leopardi antiromantico: e altri saggi sui 'canti' (italian...
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Mengaldo torna a cimentarsicon Leopardi, poetaprediletto, anzi, come luistesso scrive, «ilmaggiore, edi gran lunga, lirico italianodell’età moderna».Avvalendosi di raffinateconoscenze di linguistica e
stilistica, tocca alcuni aspetticomplessivi della poeticaleopardiana (uno fra tutti: ilcarattere «antiromantico» delsuo percorso), le costantidella lingua e della metricadei «Canti» (l’abbondanza,peresempio,dirimebaciate),infine la natura profonda ditre testi fra i più significatividellaraccolta:«Laseradeldìdi festa», «A Silvia» e «Laquietedopo la tempesta».Ne
risulta un’indagine in cuiciascun dato testuale eformale rimandacostantemente ad altro: unpensiero fermo eoriginalissimo che pervadeogni singola lirica del poetadiRecanati.
PierVincenzoMengaldohainsegnatoStoriadellalinguaitaliananell’Universitàdi
Padova.ConilMulinohagiàpubblicato«L’epistolariodiNievo»(1987),«Storiadellalinguaitaliana.IlNovecento»(1994)e«Sonavanlequietestanze.Sullostiledei«Canti»diLeopardi»(2006).
PierVincenzoMengaldo
Leopardi
antiromanticoealtrisaggisui
"Canti"
Copyright©bySocietàeditriceilMulino,Bologna.Tuttiidirittisonoriservati.Peraltreinformazionisivedahttp://www.mulino.it/ebook
Edizioneastampa2012ISBN978-88-15-23823-8
Edizionee-book2012,realizzatadalMulino-BolognaISBN978-88-15-31162-7
Indice
PremessaILeopardiantiromanticoIIDueformedeldiscorsopoeticoleopardianoIII‘Io’e‘noi’neiCantiIVNotedisintassipoetica
leopardianaVTrastrofeestrofedeiCantiVI‘Legato’e‘staccato’neiversideiCantiVIIQuantosono‘sciolti’gliscioltidiLeopardi?VIIIStrutturefiniecostruzionenellaSeradeldìdifestaIXUnaletturadiASilvia
XPeruncommentoallaQuietedopolatempestaIndicedeinomiedellecosenotevoli
a Luigi Blasucci, leopardistaprincipe
eamicocaroevenerato
Ringraziamenti
I saggi qui raccolti sono inparte ancora inediti, coneccezioni; anche quelli giàpubblicati sono comunquestatirielaboratieaggiornati.Ilprimo,cheusciràanchenegliAtti del XXXIX Convegnointeruniversitario diBressanone,vacompletato inalcuni punti, specie per gli
esempi, col saggio seguente,editoin«Belfagor»,LXIV,f.6, 30 novembre 2009. Ilquarto è uscito in «Lingua estile», XLIV, 2, dicembre2009.Ilquintoeilsestoeranogià editi in «Stilistica emetrica italiana», 10, 2010.L’ottavoèincorsodistampanellaMiscellanea in onore diIvano Paccagnella. Il nono,giàedito in«Giornalestoricodella letteratura italiana»,CLXXXVII,218,2°trimestre
2010, è pubblicato qui conritocchi: in esso amplio ecorreggounamialetturaassaipiù sintetica del Canto inAttraverso la poesia italiana,Roma,Carocci,2008,pp.150ss.Anche il decimo, apparsoin«Strumenti critici»,XXIV,121, f. 3, settembre 2009, èpropostoquiconritocchi.
Premessa
Questa raccolta di saggileopardiani tiene dietro aduna analoga pubblicata annifa da questo stesso editore,Sonavanlequietestanzeecc.,ma forse non sarebbe stata
possibilesenzagliesercizidiletturadisingolicantiobranidi prosa del recanateseconsegnati a due volumi diCarocci, 2011, Antologialeopardiana. La poesia e Laprosa. Con questo intendosottolineare l’utilità discrutare gli individui pergiungere a cogliere le leggi
generali di uno stile e di unpensiero–manaturalmenteèveroanchel’inverso.Difattoil presente volume si puòspartire in tre zone: saggigenerali che vertono suaspetti complessivi delpensieroedellaprassipoeticadi Leopardi; altri e più sualcunecostantidella linguae
della metrica dei Canti; einfine tre letture di testipoeticichesonononsoltantofraiverticidellaraccolta,maappaiono fra i piùsignificativi (si vedano inparticolare le conclusioni cheho creduto di trarredall’analisidellaQuiete).
Questatripartizionenonmi
dispiace, poiché corrispondea modi diversi di lavoraresullo stesso oggetto, condifferente illuminazione oradell’assieme ora dei dettagli.Chi come l’autore di questolibro proviene alla criticadalla linguistica e dallastilistica, non può checontinuare a pensare che
questo tipo d’approccio restiil privilegiato nell’analizzarela natura dei testi, ma nellostesso tempo rimandicostantemente ad altro, chenel caso dell’autore delgrande Zibaldone è unpensiero fermo eoriginalissimo che intrideogni singola lirica, o meglio
fa cozzare l’istanzaconcettualeconquella, incuiLeopardi era maestro,rappresentativa, e tanto piùdotata di evidenza(enárgheia) quanto piùclassicamente sobria.Sivedasempre,e forse sopraa tutto,laQuiete.
Il pensiero, filosofico e
poetico, di Leopardi amasvolgersi, come dichiarasoprattutto lo Zibaldone, peropposizioni binarie senzasintesi o Aufhebung: antichivsmoderni(conriversamentoneiCanti, traAllaPrimaverael’InnoaiPatriarchi),naturavs ragione, individuo vssocietàecc.Ciòcomportaalla
fineunoschiacciamentodiuntermine sull’altro, come nelcaso della natura malvagiacheperseguita tuttiesempre,senza più distinzione fraantichi emoderni e fra piùomenocivilizzati(ciòapartiredalDialogodellaNaturaediunIslandeseedalCanticodelgallo silvestre, del ’24, ma
con anticipi già nelloZibaldone); o che per cosìdire i due opposti venganolasciati in sospensione, comeper il concetto – consfumature a tratti pre-freudiane–dellasocietàcheènaturalmente nemica mortaledell’individuo, ma la cuinecessità non può essere
disconosciuta, dando anziluogo a sottili distinzioni frale società ‘strette’ e quelle‘larghe’. E talora ilmeccanismo può essere piùimplicito: il lamentodiSaffosulla propria mancanza divenustà si rovescia quasi percompenso in unarappresentazioneincantataea
tratti non meno che eroticadella bellezza della natura(«all’ombra / Degli inchinatisalicidispiega/Candidorivoil puro seno… le flessuoselinfe…»).
Ma per iCanti importa dipiù un’opposizionesotterranea: quella franichilismo, impossibilità del
piacereecc.eilforteaccento,affidato ancora a una paginadelloZibaldone, sul fattochel’opera poetica riuscitaaccresce comunque la nostravitalità, massimo valorepositivo per Leopardi, pernegativiodolorosichesianoisuoi contenuti. Ne consegue,per prendere i due casi più
evidenti, che nella Quiete enel Sabato le fermeaffermazioni dell’inanità delpiacere non possonodistruggere le scene vivaci egioiose della vita del borgoche rinasce dopo la tempestaochesiapprestaagoderedelgiorno di festa – maovviamente vale anche
l’inverso, e quanto piùaffettuoseesolarisonoquellescene tanto più è senzaappello il pensiero negativocheledistruggeorelativizza.Enelleimmediatevicinanze–ora su un piano piùstrettamente personale – larinnovata prigionia nel borgoselvaggio non esclude anzi
implica il senso dolcissimodelritrovamentoedeiricordidel passato, già scatenato daA Silvia: tutto può esseredistrutto fuorché lamemoria.E prima, nellaSera del dì difesta, il conflitto fra l’estasidel paesaggio lunare el’estraneità della donnavagheggiata sembra
addirittura riversarsi nellastruttura insolitamentecontrappuntistica della lirica,mentre la gloriosa correzionedel primo verso (da «Oimè,chiara è la notte e senzavento»a«Dolceechiara…»)non dà solo luogo a uno deiversi più incantati diLeopardi,madelineaconpiù
chiarezza l’opposizionetematica.
In questi testi, come intantialtrideiCanti,coabitanodue verità, non soloconcettuali ma poetiche. Ecosì nel totale noicomprendiamo perché ilpoetasealtrimaidelpensieroabbia voluto e potuto, fino
dalla edizione Piatti del ’31,fregiare la raccolta col titoloinconsueto di Canti (siricordino magari quelli diOssian). Lo sciogliersi adognirigadelpensieropoeticoancheilpiùaguzzoincantooin musica è appunto ciò chefadiLeopardiunpoetaunico,nonsolodanoi.Naturalmente
dell’ineffabile non si dàeffabilità, tuttavia si possonosegnalare qui almeno dueindicatori della continua equasi naturale risoluzioneleopardiana del pensiero incanto: la frequenza di rimebaciate, specie se prima dipausa sintattica; e quella deisettenari, che nel Sabato 20-
27possonoancheessereottodiseguito,acascata;eforseèancor più significatival’abbondanzadirimebaciate,di rime ricorrenti e disettenari in un testomassimamente speculativocome ilCanto notturno, cheappunto, come solo lacanzone su Saffo, si chiama
«canto».Dituttociòdelrestoil poeta era perfettamenteconsapevole, quandoaffermava in tante paginedello Zibaldone enell’OperettaIlPariniodellagloria la consustanzialità delgrande filosofo e del grandepoeta, in entrambe ledirezioni.
Piùvolteèstatatracciatalaparabola dell’‘io’ nei Canti:da quello eroico che siproiettaeraffigurain‘doppi’come in tante canzoni aquello puramente esistenzialedegli Idilli e, con segnorovesciato, di tanta parte delcosiddetto ‘Ciclo diAspasia’(si veda solo, sul piano
stilistico, l’opposizione dellefrasispezzateedegliasindetidi questo contro il legatodegli Idilli), fino all’ioautodistrutto dei Cantinapoletani,chenellafavolosaquarta lassa dellaGinestra èridotto a un puntolino neltutto,cosìcomelavisionedelmondo di Leopardi approda
qui definitivamente a unaconcezione – eimmaginazione – nonantiantropocentrica soltantoma antigeocentrica. Io hocredutoopportunocogliere letracce non solo dell’eternodialogo io-tu, ma dellacompresenza, in effetticonsistente, dell’io e del
‘noi’, come se il primoscivolasse continuamente nelsecondo. Ne risulta, fermorestandoche la liricaèenonpuò non essere l’espressionedell’io, anche che, se possoazzardarmi, un po’ diGinestra ha sempre abitatoLeopardi.Eprobabilmentevamesso qui il gusto reiterato
del poeta (si veda il secondosaggio) per l’allegoria – masemprelimpidaedesplicata,emai esposta a scivolare nelsimbolismo come in tantiromantici. L’allegorialeopardiana è prodotto di unpensiero, non di unasensibilità.
IlconfrontotralaQuietee
ilSabatomostranonsoltantolatendenzadiLeopardi,efindall’inizio, a disporre i suoitesti in dittici (vi ha insistitosoprattutto Blasucci), maquella a integrare ocorreggere, se non ‘superare’il primo elemento colsecondo. Ciò appareparticolarmente chiaro nel
dittico più dittico dellaraccolta, cioè le dueSepolcrali, come cercherò dimostrare in altra sede. Quidevo limitarmi a posarel’accentosulfattocheQuietee Sabato esplorano i dueaspetti opposti ecomplementari dellaleopardiana «teoria del
piacere»,quellochenascedalpericolo (dal dolore)scampato e quello che nascedall’attesa della prossimagioia.Entrambivani.
Anche l’escussione dicostanti tecniche della poesialeopardiana non si chiudesoltanto entro queste, ma cidice qualcosa sulla mens
dell’autore. Prendiamo ilcaso, su cui ho volutoinsistere, del legame formalee concettuale tra strofa estrofa, già evidente nellecanzoni ‘regolari’ poidilagante nelle ‘libere’.Questo tecnicismo dimostrache per Leopardi la liberacontinuità del proprio
discorso faceva aggio sullepartizionimetriche date, e inaltre parole che già nellecanzoniregolaris’aggiungevaai più evidenti un altroelemento di irregolarità.Mostraanziqualcosadipiù,ecioèchequestoprocedimentoè coassiale a ciò che da ASilvia in poi sono le canzoni
libere, per non esaustivitàdelle rime (quasisimboleggiatadal fattoche ilprimoversodellelasseècosìspesso anarimo) e perstrofismovariabilesecondoleunità concettuali. Per cosìdire, le canzoni libere sonodunque due volte libere. Inaltri casi, come accennato,
l’analisi linguistica e metricamette meglio a fuoco icaratteri delle varie stagionipoetiche leopardiane. Siprendano gli Idilli: sintassisemplicee lineare,diffusionedel polisindeto (bastiguardare l’Infinito) e stile‘legato’ne fannoqualcosadicompletamente diverso non
solo dalle Canzoni (e lacontemporaneità delle duemaniere è poco meno chemiracolosa), ma anche dalCiclo di Aspasia, dove lecondizioni dell’io‘esistenziale’ sonoradicalmente rovesciate (v.esemplarmente A se stesso):mentrelacontinuitàcoiCanti
pisano-recanatesi, un tempofin troppo affermata, reggeproprio sul piano formale especie laddove il metro è lostesso,cioènelleRicordanze;a mio avviso la rotturadecisivasihacon l’ultimo indata e diverso inambientazione, il Cantonotturno, che
significativamente oppone aun’estrema scorrevolezza deldettato, del canto appunto(quasi messa al quadratonell’uguaglianza della rimafinale di ogni lassa), unospostamento del pensiero sulpianodiunpaesaggioremotoe uguale, cosmico, benlontano dai domestici
ambienti recanatesi, eun’accentuazione del temadell’infelicità universale,singolarmente incrociato,oltre che con l’allegoria, conl’ultima apparizione dellafiguradel‘doppio’oalteregoche Leopardi ha utilizzatocosì spesso, in grandimonologhi ‘teatrali’ a partire
giàdalSimonidediAll’Italia(si veda sempre il secondosaggio). Il Canto notturnoannuncia non tanto allalontana i modi dei Cantinapoletani.
Inun certo senso il saggioacuitengodipiùèilprimo,enon perché pensi di averpotuto – e nella misura di
pochepagine,nondiunlibro–esaurireilvastoargomento.Sono però certo che chi loriprenderà con più lena nonpotrà che confermare le mieconclusioni, del resto basateper maggior forzadimostrativa quasi solo sulleliriche di Leopardi, non sulresto. Non è comunque cosa
indifferente, ai miei occhi,averindicatocheilmaggiore,edigranlunga,liricoitalianodell’etàmoderna procede peruna strada che è tutt’altra daquelladeiromanticiedeilorocontinuatori simbolisti,guardando per dir cosìindietro anziché avanti e ineffetti realizzando in questo
modo la sintesi dellatradizione italiana ma –dev’essere evidente – anchela sua liquidazione. Ed’altronde lo stile sobrio ecasto, di cui gli echi dellatradizione fanno parte, sta almaterialismo come lo stilediffuso e accumulativo deiromantici, che ha sempre
bisogno di dire qualcheparola in più, allospiritualismo.
Ciò non toglie ovviamenteche,condiversimezzi,ancheLeopardi abbia portato il suoforte contributo a quelle chesembrano le svolte basilaridella poesia europea tra fineSettecentoeprimoOttocento,
fra Hölderlin e Keats perintendersi: la ricerca dellostile sublime e la parallelatrasformazione della lirica dagenere poetico fra gli altri,magari addetto a temioccasionali e socievoli comenella nostra Arcadia, inqualcosa di assoluto etotalmente devoluto a un io
opposto alla società (suquesto proprio le riflessionidello Zibaldone, con la loroinsistenza sulla peculiaritàdella lirica, fanno testo).Ma,ripeto, adoperando altrimezzi, e risultando l’unicograndepoetaeuropeodiquelcinquantennio ancora nutritodel pensiero dei Philosophes
e non del pensiero a quelloopposto dell’idealismo espiritualismo romantici.L’altra grande svolta si avràdi lì a poco con chi adibiràunostilealto,quasiraciniano,a una materia orapersonalissima ora ‘bassa’,cioè con Baudelaire. Laseparazione chirurgica di
Leopardi dai romantici nontoglie solo di mezzo unequivoco perdurante, magetta luce e su certi aspettigenerali della letteraturaitaliana, e proprio sulladebolezza del nostroRomanticismo, se è esistitodavvero, e sul suo caratteremolto più ricevuto che
necessitato (v. dunque lacostantepolemicadiLeopardiverso Byron). Del resto checos’erailmusicistaromanticoper eccellenza e per tantiaspettiilfratelloinmusicadiLeopardi,valeadireChopin?I suoi idoli erano Bach eMozart, e quandos’apprestava, a Maiorca, a
comporre i suoi Preludi cosateneva sotto braccio? Lepartiture del ClavicembalobentemperatodiBach.
I
Leopardiantiromantico
La figura di Leopardi è stataper lungo tempo assimilata alRomanticismo; Mengaldoillustra–proprioapartiredaitesti creativi e filosofici del
Leopardi – come l’operadell’autore si dimostri lontanadai canoni romantici.L’assenza di esotismi, di gustomedievistico e del culto per ilmagico-fantastico e ilmeraviglioso-demoniaco sonosegnali della distanzaleopardianadalRomanticismo.
L’assimilazione diLeopardi al Romanticismo
era un tempo monetacorrente, direi anche perscarsa conoscenza da partedella critica italiana delRomanticismo europeo. Inseguito tale opinione hasubitoattacchiefalsificazionisecondomedecisivi,adoperaper esempio di SebastianoTimpanaro; ma vedo che a
tutt’oggi non è morta. Èdunque il caso di tornaresull’argomento. Lo farò –anche per distinguermi dagliimportanti interventi inmateria di Fasano, Bigi eBlasucci – puntando il piùpossibile sui testi creativi efilosofici di Leopardi e sullorosenso,elasciandoquindi
nello sfondo le prese diposizione metaletterariedell’autore, come ilDiscorsodiunitalianosopralapoesiaromantica e le non pochepagine omologhe delloZibaldone (basti ricordare2944-2946, 12 luglio 1823).Inoltre terrò come punto diriferimento il maggiore
Romanticismo europeo, elascerò quasi del tutto fuoridel discorso il poveroRomanticismo italiano, sepure (riprendo il titolo di unvecchio libro sanamenteprovocatorio) unRomanticismo italiano èveramenteesistito.
Non che non dispiaccia,
beninteso, mettere fraparentesi il Discorso delventenne, che è un autenticocapolavorodi impostazioneedi tecnica controversiale:basti avere a mente lacontrapposizione dellapropria ragione all’opinionedegliavversari;lafermabasematerialistica e sensistica (i
romantici hanno trasformatola poesia «di materiale efantasticaecorporalecheerainmetafisica e ragionevole espirituale»), cui si legal’insistenza sul diletto che lapoesiadeveoffrire;l’analogiavichiana e herderiana fra gliantichi e noi stessi in quantoimmaginiamo e ci illudiamo
come fanciulli (cfr. anchecelebri pagine delloZibaldone); l’opposizioneragioneointellettovsnatura;il buon «sentimentale» deiclassici contro il cattivo«sentimentalismo» romanticoecc. Non voglio tuttaviatacere di un passo giovaniledelloscartafaccio(192)incui
Leopardi arrivatranquillamente a dire che iromantici (italiani) «di verapsicologianons’intendonounfico».
Mi avvicino ora ai puntiche più mi stanno a cuoreattraverso qualcosa cheriguarda, diciamo, il ‘gusto’.Prendiamo il caso di Byron,
chepurehaavutoqualcheecoin Leopardi. In arearomanticafranceseilsulfureoinglese è regolarmenteesaltato e quasi divinizzato:soprattutto da Chateaubriand(Mémoires e Essay sur lalittérature anglaise) e daLamartine (che ha puretradotto l’ultimo canto del
Child Harold), ma anche daHugo e Musset («le grandByron»); e qui ricordo anchegliitaliani(DiBremeconcuipolemizza il Discorso,Niccolini ecc.);maancorpiùforse conta il fatto che ilprincipe del Romanticismomusicale tedesco, Schumann,ha messo in musica il
Manfred. Ora è noto che igiudizi su di lui di Leopardisono, quando non cauti,sostanzialmente odecisamente negativi, fin dalDiscorso, toccando exopposito punti chiave dellapropria stessa poetica (Byronè poeta dell’intelletto e diun’oscura psicologia; nel suo
poetare si percepisce losforzo;ilsuo‘sentimentale’èpoco efficace ecc.). Sipotrebbe anche aggiungereche l’influsso delManfred èsensibile nel Dialogo diMalambrunoeFarfarello,macheilmessaggiobyronianoviè preso senz’altro incontropiede.
Occorreanchevederchiaroin casi in cui temi esvolgimenti della poesialeopardiana sembranocorrispondere a coseromantiche o quasi. Uno èquello di Alla Primavera odelle favole antiche del ’22.Non c’è dubbio sulla suaaffinità con capolavori
europei più o menocontemporanei quali l’odeAlla natura di Hölderlin (omagari anche il FrammentoAlla primavera del romanzoincompiuto Clara diSchelling), o d’altra parte ilmirabilesonettosuimarmidilord Elgin diKeats (meno, amio parere, con l’Ode su
un’urna greca dello stesso),se non addirittura con alcunepagine memorabili sugli Deigreci dell’Estetica di Hegel.Ma il fatto è che, con ogniverosimiglianza, Leopardiaveva letto e memorizzatonella traduzione italiana(1808) la settecentesca odeGli dei della Grecia
dell’antiromantico Schiller(«Quando vostro era il regnoebelloilmondo/gentibeateguidavate ancora / con leredini lievi della gioia, /esseri belli del mondo dellefiabe… indicava agli sguardid’iniziati / tutto l’ormadi undio…Quel lauro si volse undì chiedendo aiuto, / e
Tantalide tace in questapietra,/daquellacannas’udìil pianto di Siringa, / diFilomena il dolore da questobosco…Tra uomini, divinitàed eroi / strinse amore unnodo di bellezza… Mondobello, dove sei? Ritorna, /della natura soaveprimavera!»ecc.).
Già il leopardista franceseNorbert Jonard avevasegnalato la povertà dimetafore (e similitudini) inLeopardi,eiostessomisonoprovato a dimostrarla, temosenza convincere tutti,proprio nel confronto nonsolo con poeti dell’eccessofigurale come Shelley e
Hugo, ma anche ad esempioconKeats,Puškine lostessoManzoni. E la differenza dairomantici, già notevole nelleCanzonieneiCantifiorentinie napoletani, è vistosissimanel tratto Idilli-Canti pisano-recanatesi in cui Leopardirealizza una sua inarrivabilepoetica della sobrietà e
naturalezza.Aquestopuntositratterebbedi introdurrenelladifferenza quantitativa dellegradazioni qualitative. Quinon posso farlo per esteso, edevo limitarmirapidamenteaun paio di aspetti. Salvoerrore, in Leopardi èimpossibile trovarecomparazioni o
identificazioni analogiche inseriestrettaditre(insommailtipo come… e come… ecome…), che sono inveceabbondanti per non direpatologiche nei romantici.Nominalmente citerò adesempio La mort de Socratedi Lamartine (dove ilfenomenooccorreduevolte),
AG…YdiHugo(trecommeinizialiin25versi),el’odeAun’allodola di Shelley (trelike di seguito): assicuro chelo stesso accade in liriche diVigny, di Musset, diColeridge,diKeats(quiinuncasoiltipoèprecedutoda«Ea che cosa la paragonerò?»),di Puškin, di Lermontov, di
Brentanoecc.,convariealtreche ospitano eventualmenteformeanaloghe.Pernondiredelle audaci analogiepreposizionali più tardi dicasa nel Simbolismo eimpossibili in Leopardi:«vipere del pensiero»,Coleridge; il «diadema dineve» e «l’oceano vitreo del
monte di ghiaccio», Byron;«la rugiada della tuamelodia» e «il grembotenebroso dell’acqua»,Shelley; «tormenti dicristallo»o«losguardocaldodel sole» che è anchepersonificante, Keats; le«vaste sale delle stelle»,Novalis; «il lenzuolo di neve
e gelo» e «il berretto asonagli della follia» (altrapersonificazione), Heine; «losciame irrevocabile deifunesti piaceri», Lermontov;«la luna dellamia tristezza»,Brentanoecc.
Sul significato di tuttoquesto tornerò, ma qualcosasi può già accostare ai
fenomeni intravisti, e cioè lapersonificazione, chepropriamente è un fattometonimico di cui tuttavial’analogiaèspessoilveicolo.Casi di personificazionenaturalmentenonmancanoinLeopardi, anche perché sononormali nello stile classico:dunque l’Italia, secondo
tradizione nazionale, laPrimavera, la speranza di ASilvia (dove però si hapiuttosto un’identificazionetra la fanciulla eponima equel sentimento) e altriesempi, cui sono daaggiungere nelle OperetteModa, Natura (due volte),TerraeLuna.Maanchequii
romantici tendono asovrabbondare, e io citeròparcamente. Lamartinepersonifica il Tempo, laDisgrazia, l’Entusiasmo(«Entusiasmo, aquilavincitrice», personificazionepiù accostamente analogico),l’Infortunio, il Sole, laMalinconia e via dicendo;
Hugo ad esempio l’Oceano(«il leone Oceano», confulminea identificazioneanalogica); Vigny lo stessosole e le montagne, laVoluttà,ilSuicidio,ancoralaDisgrazia ecc.; Musset laRassegnazione («LaRassegnazione cammina conpassi languenti»), l’Armonia,
la Modestia, l’odio («cettevipèreimpie»),laFolliaecc.;Coleridge personifica il«Nero Orrore», il dolore, il«Cortese Sonno»; Byron peresempio la Guerra e ilRicordo e nel Manfred ilMonte Bianco («il monarcadellemontagne»);Shelley tral’altro la Verità e il Padre
Sole(esidevevederelaseriedi personificazioni in ToJane: The Invitation); Keatspersonifica il Sonno, loSconforto,laMalinconiaecc.;Brentano: «il sacro terroredella mezzanotte / strisciatremando per le selveoscure»;Heine lamorte,soleestelle,lenubi,ilvento(«sul
mare / giace, a ventresdraiato, / il vento deformedel Nord») e tanti altri enti;Puškin la speranza, ilSuccesso, la Rima, il ricordo(che «svolge il suo lungorotolo»), l’Inverno, e perfinoun albero, cioè l’Ančar. Ladifferenza con Leopardi,ancor più che quantitativa,
appare qualitativa, in quantol’italianosi limitaaenti tuttosommato tradizionali egenerici, senza arrivare maialle personificazioni audaci especiose, quando nonterrificanti, che sono invecedi casa nel Romanticismopoetico.
Non è facile ridurre ad
unumtuttoquestomateriale,etanto altro affine.Arrischiandomidireicheessorivelaneipoetiromanticiunapropensione generale algigantismo,sianeisentimentichenellavisionedellanatura,quasi a imitazione del gestodi Dio, e quella tendenza aintellettualizzare il sensibile
che appunto Leopardirimproverava alla ‘scuola’, ein particolare a Byron; epotremmo parlare anche,nella tecnica delladescrizione, di un procedereper tratti emblematici eriassuntivi, ma d’altra parteaddetti spesso al caos(Novalis nelHeinrich, in un
passo di cui certo si èricordato Adorno: «Sto perdire che in ogni poesia deverifulgere il caos attraverso ilregolare velo dell’ordine»).SeècosìemergeladifferenzadaLeopardi,poetadipurezzagreca, sensista anche inpoesiacomeluistessohapiùvolte richiamato, e come
descrittore, anche disentimenti,mairiassuntivoedemblematico ma sempre, perdirla così, distributivo eaddetto al singolare concreto(cfr. prima di tutto le grandiaperture della Quiete e delSabato). Schlegel ha parlatoanche del «sentimentale»come «indistinzione fra
apparenzaeverità,frailserioeloscherzoso»,maLeopardiè precisamente il poetadell’assoluta distinzione fraapparenza (o manifestazionidella ‘vita’) e verità delpensiero (ma Novalis in unsuo Pensiero: «Le coseingenue non sono polari. Lesentimentalilosono»).
Fin qui comunquedifferenzepesantimarelative.Ce ne sono però anche diassolute. La prima èl’assenza,assolutaappuntoinLeopardi, di quell’esotismochedei romanticièunadellesigle. Nel Heinrich vonOfterdingen Novalis hafissato:«Ilpaesedellapoesia,
il romantico oriente ecc.». Ecosì Lamartine scrive unHymne oriental, La Charité;Hugo intitola Les Orientalesla sua raccolta forse piùgeniale, e qui ad esempiodedica una lirica distraordinariosperimentalismoai Djinns arabi e proclama:«L’oriente! l’oriente!Cosavi
scorgete, o poeti? / Volgeteverso l’oriente i vostri spiritieivostriocchi!»(eOrientales’intitolaunaliricasuccessivadello stesso); Nerval carezzal’egizianismo in Horus;Shelley immagina «le traccedei cervi sul Labradordeserto»; Heine ad esempioevoca in Auf Flügeln des
Gesanges – presto musicatadaMendelsohn–ilGange, illoto, la gazzella. Gli esempisarebbero moltiplicabili avolontà, avvertendocomunque tre cose: chespesso i romanticiconglomerano testualmentediversi esotismi (ad esempioWordsworthaccostaaideserti
dell’Arabia le settentrionaliEbridi, Hugo l’Alhambra eFingal,mentreHeine, ancoralui,accostaGangeeLapponiain un’altra sua lirica); che inqueste atmosfere esotiches’inserisce spesso larievocazione della Bibbia,non di rado trattata con unforte straniamento
orientaleggiante (si vedainvece per contrasto, diLeopardi, l’Inno aiPatriarchi); e che infine puòaccadere (per fare un casonell’Endimione diKeats) chel’evocazione esotistica dellaGrecia moderna risucchiallusioni all’antica. Non c’èproprio bisogno di mostrare
comeLeopardi, ingeneraleenei particolari, sia del tuttoestraneoaquestogusto,daluigiàbollatonelDiscorso.
Così va da sé senzabisogno di prove, e quasimivergogno a richiamarlo, cheLeopardi è completamenteestraneoalgustomedievisticocheèinveceunacomponente
essenziale della poesiaromantica (mi limito a citareVigny:«Comeèdolce,comeèdolceascoltaredellestorie,/Delle storie del tempopassato»,earicordaresempredi Vigny Le Cor, uno deicapolavori del Romanticismopoetico).Maqui laquestioneè prima di tutto ideologica,
data la formazionerigorosamenteilluministicadiLeopardi, giusta la quale ilMedioevo era l’epoca delladecadenza, del tutto priva difascino; e troppo forte era inluilavenerazionedell’antico,eanchedelprimitivo.Manonmeno ideologica, anzi, è lapremessa che promuove
sull’altra sponda la continuarievocazione dell’Età dimezzo: limitandomi a dueposizioni, ma estreme, eccoche per Novalis perfino laRiforma è da respingereperché ha spezzato l’unitàmedievale, mentre FriedrichSchlegel ha affermato unavoltacheilMedioEvoincui
vivere, quello vero, era distanza nel presente. E daparte suaHeine, quando saràguarito della febbreromantica, ricondurràl’interesse tedesco perquell’epoca all’assenza di unvero Illuminismo inGermania. S’intende chemolti (tutti?) i romantici
potevano anche rispecchiarsinel detto di Schlegel: «Ilnòcciolo, il centro dellapoesialosidevetrovarenellamitologia e nei misteri degliAntichi. Saturate ilsentimentodellavitacoll’ideadell’infinito, e intenderetegliAntichi e la poesia». Bene,qui si afferra certo una
tangenza con Leopardi; manon con tutto Leopardi, se èvero com’è vero – e comehanno sottolineato studirecenti su di lui (Rigoni,Baldacciecc.)–cheunodegliaspetti che caratterizza piùnettamente il Leopardimaturo è precisamente ilsentimento e la certezza
dell’irrecuperabilitàdell’Antico da parte deimoderni.
Infine,retrocedendo:nonècosa per nulla leopardiana ilcultoper ilmagico-fantasticoe per il satanico (metto diseguito per comodità le duecose). Quanto al primoaspetto, ecco ad esempio il
Phantom di Coleridge (e inun frammento dell’Osoriodellostessostascritto:«Qualicome lei amano troppo ilmeraviglioso / per noncrederci…»); il Satanafuggito di Shelley; vari testidi Landor; La belle damesansmercidiKeats;Unefée,Lesylphe,Laféeetlapéridi
Hugo;leLoreleydiBrentano,di Eichendorff (per es.Waldergespräche), di Heinepiùvolte, e i loroequivalentiorientali (e il capolavoro diKeats, La belle dame sansmerci, darà il titolo a uncapitolo del libro di Praz,istituzionale sulRomanticismo assieme a
quello di Béguin); quindi aOriente la Rusalca e laTamara di Lermontov, esempre nella fertile terratedesca tanto altro Heine (letre fantasime ecc.) o DerFeuerreiter, Die Geister amMummelsee, Gesang WeilasdiMörikeecosìvia.Esemiè permesso dare un’occhiata
alla prosa narrativa, nonpossononandarecolpensieroanzitutto alla deliziosaOndinediLaMotte-Fouquéeall’Isabella d’Egitto diArnim.
Quanto al vero e propriomeraviglioso-demoniaco, oanche macabro-mortuario,citerò subito«il redelmale»
de L’âme di Hugo e, quasiemblematico, il finale delpoema Éloa di Vigny: «Chidunque sei tu? – Satana»,assiemealCaïndiNervaleaduepassidiByron:«Lafameaveva scritto: Demonio», enel Manfred: «Vedo unafigura terribile e oscurasorgeredallaterra!/Comeun
dio infernale, / dal visoavvolto / in un mantello…».E ancora l’Anti-Cristo diColeridge (L’incantostregone), iDiavoli e Spettridi Lamb (Hypochondriacus),ilHeinrichdiNovaliscolsuo«orrido esercito di scheletri»(e F. Schlegel si è trovato ascrivere: «Il Satana dei poeti
italiani e inglesi è forse piùpoetico;ma ilSatana tedescoè più satanico…»), ilBelzébuth di Musset, loSchatzgräberdiEichendorffei molti luoghi demoniaci diHeine (in uno chi dice iochiamaildiavolo,ericonoscestupito in lui un vecchioconoscente); infine I diavoli,
Il demone, Il profeta diPuškin e ancor piùdecisamente il poema Ildemone di Lermontov. E perquanto è del macabromortuario sipuòconfrontare,che so, il mortuario appenaaccennatodiSopra il ritrattodi una bella donna diLeopardi col numero 8 dei
Dolori giovanili di Heine:«ed ecco, ogni tomba s’è giàscoperchiata», «d’ossa unsinistro urtare e scrosciare»,«urlando ogni spiritoscomparenellatomba»ecc.
Sembra chiaro che i tretemi,elamaggiorpartedellerealizzazionichehoricordato,rientrano in un arcitema
generale, la favola in quantoancheconnessacon lapoesiapopolare, che è messa inpagina anche ad esempio dapoeti inglesi come Coleridge(cfr.inparticolareChristabel)e Keats ma soprattutto dapoeti tedeschi,accompagnando oproseguendo la grande
raccoltadiArnimeBrentanoIlcornomagicodel fanciullo(vol. I 1805). Ora una solapoesia di Leopardi contieneneltitololaparolafavola,masono le «favole antiche» delmito greco; allo stessomodoin un passo dello Zibaldone(4351) saranno chiamate«favole»quellediOmeroche
concernono le divinità, e inun altro luogo del ‘Diario’(3462 ss.) vengono irrise lescimmiottature da parte deimoderni delle favole degliantichi; del resto già nelDiscorso le «favole greche»vengono contrapposte aquelle«settentrionali»ecc.
Facendounpasso indietro,
c’èamiaconoscenzaunsololuogoincuiLeoparditoccaosfioraitemidicuisopra,edènella figura della Naturacome gigantessaperversamente insensibiledell’Operetta Dialogo dellaNatura e di un Islandese(1824),costruitaunpo’infatticome l’Ozimandias di
Shelley, per non saltare allaGéante diBaudelaire.Ma vasempre tenuto presente chequesta Operetta segna lasvoltadecisiva,subitoripresanelloZibaldone, del pensierodi Leopardi, con ladichiarazione senza riservedellamalvagitàassolutadellaNatura. Comunque
l’argomento è convertibile:Leopardi,almenodauncertoanno in poi, non ha bisognodeldemoniacoproprioperchédemoniacaèlaNaturatuttainquanto tale. Senza dire chegià nella Canzone AllaPrimavera bontà e bellezzadella natura erano ricacciate,un po’ come anche nella
‘fonte’ schilleriana, nelpassato remoto del Mito(resuscitatoanche, fra l’altro,in suoi episodi tragici, e nonsolo idillici), e quimagari sipuò cogliere qualche affinitàcon romantici comeWordsworth.
Credo infine che non sitratti solo di differenze
tematiche, in presenza e inassenza: queste producono osono prodotte da undiversissimomododipoetare,che inmolti romantici ancheinsigniprocedeperaccumulo,espansione ed esplicitezzacreativa, in Leopardi alcontrario secondocondensazione, concisione e
implicitezza.
E quando Leopardicapovolge la propriaconcezione originaria dinatura, cancella precisamentequell’idea roussoviana dibontà originaria della naturastessa, pervertita da uomini,società e storia, che continuaad essere spesso la base
dell’ideologiaromantica,edanoi per esempio ancora diFoscolo (Schelling: «l’uomoè entrato in conflitto e incontraddiziome con lanatura…»). DunqueColeridge detta To Nature,parlando della «NaturaSposa» e scrivendo: «Nullav’è di malinconico nella
natura!» ecc.; Wordsworthelevaunveroinnoallanaturanella sua famosa TinternAbbey: «la natura non tradìmai / il cuore del suoinnamorato», «io, occhio /adoratore della Natura» ecc.;Lamartine, con un’ulterioreiniezione di spiritualismo,«Dionascosto…lanaturaèil
tuo tempio» (vi attingeràevidentemente Baudelaire),oppure nel commento a Lelac, suo capolavoro: «ilgrande poeta, è la natura» eviadicendo.Quimi fermo,ericordo soltantoche lo stessoSchiller oscillava fra l’ideadella persistenza dell’anticanatura («il sole di Omero,
guarda, sorrideancheanoi»)e lo stato d’animo con cuiinizia la celebre Nänie, poimusicata non a caso daBrahms, con queste parole:«Ancheilbellodevemorire»,e poi «il bello tramonta», ealtro.
Una postilla.NelDiscorsodi un italiano (ed.Besomi et
al., p. 15) Leopardi avevascritto: «la natura non sipalesamasinasconde»,dettoche può anche costeggiare leatmosfere romantiche, peròcinque anni dopo nelloZibaldone, 2705 ss., 22maggio 1823, cioè subitoprima del Dialogo dellaNaturaediunIslandese,egli
detterà, con razionalismoquasi galileiano odiderottiano,«lanaturaci statutta spiegatadavanti,nudaeaperta». Ciò è l’esattocontrario della concezioneromantica della natura comemistero e inconoscibilità (osemmai penetrabile per viamagica ed esoterica, come
talora in Eichendorff), e inparticolare lo è di questerighe roussoviane di unteorico come FriedrichSchlegel (Philosophie derGeschichte): «la natura, cheall’inizio stava davanti alchiaro occhio dell’uomo,apertaetrasparentecomeunospecchio trasparente della
creazione divina, gli divenneorapiùepiùincomprensibile,estranea e terribile». Noningannino le apparenticonvergenze: nel caso diLeopardièingiocolafiducianellacapacitàdellaragionedipenetrareciòchenellanatura,per malvagia che sia, ètuttavia «tutto spiegato».
Semmaièda tenercontochenei romantici tedeschi – equalche volta anche negliinglesi – si contrappongonounanaturaattualepiùcalmaeserena rispetto a quella delleepoche «possenti egigantesche», dell’«antica,disumana natura» (Novalis,HeinrichvonOfterdingen).
È nutriente ora toccare,all’interno del rapportouomo-natura, il temadell’opposizione di luce esoleabuio,digiornoanottee viceversa. Come ènotissimo molte liriche diLeopardi, poeta della luna,sono in tutto o in parte deinotturni – verrebbe da dire,
come nel suo omologoChopin–garantidell’intimitàedellasolitudinealuicare,edell’espandersideisentimentiche solo nella solitudine èpossibile. Ma nessun passosuocelebra l’autenticitàdellanotte e la sua superiorità sulgiorno;anzigliultimiversi–forse – da lui scritti, nel
Tramonto della luna, cidiconoconinauditaancheperlui potenza la gloria delsorgere del sole. S’impone ilconfronto con un’operachiave del primoRomanticismo, gli Inni allanotte di Novalis, dove,precedendo l’eterna nottewagneriana (Tristano: «il
magico regno della notte», il«vasto regno / della notteuniversale»contro«ilperfidogiorno» col «suo vanosplendore» ecc.) si parlaaddirittura, conmetaforizzaresuggestivo ed estremo,ossimorico, quantosignificativo, di cielo e lucedellaNotte,dellaNottecome
«Madre», e addirittura del«Sole»dellaNotte:edètuttol’assieme che va letto. Nonmolto diversamente ilManfred di Byron recita adesempio (parole del sestospirito): «La mia casa èl’ombra della notte, / Perchélatuamagiamitorturaconlaluce»,oppure: «Edun sole il
giorno avrà / Che ancora lanotte ti farà invocare»;oppure, e forse proprio sulmodello novalisiano, cosìinizia la canzonedell’Arciduca nell’Isabellad’Egitto di Arnim: «Notte,amata notte oscura» (e inun’altracanzone,quelladelloStudente, si legge: «Il giorno
mihatenutoprigionieronellaforesta, / m’ha liberato lanotte oscura»). E non dicononulla di diverso certe grandibattutedel saturninoPrincipedi Homburg nel dramma diKleist: «Ora la nottem’inghiotta! … la notte daicapelli d’oro mi accolse conamore, tutta stillante di
profumi, come una sposapersianaaccoglieilfidanzato,cosìmisonoabbandonatonelsuo grembo».D’altra parte èpossibile che sia di originenovalisiana l’indimenticabileimmaginedel«Soleilnoirdela Mélancolie» del testo piùcelebre di Nerval,competentissimo di cose
tedesche. È evidente ilretroterraspiritualisticooanziirrazionalistico, che maiLeopardi avrebbe potutoaccettare,diquestomitodella‘Notte’;epiùprecisamenteilsuo forte accentoantilluministico, se poiconsideriamo compimentoartistico del secolo dei Lumi
il Flauto magico di Mozart,con le figure della Reginadella Notte, e del neroMonostato, contrapposte allaluminosa saggezzaumanistica dei Sacerdoti e diSarastro; cito solobrevissimamente dal finale:«IraggidelSole/discaccianola Notte». E Schiller: «E le
immagini dellaNotte cedonoalla virtù della Luce». Equalcosa dello stesso tipopoteva essere detto nelSettecento in modograziosamente libertino, contutt’altro tipo di elogio dellaNotte.ÈlacanzonediPhilinenel Meister di Goethe: «Lasolitudine della notte / non
cantateincupamelodia;/no,obelledelmiocuore,/èfattaper la compagnia… Poteterallegrarvi del giorno / chesoltanto tronca le gioie? …Perciò durante il giorno cosìlungo / ricordati, amatocuore: /ognigiornohailsuocruccio / e la notte ha le suegioie». Più avanti, un poeta
abbondantemente passato perilRomanticismo,Heine,potràperò scrivere in un suo testofamoso (anche questomusicato da Brahms): «LaMorte è la freddaNotte, / laVita è il giorno afoso». Sirinvia comunque a uncapolavoro critico come1789. I sogni e gli incubi
della ragione di JeanStarobinski.
Siamo, mi pare, al puntocruciale, cioè all’assolutacontinuità di Leopardi, chesemmai più volte loradicalizza, col materialismoe razionalismo illuministici,di contro all’antilluminismospiritualistico se non
irrazionalistico dei romantici(Novalis: «Chi vuol cercareDio lo trova dappertutto»).Dei suoi compatrioti diràNietzsche in Aurora: «Latendenza principale deitedeschifututtadirettacontrol’Illuminismo e contro larivoluzionedellasocietà,che,con un grossolano
fraintendimento, eraconsiderata conseguenza diesso».Senepossonometterein rilievo vari aspetti. Uno,solo apparentementemarginale, è il costanteantiplatonismo di Leopardi(ma non per lo stile, cfr.soprattuttoZib.2150),finoalDialogo di Plotino e di
Porfirio, di contro a questaeloquente affermazione diFriedrich Schlegel: «Lafilosofia di Platone è unadegna prefazione allareligione avvenire». Maveniamo a uno dei capitolifondamentali, il rapporto omeno fra ragione e natura.Tutti sappiamo che in un
primo tempo, quando la suaidea di natura è ancorapositiva, in Leopardi questorapporto si pone comeantitesi: la ragione fredda eanalitica è acerrima nemicadellasantanatura.Madopolasvolta del 1824, o di subitoprima, la ragione, nellapienezza delle sue facoltà, è
l’unica garante dellacomprensione della natura,del mondo, e questo è tutto(respingo senz’altro la tesi,avanzata da taluno, secondocui la ragione di Leopardisarebbe in lui meramente«strumentale»). Ho citatoprimaunpassodecisivodelloZibaldone, cui sarebbe facile
aggiungerne vari altri. MaviceversaWordsworth: «Conl’analisi noi uccidiamo», eNovalis in un suo Pensiero:«Noi cerchiamo dappertuttol’assoluto e troviamo sempresoltanto cose» (ma invero leideediNovalisinmaterianonsono così univoche). QuindiLamartine: «Che la mia
ragione taccia, e che il miocuore adori», e anche: «Lanatura, uscendo dalle manidel Creatore, / Spargeva intutti i sensi il nome del suoautore»; con cui Hugo:«Tutto canta e mormora, /Tuttoparlanellostessotempo/Fumoetverzura,/Inidieitetti; / Il vento parla alle
quercie, / L’acqua parla allefontane; / Tutti i respiri[haleines]/Diventanovoci!».La natura, con le suecorrespondances, è oggettonon di comprensionerazionale e analitica ma diabbandono sentimentale o dipercezione totalizzante. Sipuò anche ricordare Diderot
che scriveva nelle Penséesphylosophiques: «Una soladimostrazionemicolpiscepiùdicinquantafatti».
La questione si puòstringere meglio guardandopiù specificamente alrapportoio-nonio.Noncredoabbia bisogno didimostrazione il fatto che in
Leopardiiduesonosempreenettamentedistinti:siacheinuna serie di poesieceleberrime l’io poeticoleopardianosipongaversolarealtà come spettatore epartecipe esistenziale manello stesso tempo comeinterprete razionale, sia chequell’io sia titolare di
domande disperate e vane acui la natura non può névuole rispondere (Ultimocanto di Saffo, Pastoreerrante ecc.), e così via – ilchevaleanchequando,comespesso,ilsoggettodiscorrenteè un alter ego o specchiodell’io poetico stesso. Qui èopportuno ricordare la giusta
idea critica di Solmi circa ilfatto che Leopardi mette fraparentesi progressivamentel’‘ioautobiografico’,che–sipuò aggiungere – quandoricompare nella strepitosaquarta lassadellaGinestra loè per essere annichilito dallavisione dell’Altro, che èl’abissodeimondisemprepiù
remoti e infiniti.Diversamente nelRomanticismo, e specie nelpiùfortee tutt’unocolprimoIdealismo, quello tedesco.Facciamo parlare primaSchelling, che già nellegiovanili Lettere filosofichesul dogmatismo scrive di«identità di soggetto e
oggetto»epoi scrive che«aldi fuori dell’identità assolutanulla è in sé» (commentaSzondi che per il filosofo«tutto ciò che è è la stessaidentitàassoluta»,datocheinlui l’«avvicinamento a unoscopo spostato nell’infinito»diviene qualcosa che «èsempre già raggiunto»);
passiamoquindi soprattutto aNovalis. Partirò dal celebrepassodeiDiscepoli a Sais incui un discepolo solleva ilvelo alla Dea e vi scorge,meraviglia delle meraviglie,se stesso (non è inutileosservare che questo passoacquista maggior valoresegnaletico se, come mi
sembra, è una polemica oparodianeiconfrontidell’odedi tutt’altro spirito Immaginevelata di Sais di Schiller,dove una voce chiede: «chialza questo velo scorgerà laverità?», ma quello che egliha visto non può confessarloeloporteràallatomba:«guaia chi alla verità si accosta
nella tomba, / non sarà maigioioso per lui»). Altredichiarazionidellostessotipoabbondano in Novalis, giànegli stessiDiscepoli a Sais,e ne cito alcune di corsa daaltri testi: «Il mondo è unpensierorilegato»,«Ilmondodiventa sogno, il sognomondo»,epiùesplicito:«Gli
altri farneticano. Nonriconoscono nella natura lacopia fedele di loro stessi»ecc.«L’ioèundecodificatoredel proprio testo» dice diNovalis uno studioso delrango di Blumenberg. Per ilsecondo Romanticismotedescomilimiteròacitaredauna poesia di Brentano
«Beato chi,… non fuori daisensi, simile a Dio, /cosciente solo di sé epoetando,/creailmondo,cheè se stesso»; e anche questavolta è naturale arrivare aWagner,semprealTristanoesemprealduettodel secondoatto:«allora sono / io stesso-io stessa il mondo». E per
esempio nel Romanticismospagnolo (come noto disviluppo tardo), il suomaggior rappresentante,Bécquer, in Saeta quevoladora potrà dire di sestessod’esseretutt’unoconlafreccia volante, la fogliasecca, l’onda gigantesca, laluce tremante; e
analogamente ad esempio inEspíritusinnombre.
Naturalmente non stodicendo che l’identità io-nonio dei romantici (specietedeschi) siaun fatto apriorie statico – magari inSchelling sì –, in tanti casisarà piuttosto il puntod’arrivo di uno Streben.
Tuttavia la differenza conLeopardirestaabissale,etalediventa soprattutto quandoegli scopre il carattereuniversalmente maligno eantiumano della Natura(1824): il non io divieneassolutamente nonassimilabilema solo altro edostile.Mipermettodiaddurre
qui un passo per meimpressionante dell’Esteticadi Hegel, evidentemente incontropiede al precedenteIdealismo: «lo spirito favalere il suo diritto e la suadignità solo nell’interdire emaltrattare la natura, a cuirestituisce quella necessità eviolenza che ha subito da
essa», anche se poi siammette la necessità della«conciliazione», dialettica,che però è evidentementealtra cosa dall’«identità»romantica, superandolapolemicamente nelriconoscimentodell’autonomia della realtà,con cui il pensiero deve
lottare.EgiàquattroversidelFaust goethiano suonavanocosì:«Follechisocchiudendogli occhi volge lo sguardolontano, / e immagina sopralenuvolequalcosadiugualeasé;/stiasaldosullaterraesiguardi attorno, / per chi ècapace di intendere questomondononèmuto».
Ancoradueappunti,chesiinscrivono piùparticolarmente nell’ambitodelsensismoleopardiano.Unaforisma del Dialogo chechiude leOperette, quello diTristano e un amico, suonaperentoriamente così (e sitenga presente che con ogniprobabilità Leopardi ha
conosciutoancheLaMettrie):«l’uomo è il suo corpo»;mainveceColeridge:«Ilcorpo, /eterna Ombra dell’Animafinita, / simbolo dell’Animastessa…», e Novalis chenell’Heinrich parla del corpoumano come simbolo: «ildelicato simbolo che è ilcorpo umano», con le sue
«membraspirituali»,ealtrovescrive, ricalcando la I letteradi Paolo ai Corinzi, 3, 16:«C’è un solo tempio almondo,edèilcorpoumano».
In un’altra sua paginaNovalisdettava:«Lemalattiecontraddistinguono l’uomodagli animali e dalle piante».Ma Leopardi nel brano forse
più sconvolgente delloZibaldone, «Tutto è male»(4174-4177, 22 aprile 1826),accredita di souffrance,rappresentandoladrammaticamente, non sologlianimalimaanchelepiante(fra i luoghi paralleli si puòinvocarealmeno l’invenzionedell’umile ginestra). E mi
pare che in questo luogo delDiario si diano la mano,antiromanticamente, appuntoun sensismo spintoall’estremo, ma ancherovesciato in universalecarità, l’idea sempre vivadell’universaleepercosìdireimparziale malvagità dellanatura e infine quella che è
certo una delle conquisteintellettualipiùnotevolidelloZibaldone, delle Operette edei Canti, cioè unaconcezione del mondo nonsolo antiantropocentrica, maanche antigeocentrica, in cuil’uomo è unmero accidente.Qui si può aggiungere uncorollario: nei romantici, in
lineagenerale,ilpensiero,oilpensiero-intuizione, ha unafunzione fortementecostruttiva; per Leopardiinvece, come lo Zibaldonenon si stanca di ripeterci ecome già ritenevano tantiilluministi, a partire daVoltaire,lafilosofiamoderna,cioè appunto illuministica,
non può costruire nulla, puòsolo distruggere, distruggerel’errore (così appunto nelcaso vistoso e decisivo delrovesciamento dell’idea dinatura benefica). Di qui,anche, la disperata eppurefeconda solitudineleopardiana.Esiveda invecesull’altra sponda un verso di
Musset: «Voltaire getta perterra tuttoquello chevede inpiedi».
Madecisivosaràsempreilresponso dello stile, conquantoquestoveicoladiidee.Mi riallaccioquindiaquantoaccennato sulla ricchezza, espesso dissipazione eridondanzafiguraledeigrandi
romantici rispetto allacontinenza leopardiana. E loperfeziono presentando altrifatti,cioèduebrevi lirichediShelleyediHugo,forseipiùfigurali fra i romantici, tutteintessuteacatenadifiguredisomiglianza, che quasisgorgano l’una dall’altra,come mai e poi mai è
accadutoaLeopardi.Shelley,seconda strofa di To Jane:TheRecollection:«Vagammoversolapineta/Chesfioralaspumadell’Oceano,/ilventolievissimoeranel suonido, /la tempesta nella sua casa. /Le onde bisbiglianti eranoquasiaddormentate, / lenubieranoandateagiocare,/esul
grembo del mare profondo /posava il sorriso delcielo…»;eHugo,adesempiouna strofetta della II parte diL’aurore s’allume: «Verità,bel fiume / Che nulladissecca! / Sorgente dovetuttos’abbevera, /Stelodovetutto fiorisce! /LampadacheDioposa /Accantoa tutte le
cose! /Splendoreche lacosa/InviaalloSpirito!».
Anni fa, occupandomi diquesta stessa questione, miera parso ragionevole legarel’indefesso metaforismoromantico a una sottostanteconcezione della realtà e delmondo,edellostessopensareumano, come analogia e
metamorfosi. E cito subitoNovalischeneiPensieriparladi «affinità senza numero» epoi ragiona così: «Tutte leidee sono affini. L’air defamille si chiama analogia»,mentre nei Discepoli a Saisleggiamo: «Egli non tardò ascoprireintuttocollegamenti,relazioni, coincidenze; più
nulla ormai gli parevaisolato… Godeva aricollegarecoselontane…»(eanche: «in quel grandecifrario che ovunque ciappare»). Ricorro ancora aBlumenberg che cosìcaratterizza l’‘idealismomagico’novalisiano:«visionedel mondo fondata sulla
scambiabilità e sullepermutazioni»(eperSchlegelnella mitologia «tutto èrelazione e metamofosi»).Ognuno vede, e perciò noninsisto, il rapporto stretto fraquesto analogismo e latendenziale indistinzione frasoggetto e oggetto, sia ilprimoacrearepercosìdireil
secondo o da questo vengarisucchiato panicamente.Anche si potrebbe ragionaresulla connessione fral’analogismo e la tendenza afar virare l’allegoria insimbolismo (tendenza deltuttoestraneaaLeopardi),maanche qui non insisto, ancheperché Schegel come
vedremo subito parla diallegoria, e piuttostoaggiungo qualche altroraffronto.Lo stessoFriedrichSchlegel scrive in unPensiero sulla mitologia:«tutto è relazione emetamorfosi»; Wordsworthin Rimprovero e rispostaparladi«unamoltitudine/di
cose perennementedialoganti»; Hugo: «il miospirito è ricco inmetamorfosi» (Dicté enprésence du glacier duRhône);Keats,OdeaPsiche:«Sì,lasciasiaioiltuocoro,epianga… lascia ch’io sia latua voce, il tuo liuto, il tuoflauto, il tuo dolce incenso /
chefumadalturiboloscosso;/iltuosantuario,iltuobosco,il tuo oracolo, il tuo ardore /di profeta sognante dallapallida bocca» (il ‘tu’ è laDea-Psiche): perfettoesempio di rapportonecessario fra sensodell’analogia e dellametamorfosi e fuoco
d’artificiofigurale.
Altro sentimento cheprovoca l’eccesso figurale, oanalogico, è quellodell’ineffabile. AncoraSchlegel: «ogni bellezza èallegoria. Il sommo, proprioper il fatto che è ineffabile,possiamo esprimerlo soloallegoricamente»,
interessantissimacongiunzione; e cfr. ancheNovalis,InniallaNotte:«allasacra, indicibile, misteriosaNotte»,Hugo alla fine deLapente de la rêverie: «Nelprofondo dell’abisso eglinuotò solo e nudo / Sempreandando dall’ineffabileall’invisibile». Altra cosa il
leopardiano «Lingua mortalnondice /Quelch’io sentivain seno»,precedutoe seguito(qui anche con sottolineatureesclamative) dalla vitalità disensazioni e ricordi belli. Emai nello Zibaldonel’ineffabilità è una categoriadipensiero.
Ma entriamo ora
nell’officina rispettiva.Leopardi foggia unlinguaggio – e a questo sitiene in sostanza pur nellavarietà delle fasi deiCanti –che esprime una grandenovità ideologica ed esteticaperò assorbendo erivitalizzando intensivamenteuna tradizione poetica che è
quellaitalianamasonoanchee forse piùOmero e gli altrigrecieilatinicomeVirgilioeOrazio (in Zib. 3416 ss., enon solo lì, sta scrittochiaramente che lacondizione per l’eleganzapoetica è l’antichità dellalingua). E questa sceltas’innesta nell’idea sua mai
abbandonata che la lirica,sommodellapoesia,nonpuòessere tale se non al mododegli antichi, e ciò per laragione fondamentale – traaltre–checaratteristicadellamodernità è anche quella direspingere la poesia stessa.D’altra parte Leopardiistituisce un rapporto stretto,
di cui tutti vediamo in lui lanecessità, fra quelrazionalismo e materialismocui i romantici voltanocombattivamentelespalleeilclassicismo nella forma, ivicompresa l’opportunità dimettere la sordina classica aipropri pronunciamentimaterialisti e nichilistici, il
che vuol dire, si facciaattenzione, non velarli, marenderli al contrario piùevidenti (enárgheia) e quasiepigrafici.
Alcontrario,è lampante laconnessione fra eccessostilistico e spiritualismo, eancheegotismo,neiromanticionellamaggiorpartediessi.
Di fatto, nella potenterivoluzione poetica, eideologica, che si svolge trafineSettecentoeOttocento,lavocazione romanticaall’eccessononportasoltantocon sé una corrispondenterivoluzione linguistica eformale, ma l’aperturairreversibile di una stagione,
che si può dire duri fino adoggi, in cui la poesia potràvivere, attraversoavanguardie, sperimentazioniformalistiche, cancellazionedel passato ecc., solo comecontinua rivolta contro sémedesima. Penso che arifletterci un attimo nonsfugga il rapporto con
quell’aspetto del capitalismomoderno che il pensieromarxista, nell’ammirazionedei caposcuola per ildinamismo della nuovaborghesia, ha definito comenecessità di innovareincessantemente mezzi estrumenti di produzione,insomma tecnologia.
Leopardi resta al di qua diquestoprocesso,eanzitutto–quasinonoccorredirlo–perlabuonaragionecheilgrandepensiero settecentescoper luinon è affatto una spiacevoleparentesiantispiritualisticadacancellare, ma un puntofermo rispetto al quale ognispiritualismo è un inganno e
un irrimediabile passoindietro. Forse è anche perquesto motivo che Leopardiappare ed è l’ultimo deiclassici.
Naturalmentenell’opposizioneLeopardi/Romanticismo sidevedistinguere,comeancheidatichehopresentatofanno
intravvedere. La distanza diLeopardi è certamentemassima dal Romanticismoper eccellenza, quellotedesco, un po’ minore daquello inglese (ma sì daColeridge e Shelley, conqualche tangenza invece conKeats),massimadi nuovodafrancesi eminenti e influenti
comeLamartineeHugo.Quiqualche elemento comune siha solo con Vigny, comeindica in particolarel’attitudine stoica verso lamortepredicatasianellaMortduloupchenelBrutominore– non è vero però come èstato detto che in Leopardicome in Vigny coesistono
due idee di natura: èprobabilmente così nelfrancese,mainLeopardi,nonmi stanco di ripeterlo, ilDialogodellaNaturaediunIslandese del ’24 segna unacesuradefinitiva,unpuntodinon ritorno. E altrettantonaturalmente c’è un fatto disostanza nel quale Leopardi
converge coi grandiromantici,edèlasuapotentecollaborazione – sostenutaanche da una precisa poeticache emerge da tante paginedello Zibaldone – all’idea epraticadella liricacomesededel‘grandestile’,luogoincuil’energia tragicadell’individuo si oppone
all’ordine della societàvigente, nonchéall’operazione che rendepossibile questasublimazione, vale a dire latrasformazione della lirica dagenere poetico fra i tanti informa assolutadell’espressione e stampopoetico non fungibile del sé
(cfr. ancora il grande saggiodiAdornosuLiricaesocietà,egiàlepaginediHegelsullalirica«soggettiva»).
Ultimo dei classici,Leopardi fu certo, rispettoall’attualità dei romantici, uninattuale: nel senso, sicapisce, in cui erano o sisentivano tali Nietzsche e
Mahler, in seguitoattualissimi. Anche in Italia,per non parlare del resto delmondo civilizzato, la storialetteraria dell’Ottocento si èsvolta, come in tanti hannonotato, quasi come seLeopardi non fosse esistito.Bisogna arrivare, salvoSainte-Beuve, aNietzscheda
un lato, a Pascoli dall’altroperchéilsuopensieroelasuapoesia trovino ascoltatori dirango. E la linea poeticavincente è comunque quellaRomanticismo-Simbolismo.Nonvapoidimenticatocheilgeniale Zibaldone vede lalucesolonell’estremoscorciodel secolo (ognuno di noi si
trova spesso a sognare cosaavrebbe potuto essere unincontro di Nietzsche con loZibaldone!).Ecomunquenelsecolopassatoincuilapoesiadi Leopardi ha nutrito tutti imigliori, il suo pensiero èrimasto molto a lungo fuoridel circolo filosofico a causadell’obiettiva alleanza di
cattolicesimo e idealismo,anche in veste di sinistra(poche cose Croce ha capitocosì poco come Leopardi).Con le parole pungenti diBaldacci «un connubio trasocialismo e cristianesimoche ha messo per sempre lamordacchiaa tutti iproblemiche più urgevano al filosofo
di Recanati»; e anche ininterpretazioni recenti piùaperte e complici non puòsfuggire certa tendenza aelidere precisamente ilmaterialismo del filosofo epoeta.
Non vorrei però, lo dicooraincoda,esserfrainteso.Iltavolo sopra il quale ho
giocato non comporta affattocheiononsappiaesentachegrandissimi poeti sonoWordsworth, Coleridge,Hugo, Eichendorff, esoprattutto Keats, e ciò nonnonostante ma in forza delloro terriccio ideologicospiritualistico ed egotisticoche sprigiona tanta energia
poetica.Echenonsappiachelamodernitàpoeticas’innestain linea di massima sulRomanticismo, ci piaccia omeno la nostra modernitàcome tale, con molte e fortieccezioni che sono adesempioHardy oMachado eSalinas, Saba e Auden, laAchmátova e Larkin – e per
altroaspettoBrecht(mentreèsempre eloquente che in unodei massimi, Apollinaire,convivano pacificamentel’avanguardismo più sfrenatoe allegro e uno squisitomelodismo ‘verlainiano’). Inognicaso,apoetiestraneiallalinea ‘mallarméana’privilegiata a torto da
Friedrich si opponga adesempio da jonctionBaudelaire-Browning cara apoeticomePoundeMontale.Ecioèunapoesia‘metafisica’(definizione montaliana) adunaermetica.Sempreilpoetaitaliano ha definito la primacomecozzodellaragionecontutto ciò che non è ragione:
per caso la formula non siaddirebbe anche alleconvinzionieallaprassidellostessoLeopardi?
Tutto ciò non toglie chenonoccorre condividere tuttele tesi del classico libro diLukács per dover dargliragionequandovede in tantoromanticismo il punto di
partenza di quella«distruzione della ragione»che contrassegna per tantiaspettilamodernità.
II
Dueformedeldiscorsopoeticoleopardiano
La poesia del Leopardi – perquanto caratterizzata dallapeculiarità e dall’individualitàdi ogni singolo componimento– è riconducibile ad alcune
‘fasi’; a queste ‘fasi’corrispondono specifichemodalità costruttive.L’allegoria leopardiana èsempre chiara ed esplicita emetteinlucesiailfigurato,siailfigurante.
ÈcosarisaputacheiCantisi possono scandire, salvialcuni individui irriducibili o
altri che hanno una funzioneche possiamo definire di‘ponte’, in una serie precisadifasicaratterizzatecometalinon solo da costanti diideologia e contenuto, maanche di stile (metricacompresa, anzi in primoluogo). Provo a ricapitolarecon cautela, ponendomi dal
puntodivistadelrapportofral’iopoeticoel’altrodaluioilmondo, ma cercando nellostesso tempo di nondimenticare che,inversamente, è fortissima inLeopardi la tendenza acaratterizzare in modoaltamente specifico ognisingola sua lirica, o d’altra
parte quella a procedere per‘dittici’ (adesempio leprimedue canzoni o laQuiete e ilSabatooledueSepolcrali)[1].Le varie fasi della poesialeopardiana non sonocostituite da serie di varianti,ma da costellazioni diindividui.
In una prima fase l’io
dialogaconlegrandiessenzedella storia edelmito, enondiradodellastoriacomemito(in parte All’Italia, Inno aiPatriarchi…), sicché sultelone della storia-mito sonoproiettate anche le occasionidella quotidianità perfinodomestica (Alla sorellaPaolina, A un vincitore; cfr.
14 «Del barbarico sangue inMaratona…») o dell’attualitàculturale (AngeloMai). Sonole Canzoni, con l’eccezionealmeno parziale dell’ultimascritta, e inoltre spostataavanti nella struttura dellaraccolta, la ‘platonica’ AllasuaDonna[2].
Negli Idilli,contemporanei
alle Canzoni ma ad essevolutamente contrapposti giànel metro e nelle misure, eche possono giungere a unasortadiistantaneitàpercettiva(mentre l’uso dello sciolto èperfettamente in funzionedelcarattere di quei testi, lanarrazione piuttosto chedescrizione o evocazione
delle proprie esperienzeesistenziali),negliIdillil’iosiconfronta con una naturaprossima e quasi domestica,consolatrice o sublimatricedelle pene personali; e vi siconfronta quasi mettendo fraparentesi il relativo contestosociale, sicché quella naturaquotidiana diventa la natura
in tutta la suamaestà: naturainsomma, e non paesaggio,come mostra esemplarmenteil tragitto dal secondo allaprima nell’Infinito. Sogno aparte, che per certi aspetti facoppia col più antico Primoamore, si stacca dalrimanente l’ultimo Idillioscritto,La vita solitaria, che
perunversoriassumeedilataiquattroprecedenticonpunteanzi più ‘idilliche’ in sensotradizionale o settecentesco(la «capanna»…), per l’altroguarda avanti facendo inparticolare da ponte verso iCanti pisano-recanatesi, colsuo ambientarsi non più soloal cospetto del paesaggio-
natura, ma del «borgo». ÈnegliIdillicomunquechel’iopoetico tende a coincidereconl’ioesistenzialepiùnudoesolo.
Dopo l’annunciosquillantedel Risorgimento i Cantipisano-recanatesiapprofondiscono quel temadel disinganno (illusorietà
dellasperanza,delpiacere,diun’attivitàstessasottrattaallanoia)chegiàavevacosìgranparte nelloZibaldone e nelleOperettemorali;ma la scenaè ora decisamente all’internodel borgo di Recanati, chediventa in quelle lirichesupremeunodeglihautslieuxdella poesia di tutti i tempi:
entro di esso l’io poetico piùche contemplare accoglie ilmondo esterno in sé masoprattutto rammemora, el’attività del borgo, mentreesprime quella vivacità equellagraziachepureoffronouna momentanea felicità,nellostessotempoèlafiguradellaVitachevieneconfutata
dalla voce dolorosamenteferma del perenne doloreumano. Reduce dalle sueprose ‘in forma’ (gran partedelle Operette) e no (quasitutto lo Zibaldone), quiveramenteLeopardidàalsuopensiero poetante (conl’espressione felice diAntonioPrete)unassettoche
è tanto senza scampo quantoèliberamadefinitivanelsuoritegno classico la forma delproprio discorso poetico, cheper lo più è la ‘canzonelibera’. Naturalmente staalquantoasél’ultimoindata– a parte probabilmente ilPassero solitario – di questitesti, il Canto notturno, non
fosse altro che per l’enormeslargarsi, che tendeall’infinito, dello spazio(«solitudine immensa» ecc.),cui corrispondel’indeterminazione, o arcanaretrocessione, nel tempo (la‘fonte’ di questoCanto parladi «chants historiques» diquei popoli). La diversa
impostazione, come si sa, haimmediati riflessi nellametrica (l’unicum della rimacostante a fine di ogni lassa,con eloquente ripresa ancheall’inizio dell’ultima secondol’antico artificio delle coblascapcaudadas), e in tantoaltro: a cominciare dallafisionomia della seconda
protagonista, la luna, che inparte conserva il vecchioruolo di affettuosa efemminile compagnadell’uomo (specie primalassa) ma più assume quellodi un astro tacito e lontano,immagine e partedell’insensibilità della natura(«Silenziosa»2,«solinga»61,
«muta» 80 ecc.). Non c’èdubbio:ilCantonotturno,piùancora degli altri Pisano-recanatesi, non è concepibilesenza le recenti meditazionidella prosa dell’autore, eanche per questo apresenz’altro verso ladesolazione cosmicadell’ultimoLeopardi.
L’‘esistenzialismo’negativo di Leopardiraggiunge la sua punta nelcosiddetto Ciclo di Aspasia,nella lirica a lei intitolata,unica contro una donna, eancor più nei sedici rotti,affannati e testamentari versidi A se stesso; ma occorremettere l’accento
sull’eterogeneità (anchenellostile, qui massimamentedivaricato) dei cinque carmiche lo compongono: estremoe singolare accostamento diLeopardi al Romanticismo, enon al migliore, inConsalvo(penso particolarmente aRolla di Musset, ma cfr. adesempio anche Alastor di
Shelley o Le Trappiste diVigny), del resto anticipatodall’autorenellasequenzadeiCanti; altro inno ‘platonico’all’amore, ma piùarchitettonicoedenso,equasinon finito, è nel vastoPensierodominante,el’ancorpiù notevole Amore e morteintreccia agli elementi
comuni col Canto che loprecede motivi e unacostruzione stessa che fannopresagireleSepolcrali.
Nella quinta e ultima fasedella sua poesia, a Napoli,l’io esistenziale si sublima esconcretizzatotalmente,tantoche le due Sepolcrali nonmuovono da occasioni vitali
ma dal fuori tempo edall’emblematicità dellastatuaria; e affronta quasi daspettatore o meglio da‘coscienza’ se non dalegislatorelequestioniultimedellamorteedelcosmo.Maèpure rilevante che questoallargamento di orizzontispeculativi, come se il
giovanileInfinitofossemessoal cubo, mentre invece ipredicati tante volte discussidella morte divengono carnee sangue, comporti ancheun’attenzione nuova allasocietà contemporanea nelsuo intero, non più nellamisuradellachiusaearcaica,e in qualche maniera
protettiva, particolarità del«borgo».È laPalinodia – daaffiancarsi soprattutto agliesercizi sarcastici dei Nuovicredenti e dellaBatracomiomachia, esclusidalla raccolta –, ma èsoprattutto l’intreccio divisione sociologica e visionecosmica, di società e natura
distruttiva nella smisurataGinestra. Tuttavia ilTramonto della luna, fratellodel grande carme per lapotenza dello sguardocosmico, ingrandiosa ripresadall’alto opposta ecomplementareallaancorpiùgrandiosa esplorazione delcosmo dal basso della
Ginestra, declina quellavisione della natura con unadolcezzaeunabbandonochesonoquasiquellidegliIdilliedei Pisano-recanatesi: è, perdircosì,uncosmo-paesaggio.
Mi sono permesso questaovvia ricapitolazione perpoterinserirenellaseriedelle‘fasi’ deiCanti duemodalità
costruttive che a me paionofondamentali del discorsopoetico diLeopardi, e che inlinea di massima non sonoaffatto ubique. La prima è lapresenza protagonistica e ingenere dotata della propriavoce di ‘personaggi’ che inun modo o nell’altrofunzionano da alter ego o
sosia dell’io poetico, se nonvogliamo dire senz’altro daDoppelgänger,comesuonailprotagonista di una lirica diHeine (Heimkehr 20; e vediancheibidem60)musicata inmodo sconvolgente daSchubert.Ilterrenodiculturadi questi ‘doppi’ sonosoprattutto le Canzoni[3],
come vuole la proiezioneeroica e agonistica dell’ionella storia e nel mito: lafigura di Simonide inAll’Italia[4], soprattutto manonsoloilTasso(cuipoisaràdedicata un’Operetta)nell’Angelo Mai, Bruto(‘doppio’ più di tutti), Saffo:tre di questi quattro parlano
con la loro voce, l’ultima,Saffo, anche senzaintroduzione ‘narrativa’ orievocativa. Controprovadell’urgenza di questomodello nelle Canzoni mipare il fattochenellaSorellaPaolina la protagonista ededicataria, cheevidentementenonpuòessere
giudicata in senso stretto unalter ego dell’io poetantemaun suocomplemento fraterno(sororale), sprigiona via viadue doppi di sé, piùrapidamente la «sposagiovanetta» spartana cheaffronta fieramente la mortedelmarito(vv.71-75)epiùalungo,per leduestrofefinali
intere, la romana Virginia.Prescindendo per ora dalCanto notturno, che per lasua complessità va tenuto aparte, il procedimento delDoppelgänger si ritrova induetestipiùtardimache,perquel che vale nel caso laconstatazione, Leopardi haarretratonell’ordinedeiCanti
rispetto alla data dicomposizione, il Passerosolitario (vedi per unpossibile paragone TheNightingale di Coleridge) ecomes’èdettoConsalvo:e ilprimo, che finisce percollocarsi non lontano dalleCanzoni, ha questo dicaratteristico, che la
specularità si realizza non inassenza (e dunque insottinteso) dell’io, ma in suapresenza, e la figura dell’io,dopo essere stata posta informa ‘analogica’, alla finevienepostainformainversaooppositiva.Vedremopiùtarditrattamenti similidell’allegoria.
È anche interessanteosservare che nella linguaprestataaqueitalipersonaggidelleCanzoniemerganoversio espressioni simili ad altriche più avanti nei Cantiapparterranno alla vocedell’io poetante. Cfr. peresempio All’Italia 80:«Guardandol’etraelamarina
e il suolo» (molte mossesimili nel Leopardisuccessivo); 127-128: «Eccoiomiprostro,/Obenedettialsuolo», cfr. Sera del dì difesta23-24:«Equiperterra/Mi getto e grido e fremo»,con uguale figura ritmica,quinario più settenario acavallo dei versi interessati;
Angelo Mai (a proposito delTasso) 128-129: «Amore, /Amor di nostra vita ultimoinganno…» e Vita solitaria39-40: «Amore, amore, assailungi volasti / Dal pettomio…»;Brutominore45:«Emaligno alle nere ombresorride», da cfr. coi finalidella Vita solitaria e di
Aspasia; Ultimo canto diSaffo 64-65: «poi che perìrgl’inganni e il sogno / Dellamia fanciullezza», eA Silvia49-52:«Ancheperìafrapoco/La speranzamiadolce, aglianni miei / Anche negaro ifati / La giovinezza» ecc. Eglobalmentesipuòdirecheiltema dell’alter ego esperito
nelle Canzoni passasoprattutto da queste allaprosa critica delle Operette,nelle quali è continuo, asegnare ancora una volta laprecedenza dell’invenzionepoetica sulla riflessione dellaprosa (il caso più eclatante èL’infinito, il cui contenutoconcettuale è discusso più
volte nelloZibaldone dopo enonprimadell’idillio).
ConlaritornantefiguradeldoppioLeopardipareinserirsiinun temachepercorre tuttol’Ottocento: la narrativa(Hoffmann, Chamisso,Dostoevskij, Stevenson ecc.),come la poesia: dalle lirichegià citate di Musset ecc. al
Dèmone (trad. Spendel eGiudici)diPuškin,aNotte IIeIIIea Ilmiodemone (trad.Landolfi) di Lermontov, aidue testi appena ricordati diHeine cui vanno aggiuntialmeno dello stesso il«Blutfinster Gesell» diTraumbilder 7 e l’Atlas diHeimkehr 24 (pure musicato
genialmente da Schubert), evia dicendo[5]. Ma mentrenelle opere ottocentesche oramenzionate e in tante altresimili il trattamento del temaè, tipicamente, visionario-demoniaco, Leopardi sfioraappenaquestadimensionenelBruto, ma propriamente nonla toccamai,contrapponendo
a quella dissoluzione dell’iouna proiezione eroica del séquale era possibile non solonell’ambito di una poetica‘classica’ ma anche, diciamopure, per il fatto cheLeopardi, soprattutto nelleCanzoni, si poneva come unio antagonistico strettamenteindividuale, non come un io
‘sociale’.Comegliavvienediregola, anche in questo aLeopardi accade che,muovendosidaunaposizionestorica più arretrata edecentrata di quella deicontemporanei romantici,proprio per ciò finisce percollocarsi non dico piùindietronépiùavantidiloro,
maaltrove.
Ec’èqualcosanelle figuredel doppio che, guardandoora all’interno delle formepoetiche leopardiane in sé, èanche più notevole, ed è chequegli alter ego (compresaVirginia) pronunciano ingenere (e sempre nelleCanzoni) dei veri e propri
monologhi tragici, degni diSchillerodiGrillparzerodelgrande monologo delprotagonista nel Ruy Blashugoliano. Perciò quelLeopardichefindall’inizioesempre ha proclamatol’eccellenza della lirica soprale altre forme di poesia, oaddirittura il suo essere
l’unica vera forma di poesia,in realtà carica leCanzoni (epoi il Canto notturno) diistanze elocutive chedobbiamo definire narrativee,ancorpiù, teatrali, in virtùdelle quali quei testi sono difattomoltolontanidallameralirica, quella stessa cheLeopardi esperiva allo stato
puro, contemporaneamentealleCanzoni,negli Idilli.Daiquali dunque esse sidifferenziano, fra tanto altro,per dispiegarsi in formeliriche che così spessocontengono in sé lacontraddizione, o ladilatazione estrema fin quasiall’esplosione, dell’essenza
lirica. Ne deriva anche chequei testi, a modo loro,realizzano la pulsioneall’oralità che sempre più ciappare primaria in Leopardi,e sempre più un segno fortedel suo distacco effettivodalla tradizione, mentredichiarano già da parte loroquellavocazionealcantoche
sarà sempre più forte nelpoeta (il poeta dei Canti,titolo insolito), e che inquesto lo avvicina a unaistanza primaria dellaRomantik.
La seconda modalitàcostruttiva, e cioè l’allegoria,è del tutto estranea alla faseche ospita in modo più
organicolafiguradel‘sosia’,cioè la fase delleCanzoni, ecomunque sta, conun’importante eccezione sucui ci fermeremo, quasi indistribuzione complementarerispetto a quella. Di fattol’allegorismo si affaccia perla prima volta, dopo ilcosiddetto ‘silenzio’ poetico
degli anni 1823-27, nellalirica fondativa del nuovoLeopardi,ASilvia. E però visi affaccia, come èsignificativo,inunaformadaun lato ancora indiretta madall’altro molto singolare, enon solo perché Silvia-figuranteagisceinpresenzaenon in assenza del suo
figurato, la speranzagiovanile. Infatti ormai sideve ammettere, soprattuttosullabasedelgrandefinale(etuttoiltestoneacquistatantopiùdisuggestione),chel’unae l’altra si fondono, e che lamorte metaforica dellasperanza sprigiona da séquella reale di Silvia, o
viceversa: ma allora si deveancheammetterecheinrealtàfiguranteefiguratosembranoscambiarsidi funzione, echese Silvia ‘rappresenta’ lasperanza, a sua volta lasperanzarappresentaSilvia:èun’allegoriareciproca.Questaambiguitàèunadelle ragionichefannodiASilvianonsolo
uno dei capolavori poetici diLeopardi, ma uno dei suoitesti concettualmente piùricchi.
Nelle Ricordanze invece,complicel’andamentodistesoenarrativoelafocalizzazionesulla molteplicità dei ricordi,Nerina,adifferenzadiSilvia,resta Nerina e basta, quasi
ampliamento elegiaco dellaprima (coppia Nerina-giovinezza vs Silvia-speranza) e senza sensiulteriori. Ma subito dopo,nella Quiete e nel Sabato,l’allegorismo prende fiato, esi designa con una nettezzache è come la contropartedell’indicibile e aerea
icasticità con cui le scene divita nel borgo sono nonevocate, ma descritte incontemporanea e quasisimultaneamente: nella primala ripresa della vita attivadopolatempestaèimmagineparlantedelcarattereeffimeroe vano del piacere, puroprodotto della cessazione del
dolore (o terrore); nelsecondo, dall’angolo di vistaoppostomacomplementare,èdi scena l’attesa,destinataadessere fatalmente delusa, diuna felicità futura («Dimantristezza e noia…» in rimaantitetica con «gioia»); enell’allocuzione finalesconsolata eppur tenera al
«garzoncello» (come inRicordanze 74 ss.) nondiremomagari che si delineaun’allegoria minore entro lamaggiore, ma certoquest’ultima è richiamatadalla doppia occorrenza, edoppiamente in rima, delsostantivo tematico festa chefa gruppo con quelli della
Quiete e del Passero (quianche festeggiar). Meglio sipotrà dire che un’allegoriaminore entro la maggiore èospitata nella Quiete, se il«passeggercheilsuocamminripiglia» che chiude la primalassa può essere indiziato di‘figura’ dell’io tristementepensante che s’appresta a
relativizzarne e contraddirnele vitali e festose apparenzenel mentre che se neallontana.
Proprio la coppia diopposti e complementaricostituita dalle due allegorie,che colpiscono entrambi gliaspettidellateoriadelpiacereelaborata per tempo dal
filosofo o ‘moralista’, ci fasubito comprendere chel’allegorismo non avrebbepotuto profilarsi neiCanti senonavesseavutoallespallelariflessione dello Zibaldone edelleOperette (queste a lorovolta non prive di allegorie);odetto inaltromodochec’èun rapporto preciso fra
l’allegorismo e una poesiache sempre più acquistacarattere speculativo. Vasempre ricordato che altempo dei Canti pisano-recanatesi (e a maggiorragione dopo) Leopardi hagiàscrittolapartepiùgrandedelle Operette e quasiterminate le Note dello
Zibaldone. Ciò vuol dire cheda questo momento in poil’istanza speculativa passa incarico alla poesia, che devedotarsi di nuovi strumenti,unodeiquali,enonl’ultimo,è appunto l’allegoria, con lasua evidenza razionale. Manon solo: l’impiantoallegorico, in questi Canti e
altrove (cfr. soprattutto ilTramonto della luna) è ciòche permette a Leopardi dimettere in scenacontemporaneamente le dueopposte istanze della suapoetica, quella del pensieroche nega ma anche quelladella Vita che brulica erallegra il cuore. E quindi,
ben lungi dall’essere unmarchingegnointellettualistico, scaturiscedal cuore stesso della mentepoetica leopardiana. Ai duetesti recanatesi appenaricordati si deve poiaggiungere, quale che sia lasua datazione (’28 o, com’iopreferisco, alquanto più
tardi), e anzi comeparticolarmente probante,l’Imitazione da Arnaut:particolarmente probante sianel suo riprendere il temaallegorico archetipico dellafoglia come simbolo dellacondizione umana (Omero,Mimnermo, Bibbia…, e finoa Verlaine e Ungaretti: ma
qui spesso, non è maleosservare, al plurale), sia eancor più perché Leopardi, atanta distanza di tempo daquanto ha conosciuto Lafeuille – non meno di diecianni–vaa‘imitare’unaliricagià in se stessadichiaratamente allegorica, elo fa trasformando una
simbologia tra esistenziale epolitica (la foglia è Arnautstessochevagasmarritodopoche è mancato il suosostegno, la quercia-Napoleone) in una nudarappresentazionedell’universale destino degliuomini; e sono accentuazioniparticolari in questo senso il
comune vento che non èl’eccezionale orage, «e tuttol’altro ignoro», quasi comenelPastoreerrante, in luogodi «sans me plaindre oum’effrayer», mozione degliaffetti, e meglio di tuttol’aggiuntivo «naturalmente»,cioè‘per leggedinatura’.Lafoglia è la pura e universale
umanità.
EsiamoalCantonotturno,diverso dagli altri Pisano-recanatesi e in genere dalresto deiCanti da non pochipuntidivista,cominciandodaquelli accennati più sopra.Mentre tutte lealtreallegoriefinora esaminate sono,Cantoper Canto, uniche, in quello
delpastoresonoplurime.Nelcontenente principale, ildiscorso o canto del pastorecome allegoria dell’umanacondizione (Montaigne), nesono incassate altre due: laseconda lassa delvecchierello, sortadimiseenabyme, che potremmoconsiderareilrovesciotragico
del vecchio pellegrino diWordsworth, in mododifferente esprime ilmedesimo significato deltutto («tale / È la vitamortale»), ma non in formastatica e definitiva bensìsgranandolo lungoun’esistenza dolorosa vistanon globalmente ma nella
progressione dei suoiaccidenti; e quanto allagreggia – Zibaldone maanche la metafora diRicordanze 43 alla mano –altro non può significare chequella parte meno sensibiledel genere umano che nonprova il tedio e il suo poteremortifero, in ciò opposta al
pastore che dunque vale aquesto punto non perl’umanitàinteramaperlasuaporzionepiùsensibile:eperò,come suona il finale, l’una el’altra comunque sonodestinate all’infelicità («Èfunesto a chi nasce il dìnatale»,ultimoverso).Siamoquindi di fronte a un testo
dall’allegoria plurima einoltre, a potersi esprimerecosì,mobile.Enonèsoltantoquesta la specificità, dalnostro punto di vista, delCanto notturno. L’altra stanel fatto che è l’unica liricadei Canti in cui coesistonoallegorismo – anzi piùfrastagliato del solito – e
presenza (per l’ultima voltanellaraccolta)dellafiguradel‘sosia’, cioèevidentemente ilpastore come Doppelgängerdell’io poetante leopardiano,carico dell’essenze, spremuteai loro minimi, della sua‘filosofia’. Anche questaangolatura ci permettedunque di vedere come il
Canto notturno, vera epropria antropologia poetica,sia il testo più denso eimportante dell’interaraccolta,eforseilpiùgrande.
Come c’era da attendersi,nessun segno di allegoricitàcomparenelCiclodiAspasia,diviso fra bruciantidichiarazioni dell’io
esistenziale ferito e vindice egrandicostruzioniintellettualisulla essenza d’amore (comeè noto i due temi siincontrano proprio inAspasia). C’è bensì, e sicomprende, l’ultima ripresadella figura del doppio inConsalvo, significativamentecollocato poi da Leopardi
subito prima, e non dopo, iPisano-recanatesi. Forsel’allegoria, o ancor più losdoppiamento, sono sfioratinella«dicotomiafralamente,cheparla,eilcuore»(Carrai)di A se stesso, benché ildialogo col proprio ‘cuore’riprenda l’evidentesineddoche della tradizione
poeticadalMedioEvoinpoiecosteggiuntoposromantico(Heine,Mussetecc.):infattiil‘tu’ s’intercambia presto conl’‘io’(«micredei»,«sento»)ocol‘noi’inclusivo,edelrestoil titolo è appunto A sestesso[6]enon*Almiocuore.
ConcludendocongliultimiCanti, è chiaro che bisogna
separare dagli altri laPalinodia; eppure con dueriserve: la sua prossimità aiprettamente allegorici, e nelsenso esopiano del termine,Paralipomeni; e lasimilitudine, notoriamenterielaborata da Zib. 4421, deivv. 154 ss.: «Quale unfanciullo…», che potremmo
definire para-allegorica,tant’è che ai vv. 170 ss. stascritto: «La natura crudel,fanciullo invitto ecc.».Quantoaglialtriquattrotesti,evidentemente non cadedubbiosullanaturaallegoricadella primaSepolcrale («Mainonvederlaluce/Era,credo,il miglior… Prima che… I
lugubri suoi lampi il verbaleni», «Madre temuta epianta / Dal nascer giàdell’animal famiglia /Natura… Che per ucciderpartoriscienutri»ecc.),equipure si affaccia unasimilitudine che costeggial’allegoria:(«Comevaporeinnuvoletta accolto…» 36 ss.),
e forse a maggior ragionedellaseconda(«Cosìriduceilfato/Qualsembianzafranoiparvepiùviva/Immaginedelciel. Misterio eterno /Dell’esser nostro»; «Naturaumana,orcome…?»).
Ma è bene fermarsisoprattutto sul TramontodellalunaesullaGinestra.Il
Tramontopresentacomesisal’equazione allegoricatramonto della luna =tramonto della giovinezzanella forma particolarmentemaestosa ed evidentedell’amplissima similitudineinterstroficachesisollevafindal primo verso: Quale…,comparante nell’intera prima
lassa–Tal…,comparatonellaseconda (e si noteranno aconfermalerelazionilessicalie concettuali di «In fuga /Vanl’ombreelesembianze/Dei dilettosi inganni» 22-24vs «ombre» concreto 6 e 12,«ingannevoli» 5;«Abbandonata,oscura/Restala vita» 27-28 vs «Oscurità»
14ecc.).Entroquestoquadropuò assumere una curvaturaallegorica,unpo’ forsecomegià il «passegger» in chiusadellaprimalassadellaQuiete,il «carrettier» di I, 19,commutato a II, 29, altrorelais, nel «confuso viatore».Maancorpiùcaratteristicodiquesto Canto è il fatto che,
svoltinellaterzalassal’elegiadella giovinezza e il quadrodella miserabile vecchiezza,nella quarta quello che nelledue prime era unasimilitudine allegorica peraffinità, diventa unasimilitudine allegorica percontrasto: la natura puòrinnovarsi e risplendere di
nuovo(ilriaffacciarsidelsoleècantatodaLeopardiinversidi inaudita evidenza epotenza), mentre la «vitamortal», infaustamenterettilinea e non ciclica, nonpuò che correre dalla finedellagiovinezzaallamaturitàallavecchiaiaallamorte, suo«segno» o punto d’arrivo
predeterminato[7].
NellaGinestra, come pureè ben noto, i portatori diallegoriasonodue,perdipiùfatti coesistere circolarmentenella prima e ultima lassadello sconfinato Carme: lo«sterminator Vesevo» e la«odorata ginestra / Contentade’ deserti», che intanto,
contro le evidenzenaturali, ènominataalsingolare(enellaprospettiva allegorica sifaccia mente locale anche alsostantivodeserti)[8].Segnaloallora appena un paio dielementi che ne collegano losvolgimentoaquantoavviatonei Canti precedenti: lapresenzadel«passeggero»13
e del «peregrino» 276, e leduegrandisimilitudinideivv.138 ss. e 202 ss., la primadichiaratamente allegorica, laseconda esplicataulteriormentecometaleaivv.241 ss: «Non ha natura alseme /Dell’uompiù stima ocura/Cheallaformica…»(ecfr. anche 271-272: Pompei
«come sepolto / Scheletro»).La Ginestra è bencontemporaneadelTramonto;eloèancheperlacircostanzachela«lentaginestra»,chesipiegaall’oppressioneomicidadella natura senza vaneresistenze o preghiere eorgoglio altrettanto vani,rappresentaecontrario («Ma
più saggia, ma tanto / Menoinferma dell’uom») lo stoltoatteggiamento degli umani –o della loro stragrandemaggioranza.MaadifferenzadelTramonto e invece comeilCanto notturno (col qualeconverrebbe scrutare lesomiglianze) l’ultimo Carmedi Leopardi è un testo ad
allegorie plurime, sia puresubordinateallaprincipale.
Cognata dell’allegoria è laprosopopea opersonificazione. Ladistribuzione di questa figuraneiCanti è pure interessante(mi devo limitare al rimandoai versi):All’Italia 6 ss. (manel complesso Leopardi
riduce l’ampiezza dellapersonificazione del modelloprincipe della sua canzone,quella all’Italia di Petrarca);Sopra il monumento 42-43,60-61, 92 ss.; Passerosolitario41-44;Seradeldìdifesta 14-16;Ricordanze 124-125; Pensiero dominante 15ss.; Amore e Morte 10 ss.;
Sopraunbassorilievo50ss.;Palinodia 55 ss. e 142-143;Tramonto della luna 22 ss.;Ginestra 52 ss., 80 ss., 124-125, 227-230, 292-295, 304ss. (è la ginestra!). Anche secerto avrò dimenticatoqualcosa (ma ovviamente misonoguardatodalmetterenelconto la luna), il quadro che
si delinea è eloquente.Dapprima nobile omaggioallo stile classico (come adesempioleperifrasi,poniamoin Patriarchi 42-43, Ultimocanto 11-12 e 62-63), lafigura della personificazione,quasi assente negli Idilli eassente come è ovvio nelCiclodiAspasia(chesemmai
conta il ‘doppio’ delConsalvo), tende a situarsiprecisamente là dove sicolloca l’allegorismo,addensandosi nel Leopardiultimo. Comunque, e ciòverrà buono in seguito, nelcomplesso lepersonificazioninei Canti sono,verosimilmente, poche[9], e
tendono pure a svolgersi inspazibreviobrevissimi.Èunpunto di differenzasostanziale coi grandiromanticieilorodintorni.
Ma torniamo alle duefigure cui s’intitolano questepagine. A quanto già dettosulla loro indeterminazione,annullata solo nello
specialissimoCantonotturno,va aggiunto almeno che sial’una che l’altra sonototalmenteassentinegliIdilli,cioè nella serie in cuiLeopardidismette l’attitudineeroica che lo proietta nellastoria e nel mito (o nellastoria come mito)contrappuntandola con un
atteggiamento nudamenteesistenziale dell’io poetico,che esperimenta la propriavitasentimentaleemeditativaneltestaatestaconlanatura,coltanellasuainfinitacalma,prima di rappresentare neiPisano-recanatesi anche labenefica vitalità umana: cfr.Vita solitaria 23 ss.: «Talor
m’assido in solitaria parte, /Sovra un rialto, al margined’unlago/Ditaciturnepianteincoronato. / Ivi, quando ilmeriggioincielsivolve,/Lasua tranquilla imago il Soldipinge, / Ed erba e foglianonsicrollaalvento,/Enonondaincresparsi,enoncicala/ Strider, nè batter penna
augelloinramo,/Nèfarfallaronzar nè voce o moto / Dapresso nè da lunge odi nèvedi. / Tien quelle rivealtissima quiete: / Ond’ioquasi me stesso e il mondoobblio / Sedendo immoto; egià mi par che sciolte /Giaccian le membra mie, nèspirto o senso / Più le
commova, e lor quiete antica/ Co’ silenzi del loco siconfonda»;passo,aguardarlobene, estremo, in cui sonoconfiscati sia l’attivitàintellettuale dell’Infinito sia iricordi dolorosi diAlla luna,e la quiete metafisica dellanatura, e dell’io, è espressa,moltopiùchedailessemiche
la indicano direttamente,quasi secolarizzando i modidellamistica, con un cumuloa non finire di negazioni.Quanto allo stabilizzarsidell’allegorismo, dopo ilgrande hors-d’oeuvre delCanto notturno, nell’ultimaserie dei Canti, non c’èbisognodimoltespiegazioni.
In quella fase innalzamentodel livello speculativo eallegoriavannodiparipasso,e ciò meraviglia ancor menoin un poeta e filosofomaterialista come Leopardi,per il quale, come è scolpitosoprattutto in una grandepagina dello Zibaldone,piccolo e grande, terreno e
cosmico, uomo e naturacostituiscono un’unitàorganica che reclama semprespiegazioni orappresentazioni organiche:sicché come simbolo diquanto l’uomo ha – odovrebbe avere – di megliopuò ben stare la minutaginestra, che Leopardi
guardava amorevolmente,nelloscorciodellasuavita,làsulle pendici del vulcanoannientatore.
Maunavoltadipiùnonsipuò e non si deve evitareanche a questo proposito ilconfronto col Romanticismopoetico a Leopardi inviso, ocoisuoimaggioricampioni.È
un’evidenza che l’allegoria èben presente anche nei poetiromantici, e però sarebbeinopportuno accogliere lageneralizzazione a categoriacomprensiva di questapresenza quale si ha già inFriedrich Schlegel («ognibellezza è allegoria. Ilsommo, proprio per il fatto
che è ineffabile, possiamoesprimerlo soloallegoricamente»[10]: notaresubito il ricorsoall’ineffabilità), e poi inpagine altrettanto suggestiveche discutibili diBenjamin[11]. Convieneinvece,ancheeproprioperilRomanticismo, mantener
viva, d’accordo con altri fracui Péter Szondi[12] e giàHegel (Estetica) la nozionemoderna di «simbolo» – chesostanzialmente risale alleMaximen und Reflexionen diGoethe[13] e poi altrettantoincisivamenteaColeridge,edè operante anche in ambitoromantico,adesempioinquel
Creuzer che è utilizzatonell’Estetica di Hegel ma ènoto allo stesso Leopardidello Zibaldone e discussorecentemente anche daSzondi.Lasecondaevidenza,a non voler usare le duecategorie in modo troppopersonale, è che nellamaggiore poesia romantica
allegorismo e simbolismo sialternano e intrecciano, cosìcome avverrà nel suomaggiore erede e superatore,Baudelairefra,perisolareduetitoli, Allégorie eCorrespondance[14] (sempreper i titoli cfr. anche adesempio An Allegory,sottotitolo diTime, Real and
ImagerydiColeridge).Comesi deve classificare, per farequalche caso, questopassaggio di À AlbrechtDürer di Hugo, 35 ss.: «J’aisenti… Comme moi palpiteret vivre avec mon âme, / Etrire,etseparlerdansl’ombreà demi-voix, / Les chênesmonstrueux qui remplissent
les bois», oppure questo diL’aurores’allume9ss:«Toutchante et murmure, / toutparleàlafoisecc.»?Ocomequesto passo ancor piùesplicito di Lamartine, Laprière 18-19:«Je lis au frontdes cieux mon glorieuxsymbole»? Oppure si rileggauncapolavorocomeLecordi
Vigny, dove la superbaorchestrazione fonica, chealludesottosemanticamentealsuonodelcornoprotagonista,è un esempio sottile quantodecisivodisimbolismo.
Ci sono varie circostanzegeneralichefavoriscononellapoesia romantica ilsimbolismo a scapito
dell’allegorismo. La prima èla sottostante concezioneanalogica[15] della realtà(Hugo: «mon esprit est richeen métamorphoses»; mal’analogismo permea anche,in forme diverse, un sovranodellanarrativacomeBalzac),invirtùdellaquale,adirlainbreve, tutto può stare per
tutto[16]. E pare evidente,specie nei romantici tedeschi(Brentano, Nachklänge, cit.:«Selig, wer ohne Sinne /Schwebt, wie ein Geist aufdemWasser…Selbstsichnurwissendunddichtend/SchafterdieWelt,dieerselbstist»),la correlazionedell’analogismo con l’idea
della realtà esterna comeproiezione o addiritturacreazione del soggetto, tipicadi Fichte e della primaesteticaromanticaedespressaesemplarmente nel dettospinoziano di Schelling («lanatura è lo spiritovisibile, lospiritoèlanaturainvisibile»)comenelfinaledeiDiscepoli
di Sais di Novalis, trad.Alfero: «Un tale riuscì asollevare il velo alla dea diSais.Ebbene,chevide?–eglivide, miracolo sommo, sestesso»[17]. Nulla può esserepiù estraneo di taleatteggiamentoalmaterialismoealrazionalismoleopardiani.GiànelgiovanileInfinito,che
piùsembracosteggiarequestitemi romantici, la scopertadei mondi sconfinati nellospazioenel tempononèpernulla opera di intuito osensibilità o immaginazionenella loro immediatezzairrazionale,madel lavorodelpensiero, parola-chiave dellalirica, e si svolge secondo
concatenazione logica;sempre in lui l’oggetto si dàcome oggetto determinato,maiindeterminato.Neipressidell’analogismo si possonocollocare alcuni motiviricorrenti nella liricaromantica, come quello dellafavola (vedi in particolareHeine) e quello del sogno[18]
(lo stesso: Traumbilder ecc.,Lermontov, Brentano e viadicendo). Ora Leopardi hasacrificatounavolta,eaisuoiinizi,aquestomotivod’epocanell’idillio che lo porta intitolo, ma solo allora emoderatamente, senzaaccedere ai suoi connotati,cosìfrequentinellaRomantik,
di indistinzione onirica edemonismo. Anzi nelFrammentoXXXVII del 1819(Odi, Melisso…), dapprimaintitolato Il Sogno e inseritofra gli Idilli, Leopardi avevasenz’altro volto in scherzo(ancheinsensomusicale),traleggerezza e gioco amebeo,questo perturbante motivo
‘romantico’.
Un’altra circostanzafondamentaleè il tipico temaromantico dell’ineffabilità (omistero o chimera o sfinge oanchemascheraecc.)[19],che,contrariamente all’idea diSchlegel, sembraprecisamente inibirequell’esplicitezza e quel
rapporto razionale e univocotra figurante e figurato chesonolaragiond’esserestessadella allegoria. Qualcheriferimento: Coleridge, TheRimeof theancientMariner,IV: «O happy living things!No tongue / Their beautymight declare»; Novalis,Hymnen I: «zu der heiligen,
unauspechlichen,geheimnisvollen Nacht»;Landor, Death stands…:«Death stands above me,wispering low / I know notwhat into my ear…»; id.,Poem: «I cannot tell, not I,why she / A while sogracious,nowshouldbe /Sograve…»; Chamisso, Zur
Antwort: «Ich kann leben,kosen,küssen,/Aberdichtenkann ich nicht»; Shelley,Ozymandias:«theleavesdead/Aredriven,likeghostsfroman enchanter fleeing»;Keats,Sleep and Poetry: «And towhat shall I compare it?»;Hugo,Lapentedelarêverie:«Toujours de l’ineffable
allantà l’invisible» (!)ecosìvia. Quanto all’analogismo,già è significativa la sobrietàin Leopardi dei figuranti,metafore e similitudini, difronte alla loro frequenza, enon di rado cumulo edeccesso,neiromantici[20].Ealsimbolismo romantico siaddice a pennello questa
definizione delfunzionamento psicologicodell’uomo (moderno?): «C’èuna misteriosa unione tra ilsignificato concreto, esplicitodi un’emozione e gli infinitipossibili significati dellastessa emozione che sonoimplicitamente espressi nelsignificato concreto… È
come versare un insiemeinfinito inungruppo limitatodi relazioni: un ‘quanto’»(Matte Blanco). C’è semmaida chiedersi se a questaperfetta diagnosi psicologicanon se ne possa sottendereunastorica.Nelsenso–dettoinpocheparole–chedopolaRivoluzionefrancese(eisuoi
precedenticulturali)edopoladittatura e le guerre diconquista napoleoniche ilcrollo, avvenuto ominacciato, degli AnciensRégimes sottrae all’uomoeuropeo, e soprattuttoitaliano, la certezza del suospazioconclusocomedelsuorapporto con organizzazioni
socialie istituzionisecolari–e sottrae all’intellettuale lasicurezza della sua funzione‘cortigiana’–,proiettandoliinuna realtà tanto più vastaquanto nuova e incerta, nonpiùinunquimainunlàcheèsempreminacciatoeattrattodaunal-di-là.
Come in Leopardi sono
assenti o quasi simili cause,cosìglièpraticamenteignotoil simbolismo di stamporomantico. E domina invece,dal’28inpoi,l’allegoria,conle sue conseguenze decisivesulla struttura e la condotta(tendenti alle forme bipartiteo meglio oppositive) deiCanti, e con le sue
concomitanze stilistiche(scarsa incidenza delle figuredi somiglianza, dellepersonificazioni ecc.). Conquesto non intendo certostaccare più del necessarioLeopardi dal suo tempo: peresempio Ozymandias diShelleyepiùtardiLaGéantedi Baudelaire realizzano una
personificazione-allegoriasorprendentemente analoga aquella leopardiana dellaNatura in dialogo conl’Islandese.Maunaltropuntomi appare decisivo. Anchenei romantici l’allegoria puòessere esplicita, o per dirlopiùchiaramentespiegata:cfr.ad esempio Puškin, trad.
Spendel e Giudici, Il carrodellavita (l’esplicitazionestagià nel titolo); Novalis,Hymnen: «An jenemHügel…», ed è il Golgota;l’albatros di Coleridge, TheRime, sorta di antimodello diquello parimenti esplicato diBaudelaire; laMort du loupdiVigny:allegoriainversa,la
dignitàdel lupodifronteallamorte contro la debolezza eviltà umane; Le nuage diHugo: «Ce beau nuage, ôVierge, aux hommes estpareil… Hélas! Ton beaunuage aux hommes estpareil»; Musset, La nuit deMai: il pellicano, purconservando la connotazione
cristologica, rappresenta «lesgrandspoètes»,coi lorocantidisperatichesono ipiùbelli;Eichendorff, Im Abendrot:«ist dies etwa der Tod?»;Heine, Romanzen 19,Lebensgruss; Chamisso: DasKindandieerloscheneKerzeecc. Però mentre neiromantici l’allegoria può
essere e può non essereesplicata (come, per fare unpaio di casi, nell’Arione diPuškinoinDerSchatzgräberdi Eichendorff), in Leopardiloèsempre.E inquanto talel’allegoriastessanontoccanésfioramaiilsimbolismo.
Non è certo un caso cheLeopardi si volga alla poesia
allegorica dopo che ha giàscritto gran parte delleOperette morali e staesaurendo lo Zibaldone:l’allegoria comporta in luiprecisamente una diversamessaapuntodeirapportifrapoesia e pensiero, oltre cheun’assunzione nella poesiadei nuovi contenuti del
propriopensiero.Eredeanchecome poeta del Settecentorazionalista, Leopardi –questopoeta«trascendentale»per dirla con FriedrichSchlegel[21] – persegueattraverso l’allegoria laluminosa chiarezza delmessaggio, via via rifiutandoanche l’affine ma meno
limpida figura dell’alter egoper un progressivo distacco,contemporaneamente,dall’individualismo lirico edal mito. E rifiuta lescorciatoie suggestive eoniriche del simbolo, quasisapesse che la nebulositàdelle corrispondenze e deisimboli può condurre a quel
caratteredienigmadell’operad’artechetormenteràl’ultimoAdorno[22], e arretrassedavantiaisuoipresupposti.Ilchesembrarenderlo,percosìdire, meno ‘interessante’ omenovario(certamentemenoprofuso) dei suoi colleghiromantici.
Malaragioneelastoria,si
sa, hanno le loro astuzie, enon si allineano di necessitàal cosiddetto spirito deltempo. Chi vive in unacondizione storica arretrata,che altrove è stata vinta o‘sorpassata’,può,proprioperquesto, esplorareorganicamente possibilità dipensiero e d’arte che per chi
vive sulla punta schiumosa etravolgente della storia sonodifficoltose, o precluse. NelcasodiLeopardilapossibilitàche egli ha colto o megliofondato,fortediunafilosofiadi profondità negata ai suoicolleghiediunavocepoeticaperfettamenteintonata,èstatalasintesidellirismopiùpuro
e della più impavidarazionalità, dell’esaltazionedellavitanellasuaevidenzaeconcretezza e della dialetticanegativa del pensiero.Di quilasuaassolutaindividualitàeautenticità, che stannoperfettamenteallaparidelsuovaloredipoeta.Lasua‘voce’è sempre riconoscibile ad
apertura di pagina, alienadaipronunciamentichenonsianofortemente pensati. Lo diceanche l’esiguità del corpopoetico ammesso che ci halasciato. Allo stesso modo,nella dimensione dello stile,l’essenzialità, l’antieloquenzae il procedere in ‘levare’ delLeopardi maturo, che come
tutti i classici ci dà cosìspesso l’impressione diottenere il massimo dellasignificanzacolminimodelleparole, si oppone allatendenziale ridondanzaverbale, o in altri terminiall’eloquenza (pur attinta daLeopardi nelle Canzoni, masenza l’effusione romanticae
quasi aspra), che nei grandicontemporanei stranieri, esegnatamente in poeti comeLermontov o Shelley,Lamartine o Hugo e, sì,ancora in Baudelaire, è,magari splendidamente, laregola.Non sarei anzi alienodallo stabilire unaproporzione: la sobrietà sta
all’effusionestilisticacomelachiarezzaunivocae razionaledell’allegoria sta alladispersione e plurivocità delsimbolo.
Ma occorre soffermarsiancora sull’allegoria. Proprioil fatto che in Leopardi essasia sempre, oltre che limpidae univoca, esplicita,
dispiegata alla presenzadell’io poetico che la detta eragiona, fa sì che non sipervenga mai a quella«distruzione della realtàimmediata ecc.» che temevaper l’allegorismo Lukács[23],cosìcomenonvipervenivalafiguralità dantesca: bastaleggere capolavori
dell’evidenza rappresentativacome laQuiete, il Sabato, ilTramonto della luna. Nellefigurazioni allegoricheleopardiane non solo sta inpiena luce il figurato orappresentato, in virtù della«corrispondenza de’ pensieripoetici al vero»[24] (la cadutadelle illusioni, l’impossibile
felicità, l’azione distruttivadella verità, l’orridavecchiezza ecc.),ma anche eforse ancora di più ilfigurante: che via via è, nelmondo dell’uomo e dellanatura,Silvia lietaepensosa,ilritornoall’attivitàel’attesadella festa nel borgo, lafragilefoglia,l’umileginestra
ecc., cioè la Vita; sicchéquest’ultima, sentita e dettacon un pathos e quasi unanostalgia d’appartenenza chenon hanno eguali, non sidissolve mai in quanto talenel risucchio negativo delpensiero, ma continua aspiegarsi davanti ai nostriocchi nella sua grazia e
verginità. Questa è la cifrasuprema, e in certo sensoanche la contraddizioneproduttiva,diLeopardi:comescriveva il suo affineHölderlin: «Chi ha pensatociòcheèpiùprofondo,onoraciòcheèpiùvivo»,WerdasTiefste gedacht, ehrt dasLebendigste. E a questa
evidenza dei figuranticontribuisce fortemente daparte sua la stessa strategiadiscorsivadiLeopardi, che liimplica nella gran parte deicasi nel movimento, primaancoraaffettivochestilistico,dell’allocuzione: Silvia e lasperanza,lalunaelagreggia,il garzoncello, le due donne
delleSepolcrali,le«collinetteepiagge», laginestra, attrattiin un dialogo affettuoso chene fa quasi espressioni delsé[25]. Invirtùdel trattamentocheèsuodell’allegoria,vitaepensiero nel Leopardidell’ultimo decennio non siintricano l’una nell’altro, mavengonopiuttostoacostituire
una singolare polarità, che èanche un singolare e potentesdoppiamento dell’iopoetante. Qui è anche unadelle ragioni, e non l’ultima,della grandezza e per tantiversidell’unicitàdiLeopardi.
[1] Cfr. L. Blasucci, I titoli dei«Canti» e altri studi leopardiani,
Napoli, Morano, 1989, p. 129; Id., Lostormiredelventotralefoglie.Saggiepercorsi leopardiani, Venezia,Marsilio,2003,p.183.[2]SulleCanzoni,nell’assiemeeuna
per una, va citato soprattuttol’eccellente saggio di L. Blasucci, in Itempi dei «Canti». Nuovi studileopardiani,Torino,Einaudi,1996,pp.3-43. Da un’altra ottica cfr. anche M.Santagata, Quella celeste naturalezza.Le canzoni e gli idilli di Leopardi,Bologna,IlMulino,1994,pp.15-44.[3] E già nel ’17 figura l’abbozzo
della Vita di «Silvio Sarno», doppiatopiù tardidaquellodi«GiulioRivalta»,e che nella cultura più attuale diLeopardi figurava l’insigne esempio didoppio dell’Ortis foscoliano (con larelativa ‘fonte’goethiana);ecfr.anchedello stesso l’Ulisse del sonetto AZacinto.[4]Vanno ricordate, inquellache si
puòchiamarel’«Appendice»deiCanti,le due versioni o imitazioniDal grecodi Simonide e Dello stesso: si tratta,come per il Volgarizzamento dellasatira di Simonide sopra le donne del
1823 (ed. Rigoni, pp. 601 ss.) non diSimonide di Ceo ma dell’Amorgino,però Leopardi non era in grado didistinguereilsecondodalprimo.Ecfr.E. Peruzzi, Studi leopardiani, Firenze,Olschki, 1987, vol. II, pp. 7-74; M.Gigante, Leopardi e l’antico, Napoli,Istituto Italiano per gli Studi Storici,2002,pp.81-118.[5]ComeèbennotonelNovecentoil
tema avrà uno sviluppo infinito, e taleanche da incidere nelle modalità dipresentazione autoriale, in Pessoa, chenon per nulla ha scritto una
Autopsicographia: ma non senzamanierismi epigonali. Cfr. tra imoltissimi esempi Venho de longe etragonoperfil o, in persona diÀlvarodeCampos,Lisbonrevisited.[6] L’origine del titolo è stata
indicata recentemente (Lonardi,Commento Gavazzeni-Lombardi)nell’èis eautòn di Marco Aurelio, macfr. ora anche S. Carrai, in Studi inonore di Pier Vincenzo Mengaldo,Firenze, Sismel Galluzzo, 2007, pp.879-885, che avanza altre proposte (inparticolare l’epistola metrica Ad se
ipsumdiPetrarca).Èiseautòns’intitolaancheunaliricadiHölderlin.[7]VediancheG.Contini,Antologia
leopardiana,Firenze,Sansoni,1988,p.113: «allegoria e contrario dellagiovinezza». Un andamento simile hauntestocelebrediunautorebencaroememorizzato da Leopardi, il Casa, Odolce selva solitaria, amica, dovetuttavia la dissociazione finale delcomparato umano dal comparantevegetale non ha carattere senz’altro diopposizione,madigradazione.[8] F. Meregalli, Presenza della
letteratura spagnola in Italia, Firenze,Sansoni, 1974, pp. 54-55, ha segnalatol’analogia del simbolo leopardiano conquello della Rosa del desierto diNicasio Álvarez de Cienfuegos (1764-1809), ma è difficile stabilire seLeopardi potesse o no conoscere queltesto (cfr. commento Gavazzeni-Lombardi). Per parte mia ricordo laquartina più tarda del maggiore poetaromantico spagnolo, Gustavo AdolfoBécquer: «¿Como vive esta rosa quehas perdido / junto a tu corazón? /Nunca hasta ahora contemplé en el
mundo/juntoalvolcánlaflor»(cfr.ades. G.A. Bécquer, Rime, con testo afronte, introduzione e versioni di I.SchweigerAcuti,Parma,Guanda,1967,p. 84). Inutile insistere sulladiversissima (anche per potenzaconcettuale) utilizzazione del simbolo.Cfr. di recenteA. Prete, Il deserto e ilfiore. Leggendo l’ultimo Leopardi,Roma, Donzelli, 2004, pp. 19-25 e G.Sandrini, Il fiore del deserto e altristudi su Leopardi, Padova, Esedra,2007, pp. 8-79, importante soprattuttoperlastoriadell’immagine,oanaloghe.
È anche ben noto che l’ultimo versodella quartina becqueriana funge daesergo, con una libertà probabilmentemnemonica(Sobreperjunto)aiMottettidiMontale.Nonhomaipotutolevarmidal capo che inMontale il verso dellospagnolo stia anche per un rimandoallusivoallaGinestra.[9] Stando per ora solo in Italia,
personificazioni e perifrasi anchediffuse sono invece ben presenti nelFoscolo,cfr.primadituttoAllasera,econtinue nel Manzoni lirico: cfr.soprattutto gli Inni sacri. Ma in tanti
romanticistranierilapersonificazioneèendemica e spesso espansa, cfr. ad es.Novalis,HymnenanderNacht (oltre aLuce eNotte, ilGiorno, laRegina deiMondi,l’Eterno,ilRicordo,laVerità,ilTempo ecc.); Lamartine, À Elvire(inizio, e le Temps e la Mort),L’immortalité (la mort), Le désespoir(le Malheur e le Temps) ecc.; Puškin,trad.SpendeleGiudici,Nelprofondodiminiere siberiane; Lermontov, trad.Landolfi, Predizione (la peste), I donidel Terek (il fiumeTerek) ecc.;Vignyper es. Les Destinées (Destinée,
Fatalité,Croix,Sort,Grâce); Hugo, ÀmademoiselleLouiseB.(lemonde),Lesacre (Paris), Lune (la France) ecc.;Byron, Stanzas for Music (Hope,Memory), On this Day… (Glory,Greece); Shelley, To Jane: TheInvitation (Year), The Witch of Atlas(molte); Keats, in cui il fenomeno èancorpiùfrequente(cfr.peres.Ode toaNightingale);Heine,Lieder2(leore),7 (il Reno), Heimkehr 16 (il sole),NordseeII3(lenubi),EinFichtenbaumsteht einsam; Eichendorff, DerGlücksritter;Mörike,DerGenesenean
die Hoffnung; Brentano, Säusle, liebeMyrte (la morte) ecc.; per non parlarepiùtardidiBaudelaire.[10] Cfr. F. Schlegel,Dialogo sulla
poesia, inFrammenticriticiescrittidiestetica, introduzione e trad. di V.Santoli,Firenze,Sansoni,1967,p.202.[11] Cfr. W. Benjamin, Il dramma
barocco tedesco, trad. di E. Filippini,Torino, Einaudi, 1971 (ed. or. 1928),pp. 166-201. Ciò che mi apparediscutibile si può riassumere in duepunti:eccessivodistacco(manonperilBarocco!) dalla nozione comunemente
accettata di allegoria, e mancatoriconoscimento che già nelRomanticismo è di casa quellacoabitazione fra simbolo e allegoriacosìbenindividuatadaBenjaminstessoin Baudelaire. Aggiungo: Th.W.Adorno interpreta la splendida ImWalde di Eichendorff come allegoricanel preciso senso benjaminiano: Noteper la letteratura, 1943-1961, Torino,Einaudi,1979(ed.or.1958),p.77.[12]P.Szondi,LapoeticadiHegele
Schelling, Torino, Einaudi, 1986 (ed.or.1974),pp.86ss.,105.
[13] Una ricca esposizione delconcetto goethiano è ad es. in G.Lukács,Estetica,ed.ridottaacuradiF.Fehér, trad. di F. Codino, Torino,Einaudi,1975(ed.or.1973),pp.804ss.In generale cfr. soprattutto l’ottimoM.Mancini, Allegoria, in EnciclopediaFeltrinelli Fischer. Letteratura, a curadi G. Scaramuzza, Milano, Feltrinelli,1976, vol. I, pp. 11-31 (anche perl’allegoria); T. Todorov, Teorie delsimbolo,Torino,Einaudi,1984(ed.or.1977).[14] A commento e integrazione di
notissime pagine su Baudelaire diBenjamin,cfr.W.Menninghaus,WalterBenjamins Teorie der Sprachmagie,Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1997, pp.134-177.[15] Sempre interessante come
impostano il problema dell’analogia I.Perelman e L. Olbrechts-Tyteca,Trattatodell’argomentazione.Lanuovaretorica, Prefazione di N. Bobbio,Torino, Einaudi, 1976 (ed. or. 1958),spec.vol.I,pp.392-432.[16]Ne deriva l’uso tanto frequente
nei romantici quanto ostico aLeopardi
deicostruttianalogicipercopulazioneoapposizione, e anche di quelliprepositivi che dilagheranno colSimbolismo: cfr. a mo’ d’esempioNovalis,HymnenandieNachtI,IV,V;Heine,DerTod,dasistdiekühleNacht;Mörike,Erist’s;Brentano,NachklängeBeethovenscher Musik: le analogieiniziali della «Einsamkeit» e «In demMonde meiner Wehmut»; Lamartine,Le lac: «sur l’océan des âges», Laprière:«levoiledesnuitssurlesmontsse déplie»; Hugo, Novembre: «auxpremiers amours, / Frais papillons»,
DictéenprésenceduglacierduRhône:«Alors,nuageerrant,mahautepoésie»,Où donc est le bonheur: «l’enfanceéphémere, / Ruisseau de lait qui fuitsous une goutte amère»; L’aurores’allume, II: «Verité, beau fleuve…Sourceoùtouts’abreuve…LampequeDieuposa…»;Shelley,OdetoLiberty:«My soul spurned the chains of itsdismay», The Witch of Atlas: «Thereyawned an inestinguishable well / Ofcrimson fire»;Keats,Sleep andPoetry75 ss. (identificazione analogicaprolungataperun’interastrofa)ecc.Per
altro verso la poetica delle analogie o‘corrispondenze’ dei romantici portacon sé anche l’uso della sinestesia,diffuso quanto in Leopardi è limitato:mi limito a citare Shelley, TheSensitive-Plant25ss. (doppia)eHymntoIntellectualBeauty4ss. (cumulo),apartenaturalmenteBaudelaire.[17] Cfr. ancora una volta, per la
continuitànovecentesca,Pessoa(chehascritto anche un testo intitolato Ocontrasymbolo),Oiçopasar:«Ah, tudoèsimboloeanalogia…Tudonosnarraoquenosnãodiz[ineffabilità]…Tudo
éunissonoesemelhante»ecc.[18]Sempreattualeilgrandelibrodi
A. Béguin, L’âme romantique et lerêve, Paris, Corti, 1939 e edd.successive.[19] Qualche dichiarazione di
ineffabilità si può reperire anche inLeopardi, per es. A Silvia 26-27:«Lingua mortal non dice / Quel ch’iosentiva in seno», ma subito seguel’appassionato ricordo di quel passato:«Che pensieri soavi! / Che speranze,checori,oSilviamia!ecc».
[20] Un’esposizione in P.V.Mengaldo, Sonavan le quiete stanze.Sullo stile dei «Canti» di Leopardi,Bologna,IlMulino,2006,pp.115-146.[21] Schlegel,Dialogo sulla poesia,
cit.,p.83.[22] Cfr. Th.W. Adorno, Teoria
estetica, a cura di E. De Angelis,Torino, Einaudi, 1975 (ed. or. 1970),pp. 170-194. Valga per es. a riscontroBenn,EinWort:«EinWort,einSatz–:ausChiffrensteigen/erkanntesLeben,jäherSinn…».
[23]Lukács,Estetica,cit.,pp.829ss.[24] Il Parini, ovvero della gloria,
cap. VII, § 6; ma si rilegga tutto ilmagnificopasso.[25] Fanno eccezione le due prove
forsepiùaltedell’oggettivitàcreaturaledelpoeta, laprima lassadellaQuieteeilpiùdelSabato.
III
‘Io’e‘noi’neiCanti
NeiCanti emergono – per ciòche riguarda l’interrelazionefralepersone–dueparadigmi:quello dialogico, imperniatosul rapporto io/tu, e unarelazione io/noi, che comportaanch'esso una dialogicità,anche se ad un livello più
profondo della significazione.Entrambii termini–il‘tu’eil‘noi’ – sono uno specchiodell’io: tuttavia il noi,diversamente dal tu, include erispecchia l’io, preparando ilterreno al solidarismo cheemergerànellaGinestra.
Nulla forse è più tipicodella lirica, e non dellamoderna soltanto ma di
quella di sempre e ovunque,cheildialogofral’iopoeticoe dei ‘tu’, dove il primo puòessere espressolinguisticamente – e allora lacosa è più rilevante –, maanche sottinteso nel semplicefattodirivolgersiaun‘tu’[1],talora quasi nascondendosi oinvece universalizzandosi in
questo modo. Almeno nellalirica italiana, maprobabilmente non solo inquella, in nessun poeta piùche nell’autore dei Canti, ilsolitarioabitatodallaassolutanecessità di dialogare equindi di esprimersi perallocuzionieapostrofi,questatendenza è talmente
pronunciata, con continueconversioni di una poesiapotenzialmente narrativa,dell’‘egli’, in dialogante[2], enon è il caso di tornarvisopra, anche se ne dovrò darconto più di una volta per ilsuo carattere invasivo esoprattutto per il suointrecciarsi con la mia
questione.
Cheèinvecequesta:nonilrapporto ‘io’-‘tu’ mal’allargarsidelprimoaunnoi(nostro, prima plur, ci/ne):che a parte significati piùristretti (come nella SorellaPaolina 7: ‘noi due’) sta perl’umanità intera e perciò vavisto assieme a formule
ricorrenti in Leopardi quali«mortale, -i»,«vitamortale»,«mortale stato», «l’uom(o)»,«umana prole», «umanafamiglia», «umane genti» ealtre.
Chelaquestioneinoggettosia rilevante lomostra subitoe fin dal titolo il monologotruccato da dialogo di A se
stesso (e non *Al suo cuore)[3], la lirica più personale enudamente esistenziale cheLeopardi abbia scritto. Ildialogo fra l’io e il cuore –del resto comune nellatradizione–dopoavercedutosubito all’a noi inclusivo ereciproco, o ‘duale’ del v. 4,che in realtà coincide
semanticamente con un *‘ame’ (in quanto titolare diaffetti e passioni), proseguecome si sa con una serie diingiunzioni al cuore: «Posa»ecc.; ma soprattutto include,dopounaseriedislarghi(«Laterra», «la vita»), e aprecedere successivegeneralizzazioni, «la natura»,
«il brutto / Poter», «infinita»eil«tutto»,ultimaparolaeinrima ma altro è questopassaggio, 12-13: «Al genernostro ilfato/Nondonòcheilmorire» (l’espressione, conlo stesso valore generale, eragià in Alla Primavera 78 etornerà in Palinodia 95,Ginestra 40), che si correla
soprattuttoa«comundanno».Dunque l’io poetico siesprime dapprima nelrapportoconun‘tu’fittizioemetonimico di sé medesimo(il che mostra come sempreche urgenza avevano inLeopardi dialogo eallocuzione; ma qui direianche la pietà per se stesso):
per slittare poiimprovvisamente, nello stileinsieme lapidario eaggrovigliato del breveCanto, come esemplaredell’umanità intera di cui sisente, anche, portavoce[4].Diviene per così dire un ioanche corale in una poesiache non potrebbe essere più
monodica.
Siaconsentitooraunpassoindietro ai due testi piùantichi dei Canti: ilFrammento XXXIX, brevetratto della «Cantica»Appressamento della mortedel1816eIlprimoamoredel’17. Nel Frammento l’io èassentesenonimplicitamente
nell’esclamazione «Comefuggiste, o belle ore serene»25; il «tu» di 22 è del tuttogenerico. Ilbreve testoèunadescrizioneatinteforti,incuidomina «Ella»[5]. (Invece ilFrammento precedente, trattoda una vecchia elegia perGertrude Cassi, cominciasenz’altro con «Io qui
vagando…» e prosegue conunasecondapersonacheperòè il «turbine», non la donnache parte.) Il ‘noi’ è assentein entrambi. Invece nell’altraex elegia per la Cassi, Ilprimo amore, dominaassoluto l’io, dialogante colproprio «cuore» («col miocuore / In un perenne
ragionare sepolto» dicono iversi più stringenti delleterzine), ma verso la finecompare, e in rima, l’arcaiconui, «Deh quanto, in verità,vani siam nui!», e il cuoreagiscecomeegli89,mentreilcidi92valecertamente‘ioeil cuore’. È una situazioneancoraconfusa.
E ora uno dei capolavorideiCanti,Ilpasserosolitario,in cui la prima pluralepronominale e i suoi satellitisono completamente assenti.Forsecontaqualcosaancheilfatto che è un testo in cui ildialogo ‘io’-‘tu’ è non soloprofondamente pervasivo mavario e complicato: perché il
confronto con l’«augellin»dapprima riesce a unproclamadiidentitàoalmenoaffinità («Oimè, quantosomiglia / Al tuo costume ilmio!»), ma quando vieneripreso,quasiacornice,nellaterza e ultima lassa, è perdichiarare – come poi ilpastore con la greggia – la
diversità dell’io umanorispetto all’animale: «Tu,solingo augellin…» – «Ame», = ‘a me invece’. Einoltre la lassa centralecontiene un altro confrontodisgiuntivo, quello tra lagioventù «vestita a festa» el’«Io solitario» (= ancora ‘ioinvece’).Naturalmentenonfa
eccezione il restrittivo «alnostroborgo»,esevogliamoal transito fra i due dialoghil’amore è introdottoallocutivamente. Mainsomma,fralegrandipoesiedeiCanti, ilPasseroèquellaincuil’universalizzazionedelproprio stato esistenziale èpiùtenutasottotraccia.
Ora si proceda conordine.Ma prima diamo un’occhiataalledue canzonidel ’19,Perunadonna inferma…eNellamorte di una donna fattatrucidare…chenonostanteladatasonostateescluse,ebenaragione,daiCanti,anzituttoper il loro soggettocrudamente contemporaneo.
E l’‘io’, in continuaallocuzione e continuamentesottolineatocometale,findalprimoverso(«Iosoben…»e«Mentre i destini iopiango…») e nella secondacome titolare di un «canto»94 ss., non è un ioesistenziale ma un iotestimone e vindice, al limite
un io giornalista. Ne derivache le estensioni al ‘noi’ osuoiequivalenti sono in tuttouna per canzone (I, 79:«Poveri noi mortali»,coordinatoal«Miserome»di55,eII,1:«nostridanni»,poinulla).
DaAll’Italia in poi, lungotutto le Canzoni s’instaura
invece un io sofferente maeroico, eventualmentetrasposto anche in sosia oalter ego, e ciò, conl’eccezione che si vedrà,consente e quasi imponel’estensione dei proprisentimenti e idee all’umanitàintera.Nonperòancoranellaprima Canzone, All’Italia
appunto, dove la presenzagiudicatrice, visionaria eutopica di quell’io («Ioveggio, o parmi» 45) èmarcatacomenonpiùaltrove(cfr. soprattutto, entro unchiasmoperfetto,«io solo»–«sol io» 37-38: notarel’aggettivo);nélecosevannodiversamente quando il
locutorepassalaparolaalsuo‘doppio’, l’antico Simonide.Ma già la contemporanea e‘sorella’,Soprailmonumentodi Dante, è altra cosa. Ildiscorso, rivolto dapprincipioai «pietosi» e «cari» sollecitidel monumento dantesco daerigersi in Firenze, tienedapprima l’io in minore
(«Quali a voi note invio…?»51),mapoiviinsistecomein«Ecco voglioso anch’io»,smorzato da «anche», maall’iniziodistrofa,69,«iosoben», 78 ecc.;ma soprattuttodà luogo più avanti a tuttaunaseriediprimepluralicheoscilla fra la denotazione di‘noi italiani’ e quella di ’noi
uomini’: «che nonsoffrimmo?» 117; «Perchévenimmo a sì perversitempi?»120,incipitdistrofa;«Perché il nascer ne desti operchéprima/Nonnedestiilmorire, / Acerbo fato?» 121-123; «Pugnò, cadde granparte anche di noi» incombinatio, 134; l’eco «In
eterno perimmo?» 188 esubito dopo «e il nostroscorno / Non ha verunconfine?» 188-189, il tuttosostenuto, come si vededall’esclusività delleinterrogative, daun’impostazione fortemente‘retorica’.
Siamo comunque sulla
strada dell’AngeloMai, dovele prime plurali hanno senzadubbio misure più larghe euniversali (anche se l’occhioè pur sempre puntatosull’Italia e la sua storiaeccellente):«inostripadri»3,«Egraveèilnostrodisperatoobblio» 18, ne 19, «anco sicura / Di noi qualche
immortale» 22, «veggiam»26, «Di noi serbate, ogloriosi, ancora / Qualchesperanza?Intutto/Nonsiamperiti?[comenelMonumentodiDante]»31-33, inaperturadi strofa, e martellando: «Epur men grava e morde / Ilmal che n’addolora / Deltediochen’affoga…Anoi le
fasce/Cinseilfastidio;anoi,presso la culla / Immotosiede,esulatomba,ilnulla»,in fine strofa, 74-75, precoceformulazione di grandi teminichilistici dello scrittore,«Nostri sogni leggiadri oveson giti…», a inizio strofa,91, altro squisito motivoleopardiano ecc. (tra 121 e
136 si rispondono due noiall’attacco di due strofesuccessive). Ed è anche daosservare – coincidenza nonpriva di senso – che gli ioespliciti sono rari, da un latoperché la scena è dominatadaigrandiprotagonisti italici,ma dall’altro certo perchél’io, in simile pluralità, è
comeassorbitoneisentimentie nelle idee di una comunitàaperta o dell’umanità tutta.RispettoaquestigrandianchesefaticosiaffreschilaSorellaPaolina è un caso diverso,perché l’aspirazione eroica èdelegata ottativamente allatitolare (a parte «a noi» 7anche «quest’ermo lido» si
riferiscesoltantoadestinatoree destinataria): la missionedella sorella a sua volta èautenticata ‘storicamente’ daun suo duplice doppio, chequi dunque non è dell’io, la«sposa giovanetta» spartanache spandeva le «negrechiome» (come quelle diSilvia) sul corpo del marito
ucciso, e la romanaVirginia,cuicomeaPaolinasi rivolgeun’apostrofechesiritorcepoisull’io poetante, 76, iniziostrofa, e 85 ss. Che l’oggideva prender normadall’antico è dunque dettocon un’evidenza mai cosìnetta,proprioperchéobliqua.E tuttavia, appunto per
questo, i segnali del ‘noi’abbondano: «umane cose»20, «chi nasce» 21, «Virtùviva sprezziam, lodiamoestinta» in fine strofa 30,«nostra etate» 38, «nostranatura» 42; ma non più inseguito,forseperchél’Anticoappare a Leopardi per suastessa natura l’universale-
modello. E nel Vincitore nelpallone, che in partecondivide lo schema dellaCanzone precedente («Dalbarbarico sangue inMaratona…» 14 ss.), e dovel’urgenza dell’appello èsottolineatanellaprimastrofadal grandinare delleallocuzioni (le ultime tre in
anafora), ecco «de’ mortali»33, «Anoi»34, «Nostravitaa che val…» 60. Però l’ioesplicito è del tutto assente,c’è da credere a norma dipindarismo.
Nelle successive – chetratto di seguito – Brutominore e Ultimo canto diSaffo l’io è evidentemente
quellodeidue ‘doppi’ storicidiLeopardi,delsuosconfittodesiderio di gloria e disuicidio agonistico, e dellasua scarsa venustà (nellasecondainteramente,cioèconlaparoladiSaffocheentrainmedias res, senza la primastrofa narrativa, piedistallo olunga didascalia teatrale, che
situailmonologodiBruto)[6].NelBruto è interessante che,a parte conglomerati come«gl’infermi schiavidimorte»31-32(aseguireil«destino»),il‘noi’esplicitoemerga,dopol’isolato«travaglinostri» 48,solo tardi, nella penultimastrofa: «oh gener vano!abbietta parte / Siam delle
cose… nostra sciagura» 101ss., e addirittura che l’ios’affacci apertamente solonell’ultima: «Non io ecc.» –«A me dintorno…» 107 ss.(inizio strofa) e 116 ss.Quella di Bruto è unaparabola individuale ma èanche una grande diagnosiche si vuole oggettiva, e che
perciò si dichiara comeconcepimento individualesolo alla fine (nédimentichiamocomunquechealCanto appartengono le piùcoinvolgenti forme diallocuzione che Leopardi finquiabbiainventato:«Etu…»,inizio strofa; «tu», «Tu», «etu»76ss.).Nelcanto-lamento
tutto individuale della Saffocolpiscono le oggettivazionidi se stessa che laprotagonista propone, «Allamisera Saffo» 22, «il prodeingegno» in chiusa 70, cuicertamente va associata lavitalizzazione fremente dellanatura, tantopiùbellaquantomeno Saffo, sua creatura, lo
è.Trai‘noi’occorrecomesisa distinguere: tra imaiestatici – che vannoassieme a quanto appenadetto – specie nella primastrofa e nel solenne,virgiliano «Morremo» cheavvia l’ultima, i «duali»(Straccali, ledueanimedellapoetessa) egli effettivamente
umani di «nostro dolor» 47,«Negletta prole / Nascemmoalpianto»47-48,«sefeliceinterra/Vissenatomortal»61-62, «nostra età» 66[7]. Equestomentreil‘tu’,comehaosservato Felici[8], passainversamente dal generale alparticolare: le «amenesembianze» naturali, poi la
natura stessa, infine, Faone,nonnominato.
Alla Primavera e iPatriarchi richiedevano unamarcata oggettività, agarantire fra l’altro il sensodell’incolmabile distanza fralamodernità – e dunque l’iostesso – e l’Antico. Nellaprima si ha perciò all’inizio
«questo[‘ilmio’]gelidocor»18, ma per trovare la primapersona plurale occorreandare nuovamente all’iniziodella strofa finale, e incontrasto: «Ma non cognatoalnostro / Il gener tuo» 77-78.NeiPatriarchi, dopoduestrofe di mossa descrizionenarrativa, la terza ospita un
dialogofraun‘tu’e l’io,71-73, 77, ma nella seguentespicca il ‘noi’ o suoiequivalenti: «il sanguenostro» 90, «nostra caducaetà»92,«l’umanastirpe»99,«Nostra placida nave» 103,«il nostro / Scelleratoardimento» 110-111. Ilconfronto, perdente per la
seconda, è appunto tra due‘stirpi’.
LasciandodaparteperoraAlla sua Donna, siamo alrovescio, per così dire, delleCanzoni, cioè agli Idillinell’accezione forte eantisettecentesca in cuiLeopardi li intendeva, cioècome relazioni dei processi
psicologici ed esistenzialidell’io. Qui l’io è solo,contemplativamente maancora agonisticamente, difronte alla natura e all’Altro:la siepe non impedisce anzistimola la creazione mentaledell’infinito. Negli Idillidunque l’io esistenziale, chehacomeassorbitoinséquello
‘eroico’,è tuttopresentea sestessoequasiautosufficiente:«Ionelpensiermifingo»,condoppia marcatura e quindinell’evocazione del passatostorico «il pensier mio»; «Odonna mia», «m’affaccio»;«iomi rammento», «l’etate /Del mio dolore»; «Talorm’assido in solitaria parte»,
attacco di lassa, «Ond’ioquasi me stesso e il mondoobblio», «Me spesso rivedraisolingo e muto» ecc. NellaSera il dialogo io-tu ènettamente antagonistico,come segnalano l’anafora su«Tudormi»7-11eloscontroimmediato con l’io nelsecondo caso: «Tu dormi:
io…»(‘ioinvece’);el’azionecrudele della Natura è tuttaconcentratasulsé:«ioquestociel… a salutarm’affaccio, /E l’antica Naturaonnipossente / Che mi feceall’affanno» 11 ss.[9]; ed èquella stessa Natura,personificata, a negare alsoggetto ogni speranza, 14-
16. Segnato dalla primapersona tutta evidente neisuoiattièancheilfinaledellalirica, che attinge al ricordo:«io doloroso in veglia…Giàsimilmente mi stringeva ilcore».El’unico‘noi’35nonconta, perché certo Leopardinonpotevacertodire*«imieiavifamosi».
DiAllaluna,lapiùnitidaequasi oggettiva nellasoggettività degli Idilli, bastadirechenelbrevedialogoconl’astro, su 16 versi sirincorrono 2 io (il primo nelprimoverso),2mi e3mioealtre forme[10]. Nella liricapurissima il dialogo, ancorpiù che con la diletta luna, è
con se stesso («… io mirammento» ecc.) e con lapropriaesistenza.Pochissimoda commentare quanto alSogno, dominato dalcolloquiooniricoio-tuedoveleprimeplurali(«noi»13,senon sia maiestatico, e«Nascemmo»,«vivernostro»,«nostri affanni» 55 ss.)
riguardano idue inquestionee non altri. Più intricato ildiscorsoper laVitasolitaria,che come si sa ha caratterispecialirispettoaglialtriidillinonostante il parallelismodellaprimalassaconlaprimadel Sogno[11]: ma non tantoper ciò che qui interessa.L’allargamento dell’io
infelice «agl’infelici» 21 èappena un passaggio, dovutofra l’altro alla chiamata incausa di una natura daldoppio volto (e cfr. «questainfelice / Scena del mondo»46-47,epoianche«Ilmiseromortal» 52, «Questa flebil…umana sede» 103 e pocoaltro);maperilrestoregnain
sostanza l’io, dominatoredella seconda lassa e anchetitolare di forti effusioni:«Amore, amor, assai lungivolasti/Dalpettomio,chefusì caldo un giorno, / Anzirovente» 39-41, «Questomiocor di sasso» 67 (marca delsoggetto è anche «questiocchi» 54). Ciò che è
veramentenuovosemmaièilfattochel’antagonismoversola natura e la propria storiad’infelicità s’apra nell’ultimalassaadantagonismoversoilpeggiodellasocietàpresente,espresso con accentipariniani,perripiegarsiinfineinquanto lanaturahaancoradi materno e accogliente:
«Infesto alle malvage menti[il lume della luna], / A mesempre benigno il tuocospetto / Sarà…»91-93.Edè in questa lassa,significativamente, cheaffiora la più parte delleformule generalizzanti sopracitate.C’èdunqueunadoppiaspiegazione dei passaggi – e
siapurpuntinistici–dall’ioa(tutti) gli altri: l’inchiestapoetica suldupliceeoppostocarattere della natura e lanuovaaperturaallasocialitàeal‘borgo’.
Anche dal nostro, purpeculiare, angolo visuale gliIdillidichiaranonettamentelaloro differenza dalleCanzoni
e,comesivedràsubito,anchedamoltodiciòchesegueneiCanti.Insomma,mentrenelleCanzoni l’individualità èperseguita proiettandola infigure e situazioni storiche omitiche fraterne o ancheremote(econfrontandolaconqueste ultime), negli Idillil’universalità è perseguita e
raggiunta attraverso lamassima individuazione (cuisi rapportano, nell’Infinito enella Sera, le stesseprofondità storiche):quell’individuazione chesecondo l’estetica diHegel edi altri è il contrassegno piùeloquente della poesia lirica.Del resto il nuovo stile
idillico influisce più o menovistosamente nelle Canzonipiù recenti: palpabilmentenell’Ultimo canto di Saffo,almeno per la cascata discioltiprimadellacombinatiofinale;eanchenellaCanzonepiùtardaesingolare,AllasuaDonna, che nellastrutturazione dei Canti
Leopardi ha posto, anche ingrazia della sua data, comespartiacquefraleduestagionidella propria poesia,staccandola dal corpo delleCanzoni. E in realtà anessuno sfuggirà, inparticolare, il tono ‘idillico’della terza strofa. Dunquecontinua esposizione
dell’‘io’, nel dialogo con la«cara beltà», anche in formerisentite e soprattutto, comeatteso, nella terza strofa («Eben chiaro vegg’io» 28, «iorimembroepiagno/Iperdutidesiri e la perduta / Spemede’giornimiei»38-40,«ditepensando / A palpitar misveglio»40-41,«Epotess’io/
Nelsecoltetroeinquestoaernefando…» 41-42: gli ultimitre brani sono di seguito,concentrato di reazioniindividuali). Ma l’inno alla«donna che non si trova» el’omaggiocheleèindirizzatosono insieme un’esperienzapersonale e unautopisticamente universale
(«Or leve intra la gente /Anima voli?» 9-10, «agliavvenir» 11 ecc.), per cuiecco «a noi» contrapposto«agliavvenir»ibidem,«nostriaffanni»31(eanche«Diquadove son gli anni infausti ebrevi» 54), mentre nel versofinale l’individuo-poetas’avvolge
madrigalescamente, quasi acelarsi,nellosquisito«Questod’ignotoamanteinnoricevi».Dell’isolato Pepoli,occasionale e didascalico,non occorre dir molto. Nellaprima lassa l’allocuzioneiniziale, che pur tentastrappare l’occasione verso ilsé,ivarinoidi39,41,44,47,
nostro44(concui«imortali»27, «l’umana prole» 53)sovrastano il solo ‘io’debole(metalinguistico e prolettico)di48:«iodico».Nelseguito,sempre costellato di noi edequivalenti («Umana sorte»79, «l’umana stirpe» 144),l’io esplicito compare, e oraconpiùforzapersonalizzante,
dapprima nella serieparaidillica di 121 ss.(accompagnato da «questopetto» 129), poi nella chiusadella penultima lassa, 148,infine meno accusatamentenella brevissima ultima. Sidirebbe che il poemetto, piùcheunaconversazionefraunio eun tu, siaundialogo fra
unioeunnoi.
E i Canti pisano-recanatesi? Va naturalmentetenuto a parte ilRisorgimento,chedato il suocarattere di annuncio omanifesto esistenziale einsieme di poetica, che ilmetro settecentescointelligentemente
alleggerisce, è tuttoconcentrato sullo statopresente e sui ricordi dell’io:«Credei…», «L’amor mivenne meno…», «Piansi…»,«inme», «Giacqui: insensatoattonito / Non dimandaiconforto…» e via dicendo.Sicchésihaunsolonoi,nonparticolarmentegrave,80,eil
ci inclusivo 8 allude aun’esperienza non tantogeneralmente quantogenericamente umana (e cfr.infatti 7: «qualunque cosa»).E in A Silvia, nel suodialogismo tenero elancinante, mai così fitto[12],per la prima volta i morfemidi prima plurale – «ci
apparia» 30, «ragionammoinsieme» 58 – non indicanoaffatto la comunanza diesperienze e «affetti»personali con l’umanità tutta,masoloconun’altrapersona,Silvia,oSilvia-speranza,olasperanza attraverso Silvia. Eun’estensione siverifica,nonesplicita, complice
l’allocuzione‘secondaria’allanatura,nonpiùchein«ifiglituoi» 39 e in «umane genti»59.
Una situazione analoga sidà per molti versi nellesuccessive Ricordanze,scontata la ben più ampiaaffabulazione, a gettocontinuo,e ilfattostessoche
Leopardi ha l’accortezza dimettere in versi il ricordo diNerina in modo totalmentediverso che con la ‘sorella’Silvia: terminale di unacatenamemoriale ininterrotta(lasuaevocazionetiendietroa quella alle «Vaghe stelledell’Orsa» 1, al «caro tempogiovanil»44ss.,allesperanze
e«ameni inganni», ancora inincipitdilassa,78);elasciatanella sua pura evidenzacreaturale, anzi vista un po’come dal di fuori, senzasignificati o aloni simbolici.L’elegia delle Ricordanze,nell’alternarsi di momentirammemorativi-estatici eraccontativi,conoscedunque,
accanto a unapersonalizzazione spinta eamara («io non credea»,incipit assoluto, «Questamiavita dolorosa e nuda» 26ecc.), il ‘noi’ implicito del«rapito mortal» e del«mortale ignaro / Dellasventura» nella piùgeneralizzante sesta lassa,
122 e 132-133, mentre ilgioco allocutivo e dialogicos’infittisce ovviamente nellalassa finale di Nerina, conuna più vistosa presenzadell’ioesplicitofindalprimoverso,136:«ONerina…nonodo», in rima identica omeglioepiforacon«nonodo»144; e poi: «quella finestra /
Ond’eri usata favellarmi»,variante più narrativa edomestica di una situazionedi A Silvia ecc., finoall’anaforasuDico160,164,168, che insiste consignificativo metalinguismosulla centralità dell’io cherammemoraeriflette.
Quanto agli altri quattro
Cantirecanatesi,sièdettodelPasserosolitario;eilSabato,che insieme a quello si puòconsiderare erede più direttodegli Idilli, ne ripete lamancata transizionedall’ioalnoi (se non si vuole dartroppo peso al «ciascun» di42, che è un po’ come «ilnostro borgo» del Passero),
consona all’obiettivitàrappresentativa del tutto maanche, si direbbe, surrogatadaipersonaggichevivononelCanto quasi comeprotagonisti:ladonzelletta,lavecchierella, ifanciullipiùlozappatore e il «legnaiuol»godono di un’insolitaampiezzadidescrizione(e,si
può osservare, uguale pertutti: sette versi). Anche quil’‘io’ esplicito compare solo,a suggello, nella breve lassafinale, e con un singolaresottotono fraterno («Altrodirtinonvo’»50).
Ma le cose cambianoradicalmente, conun’autentica esplosione delle
prime plurali ed equivalenti,nei due testi recanatesi,Quiete e Canto notturno(ordine di composizione), incuiLeopardimetteinscenalepunte aguzze del propriopensiero, allora tutto definitoin pratica fra Zibaldone eOperette.Decisivelasecondae terza lassadellaQuieteche
ritorcono – in nome dellateoria del piacere a Leopardicarissima – l’animata evitalissima descrizione delborgo della prima lassa (nondissimile,mapiù‘veloce’,daquella del Sabato). Qui delresto l’io si affacciava, quasia dire la sua partecipazionetestimoniale ai moti della
natura e delle «creature dellavita» (Saba), solo conl’«Odo» iniziale, 2, peraltrosfumato presto dall’«odi»impersonale di 22. E perciò«nostre offese»40, «franoi»46, accompagnati da«L’uomo» 29, «le genti» 39,«i mortali» 45, «umana /Prole» (in allocuzione) 45. E
ilgrandissimoCantonotturnoè pur tutto occupato dallafigura fraterno-allegorica (o‘doppio’) del pastore, subitosituatoinloco(«questevalli»ecc.) e dotato di stacchi einsorgenze che ne dicono lostremato agonismo, adesempio «ed io che sono?»89,«amelavitaèmale»104,
«Ed [con carico avversativo]io pur seggo…» 117, o il«Me…» sempre avversativodi133(laresaeilnichilismodel pastore sono, occorresempre ricordarlo, via via increscita lungo il Canto). Mad’altrapartevv.55-56:«Selavita è sventura, / Perché danoi si dura?», 64: «il patir
nostro», col fittoaccompagnamento diespressioni quali «la vitamortale» 38, «l’uomo» 39,«l’umano stato» e «lo statomortale» 49 e 58, «Questoviver terreno» 63,«l’innumerabile famiglia» 92ecc., fino a «chi nasce» 143in derivatio immediata con
«(il dì) natale», e sono leultimeparoledelCanto.
E siamo al ‘Ciclo diAspasia’;cosiddettopervarieragioni. Tra le quali: ladispersionemetrica,contandodue canzoni libere (e laprima,Ilpensierodominante,di forma particolarissima,sgranata in 14 lasse anche
breviobrevissime),unalassaisolatadicanzoneliberaeduesciolti diffusi, uno dei qualifral’altro,Consalvo,arretratodaLeopardinellasuccessionedeiCanti, fra l’ultimo idillioe Alla sua Donna. Lapresenza relativa di Aspasiastessa, tutta e carnalmenteviva,erifiutata,soloneltesto
a lei intitolato, visibile incontroluce in A se stesso,forse romanzata nell’Elviradel Consalvo, presente solointertestualmente inAmore eMorte grazie a un passo diuna lettera a Fanny cherisuona peraltro anche nelConsalvo99-100[13];eforsesipuòaggiungerel’anti-Aspasia
che potrebbe essere,celatamente, la secondaSepolcrale[14]. Infine lagrandedifferenza,nonsolodiforma, fra un testo e l’altro.Perché se Aspasia e A sestesso si implicano, Ilpensiero dominante e AmoreeMorte più che implicarsi siintersecano, e il secondo
completa o se si vuole‘supera’ ilprimo,eConsalvoè un unicum nei Canti,romanzo o novella in versicomealtridell’Etàromantica,il cui protagonista è e non èl’alter ego dell’io scriventechescorgiamoneglialtritestidel‘Ciclo’.
Data la curvatura
fortemente soggettiva epersino autobiografica diqueste liriche, il ‘noi’ se nonvedo male è presente, oltrecheasorpresainAsestesso,solo nel «noi mortali» delPensiero dominante,l’individuo più speculativodella serie, 83 – e cfr. «vitamortal» 91 (d’altro genere il
«noi» di 8, in rima, partenzadal generale per scendere alparticolare, replicato inqualche modo da «Solo unaffetto / Vive tra noi» più«uman core» 77-79). Neltesto, giusta l’assunto del«dominante» del titolo(dissociato al v. 2 in«Dominator di mia profonda
mente»), l’obiettivo è tuttosull’io poetante, modellato eoccupato, sia pureattivamente, da un pensierod’amore concepitometafisicamente, con uninteressante incremento,come in altri casi, nel finale,disteso nella quasi epiforasovrapposta alla rima di 127
ss.: «… io vivo… iorespiro… io miro…». Leallusioniall’umanitàincapacedifarsidominaredalpensierodell’amore sono quindiaspramente negative: oltre al«secco ed aspro / Mondanoconversar» 34-35 cfr. leformule esplicite di «mondosciocco» 38, «mondo inetto»
48, «umana viltà» 58 ecc., oancor più chiaramente adesempio«A scherno /Hogliumani giudizi; e il variovolgo / A’ bei pensieriinfesto, / E degno tuodisprezzator, calpesto».AmoreeMorte, unodei certicapolavori deiCanti, è il piùmossoevariegatodellaserie.
Dopo«ilmortale»36–ecfr.«forzamortale»77(restrittivoè«l’affannosoamante»50),esoprattutto «l’umanafamiglia», più comprensivochemai,92–l’ioesplicitosiaffaccia solo nella lassafinale, sempre in dialogo colcaratteristicorilancio«Etu…invoco» 96-97 ecc., s’alza
orgoglioso nel solitarioagonismo di «Me…», perguardarsi infine teneramentenel mirabile disticoconclusivo, «Quel dì ch’iopieghiaddormentatoilvolto/Nel tuo virgineo seno», consettenario smorzante, incontrattempo,comesoloinASilvia. Occorre considerare
peròcheilCantoègremitodialtri ‘personaggi’ che sonocome squisite stilizzazionidelle vive creature dei Cantipisano-recanatesi:«laneglettaplebe» 62, «l’uom dellavilla…» 63, «la donzellatimidetta e schiva» 65(donzella+timidetta =donzelletta, mentre schivo è
anche attributo spiccante diSilvia, e con questo valoresolo di lei), «il villanelloignaro» e ancora «la teneradonzella» («tenerella» eraSilvia) 83-84, e subito, conulteriore stilizzazione e a unlivello più alto, neltrascinante crescendo, «ifervidi, i felici, /Gliamorosi
ingegni» 88-89 (oltre alladoppia anafora, agisce lastringenteallitterazione).
Per Consalvo – eovviamente – non occorrericordare più che «la naturaterrena» 113 e il «mortal»123. E veniamo ad Aspasia(nominata nel titolo e poialtre due volte, anche qui
comeunasortadirovesciodiA Silvia), col suo risentitoagonismo interindividuale.Ha forse qualche interesse,anche per il relais colPensiero dominante, chenelle prime tre lasse aimorfemi di prima persona siintrecci, quasi sovrastandoli,la ‘metonimia’ «il mio
pensier(o)»/«ilpensiermio»1,28, 33, 62– enellaprimacome nella terza lassa incontatto immediato con«Aspasia» (s’aggiungano«l’alma»7e«l’indomitomiocor» 92). E vanno guardatecon attenzione alcunecircostanze: fra 28 e 33 ilritorno dell’espressione sta a
cavallo di due lasse,contribuendo a legarle incontinuità;a1,cioènelversod’apertura,il«pensiero»delloscrivente s’oppone al«sembiante» e alla «beltà»delladonnaenonsoloalsuonome;nellaseconda lassa«ilmiopensier(o)»èugualmentein incipit, e quasi così anche
nella terza(inentrambenellaforma «al mio pensiero»).L’ioesplicitosiscatenaancheinAspasianelfinale,apartiredalla metà della terza lassa,con formulazioni vigorose eamare come il cozzoimmediato «io te», rincaratoda«maecc.»78, lo stremato«me di me privo» 96, e
finalmente la chiusa chericalca un po’ quella dellaVitasolitaria,maquasi fossepronunciata da un Bruto:«Qui neghittoso immobilegiacendo,/Ilmarlaterraeilciel miro e sorrido» (altracosasono«ilpiagatomortal»e «il rapito amante» di 38 e42). Tornando al punto
precedente, dunque Aspasiasi caratterizza anche per ilfattoche l’espressionedell’ioattraverso il «pensiero» e ilcuore da una parte guardacome accennato al Pensierodominante, dall’altra siespande inA se stesso (o nederiva).
Le dueSepolcrali formano
ilditticopiùstrettodeiCanti.Eppure,pervarie ragionichenon è il caso di riassumerequi, si distinguono piuttostonettamente l’una dall’altra (apartire dal fatto che nellaprima la donna s’avvia allamorte, nella seconda èmortada tempo). Come sempre, inLeopardi l’individuazionedel
Canto singolo fa aggio sugliaccoppiamenti, che quindinon sono variazioni di unostesso tema, ma piuttostoelaborazioni dello stesso daun diverso punto di vista,integrazioni o addirittura‘superamenti’.Ilpiùdiffusoeraziocinante Basso rilievoabbondadimorfemidiprima
plurale:«portiam»e«inostridanni» 68-69, «dimostrarci»in chiusa di lassa 74, ilrafforzato tutti noi 77, «innoi» 105, nostro… nostro109, verso finale; e insieme«il mondo» 31, «animalfamiglia»45,«questasensibilprole»57,«l’umancorso»64,«almortale ilmortal»107.E
anche in questo testoprendono posto, stilizzatinellalorocategoria,personaeconcrete, nei bei versi 98 ss.È veramente un dosaggiomolto notevole. Nello stessotempo l’io esplicito sidichiara due volte in formedecise:«iostessoinme»14e«com’io per fermo estimo»
82. Nel più conciso Sopra ilritratto registriamo «essernostro» 23, con «mortalestato» 31, «lo spirto umano»44, «Natura umana» 50; mal’io in quanto esplicitamentetale è assente.Questo assettosipotràanchespiegareconlasituazione per cui, come delresto nella precedente,
l’interlocutorefondamentaleèla «natura, illaudabilmaraviglia» (Basso rilievo47), che qui però hadefinitivamente compiuto lasua opera distruttiva; e forseanche col fatto che lacontroparte femminile non èuna creatura viva ma unartefatto,siapureispiratoredi
immaginiumaneviventi.
NellaPalinodia,datoilsuocarattere di poemetto a uninterlocutore e di lodeantifrastica (fin dalla primaparola,«Errai»)dellasuperbaciviltà presente, l’‘io’ e il‘noi’ si bilanciano. Bastievidenziare per il secondo«gener nostro» 95 e anche
«secol nostro» 106, «sapernostro» 226, nonché laformula,consonaall’indirizzoa un interlocutore, «il miosecolo e tuo» 212; per ilprimo i vv. 20 ss.:«Riconobbievidi…evidi…conobbi…vidi»,sicuramentevariazione insistita deidanteschi «vidi e conobbi»,
«e vidimi e conobbemi», Inf.III 38 e Purg. XI 76, e ilmetalinguistico «mentre ioscrivo» in apertura di lassa,135. Più importano le duegrandilirichefinalideiCanti,Il tramonto della luna e Laginestra, e il loro confronto.Nel Tramonto, dominatociclicamentedalleduegrandi
descrizioni postidilliche dellaprimaequarta lassa–capacicosì di puntualizzarsi nelbellissimo sgranamentopolisindetico di «E rami esiepi e collinette e ville» 8come di rinnovarsi nellapotente, cosmica ecfrasi delsorgere del sole, 58 ss. –compare appena, per il ‘noi’,
«Nostra misera sorte» 35accompagnato da «l’etàmortale» 21, da «la mortalnatura» 26, da «la vitamortal» 63 (anche da «ognianimale» 40), e l’io non èpresente che implicitamentenell’allocuzione «Voi,collinette e piagge…» 51 ss.E si comprende, data la
compresenza e fusione nelCanto di descrittività eallegoria; e va pure notato alproposito che nell’allegoriamaggiore sono inclusi due‘personaggi’ minori a lormodo allegorici, il«carrettier»19esoprattuttoil«confuso viatore» 29,entrambieredidelpasseggero
che riprende il suo camminoalla fine della prima lassadellaQuiete.
Tutt’altro statuto quellodella Ginestra, nella qualel’oggettività degli spazislargati, prospettici oimmensi e della «tristescienza» (Adorno) è dettacontinuamente da un io
insieme eloquente econtemplativo, in alcunimomenti estatico. Fa quinditesto che tutta a carico diquell’io agonisticamentesconfitto nella sua finitezzasia la grande e quasi infinitaimmersionecosmicadella IVlassa, 158 ss., inaugurata dauna rima interna
equiposizionale Seggo-Veggo, per proseguire conappunto… miro… al pensiermio… io premo; senza direcheilQuiribattutoinattaccosia della prima che dellaseconda lassa (e quisdoppiato in anaforaimmediata:«Qui…equi…»)rende immediatamente
sincrono lo spettacolo alsoggetto, o meglio collocaancora una volta il soggettodentro lo spettacolo (e cfr.analogamente«Ortiriveggo»14). All’io giudicante esarcastico vanno attribuitiinvece almeno «Non io…»63,«mirido»71,«Noncredoio già» 99. È ben chiaro che
laGinestra è non la sommama la dialettica (e questavolta con un barlume disoluzione) di due (o più)registri.Quantoal‘noi’citerò«il nostro stato» e «il genernostro»39-40,«risorgemmo»74,«Chenaturacidiè»80,equindi «l’uman seme» 43,«comun fato» 113, «prole /
Dell’uomo» 183-184, «ilseme / Dell’uom» 231-232ecc., e soprattutto «l’umanacompagnia»129,cuisegue ilmanifestomilitante«Tutti frase confederati estima / Gliuomini, e tutti abbraccia…»nella «guerra comune». Eanche nella Ginestra ladupliceallegoriamaggiore (e
ciclica) del vulcanosterminatore e dell’umileginestra chiamata a sé indolcissimeapostrofi,contieneagentimicroallegoriciqualiilpasseggero 13 (quiprecisamente come nellaQuiete), il «villanellointento» 240 ss. (cfr. Brutominore 96 e soprattutto
Amore e Morte 82)[15], ilperegrino 276. Non solo dalnostropuntodivistailgrandepoema sembra sviluppare incontemporanea tutte lepossibilità del discorsopoetico.
All’ingrosso, come s’èvisto, le transizioni ocompresenze fra ‘io’ e ‘noi’
appartengono soprattutto adue fasi e modi della poesiadeiCanti: le Canzoni e unaparte notevole dei Cantinapoletani,conesclusionedel‘noi’ quasi totale, invece,negli Idilli e per ragioniopposte in gran parte del‘CiclodiAspasia’.Anchedaquestoristrettoangolovisuale
si conferma dunque comeorientativa la tradizionaledistinzione in cinque zonedellapoesiadeiCanti,macolcorrettivo, almeno, che lagrande stagione dei Cantipisano-recanatesi, mentre percerti aspetti continuanotoriamente gli Idilli, peraltrisiprotende,specieconla
Quiete eancorpiùcolCantonotturno, verso l’ultimoLeopardi. La presenzamassiccia del ‘noi’ nelleCanzoni e negli ultimi Cantiappare significativa anzituttoper questo motivo: cheproprio là dove agisce piùintensamente l’io agonisticodi Leopardi là a quell’io si
affianca (o lo contiene) un‘noi’,cioèl’uomoingeneralecolsuodestinotragico;cheètantopocoastratto,fral’altro,quantosonovarieneiCantileespressioni sue ‘sinonimiche’che abbiamo passato inrassegna, fino all’«umanacompagnia»dellaGinestra.Eparlare unicamente di io
agonistico è anche riduttivo:perché a partire da un centrochepuòesserecollocatonegliultimi Canti recanatesi,quell’io agonistico è nellostesso tempo un iosapienziale, della sapienzadiagnostica e nichilistica,conscia dell’universalemalvagità della natura, che
emerge a tutte letteresoprattutto in due Operettedel ’24, il Dialogo dellaNatura e di un Islandese e ilCanticodelgallo silvestre. Ilcantore del proprio io eroicoo idillico o esistenziale èdivenuto anche il filosofo-poetadell’infelicecondizioneumana, a cui importa, per
usare un passo dei Diari diKafka (25 settembre 1917),«sollevareilmondonelpuro,nelvero,nell’immutabile».
In queste condizioni il‘noi’ ma ancor più l’‘io’tendono a esporsi in formepiù marcate e/o ripetute, siadal punto di vista elocutivoche posizionale: quante volte
in particolare l’io, assente oraronellaparteprecedentediun Canto, assume, e anchecon insistenza, posizione nelfinale dello stesso, avocandoeloquentementealséaffettiepensieri espressi in formamenopersonalenellestanzeolasse anteriori. È certo ancheun modo per esprimere con
forza la natura pienamentelirica di quei testi,disegnandola, oltre che comecomplesso, come sviluppo epunto d’arrivo. In questoLeopardiriaffermailcaratteresempre dinamico eprogressivodellasuascrittura(si prenda, serrato maeloquentissimo in questo
senso, l’Infinito). E se è benvero, come ha vistosoprattutto Blasucci, cheLeopardi dispone così spessoi propri testi per coppiesimilari o dittici, non è menvero che anche il nostropeculiare punto di vistaconferma la sua fortissimatendenzaadifferenziarlinello
stesso tempo più o menofortemente in nome dellasuperiore istanza, alla quales’è già accennato, acaratterizzarecome individuiunici tutti e sempre i singoliCanti. Si veda più sopra ladiversitàfraAll’ItaliaeSoprail monumento di Dante, esoprattutto fra le due
Sepolcrali e fra il Tramontodella luna e la Ginestra. Èun’altra forma diquell’individuazione che ènecessariaalgrandelirico.
Più in generale possiamodire che nel complesso deiCanti quanto alla presenza eal ruolo delle personeconvivono, s’intrecciano e si
sommano due paradigmi,quello io/tu, esplicitamentedialogico, e quello io/noi,apparentementenondialogicoma tale anch’esso, a mesembra, a un livello piùprofondodellasignificazione.Naturalmente il primo è piùdiffusoepiù ramificato,edèanche in grado di rovesciarsi
quanto alla funzione deldialogante:altro‘tu’èlalunadiprima(peres.Alla luna)einvece nel Canto notturno,dove l’astro non è piùprossimo e sororale (omaterno)ma remoto emuto;altroil‘tu’dellanaturaprimae dopo la scoperta della suadistruttivitàsenzaeccezionie
senza limiti; altro ancora il‘tu’ di Silvia e quello diAspasia ecc. Per non dire diquandoil‘tu’è,inprofondità,uno specchio dell’io: perchéper Leopardi si può invertirela celebre formularimbaldianaedire:‘unaltroèio’. Quanto all’altro schema,comes’èvistotendeadessere
assente, con rare eccezioni,laddove per ragioni diversedomina un io fortementeesistenziale e addiritturaautobiografico; e la suatemperatura è per così direcostante, sovrapposto com’èalle pur luminose circostanzeche muovono vivaci appelli,tenere allocuzioni, e mosso
invecedallaspintanonmenocostantenelpoeta-pensatoreauniversalizzare.Ma inquestacostanza, o se vogliamoripetitività, sta anche la suaimportanza, come di unoschema teoretico potenzialeche può continuamente farsipresenteefluidoneitesti.Oraiononvogliocertodirechela
frequente compresenzadell’io e di un ‘noi’ che lorispecchia e include vadamessa sullo stesso piano deldichiarato solidarismo dellaGinestra (e di alcune prosedello scrittore); ma sequalcuno mi suggerisse chegli è congenere esotterraneamente lo prepara,
nonpotreicheconsentire.
[1] Cfr. da ultimo «Vaghe stelledell’Orsa…». L’«io» e il «tu» nellalirica italiana, a cura di F. Bruni,Venezia, Marsilio 2005. NaturalmenteperimieirilieviadoperoinmodoliberoimiglioricommentideiCanti,FubinieBigi, G. e D. De Robertis, Contini,GavazzenieLombardi,Muñiz.[2]Mipermettodi rimandarealmio
Sonavanlequietestanze.Sullostiledei
«Canti» di Leopardi, Bologna, IlMulino,2006,passim.[3]Cfr.soprattuttoS.Carrai,inStudi
in onore di Pier Vincenzo Mengaldo,Firenze, Sismel-Edizioni Galluzzo,2007, pp. 879-885. Decisivo per ildiverso tono il confronto con Primoamore 15-17: «Dimmi, tenero core, orchespavento,/Cheangosciaeralatuafra quel pensiero / Presso al qual t’eranoiaognicontento?».[4] Che possano coesistere nello
stessotestoleopardianoun‘noi’dualeeuno generale mostra soprattutto
l’Ultimo canto di Saffo, cfr. infra. Diimplicazione dell’io nei destini dellaspecieparlaappropriatamentelaMuñiznelsuoottimocommento,adl.[5]Nell’insieme dell’Appressamento
lecosevannodiversamente,maquinonimporta.[6] Per l’importanza
dell’investimento in Bruto va sempretenuta presente la lettera a Louis deSinnerancoradel14maggio1932(ed.Brioschi e Landi, num. 1749): «Messentimentsenversladestinéeontétéetsont toujours ceux que j’ai exprimés
dansBrutominore».[7]V.L.Blasucci,Ititolidei«Canti»
e altri studi leopardiani, Napoli,Morano,1989,pp.70-90.[8] Cfr. L. Felici, L’Olimpo
abbandonato,Venezia,Marsilio, 2005,pp.85ss.[9] Qualcosa di simile in Vita
solitaria14ss.[10]Esitengacontocheneivv.13-
14,aggiuntipiùtardi,ognimorfemadiprima sing. è assente, per cui leproporzioni sono anche più
impressionanti.[11] Cfr. Mengaldo, Sonavan le
quietestanze,cit.,pp.147-177.[12] Notare, a parte tutti gli altri
elementi, che nome della fanciulla osuoi sostituti pronominali sono semprein posizione forte, a inizio o chiusa dilassaoinentrambeleposizioni:Silvia-salivi suo anagramma 1-6, «tu solevi»penultimo verso 13 (col verbo cherimanda ancora fonicamente a«Silvia»),«oSilviamia»secondov.29,«Tu pria…» inizio di lassa 40, «teco»penult. v. 47, «Tu, misera, cadesti»,
avvio della conclusione, «mostravi» v.finale63.Qualcosadisimilesidicaperl’io:lasecondalassa,l’unicadedicataalui interamente, si apre con «Io…» etermina con «… io sentiva in seno»(con l’allitterazione che compatta),quindi mia a inizio lassa e in rimabaciata29,«Lasperanzamiadolce:aglianni miei…» secondo v. dell’ultimalassa.[13] Ed. Brioschi e Landi, num.
1777: «E pure certamente l’amore e lamorte sono le sole cosebelle cheha ilmondo, e le sole solissime degne di
esseredesiderate».[14] F. Fortini, Le rose dell’abisso.
Dialoghi sui classici italiani, a cura diD. Santarone, Torino, BollatiBoringhieri, 2000, p. 74, così scrive,pensando certamente agli aspettimacabri del testo: «la seconda[Sepolcrale] appare essere da moltipunti di vista una sorta diciamo diricognizione della salma di Aspasia…[Leopardi] si accanisce a vederla nellatomba». Più prudentemente si puòpensare alle descrizioni delle rispettivebellezze,chenelcasodelladonnadella
Sepolcrale comprende, anzi comeprimo, il «dolce sguardo» che facevatremare chi lo fissava, mentre dalritratto sensuale di Aspasia gli occhisono,noncasualmente,assenti.[15] È indicativo dell’‘orecchio’ di
Leopardi che in tutti e tre i casi, gliunicideiCanti, il tenerovezzeggiativooccupilastessaposizionepenultimanelverso, e sia seguito, in sinalefe, da unaggettivo trisillabo piano iniziante coni-:«industre»,«ignaro»,«intento».
IV
Notedisintassipoeticaleopardiana
Un’analisi dell’uso e dellafrequenza del polisindeto nellapoetica leopardiana permettedi evidenziare modificazioni econtinuità del gustocompositivo di Leopardi. Lasintassi leopardiana dell’e
evidenzia la ‘grecità’ delLeopardi e il suoconvincimento che ladimensione poetica pereccellenzasiaquellaallalirica.
Apriamo il libro deiCantial suo primo (di data,prescindendo dall’acerboPrimo amore, e posizione)individuo, la canzone
All’Italia, interrogandoladapprima circa un fenomenomicrosintattico,ilpolisindeto.I suoi 140 versi sonoattraversati da ben undicipolisindeti: uno subito inavvio e per di piùquadrimembre,«Opatriamia,vedolemuraegliarchi/Elecolonne e i simulacri, e
l’erme / Torri degli avinostri», cui fa riscontro concircolaritàsintattica,19-20,inchiusa della stessa stanza,«Le genti a vincer nata / Enellafaustasorteenellaria»,e cfr. poi ad esempio 41-42,61-62 ad attacco di stanza,81-82 idem, dove va purenotato l’inizio della stanza
con una E che lega, nonstaccarispettoallaprecedente(come per esempio il Né diAllaprimavera58evarialtricasi similineiCanti: cfr. quiil capitolo successivo). Daaggiungere che raramente lafiguraèmoderata(daanaforaa 28-29) o evitata (111: «Lafugaicarrieletendecadute»,
ma forse la fuga è oggetto).Così stando le cose, nonmeraviglia che, salvo errore,nel testo si trovi un soloesempio (34-37) dell’oppostafigura dell’asindeto – nonmoderato da anafora o simili– e che i molti polisindeticadano, come è normale, inperiodi brevi e scanditi, al
limite, 29, un periodo di unsolverso.Elaprimacanzonenon si segnala ancora perquell’ampiezza del periodareche caratterizzerà via via lesuccessive, anche in virtùdelle frequenti esclamative einterrogative, fra eloquenti epatetiche, che – come ingenerale – si attestano di
preferenzainperiodibrevi.
Magià nel contemporaneoe fratello Monumento diDante la situazione sintatticae stilistica è cambiata, ed èpiù sobria quanto apolisindeti: sei casi su 200versi (ad esempio 141-142,anche in presenza di unacongiunzione che apre il
periodo:«e lor fea l’aere e ilcielo/Egliuominielebelveimmensa guerra»). Viceversada una parte il periodare sislarga (vedi in particolare 74ss.) e aumentano gli stacchiasindetici, quattro (105,moderato dall’anafora, 107,133-134, 179), e a 144 unpolisindeto è evitato:
«Semivestiti, maceri ecruenti», anzi è evitato insede di correzione (lez.precedente «S. e squallidie…»).UlterioreriduzionenelMai, con quattro polisindetiin 180 versi: si citeràsoprattutto la mirabilerievocazione del mondo delFurioso, 111 ss.: «O torri, o
celle,/Odonne,ocavalieri,/O giardini, o palagi!», chestringe lacitazionedelprimoversodelpoemafradueaereevariazioni. E in questo testola struttura sintattica,passibile di ampiezze, èsimile a quella delMonumento, gli asindeti sicontanosulladecina,eunodi
essi, 136, parte ex abrupto ainizio di strofa, mentre lachiusadellastrofaultimaneèfieramente martellata. Siamosullastradadiquantoavverrànellecanzonicheseguono.
Della Sorella Paolina milimitoa ricordareche l’unicopolisindeto cade ancoranell’attacco della lirica (che
pure presenta fra l’altrol’arcaicaparaipotassi,89-90),e però quella stessa primastrofa è saturata da un unicoperiodo di 11 versi, conquattro subordinate eun’apposizione (altro periodoesteso è a 68 ss.); delVincitorechenonviètracciadi polisindeti se non quello
protratto di 42-46, che anchequi la sintassièmossa,comeindica subito la lungaparenteticadeivv.5-7,sicchélasecondastrofa,di13versi,è occupata da due soliperiodi,consviluppirelativieunaconsecutivaachiudere,ela quarta da uno, affannatodai continui rilanci delle
congiunzioni ad apertura difrase.
Arriviamo così al Brutominore, prima grande provaleopardiana nel generecanzone, dopo il finale delMai,distileintercisoediartedello staccato. Un solopolisindeto (92, emoderatamente) fa eccezione
a tutti gli stacchi asindetici,altrettante, e non meno fiereche rotte, affermazioniperentorie di verità nelnegativo e di estremaopposizione morale allasventura:andràcitatoalmenoquello, straordinario, di 80ss.: «Cognati petti il vincitorcalpesta, / Fremono i poggi,
dalle somme vette / Romaantica ruina; / Tu sì placidasei?» conTu subito replicatoin anafora, come illeopardianissimo e parimentisplendido E tu che apre lastrofa ed è ripreso a distanzaalv.86.Tuttiquesti staccati,questi abrupti, convivononella Canzone, quasi a
contrasto, con la maestositàdel periodare (cfr. sempre76ss.), dichiarata quasiprogrammaticamente dallastrofa-proemio iniziale, dopola quale la parola passa alprotagonista, che è tuttaoccupata da un solo periododi 15 versi. È una bivalenzacheparerispondereapuntino
aciòcheneimotivieneltonoèlacompresenza/conflittodipathoserazionalitàdisperata,la stessa che fa iniziare conDunque una delle domande‘retoriche’,lietenomasicure,di Bruto, 25 (le dueprecedenti occorrenze nelleCanzoni, come poi nelConsalvo, sono interne alla
frase; iniziale, ma con tantaminor forza, solo nel Sogno39). Alla stessa streguarileviamo almeno il Mafortemente avversativo adattacco di verso, 64, anchequesto leopardismotipicogiàdalle prime canzoni(All’Italia101,MonumentodiDante44ss.,86,AngeloMai
76: ad apertura di strofa) epoisempreneiCanti;oppureil martellato anaforico sulleparticellenegativenè,nonnelfinaledelCanto[1].
Basterannocenniessenzialiper il rimanente delleCanzoni. Nessun polisindetonei 95 versi di AllaPrimavera e neppure nella
terminaleAllasuaDonna(55versi), segnate invece da unperiodare largo e complesso(cfr. della prima soprattuttol’inizio della prima strofa e ivv. 85-95, della seconda laprima strofa per intero e perintero pure la strofa finale,quasi ad anello); mentrel’inizio di Alla Primavera
esponeunafortissima,audacegiustapposizione: «Perché…Ristori… e perché…avvivi…; / Credano il pettoinerme / Gli augelli alvento…». Un po’ diversa lacondizionedeL’ultimo cantodiSaffo,doveitrepolisindetitra i 72 versi della canzone,58 ss., 67, 70-72, sono certo
in funzione del suonuovissimo, ardente pathos(«E tu cui lungo / Amoreindarno,e lungafede,evano/ D’implacato desio furormistrinse…»), e il terzo sispegnerallentatodallevirgolenel silenzio della chiusa, cheèanche lamorte («e ilprodeingegno/HanlatenariaDiva,
/ E l’atra notte, e la silenteriva»).Veroèperòcheconlarelativa eccezione dei vv. 8-13 e qualche altro luogosimile,ilCantononconosceiperiodi lunghi e avvitati dialtre Canzoni, e può arrivareinvece a scandire così:«Incautevoci /Spande il tuolabbro: i destinati eventi /
Move arcano consiglio.Arcano è tutto, / Fuor che ilnostro dolor.» 44 ss., consottolineaturadell’ineluttabile; «Ogni piùlieto / Giorno di nostra etàprimo s’invola. / Sottentra ilmorbo, e la vecchiezza, el’ombra/Dellagelidamorte»65ss.(appuntoinpresenzadi
polisindeto), e addirittura abattere ad attacco di strofauna frase monorematica(«Morremo.» 55); il discorsosi snoda sulle anafore oripetizioni di noi o me, trapathos e orgoglio, cui fannocontrasto quelle delle belleentità dalle quali la forteinfelice è esclusa: sembianze
coi relativi aggettivi euforici,bello, con beltà, felice. NeiPatriarchi, aggregati daLeopardi alle Canzoninonostante il diverso metro,questoe il tema fannocapirealmeno in parte il ritorno aun’eloquenza e discorsivitàormai inderogaallo stilepiùdenso ed essenziale che il
poeta aveva conquistato:quindi in 117 versi seipolisindetieunpo’deltipodiquelli ospitati in All’Italia(per es. 22 ss.), sia purecontrobilanciati da stacchiasindetici (in particolare 114ss., e nel breve il grandeeffettodi«lafugace,ignuda/Felicità» 116-117);
comunque contenuti entroperiodi medio-lunghi (vediparticolarmente 11-21).LascioperdereinfineIlprimoamore,datalasuaarcaicitàdidata e di stile (metrocompreso, unico neiCanti aparte l’«Appendice» su cuivengosubito).
Concludo per le Canzoni.
In All’Italia e parzialmentenelle due successive lafrequenza dei polisindetiappare in sostanza debitricedi uno stilema poeticotradizionale, come conferma,senza uscire dai Canti, laterza rima del FrammentoXXXIX, tratto dalla canticaAppressamento della morte
del 1817, con ben seipolisindetiin76versi(unosu15 versi è anche nelFrammento XXXVIII,probabilmente del ’18, e inveritàè ilbellissimo«Ocarenubi, o cielo, o terra, opiante» 7, sebbene con ovocativo, da considerarsiforse archetipo di simili
mosse del Leopardi futuro).EvidenteèpurechegiànelleCanzoni questo fenomenoretorico-sintattico di tanto èeliminato, o limitatodrasticamente, di quanto inesse crescono nel tempo finoai risultati vertiginosi delBruto l’audacia agonistica equasi programmatica nel
periodare e l’opposta tecnicadrammatica degli stacchiasindetici.
Questo però era solo unodeiduetavolisucuilavoravainqueglianniLeopardipoeta,l’altro essendo quello tuttodiversamente sagomato degliIdilli.Equiiltrattosintatticoe stilistico che nelleCanzoni
eradiventatoprestoresiduale,cambiadifisionomiaevaloree diciamo di ambientazionesintattica, e si rivela in essifondamentale,equasipernoiun segno sicuro diriconoscimento. Dei cinquetestidellaserie,unosoloneèprivo,Allaluna,ecredosenecapisca il perché guardando
aiduelegamiperiodaliconEdella breve poesia, ilfirmatissimo «E tu» 4 e l’«Epur mi giova» 10, cui siappoggianol’edeilnèdi9(ecfr. anche 16 = il primitivo14); per il resto la liricapresenta una strutturasintattica simile a quelladell’affine Infinito (parlo
ancora della redazioneanteriore all’aggiunta tardadei vv. 13-14)[2], con periodibrevi (due versi a 10-12) enessi subordinativi scarsi erapidi. Alle giunturecoordinativeappenaosservatesi oppone solo piùrisentitamente l’avversativaMa di 6, stacco fra la
descrizioneestaticadellalunasul colle e il ritorno allapropria angoscia, però consuccessivo rientrorammemorativo econtemplativo a 10 ss. («Epur…»),esecondoloschema‘dialettico’ su cui ha postogiustamente l’accento laBrose[3].Ma per il rimanente
della serie il polisindetos’incarna profondamentenelle intime narrazioniidilliche, creandone ilmirabile ‘legato’ erallentandone il corso infunzione meditativa e‘infinitiva’ (Blasucci): forsel’espressione-simbolo ne èl’«a poco a poco» con cui
smuore allontanandosi ilcanto sentito nell’infanziadellaSeradeldìdifesta.
Ed ecco dunque l’Infinito,primo in cronologia e, losappiamobenesoprattuttopermerito di Blasucci, fornitoredegli altri Idilli tutti (e nonsoltanto). Sono, come noto,quattro momenti logico-
sintatticiincrescendoscanditida tre congiunzioni (ma ilrichiamo al sonetto non mipareopportuno):Ma,E,Così(che vale più o meno ‘eallora’), e che in se stessisono non soltanto contenutima fortemente paratattici: ilprimo con una sola esemplice relativa, il secondo
con due gerundi coordinatisenzaespansioni, il terzoconunabrevetemporale,ilquartocon una lieve coordinazione.Entro questa chiara scatoladispositiva, chiara quanto ilmovimento immaginativo èsempre governato dal«pensiero», si distendono in15 versi, e precisamente al
loro centro, i due grandi emaestosi e frenati polisindeticheoccorrepursemprecitarebenché notissimi: «…interminati / Spazi di là daquella e sovrumani / Silenzi,e profondissima quiete / Ionel pensier mi fingo», conquesto ritardando accentuatodalla posposizione del verbo,
e«ioquello/Infinitosilenzioa questa voce / Vocomparando: e mi sovvienl’eterno,/Elemortestagioni,e la presente / E viva, e ilsuon di lei», che potremmoclassificare come unpolisindeto minore, alla fine,entro uno maggiore, il tuttoper così dire annunciato
dall’inarcatura rallentante eagrammaticale su quello inluogodiciòcheinprosaeinlingua comune dovrebbeessere «quell’». E ladominante polisindetica èaccompagnata da elementiconsanguinei,l’epifrasidelv.2 («e questa siepe») e comes’è visto l’attacco con E del
terzo periodo, e infine quellache avvia impulsivamente laconclusione, nell’ultimoverso.
Altrettanto memorabiledegli appena citati è ilpolisindeto incipitario, chedetta il tono, della Sera:«Dolce e chiara è la notte esenza vento» (nato, come è
bene ricordare, da genialecorrezione di «Oimè,chiara…»),cuifannoseguito,quasicomeeco,letransizionicoordinative di «E queta…»2,«edilontanrivela…»3,«epei balconi…» 5 (poi anche«e non timorde… e già nonsainépensi…»8-9,l’epifrasidi 12-13, «e forse… e
quanti…»18-19);quindi,conaltrotimbro,«equiperterra/Mi getto, e grido, e fremo»(da«emiravvolgo»),munitodelle consuete virgole cherallentano ulteriormente,insiemeacuivedipure30ss.,34ss.,38-39,finoall’avviodichiusa«edallatardanotte…»43. E l’impianto sintattico vi
è spiccatamente semplice eparatattico,consediciperiodiconcisi o concisissimi su 46versi (cfr. in particolare 23-24), anche quando non sitratti di esclamative ointerrogative ‘sentimentali’,entro i quali lasubordinazione èestremamente rara; di segno
inverso solo l’asindetodi11:«Tu dormi: [in anafora] ioquesto ciel…», opportuno amarcare l’antitesi io-tu. DelSogno è sufficiente dire chesu 100 versi conta bentrentatré periodi, anche brevio brevissimi (cfr. soprattutto19-21, quattro periodi di unemistichioopocopiù)dovuti
anche a battute di dialogo efrasi elative, e che scorreperlegamenti coordinativi, findall’attacco: «Era il mattino,e per le chiuse imposte…»,probabilmente memoredell’erat + cum ‘inverso’latino, coi veri e propripolisindeti di 58 ss., 95-97;benché certo il carattere più
costruito e narrativo del noneccelso carme comportiqualche periodo ampio (apartire dal primo), e il suoimpianto dualistico rechi consé due netti asindeti a 43 e85-86.
Come per tutti gli altriaspetti, La vita solitaria stapiuttosto a sé fra gli Idilli[4].
Lapercentualedeiperiodiperversi diminuisce rispetto alSogno – 23 su 107 –, giàl’attacco è un periodoabbastanza sostenuto, e cosìse ne contano vari altri (sivedanoparticolarmente56-66e75-85),perònoncompaionoasindeti veramente notevoli,masolomoderatidall’anafora
(come ad esempio su Infesto75-85-91); è cospicua invecela presenza di polisindeti ocomunquedilegamenticoneo nè, anche a catena, ches’affollano, come è moltoindicativo, proprio nei passipiù schiettamente idillici (nelsenso ‘neoarcadico’ da unlato,nuovoesololeopardiano
dall’altro) della compositalirica: «E sorgo, e i lievinugoletti, e il primo / Degliaugelli sussurro, e l’aurafresca, / E le ridenti piaggebenedico» 8-10, poi nellagrande descrizione estaticadellasecondalassa:«Ederbaofoglianonsicrollaalvento,/ E non onda incresparsi, e
noncicala /Strider,nèbatterpenna augello in ramo, / nèfarfalla ronzar, nè voce omoto/Dapressonèdalungeodinèvedi»quindi«egiàmipar che sciolte / Giaccian lemembra mie, nè spirto osenso/piùlecommova,elorquieteantica/Co’silenzidelloco si confonda» 28 ss., e
ancora «Brillano i tetti e ipoggielecampagne»58ecc.
CosìLeopardinegliIdilli–o nelle zone più ‘idilliche’degli Idilli – si crea unasintassi altrettanto sobria chefluida, che fa scorrere unodopol’altro,opiuttostol’unodentrol’altro,quasicomeunaserie di improvvisi o
agnizioni, le esperienzementali e i moti dell’animo(ricordi, visioni, meditazioni,balzi del cuore…) senzagerarchizzarli a posteriori,vale a dire narrandolipiuttosto che descrivendoli oenunciandoli. Qui la catarsideriva anche da questomotoondoso, cullante, eppure in
unostiletuttofuso(ilvecchioVasari avrebbe parlato di«unione»),cheritraenell’io iflussi delle epifanie, e che èpervaso da un ‘legato’ siasintattico che prosodico (lacopiadisinalefi)cuinonsisatrovare in altra arte il simileche nelle maggioriespressioni della musica a
Leopardi contemporanea. È,per tornare al punto, quelloche potremmo chiamare unostile della e, che riduce alminimo indispensabile lasubordinazione e comunquenon laportaquasimai, comeinvece avviene in tantimomenti delle Canzoni, aquegli assetti cumuliformi, a
quei lunghigrovigli, aqueglislanci quasi senza limite (mabeninteso sempre dominatidallaragione).
Già negli sciolti, maaltrimenti estesi, del Pepoli(1826)lecosevannoalquantodiversamente: ad esempio aivv. 4-5 il polisindeto «Ogioconde o moleste opre» è
preceduto immediatamentedall’asindeto con lieveanafora «in che pensieri, inquanto…», e altri polisindeti(64, 106 e, nel finale, 158)sono più che bilanciati dagiunture asindetiche,generalmente con anafora, 9,19-20,86,87,101ecosìvia,nonché dall’accostamento
immediatodidueaggettivi,eallitteranti, a 49 («improba,invitta / Necessità», configura similissima a quellasopracitatadaiPatriarchi),ditre aggettivi a 70 e a 103 (ilnotevole «Dono del ciel, magrave, amaro, infesto»),mentre è evitato unpolisindeto a 98: «Col
mercatar,conl’armi,econlefrodi» ecc. I periodi sonospesso gonfi, come a 27-37,44-53 e di seguito 53-62, achiuderlalassa,ealtrisimili:sicché,quasidi conseguenza,sono nel complesso rari irilanci morbidi con e. Inrealtàquestocarmedalnostropunto di vista è importante
per il suo ruolo dicompromesso e transizionefra due stili: ciò che si vedeancor meglio se si osservache ai periodi ‘costruiti’, eanche a qualche ‘arcaismo’(necessitate 48), si alternanotuttavia momenti di sintassiserrata ed essenziale, come a119-121o135-136(zeugma).
A volte sembra già direspirare l’aria degli ultimiCanti.
Quanto ai Canti pisano-recanatesi, una volta di piùessi continuano masoprattuttononcontinuanogliIdilli. Ovviamente sta a sé ilRisorgimento, situato com’ènell’alveometrico e stilistico
che sta fra il Settecentoarcadico emetastasiano e gliInni sacri. Nessunpolisindeto, e rare perfino lecoppie aggettivali concongiunzione, in un ductusrapido ed euforico dominatodalla giustapposizione spinta(ad esempio 5-6, 16, 19 ss.,37-40,53-56conanafora,58,
59,81,83-84conanadiplosieviadicendo).EdoraASilvia.Anche qui niente polisindeti(ne è evitato uno a 23-25), eviceversa si distende in unendecasillabo la seriedisgiunta di 57: «I diletti,l’amor, l’opre, gli eventi». Ed’altra parte un periodaresnello anche per la fitta
presenzadisettenari,mateso:il primo movimento,proemiale, seppur breveconstadiunsoloperiodo,perdi più di quella fatturainterrogativa che di solito inLeopardi predilige gli spazibrevi, ed eventualmente lereplicazioni; e circa così èanche un’altra apertura di
movimentoa15-22ecc.Peròecco anche le riprese concongiunzione che smorzanogli stacchi «Era il maggioodoroso: e tu solevi…» 13-14, «…Perivi, o tenerella.Enon vedevi / …» ecc., finoalla chiusa: «… e con lamano / La fredda morte eduna tomba ignuda /Guardavi
di lontano». I periodi sirestringono volentieri fino aidueversi, ea rassodarli sonospesso le ripetizioni, specieanaforiche, segni tipicidell’insistenza sulle note delpathos ma anche delegate achiudere,odiremmomeglioasospendere, le lasse (vedispecialmente 13-14, 26-27 e
ancora il finale), una dellequali comunque attacca conAnche, 49. Quella che nelPepoli era una aggregazione,qui è una fusione di dueimpulsi stilistici diversi,condotta con mano leggerachenonpareavernerviecheperciò continua a giovarsidello stile congiuntivo degli
Idilli.
NelleRicordanze, stante ildiversometroel’estensioneela narratività cumulativa ecomposta, prendono maggiorpiede da un lato lo stilespezzato (anche con qualcherientro dalle Canzoni),dall’altro il gesto largo.Perciò, tralasciando per ora
gli addossamenti asindetici,per lo più con anafora (manon il bellissimo «arcanimondi, arcana / Felicitàfingendo al viver mio» 23-24), e il fatto – molto piùsignificativocheinASilvia–che anche qui mancano ipolisindeti, ecco che accantoa periodi sostenuti, fin dai
due iniziali, se ne insinuanoaltridibreviobrevissimi.Fraquesti meritanoparticolarmente lasegnalazione quelli che siaddensano ai vv. 149 ss.: «.Altro tempo.», novissimoinciso nominale che certo èalla base del montaliano«Altro tempo frastorna / la
tua memoria» (Casa deidoganieri); la frasemonorematicafraduepunti«.Passasti.», che sembra giàguardare, come del resto laprecedente, adA se stesso; einfinelaripresa«.Marapidapassasti.», incisivitàaccresciuta dall’improvvisodell’avversativa; e cfr. pure
subito dopo «. Ividanzando;», con punto evirgolacorrettodaiduepuntiprecedenti, e anche «, / Egiacevi.». Forse si può direanzi qualcosa di più, chenell’ultima lassa dedicata alricordo di Nerina, 136 ss.,Leopardi esperimenta, dopogli Idilli, un linguaggio del
ricordo doloroso non piùaffidato a scorrimento efusione,ma a un colpeggiaresuccessivo di piccole frasiaddossatee strette.E tuttavianell’affollarsi dellerievocazioni si affollanoanche i legamenti con l’ed’accumulo e dimoltiplicazione: «E la
lucciolaerravaappolesiepi/E in su l’aiuole, sussurrandoalvento / ivialiodorati, ed icipressi / Là nella selva; esottoalpatriotetto/Sonavanvoci alterne e le tranquille /Oprede’servi.Echepensieriimmensi…», o a inizio dilassa«Némidicevailcor…»29,«Egiànelprimogiovanil
tumulto…»104,oancora39,42, 76, 84 ecc. Per contro,anche prescindendo dai casipiù spinti annotati sopra, siosserverà ad esempiol’incremento delle gerundialie oppostamente dello stylecoupé, altrettanto ‘tagliato’che sintetico, quale si ha in«intraunagente/Zotica,vil»
30-31, «Qui passo gli anni,abbandonato, occulto [inprecedenza «solitario,ascoso»], / Senz’amor, senzavita» 38-39, «Il pensier delpresente, un van desio» [da«un desir cieco»] 59,«l’acerbo, indegno / Misterodelle cose» 71-72,«indelibata, intera [con
allitterazione] … La suavita…» 73-75, «Fantasmi,intendo / Son la gloria el’onor; diletti e beni / Merodesio[zeugma];nonhalavitaun frutto, / Inutile miseria[apposizione]» 81-84 ecc.Sonoquestigliesitistilisticieconcettuali di chi ha giàscritto gran parte delle
Operette e quasi tutto loZibaldone, per cui leconstatazioni dell’infelicitàpersonale e umana tendonoad assumere le formescorciate e definitivedell’aforisma. Anche perquesto le Ricordanzemeritano di esser collocatepiùinaltodiquantofacciano
giudizi critici legati alla loropresunta ‘impurità’ – cheinveroèpiuttostoricchezzaditoni e grande esperimentonarrativo.
Della prima lassa dellaQuiete basta mettererapidamenteaverbale,tantaèl’evidenzadel fatto, la strettaunione di frasi brevi e
brevissime (cominciandodalla prima, il settenario«Passata è la tempesta.»,etichetta o forse megliosottotitolo), e il dominio deilegami asindetici, ancheappoggiatiadanafore,sianeisintassemi corti che neilunghi (Ecco, apre per duevolte),eilfattochedunquele
congiunzioni e sono solo lestrette necessarie (2, 7, 16,22). Ma un punto divalutazione generale vasegnato, ed è che uncontenuto non dissimile daquelli ‘idillici’ viene gestitoqui con una strategiasintatticanonsolodiversamainversa (si pensi appena al
secondo movimento dellaVita solitaria). È anche ilsegno di una nuovaoggettività, di un presentarsisingolare e creaturale delleepifanie come un in sé, nonpiù risucchiate nellarisonanza sentimentale ementale dell’io? Per quantoconcerne le altre due lasse,
condotte in modo simile(tanto che l’«Ogni cor sirallegra…» della primadiventa nella seconda,rovesciandosi, fraseautonoma: «Si rallegra ognicore.» 25), il risultato piùnotevole è forse la frasenominaleepigrafica,questasìaforisma a pieno titolo
nell’ambito della teorialeopardiana del piacere,«Piacer figlio d’affanno», equindi tuttigli asindeti conosenzaanafora,adesempio26,33, 44-45, 47-48 ecc., conl’avvertenzachel’ultimo,53-54, calca lo schema increscendo del makarismós(assaifelice–beata),echela
nuda terna asindetica di 38:«Fredde, tacite smorte» èperòvariatanelsuocorrelatocosì: «Folgori, nembi evento» 41. Per altreosservazioni rimando al miosaggio sul Canto in questovolume(l’ultimo).
Il Sabato ha, soprattuttonellaprimaepiùlungalassa,
un andamento più disteso einfine–unpo’ come tutta lalirica – più narrativo chesemplicemente descrittivo(già i suoi due primi periodicontanorispettivamente7e8versi): tanto che, nel breve,una ripresa anaforica èpreceduta da congiunzione,«Torna azzurro il sereno, e
tornanl’ombre/Giùdaicollie dai tetti…» (17-18) e checonE inizia il periodo di 28ss. Ma: «Odi il martelpicchiare, odi la sega…» 33,in distribuzionecomplementare all’unicopolisindeto, il vicino «Es’affretta, e s’adopra» 36; enellapurnondrasticagnome
ecco «Giorno chiaro,sereno…»46e«statosoave,/Stagion lieta è codesta» 48-49, sostenuto dall’anaforafonica sta-sta. Mettendo qui,senza sbilanciarmi tropposulla precisa datazione, ilPassero[5],notofindall’inizio«Brillanel’ariaeperlicampiesulta [con chiasmo]» 6 ma
«Odi greggi belar, muggirearmenti[altrochiasmo]; /Glialtri augelli contenti…» 8-9,«. Tu…» fortemente (maimplicitamente) avversativodi12– a cui risponde l’«.Ame…»di50–,esoprattuttoilsintassema nominaleanaforico di 13: «Noncompagni, non voli», seguito
da due frasi verbali, e cfr.anche 23-24 (con anafora),29-30 ecc. Aggiungo, sia iltesto del ’28 o più tardo[6],l’Imitazione da Arnaut, perfar notare 7-8: «Dal boscoalla campagna, / Dalla vallemiportaallamontagna»,conzeugma (ma l’asindeto èanche nell’‘originale’
francese),eanche10-11,conanafora(idem).
Per ultimo, in base allacronologia ma anche perun’ampiezza e uno sviluppoignotialleprecedenticanzonilibere, considero il Cantonotturno. E richiamo subitol’altra sua ben notaparticolarità, vale a dire –
secondo una possibileallusione a canti pastoraliarcaici e remoti – la rimafinalecostantediognilassain-ale, che fra l’altro collaboraa compattare una materiaaltrimenti a rischio didisperdersi, e comunqueabbraccia vocisemanticamente connesse
come immortale-mortale-natale e anche taleequale efra le due ultime lasse dàluogo in più a coblascapcaudadas (animale :assale : ale, rima inclusiva).Che qui Leopardi potenzi latecnica delle strofe che,diceva Dante, cadono rimatecon bell’effetto nel silenzio
non è estraneo alle soluzionisintattiche: basti guardare laseconda lassa dove al lungoperiodo (16 versi), quasifaticosamente trascinato, delvecchierelloinfermonesegueperò in codaunodi soloduesettenari baciati (e vedi ASilvia). Altre notazioni: a 13il polisindeto è evitato:
«Greggi fontane ed erbe», edove sia, comeappuntonellasecondalassa,ècircondatodaforme sintattiche di segnoopposto: «Per sassi acuti, edalta rena, e fratte» 25, ma«Per montagna e per valle»24,«Alvento,allatempesta»26,«Correvia,corre,anela,/Varca torrenti e stagni, /
Cade, risorge…» 28-30,«Abisso orrido, immenso»35,concomplessivodominiodell’asindeto e una sorta direspirazione affannosa.Ancora: molti altriaddossamenti asindetici,quasi un po’, verrebbe dadire, per riflusso delleRicordanze: «Poi stanco si
riposa in su la sera: / Altromai non ispera» (lez.primitiva «E altro…»: ancheper evitare la sinalefe?) 14-15, «dimmi: ove tende /Questo vagar mio breve, / Iltuocorsoimmortale?»19-20,«Il patir nostro, il sospirar,che sia» 64, «Del tacito,infinito [da «taciturno,
antico»]andardeltempo»72,«; /Me…»avversativocomenel Passero 50 ecc. (vedisottoperAmoreeMorte),einpiù molti altri asindetiaccompagnati da anafora.Allo stesso modo delvecchierello,ancheilpastore,che in lui si rispecchia, ha ilrespiro affannato. E fra
quantoha scrittoLeopardi, ilCanto notturno è forse lalirica più abbandonata alleripetizioni, lessicali esintattiche e metriche (per illessico parla il ritornocontinuo delle parole temagreggia e luna), come vuoleil vano aggirarsi del suoprotagonista, alter ego di
Leopardi, attorno a domandela cui risposta negativa ècerta. È anche interessanteche le legature con e siaccumulino nella penultimalassa, nei versi 115 ss. (conl’Ed di 117 e probabilmentedi 126 piuttosto in funzioneavversativa): sono i versi deltedio;ecfr.pure87ss.
Nel cosiddetto ‘Ciclo diAspasia’ il polisindeto è,quasi ad insegna negativadelle cifre stilistichedominanti, del tutto assente.E occhieggiamo subito iltesto,A se stesso, d’altrondestudiatissimo,cheèunasortadi concentrato dello stileconciso e spezzato che
Leopardi si andavaconquistando, e invero finodallepiùrotteCanzoni.Senzadettagliare, cada l’accentosulla frase monorematica didue sillabe «Perì.» 3 (inanafora); sui versi 3 ss. dove– con altro forte staccato– èevitatalanormalesubordinatadichiarativa a favore di due
principali: non *«Ben sentoche…» ma «Ben sento. / Innoi di cari inganni… èspento», con rimaparonomastica sento-spentoche sembra trasferire sualtropiano l’insolita paratassi;sulla costruzione del v. 5equivalente a un *«non solola speranza ma anche…»;
sull’ellissi per via di zeugmadi 9-10 che dà quasi ad«Amaro e noia ecc.» lostatuto di frase nominale. El’unicacongiunzionedeltestoè quella che chiude constanca verità il referto nelnome della sentenzadell’Ecclesiaste. Tutto ilbrevissimo testo è poi
attraversato dallasovrapposizione di misureversaliedallalineaserpentinadelle corrispondenze di rimao analoghe, già analizzatecosì bene da Monteverdi[7],che allo spietato andamentodirezionale della breve lirica,quasi una lucidadimostrazione entro la
disperata presa d’atto delnulla, intrecciano qualcosacheèsimileaungroviglio.
Anche negli altri testi delciclo, più estesi e sciolti, letendenze ora accennate sonopurvive.Cfr.subitoPensierodominante 1-2: «Dolcissimo,possente / Dominator…», inunione con anafora fonica e
all’interno di un periodo chese non vedo male è,eccezionalissimamente,apposizione nominale deltitolo, 8-9 (con anafora), 65:«; / Maggior mi sento», 73:«Avarizia, superbia, odio,disdegno», 128-129 ecc. Enelle arcate sintattiche iperiodi brevi e incisivi,
epigrafici (come nelle primeduelasse)–anchesottolineatida rima baciata o vicinaconclusiva,52-53,66-68ecc.;a 134-135 ripresa con lastessa modalità del Cantonotturno all’iniziodi strofa–si alternano col lungo di 29ss., otto versi e un’interastrofa, quasi a ripresa delle
Canzoni da un lato, adanticipo dei Canti ultimidall’altro (così pure nellafattura lessicale di 35:«Mondano conversarvogliosamente»),ecfr.anche92-99, 100-107 (ma lenitodall’anafora).AmoreeMorte.Asindeti a 5-6 e 8-9 (conanafore),a37-39ilbellissimo
«quella/Nova,sola,infinita/Felicità», slancio ‘infinitivo’ottenuto come in altri casianaloghi anche per viasintattico-metrica, 41-42, conanafora,66:«Osaallatomba,alle funeree bende…», 66-70(con anafora), 82-83: «ilvillanello ignaro, / La teneradonzella», 88-89, altro
momento altissimo, dove ilsempre dialogante poetas’apre di colpo a una nuovaallocuzione: «Ai fervidi, aifelici, / Agli animosiingegni…» (anafore, inclusala fonica aife-aife) ecc.; e siosservi come ad es. a 74-75vadano assieme sentenziositàe compressione sintattica:
«Tanto alla morte inclina /D’amor la disciplina…», consovrappiù di rima (almezzo)baciata. Quanto al periodarevale come caso piùrappresentativo di ampiezzaquello di 96 ss., apertodall’attaccotipicissimoEtuesvolto per dodici versi,ovviamente con varie
subordinatea incassatura,mabrevi e conpausee ripreseopresedifiatoconsentitedallefrequentianafore:Etu-Tu,se-s(e). Qui stesso, 108, siinalbera l’orgoglioso stacco«. Me certo troverai…»,interessante anche perchéripete la fattura sintattica,ritmica e fonica del primo
emistichio di Vita solitaria104: «. Me spessorivedrai…». In questoCanto,che a mio gusto è una dellegrandissime riuscite diLeopardi, è comunquerealizzata nella forma finorapiù attraente la perfettaconvivenza di sintassi ampiae style coupé, vale a dire
anche di costruttività edecostruzione in frammenti,integratineltuttoaunaltroesuperiore (mentale) livello,che è quello ‘metafisico’ delcozzo della ragione con ciòchenonè ragione,ecomediun perpetuo sdoppiarsi dellainteriorità, senziente epensante.
Non meno interessante lalirica da cui si denomina il‘ciclo’,Aspasia.Anzituttoperil carattere anche in essa«epigrafico» che vi ha vistogiustamente Spitzer[8].Conciso,quasidaracconto inprosa, è già l’incipit dellanarrazione:«Tornadinanzialmio pensier talora / Il tuo
sembiante,Aspasia»;equindinella prima lassa il periododiversamenteampioaseguire2-8, che contiene l’asindetoanaforico di 4-5: «o perdeserti campi, /Aldì sereno,alle tacenti stelle»; ancor piùampio il periodo di 10-26,fitto di subordinate (treparticipiali di seguito a 16-
19)econlargadistanzafralaprincipale «E mai nonsento…» e la consecutiva«Ch’io…» e fra «il giornoche» e «a me s’offerse», unrilancio subordinativo delperiodo, «quando tu…» – equi asindeto breve: «fervidisonanti / Baci» –, confrequenza di apposizioni ecc.
Un altro periodo breve,equipollente all’iniziale, aprela seconda lassa: «Raggiodivino…»,eanchequi segueun periodo più lungo, 37-43,cheincludelaternaasindeticadi 41: «Tutta al volto, aicostumi, alla favella»; quindifra altro la dura sentenza di52-53: «Non cape in quelle /
Anguste fronti ugualconcetto», 14 o 13 sillabe, el’asindeto di 56. Terza lassa:cfr.peresempiolaconcisionetombale, sintattica econcettuale di «Orquell’Aspasia è morta / Chetanto amai» 70-71, e ingenere un periodare medio-breve cui si oppone quello
lungodi77-88(entroilqualel’asindeto secco di 79). Laquarta lassas’apreaddiritturacon un periodo contratto diseisillabe:«Ortivanta,cheilpuoi», quasi eco di A sestesso, cui tengono dietroasindeti a 90-91 (anaforico,dentro un’anafora più‘grande’), 95 e 97 (terna
anaforica), 98-100(accostamento di verbi), laritorsione secca di «Caddel’incanto…: onde m’allegro»103 (si noti anche chel’espressione «Senno conlibertà» 106 sta in luogo delpiù normale *«Senno elibertà»). Il tutto si distendesolo nelmalignoma insieme
liberatorio finale, periodolungo ma fondamentalmentecoordinativo. Nell’insieme, aproiettare per dir così in unasincronia ideale i fenomeniche si susseguono eintrecciano linearmente neiversi, si può dire che laformula di Aspasia (e contutte le varianti del caso, di
questo Leopardi già a partiredalCanto notturno) è più omeno la seguente: periodigenerosi e ‘tenuti’ checontengono periodi medio-brevi o anche brevissimi chea loro volta contengono, neitrattiancorpiùbrevi,giuntureasindetiche. Nessuna tracciapiùdelpolisindeto‘idillico’.
Brevemente sul Consalvo,che condivide l’assenza dipolisindeti di tutto il ‘ciclo’.Viceversa si affollano gliasindeti:14-15(conanafora),74: «Del trepido, rapitoamante» ecc.; la spezzaturadella sintassi in periodiminimali come «.Or dunqueaddio.»31,«.Pesami,èvero,
/ Che te perdo per sempre.»seguitoda«Oimèpersempre/Partodate.»45-47,«.Anzifeliceestimo/Lasortemia.»98-99 e così via, sino alfinale: «. Tacque: » 149; esono altrettanto frequenti lesubordinate implicite e leapposizioni(2,10,15,26,36,40, 54, 68 ecc.), nonché le
ripetizioni di vario tipo:Conscia… conscia 14, Benmille… e mille 16 (più Ben-Benchèancheinizialidiverso16-19),Premio… premio 33-34,per sempre…per sempre46, un bacio… un bacio 50-51 e via dicendo. Poemettopara-autobiografico espiccatamente narrativo, con
continui sobbalzi elativi,Consalvo abbisognava diessere rinforzato ai giunti ealle pause, sicché allereplicazioni ‘interne’ fannoda interessante pendant leepifore:tempo:tempo2-5,latematicaElvira:Elvira78-85(questa creata correggendocon un’inversione), giorno :
giorno 125-127, ancoratempo : tempo 134-142; ed èpure notevole che questepermangano anche nellaseconda parte del testo, dovescompaiono o quasi le rimepresenti invece all’inizio[9].Carme che sta a sé, anche inquanto sviluppa quella suaspecie di cartone che è il
Sogno, sintatticamenteConsalvo s’accompagnabeneagli altri della stessa fase,salva lamancatapropensioneai periodi estesi che ben sispiega con le ragioni giàaccennate, e inoltre col suocaratteredialogico.
Giunti ai Canti napoletani,occorre distinguere: le due
Sepolcrali,chegiànelprofilometrico hanno qualcosa incomune con Amore e morte,la specialissima Palinodia –semmaidaaggregarecomesisa a testi esterni alla raccolta–eidueCantiestremi.Comevuoleil temaSopraunbassorilievo, del tutto priva dipolisindeti, affida invece
all’asindeto,spintocomeinAsestesso,lapropriasecchezzaepigrafica, come di unavicenda che è legge eallegoriadeldestinogenerale:«… il patrio tetto / Sì pertempo abbandoni? a questesoglie / Tornerai tu? farai tulieti un giorno…?» 4-7;«Asciuttoilciglioedanimosa
in atto, / Ma pur mesta seitu», con zeugma, 7-8; conanaforadise15-17;«Mortetichiama: al cominciar delgiorno / L’ultimo istante[ellissi e sintassi nominale].Al nido onde ti parti, / Nontornerai. L’aspetto… Lasciper sempre. Il loco / A cuimovi, è sotterra: / Ivi fia
d’ogni tempo il tuosoggiorno» 18-24: dunquecon periodi e periodi-frasesecchi; cui subitodopo seneopponeunovasto,28-43,chesembra preannunciareTramonto e Ginestra. E piùavanti ad esempio gli stacchidi 53, 55-56, 58-62:«Piacquetichedelusa/Fosse
ancor dalla vita / La spemegiovanil; piena d’affanni /L’onda degli anni; ai maliunico schermo / La morte»(doppio zeugma e rimabaciata al mezzo): sicchéanche un periodo più estesopuò essere in realtà scandito,complice laseriedisettenari,secondobreviunitàsingole:è
il celebre e umanissimo«Come,ahicome,onatura ilcor ti soffre /Di strappar trale braccia / All’amicol’amico, / Al fratello ilfratello,/Laprolealgenitore,/ All’amante l’amore…» 98ss., dove il procedere perenunciatibrevièsostenutodaripetizioni varie, parallelismi,
rime al mezzo identiche eimmediate, chiasmo[10]. E secompaiono ancora periodiampi, quello finale,l’apoftegma, è affidato a nonpiù che due endecasillabi,benchéunoscissooacavallodi versi («Ma da natura /Altro negli atti suoi / Chenostro male o nostro ben si
cura», con rima-suggello almezzo). Sopra il ritrattos’apre con una frase minima(vedisempreAsestesso),siapure relata al titolo: «Talfosti», quindi si susseguonoasindeti: con anafora a 9 ss.,‘puri’ a 18-19, 22-23, confrasenominaleesignificativarima al mezzo immediata:
«Misterio eterno / Dell’essernostro. Oggi d’eccelsi,immensi / Pensieri esensi…», 28-29, anaforico econ interessanteecheggiamento lessicale etimbrico dell’Infinito: «Disovrumani fati, /Di fortunatiregni», 33 (terna): ma tuttiquesti ultimi entro un unico
periodochesidispiegadalv.23 al 38 (un altro a 39-46contienelostaccato«permardelizioso, arcano»). Torna inmente la formula escogitataper Aspasia, con la solavariante che qui l’unicopolisindeto, assieme ad altrielementi, mette in atto comenon sorprende troppo
inversione sintattica edistensione ritmica nellachiusa: «Come i più degnituoimotiepensieri/Soncosìdi leggeri / Da sì bassecagioniedestiespenti?».
La peculiare mescolanzadegli stili della Palinodia sirivela tale ad ogni livello, acominciare dal metrico, nel
quale, quasi per un rifluirenegliscioltidellospiritodellacanzone libera, rime e quasi-rime, evidenti e più ancoranascoste,contraddiconocomenonmainellostessoLeopardilo statuto del metro. Èsufficiente guardareall’ultimo ‘tempo’, ventiversi, 260 ss., che comincia
come da paradigma aterminazioni disgiunte,senonché il segno al mezzodel primo verso va ariprendereilpegnodellalassaprecedente, 256, a sua voltainrimainizialepiùassonanzacon «penso» e «pelo»; e poiciel – donzelle interna, piùsfavilla in quasi-rima con
ville, che d’altra parteanagramma velli; barbati –serbato al m.; il duplicecrescerà in rima interna conposerà; tutta – frutto;Ellesponto – mondo al m.;sicuro–spauri;lalungaserieinterna in -ar(e), con cari (ecfr.spauri);Eletta–aspettialm.;consonanzainternaRidi–
cittadi; serbato – cotanto alm.; e certo mi sarà sfuggitoqualcosa(cfr.comunqueinfrail sesto saggio).Ma a questapiccola selva aggiungonoqualche arbusto fenomenipara-metrici come lageminatio«Cresci,cresci…»,l’accostamento (in chiasmo)dei due crescerà, la ‘rima
iniziale’ «Veder» –«Vecchiezza» ecc.Polistilismo ad ogni livello,ho detto: e infatti al numeroinconsueto di polisindeti perquest’epoca(novesu379vv.)sioppongonogli asindetipiùo meno netti, 13 ss., 29, 42ss.,56,75ss.,90-92ecc.Eseil carme comincia con un
pacato periodo breve, serratodall’epifora su errai, e tipisimili ricompaiono lungo ilsuo corso, tuttavia è proprioin esso che si leggonoalcunidei periodi più arditi cheLeopardi abbia finora osato,un po’ per afferrare tutti itentacoli della dispersamodernità ma più per
affermare il proprio dominiorazionale su questa: cfr. 59-68, 97-107, 135-153 ecc., euno soprattutto, ilcomparativo di 154 ss.:«Quale un fanciullo… Cosìnatura…», che si proiettadecisamente verso i dueultimi Canti, e non per nullala base, anche formale, ne è
un passo recente delloZibaldone,4421:«Lanaturaècome un fanciullo… Cosìnell’uomo». L’ardimentopoeticosinutrediprosa.Èdaosservaresemmaiinaggiuntache nellaPalinodia Leoparditendeapausareesmorzareinmodo speciale il periodareampio, con la consueta
punteggiatura medio-forte,evitando subordinate troppovistose e così via: cfr. nelbrano che prosegue l’appenacitato le due subordinateleggere, la replica dimille a168,l’apposizionea170,itregerundi, gli ultimi due deiqualidispostiancorasecondolo schema dell’Infinito:
«Distruggendo e formando»,che a loro volta riprendonoproprio come in quei vecchisciolti un altro gerundio in -ando, 168; infine la chiusache si placa e distende nelladoppiacongiunzione.
AncheperlaGinestra,cheper comodità di discorsoesaminoprimadelTramonto,
conviene partire dalle rime,che (quasi a rovescio dellaPalinodia) assieme ai lorosostituti sono in misuranettamente minore che inognialtrotestoastrofeliberedi Leopardi, salvenaturalmentelasaldezzadellacombinatio e, quasinaturalmente, la lassa finale;
e si comprende, dato il suocarattere intensamente e peròliberamente meditativo, diunameditazionechesaancheintridersi di tensione lirica.Ciò comporta pure, adesempio, che un periodolungo come quello di 126-135,eciòcheseguesubito,sisvolga come una catena di
coordinate con e. Così nellagrandearcata che si svolge apartiredall’iniziodellaquartalassa,167-185,«Epoichegliocchi a quelle luciappunto…», il susseguirsidelle congiunzioni sembramimare il continuo cresceresu di sé del pensiero poeticocheviaviasiconfrontaconla
crescente grandezza e quindiinfinità del cosmo, secondol’idea geniale, cara alLeopardi ‘pensatore’, per cuil’infinitamente grande oltreche lontano è rappresentatoconciòcheappareall’occhioumano infinitamente piccolo:èquesto«punto»chesitrovaalla fine del solenne,
stordente crescendo. E vedisimilmente il successivoperiodo dei vv. 185-197 e lagrande, tesa comparazione di202-230. Qui compaionoinfatti i più degli almenocinque polisindeti cheadornano il poema (cfr.soprattutto 215: «Di ceneri edi pomici e di sassi», con la
prima congiunzione aggiuntain un secondo tempo, chevaria211:«Schiaccia,disertaecopre»).D’altrondevediperesempio «Dove… e dove…»21-22,«Fur…Fur…efur…»24 ss., «Qui mira e qui tispecchia» 52, «qual merto…o qual pensiero…» 198-199ecc., di fronte a cui contano
meno del solito gli stacchiasindetici, comunquemoderati per lo piùdall’anafora, 106 ss., 170,246ecc.Purnellagigantescamole, c’èqualcosanello stiledella Ginestra che guardaindietro, o meglio recuperatestamentariamente il giàdetto: ne è spia soprattutto
l’indimenticabileattaccodellalassa conclusiva: «Etu, lentaginestra…».
Forse per la Ginestra ètroppo (o troppo poco) direche l’eredità, come portataalla potenza, delle Canzonipiùmaturesicomponeconlafreschezza sentimentale – esintattica–degliIdilliedegli
stessiCantipisano-recanatesi.Ma per il Tramonto dellaluna mi pare cheun’approssimazione similesia proponibile. Convieneancheinquestocasomuoveredal sistema delle rime, che,dopo un breve avvio ancorauna volta nudo, è fitto comenei Canti pisano-recanatesi,
coninsistentirimebaciatefraendecasillabi e settenari eanchefrasettenari,e talechetendeacostituirsi instrutturepiù ricche e chiuse alla finedelle lasse: I, 15 ss.:aAb(b)CDdC; II, 29 ss.:Abc(a: quasi-rima)c(b)A; IV,64 ss.: AAXbB, piùassonanze e consonanze e la
quasi-rima interna insino-fineal v. 66. Il vasto periodoiniziale interstrofico di 28versi, «Quale in nottesolinga… / … / Tal sidilegua…», è tuttaviafondamentalmentecoordinativo («E mille vaghiaspetti, / E ingannevoliobbietti…») e reca in sé lo
splendido polisindeto aquattro membri «E rami esiepi e collinette e ville» 8,conuncrescendocheprimaèdi estasi contemplativa poi,ma con gli stessi mezzi, dicompianto sulla giovinezza,le speranze e i «dilettosiinganni» che si dileguano. Èallora istruttivo notare che la
terzalassa,lapiùragionativa,è governata da altra sintassi:anafora lontana sulsignificativo Troppo 34-39;subordinate anche insolite(«se il giovanile stato…Durasse…»36-38);l’iperbatodi 38: «tutto della vita ilcorso» ecc.: e dunqueaddensamenti asindetici in
serie, «Incolume il desio, laspeme estinta, / Secche lefonti del piacer, le pene /Maggiori sempre…», conchiasmi e ripetizioni chescolpiscono meglio lesentenze inceppando nellostessotempoilritmo,piùchemai qui da ‘staccato’. Laquarta e ultima lassa torna
comprensibilmente, in formaappena più contenuta dato ilsuodupliceeoppostotono,alregime delle prime due: «esorger l’alba» 57, «Efolgorando intorno» 59,«non…nè…»64-65,«edallanotte…» 66, con subordinateminime e implicite, 52, 58,59. Perciò due soli asindeti
nellazonadellameditazioneeaccusa più intensa, 45:«Degno trovato,estremo/Ditutti i mali», incorniciatodalla rima in -ali e dalladerivatio trovato-ritrovàr, e48: «Incolume il desio, laspeme estinta», ancora inchiasmo; e il tratto finale,concluso dalla voce-simbolo
sepoltura,non iniziaconunacoordinativa, ma conl’avversativa agonistica Ma.In totale comunque la copiadi coordinazioni ci diceanch’essaquellocheèquestocapolavoro, un ritorno dellasensibilità ‘idillica’ maconfrontataallaseveritàdellameditazioneeproiettatanello
spazio cosmico che è anchedella Ginestra (decisival’inusuale, potentedescrizione ‘espressionistica’della luce solare, 59 ss.).Allontanandocidaidueultimicarmi di Leopardi, unulteriore dettaglio d’altrotipo. Sia la Ginestra (duevoltepiùunaalplurale)cheil
Tramonto (una al singolare euna al plurale) riprendono inevidenzaeconvaririmantiincomune le rime-refrain in -ale del Canto notturno.Ginestra: 97-98 (settenaribaciati): uguale : animale (ilsecondo termine è anche,fuori rima, nella vicinaPalinodia); 200-201:
endecasillabi baciati a finelassa, assale : prevale; 315-317, chiusa assoluta, frali :immortali (entrambe le vocianche nel Canto notturno,mentre un frale fuori rima èancoraquia117,edentrambihanno anche riscontro inquello, segnato da forteallitterazione, di Imitazione
2). E il Tramonto: 20-21:«Tal si dilegua, e tale» :mortale; 44-46: immortaliagg. :mali alm. (il primo inderivatio con morto 43); daaggiungere che immortaleaggettivo per il resto è solonelCantonotturno.
Ora conviene incrociarepiù corsivamente le
osservazioni fin qui condottecon un altro paradigmasintattico, quello dell’ordinedelle parole. Ci si puòattendere che quest’ultimosarà tanto più soggetto aperversiones, distrazioni,iperbati quanto più i periodisiano ampi e protratti. Per leCanzoni, concentriamoci
ancora sul Bruto minore. Equisubitoidueprimitratti,1-3, 3 ss., sono dispostinell’ordine inverso(semplifico l’indicazione)CBA, e il soggetto, Bruto, èallontanato al v. 11anticipandogli anchel’apposizione «Sudato emolle…». Qualche altro
sondaggio: ai vv. 40 ss., conl’accompagnamento diinversioni più locali, l’ordineè BCAD, a 62 ss. quello acinque membricompletamente rovesciatiEDCBA; a 106 ss. ladistrazione fra «Non io» e ilverbo relativo appello lisepara a inizio e fine della
terzina. In due canzonisuccessive sia mature che disintassilarga,AllaPrimaveraeAllasuaDonna,accadeperesempio: nella prima, 28 ss.,data una disposizione nonrettilineadeimembricadeundoppio iperbato quale «alfiorito / Margo adducea de’fiumi/Lesitibondeagnelle»,
a 40 ss. si ha sia inversioneche distrazione: «Conscie…Fur…», a 69-70 la sequenzaglobale BCAD contieneanche un iperbato: «E ted’umani eventi / Disse lafama esperto, /Musico augelche…». InAlla sua Donna ivv.12-13presentanol’ordineDCAB, oppure a 55 la
sequenza invertita del versofinale, chechiudeunperiododi 11 vv., dà luogonuovamente a un iperbatoforte: «Questo d’ignotoamante inno ricevi», envoiben lavorato. CertamenterisultatianaloghidarebberolealtreCanzoni,eperampiezzadiperiodieper l’influssodel
regime sintattico della poesiaitaliana tradizionale: maquesti risultati diventanomolto significativi seconfrontati con quelli degliIdilli(omeglioviceversa).LaSeradeldìdi festa, complicil’andamento coordinativo e iperiodi brevi, conosce quasisolo le limitate inversionidel
tipo di «di lontan rivela»,«da’trastulli/Prendiriposo»,e invece ecco ad esempio 24ss.:«Ahi,perlavia/Odononlunge il solitario canto /Dell’artigian, che riede atardanotte, /Dopo isollazzi,alsuopoveroostello,/E…»,con cui soprattutto la chiusa:«Nellamiaprimaetà,quando
s’aspetta / Bramosamente ildìfestivo,orposcia/Ch’egliera spento, io doloroso, inveglia,/Premealepiume;edallatardanotte/Uncantoches’udia per li sentieri /Lontanando morire a poco apoco. / Già similmente mistringeva il core» (notare inentrambi i casi la posizione
‘naturale’ di subordinate ecomplementi). Così insostanza nell’inizio e nelfinale di Alla luna – piùintorta la zona centrale,dedicata al «travaglio».Fanno parziale eccezionel’Infinito, per la sua potentecurvatura contemplativa (cfr.soprattutto «interminati
spazi… Io nel pensier mifingo», assorbimento deipredicati dell’infinità nell’iopensante), e per altre ragioni–narratività,politonalità– laVita solitaria: cfr. subito laprima lassa, idillica per iltema ma non per l’armaturasintattica, 8 ss.: «E sorgo e ilievi nugoletti e il primo…
benedico»; così la grandedescrizione della secondalassacominciaconunterzettoquasi perfettamente normale(«Talor m’assido…») maprosegue con una marcataposticipazione dei sintagmiverbali: «E non ondaincresparsi ecc.odinèvedi»,e però è in ordine naturale,
accanto ad altri luoghi (peresempio44-48),ilfinale,consolo un’inversione in chiusa.Non mi soffermo sul pocoomologo Sogno, se non persegnalare la tranquillitàdell’inizio, e poi ad esempio24ss.,74ss.
Tralasciando i testiintermedi, ripartiamo per i
Pisano-recanatesi dalla nitidaescorrevoleASilvia,dove leinversioni non impegnanoquasi mai più di due singolicostituenti, secondo l’ususpoetico («il limitare / Digioventù salivi», cheevidenzia l’anagramma con«Silvia»)[11], «all’oprefemminiliintenta»,«inmente
avevi»: entrambi complice larima.Eccezioni solo il tratto,peraltro con zeugma, di 22-23, l’iperbatodi33-34,e47-48,masono invece sequenzenormalissime 1 ss.(posposizione solo del«salivi» finale),19-22:«D’insuiveroni…»,23ss.,42ss.,eordinenaturaleeartificialesi
susseguononelgrandefinale,solo con la variante di unchiasmocheperòriproducelecollocazioni naturali (inquesti casi) agg.-sost. / sost.-agg.: «All’apparir del vero /Tu, misera, cadesti; e con lamano / La fredda morte eduna tomba ignuda /Mostravidi lontano».Quasi ovvio che
siadiversaancheinquestolasituazionedelleRicordanze–altro metro, altra ampiezzanarrativa, altra strutturamentale – per cui cfr. adesempio 28 ss.: «Nè midiceva il cor che l’etàverde…»o146ss.(masubitodopo «. Altro tempo.»); eviceversa, tra l’altro, 43 ss.:
«eintantovola/Ilcarotempogiovanil, più caro / Che lafama e l’allor…», per nondire di tocchi semplicissimicome 50-51: «Viene ilvento…», oppure 81 ss., 113ss. Ma ravvolto è il finale,170 ss., e in totalepossiamo,quanto al fenomeno inquestione, parlare di una
sintassi‘mista’.
Ora la prima lassa dellaQuiete. Dopo la circoscrittainversione del primo verso-sottotitolo, tutto si svolgenella descrizione linearmentefino a 20, e solo da qui (inrelazionealcambiodi tonoeforse al carattere figurale del«passegger») cominciano le
inversioni, fino alle ultime:«il carro stride / Delpassegger che il suo camminripiglia», con verbo achiudere letterariamente lastrofa.Nel v. 25, che apre ledue lasse ‘nichilistiche’, «Sirallegra ogni core»,l’inversione dell’ordinenaturale di «Ogni cor si
rallegra…» 8, ci dice subitocheladialetticanegativadilìin poi rovescerà la vitalitàdella prima lassa. E dunquenon ci sorprende che in unregime ora aspramenteragionativo, già in 26-28 epoi nell’accanimento dellanegazione 48-50, accentuatadallepause,siabbianoordini
invertiti. Eppure occorrenotare, questa volta nelcontesto di un crescendodrammatico, l’ordo naturalisdi 37 ss.: «Onde in lungotormento…» (tormento«lungo» scanditoretoricamente dalle terne di38e41).L’iniziodelSabato,con lievi collocazioni
poetiche come «Ornare ellas’appresta» e qualcos’altro,scorre tutta con ordinesintattico normale per bentrenta versi, di cui i primiquindicidivisiindueperiodi,del resto composti di unlessico estremamentefamiliare.Èuncasopiùunicocherarodiordinenormalein
periodi ‘lunghi’, il che infondo non sorprende nelluogo dove la vita del«borgo» ancor più chedescritta è narrata,affettuosamente. E anche laseconda lassa è dello stessotipo.Che la situazionecambiun po’ nella terza e quartalassa,ènell’ordinedellecose
(ed è annunciato giàesplicitamente dallacontrapposizione di 38-39:«tristezza e noia» vs «spemee…gioia»,conrimapuressaantitetica). Ma dove, semprenellaquartalassa,siriaffacciala dolcezza della vitagiovanile, sia pur destinataalla fine, s’impone di nuovo
l’ordinelineare,46-49(segueperò una inversione seppurelieve:«Altrodirtinonvo’»).
Quanto al Passerosolitario, laprima lassa, toltaqualche veniale anastrofe(come«Per lo libero ciel fanmille giri» 9), anch’essaprocede al naturale, il che èsottolineato anche dalla
punteggiatura forte o media(cfr.inparticolare3-4).Altroaspettomostranoleduestrofeseguenti, più dedicate allameditazione: cfr.specialmente lasostenutissima inversione di18 ss.: «Sollazzo e riso…»,con un brevissimo sintagmaverbale posposto che regge
oggettisgranatipertreversiemezzo; e tuttavia anche qui,al ritorno delle immagini esensazionivitali,idueperiodidi 29 ss. scorrono naturali,con l’unica e non marcataanastrofe finale «e in cors’allegra». Ancor piùconvoluti sono però i vv. 36ss., inquadratura delle
sofferenze dell’io poetante,manonloèaffattolaclausolaocadenzafinale:«…Mifereil sol che tra lontanimonti, /Dopo il giorno sereno, /Cadendosidilegua,eparchedica / Che la beata gioventùvien meno». Qualcosa disimile si dirà della terzastrofa, e perciò non sto a
dettagliare (cfr. solo 50 ss.,conordinecomplesso,percuila forte antitesi «A me»ritrova «Che parrà» dopo 6versi). Infine il Cantonotturno, la cui strutturasintattica eccezionalmentelineare (oltrechesobria)saràfors’anche una mimesitrascendentale della voce del
«semplice pastore»: vedidunque 3-4, 11-15 (solo conun’inversioneachiudere),42-44, 69 ss., in particolare 80ss. ecc. Naturalmente altrodiscorso va tenuto per lasecondalassa,perònontanto,perché il lungo periodo èmolto più accumulativo chegerarchizzato,edèchiusodal
breve e contenuto, solenne edolceinsieme,«Vergineluna,tale/Èlavitamortale».Nonc’èdubbiodunquecheanchedal lato dell’ordo verborumquelli che si usano purechiamare «Grandi idilli»continuano la linearità epurezza sintattica, e cioèanche l’‘oralità’ da
monologo, dei «Piccoli», maintrecciandovi in modo piùcospicuo arditezze,complicazioni e costruzioniletterarie. Il perché andràvisto soprattutto nellatransizione fra descrizionifiltrate nell’eco sentimentaledel soggetto, e descrizioni,ora tanto più oggettive e
ricche, sottoposte al vaglio ealla contraddizione dellaragione filosofica. Operettemorali e Zibaldone sonoormai quasi interamentecompiute, e forniscono allapoesia spunti di riflessione emateriali.Daquestopuntodivista, come da altri, i Cantipisano-recanatesi segnano
una svolta decisiva dellaliricaleopardiana.
Il primo testo del Ciclo diAspasia, il Pensierodominante, s’aprecomevistoconunperiodosospeso;enelcomplesso ilCanto, saturodiesclamative come di aggancilessicali (cfr. solo 26 ss.: «Edivanopiacerlavanaspeme,
/Allatoaquellagioia,/Gioiaceleste che da te mi viene»,reduplicatioinanadiplosichesmorza la subordinazione),corre spesso con unandamento fra ‘parlato’ eincisodallostilespezzato;maqualcosa di diverso accadecome non sorprende nellacomparativa di 29 ss., ed
anchealtrove(adesempio53ss.:«Sempreicodardi…»).Èquesta anzi la cifra sintatticache domina la canzone, finoallatrattafinale,cheinmododiversodallaprimarestaperòanch’essa come sospesa, ciòche del resto Leopardi amaspesso fare, in deroga allaperentorietà affermativa: 141
ss.: «Bella qual sogno… chespero / Altro che gli occhituoi veder più vago? / Altropiù dolce aver che il tuopensiero?».Nonpernientelaparolainiziale(neltitolo)elafinaleèpensiero.CosìAmoreeMorte inizia con una seriedi periodi brevi, ma tutti ainversioni,comeilsuccessivo
e più ampio 10-14, per nondiredelpiùampioancora17-26 («Nè cor fu… Come perquestoperigliaraperigliar fupronto» e «Ch’ove tu porgiaita… e sapiente in opre, /Non in pensier invan,siccome suole, / Divienl’umana prole»). Un po’comenellaliricaprecedenteè
unasintassicheprendeformadalla volontà di ragionaresenza semplificarne il sensosu dati sentimentali per parteloro complessi e sfuggenti.Ma ecco per esempio cheall’interno di un periodoletterariamente architettato siinserisce uno dei più begliasindeti leopardiani, a tre
membri e staccato per di piùentro un settenario, «quella /Nova, sola, infinita /Felicità…» 37-38. Altrovel’ampiezza e torsioneperiodica è contenutadall’anafora (Osa… Osa 68-70), altrove ancora unsuccessivo periodo largoinizia con la doppia anafora
in asindeto che già abbiamonotato,88-89ecc.,eunapuredoppia ripetizione frenaanchelastrofafinale(Ogni…Ogni,sola;/Solo),dondepoiladolcissimachiusa,naturalee quasi mormorata: «Soloaspettarsereno/Queldìch’iopieghiaddormentatoilvolto/nel tuo virgineo seno»
(settenario finale di testocomesoloinASilvia).
Esempio eccezionale inLeopardi di allocuzione a sestesso e di sintassi a scattibrevi, a singhiozzo, cui dàmano l’estremaconcentrazione lessicale(anche nelle forme dellequasi-rime:estremo–eterno,
fango – fato, Dispera –disprezza),Asestesso,questoanti-Infinito, alternaanch’esso nel breve ebrevissimo sintassemicostruiti letterariamente,anche a scopo di messa inrilievo («Assai / Palpitasti»,in inarcatura ecc.), ecomunque per conferire
qualche movimento asegmenti lessicalmente esintatticamentecosìsaturi,adenunciati semplicissimi, damonologo, questi demandatispecialmente ad apertura echiusa e destinati ancor piùdegli altri a scandirel’ineluttabile. NeppureAspasia predilige l’ordine
retto, e neppure nei breviperiodi iniziali delle lasse, dicui i secondi versi sirispondonoperfettamente(«Iltuo sembiante, Aspasia» 2 e«Donna, la tua beltà» 34,entrambi settenari interni inpausa; evedipure1: «Tornadinanzialmiopensier…»1e«Raggio divino al mio
pensiero apparve» 33, coirispettivi secondo e terzoverso che ripetono il nomedella donna); fa eccezionel’attacco dell’ultima lassa,concisissimo e in sequenzanormale: «Or ti vanta, che ilpuoi»[12]. Ma a differenza dialtri testi leopardiani il finalenonsoloèdisteso (106-112),
ma è ricco di inversioni finoalla cascata conclusiva e allasardonica chiusa; e cosìavviene anche entro ilperiodopiùlungo–ederotico–delcanto,10-26(«delcolorvestita / Della brunaviola…»). Semmai latensione è frenata daespansioni brevi, dalla serie
di subordinate implicitesintetiche, 14, 16, 19, 24, edall’apposizione, 18-19, evedi anche 37-39 ecc.(interessante la somiglianzadi«Purquell’ardorcheda tenacqueèspento»77conAsestesso5:«Nonche la speme,ildesiderio è spento»).Mi siconsentirà di tralasciare per
brevitàilConsalvo.
Canti napoletani. Nellalassa iniziale della primaSepolcrale, tutta a rapideinterrogative a catena, aiprimi tre versi perfettamente‘prosastici’ ne seguonoquattro più lavorati, semmaialleggeriti dalla combinatioche è di tutte le lasse – qui,
nellasecondaterzaequintaarima baciata, nella quartasecondo a7b7(b5)A, nellasesta secondo a7b7a7c7c7B,nell’ultima,conprevalenzadiendecasillabi, a7Xba7B, enon c’è dubbio che laserratezza metrica ‘contiene’e armonizza la letterarietàsintattica.Un’occhiatasoloal
periodo maggiore che, apartire dall’attaccoavversativo Ma cosìleopardiano di 28, indicecome sempre di scattomentale,terminaalv.44,finedella lassa, dopo averabbracciatoancheunavelocecomparativa, 36-37: si vedaad esempio 34-35: «Prima
che incontro alla festosafronte/ilúgubrisuoilampiilver baleni», con serie diallitterazioni,o81-94,doveatre versi in ordine normalesegue inversione in chiasmo,oancora100ss.ecc.InSoprailritratto laprima inversionenegli scheletrici periodiiniziali è fatta apposta per
rilevare il contrasto frabellezzapassata«Tufosti:»epresentemiseriadelcadavere:«Polve e scheletro sei», concadutaintonativasulpresentedel verbo; ma subito dopoviene un periodo ad altogradodiartificialità,2-7:«Sul’ossa e il fango /Immobilmente collocato
invano, / Muto, mirandodell’etadi il volo, / Sta, dimemoria solo / E di dolorcustode, il simulacro / Dellascorsabeltà».L’esempiopuòrappresentare press’a pocol’intero testo;magari facendomentelocaleallachiusa,dovel’interrogazione protratta cheoccupa l’intera strofa è
frenata spezzandola inmembri diversi, legatidall’anafora dellacongiunzioneSe(eaccentodiseconda in tutti e tre i casi).SaltoperbrevitàlaPalinodia,in tutto e per tuttoidiosincraticaentroiCanti.
Che nella Ginestra ladimensione quasi sempre
amplissimadeiperiodi–unodei quali di ben 35 versioccupa un’intera lassa, incoincidenza con unacomparativa – implichialtrettanto spesso unacollocazione molto costruitadelleparole,ècosaovvia:cfr.le inversioni e gli iperbati di117:«Eilbassostatoefrale»,
136-137:«e laccioporre /Alvicino ed inciampo», 175-176: l’iconico «Quegli ancorpiù senza alcun fin remoti /Nodi quasi di stelle», 228-229: «a cui sgabello /Son lesepolte, e le prostrate mura»ecc. Si dovrà semmai notare,dal lato opposto, che lafrequentissima inserzione di
settenari infunzionedipausaerilanciocomportavolentierisequenze in ordine retto (findasubito,1-3:«Quisull’aridaschiena…», e poi 9, 40, 52,77, 78, 145 ecc.), e che iperiodi tendono a ridursiquando è di scena l’odorataginestra, 1-7, 297-304, inentrambiicasiadaperturadi
lassa, prima e ultima; oppurenell’idillismocosmicodi158-166(quitreediseguito);maè maestoso il periodosuccessivo che trasferisce losguardo dall’esperienzavisiva usuale, quasi persuccessiveagnizioni,aquelladel cosmo.Ancora una voltala testura delTramonto della
lunaèdiversa,purconampiezone di parentela con laGinestra: contemplazionipaesistiche protratte,vastissima comparativa quiaddirittura interstrofica(«Quale…» 1, distanziatoanche da «Scende la luna» –«Tal…» 20 (e cfr. pure laPalinodia 154-172) – si noti
però la ripresa idillica: «/Scende la luna; e…» 12,come «/ Posa la luna, e…»,Sera del dì di festa 3).Dunque: stando sulla primalassa iperbato o epifrasi a 2:«Sovra campagne inargentateed acque», completainversione ai vv. 4-8, maancheunasequenzadicinque
settenari,quasiannunciatadaquello che inizia la lassacome tutte le altre, elegamenti scorrevolimediantecongiunzionesiatrasintagmi che tra frasi, 4-5(anafora), 8 (come si èvisto,polisindeto),10(o…o…),12,13, 16, cosicché lesubordinate sono brevi o
minime o implicite: in totalecinquesubordinatedicuiduecoordinate fra loro, controsetteprincipali,da12inpoiacatena. Più avvolta su di sénellasuapiegaragionativa laseconda lassa, ma ecco laquarta: innestatadall’allocuzione, stigmadell’affettuositàleopardianae
della prossimità che è solosua di soggetto e oggetto(«Voi, collinette epiagge…»),lalassaparteconuna sintassiperiodicamapoilascioglie(ea57,59,76,nèa 65); e qui pure prevalgonole subordinate implicite, 52,58,59,oquellepiùsemplici,indice di castità espressiva
(«poi che la bella /Giovinezzasparì»).Ealrestopensaillessico,cheancheneisuoi elementi unici o quasinei Canti (collinette,folgorare, «fuggente luce»,inargentato due volte,imbiancare,inondare, lucido,occidente,oscurità),unificailtutto con effetti di acuità
visiva e luminismo mai cosìpregnantiecompatti.
Ora qualche spuntoconclusivo, o incremento,senza sistematicità ma nonsenza ripetizioni. In linea dimassima anche i fenomenisintatticischedaticonfermanociò che già ci dice il lessico,cioè il rifluiredell’esperienza
delle Canzoni entro quelladegli ultimiCanti, specie deinapoletani. Tuttavia anche inquesto caso conviene sostaresulle differenze piuttosto chesulle affinità. Perché nelleCanzoni l’ardimento – inomaggio ai temi grandiosi eremoti – era coassialmentesintattico e lessicale, mentre
per gli ultimi Canti si deveanche parlare di unariduzione di quella distanzafra lingua della poesia elinguadellaprosachecomesisa Leopardi accusava comegrave difetto dell’italiano,giudicandolequasiduelinguediverse. E certo alla base diquesta fusione sta anche il
cospicuo defluire in essi dipassi e idee delleOperette edello Zibaldone, mentre inprecedenzapotevaavvenireilcontrario (precedenzadell’Infinito rispettoai luoghidel Diario sulla «vedutaristretta», di A Silvia sullabellissima pagina di Zib.4310-4311). E forse si può
dire che, quasi diconseguenza, i Cantinapoletani riprendonol’ampiezza della sintassi cheera già delle Canzoni, ma ameno di quella intricatezza,quasi di quella prevalenzadell’elocuzione sul motivo.Parla chiaro la quarta estraordinaria lassa della
Ginestra,ilperiodopiùestesoche Leopardi abbia dettato(vv.158-201,coincidenteconla lassa stessa) e che non ècome un tempo centripeto,ma centrifugo, per successivirilanci e ampliamenti checomegiàaccennatosembranomimare in crescendo lesuccessive e sempre più
decisive scoperte dell’occhioe della coscienza (un po’come,seèlecitocomparareilgrande col piccolo, negliIdilli: vedi infatti il ricorreredellecongiunzionieedancheo).
Mentre insommal’ardimento delle Canzoni,che come nel Bruto minore
poteva arrivare a esperimentieccezionali di style coupé, simuoveva pur sempre entrostrutture date, e sia purefortemente intaccate, neiCanti ultimi è un ardimentoillimitato che travolge ognistruttura, sia questa la stanzadi canzone isolata di A sestesso, come dilatata e fatta
esploderedall’urtodelletantefrasi brevi e dalle pause deitanti silenzi, sia il profilodell’immensaGinestra,chesifa faticaacrederequellocheè, una canzone libera. Quicome altrove nel Leoparditardo la sintassi non simodellainformaconsecutivasugli enunciati come, e
perfettamente,negliIdilli,masembra quasi estendersiaudacemente sopra di essi,con quello che mi è giàaccaduto di chiamare unductus che spazializza illinguaggio. E tuttavia è giànelle maggiori Canzoni cheLeopardi inventa e mette apunto quella sintassi che –
eccezion fatta, e non è dapoco,perilcastoefluidostileidillico–glisaràpoipropria:una sintassi a larghe diastoliche però si contraggonocontinuamente in sistoli, adampieemaestosecostruzionirazionali pronte però ainvertirsi continuamente inrapidi improvvisi che dicono
più intensamente i moti delcuoreeinfattiospitano,anchea cascata, i movimentiespressivi più caratteristicidel poeta: le allocuzioniinattese(«Tusìplacidasei?»)eidialoghi,leinterrogazioni,leesclamazioni,icrescendi,irientri subitanei nell’io, ledisarmate constatazioni («.
Altrotempo.»),leformedellagnome. Il che vuol dire,ancora una volta: strappi dioralitàentrolasapienzadellascrittura.
Ma non è il caso diprendere le quattro o megliocinque ‘fasi’ dei Canti comecosasalda.StandoancorasuiCanti napoletani, è evidente
la complementarità, da ognipunto di vista, delle dueSepolcrali, che d’altra partenell’asindetismoanchespintomisto allo stile periodicosembrano risentire disoluzioni esperite nei Cantifiorentini. Però non solo laPalinodia sta a séincrociandosialmassimocon
qualchepassodellaGinestra,ma il Tramonto della luna,mentrenelledueprimestrofecondivide – sia purdiversamente declinato – ilgigantismodellaGinestra, locontraddicepoiconfenomenidi metrica e di microsintassiche riprendono e potenzianole esperienze decisive della
tratta Idilli-Canti pisano-recanatesi.Dipiù:dall’analisisintattica sopra abbozzatariesce quasi totalmentedissolta l’unità del Ciclo diAspasia: già è relativa laparentela fra i primi dueindividui, ma gli altri sidifferenziano profondamentel’unodall’altro;aessercauti,
si deve parlare, per cinquecomponimenti, Consalvocompreso, di quattro ‘tipi’differenti. Massimo disingolarità è naturalmente inAsestesso,colsuostilerottoportato all’estremo e la sua‘prosa’ (fra molte virgolette)dimonologo; ed è da vederese le due caratteristiche
sintattiche più marcate diquella strofa isolata,epigrafismo eframmentazione da un lato,inversioni magari in vista dimise en relief dall’altro, sicomponganoveramenteinuntutto unitario o stiano in unaalmeno latentecontraddizione. In ogni caso
Asestessoèl’eccezionedelleeccezionineiCanti.
Ma anche all’interno di‘sezioni’ più compatte comegli Idilli sono emerseulteriormente le singolarità.Confermata è anzitutto laposizione particolare dellaVita solitaria, epitome deglialtri Idilli però anche snodo
fra questi e il futuro,compreso quello nonimmediato: ma la suasingolarità è soprattuttotematica e lessicale. E ancheAlla luna, questo idillio algradozeroconlasuaassolutacastità verbale e naturalezzadell’enunciazione, tale che èdeltuttoesentedametaforee
altre figure di somiglianza, ètuttavia priva di polisindeti,sfraghìs degli altri Idilli: ineffetti il delizioso carmepiuttosto che scorrere peronde successive si presentacome accennato nella formadi piccolo congegnodialettico: vv. 1-5 = tesi; vv.6-10 (introdotti dal deciso
Ma) = antitesi; vv. 10-14, o16 nella redazione definitiva,= sintesi, che contieneappunto sia tesi che antitesianche se, s’intende, non sitrattadiunaAufhebungenonsi profila una vera‘soluzione’.
Non mi soffermo sullemolte ragioni che entro i
Canti pisano-recanatesiconferiscono anche al Cantonotturno una funzione diponte, e anticipo di modidell’ultimo Leopardi.Viceversa:quasiestravaganteè nella sezione, e in tutta laraccolta, ilRisorgimento,maè molto probabile che aquesto esercizio si deva
l’esplosionedisettenarichesiha a partire dallacontemporaneaASilviaepoiin tutte le canzoni liberesuccessive: già in A Silviainiziano con settenario laprima strofa e con lei tuttefuorché una, con settenariotuttesispengonoequasituttehanno eptasillabi in
prevalenza;guardandolecoseda altra angolatura, s’arrivaniente meno che ai seisettenari di seguito inAmoreeMorteoai cinque inSoprail ritratto, Tramonto dellaluna, Ginestra. Colpisce ladifferenza con le Canzonivere e proprie: in cui isettenari sono per lo più in
minoranza, in numero pariagli endecasillabi solo nellaSorella Paolina e nel Brutominore,innumerosuperioreein attacco solo nella primastrofa della Canzone piùliberata,AllasuaDonna.Esiscorra invece l’Ultimo canto,a strofe di 18 versi: 16endecasillabi di seguito, poi
unsolosettenariochevarialarima baciata finale, conendecasillabo. Conviene peròspostarsi dalla spiegazionegenetica a una immanente: èmolto probabile chel’aumento dei settenari dal’28 in poi ci porti a uno deicentridelpoetarediLeopardi,vale a dire la sua volontà di
risolverlo,ancheattraversolacopia e le colate di settenari,tantopiùincantoquantopiùisuoi contenuti sono diventatiirrimediabilmentenichilistici.
Ma torniamoagli Idilli e aquanto li prosegue fino allariemersione carsica nelTramonto della luna.Contemporanei alle Canzoni,
gli Idilli oppongono a quellostile teso ed ardito, in modostupefacente non meno checoerente, uno stile che comenel lessicononèpiùsublimenell’eroico e nel mitico, masublime nella quotidianità,cosìsiesprimeinunasintassidella continuità e dellascorrevolezza, una sintassi
comedettodell’e:nellaqualeciòchecontaècertamente lafusione musicale, ma piùancoralasuaappropriatezzaaun’attività dei sentimenti edella coscienza che senzadubbio appare nel qui-e-ora(questo, ecco)ma soprattuttosi svolge e si racconta,contempla se stessa nel
momento medesimo checontempla l’esterno a sé.Poeta sempre del tempo – enel Canto notturno, nelTramonto e nella Ginestradello spaziotempo del cosmo– Leopardi scopre con gliIdilli e poi coi Canti pisano-recanatesi una dimensionetemporale altra da quella a
ritrosodellastoriaedelmito,il tempo dell’interiorità cheascolta e quasi misura ilproprio sviluppo, e diconseguenza temporalizzaancheglioggetti edeventi,oepifanie, della propriacontemplazione.
E forse si può aggiungerealtro. Se è vero come è vero
quanto ha dettomemorabilmente il grandeWilamowitz del greco, che è«la lingua del mén e deldé»[13], questa sintassileopardiana dell’e non è cheun altro aspetto della sua‘grecità’: garante dell’unicacondizione alla quale perLeopardi, saltando sopra la
decadenza e la prigionia delmoderno, si può e si deveveramente poetare, specienell’unica autentica, per lui,dimensione poetica, quellalirica. Sarebbe un elementodaaggiungereaquelguardareai Greci per cui Leopardiprosegue Foscolo – ma contanta più filologia –
opponendosiperòaisuoiduemaggiori contemporanei inpoesia,Monti, tutto latino[14],elostessoManzoniancheluilatino sebbenediunadiversalatinità (accanto ai classici leScritture, la letteraturacristianaanticaemoderna…).Ilchecertolocollega–maèunadellerarefratellanzevere
– ai grandi romanticitedeschi.
[1]Maèindispensabilevedereorasuquesta lirica L. Blasucci, Saggio dicommento a un canto leopardiano:«Bruto minore», in Studi in onore diPier Vincenzo Mengaldo, Firenze,Sismel-EdizionidelGalluzzo,1987,pp.841-878.[2] Cfr. L. Lugnani, Il tramonto di
«Allaluna»,Padova,Liviana,1976.
[3] M. Brose, Moontime andMemory: Leopardi’s «Alla luna», in«StanfordItalianReview»,9,1989,pp.155-179.[4] Cfr. P.V.Mengaldo, Sonavan le
quietestanze.Sullostiledei«Canti»diLeopardi,Bologna,IlMulino,2006,pp.147-167.[5] Ma mi sembra ricca di indizi
decisivi l’analisi di F. De Rosa,Dallacanzonealcanto.Studisullametricaelostiledei«Canti»leopardiani,Lucca,PaciniFazzi,2001,pp.139-172.
[6] Cfr. E. Pasquini, in «Studi eproblemi di critica testuale», 1, 1970,pp.195-217e6,1973,pp.198-199.[7]A.Monteverdi,Frammenticritici
leopardiani, Napoli, EdizioniScientificheItaliane,1967,pp.125-136.[8] L. Spitzer, Saggi italiani, a cura
diC.Scarpati,Milano,VitaePensiero,1976,pp.251-291.[9] Cfr. abbandonato : stato 7-11,
stringendo:rendo28-31(conSentendoalm. 26), rende :discende che fa ecoallaprecedente34-43,laseriein-atodi
108 ss. e la quasi-rima appariro –Elvira75-78.[10] Come mi suggerisce l’amico
Alfredo Stussi, può ben darsi che lascelta per l’asindeto non sia solostilistica ma semantica, marcando unaprogressione; e ad es. cfr. ancoraAllasuadonna21:«es’ancoparialcuna/Tifosse al volto, agli atti, alla favella».Verissimo, e tuttavia altrove effettoanalogoèottenuto colpolisindeto (cfr.ades.Infinito4-6).[11] Vedi per questo S. Agosti, Il
testo poetico. Teorie e pratiche
d’analisi, Milano, Rizzoli, 1972, pp.39-41.[12] Considero l’ordine possessivo-
verbo del cosiddetto ‘imperativotragico’ normale nella lingua poeticadell’epoca.[13]Permaggiorchiarezzamilimito
a citare due testi ben noti a Leopardi,«Coluimisembrapariaglidei»diSaffoe i versi di Simonide sui morti alleTermopili (vedi Lirici greci, testo afronte, a cura di S.Beta, trad. di F.M.Pontani,Torino,Einaudi,2008,pp.88e170).
[14] Cfr. F. Gavazzeni, Studi dicritica e filologia italiana tra Otto eNovecento, Verona, Valdonega, 2006,pp.3-14epassim.
V
TrastrofeestrofedeiCanti
NeiCantisonoriscontrabilipiùche altrove fenomeni dicontinuità sintattica e testualefra strofe successive: questinon sono semplicemente
l’eredità della canzone‘antica’,mamettono in luce ilpindarismodiLeopardieilsuogusto per l’immediatezza el’oralità. La tecnicacompositiva leopardianarappresenta la vittoria dellalibertàdelsoggettopoetante.
L’ultima e più irregolare(salvo l’Ultimo canto diSaffo) delle Canzoni di
Leopardi, Alla sua donna(1823) conserva ormaisoltanto, della formatradizionale, lacombinatio infine di strofe e soprattutto lostesso numero di versi perstrofa – non la stessastruttura, più o meno saldanelle Canzoni precedenti, echequi invecevariadistrofa
in strofa[1]. C’è tuttaviaqualcosa che sintatticamente,o testualmente, attenua lapartizione fra prima eseconda strofa, ed è lapresenza del pronomepersonale di 2a personaall’attaccodiII:«Vivamirartiomai…» 12 (lezioneprecedente «Te veder viva»)
[2] che riprende i morfemi diI:«Forsetu…»7,«ote…»10(evedipoi18,20,21).
Fenomeni simili o piùmarcati di continuità ecoesione sintattica o testuale(o d’altro tipo) tra strofesuccessive,chequasifannodidue una, sono più frequentineiCanti di quanto forse ci
aspetteremmo, e non senzaragioni. Si documenterà apartire da quelli ‘metrici’, opiù generalmente lessicali eretorici.
All’Italia 17-18: «… epiange. /Piangi, chebenhaidonde, Italia mia…», 21-22:«Sefossergliocchimieiduefontivive,/Mainonpotrebbe
ilpianto…» (dapprima «Nonpotrei pianger tanto»)[3]; 36-44:«…perte?…Nessunde’tuoi?» – «Dove sono i tuoifigli? [inizio di strofe] … ituoi figliuoli», 56-66:Consorte almezzo –morte :forte, 113-125: -anno – -ando.Sopra ilmonumentodiDante 34-36: «Qualunque
petto amor d’Italia accende»– «Amor d’Italia, o cari, /Amor…».AngeloMai20-31:poi :eroi–noi alm.,30-31:«… Anco ti giovi…» – «Dinoi serbaste, o gloriosi,ancora…», 45-46 (lezioneprimitiva senza Anco a 30,con ancor interno a 31)[4]:«Siam fatti esempio alla
futura etade» – «Bennatoingegno [sempre in 4a-5a
posizione], or quando altruinon cale»[5], 104-106: primo(interno)–primo(fineverso),121-136 (versi iniziali distrofa): «O Torquato, oTorquato…» – «Tornatorna…» (altra geminatio ininvocazione, e si tratta
sempredelTasso),136-140:-anda(rimabaciatafinale)–-ando, 159-166: Memorandoint. – Disdegnando id., ainizio strofa e seguito dafremendo. Alla sorellaPaolina 60-61: «core… nondi fanciulle, amore» (rimabaciata finale) – «Madrid’imbelle prole» : cole, 85-
91. Volonterosa int. –generosaid.ainiziostrofa.Aunvincitore 12-13-14:cara :prepara – barbarico (almezzo; dapprima, ancor piùsignificativamente, «Non delbarbaro…»)[6],26-31:Eufrateal m. (ultimo verso) – scote(primo verso) : rote. Brutominore 26-32: pietà –
Necessità entrambi int., 104-110:sciagura : cura (baciatafinale) – futura int. AllaPrimavera 20-21 e 39-40(inizidistrofe):«Vivitu,vivi,o santa /Natura?Vivi…?»–«Vissero i fiori e l’erbe, /Vissero i boschi un dì», 75-77:scellerato:cognatoint.,ilsecondo a inizio strofa.
Ultimo canto di Saffo 35-37:Disdegnando – nefandoentrambi int., il secondo ainizio strofa, 54-55: «Virtùnon luce in disadornoammanto» – «Morremo. Ilvelo indegno a terrasparto…». Pepoli 86-89:indarno – fraterno entrambiin fine v. Ricordanze 49-50:
«O dell’arida vita unicofiore»(lez.precedenteunpo’diversa)[7] – «Viene il ventorecandoilsuondell’ora»(più«borgo» al mezzo e«conforto» al versosuccessivo), 76-78: beltà –età,entrambiinterni,ilprimoinfinestrofa.Laquietedopola tempesta 40-42: offese :
cortese e a 8-25 ilparticolarisssimoOgni cor sirallegra – Si rallegra ognicore (inizio strofa). Il sabatodelvillaggio 31 (almezzo) e38-42: intorno – giorno(inizio lassa) : ritorno (eGiorno alm.46, altra lassa).Canto notturno 34-39:affaticar – fatica (inizio
strofaefineverso),59-62:sei– sei (il primo in fine v.),131-133: animale : assale(rimain-aleinchiusadiognilassa) :ale (rima inclusiva ainizio lassa). Passerosolitario 11-20: migliore :fiore(ultimov.dellastrofa)–core(conlorosempreinfinev.),27-45:sera(:primavera)
: sera (inizio lassa, la prima«sera» ‘propria’, la secondametaforica). Pensierodominante 115-117: «… alver s’adegua» – «E tu percerto, mio pensier, tusolo…», 134-135 e 136-137:leggiadria : sia :pria : seria(alm.).AmoreeMorte24-33:sapiente (al m.) :
novellamente : sente :possente(alm.),44-47:«Chegià, mugghiando, intornointornooscura» :«E fulminanel cor l’invitta cura».Consalvo 118-120:paventato:beato (interna).Aspasia26-33: «Apparve / novo ciel,novaterra,equasiunraggio/divino al pensier mio» –
«Raggio divino al miopensiero apparve…», 59-61:essa al m. : stessa (iniziolassa).Sopraunbassorilievo6-12: tetto : ricetto : aspetto(con atto), 53-59: vita (inrima baciata finale) : vita.Sopra il ritratto 17-20: «orfango /Edossa sei»–«Cosìriduce il fato»[8], 33-42:
abbietto : aspetto : concetto(al m.) : concento, 47-56:accento : momento (finelassa) – senti : spenti (finetesto). Palinodia 36-42:Profondamente –Concordementeentrambiint.,44-58: choléra : Suderà (alm,):danzerà(alm.):seguirà(al m.) : volerà (al m.) –
ciberà,deporrà (entrambe alm.) ecc., 54-56: seme (finelassa) – fame, 205-218:ammira(con«ancora»ecc.)–inspira (con «ancora» e«adora»), 256-260: pegno(con «penso», «crescendo»,«pelo») : segno. Ginestra155-160: fondata – desolate,indurato (tutte al m.). Non
poco mi sarà sfuggito o quinonsiregistra.
Si può pensare, specie perle vere e proprie Canzoni(relativamente) tradizionali(1818-23) che questi aggancicontinuativitrastrofaestrofasiano un’eredità, sia puremaneggiata con grandelibertà,dellacanzone‘antica’
(coblas capfinidas ecc.). Manonèspiegazionesufficiente:questi fenomeni sembranoindicare,dipiù,ilprofilarsidiun’asincronia fra metro ediscorsopoetico,chenelcasodelle Canzoni andrà vistoanche come un anticipo diquellachesaràlanovitàforsemaggiore delle canzoni
libere,daASilviainpoi,cioèla varietà estrema nellemisureestrutturedellestrofeo lasse. Tale asincronismoappare con ogni evidenza intutta un’altra serie difenomeni che creano unacontinuità di genere non‘retorico’ ma sintattico etestuale di una strofa o lassa
con la precedente, per via dicongiunzione, avverbitemporali, aggettivi opronomi personali ‘anaforici’ecc.[9] Isolerò intanto leCanzoni.
All’Italia81:«Edilacrimesparsoambe leguance, /E ilpetto ansante e vacillante ilpiede…», 101: «Ma non
senza de’ Persi orridapena…» (periodo di dueversi, che tien dietro a 100:«Senza baci moriste e senzapianto»; il complemento èsempre retto dunque damoriste, e si noti pure che a102 segue un Comecomparativo che spessogradisce la posizione iniziale
di strofa o lassa). Sopra ilmonumento 52-53: «Voispirerà…E(d)…premeravvialseno»(lez.inizialesenzaavoieintotalediversa)[10],cfr.a voi 49; ibidem 85-87: «…Pianga tua stirpe a tutto ilmondooscura.//Manonperte; per questa ti rallegri /poverapatriatua…»(periodo
di due versi), 120-121:«Perchè venimmo a sìperversi tempi? Perchè… operchè…?», a seguire lacascata di interrogative chechiudelastrofaprecedente(evedi anche similmente 180ss.), 154: «Di lor querela ilboreal deserto», conl’aggettivo personale riferito
a sostantivo della strofa cheprecede (periodo di dueversi),171:«Divoigiànonsilagna» (cfr. vostro più voltenella strofa antecedente).Angelo Mai 76: «Ma tuavita…», contrapposto questavolta alle prime plurali checostellano la chiusa dellastrofa che precede; 151: «Di
tefinoaquest’ora…»,cfr.Ti(prima T’)[11] 150. Brutominore76:«Etudalmarcuinostro sangue irriga…»[12],ripresodaEtu86ecfr.Tu…Tu… 83, mentre la strofaprecedente contiene undoppio a voi, 106 ss.: «Nonio… E non… Non te…», aproseguire nella chiusa della
strofa precedente e non…Non… Nè; Alla Primavera58: «Nè dell’umanoaffanno…», 77: «Ma noncognato al nostro / il genertuo.» (lez. primitiva diversa)[13], periodo nominalebrevissimo di un verso emezzo, e cfr. sopraE te ecc.Inno ai Patriarchi 22: «Tu
primoilgiorno…»,57ss.:«Etu… o tu…», 71: «Or te…te… E di tuo seme…»(periodo di due versi emezzo) – e si ricordi che ilcarme inizia, del tuttoeccezionalmente, con E voi;per Alla sua donna vedicitazioneall’inizio.
Ciò per le Canzoni, ma è
ancor più interessante chequesta tecnica dellasovrainarcatura, o inarcatura‘testuale’ continui amanifestarsianch’essaoltreleCanzoni stesse, nelle quali ilsottinteso poteva essereappunto quello di metternesottilmenteincrisil’isocroniastrofica[14]. E certo già in
questitestiilfenomeno–cheallarga a cavallo delle strofequesta o quella sezione didiscorso lasciandonecome insospeso il primo segmento –conviveconqualcosachenonpossiamo definire altrimentiche pindarismo o gusto egenio dell’improvviso, conquanto questo comporta di
immediatezza e una voltaancora di oralità. Del restonessuno si sorprende quantosi trova a toccare con manoinfinitevoltechenellapaginapoetica di Leopardi, o delLeopardi sintatticamente piùcostruito, la sintassimodellata su un respiroampio e disteso conosce
continuamente al suo internoaccelerazioni e frenate,contrazioniesprezzature.
Ecco gli esempi (nonsapreise tutti)successivialleCanzoni (trascuroovviamente, come per i tipiprecedenti di legatura, ilRisorgimento). A Silvia 49ss.: «Anche peria fra poco…
Anche…» (e vediPerivi 42).Ricordanze 28: «Nè midiceva il cor…» (19 ss.: «Eche pensieri immensi… equantevolte…»),104:«Egiànel primo giovaniltumulto…». Canto notturno61: «Pur tu, solinga, eternaperegrina…» (59-60: «Ma tumortal non sei… ti cale»).
Sabatodelvillaggio31:«Poiquando intornoè spentaognialtra face…». Pensierodominante 7: «Di tua naturaarcana…»,cioèdel«pensierodominante» specificato nellaprima strofa come strettaappartenenza del locutore(mia,miei,ame2,5,6),76-81: «Al paragon di lui?» –
«se non per lui, per lui…»,117: «E tu per certo, o miopensier…» (cfr. anchemorte116-120 e sei al m. 113 cheanticipalarimamieieancorasei della lassa successiva),imago 132 in fine verso manon rimato che anticipa larima ancora di imago convago della lassa seguente.
Amore e Morte 45: «Poi,quando tutto avvolge…»,piùla rima interstrofica giàsegnalata.Consalvo 34: «Maruppe alfin la morte il nodoantico…», 130: «Or tu vivibeata…» (periodobrevissimo,ecfr.beato120).Aspasia 61: «Nè tu finorgiammai quel che tu
stessa…»insiemeallarimaalmezzoconessasopracitata,eil periodo conta meno di treversi,89:«Or tivanta,che ilpuoi.», e cfr. anche tollerar88 : piegar 90 (interna).Sopra un basso rilievo 18:«Morte ti chiama», seccafrasedimezzoverso,ecfr.tu17; Tramonto della luna 1-
20: «Quale in nottesolinga…;//Talsidileguaetale…», unica comparativainterstrofica dei Canti, e aparte le varie corrispondenzesemantichee tematichefra leduelasse(«ilcarrettier»–«ilconfuso viator» ecc.), eccoche meno 24, senza rimaentro la sua lassa, riprende
Tirreno:seno10-11,esente:veramente amplia fuggente(alm.)senzarimanellalassa,17. Ginestra 52: «Qui… equi…»(cfr.queste50),e297,movimento supremo: «E tu,lentaginestra…Anchetu…».
Qualche conclusioneinterpretativa, basata anchesui legamenti retorici ma
soprattutto su quelli sintatticie testuali, più significativi.Anche per quanto riguardaquesti ultimi, dunque, unatecnica costruttiva – opiuttosto decostruttiva –impiegata da subito nelleCanzoni, e lì forse anche perle ragioni specifiche giàaccennate, si prolunga da
quellealleCanzonilibereeingenere al Leopardisuccessivo: anche se,occorrepur notare, le partizioni deitesti ora non sono piùisocrone e quindi possonoessere, in teoria, modellatepiù liberamente sulle unitàdiscorsive. Pure qui dunquegliattacchistrofici‘inlevare’
o‘acontinuare’oppongonolafluenza discorsiva alladiscontinuità o al discretodella metrica; per così dire,profilano in più casi unametrica doppiamente ‘libera’.È un’ulteriore vittoria dellalibertà del soggetto poetante,eunaconfermaulterioredellabontà della celebre
definizione carduccianadell’ultimo Leopardi: «formasenza forma», che risultaaddirittura estensibile, sullabase del fenomeno censito, atutto l’arco dei Canti. Ma èpure da credere che questofenomeno sia per altro versoun effetto di chi sempre haesercitato anche la prosa, e
qui pure diventando prestoeccellente: quella prosa chealmeno in essenza contemplail modellarsi delle suepartizioni interne sulle unitàdidiscorso.
D’altrapartequestiattacchistrofici che sintatticamente etestualmente chiudonopiuttosto che aprire,
funzionano come cuscinettiche, mentre sedano laprecedente energiaespressiva, preparano gliulteriori balzi di quella,spesso nell’ordinetipicamente leopardianodell’improvviso e quindianche della oralità[15]: basticontrollare quante volte ad
essiseguanoimmediatamentemovimenti sintatticivariamente ‘marcati’, comeinterrogative (o esclamative)anche a catena, allocuzioni,affermazioni dell’io: quandogià non li contengano in sé.Siamo perfettamente entro il‘genio’ della sintassi poeticadeiCanti,chetendesemprea
contrapporre, alternando ilrespiro, volute ampie emaestose e breviationes,strette[16], sempre nell’ordinedella miracolosa coesistenzadi costruzione razionale eimprovvisoespressivo.Enonè fuori luogo considerarequeste sovrainarcature dellostesso genere, se non della
stessaspecie,diciòchenellastrutturaminutadeiCantièilcontinuo fluire e accavallarsidegli enjambements, che nonoppongono soltanto le unitàsintattiche a quelle versali,ma creano spessissimoattraverso di queste, come èbennoto,nuovemisure,versidentro i versi (cfr. anche il
saggio successivo). È chiaropoicheicollegamentiditipometrico,lessicale,retoricofrastrofa e strofa, lassa e lassa,non avrebbero una funzioneparticolare nella direzioneindicata–sarebberoinsommasolointelligentirielaborazionidi tecnicismi tradizionalinella forma – canzone –, se
non ci fosse appunto l’ampiadistribuzione dellesovrainarcature sintattiche etestuali (che più di una voltale accompagnanotopologicamente) ad attrarlenella loro sfera. Anch’esse,nella loro apparenteformalizzazione, partecipanodunque alla creazione della
«formasenzaforma».
[1] D. De Robertis, Leopardi. Lapoesia, Bologna-Roma, Cosmopoli,1996, p. 107 (e ss.) le apponeacutamente l’etichetta beethoveniana –emontaliana–di«quasiunafantasia».Per la morfologia delle Canzoni ingenerale cfr. soprattutto L. Blasucci, Itempi dei «Canti». Nuovi studileopardiani,Torino,Einaudi,1996,pp.3-43e(ancheperlacanzonelibera)eF.
DeRosa,Dallacanzonealcanto.Studisulla metrica e lo stile dei «Canti»leopardiani,Lucca,Pacini-Fazzi,2001.Avvertochequimi limitoauna sceltadei casi; ulteriori esempi si troverannoinaltricapitolidellibro.[2]G.Leopardi,Canti, ed. criticadi
E. Peruzzi con la riproduzione degliautografi,Milano,Rizzoli,1981,p.366.[3]Ibidem,p.8.[4]Ibidem,pp.78-79.[5] Esempio rafforza una rima in -
egnonelPensierodominante55-58.
[6] Leopardi, Canti, ed. criticaPeruzzi,cit.,p.130.[7]Ibidem,p.446.[8]L’importanzadiquestaassonanza
forte,orimaparonomastica,antinomicaègarantitadaAsestesso10-12(alm.).[9]Esempidelledueprimecategorie,
permaggiorchiarezza,all’internodellestrofeolasse:All’Italia78:«Esulcolled’Antela…»;Infinito4:«Masedendoemirando…»;Allaluna6:«Manebulosoetremulo…»;Pepoli 44: «Manoi, cheil viver nostro…»; Ricordanze 152:
«Marapidapassasti…»;Cantonotturno14:«Poistancosiriposainsulasera»,98: «Ma tu per certo, /», 117: «Ed iopur seggo…» (con sfumaturaavversativa); Sabato del villaggio 20:«Or la squilla dà segno…»; Palinodia194-197: «Ma della vita…Ma novo equasi / Divin consiglio…»; Tramontodella luna 63: «Ma la vita mortal…»;Ginestra 63: «Non io…», 65: «Ma ildisprezzo più tosto…», 94: «Ma se diforza e di tesor mendico…», 307-314:«Ma non piegato insino alloraindarno… ma non eretto… Ma più
saggia, ma tanto / Meno infermadell’uom…»: Frammento XL 29: «Mapersentenziamia…»ecc.[10] Leopardi, Canti, ed. critica
Peruzzi,cit.,p.38.[11]Cfr.ibidem,p.102.[12]IlrilancioconE(e)tuallocutivo
(anche Ma, Nè, Pur tu) – talora conreplica del pronome – è una vera epropria sfraghìs leopardiana: cfr., oltreaquanto citatodi seguito,Alla SorellaPaolina 90; Inno aiPatriarchi 25, 57;Vita solitaria 17; A Silvia 5; Canto
notturno 69; Amore e Morte 96;Palinodia271.[13]Cfr.Leopardi,Canti, ed. critica
Peruzzi,cit.,p.38.[14] Notevoli osservazioni in
Blasucci, I tempi dei «Canti», cit., pp.103-122.[15] Fanno testo le allocuzioni
subitaneee leaperturecolpresentativoecco, anche queste marca ricorrentedell’espressività leopardiana, come (enon di rado nella stessa posizioneinterna al verso, primadi un segmento
diquattrosillabelegatoall’avverbiodasinalefe) inAll’Italia 127;MonumentodiDante69e150;AngeloMai97e99;Alla sorella Paolina 95 e 97 (insimmetria); Bruto minore 91; Inno aiPatriarchi39eUltimocanto68(fatturasimile);Quietedopolatempesta4e19,duevolte(realizzazionimassime)ecc.[16]BeneDeRosa,Dallacanzoneal
canto,cit.,2001,p.72.
VI
‘Legato’e‘staccato’neiversideiCanti
NeiCantigli endecasillabichecontengono almeno unasinalefe (definiti di tipo I)prevalgono in manieraconsistente – sono più di settevoltetanti–sugliendecasillabicon ‘staccato’, senza alcuna
sinalefe(ditipoII).L’adozionedelle due tipologie risponde anecessità diverse sul pianosintattico-metrico: gliendecasillabi di tipo II sonospesso corrispondenti a frasi-verso; al contrario, quelli ditipo I debordanosintatticamente oltre il confinedelverso.
Chiamo endecasillabi (per
ora) con ‘legato’, o tipo I,quellichecontengonoalmenouna sinalefe, pur rendendomibencontochealtroèunsololegamento per verso, magariminimo(comeadesempioe-il), altro tre o addiritturaquattro, a parte fenomenid’accompagnamento didiverso carattere. Ma non
posso in via inizialeprocedere altrimenti, siaperchéulteriorisuddistinzionisarebbero ardue sia perchéimpedirebbero conteggi perquanto approssimativi (e illettore faccia sempre un po’di tara ai miei numeri epercentuali). Chiamo inveceendecasillabi con ‘staccato’
(tipo II) quelli senza sinalefealcuna, vale a dire conaddossamento totale alleprecedenti (terminino invocale o consonante) diparole ad attaccoconsonantico. Do perscontato che la linguaitaliana, a differenza adesempio dell’inglese, è una
lingua fortemente ‘vocalica’,con attacchi molli eterminazioni quasi semprevocaliche[1] (ma meno inpoesia a causa delleistituzionali apocopi), ed ètale perciò da implicarefrequenti sinalefi, il che fa sìche il tipo I è in netta onettissima maggioranza
presso qualunque poetarispetto al II, a meno chequest’ultimo non siaperseguito per particolarieffetti del messaggiostilistico,comenelmartellatoossessivo del Cavalcanti onella ricerca di gravitas delDellaCasa[2].
Detto questo non guasta
subito qualche confronto dipercentuali con i poeti piùnotevoli che precedono eanche influenzano Leopardi(per i Canti ho spogliatonell’Appendice solo iFrammenti XXXVIII eXXXIX). Nel totale i Cantipresentano la seguenteproporzione: il tipo II ricorre
assaimenodi1/7divoltedeltipo I. Invece: Meriggio delParini= c. 1/6;Monti, l.VIIdell’Iliade = un po’meno di1/6;Bellezza dell’Universo =1/5;Sciolti al Chigi = più di1/5;Pensierid’amore=,forsesignificativamente,unpo’piùdi 1/7; Foscolo,Sonetti = unpo’ meno di 1/6 (e in tre
sonetti si hanno quattroendecasillabi del tipo II);Sepolcri, un po’inaspettatamente, = più di1/7. Date appunto lecaratteristiche prosodichedell’italiano anche ledifferenze numeriche nonvistose sono senz’altroindicative. E ancor più lo
diverrebbero,ècerto,tenendoconto almeno dei seguentidue fattori:a) della relazionetra endecasillabi e settenarinelle Canzoni, tradizionali olibere, dei Canti (cfr. oltre);b) della scorrevolezza elibertà nei rapporti sintassi-metro o verso tipica diLeopardi, tale che in lui si
verifica tanto più spesso chenei citati precedessori laformazionedi endecasillabi acavallo di due versisuccessivi legati daepisinalefe. Nell’Infinito, perfare subito un caso estremo,leoccorrenzediquestiversiacavallo sono almeno quattrosusoloquindiciposizioni (1-
2, 7-8, 12-13, 13-14).Qualche altro esempio onumero, sicuramenteapprossimativi per difetto etralasciando le Canzonifuorché Alla sua Donna(probabilmente influenzatadall’esperienzadegli Idilli),ealtri testi: Passero solitario34-35:«eincors’allegra./Io
solitarioinquesta/…»;Seradeldìdi festa 27-28:«al suopovero ostello; / Efieramente…»; Alla luna 9-10: «nè cangia stile, /Omiadilettaluna»;Vitasolitaria9-10: «e l’aura fresca, / E leridenti piagge»; Alla suaDonna9-10:«Orleveintralagente /Anima voli?», 40-41:
«Di tepensando, /Apalpitarmi sveglio», e altri due casiibidem; A Silvia 42-43: «enonvedevi/Ilfiordegliannituoi», più altri cinque casiibidem; Ricordanze 125-126:«e quasi / (Inusitatamaraviglia!)»; ben dodiciesempi nel Canto notturno,cinquenellaQuieteebenotto
nelSabato;ancoramoltissimiin Amore e morte (undici) einAspasia (nove); Tramontodellaluna14-15:«e ilmonteimbruna; / Orba la notteresta»[3]. Naturalmenteimportanza e per così direlegittimitàdelfenomenosonoanche garantiti dallafrequenza (benché minore,
comeèmoltosignificativo)diendecasillabi a cavallo senzaepisinalefe, che questa voltaesemplificorapidamentedalleCanzoni: All’Italia 3-4:«Torri degli avi nostri, / Malagloria…»,55-56:«…eperla pia / Consorte e i figlicari»; Sopra il monumento82-83: «s’unqua cadrai, /
Cresca se crescer può…»,109-110: «Non degl’italiingegni / Tratte l’opre…»;AngeloMai20-21:«Ancoraèpio / Dunque all’Italia ilcielo»; Sorella Paolina 71-72: «la sposa giovanetta ilfido / Brando…», 87-88:«anzi che l’empio letto /Deltiranno…»;Brutominore65-
66: «o da montano sasso /Dare al vento…»; AllaPrimavera 3-4: «onde fugatae sparta / Della nubi…» (?)ecc.
Inoltreilpiùomenoestesolegato è accompagnato piùvolte da dieresitradizionali/latineggianti o daiatinaturali,cheprolunganoe
rallentano la dizione:All’Italia 107: «Tal fra lePersetormeinfuriava»;Soprail monumento 180: «Laritraesse! O glorioso spirto»;Sorella Paolina 41: «Pervostra mano? Attenuata efranta»; Bruto minore 46:«SpiaceagliDeichiviolentoirrompe», 78: «E l’inquieta
notte e la funesta»; AllaPrimavera45:«Congliocchiintenti il viator seguendo»(altri cinque casi del generenellaCanzone);Ultimocanto8:«Noil’insuetoallorgaudioravviva»; Infinito 8: «Il cornon si spaura. E come ilvento»; Alla luna 1: «Ograziosa luna, io mi
rammento»; Il sogno 2: «Perlo balcone insinuava il sole»(qui altri cinque versi delgenere);Alla sua Donna 42:«Nel secol tetro e in questoaernefando»;Ricordanze16:«Ivialiodoratiedicipressi»;Canto notturno 6: «Diriandare i sempiterni calli»;Sabato 6: «Un mazzolin di
rose e di viole»; Amore eMorte 60: «Dall’imo pettoinvidiò colui»; Sopra unbasso rilievo 46: «Naturaillaudabil maraviglia»; Soprailritratto 43: «Ondepermardelizioso,arcano»ecc.[4]
Comeaccennato, sonobenfrequenti gli endecasillabilegati,comesupontisospesi,
datresinalefi,adesempio,frai moltissimi, All’Italia 5:«Non vedi il lauro e il ferroond’eran carchi»; Sopra ilmonumento 193, complice ilpolisindeto: «E le carte e letele e i marmi e i templi»(dunque anche con Einiziale);AngeloMai,oltreadaltri, tre versi così sagomati
di seguito a 163-165;Vincitore nel pallone 37:«Costume ai forti errori escanonpose»(conl’appoggiodifitte allitterazioni); Brutominore 117: «Le penne ilbruno augello avido roti»,Ultimocanto19:«Belloiltuomanto,odivocielo,ebella»;Vita solitaria 58: «Brillano i
tettieipoggielecampagne»,ancora con polisindeto; Allasua Donna 21: «Ti fosse alvolto, agli atti, alla favella»(quifondendounparallelismoasindetico); Ricordanze 160:«Dico:oNerina,aradunanze,afeste»(altramoderazionediasindeto);Asestesso10:«Lavita,altromainulla;efangoè
il mondo»; Aspasia 26: «Alseno ascoso e desiato.Apparve»(notare:de-si-a-to),41:«Tuttaalvoltoaicostumialla favella» (cfr. sopra);Soprailritratto33:«Sozzoavedere, abominoso, abbietto»(asindeto e allitterazione);Tramonto della luna 8: «Erami e siepi e collinette e
ville» (polisindeto ed Ed’attacco, cfr. sopra);Ginestra 303: «Ma nonpiegato insino alloraindarno». E si può arrivare aversi con quattro sinalefi:All’Italia 45:«Attendi, Italia,attendi. Io veggio, o parmi»;SorellaPaolina 36 (cinque!):«E il forte adopra e pensa; e
quanto il giorno»; Inno aiPatriarchi 49:«Mortali egro,anelante, aduna e stringe»,65: «Riede alla terra, e ilcrudo affetto e gli empi»;Consalvo 119 (inizio dilassa):«OhElvira,Elvira,ohluifelice,ohsovra»;Seradeldì di festa 23: «Mi getto, egrido, e fremo. Oh giorni
orrendi», anche conpolisindeto e come spessocon legatura di ciò chepunteggiatura e sintassidividono; Sabato 31: «Poiquando intornoè spentaognialtra face»; Tramonto dellaluna66:«Vedovaè insinoalfine;edallanotte»,ealtri.
Dai pur selettivi esempi
citati credo emerga qualcosadi più importante della curadel legato insé,edè–comegià accennato – il fatto che ilegamenti fondono ciò chesintatticamente è disgiunto odiscreto. Nella microsintassi,ed è il caso soprattutto dellesinalefi che ammorbidisconoasindetio simili (vediancora
ad esempioVita solitaria 85per l’anafora). Ma ancor piùnella macrosintassi, datal’abitudine leopardiana diiniziare un nuovo periodo, odi inserire una subordinata,dopo punteggiatura media oforte, al centro del verso oancheallasuapunta(comeinAspasia 26 cit.). Quindi le
sinalefi fondono con ciò cheprecede riprese coordinativecon e(d) – spessissimo eancheridondante:Ricordanze136 –, a(d), ahi, allor(a),almen(o), ancor(a), anzi,assai,ecco, il, in, io,ognora,oh, oimè, or(a) ecc.; ointroduttori di subordinatacome allor che, infin che,
ove, il frequentissimo ondeecc. Molto meno frequentisono le coordinazioni osubordinazioni con staccato,Sopra ilmonumento 102: «Ocaro immaginar; da tes’apparta»ecosì ibidem115,Sorella Paolina 9, Vincitorenel pallone 8, 13, 57, Brutominore 6, 35-36, 64 (Ma),
110, Alla Primavera 40, 47,93 ecc. Una breve analisidifferenziale sull’Infinito: 2,13: «E questa siepe, che datantaparte»,«…e il suondilei. Così tra questa», malegatureanchefortia4,5,6,7(ove),8(.E),9(io),11,12,13.
Evidentemente non è il
caso di generalizzare,anzitutto per il buon motivoche il linguaggio poeticoitalianovive,egloriosamente,appunto dell’alternanza fra idue tipi e della loro diversarealizzazione fonica[5].Tuttavia si può tentarequalche considerazione sultipo II, cominciando col
chiedersiselasuacondizioneminoritaria non lopredisponga a qualcheprivilegio di marcatezza, inprimo luogo di carattereposizionale. E infatti in nonpochi casi l’endecasillabo a‘staccati’ va a collocarsi adattaccooinchiusadistrofa(epure ad attacco e chiusa
assoluti).BasticitareSoprailmonumento 52: «Voi spireràl’altissimosubbietto»;AngeloMai 136: «Torna torna franoi,sorgidalmuto…»;Brutominore 1: «Poi che diveltanella tracia polve», 90:«Rintronerà quella solingasede»; Inno ai Patriarchi104: «Tal fra le vaste
californie selve»; Passerosolitario 44: «Che la beatagioventùvienmeno»;Infinito1;Vitasolitaria38,dopounagrande colata coordinativa,«Co’ silenzi del loco siconfonda» (notare anche ladoppia allitterazione); Pepoli77: «La più degna del cielcosamortale» (con iperbato);
Consalvo 118: «Nelpaventato sempiternoscempio» (doppiaaggettivazione anticipata);Ricordanze 123: «Moti delcor, la rimembranza acerba»;Quiete 54: «Se te d’ognidolor morte risana»; A sestesso15:«El’infinitavanitàdel tutto» ecc., e ancora nel
Pepoli 99-101 lo staccatochiude una lassa per poiaprirelasuccessiva(edessereseguitodaunversoanalogo):«La destinata sua vitaconsuma» – «Te più mitedesio, cura più dolce» (e«Regge nel fior di gioventù,nel bello»).Resta comunque,per quanto è lecito ragionare
su numeri bassi, che glistaccati in posizione marcatasembrano allogarsi dipreferenza in individui nonproprio insigni dei Canti,qualiilPepolieilConsalvoelostessoSoprailmonumento.E accenno appena a casi incui l’effetto di staccatoprevale,cedendoallasinalefe
solo in fine di verso: così,appunto in finale assoluto,Alla Primavera 95: «Pietosano, ma spettatrice almeno»,secca esecuzione dellacorrectio.
Avolerpoi indicare– concautela – qualche costanteespressiva tendenziale degliendecasillabi del tipo II, si
potràsuggerirecheessi
a. scolpiscono momenti di‘agitato’, per lo piùsottolineati anche daripetizioni verbali divario tipo: ad esempioAll’Italia 28: «Perchè,perchè? Dov’è la forzaantica…», 37: «Nessunpugna per te? Non ti
difende / Nessun de’tuoi…?» (anaforametrica e asindeto);Sopra il monumento 62:«Come cadrà, come daltempo rosa…?»; Brutominore, lo strappopotentedi83:«…Tusìplacida sei? Tu lanascente…»; Alla
Primavera 18: «Questogelido cor, questoch’ancora» (notarel’elisione);Ultimo canto60: «D’implacato desiofuror mi strinse»;Passero solitario 57:«Chediquest’annimiei?Che di me stesso?»(anche qui con elisione)
ecc.
b. Si reperiscono inendecasillabi di strutturaternaria, e generalmentecon presenza di unpolisillabo (forse perchésentito spesso come‘prosastico’?), ad es.Primo amore 59:«Stupidamente per la
muta stanza»; Il sogno97: «Di sconsolatopianto le pupille»; Vitasolitaria 102:«Dominatricedell’etereocampo»; Ricordanze114: «Sul conscio letto,dolorosamente»,doppiato da un altroendecasillabo tutto
stacchichepuòrientrarenella stessa categoria:«Alla fioca lucernapoetando»; Pensierodominante 2:«Dominator di miaprofonda mente» (vedisopra l’esempio dallaVita solitaria); Aspasia21: «Allettatrice, fervidi
sonanti»(loprecedonoeseguono altri due versitutti a stacchi), 68:«Esecutor di musiciconcenti»; Sopra ilritratto 16:«Visibilmente di pallorsi tinse»; Ginestra 268:«Durabilmente sopraquei si spiega», 301:
«Soccomberai delsotterraneo foco» (conallitterazioni). Èevidente che a questiversi trimembrispettadiregola una specialeenárgheia. Ad essipossiamo dunqueaggiungere altriendecasillabi che la
condividono, per fatturasimileeperessere,comequasi sempre quelli, deiversi-frase (cosa che inLeopardi, va ripetuto, ètutt’altro che la regola):All’Italia 75: «Serse perl’Ellesponto si fuggia»;Sopra il monumento128: «Lo spietato dolor
chelastracciava»;Brutominore 5: «Il calpestiodei barbari cavalli»; Lasera 6: «Rara traluce lanotturna lampa» (conallitterazioni); Alla luna15: «Il rimembrar dellepassate cose»; A Silvia2:«Queltempodellatuavita mortale» (con ictus
ribattuto di 6a-7a), 22:«Che percorrea lafaticosa tela»; Aspasia54:«Alvivosfolgorardiqueglisguardi»;Soprailritratto14:«Sentìgelidafar la man che strinse»,46: «Ardito notator perl’Oceano»; Tramontodella luna 16: «E
cantando, con mestamelodia,»;Ginestra163:«Veggo dall’altofiammeggiar le stelle»ecc.
c. Altrohabitattipicodegliendecasillabi del tipo IIèquellodeglienunciatiafortetensionenegativa,eche ancor più
caratteristicamentecontengono correctionese un ma intensamentecontrastivo: ad esempioSopra il monumento136: «Ma per lamoribonda / Italia no;per li tiranni suoi»;AngeloMai 155: «a cuidalpolo/Maschiavirtù,
non già da questamia…», e vedi anchel’avversativaimplicitadiBruto minore 83; Vitasolitaria 41: «… Anzirovente. Con sua freddamano…», 52: «… Ilmiseromortal.Manonsìtosto…»;Ricordanze58:«Dolce per se; ma con
dolor sottentra…»;Canto notturno 98: «…Indovinarnonso.Ma tupercerto…»;Sabato50:«Altrodirtinonvo’;mala tua festa…»; Aspasia78: «Perch’io te nonamai, ma quellaDiva…», e così via.Gliesempi delle tre
categorieabbozzatesonoquasi sempreaccomunatidaspiccoedenergia, talora anche daasprezza (pure ritmica,come in Sopra ilmonumento 61, a ictuscentraliribattuti).
d. Ma non mancanoendecasillabi con la
stessa struttura‘consonantica’ chehanno invece caratterepiùdiscorsivo,narrativo,sentenzioso ecc., osenz’altro di ‘prosa’:Primo amore 39: «…Che l’aleggiava,volossene via»; Vitasolitaria 15: «Benché
scarsa pietà pur midimostra»;Consalvo21-22: «Era del gran desiostato più forte / Unsovrano timor. Cosìl’avea…»;Pepoli2:«…Che noi vita nomiam,come sopporti…?», 46:«Necessità, cuiprovvedernonpuote…»;
Ricordanze 37: «Apersonagiammainonnefo segno»; Cantonotturno 112: «Ma piùperché giammai tedionon provi»; Sabato 48:«Godi, fanciullo mio,statosoave…»;Pensierodominante 60: «Che divote speranze si
nutrica»,135:«Solaverabeltà parmi che sia»;Sopra un basso rilievo45: «Dal nascer giàdell’animal famiglia»,97: «Veder d’in su lasoglia levar via»; Soprail ritratto 42: «Pernatural virtù, dottoconcento»; Tramonto
della luna 26: «Oves’appoggia la mortalnatura», 49: «Secche lefonti del piacer, lepene…»; Ginestra 59-60:«Altuopargoleggiargl’ingegni tutti, / Di cuilor sorte rea padre tifece», 155: «Ovefondata probità del
volgo», 192: «Per tuacagion, dell’universecose» (elisione), e altricasi, cui se ne potrannoaggiungerealcunicensitialpuntob.Hocercatodiscegliere gli esempi daltotale con una volutaproporzionalità, perindicare che, a parte le
‘eccezioni narrative’come Primo amore,Pepoli, Consalvo, gliendecasillabi del tipo IIclassificati sotto questopunto d vannoaumentandosensibilmentenell’ultimo Leopardi inrapporto all’aumento
dellecadenzemeditativee della ‘prosa’, conpunte massime nellaGinestra, e ancor piùevidentemente nellaPalinodia (ad es. 7, 34,48,55–inizialedistrofa–,114ecc.;quianchetreendecasillabi a staccatodiseguito,82-84).
Tornando ai due insiemi,sembra avvertibile un lorocomportamentotendenzialmente diverso sulpiano sintattico-metrico.Mentre gli endecasillabi deltipo II tendono (non più diquesto) a chiudersi insegmenti sintatticamentecompiuti, insomma in frasi-
verso(cfr.soprattuttoilpuntob), quelli del tipo I alcontrario tendono, come si ègià indicato, a scivolaresintatticamente oltre ilconfine del verso, spessoaggiungendo alle sinalefiinterne un’episinalefe conl’endecasillabo o settenariosuccessivo. Si potrebbe dire
che la loro scorrevolezza siarmonizza alla fluidità deldettato, segnata soprattuttodalla ricchezza di inarcature,e l’una e l’altracontribuisconoacrearequellache Contini[6] ha chiamatogiustamente «incomparabilemaestà» del discorso poeticoleopardiano. Conviene
tuttavia vedere se e cosaemerge disaggregando i dueassiemi e il relativo rapportosecondo le varie fasi omomenti della poesia deiCanti.Unaprimaindicazioneè che i due testi anterioriall’anno1818delledueprimeCanzoni, cioè il FrammentoXXXIX e il Primo amore,
entrambi narrativi edentrambiinterzineincatenate,presentano una proporzionefra i due tipi nettamente piùalta dellamedia a favore deltipo II: entrambe circa 1/4dell’altro. Anche di fronte aqueste primizie spicca lasituazione diversissima dimolteCanzoni,dovesivadal
meno1/8 diAll’Italia all’1/8esatto del Mai, all’1/10 erispettivamente 1/11dell’Ultimo canto e delVincitore, fino all’1/13 deiPatriarchi,peraltroindiversometro,eall’1/14dellaSorellaPaolina. Le, relative,eccezioni sono piuttostorazionalizzabili,enonoccorre
insistere:Monumento37/112,l’aspro Bruto minore 14/66,lapiù tardaemeditativaAllasua Donna 7/31. Si puòaggiungereche ilFrammentoXXVII in sciolti (1819) e ilXXXVIII (forse fine ’18)concordano col più delleCanzoni: meno di 1/10 e1/15.
L’andamento fonico-prosodico dominante nelleCanzoni – e negli anni delleCanzoni – è vivamenteaccentuato negli Idilli.L’Infinito attacca con dueendecasillabiastaccato(mailsecondo inizia con E edunque fa episinalefe colprimo),poiprosegueconuna
colata di tredici versi legatiall’internocosì come lo sonosintatticamente dal crescendodelle coordinate e da altreulteriori episinalefi («quello /Infinito silenzio»!). NellaSeralaproporzioneè3/43,inAlla luna, un po’ comenell’Infinito, 1/15, nel Sogno6/94, perfino nella politonale
Vita solitaria 9/98. A partel’aumento proporzionaledegli endecasillabi legatinegliIdilli rispettoancheallamaggioranza delle Canzoni,penso che l’interpretazionenonpossaesserelastessaperleuneeperglialtri.Scontatala naturale fluidità ecantabilità del ductus
leopardiano, nelleCanzoni lagrande frequenza dei legatisaràunsegnodellacontinuitàcon l’eloquenza e solennitàdel linguaggio poeticotradizionale,chequiLeopardiconservaenellostessotemposupera (Aufhebung): negliIdilli si tratterà invece di unfenomeno coesteso alla loro
mirabile fusione escorrevolezza stilistica, aquello che altrove (cfr. ilterzo saggio) ho chiamatolinguaggiodell’e,conciòchequestoesprime, lanarrazionesenzafratturedistatid’animochecrescono,comesgorgantil’unodall’altro,susestessi.
Lasciando stare il Pepoli,
ecco che anche dal punto divista che ci interessa i Cantipisano-recanatesi spieganotutt’altro carattere fonico-prosodico rispetto agli Idilli(anche in linea, vien dapensare, col dettato di Allasua Donna): A Silvia 8/21;Ricordanze 39/124; Cantonotturno 15/55;Quiete 3/21;
Sabato 6/21; Passero 8/32;Imitazione 0/3 (maprevalgono assolutamente isettenari,vedioltre).Ilfattoèanzitutto che in questicapolavori il momentoidillico è, molto di più chenegli Idilli stessi,attraversatodalle strettoie e dallecontraddizioni del «pensiero
poetante» (Prete) e dalladialettica fra vitalità enichilismo. E dove lapronuncia leopardiana è,proverbialmente, più casta,allora si può rilevare chemancano pure gliendecasillabi tutti fusi da tre(o quattro) sinalefi, e cioètroppo oliati per l’orecchio
del pensatore-poeta: cosìnella Quiete e nel Passero,così quasi (una solaeccezione)nelSabato.
Per ragioni in parte similiinpartediverse(resedicontoinsieme esistenziali euniversali),leproporzionideiPisano-recanatesi simantengono simili anche nel
Ciclo di Aspasia: più di unquarto di endecasillabi deltipo II rispettoagli altrinellacondottavariaecome tuttaasbalzi del Pensierodominante, che per di piùpresenta–casoassolutamenteeccezionale – due lasse conrapporto3/1e3/3(mapoi,ades., nella dodicesima 0/10!);
più di un terzo in Amore emorte; un quarto in A sestesso; un quarto inAspasia,dove capita anche di reperire– contro le abitudini – due otreendecasillabideltipoIIdiseguito (20-22,30-31,37-38,85-86); infine un sesto inConsalvo. Ormai questo èl’orecchio di Leopardi,
sensibileaicontrastioltrecheallacostantefluiditàdellasuamusica, e perciò nei Cantinapoletanisiha:1/5inSopraun basso rilievo; addiritturapiùdi1/3inSoprailritratto;poco meno di 1/3 nelTramonto; diverse, ma è dacredere anche per la loroampiezza, solennità ecc., la
Palinodia (meno di 1/7) e laGinestra(unpo’piùdi1/9).
Nella maggior parte deiCanti però, come è evidente,gli endecasillabi non vivonodasolimainuncontrappuntopiùomenofittocoisettenari,in totale assai più fitto nelle‘Canzoni libere’ che nelleCanzoni vere e proprie, per
quantovia via ‘liberate’.Oraèintuitivocheneisettenarilaprobabilità di essere scanditisecondo staccati è,generalmenteparlando,moltopiù alta che per gliendecasillabi. Facciamoprova suLeopardi stesso, colRisorgimento,doveisettenarideltipoIIsonoben61contro
i 99 del tipo I: proporzioneimpensabile per gliendecasillabi, in Leopardi eistituzionalmente, e vaaggiunto che, se non vedomale, in quel testo fra isettenarideltipoIsolocinquein tutto scivolano su doppiasinalefe. Nonostante ciò, oanziproprioperquesto,varrà
lapenadifarentrarenelmiodiscorso anche i settenari.Intanto per prendere atto cheevidentemente con essi icontrappunti fra staccato elegato divengono piùfrequenti: il che non è menointeressantedellealtreragioniper cui la dialetticaendecasillabo-settenario e il
moltiplicarsi di questi ultiminelle canzoni libere a partireda A Silvia ecc., sonoelementidiprimaimportanza.
Mi limito a un paio diassaggi.NelledueCanzoniincui gli endecasillabi delprimo tipo preponderano piùnettamente su quelli delsecondo,cioèAll’ItaliaeAlla
sorella Paolina, il rapportofra i settenari del II tipo equelli del I è rispettivamente19/28 e 12/23: normaleproporzione e normalicontrapposizionialprevalentelegatodegliendecasillabi.Manella zona dei Pisano-recanatesi, dove già ilrapporto fra i due tipi di
endecasillabi è menosquilibratoafavoredelprimo(cfr. sopra), quello fra i duetipidi settenari è:15/18 inASilvia; 27/36 nel Cantonotturno; 13/15 nellaQuiete;12/13 nel Sabato, addirittura13/7 nelPassero solitario: egià la liberatissima Alla suaDonna dà 6/8. Ciò sembra
confermare che in questiCantiilcontrappuntofonicoeprosodico di tanto s’infittiscediquantoilragionarpoetandointride il lirismo, o vi sicontrappone. E unacontroprovasihascindendoidiversimomenti o ‘tempi’ didue testi particolari. Nellaprima lassa della Quiete,
descrizionefluidaedaperta,isettenari del tipo II sono 3contro 6 degli altri, mentrenelle due seguenti,aspramente ragionative enichilistiche, sono all’inverso11contro7;enelPassero,auna parità circa nelle primedue lasse (7/6), segue nellaterza una squilibratissima
proporzione 6/1. E per faresolo un passo avanti, nelTramonto della luna, dovel’aspetto lirico-descrittivo equello mentalistico sonomolto più fusi chegiustappostiacontrasto,eccoche la proporzione totale èaltra: 12/22, nella norma percosìdire.
Anche da questi minimirisulta e la fluidità dellaversificazione leopardiana elasuatendenza,crescentecoltempo e col crescere delcaratterespeculativodellasuapoesia, a contrapporrefunzionalmente due tipidifferenti di verso. Quasicome un equivalente fra
vivacitàescorrevolezzadellerappresentazioni della vita efermezza commentante delpensierochenega.
[1] Cfr. C. Segre,Le caratteristichedella lingua italiana, appendice a Ch.Bally,Linguistica italianae linguisticafrancese,Milano,IlSaggiatore,1963.[2]Cfr.P.V.Mengaldo,Attraversola
poesia italiana. Analisi di testi
esemplari, Roma, Carocci, 2006, pp.22-25e95-97.[3] Generalmente frase o sintagma
inarcati si distribuiscono tra inizio efine dei rispettivi emistichi, ma nonmancanoinarcatureconattaccoinpuntadiverso, ades.All’Italia60 (con forteenjambement),SorellaPaolina17,Innoai Patriarchi 4, Vita solitaria 14, 71,98,Consalvo131,Pepoli7,125,145,ASilvia 56, Ricordanze 9 («allora /Che…»),44,46,Quiete47,48,50ecc.[4] Viceversa in tutti i Canti non
vedo,salvoerrore,cheunasoladialefe
d’eccezione, Sabato 26. «E qua e làsaltando»,conacutafunzioneiconica.[5] Da un particolare punto di vista
cfr. P.V. Mengaldo, Una ‘norma’eufonica del verso italiano, in«Stilistica emetrica italiana», 6, 2006,pp.3-19.[6]Antologia leopardiana, a cura di
G.Contini,Firenze,Sansoni,1988.
VII
Quantosono‘sciolti’gliscioltidiLeopardi?
Gli ‘sciolti’ leopardianidifferisconodaquelliparinianie foscoliani per lo stilepeculiaredelpoeta,chetendea‘nascondere’ e ad alleggerire
in misura maggiore rispetto aquanto abbiano fatto i suoiomologhi nei Giorni e neiSepolcri. È riscontrabile negli‘sciolti’ del Leopardiun’animazione fonica prodottadall’arricchimento deglischemiusuali.Rimeepararimesono rinvenibili all’interno deiversi–piuttostocheallafine–e in corrispondenza degliattacchiedellechiusedeitesti.
È chiaro che per ragioniquasi fisiologiche[1], gliscioltiitalianinonsonomaioquasi mai veramente tali.Prima di affrontare quelli diLeopardi, esaminerò perinteroopercampioniitestiinsciolti più illustri, e più omeno intensamente attivi suiCanti, del Settecento-
primissimi Ottocento, e cioèil Giorno (ed. Isella),l’Ossian di Cesarotti (ed.Bigi[2]),gliScioltialChigieiPensieri d’amore di Monti(ed. Muscetta[3]) e infine iSepolcri(ed.Gavazzeni).
Nelle prime tre lasse oparagrafi del Mattino(seconda redazione) si ha
quanto segue: rima caro :paro 5-12, con appoggio diappare 2 e fabbro 14; quasi-rima inclusiva al mezzoorizzonte – onde 3-4; quasi-rima notte – scote 7-10;assonanze forti rifrange –sonante 13-14 e inquieto –argento 17-18; mense inquasi-rimaalmezzoacavallo
di lassaconpungente,questoinrimaalm.concadente20-22-24. Nel seguito moltomeno materiale: trascuro leassonanze facili e segnalosolo la rima al m. inversatenèbre – superbe 39-40, laquasi-rimaalm.verdi–siedi50-51, mentre la rimainclusiva fèo: Morfeo è
troppolontana,42-59.
E ora i primi duemovimenti della Notte.Sempre trascurando leassonanze facili, ecco lacorrispondenza interna disdrucciole analoghe nellastessa posizione, squallida –timida 5-6 (seguonorispettivamente «mesta» e
«terra»);rimalontanavanno:affanno8-24;epifora«smortefiamme» a contatto, 17-18;consonanza almezzo lento –manto 21-23, e rima int. diquesto con tanto e poirispondenza fonica conaffannocit.eululando23ss.;quasi-rimaalm.sospettoso–ascose 21-23; altra e triplice
corrispondenza di sdrucciolea 25 ss. Basti dire che i §§successivi presentano moltomeno materiale. Nei duespezzoni insieme si hadunque una sola rima nelMattino, l’altra essendoneutralizzata dalla troppadistanza, così com’è lontanaquella della Notte; però si
presenta un brulichio di echivicini alla rima che tuttavia,ed è naturalmentesignificativo, calano diquantità e qualità quando dalprimo movimento,decisamente più ‘lirico’, sipassaaisuccessivi.
Maèutileprocedereunpo’di più con la Notte. È vero
che i vv. 39-60 sonoprivi difenomeni rimici o pararimicisalienti,maèancheverochesono dominati dallaricorrenza di sdruccioli infine verso (precisamente 10su 22 versi, cui ne vaaggiunto qualcunoall’interno). Più avantiancora, nella lassa del
‘cocchio’siaffaccianorimeoquasi-rime ma a distanza,gridando–pertanto82-92e-are 83-93, giusto di seguito,più rime interne abbastanzaovvie in -on, -ar, e cfr. pures’empia – tempo 96-101.Maveniamo alla gran strofafinale, violenta di sarcasmo.Rimaalm.lato:ostinato638-
640eneiparaggialte–alveoall’int. 640-643; quasi-rimaint. ricca memorati –numerata 651-654:consonanza prettamente‘comica’ stizza – aguzza int.659-660; rima al m.dimenando:rotando660-667;epifora ‘ricca’ «con la gobbaenorme / E il naso enorme e
la forchettaenorme»; ingoia-innoltra 663-666, e un’altraconsonanza al m. faceto –grato 668-672: il tuttoattraversato da moltisdruccioli interni (642, 645,646,649ecc.).
Idatiquiraccoltiinvitanoascorrere, almeno per duepunti,l’interotesto.Ilqualeè
largamenterimato,macon latendenza, accanto alle rimeprossime–peròmaibaciate[4]
– (ad es.Mt 93-98, 592-597,852-857, 1061-1066, 1133-1135, Mg 646-650 ecc.), adisporre le rime, sempre‘facili’, a distanza, quasi piùper inquadrare porzioni ditesto che per ottenere effetti
fonici (ad es., solo nella Nt,83-93cit., 193-203,323-334,356-366, 476-489). D’altraparte, e secondo me aconferma non già adopposizione della tendenzaora notata, spicca la quantitàdi rime identiche chemegliosi interpreteranno comeepifore, e queste volentieri
ravvicinate e spesso baciate:Mt (ma con notevolealleggerimento rispetto alMattino del ’63) 238-239,321-322,984-992,Mg46-49,165-178, 243-244, 263-264ecc., realizzate a volte anchein forma di poliptoti, figureetimologiche ecc.: Mt 359-360 sposi, -e, 569-570 forte-
fortuna, 581-585 degni-disdegnano, Mg 373-374sposo,-a,377-384scherza,-ie così via. Per il resto,lasciando le facili assonanze(che comunque non sonoquasi mai ‘a catena’),colpisce il numero di quasi-rime (del tipo impure – furoMt 179-183) e soprattutto di
consonanze, quasi a evitaretroppe chiuse melodiche deiversi: ad esempio, solo nelMattino, 261-262 uscendo –mondo, 389-392 quanti –viventi, 459-461 crine –espone, 503-505 seno-mano,590-593 volume – chiomeecc.Siamodunquedifronteaun sistema rimico e
pararimico piuttosto intenso,ma d’altra parte a unafrequenza di consonanze cherealizzano con minor facilitàil ritorno fonico, e aun’insolitaquantitàdiepiforecheallarima(diperséspesso‘grafica’) sostituiscono cosìspesso lo sdoppiamento diparoleosegmenti–chediper
sé possono avere valore dichiave–,comesiaddiceaunpoemettonarrativo.
Tutt’altra la condizionedell’Ossian di Cesarotti, dicui, adocchiando il tutto, hospogliato Fingal, II, 1-113,Cartone 86-193, Selma 1-51.L’elemento comune conParini è l’ancor più notevole
presenzadiepiforeaqualchedistanza, Fingal 63-70, e alm. 52-56, 69-73, Cartone141-175: canto (con accanto145),Selma 28-36, 46-51 (infine di partizione); le rimevere e proprie sono invecescarseequasicasuali,Fingal57-60 e interna 60-61,Cartone141-145(piùlefacili
-avae -ia int.),Selma 35-47,adistanza.Per il resto,moltamisura nelle quasi-rime enelle consonanze (ad es.Fingal 21-22 scudi:vidi, 31-44 al m. arresta-celeste, 99-103 temo – nembo, Cartone86-93 pace-luce e 110-113sfavilla – mille – favelli,Selma 2-7 splendi – venti –
torrente, 46-49 collina –bruna) e perfino nelleassonanze. Nel Cesarotti glieffettidirimaopararimanonarrivano mai, everosimilmente non lovogliono, a mettere indiscussione lo statuto deglisciolti, che le epiforeconfermano.
E oraMonti. Negli ScioltialChigisiaffaccianoalmenoquattro rime, due delle qualinon prossime: 63-68 -etto,78-85 -ore, 170-175 -ora,206-216 -ia. E ricco è ilcontorno.Andandoinordine,aparteun’ovvia rima internain -or all’inizio, un’altrasempreinternain-ura11-16,
e poi quasi-rima al m.sguardo – scarso 7-8,momentaneo – sgomenta int.25-27, consonanza fiso –nascoso 37-38, assonanzaforte lunge – luce 39-41,consonanza chiome-sublime50-52, letto – cheto 68-69(perfetta per unsettentrionale),quasi-rimaint.
Insetti – fuggenti 72-74,gagliardo–scaltroint.93-94,rime int. lago : immago(come nellaVita solitaria…)112-114 e sentimento : vento119-123, consonanza lungi –cangi 164-165 e così viadicendo. I Pensieri d’amoremostranounacertariduzione,dovuta forse anche al fatto
della divisione in parti, avolte brevi o brevissime. I:quasi-rimanovello – procelle3-7 e così tregua – persegue8-14,ma soprattutto al v. 20unprocuraquiirrelatorimaadistanza con oscura di II 2.SempreinII:rimaalm.vôte:gote 7-12 rafforzata da notte6,rimaint.Rio:io17-20.III:
solo qualche assonanza, apartiredaimmota–ingombra3-4. IV: quasi nulla dinotevolesesiescludelarimaritmicastringere–misero10-11. E quindi le consonanzeint. ed est. Tratto – affetto esento – estinto VI 2-3, 6-8,l’assonanzaforteoquasi-rimavento – percotendo VII 12-
18, l’assonanza spintaintanto: prostrato VIII 20-21e ivi la rima internaquesta :mesta (più questi) 27-30,l’assonanza-consonanzasventura – ancora – perdutaIX 13-15-16, la quasi-rimaidentica int. Piante – piantoivi 21-26, poi la forteassonanza continuata Tempo
– immenso – lamento –silenzioX1-5,equistessolarima al m. Fato : scellerato21-24 (ma la prima parolaassuona ancheleopardianamenteconfango),e nonmolto altro. E giocanoanche, come negli Sciolti alChigi, le ripercussioniorizzontali, come «da lei
veloceecollevôltespalle»,enaturalmenteleripetizioni(ades.«eparcheciglioaciglio,/gote a gote congiunga» III13-14; «Perdona…perdona…» IV 7-8; «… altricontenti: / Oh contenti…»V18-19; «e dove, dove…» VI1-2 ecc.). Gli altri scioltimontiani sembrano mostrare
unafisionomiaanaloga.
Altra la situazione el’envergure dei Sepolcri.Finchéiltestoèmeditativo,onarrativo, le rime o effettisimilaripuressendofrequentitendono a collocarsi adistanza come altrettantipaletti che scandiscono ilprocedere del discorso, o
dell’orazione poetica, e nelegano le sezioni: urne –future1-7(piùamore 11 chevaasuavoltaconmorte15);infinite:Dite14-25;vive int.due volte 26-32; mira –sospiro – natura 42-49-50;noi:buoialm.eacavallodimovimento 50-59; cantando-vivande 54-71; vagolando :
ramingando al m. 71-79;luttüoso :amoroso alm. 84-90 (fine lassa), con cui poipietose 92; impugnando :versandoalm.115-124;Sole: vïole 119-125, amore :tremore al m. 132-139 ecc.Piùrariinvece,equasimaiinforma di rima, i rintocchivicini: ramingando :
ululando, rima facile, 79-80;Luna-upupa 81-82,consonanza al m. sensi-responsi 96-98; quasi-rimaeredi–cedri113-114;bella :terra 152-153; grande –temprando al m. 155-156 (esangue 158): sfronda –grondi int., quest’ultimo inrima sempre int. con mondi
158-159-162 (e siano in unpasso stilisticamenteaccusato)ecc.
Quandoperòsiarrivaaungrandemomentoepico-lirico,il notturno düreriano dellabattaglia di Maratona (201ss.), ecco che i procedimentivisti finora s’accumulano eintrecciano quasi in una
geniale mimesi della foscamischia.Intantoveleggiò202riprende in rima int. il sacròdell’annuncio; poi, a parte larima int. prolungata in -ar equella simile in -or 195-197,ecco l’altrettanto protratta almezzo in -ea, 202 ss.;l’assonanza al m. scintille-pire 203-205; e infine la
chiusa, che andando ariutilizzare la quasi-rima almezzo navigante – cozzanti(seguito da brandi) 201-204,presenta via via silenzi,campi, falangi, accorrenti,scalpitanti e finalmente larima int. allo stessoverso, diparticolare portata semantica,pianto : canto, con cui
termina l’episodio[5]. E daquesta foltissima vegetazioneesce qualche ramo anche perl’episodiosuccessivo(«Felicete…»), eminentemente larima accorrenti : venti 210-213cuisiappoggiaverdi int.214,quindilarimaint.in-arealtroancora.
Terminato l’episodio di
Ippolito le cose procedonopiùomenocomevistoperlaparte che precedel’evocazione di Maratona –ad esempio la rima gente :assente non è vicina, 240-246, un’altra gerundiale èfacile e neppur essa vicina,251-256 ecc. Ma le cosevanno diversamente nel gran
finale del Carme, altra suapuntaepico-lirica:secreti284siagganciaalla rima-eco in -ete dei versi precedenti;splendidamente 286 rima, siapure alla lontana, consantamente sempre dei versicheprecedono,278,sihaunaprolungata rima int. in -à apartire da narrerà 284; e
quindi fatati-vate alm. nellostessov.,288,eastringerelaserie, anche all’esterno,placandoecanto289,quante290, gran e Oceano 291,pianti 292, santo e lacrimato293, il secondo in rima int.conversato 294, umane295,parolaconclusivadelCarme.
Qualche deduzione. Il
Cesarotti ossianico ècertamente quello che turbameno le acque placide deglisciolti, forse anche perché‘traduce’ da prosa; e infattinellasuaversionedall’ElegiadelGray[6] le cose cambianosensibilmente: groppodiffonde – traendo – mondoin apertura, rime in -ombra
11-21,in-ade53-58,in-ente73-82, in -orno 121-128, in -anco177-184, rimealmezzoecc. Nel Monti i fenomenirimici e pararimici non sonoinastrattomenofrequenticheinParinieinFoscolo.Forseèda notare la frequenza delleconsonanze, in funzionerassodante e antimelodica
(nonèmaledareun’occhiataal traduttore dell’Iliade, chealle assonanze ovviamentepiùfrequentieaqualcherimaalterna consonanze anchebaciate come avremmo –sommo II 108-109,ricondusse – Ulisse III 413-414,Allora– fiera IV585–586 ecc.). La differenza con
MontistanelfattocheParinie Foscolo, poeti più grandi,non usano quegli artificisoltanto in forma, per cosìdire, ornamentale e divariabile, ma anche eintensamente in formaespressiva, saturando di echie grovigli fonici i momentipiù‘lirici’,chedunqueanche
da questo punto di vistaspiccano sul rimanente. EforsesipuòdirecheFoscolo,per eccellenza ‘espressivo’,accentua i già stupefacentieffetti pariniani: fortissimo èilcontrastofralealtretratteequella sulla battaglia diMaratona o la finale, che fral’altroammettonoravvicinate
quellerimevereepropriechein precedenza erano quasisolo a distanza, e comunquele inseriscono in un tessutofonicamente densissimo e‘ridotto’ che per così direesaltaogniformante.
Giunti agli scioltileopardiani, si procederàovviamente secondo la
cronologia di composizione,senza riguardo – in linea dimassima – alla collocazionevoluta da Leopardinell’ordine dei Canti. E sipartirà ovviamente dagliIdilli:quinonsiinsisteràmaiabbastanza sul significatodell’opposizione del lorometro, veicolo di libertà,
flusso sentimentale einteriorizzazione, a quello,pur progressivamente‘liberato’,delleCanzoni,sedidel mito e della storia,eventualmente dei doppidell’io (da Simonide in poi),ma non del puro ioesistenziale. Tuttavia nonvanno trascurati gli incroci
fra le due esperienze: perchéselatecnicadelleCanzonivapure ritenuta responsabiledell’intrusione – chedocumenteremo – difenomeni rimici e pararimicinegli sciolti degli Idilli;d’altra parte, e soprattutto, leprime ospitano per motivi dicontenuto un testo in sciolti,
l’Inno ai Patriarchi, sempreconsiderato da Leopardi‘canzone’,eunacanzoneverae propria, l’Ultimo canto diSaffo, che nei diciotto versidellesuestrofeospita iprimisedici sciolti, per chiuderecomeincontrotempoconunacombinatio baciata disettenario-endecasillabo. Si
puòdirechenelledueseriesiattuano processi diliberazioneproporzionalmenteinversi.
Naturalmentelabrevitàdeiprimi due idilli inibiscetroppo sfoggio di rime.L’Infinito ne ha solo una,interna, grammaticale e nonvicina, mirando 4 (in
consonanza col precedentesedendo)–comparando11,eperò si tratta di due paroleintensamente tematiche: puredistante è la consonanzaorizzonte-presente 3-12 (macfr.anchevento8,pianteint.9 che a sua volta risponde aparte 2). Notoriamente ilfenomeno più spiccante e
originale è la quasi-rimadoppia in sospensione«interminati / Spazi…sovrumani / Silenzi» 4-6,maancora va rilevato,specialmente nell’area nasalegià emersa, l’ulterioreserpeggiamento «Sempre» –«Silenzi» – «pensier» –«silenzio» – «sovvien» –
«Immensità» – «pensier». EAmbrosini[7] ha notato ildominio globale dellasibilante s: come dire ilfruscio dell’infinito. Ilcarattere totalizzante dellesonorità,franasaliesibilanti,èunaltroaspettodellagittataunicadelpensieropoetico.
Più classicamente ma
parimenti stretta Alla luna.Consonanza rammento –pianto 1-6, quasi-rima riccarimirarti–rischiari3-5,rimaint. antitetica graziosa –travagliosa1-8(mapassandoper la quasi-rima connebuloso 6), rima int. nellaprima redazione vicina etate– passate 11-15, e
qualcos’altro. Invece hadiverso carattere anche daquesto punto di vista ilFrammento XXXVII,scherzoso, dialogico e inassenza dell’io poetante: maanch’esso probabilmente del1819edapprimaappartenenteagli Idilli. Due rime, stava :approssimava 3-7 e parea :
stridea 6-11, più una internadi gerundi 15-17, e unaaltrettanto facile di infiniti diseconda 25-26, consonanzaguisa – cosa 19-21, ed è insostanza tutto; però ciò chepiù colpisce, ma in caratterecoltono,sonoleepifore,cioèlenotetenute,diprato4-9-14(il secondo int. ma in chiusa
di periodo), luna sempre int.3-6-14-22-27, stelle al m.nello stesso v. (botta erisposta, a gradino) 24; nonper nulla il primo e l’ultimov. finiscono con la parolasogno, che era quella deltitolo originario. Qui dunquele ripetizioni sottolineano gliattanti principali del breve
mimo.
Un anno dopo, nella Seradel dì di festa – media perdata ed estensione fra gliIdilli –, la tecnica esperitanell’Infinito e in Alla lunacolpisce ancor più perchéattuata su scala più larga eanche uniformementedistribuita. E si capisce,
perchédi tutta laseriequestaè la lirica in cui la presenzadell’ioèpiùforteedolorante(«io doloroso, in veglia»).Dunque: rima int. Chiara :rara 1-6; vento – sentiero alm. 1-5; paromasia affaccio –affanno (da travaglio) al m.12-14(ecfr.pianto16);rimaprolungata onnipossente
(seguitoduevoltedaspeme):fieramente al m. : accidenteal m. : Bramosamente al m.(con spento 42) : similmenteal m. (effetto di correzione)13-28-33-41-46, l’ultimo inchiusa del testo; pianto –quanti 16-19 (preceduto nelverso da un altro quanti), epoiIntantoalm.–Quantoal
m.–canto21-22-25;rimaint.Piacesti:resti19-22;passa–lascia al m. 29-30; fuggito :grido30-34;giorno–umanoalm.–suono31-33;succede– accidente int. 32-33;fragorio : io al m. 36-42;oceano–ragiona(eposa)37-38-39;posa(dacorrezione)–poscia, quasi-rima identica,
38-41ed’altrapartedolorosoal m. 42; spento – canto –Lontanando, tutti int. 42-44-45; e altro ancora. È untappeto tibetano tanto piùlavorato se si considerano lemolte ripetizioni di parole esintassemi (anche in formaanaloga al ritornello) checaratterizzano il Canto. E si
possono notare rapidamentealmeno altre due cose: iltracciato delle voci in -(m)ente che costituisce comeuna spina dorsale fonica (enon solo) del testo; e il fattoche gli echi si moltiplicano,come in un crescendo disignificanti affini, nel finaledelCanto.
Nei due Idilli successivi,più ampi e narrativi (e ilsecondo anche diviso inparti),ifenomeniinquestionedecresconorispettoallequotedella Sera, ma certo nonquanto ci aspetteremmo. Ilsogno: imposte – balcone alm.–sole–albore:amore1-2-6-7; stanza : sembianza :
ricordanza tutte int. 3-10-12;leve – soave int. 4-5;riguardommi : lasciommi :Appressommi int. 6-8-11;pianto :quanto (duevolte)–e sospirando 8-11-14; pareaint.:credea(dacorrez.)9-15.Al contrario che nella Sera,quiè l’inizio ‘lirico’aesseremarcato, e fortemente. In
seguitolapercentualescende:questo – vedesti 16-23; rimaint.Dolor:cor37-39;detti–dilettaint.39-40;era:intera40-43 (con cara, cfr. sotto, etenerella42);altrarimafacileint.Pallor–cor–Dolor59-61-68;amore–allora – sola– soccorra–conforta61-64-67-69-71; altre rime int. o al
m. stava : traballava 85-86,colei : miei 87-88,teneramente-finalmente (conmenti int.) 87-91; giorno-indarno-eterno int. 86-80-93;rima alm. sfortunato : fato :sconsolato (anzi «s. pianto»)90-94-97. Tra gli echiorizzontali citerò soprattutto«Diquellaspemechesotterra
è spenta» 33. Rime epararime si aumentanonuovamente nel finale,mentreciòchecaratterizzalaparte centrale, oltre al lororarefarsi, è la comparsa dirime identiche o meglioepifore, che di solito stannocon gli altri fenomeni inrapportotendenzialedimutua
esclusione, come s’è visto sualtriautori:cara37-42,e79,vecchiezza 52-54 (inopposizione a giovanezza),giorni65-71.
La vita solitaria. Il primomovimento, il cui inizio silegachiaramenteaquellodelSogno («chiusa stanza» vs«cieca stanza»), è unificato
più che altro da assonanze(duediseguitosuàneiprimiquattro versi); s’aggiunganolaquasi-rimaint.Gallinella–augelli 3-9, la rima al m.cadenti : ridenti 5-10(rafforzata da Dolcemente 7)e l’altra ma lontana mura :natura 11-20 (più sciagureint. 19), la rima int. Pietà :
Felicità 15-20, la quasi-rimaquanto – sdegnando 16-18;s’aggiunga magari pioggia –piagge 1-10, e qualcos’altro.Densità notevole, ma ancorpiù lo è quella dellastraordinaria seconda lassa,sorta di controfiguradell’Infinito:«solitariaparte»23 (e cfr.margine 24);parte
–piante alm.23-25; rimaalm. lago : imago 24-27,arricchita da rialto al m. eincoronato 24-25; tranquillaint. – crolla int. (e foglia) –cicala – farfalla int. 27-28-29-31; dipinge – lunge alm.27-32; io :obblioalm.nellostessov.,34;Sedendoalm.–senso35-36 (ecfr.silenzi 38
int.); né vanno trascurati ilritorno della parola-temaquiete 33-37 (la prima voltain fine v.) e la figuraetimologica immoto –commova 35-37, con laseconda parola a sua voltaapparentata a confonda 38,ultima del brano. È unadisseminazione, su soli 16
versi, non meno cheeccezionale.
Va da sé che il seguito,come più narrativo omeditativo, e sottratto aldionisiaco, sia meno ricco,ma pur sempre piùdell’atteso. Terza lassa: mio40rimaalm.allalontanacondesio 49, e questo
esternamente ancora conmio53ma soprattutto riprende larima al m. citata in -io dellalassa precedente; quindivolasti – scendesti al m. 39-44,mano–seno alm.41-44(e scena int. 47), rima int.Speranza : danza 49-51 (eBalza int. 50), consonanza alm.vagabondo–soffermando
61-62,quasi-rimaalm.canto– estrano 66-68, ed è quasitutto. Si può osservare che iritorni fonici sono piùfrequenti nella parte inizialedellalassa,echequi,a43-45,cade l’epifora al mezzo ditempo, quasi fossimo giànelle Ricordanze. Quartalassa: rima int. Mattina :
reina 72-75; false – salve –balze tutte int. 73-74-76, eancor più paronomasia selve-salveint.71-74;rimaint.in-or 74-79;core int. – occorre83-85; rima int. in -endo 88-89;rimealm.mura :spauraibidem e ardenti :menti 90-91; Infesto al m. – cospetto91-92;rimaint.prolungatain
-ar; rima alm. serena : lena101-107(attraversoumanaalm. 103); verdi-seder-erbe (esede 103)105-106.Aquantopare,sihaun’intensificazionedei fenomeni nel finale (cfr.ancheleripetizioniumano,-i,-a 98 ss. e guardo-riguardi98-103). E l’ultima paroladella lassa e della lirica,
l’irrelataavanza, si riallacciaalla stanza che ne termina ilsecondo verso, attraverso lagià notata rima in -anza alcentro. Così forse il core,altra parola irrelata mapregnante dell’ultimo verso,chissà che non risveglil’attacco della terza lassa,Amore,amore…e il relativo
core 48 con cui questo rimaal m. alla lontana. Se ciò èpossibile,questo finale alloraèdoppiamentemarcato.
Inbaseaquantoaccennatopiù sopra, occorre esaminarel’Ultimo canto di Saffo. Istrofa:quasi-rimaint.Notte–ignote 1-5; fato – insueto(dapprima il femminile -a)al
m.5-8;rimaarride:divide6-13; rima int. Polveroso :tenebroso, semanticamentericca, 11-13 (e cfr. dilettosesempre int. 4, da desiate);falsa rima identica carro (esegue ancora carro) – capo11-12; quasi-rima al m.profonde–sponda:onda14-17-18. II: rimaalm.manto :
canto con frammezzo invano19-26-29; cotesta (ma cfr.anchevastadacorrezione15)–addettaalm.20-24efenno– intendo int. 23-27; rima alm.vezzose : flessuose 25-34;rimaint.in-ati30-32(ecfr.-ate36);mattutino–seno int.29-33efaggi30cheanticipala rima finale in -agge. Si
noterà pure che la strofa èricca di sdruccioli, non diradoequiposizionali.III:rimaal m. di nefando 37 colDisdegnando della str.precedente, 35; torvo – volto(da correz.) 38-39; misfatto(anche questo da correz.) –disfiorato int. 41-42; Spande– arcano 2 volte – pianto –
sembianze 2 volte 45 ss., epianto al m. 47 rima con lacombinatio finale; speme –amene al m. 49-51; virili –liraint.52-53.IV:rimaint.in-à 56-57; rima int. Ignudo :crudo 56-57 (con lungo 58);rima int. in -or 58-60 (dacorrez.)–63;indarno–vano(stessov.)–implacatoalm.–
avaro59-63;rimaint.in-ato60-62; sogno-ingegno 64-70;la tematica fanciullezza :vecchiezza int. 65-67; tante /sperate palme 68-69; daaggiungere Vivi – Visseentrambiainiziodiverso,61-62. Come si vede, il bottinonon è meno ricco che negliscioltiveriepropri.
Due mesi dopo l’Ultimocanto (luglio 1822) Leopardiscrive una Canzone tutta insciolti, l’Inno ai Patriarchi.Vediamo. I lassa: rimatematicacanto:pianto1-7(ecfr.Lodando3);quasi-rimaalm.padri–cari2-4;eterno–estremo, come poi in A sestesso,3-9(ecfr.pureetereo
al m. 8); quasi-rima al m.armaro – parto 17-19; rimaint. in -ato 19-21; insuccessione grembo-materno20.II:padre–errante24-25;valli (da correz.) – colli 27-32; rima int. errante :anelante 43-49, preceduta dasangue – nefande (dacruente) 39-41; quasi-rima al
m. incesta – secreta 41-44;quasi-rima alm. venti – tetti45-46 e poi ricetti al m. –inerti (da correz.) – imbelli50-53-55; rima alm. lontanaventi : menti 45-55 (e cfr.pentimento int. 48). III:mugghiante 57 che ripeteanelante di II al m., 49 (macfr. anche natanti al m. 60);
Scampi al m. – empi 59-65.IV:menti 78 al m. in quasi-rima con frequente 81. V:rima lontana cara : ignara90-97; dilettosa 90 che farima interna seppure lontanacol vezzosa della lassaprecedente, 83. VI: rima int.Cura : natura 106-12; bosco– giorno – nostro 107-109-
110; quasi-rima alm. violate– ignorati (corr.da inesperti)114-115 (e cfr. Scellerato111); educa : ignuda nellostesso v. 116. Stante lamaggiorlunghezza(unavoltae mezzo) rispetto all’Ultimocanto,ilbottinosembramenoricco, anche in virtù di variesoluzioni ‘facili’ e della
lontananza di varie rime, esoprattutto sembra che loslancio decorativo dell’iniziosi attenui sensibilmente nellelassesuccessive.
Le Ricordanze sono comeèbennotogliuniciscioltideiCanti pisano-recanatesi (ivicompresis’intendeilPasserosolitario e l’Imitazione): per
certi aspetti si collegano agliIdilli più ampi,Sogno eVitasolitaria, e in genereripropongono, ancor piùdiffuso, l’io esistenziale diquella serie.Ma è opportunosegnarne soprattutto ladifferenza, lunghezzaaparte,dagli altri Pisano-recanatesi.Perché se da un lato
continuano la poetica dellarimembranza di A Silvia,dall’altro però sidifferenziano nettamentedalle altre due modalitàprincipali della serie: l’iospettatore inpraesentia e poigiudice razionale, el’espressione indiretta del séattraverso allegoria e alter
ego.Èun flusso inarrestabiledi sentimenti e sensazionirisvegliatidairicordi,ecometale sollecita fortemente ifenomeni di cui ci stiamooccupando.
I lassa: quasi-rima int.Paterno–albergo3-5;quasi-rimaalm.giardino–fine3-6;allora–zolla9-10;«Mirando
il cielo, ed ascoltando ilcanto» 12 : sussurrando int.15,ecfr.peraltroversovento15 e poi tetto 17; rana –campagna 13; cipressi –immensi 16-19; lontano –arcani, arcana 21-23; quasi-rima identica int. Monti –mondi21-23;rimaalm.fato:cangiato (ultima parola della
lassa) 25-27. È subitoun’intensa caratterizzazionearmonica. II: dannato al m.29cherimaconl’ultimarimadella lassa precedente eanticipa abbandonato al m.38(dasolitario);rimainversaint. Strani – dottrina 31-33;segno – divengo – rendo –perdo 37-40-42-46; rima int.
in -or 42-45 (e cfr. fiore infine lassa, 49); rimaderivativa int. Giorno :Soggiorno 46-48; diletto –questo 47. III: ora 50 (fineprimo verso) che fa quasi-rima con fiore, ultima paroladella lassa precedente, e cfr.anche terrori al m. 54; sentaalm.edentro–sottentra (da
correz.) – presente al m. –armentialm.:possente alm.56-58-59-63-66; fianco –parlando int. : sibilando int.65-66-69;queste–finestrealm. : celeste al m. 68-69-76;Mistero int. – intera –ammira (ultima parola dellalassa) 72-73-76. IV: età 78che rima con beltà alla fine
della lassa che precede,mentresperanze,speranzedelprimoverso richiamaamantediIII,74;rimaint.in-ar79-80; tempo – intendo 79-81;rimalontanafrutto:tutto83-93, passando per oscuro 85;ripenso – dolente – Sentotutte int. 88-91-93; rime int.di futuri in -rà 96 ss.; rima
int.mia : fia 97-98; rima int.in -ammi 96 ss.; certo :acerbo 99-101. V: contentiint.–lungamente(dacorrez.)– sedetti int. 105-106-107,poidolorosamenteinclausolasolenne 114; rima al mezzodesio : mio 105-109 e int.ricca dolor :Malor 109-110;forse–fiore110-111;rimaal
m. quasi identica spesso :stesso 113-117; rima int.Lamentai : cantai 116-118;poetando – canto : quando115-118-121. VI: giovinezza(da correz.)-Vezzosi 120-121;giorni-intorno 120-123;primieramente 123, cfr.sopra; mondo – inchinando126-129; lampo – tempo (da
correz.) 131-134. VII: rimaint. in -ar 137 ss.; finestra –deserta al m. 141-144; rimainversa odorati – vita int.151-153;rimaint.Cor:amor157-158; altra rima inversamia – giammai 164-165;torna–giornoalm.164-166;amore–miroemira:sospiro165-167-169-170; sento –
sensiint.167-172.
Vanotatoconforzachenellungo testo i già imponentieffetti rimici e pararimicisono accompagnati, oltre chedalle consuete allitterazioni earmonizzazioni orizzontali(«Viene il vento…» 50,«Delle torre del borgo eraconforto» 51, «Dolce…
dolor…» 58, «al tempo chel’ecerbo indegno / misterodelle cose…»), da tutta unaseriediritorniverbalidivariotipo,eprimadituttodiparole‘vuote’, il che mi pare nonabbia uguale neiCanti, ed ètale da indurre continuiparallelismi che sul pianolessicale o sintagmatico sono
come l’equivalente deifenomeni fonici registrati.«Quante… quante» 7; «Eche… Che…» 19-20;«arcani… arcana…» 23;«Qui… Qui…» 38-41;«Senz(a) … senza» 39;«caro… più caro… piùche…» 44-45; «Quella…queste… Quei…» 61-63;
anche «indelibata, intera…inesperto» 73-75; «Osperanze, speranze…» 77;«… sebben… sebben…» 84-85; «E quando… quando…»95-97; «Sospirar mi farà,farammi acerbo» 101 (quicome altrove, reduplicatio);«Passasti… passasti…» 149-152 (e «passar» 150), e cfr.
159-160; «splendea,splendea» 154; «Quel…quel…» 155; la continuainvocazione di Nerina, 157ss.; «Se a feste… Se aradunanze… a radunanze, afeste…» 158-160; anafora di«Dico» 160-164-168; «Tunon… più, tu più non» 161;«Se torna…non torna…non
torna» 162-164-165 ecc. Èuna fioritura impressionante,chenonacasosifapiùriccaancora nella lassa finalededicata a Nerina, al cuinome infatti èdiretta la seriepiù diffusa di ripetizioni delCarme. Questa costante diampiezza inusuale, e forsesoprattutto questa, che non
pernullavaspessoatoccareideittici di prossimità, ci dicedunque che siamo di frontealla liricaincuipiùLeopardisi abbandona alla propriaemotività,inunariscopertadiluoghi e persone eccitata dairicordi: una lirica, piuttostoche ‘onniaccogliente’,onnipatetica, e perciò
fonicamente e lessicalmentediffusiva.
Nel cosiddetto ‘Ciclo diAspasia’ hanno a differenzadegli altri uno spiccatocarattere narrativo (ecopertamente oscopertamenteautobiografico) due testi,ConsalvoeAspasia,edunque
sono in sciolti che – si puòanchedire–modernizzanolaformadelle terzinedanteschedel Primo amore. PartiamodalConsalvo. I lassa: epiforasu tempo 2-5; rima al m.sospirato : abbandonato :stato5-7-11(ecapo4,fiancoal m. 10); lieto – detto –ripetutoint.15-16;rimaalm.
costante:amante17-18;rimaalm.solea:avea18-22;rimaint.amor – timor 19-22, piùamore23,ultimaparoladellalassa. II: rima al m. e poiperfettaSentendo:stringendo: rendo 26-28-31;dogliosamente al m. –prevenne–discende (in rimalontana con rende 34, da
correzione) 37-41-43; rimaint.Vedrò :udrò48-49; rimaal m. lasciarmi : donarmi :vantarmi 50-51-53; quasi-rima int. semispento (dasemivivo) – Eternamente 54-56. III:atto 59 (primoverso)in rapporto con detto dellaprecedente, 56; rima int. in -ea 62-63; core – ardori (da
correz.) 63-66 (e sospiro 69,pure da correz.); anni (dacorrez.) – affanno 68-71;quasi-rima int. Argomento –Dolcemente 69-70 (e cfr.amante int. 74). IV: quasi-rimaappariro –Elvira75-78epoiepiforaconaltraElvira85 (collocata in fine versoconcorrez.);rimaalm.tenea
: battea 78-79; rima int.ancor : amor 82-87 (nellevicinanzeamore emorteduevolte ciascuno); affetto –contento (da correz.) 92-94;rima int. sorte (da destin) :morte 99-100; quieto (dacorrez.) – sofferto 103-107;rimaint.in-ato109-112-114-118, con l’accompagnamento
di cotanto 111, patto 114,volando 116. V: epifora sugiorno 125-127 (più altrogiorno int.129esogno123).VI: sembiante al m. –«Quanto, deh quanto! 131-133, quindi pianta 135,gelando136;rimaint.amor:cor:amor133-136-142:rimeint. di -ar (più amaro) e -ir
infinitivi,137-138e137-140;rima al m. Passato : dato142-143; quasi-rima int.diletta (da correz.) – affetto145-147.
Con qualche maggioreaccensione, Aspasia,conclusione e liquidazionedel ‘Ciclo’, è sulla stessalinea, a cominciare dalla
presenzadiepifore,sugiorno9-13, come nelConsalvo, sufianco 18-28, suapparve 26-33. Per il resto, I: lampeggia3 – piaggia 11; accolta –dotta13-20; laserie fianco–sonanti– intanto – desiato –raggio – fianco – braccio –ululando 18 ss. e quando –porgendo int. 20-24. II: rima
int. in -ar 37-43; ancora –incolpa44-47;rimaint.adira: inspira 47-50. III: stessa inrima alm. con essa di II, 5;Potesti int. – intensi –Movesti – concenti 63 ss.;ignora: «ad ora ad ora» 67-73 (più adopra – ascolta –morta69-70);rimaint.in-or68-75-77; quanto : tanto –
spento 72-75-77 (econoscente int. 82); vivi –Diva 74-78; adora – chiaro80-82; rima int. beltà : già81-86. IV:piegar 90 in rimaint. con tollerar di III, 88;rimaint.in-or91-93-96-101;tremante – sommessamenteint.95-98;seriesuatonica-o97 ss., rima int. in -ar 101-
105; contento – senno int. –giacendo105-106-111;affetti–vendetta alm.;Orba int. –erba107-110.
ComenelConsalvo, non ètanto la quantità degli echifonicichefadifetto,quantolaloro qualità: rime tronche,grammaticali, lontane ecc., ele epifore che segnalano la
fuoruscita dalla fluidità liricaversolascansionenarrativa,esi consideri infatti l’uso chene fa un grande narratore inversi come Parini. Ma ilCanto si caratterizza per laquantità, cheappareanchediragione ossessiva, delleripetizioni verbali: alleepifore citate si aggiungano
fiorita – fiori – fiori 11-12-15, beltà – bellezza 34-35,Vagheggia, -are 37-43,amorosa – amante – amar –ama–amanti39ss.,donna–donna 42-48, Che… che…che… e che… 64-65, amaiduevolte71-78,vita–vivi–vita 72-74-79, Bella… bella75,Narra… Narra 89-90, a
cui… a cui 90-91, mio-mio92-93,Me…medime95-96,Ogni… ogni… ogni 97 (più100) ecc. Anche il nomeAspasia tornaadistanza, I,2e III, 63-70: ma mentre ilcontinuonominareNerinaeraun abbandono a un ricordoincancellabile e dolce, comeun non sapersi staccare dal
nome che era la cosa, qui laripresa fa transitare il nomedella «donna» (così,anonimamente, a 34) dalricordo della sua attrattivasensuale alla sua duracondanna, di chi sta per(vuole) staccarsene («Orquell’Aspasia è morta / Chetantoamai»).Ma tornandoal
punto: da una parte la noninvasivitàdegliechi fonici fascorrere un racconto che èanche la «vendetta» (cfr.110),madall’altrailcontinuoritorno di lessemi cheriguardano lei, l’io, l’amore,la ritorsione configuraappunto un’ossessione chel’andamento costruito e
direzionale della storia nonriesceavincere.
Infine, rompendo per unavolta la consecuzionecronologica, consideroassieme ilPepoli (1826) e laPalinodia (1834), per moltiversi affini, a partiredall’impostazione allocutivo-epistolare. Prendendo la
prima lassa del Pepoli, eccocheoltreaqualcheassonanzabaciataeaunarimaint.in-àre a una sempre int. vero :nocchiero, 9-16-20 e 18-19,compare quasiprevedibilmente un’epifora,suvita 8-15 (la parola ancheall’interno, tematicamente, 2e 17); lontana la quasi-rima
periglio – famiglia 26-35;altra epifora sumano 44-55,supportatadainvano58egiàda manto 52. Quasinient’altro, e le lassesuccessive mostrano anchemeno. Da citare semmai acavallodi lassa indarno 86–fraterno 89, la rima perde :verde 112-116, e piante –
canto –piagge 126-130-131;anche l’ultima lassa si legaalla penultima, ma mediantela rima int. facile in -àr.Pochissimoaltro.QuantoallaPalinodia, tastiamo tre lasse.I: rima int. in -ài con erraidue volte 1 ss.; rima al m.odorato:fato:onorato6-11-14 (e prima beata 5, poi
gelatialm.16);rimaint.in-or 17-23;epifora suvidi, poiripetuto all’int. a 28, 20-24;rimaint.studi:virtudi26-27;rima al m. ansando :meditando 31-35 (piùvedendo 34 e Stupende int.27,cheperaltroversovaallalontana con Profondamente36); qualche assonanza, tra
cuiquellaanchesemanticadi18-19,rifulse–luce.IVlassa,dove si raccoglie poco:qualcheassonanzaprossimaericca (ad es. repugnanti –parti 100-101, innanzi –panni 108-111, fabbri –leggiadri 112-115), e lequasi-rime tappeti – letti int.116-118 e Certamente –
appartamenti al m. 116-119;rima al m. identica sudischiuso 126-127 e int. suvie 130-132. E ora l’ultimalassa:segno,primov.,260,farima al m. con pegno dellalassa anteriore; ciel e sfavilla263annuncianodonzelle264,velli 267, favellare 276, ville277;comespessorimeint.in
-àe-àr;quasi-rimaalm.vola– prole 265-267 (e prole siripete a 275) ed Eletta –aspetti 274-275; quasi-rimasicuro – spauri 270-273;consonanzaint.Ridi–cittadi275-277, e qualcos’altro. Suunospaziodiventiversi,nonèpochissimo.
Proviamo, in conclusione,
a segnare o riprenderequalche traccia generale.Anzitutto: la sollecitazionefonica degli scioltileopardiani viene dopo – atrascurare esempi più lontani– quella imponente di variezone del Giorno e deiSepolcri, ma si hal’impressione che rispetto ai
momentipiùaccesidell’unoedegli altri Leopardialleggeriscaalquantoe,comedire, ‘nasconda’ di più.Sfolgora anche in questo lastraordinaria personalitàtecnica del poeta, o diciamomeglio il suo orecchio, unatecnicamaiostentataequindimai decorativa, ma sempre
sottomessa al messaggio.Anche negli sciolti ilmessaggio è detto con uncontinuo – ma per lo piùsegreto – sommovimento osollecitazione dei significantiche a guardar bene non sonoaltro che una manifestazionedi quella vitalità che per ilpoeta era l’unico
contrapposto al male divivere e al nichilismo delpensiero, e nella poesianasceva dall’autore e sicomunicava al lettore con lasuaenergia,qualichefosseroi contenuti, anche i piùnegativi, del testo. Ed èinteressante commentare unaspetto che risulta dai dati
offerti, e cioè che spesso leconcordanze fonicheprovengono da correzioni (ilfenomenoinversoèpiùunicoche raro): eloquente inparticolare il caso delConsalvo, che senza ilnumero più alto del solito diinterventiintalsensosarebbestato piuttosto nudo. Si può
anche dire che l’animazionefonica degli sciolti avvieneconglistessimezziconcuièrealizzata la corrosionemetrica nelle Canzoni libere,e già nelle Canzoni‘tradizionali’stesse inquantosi liberano dagli schemiusualienecreanoicompensi,o arricchimenti. Quello
dell’Ultimo canto di Saffo èqualcosadipiùdiunepisodioparticolare, ma ci suggeriscecheneltotaledeiCanti,comemostrano i nostri spogli,Canzoni e sciolti, scritti sudue tavoli diversi, da unaparte si oppongono madall’altra si incrociano e siregalanopiùdiqualcosa.
Già utilizzati nelleTraduzionipoetiche,seidellequali,daMosco,sono‘Idilli’in sciolti, come anche Lerimembranze del ’16[8], inquellichesaranno iCantiglisciolti prendono posto subitonegliIdillidel’19equindiintuttalaserie:edèinteressantechequellopoiconfinato tra i
Frammenti (XXXXVII, Odi,Melisso), e di tono tutt’altrorispetto ai compagni, abbiaanche per i fenomeni inquestioneunafisionomiacosìdifferente. Fra i cinque Idillicanonici spicca peranimazione dei significantiLa sera del dì di festa, dovepathos e personalismo
esistenziale sono più forti; esono più o meno le ragioniper cui si caratterizzano allastessa maniera la secondalassadellaVitasolitariaepoi– pariteticamente su tuttal’ampia superficie – leRicordanze, più diretto eredefra i Canti pisano-recanatesidegli Idilli ed espressione,
con un flusso quasi infinito,del patetico e del‘sentimentale’ delle istanzememoriali. Ma intanto ladisseminazione deisignificanti diventa moltomeno sensibilenell’occasionaleedidascalicoPepoli;epoiperaltreragioninei due sciolti dei Canti
fiorentini, Consalvo eAspasia, dove laconcentrazione lirica cede aun andamentofondamentalmente narrativo,magari anche disperso (e ilmutamento è segnato fral’altro dall’instaurarsi diepifore in luogo di rime opararime); e ancora e
ovviamente nella sequenzadidascalica e meditativa esatirica della Palinodia,rappresentazione e criticastridente del moderno cherichiede, come si vede benedal lessico, non omogeneitàmaplurilinguismo,senonsiail sarcasmo stesso a eccitarela rispondenza dei
significanti. Grosso modo, sipuò dire in generale che ladisseminazione fonica èproporzionale al grado di‘lirismo’ e passionalità deltestoinoggetto.
Ma c’è un’altracorrelazione evidente, chenon è più col tonocomplessivodeltestomacon
le sue sezioni. Dagli spoglieffettuati risulta chiaro chetendenzialmente (o quasisempre) – e anche in unregime non accentuato delfenomeno – rime e pararimesiinfittiscononegliattacchiedelle chiuse dei testi,fungendo,comegiàavvenivaparticolarmente in Parini, da
loro ‘segnale’, come unacarica e scarica elettriche.Infine merita attenzione ilfatto che rime e pararimetendano a situarsi, piuttostoche in fine di verso,all’interno o al mezzo.Certamente è in gioco latendenza di Leopardi, poetasempre segreto, anascondere
ed ovattare questi fenomenianzichéesporli–chesarebbeanche una violazione troppoesplicita del genere metricodeglisciolti.Maandràtenutoconto di un altro fattore, ecioè dell’abitudine diLeopardi, poetadell’inarcatura continua, ainiziare o chiudere periodo o
fraseancorpiùall’internocheallafinedelverso,sicchénonè più questa ma l’interno acalamitare le rispondenzefoniche.
[1] Nell’assieme dei testi cheesamineremotral’altro,conl’eccezionediParini,mancanoquasiassolutamentele uscite sdrucciole e, se non ho vistomale,assolutamenteletronche.
[2]Dal Muratori al Cesarotti, vol.IV, a cura di E. Bigi, Milano-Napoli,Ricciardi,1960,pp.87-269.[3] V. Monti, Opere, a cura di M.
Valgimigli e C. Muscetta, Milano-Napoli,Ricciardi,1953.[4] L’unica che vedo è però al
mezzo, Mg 422-423, e cfr. anche lacelebre aita aita : impietosita, ibidem669-671.[5] Altrove (Attraverso la poesia
italiana. Analisi di testi esemplari,Roma,Carocci,2008,p.123)honotato,
oltrealmagisterosintatticodelbrano,iltrattoanchegenialedelleparoleinfineverso tutte plurali con l’eccezione delversod’avvioedelfinale,placante.[6]Dal Muratori al Cesarotti, cit.,
pp.270-275.[7] R. Ambrosini, Per un’analisi
linguistica dell’«Infinito», in«Linguistica e letteratura», VIII, 1983,pp.65-80.[8] Cfr. ad es., la versione del
secondodell’Eneide,dicuihospogliatoi primi 312 vv.: rima al m. Infando :
miserando : ragionando 2-5-11, piùpianto 10 e persuadendo al m. 13;quasi-rima infine – divina 18-20; id.stanchi: fianco 19-26; epifora su lido33-39; rima e quasi-rima gittasse –ardesse – forasse 52-54; epifora conpoliptoto occulte-occulta 53-63 (e dinuovoocculte80);quasi-rima fianco –inganno54-61ecc.Latecnicaèpiùcheesplorata,manon certo al livellodegliscioltideiCanti,ecosìsidicaancheperleversionidaMosco.
VIII
StrutturefiniecostruzionenellaSeradeldìdifesta
LaSeradeldìdifestapresentauna disseminazione di rime epararime.Imotividelcontrastotematico si alternano lungotuttoilCanto,quasirievocando
le forme del fugato musicale.La Sera, che pure non hamaigoduto di una grande famapresso la critica idealistica, èuno dei componimenti in cuiemerge maggiormentel'attenzione per la costruzionedel componimento delLeopardi.
Scritta probabilmente nellaprimavera del 1820, come si
ricaverebbe dai riscontritematicisottocitati.Unasolarima, e non vicina néspeciale, pianto : canto 16-25, appoggiata da quanti 19,mapiùdiunainterna,chiara:Rara1-6(cfr.ancheApparesempre a inizio verso 12),luna : nessuna 3-9 (connotturna6),Cura :natura9-
13, piacesti : resti 19-22,riede:succede(conaccidente33) 26-32, Intanto : quanto :canto al mezzo 21-22-25, eparecchie assonanze,consonanze e quasi-rime perlo più interne e al mezzo,vento – sentiero 1-5, tace –traluce5-6,altro–pianto15-16, verde – riede 20-22,
passa– lascia 29-30 (questa,secondo un’ipotesi pocoplausibiledell’Antognoni,perevitare una rima perfettapassa : *lassa)[1], fuggito –grido – fragorio (a sua voltain rima alm. con io 42) 30-34-36, giorno – suono –oceano 31-33-37, posa –poscia – doloroso 33-41-42,
spento-canto-Lontanando 42-44-45 ecc. Tra queste èparticolarmente notevoleaffaccio – affanno al m. 12-14(lasecondaparolacorrettada un precedente travaglio eappoggiata anche a pianto16).Ecfr.sottoperlevociin-(m)ente.Anche se gli scioltileopardiani sono sempre
attraversati da rime epararime, la disseminazioneche si ha in questo Canto èimpressionante, e forse vaconsiderata omologa aifenomeni di eco e ripresatematicieverbalidicuisotto.
Endecasillabi entro gliendecasillabi appaionoalmeno a 4-5, 23-24. Gli
enjambementssonomenofittiche nel precedente Infinito,ma sono comunque molte lefrasioiperiodichescattanoametà verso, come subito a 4(e cfr. oltre). Particolarmentenumerosi gli endecasillabi dix-6a-10a, veloci e con unlargo spazio atono nelsecondo emistichio, dunque
funzionali al ‘canto’, anchesopra le medie leopardiane(diciannove su quarantaseiversi,eseidiseguitoa35-40;cfr. in particolare «E l’anticanatura onnipossente» 13)[2].Come sempre negli Idilli (unpo’ meno nei Canti pisano-recanatesi)ildiscorsopoeticoleopardiano procede
attraverso un continuo‘legato’: dei suoi quarantaseiversi due in tutto (6 e 44)contengono solo scontriconsonantici (ma il primo èfinemente armonizzato:«Rara traluce la notturnalampa»),gli altri almenounasinalefe, e fino a tre già apartire dall’incipit, e
addiritturaaquattroin2,23e33. Ne consegue, ed è ancorpiù interessante, che tutte lenon poche volte che unanuova frase s’apre al centrodel verso, comincia quasisempre con vocale e diconseguenza si unisce allafine della frase precedentemediantesinalefe:adesempio
«Serena ogni montagna. Odonnamia…» 4, «Tu dormi:ioquestociel…»11,«Chemifece all’affanno. A te laspeme…» 14 ecc.[3]. Unicaeccezione,sevedobene,20.
Nel lessico può essereindicata come elementounificatore del Cantol’inconsueta (a quest’epoca)
frequenza di polisillabi noncomuni in -ente, -mente, colloro potenziale ‘infinitivo’(cfr. specialmente Zib. 1744-1745), e ora raziocinanti oraintensamenteesistenziali,chefiniscono per agire comearmonici successividel testo:onnipossente 13 (prodotto dicorrezione: un solo altro
esempioneiCanti,ecfr.Zib.3746), accasato fra voci in -eme, -emme; fieramente 28(hapax); accidente 33(compare nei Paralipomeni,ma mai nei Canti);bramosamente 41 (altrohapax, e adiacente a«doloroso»), con spento pureall’interno 42; similmente 46
(hapax). Queste parolesolenni hanno tanto piùspicco perché cadono in unCanto che sia nell’estaticolargo iniziale sia nellarappresentazionediundoloreselvaggiopoggiadiregola,unpo’ come avvenivanell’Infinito, sulle catene dibisillabi(«Dolceechiaraèla
notte e senza vento», «Migetto,egrido,efremo»ecc.).
Qui pure comunqueLeopardi costruisce il Cantocon un tessuto lessicalespecifico, ma nello stessotempo per nulla accusato: ailemmi appena elencati siaggiungano traluce 6 (solo -ente nei Paralipomeni, e si
osservi l’effetto d’eco contace 5), lampa ibidem (cfr.Zib. 1066; una sola altraattestazione nei Canti),agevole 7 (solo un’altraattestazione nei Frammentifinali), solenne 17 (un soloaltro esempio nella raccolta),trastulliibidem (unsoloaltroesempio neiCanti), fragorio
36 (altrove menocosmicamente e menofonosimbolicamente fragore),lontanare 45 (già nel soloAppressamento della morte)che riprende l’altro infinitivodi lontan 3 (su parole comelontano, «poeticissime epiacevoliperchédestano ideevaste, e indefinite, e non
determinabili e confuse» cfr.Zib. 1789; per ulterioridistinzioni cfr. ibidem 2053-2054). A questo lessico siaccompagnanonellasintassiipolisindeti così tipici degliIdilli, fin dall’estatico versoiniziale e poi a 2-3, 23 ecc.,ma che qui vanno piuttostoassieme all’affanno delle
ripetizioniverbaliacontattoeai relativi sbalzi o ristagniemotivi: speme – speme 14-15, quanti – quanti 19,piacesti – Piacquero 19-20,Oh – Ahi 23-24, festivo –festivo 31, Or dov’è – ordov’è 33-34 ecc. Allaspecificità generale dellessico del Canto va poi
aggiunta quella checaratterizza in opposizionel’inizio, vv. 1-9, e il seguito.Da una parte, dove sono discenailpaesaggiolunareeladonna (o possiamo dire ladonna-luna?), dominano ilessemi e sintassemi cheindicano coralmente pace eserenità: «senza vento» 1,
«queta» 2, «Riposa» 3 nellaredazione iniziale (poi«Posa»), «Serena» 4, «tace»5, «agevol» 7, «chete» (cheripetendo sia pure convariazione 2 sottolineal’appartenenzadelladonnaalregno della serenità dellanatura), «e non ti morde /Curanessuna»8-9.
Nella più ampia sezionesuccessiva, invece, dove siesprime e si dibatte l’iodolorante, non si contano lesottolineature aggressive edisfemiche, drammatizzatedalle interiezioni e dalleesclamazioni ointerrogazioni: «morde» e«Cura» (alla latina) 9,
«Quanta piagam’apristi» 10,«affanno» 14, «Nego» 15,«pianto» 16 anche rilevatodalla rima, «per terra / Migetto, e grido, e fremo» 23(notare sempre le virgoleisolanti; per il tutto nonbisogna pensare aconvergenza colRomanticismo, ma
all’oppostoconleespressioniveementi del dolore negliantichi,dicuipiùdiunavoltanello Zibaldone, e conimmaginisimili:76ss.,2434-2435,4156,4243),«orrendi»ibidem, «fieramente mi sistringe il core» 28,«accidente» 33, «doloroso»42, «mi stringeva il core»,
chiusa, 46 ecc. E anche inquesti casi, si noti, senzaattingereaunlessicosuperboeraro.
Mediana per data neicinqueIdilli(prescindendodaIl sogno, poi intitolato Lospavento notturno, chedapprima faceva parte dellaserie, poi è emigrato come
XXXVII dei Frammenti), laSeraloèancheperestensioneeperlatransizioneinternadauno stile contemplativo aduno elegiaco e narrativo; ecome qua e là riprendel’Infinito e Alla luna (cfr.subitosotto)cosìdàqualcosaaidueIdillisuccessivi,cfr.inparticolare,conPeruzzi[4],11-
13nella prima stesura eVitasolitaria 52-69. Il punto ècomunquechelaSeranonvaassolutamente misurata sullasublime o deliziosa ecompatta brevitas dei dueIdilli del ’19, accusandonel’eterogeneità tonale e lamancanzadiunità (purtroppoqualcuno è arrivato perfino a
definirla un «Infinitocontraffatto da un commentoinopportuno»!).
Il fatto è anzitutto che quisi passa, come ha fissatobenissimo Blasucci, dall’iometafisico dell’Infinito e daquello contemplante di Allaluna, a un io ‘singolare’ esofferente, come mostra
subito la frequenza delleinteriezioni e delle disarmateinterrogazioni consecutive,con un ductus anche perLeopardi estremamentemosso e libero dallecostrizioniversali(ilrapportotra i versi che iniziano dopoinarcatura e quelli cheiniziano dopo pausa di fine
versoèdi34a11!),einoltretendenzialmente franto inperiodi concisi o brevissimi(16 su 46 versi), cfr. inparticolare22-23,30-33.
Donde il suo carattere diresa dei conti poetica di statiesistenziali (ma ancheestatici)diffusamentedescrittiintestigeneralmente‘privati’
anteriori o contemporanei:Ricordi d’infanzia e diadolescenza, p. 1190Damiani; secondo Idillio daMosco29-31;Appressamentodella morte 13-15; Lerimembranze1-3;Discorsodiun italiano sopra la poesiaromantica, p. 60 Besomi etal., con citazione di Iliade
VIII553ss.checertohadatoqualcosaall’iniziodellaSera:«Sì come quando graziosi incielo / Rifulgon gli astriintornodellaluna,/El’aereèsenza vento, e si discopre /Ogni cima de’ monti…» (ecfr.anchePetrarca,Tr.MorteI 166 ss.: «senza venti…posar»); Zib. 36, 50-51:
«Dolormionelsentireatardanotte seguente al giorno diqualche festa il cantonotturno de’ villanipasseggeri. Infinità delpassato che mi veniva inmente, ripensandoaiRomanicosìcadutidopotantoromoreecc.», ibidem 398: «io migetto e mi ravvolgo per
terra…»,515-518:«osservateche forse la massima partedelle immagini e sensazioniindefinite che noi proviamopure dopo la fanciullezza enel restodellavita, non sonoaltro che una rimembranzadella fanciullezza ecc.», 529,718-720; lettera al Giordanidel 6marzo1820,Epist.,ed.
Brioschi e Landi, num. 287:«… poche sere addietro,prima di coricarmi, aperta lafinestra della mia stanza, evedendo un cielo puro e unbel raggio di luna…», e allostesso, 24 aprile delmedesimo anno,Epist., num.298: «Io mi getto e miravvolgo per terra,
domandandomi quanto miresta ancora a vivere»; inseguitocfr. soprattutto,per ilfascino del canto lontano dinotte, Zib. 1928-29, 4293; efra i testi altrui si ricordinocon Binni, anche qui,soprattutto iCanti di Ossian(motivo dell’ubi sunt, quellodelcantoches’allontana…).
Ma non mancano echi,formali e tematici, delrecentissimo e istituzionaleInfinito: cfr. i rispettiviattacchi:«Sempre caromi fuquest’ermo colle / E questasiepe…»e«Dolceechiaraèla notte e senza vento, / Equetasovra…»,anchecon lastessa accentazione e
distribuzione per bisillabi, ilvento parimenti in fine versoecc., nonché ovviamente ilpassaggio dal piano spazialeal temporale con l’identicorichiamo alle «mortestagioni»,ecfr.perentrambiitesti Zib. 50-51 cit. pocosopra. Con Alla luna c’èinvece, meno decisivamente,
soprattutto qualchecoincidenza di vocabolario(pianto in fine verso,travagliosa-doloroso inanalogo contesto, affanno,etate ecc., e d’altra parte ilverso iniziale analogo percontenuto e terminante comequello della Sera con unavoce in -ento, mentre sono
similari i rispettivi vv. 7-8 e15-16). Per situare poi ilcarme in una sensibilitàd’epoca, basterà citare unbranodidiariodel fratello inmusica di Leopardi, Chopin:«È già notte tarda. E non hovoglia di dormire; non socosamimanca, e ho già piùdivent’anni»[5].Eanzisipuò
risalirediparecchidecenni,aun passo del Saggio sullapittura di Diderot: «E se ne[di un torrente] sento lostrepito in lontananza, senzavederlo, mi accadrà di dire:“Così sono passati queiflagelli così famosi nellastoria: ilmondo resta, e tuttele loroimpresesisonoormai
dissipate in un vano rumoreche riesce solo a farmifantasticare”»[6].
Diversamente dall’InfinitoedaAlla luna laSeraapparefondata su contrasti tonali,tenendo pure presente che lacontemplazione lirica si faessa stessa tramite diinfelicità e che, come ha
notato acutamente la Muñiz,qui come già nell’Ultimocanto di Saffo «la bellezza èper se stessa – in quantosilenzio insondabile,ignoranza e indifferenzadell’inanimato–ilsegnoelaforma canonicadell’esclusione», e cfr. ancheGirardi, p. 892 (cfr. del resto
il vero e proprio sviluppo diZib. 718-720, 5marzo 1821:«Egli sente subito econtinuamentechequelbello,quellacosach’egliammiraedama e sente, non gliappartiene. Egli prova quellostessodolorechesiprovanelconsiderare o nel vederel’amata nelle braccia di un
altro, o innamorata di unaltro,edeltuttononcurantedivoi. Egli sente quasi che ilbello e la natura non è fattaper lui… Egli insomma sivedeeconosceesclusosenzasperanza…»). Tali contrastisono spesso veicolati dallatecnica dell’‘improvviso’:«… O donna mia…» 4,
«io…», senzaaccompagnamento dicongiunzioni,11,«…Intantoiochieggo…»21,«Ohgiorniorrendi…»23,«…Ahiperlavia…» 24 (sobbalzoacustico), «… Ecco èfuggito…» 30 (cfr. ad es.All’Italia 127, Sopra ilmonumento di Dante 150,
AllasorellaPaolina95e97),che a sua volta trae ulterioreefficacia dal fatto che questiimprovvisi prendono inizionon dall’attacco ma dalcentrodelverso,squilibrandoil rapporto fra discorso emetro. Ed entrambe lesituazioni sono fortementeconfermate dalla redazione
primitiva dell’incipit, tantoinferiore poeticamente allasuccessivaquanto tonalmentee strutturalmentesignificativa:«Oimè,chiaraèla notte e senza vento» (cfr.«Oimè, quante ferite…» diAll’Italia8,confunzionenontroppo differente). Sarebbestato(Contini)l’unicocasodi
attacco interiettivo deiCanti,paragonabilesolamente,maainiziodilassaenonassoluto,aquestaaperturadelPasserosolitario: «Oimè, quantosomiglia…», dove valevapure a compattareimmediatamente purezzadella natura e dolorepersonale. La mirabile
correzione in Dolce e (sortadi ysteron proteron: Peruzzi;e la notte è come sentitaprima di esser vista: G. DeRobertis) non ha solo creatounodeiversipiùaltiesofficidella lirica universale, manella logica contrastivadell’idillio ha determinato ilpassaggio, oltre che dal
soggettivo all’oggettivo,dall’esplicito all’implicito edall’immediato al differito.Ne risulta in particolarel’unico attacco paesistico deiCanti (troppo diversa è laprima lassa del Tramontodella luna) che non siaevocato per allocuzione ocomunque inpresenzadell’io
masidistendanella suapuraessenza, metonimia delbello[7].
Resta naturalmentefondamentale che quellageniale correzione aggiungeun elemento – e nellaposizione forte dell’attacco –al carattere della descrizione,checomeètipicodiLeopardi
(cfr. A Silvia, la Quiete, ilSabato…) non è globale oriassuntivo, ma distributivo:tre qualificativi per la notte;non solo i tetti ma anche gliorti; non le montagne ma –fruttodellacorrezionedidueversi in cui figuravanoappunto «le montagne» –«ogni montagna», anche con
legato fonico (eccellente lachiosa di De Robertis sr.:«tutte cioè e ognuna… Levedi ad una ad una, e leabbracci con lo sguardo»);«ogni sentiero» (quando è ilcaso Leopardi non temeaffatto la ripetizione!); e lostesso «Rara traluce…» (cfr.con La Penna Virgilio, Aen.
IX 189-190: «lumina raramicant… silent late loca», eanche Aen., IX 383 e 507-509[8], ed entro Leopardi ilsuccessivo«Aure,lenubielatitania lampa», AllaPrimavera 41). Inoltrel’inserzionediDolce rafforzal’assetto aggettivale,qualificativodelladescrizione
iniziale, contrapposta ancheinciòalseguito,poverissimodiaggettivi e invece fondato,come s’addice a unopsicodramma tragico, sugliincontri verbo-sostantivo(«piaga»–«apristi»,«speme»– «nego» – «speme»,«brillin»–«pianto»ecc.).
È l’occasione per
accennare ad alcune altrecorrezioni di questo Cantomolto lavorato. Ilmovimentoè in primo luogo nel sensodell’attenuazione classica:travaglio 14 > affanno (pergli acquisti fonici cfr. sopra);vestigio > quasi orma; sitravolge(iltempo)32>seneporta; slontanando 45 >
lontanando; odell’indeterminazione, che èanche portare gli eventi e ilcompianto personali su unpiano universale:eliminazione di da quand’ionacqui 11 e di Non ebbi nèsperainèmerto12,passaggiodaFindaqueglianni46aAlmodo istesso e poi a (Pur)
Già similmente, e ancheQuesto canto > Un 44,mentre a 42 è contratta unacoppiaaggettivale,perdipiùallitterante, doloroso e desto> doloroso, in veglia. Unasolaeliminazione,dicheto38(v. 2 e soprattutto 8), puòessere senz’altro assegnata agustodellavariatio.Quantoa
3, del passaggio da «La lunasi riposa» a «Posa la luna»saràmagaricausaefficienteilriposo di 18, ma il fatto èanche che l’umanizzazionedella luna creata dalla primalezione costituiva eccezionealla sublime oggettivitàdescrittiva della sequenzaquale risulta con le
correzioni: come l’Oimèd’avvio contrapponevaesplicitamente e subitol’infelicità personale allaplacidità impersonale delpaesaggio, così riposaopponeva implicitamentequella quiete alla assenza di‘riposo’ dell’io poetico. Ingenereconvienesempretener
presentechemoltecorrezionileopardiane dovute inapparenza al solo gusto dellavariatio,inrealtàsonomosseanche, o soprattutto, daesigenze di precisionesemantica, evidenza(enárgheia), proprietà nelcontesto.Qualcosadianalogodipotràdireper l’evoluzione
del titolo stesso, da «… delgiornofestivo»a«…deldìdifesta» (il sintagma genitivaleè simile in Sabato 7): laragione più vistosa ènaturalmente la presenza deldoppiodìfestivo31e41(piùunaltrofestivo semprea41):ma forse Leopardi ha anchevoluto evitare (come ha
ipotizzato Marati)[9]
nell’evidenza del titolo ilnovenarioisoritmicodi2a-5a-8a già sgradito a Dante?Un’occhiataaititolideiCantimostra che: o non sonoassimilabili a versi, o sonoendecasillabi in due casi(Soprailritrattodiunabelladonna – considerando il
rimanente sottotitolo – e Laginestra o il fiore deldeserto),settenariinaltri,einaltri e più, ma pocosignificativamente, quinari,altre sei volte ottonari(Ultimo canto di Saffo, Ilpassero solitario, La vitasolitaria, Il sabato delvillaggio, Il pensiero
dominante, Il tramonto dellaluna), mentre due sono sìnovenari, ma non isoritmici(Aun vincitore nel palloneeLa quiete dopo la tempesta).Esipotrebbeancheosservareche festa, che diventeràparola-temaneiCantipisano-recanatesi, emana unriverbero sui sentimenti del
soggetto che a festivo,calendariale,nonappartiene.
Ma come funziona lastruttura della Sera? Fra levarie suddivisioni proposte(Straccali, Santagata, Maratiecc.) la più semplice efondata mi appare quella diPeruzzi,indueparti:I=1-24;II = 24-46 (dunque proprio
equipollenti), con la secondaasuavoltadivisaindueparti,IIa = 24-39, IIb = 40-46.Occorre osservare conattenzione come imotivi checostituiscono il contrastotematico fondamentale sireplichino e alternino senzasostasututtalasuperficiedelCanto, spesso attraversando i
confini fra le sezioni, in unaforma che può ricordare percerti aspetti il fugatomusicale. L’impiantotematico così essenziale èarricchitoecomplicatoancheo soprattutto per questa via.Semplificando: la notte siaffaccia a 1-4, poi a 5-6, poiancora a 26, quindi a 43 (e
qui la correzione di «mutanotte» in tarda, contro ilprincipio della variatio,rafforzalasimilaritàcon26);ladonnaevocatasipresentaa4 e in atto di riposo a 7-8,quindidinuovoa11(ecfr.ilpassodegliAppuntie ricordicit. da D. De Robertis),mentreilmotivodelripososi
allarga a riposodi tutti a 38-39;a7-11sihaanaforadiTudormi (con cui in sogno 19),col secondo elementoproveniente da correzione,nonsolo,malapresentazionedel dolore dell’io s’inserisceentro questa: «Quantapiaga…»; l’indifferenzadelladonna per chi scrive è
enunciata a 8-10, ripresa a18-21 per poi allargarsi aindifferenza generale dellanaturaodeltempoa32ss.;ildolore presente dell’io èsbozzato a 10, poi a 13-14,poi a 23-24 per tornareanch’esso in seguito; ilmotivo del canto udito inlontananza è delineato a 24-
27[10] per replicarsi a 44-45(altrabellaosservazionedellaMuñiz: il dolore passatoprefigura quello presente e ilricordo li contiene entrambicome un’immagine enabîme); quello della caducitàdella festa, 30-32, incastratonel motivo più vasto dellacaducità delle grandezze del
passato e del tutto (29-37) siripresentacome talea42-43;con più evidenza strutturale,lasezioneIIbs’apreechiudecolrichiamoall’infanzia.
Altrosipotrebbeosservarenel dettaglio (per es. ladoppia opposizionepronominale «Tu dormi…m’apristi»–«Tudormi:io…»
7-11, ma per il tutto vannotenutipresentisoprattuttoduepunti: che l’alternanza deimotivièlaformadrammaticadel contrasto tematico –ancora come nell’Ultimocanto di Saffo – fracontemplazioni, visive eauditive, minimalmenteliberatrici, e violente,
bruciantiespressionididoloreed esclusione (giàl’affacciarsi alla finestra incertosenso loè);echequasisempreilritornodeimotivièmarcatooarricchitodaritorniverbali. Una scelta: «chetestanze» 8 (dapprima, senzal’effetto indeterminativo delplurale, «cheta stanza»)
riprende «E queta… posa laluna»2-3;«Eccoèfuggito/Ildìfestivo,edal festivo…»31vs «Questo dì fu solenne»»17–ecfr.«ildìfestivoecc.»41;«Tuttoepaceesilenzioetuttoposa / Ilmondo» 38-38con lo stesso verbo di «Posalaluna…»3(ecfr.sopra);«Efieramente mi si stringe il
core» 28 che torna quasiuguale nel verso finale, «Giàsimilmente mi stringeva ilcore» (e «similmente» èesplicito raccordo logico colverso riecheggiato); l’inizio,«Dolce e chiara è la notte esenzavento,/Equetasovraitetti e in mezzo agli orti /Posalalunaedilontanrivela
/ Serena ogni montagna. Odonna mia, / Già tace ognisentiero…», regala qualcheelemento, con rapportoanulare, al finale: «ed allatarda notte / Un canto ches’udia per li sentieri /Lontanando morire a poco apoco…» (e cfr. «alla tardanotte» 43). Meno
evidentemente ma senzadubbio il «Tutto è pace esilenzio…» di 38 rimandatonalmente e per ripresefoniche all’attacco dellalirica: «Dolce e chiara è lanotteesenzavento».
DunquequestoCantopocogradito in genere alla criticaidealistica (ma che ha avuto
singolare fortuna in Francia:cfr. scheda di Rigoni) è inrealtà uno dei piùsapientemente costruiti diLeopardi,esecondomodalitàche, salvo errore, lo rendonoeccezionale nella raccolta,così come isolato negli Idilli(seInfinitoeAllalunadaunaparte, Sogno e Vita solitaria
dall’altra fanno in qualchemodo coppie o dittici, ed’altra natura, per non diredella differenza con quelloche diventerà il FrammentoXXXVII)[11]. L’opposizionenatura/vitalità contro dolorepersonaleeuniversalenonviè,comedisolito(anchenelleRicordanze cui per certi
aspetti la Sera prelude),stagliataablocchi,madiffusamediante intrecci,sovrapposizioni ocontrappunti, e in totaleinsistenze.
[1]Cfr.G.Leopardi, ICanti, a curadi A. Straccali, III ed. corretta eaccresciuta da O. Antognoni, nuova
presentazione di E. Bigi, Firenze,Sansoni,1985(Ied.1892),p.65.[2]Mavale lapenadi completare il
quadro.Aiduetipimaggiori,disestaeottava (e tali sono pacatamente i dueversifinali),seneaffiancanononpochiad ictus ribattuto di sesta-settima, chevannodiconservaagliattacchidifrasi,spesso esclamative o interrogative, chepartono dal centro verso (cfr. 17 ecc.);uno solo l’endecasillabo di quarta-settima,mapercosìdireinunmomentodicontenutoumile:«Dopoisollazzi,alsuo povero ostello» 27 (accento di
settima su «povero»); uno solo anchel’endecasillabo interamente giambico,edèilsoggettivoetrascinato(ancheperla presenza di virgole rallentanti e diquattro sinalefi) «Mi getto, e grido, efremo.Ohgiorniorrendi»23.[3]E cfr. già nell’Infinito «… Il cor
nonsispaura.Ecomeilvento…»,«…Vo comparando: e mi sovvienl’eterno…», in Alla luna «… Era lavita:edè,nècangiastile…»,«…Omiadilettaluna.Epurmigiova…»,«…Delmiodolore.Ohcomegratooccorre…».[4] Elenco qui subito i contributi
fondamentali sulla Sera: G. Leopardi,Canti, a cura di G. e D. De Robertis,Milano,Mondadori,1978(ilcommentodel solo Giuseppe è del 1927); E.Peruzzi, Studi leopardiani. I: La seradel dì di festa, Firenze,Olschki, 1979;L. Blasucci, Leopardi e i segnalidell’infinito,Bologna, IlMulino,1985;G.Leopardi,Poesieeprose.I:Poesie,acura diM.A.Rigoni, con un saggio diC. Galimberti, Milano, Mondadori,1987;Antologialeopardiana, a cura diG.Contini,Firenze,Sansoni,1988;W.Binni,Lezionileopardiane,acuradiM.
Bellucci con la collaborazione di M.Dondero, Firenze, La Nuova Italia,1994, pp. 126-132; M. Santagata,Quella celeste naturalezza. Le canzonie gli idilli di Leopardi, Bologna, IlMulino, 1994, pp. 113-134; G.Leopardi, Cantos, edición bilingüe deM. de las Nieves Muñiz Muñiz,traducción deM. de lasNievesMuñizMuñiz,Madrid,Cátedra,1998;R.Rea,Ilnotturnodella«Seradeldìdifesta»,in G. Brugnoli e R. Rea, Studileopardiani,Pisa,ETS,2001,pp.9-38;A.Girardi,La «Sera» tra gli Idilli, gli
Idilli dentro ai «Canti», in AA.VV.,Studi in onore di Pier VincenzoMengaldo,acuradegliallievipadovani,Firenze, Sismel-Edizioni del Galluzzo2007,pp.887-900;L.Blasucci,Peruncommentoa«Laseradeldìdifesta»,in«Studi italiani»,XXI,2009,pp. 75-93.Per le varianti mi sono servitosoprattutto della chiara ed. di Peruzzi:G. Leopardi, Canti, ed. critica di E.Peruzzi con la riproduzione degliautografi,Milano,Rizzoli,1981.[5] F. Chopin,Lettere, a cura di V.
Rossella, Introduzione di G. Pestelli,
Torino,IlQuadrante,1986,p.102.[6] D. Diderot, Scritti di estetica, a
cura di G. Neri, Milano, Feltrinelli,1957,p.168.[7]Sipuòanchenotarechequestoè
ilsolocasoneiCanti incui l’aggettivo«dolce» è usato per la notte, e che lanotte è tale soprattutto perché «senzavento», con rispondenza quindidell’inizio con la fine del verso. Daosservare ancora che eliminandol’interiezionedidoloreLeopardivieneadistanziare, rendendola quindistrutturalmentepiùchiaraedefficace,la
contrapposizione fra la dolce serenitàdel paesaggio e la sofferenza senzaeccezioni dell’io, o se si vuole fra due‘nature’, la natura-paesaggio che puòessere bellissima e la natura-potenzache può condannare l’uomo, o l’io, aeternainfelicità.[8] Cfr. A. La Penna, in «Studi
italiani»,X,1998,pp.115-119.[9] Vedi P. Marati, Strutture e
variantidella«Seradeldìdi festa»,in«Studi leopardiani», 12, 1998, pp. 19-38:19-20.
[10] Su questi versi è acuto ilcommento di Saba (anche se comesempre un po’ sopra le righe) cit. daGirardi,p.887.[11] La collocazione della Sera fra
Infinito e Alla luna dipenderà forsedallavolontàdicelareundittico?
IX
UnaletturadiASilvia
A Silvia è anzitutto il dialogocon un’assente: il tema – cheverrà ripreso nel Novecento –halesueorigininell’antichità.La figura di Silvia permette alpoetadiavviareundialogoconun tu che è anche –
metaforicamente – portatoredella«speranza»propriadellagioventù. Il componimento èdominato da una patinaanticheggiante, da una vestelirica che fa riferimento allagrecità letteraria,con tuttociòche essa comporta, inparticolare la castitàespressivaacuisiaccompagnala capacità di dire molto conpoco.
Cominciodaqualcosache,per essere ovvio, non è perciò meno toccante. In unaletteradel2maggio1828alladilettasorellaPaolina(Epist.,ed. Brioschi e Landi, num.1246)[1], Giacomo scriveva:«dopo due anni, ho fatto de’versi quest’aprile; ma versiveramente all’antica, e con
quelmio cuore d’una volta».Aveva appena composto,dopo anni di silenzio poetico(più lungo di quanto eglistessodica,sesiescludonoilCoro del Ruysch, 1824 e ildidascalico Pepoli, 1826), ilRisorgimento e A Silvia,entrambi a brevissimadistanza in quell’aprile.
Lonardi[2] ha mostrato comela canzone sia fittamenteintessuta di materia,mirabilmente ritessuta, ditesti antichi come il Libro diGiobbe, Saffo, Orazio ecc. esoprattutto Omero, anchenella traduzione di Monti,nonché dello stesso Leopardiprecedente[3]. Ciò nonostante
l’interpretazione di«all’antica» come ‘allamaniera degli antichi’ appareun po’ forzata, e per ragionianzitutto contestuali vapreferita quella tradizionalecherimandaalpassatostessodel poeta: ‘allo stesso mododelmestessodiuntempo’.Siveda del resto la lettera alla
stessaPaolinadel25febbraiodiquell’anno,sempredaPisa(Epist., num. 1223): «Viassicuro che in materiad’immaginazioni, mi pare diesser tornato al mio buontempoantico».
Come la grande intuizionedell’Infinito è ripresa nelleosservazioni sulla «veduta
ristretta» ecc. delloZibaldone, così l’ideacentrale di A Silvia èsviluppata come si sa in unasplendida pagina di pocosuccessiva del Diario, 4310-4311, 30 giugno 1828, checitoconqualchetaglio:
Unadonnadi20,25o 30 anni ha forsepiù d’attraits, più
d’illecebre, ed è piùatta a ispirare, emaggiormente amantenere, unapassione… Maveram. una giovanedai16 ai 18 annihanelsuoviso,ne’suoimoti,nelle suevoci,salti ec. un non soche di divino, cheniente puòagguagliare… quelfiore purissimo,
intatto, freschissimodi gioventù, quellasperanza vergine,incolume che gli silegge nel viso enegli atti, o che voinel guardarlaconcepiteinleieperlei; quell’ariad’innocenza,d’ignoranzacompleta del male,delle sventure, de’patimenti; quel fiore
insomma, quelprimissimofiordellavita; tutte questecose, anche senzainnamorarvi, anchesenza interessarvi,fanno in voiun’impressione cosìviva, così profonda,così ineffabile, chevoinonvisaziatediguardarquelviso,ediononconoscocosachepiùdiquestasia
capace di elevarcil’anima, ditrasportarci in unaltromondo,didarciun’idea d’angeli, didivinità,difelicità…Del resto se a quelche ho detto, nelvedere econtemplare unagiovane di 16 o 18anni, si aggiunga ilpensiero deipatimenti che
l’aspettano, dellesventure che vannoad oscurare espegner ben tostoquella pura gioia,dellavanitàdiquellecare speranze, dellaindicibilefugacitàdiquel fiore, di quellostato, di quellebellezze;siaggiungail ritorno sopra noimedesimi; e quindiun sentimento di
compassione perquell’angelo difelicità, per noimedesimi, per lasorte umana, per lavita, (tutte cose chenonpossonomancardi venire allamente), ne segue unaffetto il più vago eil più sublime chepossaimmaginarsi[4].
Edèmoltointeressantechenel finale Leopardi dispongaquasi la‘situazione’informaditemapoetico.
A Silvia è il testo cheinaugura la «forma senzaforma»(Carducci,benissimo,che occorre pur semprecitare), caratteristica delLeopardi maturo e tardo,
della cosiddetta «canzonelibera»: da non staccarsitroppo, tuttavia, da quellaprogressivamente ‘liberata’delleCanzoni vere e proprie.Si veda, per non parlaredell’UltimocantodiSaffocheharimesolonellacombinatiofinale, Alla sua Donna:questa, che è l’ultima scritta,
1823,haancorastrofeconlostesso numero di versi, manon della stessa struttura nérimate esaurientemente,sicché della canzonetradizionale resiste ancora esolo, oltre alla paritànumerica,manon strutturale,delle strofe, la combinatiofinale delle rime in ognuna
(che tornerà ad esempio informa più spinta nel Cantonotturno). La novità dellacanzone libera si puòriassumere in due punti.Primo, strofe di differentedimensioneestruttura:quiinparticolare la prima, che è lapiùbreveditutte,assumeunafunzionesimileaquelladiun
‘proemio’, e viceversal’ultima,con lasuamaggioreestensione, accompagnal’intensificarsi delladisperazione e il tragitto allamorte.Secondopunto,ilfattoche le rime sono sìabbondanti ma nonsistematiche né esaustive, edanno ampiamente luogo a
fenomeni accessori opararimici come assonanze,consonanze, rime almezzo einterne. Ecco subito nellaprima lassa, di soli sei versi,«mortale»2–«limitare»5,einoltre «ancora» 1 –«pensosa» 5 al mezzo[5].Mavallapenadidocumentareinesteso: oltre ai casi che si
vedranno più avanti eccosedevi al m. : avevi : solevi11-12-13; sudate (primadilette) : dorate entrambeinterne 15-24; spendea :percorrea entrambe interne18-22; voce : veloce – dice20-21-26;-ato–tanto31-34-38;perivi almezzo : schivi :festivi 42-46-47 (con vedevi
42); core : amore – chiome44-45-48 (entro 45 anche«dolce lode») : come(replicato in geminatio alverso successivo) – speme :insieme 52-55-58 (e «dolce»50); passata : lacrimataentrambe interne 53-55;questi – diletti int. : cadestiint. 56-57-61 (più eventi :
genti 57-59); sorte : morteentrambi int. ma diparticolare valore tematico59-62; umane int. – mano :lontano59-61-63.Sipossonoaggiungere la caduta sutonica finale in parolesemanticamente connesse:beltà – gioventù 2-6, o laparonomasia interna man –
mar 21-25 (con suon emortal,sempreint.,20,26).Èperò da notare senz’altro chese talora questi riscontrifonicisupplisconoaunarimaassente (come subito nellaprima lassa,significativamentepiù‘libera’dellealtre,oancoraa22),piùspesso ne rafforzano
riccamente di già esistenti,con una funzione chepotremmo chiamaresovrastrutturale oincondizionata,disaturazionetimbricaemelodicadeltesto:è forse una legge generaledella poesia leopardiana,ricchezza espansiva delsignificantenellanettezzadel
significato e nella purezzadell’elocuzione. All’inverso,è una sorta di altra leggegenerale che in contestifortemente ‘rimati’l’eventuale parola anarimaspicchi proprio per questo dipiù:e infattiquièsoprattuttoil caso del tremolo luminosoal v. 3, splendea[6], di
«combattuta e vinta» 41(‘travagliata e alla finesopraffatta’)[7], di«All’apparir del vero» 60,l’arido vero che uccideillusioni e speranze, e chi leha nutrite in sé, e di «tombaignuda»62.
L’aspetto più rilevantedella metrica diA Silvia è il
ruolo che vi assumono,anzitutto rispetto alleCanzoni, i settenari: piùfrequenti degli endecasillabicon cui si combinano(precisamente 34 contro 29),essi iniziano tutte le lasse adeccezione della patetica,gravequintadoveperl’unicavolta prevalgono gli
endecasillabi anzi l’apronocon tre di seguito (vedi giàper gli inizi settenari Allasorella Paolina e AllaPrimavera), chiudendole poituttecompresalafinale(comesolo, poi, in Amore e morte,conunversochehaunpo’latonalità diA Silvia, «Nel tuovirgineo seno»); e non per
nullailmotivodelcantodellafanciullaèdettomirabilmentecontresettenaridiseguito,7-9:«Sonavanlequiete/Stanzee le vie dintorno / Al tuoperpetuo canto». Anche inquesto ovviamente A Silviaoffre lo schema-base per lecanzoniliberefuture,incuisipotranno avere serie anche
piùnutritedisettenari(ades.otto nel Sabato del villaggio20 ss.).Ma probabilmente laprecellenzadelsettenariononsi avrebbe se nel testo nonfervesse ancora lo spiritodella canzonettametastasianadi settenari che pochi giorniprima Leopardi aveva(eccezionalmente)provatocol
Risorgimento[8]. Già daquestoemergecomeLeopardiesprima non solo la «linguadella gioia» (Mandel’štam)nella rievocazione dellafanciulla e della propriagiovinezzachesiesprimeneldialogo muto con lei, ma lastessa materia così dolente eluttuosa,informadi‘canto’o
di cantabile (del resto il«canto» di Silvia è motivocentrale della lirica), cioèsecondo quella «vitalità» chein lui e secondo lui non èsoltanto l’impeto d’affettoquasimeravigliatoperlecosee le creature della vita (sirileggano almeno laQuiete eilSabato),ma promana dalla
formapoeticastessa[9].
Qualcos’altrovadetto.Pernon eccedere in cantabilitàLeopardi in A Silvia (adifferenza di quanto accadràdopo) non solo evita la rimabaciata in chiusa di strofa o‘movimento’[10], ma noncolloca mai le frequentibaciate fra due settenari,
bensì solo, smorzando, fraendecasillabi(12-13,46-47)ofraquestieisettenari(10-11,20-21, 29-30, 35-36).D’altraparte però l’alta frequenza,generalmente tipica diLeopardi, degli endecasillabi‘veloci’conritmodix-6a-10a,e dunque accelerando nelsecondo emistichio[11], non
produce soltanto di per séeffetti di oralità ancor primache di cantabilità,ma generaun buon numero di segmentiinterni che dal punto di vistaritmico e spesso anchesintattico («Era il maggioodoroso: / …», «Perivi, otenerella./…»,«Lasperanzamiadolce:/…»)equivalgono
a settenari e perciò neribadisconolamelodia[12].
Quanto ancora alle rime.Se scopo di Leopardi inquesta lirica è, in una colcanto, la semplicità più‘greca’, ecco che le rimesono, assolutamente senzaeccezioni, normali, piane, enella maggioranza vocaliche;
einquestecondizionièquasistupefacente che solo due diesse si ripetano, ma perchél’immagine in un caso, laparola concetto nell’altro,sono intensamente tematiche:«occhi… ridenti e fuggitivi»(: «salivi») 4-6 e «sguardiinnamorati e schivi» (giàquasi nel Risorgimento) in
concomitanza col motivotipicamente leopardiano dei«dì festivi» 46-47; e«speme», per eccellenzatematico assieme al suoallotropo «speranza», chegenera rima a 32-33 e a 55-58. Ma in realtà la strutturametrica di A Silvia richiedequalche approfondimento
ulteriore, tanto è vero che inquesto Canto la grandelinearità e naturalezza deglienunciati convive conun’altrettanto notevolecomplessitàdellacostruzione.Quasi come insegna dellanuova libertà metrica, e ascandire la diversa identitàdelle sei lasse, ogni verso
incipitario di queste èanarimoall’internodellalassastessa (con la parzialissimaeccezione di 1). È anchequesto un tecnicismo che siera già profilato nellaevoluzione delle canzoni‘regolari’.Senelleprimedue,nella Sorella Paolina e nelVincitorenelPalloneilprimo
versorimavacolquartoocolquinto, già nel più riccoAngelo Mai le cose vannodiversamente (tutti i versiincipitari, e sono ben dieci,mancano di rima), come poinel Bruto minore, in AllaPrimavera, per forza di cosenel liberatissimo Ultimocanto, parzialmente nella
terminaleAlla sua Donna. Eva da sé che questotecnicismo, attraverso losnodo di A Silvia, si accasanelle Canzoni liberesuccessive. Per fare qualcheesempio, nel Canto notturnosono rimati i versi inizialidellelasseesterneIeVI,nonquelli delle interne; nel
Pensiero dominante è rimatosolo il v. 1, e in condizionisintattiche particolari (laprima lassa è probabilmente,seadottiamoancheinesegesiil criterio della lectiodifficilior, tuttaun’apposizione del titolo),nonpiùgli inizialidellealtrestrofe; in Sopra il ritratto
ogni verso iniziale di lassa èanarimo; nella Ginestra èrimato solo il primodell’ultima ecc. Ma ènotevole che in A Silvia siinstaurino, esistematicamente, effetti dirimaoquasichevannoinuncertomodo insensoopposto,legando sovrametricamente
l’una all’altra tutte le lasse,nonostante la loro fortepeculiarità tematica, anzi, sidirebbe, proprio per questo,cioèsubordinandoilprincipiodella distinzione a quellodellacontinuità,edunqueunavolta di più del canto. I-II:ridenti int. 4 – intenta :contenta 10-11 – mente int.
12; pensosa int. 5 – odorosoint.13;limitare5–menarealm. 14; II-III:odoroso int. 13–faticosaint.22;menare int.14 – carte (preceduto dasudate) :parte 16-18;giornofinale di lassa 14 – paterno19;III-IV:viealm.24–mia: apparia 29-30; orti 24 –cori al m. 29; IV-V:Acerbo
34 – erbe int. e verno 41 –morbo 42;poi : tuoi 37-39 enuovamente tuoi 43; allor :fior ambedue int. 38-43; V-VI: chiome 45 : comereplicatoingeminatio52(più-eme55-58),innamoratialm.46:fati51.
E c’è un punto ancora piùimportante,chequimi limito
ad accennare avendonetrattatospecificamentealtrove(cfr. il secondo saggio diquesto libro). Nel momentostesso cheLeopardi istituiscecon A Silvia la forma che,salva la coabitazione conalcunisciolti,domineràlasuapoesia fino agli ultimi carmi,avvia anche la figura di
pensiero, cioè l’allegoria,prima assente, che parimentidominerà (con lacomprensibile eccezione delcosiddetto‘CiclodiAspasia’)daiCantipisano-recanatesiaiNapoletani. Anzi, in tuttaquesta fase l’allegoria faràmostra di sé sempre inpresenza di canzoni libere,
mai di sciolti (caso parlante:nei Pisano-recanatesi sonoallegorici tutti i testi incanzoni libere, compresa lastrofa isolata dell’Imitazione,manonlesoleRicordanze,insciolti). È un’inattesa quantosingolare implicazione traformaepensieropoetico.
Già la struttura metrica
regaladunquealCantolasuairripetibileindividualità,cheètutt’uno con quel ritorno allapoesia o «risorgimento» checome promuove l’unicumdella spumeggiantecanzonetta così, entro il giàsperimentatissimo contenentedella canzone, fa nascerequasi di necessità una forma
nuova, anche senell’ispirazione riprendavolentieri tratti lessicali efigurativi propri degli Idilli:cfr.quiinparticolareivv.23ss.e,sebbenelìsitrattidiunnotturno, La sera del dì difesta 2 ss.: «e queta sovra itetti e in mezzo agli orti /Posalalunaedilontanrivela
/ Serena ogni montagna».Altrettanto evidente in ASilvia è l’individuazionelessicale, ottenuta fin dasubito o tramite correzione,attraverso una serie di paroleche nei Canti appartengonosolo a questo: il più fresco esensuale odoroso 13, dicontro al latineggiante e
foscoliano odorato di altritesti leopardiani; veroni 19,più nobile di balconi (usatoaltrove,peresempioSeradeldìdifesta5,semprenelsensodi‘finestre’)dacuiècorretto,e più in chiave col vicinoostello[13]; il virgiliano (Aen.VII 14: «percurrens pectinetelas»)percorrea(latela)22,
splendida correzione semprenel sensodellavivacità edelmoto del precedente, solopercussivo, percotea e comeda questo generato[14]; «viedorate»24;cori29nelsensonon comune di ‘affetti’,’sentimenti’; il dolcissimoallocutivo tenerella 42 (solonelSogno e inunprecedente
testo leopardiano, ma comeaggettivo), che è anchel’unico alterato(vezzeggiativo) del Canto, ecollocato in unione con«perire»trascendedeltuttolapropria origine tassesco-arcadica; innamorati attivo-causativo, ‘che innamorano’46[15]; lacrimata participio-
aggettivo 55, detto dellasperanza, esito di correzioneda «sventurata» e«sfortunata» che non saràsolodovutaalprincipiodellavariatio, ma è tale datrasformare la nozionedall’oggettività di unavicenda all’intimità delsoggetto. Altrove la novità è
data da un felicissimoprocesso di risematizzazione‘interna’: gli stupendi«occhi… ridenti e fuggitivi»di Silvia, 4, che Croceparagonava al pure menosobrio «pur regard amoureuxetsouffrant»dellaMaisonduberger di Vigny, recuperanoin accezione diversa e
ineffabile (come chiosare ilsecondo aggettivo?)[16] dueterminiusatiancoradalpoeta,ma il primo come tipicoattributo paesistico, ilsecondo in senso proprio. Elimitare 5 era solonell’eccentrico FrammentoXXXVIII (già Elegia prima),inaridire 40 solo nel
vicinissimoRisorgimento.
Anche le allotropie osinonimie interne sono daammirare per la loroproprietà: al v. 4 leggiamoocchi (dapprima sguardi)masguardi a 46 in un contestosinonimicomarelazionale;alv. 6gioventù, obiettivamentein un contesto di plasticità
figurativa, ma a 52, con ecosentimentale, giovanezza (evedi nelle appena successiveRicordanze, 135: «Segiovanezza, ahi giovanezza èspenta?»); speranze 29 fuoririmaèseguitodaspeme32inrima baciata, chedifficilmente potrebbe esseredeclinato al plurale, e così a
speranza 50, segue piùintenso, ancora in rima e inconsonanza concome,speme55; dato sovviemmi di 32 ilprimitivo sovvienti di 1 èsostituito prima da rammentipoidarimembri:maquièdadireche lacorrezionenonvaassegnata solo, come si fatroppo spesso, a gusto della
variazione o sinonimia, datoche sovvienti, come mostraanche l’uso di 32 e la stessastruttura del verbo, sta peremergenza memorialemomentanea, improvvisa eper dir così ‘passiva’(qualcosa che ‘torna allamente’), mentre rimembrare,che ricompare non a caso in
Ricordanze119(evedianche57) è continuativo e indicaelaborazione personale delricordo; solo il secondoperciò è adatto al contesto, ein particolare a qualcosa chenonèunmomentooepisodiomailtempo2,comepoia17(notare anche che Leopardinon dice «il» ma «quel»)[17].
E può essere puresignificativo che l’aggettivodi 50, «La speranza miadolce», abbia come variantealternativa vaga, all’inversoma analogamente per quantoavvieneperil«vagoavvenir»sognato da Silvia, 12, convariante alternativa dolce[18].In un caso infine la
differenziazioneèmeramentemorfologica:ilfatodi31è ilfuturo che arride immaginatodalla confidente giovinezza,maifatidi51(cfr.lat.,anchevirgiliano, fata) è il destinopresto dispiegato nella suacrudeltà, e cfr. Ricordanze71-72. A questa specificitàlessicale, che sempre
caratterizza i Cantileopardiani e contribuisce aindividualizzarli anchequando formino coppie odittici, si unisce però in ASilvia un linguaggiofamiliare,retaggioinsostanzadegli Idilli, che è la linguastessa dell’intimità, di chiparlaasestessomentreevoca
lavergineingenuitàdiSilvia:«occhi… ridenti», «quiete /Stanze», «contenta», «porgeagli orecchi al suon della tuavoce», «pensieri soavi», «otenerella», «dolce lode», e ilpiù firmato degli attributiaffettivi di Leopardi, «caracompagna…» («o caroimmaginar», «oh dilettose e
care…», «Sempre caro mifu…»,«Ocaraluna»,«Ilcarotempo giovanil; più caro…»ecc.); e cfr. tenerella einnamorati.
Repliche rispetto ad altriCantiofrapuntidiversidellastessa A Silvia hanno il loropuntuale significato: «negrechiome» 45 riprende una
giunturadellaSorellaPaolina73, e non è l’unico rapportofra le due liriche (la SorellaPaolinahaanchemolcere,7)[19]; il metaforico compagna(la speranza, dell’io poeticostesso) 54, ripete il concretocompagne diSilvia47, comeragionammo, anched’«amor(e)», metaforico,
interiore 58 è anticipato dalconcreto Ragionavan(«d’amore») di coloro 48, evedi anche la ripetizione didolce 45-50, con la stessadistribuzione. Sono tuttilegamenti trasversali che,insieme aPerivi-peria 42-49(il secondo preceduto da«anche»), detti
rispettivamente della fisicaconsunzione di Silvia e poidella morte della «speranza»del locutore, e altro ancora,valgono come ulterioreargomento non indifferenteall’ipotesi, ormaigeneralmente accettata, chel’astratta speranza finale delCanto contenga, o meglio si
identifichi con, Silvia stessa.Proveo indizinesonopoi lacentralitàdella«speranza»,laprima volta personificata econ quell’aggettivo(«speranza vergine»), nelbrano citato all’inizio delloZibaldone, e contestualmenteil gesto finale, sobriamenteneoclassico, con cui la
«speranza» indica tomba emorte (vedi, conl’accompagnamento delleosservazioni di Lonardi,L’orodiOmero,cit.,pp.183ss.,Tasso,Ger.Lib.XII685ecc.: «man nuda e fredda»),mentre «di lontano», chevaria «da lungi» 25 e chiudein modo caratteristicamente
‘infinitivo’ (Blasucci) lalirica[20], può riferirsi sia alriguardante che alla cosacontemplata: tanto più cheall’inizio del testo la stessaSilvia non è atteggiata inmodo diverso, con quelmovimento non soloanticheggiante maprettamentefigurativoequasi
archetipico, di ascesa altempio:«Etu,lietaepensosa,il limitare / Di gioventùsalivi».
Iltragittodell’interapoesiaèdunquequellostessopercuiil tema iniziale, il compiantosulla giovinetta mortaanzitempo, diviene, nellostesso tempo e
indissolubilmente, compiantosu sé medesimo, sulla mortedella propria giovinezza,unicaetàperLeopardidegnadella vita (cfr. soprattutto,oltre a tanto Zibaldone, leRicordanze e il Tramontodella luna), e con lei delleproprie speranze (Anche…Anche…49-51).Equisipuò
inserire l’acuta osservazionedellaMuñiz: «Il segretodiASilvia risiedeprecisamente inquesta dualità ambivalente,che la fa nello stesso tempoemblema contemplato dalontano e individualitàpercepita dal di dentro». Iltono della lirica sublimes’intende poimeglio tenendo
presente un passo delloZibaldone 479-480 (gennaio1821): «Il veder morire unapersonaamata,èmoltomenolacerante che il vederladeperire e trasformarsi nelcorpo e nell’anima damalattia (o anche da altracagione). Perchè? Perchè nelprimo caso le illusioni
restano, nel secondosvaniscono e vi sonointeramente annullate estrappate a viva forza. Lapersona amata, dopo la suamorte,sussisteancoratalqualera, e così amabile comeprima nella nostraimmaginazione.Manell’altrocaso, la persona amata si
perde affatto, sottentraun’altra persona ecc.», cuicorrisponde alla lettera DettidiFilippoOttonieri, cap. III,§ 1: «il perdere una personaamata, per via di qualcheaccidente repentino, o permalattiabreveerapida,nonètanto acerbo, quanto èvedersela distruggere a poco
a poco… da un’infermitàlunga,dallaqualeellanonsiaprima estinta, che mutata dicorpoed’animo,eridottagiàquasi un’altra da quella diprimaecc.»[21].SidirebbecheLeopardi abbia inscenatoconSilvia e Nerina, evocateantiromanticamente senza ilminimo accenno alla loro
distruzioneedecomposizionefisica, la prima possibilità,con la donna di Sopra ilritratto, più tardi, la seconda(«Polve e scheletro sei», «orfango/Edossasei»).
Iltitolo,cheènotoriamenteidentico a quello di un’odepariniana (e dopo l’AmintadelTasso, dove c’è pure una
Nerina, Silvia è tipico nomeletterario; s’aggiunga magaricon Fubini e Bigi che Silvioera il Sarno cui Leopardiintendeva dedicare unromanzo autobiografico), piùche semplicemente di dedicaè allocutivo[22]; e senz’altroallocutivo è l’attacco,secondo una modalità che
fregia buona parte dei Cantileopardiani, e che è da partesua responsabile di quelcommutarsi dellarappresentazione in dialogoaffettivo che è una dellegrandi caratteristiche delpoeta: cosìLeopardi, da quel‘lirico puro’ che anzitutto è,ritrae immediatamente
l’oggetto nell’interioritàrievocante e interrogante delsoggetto. Da parte sua ilsettenario iniziale inuncertosenso anticipa l’intero delcomponimento,contenendonein stretta sequenza laprotagonista, il temafondamentale del ricordo(vedi la chiusa delle
Ricordanze: «la rimembranzaacerba»eZibaldone,passim),lasuadurataeproblematicità(ancora) e la protratta curvaintonativa che dice, assiemeallo stupore (o classicamentemeraviglia)dell’interrogazione, laprofondità della ferita. Nonsolo, ma esclusi un paio di
attacchi diversi, con perifrasi(«O patria mia», «Italoardito»), questo è l’unicoCanto a inizio allocutivo chereca come prima parolaassoluta il semplice nomedella deuteragonista, cherimbalza immediatamentedaltitoloedettailtonodialogicoeaffettuosodellaprima lassa
(«tua», «tuoi», «tu»), comedella successiva, e cfr.soprattutto lacontrapposizione quasiimmediata fra tu e io acavallodilassa,vv.13-15.
Interrogazionedaunlatoeallocuzione dall’altro fissanosubitoquellatonalitàmossaepatetica che disloca via via
(altra grande peculiarità diLeopardi) sentimenti e puntidivistadelsoggettopoetante,e che si esprimerà comealtrove[23] ora nello scambiofral’«io»eil«tu»(ipronomi,ancora, sono in posizionerilevataall’iniziodilassaa15e 40), che si fonderanno nel«ci» del v. 30 e nella prima
plurale seguita da «insieme»di58;oranelleesclamativedi28-31 e 52 ss. e nelleinterrogativedi36-39e56ss.(con ellissi che accrescel’affannosità); oranell’incalzare delleripetizioni,a28-29(suche,evedi Ricordanze 19: «E chepensieriimmensi…»),36(«O
natura, o natura», tutta entroun settenario), 37-38 (superchè), 49-51 (Anche), 56-59 (questo, in serieinterrogativa), e soprattuttol’indimenticabilegeminazione di 52-53,rallentata dall’enjambementche quasi rilancia la dolenteesclamazione: «Ahi come, /
Come passata sei…»; infinenelleinteriezionidi36,52,56ecc.; e in orizzontale vale ilcumulo asindetico già notatodi 57. Per non dire delleinarcature (se n’è appenavista una memorabile) chemutano a ogni passo ilrapporto sintassi-metro eperciòl’andamentomelodico,
eper esempio sospendono inpausa leparolechedicono lebelleenostalgicheemergenzedella memoria: «Sonavan lequiete / Stanze…», il cantochedàrilievoallatranquillità,e viceversa, 7-8 (ma nelsecondo idillio da Mosco«quiete stanze», e senzadieresi né inarcatura), o
inversamente i momenti piùdrammatici, la perdita:«All’apparir del vero / Tu,misera, cadesti…» 60-61 (equi collabora il pateticoinciso, parallelo e opposto,comenonèmaleosservare,al«tu, lieta e pensosa,»dell’inizio, 5), per non diredell’altroenjambement subito
successivo che sospendecome nel vuoto la manoaccrescendone la suggestioneinsieme figurativa esimbolica: «e con la mano /Lafreddamorteedunatombaignuda / Mostravi dilontano».
Il ritorno – pure in talerinnovamento – alla forma
canzone comporta, rispettoallo stile fondamentalmentecoordinativo degli Idilli,anche un ritorno almenoparziale alle misuresintattiche larghe e allo stileperiodico. La strofa esasticainiziale è occupata per interodaununicoperiodo(peròconuna sola subordinata,
temporale), e ugualmente disei versi è quello che sistende nella lassa successiva(sempreconlatemporalecherinviaalpassato),dalqualesi‘stacca’ il distico finale,simplicissimus munditiis:«Era ilmaggio odoroso: e tusolevi / Così menare ilgiorno» (per solere come
parola di significato «vastoper la copia di rimembranzechecontiene»cfr.Zib.1789).Ugualmente è ancora di ottoversi quello che apre la terzalassa(eiltalordi16rispondeposizionalmente all’allor di10, mentre il tutto è chiusoancoradaundisticodigrandesobrietà).Ilrimanenteèassai
piùmossoefranto,sumisurebrevi e con collegamenti perlo più asindetici. Impossibilenon notare che la diversasituazione sintattica rispondepuntualmente ad unatematica:alleprime tre lasse,beatamente rievocative eperciò sintatticamente piùariose, si contrappongono le
ultime tre, notizie angosciatee affannose di disinganno emorte, perciò affidate asegmenti sintattici brevi,incalzati come visto dareplicazioniemosseelative.
Ma è la microsintassi aindicare quella ricerca dipurezza e natività greche chequi Leopardi persegue come
in tutti i Pisano-recanatesi, edicuilafigurastessadiSilviaè in qualche modol’emblema. A differenza chenelle Canzoni l’ordine delleparole non è mai troppodistratto o invertito («illimitare /Di gioventù salivi»5-6, «all’opre femminiliintenta» 10, «Io gli studi
leggiadri / Talor lasciando ele sudate carte» 15-16,piuttostoepifrasicheiperbatoecc.), in ogni caso senzagiungere mai alle inversioniprotratteeagli iperbati spintidelleCanzoni (ad es.AngeloMai 16-20: «Certo senza de’numi alto consiglio / Non èch’ovepiùlento/Egraveèil
nostro disperato obblio, / Apercoter ne rieda ognimomento / Novo grido de’padri»; Ultimo canto 4-6:«Ohdilettoseecare /mentreignotemifurl’erinnieilfato,/Sembianzeagliocchimiei»;Alla sua Donna 55: «Questod’ignoto amante innoricevi»).Piùspessoinvecegli
enunciatisisvolgonoinpianoe scorrevole ordine lineare,come «Porgea gli orecchi alsuon della tua voce ecc.» 20ss., «Mirava il ciel serenoecc.» 23 ss., «Tu pria chel’erbe ecc.» 40 ss.,«All’apparir del vero / Tu,misera cadesti» 60-61, e cosìvia. Né l’estasi dei ricordi
domestici né la registrazionedell’azione distruttrice dellanatura e del «vero» tolleranouna sintassi che non siasemplice, vicina al parlatointeriore. Si badi più di tuttoallaposizionedegliaggettivi,che è quasi sempre quellanormale nella lingua, eproprio in grazia di questa
normalitàesaltalaforzadegliepiteti (e vedi più avanti):«vita mortale», «occhi tuoiridenti e fuggitivi», «quiete /Stanze»,«perpetuocanto»[24],«studi leggiadri»(semanticamenteunagiunturanuovissima), «man veloce»,«viedorate»,«pensierisoavi»ecc.: sicché i casi del tutto
minoritari di posizionamentoletterario sono magariintrodotti per variare colchiasmo la linea sintattica(«sudate carte»[25] vs «studileggiadri», «faticosa tela» vs«man veloce»)[26]; ma nelfermo e disperato penultimoverso c’è sì chiasmo, che dàmaggior rilievoallaparentela
semantica fra i due aggettivi,ma appunto perché questiconservano la collocazionenormale:«Lafreddamorteeduna tomba ignuda». Qui piùchemaicomunquelanovitàepurezzadelcantodiLeopardinon va misurata secondo lanostra competenzalinguistica, ma proiettandola
contro le abitudini, ben piùletterarie nell’ordine delleparole, della poesia italianadel tempo, Manzonicompresoconlesueragioni.
A Silvia è un dialogo conun’assente («ciò che è peritoper sempre torna brevementea una sorta di seconda vita»:Rigoni): modello, sia detto
perinciso,cheimportamoltoper tanta poesia italiana delNovecento, a partire dallaCasa dei doganieri diMontale e da molto Sereni;un’assente interpellata col tu–comemaiprobabilmenteinvita, se vale qualcosal’identificazione tradizionaleconquella taleTeresa[27]: ciò
appartiene a tutta unatradizionepoeticama,comeèstato notato anche uscendodalle righe (Silvia comePersefone ecc.), risale al ritoarcaico dell’evocazione deimorti. Specifico del Canto ècheildialogoconlamortasidoppi e risolva in quello conla propria stessa intimità
passata, cosicché il tu dapropriodivienemetaforico,omeglio centrato sul locutoremedesimoinquantoportatoredi giovanile «speranza» poicalpestata (non arriverei peròa parlare, con Contini di«identità di Silvia conl’autore»)[28]. Al movimento,comeabbiamoaccennato,più
distesamente e felicementeevocativo delle prime trelasse, dominatodall’imperfetto durativo ereplicativo, che si caricaanch’esso di infinità oindefinitezza come Leopardiben sapeva («Porgea gliorecchi al suon della tuavoce»: non una sola volta),
mentre intorno s’agita, comequasi sempre nei Pisano-recanatesi, la lieta e vividaanimazione della natura nelborgo, si contrappone quelloagitato e drammatico delleultime tre, in assenza dipaesaggio se non per le erbeche però presto l’invernodisseccherà:dove i tempidel
passato rientranocontinuamente nel presentedellariflessionesconsolata.
ASilvia, così grondante dilirismo, è però anche unapoesianarrativa,chesidipanasecondo una precisa frecciadirezionale,dalla gioventù dientrambi i protagonisti allamorte, fisica o interiore, il
passaggio dal «maggioodoroso» (maggio è lastagione dell’illusione vitaleanche in Ricordanze 162)all’appressarsi dell’inverno,dal salivi iniziale al cadestifinale[29]: tanto più seammettiamo come ènecessariochelasperanzasiaanche Silvia stessa, omeglio
che Silvia diventi nellamemoria la speranzaprecariadi chi parla: inun’oscillazione frapersonificazione e allegoria,nuova in questo Cantorispetto a tutti i precedenti.Non è solo l’impostazione‘figurativa’ a legare inizio efine, ma qualcosa di più
preciso: la chiusa tombalecon la parola morte finisceper essere come un’eco deiversi d’avvio dove la vita diuna bellezza giovanile chesboccia in splendore è detta«mortale», conprobabilissima ambiguitàsemantica: anzi,mortale è alsecondoversocomemorteal
penultimo.Igrandipoetisonoanche grandi architetti. Lastruttura del componimentorichiede dunque ancora unasosta. È evidentemente untesto insieme progressivo ecircolare, anzi la circolaritàdel tutto è come anticipata,quasi mise en abîme, dallacircolarità della partizione
inizialese,comehasuggeritoAgosti[30], la parola prima edecisiva, Silvia, èanagrammata nell’ultima,salivi. E se la primapartizione è il nartece o laprolessi della costruzione, leduecheseguonosonoricordidell’io, gioiosi, vitali eaffermativi, dove l’unica
negazione è in realtà unadichiarazione di ineffabilità,«Lingua mortal non dice…»26, ma subito seguita dallebeate esclamazioni cheevocano ancoral’insostituibile giovinezza(«Chepensierisoavi…»).Male lasse successive (con laquartachefadaponte,inuna
specie di inarcatura tematica,fra i due oppostimomenti, il‘prima’eil‘dopo’)sonotuttepercorse da indici negatividella consunzione, deldisinganno e della morte:«Perchénonrendipoi…»37,«non vedevi» 42, «Non timolceva il core» 44, «Nèteco…» 47, e poi sventura,
perivi e peria, negaro,passataseiecc.
Come sempre in Leopardi(ma molto meno nelprosatore!)lavestelinguisticadi A Silvia è di dignitosaantichità. Trascegliendo siciteranno veroni (vedi sopra)e ostello (cfr., anche perl’aggettivo, patrio ostello,
Primo amore 27), sovviemmi32,priaeverno 40,molceva44 che peraltro ‘contiene’ ildolce del verso successivo,parolachiavedellacanzone,ifati 51, speme alternante con«speranza»(cfr.sopra).Enelsettore fonomorfologico eccocore (in prosa Leopardi usacuore)enova,opre, leprime
personedell’imperfetto in -a,le terze delle altreconiugazioni in -ea, -ia (ilprimo, splendea 3, è correttoda -eva per ragioni insiemesistematiche ed espressive,cfr. nota 3), «negaro» e cosìvia, cui è da aggiungere ilbassocontinuodelleapocopi.Ma non si insisterà mai
abbastanza che questa patinaaulica o meglioanticheggiante nei Cantipisano-recanatesi come negliIdillicoabitasenzastridori(adifferenza che nelpolistilismo delle Canzoni)conunlinguaggiopianamentefamiliare (vedi sopra), chescaturisce anche dalle
correzioni, vedi soprattutto49-51 Anco > Anche; esoprattutto che va messa inrelazione con la nota esuggestiva diagnosileopardiana sull’impossibilitàdella lirica, vera o superioreforma di poesia, nellamodernità.Sedunquelaliricapuò riproporsi, in
controtendenza, anche inquest’epoca, può farlo solo apatto di indossare una vesteantica o per dirla tutta greca.Senza dire che è ladisponibilità di allotropi osinonimi più letterari o piùrari a permettere in qualchecaso, in sede di revisione, ilpassaggio dal determinato
all’indeterminato o al menodeterminato, come avvienenelcit.percotea>percorrea,in pudica[31] > pensosa 5,dolor o cordoglio > affetto32, occulto > chiuso,ammirevole, 41, o anche nelcit.splendeva>-ea,tantopiùricco di armonici, e nellostesso (Porgea) l’orecchio >
gli orecchi 20 (orecchie nelDialogo di Plotino e diPorfirio,§55).
Magrecitàvuoldireprimadi tutto castità espressiva,capacità di dir molto emoltissimo con poco. Comedi regola nel Leopardimaturo, si potrebbeapprossimare anche A Silvia
conquesta formula:«purezzalessicale entro agitazionesintattica». Conviene tornareall’aggettivazione,chenondirado è sottratta, conopposizione ‘in levare’ alleconsuetudini italiane deltempo: «le vie dintorno» 8,«gli orti» 24, «il mar… ilmonte» 25 (nelle più
affabulanti Ricordanze 21«lontano mar… montiazzurri»),«l’erbe…ilverno»40 ecc., o sostituita dasemplici quantificatori(«cotanta speme» 32, e vedianche «Quale allor ciapparia» 30); e comunque ilsostantivosiappagadiregoladi uno, e uno solo, epiteto, e
perdipiùcomegiàosservatoin collocazione ‘normale’:«quiete / Stanze» 7-8,«perpetuo canto» 9, v. n. 24,«vago avvenir» 12, «maggioodoroso», con la bellaposposizione, non epiteticama qualificativa,dell’aggettivo, 13, «studileggiadri» 15 (dapprima
dolci; correzione forse damettereinrapportocolPepoli138:«altri studimendolci»),«man veloce» 21, «il cielsereno, / Le vie dorate» 23-24, «pensieri soavi» 28 e viadicendo: ogniornamentazione superflua èevitata, ogni aggettivo, peresser solo, acquistamaggiore
intensità. E così, con la solaeccezione del peraltrosplendido e nient’affattodittologico «Acerbo esconsolato» 34 (l’«affetto»che «preme» il locutore)[32],le poche coppie aggettivali,col loro colore per lo piùossimorico, sono riservate aSilvia, e naturalmente
ospitate dai più distesiendecasillabi: «occhi…ridentiefuggitivi»4,«lietaepensosa» 5, «sguardiinnamorati e schivi» 46(ripresa isorimicadi4), cuièdaaggiungerecoiparticipi laclimax di 41: «combattuta evinta» (vedi con FubiniPetrarca, Rvf xxvi 2). La
perfetta aggettivazione non èl’ultimo segreto degliimmortalisessantatréversi.
[1]Segnaloqui altri contributi, oltrea quelli citati di seguito, utili per lalettura e interpretazione del testo:AA.VV., Leopardi e la stagione diSilvia, a cura di F. Ceragioli, Roma,Sossella, 2001; F. Brugnoli, Lastrutturazione di «A Silvia»nell’officina di Leopardi, in AA.VV.,
Giacomo Leopardi e la sua presenzanelle culture esteuropee, in GiacomoLeopardi:l’uomo,ilpoeta,ilpensatore,a cura di B.E. Smaragda, Bucureşti,Editura Fundiatiei Culturale Române,1999, pp. 71-95; C. Ferrucci,ASilvia,in AA.VV., Lectura leopardiana. Iquarantuno «Canti» e i «Nuovicredenti», a cura di A. Maglione,Venezia, Marsilio, 2003, pp. 393-404;M. Fubini, Metrica e poesia. Lezionisulle forme poetiche italiane. I: DalDuecento al Petrarca, Milano,Feltrinelli, 1962 (o ed. successiva), pp.
297-303; G.L., Canti, Introduzione ecommentodiM.Fubini,ed. rifattaconla collaborazione di E. Bigi, Torino,Loescher, 1964;G.L.,Cantos, Ediciónbilingüe de M. de las Nieves MuñizMuñiz, Madrid, Cátedra, 1998; A.Girardi,LinguaepensieroneiCantidiLeopardi,Venezia,Marsilio,2000.[2] G. Lonardi, L’oro di Omero.
L’«Iliade», Saffo: antichissimi diLeopardi,Venezia,Marsilio, 2005, pp.139-186.[3] Per questo cfr. soprattutto L.
Blasucci, Lo stormire del vento tra le
piante. Testi e percorsi leopardiani,Venezia, Marsilio, 2003, pp. 131 ss.(ma tutti i contributi leopardiani diBlasucci sono sempre indispensabili).Perleripresedall’Appressamentodellamorte cfr. F. D’Intino, I misteri diSilvia. Motivo persefoneo e misticaeleusina (per altri aspetti assaidiscutibile), in «Filologia e critica»,XIX,1994,pp.231ss.[4] Cito dall’ed. a cura di R.
Damiani,Milano,Mondadori,1997.[5] Può essere anche questa una
ragionedellacorrezione inpensosadel
peraltro corrivo (e assente dal branodelloZibaldone)pudicaprecedente.Mala principale rimane certo l’acquisto,attraverso il noto recupero di unacoppia petrarchesca, di un’altra diquelle definizioni ossimoriche o vicineall’ossimorochecaratterizzanoSilvia,olasperanza-Silvia,intuttoilCanto(cfr.vv.4,forse11-12,46,54-55ecc.);esicapisce:èlagiovinezzachenelricordoconvivecolpropriodestinodimorte.[6] Cfr.G. Contini,Varianti e altra
linguistica. Una raccolta di saggi,Torino,Einaudi,1970,pp.42-43eP.V.
Mengaldo, Prima lezione di stilistica,Roma-Bari, Laterza, 2007, p. 48: quianche i probabili motivi dellacorrezionedalprecedentesplendeva.[7]Inunprimotempoconsumata:la
correzione (che ancora una voltaconserva il profilo fonetico dellalezioneoriginaria)avràinteso,oltrechedissimulare rispetto a luoghi vicini deiCanti (cfr. Lonardi, L’oro di Omero,cit.,p.141n.)armonizzarelametaforaal campo referenziale del successivovinta, e forse anche cancellareantirealisticamente ogni allusione alla
tisi.Ecfr.oltre.[8] Da segnalare perciò le
concordanze fra i due Canti:Risorgimento33–ASilvia49:frapoco‘dopo poco’, in entrambi i casi convariante fra breve; Ris. 58: «sguardifurtivi, erranti» – A S. 4: «occhi…ridenti e fuggitivi», 46: «sguardiinnamorati e schivi» (ma cfr. conContini «Occhio… fuggitivo e vago»,Primo amore 86; il riscontro conun’odedelRolli,segnalatoadessodaG.Gaspari,inFilologiaestorialetteraria.Studi per Roberto Tissoni, Roma,
Edizioni di Storia e Letteratura, 2008,pp.435-443,siaddicedipiùadASilviaper la partitura fonica, ma di più alRisorgimento lessicalmente); Ris. 62-63: «candida ignudamano, / foste voipure invano» – A S. 61-62; equalcos’altro.[9] Altre osservazioni sul settenario
leopardianoneimieiSonavanolequietestanze. Sullo stile dei «Canti» diLeopardi,Bologna,IlMulino,2006,pp.34 ss., e Esperienze metriche di unlettoredipoesia,in«Stilisticaemetricaitaliana», 9, 2009, pp. 63-86: 72-74.
Non è privo d’interesse chenell’elaborazione vari endecasillabiscendanoasettenari:ades.AngeloMai71, 127, Alla sua Donna 5, Cantonotturno15,21,Sabatodelvillaggio 5(cfr. edizioni critiche Peruzzi oGavazzenietal.,adll.).[10]Cfr.Blasucci,Lo stormire, cit.,
p.142.[11] Per fornire un esempio
particolarmente chiaro, nei 15endecasillabi dell’Infinito ne sono di
questotipobensette(piùunodi6a-7a).
[12]Nonguastauncalcoloesatto.Difronte a 14 occorrenze dei normali
endecasillabi equilibrati di 4a-8a (uno,45, con ribattimento di quinta), se nehanno ben 10 del tipo su indicato. Gli
altrisonospiccioli:duedi3a-6a-8a;due
di 6a-7a: al v. 2 con contraccentosull’aggettivo possessivo secondo unaprecisa tradizione italiana (cfr.ottimamenteF.Brugnolo,«Quel tempodellatuavitamortale».Perlastoriadiunafiguraritmica,inStudiinonorediPier Vincenzo Mengaldo, Firenze,EdizionidelGalluzzo-Sismel,2007,pp.
1725-1748), e poi al v. 57, notevoleperché cade sulla stessa vocale dellavivaceserieasindetica«Idiletti,l’amor,l’opre, gli eventi», possibile eco delprimo verso del Furioso già alluso inAngelo Mai 111 ss.; uno solo tuttogiambico,edèlosplendidorallentando,ulteriormentedistesodagliechifoniciesemantici, di 25: «E quinci il mar dalungi, e quindi il monte». È poi danotarechegliendecasillabi,comesonosapientemente composti coi settenari,cosìtendonoadalternarsisecondoiduetipi principali, cfr. 18-19-20, 40-41-42,
emai comunque l’uno o l’altro tipo siripeteperpiùdidueversi.[13] È questo l’unico verso
propriamente aulico della lirica, quasiadaccennareperviapuramentetonale–in un testo in cui è pur fatta uguale azero la dialettica padrone-servo – alladifferenza fra la dimora signorile e lasemplicestanzadellafanciulla.[14] Cfr. Contini, Varianti e altra
linguistica, cit., p. 51. Lo stessoContini, ibidem, osserva che due versiprima Virgilio porta «adsiduo resonatcantu» (già cit. da Leopardi nel
Discorsosopra lapoesiaromantica,p.60Besomietal.)checertohaagitosu«Sonavan… al tuo perpetuo canto»; ecfr.pureRicordanze 17-19:«e sotto alpatriotetto /Sonavan voci alterne e letranquille/Oprede’servi».[15] Qui mi pare del massimo
interesse la concordanza del luogo conun distico di un canto popolaremarchigiano cit. dallo stesso Leopardiin Zib. 29 dove si ha appuntoinnamorati nel senso di ‘cheinnamorano’ («occhi…’nnamorati»), ecfr. ibidem 4140, con rimando a
Petrarca.AltridatinellaMuñiz.[16]VeramenteE.Peruzzi,Saggiodi
lettura leopardiana, in «Voxromanica»,XV,2,1956,pp.94-163,inbasealsignificatochel’aggettivohainaltri luoghi leopardiani, avanzal’interpretazione di ‘morente’,‘morituro’ o simili, ma a parte altreconsiderazionil’ipotesipareesclusadalluogo parallelo del Risorgimento giàcitato:«sguardifurtivi,erranti»,nonchédallavarianteincerti.[17] E cfr. anche il Commento ai
Canti di Gavazzeni e Lombardi,
Milano,Rizzoli,1998,adl.[18] Mi chiedo se l’alternativa non
debba decidere per l’interpretazione divago come ‘desiderabile’, ‘luminoso’,anziché ‘incerto’ come altri interpreta,nonostantelavariantecit.allan.17.[19]Ètuttaviapossibile,comeèstato
sostenuto, ma non probabile che in ASilvia il nero dei capelli alludaanch’esso a destino di morte precoce.Ed è magari da notare che nei Cantisolonegro,mainero, èdisponibileperdisforici e cupi traslati concreti (Sogno15: «mia negra vita», Pepoli 85: «la
negracura»,DalgrecodiSimonide24:«negrecure»),echesoloquestesonoleoccorrenzedell’aggettivoaparteledue«negrechiome».TuttaviagiànelDiariod’amore del ’17 (cfr. G. Leopardi,Autobiografie imperfette e Diariod’amore,acuradiM.A.Terzoli,Roma,Cesati, 2004, p. 92) Giacomodichiarava la sua appassionatapreferenza per le donne dai capelli edagli occhi neri. Sarebbe forse unarivincita della lettera contro gli eccessidell’interpretazione?[20]AncheseASilviaèunaliricadi
raraplasticità,nonperquestoLeopardivi rinuncia ai suoi tipici effetti disfumato: i plurali (10, 19, 28-29, 51ecc.), l’agg. vago 13, da lungi 25, ladichiarazione di ineffabilità di 26-27,sia pure seguita dalle esclamazioni diunamemoriaquasieuforicaecc.[21] Cito dall’ed. critica delle
Operette a curadiO.Besomi,Milano,Fondazione Arnoldo e AlbertoMondadori,1979.[22] Cfr. L. Blasucci, I titoli dei
«Canti» e altri studi leopardiani,Napoli,Morano,1989,pp.163-164.
[23] Per i due pronomi personali inposizione forte, e spesso contrapposti,cfr. rispettivamente, ad es., Brutominore106,Seradeldìdifesta11e20,Ilsogno64e72,Ricordanze1,Passerosolitario36,Cantonotturno 117 e 126eBrutominore 76 e 83,Ultimo canto58,Seradeldìdifesta11e20,Ilsogno90, Vita solitaria 17, Canto notturno73, Passero solitario 45 ecc. (spessonellaforma«Etu…»).[24] Qui occorre anche chiedersi se
perpetuo non sia più pregnante diquanto sembra (Silvia che canta
sempre, che non si stanca di cantare),alludendoaunagiovanile fiducianelladurata della propria vita che la naturainvecespezzerànelfiordeglianni,enelpienodiquella‘speranza’.[25]Come ripeto, da un precedente,
sempreinposizionenormale,dilette.[26]Evediancora«perpetuocanto»
– «opre femminili» 9-10; «vagoavvenir» – «maggio odoroso» 12-13;«studi leggiadri» – «sudate carte» 15-16; «dolce lode… negre chiome» –«sguardi innamorati e schivi» 45-46;«etàmianova, /Mia lacrimataspeme»
54-55.[27]Cfr.daultimo l’ed.Terzolicit.,
pp.133-134.[28] Cfr. Antologia leopardiana, a
curadiG.Contini,cit.,adl.[29] Cfr. Lonardi, L’oro di Omero,
cit.,p.153.[30] Il testo poetico. Teorie e
pratiche d’analisi, Milano, Rizzoli,1972,pp.39-41.[31]Sipuòanchenotarechepudicaè
l’ultimaparoladiASilviadelParini.
[32] Acerbo si può considerare unvero e proprio leopardismo: cfr. inparticolare Passero solitario 21:«Sospiro acerbo dei provetti giorni»,Ricordanze71-72:«l’acerbo, indegno /Mistero delle cose», 173: «larimembranza acerba», chiusa dicomponimento, Coro di morti delDialogo di Federico Ruysch 21-22:«quel punto acerbo / Che di vite ebbenome».
PeruncommentoallaQuietedopola
tempesta
Tutti i testi leopardiani, peresserecompresi,necessitanodiuninquadramentogeneralenelcontesto in cui nascono. LaQuiete dopo la tempesta è
apparentabile (è lecito parlarediundittico)con ilSabatodelvillaggio. L’intera poesia èanimata da unacontraddizione/divaricazionefra la ragione filosofica equellapoetica.
Avantesto e titolo.Comeènotoilprecedentepiùprecisodel Canto[1] è una nota dello
Zibaldone 2599-2602 (7agosto1822)incuiLeopardi,dopo aver affermato che«l’uniformità è noia» e che«la continuità de’ piaceri…anch’essaècontinuità,eperònoia, e però nemica delpiacere» ecc., prosegue(isolo,contagli,unbrano):
Ecco come i mali
vengono ad essernecessariiallastessafelicità, e piglianovera e reale essenzadi beni nell’ordinegenerale dellanatura… Laonde leconvulsioni deglielementiaaltrecoseche cagionanol’affanno e il maledel timore all’uomonaturaleocivile…siriconoscono per
conducenti, e incerto modonecessarii allafelicitàdeiviventi,equindi con ragionecontenuti e collocatiericevutinell’ordinenaturale, il qualemira in tutti i modialla predetta felicità.E non soloperch’essi malidannorisaltoaibeni,eperchèpiùsigusta
la sanità dopo lamalattia, e la calmadopo la tempesta:maperchèsenzaessimali, i beni nonsarebbero neppurbeni a poco andare,venendo a noia, enon essendo gustati,nè sentiti come benie piaceri, e nonpotendo lasensazione delpiacere, in quanto
realmente piacevole,durar lungo tempoec.
(Spuntipiùframmentariadesempio negli Argomenti diElegie,ed.Rigoni,p.618:«Einfinerimettendosilacalmaespuntando il sole e tornandogli uccelli al canto…», nella«Prima idea» della Telesilla,ed.Rigoni,p.671:«…canto
mattutino degli uccelli, solenascente,comemaituttoèincalma…», e soprattutto nellastessa Telesilla 13 ss.: «inpoco d’ora / Torna ilsereno… Ecco già ’l nemboallenta… Ecco vien fuori ilsole/e’lcantodegliucceisirinnovella…».)Ecfr.ancheilpassodellaStoria del genere
umano cit. dalla Muñiz ed’altra parte l’idillio diGessnersegnalatodaVossler.
Sembradunquecheiltitolodella Quiete[2] riformulil’espressione che hoevidenziato in corsivo delDiario. Così però esso, perrispondere al requisitoessenziale della brevità,
risulta meno transitivo versoil contenuto del testo di altrititoli leopardiani (come ilcomprensivo Canto notturnoecc.); e non solo ovviamenteperché non ne sintetizzal’intero arco, ma perché – adifferenza di quello dellaseconda anta del dittico, Ilsabato del villaggio – non
risponde neppure a quantorappresentato ed espressonellaprimalassa:chenonèilmomento di tranquillità dopoilterrore,malaripresavivacedell’attività umana (e tantopiù mossa e lieta dopo quelterrore), alla quale si associalanaturastessa.Elatempestacoi suoi effetti è sì
rappresentata o megliosuggerita, in modoestremamentesinteticoesoloalla fine della seconda lassa,con un’inversionedell’intreccio rispetto allafabula, ma in tal modoaccostandola strettamente almotivo ‘filosofico’ del«piacer figlio d’affanno».
(Non è inutile comunquericordarecheunadescrizionedettagliata di una tempesta,con «vento», «nembo»,«lampi»e«baleno»figuranelFrammentoXXXIXdeiCanti,ivi introdotto solonell’edizione del ’35 matratto dai primi 82 versidell’antica, 1816, «cantica»
Appressamento della morte.)Si potrà ipotizzare che iltitolo indichi un non detto,cioè l’antecedente (la «calmadopo la tempesta») dellescened’azionedescrittenellaprimalassa?Oaddiritturacheresiduiunadiversaintenzionerappresentativa di questa?Tuttosommatoèforsemeglio
accogliereancheperlaQuietele osservazioni generali diBlasucci: «Verrebbe fatto dipensareaunasortadi languetitolatoria, rispetto alla qualela parole fu costituita daitesti», e: «scarto fra latradizionalittà dei ‘soggetti’annunciati dai titoli e lanovità delle esecuzioni» ecc.
[3] Quanto alla strutturanell’assieme, va osservatoche le tre lasse sono diampiezzadecrescente,24-17-13 vv.: Blasucci ha parlatoopportunamente di una«stretta», e certo l’effettoaverbale è quello di unaprogressiva chiusurasentimentale.
Ilassa.Varicordatochelemodalità d’inizio cheprevalgono nei Canti sonodue (nondi rado intrecciate):l’allocuzione e il periodareprotrattoeaspirale,confortisubordinazioni[4]. Questodella Quiete, narrativo e‘normale’, è fra le eccezioni,quasi a preannunciare
l’andamento paratattico – etalora asindetico – e ilfraseggiare breve checaratterizzeranno, conintenzioni via via diverse,tutto il Canto. Non è maleosservare che le regole dimaggioranza valgono pertutte le Canzoni (compresol’Inno ai Patriarchi) e per
tutti i Canti ‘napoletani’,anche in ciò eredi delleCanzoni (tuttavia l’attacco diSopra il ritratto, se èallocutivo, è a segmentibrevissimi); mentre gli inizi‘narrativi’ si trovano solonegliIdillieneiCantipisano-recanatesi (L’infinito,La vitasolitaria, La sera del dì di
festa, incertosensoIlsogno,Ilsabato, Il passero solitario–stannoasé Il primoamoree Il risorgimento), doves’instaura il gusto per larappresentazione obiettiva,rivissuta ma non tuttariassorbitanelsoggetto,epoinel cosiddetto ‘Ciclo diAspasia’ (Amore e morte,
Consalvo, Aspasia), e sicomprende il perchésoprattutto per i due ultimiindividuicitati.
Questa strofa nella qualeLeopardi canta (nel sensoletterale del termine)l’epifania creaturale dellastruggente quotidianità chetorna a manifestarsi dopo la
minaccia (Vossler haosservato giustamente che ilCanto non parla mai di«quiete», ma sì di gioia divivere), s’affida come forsenon mai nei Canti a unagrande specificità lessicale,atta a catturare la varietà esingolarità dei realia. Circaun terzo delle parole piene o
sintagmi coesi che l’abitanosonoinfattihapax(olessicalio semantici o in un casoformale) nella raccolta emagari in tutta la poesialeopardiana.Precisamente:su66‘parole’ein24versisonounica nei Canti le seguenti:far festa 2 (è nel saggio ditraduzione dall’Odissea),
gallina 2 (gallinella, assaimeno ‘realistico’, piùsettecentescooarcadiconellaVita solitaria), verso (inquesto significato) 4, rompe(id.) 5 da un precedentespunta, vedi oltre, ponente 5(un esempio anche neiParalipomeni), sgombrasi 6(esempi solo nel Leopardi
‘minore’), umido 11 (variesempi solo nel Leopardiminore), fassi ‘s’affaccia’ 13(esempi simili solo nelletraduzionipoetiche),uscio13(esempi nel Leopardiminore), vien fuor 14 (cfr.Telesilla sopra cit. eParalipomeni),femminetta14(contutt’altraconnotazione,e
al plur., solo nei Nuovicredenti),cor(re)14 insensofisico, cfr. tutt’al piùGuerradeitopiedelleraneIII8(tredifila!),piova15(altroveneiCanti sempre pioggia, comenelrimanenteconl’eccezionesignificativa di Telesilla 12,115), erbaiuol 16, sorridemetaforico 19 (un altro
esempio,ma contestualmentediverso, nell’Appressamentodellamorte),terrazzi21(soloun altro esempio, neiParalipomeni), famiglia nelsenso arcaico di ‘servitori’(non credo opportunal’interpretazione attenuata‘gente di casa’), (via)corrente 22, tintinnio 23,
sonagli23,ripiglia 24, comesolo in un testo poeticominore (nei Canti noncompare mai neppureriprendere). In tutto21, cifraeccezionale,chesipuòinoltrecompletare con voci attestatesolo un’altra volta neiCanti,come, sempre nell’ordine delquotidiano, artigiano 11,
giornaliero (questo ritornasolo nella specialissimaPalinodia),logge21.Sivedràche la situazione delle duelasse successive è tutt’altra.Più direttamente, il vitaleaffaccendarsi dopo latempesta è espresso anchedalle ripetizioni iterative omoltiplicative: Tornata 3 –
Torna 10; ogni… in ogni 8,Di sentiero in sentiero 17,Ecco…ecco19,Apre…Apre20-21, e vedi ancheRisorge-Torna a inizio dei successivi9-10equantosidiràdeiverbiaprefissori-.
Dunque in questa primalassaLeopardiparticolareggiaal massimo, e gioca la sua
rappresentazione tutta sulle‘azioni’. Tant’è vero che vileggiamo solo due aggettiviqualificativi, chiaro e umido(questohapax come visto), eper di più entrambi nonstatici, pittorici, ma indicantiuno stato che deriva da unmutamento rispetto a unprima (il fiume non più
offuscato, il cielo inumiditodalla pioggia recente: cfr.Paralipomeni VI 29, 4: «edumide parean dallaprocella»). Ancora piùsignificativa è la rarità diquegli elementi che LuigiBlasucci ha memorabilmenteindividuato e definito come«infinitivi», o
indeterminati/indefiniti[5]. Indettaglio:l’unicolessemaconquesto valore è lontano 22(piuttosto avverbio cheaggettivo),perdipiùinpuntadi verso e in inarcatura, chesignificativamente appare nelmomento finale dellarappresentazione, in cuiquesta sfuma dal borgo e
accenna ad altro; e a«lontano» si possonoaccostare «là da ponente» 5(vedi «Incontro là dove…»,Sabato 10), la sintassi‘presimbolista’ di «allamontagna»,forsel’assenzadiarticolo in «augelli» 2 (v.adl.)e«tintinnio»23.Leunicheparolediquattro sillabe sono
femminetta 4 e giornaliero18,cuiè impossibileprestareconnotazioni infinitive.Mancano i plurali‘moltiplicativi’ (i quattro di20-21 sono ben concreti,pertengono alla varietà delquotidiano). Ancora: non sipuòosservareunaprevalenzasignificativa del timbro à se
nonsolonellostraordinariov.7. Restano gli enjambements(vv. 4-5, 8-9, 13-15, 19-20,22-23), ma in primo luogononsonoquinécosìfrequentie consecutivi né così arditicome in altro Leopardi, esoprattutto la loro funzione,tenuto a parte il caso di 22-23, non è tanto rallentativa,
sospensiva, quanto quella dilegare l’una all’altra secondounritmoda‘allegro’lescenedel ritorno alla vita,rilevandone quella lietavelocità di successione che ètutt’uno, come Leopardi perprimo sapeva benissimo, conla loro idealecontemporaneità: Zib. 2041-
2042,3novembre1821:
La rapidità e laconcisione dellostile, piace perchèpresenta all’animauna folla s’ideesimultanee, o cosìrapidamentesuccedentisi, chepaionosimultanee,efanno ondeggiarl’anima in una taleabbondanza di
pensieri,o immaginie sensazionispirituali, ch’ella onon è capace diabbracciarle tutte, epienamenteciascuna, o non hatempo di restare inozio, e priva disensazioni. La forzadello stile poetico,che in gran parte ètutt’uno collarapidità, non è
piacevole per altrocheperquestieffetti,e non consiste inaltro ecc. (e cfr.anche ibidem 2239,2336-2337 eNovalis, Frammenti241: «Chissà qualieffetti meravigliosidarebbe ilsincronismo di piùazioniecc.»).
Eperciòillessicodiquesta
prima lassa tende a indicaremomentaneità nel tempo,finitezza nello spazio: via 3,«conl’oprainman»12,uscio13, «Di sentiero in sentiero»17, grido 18 ecc., e piùvistosodituttoildeitticocaroa Leopardi ecco che apparetre volte, 4, 19, di cui due, amarcare ancor più l’allegro,
in anafora lineare[6]. Conquestodaprecisare,che,datoil temadel ‘ritornoallavita’,lalassaètuttaattraversatadasemantemi che dicono ilpassaggio dal chiusoall’aperto,daldentroalfuori,dall’indistintoaldistinto: cfr.almeno «Sgombrasi lacampagna» 6, appare 7,
«Fassiinsul’uscio»13,Vienfuor (la «femminetta»), tral’altro usualissimo, ereplicato nell’incipit delSabato:«Ladonzelletta…»(evedi anche Ricordanze 50:«Viene il vento…»);Apre inanafora20-21.
Delrestoalleminisequenzeconordine inverso, e dunque
con rallentando, delle parole(1, 6-7, 11-13, 20-21, 23-24)si intrecciano, prevalendo,quelle con ordine retto (2-4,4-5, 8-10, 13-15, 16-18, 19-20, 22-23), e la rapidità edessenzialitàcosìottenutesonorafforzate dal fatto che sitratta comunque di frasisemplici o semplicissime,
senza espansioni, con pochesubordinate che sono tutte oimplicite o elementari(relativebrevissime), fattuali:«Odo… far» 2, Tornata 3,Che ripete 4, a mirar 11,cantando 12, a còr 14, cheritorna19,che…ripiglia24.
Mai forse Leopardi èriuscitoaesprimeretantocon
così poco (anche con talemodestia di registro). VieneinmentelacelebrerispostadiMozart aGiuseppe II cheglirimproverava di aver usato«troppe note» nel Ratto dalSerraglio: «Neppure una piùdelnecessario,Maestà».Cosìlavorano i classici. Mal’estrema semplicità, al
servizio non menodell’enárgheia che del canto,che distingue la lassa ancherispetto ai testi precedentidell’autore, non impedisceche questi versi siano poistrutturati, pur senza eccessodi determinazione, in modosapiente,alternandoiriquadrirelativi all’udito con quelli
relativi alla vista, così: 2-4udito; 4-7 vista; 8-10 udito;11-13,cioèalcentro, l’unoel’altro; 13-15 vista; 16-18udito; 19-21 vista; 22-24udito. Tale alternanzaattraversa la bipartizioned’altra natura di ‘esseri ofenomeni non umani’ 1-7 /‘esseri umani’ 7 ss. (con
confine dunque,accortamente, entro lo stessoverso): con la solainterruzione di 19-20 doveperò il sole «ritorna» e«sorride», cioè è dotato dimetafore umanizzanti, tantopiù notevoli in un poetascarsamentemetaforicocomeLeopardi.
Ancorpiùsignificativaèlaformametrica,primaadoverrisolvere la rappresentazionein canto. Fino al v. 18dominano i settenari (11contro7endecasillabi),dicuiquattrodiseguitoa15-18,perdi più a coppie di rimebaciate (la prima precedutaanche da rima con 13), e
baciate sono anche le rimecon endecasillabi di 1-2, almezzo, e di 5-6. A questoandamento cristallino emelodiososiopponeloslargofinale, 19-24, che funge pureda‘segnaledichiusa’,eilcuiavvio è segnato dallaaccelerazione sospinta dalladoppia anafora (ecco, apre):
tutti endecasillabi. A guardarmegliosivedechecomunquegli endecasillabi hanno ilritmo arioso e rapido, cosìcaro a Leopardi, di x-6a-10a
(eventualmente 6a-7a),dunque ripetendo al lorointerno la forma delsettenario, e spesso, aconfermarla, all’interno di
versi con pause più o menomarcate dopo la settimasillaba(2,4,5,8ecc.).Unicaeccezione, e sempre nelloslargo finale simile a una«coda», proprio l’ultimoendecasillabo, di 4a-8a. Perinciso è da vedere, in questofinale, se il personaggio delpassegger non possa essere
intesoanchecomeallegoriaofigura dell’io poetante che sistacca («il suo camminripiglia») da quelle caremanifestazioni di vita perrientrare in sé egiudicarne ilsenso[7]. Ciò darebbe anchemeglio ragione della suadiversità, anzitutto di ritmo edistensione, da ciò che lo
precede. L’ipotesi pareconfermata dal fatto che inun’Operetta del ’32 unallegorico Passeggerodialogherà con un venditoredi almanacchi, e anche dalviatore, preceduto dalcarrettier,delTramontodellaluna29(e19),ecfr.ancoralaVitasolitariacitatasotto.
Da molti punti di vistaquesta prima lassa dellaQuiete può considerarsi laprova generale delle dueprime del Sabato. Ma ledifferenze sono forse piùnotevoli delle affinità. Seall’artigiano e all’erbaiuolorispondono lo zappatore e illegnaiuolo (rima ‘virtuale’ a
distanza), la «femminetta» sisdoppia nelle purvezzeggiative«donzelletta» e«vecchierella», e nuovi nelSabatosonoi«fanciulli»(chepur «gridano» comel’erbaiuolo), a uno dei qualinon per nulla si rivolge lagnome finale: «Garzoncelloscherzoso…».Nonsolo,maa
trediquestipersonaggispettauno sviluppo sintattico (1-7,8-15, 31-37) ignoto, ancheper via delle subordinate‘larghe’ che abitano questetratte, alla prima lassa dellaQuiete, che fissa singoli attipuntuali, quando invecequello della donzelletta siprotende nell’immediato
futuro della festa, lavecchierella recuperanarrandolo il suopassato e illavoro del legnaiuolo siprolunga lungo tutta la notte.QuestamaggiorenarrativitàediffusionesicollegaanchealfattochenellaQuietelevariescene sono immediatamentesuccessive o meglio
idealmente contemporanee,mentre quelle del Sabato sisgranano lungo l’arcotemporale tramonto-sera-notte.
Si lasciano questiventiquattro versi, tra imirabilissimi di Leopardi,con la sensazione che ladescrizionecheviècondotta,
come e ancor più quella del‘gemello’Sabato,nonsolosidistacchi totalmente dallestilizzate e convenzionali invoga nella lirica precedente,ma in realtà aggetti sulledescrizioni della grandenarrativa ‘realistica’ delsecolo (penso ad esempio,conGirardi,aTurgenev).
1. Inizio (che fa eco altitolo e riassume ilpresupposto delladescrizione) settenario, comealtre volte nelle Canzoni‘regolari’elibereapartiredaAllaSorellaPaolina,mamaicome qui a costituire unperiodo-verso (cfr. semmaisolo l’attacco epigrafico di
Soprailritratto:«Tufosti:orqui sotterra…», e vediContini, che paragona con«Perìl’ingannoestremo»diAse stesso: «inversioneenfatica,delsoggettoedentroilpredicato»).Puòesserechel’anastrofe, comune inLeopardi,risentadellatino.Evedi il commento della
Muñiz.
2. augelli, voce letteraria(esclusiva neiCanti; cfr. percontro anzitutto il titolo diun’Operetta, Elogio degliuccelli e uccelli in testi altridaiCanti),èseguitosubitodagallina, parola familiare. Mamentre nelle Canzoni e neiCanti fiorentino-napoletani
simili compresenze dannovolentieri luogo,espressivamente, a scontrotonaleocozzodell’aulicocolprosaico, negli Idilli e neiCanti pisano-recanatesisembrano, quasimiracolosamente,armonizzarsi senza residui.Èquanto avverrà anche nel più
leopardiano dei poeti delNovecento, Saba, che parleràdi«creaturedellavita / edeldolore». – far festa (che hasostituito anche per lesuddette ragioni metriche lalezioneovviacantare: le dueespressioni alternanoall’inizio dell’Elogio degliuccelli, dove è anche il loro
tacere nella «tempesta»): laparola tematica festa fa rimaal mezzo immediata eantinomica con l’altrettantotematico tempesta,presentando subito i dueopposti concettuali dellastrofa, e quasi apreannunciare anche daquesto punto di vista il
Sabato, dove festa rima almezzo con appresta 6-7(figura metrica identica aquestadellaQuiete),tornandopoi sempre almezzo a 12 (evedi festaalm.:diresti22)edue volte, una al mezzo, inrima con cotesta 47-49-50.Metricamente va osservatochelarimabaciatainizialedi
settenario con settenario‘interno’ non ha esattiequivalenti nel resto deiCanti, dove si trovano tutt’alpiù, e forse proprio persviluppo di questo incipitdella Quiete, a7A11 (Ilpensierodominante)eA11a7(Amoreemorte).–lagallina:di qui in poi tutte le creature
cheagiscononellalassasonomunite di articolodeterminativo:lagallinaecc.,come anche in Di Giacomo,Natavernella…,checertohaper modello la prima strofadella Quiete, mentre adesempio in Pascoli, Primipoemetti, L’alba, I, si ha:«Raspavaunagallinasoprail
ciglio / d’un fosso», e vedinello stesso Leopardi,Supplemento agli Idilli, p.637Rigoni,l’indeterminativoplurale: «Galline che tornanospontaneamente la sera allaloro stanza al coperto».Poichéildeterminativononèsolo deittico e specificante,ma indica il noto
(l’indeterminativo invece ilnuovo), ne viene che questascelta rivela in modo tantosottile quanto determinante ilcarattere fortementecreaturale dellarappresentazione, e anzi ilfatto che quelli che Leopardivia via mette in scena nonsono apparizioni (epifanie)
inconsuete mariconoscimenti. Quel ritornoalla vita che è il temaoggettivo centrale della lassaè dunque anche il temacentrale dell’io poetante, chefesteggia questo ritorno (perle ragioni dette non vaaccettata l’ipotesidiStraccalie Antonioni che femminetta
14 sia sineddoche per ilplurale).Lastessastrategiasiripeterà,conlacomprensibileeccezione dei fanciulli, nelSabato, e anzi si confronti ilsuo primo verso col similaredegli Argomenti di Idilli, II,Lefanciullenellatempesta,p.636Rigoni,sempre in avvio:«Donzellette sen gian per la
campagna». Per la gallinanotare ancora l’opposizionedel suo determinativoall’indeterminativo plurale diaugelli, che s’aggiunge aquelladellessemaquotidianoalletterario.
3. Tornata si ripete inmodo quasi anaforico(sintomaticamente per
correzione) nel Torna di 10.È appunto il temafondamentale della lassa,rafforzatoda tutti iverbiconprefisso ri- che, come notatoda L. Blasucci[8], lapercorrono: ripetere 4,risorgere 9, rinnovare 16,ritornare 19, ripigliare 24;accanto ai quali si può citare
il riconfortarsi di Sabato23[9]. Per altro verso tornatafarimainternaconPassata1,come via all’esternoimperfettamente con gallina2,ilcheaggiuntoallarimaalmezzo di 1-2 costituisce lastretta gabbia metrica cheavvolge l’inizio dellastrofa[10].
4. verso: la parola, ditimbropopolarepiuttostochedotto, data anche la presenzadellavariantecantarealv.2,e di campagna in rima 6, èimplicata quasi sicuramentecon la correzione di verso incanto(dellarana)nellevicineRicordanze 12 (concampagna in punta di verso
13 e ancheMirando il cielo12, cfr. qui 11). – sereno,nella relazione con chiaro 7:cfr. Sabato 46: «Giornochiaro,sereno».
5. Rompe ‘erompe’,irrompe’: acquisto nettorispetto alprecedente spunta,non solo inquantopassaggiodal più al meno ovvio, dal
generico allo specifico (erompereneiCantihasemprealtri significati), ma perl’aumento di vitalità edenergia, che rimbalzano nelsuccessivo sdruccioloSgombrasi, anche allitterantea inizio verso con Rompe.Peruzzi e Lonardi[11] hannoipotizzato un rapporto con
l’omerico (Il. XVI 297)uperráge áspetas aither ‘s’èrotto l’immenso cielo’, mainverousidel tutto similidelverbocadonoinautoriitalianicerto presenti a Leopardi,come il Frugoni: «al romperde la luce», il Bartoli, da luiammiratissimo: «al romperdell’alba», e cfr. GDLI, s.v.,
§§ 79-85, nonché il Foscolo,Ortis, cit.daD.DeRobertis.Sarà forse da questo luogoleopardiano che Montale,Notiziedall’AmiataI,rileveràil suo «dove tra pocoromperai». Sembra trattarsicomunque di uso metaforicopoligenetico, cfr. ad esempioChrétiendeTroyes,Ivain,ed.
Roques4923:«quantvintquel’aube fu crevee», o intutt’altra area Trakl, DieSonne, inchiusa:«SonneausfinstererSchluchtbricht».
6. La rima baciatamontagna:campagna,eanziprecisamente fraendecasillabo e settenario, èanche nell’Imitazione da
Arnaut,6-7.
7.Èilversochenonatortopareva a Saba il più bellodella letteratura italiana. Maanchequestononnascedallatesta di Giove, diviene e sicompie.Alpostodiapparesiaveva dapprima splende e lacorrezione, oltre a cassarequalcosa di piuttosto trito e
ridondante(rispettoachiaro),va dal decorativo e statico alpuramente fenomenico edinamico,ealsemplicissimo.Ma la semplicità del versodivino sprigiona purerisonanze che solol’immissione di appare crea:assonante fortemente con«valle» e in quasi-rima, a
cornice, con «chiaro». Daaggiungere che appare inpunta di verso (e rimabaciata) è documentato soloin Angelo Mai 90, in chiusadella strofa forse piùnotevole, sulla conoscenzadelmondochenediminuisce,fuorché al «fanciullin», lavastità.
8-10.Periodovelocetuttaastacchi asindetici, come siconviene al rivelarsi eaccavallarsi di questericorrenze del già noto eamato (vedi ancora inseguito16 e, moderatidall’anafora,19e20-21,eperfinire23).
9. Allitterazione
fonosimbolica su r, ri o r+o;dapartesuarumorioèancoraun lessema iterativo (da cfr.con «fanno un lieto romore»Sabato27,hapax,che inveceindica l’effetto complessivo),replicato più avanti datintinnio23.
10. Lezione primitiva«Riede il garrire usato»,
normalizzata: il petulantegarrire sarebbe stato hapaxnei Canti, mentre lasostituzione di riede andràmessa in relazione conSabato 28: «E intanto riedealla sua parca mensa…» esoprattuttoconSeradeldìdifesta 26: «… dell’artigianche riede a tarda notte…».
Alla lezione corrigente sideve anche un rapportofonico più perfetto col versoprecedente: «Torna illavoro». – usato ‘abituale’come giornaliero ‘di tutti igiorni’ 18 e anche suo ‘suosolito’ 4 sottolineano ilmotivo del ritorno agli atti ealle occupazioni quotidiane.
Per tutto il verso cfr. poiSabato41-42,finestrofa:«edal travaglio usato / Ciascununsuopensierfaràritorno».
11. Qui ricompare dopoSera 26 il sostantivo ‘digenere’, cui nel Sabatocorrisponderà quello piùconcreto, di specie, illegnaiuol. – naturalmente
mirar non va inteso comedoppione aulico di«guardare», ma nel suopreciso valore di azionecontinuata e lieta (vedi delresto cantando 12): cfr.«Mirava il ciel sereno» ASilvia 23, «Mirando il cielo»Ricordanze 12. E perl’assieme vedi, a parte Sera
deldìdifesta25-27,Parini,Ilmattino II 14-16: «Allora[alla«nascentedel sol luce»]sorge il fabbro e la sonante /Officina riapre, e all’opretorna/L’altrodìnonperfetteecc.», da cfr. anche, qui, conApre… Apre 20-21 esoprattuttocontornaall’opre30.
12. opra ‘manufatto’specificaillavorodicuia10,e i due sostantivi sonoaccostati in Ginestra 207;vediancheRicordanze18-19:«le tranquille / Opre de’servi». – cantando: lasuggestione del verbo èaccresciuta, oltre chedall’incisoinfineverso,dagli
echi fonici: «con» e «man».Non sfugga ancora una voltail maggior ‘realismo’ delSabato29:Fischiando.
13. Fassi: l’analogiafonetica, sintattica e diposizione con Sgombrasi 6suggerisce il rapporto dicausa ed effetto fraillimpidirsidellanaturaelieto
affacciarsidell’artigianofuoridellabottega.
14. Verso legato daallitterazione di f- e rimainterna fuor-còr. Lafemminetta, certo d’originedantesca (o anchemanzoniana ecc.), è daleggere, come la donzelletta(elavecchierella)delSabato,
quale alterato dolcementeaffettivo. Anzi se veramentequi Leopardi rimodulaDantee la sua femminettasamaritana, allora ne riesceaccresciuta la vivacreaturalitàdel‘personaggio’.
15. piova: cfr. Zib. 4495;giuntura con novella eposizioneinrimarendonopiù
che possibile ilriecheggiamento diGer. Lib.XIV 32, 8 (: nova), ecomunque l’allotropo eradella tradizione (Dante…);manonèescluso il concorsodella forma regionale, il cheinsinuerebbeunaltrotoccodirealismo.Notarepurelarimaparonomasticaconprova.
19-21. La costruzione deidue segmenti è interamentechiastica:inordinenormaleilprimo, 19-20, in ordineinverso,VOS,ilsecondo,20-21; e le replicazionianaforiche delle due parole,entrambebisillabiche,stanno,sempre inversamente, nellestesse posizioni: in apertura
di verso il primo Ecco e ilsecondo Apre, in sede disettima-ottava dopo pausa, eribattendo l’ictus di sesta ilsecondoeccoeilprimoApre.Comunque la dupliceanticipazione del verborispetto al soggetto, lafamiglia,èincarattereconlanatura fortemente verbale,
cioè evenemenziale, di tuttalalassa.Esemanticamentesiai due avverbi deittici che idue verbi di novità e moto,anticipati,veicolanononsolola velocità di percezione,maun’alacrità da ‘improvviso’che è di tutte le scene. Siosservi infine la quasi-rimainterna poggi – logge,
ambedue pure bisillabi. Persorride cfr. Pepoli 128-129:«degli aprichi / Campi ilserenoesolitarioriso».
22-24. Si sa che questiversi rielaborano il primoappunto (poetico) delloZibaldone, luglio o agosto1817:«Nella/(dalla)maestravia s’udiva il carro / Del
passegger, che stritolando isassi,/Mandavaunsuon,cuiprecedeadalungi/Iltintinniode’ mobili sonagli», a suavolta in rapporto con unluogo della Notte pariniana(D. De Robertis). Larielaborazione comportacome ci si attende un lavoro‘inlevare’eunabbassamento
di registro: tre versi in luogodi quattro, eliminazionedell’esornativo mobili,passaggio da da lungi alontano ecc. Ma restano icardini dellarappresentazione, come ilsintagmaDelpasseggernellastessaposizioneainizioversoesonagli,cheoraanzivienea
creare rima inversa almezzocon «famiglia»: «ripiglia».Due le sostituzioni notevoli:da(via)maestra (cosìancoracome variante nell’autografodel Canto) a corrente,probabile regionalismo e cheva a riprendere ponente (inpausa) 5; e da «stritolando isassi» a stride, con cui si
elimina una notazione troppo‘espressiva’ e realistica, maconservando acutamente lasillaba iniziale fonosimbolicastri- e aggiungendo quasi-rima al mezzo con l’aguzzogrido di 18. Cfr. anche Vitasolitaria 78 ss.: il «ladron»«ch’a teso orecchi / Il fragordelle rote e de’ cavalli /Da
lungi osserva o il calpestiode’ piedi…Al passegger…»(qui anche una ragione delpassaggioda lungi> lontanonella Quiete?).Interessantissima è latransizione dall’Odopersonaledi2aquest’odichenonècertoautodialogicomaimpersonale, come indicato
dal s’udiva dello Zibaldonecit.edaidueodidiSabato33(con cui diresti 22).Transizione chiarissima, aconferma di quanto detto piùsopra, da unarappresentazione diretta dallaregìa del soggetto ad unavivacissimasìmaoggettiva.
II lassa. È nettamente
divisa, dal punto di vista siasintattico che tonale, in dueparti. Nella prima, 25-31,dopo il verso d’avvio che siaggancia come vedremo allaprima lassa, si sussegue unacascatadiinterrogative,anchesostenute da anafore (Sì 25,Quand(o) 27-28 e 31,O30),breviequasicompulsive,che
sono tipicissimedellostilediLeopardi, sempre oscillantetra affermazioni definitive emeraviglia, appello: cfr. fra itanti esempi, eventualmentepure anaforici, All’Italia 25-37; Sopra il monumento 54ss.; Angelo Mai 1 ss.; Allasorella Paolina 39-45, alasciar sospesa, come anche
altrove,lafinedistrofa;Aunvincitore 27-34; Allaprimavera 1-22, a cavallo distrofa;Seradeldìdi festa33ss.; A Silvia 56-60;Ricordanze 136-140;Pensiero dominante 69-76 e136-147 (l’intera ultimastrofa); Sopra un bassorilievo 1-7 (un’intera strofa);
Sopra il ritratto 50-56(un’intera strofa, l’ultima). Eanchequestofenomeno,quasiassente dagli Idilli edall’unicum che è ilRisorgimento, appare comeun lascitodello stilemossoepatetico delle Canzoni alLeopardi speculativo piùtardo.
La seconda parte, 32-41, apartire dal concisissimoaforisma in sintassi nominaledi 32, procedeappositivamente secondomodalità ragionative checomportano pure lo slargarsidei periodi, con subordinateincassate (anche qui conanafora su onde, ma a
distanza, 34-37, a pausare losviluppo periodale). Èsingolare e notevole che amarcare ulteriormente questabipartizione la lassa siacostruita, ovviamente conlibertà, un po’ come unastanza di canzone: 25-30,‘fronte’ abbacC, con la seriepiù lungamente stretta da
rime del testo;concatenazione a 31 con«ricorda» che riprende infigura etimologica core eanche «amore» – or –«torna»; quindi una sorta disirma liberamente rimata,macon timore 34 che fa rima almezzo coi due -ore dellafronte.Adifferenzachenella
prima lassa, qui dominanoassolutamente i settenari (13su 17 versi, e due volte insequenze rispettivamente dicinque e quattro: 25-29, 35-38), coerentementeall’affanno interrogativo e(apparentemente) euforico daun lato, alla scansionesentenziosa e meditativa, e
nettamente disforica,dall’altro. Ma si puòosservarecheil‘taglio’chesiviene a determinare fra i vv.31e32separaunapartedellalassa che sta con la I comecommento alla descrizione, euna seconda che sta con laterza come suo avvioragionativo, per cui alla
divisione in tre strofe sisovrappone,conunaspeciedidoppia inarcaturainterstrofica, una bipartizioneelocutivaetonale.
Portato comunque ildiscorso sulla costanza dellaragione, prevale ovviamentenella lassa il lessicointellettuale, per sua natura
scarsamentespecificorispettoa quello specificissimo dellalassa precedente: due hapaxin tutto, smorte 38 e folgori41, nel luogo in cui ladiagnosi del negativo aguzzala propria espressività. Einfatti come lì venivano allaluce creature differenziatecolte in un loro atto
caratteristico, qui siaccampano astrazionitotalizzanti, sinonimie di ununico denotato, l’uomo ingenerale (ogni core,metonimia, 25, e ancor piùchiaramente L’uomo 29 e legenti, plurale antico efrancesizzante,39).
25. Il verso rovescia in
chiasmo perfetto oantimetabole l’«Ogni cor sirallegra»di8,producendonelcambio d’intonazione unaccordo di amaro e purpietoso sarcasmo verso leillusionideiviventi(‘già,tuttisi rallegrano, ma…’), eannunciando sottilmente nelrovesciamento sintattico
quello ragionativo delle lasseII-IIIneiconfrontidellaI.Loslittamento poi è tale ancheperchéciòchelàerarelativo,compiendosi nella frase cheseguiva («Ogni cor sirallegra, inognilato…»),quidiviene assoluto, stretto nelsettenario e dal punto fermo.Sebastiano Timpanaro,
seguito da Blasucci[12], havisto giustamente in questoverso un aprosdóketon o‘effettodisorpresa’.
26-27. gradita : vita, vedi(età) fiorita : vita (il versocontienefesta),Sabato44-47,e soprattutto la rima identicavita:vitanelCantonotturno9-10(almezzo),17-18,53-55
(e comunque vita, conviver(e),vièparola-chiave).–Perilparticipio-aggettivocfr.Sabato38:«Questodisetteèil più gradito giorno». – Ildeittico temporaleor segnalala contemporaneità idealedelcommentante al commentato,essenziale nella Quiete; cosìOrinSabato20.
28. amore: menodeterminata e meno‘filosofica’ la variante senzaseguito diletto, che d’altrapartesarebbestataripetutadadiletti44,-o46,evedianchePasserosolitario38.
29. studi ‘occupazioni’,‘impegni’ (latinismo) oltrecheinVincitorenelgiocodel
pallone 39 è in Operette,Dialogo di Timandro eEleandro, § 31. Intendere inquesto senso e costrutto èarcaizzante/latineggiante,einunione con studi lo usa ilMonti(cfr.GDLI,s.v.).
30.torna:riprendeilverbochiavedellalassaprecedente,2 e 10. – opre: generalizza
l’opra di12.–cosanova: inunprimotempocosenove. Ilpassaggio al singolare èinterpretabile sia comedissimilazione rispetto alplur. «opre» che comeimpulsoacategorizzare (vedisopra).–Ilverso,chiusadella‘fronte’, si arricchisce perciòdi una rima quasi
paronomastica, oltre chebaciata,diunapartituraquasiomotimbricasullaòeinoltre,cosa tutt’altro che frequenteinLeopardi,diunritmolentoeuniforme,tuttogiambico.
31. mali suoi: aggettivopospostoperenfasi, sicché sihachiasmocolsuoistudi,piùneutro, di 29 (la vera realtà
dellavitasonoimali).
32. Verso eccezionale perlacongiunzionedellabrevitasaforistica con la sintassinominale in funzione diprincipale da cui dipende informa di apposizione il restodella lassa. Schegge disintassi nominale nonmancanoinLeopardi(cfr.per
es. Alla Primavera 77-78;Passero solitario 13,Ricordanze 148, A se stesso9-10), ma mai con questaenergia di pronuncia[13]. Ilsingolare-etichetta piacer(e)porta con sé anche quello diaffanno (così anche adesempio in Canto notturno108, ma ad esempio «dolci
affanni» in Ricordanze 5,«affanni intensi» in Aspasia64).
33. vana: quasi-rima almezzo con affanno, e per ilconcetto cfr. Dialogo dellaNatura e di un’Anima, § 16:«nell’universalemiseria dellacondizione umana, enell’infinita vanità di ogni
suodilettoevantaggio»;Asestesso16:«El’infinitavanitàdel tutto», Pensierodominante 26: «E di vanopiacer la vana speme» ecc.Quasi inutile ricordareche lavanitas è motivo dominanteinLeopardi.
34. timore: cfr. Zib. 66, eper la congiunzione t. –
affanno Cantico del gallosilvestre,§15.–siscosse:daun precedente fu vinto: forseanche per eliminare la quasiidentitàconvento40,pureinpunta di verso (e vedi n. a40);nenascecomunquerimaimperfetta al mezzo conMossi.
35-36. Altro chiasmo, che
dà ulteriore rilievo alcortocircuitomorte-vita.
37.Onde:comeètipicodeiCanti, l’anafora (unita allapausa media del punto evirgola) da un latomarca uncrescendoma dall’altro frenaun periodo ‘lungo’. Ripresasolosimiledionde inUltimocantodiSaffo38-41.
38. Nuda e concentrataterna asindetica chedistribuisce gli effetti delterrore, senza ridondanzaalcuna,fratresensidiversi.
39. Osservare la rimainterna che sottolinea ilterrore (e di solito il verbopalpitareèusatodaLeopardiper il linguaggio del cuore).
Quanto ai passati remoti,comemostralegenti(eancheil successivo nostre) si trattaquasicertamentediperfettialmodo dei perfetti cosiddetti«gnomici» (o meglio‘acronici’) latini. Ilriferimento ai protagonistidella I lassa sembrerebbe deltuttoimprobabileestonato.
40. È notevole lasovrapposizionedell’inclusivo nostre (cheanticipa il noi di 46) a ungrammaticalmente corretto*loro: quanto dire ancorapassaggio dall’exemplum auna legge generaledell’esistenza umana, cheperòcoinvolgeemotivamente
chil’enuncia.
41. La stretta correlazionecon la terna di 38 è peròvariata sapientemente dallacongiunzione tra secondo eterzo elemento, che per altroverso è opportuna in sede dichiusa di lassa, che comesempre predilige ilrallentamento. – vento rima
espressivamente (e anchesemanticamente) contormento 37, ma in realtàanche con «paventò» 35,«genti» e «vedendo» 39.Dunque laparola finaledellalassa è sovradeterminatafonicamente.
III lassa. Anche quil’andamento ragionativo e
gnomico va assieme alcarattere mentalistico, eperciò non più specifico, dellessico. Gli hapax, oltre alrisana che sigilla il testo (edev’essere inteso in sensoprettamentematerialistico),siconcentrano nel sobbalzosarcastico e amaro del v. 49:«Che permostro e miracolo
talvolta…» (coppiaparasinonimica).Alcontrario,perprendere solodue casi, ilverbo spargere è di notevolefrequenza nei Canti, el’espressione «umana prole»vi ricorre più volte, fino aGinestra 199 (col precedente«prole/Dell’uomo»).Eancorpiù che nei versi discussi
finora la stretta semantica siappoggia alle ripetizioniverbali:questi 43-44, la serieinterna «porgi» – «spargi» –«sorge» 45-47-48(quest’ultimo, anche pervariatio rispetto a 50, da unprecedentenasce),pena-pene45-47,duolo-dolor («D’alcundolor» non per nulla corretto
da «Da imali tuoi») –dolor47-53-54, felice (in rimainclusivaconlice)–beata(v.sotto) 51-53, la coppia ancheallitterante di 49 ecc. È intotale un linguaggio dasaggista o ‘moralista’impavido, che però si animapoeticamente attraverso ilmovimento allocutivo, la
sintassi chiusaeaffannosa, ilcrescendo finale. La sintassi:di fronte al periodo lungo eavvolgente che occupa la‘sirma’ della II lassa, sistaglia qui un periodarefortemente assertivo emartellato a frasi brevi obrevissime legate quasisempre asindeticamente – un
po’comeseognunafosseunagnome a sé (congiunzionesolo a 47 entro il periodorelativamente più sviluppatoperché è il centro delladimostrazione, ampliandol’aforismadi32).
42. La posticipazionedell’aggettivonell’allocuzione è sottilmente
sarcastica, e lo è comunquel’espressione e ciò che seguese confrontata col suoparallelo intertestuale, Vitasolitaria 14 ss.: «Alcuna /Benché scarsa pietà pur midimostra / Natura in questilochi, un giorno oh quanto /Verso me più cortese!». Ilvalore antifrasticoedisforico
dell’invocazione è ancheconfermato dalla rima(apparentemente) antiteticacon offese della lassaprecedente, 40, che da partesua sembrerebbe appoggiarel’ipotesi di una sostanzialebipartizione del Canto.Legamentimetriciosintattici(aperture con e ecc.) tra una
strofa e l’altra sono peraltrofrequenti nei Canti (cfr. ilquartosaggiodiquestolibro),sovrapponendounacontinuitàdeldiscorsoalladiscontinuitàmetrica.Peraltre invocazionialla natura cfr. in particolareA Silvia 36: «O natura, onatura…» e Sopra un bassorilievo 98: «Come, ahi come
onaturailcortisoffre…».
43-44. Altro chiasmo(parziale) e quasi-rima almezzodoni–sono.
45-46. Altra transizionedall’oggettivo al soggettivo-inclusivo: mortali-noi. E lostretto accostamento frapenae diletto intensifica ilparadosso della sentenza.
Sullaqualevedispecialmenteil parere dell’Islandese nelrelativo Dialogo, chiave divolta nello sviluppo delpensiero leopardiano, § 6:«disperato dei piaceri, comedi cosa negata alla nostraspecie, non mi proposi altracura che di tenermi lontanodai patimenti» e § 10: «non
godendononpatire»,eancheil passo del Ruysch cit. daStraccali.
47.L’inversione disloca alprimo posto del verso pene,facendolo corrispondere, perinsistenza sui terminidell’infelicitàumana,aduoloche lo chiude. Con mano siapre una catena fonica che
prepara la rima conclusivaUmana:risana:«Spontaneo»48, «tanto» ibidem,«affanno» e «guadagno» 50.La riduzione fonicacresce intutta la lassa su quellalessicaleosemantica.
51-54. Il crescendo nelnegativodell’allocuzione,checome è tipico di Leopardi
consegue con la veemenzadel pathos alla catena diasserzioni senza scampo,sfocia nel paradosso (oapparente ossimoro) dellamorte risanatrice, ed èscandito per maggioreinevitabilità secondo ilcosiddetto schema delmakarismós, «assai felice…
beata», già usato nei Canti,meno perfettamente masempre in chiusa assoluta, inVincitorenelpallone61-65,epoi in Consalvo 119 ss.Leopardi avrà avutoprobabilmente in mentel’esempio celebre deiSepolcri di Foscolo, 165 ss.:«Tebeata…Mapiùbeata…»
(poco dopo laQuiete cfr. ades. Monti, Feroniade I 142ss.: «Felice… e felice… mamille volte / più felice ebeato», invero con lasovrabbondanza del poeta«dell’orecchio»). Per ilconcetto vedi tra altroDialogo di un fisico e unmetafisico,§23:«Mainfine,
la vita debb’esser viva, cioèveravita;olamortelasuperaincomparabilmente dipregio»; Coro del Ruysch;Cantico del gallo silvestre, §13: «Pare che l’essere dellecoseabbiapersuoproprioedunicoobbiettoilmorireecc.»,preceduto dallo straordinariopassoquasihegeliano(§12):
«Tal cosa è la vita, che aportarla, fadibisognoadoraad ora, deponendola,ripigliare un poco di lena, eristorarsiconungustoequasiuna particella di morte»;Dialogo di Plotino e diPorfirio, § 45. Altri riscontrineiCommentatori.
51. eterni: eufemismo
classicheggiantecherispondeamortali 45; e tutta la fraseesclamativa vale comecorollario e intensificazionedell’iniziale «O naturacortese…». Quanto allacorrezione estrema delprimitivodegnadi pianto! incara agli eterni (e cfr. «glieterni» in Tramonto della
luna 46), risponderàall’intenzione di diminuire ilpatetico a favore delsarcastico.
51-52. Cfr. la rima internalice : infelice in Palinodia190-192.
54. L’assoluto ogni(lezione iniziale ripresasignificativamente dopo aver
corretto indel tuo)siopponerisolutivamente al relativoalcun detto al v. precedentesempre del dolore, comel’anticipazione e conseguentetonicità del pronomepersonale di seconda persona(te)riferitoall’«umanaProle»personalizza amaramentel’allocuzione. Per il concetto
è da citare almeno il VI deiPensieri (ed.Durante,p.10):«Lamortenonèmale:perchéliberal’uomodatuttiimali,einsieme coi beni gli toglie idesiderii ecc.», e soprattuttoDialogo di Plotino e diPorfirio, § 12: «la natura cidestinòpermedicinadituttiimali la morte», e ibidem, §
46.
Conclusioniprovvisorie1. Naturalmente nei suoi
scritti o appunti filosoficiLeopardi può ancheassimilare piacere e felicità(cfr. ad es. Dialogo diTorquatoTasso,§15(11ss.),Zib.4087:«dipiacere,valea
dire di felicità», e cfr. ancheibidem3877),madiregolanesottolinea piuttostol’implicazione (ibidem 3877:«desideriodifelicità,equindidi piacere», 4128: «Il finenaturale dell’uomo e di ognivivente, in ogni momento…nonènèpuòesserealtrochela felicità, e quindi il
piacere…»), e dunquedistingue i due concetti (cfr.adesempioibidem2599ss.ein genere formule come «Lafelicità nè il piacere», «ilpiacere nè la felicità»). Enella Quiete l’oggetto dellameditazione poetica non èevidentemente la duraturafelicità ma il passeggero
piacere (cfr. anche gioiaapposizione immediata dipiacer 33, diletti-diletto 44-46): sulla cui natura, nonmeno che sull’altra nozione,Leopardi ha meditatocontinuamentenelsuoDiario(epoinelleOperette,comeilTasso,§§11ss.:«ilpiacereèsempre o passato o futuro, e
non mai presente», e ilfondamentale Islandese) apartire almeno dall’aprile1820 (165-167), riducendoloamera cessazione del dolore(o del terrore ecc.), secondoquanto aveva ragionatodiffusamente il razionalismodel Settecento, daMontesquieu e Maupertuis a
Pietro Verri e Ortes. E vedianche, per il piacere come«privazione» o «depressionedi sentimento» piuttosto che«sentimentovivo»,Zib.4074-4075, per la sua natura diconcettoodesiderioenondirealtà cfr. ancoraDialogo diTorquatoTasso,§11.Quantoallafelicità,adessocollegata,
cfr. almeno le affermazionidrastiche del Dialogo dellaNatura e di un’Anima, § 16:«tutte le anime degliuomini… sono assegnate inpreda all’infelicità», delDialogo di Timandro eEleandro, 29: «Tutti siamoinfelici, e tutti sono stati», ediZib.4074-4075:«…lavita
è naturalmente uno statoviolento [espressione chetorna nel Tasso], perchénaturalmente priva del suosommo e naturale bisogno,desiderio, fine e perfezione,che è la felicità. E noncessandomaiquestaviolenza,non v’è un solo momento divita sentita che sia senza
positiva infelicità e positivapena e dispiacere» (o ancoraad esempio ibidem 3814sull’equivalenzadiinfelicitàemorte, 3846 sulla felicità‘negativa’, 4074-4075, 4175,4505, 4517, Dialogo di unfisico e un metafisico, § 6ecc.).
2.Nessuntestoleopardiano
singoloè comprensibile fuoridelsuocontesto,unaraccoltacosì essenziale e studiatacome iCanti. Nel caso dellaQuiete si impone però primadituttoilconfrontoserrato,alquale ho cercato di portarecontributi, col Sabato,cronologicamentevicinissimoe tematicamente assimilabile,
alpuntochesipuòsenz’altroparlare di una coppia odittico[14]: al piacere comecessazione dal terrorenell’una si affianca e invertenell’altra il piacere comeattesa,entrambifugacievani:dunque,esaustivamente,idueaspetti della vanità delpiacere. E alla similarità
tematica si aggiunge, cosaancor più importante, lasimilarità e taloraintercambiabilità verbale, cherisultaanchedallepaginecheprecedono. Tuttavia propriole strette somiglianze fannorisaltaremeglio ledifferenze,chenonsonodapoco.InfattileprimeduestrofedelSabato
non solo distendono larappresentazione in unanarratività,scanditaanchedaltrascorreredelleoreofasidelgiorno, che è altra cosa dallarapidità e dal quasisimultaneismo della primadella Quiete; ma intonanoquella rappresentazione dellanatura e soprattutto della
comunità umana a qualcosachenonèpiùsoltantovitalitàma che va anche definitograzia: la indicanoimmediatamente i trevezzeggiativi dei principali‘protagonisti’, donzelletta(donzella in Amore e morte65e83,maaccompagnatedaaggettivi affettuosi o
vezzeggianti), vecchierella,garzoncello (come in Vitasolitaria48,Ricordanze 74 ess.),concuiancheifanciulli.E benché quello che nellaQuiete era un lieto ritorno allavoro usato nel Sabato sia,con evidente parallelismooppositivo, minaccia delritorno non lieto al travaglio
usato, non c’è dubbio che leultime due strofe diquest’ultimo suoninodiversamente dalle dueparalleledellaQuiete:quiunadimostrazione serrata e senzascampo della natura effimeradelpiacere,dell’onnipresenzadeldoloreedellamortecomeunico risarcimento dei
mortali; là un’estensione del‘piacere’all’interagiornata(ea una giornata di ognisettimana) e l’affettuosoinvito al garzoncello digodersi il «giornod’allegrezza pieno», con lasperanza che la festa dellavita, cioè lamaturità,nongli«sia grave» (cfr. soprattutto,
conFubinieBigi,Zib.4146,18 ottobre 1825).Ora non sivuol dire con questo che ilSabatosiaunacorrezioneallaQuiete (e se tale, sarebbecomunque provvisoria,perché presto verrà il Cantonotturno), ma certo ne èun’attenuazione, come di chiguarda allo stesso nodo della
condizione umana da duepunti di vista che noncoincidono: l’assurdità delpiacere da un lato, dall’altrolasuapossibilitàdicomporsicon la speranza e con quelleillusioni che, come sappiamobene da tante pagine diLeopardi,sonoperluil’unicosaledellavita.
3. In questo Canto laragione ‘filosofica’ della II esoprattutto della III lassarelativizza drasticamente e incerto modo ‘distrugge’l’apparenzadigioiaevitalitàdella I (e Leopardi sapevabene che «l’attivitàmassimamente, è il maggiormezzo di felicità possibile»,
Zib. 649, 12 febbraio 1821,cit. da D. De Robertis e piùampiamente ibidem 4185-4187, 13 luglio 1826, cit. daGavazzeni e Lombardi nellenotealPepoli,Dialogodiunfisico e di un metafisico, §14). Ma nella ragion poeticalecosevannodiversamente,equel nichilismo non può
affatto distruggerel’affettuosa animazione dellanatura e delle creature delborgo che si dispiegavivissima nella I lassa[15],sostenutadaunritmoalacreearioso che è altro da quellostretto e martellato delle duestrofe seguenti. Che poi èquantodirechel’«attività»di
quei contenuti promuove unamaggiore ‘attività’ dell’iopoetante stesso, comeLeopardi sapeva benissimo.Nel senso ora indicato, puòanche essere significativoche, come appena accennato,il Sabato portiun’attenuazione, e, comedire?, una maggiore
affettuosità anche nelleconclusioni negative, rispettoalla Quiete. E guardando laquestionenellasuageneralitànon si può dimenticarequanto Leopardi ha scrittoacutissimamente, ecosteggiando in tuttaindipendenza un filonefondamentale dell’estetica
modernachevagrossomododa Schiller alla Scuola diFrancoforte, sul fatto che lapoesia in quanto tale, qualiche siano i suoi contenuti,non può che comunicarevitalità: «Hanno questo diproprioleoperedigenio,cheanche quando rappresentinoal vivo la nullità delle cose,
quando anche dimostrinoevidentemente e faccianosentire l’inevitabile infelicitàdella vita, quando ancheesprimano le più terribilidisperazioni, tuttavia adun’anima grande che si troviancheinunostatodiestremoabbattimento, disinganno,nullità,noiaescoraggiamento
dellavita,onellepiùacerbeemortiferedisgrazie…servonosempre di consolazione,riaccendono l’entusiasmo, enon trattando nérappresentando altro che lamorte, ne rendono, almenomomentaneamente, quellavita che aveva perduta ecc.»(Zib. 259-260, 5 ottobre
1820),eanche:«Dellaletturadi un pezzo di vera,contemporanea poesia, inversi o in prosa (ma piùvivace impressione è quellade’ versi) si può, e forsemeglio, dir quello che di unsorriso diceva lo Sterne; cheessaaggiungeunfiloallatelabrevissima della nostra vita.
Essa ci rinfresca, p(er) cosìdire;eciaccrescelavitalità»(ibidem 4450, 1o febbraio1829,dunqueallespallequasiimmediate dellaQuiete; e sinoti che l’ultima frase èaggiunta)[16]. E al di qua delvalore di queste asserzioniperl’esteticagenerale,nonnesfugge evidentemente il
risvolto personale (basti ilrimando al Dialogo dellaNatura e di un’Anima, §§ 4ss. e 13 ss.; da un’ottica più‘morale’ vedi ancheDialogodi Timandro e Eleandro, §§9-10). Ma tornando allospecifico del nostro testo,rimane che in esso siprospetta una divaricazione
fra la ragione filosofica e laragion poetica, o in altreparole che esso ci comunicadue verità (non, miraccomando, una doppiaverità). Ma: divaricazione ocontraddizione? Non credoche si debba temere di usarequesto termine e questoconcetto per un’opera di
poesia manifestamente cosìalta, al contrario. Almeno sesiamo sensibili al richiamoautorevole che ci viene daduepensatoriparticolarmenteimportanti sullacontraddizione come essenzastessa dell’opera d’arte[17].Che una contraddizioneattraversi la Quiete dopo la
tempesta, che questa liricaanzi ne sia un esempio damanuale, sarebbe allora unsegno non solo del suocarattere ma anche del suorango. Usa dire che ilproblemaèlasoluzione[18];iotemochequi lasoluzionesiail problema. O forse lasoluzione sta in uno
splendido passo dello stessoLeopardi, Zib. 4129, 5-6aprile1825 (ecfr. anche,piùanaliticamente, Zib. 4099-4100,2giugno1824):
la natura, laesistenza non ha inniunmodoperfineilpiacerenè la felicitàdegli animali;piuttostoilcontrario;ma ciò non toglie
che ogni animaleabbia di sua naturap. necessario,perpetuo e solo suofine il piacere, e lasua felicità, e cosìciascuna speciepresainsieme,ecosìla universalità deiviventi.Contraddizioneevidente einnegabilenell’ordine delle
cose e nel mododella esistenza,contraddizionespaventevole; manonperciòmenvera:misterio grande, danon potersi maispiegare, se nonnegando (giusta ilmio sistema) ogniverità o falsitàassoluta, erinunziando in certomodo anche al
principio dicognizione, nonpotest idem simulesseetnonesse.
[1] Le proposte che seguono sonosolo quelle che suppongo, in lineagenerale, più o meno nuove o diverserispetto alla letteratura a me nota sulCanto,einparticolareaicommenti,chedunque non ripeterò se non in casispeciali. Ho tenuto presenti soprattutto
questicommenti:StraccalieAntognoni,Firenze, Sansoni, 1985 [1892] (connuovapresentazionediE.Bigi);Fubinie Bigi, Torino, Loescher, 1964; DeRobertis e De Robertis, Milano,Mondadori, 1978; Contini, Firenze,Sansoni, 1988;Gavazzeni eLombardi,Milano, Rizzoli, 1998; Muñiz Muñiz,Madrid, Cátedra, 1998. Per le ‘letture’cfr.ades.K.Vossler,Leopardi,trad.it.Napoli,Ricciardi,1925(ed.orig.1923)e da ultimo L. Blasucci, I tempi dei«Canti». Nuovi studi leopardiani,Torino,Einaudi,1996,pp.123-140;A.
Girardi, Leopardi, Pascoli e ilvocabolario della poesia, in «Studilinguisticiitaliani»,XXXIII,2007,fasc.1,pp.68ss.[2]Cheancoranell’ed.fiorentinadel
’31 figura solo nell’indice, essendo itestisemplicementenumerati.[3]L.Blasucci,Ititolidei«Canti»e
altristudileopardiani,Napoli,Morano,1989,pp.157e161.[4] Cfr. il mio Sonavan le quiete
stanze. Sullo stile dei «Canti» diLeopardi,Bologna,IlMulino,2006,pp.
41ss.[5]L.Blasucci,Leopardie i segnali
dell’infinito,Bologna, IlMulino,1985,pp.123-151.[6]Unico caso di tre occorrenze nei
Canti (al massimo anafora di ecco‘verticale’ inAngeloMai 97-99 eAllasorellaPaolina95-97).Esiosservichein due dei tre casi l’avverbio cade inposizionedisettimaaribatterelasesta,eprimadienjambement,aintensificarel’effetto di sorpresa (è un ritmema chetorna spessonelpoeta, cfr. adesempioUltimocantodiSaffo68:«dellagelida
morte.Eccodi tante /»;La sera del dìdi festa 30: «e quasi orma non lascia.Ecco è fuggito /»).Mi chiedo se nellapredilezione leopardiana per questodeittico non abbia agito la memoriadell’(et) ecce frequentissimo nellaVulgata.[7] E naturalmente l’intera e pur
freschissima prima lassa della Quietepuò o deve essere interpretata, allostessomododelSabato,comeallegoriadi un’esperienza tipica dell’humainecondition. A mio parere o sospetto ilLeopardimaturoèunpoetafortemente
allegorico, a differenza di tantosimbolismo dei romantici epostromantici.Ma di ciò un’altra volta(cfr. tuttavia ora il secondo saggio diquestolibro).[8]Itempidei«Canti»,cit.,p.131.[9] A questa stregua ci si potrebbe
chiedere se non valga ‘tornare arallegrarsi’ il si rallegra di 8 e poi di25, ma a parte altre considerazioni lacosapareesclusadalluogoparallelodiAlla sorella Paolina 50-53: «Non sirallegra il cor quando a tenzone /Scendono i venti, e quando nembi
aduna/L’olimpoefiedelemontagneilrombo / della procella». È comunqueindicativa lapresenzanon sporadicadiversi dello stesso tipo nei Canti:«rinascente anno» (Alla Primavera),rimirare (Alla luna), rinacerbire(Consalvo), ridestare (per es.Risorgimento), ripensare (in partic.Ricordanze) ecc. E cfr. ad es. in uncontesto breve di prosa (Dialogo diTorquato Tasso, § 26) restituirsi,ringiovanisce, ravvalora, rimette,rinnuova.[10] Cfr., con altre osservazioni
metriche sulla Quiete, F. De Rosa,Dalla Canzone al Canto. Studi sullametrica e lo stile dei «Canti»leopardiani,Lucca,PaciniFazzi,2001,pp.128-129.[11]E.Peruzzi,Studi leopardiani, I.
Laseradeldìdifesta,Firenze,Olschki,1979, p. 36 n., eG. Lonardi,L’oro diOmero. L’«Iliade», Saffo: antichissimidi Leopardi, Venezia, Marsilio, 2005,pp. 46-47. Per l’affinità dei sette versiiniziali con descrizioni di Omero e diArato vedi dello stesso Lonardi,Classicismo e utopia nella lirica
leopardiana, Firenze, Olschki, 1969,pp.74ss.,122-123,141.[12] S. Timpanaro, in «Belfagor»,
XXV, 1970, p. 236; Blasucci, I tempidei«Canti»,cit.,pp.114e137.[13] Il caso più notevole sarebbe
Pensiero dominante 1 ss., ma a mioavviso potrebbe trattarsi di, semprestraordinaria,serieappositivadeltitolo.[14] Sull’abitudine leopardiana di
procederepercoppieoditticiditestihagiustamenteinsistitoL.Blasucci,Ititolidei «Canti» e altri studi leopardiani,
Napoli, Morano, 1989, p. 189; Id., Lostormiredel vento tra le foglie.Testi epercorsi leopardiani, Venezia,Marsilio,2003,p.183.[15] Vedi già, opportunamente,
Fubini nel ‘cappello’ al testo: «Ilpensierochemostralarealtànegativadiquel piacere o la fallacia di quellasperanza viene a segnare la fine dellapoesia,manonadissolverel’incantodiquella effimera e preziosa vita». Èchiaro però che questa o similiosservazioni non dovrebbero gettareun’ombra, come accadeva alla critica
‘idealistica’, sulla forza specificamentepoeticadellaIIeIIIlassa.[16] Sul fronte del primo
Romanticismo tedesco cfr. ad es.Novalis (Fragmente, III, 981): «OgniPoesia interrompe lo stato abituale, lavita comune, quasi come il Sogno, perrinnovarci e mantenere in noi semprevivaceilsentimentodellavita».[17] Cfr. M. Horkheimer e Th.W.
Adorno, Dialettica dell’illuminismo,Torino,Einaudi,1966 (ed.orig.1947),p.141:«Ilmomento–nell’operad’arte–per cui essa trascende la realtà, è, in
effetti, inseparabile dallo stile;ma nonconsiste nell’armonia realizzata, nellaproblematica unità di forma econtenuto,internoedesterno,individuoe società,manei tratti in cui affiora ladiscrepanza, nel necessario fallimentodella tensione appassionata versol’identità».[18] Cfr. già, prima di scienziati e
filosofi moderni, un altro deiFragmentediNovalis:«Unproblemaèveramente risolto quando è distruttocome tale» (Novalis, Frammenti,introduzione di E. Paci, trad. di E.
Pocar,Milano,Rizzoli,1976,p.51).
Indicedeinomiedellecosenotevoli
Achmátova,A.,31Adorno,Th.Wiesengrund,17,30,47n,52en,200aggettivi,171-172,174-175,180Agosti,S.,97n,173enallegoria,10,11,39-54,69,
70-71,90,138,163-164,183enallitterazione,187-188allocuzione,100,102,104,113en,141,151,168-169,179,185Ambrosini,R.,133enanadiplosi,99anafora,75-76,78,80,81,83,84,85,86,87,88,89,91,93,97,100,101,102,120,154,182,183,187,189,190,193anagramma,97analogia,analogismo,27-28,
48-49analogiepreposizionali,15,28anarimi,versi,162-63AncienRégime,51antichi,antichità,18,148,173-174antifrasi,69antimetabole,191antitesi,98evediossimoro
Antognoni,O.,145en,177n,185Apollinaire,G.,31
apposizione,87,90,95,192aprosdóketon,191Arato,187nArcadia,11,81,82arcaismo,41Arnaut,F.,41,85-86Arnim,L.A.von,19-20,22articolo,185asindeto,giustapposizione,9,75-76,78,80,81,82,83,84,85-86,88,89,90,93,94,100,170,187assonanzeeconsonanze,vedirime
Auden,W.H.,31aulicismi,173-174Bach,J.S.,12Baldacci,L.,18,30Bally,Ch.,115nBalzac,H.de,49Bartoli,D.,187Baudelaire,Ch.,12,20,21,31,46n,47n,48en,49n,51,53Bécquer,G.A.,25,44nBeethoven,L.van,167nBéguin,A.,19,49nBellucci,N.,148n
Benjamin,W.,47en,48nBenn,G.,52nBesomi,O.,21,159,164n,168nBeta,S.,106nBibbia,41,87,106,157Bigi,E.,13,55n,127en,145n,157n,168,177n,198Binni,W.,148n,150Blasucci,L.,10,13,33n,60n,77n,79,107n,149n,150,157,158n,161n,167,168n,177n,178-179en,180-181,181en,186en,191n,197n
Blumenberg,H.,25Bobbio,N.,48nBrahms,J.,21,23Brentano,C.,15,19,20,25,46n,48n,49Brioschi,F.,59n,66n,150,157Brose,M.,79enBrowning,R.,31Brugnoli,G.,148n,157nBrugnolo,F.,162nBruni,F.,55nByron,G.,12,13,16,19,22,45n
canzoneantica,109Capitalismo,29Carducci,G.,159Carrai,S.,41en,56nCassi,G.,57Cavalcanti,G.,115Ceragioli,F.,157nCesarotti,M.,127,129,132Chamisso,A.von,38,50,51Chateaubriand,F.-R.de,13chiasmo,91,94,101,171en,171-172,192,193Chopin,F.,12,22,150enChrétiendeTroyes,187
Cienfuegos,N.Alvarezde,44nclassicismo,29Codino,F.,47nColeridge,S.T.,15,16,18,19,20-21,26,29,30,37,47,48,51collegamentitrastrofe/lasse,10,107-113comparazione,vedisimilitudineContini,G.,44n,55n,122en,148n,151,160n,161n,164n,172en,177n
contraddizione,200contrappunto,8,153-155correctio,121evedima
correzioni,vedivarianticosì,79crescendo,103Creuzer,G.F.,47Croce,B.,30,165Damiani,R.,150,158nDanteAlighieri,61,86,140,153,188,189DeAngelis,E.,52ndeittici,70,106,139
DellaCasa,G.,44n,115derivatio,94DeRosa,F.,85n,107n,113n,186nDeRobertis,D.,55n,107n,148n,154,177n,187,189,198DeRobertis,G.,55n,148n,151,152,177ndescrizione,16-17,95,178DeSinner,L.,59ndialefe,117nDiBreme,,14Diderot,D.,21,24,150en
dieresi,117DiGiacomo,S.,185D’Intino,F.,158ndisseminazionefonica,139,143,146,187‘dittici’,33,68,155en,197Dondero,M.,148n‘doppio’,10,11,36-39,52,133,138Dostoevskij,F.M.,38Durante,M.,196Dürer,A.,131e,79,80,81,85,87,102,103,110n-111n,123
ecco,113n,182enEichendorff,J.von,19,20,21,30,46n,47n,51,52endecasillabo,82,105,115-125,145-146,146en,105-153,160-161,162n,183,189,192‘enigma’,52enjambement,vediinarcaturaepifora,90,92,129,135,140,141,142,143n,144epifrasi,80,102episinalefe,116,122,123esclamative,80,99,147,169
Esopo,43esotismo,17-18evidenza,7,29Fasano,P.,13Fattorini,T.,172favola,19-20,49Féher,F.,47nFelici,L.,60nFerrucci,C.,157nFichte,J.G.,49figuraetimologica,129Filippini,E.,47nfilosofia,26-27Fortini,F.,66n
Foscolo,U.,20,36n,106,116,127,130-132,142,187,195Francoforte,Scuoladi,199Freud,S.,8Friedrich,H.,31Frugoni,F.F.,187Fubini,M.,55n,157n,168,175,177n,198,199nGalilei,G.,21Galimberti,C.,148nGaspari,G.,161nGavazzeni,F.,41n,44n,55n,106n,127,166n,177n,198
geminatio,92,108Gessner,S.,178Gigante,M.,36nGiordani,P.,150giorno/notte,21-22Girardi,A.,148n,150,154n,157n,177n,184Giudici,G.,38,45n,51GiuseppeII,imperatore,182Goethe,J.W.von,23,26,36n,47nGray,Th.,132enGreci,9,106,174Grillparzer,F.von,38
Hardy,Th.,31Hegel,G.W.F.,14,24-25,30,47,187Heine,H.,15,16,17,18,19,23,36,38,41,46n,49,51Herder,J.G.,13Hoffmann,E.T.A.,38Hölderlin,F.,11,14,41n,54Horkheimer,M.,200nHugo,V.,14,15,16,17,19,24,29,30,39,45n,48en,49n,50,51,53Idealismotedesco,24Illuminismo,12,22,26
illusioni,198imperativo‘tragico’,100nimperfetto,172‘improvvisi’,151inarcatura,80,100,113,116en,144,145-146,170,181ineffabilità,47,50-51,51en,147,173‘infinitivi’,fenomeni,79,167,180-181inizio/fine,72,100,119,120-121,134,135,136,139,144,155interiezioni,148,170
interrogative,9,80,101,168,169,190‘io’,9,10,24-26,34,46,55-73,78,86,134,138,149,169enIsella,D.,127Jonard,N.,15Kafka,F.,71Keats,J.,11,14,15,16,17-18,19,129,30,45n,49n,50Kleist,H.von,22Lamartine,A.de,14,15,16,17,21,24,29,45n,48en,53Lamb,Ch.,19
LaMettrie,J.Offroide,26LaMotteFouqué,F.H.K.dela,19Landi,P.,59n,66n,150,157Landolfi,T.,38,45nLandor,J.S.,19,50LaPenna,A.,152nlasse/movimenti,vedistrofe‘legato’,9,10,115-25,146enLeopardi,P.,157-158Lermontov,M.J.,15,19,21,38,45n,49,53lessico,102-103,106,146-
148,150,154-155,164-167,167en,170en,173-174,178-180,184-190,191-196lirica,12,20,30Lombardi,M.M.,41n,44n,55n,166n,177n,198Lonardi,G.,41n,157en,160n,167,173n,187nluce/buio,vedigiorno/notteLugnani,L.,79nLukács,G.,31,47n,53enma,77,79,83,101,110en,111n,121Machado,A.,31
magico-fantastico,18-19Mahler,G.,30makarismós,195Mancini,M.,47nMandel’štam,O.,161Manzoni,A.,82,106Marati,P.,153enMarcoAurelio,41nMatteBlanco,I.,50-51medievismo,18Mendelsohn,F.Bartholdi,17Mengaldo,P.V.,7,50n,62n,81n,85,105n,119n,131n,160n,161n,179n
Menninghaus,W.,48nmeraviglioso/demoniaco,19Meregalli,F.,44nmetafore,metaforicità,15,27,105,183metamorfosi,27-28Metastasio(Trapassi),P.,82,161Mimnermo,41monologhi,11monorematica,frase,78,83,87Montaigne,M.Eyquemde,41
Montale,E.,31,44n,83,107n,172,187Monteverdi,A.,87enMonti,V.,106,116,127,129-130,132,157,192,195Mörike,E.,19,46n,48nMosco,143Mozart,W.A.,12,22,182MuñizMuñiz,M.delasNieves,55n,56n,148n,150,154,157n,165n,168,177n,178,184Muscetta,C.,127enMusset,A.de,14,15,16,35,
38,41,51NapoleoneBonaparte,41narratività,39,81,136,140,141,144,172-173,179natura,20-21,23,25-26,29,69,149nnè,81,102,110-111nNeri,G.,150nNerval,G.de,17,19Niccolini,G.B.,14Nietzsche,F.,23,30‘noi’,9,55-73,78,174,190,192nominale,sintassi,83,85,87,
190,192Novalis(Harderbergvon),F.,15,17,18,21,22,23-24,24-25,26,27,45n,48n,49,50,51,181,200nnovenario,153Olbrechts-Tyteca,L.,48nOmero,41,150,157,187noralità,39,113Orazio,157ordinedelleparole,95-102Ossian,9,127,129,132ossimoro,175evediantitesi
Paccagnella,I.,12Paci,E.,200nPaolo,San,26paraipotassi,76Parini,G.,116,127-129,132,141,142,144,168,174n,189paronomasia,109n,160Pascoli,G.,30,185Pasquini,E.,85nPerelman,I.,48nPersefone,172personificazione,15-16,45-46Pessoa,F.,38n,49n
Peruzzi,E.,36n,107n,110n,111n,148en,151,153,165n,187nPestelli,G.,150nPetrarca,F.,41n,45,150,164n,175piacere,teoriadel,10,40,178,196-198platonismo,23,35Pocar,E.,200npoliptoto,129,143npolisillabi,120polisindeto,10,75-95,102,105,117,118,147
Pontani,F.M.,106nPound,E.,31Praz,M.,19Prete,A.,34,44n,124‘prosa’,121-122Puškin,A.S.,15,19,38,45n,51-52qualificativi,152Rea,R.,148nRecanati,11,34reduplicatio,99ri-,186enRigoni,M.A.,18,36n,148n,155,172,177,178,185
rime,9,10,11,35,86,87-88,90en,92-95,100,101,108-113,127-144,145,158-159,162-163,185,191-196ripetizione,86-87,90,100,120,130,139,141,161n,169-170,180,194Rolli,P.,161nRomanticismo,11,12,13-31,39,42,106,148Roques,M.,187Rossella,V.,150nRousseau,J.-J.,20Saba,U.,31,63,154n,185,
187Saffo,106n,157Sainte-Beuve,Ch.-Au.de,30Salinas,P.,31Sandrini,G.,44nSantagata,M.,33n,148n,153Santarone,D.,66nSantoli,V.,47nScaramuzza,G.,47nSchelling,F.W.,14,20,24,25,49Schiller,F.,14-15,21,22-23,25,38,199Schlegel,F.,17,18,19,21,
23,27,47en,52enSchubert,F.,36,38Schumann,R.,14SchweigerAcuti,I.,44nsciolti,endecasillabi,127-144sdruccioli,127-128Segre,C.,115nSensismo,26Sereni,V.,172settenari,9,82,100,102,105,123-125,153,160-161n,162en,169,183,191sfumato,167nShelley,P.B.,15,16,17,18,
20,27,29,35,45n,49n,50,51,53simbolismo,10,47-51Simbolismo,11,15,30similitudine,15,43,92,101,102SimonidediAmorgo,36nSimonidediCeo,36en,106nsimultaneità,181sinalefe,86,115,117-119,146sintassi,75-106,170-171,179,182,190,194
Smaragda,B.E.,157nsocietà,8,36sogno,44Solmi,S.,24Spendel,G.,38,45n,51speranza,198Spinoza,B.,49‘staccato’,76,78,83-84,87,88,91,94,99,100,103,115-125stanzadicanzone,190-191Starobinski,J.,23Stevenson,L.,38Straccali,A.,145n,153,
177n,185,195strofe,110,158,170,191Stussi,A.,91nsubordinazione,77-78,81-82,89,92-93Szondi,P.,24,47en,47-48TargioniTozzetti,F.,66Tasso,T.,167,168,189Terzoli,M.A.,167n,172nTimpanaro,S.,13,191ntitolo,177-179Todorov,Tz.,47nTrakl,G.,187‘tu’,9,55,72,80,169en,
172Turgenev,I.S.,184Ungaretti,G.,41Valgimigli,M.,127nvarianti,8-9,86,107,138-139,140,143,148en,151en,151-153,154,159n,160n,161n,164,165-166,171n,174,186,187,188,189,192Vasari,G.,81Verlaine,P.,41Vico,G.B.,13Vigny,A.de,15,16,18,19,29,35,45n,48,51,165
Virgilio,143n,164en,166‘vitalità’,8,161,199Voltaire,(F.-M.Arouet),26Wagner,R.,22,25Wilamowitz,U.von,106Wordsworth,W.,17,20,21,23,30,41zeugma,91