri-soluzione della vendita per l’inadempimento diquest’ultimo, l’ordinanza interlocutoria della IIISez. della Cass. 4 agosto 2014, n. 17597 ha ri-messo gli atti di causa; il Primo Presidente ne hadisposto l’assegnazione alle Sezioni Unite, a cui èstata sottoposta la dibattuta questione se, con ri-guardo ai presupposti sostanziali e processuali diapplicazione dell’art. 1705, comma 2, c.c. al con-tratto di leasing finanziario, l’utilizzatore sia legit-timato, oltre a far valere la pretesa all’adempi-mento del contratto di vendita stipulato tra ilfornitore del bene e il concedente (la società dileasing) e al risarcimento del danno conseguente-mente sofferto, anche a proporre domanda di ri-soluzione del contratto di vendita per inadempi-mento del fornitore.

GiurisprudenzaI singoli contratti

i Contratti 3/2016 233

La ricostruzione della complessivaoperazione nel quadro decisorio

Il richiesto intervento chiarificatore delle SezioniUnite si inserisce in un variegato panorama dottri-nale e giurisprudenziale in merito alla posizione eai correlativi strumenti di tutela dell’utilizzatore ri-spetto al godimento del bene ottenuto in leasing.La diversità delle soluzioni prospettate è peraltroespressione (e conseguenza) delle differenti rico-struzioni rispetto alle due questioni che appaionocentrali nell’analisi del contratto di leasing (del re-sto intimamente connesse), ossia la relativa dimen-sione funzionale (sotto il profilo, cioè, causale edel complessivo senso dell’operazione contrattuale)e la corrispondente articolazione strutturale (sottoil profilo, cioè, sia del ruolo dei soggetti coinvolti,con inevitabili ricadute in ordine alle relative tec-niche di tutela, sia delle relazioni negoziali tra glistessi instaurate) (1). Il dato non contestato è inve-ce rappresentato dalla comune considerazione delcontratto di leasing come mezzo alternativo (2) “aitradizionali modelli di acquisizione della disponibi-lità dei beni, nella misura in cui appare tecnica ne-goziale diversificata sia rispetto allo schema dellaappropriazione (immediata o preordinata) in viaesclusiva (acquisizione del diritto reale di proprie-tà) sia rispetto allo schema della (mera) concessio-ne in godimento (ossia acquisizione del diritto per-sonale di godimento)” (3); in tal senso si è appro-priatamente rilevato che l’operazione in esame “sicolloca in qualche punto della zona intermedia fraquei due istituti che la tradizione giuridica dell’Eu-ropa continentale - e quindi, in particolare, la no-stra - individua e qualifica, rispettivamente, come

locazione e come vendita a rate con riserva dellaproprietà” (4).Peraltro, la stessa questione sottoposta all’interven-to nomofilattico deve necessariamente essere circo-scritta, in quanto del resto così rappresentata nelcaso di specie oggetto della controversia, all’ipotesiin cui la prassi mercantile non abbia già risolto ilproblema della tutela diretta dell’utilizzatore neiconfronti del fornitore o attraverso la stipulazionedi atti (segnatamente il contratto di vendita) a cuipartecipano tutte le parti (ossia concedente, utiliz-zatore e fornitore) con consequenziale disciplinadelle relative relazioni negoziali (5) o attraversol’inserimento nel contratto di leasing di clausole ditrasferimento da parte del concedente e a favoredell’utilizzatore di tutti i diritti e le connesse azionispettanti al primo nei confronti del fornitore delbene (6).Per quanto concerne l’aspetto strutturale l’orienta-mento condiviso dalle Sezioni Unite individua nelcollegamento negoziale (tuttavia di natura nontecnica) la più appropriata rappresentazione delrapporto tra i due contratti (quello di leasing stipu-lato tra concedente e utilizzatore e quello di vendi-ta stipulato tra concedente e fornitore), contraddi-stinto dall’incontrovertibile dato logico-giuridicoche la stipulazione del contratto di vendita (traconcedente e fornitore) e la correlativa fornituradel bene (ad opera dello stesso fornitore diretta-mente a beneficio dell’utilizzatore) sono effettuatein funzione del contratto di leasing (stipulato traconcedente e utilizzatore); la compiuta attuazionedi quest’ultimo negozio risiede proprio nell’acquisi-ta disponibilità in godimento del bene da parte

(1) Si tratta di un’impostazione che è ben presente nell’ordi-nanza di rimessione e che è stata fatta propria anche dalle Se-zioni Unite.

(2) In termini di negozio legalmente atipico sotto l’aspettodella assenza di specifica disciplina, quantunque noto al legi-slatore come nomen iuris riassuntivo di un certo assetto di in-teressi (sia nella terminologia anglosassone di leasing sia inquella corrispondente alla traduzione italiana, correntementeutilizzata, di locazione finanziaria). Indicativo, in tal senso, il ri-chiamo da ultimo contenuto nella L. 28 dicembre 2015, n.208, recante disposizioni per la formazione del bilancio annua-le e pluriennale dello Stato (c.d. legge di stabilità 2016), il cuiart. 1, commi 76-81, menziona l’introdotto contratto di locazio-ne finanziaria di immobile da adibire ad abitazione principale; ilgià variegato panorama dei possibili sottotipi del contratto inquestione si è dunque arricchito di una ulteriore variante, nonessendo dubbio che la specificità del bene che ne forma og-getto (rispetto agli interessi da soddisfare) recherà con sé pe-culiari ordini di problemi (così come è accaduto per il leasing digodimento piuttosto che traslativo, mobiliare piuttosto che im-mobiliare, al consumo piuttosto che strumentale all’attività diimpresa e via discorrendo).

(3) Di Rosa, Autonomia contrattuale e attività di impresa, To-

rino, 2010, 4.(4) G. Gabrielli, Sulla funzione del leasing, in Riv. dir. civ.,

1979, II, 455; similmente, in precedenza, Ferrarini, La locazionefinanziaria, Milano, 1977, 14.

(5) Tipico, al riguardo, il contenuto dei formulari redatti perla stipula dei contratti di compravendita di beni immobili stru-mentali oggetto di locazione finanziaria, per la cui consultazio-ne può visitarsi il sito dell’Associazione italiana leasing (ASSI-LEA) che si giova, per tale predisposizione negoziale, del sup-porto professionale del Consiglio Notarile di Milano; il relativocontenuto contrattuale è infatti articolato in maniera tale daassicurare all’utilizzatore piena tutela rispetto all’inadempimen-to del venditore, con il connesso riconoscimento della proponi-bilità diretta delle azioni ex contractu.

(6) Superando così, in buona sostanza, una diversa prassi(di carattere limitativo) che, invece, tende ad escludere, a fron-te della riconosciuta facoltà di azione dell’utilizzatore, il possi-bile pregiudizio alla titolarità del diritto di proprietà del bene incapo al concedente (derivante, in ipotesi, dall’esercizio da par-te dell’utilizzatore dell’azione di risoluzione per inadempimentodella vendita ai danni del fornitore), per il cui riscontro possonoutilmente consultarsi i materiali riportati in appendice a De No-va, Nuovi contratti2, Torino, 2000 (rist.), 323 ss.

GiurisprudenzaI singoli contratti

234 i Contratti 3/2016

dell’utilizzatore a fronte dell’intervenuta acquisizio-ne in titolarità da parte del concedente (per il tra-mite del contratto di vendita stipulato da quest’ul-timo con il fornitore). Questa stretta correlazionenegoziale (una sorta di circuito necessario) si tra-duce nella prassi (a testimonianza e conferma dellaricostruzione sopra prospettata) in una peculiareorganizzazione contenutistica delle relazioni con-trattuali tra i soggetti coinvolti, per il tramite diuna serie di clausole che spiegano il complessivosenso (economico e giuridico) dell’operazione inesame (mettendone dunque in evidenza la partico-lare caratterizzazione funzionale) e consequenzial-mente definiscono (anche in termini distributivi)il piano dei rischi contrattuali, con un assetto lacui validità la giurisprudenza ha tendenzialmentericonosciuto (7).Il profilo strutturale è peraltro indubbiamente cor-relato alla dimensione causale del contratto di lea-sing, essendosi già al riguardo rilevato dalla primagiurisprudenza che “sotto l’aspetto economico illeasing nasce come procedimento di finanziamentodegli investimenti produttivi, fondandosi sulla con-siderazione di base che, ai fini della produzione in-dustriale, determinante non è la proprietà degli im-pianti o dei macchinari, ma la loro disponibili-tà” (8). La caratterizzazione finanziaria, che giustifi-ca l’inserimento nell’àmbito del fenomeno crediti-zio (9) o addirittura implica una ricostruzione pro-priamente creditizia (10), va tuttavia correttamen-te interpretata alla stregua della funzione causaleche “è, in senso lato, quella di agevolare le attivitàdi impresa, finanziando in maniera indiretta l’uti-lizzazione di quei beni che appaiono indispensabiliai fini di un’efficace gestione economica” (11). Neesce così rafforzata la convinzione, già peraltro ma-nifestata da autorevole dottrina, che il leasing è uncontratto di scambio (assicurato godimento del be-ne da parte del concedente a fronte del pagamentodei relativi canoni da parte dell’utilizzatore), la cuipur riconosciuta funzione di finanziamento non sitraduce cioè in una struttura che lo faccia rientrare

nei contratti di credito (12). È proprio tuttavia sul-la effettiva causa dell’operazione che sembrano ma-nifestarsi le maggiori incertezze rispetto alla rappre-sentazione fornita dalla decisione che qui si anno-ta, con inevitabili riflessi sugli individuati strumen-ti di tutela assicurabili all’utilizzatore in caso diinadempimento del fornitore del bene.

Il ravvisato collegamento negozialenon tecnico

Il divisato interesse del concedente alla remunera-zione del capitale investito nell’acquisto del beneconcesso in godimento all’utilizzatore attraverso laprogrammata periodica riscossione dei canoni (se-condo un ben preciso piano finanziario), unita-mente alla riconosciuta funzione di mera garanziadella proprietà del bene in capo al concedente e al-la necessaria strumentalità del contratto di venditarispetto al contratto di leasing, consentono di com-prendere la consolidata prassi negoziale che, a suavolta, fornisce conferma, come già detto, di quantoprospettato. Si assiste così, per un verso, all’inseri-mento nei formulari del contratto di leasing di clau-sole che addossano all’utilizzatore ogni rischio ine-rente il bene (la cui individuazione è peraltro ri-messa in via esclusiva all’utilizzatore medesimo eche il concedente si obbliga ad acquistare), sia permancata consegna sia per consegna difettosa, o diclausole che fanno gravare sull’utilizzatore i danniprovocati a terzi dal bene e la stessa perdita o il pe-rimento del bene (13); per altro verso, rispetto alcontratto di vendita, oltre all’ipotesi (non infre-quente) della partecipazione dell’utilizzatore, pos-sono facilmente riscontrarsi a favore di quest’ulti-mo sia clausole di trasferimento di tutte le garanzieda parte del fornitore, sia clausole di estensionedella garanzia prestata dal fornitore, oppure patti(intercorrenti tra concedente e fornitore) volti adassicurare la piena operatività (anche) a favore del-l’utilizzatore di tutte le garanzie derivanti dal con-tratto di vendita (14).

(7) Tra le tante Cass. 2 agosto 1995, n. 8464, in Foro it.,1996, I, 164; Cass. 30 giugno 1998, n. 6412, in Foro it., I,3082.

(8) Trib. Milano 15 maggio 1978, in Giur. mer., 1979, 11.(9) Il riferimento è a G. Gabrielli, Sulla funzione del leasing,

cit., 455.(10) In questo senso Munari, Leasing, in Enc. dir., Aggiorna-

mento, VI, Milano, 2002, 660.(11) Bigliazzi Geri - Breccia - Busnelli - Natoli, Diritto civile,

3, Obbligazioni e contratti, Torino, 1989, 511.(12) Si tratta della posizione di De Nova, Nuovi contratti,

cit., 271 s., il quale esclude la riconducibilità al mutuo e, più ingenerale, ai contratti di credito; similmente Luminoso, Il lea-

sing, in I contratti tipici e atipici, in Trattato Iudica-Zatti, Milano,1996, 378; ulteriori considerazioni al riguardo in Di Rosa, Auto-nomia contrattuale e attività di impresa, cit., 111 ss.

(13) Per converso, e specularmente, come di recente statui-to da Cass. 12 gennaio 2011, n. 534, in Guida dir., n. 8/2011,74, con nota di Piselli, La posizione deve essere maggiormentetutelata se chi usa il bene è obbligato alla manutenzione, all’uti-lizzatore è riconosciuta la legittimazione ad agire per il risarci-mento dei danni subiti da terzi, allorché egli sia tenuto alla ma-nutenzione ordinaria e straordinaria del bene e a lui siano statitrasferiti tutti i rischi inerenti al bene medesimo.

(14) Un compiuto quadro ricostruttivo delle clausole men-zionate in testo (anche in rapporto alla relativa validità rispetto

GiurisprudenzaI singoli contratti

i Contratti 3/2016 235

Da questo complessivo quadro emerge, ad avvisodelle Sezioni Unite, una chiara rappresentazionedella posizione giuridica dei soggetti coinvolti, cia-scuno dei quali si presenta come parte di contrattiautonomi e distinti, giuridicamente dipendenti so-lo nei limiti in cui ciò corrisponde all’effettiva vo-lontà delle parti secondo il predisposto contenutonegoziale (e dunque in tal senso collegati) (15); afronte, cioè, del concedente (unico ad essere parte,a diverso titolo giuridico, di entrambi i contratti,sia quello di leasing sia quello di vendita), l’utilizza-tore (parte del contratto di leasing) è estraneo for-malmente (ossia terzo rispetto) al contratto di ven-dita, così come il fornitore (parte del contratto divendita) è estraneo formalmente (ossia è terzo ri-spetto) al contratto di leasing.Pertanto la ravvisata trilateralità (che connotaeconomicamente l’intera operazione) non può cer-tamente tradursi (sul versante della relativa confi-gurazione giuridica), come pure in passato accadu-to, in termini di contratto unitario plurilatera-le (16), difettando il conseguimento dello scopocomune quale caratteristica essenziale della catego-ria (17).Risulta del resto escluso un collegamento in sensotecnico (o propriamente detto) tra il contratto dileasing e il contratto di vendita riconducibile alla

volontà dei contraenti (non precluso, in via diprincipio, dalla parziale diversità delle parti coin-volte nei due contratti). Tale collegamento, in ter-mini generali, viene ritenuto ricorrere allorché leparti articolano (sia geneticamente sia funzional-mente o geneticamente e funzionalmente) la plura-lità di contratti tra di loro intercorsi in maniera ta-le che questi si presentino in qualche modo corre-lati, nel senso che, per come risulta dallo specificointento delle parti, senza peraltro alcuna specificaprevisione ad opera delle stesse, il nesso di interdi-pendenza tra i contratti medesimi sia tale da esclu-dere l’autosufficienza del contratto isolato (18);viene così ravvisato il fondamento del collegamen-to negoziale volontario nella causa concreta (19),dunque nell’interesse (concreto) che il contratto èdiretto a realizzare (20). L’esclusione del collega-mento negoziale (di tipo funzionale) tra il contrat-to di leasing e il contratto di vendita (21) ha la pro-pria ragion d’essere (a fronte del ravvisato nessooggettivo) nella ritenuta insussistenza del nessosoggettivo, ossia l’intenzione delle parti di collega-re i diversi contratti in uno scopo comune, con lacorrelativa esclusione della ordinaria conseguenzache scaturisce dalla interdipendenza (reciproca obilaterale) dei rapporti negoziali collegati, nel sen-so che le vicende dell’un rapporto si ripercuotono

alla ampia disamina giurisprudenziale) può rinvenirsi già in DeNova, Il contratto di leasing, Milano, 1982, 92 ss.; Id., Nuovicontratti, cit., 283 ss.; diffusamente anche R. Clarizia, I contrattinuovi. Factoring. Locazione finanziaria, in Trattato Bessone, Tori-no, 1999, 139 ss.; Bussani, Contratti moderni. Factoring. Fran-chising. Leasing, in Trattato Sacco, Torino, 2004, 335 ss.; Buo-nocore, La locazione finanziaria, in Trattato Cicu-Messineo-Men-goni-Schlesinger, Milano, 2008, 155 ss.

(15) Il tema (centrale) della attenta indagine sull’effettivavolontà delle parti era già ben presente, nella disamina genera-le del fenomeno, a R. Scognamiglio, Collegamento negoziale,in Enc. dir., VII, Milano, 1960, 380 s., proprio al fine di evitare“i pericoli di una eccessiva estensione a questa stregua, e indifetto di un punto di riferimento sicuro, dei confini del collega-mento volontario con tutte le conseguenze già descritte”(381), in ordine cioè all’incidenza delle vicende dell’uno rispet-to all’altro negozio e viceversa.

(16) Al riguardo, tra le ultime decisioni confermative di taleindirizzo ricostruttivo, Cass. 26 gennaio 2000, n. 854, in Giur.it., 2000, 1136, con nota di Barbiera, Vizi della cosa concessa inleasing e diritti dell’utilizzatore.

(17) In tal senso De Nova, Nuovi contratti, cit., 280, richia-mando il modello codicistico del contratto plurilaterale con co-munione di scopo di cui all’art. 1420 c.c. (rispetto, altresì, alleconseguenze previste dagli ulteriori artt. 1446, 1459 e 1466c.c.); diversamente Chindemi, Leasing di autovettura non im-matricolata: diritti ed obblighi delle parti, in Nuova giur. civ.comm., 2003, I, 441, il quale ritiene che non sussistono “impe-dimenti giuridici di natura sistematica ostativi alla qualificazio-ne del leasing quale contratto plurilaterale”, ovviamente senzacomunione di scopo, sul presupposto cioè che la comunionedi scopo possa caratterizzare, ma non esaurire, la tipologia deicontratti plurilaterali (che possono essere, dunque, con o sen-

za comunione di scopo). In merito può essere utile ricordarel’autorevole posizione di Ascarelli, Contratto plurilaterale, ora inStudi in tema di contratti, Milano, 1952, 115, il quale già rileva-va che “la funzione del contratto plurilaterale (…) non si esau-risce con l’esecuzione delle obbligazioni delle parti (come av-viene negli altri contratti); l’esecuzione delle obbligazioni delleparti costituisce invece la premessa per un’attività ulteriore; larealizzazione di questa costituisce la finalità del contratto, que-sto corrisponde in sostanza a una organizzazione delle parti inordine allo sviluppo di un’attività ulteriore”.

(18) Nella trattatistica, senza alcuna pretesa di completez-za, Bigliazzi Geri - Breccia - Busnelli - Natoli, Diritto civile, 1, II,Fatti e atti giuridici, Torino, 1987, 752 ss.; Sacco, La nozionedel contratto, in Sacco-De Nova, Il contratto3, I, in Trattato Sac-co, Torino, 2004, 84 ss.; Carusi, La disciplina della causa, in E.Gabrielli (a cura di), I contratti in generale2, I, in Trattato Resci-gno-E. Gabrielli, Torino, 2006, 639 ss.; Galgano, Trattato di di-ritto civile3, II, Le obbligazioni in generale. Il contratto in genera-le. I singoli contratti, a cura di Zorzi Galgano, Padova, 2015,250 ss.

(19) Espressamente P. Troiano, Il collegamento contrattualevolontario, Roma, 1999, 29; in giurisprudenza Cass. 27 gennaio1997, n. 827, in Foro it., 1997, I, 1142; sulla necessità, comun-que, del requisito soggettivo Cass. 11 settembre 2014, n.19161, in questa Rivista, 2014, 1025.

(20) Sulla prospettiva unificatrice della causa concreta, direcente, Cass. 31 maggio 2013, n. 13861, in questa Rivista,2013, 692.

(21) Il collegamento si considera funzionale, come rilevatoda C.M. Bianca, Diritto civile, 3, Il contratto2, Milano, 2000, 481s., in quanto risulta dalla unitarietà della funzione perseguita,che ricorre quando i diversi rapporti negoziali posti in esseretendono a realizzare un fine pratico unitario.

GiurisprudenzaI singoli contratti

236 i Contratti 3/2016

sull’altro e viceversa, condizionandone la validità el’efficacia (a mente del noto brocardo simul stabuntsimul cadent) (22). Al riguardo, infatti, non può re-vocarsi in dubbio che la patologia del contratto dileasing non può certo riverberarsi sul contratto divendita (23), anche se diversamente sembrerebbedoversi ritenere per l’ipotesi inversa (24), secondoperò una tecnica di disciplina estranea al fenome-no del collegamento negoziale (25).

La esclusa proponibilità da parte

dell’utilizzatore dell’azione di risoluzione

Esclusa la configurazione strutturale dell’operazionein esame come contratto unitario plurilaterale vie-ne meno anche la prospettata proponibilità in viadiretta delle azioni ex contractu da parte dell’utiliz-zatore (segnatamente l’azione di risoluzione delcontratto di compravendita per inadempimentodel fornitore, rispetto al quale l’utilizzatore è perl’appunto terzo) (26); peraltro, l’individuato e con-diviso collegamento negoziale tra il contratto divendita e il contratto di leasing, proprio per i limitiin precedenza evidenziati, non viene (comunque)ritenuto giuridicamente idoneo dalle Sezioni Unite

a consentire il riconoscimento in capo all’utilizza-tore della legittimazione all’esercizio dell’azione dirisoluzione del contratto di vendita tra il fornitoree il concedente, in assenza di specifiche clausolecontrattuali in tal senso. In buona sostanza il nonravvisato collegamento in senso tecnico non con-sente di eludere, secondo quanto avvertitamentestatuito, la regola base in tema di effetti del con-tratto ai sensi dell’art. 1372 c.c., ossia il principiodella relatività del contratto, per cui “è da esclu-dersi che, in mancanza di diverso patto o di specifi-ca disposizione normativa, colui che è stato partedel contratto di fornitura (l’utilizzatore) possa agireperché il contratto stesso sia risolto; incidendo inuna res inter alios acta e sortendo, così, l’effetto diprivare il concedente della proprietà del bene loca-to e, dunque, della garanzia riservatasi a fronte delpagamento dei canoni di locazione” (27). In questosenso, cioè, la evidenziata rilevanza unitaria, sottoil profilo economico, dell’operazione di leasing nonconsente di ritenere altrettanto sotto il profilo giu-ridico, essendosi in presenza di due contratti (lavendita e il leasing) ciascuno dei quali conserva larispettiva distinzione (28). Una diversa conclusio-ne potrebbe essere consentita solo laddove il legi-

(22) In tal senso Cass. 2 luglio 1981, n. 4291, in Foro it.,1982, I, 467; similmente, da ultimo, Cass. 22 marzo 2013, n.7255, in Guida dir., n. 22/2013, 62; Cass. 10 ottobre 2014, n.21417, in Notariato, 2014, 636.

(23) Analoghe considerazioni svolgevo in Di Rosa, Autono-mia contrattuale e attività di impresa, cit., 29 ss., anche rispettoalla prospettata ricostruzione dell’operazione di sale and lease-back in termini di collegamento negoziale.

(24) All’interno del rilevato nesso di interdipendenza unilate-rale (di tipo necessario) tra la vendita e il leasing si rileva da G.Lener, Leasing, collegamento negoziale ed azione diretta dell’u-tilizzatore, in Foro it., 1998, I, 3083 ss., che la caducazione dellaprima non comporta, alla stregua delle scelte effettuate in con-creto dall’autonomia privata con la traslazione convenzionale(c.d. inversione) dei rischi in capo all’utilizzatore, il venir menodel secondo, elidendosi pertanto l’effetto primario dell’affer-mato collegamento negoziale.

(25) Esemplificando, se il bene oggetto della vendita nonvenisse assicurato alla disponibilità dell’utilizzatore è del tuttoevidente che si realizzerebbe un’impossibilità di attuazione delrapporto di godimento (ovviamente nella configurazione delcontratto di leasing in termini di rapporto di scambio) che nonpotrebbe non refluire sulla vendita stessa, senza necessità tut-tavia di invocare il meccanismo del collegamento negoziale. Sitratta di una soluzione già prospettata dalla giurisprudenza, se-gnatamente (e non isolatamente, come si vedrà) Cass. 2 no-vembre 1998, n. 10926, in questa Rivista, 1999, 803 e in Foroit., 1998, I, 3081, con nota di G. Lener, Leasing, collegamentonegoziale, cit., che, diversamente dalle decisioni precedenti, haritenuto invalida la clausola del contratto di leasing che fa gra-vare sull’utilizzatore il rischio della mancata consegna del beneper violazione del principio di esecuzione del contratto secon-do buona fede, prospettando dubbi in merito alla derogabilitàall’art. 1463 c.c. rispetto all’inadempimento per mancata con-segna del bene oggetto della vendita e del leasing; un rilievosimilare, tuttavia più chiaro e incisivo, si deve a G. D’Amico,

Buona fede in contrahendo, in Riv. dir. priv., 2003, 349 s., nt.41, il quale osserva che la nullità della clausola in esame sigiustifica non per la violazione della buona fede ma per il con-trasto con l’art. 1463 c.c., considerata per l’appunto norma in-derogabile; analogamente Id., Credito al consumo e principio direlatività degli effetti contrattuali (considerazioni “inattuali” sucollegamento negoziale e buona fede), in questa Rivista, 2013,719 ss.

(26) L’intima relazione tra la configurazione giuridica in ter-mini di presupposto (contratto unitario plurilaterale) e la tecni-ca di tutela dell’utilizzatore in termini di conseguenza (esperibi-lità dell’azione di risoluzione) è ben presente, ad esempio, inCass. 26 gennaio 2000, n. 854, cit., che postula peraltro il liti-sconsorzio necessario del concedente, onde evitare in buonasostanza che la giuridica posizione di questi possa essere mo-dificata (nell’ipotesi di dichiarata risoluzione del contratto divendita) in assenza di un formale coinvolgimento nel relativogiudizio.

(27) Non è tuttavia chiaro se i giudici, laddove avessero rav-visato il collegamento in senso tecnico o proprio, avrebbero ri-tenuto superabile la regola della relatività del contratto.

(28) Il tema dei rapporti tra collegamento negoziale e princi-pio della relatività degli effetti contrattuali è oggetto della at-tenta disamina di G. D’Amico, Credito al consumo e principio direlatività degli effetti contrattuali, cit., 712 ss., il quale giusta-mente critica (rispetto alla specifica vicenda giudiziale analizza-ta) l’integrale sovrapposizione tra dato economico e dato giuri-dico, che conduce i giudici ad affermare (in quel caso di spe-cie) che la risoluzione del contratto di finanziamento (a seguitodell’inadempimento del contratto di vendita) legittima il mu-tuante a richiedere la restituzione della somma mutuata, nonal mutuatario, ma direttamente (ed esclusivamente) al vendito-re; infatti, nonostante il non dubitabile collegamento tra il con-tratto di finanziamento e il contratto di acquisto del bene, ilprincipio di relatività degli effetti contrattuali risulterebbe supe-rato “se si ammettesse (…) che il meccanismo delle restituzio-

GiurisprudenzaI singoli contratti

i Contratti 3/2016 237

slatore avesse espressamente previsto una similepossibilità, derogando cioè al principio sancìto dal-l’art. 1372 c.c. e permettendo così all’utilizzatore,terzo rispetto al contratto di vendita stipulato dalconcedente con il fornitore, di proporre azione dirisoluzione per inadempimento del venditore (for-nitore del bene).Né a diversa conclusione i giudici ritengono di po-tere giungere attraverso la soluzione interpretativa,prospettata in termini dubitativi nell’ordinanza dirimessione (e peraltro costituente oggetto del que-sito formulato), che, facendo leva sulla assimilatascissione delle posizioni di concedente, utilizzatoree fornitore in maniera corrispondente a quelle (ri-spettivamente) di mandatario, mandante e terzonel mandato senza rappresentanza, richiama la pre-visione dell’art. 1705, comma 2, c.c. a tutela deidiritti del mandante (l’utilizzatore) nei confrontidel terzo (fornitore) che ha contrattato con il man-datario (il concedente) (29). Giova al riguardo pre-liminarmente rilevare che la stessa configurabilitàdi un mandato senza rappresentanza ad acquistare,ritenuto sotteso alla operazione in esame a caricodel concedente, il quale si impegnerebbe per l’ap-punto ad acquistare il bene presso il fornitore perconto dell’utilizzatore e in nome proprio, è stata

criticata in ragione del fatto che “la proprietà delbene locato resta all’impresa di leasing” (30). Certo,non può dubitarsi che la permanenza (anche even-tualmente definitiva) della titolarità del bene ac-quistato in capo al mandatario (ossia il conceden-te) collide, in sé, con la funzione programmaticadel contratto di mandato senza rappresentanza, de-stinato cioè ad assicurare attraverso il peculiarecongegno effettuale previsto dal legislatore nell’art.1706 c.c. l’acquisizione a favore del mandante, rea-le dominus dell’affare (e per questo dispensatorepreventivo, almeno normalmente e salvo pattocontrario, dei mezzi necessari per l’esecuzione delmandato ex art. 1719 c.c., ossia l’esatto opposto diquanto accade strutturalmente laddove si ricorraalla locazione finanziaria) (31); singolare appare,inoltre, il riferimento al contratto di mandato innome proprio, essendo ordinario il relativo utilizzo(sia pure non esclusivo) per rendere ignota (e co-munque giuridicamente irrilevante) al terzo con-traente la presenza del mandante, a differenza diquanto accade nella complessa operazione in esamein cui, all’opposto, l’utilizzatore (presunto mandan-te) conosce perfettamente (anzi sceglie egli stesso)il fornitore (presunto terzo che contrae con il man-datario) e il bene oggetto della programmata acqui-

ni conseguenti alla risoluzione dei contratti “collegati” possa edebba avvenire secondo le modalità or ora richiamate” (717),come del resto poi disposto a seguito della riforma degli artt.121 ss., D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385, contenente il testounico in materia bancaria e creditizia, il cui nuovo art. 125quinquies, comma 2 prevede (tra l’altro) che “Il finanziatore hail diritto di ripetere detto importo nei confronti del fornitorestesso”. L’impostazione criticata è ben presente alla stessa or-dinanza di rimessione che richiama, proprio rispetto alle vicen-de scaturenti dai rapporti tra risoluzione del contratto di vendi-ta per inadempimento del fornitore e consequenziale sciogli-mento del contratto di leasing, “la fattispecie limitrofa di colle-gamento negoziale tra compravendita e mutuo (di scopo) fina-lizzato all’acquisto”. Sull’evoluzione normativa in materia, allaluce delle modifiche imposte dalla disciplina comunitaria, puòutilmente consultarsi, tra i vari contributi, il volume collettaneoLa nuova disciplina europea del credito al consumo. La direttiva2008/48/Ce relativa ai contratti di credito dei consumatori e ildiritto italiano, a cura di G. De Cristofaro, Torino, 2009.

(29) La scissione di posizioni di cui in testo è da tempo pre-sa in considerazione, sia pure dubitativamente quanto all’àm-bito di estensione in ordine alle conseguenze ricavabili in pun-to di tutela del mandante (nel caso di specie l’utilizzatore); pos-sono, al riguardo, segnalarsi Cass. 2 novembre 1998, n.10926, cit.; Cass. 12 marzo 2004, n. 5125, in Rep. Foro it.,2004, voce Intervento in causa e litisconsorzio, 1416, n. 13;Cass. 1° ottobre 2004, n. 19657, in Banca, borsa, tit. cred.,2005, II, 611; Cass. 5 settembre 2005, n. 17767, in Giust. civ.,2006, 289; Cass. 27 luglio 2006, n. 17145, in Dir. prat. soc., n.20/2006, 70, con nota di Gaeta, Tutela sostanziale dell’utilizzato-re di “leasing” finanziario; Cass. 16 novembre 2007, n. 23794,in Dir. prat. soc., n. 24/2008, 73, con nota di Gelfi, “Leasing” fi-nanziario e legittimazione dell’utilizzatore e in Obbl. contr., 2008,996, con nota di Cognolato, Ancora in tema di leasing, manda-to ed azione diretta dell’utilizzatore (con una parziale novità?).

(30) Buonocore, Leasing, in Noviss. Dig. it., IV, Torino,1983, 803; critico anche Barbiera, Vizi della cosa concessa inleasing, cit., 1137, rispetto all’obbligo a contrarre del conce-dente; diversamente (ma in maniera non convincente) Cass. 2ottobre 1998, n. 9785, in Giur. it., 1999, 1152, con nota (deci-samente critica) di Rondelli, Perpetuum mobile: il leasing e latutela diretta dell’utilizzatore, la quale, richiamando (tuttavia im-propriamente per quel che interessa) l’insegnamento dottrinalesulla variabilità effettuale del mandato, al fine di giustificare latutela ex art. 1705, comma 2, c.c. con riguardo all’esercizio deidiritti di credito acquisiti ritiene riconducibile la situazione inesame a quella scaturente da un mandato avente ad oggetto“la stipulazione di atti giuridici particolari, quali la stipulazionedi prendere in locazione un bene o di conseguire un qualsiasititolo personale di godimento di una cosa (…). Infatti, in questicasi si deve ritenere implicito o un consenso attuale del man-dante e del mandatario alla cessione della locazione o del tito-lo di godimento personale a beneficio del mandante, oppureun impegno alla futura stipulazione di tale cessione” (1160).

(31) Sul valore programmatico del contratto di mandato, al-la cui stregua esaminare e giustificare il complesso delle pecu-liari disposizioni di cui agli artt. 1705, 1706 e 1707 c.c., siaconsentito il rinvio a Di Rosa, Rappresentanza e gestione. For-ma giuridica e realtà economica, Milano, 1997, 231 ss. Del re-sto lo stesso concedente mantiene comunque (ossia in ognicaso) la titolarità del bene acquistato nell’interesse dell’utilizza-tore per tutto il periodo di durata del contratto di leasing; si do-vrebbe pertanto ravvisare, a rigore, un mandato all’acquisto infunzione della mera concessione in godimento, rispetto cioèad una situazione giuridica soggettiva diversa (in quanto dicontenuto minore) rispetto a quella oggetto dell’acquisizionein ragione del mandato, salva peraltro l’eventuale successivaacquisizione in titolarità del bene da parte dell’utilizzatore-man-dante in virtù dell’esercizio del diritto di opzione nei confrontidel concedente-mandatario.

GiurisprudenzaI singoli contratti

238 i Contratti 3/2016

sizione (32). Il ricorso al mandato senza rappresen-tanza si palesa allora espediente non lineare e nondel tutto condiviso dalle Sezioni Unite (33), senzatrascurare che altre soluzioni (pure in precedenzaprospettate) sarebbero potute risultare più appro-priate, sia pure con qualche adattamento, quantun-que non ritenute di rilievo e comunque estranee alcaso oggetto della controversia (34).In ogni caso, pur ammettendo la sussistenza di unmandato senza rappresentanza, è proprio sugli stru-menti di tutela che il mandante può far valere neiconfronti del terzo a incentrarsi la questione, og-getto della rimessione alle Sezioni Unite, “concer-nente - con riguardo ai presupposti sostanziali eprocessuali di applicazione dell’articolo 1705, se-condo comma, cod. civ. alla locazione finanziaria -le azioni direttamente proponibili dall’utilizzatorenei confronti del venditore e, segnatamente, quelladi risoluzione della vendita per inadempimento diquest’ultimo”. Ai sensi dell’art. 1705, comma 2,c.c., infatti, “il mandante, sostituendosi al manda-tario, può esercitare i diritti di credito derivanti

dall’esecuzione del mandato, salvo che ciò possapregiudicare i diritti attribuiti al mandatario dalledisposizioni degli articoli che seguono”, rappresen-tando tale previsione una eccezione al principio in-dicato nel precedente comma 1, il quale escludeche i terzi abbiano rapporto alcuno con il mandan-te; la possibilità di tutela riconosciuta al mandantenon comporta, tuttavia, che a questi sia consentitol’esercizio delle azioni contrattuali scaturenti dalregolamento di interessi disposto con il negozio ge-storio (35), al fine cioè di fare valere la mancataattuazione del rapporto obbligatorio (con riferi-mento, ad esempio, alle azioni di annullamento, ri-soluzione, rescissione del contratto concluso dalmandatario con il terzo), proprio perché il man-dante è terzo rispetto al rapporto esterno. Al ri-guardo, pur risultando dall’ordinanza di rimessionele perplessità in ordine alla confermata interpreta-zione restrittiva dell’art. 1705, comma 2, c.c. adopera di precedente intervento nomofilattico e allaconsequenziale limitativa trasposizione al contrattodi leasing (36), le Sezioni Unite non si discostano

(32) Del resto, secondo lo stesso modello normativo invo-cato a supporto, il mandante rimane (in maniera logicamentecoerente) formalmente estraneo all’instaurata relazione tramandatario in nome proprio e terzo contraente; proprio questodato, nonostante il richiamato art. 1705, comma 2, c.c. costi-tuisce, come a breve si avrà modo di verificare, un ostacolodecisivo al riconoscimento di tutele altre (e più incisive) a favo-re dell’utilizzatore-mandante.

(33) In un passo della decisione si ha infatti modo di legge-re che, a motivo della sussistenza di talune clausole nei formu-lari predisposti, il contratto di fornitura può essere configurato“alla stregua di un contratto produttivo di taluni effetti obbliga-tori a favore del terzo utilizzatore, senza la necessità di ipotiz-zare la presenza di un mandato implicito al contratto di leasingvolto ad assicurare all’utilizzatore i diritti di azione riconosciutidalla legge al mandante nel mandato senza rappresentanza(art. 1705, comma 2, c.c.)”.

(34) Il riferimento è al contratto a favore di terzi rispetto acui, mutuando lo schema dell’art. 1411 c.c., come rilevato daBarbiera, Vizi della cosa concessa in leasing, cit., 1137, “il con-tratto concluso dal concedente col fornitore verrebbe a confi-gurarsi come contratto a favore di terzo (l’utilizzatore) con as-sunzione da parte del fornitore-promittente di obblighi versol’utilizzatore svincolati dalle vicende del rapporto di base (il co-siddetto rapporto di provvista), intercorso tra esso fornitore el’impresa di leasing”; analogamente A. Segreto, Una nuovaproposta per la tutela dell’utilizzatore nel leasing finanziario, inArch. civ., 1998, 260 ss., il quale inquadra il contratto di acqui-sto tra concedente e fornitore nello schema del contratto (par-zialmente, ossia per la parte che riguarda il godimento) a favo-re di terzo, cioè l’utilizzatore.

(35) In questi termini Carnevali, Mandato. I) Diritto civile, inEnc. giur., XIX, Roma, 1990, 5; analogamente Carpino, I con-tratti speciali. Il mandato, la commissione, la spedizione, in Trat-tato Bessone, XIV, Torino, 2007, 47 s.; identicamente, già inprecedenza, Luminoso, Mandato, commissione, spedizione, inTrattato Cicu-Messineo-Mengoni, XXXII, Milano, 1984, 221 ss.;più di recente Calvo, La rilevanza esterna del mandato, in Riv.trim. dir. proc. civ., 2009, 793 ss.; da ultimo Di Gregorio, Ilmandato, II, Gli atti compiuti dal mandatario nei confronti dei

terzi, in I contratti di collaborazione, a cura di Sirena, in TrattatoRescigno-E. Gabrielli, 16, Torino, 2011, 138.

(36) La decisione richiamata è di Cass., SS.UU., 8 ottobre2008, n. 24772, in Corr. giur., 2009, 691, con nota di Maffeis,Le azioni contrattuali nel mandato senza rappresentanza: interes-se del mandante e affidamento del terzo e in Obbl. contr., 2009,513, con nota di Longo, Affidamento del terzo nel mandatosenza rappresentanza e unicità del fatto costitutivo quale presup-posto dell’azione di arricchimento. Il tema, del resto, aveva su-scitato un importante contrasto giurisprudenziale proprio conriferimento alla fattispecie del leasing finanziario, per i cui riferi-menti dottrinali e giurisprudenziali può rinviarsi a Di Rosa, Ilmandato, I, Artt. 1703-1709, in Comm. Schlesinger-Busnelli,Milano, 2012, sub art. 1705, 98 ss. La automatica trasposizio-ne delle risultanze giudiziali nomofilattiche al contratto di lea-sing era stata revocata in dubbio dall’ordinanza di rimessionerilevandosi che “lontana dalle peculiarità del leasing appare laratio ispiratrice della decisione delle SSUU; che non riposa nel-la tutela del mandante, e nemmeno in quella del mandatario,ma del terzo”, il quale ultimo si troverebbe esposto a interventidi soggetti estranei che incidono sulle sorti del contratto in as-senza di un proprio espresso consenso; questo tipo di ostaco-lo, ad avviso dell’ordinanza di rimessione, non sembrerebbeconducente dal momento che nella locazione finanziaria “ilrapporto (ancorché non unitario) viene purtuttavia ad instau-rarsi ed a svolgersi nella piena consapevolezza e volontà di tut-ti e tre i contraenti; certamente incluso il venditore. Sicché nonvi sarebbe motivo di parlare di cessione contrattuale senzaconsenso del contraente ceduto, ma soltanto di esposizionedel terzo (anche senza una specifica previsione pattizia) aduna legittimazione non soltanto non aliena, ma addiritturacoessenziale al contratto da lui stipulato”. In altra sede, ossiain Di Rosa, Il mandato, I, cit., sub art. 1705, 97 s., nt. 68, avevogià avuto modo di esprimere perplessità, a proposito dellaconfermata interpretazione restrittiva dell’art. 1705, comma 2,c.c., in ordine al ritenuto pregiudizio che deriverebbe al terzodall’eventuale riconoscimento di una tutela più ampia al man-dante, soprattutto (come nella richiamata decisione del 2008)nel caso di fallimento del mandatario.

GiurisprudenzaI singoli contratti

i Contratti 3/2016 239

affatto dalla posizione tradizionale, anche alla lucedel ribadito principio della relatività degli effettidel contratto e, dunque, della ritenuta impraticabi-lità di azioni da parte di un soggetto, l’utilizzatore(mandante), estraneo al rapporto instauratosi conla vendita stipulata tra il concedente (mandatario)e il fornitore (terzo rispetto al mandato). Del restola stessa interpretazione restrittiva dell’art. 1705,comma 2, c.c., che può peraltro ritenersi applica-zione del principio di relatività degli effetti delcontratto (nel senso che la disposta eccezionequanto all’esercizio dei diritti di credito da partedel mandante conferma la regola generale dell’as-senza di rapporti tra soggetti che non sono partidel contratto), risulta conforme alla richiamataConvenzione di Ottawa sul leasing internazionale,adottata il 28 maggio 1988 e fatta propria dal no-stro Paese con la legge di recepimento 14 luglio1993, n. 259, riguardante appunto la ratifica edesecuzione della Convenzione UNIDROIT sulleasing finanziario internazionale (37); il relativoart. 10 infatti, richiamato dalle Sezioni Unite atestimonianza della confermata distinzione tra ilcontratto di leasing e il contratto di vendita, senzaalcun correlativa parifica delle figure del conce-dente e dell’utilizzatore nei loro rapporti con ilfornitore, pur riconoscendo l’operatività degli ob-blighi contrattuali derivanti dal rapporto tra ilconcedente e il fornitore anche nei confronti del-l’utilizzatore (tra l’altro per il profilo risarcitorio),esclude espressamente al comma 2 che l’utilizzato-re possa risolvere il contratto di fornitura senza ilconsenso del concedente. Risulta così confermatala non automaticità della tutela diretta dell’utiliz-zatore (attraverso cioè l’azione di risoluzione perinadempimento) nei confronti del fornitore e la

non appropriatezza del richiamo a tale ultimo di-sposto normativo (peraltro nel caso di specie nonapplicabile) per fondare (sulla base di una certainterpretazione dell’art. 1705, comma 2, c.c.) il ri-conoscimento all’utilizzatore di strumenti ai qualiquest’ultimo non ha accesso neanche rispetto allaspecifica disciplina di legge (dettata peraltro per illeasing internazionale) (38); così come, del resto,anche la disciplina dei contratti di credito colle-gati rispetto alla locazione finanziaria di cui al no-vellato D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385, recanteil testo unico delle leggi in materia bancaria e cre-ditizia, esclude, in caso di inadempimento del for-nitore, che il consumatore-utilizzatore (ritenutoperaltro dalle stesse Sezioni Unite meritevole dimaggiore protezione rispetto all’imprenditore-uti-lizzatore) possa agire per la risoluzione del con-tratto di fornitura (39).

(Segue). I riconosciuti rimedi per i vizidel bene

Una volta esclusa la proponibilità da parte dell’uti-lizzare dell’azione di risoluzione del contratto divendita per inadempimento del fornitore e consi-derata altresì la prassi mercantile che, in virtù dellapredisposizione di apposite clausole, esonera il con-cedente da ogni responsabilità per vizi del bene,obbligando pertanto l’utilizzatore alla corresponsio-ne dei canoni, resta pressante il problema di assicu-rare adeguata tutela a quest’ultimo rispetto al man-cato o difettoso godimento del bene. Al riguardo leSezioni Unite, rilevata la preponderante natura fi-nanziaria dell’operazione e, dunque, l’indipendenzae autonomia dell’obbligazione del concedente ri-spetto a quella del fornitore, resa possibile dalle

(37) In merito, tra tanti, R. Clarizia, La convenzione Unidroitsulla locazione finanziaria: analogie e differenze rispetto al mo-dello italiano, in Riv. dir. impr., 1994, 27 ss.

(38) In tal senso, del resto, la stessa giurisprudenza, ossia,tra le altre, Cass. 16 novembre 2007, n. 23794, cit., che ricono-sce all’utilizzatore la legittimazione ad agire nei confronti delfornitore per fare valere la pretesa all’adempimento del con-tratto di fornitura, oltre che al risarcimento del danno conse-guente sofferto ovvero al risarcimento del danno da inesattoadempimento del contratto medesimo, richiamandosi proprioallo schema di cui all’art. 1705, comma 2, c.c.

(39) Al riguardo l’art. 125 quinquies, comma 3, D.Lgs. n.385/1993 prevede solamente la possibilità per il consumatoredi chiedere al finanziatore di agire per la risoluzione del con-tratto di fornitura, una volta inutilmente effettuata la costituzio-ne in mora del fornitore, con la disposta successiva automati-ca risoluzione del contratto di locazione finanziaria una voltaintervenuta la risoluzione del contratto di fornitura. Decisa-mente critica sia rispetto alla introdotta disciplina ad hoc per illeasing (di consumo e traslativo) sia rispetto allo specifico tipodi regolamentazione Gorgoni, Sui contratti di finanziamento dei

consumatori, di cui al capo II titolo VI TUB, novellato dal titolo Idel d.lg. n. 141 del 2010, in Giur. mer., 2011, 342 ss., che, allaluce della soluzione legislativa, ritiene probabile (da parte dellegislatore) “la presa d’atto che la locazione finanziaria dà vitaad un’operazione la cui complessità strutturale non è colta perintero dal collegamento (che il legislatore non pensasse alla ri-correnza di un collegamento è dimostrato a contrario dal fattoche nel comma 1 dell’art. 125-quinquies si detta la differentedisciplina applicabile ai contratti collegati” (343), rilevando al-tresì che la soluzione normativa non corrisponde (almeno nellasua interezza) ad alcuna delle tesi prospettate al riguardo neldibattito dottrinale e giurisprudenziale rispetto all’inadempi-mento del fornitore (ossia sostanziale autonomia dell’obbliga-zione del concedente rispetto a quella del fornitore se si ritienedi natura finanziaria la causa del contratto di leasing, invocabi-lità dell’art. 1463 c.c. se si opta per la causa di scambio, colle-gamento negoziale con riconosciuta tutela ex art. 1705, com-ma 2, c.c., discussa tuttavia in ordine al relativo àmbito diestensione); Ead., Spigolature su luci (poche) e ombre (molte)della nuova disciplina dei contratti di credito ai consumatori, inResp. civ. prev., 2011, 774 s.

GiurisprudenzaI singoli contratti

240 i Contratti 3/2016

clausole sopra menzionate (40), confermano, inogni caso, la già riconosciuta tutela risarcitoria al-l’utilizzatore nei confronti del fornitore per lesionedel proprio credito (al godimento) nascente dalleasing, all’interno del cui quantum vengono ricom-presi anche i canoni corrisposti al concedente incostanza di godimento del bene viziato. Quanto, in-vece, ai restanti profili viene introdotta una distin-zione tra vizi immediatamente riconoscibili al mo-mento della consegna (ipotesi alla quale va assimi-lata quella della ineseguita consegna) e vizi occultio in mala fede taciuti dal venditore, emersi dunquesuccessivamente alla consegna, richiamandosi il ca-none della buona fede in executivis ai sensi dell’art.1375 c.c. quale regola integrativa della fattispeciecontrattuale. In particolare, ciò servirebbe a fondareobblighi di informazione (dell’utilizzatore nei con-fronti del concedente) e di protezione (del conce-dente nei confronti dell’utilizzatore) onde assicurareun’appropriata realizzazione degli interessi sottesi al-l’intera operazione. Così, laddove l’utilizzatore abbiaavuto modo di riscontrare all’atto della consegna vi-zi redibitori (ossia tali da rendere il bene non ido-neo all’uso richiesto e pattuito) è tenuto a rifiutarela consegna medesima e a informare tempestiva-mente il concedente che, a sua volta, è obbligato asospendere il pagamento del prezzo al fornitore edesercitare nei confronti di questi (ricorrendone ipresupposti) l’azione di risoluzione per inadempi-mento, alla quale segue necessariamente la risoluzio-ne del contratto di leasing (in linea, peraltro, con laprospettata ricostruzione in termini di collegamentonegoziale non tecnico). Viceversa, in ipotesi di viziemersi successivamente alla consegna l’utilizzatorepuò agire nei confronti del fornitore per l’elimina-zione dei vizi o la sostituzione del bene; anche inquesto caso, tuttavia, la tempestiva informazionedell’utilizzatore obbliga il concedente ad agire nei

confronti del fornitore per la risoluzione del contrat-to di vendita o per la riduzione del prezzo con con-sequenziale incidenza sul contratto di leasing.Le soluzioni prospettate dalle Sezioni Unite ap-paiono sostanzialmente confermare taluni indirizziprecedenti, sia per quanto riguarda la tutela risarci-toria sia in ordine a quella sostitutivo-ripristinato-ria, già riconosciute in capo all’utilizzatore da dot-trina e giurisprudenza per il tramite dell’applicazio-ne dell’art. 1705, comma 2, c.c. o comunque a mo-tivo del ritenuto sussistente collegamento negoziale(ampiamente in precedenza esaminati e su cui dun-que non si tornerà); così come pure non nuova ri-sulta la richiamata operatività della clausola gene-rale di buona fede ex art. 1375 c.c. al fine di deli-neare reciproci obblighi comportamentali (41), sucui, invece, appare opportuno soffermarsi breve-mente. Sullo sfondo, peraltro, resta espressamenteesclusa l’applicabilità sia della già richiamata (pe-culiare) Convenzione di Ottawa sul leasing interna-zionale (42) sia della disciplina (speciale) della lo-cazione finanziaria rispetto all’utilizzatore-consu-matore (il leasing al consumo) di cui all’art. 125quinquies, D.Lgs. n. 385/1993 (43).Quanto, allora, alla prescritta applicazione dell’art.1375 c.c. deve preliminarmente convenirsi, in ter-mini generali, con quella dottrina la quale ritieneche l’ambito problematico della buona fede in esa-me corrisponde “all’area della gestione della sferaindividuale di un comportamento, in funzione del-la soddisfazione dell’interesse dell’altro, per quantosi discosti dalla programmazione contrattuale” (44),assicurando di conferire rilevanza giuridica ad unapretesa non pattiziamente regolata (45). In questosenso cioè la buona fede “si iscrive (e si risolvecompiutamente) nella logica del principio pactasunt servanda” (46), quale criterio (tuttavia) di svi-luppo (e specificazione) del sistema di regole pro-

(40) Della cui validità dunque le Sezioni Unite non sembra-no dubitare; proprio per questo, come si avrà modo di eviden-ziare nel prosieguo, vengono riproposti (già noti) modelli di ge-stione del consequenziale rapporto tra concedente e utilizzato-re rispetto alla posizione del fornitore (resosi inadempiente).

(41) Il riferimento è alle decisioni di Cass. 6 giugno 2002, n.8222, in Nuova giur. civ. comm., 2003, I, 435, con nota di Chin-demi, Leasing di autovettura non immatricolata, cit., e di Cass.29 aprile 2004, n. 8218, in questa Rivista, 2004, 1023, con notadi Addante, Dovere di collaborazione tra concedente ed utilizza-tore nel leasing e clausole di traslazione del rischio; entrambe levicende, peraltro, riguardano lo stesso specifico problema(autoveicolo consegnato ma non idoneo alla circolazione) esa-minato nel giudizio nomofilattico (che equipara la fattispecie inesame a quelle della mancata consegna o della consegna rifiu-tata per la presenza di contestati vizi redibitori del bene).

(42) Regolamentazione già peraltro ritenuta utile, nonostan-te la confermata non applicabilità, da Cass. 27 luglio 2006, n.

17145, cit. e Cass. 16 novembre 2007, n. 23794, cit., in quantoesempio di disciplina tipizzata dell’operazione di leasing.

(43) Almeno secondo quanto espressamente risulta dalleindicazioni fornite dalle Sezioni Unite, ma su questo profilo siavrà modo di tornare a breve in testo.

(44) M. Barcellona, Commento sub artt. 1374-1375, inComm. Cendon, IV, 1, Torino, 1991, 624 s., riprendendo peral-tro quanto dallo stesso sostenuto in Id., Un breve commentosull’integrazione del contratto, in Quadrimestre, 1988, 547 ss.

(45) L’insegnamento è di Belfiore, La presupposizione, in Ilcontratto in generale, IV, in Trattato Bessone, XIII, Torino, 2003,26, che peraltro ritiene ammissibile un risultato del genere soloove “tale pretesa sia priva di autonomia rispetto all’interessedisciplinato in contratto e, perciò, si configuri come meramen-te strumentale-accessoria al soddisfacimento di quell’interes-se”.

(46) Belfiore, La presupposizione, cit., 28.

GiurisprudenzaI singoli contratti

i Contratti 3/2016 241

prie dell’ordinamento pattizio. Ora, quantunque leprospettazioni sopra richiamate possano essere rite-nute divergenti in ordine alla funzione assegnataalla buona fede (ruolo positivo), elemento comuneè certamente rappresentato dalla condivisione diciò che la buona fede non è o che, comunque, allabuona fede non compete (ruolo negativo), nel sen-so che essa certamente non introduce istanze eti-che o solidaristiche che si sovrappongono ai valoridell’ordinamento (47). Tenuta ferma, dunque, que-sta impostazione ricostruttiva, occorre allora verifi-care in che misura il fondamento normativo al ri-guardo utilizzato dalle Sezioni Unite (ossia l’art.1375 c.c.) risulti corrispondente alla (più appro-priata) configurazione giuridica del contratto dileasing, proprio muovendo dall’idea (che è proba-bilmente quella condivisa, almeno sul piano forma-le, dalla decisione in esame rispetto all’id quod ple-rumque accidit) della (preminente) natura finanzia-ria in senso tecnico-giuridico dell’operazione inquestione con integrale trasferimento del rischio incapo all’utilizzatore (48). Peraltro, a differenza diquanto ordinariamente previsto nella modulistica,che non estende all’utilizzatore la titolarità attivadel rapporto di fornitura, precludendo così, comegià evidenziato, la legittimazione all’esperimentodell’azione di risoluzione del contratto di venditaper inadempimento del fornitore, in caso di rifiutodella consegna del bene (a motivo di vizi redibito-

ri) i formulari (almeno di regola) impongono allostesso utilizzatore non solo di contestare formal-mente i vizi al fornitore ma altresì di informare diciò anche il concedente (in ogni caso esente da re-sponsabilità); in mancanza l’utilizzatore si troveràcostretto a iniziare immediatamente il pagamentoperiodico dei canoni convenuti. Da questo tipo diprevisione pattizia emerge pertanto una chiara re-lazione di corrispettività tra il pacifico godimentoassicurato all’utilizzatore (in ragione dei controllipreventivi e successivi da quest’ultimo eseguiti eallo stesso convenzionalmente deputati) e l’obbligodel pagamento dei canoni, smentendosi così la ca-ratterizzazione in chiave esclusivamente finanziariadell’operazione (che presenta, invece, i tipici con-notati del rapporto di scambio) e la stessa autono-mia (assoluta) dell’obbligazione del concedente ri-spetto a quella del fornitore (49).Da altro punto di vista, tuttavia, deve rilevarsi chel’eventuale assenza di clausole del tenore sopra ri-portato (50) potrebbe aprire spazi per doverosicomportamenti finalizzati ad evitare, in buona so-stanza, ingiustificati trasferimenti di ricchezza, ossiadal concedente al fornitore (al quale viene corri-sposto il prezzo in assenza di assicurato godimentoall’utilizzatore perché, nei casi estremi, il bene nonè stato consegnato o, comunque, è stato legittima-mente rifiutato) e dall’utilizzatore al concedente(al quale viene corrisposto il canone senza che il

(47) In tal senso M. Barcellona, Commento, cit., 626; Id.,Clausole generali e giustizia contrattuale. Equità e buona fedetra codice civile e diritto europeo, Torino, 2006, 173; Belfiore,La presupposizione, cit., 28, a cui avviso la buona fede è benlungi dal costituire “un canale di ingresso di istanze etiche osolidaristiche in qualche modo riconducibili a formule della Co-stituzione”.

(48) Si deve peraltro escludere, nella ricostruzione creditiziadel contratto di leasing, che l’interesse al godimento (effettivoed esente da vizi) del bene possa ritenersi un interesse non re-golato in via pattizia; piuttosto, a rigore, l’interesse in esame èstato sicuramente tenuto presente dai contraenti per assicurar-ne l’indipendenza (o, recisamente, l’estraneità) dal contratto dileasing, in assenza altresì di peculiari clausole contrattuali attri-butive di forme di tutela (non conservative) all’utilizzatore ri-spetto al diverso contratto di vendita, dunque nei confronti delfornitore. Solo in questo senso, del resto, si comprende il pas-saggio della decisione nomofilattica in cui, a proposito dellaregolamentazione pattizia in tema di vizi del bene, si specificache le clausole contrattuali di esenzione della responsabilitàdel concedente e di correlativo obbligo dell’utilizzatore di ac-certamento della conformità del bene in sede di consegna so-no poste “a garanzia della separazione tra rischio finanziario erischio operativo che sottende la vicenda economica in que-stione, la quale vuole che l’esecuzione del piano di ammorta-mento del credito sia indipendente da qualsiasi contestazioneconcernente la qualità e la conformità della fornitura. Ciò signi-fica che, in forza di queste clausole, l’utilizzatore non può so-spendere il pagamento dei canoni né ottenere la risoluzionedel contratto di locazione”.

(49) Su questo tipo di ragionamento si fondano peraltro tut-

te quelle decisioni che, pur nella diversità di prospettiva, hannocomunque escluso in maniera condivisibile che l’autonomianegoziale dei privati possa trasformare il contratto di leasing inun’operazione assolutamente a rischio e pericolo dell’utilizza-tore (ossia meramente creditizia), quale che sia la (ulteriore)funzione dell’operazione in esame (oltre quella cioè, connatu-rale, di godimento nella logica dello scambio), richiamando al-tresì l’applicabilità dell’art. 1579 c.c. alla locazione finanziaria.È questa la posizione, già in precedenza esplicitata, di Cass. 2novembre 1998, n. 10926, cit., e ripresa, con argomentazionidi stretto rigore logico-argomentativo sia da Cass. 6 giugno2002, n. 8222, cit. sia da Cass. 29 aprile 2004, n. 8218, cit.,che tuttavia si erano arrestate alla definizione dei reciproci do-veri comportamentali (ossia di concedente e utilizzatore rispet-to al comportamento, inadempiente, del fornitore), ancorati al-la buona fede in executivis, senza spingersi in ordine al conse-quenziale assetto di interessi da ciò risultante rispetto al con-tratto di vendita e al contratto di leasing.

(50) Come nel caso di specie, in cui le Sezioni Unite hannoconfermato la decisione dei giudici di appello che, nel respin-gere le domande di parte attrice (l’utilizzatore), aveva statuitola necessità di un’apposita pattuizione scritta per l’eventualeesonero di responsabilità del proprietario-concedente da ogniresponsabilità per vizi della cosa (accertamento poi in via difatto precluso dalla mancata produzione in giudizio del con-tratto di locazione finanziaria); emerge chiaramente, infatti, lapreoccupazione che l’utilizzatore “in assenza di clausole con-trattuali che (…) gli trasferiscano la posizione sostanziale delconcedente rispetto ad ipotesi risolutive del contratto di forni-tura (ipotesi che s’è verificata nella fattispecie in trattazione),rimanga sfornito di tutela, nell’inerzia del concedente”.

GiurisprudenzaI singoli contratti

242 i Contratti 3/2016

primo abbia avuto la possibilità di godere del beneche è l’oggetto del finanziato acquisto), risponden-do in questo senso al sistema di regole proprie del-l’ordinamento (51); ciò in linea, del resto, con l’as-setto di interessi meritevole di tutela che deve es-sere ravvisato anche in ordine a contratti non og-getto di compiuta, specifica, disciplina di legge (os-sia legalmente non tipizzati). Da questo punto divista, tuttavia (condivisa cioè l’esigenza di tuteladell’utilizzatore ma non l’apparato argomentativo acorredo), non può certamente ritenersi, come sem-brano riconoscere le Sezioni Unite, che l’utilizzato-re debba avvertire il concedente della mancataconsegna del bene esclusivamente nell’interessedel titolare del bene (ossia per preservare le ragionidi questi), considerato che è proprio una tale co-municazione ad assicurare, a tutela dell’utilizzatore(secondo peraltro gli stessi giudici), l’operativitàdell’obbligo da parte del concedente di sospendereil pagamento del prezzo in favore del fornito-re (52). Correlativamente, se nel contratto di lea-sing (nel caso di specie finanziario, ma si tratta dirilievo valido per tutti i tipi di leasing) l’interessefondante il senso della complessiva operazione èpropriamente quello dell’utilizzatore a conseguire ilgodimento di un bene strumentale all’esercizio del-la propria attività di impresa o, comunque, profes-sionale, dunque idoneo e funzionale (così per comeperaltro descritto e richiesto dallo stesso utilizzato-re) (53), gli invocati doveri di solidarietà e di pro-

tezione che le Sezioni Unite pongono a carico delconcedente verso l’utilizzatore, onde evitare chequest’ultimo subisca pregiudizi, sembrano avere po-co a che fare con la buona fede in executivis. Delledue, infatti, l’una: o si riconosce al contratto di lea-sing finanziario una causa squisitamente creditiziae, allora, il problema delle clausole di inversionedel rischio va affrontato in modo diverso e noncerto attraverso il (salvifico) richiamo alla buonafede ex art. 1375 c.c., a cui nella sostanza viene af-fidato il compito di valutare la misura dell’operati-vità delle clausole medesime (ossia sino a che pun-to esse possono considerarsi giuridicamente rile-vanti e condizionanti il comportamento contrat-tuale rispetto alle differenti condotte richieste);oppure, ritenuta più aderente la (decisiva) causa discambio e valutata in questa logica la non merite-volezza delle clausole medesime (senza dovere ri-correre però alla buona fede), la mancata realizza-zione dell’interesse sotteso (quello cioè al godimen-to del bene da parte dell’utilizzatore) porta con sé(e di per sé) meccanismi di automatica riallocazio-ne del piano di rischi contrattuali inerenti allacomplessa operazione in esame, proprio in ragionedella causa concreta alla stessa riconosciuta (54).Così come dunque in precedenza era stato giusta-mente corretto il ricorso alla buona fede ex art.1375 c.c., in quanto utilizzata come argomento percontrastare la validità delle clausole di inversionedel rischio nel contratto di leasing (55), oggi, per

(51) Prescindendosi qui anche dalla eventuale correlazionecon la previsione dell’art. 1175 c.c., se, ovviamente, si aderiscealla differenziazione tra il criterio della correttezza ex art. 1175c.c. e il criterio della buona fede ex art. 1375 c.c. e alla distintesfere di competenza da assegnare a ciascuno di questi distinticriteri, secondo la prospettazione di Belfiore, La presupposizio-ne, cit., 28 ss.; diversamente, sul punto, M. Barcellona, Clauso-le generali e giustizia contrattuale, cit., 164 s., a cui avviso puòanche ritenersi, rispetto al dettato dell’art. 1375 c.c., che “labuona fede in esso prevista abbia valore anche ricognitivo deldovere di correttezza dell’art. 1175 c.c., e cioè che con esso illegislatore abbia inteso anche ribadire in sede contrattuale ciòche ha disposto nella sede più generale del rapporto obbliga-torio”; in precedenza Di Majo, Obbligazioni e contratti, 2, L’a-dempimento dell’obbligazione, Bologna, 1993, 37, per il qualebuona fede e correttezza sono (anche) sinonimi; Roppo, Il con-tratto2, in Trattato Iudica-Zatti, Milano, 465; sulle (comuni) ap-plicazioni giurisprudenziali in ordine alle singole fattispeciecontrattuali Macario, Esecuzione di buona fede, in Commenta-rio E. Gabrielli, Dei contratti in generale (Artt. 1350-1386), II, acura di Navarretta - Orestano, Torino, 2011, sub art. 1375, 760ss.

(52) Diversamente, ossia in assenza di conoscenza dellacontestazione, il concedente sarebbe tenuto a corrispondere ilprezzo all’utilizzatore ma potrebbe legittimamente pretendereil pagamento dei canoni da parte dell’utilizzatore, che dunqueresterebbe (almeno a questo stadio della vicenda) l’unico sog-getto economicamente pregiudicato. Tale profilo, ossia la (piùo meno realizzata) cooperazione tra concedente e utilizzatore,

era stato preso in considerazione da Cass. 6 giugno 2002, n.8222, cit. e da Cass. 29 aprile 2004, n. 8218, cit., per distribui-re il relativo piano di rischi anche in rapporto (in particolare laseconda decisione) alla possibile applicazione dell’art. 1227c.c., laddove entrambe le parti del contratto di leasing abbianoconcorso a dare causa al danno derivante dall’inadempimentodel fornitore, il cui esatto adempimento viene indicato comeinteresse comune.

(53) Sul punto, chiaramente, C. Scognamiglio, Unità dell’o-perazione, buona fede e rilevanza in sede ermeneutica del com-portamento delle parti, in Banca, borsa, tit. cred., 1998, II, 136s.; nello stesso senso, in giurisprudenza, Cass. 2 novembre1998, n. 10926, cit.; Cass. 6 giugno 2002, n. 8222, cit.; Cass.29 aprile 2004, n. 8218, cit.; Cass. 27 luglio 2006, n. 17145,cit.

(54) Si tratta, peraltro, di quanto espressamente riconosciu-to dalle stesse decisioni alle quali le Sezioni Unite hanno fattoesplicito riferimento per fondare (almeno in parte) la propriascelta interpretativa, come Cass. 27 luglio 2006, n. 17145, cit.,che, per l’appunto, individua nell’interesse al godimento delbene da parte dell’utilizzatore ciò che l’operazione negoziale èdiretta a realizzare, costituendone la causa concreta, con spe-cifica e autonoma rilevanza rispetto a quella, ritenuta parziale,dei singoli contratti (ossia il contratto di leasing e il contratto divendita), che rimangono peraltro nella propria autonoma indi-vidualità giuridica; adesivamente, in precedenza, Cass. 2 no-vembre 1998, n. 10926, cit.; Cass. 6 giugno 2002, n. 8222,cit.; Cass. 29 aprile 2004, n. 8218, cit.

(55) Il riferimento è alla posizione di G. D’Amico, Credito al

GiurisprudenzaI singoli contratti

i Contratti 3/2016 243

converso, non può convenirsi con il richiamo allabuona fede in executivis per giustificare obblighicomportamentali reciproci, funzionali alla tuteladelle contrapposte posizioni contrattuali, dovendo-si piuttosto riconoscere la causa di scambio delcontratto di leasing e trarre le appropriate conclu-sioni in punto di (molto più lineare) distribuzionedei rischi contrattuali a motivo della mancata at-tuazione del programma contrattuale per impossibi-lità sopravvenuta della prestazione (del conceden-te) ex art. 1463 c.c. (56).In realtà la stessa prospettazione delle Sezioni Uni-te in ordine alla tutela dell’utilizzatore per i vizi delbene sembra più indirizzata a ripercorrere, sia pureattraverso un percorso procedimentale differente,la soluzione fornita dal legislatore a proposito delleasing al consumo, quantunque la relativa applica-zione sia stata esclusa (forse un po’ troppo somma-riamente) in via di principio (57). Per un verso, in-fatti, il ravvisato obbligo comunicativo in capo al-l’utilizzatore (per il caso di mancata consegna o,comunque, di vizi redibitori che giustificano il ri-fiuto della consegna) in quanto connesso (in ter-mini di presupposto) all’obbligo di esercizio dell’a-zione di risoluzione del contratto di fornitura daparte del concedente, non appare poi così differen-

te dal meccanismo della richiesta dell’utilizzatore-consumatore al concedente-finanziatore di agireper la risoluzione del contratto nei confronti delfornitore (cfr. art. 125 quinquies, comma 3, primaparte, D.Lgs. n. 385/1993); per altro verso, poi, al-meno così sembra, alla obbligata sospensione delpagamento del prezzo nei confronti del fornitoreinadempiente corrisponde la sospensione del paga-mento dei canoni da parte dell’utilizzatore (altri-menti non si comprenderebbe il richiamato casoinverso del pagamento del prezzo non dovuto chenon può essere posto a carico dell’utilizzatore), allastessa stregua della normativamente disposta so-spensione del pagamento dei canoni in caso diesercizio del diritto da parte dell’utilizzatore-consu-matore di chiedere al finanziatore di agire nei con-fronti del fornitore inadempiente per la risoluzionedel contratto di fornitura (cfr. art. 125 quinquies,comma 3, seconda parte, D.Lgs. n. 385/1993); peraltro verso ancora, infine, è giudizialmente definitoil rapporto tra intervenuta risoluzione del contrattodi fornitura e successiva risoluzione del contrattodi leasing, secondo peraltro quanto espressamentestatuito dal legislatore (cfr. art. 125 quinquies, com-ma 3, terza parte, D.Lgs. n. 385/1993).

consumo e principio di relatività degli effetti contrattuali, cit.,720 s.; in precedenza già M. Barcellona, Clausole generali egiustizia contrattuale, cit., 186 ss., commentando una decisionedi legittimità sul punto (ossia Cass. 2 novembre 1998, n.10926, cit.), ricollegava (nell’impostazione dei giudici) il proble-ma della validità della clausola di inversione del rischio (oltreche al tema della derogabilità dell’art. 1463 c.c.) alla “coerenzadi una diversa regolazione negoziale con lo schema dell’opera-zione di leasing” (187), non potendosi affidare alla buona fededell’art. 1375 c.c. (pure dai giudici ivi richiamata) il giudizio diinvalidità.

(56) V., al riguardo, le riflessioni già sviluppate in preceden-za alla nt. 25.

(57) Ravvisata infatti la specialità della normativa richiama-ta non si comprende il senso della correlativamente dispostanon applicabilità; anzi, il carattere della (soggettiva) internazio-nalità del leasing ivi disciplinato non sembra idoneo ad esclu-dere la fondatezza dell’interrogativo in ordine, piuttosto, al ri-chiamo di un individuato complesso di regole (per un assettodi interessi corrispondente) al fine di colmare, analogicamente,la lacuna in tema di tutela dell’utilizzatore del contratto di lea-sing (comunque finanziario).

GiurisprudenzaI singoli contratti

244 i Contratti 3/2016