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R. MAIOLINI LESISTENZA STORICA DI GESÙ DI NAZARETH CORSO IDRC EDOLO 2016 1 L’ESISTENZA STORICA DI GESÙ DI NAZARETH Chi è Gesù di Nazareth? Chi ci racconta il suo vero volto? Qual è la portata storica delle narrazioni evangeliche? Qual è il rapporto tra il Cristo della fede, post-pasquale, e il Gesù della storia? La predicazione su Gesù corrisponde alla predicazione di Gesù? È possibile ricostruire in maniera storicamente attendibile la storia di Gesù di Nazareth? 0. Introduzione: i molti volti di Gesù La prima considerazione è che di Gesù, della sua vita, della sua storia sono state date le interpretazioni più diverse. Gesù è una persona che non ha lasciato indifferenti; neppure i “non credenti”; i quali, anzi, hanno offerto un caleidoscopio (spesso interessante) di interpretazioni del “vero volto” di Gesù. Esiste di Gesù un’immagine ebrea (Martin Buber, Ben-Chorin), laico-umanista (Karl Jaspers), marxista (Ernst Bloch, Milan Machovec), antiborghese (cultura hippy e underground), psicologica/psicanalitica (Hanna Wolff, Franz Alt), ecc. ecc. Di Gesù, della sua vita, della sua storia sono state date le interpretazioni più diverse. Come oggi, anche allora Gesù aveva per la gente molti volti. Gesù è una persona che non ha lasciato indifferenti; neppure i “non credenti”; i quali, anzi, hanno offerto un caleidoscopio (spesso interessante) di interpretazioni del “vero volto” di Gesù. L’immagine ebrea di Gesù

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R. MAIOLINI L’ESISTENZA STORICA DI GESÙ DI NAZARETH

CORSO IDRC EDOLO 2016 1

L’ESISTENZA STORICA DI GESÙ DI NAZARETH

Chi è Gesù di Nazareth?

Chi ci racconta il suo vero volto?

Qual è la portata storica delle narrazioni evangeliche?

Qual è il rapporto tra il Cristo della fede, post-pasquale, e il Gesù della storia?

La predicazione su Gesù corrisponde alla predicazione di Gesù?

È possibile ricostruire in maniera storicamente attendibile la storia di Gesù di Nazareth?

0. Introduzione: i molti volti di Gesù

La prima considerazione è che di Gesù, della sua vita, della sua storia sono state date le

interpretazioni più diverse. Gesù è una persona che non ha lasciato indifferenti; neppure i “non

credenti”; i quali, anzi, hanno offerto un caleidoscopio (spesso interessante) di interpretazioni del

“vero volto” di Gesù.

Esiste di Gesù un’immagine ebrea (Martin Buber, Ben-Chorin), laico-umanista (Karl Jaspers),

marxista (Ernst Bloch, Milan Machovec), antiborghese (cultura hippy e underground),

psicologica/psicanalitica (Hanna Wolff, Franz Alt), ecc. ecc.

Di Gesù, della sua vita, della sua storia sono state date le interpretazioni più diverse. Come oggi,

anche allora Gesù aveva per la gente molti volti. Gesù è una persona che non ha lasciato

indifferenti; neppure i “non credenti”; i quali, anzi, hanno offerto un caleidoscopio (spesso

interessante) di interpretazioni del “vero volto” di Gesù.

L’immagine ebrea di Gesù

R. MAIOLINI L’ESISTENZA STORICA DI GESÙ DI NAZARETH

CORSO IDRC EDOLO 2016 2

Shalom Ben-Chorin (1913-1999): «Fratello Gesù»1

«Gesù è per me l’eterno fratello, non solo il fratello in quanto uomo, ma anche il mio fratello ebreo. Sento

la sua mano fraterna, che mi afferra affinché lo segua. Non è la mano del Messia, questa mano coi segni

delle ferite. Senza’altro non è una mano divina, bensì una mano umana, sulle cui linee è scavato il più

profondo dolore… La fede di Gesù ci unisce..., ma la fede in Gesù ci divide» (27-28). «Gesù di Nazaret è

vissuto, ed egli continua a vivere, non solo nella sua Chiesa, che si rifà a lui (più realisticamente: nelle

molte sette e Chiese che si rifanno al suo nome), ma anche nel suo popolo, del quale egli personifica il

martirio. Il Gesù sofferente e morente, irriso sulla croce, non è forse divenuto un simbolo per il suo

popolo intero, il quale, frustato a sangue, è stato continuamente appeso alla croce dall'odio antisemita? E

il messaggio pasquale della sua risurrezione non è forse divenuto un simbolo per l’ebraismo oggi

nuovamente risorto, il quale si risolleva, acquistando nuova figura, dalla più profonda umiliazione e dal

più profondo disonore dei dodici anni più oscuri della sua storia?» (48)

L’immagine laico umanista di Gesù

Karl Jaspers (1883-1969): Gesù uomo normativo2

«tutti e quattro volevano vincere il mondo, gli uni abbandonandolo, gli altri traendolo dall’anarchia per

farne un mondo giusto. Tutti e quattro sono colpiti dalla verità sovramondana. Il loro stesso

comportamento nel mondo, la voluta liberazione dalla sventura, pur realizzandosi in una volontà di

arrecare ordine nel mondo, trascendono ogni attività e ogni disegno umano perché sono guidati da una

diversa autorità giudicativi… Tutti e quattro hanno in comune la coscienza di rivolgersi alla più profonda

interiorità degli uomini precedente ogni azione, e perciò di riferirsi a qualcosa di incondizionatamente

valido, all’essere stesso, all’eternità, a Dio, a un ordine che si rivela nel suo modello originario a ciò che si

può diversamente denominare e che, per il solo fatto di essere pensato in modo oggettivo in quei concetti,

perde la sua autentica realtà originaria» (316-317).

«Gesù rappresenta la vetta di questa possibilità di soffrire. Per vedere l'essenza di Gesù si deve guardare

all'essenza giudaica attraverso i secoli. Ma Gesù non ha sofferto passivamente. Egli ha agito in modo da

provocare passione e morte. Il suo dolore non è casuale, ma è un naufragio autentico. Egli espone al

mondo la sua incondizionatezza, che concede solo condizionatezza...» (300)

L’immagine neo-marxista di Gesù

Milan Machovec (1925-): Gesù per gli atei, Cittadella Editrice, Assisi 19742

Parlare di Gesù significa parlare «dell’uomo stesso, del suo presente e del suo futuro, delle sue vittorie e

delle sue sconfitte, del suo amore e del suo dolore, della sua disperazione e della sua inestinguibile

speranza» (220)

«Quasi senza eccezione, il cristiano storico, particolarmente il moderno, viene criticato nel modo più

duro, anzi condannato, dai marxisti; mai, però, un qualche marxista ha ritenuto assolutamente cattiva e

incondizionatamente dannosa la cosiddetta “causa di Gesù”, cioè l’appello morale direttamente legato

alla persona di Gesù. Al contrario..., a questo riguardo c’è un accordo quasi totale nel ritenere che la

“causa di Gesù” contenga molto di buono»3. «Non sarò io a deplorare la scomparsa della religione in

quanto tale. Ma nel caso che dovessi vivere in un mondo che abbia potuto dimenticare totalmente la

“causa di Gesù”, io preferirei non vivere più... A me sembra che in simile mondo... sarebbe impossibile

anche la vittoria, rettamente intesa, della “causa di Karl Marx”» (134).

1 Fratello Gesù. Un punto di vista ebraico sul Nazareno, Morcelliana, Brescia 1985 (orig. 1967). 2 Socrate, Buddha, Confucio, Gesù. E personalità decisive, Fazi Editore, Roma 2013 (orig. 1964). 3 La “causa di Gesù” e l’autoriflessione marxista, in L. Fetscher (a cura di), Marxisti di fronte a Gesù, Queriniana,

Brescia 1976, 110-111.

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L’immagine anti-borghese di Gesù

«Ricercato: Gesù di Nazaret, alias messia, Figlio di Dio, Re dei re, Signore dei signori, Principe della

pace ecc. Capo famigerato di un movimento clandestino di liberazione. Fisionomia esteriore: tipico hippy

(capelli lunghi, barba, tunica, sandali). Ama aggirarsi negli slums, ha qualche amico facoltoso, si apparta

nel deserto. Attenzione: quest'uomo è estremamente pericoloso! Il suo messaggio, subdolamente

esplosivo, trova terreno particolarmente fertile in quei giovani ai quali non si è ancora insegnato ad

ignorarlo. Trasforma gli uomini e pretende redimerli. Avviso: è ancora a piede libero».

L’immagine psicologica di Gesù

Gesù è ravvisato come l'insuperabile modello di equilibrio psichico; insomma, Gesù conosceva a

fondo l’animo umano, tanto che gli si potrebbe attribuire il titolo di «psicoterapeuta»4. Anzi: si è

parlato anche di «cristoterapia»5. Per F. Alt, Gesù è il primo uomo nuovo (così suona il titolo del suo

libro6) innanzi tutto perché è autore di una grande scoperta: gli uomini si ammalano a causa

dell’ansia e della paura, guariscono tramite la fiducia; inoltre, perché non ha represso l’elemento

femminile che portava in sé (l’anima di Jung), ma lo ha riconosciuto, coltivato e integrato nella sua

personalità.

Possibilità e limiti di questo caleidoscopio di immagini di Gesù

1. Ciascuna di tali immagini propone qualcosa di vero, colgono aspetti reali della vita e del

messaggio di Gesù, facendo anche emergere aspetti di Gesù forse dimenticati e non

sufficientemente rimarcati dagli stessi credenti.

2. Esse vogliono svelare la «modernità» di Gesù, renderlo vicino e attuale per i nostri

contemporanei.

Tutte queste immagini, però, sono accomunate da 2 stessi difetti:

1. separare il messaggio di Gesù dalla sua persona, isolando, cioè, dei frammenti della sua vita

senza cogliere l’intero della sua vicenda

2. accentuare quanto interessa del suo messaggio (o della sua persona), attenuando o sottacendo le

differenze; in fondo, cioè, non ci si interessa a Lui, ma si cerca di “battezzare” a ritroso la sua

persona/dottrina in base ad una costruzione ideologica già preconcetta, cercando di fare di Lui un

precursore ante litteram di aspetti che si vogliono portare ad evidenza.

Anche in base a questa diversissima interpretazione di Gesù e del suo messaggio, nasce l’esigenza

– imprescindibile – di poter meglio chiarire chi egli sia e quale sia stata la finalità delle sue parole e

delle sue opere. Ma è possibile storicamente avere un’immagine realistica di Gesù di Nazareth?

4 Cfr. H. WOLFF, Gesù, la maschilità esemplare. La figura di Gesù secondo la psicologia del profondo, Queriniana,

Brescia 1979; ID., Gesù psicoterapeuta, Queriniana, Brescia 1982. 5 Cfr. B.J. TYRREL, Cristoterapia, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1989. 6 F. ALT, Jesus, der erste neue Mann, Piper, München 1989.

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1. La parabola della questione del “Gesù storico”

La questione del “Gesù storico” è un problema di data recente, figlio dell’Illuminismo. Infatti, per

l’epoca più antica era ritenuta cosa certa che i Vangeli fornissero notizie assolutamente attendibili

su Gesù; non si scorgeva in ciò nessun problema. Per intenderci: se qualcuno voleva sapere chi

fosse Gesù, era dato per scontato che i cristiani e il Magistero della Chiesa in specie fossero i

migliori conoscitori di Gesù. Soltanto alla fine del XVIII secolo ci si chiese se il Gesù realmente

esistito e il Cristo predicato dalla Chiesa ed annunciato nei Vangeli fossero la stessa persona.

1.1. Old (o First) Quest (1778-1906). “In fuga dal dogma”: l’opposizione fra il Gesù storico

(gesuologia) e il Cristo del dogma (cristologia)

Il primo che si occupò della questione fu SAMUEL REIMARUS: in Dello scopo di Gesù e dei suoi

discepoli. Un altro frammento dell’anonimo di Wolfenbüttel (1778)7, egli affermava che si doveva

distinguere tra lo scopo di Gesù, cioè tra l’intento che Gesù perseguì nella sua vita terrena, e lo scopo

dei suoi discepoli. Infatti: Gesù sarebbe stato un Messia politico ebraico, un liberatore degli Ebrei

dal dominio straniero; messo a morte, non avrebbe raggiunto il suo scopo; i suoi discepoli, allora,

non volendo tornare alla propria condizione precedente, avrebbero rubato il cadavere di Gesù,

inventato l’annuncio della sua risurrezione e del suo ritorno, creando in tal modo una nuova

religione. I discepoli sarebbero stati dunque gli inventori della figura del Cristo. Reimarus aveva

per la prima volta aveva posto la questione: il “vero” Gesù è diverso dal Cristo rappresentatoci dai

Vangeli? Chi è stato nella realtà Gesù di Nazareth?

A questa domanda cercò di rispondere l’indagine sulla vita di Gesù (Leben-Jesu-Forschung): a tale

interrogativo risposero gli autori più diversi tratteggiando infiniti ritratti di Gesù: tra le opere più

note, ricordiamo la Vita di Gesù di GEORG W. F. HEGEL (1795)8, di DAVID F. STRAUSS (1835)9 e di

ERNEST RENAN (1863)10. Tutte queste diverse vite di Gesù ebbero in comune il fatto che spesso la

personalità di Gesù venne tracciata sulla base delle convinzioni dei diversi autori (quindi, per

intenderci: il Gesù di Hegel… è molto… “hegeliano”!).

1.2. No Quest (1919-1953). “In fuga dalla storia”: la contrapposizione fra il Gesù storico e

l’annuncio della Chiesa

I teologi si limitarono in un primo tempo a difendersi da questi tentativi di ricostruzione storica;

solo nel 1892 essi presero parte al dibattito tramite uno scritto di MARTIN KÄHLER: Il cosiddetto Gesù

7 In I frammenti dell’Anonimo di Wolfenbuttel pubblicati da G. E. Lessing (in italiano: Bibliopolis, Napoli 1977). 8 Vita di Gesù, Queriniana, Brescia 2001. 9 La vita di Gesù o Esame critico della sua storia, Sanvito, Milano 1863-1865. 10 Vita di Gesù, Newton Compton, Roma 1990.

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storico [historisch] e l’autentico [geschichtlich] Cristo biblico11. L’autore distingue da un lato tra Gesù e

Cristo, e dall’altro tra historisch e geschichtlich: con Gesù intende l’uomo di Nazareth (come l’indagine

sulla vita di Gesù lo aveva descritto) e con Cristo il salvatore predicato dalla Chiesa; con historisch

indica i puri e semplici fatti del passato e con geschichtlich i fattis significativi che racchiudono un

significato duraturo. Dunque egli contrappone il cosiddetto Gesù historisch, cioè storico-reale, al

Cristo geschichtlich, il Cristo storico-biblico, come gli Apostoli lo hanno predicato. Questa la sua

tesi: i cristiani conoscono solo il Cristo, cioè il Gesù interpretato nella fede dei primi discepoli, e

non ha importanza conoscere un presunto Gesù della storia (historisch), perché Gesù vive adesso

nell’influsso efficace che egli possiede di generare la fede: solo in questo senso Gesù è una figura

storica (geschichtlich), nella misura in cui continua a fare storia.

In un primo tempo il richiamo del Kähler non ebbe alcuna eco; soltanto anni dopo fu ripreso da

RUDOLF BULTMANN, il più grande esegeta dei primi decenni del XX secolo, che condivide lo

scetticismo sulla possibilità di sapere del Gesù storico:

«Io sono indubbiamente del parere che noi non possiamo sapere più nulla della vita e della personalità di

Gesù, poiché le fonti cristiane non si sono interessate al riguardo se non in modo molto frammentario e

con taglio leggendario, e perché non esistono altre fonti su Gesù»12.

Ma questo fatto non è considerato da Bultmann “strano”. Infatti, lo scopo primario ed esclusivo

dei Vangeli, secondo l’autore, era la catechesi: agli evangelisti non interessava affatto ricostruire la

figura storica di Gesù, ma annunciarlo come Cristo Figlio di Dio. Nei Vangeli, dunque, non

troviamo il Gesù della storia, ma il Cristo della fede; il personaggio di Gesù è sicuramente esistito,

ma la fede di cui è stato fatto oggetto lo ha completamente sottratto alla storia.

1.3. New Quest (1953-1985). La continuità tra il Gesù storico e il Cristo del kerigma

ERNST KÄSEMANN si espresse contro Bultmann nel 1953 con un noto articolo dal titolo Il problema

del Gesù storico13. Qui l’autore avanza tre tesi importanti:

1) Venendo meno ogni connessione tra il Cristo della fede e il Gesù della storia, il cristianesimo

diviene un mito astorico, e l’annuncio cristiano, un annuncio docetista (cioè – come dice il termine

stesso – “apparente”: Gesù non è una realtà storica, ma “apparentemente” storica).

2) Se la Chiesa antica aveva così poco interesse per la storia di Gesù, perché produsse i Vangeli,

con quel forte richiamo alla storia ad ogni passo?

11 Trad. ital. D’Auria, Napoli 1993. 12 R. BULTMANN, Gesù, Queriniana, Brescia 1972, p. 103. 13 Das Problem des historischen Jesu, in «Zeitschrift für Theologie und Kirche» LI (1954), pp. 125-153; trad. ingl. The

Problem of Historical Jesus, in Essays on New Testament Themes, SBT 41, London 1964, pp. 15-47.

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3) Anche se i Vangeli sono un prodotto della fede postpasquale, essi richiedono una fiducia

nell’identità tra Gesù terreno e Signore risorto.

L’intervento di Käsemann può essere considerato la data d’inizio della cosiddetta Nuova ricerca sul

Gesù storico, cioè di quella fase della ricerca che è convinta del legame tra cosiddetto “Gesù storico”

e “Cristo della fede”: né si può pretendere di eliminare l’interesse per la storia effettiva di Gesù…

né si può presumere di essere assolutamente “neutrali” nei suoi confronti… né si deve

pregiudizialmente dire che i vangeli siano assolutamente “veri”, ma nemmeno assolutamente

“falsi” dal punto di vista storico. Il cammino si è così evoluto che oggi, in aperta opposizione al

vecchio giudizio di Bultmann, così si può dire:

«L’orientamento prevalente oggi sembra il seguente: noi possiamo conoscere molto bene ciò che Gesù

stava per compiere, possiamo conoscere una buona parte di quel che disse e questi due aspetti diventano

significativi all’interno del giudaismo del primo secolo»14.

1.4. Third Quest (1985/1988-). L’ebraicità di Gesù alla luce del Vangelo e degli scritti giudaici: la

possibilità di descrivere con esaustività la vicenda terrena di Gesù

Fortificati dai materiali giudaici, ora più disponibili, gli studiosi di questi ultimi anni lavorano

convinti che è possibile conoscere moltissimo di Gesù di Nazareth e che vale la pena di farlo. È

l’inizio della cosiddetta “Third Quest” sviluppatasi in ambiente anglosassone con interesse storico-

sociologico e non più solo teologico. L’istanza di valorizzare maggiormente l’ebraicità di Gesù è

un po’ il denominatore comune di questa ricerca.

La parabola stessa del “Gesù storico” assicura, dunque, che è possibile ritrovare il volto storico di

Gesù di Nazareth. Ma quali sono le fonti storiche a cui appellarsi per comprendere la sua vita e la

sua identità?

2. La storia di Gesù di Nazareth: le “fonti storiche” e i criteri di autenticità di una ricerca

storica

La ricerca dell’ultimo cinquantennio è stata propiziata da uno studio nuovo delle fonti già note e

dalla scoperta di fonti nuove, soprattutto quelle di Qumràn e di Nag Hammadi15, e dal materiale

proveniente dagli scavi archeologici.

14 E.P. SANDERS, Gesù e il giudaismo, Marietti, Genova 1992, p. 3. 15 Nel 1946 è stata scoperta a Nag Hammadi (in Egitto) una preziosa biblioteca che ha portato a conoscenza gran

parte della letteratura gnostica del secolo IV d.C. (tra i testi è stato ritrovato anche il Vangelo di Tommaso).

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Occorre distinguere tra le fonti dirette su Gesù (quelle cioè che parlano direttamente di Gesù) e

quelle indirette (quelle che non parlano direttamente di Gesù, ma che contribuiscono a ricostruire

l’ambiente sociale, politico, religioso ed economico in cui egli visse).

Tra le fonti dirette, anzitutto i Vangeli e gli scritti non cristiani che menzionano Gesù (Flavio

Giuseppe, Tacito, Svetonio, le fonti giudaiche, ecc.)16.

Tra le fonti indirette, gli scritti giudaici (apocrifi dell’Antico Testamento, rotoli del Mar Morto,

scritti di Flavio Giuseppe, Targum, scritti rabbinici) e greci (papiri magici greci e fonti della

scuola stoico-cinica), e poi le scoperte archeologiche.

2.1. Fonti dirette non cristiane

L’esistenza storica di Gesù è documentata anche da fonti non cristiane. Queste testimonianze

storiche non cristiane sono di ambiente giudeo-palestinese o romano.

FONTI GIUDEO-PALESTINESI

Giuseppe Flavio: un uomo saggio chiamato “Cristo” [90ca. d.C. in Antiquitates judaicae (18.3.3, §§

63-64)]

Giuseppe Flavio (37-100ca. d.C.) è il più grande degli storici ebraici17. Tra il 75 e l’80 scrive Guerra

giudaica che racconta la storia della rivolta ebraica del 66-70. E all’inizio degli anni 90 – sotto il

regno di Domiziano – scrive le Antiquitates judaicae, che in XX libri intende esporre la storia del

popolo ebraico dalla creazione fino alla rivolta giudaica. Nel XVIII volume, Giuseppe Flavio sta

parlando di Giovanni Battista che, con il suo enorme successo presso il popolo, crea dei problemi

ad Erode Antipa (siamo nel 26-28). E en passant così troviamo scritto (nel testo pervenutoci):

«Verso quel tempo visse Gesù, uomo saggio, se pur conviene chiamarlo uomo. Infatti, egli compiva opere

straordinarie, ammaestrava gli uomini che con gioia accolgono la verità e convinse molti giudei e greci.

Egli era il Cristo. E, dopo che Pilato, dietro accusa dei nostri maggiori responsabili, del nostro popolo, lo

condannò alla croce, non vennero meno coloro che fin dall’inizio lo amarono. Infatti, egli apparve loro il

terzo giorno di nuovo vivo, avendo i divini profeti dette queste cose su di lui e moltissime altre

meraviglie. E ancora fino ad oggi non è scomparsa la tribù dei cristiani che da lui prende nome».

16 Cfr. F.F. BRUCE, Testimonianze extrabibliche su Gesù. Da Giuseppe Flavio al Corano, Claudiana, Torino 2003 (orig.

1984); R.E. VAN VOORST, Gesù nelle fonti extrabibliche. Le antiche testimonianze sul Maestro di Galilea, San Paolo,

Cinisello Balsamo 2004 (orig. 2000). 17 È nato da una famiglia sacerdotale nel 37-38. Dopo gli studi della Torah, tenta l’esperienza ascetica aderendo

alla corrente dei Farisei. Va a Roma nel 64 a perorare la causa di alcuni prigionieri ebrei. Nel 66 deve organizzare

la resistenza in Galilea. Alla fine si consegna ai Romani, si spaccia per poeta, preannuncia la fortuna dei Flavi.

Assiste con Tito, nel 70, alle ultime fasi della guerra sino alla distruzione di Gerusalemme.

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Si tratta di un documento evidentemente falso, nel senso che copisti cristiani hanno

deliberatamente interpolato il testo mettendo in bocca a Giuseppe Flavio la loro fede. Questo è

evidente nelle frasi evidenziate in giallo, tutte affermazioni di un uomo che ha fatto la sua

professione di fede in Gesù come Messia, salvatore degli uomini, risorto da morte.

Fortunatamente, però, abbiamo il testo primitivo: è la versione araba di questo paragrafo

(contenuta in Historia universalis di Agapio, vescovo di Gerapoli di Siria, scritta nel X secolo):

«Dice Giuseppe l’Ebreo, poiché egli racconta nei trattati che ha scritto sul governo degli Ebrei: “In quel

tempo ci fu un uomo saggio chiamato Gesù. La sua condotta era buona ed era noto per essere virtuoso.

Molti fra i Giudei e le altre nazioni divennero suoi discepoli. Pilato lo condannò ad essere crocefisso e a

morire. Ma quelli che erano diventati suoi discepoli non abbandonarono il suo discepolato. Essi

raccontarono che era apparso loro, tre giorni dopo la sua crocifissione e che era vivo: forse perciò era il

Messia del quale i profeti hanno raccontato meraviglie”».

Il testo originale, dunque, raccontava che tra i fatti riguardati questo periodo della storia giudaica

c’è anche la predicazione dei cristiani a proposito della resurrezione di Gesù.

Il Talmud di Babilonia (100 d.C., trattato Sanhedrin 43a)

Dopo la caduta del tempio di Gerusalemme (70 d.C.), alla luce dei testi dell’AT, alcuni grandi

rabbini e dottori della legge approntarono un corpo di legge casistica per meglio formare alla vita

religiosa il popolo ebreo. L’insieme della giurisprudenza religiosa terminata intorno al 200 d.C.

venne chiamata Mishnah; questa raccolta divenne a sua volta oggetto di studio e di commento,

dando vita alla raccolta di testi chiamata Gemarà. Bene: l’insieme dei testi della Mishnah e della

Gemarà è chiamato Talmud. Ci sono due Talmud, quello palestinese (più antico) e quello

babilonese redatto intorno al 500 d.C. In questo testo, ci sono alcuni passi del primo periodo (70-

200 d.C.), che parlano di Gesù.

«Veniva insegnato: alla vigilia della Pasqua appesero Gesù. Un banditore andò in giro pere 40 giorni

prima [dichiarando]: “Verrà lapidato, perché ha praticato la magia ed ha sobillato e condotto Israele sulla

cattiva strada. Chiunque sappia qualcosa in suo favore, venga e lo dichiari”. Ma non trovarono alcuno in

suo favore e lo appesero alla vigilia della Pasqua».

Questo testo ci dà un’idea dell’opinione degli Ebrei nel 100 d.C. riguardo a Gesù. Si danno per

scontato alcuni elementi storici: Gesù era Ebreo; ha fatto il maestro e il guaritore; è stato respinto

dal Sinedrio; è stato ucciso in occasione della Pasqua ebraica.

Gesù viene citato altre volte nei due Talmud (quello babilonese e quello palestinese). Si tratta

sempre di testi tardivi che ci riferiscono l’interpretazione giudaica. Sono stati creati dopo la fine del

primo secolo in un clima di polemica. Un elemento ricorrente è la nascita di Gesù da Maria e da

un legionario romano di nome Pantera.

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FONTI ROMANE

Tacito: l’incendio di Roma e il Cristo messo a morte [in Annales, XV, 44,2-5 – scritti fra il 115 e il

117 d.C.]

Cornelius Tacitus (56ca. – 120ca. d.C.) è generalmente considerato il più grande storico romano: le

sue Storie trattano gli anni che vanno dal 69 al 96 d.C. (regni degli imperatori Galba, Otone,

Vitelio, Vespasiano, Tito e Domiziano18); gli Annali trattano gli eventi accaduti dal 14 al 68 d.C.

(dalla morte di Augusto a Nerone)19.

Nel passo qui citato, parla dell’incendio avvenuto nel luglio del 64. Spiega come Nerone dia la

colpa ai cristiani. Dedica due righe a Gesù: sono precise, datate, indiscutibili e permettono di

trovare le coordinate precise della crocifissione di Gesù.

«[2] Ma né interventi umani, né elargizioni del principe, né sacrifici agli dei riuscivano a soffocare la voce

infamante che l’incendio fosse stato comandato. Allora, per mettere a tacere ogni diceria, Nerone

dichiarò colpevoli e condannò ai tormenti più raffinati coloro che il volgo chiamava “cristiani”, odiosi

per le loro nefandezze. [3] Essi prendevano nome dal Cristo che era stato suppliziato ad opera del

procuratore Ponzio Pilato, sotto l’impero di Tiberio. Repressa per breve tempo, quella funesta

superstizione ora riprendeva forza non solo in Giudea, luogo di origine di quel male, ma anche nell’Urbe

in cui tutte le atrocità e le vergogne confluiscono da ogni parte e trovano seguaci».

Svetonio: la cacciata degli Ebrei e il Chrestus istigatore (120ca. d.C., in De vita Caesarum, V, 25,4)

Lo storico Gaius Suetonius Tranquillus (70ca.-140 ca. d.C.) scrive verso il 120 d.C. il De vita

Caesarum, un libro che copre la vita e le gesta dei primi 12 imperatori (da Giulio Cesare a

Domiziano). Raccontando – nel V libro – la vita dell’imperatore Claudio (41-54 d.C.), afferma che

egli, nel 49 d.C., manda via i Giudei da Roma. Questo fatto è raccontato anche in Atti degli apostoli

18,2. Alla base dei tumulti c’è un certo Cresto.

«[4] Claudio espulse i Giudei da Roma, i quali, istigati da Cresto, facevano continuamente tumulti».

Plinio il Giovane: i cristiani della Bitinia (112 d.C., in Epistulae X, 96)

Gaius Plinius Caecilius Secundus (61ca.-113ca. d.C.) è nipote e figlio adottivo dello scrittore Plinio

il Vecchio (per questo generalmente si usa chiamarlo Plinio il giovane), morto sotto l’eruzione del

Vesuvio. Senatore e avvocato a Roma, ricopre diverse cariche amministrative. Fra il 100 e il 109

d.C. pubblica IX libri di lettere. L’ultimo libro delle sue lettere (libro X) raccoglie la corrispondenza

di Plinio con l’imperatore Traiano durante l’incarico di governatore del Ponto-Bitinia in Asia

18 Probabilmente le Storie comprendevano XII libri, dei quali ci sono rimasti solo i libri I-IV e parte del V. 19 L’opera – in XVI o XVIII volumi – rimase incompiuta; solo i libri I-IV e XII-XV ci sono giunti intatti; degli altri

abbiamo solo parti.

R. MAIOLINI L’ESISTENZA STORICA DI GESÙ DI NAZARETH

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Minore. Nella lettera 96 del libro X chiede all’imperatore Traiano come comportarsi con i cristiani.

Ha arrestato due donne: da loro ha avuto informazioni sulle riunioni di questo movimento

religioso.

«Signore, è mia abitudine consultarti ogni volta che sono in dubbio su qualche questione; chi infatti

potrebbe meglio dirigere la mia incertezza o istruire la mia ignoranza?

Non ho mai partecipato a indagini sui cristiani; perciò non so perché e in quale misura si debbano punire

o ricercare. Sono stato molto in dubbio se fare qualche discriminazione a motivo dell’età, o se trattare i

giovani allo stesso modo degli adulti; se chi si pente meriti indulgenza o se a uno che è stato cristiano non

sia di alcuna utilità l’aver abbandonato il cristianesimo; se si debba punire il nome in assenza di delitti, o

soltanto le pratiche delittuose connesse con quel nome.

Sino ad ora, questo è stato il mio modo di procedere quando mi venivano portate persone accusate di

essere cristiane. Io chiedevo agli accusati stessi se erano cristiani; se mi rispondevano “Sì”, glielo

chiedevo una seconda e poi una terza volta, minacciandoli di condanna; se persistevano, ordinavo che

fossero condotti via per essere giustiziati. Non dubitavo infatti che, qualunque fosse la colpa che essi si

attribuivano, la loro pertinacia e inflessibile ostinazione meritavano comunque di essere punite. Altri,

afflitti dalla stessa follia, li misi in nota per mandarli a Roma, perché cittadini romani. Poi, come accade

di solito, il crimine si diffuse per il semplice fatto che ci se ne occupava; vari casi diversi vennero a mia

conoscenza. Mi fu presentato un documento anonimo contenente i nomi di molte persone. Alcuni

negarono di essere cristiani o di esserlo mai stati; invocarono gli dei come io indicavo e resero omaggio

con incenso e vino alla tua immagine che avevo fatto portare a questo scopo insieme con le statue degli

dei; maledirono anche Cristo; sapendo che non è possibile obbligare i veri cristiani a fare alcuna di queste

cose, ritenni che chi le faceva dovesse essere rilasciato. Altri sui quali avevo ricevuto informazioni

negative dissero di essere cristiani e poi lo negarono; di esserlo stati ma di avere cessato di esserlo, alcuni

da tre anni, alcuni da parecchi anni, qualcuno addirittura da venti. Anche questi adorarono tutti la tua

immagine e le statue degli dei e maledissero Cristo. Ma affermavano che questo era stato il loro torto o il

loro errore più grave: di riunirsi in un giorno stabilito, prima dell’alba, per recitare antifonalmente un

inno a Cristo come a un Dio, e di impegnarsi con un giuramento non a commettere qualche delitto, bensì

a non commettere furti, frodi o adultèri, a non mancare di parola, a non rifiutare, se richiesti, di effettuare un deposito. Dopo questo [proseguirono] usavano separarsi e poi tornare a riunirsi per prendere del cibo,

comune e innocente. Ma avevano rinunziato a fare anche questo dopo il mio editto, col quale, secondo i

tuoi ordini, vietavo le associazioni. Perciò ritenni più necessario strappare la verità, ricorrendo alla tortura, a due schiave che si dicevano «diacone» (ministrae); ma non ho trovato altro che una

superstizione perversa e smisurata.

Perciò, sospendendo l’indagine, mi rivolgo a te per consiglio. Mi è sembrato che fosse il caso di

consultarti, soprattutto per il numero degli accusati; poiché molti di ogni età, ceto e sesso sono e

continueranno ad essere accusati. Non solo nelle città si è propagata questa contagiosa superstizione, ma

anche nei villaggi e nelle campagne. Ma mi sembra che si possa frenare e correggere. Comunque i templi,

ormai quasi abbandonati, cominciano ad essere di nuovo frequentati, e sono riprese le cerimonie rituali,

da tempo interrotte, e si vende anche ovunque la carne delle vittime dei sacrifici, che finora trovava

pochissimi compratori. Da tutto questo si può facilmente arguire quanta massa di gente si possa

correggere se se ne accetta il pentimento».

Ed ecco la risposta di Traiano:

«Mio caro Secondo, ti sei comportato correttamente nel trattare le cause di coloro che ti erano stati

denunciati come cristiani. Certo, non si può stabilire un criterio generale che costituisca una norma fissa.

Non devono essere ricercati d’ufficio; se sono stati accusati e hanno confessato, devono essere

condannati; ma in questo modo: chi avrà negato di essere cristiano e ne avrà dato la prova invocando i

nostri dei, anche se per il passato sia sospetto, deve essere perdonato per il suo pentimento. Le accuse

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anonime che ti pervengono non devono essere tenute in alcun conto, poiché sono un detestabile esempio

e non si confanno con gli ideali della nostra epoca»20.

Conclusione

Le testimonianze non cristiane su Gesù corrono il doppio pericolo di essere apprezzate troppo o

troppo poco.

Vengono apprezzate troppo, quando si spera di trovar con esse un accesso “neutrale” al Gesù

storico, che sia esente dai “ritocchi” cristiani: ma Tacito non fa un resoconto riportando gli atti

ufficiali di Pilato… né Flavio Giuseppe fa un’esposizione che riprende i verbali del sinedrio!

Le testimonianze extra-cristiane reagiscono probabilmente ad affermazioni cristiane.

Non si dovrebbe neppure ridurre troppo il loro valore: anzi tutto perché si rifanno ad

affermazioni cristiane che sono indipendenti dai vangeli e costituiscono una testimonianza

autonoma. In secondo luogo perché documentano l’atteggiamento ambivalente dei

contemporanei, sia giudei sia pagani: da entrambi gli ambienti ci sono stati tramandati

atteggiamenti benevoli o di rifiuto. In terzo luogo queste testimonianze mostrano come i

contemporanei nei secc. I-II d.C. non vedessero alcuna ragione di dubitare dell’esistenza di

Gesù: nonostante la loro austerità, infatti, le notizie di questi autori su Gesù – in particolare

Tacito e soprattutto Flavio Giuseppe – ci confermano la sua storicità e permettono di

controllare dati diversi della tradizione cristiana primitiva che possono essere così riassunti:

- un certo “Cristo”, originario della Giudea, che veniva riconosciuto come «maestro» (Flavio

Giuseppe) e che operava miracoli («opere sorprendenti»: Flavio Giuseppe; accuse di

stregoneria: rabbini), fu giustiziato dal procuratore Ponzio Pilato (anni 26-36), durante il

principato di Tiberio (cfr. Tacito; Flavio Giuseppe; rabbini);

- verso l’anno 50 i giudei di Roma si disputavano sotto il nome di Chrestos (cfr. Svetonio);

- nell’anno 64 Nerone perseguitò e giustiziò i seguaci del Cristo (cfr. Tacito e Svetonio);

- verso il 93/94 esisteva la comunità dei «cristiani» che si riferivano al Cristo (cfr. Flavio

Giuseppe);

- nell’anno 112 ci fu un'indagine sulle attività dei cristiani: si riunivano in un giorno stabilito

della settimana per recitare un’invocazione a Cristo e per condividere la cena in comune

(cfr. Plinio il Giovane).

20 PLINIO, Epistulae, X,97

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3. Le fonti dirette cristiane

Se le fonti non cristiane ci attestano l’esistenza storica di Gesù, è alle fonti cristiane che si deve

chiedere maggior chiarezza su chi sia quest’uomo. Perché – come diceva Meier – egli, essendo un

“ebreo marginale”, non era degno di ulteriore attenzione da parte di storiografi latini o ebrei (tant’è

che “ha fatto notizia” solo perché i cristiani si sono diffusi e non si sapeva come comportarsi con

loro). Ma questi testi chiamati “vangeli”… sono affidabili dal punto di vista storico?

Per rispondere a tale domanda, alcuni dati.

Il primo autore del Nuovo Testamento a scrivere di Gesù è Saulo di Tarso, che scrive delle

lettere negli anni 50-60 d.C. Egli afferma esplicitamente di non avere «conosciuto Cristo secondo la

carne» (cf. 2 Cor 5,16). I suoi scritti parlano certo di Gesù, ma valorizzando professioni di fede e

inni precedenti a lui (cf. 1Cor 7,10; 9,14; 11,23; 1Cor 15,3; 1Ts 4,15; Rm 1,3-4); Paolo

rarissimamente parla della vita di Gesù: dice che era un uomo ebreo, della stirpe di Davide, vissuto

in Palestina, messo a morte per iniziativa dei Giudei, ma poi risorto (cf. 1Ts 2,15; 1Cor 2,3) e che i

suoi discepoli sono stati soprattutto i dodici fra cui emergono Cefa, Giovanni e Giacomo (cf. 1Cor

15,5-6; Gal 1,18-19). Dagli scritti di Paolo, dunque, non è possibile avere molte informazioni sulla

vita di Gesù di Nazareth. A quali testi, allora, fare riferimento?

Indubbiamente la principale fonte su Gesù restano i Vangeli. Osservando attentamente tali

scritti, si nota che hanno dato importanza diversa ai vari momenti della vita di Gesù:

Marco Matteo Luca Giovanni

Infanzia 0 1-2 1-2 0

Ministero 1-13 3-25 3-21 1,19-17

Passione 14-15 26-27 22-23 18-19

Risurrezione 16 28 24 20-21

Come si nota, pochissima importanza alla nascita… molta al ministero pubblico… tantissima agli

ultimi giorni/ore di vita… poca alla risurrezione. È chiaro, dunque, che c’è una intenzionalità che

“comanda” la scelta del momento della vita di Gesù di cui parlare e anche quanto parlarne.

Se, quindi, non si possono considerare delle “biografie” di Gesù… sono attendibili? I

vangeli sono documenti accettabili dal punto di vista storico a patto che si tenga conto di questi

elementi:

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- sono riletture della storia di Gesù a partire dalla Pasqua. Sono, cioè, narrazioni delle opere di

colui che è riconosciuto come vivente oggi. E vogliono aiutare a scoprire Gesù come vivente

nella vita di ciascuno. Per questo hanno andatura di percorsi della fede graduali.

- sono l’approdo finale di un lungo iter: prima dei vangeli come li conosciamo noi, sono esistite

le formule cristologiche, gli inni, i racconti della passione, la predicazione orale, brevi unità

letterarie (raccolte di detti, di fatti, di miracoli, di parabole)… che sono state usate e rielaborate

dagli evangelisti.

- in che modo gli evangelisti hanno selezionato e organizzato il materiale esistente? Questi

scritti erano destinate a precise comunità come memorie vitali: l’accento non è tanto e solo

sulla cronaca di Gesù, ma sulla sua presenza attuale tra i discepoli e nel mondo. Si può,

dunque, riconoscere l’opera del redattore finale che seleziona le fonti orali, le ordina, le

attualizza, le pone dentro una prospettiva liturgica e catechistica.

Se i vangeli sono tali, è possibile fidarsi dal punto di vista storico?

3.1. CRITERI DI AUTENTICITÀ STORICA DEI VANGELI

Detto diversamente: è possibile… e come… distinguere ciò che proviene da Gesù (primo stadio,

28-30 d.C.) da ciò che fu creato dalla tradizione orale delle origini (secondo stadio, 30-70 d.C.) da

ciò che fu prodotto dal lavoro redazionale degli evangelisti (terzo stadio, 70-100 d.C.)?

Occorrono criteri di autenticità storica cui riferirsi per passare dal possibile al realmente probabile,

fino ad arrivare ad ipotesi di massima probabilità o verità storica. Per quanto riguarda l’approccio

ai Vangeli, gli studiosi hanno cercato di individuare dei criteri per valutare ciò che in essi proviene

da Gesù stesso, per distinguerlo dalla tradizione della Chiesa primitiva o dal redattore finale.

Questi i criteri di autenticità storica più importanti applicati ai vangeli.

1. Criterio della discontinuità o della dissomiglianza: sono da ritenersi storicamente autentici i

dati evangelici non riconducibili né alle concezioni del giudaismo, né al linguaggio, alla prassi e al

pensiero della Chiesa delle origini. Questo criterio è stato recentemente un po’ ridimensionato, in

quanto la sua applicazione radicale fa di Gesù un isolato dall’ambiente di origine e separato dalla

Chiesa che lo considera suo fondatore, insistendo troppo sulla unicità e sulla superiorità di Gesù su

di essi. Si tende allora a ritenerlo comunque valido in senso positivo e non in negativo: con questo

criterio si può stabilire un nucleo sicuro di detti o fatti a Gesù certamente attribuibili, ma non si

possono escludere gli altri in blocco.

Questo criterio si concentra su parole o azioni di Gesù che non possono derivare né dal giudaismo del

tempo di Gesù né dalla chiesa primitiva dopo di lui. Ad esempio: la sua radicale proibizione di ogni

giuramento, il rigetto del digiuno volontario per i suoi discepoli, la totale proibizione del divorzio...

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Come detto, questo criterio ha un suo valore, ma non può essere giocato da solo: infatti, ci consegnerebbe

un Gesù totalmente avulso dal suo contesto di vita, di lui avremmo più una caricatura che non l’effettiva

fisionomia storica, anche perché tale criterio non può che mettere in evidenza aspetti piuttosto marginali

della predicazione e della vita di Gesù. Inoltre la sua utilizzazione ordinata ed equilibrata prevederebbe

che da parte nostra ci sia una sicura e completa conoscenza del giudaismo al tempo di Gesù come anche

del cristianesimo dopo di lui: da questo obiettivo di conoscenza siamo ancora lontani. Se giocato in modo

integralista, questo criterio della discontinuità invece di assicurarci un minimo di informazioni sul Gesù

della storia, finirebbe col darcene una caricatura, separando Gesù dal giudaismo che lo influenzò come

anche dalla chiesa che da lui fu influenzata. Ma è precisamente all’interno di questi due mondi che noi

dobbiamo comprendere Gesù.

2. Criterio della coerenza o concordanza: sono da ritenersi storicamente autentici i detti o le

azioni conformi all’ambiente o all’epoca di Gesù e coerenti con il suo insegnamento, la sua prassi e

la sua immagine in generale. Questo criterio afferma che 1) non è realistico immaginarci un Gesù

in continuo disaccordo con il giudaismo: esiste una coerenza “esterna”, tale che l’azione e la

parola di Gesù siano inserite e inseribili nel contesto giudaico-palestinese del suo tempo; 2) si deve

ritenere di Gesù quel materiale che è conforme al suo “stile” già ulteriormente stabilito (coerenza

“interna”).

Il criterio della coerenza, infatti, sostiene che altri detti o fatti di Gesù che sono ben congruenti con i

preliminari dati fondamentali già isolati hanno una buona probabilità di essere storici. Rispondono a

questo criterio della continuità svariati detti riguardanti la venuta del Regno di Dio o dispute con

avversari inerenti all’osservanza della legge.

Criticamente si può sottolineare come questo criterio sia decisamente meno forte e meno probante dal

punto di vista storico: il cristianesimo antico non è, infatti, concepibile come separato da Gesù e non c’è

ragione che ci impedisca di pensare che questi detti o fatti siano una eco delle parole autentiche di Gesù

all’interno delle prime comunità cristiane. Nonostante questa forte limitazione, il criterio della coerenza

ha una sua positiva utilizzazione: consente di ampliare una base di dati già stabilita.

Ma altrettanto criticamente dobbiamo sottolineare che se un detto o un’azione di Gesù non è coerente

con tutta quella serie di dati già isolati, ciò non significa che dobbiamo ritenerli non autentici. Dobbiamo

piuttosto sottolineare che l’antico pensiero semitico si compiaceva di affermazioni paradossali che

mettevano in tensione gli opposti, come anche il fatto che Gesù era un profeta popolare che si rivolgeva

ad un’ampia gamma di uditori in occasioni particolari e ciò decideva certo in parte almeno lo stile e il

linguaggio utilizzato. In breve: il criterio della coerenza ha un suo valore positivo, ma il suo uso al

negativo, per escludere del materiale come non autentico, dev’essere accolto con molta cautela.

3. Criterio della molteplice attestazione: sono da ritenersi storicamente autentici i dati attestati

unanimemente da più tradizioni neotestamentarie (e/o non neotestamentarie) o che si possono

ritrovare presenti in più forme differenti (narrazioni, controversie, discorsi, ecc.); anche se

l’attestazione di una singola fonte non è un motivo sufficiente per escludere un racconto.

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Questo criterio si concentra su quei detti o fatti di Gesù che sono attestati in più di una fonte letteraria

indipendente (es: Marco, Q21, Paolo; Giovanni) e/o in più di una forma o genere letterario (es: parabola,

racconto di disputa, racconto di miracolo, profezia, aforisma). Questo criterio assume particolare forza,

quando un determinato tema lo ritroviamo sia in fonti letterarie differenti, sia in forme letterarie diverse.

L’esempio più evidente di molteplice attestazione, lo ritroviamo nel tema del “Regno dei Cieli – Regno di

Dio”. È un’espressione che ritroviamo sia in Marco, sia in “die Quelle”, sia nella tradizione speciale di

Matteo come in quella di Luca, e poi anche in Giovanni. Abbiamo echi di quest’espressione anche in

Paolo. Al contempo, ritroviamo il medesimo tema espresso in differenti generi letterari (parabole,

beatitudini, preghiera, aforisma, racconti di miracolo). Per cui è storicamente certo che fu Gesù a

parlarne ed è estremamente difficile pensare e sostenere che sia stata la chiesa primitiva a creare tutto

questo materiale letterario inerente al regno dei Cieli.

Altri esempi di “molteplice attestazione” sono le parole di Gesù sul pane e sul vino nell’ultima cena come

anche la proibizione del divorzio. Di particolare interesse sono quei temi che rispondono al criterio della

“molteplice attestazione incrociata”: si tratta di parole, detti, discorsi su un preciso tema che poi

ritroviamo altrove in azioni di Gesù che toccano il medesimo argomento: è il caso dei detti e delle azioni

di Gesù inerenti al tema della distruzione del tempio/purificazione profetica del tempio.

Occorre in ogni caso sottolineare una questione importante: se un tema o una parola o un’azione di Gesù

la troviamo in una sola fonte o in un solo genere letterario, questo non significa che dobbiamo a priori

dubitare sulla veridicità storica e sull’attribuzione a Gesù di tutto ciò. È ancora una volta il caso di

ricordare che nessun criterio di storicità può essere assolutizzato: solo una convergenza di diversi criteri è

il migliore indicatore di storicità.

4. Criterio dell’imbarazzo: sono da ritenersi storicamente autentici i dati che provocano imbarazzo

alla comunità cristiana, perché è molto improbabile che la Chiesa abbia creato qualcosa che le

causasse difficoltà. Tant’è che la tendenza negli stadi successivi della tradizione è piuttosto quella

di attenuare (fino a volte a far scomparire) quanto crea imbarazzo e non si sa come spiegare.

Questo criterio si concentra su detti e fatti di Gesù che avrebbero prodotto imbarazzo o creato difficoltà

nella chiesa primitiva. Infatti, difficilmente la chiesa primitiva avrebbe creato del materiale che avrebbe

messo in imbarazzo il suo creatore o indebolito la sua posizione nelle discussioni con i suoi avversari.

Materiale imbarazzante proveniente da Gesù avrebbe potuto essere naturalmente soppresso o attenuato

in stadi posteriori della tradizione evangelica e spesso tale progressiva mitigazione, soppressione o

attenuazione è rintracciabile nei quattro vangeli.

L’esempio fondamentale è il battesimo di Gesù: partendo da Marco che è la redazione evangelica più

antica, passando per Matteo e Luca, si arriva poi a Giovanni e si assiste ad una progressiva cancellazione

del battista come protagonista del battesimo di Gesù. Marco racconta l’avvenimento senza dare una

spiegazione teologica del fatto che colui che è superiore e senza peccato si sottometta ad un battesimo

destinato ai peccatori (Mc 1,4-11). Matteo tenta di aggirare l’ostacolo introducendo un dialogo previo tra

il Battista e Gesù: il Battista confessa pubblicamente la sua indegnità a battezzare colui che gli è superiore

e cede solo innanzi all’ordine preciso di Gesù perché si compia il piano salvifico di Dio (Mt 3,13-17).

Luca sfiora l’assurdo storico nella sua narrazione: prima racconta dell’imprigionamento del Battista da

parte di Erode, poi racconta del battesimo di Gesù senza dirci chi lo ha battezzato (Lc 3,19-22).

Giovanni, in piena polemica con gli ultimi discepoli del Battista sul finire del primo secolo, sopprime del

tutto il battesimo di Gesù da parte del Battista; l’avvenimento del battesimo di Gesù da parte del Battista

21 Dalla comparazione dei vangeli sinottici, si evince che Matteo e Luca – nel redigere il loro vangelo – facevano

riferimento a 2 “fonti”: l’una era il vangelo di Marco e l’altra, non identificata, fu chiamata con la parola tedesca

Quelle, cioè “fonte”, o Q.

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semplicemente non ha luogo nel vangelo di Giovanni. Tuttavia in questo vangelo ascoltiamo la

testimonianza resa a Gesù dal padre e della discesa dello Spirito su Gesù, ma mai ci viene detto quando

questa teofania ha avuto luogo (Gv 1,29-34). Ecco, qui si nota un progressivo imbarazzo della chiesa

primitiva di fronte al battesimo di Gesù: si notano progressivi tentativi di arginare l’imbarazzo fino alla

soppressione del problema. Ora, difficilmente la chiesa avrebbe creato un evento che poi le avrebbe

consegnato siffatto imbarazzo. Dunque è storicamente certo che Gesù fu battezzato dal Battista nel

Giordano.

Ritroviamo la medesima problematica per quanto riguarda il detto di Gesù che afferma di non conoscere

il giorno esatto e l’ora della fine, nonostante la pretesa dei vangeli che egli sia il Figlio che può predire gli

eventi della fine del tempo, compreso il suo ritorno sulle nubi del cielo. In Mc 13,32 Gesù dice: «Quanto

però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli del cielo, né il Figlio, eccetto il Padre». Non

stupisce il fatto che manoscritti più recenti eliminino il riferimento al Figlio. Il fenomeno della

soppressione aumenta nei manoscritti per quanto riguarda il parallelo di Matteo (Mt 24,36); Luca non

riprende questo detto di Gesù; Giovanni accentua il fatto che Gesù conosce ogni cosa presente e futura e

mai è colto di sorpresa.

Anche se il criterio di imbarazzo è molto forte, dobbiamo però concludere che attraverso questo criterio

davvero pochissimi dati storici riusciremmo ad acquisire a riguardo di Gesù.

5. Criterio di spiegazione necessaria: sono da ritenersi storicamente autentici quegli elementi

la cui autenticità è necessario riconoscere per comprendere altri elementi storicamente accertati.

Questo criterio può avere una duplice funzione: da una parte, utilizzando dati già certi, esso cerca

di individuare una spiegazione necessaria dei fatti, che sia coerente e sufficiente, la quale illumini e

disponga armoniosamente tutti questi elementi (che altrimenti rimarrebbero inspiegabili);

dall’altra, quando l’interpretazione necessaria è nota, può essere di aiuto nell'isolare gesti e parole

che la supportino.

È il caso della spiegazione del perché Gesù fu sottoposto al supplizio capitale (qualcuno parla di un

apposito “criterio del rifiuto e dell’esecuzione”22): c'è già un dato di fatto (ovvero la condanna a morte di

Gesù da parte delle autorità): il compito diviene quello di cercare gli elementi nei testi che la giustificano.

Allo stesso modo, quei dati storici la cui autenticità è già stata verificata servono a spiegarci il motivo

della sua condanna, e ne confermano indirettamente la storicità. Non può, in questo senso, essere storico

un Gesù blando, semplice creatore di simboli che parlava per enigmi e non minava alle radici le persone,

specie le autorità giudaiche e romane che ne decretarono la morte; la sua esecuzione, infatti, risulterebbe

incomprensibile.

Oltre a questi, vi sono anche alcuni criteri minori.

22 Questo criterio è differente dai precedenti perché non indica direttamente un determinato detto o fatto di Gesù

come autentico. È invece un criterio che parte da un dato di fatto storico: Gesù subì una morte violenta per mano

dei capi giudei e romani. A partire da questo fatto ci si interroga su quali parole o fatti storici possano spiegare il

suo processo e la sua crocifissione come “re dei Giudei”. Per es: un semplice maestro amante della poesia che

passava il suo tempo a raccontare parabole o storielle, un mite Gesù che solo diceva alla gente di guardare i gigli

del campo e imparare dagli uccelli del cielo …ecco, un Gesù come questo non avrebbe minacciato nessuno.

Invece dobbiamo fare i conti con la realtà storica: Gesù di fatto minacciò, disturbò, irritò molte persone, dagli

interpreti della legge all’aristocrazia sacerdotale di Gerusalemme fino al prefetto romano che alla fine lo processò

e lo condannò alla crocifissione. Un Gesù dolcificato, che non fa male a nessuno, che non irrita i potenti del suo

tempo non è il Gesù storico.

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Il criterio degli indizi aramaici: sono da ritenersi storicamente autentici quei testi greci il cui

andamento terminologico, sintattico, ritmico dicono riferimento all’aramaico. Partendo dal fatto

che Gesù palava in aramaico, si punta sugli indizi di vocabolario, grammatica, sintassi, ritmo e

rima aramaici nella versione greca dei detti di Gesù per stabilirne l’autenticità. Questo criterio non

può essere utilizzato in modo unico, ma può semplicemente offrire un ulteriore supporto

all’argomentazione di storicità di materiale già evidenziato come autentico sulla base degli altri

criteri.

Il criterio della vivacità della narrazione: sono da ritenersi storicamente autentici quei testi

che descrivono con dettagli concreti e “vivaci” la situazione, perché indizio di un resoconto fatto

da testimoni oculari. Infatti, nei racconti dei vangeli, la vivacità e i dettagli concreti sono talora

considerati indicatori di un resoconto fatto da testimoni oculari. Tuttavia questo criterio non può

essere assunto come garante di storicità, al massimo può confermare l’impressione già creata

attraverso altri criteri più probanti.

Conclusione

L’applicazione di questi criteri, i quali hanno un valore diverso tra loro, non è

assolutamente meccanica, ma tiene conto di diversi fattori e gradi di probabilità.

questi criteri sono tanto più convincenti, se si incontrano non isolati, ma uniti insieme:

utilizzati in modo convergente attestano una maggiore efficacia: cum plurima cuncurrunt, maiora sunt

indicia.

questi criteri non sono tassativi: la loro assenza da sola, non fa concludere all’inaccettabilità

o all’implausibilità storica di un dato.

applicando tutti questi criteri, si può considerare di fatto fondata l’autenticità della storia

(detti e fatti) narrata nei vangeli.

4. Cronologia della vita di Gesù

Dal punto di vista strettamente storico, niente si può dire con certezza o con alta probabilità sulla

nascita, l’infanzia e i primi anni della stragrande maggioranza dei personaggi storici nell’antico

mondo mediterraneo. Gesù risulta in vantaggio su molti di questi personaggi, in quanto almeno

alcuni fatti possono essere affermati con una discreta certezza o almeno con un’alta probabilità. La

storia di Gesù si può dunque datare: non si svolge nel buio della leggenda. Gesù non è un mito di

quelli che si ritrovano regolarmente nelle grandi culture dell’umanità. Stupisce davvero che, nel

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CORSO IDRC EDOLO 2016 18

giro di poche decine di mesi di vita pubblica, egli sia riuscito a determinare così profondamente

l’andamento della storia.

Al tempo dell’Impero Romano. Gesù compare sulla scena quando già è scomparso Giulio

Cesare scrittore, politico, comandante militare: questi nel 48 a.C., pone fine alla guerra civile a

Roma e opera il passaggio dalla repubblica alla dittatura. Prima di lui Pompeo Magno nel 63 a.C.

aveva annesso a Roma la Palestina. Giulio Cesare è ucciso da Bruto e Cassio nel 44 a.C e viene

accolto dal senato tra gli “dei” protettori dello stato. Si accende la lotta tra Antonio ed Ottaviano

(Cesare Augusto era nipote di Giulio Cesare e si chiamava Ottaviano): quest’ultimo sconfigge

definitivamente il suo rivale Antonio ad Anzio (31 a.C.) e si impone perché sostenuto dalle legioni

di Africa. Regna dal 30 a.C. al 14 d.C. e lentamente svuota di ogni potere il senato: realizza una

riforma amministrativa, impone la sua divinità; è grande mecenate e si fa nominare anche Sommo

Sacerdote e si fa chiamare Augustus. A Roma, al suo tempo, ci sono 560.000 uomini liberi e

280.000 schiavi. Realizza la Pax Romana. Inizia con lui un nuovo calendario: il capodanno è il

giorno natale “dell’imperatore”.

La nascita. Durante il regno di re Erode il Grande23, un ebreo di nome Yeshù (= Gesù)24

nacque, a Betlemme di Giudea (più che a Nazareth di Galilea), una piccola città entro i confini del

regno di Erode. La madre di Gesù si chiamava Miryam (= Maria), suo padre (putativo) Josef (=

Giuseppe).

L’anno di nascita di Gesù fu calcolato nel 525 d.C. dal monaco romano Dionigi il piccolo (morto

nel 556 d.C.), seguendo un’identificazione che era allora abituale sulla base di ciò che dice Luca

3,1-23: Gesù aveva circa trent’anni quando Tiberio era nel quindicesimo anno del suo impero (fu

imperatore dal 14 d.C. al 37 d.C.). Per avere l’anno di nascita di Gesù bastava tornare indietro di

trent’anni, e si giungeva al quattordicesimo anno di regno di Augusto, corrispondente al 754 della

23 Erode il Grande (37 a.C. - 4 a.C.) è il figlio di una donna ebrea e di un padre idumeo. Si raccomanda

contemporaneamente ad Antonio ed Ottaviano e nel 40 a.C., il senato romano lo nomina re di Giudea. Ottaviano

gli conferirà questo titolo e lo considererà amico ed alleato di Roma. Così egli riesce a tener fuori le truppe

imperiali. Nel 20 a.C. inizia i lavori del Tempio; costruisce la torre Antonia; ricostruisce Samaria e sposa la

asmonea Marianne. Assegna lui il titolo di Sommo Sacerdote. È un sanguinario: uccide molti membri del

Sinedrio, il cognato Aristarco, la madre Alessandra, la moglie, i figli Alessandro ed Aristubolo. Muore nel 750

dell’era di Roma, corrispondente al 4. a.C. I rappresentanti del popolo giudaico chiedono ad Augusto la

eliminazione del governo di Erode. Cesare Augusto esegue invece il testamento di questo re. 24 Yeshu’ è la forma abbreviata di Yeshua’, a sua volta forma abbreviata di Yehoshua (Giosuè), che significa “il

Signore salva”.

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fondazione di Roma. È appunto questo il punto di partenza che regola ormai per sempre la

cronologia dell’era cristiana.

Mentre Matteo sembra presentare Betlemme come la città originaria dei due genitori e Nazareth come

il luogo in cui si sarebbero stabiliti dopo il ritorno dall’Egitto; Luca fa partire il suo racconto da

Nazareth, in cui risiedono Giuseppe e Maria, e ci dice che Gesù nacque a Betlemme in forza di un

censimento mondiale decretato da Cesare Augusto, mentre Quirinio era governatore della Siria (Lc

2,1). Ma questo censimento (che sarebbe dovuto avvenire intorno al 5 a.C.) non è documentato da

nessun’altra fonte. Oltretutto sappiamo che Quirinio divenne governatore della Siria solo nel 6 d.C., e

che – lui sì – fece un censimento della Giudea (non della Galilea), nel 6-7 d.C.

Sia Luca che Matteo, però, ci dicono che Gesù nacque verso la fine del regno di Erode il Grande

(cfr. Mt 2,1 e Lc 1,5). Da Giuseppe Flavio25 sappiamo che Erode il Grande morì a Gerico ai

primi di aprile del 750, dopo sei mesi di atroce malattia, che sulla scala attuale corrisponde al 4

a.C. E poiché Gesù nacque almeno due anni prima della morte di Erode (cf. Mt 2,16), il suo

anno di nascita va posto almeno tra il 748 e il 750 di Roma, corrispondente al 6-4 a.C. Il computo

retrospettivo di Dionigi risulta così errato di almeno 7-4 anni, e l’attuale cronologia civile risulta

in ritardo di altrettanti anni.

Per quanto riguarda la data di nascita, manca ad oggi ancora una soluzione definitiva circa la data del

Natale, ma gli studi degli ultimi decenni hanno aperto nuove prospettive finora trascurate. Certamente la

volontà di cristianizzare una festa pagana ha rivestito una certa importanza: il 25 dicembre, secondo la

riforma attuata da Giulio Cesare, cadeva il solstizio d’inverno; ma non è escluso che la collocazione di

questa festività al 25 dicembre abbia seguito un proprio percorso, indipendente dalla festa del sole,

facendo invece riferimento alla scoperta (in Egitto) di rotoli con i turni sacerdotali al Tempio di

Gerusalemme: Zaccaria, sacerdote della classe di Abìa, ha svolto il suo turno di servizio al Tempio di

Gerusalemme a fine settembre; quando Maria riceve l’annuncio dell’angelo, la sua cugina, Elisabetta,

moglie di Zaccaria, è nel sesto mese (quindi, fine marzo: 25 marzo, Annunciazione); bene: 9 mesi dopo,

25 dicembre, si è posta la festa liturgica del Natale.

Cfr. 7.5. l’esistenza storica di Gesù di Nazareth – data di nascita di Gesù

I primi trent’anni. Gesù crebbe, secondo un’educazione non straordinaria, in una famiglia

devota di giudei della bassa Galilea, vivendo per circa trent’anni a Nazareth26. Frequenta la scuola

25 Ant 17,167.213; Bell 2,10. 26 Nazareth era un insediamento giudaico marginale, al di fuori delle rotte commerciali, situato nella regione

“montuosa” (sono colline alte circa 600 metri) sud-galilaica, a 6 Km da Sefforis, città che fu anche capitale della

Galilea (prima della costruzione di Tiberiade nel 19 d.C.). Questi i “grandi” che governarono nel trentennio di

Gesù a Nazareth.

Tiberio Cesare: imperatore dal 14 d.C. al 37 d.C., fu un ottimo amministratore anche se molto duro. In suo onore

viene costruita, in Galilea, Tiberiade.

Archelao: è il figlio di Erode il Grande e Maltace. Per testamento, ratificato da Cesare Augusto, riceve la

Samaria, la Giudea e la Idumea. È duro, astuto, implacabile; scontenta gli aristocratici di Gerusalemme. Una

delegazione giudaica va a Roma per farlo destituire: Roma non li accontenta, ma Archelao non avrà il titolo di re.

R. MAIOLINI L’ESISTENZA STORICA DI GESÙ DI NAZARETH

CORSO IDRC EDOLO 2016 20

di lettura della Torah per diventare poi “figlio del precetto” (tale preparazione avviene nella Sinagoga

tra i 6 e 13 anni) e svolge la funzione di “carpentiere”: fa aratri e gioghi o restaura barche (cf. Mc

6,3; Mt 13,55).

Gesù crebbe a Nazareth e fu tanto identificato con quella città che «Nazoreo», «Nazareno» o «di

Nazareth» divenne quasi un secondo nome. Cresciuto a Nazareth, Gesù parlava probabilmente

aramaico come sua lingua quotidiana, pur imparando a sufficienza l’ebraico nella locale sinagoga e

forse in grado maggiore dall’istruzione formale impartitagli da suo padre. Quando cominciò ad

apprendere il mestiere di falegname da Giuseppe, avrà trovato utile, o addirittura necessario,

acquisire qualche frase di greco per scopi commerciali. Le frequenti visite della sua famiglia a

Gerusalemme per le grandi feste lo avranno messo maggiormente a contatto con il greco in quella

città poliglotta.

Gesù, il falegname di Nazareth, era povero per i nostri moderni standards, benché relativamente alla sua

società non fosse più povero della grande maggioranza dei galilei. Effettivamente, non conoscendo

l’indigenza lacerante dei coltivatori spossessati, dei mendicanti delle città, dei braccianti agricoli a

giornata o degli schiavi rurali, non era in fondo alla scala socio-economica. Anche se noi

considereremmo la realtà economica e politica della Galilea di Antipa insopportabile, essa era,

nell’insieme, preferibile agli ultimi caotici giorni di Erode il Grande, ai primi caotici giorni della guerra

giudaica alla fine degli anni sessanta, o al senso di oppressione straniera che la presenza del prefetto

romano suscitò in Giudea. Benché possa sembrare strano, Gesù crebbe ed esercitò molta parte del suo

ministero in un’oasi insolitamente pacifica, protetta dal deserto tempestoso che fu per lo più la storia

palestinese.

Il silenzio totale su una moglie o su figli è da intendere come indicazione che Gesù scelse il percorso

molto inusuale — ma non sconosciuto — del celibato.

L’inizio dell’attività pubblica. Fu attratto dal movimento di Giovanni il Battista, che

cominciò il suo ministero nella valle del Giordano verso la fine del 27 d.C. o all’inizio del 28 d.C.

Battezzato da Giovanni, subito Gesù cominciò agli inizi del 28 d.C. un suo ministero pubblico,

quando aveva circa 33 o 34 anni (cfr. Lc 3,23: «aveva circa trent’anni»). Gesù riconosce nella

predicazione di Giovanni Battista un segnale di Dio (secondo i sinottici Gesù inizia la sua attività

pubblica dopo l’imprigionamento del Battista – Mc 1,14 e par. – secondo Giovanni entrambi hanno

operato l’uno accanto all’altro, nel medesimo periodo – Gv 3,22ss).

Nel 6 d.C. scoppia una rivolta guidata da Giuda il Galileo, in occasione di un censimento. Lo stesso anno

Archelao è destituito e confinato nelle Gallie (cf. Mt 2,21-22). La Giudea, la Samaria e l’Idumea passano sotto il

diretto controllo dell’imperatore romano. Il suo dominio è quindi durato solo dal 4 a.C. al 6 d.C.

Erode Antipa: è figlio di Erode il Grande e della samaritana Maltace. Sposa Erodiade, moglie di suo fratello

Filippo. Giovanni Battista denuncia questo fatto come adulterio. Per prevenire una sommossa popolare, il

tetrarca lo fa rinchiudere nella fortezza di Macheronte e poi lo farà decapitare (cf. Mt 14,3-12; Giuseppe Flavio, Antichità Giudaiche, XVIII, 5,2 par. 114-115). Sempre a causa di Erodiade, si scontra con Areta IV, re di Natabei

di cui ha ripudiato la figlia. Vitellio, governatore della Siricia, gli viene in aiuto. Viene esiliato a Lione in Francia

nel 39 d.C., dopo tante disavventure diplomatiche ispirate dalla moglie. Regna in Galilea dal 4 d.C. al 37 d.C.

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CORSO IDRC EDOLO 2016 21

È Luca (Lc 3,1) che ci dice che Gesù fu battezzato nel quindicesimo anno di Tiberio (cioè nel 27/28

oppure 28/29 d.C.), mentre era governatore della Giudea Ponzio Pilato.

Gli anni dell’attività pubblica. Diventa un rabbi (maestro/profeta) itinerante. Non ha né

casa né beni. Sceglie il celibato. Sceglie lui i discepoli, prendendoli da tutti i gruppi e movimenti

sociali e religiosi; i nomi di coloro che gli sono più vicini risultano essere i seguenti: Simone di

Giovanni, Andrea, Giacomo e Giovanni figli di Zebedeo, Filippo e Bartolomeo, Tommaso e

Matteo il pubblicano, Giacomo di Alfeo, Simone il Cananeo, Giuda Teuda e Giuda l’Iscariota (cf.

Mt 10,2-4). Si riconoscono nel gruppo varie tendenze ed ispirazioni: quella farisaica, quella dei

discepoli del Battista, quella del “partito armato” degli zeloti.

Gesù di Nazareth è predicatore e guaritore e alternò regolarmente la sua attività tra la nativa

Galilea (muovendosi normalmente attorno al lago di Tiberiade dove si trovano Cafarnao, Corazin,

Betsaida); talvolta sconfina nei territori di Tiro e Sidone, attraversa talvolta la Samaria e si spinge

nella Decapoli; Svolge una fase di attività anche in Giudea e a Gerusalemme in particolare,

salendo alla Città Santa in occasione delle grandi feste, quando grandi folle di pellegrini potevano

garantire un uditorio che altrimenti non avrebbe potuto raggiungere. Questo suo ministero si

protrasse per due anni/tre anni (Giovanni menziona almeno 3 feste di pasqua: Gv 2,13; 6,4; 11,55)

ed ebbe un momento critico nella cosiddetta “crisi galilaica”, quando, dopo un periodo di

successo, aumentarono le difficoltà e le incomprensioni dei compaesani (Mc 6,3ss) e dei

contemporanei (Mc 8,12). L’accusa rivolta è quella di ingannare la gente (cf. Gv 7,12): l’inganno

consisteva appunto nel fatto che Gesù si faceva «uguale a Dio», violando il sabato e chiamando

Dio suo Padre (cf. Gv 5,18) e per la Torah, il profeta che si poneva al posto di Dio, invitando così il

popolo all’apostasia, doveva essere messo a morte (cf. Dt 13,6).

Come laico galileo, sarà apparso dapprima trascurabile alle elevate famiglie sacerdotali di

Gerusalemme, fino a quando cominciò ad apparire pericoloso. Le frequenti visite di Gesù a

Gerusalemme durante il suo ministero possono aver alimentato una mutua ostilità, rapidamente

crescente, tra i sacerdoti di Gerusalemme e il laico galileo.

Benché possa aver usato il greco trattando con i pagani e l’ebraico discutendo il significato della Scrittura

con gli scribi di professione, la maggior parte del suo insegnamento, diretto com’era a medi ebrei

palestinesi, dovrebbe essere stato esposto in aramaico. L’origine in una famiglia giudea devota, la

preoccupazione di Gesù per la religione giudaica e i dibattiti sulla Scrittura che Gesù sostenne con gli

scribi di professione e i pii farisei durante il suo ministero sono, però tutti fattori che rendono verosimile

l’ipotesi della sua capacità di leggere il testo sacro.

Gli ultimi giorni e la morte. Nel 30 d.C., mentre Gesù era a Gerusalemme per

l’approssimarsi della festa di Pasqua, evidentemente ebbe la sensazione che la crescente ostilità

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CORSO IDRC EDOLO 2016 22

delle autorità del Tempio di Gerusalemme nei suoi confronti stesse per raggiungere il culmine.

Celebrò un solenne banchetto di addio con il gruppo più ristretto dei suoi discepoli un giovedì sera,

il 6 aprile secondo il nostro computo moderno, l’inizio del quattordicesimo giorno di Nisan, il

giorno della preparazione di pasqua, secondo il computo liturgico giudaico. Arrestato nel

Getsemani nella notte tra il 6 e il 7 Aprile, dapprima fu esaminato da alcuni capi giudei (da Caifa27,

meno verosimilmente da tutto il sinedrio) e poi consegnato a Pilato28 venerdì 7 Aprile di buon

mattino. Pilato, rapidamente, lo condannò a morte per crocifissione. Dopo essere stato flagellato e

schernito, Gesù fu crocifisso, fuori Gerusalemme, nello stesso giorno. Morì la sera di venerdì 7

aprile 30 d.C. a circa 36 anni.

Per l’anno di morte si parte sempre dal passo di Luca, secondo il quale Gesù fu battezzato nel

quindicesimo anno di Tiberio (cioè nel 27/28 oppure 28/29 d.C.). Generalmente la durata della vita

pubblica di Gesù è indicata in 2 anni, 2 anni e mezzo. L’anno della morte, dunque, è il 30 d.C.

Stabilito l’anno, è più facile stabilire il giorno: tutti e 4 gli evangelisti dicono che Gesù è morto di venerdì;

i sinottici dicono che quel venerdì è il primo giorno della festa di pasqua (15 di Nisan), Giovanni dice che

quel venerdì è la vigilia della festa di pasqua (14 di Nisan). Negli anni 27 e 34 d.C. il 15 di Nisan

(sinottici) era un venerdì; negli anni 30 e 33 d.C. il 14 di Nisan era un venerdì.

La cronologia giovannea, quindi, appare più verosimile: Gesù, morì la vigilia del giorno di pasqua, il 14

del primo mese dell’anno, il mese di Nisan (il calendario ebraico è lunare e la Pasqua viene fissata nel

primo plenilunio di primavera29), dell’anno 30: nel 30, infatti, il 15 di Nisan cadeva l’8 aprile; Gesù morì

la vigilia, cioè il 7 aprile.

27 Joseph Caifa è membro di una famiglia sacerdotale, di orientamento sadduceo. È nominato Sommo Sacerdote

e viene insediato da Valerio Grato che, in dodici anni, aveva rimosso quattro Sommi Sacerdoti. Resta in carica

ininterrottamente dal 18 al 36 d.C., succedendo a Hannah (6 d.C - 15 d.C.). Funge da capo dei Sadducei e

presiede il Sinedrio, alto consiglio e tribunale supremo composto (lui compreso) di 71 membri. Tale organismo ha

potere di giudicare nel campo delle trasgressioni e dei delitti religiosi. Vi entrano i Sadducei, le famiglie

aristocratiche, i grandi funzionari del tempio, il capitano di polizia, il tesoriere, i capi-sezione dei turni

settimanali, un gruppo di Farisei. La carica di Sommo Sacerdote era data con il “consenso” dei Romani. Le vesti

del Sommo Sacerdote, in occasione delle grandi feste, venivano custodite nella sala della torre Antonia sotto il

controllo del governatore. Caifa nel 36 d.C. verrà rimosso da Vitellio, legato imperiale di Siria, dopo la

destituzione di Pilato. Gli succederà il figlio del suocero Hannah. 28 Ponzio Pilato è un ex militare dell’ordine equestre. Svolge in Palestina, il ruolo di prefetto dal 26 al 36 d.C.

Risiede a Cesarea Marittima (ivi, nel 1961, è stata ritrovata un’iscrizione da lui dedicata a Tiberio). È comandante

militare della regione: ha la responsabilità della riscossione delle tasse e funziona anche da giudice supremo. In

occasione della Pasqua, si sposta a Gerusalemme ed abita dentro la torre Antonia accanto al tempio, dove c’era la

corte romana. È servile verso i superiori e durissimo con i propri dipendenti. D’accordo con i membri del

Sinedrio, fa costruire l’acquedotto. È indisponente verso i Giudei. Introduce le insegne militari a Gerusalemme,

nottetempo, esponendo accanto al tempio le immagini dell’imperatore. Manomette il tesoro per costruire l’acquedotto (cf. Giuseppe Flavio, Antichità Giudaiche, VIII, 3,1-2, parr. 55-62; Guerre Giudaiche II, 9,2-4; Lc 13,1).

Ai suoi ordini ci sono 5 coorti da 600 uomini ciascuna. Viene destituito nel 36 d.C. Era intervenuto contro un

assembramento di Samaritani sul monte Garizim. 29 Ricordiamo che il mese di Nisan è il primo mese del calendario lunare ebraico e che il 15 di Nisan, giorno della

Pasqua ebraica, cade nei giorni di luna piena dei mesi marzo-aprile. Nel 325 d.C. il Concilio di Nicea stabilì che

la Pasqua cristiana dovesse cadere la domenica dopo il primo plenilunio seguente l’equinozio di primavera; e

ancora oggi la data si individua sulla base dell’equinozio primaverile (21 marzo) e della luna piena (per questo la

Pasqua non è mai lo stesso giorno e si dice che “cade bassa” o “cade alta”: dipende dalle fasi lunari).

Si ricordi inoltre anche che la data della pasqua differisce tra i cristiani d’occidente (cattolici, protestanti,

anglicani) e d’oriente (ortodossi e cattolici orientali). A fare la differenza sono i calendari. La Chiesa cattolica

R. MAIOLINI L’ESISTENZA STORICA DI GESÙ DI NAZARETH

CORSO IDRC EDOLO 2016 23

Cfr. 7.6. l’esistenza storica di Gesù di Nazareth – Gesù e il suo ambiente

Cfr. 7.7. l’esistenza storica di Gesù di Nazareth – Gesù secondo l’Islam, l’Induismo e il

Buddhismo

5. Conclusione

John P. Meier ha iniziato nel 1991 un’opera in quattro volumi dal titolo Un ebreo marginale.

Ripensare il Gesù storico30, nella quale si può trovare una equilibrata discussione sui principi

metodologici e critici della ricerca. La conclusione della poderosa indagine è che Gesù fu –

appunto – un ebreo “marginale”. Marginale:

Dal punto di vista della letteratura giudaica e pagana del secolo successivo a Gesù, il

Nazareno fu al massimo un puntino sullo schermo del radar: Gesù fu semplicemente

insignificante per la storia nazionale e mondiale.

Come criminale messo a morte nel modo più brutale con esecuzione pubblica, Gesù fu

cacciato ai margini di quella società: agli occhi dei romani, Gesù morì dell’orribile morte degli

schiavi e dei ribelli e agli occhi dei giudei cadde sotto la maledizione di Dio.

Gesù per primo marginalizzò se stesso: a 30 anni era un normale carpentiere con una sua

rispettabilità sociale; abbandonò il mestiere e la città natia, divenne disoccupato e itinerante

per intraprendere un ministero profetico; i suoi parenti lo considerarono un pazzo.

Alcuni suoi insegnamenti e pratiche erano marginali (assoluta proibizione del divorzio –

rifiuto del digiuno volontario – celibato volontario) in quanto non coincidevano con le

opinioni e le pratiche dei maggiori gruppi giudaici del suo tempo. Inoltre Gesù, come maestro,

non aveva frequentato alcuna scuola scribale né era stato discepolo di un rinomato maestro e

con tutto ciò sfidava insegnamenti e pratiche accettate dai giudei suoi contemporanei. Per di

più proclamò i suoi insegnamenti con un’autorità il cui fondamento non era per nulla chiaro ai

suoi oppositori.

Ne consegue che il suo insegnamento e stile di vita risultava offensivo e urtante per molti

giudei, li allontanava da lui e al contempo spingeva se stesso ai margini. Questo spiega la sua

segue quello gregoriano (riformato da Gregorio XIII nel 1582), mentre la Chiesa ortodossa – ad eccezione delle

comunità presenti in Finlandia – quello giuliano (stabilito da Giulio Cesare nel 46 a.C.). A volte la data della

Pasqua coincide nei due calendari, come accaduto il 4 aprile 2010. Dal Concilio Vaticano II in poi, la Chiesa

cattolica si è sempre dichiarata favorevole a ogni tentativo in grado di ristabilire la celebrazione comune di questa

solennità religiosa. 30 Queriniana, Brescia 2001-2006.

R. MAIOLINI L’ESISTENZA STORICA DI GESÙ DI NAZARETH

CORSO IDRC EDOLO 2016 24

fine repentina e brutale: a Gerusalemme in quell’inizio di aprile dell’anno 30, Gesù aveva

pochissima gente dalla sua parte, tanto meno gente influente.

Gesù, il povero laico diventato profeta e maestro, proveniente dalla rurale Galilea priva di

credenziali, incontrò la morte a Gerusalemme anche a causa di uno scontro con il ricco

sacerdozio aristocratico urbano.

Di questo “ebreo marginale” conosciamo ormai molto: il vaglio delle fonti storiche che ci parlano

di Gesù di Nazaret, lo studio della cronologia e della geografia in cui si è svolta la sua vicenda, e

una sintetica carrellata sui grandi al tempo di Gesù hanno chiaramente offerto un quadro di

riferimento abbastanza completo entro il quale poter comprendere gli avvenimenti della vita di

Gesù di Nazaret.

Ma tutto questo non esaurisce la domanda che i vangeli stessi mettono sulla bocca di Gesù: «Voi,

chi dite che io sia?» (Mt 16, 15)