lezione 1 (marted 1 ottobre,...

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c Finesso, Pavon, Pinzoni 2001-2012 SEGNALI E SISTEMI (Ingegneria dell’Energia), a.a. 2013-2014 Lezione 1 (Marted` ı 1 ottobre, 16:30–18:15) 1.1 Informazioni generali Presentazione del corso, aspetti organizzativi e contenuti. 1.2 Richiami sui numeri complessi – parte I Il corso di Segnali e Sistemi presuppone la perfetta padronanza dei numeri complessi. Queste note non sostituiscono un testo di Analisi Matematica, al quale il lettore ` e rinviato per una presentazione sistematica. Un numero complesso a ` e determinato da due numeri reali α e β , la parte reale e la parte immaginaria rispettivamente. Solitamente si scrive a = α + dove j ` e l’unit` a immaginaria per cui vale j 2 = -1 In Matematica la notazione usuale ` e z = x + iy, ma in Elettrotecnica i si ` e compromessa con la corrente elettrica e in Segnali e Sistemi anche x, y e z sono gi` a impegnate. La parte reale e quella immaginaria si denotano α = Re a, β = Im a L’insieme dei complessi si denota C. Il sottoinsieme dei complessi a parte immaginaria nulla si identifica con l’insieme dei numeri reali R. I complessi a parte reale nulla si dicono numeri immaginari o numeri immaginari puri. Attenzione! (a.) La parte immaginaria di a = α + ` e β (un numero reale), non . (b.) L’insieme C non ` e ordinato: non hanno alcun senso le scritture a<b o a>b tra numeri complessi. Hanno invece senso scritture del tipo Re a> Im b o Im a> Im b ecc. essendo, queste, relazioni tra numeri reali. 1.3 Rappresentazioni cartesiana e polare Poich` e un numero complesso ` e specificato da due numeri reali ` e naturale identificare a = α + C con la sua rappresentazione cartesiana (α, β ) R 2 . ✟✟ Re Im α β a ρ φ 1

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c ©Finesso,Pavon,Pinzoni

2001-2012

SEGNALI E SISTEMI (Ingegneria dell’Energia), a.a. 2013-2014

Lezione 1 (Martedı 1 ottobre, 16:30–18:15)

1.1 Informazioni generali

Presentazione del corso, aspetti organizzativi e contenuti.

1.2 Richiami sui numeri complessi – parte I

Il corso di Segnali e Sistemi presuppone la perfetta padronanza dei numeri complessi.Queste note non sostituiscono un testo di Analisi Matematica, al quale il lettore e rinviatoper una presentazione sistematica.

Un numero complesso a e determinato da due numeri reali α e β, la parte reale e la parteimmaginaria rispettivamente. Solitamente si scrive

a = α+ jβ

dove j e l’unita immaginaria per cui vale

j 2 = −1

In Matematica la notazione usuale e z = x+ iy, ma in Elettrotecnica i si e compromessacon la corrente elettrica e in Segnali e Sistemi anche x, y e z sono gia impegnate.

La parte reale e quella immaginaria si denotano

α = Re a, β = Im a

L’insieme dei complessi si denota C. Il sottoinsieme dei complessi a parte immaginarianulla si identifica con l’insieme dei numeri reali R. I complessi a parte reale nulla si dicononumeri immaginari o numeri immaginari puri.

Attenzione!

(a.) La parte immaginaria di a = α+ jβ e β (un numero reale), non jβ.

(b.) L’insieme C non e ordinato: non hanno alcun senso le scritture a < b o a > b tranumeri complessi. Hanno invece senso scritture del tipo Re a > Im b o Im a > Im b ecc.essendo, queste, relazioni tra numeri reali.

1.3 Rappresentazioni cartesiana e polare

Poiche un numero complesso e specificato da due numeri reali e naturale identificare a =α+ jβ ∈ C con la sua rappresentazione cartesiana (α, β) ∈ R2.

-

6

����

��

Re

Im

α

β aρ

φ

1

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Il piano diventa allora una rappresentazione di C, l’asse delle ascisse si dice asse reale equello delle ordinate asse immaginario. Nel piano i punti si possono specificare assegnandole coordinate polari (ρ, φ), dove ρ > 0 e il modulo e φ ∈ R la fase o argomento. La fase einerentemente non unica: punti con lo stesso modulo e fasi che differiscono per multipli di2π coincidono. Quando e necessario avere una determinazione univoca della fase si prendeusualmente φ ∈ (−π, π], o in alcuni casi φ ∈ [0, 2π).

Dato il numero complessoa = α+ jβ,

la trigonometria fornisceα = ρ cosφ, β = ρ sinφ,

quindi, nota la rappresentazione polare (ρ, φ) di un punto sul piano C il passaggio allarappresentazione cartesiana (α, β) e univoco ed immediato.

Il passaggio dalla rappresentazione cartesiana a quella polare richiede maggiore attenzione.Si ricorda che mentre il modulo e univocamente determinato, l’argomento e determinatoa meno di multipli di 2π (tranne che nell’origine dove e indeterminato). Noti (α, β) latrigonometria fornisce

ρ =√α2 + β2

φ =

arctan βα α > 0

+π2 α = 0, β > 0

−π2 α = 0, β < 0

arctan βα + π α < 0, β > 0

arctan βα − π α < 0, β < 0

π α < 0, β = 0

Non serve memorizzare queste formule: in pratica basta calcolare arctan βα e aggiustare

l’angolo in base al quadrante in cui si trova a. Fare gli esercizi!

Notazioni. Si denota |a| = ρ il modulo di a e con una delle notazioni arg a = ∠a = φl’argomento.

1.4 Aritmetica in C

Richiamiamo le operazioni aritmetiche in C. Siano a = α+ jβ e b = γ + jδ.

Sommaa+ b := (α+ γ) + j(β + δ)

La somma e associativa, commutativa, ha elemento neutro 0 = 0+ j0 La rappresentazionecartesiana consente di dare un’interpretazione geometrica alla somma di numeri complessi(disegnare una figura!).

Prodottoab := (αγ − βδ) + j(αδ + βγ)

2

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Il prodotto e associativo, commutativo, distributivo rispetto alla somma, con elementoneutro 1 = 1 + j0.Si osservi che per il calcolo del prodotto non e necessario memorizzare la precedenteformula: e sufficiente applicare le usuali regole dell’algebra reale e la regola j 2 = −1 perottenere

ab = (α+ jβ)(γ + jδ) = (αγ + α jδ + jβγ + j 2βδ) = (αγ − βδ) + j(αδ + βγ)

Complesso coniugatoa := α− jβ

una notazione alternativa per il coniugato e a∗. Si osservi che (dimostrarlo!)

a+ b = a+ b

ab = a b

Alcune utili espressioni con il coniugato sono le seguenti (dimostrarle!)

a+ a

2= Re a

a− a2i

= Im a

a a = (α+ jβ)(α− jβ) = α2 + β2 = |a|2 = ρ2

L’ultima di queste formule e utilissima per esprimere l’inverso di un numero complesso edil quoziente di due numeri complessi.

Attenzione! Se a ∈ R allora a2 = |a|2 mentre se a ∈ C

a2 = (α+ jβ)2 = (α2 − β2) + j 2αβ, |a|2 = aa = α2 + β2,

quindi a2 6= |a|2 se a ∈ C \ R.

Inverso moltiplicativo

Se a 6= 01

a=

a

a a=

α− jβ(α+ jβ)(α− jβ)

α2 + β2− j β

α2 + β2

Basta moltiplicare numeratore e denominatore per a e svolgere i calcoli. In particolarevale

1

j= −j

Quoziente

a

b=α+ jβ

γ + jδ=

(α+ jβ)(γ − jδ)(γ + jδ)(γ − jδ)

=

=(α+ jβ)(γ − jδ)

γ2 + δ2

=αγ + βδ

γ2 + δ2+ j

βγ − αδγ2 + δ2

Anche in questo caso non e necessario memorizzare la formula per il quoziente: e sufficientemoltiplicare numeratore e denominatore per il coniugato del denominatore ed eseguire icalcoli.

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1.5 Esponenziale complesso

Per ogni a ∈ C si definisce

ea :=

∞∑k=0

ak

k!

Questa definizione e formalmente identica a quella che si da nel caso di a reale. Anche nelcaso complesso la serie e assolutamente convergente e dunque vale

ea+b = ea eb

e quindi per a = α+ jβea = eα+jβ = eαejβ

Particolare attenzione merita l’esponenziale immaginario puro. Dalla definizione

ejβ =∞∑k=0

(jβ)k

k!

e si osservi che le potenze jk, k = 0, 1, 2, . . . assumono i valori 1, j, −1, −j, 1, j, . . .ripetendosi periodicamente con periodo 4. Una felice manipolazione fornisce allora

ejβ =∞∑k=0

(jβ)k

k!=∞∑k=0

(−1)kβ 2k

(2k)!+ j

∞∑k=0

(−1)kβ 2k+1

(2k + 1)!.

Nelle due sommatorie si riconoscono le serie di Taylor della funzione cosβ e sinβ rispet-tivamente 1. Si ricava cosı la fondamentale formula di Eulero

ejβ = cosβ + j sinβ

Da qui e facile ricavare che |ejβ| = 1 ed estendere il risultato a |ea| = eRe a (dimostrare que-ste affermazioni!) Dalla periodicita di cosβ e sinβ si ricava ejβ = ej(β+2kπ). L’esponenzialeimmaginario e periodico di periodo 2π !

In particolare per β = π si ottiene la portentosa

ejπ + 1 = 0

Questa formula non e utile per se, ma contiene la summa della matematica settecente-sca, legando tra loro le principali costanti delle varie branche 0, 1, j dall’algebra, π dallageometria, e dall’analisi. Non fermarsi un attimo ad ammirarla sarebbe imperdonabile.

L’esponenziale immaginario e strettamente legato alla rappresentazione polare dei numericomplessi. Basta osservare che per a ∈ C

a = α+ jβ = ρ(cosφ+ j sinφ) = ρejφ = |a|ej arg a

1Una funzione che ammette infinite derivate, uniformemente limitate, nell’origine, e sviluppabile in

serie di Taylor-MacLaurin f(x) = f(0) + f ′(0)x + f ′′(0)2

x2 + f ′′′(0)3!

x3 + . . . . In questo modo si ricava

cosβ = 1− β2

2+ β4

4!. . . ed analogamente sinβ = β − β3

3!+ β5

5!. . . . In queste due formule si riconoscono i

primi termini delle due serie nel testo.

4

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e, per il coniugato,

a = α− jβ = ρ(cosφ− j sinφ) = ρe−jφ = |a|e−j arg a

Per dimostrare questa formula si ricorre alle note simmetrie di seno e coseno (sin(−φ) =− sinφ, cos(−φ) = cosφ).Il prodotto ed il quoziente tra numeri complessi si calcolano molto agevolmente usando larappresentazione polare.

ab = |a||b|ej(arg a+arg b),a

b=|a||b|ej(arg a−arg b)

Ovvero |ab| = |a| |b| e arg a b = arg a+ arg b.

Abbiamo rivisto la forma cartesiana della somma e le forme cartesiana e polare delprodotto. La forma polare della somma si trova eseguendo brutalmente i calcoli.

1.6 Formule di Eulero

ejβ = cosβ + j sinβ

e−jβ = cosβ − j sinβ

Sommando si ottiene

cosβ =ejβ + e−jβ

2

mentre sottraendo

sinβ =ejβ − e−jβ

2j

Applicazioni

Dimostrazione delle formule di addizione.

cos(φ+ θ) = cosφ cos θ − sinφ sin θ

sin(φ+ θ) = sinφ cos θ + cosφ sin θ

La dimostrazione e semplicissima scrivendo

ej(φ+θ) = cos(φ+ θ) + j sin(φ+ θ)

ed osservando che

ej(φ+θ) = ejφejθ

= (cosφ+ j sinφ)(cos θ + j sin θ)

= (cosφ cos θ − sinφ sin θ) + j(sinφ cos θ + cosφ sin θ)

Uguagliando parti reali ed immaginarie si ottengono le formule di addizione

Dimostrazione delle formule di prostaferesi.

sin θ sinφ =1

2cos(θ − φ)− 1

2cos(θ + φ)

5

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cos θ cosφ =1

2cos(θ − φ) +

1

2cos(θ + φ)

cos θ sinφ =1

2sin(θ + φ)− 1

2sin(θ − φ)

Per la dimostrazione basta riscrivere il membro di sinistra impiegando l’espressioneesponenziale per le funzioni sin e cos.

Formule per le potenze di sin θ e di cos θ. Ad esempio

sin2 θ =

(ej θ − e−j θ

2j

)2

=ej 2θ + e−j 2θ − 2

−4

=1

2− 1

2cos 2θ

Questa formula si poteva ricavare per via elementare. Provare ora con sin3 θ!

1.7 Radici n-esime di numeri complessi

Storicamente la motivazione all’introduzione dei numeri complessi e venuta dall’algebra.L’insieme dei numeri complessi C estende R in modo tale che l’equazione algebrica digrado n

xn + a1xn−1 + a2x

n−2 + . . . an−1x+ an = 0

ha esattamente n soluzioni in C (contando le molteplicita). Questo risultato notevolis-simo e il cosidetto teorema fondamentale dell’algebra, la cui dimostrazione pero esuladall’algebra e richiede risultati di analisi complessa. Il caso particolare dell’equazione

xn − a = 0, a ∈ C

e di particolare interesse in Segnali e Sistemi. Le n soluzioni di quest’equazione sono(naturalmente) dette radici n-esime del numero complesso a.

Sia a = ρejφ. L’equazione xn = a si puo riscrivere come

xn = |x|nej n arg x = a = ρ ejφ = ρ ej(φ+2πk), per ogni k ∈ Z

Ricordando la regola per il calcolo del prodotto in forma polare e immediato che, per ognisoluzione x dell’equazione xn = a, vale

x = n√a =

(ρej(φ+2πk)

) 1n

= n√ρ ej

φ+2πkn

= n√ρ ej

φn ej

2πkn , k = 0, 1, . . . , n− 1

In particolare per a = 1 = 1ej0 si ha ρ = 1 e φ = 0, quindi le n radici dell’unita sono

n√

1 = ej2πkn , k = 0, 1, . . . , n− 1

Il grafico qui sotto illustra la posizione delle radici quinte dell’unita. In generale le radicin-esime si trovano sui vertici del poligono regolare di n lati iscritto nel cerchio unitariocon un vertice nel punto 1.

6

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1

ej2π/5ej(2π/5)2

ej(2π/5)3

ej(2π/5)4

2π/5=72°

Im

Re

aggiungere esercizi

aggiungere esercizi

aggiungere esercizi

aggiungere esercizi

aggiungere esercizi

aggiungere esercizi

aggiungere esercizi

7

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Lezione 2 (Mercoledı 2 ottobre, 16:30–18:15)

2.1 Richiami sui numeri complessi – parte II

Nelle prossime lezioni dovremo spesso calcolare derivate ed integrali della funzione espo-nenziale t 7→ eat, dove a ∈ C.

2.2 Calcolo differenziale

La derivata ddte

at si puo calcolare a partire dalla definizione

d

dteat := lim

h→0

ea(t+h) − eat

h= eat lim

h→0

eah − 1

h= . . .

Con un piccolo sforzo si puo completare il calcolo qui sopra, ma e piu interessante sfruttarela formula di Eulero e i risultati noti di Analisi reale. Sia a = α+jβ e si scriva eat = e(α+jβ)t

allora sfruttando la formula di Eulero si ha

d

dteat =

d

dte(α+jβ)t =

d

dt

[eαt cosβt+ jeαt sinβt

]=

d

dt

[eαt cosβt

]+ j

d

dt

[eαt sinβt

]= αeαt cosβt− βeαt sinβt+ jαeαt sinβt+ jβeαt cosβt

= α(eαt cosβt+ jeαt sinβt

)+ jβ

(eαt cosβt+ jeαt sinβt

)= aeat

La derivata rispetto a t dell’esponenziale eat, dove a ∈ C, segue dunque la stessa regoladel caso reale,

d

dteat = aeat.

2.3 Calcolo integrale

Per quanto appena visto, l’integrale indefinito∫eat dt =

eat

a

E fondamentale per il seguito conoscere il comportamento degli integrali definiti genera-lizzati. Vale il seguente risultato.

Lemma 2.1. Siano c ∈ R ed a = α+ jβ ∈ C costanti fissate, allora∫ +∞

ceat dt =

− eac

a , se α < 0,indeterminato, limitato se α = 0,indeterminato, illimitato se α > 0.

Dimostrazione. Usando la definizione di integrale generalizzato∫ +∞

ceat dt := lim

T→∞

∫ T

ceat dt = lim

T→∞

eat

a

∣∣∣∞c

= limT→∞

[eaT

a− eac

a

]= lim

T→∞

eαT(

cosβT + j sinβT)

a− eac

a

8

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Per concludere basta analizzare il comportamento asintotico per T → +∞ del numeratoreeαT cosβT + jeαT sinβT . Sia la parte reale che la parte immaginaria sono prodotto di unafunzione esponenziale per una funzione trigonometrica. La funzione esponenziale tende azero se α < 0, e costante pari a 1 se α = 0 ed infine diverge a +∞ se α > 0. Poiche lafunzione trigonometrica oscilla, rimanendo limitata nell’intervallo [−1, 1] il prodotto delledue funzioni converge a zero se α < 0, oscilla nell’intervallo [−1, 1] se α = 0, ed infineoscilla, assumendo tutti i valori reali (esplode a ±∞) se α > 0.

In particolare, per c = 0, si ha∫ +∞

0eat dt = − 1

a, se Re a = α < 0

Esercizio importante. Determinare il comportamento dell’integrale generalizzato∫ c−∞ e

at dt,al variare della parte reale di a.

2.4 Modello matematico di segnale

Nella pratica ingegneristica i segnali sono variazioni nel tempo e/o nello spazio di quantitafisiche, naturali o artificiali, ad esempio onde di pressione (audio), tensioni, correnti, ecc.che trasportano informazione. I piu semplici segnali fisici sono scalari (tipicamente a valorireali) e dipendono da una sola variabile, che puo essere il tempo oppure una lunghezza. Inquesto corso trascureremo completamente la natura fisica dei segnali, e ci concentreremosui possibili modelli matematici. Per semplicita identificheremo sempre il segnale con ilsuo modello matematico, come nella seguente definizione.

Definizione 2.1 (Segnale a tempo continuo). Un segnale a tempo continuo x(·) e unafunzione a valori complessi di variabile reale,

x : I −→ Ct 7→ x(t)

Terminologia, convenzioni, osservazioni.

(a.) Il dominio I e unidimensionale, solitamente un intervallo di R, cioe I = [t0, t1], oppureI = (0,∞), oppure I = R ecc.

(b.) Chiameremo la variabile indipendente tempo e la denoteremo t. A volte ci riferiremoad un valore t ∈ R come ad un istante di tempo.

(c.) Anche se non esistono segnali fisici a valori in C, e molto conveniente (come vedremopresto) adottare un modello matematico che consente di rappresentare segnali a valoricomplessi.

(d.) Quando sara necessario farlo per evitare confusione, indicheremo il segnale con x(·),oppure semplicemente con x, intendendo con questa scrittura l’intera funzione x : I → C.Con la notazione x(t) denoteremo il numero x(t) ∈ C che rappresenta il valore del segnalex all’istante t. Peraltro, quando non ci sara pericolo di confusione, useremo x(t) perdenotare sia l’intera funzione che il valore di x all’istante t. Questo abuso di notazione ecomunissimo anche in analisi matematica.

(e.) I segnali appena introdotti sono detti a tempo continuo poiche I e un intervallo di R,cioe il dominio e un sottoinsieme di R che ha la ”cardinalita del continuo”. Per brevita,

9

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ma con pesante abuso, i segnali a tempo continuo vengono comunemente detti segnalicontinui. In Segnali e Sistemi la locuzione segnale continuo non implica che la funzionex(·) sia continua nel senso dell’analisi matematica. Quando vorremo specificare che unsegnale continuo e una funzione continua lo diremo esplicitamente.

(f.) Poiche spesso si deve operare con piu segnali, possibilmente definiti su domini diversi,puo essere conveniente estendere ad R il dominio di tutti i segnali. Allo scopo, se x : Ix →C, si definisce il segnale esteso xe(·)

xe(t) =

{x(t), se t ∈ Ix,0, se t /∈ Ix.

D’ora in poi i segnali continui xe ed x saranno sempre identificati.

Analoghe considerazioni si possono fare per i segnali a tempo discreto.

Definizione 2.2 (Segnale a tempo discreto). Un segnale a tempo discreto x(·) e unasuccessione a valori complessi di variabile intera,

x : I −→ Rn 7→ x(n)

Terminologia e convenzioni.

(a.) Il dominio I e unidimensionale, di solito un intervallo di Z, cioe I = [n0, n1], oppureI = (0,∞), oppure I = Z ecc.

(b.) Spesso, ma non sempre, la variabile n e un indice temporale. In analisi e piu comunemettere a pedice l’indice di una successione, scrivendo xn. Lo faremo anche noi quandotipograficamente piu conveniente.

(c.) Quando sara necessario farlo per evitare confusione, indicheremo il segnale con x(·),oppure semplicemente con x, intendendo l’intera successione, mentre x(n) denotera ilvalore del segnale x all’istante n. Peraltro, quando non ci sara pericolo di confusione,useremo x(n) per denotare sia l’intera successione che il valore di x all’istante n.

(d.) Per insieme discreto si intende un insieme la cui numerosita (cardinalita) e finita oal piu numerabile. Questi segnali sono giustamente detti a tempo discreto poiche I e unintervallo di Z, quindi I e un insieme discreto. Per brevita i segnali a tempo discretovengono comunemente detti segnali discreti.

(e.) Il supporto del segnale x e il sottoinsieme di Z dove x non si annulla

supp(x) :={n | x(n) 6= 0

}Se si deve operare su segnali diversi, definiti su domini I diversi, puo essere convenienteestendere a Z il dominio di tutti i segnali. Allo scopo, per ogni segnale x(·), si definisce ilsegnale esteso xe(·)

xe(n) =

{x(n), se n ∈ supp(x),0, se n ∈ Z \ supp(x).

D’ora in poi i segnali discreti xe ed x saranno sempre identificati.

2.5 Esempi di segnali

I grafici qui sotto definiscono alcuni segnali elementari di cui faremo largo uso. In generalei segnali possono essere specificati assegnandone la forma analitica o il grafico oppure, nelcaso discreto, attraverso una tabella.

10

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t

u(t)1

t

1

0.5-0.5

rect(t)

sign(t)1

-1t

n

u(n)1

1

n

δ(n)1

1

gradino unitario(continuo)

impulso rettangolare

segno

gradino unitario(discreto)

impulso (discreto)

2.6 Parametri riassuntivi – valore medio

Interessa spesso sintetizzare le caratteristiche salienti di un segnale specificandone alcuniparametri di forma che contengono informazioni utili dal punto di vista fisico. In questaprima versione delle note ci limitiamo a fornire le definizioni fondamentali.

Valor medio su un intervallo limitato [t1, t2] dei segnali continui

mx[t1,t2]

:=1

t2 − t1

∫ t2

t1

x(t) dt.

Valor medio su un intervallo limitato [n1, n2] dei segnali discreti

mx[n1,n2]

:=1

n2 − n1 + 1

n2∑n=n1

x(n).

11

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Valor medio su R dei segnali continui

mx := limT→∞

1

2T

∫ T

−Tx(t) dt.

Valor medio su R dei segnali discreti

mx = limN→∞

1

2N + 1

N∑n=−N

x(n).

Esempi di calcolo. Vedi appunti di lezione ed esercizi proposti.

2.7 Parametri riassuntivi – energia

L’energia e un importante parametro riassuntivo delle caratteristiche di un segnale la cuidefinizione si ispira alla fisica. Si vedano gli appunti di lezione per la motivazione fisicadelle definizioni date qui sotto.

Energia su un intervallo limitato [t1, t2] dei segnali continui

Ex[t1,t2] :=

∫ t2

t1

|x(t)|2dt.

E immediato da questa definizione, e da tutte quelle che seguono, che l’energia di un segnalee sempre un numero reale non negativo, tale e infatti la funzione integranda |x(t)|2.

Energia su un intervallo limitato [t1, t2] dei segnali discreti

Ex[n1,n2]:=

n2∑k=n1

|x(k)|2.

Energia su R dei segnali continui

Ex := ExR := limT→∞

∫ T

−T|x(t)|2dt =

∫ ∞−∞|x(t)|2dt

Energia su Z dei segnali discreti

Ex =

∞∑k=−∞

|x(k)|2

Esempi di calcolo. Vedi esercizi proposti.

Terminologia e definizioni

(a.) Se Ex < ∞ il segnale x(t) e detto ad energia finita, o semplicemente segnale dienergia.

(b.) L’insieme dei segnali ad energia finita avra un ruolo fondamentale nel seguito. Nelcaso di segnali continui a supporto illimitato definiamo

L2 = L2(R) :=

{x : R→ C |

∫ ∞−∞|x(t)|2 dt <∞

}.

12

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Nel caso di segnali a supporto finito definiamo

L2 = L2([t1, t2]) :=

{x : [t1, t2]→ C |

∫ t2

t1

|x(t)|2 dt <∞},

mentre per i segnali discreti a supporto illimitato definiamo

`2 :=

{x : Z→ C |

∞∑k=−∞

|x(k)|2 <∞

}.

Non e ovviamente di alcun interesse definire `2([n1, n2]).

2.8 Parametri riassuntivi – potenza media

Potenza media di segnali continui a supporto limitato

P x[t1,t2] :=1

t2 − t1

∫ t2

t1

|x(t)|2dt.

E immediato che P x[t1,t2] ≥ 0 qualunque siano x e [t1, t2].

Potenza media segnali discreti a supporto limitato

P x[n1,n2]=

1

n2 − n1 + 1

n2∑k=n1

|x(k)|2

Potenza media su R dei segnali discreti

P x = limN→∞

1

2N + 1

N∑k=−N

|x(k)|2

Potenza media di segnali continui a supporto illimitato

P x := P x[−∞,∞] := limT→∞

1

2T

∫ T

−T|x(t)|2dt

Terminologia e definizioni

(a.) Se P x∞ <∞ il segnale x(t) e detto a potenza media finita, o semplicemente di potenza.

Lemma 2.2. Se Ex <∞ allora P x = 0.

Dimostrazione.

0 ≤ P x = limT→∞

1

2T

∫ T

−T|x(t)|2dt ≤ lim

T→∞

1

2TEx = 0

Un’analoga proposizione e

Lemma 2.3. Se 0 < P x <∞ allora Ex =∞.

Esercizio. Dare esempi di segnali con (Ex =∞, P x <∞), con (Ex =∞, P x =∞) e (piudifficili) con (Ex =∞, P x = 0) o (Ex =∞, P x non esiste ).

13

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Lezione 3 (Lunedı 7 ottobre, 14:15–16:15)

3.1 Energia mutua di due segnali

L’energia mutua di due segnali e un parametro che riassume la descrizione congiunta didue segnali. Nel caso di segnali continui x, y : R→ C l’energia mutua su R, denotata Ex,y

e

Ex,y :=

∫ ∞−∞

x(t) y(t) dt

dove y(t) denota il complesso coniugato di y(t). La definizione e analoga nel caso di energiamutua su un intervallo [t1, t2] e nel caso di segnali discreti. Ad esempio se x, y : Z → Csono entrambi segnali discreti, l’energia mutua sull’intervallo [n1, n2] e

Ex,y[n1,n2]:=

n2∑k=n1

x(k)y(k)

Si noti che, se y = x allora Ex,x = Ex, ovvero l’energia mutua di x con x coincide conl’energia di x. Si noti anche che, mentre Ex e sempre un numero reale nonnegativo, Ex,y

puo assumere qualunque valore complesso al variare dei segnali x e y.

Il seguente teorema e, come vedremo subito, di fondamentale importanza.

Teorema 3.1. (Disuguaglianza di Cauchy-Schwarz) Se x(·) ed y(·) sono segnali ad energiafinita,

|Ex,y| ≤√ExEy.

Dimostrazione. Definiamo zα(t) := x(t) +αy(t) dove α ∈ C. Per ogni α l’energia Ezα ≥ 0,ovvero

Ezα =

∫ ∞−∞|zα(t)|2 dt =

∫ ∞−∞

(x(t) + αy(t)

)(x(t) + αy(t)

)dt

= Ex + |α|2Ey + αExy + αExy ≥ 0

Se si sceglie

α = −Exy

Ey,

e si sostituisce in Ezα , si ottiene

Ex − |Exy|2

Ey≥ 0,

che e quanto si doveva dimostrare.

Osservazione. La disuguaglianza di Cauchy-Schwarz vale anche per energie su intervallifiniti [t1, t2] e per segnali discreti. La dimostrazione rimane identica.

Con l’ausilio della disuguaglianza di Cauchy-Schwarz e facile dimostrare che l’insieme deisegnali ad energia finita L2 := L2(R) e uno spazio vettoriali su C.

Teorema 3.2. L2 e uno spazio vettoriale su C. Lo stesso vale per L2([t1, t2]) e per `2.

14

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Dimostrazione. Come discusso a lezione, si deve verificare che la somma di segnali adenergia finita e ancora un segnale ad energia finita. Tutte le altre verifiche, necessarie perconcludere che L2 e uno spazio vettoriale su C, sono banali. Siano dunque x, y segnali adenergia finita. Il calcolo dell’energia di x+ y fornisce

Ex+y =

∫ ∞−∞

(x(t) + y(t))(x(t) + y(t)) dt

= Ex + Ey + Exy + Exy

= Ex + Ey + 2 ReExy

≤ Ex + Ey + 2|Exy| ≤ Ex + Ey + 2√ExEy <∞

I casi L2([t1, t2]) e `2 si dimostrano nello stesso modo.

Osservazione. Gli elementi di uno spazio vettoriale si dicono vettori. Quindi i segnali adenergia finita sono interpretabili come vettori in L2. Vedremo nel seguito che, nel contestodei segnali ad energia finita, questo punto di vista geometrico e estremamente utile. Inparticolare l’energia mutua di due segnali x, y potra essere interpretata come prodottoscalare 〈x, y〉 in L2.

3.2 Modello matematico di sistema

Un sistema trasforma segnali in altri segnali. Nel corso di Segnali e Sistemi non ci pre-occuperemo degli aspetti fisici, ma solo di quali siano convenienti modelli matematici deisistemi.

Definizione 3.3 (Sistema). Un sistema e una funzione che ha per dominio e codominioinsiemi di segnali.

Σ : X −→ Yx(·) 7→ y(·) = Σ

(x(·)

)dove X ed Y sono insiemi di segnali.

Terminologia e convenzioni.

(a.) In analisi matematica una funzione che ha per dominio e codominio insiemi di funzionie detta operatore.

(b.) Nella terminologia ingegneristica il sistema Σ riceve l’ingresso x(·) e produce l’uscitay(·) = Σ

(x(·)

). Si parla anche di sollecitazione x(·) e risposta y(·). Spesso si ricorre alla

seguente rappresentazione grafica.

Σ-x(·)

-y(·)

15

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(c.) Se, con l’usuale abuso di notazione, si denota il segnale d’ingresso x(t) ed il segnale diuscita y(t) allora si scrivera anche y(t) = Σ(x(t)). Si tenga sempre presente che il valoreall’istante t del segnale y(·) puo dipendere dai valori che il segnale x(·) assume a tempidiversi da t, come diverra chiaro negli esempi.

(d.) Se (X ,Y) sono insiemi di segnali continui il sistema Σ e detto continuo. Se (X ,Y)sono insiemi di segnali discreti, Σ e detto sistema discreto. Se X e continuo ed Y discretoo viceversa, Σ e detto ibrido.

Esempi di sistemi elementari

(a.) y(t) = Σ(x(t)) := ddtx(t) sistema derivatore

(b.) y(t) = Σ(x(t)) :=

∫ t

0x(τ)dτ sistema integratore

(c.) y(t) = Σ(x(t)) := x(t) sistema identita

(d.) y(t) = Σ(x(t)) := x(0) sistema rivelatore (l’uscita e la costante x(0))

(e.) y(n) = Σ(x(n)) :=∑n

k=0 x(k) integratore discreto

(f.) y(n) = Σ(x(t)) := x(nT ) campionatore (sistema discreto, T > 0 e fissato)

Si noti che per il sistema (a.) l’uscita all’istante t dipende dall’ingresso in un intor-no di t. Per il sistema (b.) l’uscita all’istante t dipende dall’andamento dell’ingressonell’intervallo [0, t].

3.3 Sistemi elementari - trasformazioni lineari del tempo

Definizione 3.4 (trasformazione lineare del tempo). Una trasformazione lineare del tem-po e un sistema che opera la seguente trasformazione sui segnali d’ingresso

Σ-x(t)

-y(t) = x(αt+ β)

dove α e β sono numeri reali.

Prima di studiare l’effetto della trasformazione lineare generale consideriamo qui sottovari casi particolari, che sono elementari da analizzare.

Casi particolari (si rivedano gli esempi tracciati alla lavagna)

(a.) α = 0 caso banale

Il sistema corrispondente e y(t) = x(β), dove β e una costante. Quindi l’uscita e unacostante che dipende dall’ingresso.

(b.) α = 1 traslazioni

Denotando il sistema Σ = Uβ, si ha

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Uβ-x(t)

-y(t) = x(t+ β)

Distinguiamo due casi

β > 0 traslazione all’indietro (anticipo)

β < 0 traslazione in avanti (ritardo)

(c.) α 6= 0, β = 0 cambi di scala

Denotando il sistema Σ = Sα si ha

Sα-x(t)

-y(t) = x(αt)

Distinguiamo i seguenti casi

0 < α < 1 espansione temporale

1 < α compressione temporale

α = −1 inversione temporale

−1 < α < 0 inversione ed espansione temporale

α < −1 inversione e compressione temporale

L’inversione temporale S−1 si denota anche R.

Nota bene. Distinguire i vari sottocasi non e di alcuna utilita pratica. E pero importanteessere in grado di tracciare senza esitazione i grafici dei segnali trasformati.

Caso generale

Lemma 3.4. La trasformazione lineare del tempo generale

x(t)→ y(t) = Σ(x(t)) := x(αt+ β)

si ottiene comey(t) = Sα

(Uβ(x(t))

)ovvero con lo schema a blocchi

Uβ-x(t)

-z(t)

Sα -y(t)

Dimostrazione. Sia z(t) l’uscita del sistema Uβ. Allora vale z(t) = Uβ(x(t)) = x(t+ β). Ilsegnale z(t) e l’ingresso del sistema Sα, che produce in uscita y(t) = z(αt) = x(αt+ β).

17

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Attenzione! Scambiando l’ordine delle due trasformazioni il risultato in generale e diverso,infatti

Uβ(Sα(x(t))

)= Uβ

(x(αt)

)= x(α(t+ β)) = x(αt+ αβ).

Si conclude che i sistemi (operatori) Sα e Uβ non commutano.

In pratica, per tracciare il grafico di x(αt+ β) si deve, nell’ordine indicato,

1. tracciare il grafico di x(·),

2. applicare la traslazione β,

3. applicare il cambio di scala α.

Esercizio. Se si esegue prima il cambio scala Sα, che traslazione Uγ e necessario applicareper ottenere in uscita x(αt+ β)?

18

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Lezione 4 (Martedı 8 ottobre, 16:15–18:15)

4.1 Trasformazioni lineari del tempo per segnali discreti

Il caso generale ey(n) = x(αn+ β).

Poiche il dominio del segnale a tempo discreto e Z l’indice αn + β deve essere intero perogni n ∈ Z, ne segue che i parametri α e β devono necessariamente essere numeri interi.In particolare o α = 1, che corrisponde al caso delle pure traslazioni, oppure |α| > 1, nelqual caso la trasformazione e detta decimazione (si veda esempio tracciato alla lavagna)

Attenzione! Come osservato sull’esempio fatto a lezione le traslazioni sono invertibile siaper segnali continui che discreti, mentre i cambi scala sono invertibili solo per segnalicontinui.

4.2 Esercizi svolti

Esercizio 1. Si rappresentino con opportuni gradini traslati i segnali xi(t) in figura.

6

-

6

-

6

-

6

-

t t

t t

x1(t) x2(t)

x3(t) x4(t)

1 1

1 1

E facile ricavare che

x1(t) = t u(t), x2(t) = t u(t− 1), x3(t) = (t− 1)u(t), x4(t) = (t− 1)u(t− 1).

Si noti che x4(t) = x1(t − 1). Morale: e molto facile sbagliare la traslazione nel caso disegnali della forma x(t) = f(t)g(t): ci si deve sempre ricordare di traslare sia f che g!.Ovvero x(t+ β) = f(t+ β)g(t+ β).

Esercizio 2. Si rappresentino con opportuni gradini traslati i segnali xi(t) in figura.

19

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6

-

6

-

6

-

6

-

t t

t t

0.5 1.5

1 2 3

x1(t) x2(t)

x3(t) x4(t)

1

1

1 1

11

In questo caso

x1(t) = u(t− 0.5)− u(t− 1.5),

x2(t) = tu(t)− tu(t− 1),

x3(t) = tu(t) + (−t+ 1)u(t− 1),

x4(t) = tu(t) + (−t+ 1)u(t− 1) + (−t+ 2)u(t− 2) + (t− 3)u(t− 3)

4.3 Simmetrie dei segnali

La seguente tabella definisce le piu comuni classi di segnali simmetrici. Nella prima colonnae definita la simmetria, nella seconda e dato il nome dei segnali che la esibiscono.

x(t) = x(t) reale

x(t) = −x(t) immaginario

x(t) = x(−t) pari

x(t) = −x(−t) dispari

x(t) = x(−t) hermitiano

x(t) = −x(−t) antihermitiamo

Le simmetrie si definiscono allo stesso modo per i segnali discreti.

Esempi. A lezione abbiamo studiato le simmetrie dei segnali (a.) x(t) = j cos t e (b.)x(t) = jt2ejt.

Esistono molte relazioni tra le varie simmetrie. Qui sotto ne ricordiamo alcune che inter-vengono spesso in pratica, lasciando alla fantasia del lettore la costruzione di altri risultatidi questo tipo.

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Alcune relazioni tra segnali simmetrici (dimostrate tutto!)

(a.) Se x(·) e sia reale che immaginario allora x(·) ≡ 0.

(b.) Se x(·) e sia pari che dispari allora x(·) ≡ 0.

(c.) Se x(·) e sia hermitiano che antihermitiano allora x(·) ≡ 0.

(d.) Se x(·) e sia reale che pari allora e hermitiano, ma non vale il viceversa.

(e.) Se x(·) e sia immaginario che dispari allora e hermitiano, ma non vale il viceversa.

(f.) Se x(·) e hermitiano allora Re(x(·)) e |x(·)| sono pari.

(g.) Se x(·) e hermitiano allora Im(x(·)) e arg(x(·)) sono dispari.

(h.) Se Re(x(·)) e pari ed Im(x(·)) e dispari allora x(·) e hermitiano.

(i.) Se |x(·)| e pari ed arg(x(·)) e dispari allora x(·) e hermitiano.

(j.) Esercizio obbligatorio. Dimostrare che vale la seguente tabella per il prodotto di duesegnali x(t) · y(t)

× pari dispari

pari pari dispari

dispari dispari pari

Questa tabella e corretta, ma a pensarci bene e molto strana. Le classi di segnali pa-ri/dispari non si comportano, rispetto al prodotto, come le classi pari/dispari dei numerinaturali. La scelta della terminologia e piuttosto infelice. La corrispondente tabella perla somma di segnali e la seguente

+ pari dispari

pari pari nessuna

dispari nessuna dispari

Si noti che la somma di due segnali dispari e dispari, mentre la somma di un segnale parie di uno dispari, entrambi non nulli, non puo essere ne pari ne dispari. E una confermadi quanto infelice sia la scelta della terminologia pari/dispari per questa simmetria deisegnali.

(k.) Esercizio obbligatorio. Si completi la tabella del prodotto sottostante

× hermitiano antihermitiano

hermitiano

antihermitiano

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Decomposizioni.

Per ognuna delle coppie di simmetrie reale/immaginario, pari/dispari, hermitiano/anti-hermitiano vale un risultato di decomposizione dei segnali. Qui sotto illustriamo ladecomposizione valida per la coppia pari/dispari.

Lemma 4.5. Ogni segnale si puo decomporre, in modo unico, come somma di due segnali

x(t) = xe(t) + xo(t)

dove xe e un segnale pari ed xo e un segnale dispari.

Dimostrazione. Si definiscano i segnali

xe(t) =x(t) + x(−t)

2, xo(t) =

x(t)− x(−t)2

E immediato verificare che xe e pari e che xo e dispari e che la somma e pari ad x. Perquanto riguarda l’unicita, se x = xe+xo = x′e+x′o allora xe−x′e = x′o−xo, ovvero i segnalixe − x′e ed x′o − xo sono entrambi, contemporaneamente, pari e dispari, quindi entrambinulli per ogni t ∈ R.

Esercizio. Determinare la decomposizione in parte pari e dispari del segnale x(t) = tu(t).

Soluzione. I due segnali cercati sono

xe(t) =x(t) + x(−t)

2=tu(t)− tu(−t)

2=

1

2|t|,

xo(t) =x(t)− x(−t)

2=tu(t) + tu(−t)

2=

1

2t.

La decomposizione si scrive

x(t) =1

2|t|+ 1

2t.

Esercizio proposto. Enunciare e dimostrare un teorema analogo al precedente relativoalla decomposizione di un segnale x(t) nella somma di una parte hermitiana ed unaantihermitiana.

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Lezione 5 (Mercoledı 9 ottobre, 16:15–18:15)

5.1 Segnali periodici – prima parte: segnali continui

Definizione 5.5. (periodo e segnale periodico)

(a.) Il numero reale T 6= 0 e un periodo del segnale x : R→ C se

x(t) = x(t+ T ) ∀t ∈ R

(b.) Un segnale che ammette un periodo si dice segnale periodico.

Osservazioni

(a.) La restrizione ∀t ∈ R e essenziale. Ad esempio per il segnale x(t) = sin |t| valex(t) = x(t+ 2π) per ogni t > 0, ma il segnale non e periodico. Non esiste una definizionedi segnale periodico in un sottoinsieme della retta.

(b.) Se T e un periodo di x(t) allora anche kT , per ogni k ∈ Z, e un periodo.

Definizione 5.6. Sia x(t) un segnale che sia una funzione continua e non costante, cheammette un periodo T 6= 0. Il periodo fondamentale di x(t) e definito come

T0 := inf{T > 0 | x(t) = x(t+ T ), ∀t ∈ R}

Osservazioni

(a.) Per i segnali costanti (x(t) = c, per ogni t ∈ R) ogni T > 0 e un periodo, ed applicandola definizione di periodo fondamentale data sopra si ottiene T0 = 0 che non ha molto senso.E questo il motivo per cui abbiamo escluso i segnali costanti dalla definizione di periodofondamentale: a seconda della bisogna essi saranno considerati periodici di qualunqueperiodo T > 0.

(b.) Nel seguito, quando diremo che il segnale x(t) e periodico di periodo T intenderemo,a meno di menzione contraria, che T e il periodo fondamentale di x(t).

Parametri riassuntivi dei segnali periodici

Sia x(t) un segnale periodico di periodo fondamentale T . I parametri riassuntivi di x(t) sicalcolano rispetto ad un periodo. Nelle formule qui sotto con

∫[T ] indicheremo la quantita∫

[T ] :=∫ s+Ts dove s ∈ R e arbitrario. Poiche le funzioni integrande sono periodiche di

periodo T il valore di∫[T ] non dipende da s.

Valore medio

mx :=1

T

∫[T ]x(t) dt

Energia in un periodo

Ex[T ] :=

∫[T ]|x(t)|2 dt

Potenza media in un periodo

P x[T ] :=Ex[T ]

T

La dimostrazione del seguente teorema e molto semplice, ma viene omessa.

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Teorema 5.3. Se x(t) e periodico di periodo T allora

Ex[−∞,∞] =∞, P x[−∞,∞] = P x[T ].

Conseguenza. L2(R) non contiene segnali periodici.

Segnali periodici notevoli

(a.) segnale sinusoidale elementarex(t) = cos t

e un segnale periodico di periodo fondamentale T = 2π. Questo fatto si suppone noto.

(b.) segnale sinusoidale generale (forma canonica)

x(t) = A cos(ω0t+ φ), ω0 > 0

e la forma del segnale sinusoidale generale. La terminologia, le convenzioni di segno e leunita di uso comune sono le seguenti.

A > 0 ampiezza unita del segnale

t tempo secondi

φ fase iniziale radianti

ω0 pulsazione rad/sec

f0 =ω0

2πfrequenza cicli/secondo (Hz)

T0 =2π

ω0=

1

f0periodo secondi

E facile verificare che T0 = 2πω0

e il periodo fondamentale del segnale sinusoidale generale.

(c.) segnale esponenziale immaginario

x(t) = Cejω0t C ∈ C, ω0 ∈ R

Dalla formula di Eulero

x(t) = Cejω0t = C(cosω0t+ j sinω0t).

Si noti la simmetria hermitiana x(−t) = x(t), ed infatti la parte reale e pari e quellaimmaginaria dispari. Piu in generale il segnale esponenziale immaginario e

x(t) = Cej(ω0t+φ) C ∈ C, ω0 ∈ R, φ ∈ (−π, π]

Qualunque sia φ il segnale x(t) e periodico di periodo fondamentale

T0 =2π

|ω0|

si noti la presenza del modulo |ω0|: il periodo fondamentale e un numero positivo. Ilsegnale x(t) = e−jt ha periodo fondamentale 2π, non −2π.

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Rappresentazioni equivalenti di segnali sinusoidali

Il segnale sinusoidale generale

x(t) = A cos(ωt+ φ), dove A, ω ∈ R+, φ ∈ (−π, π] (1)

ammette anche altre rappresentazioni, in particolare

x(t) = a cosωt+ b sinωt, dove a, b ∈ R (2)

x(t) = Cejωt + Ce−jωt, dove C ∈ C (3)

Nelle applicazioni e spesso necessario passare da una all’altra di queste tre rappresenta-zioni. Si noti che ω e invariante nelle tre rappresentazioni.

(1)⇒ (2). Usiamo la formula di addizione del coseno

x(t) = A cosφ cosωt−A sinφ sinωt

che e la (2) con a = A cosφ e b = −A sinφ

(1)⇒ (3). Usiamo la formula di Eulero per il coseno

x(t) =A

2ejφejωt +

A

2e−jφe−jωt

che e la (3) con C = A2 e

jφ.

(2)⇒ (1). Scriviamo

x(t) =√a2 + b2

(a√

a2 + b2cosωt+

b√a2 + b2

sinωt

)E sempre possibile porre cosϕ = a√

a2+b2e di conseguenza sinϕ = b√

a2+b2, per un oppor-

tuno ϕ (perche?). Ricavato ϕ, usiamo la formula di addizione del coseno per scrivere la(1) nella forma

x(t) =√a2 + b2 cos(ωt− ϕ)

(2)⇒ (3). Usiamo le formule di Eulero per sin e cos

x(t) =a− jb

2ejωt +

a+ jb

2e−jωt

(3)⇒ (1). Scriviamo C = ρejϕ

x(t) = ρej(ωt+ϕ) + ρe−j(ωt+ϕ) = 2ρ cos(ωt+ ϕ)

(3)⇒ (2). Scriviamo C = α+ jβ

x(t) = (α+ jβ)(cosωt+ j sinωt) + (α− jβ)(cosωt− j sinωt) = 2α cosωt− 2β sinωt

25

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5.2 Esercizi

Esercizio 1. Mettere in forma canonica il segnale sinusoidale x(t) = −2 sin(−3t+ π

4

).

Soluzione. Sfruttando le note proprieta delle funzioni trigonometriche si ricava

x(t) = −2 sin(−3t+

π

4

)= 2 sin

(3t− π

4

)= 2 cos

(3t− π

4− π

2

)= 2 cos

(3t− 3

)Si riconosce che A = 2, ω0 = 3, φ = −3

4 π.

Esercizio 2. Seguendo la tecnica presentata al paragrafo 1.8 si converta x(t) = 2 cos(3t− 3

4 π)

nelle due forme alternative.

Soluzione. Usando la formula di addizione del coseno si detemina immediatamente larappresentazione in seno/coseno

x(t) = 2 cos

(3t− 3

)= 2 cos

(3

)cos 3t−2 sin

(−3

)sin 3t = −

√2 cos 3t+

√2 sin 3t

Utilizzando la formula di Eulero si determina la rapresntazione in termini di esponenzialiimmaginari

x(t) = 2 cos

(3t− 3

)= 2

ej(3t−34π) + e−j(3t−

34π)

2= e−j

34π ej3t + ej

34π e−j3t

Esercizio 3. Calcolare l’energia e la potenza media in un periodo del segnale sinusoidalegenerale x(t) = A cos(ωt+ φ).

Soluzione.

Ex[T ] =

∫ T

0A2 cos2(ωt+ φ) dt =

A2

2T, P x[T ] =

A2

2.

Il calcolo si puo fare direttamente con modico uso di trigonometria elementare oppuresfruttando il piccolo trucco visto a lezione.

Esercizio 4. Calcolare energia e potenza media in un periodo del segnale esponenzialeimmaginario generale x(t) = Cej(ωt+φ)

Soluzione.

Ex[T ] =

∫ T

0|C|2 |ej(ωt+φ)|2 dt = |C|2T P x[T ] =

1

TEx[T ] = |C|2

Si noti l’estrema semplicita di calcolo nel caso del segnale esponenziale immaginario.

5.3 Segnali periodici – seconda parte: segnali discreti

Definizione 5.7. (segnale discreto periodico)(a.) Il numero intero N 6= 0 e un periodo del segnale x : Z→ C se

x(n) = x(n+N) ∀n ∈ Z

(b.) Un segnale discreto che ammette un periodo si dice segnale periodico.

26

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Osservazioni

(a.) La restrizione ∀n ∈ Z e essenziale.

(b.) Se N e un periodo di x(n) allora anche kN , per ogni k ∈ Z, e un periodo.

Definizione 5.8. Sia x(n) un segnale discreto non costante che ammette un periodoN 6= 0. Il periodo fondamentale di x(n) e

N0 := min{N > 0 | x(n) = x(n+N), ∀n ∈ Z}

A differenza del caso a tempo contino e molto semplice gestire i segnali costanti atempo discreto x(n) = c: per essi ogni N > 0 e un periodo, ed il periodo fondamentale eN0 = 1.

Parametri riassuntivi di segnali discreti periodici

Sia x(n) un segnale periodico di periodo fondamentale N . I parametri riassuntivi di x(n) sicalcolano rispetto ad un periodo. Nelle formule qui sotto con

∑[T ] indicheremo la quantita

∑[N ]

:=

n+N−1∑k=n

dove n ∈ N e arbitrario. Poiche le sequenze sotto il segno di sommatoria sono periodichedi periodo N il valore di

∑[N ] non dipende da n.

Valore medio

mx :=1

N

∑[N ]

x(k)

Energia e potenza media in un periodo

Ex[N ] :=∑[N ]

|x(k)|2, P x[N ] :=Ex[N ]

N

La dimostrazione del seguente teorema e molto semplice, ma viene omessa.

Teorema 5.4. Se x(n) e periodico di periodo N allora

Ex[−∞,∞] =∞, P x[−∞,∞] = P x[N ].

Conseguenza. `2(Z) non contiene segnali periodici.

Segnali discreti periodici notevoli

(a.) Segnali sinusoidali

Attenzione. Il seguente segnale non e necessariamente periodico!

x(n) = A cos(ω0n+ φ)

Imponendo la condizione di periodicita si trova

A cos(ω0(n+N) + φ

)= A cos

(ω0n+ φ+ ω0N

)= A cos

(ω0n+ φ

)27

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che si traduce in un vincolo di razionalita

ω0N = 2kπ, per qualche k ∈ Z, ovveroω0

2π∈ Q

Esempio 1. x(n) = cos 3n non e periodico, infatti ω02π = 3

2π 6∈ Q.

Esempio 2. x(n) = cos(100πn + 0.25) e periodico infatti ω02π = 100π

2π = 50 ∈ Q. Qual e ilperiodo di x(n)?

Se per un segnale sinusoidale vale

ω0

2π=

k

N, per qualche k ∈ N

e la frazione e ridotta ai minimi termini, allora N e il periodo fondamentale di x(n). Inquesto caso (k ed N co-primi) anche k ha una semplice interpretazione: e il numero diinteri periodi che il segnale a tempo continuo cosω0t percorre in ogni periodo (di lunghezzaN) del segnale x(n) = cosω0n

Esempio 3. Per il segnale

x(n) = sin4

7πn

valeω0

2π=

2

7.

Il periodo fondamentale e N = 7 ed il segnale a tempo continuo x(t) = sin 47πt percorre

due periodi completi per ogni periodo di x(n). Si veda la figura qui sotto.

(b.) Esponenziali immaginari discreti

Sono i segnali della formax(n) = Cejω0n

dove C ∈ C. Se C = Aejφ allora

x(n) = A[cos(ω0n+ φ) + j sin(ω0n+ φ)]

Essendo somma di due sinusoidi di pulsazione comune, la condizione per la periodicitadell’esponenziale immaginario e la medesima gia vista per le sinusoidi discrete. Il periodofondamentale e N se per qualche k ∈ N

ω0

2π=

k

N

28

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Esercizio. Calcolare la potenza media in un periodo di x(n) = Cejω0n.

Confronto tra sinusoidi (o esponenziali immaginari) discreti e continui

x(t) = ejωt, cosωt

• Sono periodici, in t, per ogni ω ∈ R

• Valori di ω diversi producono segnali diversi

x(n) = ejωn, cosωn

• Sono periodici, in n, solo se ω2π ∈ Q

• Valori di ω che differiscono per multipli di 2π producono lo stesso segnale

In altri termini ejωn e periodico in ω di periodo 2π, il che significa che, mentre a tempocontinuo le sinusoidi (o equivalentemente gli esponenziali immaginari) possono esibire qua-lunque pulsazione in [0,∞), a tempo discreto le pulsazioni possibili sono limitate a [0, 2π).In termini di frequenza f = ω

2π , l’intervallo delle frequenze continue e [0,∞), mentre quellodelle frequenze discrete e [0, 1).

Qual e la pulsazione (ovvero la frequenza) piu alta a tempo discreto? Un attimo diriflessione vi convincera che

cosπn = (−1)n

e il segnale piu veloce del West, ovvero ωmax = π, oppure fmax = 12 .

5.4 Segnali periodici – complementi

(a.) Ripetizione periodica di un segnale

Qualunque sia il segnale x(t) se ne puo costruire una versione periodica xp(t), di assegnatoperiodo T , definendo

xp(t) := repT (x(t)) :=∞∑

k=−∞x(t− kT )

Vale lo stesso per i segnali discreti, se x(n) e un qualunque segnale discreto se ne puocostruire una versione periodica di periodo N assegnato definendo

xp(n) := repN (x(t)) :=

∞∑k=−∞

x(n− kN)

Si tenga presente che non necessariamente le serie che definiscono la ripetizione periodicasono convergenti. L’esistenza dei segnali repT (x(t)) o repN (x(n)) andra stabilita volta pervolta.

Esempio 1. Si consideri il segnale continuo

x(t) =

(1− 2

L|t|)

rect

(t

L

)29

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e se ne consideri la ripetizione periodica repT (x(t)). I grafici illustrano il segnale e lasua ripetizione periodica distinguendo i casi T ≥ L, L

2 ≤ T ≤ L e T = L2 . Il caso

0 ≤ T ≤ L2 e analogo. Si osservi che in questo esempio la convergenza della serie che

definisce repT (x(t)) e garantita per ogni t ∈ R poiche per ogni t la serie contiene solo unnumero finito di addendi.

1

-L/2 L/2

x(t)

1

-L/2 L/2 T

repT(x(t))

t

t-T

T>L

1

T

repT(x(t))

t-T

L/2 <T<L

1

T t

T=L/2repT(x(t))

Esempio 2. Si consideri il segnale continuo

x(t) = e−t u(t)

e se ne calcoli la ripetizione periodica repT (x(t)), dove T > 0 e dato. E sufficiente calcolarela ripetizione periodica per ogni t in un periodo, ad esempio per t ∈ [0, T ]. Si noti che,fissato t ∈ [0, T ], la serie che definisce repT (x(t)) contiene infinite addendi. Specificata-mente, tutte le traslazioni x(t− kT ) con k ≤ 0 sono positive in t, mentre quelle con k > 0sono tutte nulle in t. Tenendo a mente quanto sopra si ha che

repT (x(t)) :=∞∑

k=−∞x(t− kT ) =

∞∑k=−∞

e−(t−kT ) u(t− kT )

=0∑

k=−∞e−(t−kT ) = e−t

0∑k=−∞

ekT = e−t∞∑k=0

e−kT

=e−t

1− e−T

30

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Nota bene. In figura sono rappresentate le traslazioni x(t− kT ) con k ≤ 1.

t

x(t)

tTt

repT(x(t))

(b.) Funzioni periodiche di segnali periodici

Ne abbiamo gia visto un esempio. Il segnale ejωt = cosωt + j sinωt e somma di duesegnali periodici, di periodo comune T = 2π

ω , ed e anche esso periodico di periodo T . Piuin generale vale il seguente risultato.

Lemma 5.6. Se x1(t) e x2(t) sono periodici, di periodi rispettivamente T1 e T2, e se

T1T2∈ Q, diciamo

T1T2

=h

k,

allora, per ogni funzione di due variabile g(x1, x2), il segnale

x(t) = g(x1(t), x2(t)

)e periodico, e

T = kT1 = hT2

ne e un periodo.

Dimostrazione. Banale (significa: fatela da soli, potrebbe essere un esercizio d’esame).

Osservazioni

(a.) Segnali che si ottengono come funzioni di due o piu segnali sono ad esempio z(t) =x1(t) + x2(t), z(t) =

∑k xk(t), z(t) = x1(t)x2(t) ecc.

(b.) Se x1(n) ed x2(n) sono segnali discreti allora la condizione T1T2∈ Q e sempre

soddisfatta.

(c.) Nel caso, molto importante, della somma z(t) = x1(t) + x2(t) si puo dimostrare,sotto modeste condizioni di regolarita aggiuntive, un risultato estremamente piu forte delLemma precedente. Si veda la nota del prof. Mariconda sulla pagina moodle del corso.

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Esempio. x(t) = cosπt+ 12 sin 3

2πt

Il segnale x(t) e somma di due segnali periodici, di periodi rispettivamente T1 = 2ππ = 2 e

T2 = 2π32π

= 43 in rapporto razionale, ed e quindi periodico, di periodo fondamentale T = 4.

Nella figura qui sotto e tracciato il grafico del segnale x(t)

E interessante osservare che, in questo esempio, il periodo di x(t) e strettamente maggioredel maggiore dei periodi delle sinusoidi che lo compongono.

Il terzo suono di Tartini. E abbastanza intuitivo che la somma di segnali periodici i cuiperiodi sono in rapporto razionale sia periodico, di periodo generalmente maggiore delpiu grande dei periodi degli addendi. Benche matematicamente quasi banali questi esem-pi diventano molto interessanti quando se ne considera il significato fisico, in particolarenell’acustica musicale. Ricordiamo che in acustica e piu comune far riferimento alla fre-quenza di un segnale sinusoidale, anziche al periodo o alla pulsazione. Un segnale analogoa quello dell’esempio qui sopra e x(t) = cos(2π · 100 · t) + 1

2 sin(2π · 150 · t), somma didue sinusoidi di frequenze rispettivamente f1 =100 Hz ed f2 =150 Hz. Il periodo fonda-mentale di x(t) e T = 1

50 , cui corrisponde la frequenza fondamentale f0 = 50 Hz. Piu ingenerale, sommando due sinusoidi di frequenze f e 3

2f , si ottiene un segnale a frequenzaf2 . In termini musicali, un accordo di quinta (due note suonate contemporaneamente, lecui frequenze sono in rapporto 3

2 , ad esempio un DO e il corrispondente SOL nella stessascala) produce anche un suono un’ottava sotto la piu grave delle due note, questo e ilcosiddetto terzo suono di Tartini. Tutto questo continua a valere anche per altri intervallimusicali. Nell’arte organaria quest’osservazione e stata sfruttata per economizzare nellacostruzione dei costosi strumenti.

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Lezione 6 (Lunedı 14 ottobre, 14:15–16:15)

6.1 Introduzione alla δ di Dirac – prima parte

La δ (delta) di Dirac e uno strumento matematico di grande utilita nello studio di segnalie di sistemi. In questa nota ci limitiamo ad introdurne euristicamente la definizione e afornire le conoscenze operative necessarie. Rimandiamo chi desidera approfondire l’argo-mento ai testi di Matematica. Nella letteratura ingegneristica la δ di Dirac e anche notacome: funzione delta, funzione impulsiva, impulso ideale.

Funzionali lineari

Dal punto di vista astratto la delta di Dirac e un funzionale lineare su uno spazio vettorialedi segnali. In questo paragrafo richiamiamo il concetto di funzionale lineare. Sia V e unospazio vettoriale su R (o piu in generale su C). Un funzionale lineare e una trasformazione

L : V → R, v 7→ L(v)

tale che, per ogni α, β ∈ R e v1, v2 ∈ V

L(αv1 + βv2) = αL(v1) + βL(v2)

Un funzionale lineare e dunque un caso particolare di trasformazione lineare che ha perinsieme dei valori R (oppure C nel caso in cui V e uno spazio vettoriale su C).

Esempi di funzionali lineari

Esempio 1. Sia V = Rn e sia w ∈ Rn un vettore fissato. Si consideri il funzionale

Lw(v) := 〈w, v〉 =n∑k=1

wkvk

(la notazione Lw mette in evidenza il vettore w, che pero e fissato) e immediato riconoscereche Lw e un funzionale lineare, infatti esso assume valori reali inoltre, per ogni α, β ∈ R eper ogni v1 = (v11. . . . v1n)> e v2 = (v21. . . . v2n)>

Lw(αv1 + βv2) = 〈w,αv1 + βv2〉 =n∑k=1

wk(αv1k + βv2k)

= αn∑k=1

wkv1k + βn∑k=1

wkv2k

= αLw(v1) + βLw(v2)

Esercizio proposto. Dimostrare, limitandosi al caso n = 2 cioe V = R2, che se ||w|| =√〈w,w〉 =

√∑w2k = 1, il funzionale lineare Lw(v) := 〈w, v〉 si interpreta geometricamen-

te come lunghezza della proiezione ortogonale di v su w.

Esempio 1bis. Nel caso particolare in cui w = e1 = (1, 0 . . . , 0)> (il primo elemento dellabase naturale di Rn) il funzionale lineare dell’esempio precedente diventa

L1(v) := 〈e1, v〉 = v1

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ovvero L1(v) seleziona la prima componente del vettore v. Analogamente si definisce ilfunzionale lineare Lk(v) := 〈ek, v〉 = vk che seleziona la componente k-esima di v, perk = 1, 2, . . . n.

Esempio 2. Sia V = C(R), l’insieme dei segnali a tempo continuo che sono funzionicontinue su R. E facile verificare che C(R) e uno spazio vettoriale su R. Sia g(·) ∈ C(R)e si consideri il funzionale che mappa x(·) ∈ C(R) nel numero reale

Lg(x(·)) :=

∫ ∞−∞

g(t)x(t) dt

(per essere perfettamente rigorosi si devono porre condizioni su g ed x che garantiscono laconvergenza dell’integrale generalizzato) E facile verificare che Lg e un funzionale lineareapplicando le note proprieta di linearita dell’integrale di Riemann.

Esempio 3. Sia V = C(R) e si consideri il funzionale

L(x(·)) := x(0)

detto funzionale di campionamento di x(·). Dell’intero segnale x(·) il funzionale di cam-pionamento seleziona il valore nell’origine x(0). E banale verificare che L e un funzionalelineare: (αx1 + βx2)(0) = αx1(0) + βx2(0).

E di notevole interesse teorico e pratico riuscire a determinare una rappresentazione in-tegrale per il funzionale di campionamento. Una possibilita e rappresentare L(x(·)) comenell’esempio 2, per un’opportuna funzione g(·), ovvero tale che

L(x(·)) = x(0) =

∫ ∞−∞

g(t)x(t) dt, per ogni x(·) ∈ C(R) (4)

Purtroppo questo tentativo e destinato a fallire infatti, scegliendo ad esempio2 x(t) =g(t)χ[a,b](t), dove 0 < a ≤ b si ricava∫ ∞

−∞g(t)x(t) dt =

∫ b

ag(t)2 dt = x(0) = 0, per ogni 0 < a ≤ b

ovvero g(t) = 0 per ogni t > 0. Analogamente si dimostra (scegliendo x(t) = g(t)χ[a,b](t),dove a ≤ b < 0) che g(t) = 0 per ogni t < 0. Se g(·) e una funzione nulla per ogni t 6= 0l’integrale di Riemann in (4) e nullo qualunque sia x(·) e quindi esso non costituisce unavalida rappresentazione del funzionale L(x(·)) = x(0).

E possibile rappresentare il funzionale di campionamento con un opportuno integrale, maper poterlo fare rigorosamente si devono opportunamente generalizzare le nozioni di fun-zione e d’integrale. In questa lezione ci limitiamo a fornire una rappresentazione integraleapprossimata e ad indicare euristicamente come si opera con la rappresentazione integraleesatta.

δ di Dirac

Come abbiamo appena visto se si tenta di determinare i valori puntuali della funzione g(·)nell’equazione (4) (cioe i valori g(t) per ogni t ∈ R) non si arriva ad una rappresentazione

2Con la notazione χ[a,b](t) denotiamo la funzione indicatrice dell’intevallo [a, b], ovvero la funzione chevale 1 per t ∈ [a, b] ed e nulla altrove. Alternativamente χ[a,b](t) = u(t− a)− u(t− b).

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integrale valida. Quello che faremo sara allora di definire una funzione generalizzata δ(·),detta δ di Dirac, specificandone non i valori δ(t) per t ∈ R bensı i valori di una classe diintegrali.

Definizione 6.9. (delta di Dirac) La funzione generalizzata δ(t) e tale che, per ognisegnale x(·) ∈ C(R), ∫ ∞

−∞δ(τ)x(τ) dτ = x(0) (5)

In molti testi ingegneristici ci si riferisce alla (5) come proprieta rivelatrice o di campio-namento della δ(t), nel senso che sotto il segno d’integrale la δ rivela (campiona) il valorenell’origine di x(·). In realta la (5) non e una proprieta bensı la definizione di δ(t).Rimandando ai testi di Analisi per una trattazione esauriente ci limitiamo qui sotto achiarire qual e il senso intuitivo della condizione (5).

Per dare un’interpretazione intuitiva alla (5) cominciamo con il definire, per ogni T > 0,l’impulso rettangolare

rT (t) :=1

Trect

(t

T

)=

1

T

(u

(t+

T

2

)− u

(t− T

2

)). (6)

Si tracci il grafico di rT (t) e si osservi che l’area∫∞−∞ rT (t) dt = 1 per ogni T > 0.

Utilizzando rT (t) si definisca il funzionale lineare

LT (x(·)) :=

∫ ∞−∞

rT (τ)x(τ)dτ =1

T

∫ T2

−T2

x(τ) dτ.

Vediamo ora in che senso, quando T → 0, il funzionale LT e una buona approssimazionedel campionamento. Ricordiamo che, per il teorema del valore medio integrale, se x(·) econtinua in un intorno dell’origine,

1

T

∫ T2

−T2

x(τ)dτ = x(t)

per qualche t ∈[−T

2 ,T2

]. Prendendo il limite per T → 0 si ha che t→ 0, vale quindi

limT→0

LT(x(·)

)= lim

T→0

∫ ∞−∞

rT (τ)x(τ) dτ = x(0) (7)

Dal punto di vista pratico l’equazione (7) e molto importante: essa fornisce una rappre-sentazione integrale approssimata del funzionale di campionamento. Piu piccolo si riescea realizzare T migliore e l’approssimazione.

Scambiando limite ed integrale nell’equazione (7) (nella teoria rigorosa questo non si puofare senza precauzioni) si ottiene∫ ∞

−∞

[limT→0

rT (τ)

]x(τ) dτ = x(0)

e dunque formalmente identifichiamo δ(t) ”=” limT→0 rT (τ). Questa espressione porta,sempre formalmente, a valori puntuali per δ(t), ovvero

δ(t) = limT→0

rT (t) =

{0, se t 6= 0∞, se t = 0

(8)

35

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Questi valori puntuali sono privi di significato, ma in virtu della (7) si puo considerarel’impulso rettangolare rT (t), con T piccolo, un’approssimazione di δ(t).

Proprieta di δ(t) e regole di calcolo

La lista non e esaustiva, ma tutti i punti menzionati sono utili in pratica.

(a.) Normalizzazione

Ponendo x(t) = 1 (funzione costante) nell’equazione (5) si ha∫ ∞−∞

δ(τ)dτ = 1 (9)

ovvero l’area sotto la δ vale 1. Questa proprieta vale anche per rT , qualunque sia T , e siconserva al limite. Si osservi che e valida anche la∫ b

aδ(τ)dτ = 1

se a < 0 < b. Per dimostrarlo e sufficiente prendere x(t) = χ[a,b](t) nell’equazione (5).

(b.) Parita dell’impulso

La delta di Dirac e una funzione generalizzata pari,

δ(−t) = δ(t) (10)

Poiche il valore puntuale della delta non e significativo, per verificare questa identita sidevono confrontare i valori degli integrali nella (5). Vale∫ ∞

−∞δ(−τ)x(τ)dτ =

∫ ∞−∞

δ(τ ′)x(−τ ′)dτ ′ = x(0),

dove, nella prima uguaglianza abbiamo effettuato il cambio di variabile τ ′ = −τ , quindiusato la definizione (5) osservando che x(−τ)|τ=0 = x(0). Nella (5) δ(τ) e δ(−τ) produconolo stesso risultato, possiamo dunque identificarle tra loro e considerare δ(t) un segnale pariδ(−t) = δ(t) Questo e anche evidente nel processo di approssimazione: gli impulsi rT (t)sono pari per ogni T .

(c.) Cambio scala

δ(at) =1

|a|δ(t) (11)

Dimostrazione. Si va a guardare come δ(at) si comporta sotto il segno d’integrale. Se a > 0∫δ(aτ)x(τ) dτ =

∫δ(τ ′)x

(τ ′

a

)1

adτ =

1

ax(0)

si completi la dimostrazione considerando il caso a < 0.

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(d.) Prodotti segnale × impulso

Sia f(t) una funzione continua nell’origine, allora

f(t) δ(t) = f(0) δ(t) (12)

Dimostrazione. Scriviamo la definizione (5): per ogni x(t)∫ ∞−∞

f(τ)δ(τ)x(τ)dτ = f(0)x(0), (13)

infatti il segnale su cui opera δ(t) e f(t)x(t) ed il valore rivelato sara dunque f(0)x(0).Ma questo e lo stesso risultato che si ottiene applicando f(0) δ(t), ovvero∫ ∞

−∞f(0)δ(τ)x(τ)dτ = f(0)x(0), (14)

Poiche f(t)δ(t) ed f(0)δ(t) hanno lo stesso comportamento integrale per tutti gli x(t)continui in t− 0, si conclude che sono identici.

Intuitivamente: nell’approssimazione, per T piccolo, f(t)rT (t) ≈ f(0)rT (t) poiche contasolo il valore dell’impulso rettangolare nell’intorno di t = 0.

Nota bene. Formule lievemente piu generali, che si dimostrano allo stesso modo, includono

f(t) δ(t+ β) = f(−β) δ(t+ β)

oppure la versione full-optional

f(t+ α) δ(t+ β) = f(α− β) δ(t+ β)

Esempi. cos t δ(t) = δ(t), sin t δ(t) = 0, ejπ2(t+1)δ(t) = jδ(t), ecc.

(e.) Rappresentazione grafica

L’impulso e spesso rappresentato con una freccia centrata nel punto di applicazione e dialtezza pari all’area dell’impulso stesso, ovvero Aδ(t+ β) e rappresentato con una frecciacentrata in t = −β e di altezza ∫

Aδ(τ + β) dτ = A

Attenzione. L’area A =∫Aδ(t) dt di un impulso di corrente i(t) = Aδ(t) ha dimensione

fisica Ampere× secondi = Coulomb, ecc.

Rappresentazione integrale dei segnali

Ricaviamo ora una rappresentazione dei segnali che sara fondamentale per lo studio deisistemi.

Riscrivendo la definizione (5) per il segnale g(t) := x(s− t) si ricava (la consuetudine vuoleche, in questo contesto, la variabile muta si chiami τ)∫ ∞

−∞δ(τ)g(τ) dτ = g(0)

37

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sostituendo a g la sua definizione ed osservando che g(0) = x(s) si ha∫ ∞−∞

δ(τ)x(s− τ)dτ = x(s)

La lettera s e stata introdotta per distinguere la traslazione dalla variabile indipendente.Tornando ad indicare con t la variabile indipendente e riordinando i termini∫ ∞

−∞δ(τ)x(t− τ) dτ = x(t) (15)

Questa rappresentazione integrale del segnale x(·) e di fondamentale importanza per ilseguito. Con la sostituzione di variabile t− τ = τ ′ si puo riscrivere l’ultimo integrale come∫ ∞

−∞δ(t− τ)x(τ) dτ = x(t) (16)

A partire dalla (5), le formule (15) e (16) sono state derivate con passaggi elementari,ma e di fondamentale importanza sviluppare un’intuizione che permetta di riconoscernela validita per semplice ispezione.

Nella (15) l’impulso rimane fermo nell’origine mentre il segnale e traslato e ribaltatosull’asse di integrazione τ in modo tale che nell’origine si presenti il valore x(t), infattix(t− τ)|τ=0 = x(t), e quindi il calcolo del valore medio nell’intervallino

[−T

2 ,T2

]dell’asse

τ fornisce x(t).

La formula (16) contiene la funzione δ centrata nel punto τ = t dell’asse di integrazione.Approssimando δ(t − τ) con rT (t − τ) (per T piccolo) il risultato della (16) e il valoremedio di x nell’intervallino

[t− T

2 , t+ T2

]dell’asse di integrazione τ che vale circa x(t),

come compare a destra della (16).

Le figure qui sotto, con x(t) = Ae−αtu(t), illustrano queste considerazioni: formula (15)figura a sinistra, formula (16) figura a destra.

Figura 1: Illustrazione delle formule (15) e (16)

38

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Rappresentazioni integrali dei segnali traslati

Le equazioni (15) e (16) ovviamente valgono anche se il segnale x(t) e soggetto a traslazionequindi, per ogni β ∈ R,∫ ∞

−∞δ(τ)x(t+ β − τ) dτ =

∫ ∞−∞

δ(t+ β − τ)x(τ) dτ = x(t+ β), (17)

6.2 Convoluzione

Le rappresentazioni integrali (15) e (16) sono casi particolari di una fondamentale opera-zione tra segnali.

Definizione 6.10. (convoluzione di segnali) Siano v(t) e w(t) segnali a tempo continuo.La convoluzione v ∗ w(·), e un segnale il cui valore al tempo t e

v ∗ w(t) :=

∫ ∞−∞

v(t− τ)w(τ) dτ,

quando l’integrale esiste.

Il segnale convoluzione si indica con v ∗w, o con v ∗w(·). Il valore della convoluzione v ∗wall’istante t si indica v ∗ w(t). Con l’usuale abuso di notazione si scrive spesso v(t) ∗ w(t)per indicare sia v ∗ w(·) che v ∗ w(t).

Proprieta elementari della convoluzione

Elenchiamo qui sotto alcune elementari proprieta della convoluzione, rimandando a piuavanti una discussione piu approfondita.

(a.) (esistenza) Se3 v, w ∈ L1(R) allora v ∗ w(t) e ben definito per ogni t ∈ R inoltrev ∗ w ∈ L1(R) con ||v ∗ w||1 ≤ ||v||1 ||w||1.

Dimostrazione. Osserviamo che

|v ∗ w(t)| =∣∣∣∣∫ ∞−∞

v(t− τ)w(τ) dτ

∣∣∣∣ ≤ ∫ ∞−∞|v(t− τ)| |w(τ)| dτ

integrando su R e ricordando il teorema di Fubini si ha∫ ∞−∞|v ∗ w(t)| dt ≤

∫ ∞−∞

∫ ∞−∞|v(t− τ)| |w(τ)| dτ dt

=

∫ ∞−∞|w(τ)|

[∫ ∞−∞|v(t− τ)| dt

]dτ

=

∫ ∞−∞|v(t− τ)| dt

∫ ∞−∞|w(τ)| dτ = ||v||1 ||w||1 <∞

3Ricordiamo che L1(R) := {x : R → C | ||x||1 :=∫∞−∞ |x(t)| dt < ∞}. L’insieme di segnali L1 e

uno spazio vettoriale, infatti se x1, x2 ∈ L1(R) allora, per la disuguaglianza triangolare, αx1 + βx2 ∈L1(R) per qualunque α, β ∈ C. Lo spazio L1 sara di fondamentale importanza piu avanti, nello studio diun’importante classe di sistemi.

39

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(b.) v ∗ w = w ∗ v (commutativa)

Dimostrazione. Con il cambio di variabile τ ′ = t− τ ,

w ∗ v(t) :=

∫ ∞−∞

w(t− τ)v(τ) dτ

=

∫ ∞−∞

w(τ ′)v(t− τ ′) dτ ′

= v ∗ w(t)

(c.) v ∗ (αw1 + βw2) = αv ∗ w1 + βv ∗ w2 (distributiva rispetto alla somma)

Dimostrazione. E una conseguenza dell’addittivita dell’integrale

v ∗ (αw1 + βw2)(t) :=

∫ ∞−∞

v(t− τ)(αw1(τ) + βw2(τ)

)dτ

= α

∫ ∞−∞

v(t− τ)w1(τ) dτ + β

∫ ∞−∞

v(t− τ)w2(τ) dτ

= αv ∗ w1(t) + βv ∗ w2(t)

(d.) v1 ∗ (v2 ∗ v3) = (v1 ∗ v2) ∗ v3 (associativa)

Dimostrazione. Omessa (e una manipolazione algebrica non particolarmente istruttiva).

(e.) v(t) ∗ δ(t) = δ(t) ∗ v(t) = v(t)

Dimostrazione. v(t) ∗ δ(t) = v(t) e δ(t) ∗ v(t) = v(t) sono rispettivamente l’equazione (15)e (16) dimostrate la scorsa lezione.

Osservazione. Alla luce di queste proprieta non sorprende che in letteratura la convoluzionesia spesso chiamata prodotto di convoluzione. In effetti tutte le proprieta elencate sonotipiche del prodotto in Z. In questo senso la (e.) dice che la δ di Dirac e l’elemento neutrodel prodotto di convoluzione.

Nella notazione qui introdotta l’equazione (17) si scrive

δ(t+ β) ∗ x(t) = δ(t) ∗ x(t+ β) = x(t+ β)

Esempio. (rappresentazione della ripetizione periodica)

Si osservi che, per ogni k ∈ Z,

δ(t− kT ) ∗ x(t) = x(t− kT )

Questo fornisce una rappresentazione alternativa per la ripetizione periodica di un segnale.

repT (x(t)) :=∞∑

k=−∞x(t− kT )

=

∞∑k=−∞

δ(t− kT ) ∗ x(t) =[ ∞∑k=−∞

δ(t− kT )]∗ x(t),

ovvero la ripetizione periodica repT (x(t)) del segnale x(·) si ottiene per prodotto di con-voluzione del segnale con il treno d’impulsi

∞∑k=−∞

δ(t− kT ).

40

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Lezione 7 (Martedı 15 ottobre, 16:15–18:15)

7.1 Relazione tra delta di Dirac e gradino unitario

Nella teoria rigorosa il risultato di questo paragrafo va opportunamente enunciato e dimo-strato. Quella che segue e solo una presentazione euristica. La rappresentazione integraledel gradino unitario e ∫ ∞

−∞δ(τ)u(t− τ)dτ = u(t), (18)

Poiche u(t− τ) = 1 nell’intervallo (−∞, t) e 0 altrove la (18) si riscrive∫ t

−∞δ(τ)dτ = u(t).

Applicando formalmente la regola di differenziazione sotto il segno di integrale (teoremadi Torricelli-Barrow) si ottiene

d

dtu(t) = δ(t)

La δ(t) e la derivata generalizzata del gradino unitario. Un modo euristico alternativo perpresentare questo risultato e di interpretare l’equazione (8) come derivata

δ(t) = limT→0

rT (t) = limT→0

u(t+ T

2

)− u

(t− T

2

)T

=d

dtu(t)

dove, per il calcolo della derivata in t, a numeratore si prende l’incremento simmetrica-mente rispetto a t. Avevo tracciato alla lavagna la figura qui sotto per illustrare come illegame tra le approssimazioni del gradino e dell’impulso si mantenga per T → 0.

6

- -

6

6

-

6

-

6

uT (t) u(t)

rT (t)δ(t)

-

-

? ?

limT→0

limT→0

ddt

ddt

Derivata generalizzata dei segnali con discontinuita a salto

Saremo spesso interessati a scrivere la derivata generalizzata di segnali contenenti discon-tinuita a salto. Sia x(t) un segnale differenziabile ovunque tranne che in un numero finitodi punti dove presenta discontinuita di prima specie, cioe punti ts per i quali x(ts+) e

41

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x(ts−) esistono, ma x(ts+) 6= x(ts−) (salti). Se t e un punto di differenziabilita, in t la de-rivata usuale e quella generalizzata esistono e coincidono. Se ts e un punto di salto, in ts laderivata usuale non esiste, mentre la derivata generalizzata vale

(x(ts+)−x(ts−)

)δ(t−ts).

Esempio 1. Sia x(t) = (t + 1)u(1 − t). La derivata usuale esiste ovunque, tranne nelpunto di salto ts = 1. Per il calcolo analitico della derivata si usano le regole del calcolodifferenziale, ricordando che d

dt u(t) = δ(t).

d

dtx(t) = 1 · u(1− t) + (t+ 1)δ(1− t) · (−1) = u(1− t)− 2δ(t− 1)

dove abbiamo anche fatto uso della parita di δ e della regola f(t) δ(t− β) = f(β) δ(t− β).

Esempio 2. Ispezionando il grafico del segnale x(t) riportato qui sotto, tracciare il graficodella derivata generalizzata d

dtx(t). Scrivere le espressioni analitiche di x(t) e della derivata.

-

6

6

-

6

?

6

?

.5

1

1.5

2

.5

1

-.5

-1

-1.5

-2

.5 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

.5 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

x(t)

ddtx(t)

Rimane da discutere il calcolo della derivata di δ(t), che nei vecchi libri di ControlliAutomatici in italiano e chiamata doppietto. Questo argomento sara presentato quandone avremo necessita. Si deve invece tenere presente che e priva di significato, anche inteorie piu avanzate, l’espressione δ2(t), quindi il calcolo dellenergia di δ(t) non ha senso.Ha invece senso il calcolo dell’energia di rT (t) che vale...

7.2 L’impulso discreto δ(n)

La teoria dell’impulso discreto e elementare. Seguendo l’approccio dei funzionali lineari,si consideri il funzionale di campionamento discreto L, definito sull’insieme dei segnali atempo discreto x(·) : Z→ C, come segue

x(·) 7→ L(x(·)) := x(0)

42

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Cerchiamo una rappresentazione del funzionale L della forma4

L(x(·)) = x(0) =∞∑

k=−∞δ(n)x(n) (19)

dove δ(n) e un opportuno segnale che rende l’equazione (19) vera qualunque sia x(·). Ebanale concludere che l’unico segnale δ(n) che soddisfa le condizioni (19) e

δ(n) :=

{1, se n = 0,0, se n 6= 0.

Il segnale δ(n) e detto impulso discreto. Procedendo come nella precedente lezione, oppureper via diretta, con il vantaggio che, nel caso discreto tutto e semplice e perfettamenterigoroso, si trova l’analogo della rappresentazione integrale dei segnali:

∞∑k=−∞

x(n− k)δ(k) =∞∑

k=−∞x(k)δ(n− k) = x(n), per ogni n ∈ Z.

Il legame tra impulso discreto e gradino unitario discreto e fornito dalla

n∑k=−∞

δ(k) = u(n)

ed infineδ(n) = u(n)− u(n− 1)

dove l’ultima espressione e l’analogo discreto (differenza prima) della derivazione. La δdiscreta e la differenza prima del gradino discreto.

7.3 Introduzione alla classificazione dei sistemi

Un sistema (vedi Lezione 3) e una mappa Σ : X → Y, che ha per dominio e codominioinsiemi di segnali (segnali di ingresso e di uscita rispettivamente). Nella Lezione 3 ab-biamo visto il primo esempio non banale di sistema: la trasformazione lineare del tempoche mappa x(t) 7→ Σ(x(t)) = x(αt + β). In quell’esempio l’uscita y(·), corrispondenteall’ingresso x(·), si calcola esplicitamente in funzione dei coefficienti α e β e di x(·).

In questa Lezione (a.) diamo qualche esempio dalla fisica per evidenziare le difficoltache si incontrano nella costruzione della mappa Σ, che non sempre ha forma esplicita, (b.)introduciamo le interconnessioni elementari di sistemi, (c.) iniziamo la classificazione deisistemi in accordo alle loro proprieta generali.

Esempi di sistemi descritti in forma implicita

(a.) Sistema meccanico – massa-molla-smorzatore con forza esterna applicata

Si consideri il sistema meccanico rappresentato in figura.

4Questa forma e l’analogo della rappresentazione integrale nel caso discreto: in generale, invece di∫g(t)x(t) dt si ha

∑g(n)x(n).

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ck

m

6y?

x(t)

Ricordando che la forza esercitata dalla molla e Fe(t) = −ky(t) (proporzionale all’elonga-zione), e che quella opposta dall’ammortizzatore viscoso e Fa(t) = −cdydt (proporzionalealla velocita), detta x(t) := Fext(t) la forza esterna applicata (ad esempio variazioni di

carico), ed y(t) l’elongazione della molla, la forza legge di Newton md2ydt2

=∑

i Forzai(t)fornisce l’equazione del moto

md2y

dt2+ c

dy

dt+ ky(t) = x(t)

Si noti che questo e il modello matematico (semplificato) dell’ammortizzatore di una motoo di un’auto.

(b.) Sistema elettrico – circuito RLC serie con sorgente di tensione

Si consideri il circuito in figura,

R C L

i+− x(t) = e(t)L

?

y(t)

dove prendiamo come ingresso x(t) = e(t)L , la tensione del generatore divisa per L, e come

uscita y(t), la corrente nel circuito. Detti α = R2L (costante di smorzamento) ed ωo = 1√

LC

(pulsazione di risonanza) i parametri circuitali, l’equazione che descrive y(t) in termini dix(t) e dei parametri e

d2y

dt2+ 2α

dy

dt+ ω2

0y(t) =dx

dt

Si tenga presente che la scelta delle tensioni e/o delle correnti da considerare come segnalid’ingresso e di uscita del sistema e in larga misura arbitraria. La scelta piu ovvia, che peronon e ne obbligata ne unica, e di considerare come ingresso un segnale su cui si puo agiredirettamente: in questo esempio il segnale del generatore di tensione. La scelta piu ovviadell’uscita ricade su segnali il cui andamento si vuole monitorare o controllare agendoopportunamente sull’ingresso: per l’esempio la corrente circolante.

(c.) Sistema economico – il vostro conto corrente bancario

L’ingresso del sistema e x(n), la somma dei depositi sul vostro conto, effettuati duranteil mese n, cui viene sottratta la somma dei prelievi effettuati durante lo stesso mese n.L’uscita del sistema e y(n), il saldo del vostro conto corrente il primo giorno del mesecorrente n. La banca vi paga un interesse composto discontinuo convertibile nominaledell’α% annuo. In prosa questo significa che gli interessi maturano, ad esempio, 12 voltel’anno (una volta al mese) e che il tasso mensile e dell’ α12%. Quindi se depositate 1 euro per

1 anno alla fine dell’anno riceverete(1 + α

12

)12euro. Se invece tenete in deposito 1 euro

44

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per k mesi alla fine del periodo riceverete(1 + α

12

)keuro. Il saldo all’inizio del prossimo

mese sara allora dato dall’equazione alle differenze

y(n+ 1) =(

1 +α

12

)y(n) + x(n)

Si noti che in ognuno degli esempi visti sopra la relazione ingresso/uscita imposta dalsistema Σ e ricavata utilizzando la fisica dei fenomeni in gioco. In tutti e tre i casi vistisopra, e in moltissimi altri, la fisica fornisce un modello matematico della relazione ingres-so/uscita sotto forma di un’equazione differenziale (alle differenze nel caso discreto). Nelleequazioni differenziali al variare dell’ingresso x(·) varia l’uscita y(·), ma la relazione tra idue segnali ımplicita. Per esplicitare la relazione si deve risolvere l’equazione differenziale,con gli usuali metodi, considerando x(·) come termine noto ed y(·) come funzione inco-gnita. E uno degli obiettivi del corso costruire rappresentazioni esplicite della relazioneingresso/uscita, alternative all’equazione differenziale o alle differenze.

7.4 Interconnessioni di sistemi

Connettere sistemi semplici per creare sistemi piu complessi e uno dei tipici modi in cuiprocede l’ingegnere.

(a.) Cascata

Σ1 Σ2

x(t) w(t) y(t)

Σ

Nella connessione in cascata l’uscita di Σ1 e l’ingresso di Σ2. Detta w(t) l’uscita di Σ1, larelazione ingresso/uscita e

y(t) = Σ(x(t))

= Σ2(w(t)) = Σ2

(Σ1

(x(t)

))La cascata e detta anche connessione in serie. In matematica la cascata di sistemi e lacomposizione di operatori.

Attenzione. La cascata di sistemi non e necessariamente commutativa. In generale Σ1Σ2 6=Σ2Σ1. Abbiamo gia visto (vedi Lezione 3) che UβSα 6= SαUβ.

Esercizio proposto. Si consideri il sistema

x(t) 7→ y(t) = Σ(x(t)) := 2x(2t).

Indichiamo con Σn la cascata Σ . . .Σ di n copie identiche del sistema Σ. Calcolare euri-sticamente l’uscita che si ottiene applicando x(t) = rect(t) all’ingresso della cascata Σn,ovvero

limn→∞

Σn(rect(t)

).

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(b.) Parallelo

m+Σ1

Σ2

x(t)

x(t)

x(t)

y1(t)

y2(t)

y(t)

Σ

Questo e banaley(t) = Σ(x(t)) = Σ1(x(t)) + Σ2(x(t))

In matematica il parallelo Σ e la somma degli operatori, Σ = Σ1 + Σ2

(c.) Feedback

Fondamentale, ma dovrete pazientare fino al corso di controlli.

7.5 Classificazione dei sistemi – parte prima

(a.) Sistemi staticiUn sistema e statico se il valore del segnale d’uscita y(·) all’istante t dipende al piu

da t e dal valore dell’ingresso x(·) al medesimo istante t, ma non dipende dai valori x(τ)per τ 6= t. La condizione deve valere per ogni t. La stessa definizione vale per i sistemidiscreti, sostituendo n a t.

Un po’ piu formalmente: il sistema Σ e statico se esiste una funzione di due variabilif(t, x) tale che

y(t) = Σ(x(·)

)= f(t, x(t)), per ogni t

Un sistema statico sono anche detto algebrico, oppure istantaneo, oppure senza memoria.Ognuno di questi termini suggerisce una naturale proprieta associata al sistema statico.

Esempio. y(t) = (t+ 1)x(t)

Controesempio. y(t) = t x(t+ 1).

Esempio fisico. Rete elettrica contenente solo resistenze ideali e generatori, ingresso euscita sono entrambe una tensione o una corrente della rete. In queste condizioni ilsistema e istantaneo y(t) = Σ(x(t)) = f(x(t)).

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(b.) Sistemi dinamici

Un sistema non statico e dinamico. Il valore dell’uscita y(·) all’istante t dipende daalmeno un valore x(τ) dell’ingresso x(·), per qualche τ 6= t. Un sistema dinamico e anchedetto sistema con memoria.

Attenzione. La locuzione sistema con memoria e fuorviante se, come si fa nell’uso comune,si intende con memoria l’influenza che il passato esercita sul presente. Nel contesto deisistemi dinamici, se t e il presente allora la semiretta (−∞, t) e il passato, e (t,∞) il futuro.La memoria di un sistema dinamico puo riferirsi alla dipendenza dell’uscita presente, y(t),dal solo passato, dal solo futuro, o da una mistura di passato e futuro del segnale diingresso.

Esempi dei tre tipi. Sia T > 0 dato, allora il sistema y(t) = UT (x(t)) = x(t− T ) dipendedal solo passato, y(t) = U−T (x(t)) = x(t + T ), dipende dal solo futuro, y(t) = 1

2(UT +U−T )(x(t)) = 1

2(x(t− T ) + x(t+ T )) dipende sia dal passato che dal futuro.

Osservazione. In un sistema fisico l’uscita puo dipendere istantaneamente dall’ingressooppure esibire una dipendenza dall’andamento passato dell’ingresso, ma non puo dipenderedal futuro. La dipendenza di y(t) dal passato di x(·) e tipicamente dovuta alla presenzanel sistema di componenti che hanno immagazzinato o rilasciato energia durante il suofunzionamento, ad esempio i condensatori e gli induttori nel caso di una rete elettrica.

I sistemi dinamici che dipendono dal futuro oppure da una mistura di passato e futuro,benche non fisicamente realizzabili, sono comunque di interesse pratico potendo esseresimulati su un calcolatore. L’intera traiettoria dell’ingresso x(·) puo essere registrata suun banco di memoria e con un codice di calcolo si puo calcolare y(t) con operazioni checoinvolgono l’intera traiettoria x(·).

Esempi di sistemi con dipendenza da una mistura di passato e futuro sono forniti daglialgoritmi di denoising delle vecchie registrazioni audio su nastro magnetico. Le bobinedi nastro magnetico tendono a manifestare il cosiddetto effetto copia: la magnetizzazionein un punto del nastro influenza, ed e influenzata, da quella negli strati di nastro adia-centi. L’uscita dell’algoritmo, y(t), il segnale ripulito, viene calcolato utilizzando l’interatraiettoria del segnale d’ingresso, x(·), l’originale contenuto sul nastro magnetico.

Un esotico esempio di sistema che dipende dal solo futuro e offerto dagli algoritmid’integrazione all’indietro delle equazioni del moto del sistema Sole-Terra-Luna per la de-terminazione delle date delle eclissi del passato. E questo uno dei metodi per la sincroniz-zazione delle antiche cronache, scritte in luoghi diversi, che coprono periodi parzialmentesovrapponentisi, ma senza datazione certa, e che solitamente riportano eventi astronomicieclatanti come eclissi e passaggi di comete.

(b.1) Sistemi dinamici causali

y(t) = Σ[x(·)] = f({x(τ), τ ∈ (−∞, t]}) per ogni t

Esempi. y(t) = (t+ 1)x(t− 1), y(t) =∫ t0 x(τ) dτ

Controesempio. y(t) = (t− 1)x(t+ 1).

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(b.2) Sistemi dinamici anticausali

y(t) = Σ[x(·)] = f({x(τ), τ ∈ [t,∞)}), per ogni t

Esempi. y(t) = (t− 1)x(t+ 1), y(t) =∫ Tt x(τ) dτ

Controesempio. y(t) = (t+ 1)x(t− 1).

Esempi critici di sistemi dinamici

I due esempi che seguono illustrano situazioni critiche che inducono in errore.

Esempio 1. y(n) = x(−n)

Questo e un sistema dinamico, ma non e ne causale ne anticausale, infatti per n > 0l’uscita dipende dal passato dell’ingresso, mentre per n < 0 l’uscita dipende dal futurodell’ingresso. Rispondere che il sistema e causale per n > 0 ed anticausale per n < 0 none corretto, poiche nelle definizioni di causalita e di anticausalita la condizione deve valereper ogni n.

Esempio 2. y(t) = dxdt , dove X = C1(R), segnali differenziabili.

Esistono sistemi dinamici contemporaneamente causali e anticausali. Quello qui sopra eil classico esempio. Questo e per ora solo un fatto curioso, ma assumera rilievo quandoaffronteremo la costruzione dei sistemi dinamici che rappresentano una data equazionedifferenziale. Vedremo che ad ogni equazioni differenziale sono associabili diversi sistemidinamici, di cui uno e causale, ed uno anticausale.

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Lezione 8 (Mercoledı 16 ottobre, 16:15–18:15)

8.1 Classificazione dei sistemi – parte seconda

(c.) Sistemi BIBO stabili

Un dispositivo elettrico o meccanico deve spesso rimanere in esercizio per periodi pro-lungati e con condizioni di carico che variano in modo solo parzialmente prevedibile. Undispositivo in grado di funzionare con regolarita in tali condizioni e genericamente dettostabile. La traduzione matematica di questa nozione intuitiva richiede l’introduzione diuna precisa definizione di stabilita di un sistema Σ. Per ricalcare quanto detto in terminifisici si potrebbe, ad esempio, richiedere che l’uscita y(t) = Σ(x(t)) sia ben definita, pert arbitrariamente grande, qualunque sia l’ingresso x(t). E presto visto che tale nozione,pure sensata matematicamente, non sarebbe fisicamente utile. Senza vincoli di sorta sulsegnale d’ingresso i normali dispositivi fisici possono andare rapidamente in avaria. E piuragionevole includere nella definizione un vincolo sui possibili ingressi. Quello che la de-finizione matematica deve catturare e l’idea che il sistema funziona regolarmente a lungotermine qualunque sia l’ingresso in una certa classe d’ingressi accettabili. Siamo ora prontiper l’introduzione della nozione di sistema BIBO stabile.

Definizione 8.11. (segnale limitato) Il segnale z(·) : R→ C e limitato se esiste Mz ∈ Rtale che

|z(t)| ≤Mz <∞, per ogni t ∈ R,

Nota bene. La precedente definizione e equivalente a Mz := supt∈R |z(t)| <∞.

Abbiamo aggiunto il pedice z ad Mz per ricordare la dipendenza della costante dal segnalez(·) che si sta considerando. Il segnale z(t) e limitato se e solo se il grafico di |z(·)| econtenuto nella striscia di piano di ampiezza Mz intorno all’origine, −Mz ≤ |z(t) ≤ Mz

per ogni t ∈ R6

-

t

|z(t)|

Mz

−Mz

Esempio 1. Il segnale z(t) = cos(t) e limitato, con Mz = 1.

Esempio 2. Il segnale z(t) = 3ejωt e limitato con Mz = 3.

Esempio 3. Il segnale z(t) = tan(t) non e limitato, infatti in prossimita di t = π2 il segnale

oscilla tra ±∞.

Esempio 4. Il segnale z(t) = t non e limitato, anche se y(t) = t e un numero finito perogni t ∈ R, il segnale non e limitato poiche y(t)→∞ per t→ ±∞.

ex Esercizio. Definire formalmente i segnali non limitati.

Soluzione. Il segnale z(·) non e limitato se per ogni M > 0 esiste t ∈ R tale che |z(t)| > M .

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Definizione 8.12. (sistema BIBO stabile) Il sistema Σ e Bounded Input Bounded Output(BIBO) stabile se per ogni segnale d’ingresso x(·) limitato il corrispondente segnale d’uscitay(·) = Σ(x(·)) e limitato.

Equivalentemente, alla luce della definizione di segnale limitato, il sistema Σ e BIBOstabile se

|x(t)| ≤Mx <∞, ∀t ∈ R =⇒ esiste My <∞ tale che |y(t)| ≤My <∞, ∀t ∈ R

Osservazione critica

Bisogna capire a fondo cosa la definizione di BIBO stabilita impone e cosa no.

(a.) Il sistema e BIBO stabile solo se per ogni x(·) limitato il corrispondente y(·) = Σ(x(·))e limitato. Se esiste un ingresso x(·) limitato il cui corrispondente y(·) non e limitato ilsistema Σ non e stabile.

(b.) Non e richiesto che My ≤ Mx. In generale My puo non esistere (sistema nonBIBO stabile, ovvero esiste un segnale x limitato cui corrisponde l’uscita y non limitata),oppure puo esistere My <∞ come richiesto dalla definizione di BIBO stabilita, ed essereMy > Mx, oppure My = Mx oppure My < Mx.

(c.) Non e richiesto che My sia indipendente da x(·). Piu formalmente, non e richiestoche supx(·)∈X supt∈R |y(t)| < ∞. In altri termini: non si richiede che esista una costanteM , indipendente da x(·), tale che |y(t)| ≤M, per ogni t. Se tale costante esiste il sistemae certamente BIBO stabile, ma questa condizione non e imposta dalla definizione. Ingenerale My dipende dal segnale x(·) applicato.

(d.) E richiesto che l’uscita sia limitata per ogni ingresso limitato.

Esempi – sistemi BIBO stabili

Esempio 1. y(t) = ex(t)

Il sistema e BIBO stabile, infatti supponendo che x(·) sia limitato, diciamo |x(t)| ≤ Mx

per ogni t ∈ R, cerchiamo un limite superiore per y(t):∣∣∣ex(t)∣∣∣ = ex(t) ≤ e|x(t)| ≤ eMx , per ogni t ∈ R

Con la notazione precedente si puo scrivere che My = eMx .

Esempio 2. y(t) = cos(x(t))

In questo caso si noti che |y(t)| ≤ 1 qualunque sia x(·). Questo e un esempio non genericodi sistema BIBO-stabile che verifica la condizione discussa nell’Osservazione (c.) qui sopra.

Controesempi – sistemi non BIBO stabili

L’unico modo pratico per dimostrare che un sistema non e BIBO stabile e di trovare uningresso limitato che produce un’uscita non-limitata.

Controesempio 1. y(t) = tx(t)

All’ingresso limitato x(t) = 1 corrisponde l’uscita illimitata y(t) = t.

Controesempio 2. y(t) =∫ t−∞ x(τ) dτ

All’ingresso limitato x(t) = u(t) corrisponde l’uscita illimitata y(t) = tu(t).

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Controesempio 3. y(t) = ddtx(t)

Questo e un po’ piu ricercato. All’ingresso limitato x(t) = sin(t2) corrisponde l’uscitaillimitata 2t cos(t2).

(d.) Sistemi lineari

Il sistema Σ e lineare se per ogni coppia di segnali x1(·) ed x2(·)) e per ogni scalare avalgono le due proprieta

Σ(x1(·) + x2(·)) = Σ(x1(·)) + Σ(x2(·)) addittivita

Σ(ax(·)) = aΣ(x(·)) omogeneita

La definizione usuale di linearita combina le due proprieta in una sola. Per ogni x1(·), x2(·) ∈X e per ogni a1, a2 ∈ C

Σ(a1x1(·) + a2x2(·)) = a1Σ(x1(·)) + a2Σ(x2(·))

Il generico sistema lineare sara spesso denotato con la lettera L anziche Σ.

Esempi – sistemi lineari

y(t) = t2x(t),

y(n) =1

2M + 1

M∑k=−M

x(n+ k).

Controesempi – sistemi non-lineari

y(t) = t x2(t),

y(t) = x(t) + 1.

Lemma 8.7. Se L e lineare, allora L(0) = 0, dove 0 denota un segnale identicamentenullo.

Dimostrazione. Sia y = L(x), allora L(x− x) = L(0) = L(x)− L(x) = 0.

(e.) Sistemi tempo-invarianti

Il sistema Σ e tempo-invariante se commuta con le traslazioni

ΣUβ = Uβ Σ per ogni β ∈ R

Interpretazioni della tempo invarianza

(1.) Si consideri il sistema y(t) = Σ(x(t)). Se applicando l’ingresso x(t) := x(t + β) siottiene l’uscita y(t) e risulta y(t) = y(t + β) per ogni β ∈ R e per ogni x(·) ∈ X allora ilsistema Σ e tempo invariante.

(2.) L’andamento temporale della risposta di Σ all’ingresso x(t) non dipende dall’ora chesegna l’orologio quando si applica l’ingresso. Si veda il grafico qui sotto.

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6

-

6

-

6

-

6

-

x(t) y(t)

x(t+ β) y(t+ β)

−β −β

-

-

Σ

Σ

? ?

Uβ Uβ

La risposta all’ingresso traslato di β e la risposta all’ingresso, traslata di β. Un biologodirebbe che il sistema non invecchia.

(3.) Il grafo in centro alla figura precedente mostra i legami tra i quattro grafici. Partendodal segnale x(·) in alto a sinistra vi sono due percorsi sul grafo che conducono al segnaley(t + β) in basso a destra. Il percorso che passa per l’angolo superiore destro e UβΣx(t)(convincetevene!), mentre quello che passa per l’angolo inferiore sinistro e ΣUβx(t). Ilsistema e tempo invariante se e solo se i due percorsi conducono allo stesso segnale. Unmatematico direbbe che il sistema e tempo invariante se e solo se il grafo commuta.

Esempio – sistema tempo invariante

y(t) = x(t+ 1).

Il sistema e tempo invariante, infatti y(t) = U1x(t) ed ovviamente U1Uβ = UβU1 = Uβ+1

per ogni β ∈ R.

Controesempi – sistemi tempo varianti

y(t) = Sαx(t) = x(α), y(t) = x(−t+ 1), y(t) = f(t)x(t).

Il primo sistema, Sα (cambio scala) non e tempo invariante. Avevamo gia osservato,vedi Lezione 3, che cambio scala e traslazioni non commutano. Per quanto riguardail secondo sistema, si riconosce immediatemente la trasformazione lineare del tempo5

y(t) = x(−t + 1) = RU1x(t). La presenza del ribaltamento, R = S−1, rende il si-stema non tempo invariante. Si puo arrivare alla stessa conclusione lavorando a bassolivello, direttamente con i segnali. Sia x(t) un ingresso dato, cui corrisponde l’uscitay(t) = x(−t + 1). Applicando l’ingresso x(t) := x(t + β) la corrispondente uscita ey(t) = x(−t + 1) = x((−t + 1) + β). Si conclude che y(t) = x(−t + β + 1), mentrey(t + β) = x(−(t + β) + 1) = x(−t − β + 1). Poiche y(t) 6= y(t + β) il sistema none tempo invariante. Infine per il terzo sistema y(t) = f(t)x(t) dove f(t) e una qualun-que funzione del tempo, indipendente dall’ingresso x(t) (esempio: y(t) = tx(t)), e facileverificare che non vale la tempo invarianza. In effetti x(t) = x(t + β) produce uscitay(t) = f(t)x(t) = f(t)x(t+β), diversa da y(t+β) = f(t+β)x(t+β) a meno che f(t) nonsia una costante.

5ricordare che si deve applicare prima la traslazione e poi il ribaltamento

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Il seguente risultato e molto interessante per il seguito.

Lemma 8.8. Se Σ e tempo invariante e se x(t) e un segnale periodico di periodo T allorala corrispondente uscita y(t) e periodica di periodo T .

Dimostrazione. T e un periodo di y(t) se e solo se y(t) = UT y(t). Ma UT y(t) = UTΣx(t)e, poiche Σ e tempo invariante, UTΣx(t) = ΣUTx(t) = Σx(t) = y(t), dove abbiamo usatoil fatto che UTx(t) = x(t), per l’assunta periodicita di x(t). Abbiamo dunque dimostratoche UT y(t) = y(t), ovvero la periodicita, di periodo T , del segnale y(t).

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Lezione 9 (Lunedı 21 ottobre, 14:30–16:15)

Il sistema L e lineare tempo invariante (LTI) se e contemporaneamente lineare e tempoinvariante, secondo le definizioni date nella Lezione 8. I sistemi LTI sono particolarmenteinteressanti dal punto di vista teorico poiche, come vedremo a breve, per (quasi tutti)questi sistemi e facile rappresentare la relazione ingresso/uscita y(t) = Σ(x(t)) in formaesplicita. Si deve sottolineare che la fondamentale importanza dei sistemi LTI deriva nondall’interesse teorico, bensı dal fatto che molti dispositivi ingegneristici sono modellabili,esattamente o con buona approssimazione, con sistemi LTI.

9.1 Sistemi lineari tempo invarianti discreti

Il caso discreto e tecnicamente piu semplice e lo usiamo per introdurre le idee fondamentali.

Definizione 9.13. (risposta impulsiva) La risposta impulsiva del sistema LTI L e ilsegnale

h(n) := L(δ(n)),

ovvero l’uscita di L corrispondente all’ingresso x(n) = δ(n).

Relazione ingresso-uscita di un sistema LTI

Sia L e un sistema LTI discreto ed x(·) un segnale d’ingresso dato. Interessa calcolareil corrispondente segnale d’uscita y(·). Si denoti h(n) la risposta impulsiva del sistema L.

Scriviamo la rappresentazione integrale del segnale x(·), vedi Lezione 6 sezione 6.2,

x(n) =∞∑

k=−∞x(k)δ(n− k).

Si noti che in questa rappresentazione x(n) e combinazione lineare del segnale δ(n) e deisuoi traslati δ(n− k), con coefficienti x(k). Poiche il sistema L e LTI si ha (si vedano piusotto i dettagli tecnici per lo scambio di L con

∑∞k=−∞)

y(n) = L

( ∞∑k=−∞

x(k)δ(n− k)

)

=∞∑

k=−∞x(k)L (δ(n− k)) per la linearita

=

∞∑k=−∞

x(k)h(n− k) per la tempo invarianza

In conclusione abbiamo dimostrato che, in un sistema LTI, conoscere l’uscita h(n) cor-rispondente all’ingresso δ(n) e sufficiente per calcolare esplicitamente l’uscita y(n) corri-spondente al generico ingresso x(n). Poiche y(n) e il risultato della convoluzione tra ilsegnale d’ingresso x(n) e la risposta impulsiva h(n),

y(n) = h(n) ∗ x(n), (20)

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e naturale riferirsi all’equazione (20) come alla rappresentazione convoluzionale del sistemaLTI.

Fine print. Se il segnale x(·) e la risposta impulsiva h(·) sono diversi da zero in un sot-toinsieme infinito di Z allora nell’equazione (20) la combinazione lineare

∑∞k=−∞ . . . puo

avere infiniti termini non nulli. In questo caso lo scambio tra L e∑

k, oltre alla linea-rita di L, richiede condizioni su x(·) ed h(·) che garantiscano la convergenza della serie.Non daremo per ora i dettagli, ma osserviamo che, sotto condizioni abbastanza blande(ad esempio x(·) limitato ed h(·) assolutamente sommabile), l’equazione (20) continua avalere per ogni n ∈ Z.

Esempi

Esempio 1. Si consideri il sistema elementare UN , la traslazione temporale, ovvero

y(n) = UN (x(n)) = x(n+N). (21)

Questo sistema e LTI (verificarlo) ed ha risposta impulsiva h(n) = δ(n+N), come si ricavaprendendo ingresso x(n) = δ(n) nella definizione (21). E banale verificare che, qualunquesia l’ingresso x(n), la corrispondente uscita vale6

h(n) ∗ x(n) = δ(n+N) ∗ x(n) = x(n+N) = y(n).

Esempio 2. Si consisderi il sistema specificato dalla relazione ingresso/uscita

y(n) = Lx(n) :=

n∑k=−∞

x(k).

Si verifichi che L e lineare tempo invariante. La risposta impulsiva si ottiene ponendox(n) = δ(n) e vale

h(n) =n∑

k=−∞δ(n) = u(n).

E molto facile verificare che la convoluzione h(n)∗x(n) e proprio pari all’uscita del sistema:

h(n) ∗ x(n) =

∞∑k=−∞

h(n− k)x(k) =

∞∑k=−∞

u(n− k)x(k)

=

n∑k=−∞

x(k) = y(n).

Esempio 3. Si consideri il sistema LTI (verificarlo)

y(n) = x(n)− 2x(n− 1) + x(n− 2),

la cui risposta impulsiva e h(n) = δ(n) − 2δ(n − 1) + δ(n − 2). E banale verificare chey(n) = h(n) ∗ x(n).

6Questa verifica, che ripetiamo anche per gli altri esempi del paragrafo, non e necessaria avendo giadimostrato la validita della rappresentazione (20). Lo scopo della verifica e di fornire i primissimi esempidi calcolo della convoluzione.

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Esempio 4. Il sistema

y(n) =∞∑

k=−∞an−ku(n− k)x(k),

dove |a| < 1, e ben definito (cioe la serie e convergente e y(n) e ben definito per ognin ∈ Z,) ed e LTI. La risposta impulsiva e

h(n) = anu(n).

Si verifica agevolmente che y(n) = h(n) ∗ x(n).

Controesempio. Si consideri il sistema

y(n) = x(n)x(n− 2)

La risposta impulsiva e h(n) = δ(n)δ(n−2) = 0 per ogni n ∈ Z. Calcolando la convoluzione(20) si troverebbe allora, qualunque sia l’ingresso x(n), uscita y(n) = h(n) ∗ x(n) =0 ∗ x(n) = 0. Peraltro se x(n) = u(n) usando la definizione del sistema si trova y(n) =u(n)u(n− 2) = u(n− 2) 6= 0. Come si spiega questa incongruenza?

Esempio di rappresentazione convoluzionale di un sistema LTI implicito

[Nota bene. Questo argomento verra ripreso e sviluppato piu avanti, dopo avere fornito inecessari dettagli sulle equazioni differenziali ed alle differenze.]

Si consideri la relazione ingresso uscita, in forma di equazione alle differenze,

y(n) = ay(n− 1) + x(n). (22)

L’equazione (22) e un buon modello matematico in molti casi d’interesse pratico, ad esem-pio avevamo visto in che senso (22) modella l’andamento del saldo di un conto corrente.Vedremo che la (22) e anche la versione discretizzata di un’equazione differenziale del primoordine (un circuito RC). Prima di procedere e essenziale capire che la relazione (x(·), y(·))descritta dall’equazione (22) non corrisponde ad un unico sistema y(·) = Σ(x(·)) bensıad infiniti sistemi. In effetti per determinare l’uscita y(n) utilizzando l’equazione (22)e necessario disporre non solo del segnale x(·), ma anche del valore y(n) dell’uscita perqualche n: la cosiddetta condizione iniziale. Vediamo come si presenta questa difficoltain un caso particolare, ma molto interessante: il calcolo dell’uscita h(n) corrispondenteall’ingresso δ(n). Se l’equazione (22) modella il saldo di un conto corrente e molto imporrela condizione

h(n) = 0, per ogni n < 0

che fisicamente significa che il saldo e nullo prima di aprire il conto corrente, cioe per n < 0.Per determinare h(n) per n ≥ 0 usiamo l’equazione (22) come ricorsione ricordando chex(n) = δ(n). Si trova

h(0) = ah(−1) + δ(0) = 1

h(1) = ah(0) + δ(1) = a

h(2) = ah(1) + δ(2) = a2

h(3) = ah(2) + δ(3) = a3

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Il risultato e (tracciare il grafico assumendo |a| < 1)

h(n) = an u(n)

Per calcolare l’uscita del sistema descritto dalla risposta impulsiva h(n) = an u(n) algenerico ingresso x(n) basta calcolare la convoluzione

y(n) = h(n) ∗ x(n) =

∞∑k=−∞

an−k u(n− k)x(k) =

n∑−∞

an−k x(k) (23)

Osservazione. Si noti che, imponendo la condizione h(n) = 0 per ogni n < 0, la rispostaimpulsiva h(n) che si ottiene risolvendo l’equazione (22) per n ≥ 0, con x(n) = δ(n), eproprio quella del sistema convoluzionale y(n) =

∑nk=−∞ a

n−k x(k) discusso nell’Esempio4 del precedente paragrafo: si confronti l’equazione (23) con il sistema dell’Esempio 4.Peraltro vi sono infinite altre possibili h(n) associate all’equazione (22). Per esercizio sidetermini la risposta impulsiva che si ottiene risolvendo l’equazione (22) con x(n) = δ(n)ed imponendo la condizione h(n) = 0 per ogni n > 0.

Esempi di calcolo di convoluzioni discrete

Vista l’importanza che l’operazione di convoluzione riveste per i sistemi LTI e neces-sario impadronirsi della tecnica di calcolo. Vedremo molto piu avanti come sia possibilecalcolare convoluzioni con metodi indiretti ma molto efficaci, ma prima e necessario sapereffettuare i calcoli direttamente. Negli esempi che seguono calcoleremo la convoluzionedi due segnali, denotati genericamente v(n) e w(n), senza preoccuparci di dare un’inter-pretazione sistemistica indicando quale sia da considerare il segnale d’ingresso e qualela risposta impulsiva. Poiche l’operazione e commutativa, h(n) ∗ x(n) = x(n) ∗ h(n), echiaro che i ruoli di ingresso e risposta impulsiva si possono scambiare ai fini del calcolodell’uscita.

Esempio 1. Siano v(n) = anu(n) e w(n) = u(n), si calcoli v ∗ w(n)

v ∗ w(n) =∞∑

k=−∞w(k)v(n− k) =

∞∑k=−∞

u(k)an−ku(n− k)

=

[n∑k=0

an−k

]u(n) =

[an

n∑k=0

a−k

]u(n)

=

[an

1− a−(n+1)

1− a−1

]u(n) =

1− an+1

1− au(n)

Microesercizio. Si confronti con l’Esempio 4 e con l’esempio del precedente paragrafo.Interpretare v ∗ w(n) come risposta al gradino unitario del sistema di risposta impulsivah(n) = anu(n). Assumendo |a| < 1, si tracci il grafico dell’uscita calcolando anche il limiteper n→∞.

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Esempio 2. Si calcoli la convoluzione dei segnali

v(n) = u(n+ 1)− u(n− 3)

w(n) = −δ(n+ 1) + δ(n− 1)− δ(n− 2).

Si presti molta attenzione nel tracciare il grafico di v(n).

-

61

-1 1 2n

v(n)

-

61

-11

2

n

w(n)

-1

uu uu u

Il calcolo manuale si effettua calcolando, per ogni n, la somma

v ∗ w(n) =

∞∑k=−∞

w(k)v(n− k).

Si noti che la scelta di quale segnale tenere fisso e quale traslare di n e ribaltare e arbitrariae va fatta caso per caso, secondo la convenienza computazionale. Qui abbiamo preferitotener fisso il segnale w, di forma piu complicata, e muovere v, di forma piu semplice. Siveda la figura qui sotto.

61

1 2k

v(n− k)

-

61

-11

2

k

w(k)

-1

n+ 1n− 2uu

uu u

u u u uQuesta disposizione dei due grafici permette di svolgere agevolmente la convoluzione. Adesempio e immediato verificare che per ogni n tale che n + 1 < −1 (n < −2), oppuren − 2 > 2 (n > 4), la convoluzione v ∗ w(n) = 0. Per n ∈ [−2, 4] il calcolo si eseguebanalmente e fornisce

v ∗ w(n) =

(−1)× 1 = −1, n = −2,(−1)× 1 + 0× 1 = −1, n = −1,(−1)× 1 + 0× 1 + 1× 1 = 0, n = 0,(−1)× 1 + 0× 1 + 1× 1 + (−1)× 1 = −1 n = 1,0× 1 + 1× 1 + (−1)× 1 = 0, n = 2,1× 1 + (−1)× 1 = 0, n = 3,(−1)× 1 = −1, n = 4.

Un metodo alternativo, noioso e non istruttivo, per il calcolo di qualunque convoluzionediscreta tra segnali non nulli su intervalli finiti si basa sulla seguente semplice osservazione.

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Lemma 9.9.δ(n+ n1) ∗ δ(n+ n2) = δ(n+ n1 + n2)

Dimostrazione.

δ(n+ n1) ∗ δ(n+ n2) =∞∑

k=−∞δ(k + n1)δ(n− k + n2) = δ(n+ n1 + n2)

infatti poiche δ(k+ n1) = 1 solo per k = −n1 e si annulla altrove, sostituendo k = −n1 inδ(n− k + n2) si trova il risultato.

Per illustrare l’uso del Lemma per il calcolo di convoluzioni discrete riconsideriamo i segnaliv e w dell’esempio osservando che

v(n) = δ(n+ 1) + δ(n) + δ(n− 1) + δ(n− 2)

w(n) = −δ(n+ 1) + δ(n− 1)− δ(n− 2).

Per le proprieta di distributivita della convoluzione rispetto alla somma si puo scrivere

v ∗ w(n) =[δ(n+ 1) + δ(n) + δ(n− 1) + δ(n− 2)

]∗[− δ(n+ 1) + δ(n− 1)− δ(n− 2)

]= δ(n+ 1) ∗

[− δ(n+ 1) + δ(n− 1)− δ(n− 2)

]+ δ(n) ∗

[− δ(n+ 1) + δ(n− 1)− δ(n− 2)

]+ δ(n− 1) ∗

[− δ(n+ 1) + δ(n− 1)− δ(n− 2)

]+ δ(n− 2) ∗

[− δ(n+ 1) + δ(n− 1)− δ(n− 2)

]= −δ(n+ 2) + δ(n)− δ(n− 1)

+ −δ(n+ 1) + δ(n− 1)− δ(n− 2)

+ −δ(n) + δ(n− 2)− δ(n− 3)

+ −δ(n− 1) + δ(n− 3)− δ(n− 4)

= −δ(n+ 2)− δ(n+ 1)− δ(n− 1)− δ(n− 4)

che coincide con quanto calcolato in precedenza.

Esempio 3 (calcolo della convoluzione discreta con il prodotto di polinomi).

Si considerino due polinomi nella variabile x, ad esempio

a(x) = a0 + a1x+ a2x2 + a3x

3, b(x) = b0 + b1x+ b2x2

59

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e se ne effettui il prodotto c(x) := a(x)b(x) secondo le usuali regole

c(x) = a0b0

+ (a0b1 + a1b0)x

+ (a0b2 + a1b1 + a2b0)x2

+ (a1b2 + a2b1 + a3b0)x3

+ (a2b2 + a3b1)x4

+ a3b2 x5

I coefficienti di c(x) = c0 + c1x+ c2x2 + c3x

3 + c4x4 + c5x

5 sono

c0 = a0b0,

c1 = a0b1 + a1b0,

c2 = a0b2 + a1b1 + a2b0,

c3 = a1b2 + a2b1 + a3b0,

c4 = a2b2 + a3b1,

c5 = a3b2.

Si definiscano i segnali a tempo discreto

a(n) = a0δ(n) + a1δ(n− 1) + a2δ(n− 2) + a3δ(n− 3),

b(n) = b0δ(n) + b1δ(n− 1) + b2δ(n− 2),

c(n) = c0δ(n) + c1δ(n− 1) + c2δ(n− 2) + c3δ(n− 3) + c4δ(n− 4) + c5δ(n− 5).

E immediato verificare (fatelo!) che

c(n) = a(n) ∗ b(n).

Morale della favola. E molto interessante osservare che il calcolo della convoluzione didue segnali si puo effettuare definendo due opportuni polinomi e moltiplicandoli tra loro.Questo fatto non e una mera curiosita matematica, ma il nucleo dell’idea dei metodi alletrasformate per il calcolo efficiente delle convoluzioni. Ne riparleremo diffusamente nellaseconda parte del corso.

Esercizio proposto 1. Calcolare, con il metodo dei polinomi, la convoluzione dei segnali

v(n) = 2δ(n)− δ(n− 1)− 2δ(n− 3),

w(n) = −δ(n− 1) + 2δ(n− 4)

Esercizio proposto 2. Calcolare, con il metodo dei polinomi, la convoluzione dei segnali

v(n) = 2δ(n+ 2)− δ(n+ 1)− 2δ(n− 1),

w(n) = −δ(n− 1) + 2δ(n− 4)

[questo richiede un po’ d’immaginazione]

60

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Lezione 10 (Martedı 22 ottobre, 16:30–18:15)

10.1 Sistemi LTI continui

Sia L un sistema LTI continuo. In analogia con il caso discreto si definisce

h(t) := L[δ(t)]

la risposta impulsiva del sistema L. Sotto ipotesi tecniche abbastanza blande l’uscita y(t)corrispondente al generico ingresso x(t) si puo calcolare in forma convoluzionale

y(t) = h(t) ∗ x(t) (24)

Euristica della rappresentazione (24)

Si consideri la rappresentazione integrale del segnale x(t) e la si scriva come limite disomme di Riemann come

x(t) =

∫ ∞−∞

x(τ)δ(t− τ) dτ = limT→0

∞∑k=−∞

x(kT )δ(t− kT )T

Applicando il sistema L si ottiene allora

y(t) = L(x(t)) = L

(limT→0

∞∑k=−∞

x(kT )δ(t− kT )T

)

e, scambiando L con il limite (operazione che andrebbe giustificata rigorosamente) si trova

y(t) = L(x(t)) = limT→0

L

( ∞∑k=−∞

x(kT )δ(t− kT )T

)

ma, impiegando la linearita e la tempo invarianza di L, esattamente come fatto nel casodiscreto, il termine destro si riscrive come

y(t) = L(x(t)) = limT→0

∞∑k=−∞

x(kT )h(t− kT )T =

∫ ∞−∞

x(τ)h(t− τ) dτ

per l’usuale limite delle somme di Riemann.

Esempi

Esempio 1. Si consideri il sistema elementare Uβ la traslazione temporale (qui β ∈ R earbitrario essendo a tempo continuo)

y(t) = Uβ(x(t)) = x(t+ β)

Questo sistema e LTI (verificarlo) ed ha risposta impulsiva h(t) = δ(t+ β), come si ricavaprendendo ingresso x(t) = δ(t). E banale verificare che, qualunque sia l’ingresso x(t), lacorrispondente uscita vale

h(t) ∗ x(t) = δ(t+ β) ∗ x(t) = x(t+ β) = y(t).

61

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Esempio 2. Si consisderi il sistema specificato dalla relazione ingresso/uscita

y(t) = L(x(t)) :=

∫ t

−∞x(τ) dτ.

E facile verificare che L e LTI. La risposta impulsiva si ottiene ponendo x(t) = δ(t) e vale

h(t) =

∫ t

−∞δ(τ) dτ = u(t).

Un calcolo banale dimostra che la convoluzione h(t) ∗ x(t) e proprio pari all’uscita delsistema:

h(t) ∗ x(t) =

∫ t

−∞u(t− τ)x(τ) dτ =

∫ t

−∞x(τ) dτ = y(t)

Esempio 3. Si consideri il sistema descritto dalla relazione ingresso/uscita

y(t) =

∫ ∞−∞

e−a(t−τ)u(t− τ)x(τ) dτ, (25)

dove a > 0. E facile verificare (fatelo!) che il sistema e LTI. E inoltre immediato riconoscereche il sistema e di tipo convoluzionale, infatti definendo

h(t) = e−atu(t)

risulta che (25) equivale ay(t) = h(t) ∗ x(t).

Si e cosı verificato che h(t) e la risposta impulsiva del sistema LTI (25).

Esempio di rappresentazione implicita di un sistema LTI convoluzionale

E interessante osservare che esiste una rappresentazione alternativa del sistema (25) chericavaremo qui sotto dopo aver introdotto una proprieta generale della convoluzione.

Lemma 10.10. (derivata della convoluzione di due segnali) Sia z(t) := v(t) ∗w(t) allora

d

dtz(t) =

[d

dtv(t)

]∗ w(t) = v(t) ∗

[d

dtw(t)

]Nota bene. Il lemma diventa rigoroso aggiungendo ipotesi standard che consentono loscambio della derivata con l’integrale nella dimostrazione qui sotto.

Dimostrazione. Si noti che z(t) =∫∞−∞ v(t − τ)w(τ) dτ calcolando la derivata di entrambi

i membri e, nel membro di destra, scambiando l’integrale con la derivata, si ha

d

dtz(t) =

d

dt

∫ ∞−∞

v(t− τ)w(τ) dτ

=

∫ ∞−∞

d

dtv(t− τ)w(τ) dτ =

[d

dtv(t)

]∗ w(t).

La seconda si dimostra in modo analogo utilizzando l’espressione alternativa della convo-luzione.

62

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Esempio. Si consideri il sistema LTI (25) che, come abbiamo visto, si puo descrivere conla convoluzione

y(t) = h(t) ∗ x(t)

dove h(t) = h(t) = e−atu(t). Il calcolo della derivata dell’uscita fornisce

d

dty(t) =

d

dt

(h(t) ∗ x(t)

)=

[d

dte−atu(t)

]∗ x(t)

=[−ae−atu(t) + e−atδ(t)

]∗ x(t) = −ay(t) + x(t)

dove si sono sfruttate le note proprieta della delta di Dirac (in particolare e−atδ(t) = δ(t)).Abbiamo cosı ricavato la rappresentazione alternativa del sistema LTI (25):

d

dty(t) + ay(t) = x(t)

attraverso un’equazione differenziale. Come avremo modo di veder meglio in seguito illegame tra sistemi LTI ed equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti e strettissimo.

Esempi di calcolo di convoluzioni continue

Si vedano le avvertenze date all’inizio del paragrafo esempi di calcolo di convoluzionidiscrete, della scorsa lezione.

Esempio 1. Siano v(t) = e−atu(t), con a > 0 e w(t) = u(t), si calcoli v ∗ w(t).

v ∗ w(t) =

∫ ∞−∞

v(τ)w(t− τ) dτ =

∫ ∞−∞

e−aτu(τ)u(t− τ) dτ

=

[∫ t

0e−aτ dτ

]u(t) =

[1− e−at

a

]u(t).

Microesercizio. Si confronti con l’Esempio 3 del precedente paragrafo. Interpretare v ∗w come risposta al gradino unitario del sistema di risposta impulsiva h(t) = e−atu(t).Assumendo a > 0, si tracci il grafico dell’uscita calcolando anche il limite per t→∞.

τ

τ

t

v(τ)

t

w(t-τ)

v*w(t)

1

1

1/a

63

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Esempio 2. Si calcoli la convoluzione dei segnali

v(t) = rect

(t

2

),

w(t) = (t− 1)(u(t− 1)− u(t− 3)

)Soluzione. Calcoliamo

v ∗ w(t) =

∫ ∞−∞

v(t− τ)w(τ) dτ

In figura sono tracciati i grafici di v(t− τ) e di w(τ) sull’asse d’integrazione τ .

τ

τ

w(τ)

t+1

v(t-τ)1

1

1 2 3

t-1

2

Osservando come varia v(t− τ) al variare della traslazione t si distinguono i seguenti casi:

(a.) t+ 1 ≤ 1 (cioe t < 0), i segnali v(t− τ) e w(τ) non si intersecano,

(b.) t+ 1 ≥ 1 e t−1 ≤ 1 (cioe 0 ≤ t ≤ 2), i segnali intersecano nell’intervallo τ ∈ [1, t+ 1],

(c.) t+ 1 ≥ 3 e t−1 ≤ 3 (cioe 2 ≤ t ≤ 4), i segnali intersecano nell’intervallo τ ∈ [t−1, 3],

(d.) t− 1 ≥ 3 (cioe t > 4), i segnali non si intersecano.

I calcoli analitici si spezzano quindi come segue

v ∗ w(t) =

∫ ∞−∞

v(t− τ)w(τ) dτ =

0, se t ≤ 0,∫ t+11 1 · (τ − 1) dτ = 1

2 t2, se 0 ≤ t ≤ 2,∫ 3

t−1 1 · (τ − 1) dτ = −12 t

2 + 2t, se 2 ≤ t ≤ 4,

0, se t ≥ 4.

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La figura qui sotto mostra il risultato della convoluzione v ∗ w.

t

v*w(t)

1 2 3 4

1

2

Esercizio proposto. Si calcoli l’uscita y(t) del sistema LTI di risposta impulsiva h(t) =e−αt u(t), corrispondente all’ingresso x(t) = u(t)− u(t− t1), dove t1 > 0.

Osservazioni utili per il calcolo di convoluzioni

Osservazione 1. (estensione temporale della convoluzione)

Vale il seguente lemma di cui abbiamo dato una dimostrazione grafica.

Lemma 10.11. Se i segnali v(·) e w(·) sono nulli per ogni t /∈ [tv, Tv] e, rispettivamentet /∈ [tw, Tw], la convoluzione v ∗ w(t) e nulla per ogni t /∈ [tv + tw, Tv + Tw].

La dimostrazione grafica e perfettamente rigorosa.

tw

Tw

tv

Tv

t

t

v(t)

w(t)

tw

Tw

t-tv

t-Tv

τ

τ

v(t-τ)

w(τ)

Microesercizio. Si scriva una versione del lemma che valga per la convoluzione a tempodiscreto.

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Osservazione 2. (regolarita della convoluzione)

La convoluzione a tempo continuo ha una naturale proprieta di smoothing, cioe di rego-larizzazione dei segnali. Nell’Esempio 2 la convoluzione di due segnali con discontinuitaa salto e una funzione continua. Questo fenomeno e generale. Si puo dimostrare che ilrisultato della convoluzione e sempre piu regolare dei segnali coinvolti nell’operazione.

10.2 Risposta impulsiva di sistemi in cascata

Consideriamo la cascata di sistemi LTI

h1-x(t)

-w(t)

h2 -y(t)

Poiche i due sistemi sono LTI sicuramente e

w(t) = h1(t) ∗ x(t)

y(t) = h2(t) ∗ w(t)

e sostituendo la prima nella seconda

y(t) = h2(t) ∗(h1(t) ∗ x(t)

).

Sfruttando l’associativita della convoluzione

y(t) =(h1(t) ∗ h2(t)

)∗ x(t)

Si conclude che la cascata e un sistema LTI la cui risposta impulsiva e

h(t) = h1(t) ∗ h2(t)

Osservazione. Lo stesso risultato vale nel caso discreto. La cascata dei sistemi LTI discretidi risposte impulsive h1(n) e h2(n) rispettivamente e un sistema LTI di risposta impulsivah(n) = h1(n) ∗ h2(n).

Come sottoprodotto del precedente risultato otteniamo la seguente fondamentale proprietadei sistemi LTI.

Teorema 10.5. I sistemi LTI commutano.

Dimostrazione. h1(t) ∗ h2(t) = h2(t) ∗ h1(t).

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Lezione 11 (Mercoledı 23 ottobre, 16:30–18:15)

Nella prima parte della lezione caratterizziamo i sistemi LTI che sono rispettivamente, sta-tici, causali, anticausali, e BIBO stabili, a partire dalle proprieta della risposta impulsiva.Nella seconda parte introduciamo la nozione di risposta in frequenza ed iniziamo lo studiodel regime periodico dei sistemi LTI.

11.1 Proprieta dei sistemi LTI desumibili dalla risposta impulsiva

E possibile analizzare alcune proprieta dei sistemi LTI sulla base del comportamento dellarisposta impulsiva.

(a.) Sistemi LTI statici

Iniziamo con una semplice caratterizzazione dei sistemi LTI statici.

Lemma 11.12. (sistemi LTI statici) I sistemi LTI statici sono tutti e soli quelli dellaforma y(t) = Ax(t), per qualche A ∈ R. Analogamente, i sistemi discreti LTI statici sonotutti e soli quelli della forma y(n) = Ax(n).

Dimostrazione. La scriviamo per i sistemi continui. Vale anche, parola per parola, previoun opportuno cambio di notazione, per i sistemi discreti. Per definizione il sistema continuoΣ e statico se e solo se

y(t) = Σ(x(·))(t) = f(t, x(t)), (26)

ovvero l’uscita all’istante t ∈ R e una funzione che dipende, al piu, da t e dal valorex(t), ma non dai valori dell’ingresso in istanti di tempo diversi da t. Per imporre che ilsistema (26) sia tempo invariante deve verificarsi che l’uscita, diciamola y(t), del sistemaΣ all’ingresso x(t) = x(t+ β) sia tale che y(t) = y(t+ β), qualunque sia β ∈ R. I segnalicoinvolti sono

y(t) = Σ(x)(t) = f(t, x(t)) = f(t, x(t+ β))

y(t+ β) = Σ(x(·))(t+ β) = f(t+ β, x(t+ β)).

Affinche valga l’identita y(t) = y(t+ β) qualunque sia x(·) e necessario che

f(t, x(t+ β)) = f(t+ β, x(t+ β)),

qualunque sia x(·), ovvero che la funzione f(t, x) sia constante nel primo argomento t. Siconclude che i sistemi discreti tempo invarianti sono tutti e soli quelli della forma

y(t) = Σ(x(·))(t) = f(t, x(t)) = Ag(x(t)), (27)

per qualche funzione g(·). Imponendo ora la linearita del sistema (27), si conclude che isistemi discreti LTI statici sono tutti e soli quelli della forma

y(t) = Σ(x(·))(t) = f(t, x(t)) = Ag(x(t)) = Ax(t). (28)

Osservazione. In termini piu fisici si puo dire che sono sistemi LTI statici tutti e soli gliamplificatori puri, sistemi cioe che riproducono in uscita il segnale d’ingresso moltiplicatoper una costante.

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Lemma 11.13. (caratterizzazione della risposta impulsiva dei sistemi LTI statici) I si-stemi LTI statici sono tutti e soli quelli la cui risposta impulsiva e della forma (il casodiscreto tra parentesi)

h(t) = Aδ(t),[h(n) = Aδ(n)

].

Dimostrazione. Banale applicazione del Lemma 11.12.

Limitatamente ai sistemi discreti il Lemma 11.13 ammette una semplice dimostrazionealternativa.

Dimostrazione alternativa. Sia h(n) la risposta impulsiva di un sistema discreto LTI estatico. Per ogni x(·) l’uscita corrispondente e

y(n) =∞∑

k=−∞h(k)x(n− k)

= · · ·+ h(−1)x(n+ 1) + h(0)x(n) + h(1)x(n− 1) + . . . (29)

Per definizione un sistema e statico se e solo se, qualunque sia il segnale d’ingresso x(·),l’uscita y(n) all’istante n dipende, al piu, da n e dal valore dell’ingresso, x(n), all’istante n.L’equazione (29) mostra chiaramente che tale proprieta vale se e solo se h(n) = 0 per ognin 6= 0. La concluzione e che un sistema e discreto LTI statico se e solo se y(n) = h(0)x(n),cioe se, per qualche costante A, vale h(n) = Aδ(n).

(b.) Sistemi LTI causali

Anche le proprieta di causalita, e di anticausalita, dei sistemi LTI si possono desumeredall’analisi della risposta impulsiva.

Lemma 11.14. (caratterizzazione della risposta impulsiva dei sistemi LTI causali) I si-stemi LTI causali sono tutti e soli quelli la cui risposta impulsiva e della forma (il casodiscreto tra parentesi)

h(t) = 0, per ogni t < 0.[h(n) = 0, per ogni n < 0.

]Dimostrazione. La prima parte della dimostrazione e scritta per i sistemi continui. Sia Lun sistema LTI di risposta impulsiva h(t). Si supponga che h(t) = 0 per ogni t < 0, alloral’uscita y(t) = h(t) ∗ x(t) vale

y(t) =

∫ ∞−∞

h(t− τ)x(τ) dτ =

∫ t

−∞h(t− τ)x(τ) dτ,

dove la seconda uguaglianza discende dall’ipotesi h(t) = 0 per ogni t < 0, equivalente ah(t − τ) = 0 per ogni τ > t. E evidente allora che y(t) non dipende dai valori x(τ) perτ > t, ovvero il sistema LTI e causale. Invertendo il flusso di questo ragionamento sidimostra che se un sistema LTI e causale allora h(t) = 0 per ogni t < 0. Per i sistemidiscreti LTI si puo scrivere

y(n) =

∞∑k=−∞

h(k)x(n− k)

= · · ·+ h(−1)x(n+ 1) + h(0)x(n) + h(1)x(n− 1) + . . . (30)

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che permette di verificare immediatamente che h(n) = 0 per ogni n < 0 e condizionenecessaria e sufficiente per la causalita.

Esercizio obbligatorio (risposta impulsiva dei sistemi LTI anti-causali). Si verifichi checondizione necessaria e sufficiente per l’anti-causalita di un sistema LTI e h(t) = 0 perogni t > 0 (nel caso discreto h(n) = 0 per ogni n > 0).

Terminologia. Non ha alcun senso riferirsi ad un segnale x(·) tale che x(t) = 0 per ognit < 0 come ad un segnale causale. La causalita e una proprieta dei sistemi non dei segnali.

Osservazione. Nel caso di sistemi LTI causali si possono scrivere gli integrali di convoluzionetenendo conto fin da subito del fatto che h(t) = 0 per t < 0. Si ottengono allora le seguentiformule

y(t) =

∫ t

−∞x(τ)h(t− τ) dτ =

∫ ∞0

h(τ)x(t− τ) dτ

Nel frequente caso in cui sia h(t) che x(t) siano nulli per ogni t < 0 gli integrali diventano

y(t) =

[∫ t

0x(τ)h(t− τ) dτ

]u(t) =

[∫ t

0h(τ)x(t− τ) dτ

]u(t)

Convincetevi della correttezza delle formule e in particolare dell’uso dei gradini unitari(assenti nelle prime due formule e presenti nelle seconde due).

(c.) Sistemi LTI BIBO stabili

Prima di dare la caratterizzazione dei sistemi BIBO stabili introduciamo due importanticlassi di segnali che torneranno utili anche nel seguito.

Definizione 11.14. (classi L1 ed `1) L’insieme dei segnali a tempo continuo assoluta-mente integrabili su [a, b] e

L1([a, b]

):=

{x : [a, b] 7→ C

∣∣∣ ∫ b

a|x(τ)| dτ <∞

}In questa definizione −∞ ≤ a < b ≤ ∞. Analogamente, l’insieme dei segnali discretiassolutamente sommabili e

`1 :=

{x : Z 7→ C

∣∣∣ ∞∑k=−∞

|x(n)| <∞

}

Esercizio. Dimostrare che L1([a, b]

)ed `1 sono entrambi spazi vettoriali.

Teorema 11.6. I sistemi LTI BIBO stabili sono tutti e soli quelli per cui h(t) ∈ L1(R) nelcaso di sistemi continui, ovvero h(n) ∈ `1 nel caso dei sistemi discreti. Equivalentementela condizione necessaria e sufficiente di BIBO stabilita e (in parentesi il caso discreto)∫ ∞

−∞|h(τ)| dτ <∞.

[ ∞∑k=−∞

|h(k)| <∞.

]

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Dimostrazione. La dimostrazione e scritta per il caso discreto. Cominciamo dimostrandola sufficienza della condizione. Assumiamo che h(n) ∈ `1 e dimostriamo che il sistema LTIdi risposta impulsiva h(n) e BIBO stabile. Allo scopo e sufficiente dimostrare che per ognisegnale d’ingresso limitato, ovvero tale che |x(n)| ≤ Mx < ∞ per ogni n, l’uscita y(n) elimitata. Vale la seguente catena di disuguaglianze

|y(n)| =

∣∣∣∣∣∞∑

k=−∞h(k)x(n− k)

∣∣∣∣∣≤

∞∑k=−∞

|h(k)| |x(n− k)|

≤Mx

∞∑k=−∞

|h(k)| <∞

La dimostrazione della necessita della condizione non e particolarmente istruttiva, ma percompletezza e riprodotta qui sotto. Si deve dimostrare che se un sistema LTI e BIBOstabile allora h(n) ∈ `1. Tradizionalmente si dimostra la contronominale: se h(n) 6∈ `1

allora il sistema LTI di risposta impulsiva h(n) non e BIBO stabile. Sia dunque h(n) 6∈ `1e si costruisca il segnale d’ingresso

x(n) :=

{h(−n)|h(−n)| , se h(−n) 6= 0,

0, se h(−n) = 0

Per definizione |x(n)| assume solo i valori 0 ed 1, quindi x(n) e un segnale limitato. Peraltroil calcolo di y(0) fornisce

y(0) =

∞∑k=−∞

h(k)x(0− k)

=∞∑

k=−∞h(k)

h(k)

|h(k)|=

∞∑k=−∞

|h(k)|2

|h(k)|

=∞∑

k=−∞|h(k)| =∞

Un ingresso limitato ha prodotto un’uscita illimitata. Il sistema non e BIBO stabile, comesi doveva dimostrare.

Esercizio obbligatorio. Riscrivere la dimostrazione della condizione sufficiente (prima partedella dimostrazione fornita) nel caso dei sistemi a tempo continuo.

11.2 Caratterizzazione alternativa dei sistemi LTI - la risposta indiciale

Abbiamo mostrato come la risposta impulsiva di un sistema LTI non solo caratterizzacompletamente la mappa ingresso/uscita, ma permette anche di desumere le principaliproprieta del sistema. In realta esistono altri segnali che caratterizzano i sistemi LTI.Un esempio particolarmente interessante e la risposta al gradino unitario. Questo fattoe molto utile nelle applicazioni: non e sempre tecnologicamente possibile assestare una

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martellata al sistema per misurarne la risposta impulsiva, mentre e a volte abbastanzaagevole applicare un gradino unitario e misurare la risposta.

Risposta indiciale dei sistemi LTI discreti

La risposta indiciale (unit step response) del sistema LTI discreto L e il segnale

s(n) := L[u(n)],

ovvero l’uscita del sistema L sollecitato dal gradino unitario. Se h(n) e la risposta impulsivadi L allora

s(n) =

∞∑k=−∞

h(n− k)u(k) =

∞∑k=0

h(n− k) =

n∑k=−∞

h(k).

Ne segue cheh(n) = s(n)− s(n− 1).

Poiche i segnali h(·) ed s(·) sono ricavabili uno dall’altro, e evidente che fornire s(n) eequivalente a fornire h(n) e dunque e giustificata l’affermazione che la risposta indicialecaratterizza completamente un sistema LTI.

Risposta indiciale dei sistemi LTI continui

La risposta indiciale (unit step response) del sistema LTI continuo L e il segnale

s(t) := L[u(t)]

La relazione con la risposta impulsiva si ricava come sopra

s(t) =

∫ ∞−∞

h(t− τ)u(τ) dτ =

∫ ∞0

h(t− τ)dτ =

∫ t

−∞h(τ)dτ

Ne segue,

h(t) =d

dts(t).

Poiche h(·) ed s(·) sono ricavabili una dall’altra, anche nel caso continuo la rispostaindiciale caratterizza completamente i sistemi LTI.

11.3 Risposta in frequenza dei sistemi LTI continui

Introduzione motivazionale

Abbiamo visto nella Lezione 8 (Lemma 8.8) che i sistemi tempo invarianti preservano laperiodicita dei segnali d’ingresso. In generale pero la forma d’onda degli ingressi periodicinon viene preservata, neppure dai sistemi LTI.

Esercizio proposto. Il sistema LTI di risposta impulsiva h(t) = e−αt u(t) e sollecitatodall’ingresso x(t) = u(t)−u(t−t1) dove t1 > 0. Calcolando la convoluzione y(t) = h(t)∗x(t)si trova7

7Sara chiaro in seguito che un’interpretazione fisica di quest’esempio e la seguente. L’ingresso x(t) euna batteria da 1V che alimenta un circuito RC-serie, chiuso da un interruttore a t = 0 e riaperto a t = t1;l’uscita y(t) e la tensione sul condensatore, scarico per t = 0, che si carica fino all’istante t = t1 e poi siscarica per t > t1.

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y(t) =

0, se t < 0,

(1− e−αt

), se 0 ≤ t ≤ t1,

eαt1−1α e−αt, se t ≥ t1.

(31)

(si traccino tutti i grafici!) Poiche il sistema e LTI, applicando l’ingresso periodico x(t) :=repTx(t) (fisicamente si tiene acceso il circuito t1 secondi ogni T secondi da sempre eper sempre) la corrispondente uscita y(t) sara certamente periodica di periodo T . Inconseguenza della linearita e della tempo invarianza sara certamente y(t) = repT y(t), dovey(t) e il segnale (31) In figura e riportato il grafico di y(t) per α = 1, t1 = 1 e T = 20. Se isistemi LTI conservassero la forma d’onda dell’ingresso, il segnale d’uscita y(t) sarebbe untreno di impulsi rettangolari, come e x(t), tuttalpiu traslato e/o moltiplicato per un fattoredi scala. Non e cosı. In generale la forma d’onda dei segnali periodici che attraversanosistemi LTI non e preservata.

Fin qui le cattive notizie, ora quelle buone. I sistemi LTI hanno la notevolissimaproprieta di preservare non solo il periodo, ma l’intera forma d’onda dei segnali periodicisinusoidali ed esponenziali immaginari. Si tratta di una fortunata coincidenza poichetali segnali sono interessanti sia dal punto di vista teorico che pratico. Dal punto divista applicativo i segnali periodici sinusoidali sono prevalenti nella pratica dell’ingegneriaindustriale e dell’informazione.

Risposta in frequenza

Inizieremo l’analisi studiando l’uscita corrispondente ai segnali d’ingresso di tipo esponen-ziale immaginario, ovvero x(t) = ejωt per qualche ω ∈ R.

h(t)-ejωt

-

y(t)

La risposta y(t) del sistema LTI L, di risposta impulsiva h(t), all’ingresso x(t) = ejωt siottiene per convoluzione

y(t) =

∫ ∞−∞

h(τ)ejω(t−τ) dτ =

[∫ ∞−∞

h(τ)e−jωτ dτ

]ejωt

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Se l’integrale in parentesi quadre converge, e ben definita la funzione

H : R −→ C, ω 7→ H(jω) :=

∫ ∞−∞

h(τ)e−jωτ dτ

detta risposta in frequenza del sistema. Quando H(jω) esiste si puo quindi scrivere

L(ejωt

)= H(jω) ejωt. (32)

L’uscita H(jω) ejωt differisce dall’ingresso ejωt solo per un fattore di scala H(jω) costantenel tempo, e ne mantiene quindi immutata la forma. Il linguaggio dell’algebra lineareconsente d’interpretare geometricamente l’equazione (32): i segnali ejωt (uno per ogni ω ∈R) sono autofunzioni dell’operatore lineare L ed H(jω) sono i corrispondenti autovalori.

Lemma 11.15. Condizione sufficiente per l’esistenza della risposta in frequenza H(jω) eche il sistema LTI L sia BIBO-stabile.

Dimostrazione. Il sistema L e BIBO stabile se e solo se h(t) ∈ L1(R), allora

|H(jω)| :=∣∣∣∣∫ ∞−∞

h(τ)e−jωτ dτ

∣∣∣∣ ≤ ∫ ∞−∞|h(τ)| dτ <∞

Esempi di calcolo di H(jω)

Esempio 1. h(t) = δ(t) (sistema identita)

H(jω) = 1.

Esempio 2. h(t) = e−αt u(t)

H(jω) =

∫ ∞0

e−(α+jω)τ dτ =e−(α+jω)τ

−(α+ jω)

∣∣∣∞0

=

{ 1α+jω , se α > 0,

non converge, se α ≤ 0

Al variare di α ∈ R varia il sistema h(t) = e−αt u(t) e la risposta in frequenza esiste see solo se il sistema e BIBO-stabile (convincetevi che la condizione di BIBO stabilita perquesti sistemi e α > 0).

Esempio 3. y(t) = ddtx(t) (derivatore)

Questo sistema e LTI, ma non e BIBO-stabile, infatti l’uscita corrispondente all’ingressox(t) = sin(t2) non e limitata. La condizione sufficiente per l’esistenza di H(jω) none soddisfatta, peraltro se x(t) = ejωt l’uscita e L

(ejωt

)= jω ejωt. Confrontando con

l’equazione (32) si conclude che la risposta in frequenza e ben definita e vale

H(jω) = jω

Osservazione. In generale la risposta in frequenza di un sistema LTI L e ben definita se,per tutti (al variare di ω ∈ R) gli ingressi della forma ejωt, i segnali d’uscita sono limitati.

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Lezione 12 (Lunedı 28 ottobre, 14:30–16:15)

Dove si calcola la risposta di un sistema LTI ad un ingresso sinusoidale, si stu-diano le simmetrie della risposta in frequenza, e si intravede il teorema dellaconvoluzione.

Problema pratico – calcolo della risposta a segnali sinusoidali

Nelle applicazioni ingegneristiche un frequente problema pratico e il calcolo della rispostadi un sistema LTI sollecitato da un segnale sinusoidale, ovvero del tipo x(t) = A cos(ωt+θ).

h(t)-

A cos(ωt+ θ)

-

y(t)

Il segnale d’uscita y(t) si ottiene per convoluzione dell’ingresso x(t) con la risposta impul-siva h(t),

y(t) =

∫ ∞−∞

h(τ)x(t− τ) dτ =

∫ ∞−∞

h(τ)A cos(ω(t− τ) + θ

)dτ, (33)

ma l’uso della risposta in frequenza semplifica il calcolo.

Metodo 1 (valido qualunque sia h(t)). Si utilizza la formula di Eulero per rappresentarel’ingresso

x(t) = A cos(ωt+ θ) =A

2ej(ωt+θ) +

A

2e−j(ωt+θ)

e, ricordando la definizione di risposta in frequenza e la linearita del sistema, si ricaval’uscita nella forma

y(t) = H(jω)A

2ej(ωt+θ) +H(−jω)

A

2e−j(ωt+θ)

Metodo 2 (valido se h(t) e reale – 99% delle applicazioni). Si rappresenta il segnaled’ingresso come

x(t) = A cos(ωt+ θ) = Re[Aej(ωt+θ)

](34)

Inserendo (34) nella convoluzione (33) e supponendo che h(t) sia reale si ha che

y(t) =

∫ ∞−∞

h(τ) Re

[Aej(ω(t−τ)+θ

)]dτ = Re

[Aejθ

∫ ∞−∞

h(τ)ejω(t−τ) dτ

]= Re

[AejθH(jω)ejωt

]= Re

[AH(jω)ej(ωt+θ)

]= Re

[A|H(jω)|ej(ωt+θ+argH(jω))

]= A|H(jω)| cos

(ωt+ θ + argH(jω)

).

La seconda uguaglianza e quella che richiede h(t) reale per essere valida.

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Il segnale d’ingresso sinusoidale A cos(ωt + θ) viene riscalato in ampiezza del fattore|H(jω)|, e sfasato di argH(jω) rad. La pulsazione ω non cambia poiche il sistema etempo invariante e preserva il periodo.

A cos(ωt+ θ

)7→ A |H(jω)| cos

(ωt+ θ + argH(jω)

)

Esempio numerico. Calcolare l’uscita del seguente sistema

e−tu(t)-cos√

3 t-y(t)

L’uscita vale

y(t) =

∫ t

−∞e−(t−τ) cos(

√3τ) dτ,

ma si puo evitare il calcolo della convoluzione ricorrendo alla risposta in frequenza che,per il sistema di risposta impulsiva h(t) = e−tu(t) vale

H(jω) =1

1 + jω.

Calcoliamo ora l’uscita con i due metodi visti sopra.

Con il metodo 1. Scrivendo x(t) = 12ej√3t + 1

2e−j√3t si ha

y(t) = H(j√

3)1

2ej√3t +H(−j

√3)

1

2e−j√3t

=1

2

1

1 + j√

3ej√3t +

1

2

1

1− j√

3e−j√3t.

Con il metodo 2. Poiche la risposta impulsiva h(t) e reale, e osservando che

H(j√

3) =1

1 + j√

3= |H(j

√3)|ej arg(H(jω)) =

1

2e−j

π3 ,

l’uscita si scrive

y(t) = |H(j√

3)| cos(√

3 t+ argH(j√

3))

=1

2cos(√

3 t− π

3

)Nota bene. L’espressione che si ottiene con il metodo 1 e comoda per i calcoli ma ha losvantaggio di non essere in forma reale e quindi non mette immediatamente in evidenza ilfattore di scala e lo sfasamento che il sistema applica alla sinusoide in ingresso.

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12.1 Risposta in frequenza dei sistemi LTI continui - parte 2

Trattiamo delle simmetrie della risposta in frequenza, e della risposta in frequenza dellacascata di sistemi LTI.

(a.) Simmetrie di H(jω)

Consideriamo il caso generale in cui la risposta impulsiva h(t) sia a valori in C.

Lemma 12.16. Se h(t) = h(−t) allora H(jω) = H(−jω) = 2∫∞0 h(τ) cosωτ dτ

Dimostrazione.

H(jω) =

∫ ∞−∞

h(τ)e−jωτ dτ

=

∫ 0

−∞h(τ)e−jωτ dτ +

∫ ∞0

h(τ)e−jωτ dτ

= 2

∫ ∞0

h(τ) cosωτ dτ

dove, nell’integrale∫ 0−∞, abbiamo effettuato un cambio di variabile τ ′ = −τ .

Lemma 12.17. Se h(t) = h(t) (reale) allora H(−jω) = H(jω) (hermitiana)

Dimostrazione.

H(−jω) =

∫ ∞−∞

h(τ)e−j(−ω)τ dτ

=

∫ ∞−∞

h(τ)ejωτ dτ

=

∫ ∞−∞

h(τ)e−jωτ dτ [poiche h(t) e reale]

= H(jω)

Corollario 12.1. Se h(n) e reale e pari allora H(ejω) e reale e pari

Dimostrazione. Dai precedenti Lemmi 12.16 e 12.17.

Poiche H : R −→ C, in generale non e possibile rappresentare graficamente H(jω) conun unico grafico bidimensionale. Solitamente si producono due grafici, uno del modulo|H(jω)| verso ω, ed uno della fase argH(jω) verso ω. Le proprieta di simmetria semplifi-cano la rappresentazione grafica. In particolare, nel caso (frequente) di h(t) reale, H(jω)ha simmetria hermitiana, quindi il modulo e la fase sono rispettivamente una funzione paried una dispari di ω. In entrambi i casi e sufficiente tracciarne il grafico per i soli ω > 0.

Esempio. Per il sistema LTI di risposta impulsiva h(t) = e−atu(t), dove a > 0, la rispostain frequenza e

H(jω) =1

a+ jω=

1√a2 + ω2

ej arctan (ωa ), ω > 0

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I grafici del modulo e della fase di H(jω), per a = 4 sono riportati in figura.

(b.) Risposta in frequenza della cascata di sistemi LTI

Siano L1 ed L2 sistemi LTI, di risposta impulsiva h1(t) ed h2(t) rispettivamente, e cheammettono risposta in frequenza. I due sistemi sono connessi in cascata, come in figura.Ci interessa calcolare, se esiste, la risposta in frequenza H(jω) della cascata.

H1(jω)-ejωt

-w(t) H2(jω) -y(t)

Denotiamo con H1(jω) ed H2(jω) le risposte in frequenza dei due sistemi. Il segnaled’ingresso della cascata (e di L1) e x(t) = ejωt. Il segnale di uscita di L1 (e d’ingresso diL2) e w(t) = H1(jω)ejωt e, per linearita, l’uscita y(t) (di L2 e) della cascata, e

y(t) = H2(jω)H1(jω)ejωt.

La conclusione e che H(jω) = H1(jω)H2(jω). Riassumendo: per la cascata di due sistemi,risposta impulsiva e risposta in frequenza sono

h(t) = h1(t) ∗ h2(t)

H(jω) = H1(jω)H2(jω)

Queste relazioni, dimostrate sfruttando le proprieta dei sistemi LTI, sono un caso parti-colare del teorema della convoluzione che studieremo piu avanti.

Domanda di verifica – risolto in aula

Per ognuna delle seguenti coppie di segnali dire se sono, o no, possibili coppie ingresso-uscita (x(t), y(t)) di sistemi LTI. (a.) (cos 2t, 0) (b.) (0, cos 2t), (c.) (2ej3t+3ej5t, ej8t), (d.)(ej3t, 4 cos 3t), (e.) (4 cos 3t, ej3t).

Soluzione. (a.) si, (b.) no, (c.) no, (d.) no, (e.) si.

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Lezione 13 (Martedı 29 ottobre, 16:30–18:15)

Dove si introduce la risposta in frequenza dei sistemi LTI discreti, se ne esibisconole proprieta, molto simili a quelle del caso continuo, si esemplifica numericamen-te, e poi si termina con una salva di esercizi su argomenti disparati.

13.1 Risposta in frequenza dei sistemi LTI discreti

La nozione di risposta in frequenza e utile anche nel caso dei sistemi discreti. Valesostanzialmente quanto gia visto per i continui, con alcune differenze che segnaleremo.

Come per il caso continuo iniziamo con lo studio della risposta del sistema LTI L dirisposta impulsiva h(n) a ingressi della forma x(n) = ejωn.

h(n)-ejωn

-

y(n)

La risposta y(n) si calcola per convoluzione

y(n) =

∞∑k=−∞

h(k)ejω(n−k) =

[ ∞∑k=−∞

h(k)e−jωk

]ejωn.

Se la serie in parentesi quadre converge risulta ben definita la funzione

H : R −→ C, ω 7→ H(ejω) :=∞∑

k=−∞h(k)e−jωk,

che e detta risposta in frequenza del sistema.

Nota importante sulla notazione. La notazione H(ejω) non deve trarre in inganno. L’ar-gomento della risposta in frequenza e ω e la funzione d’interesse e ω 7→

∑∞k=−∞ h(k)e−jωk.

Poiche tale funzione e periodica in ω, di periodo 2π (convincetevene) si preferisce denotarel’argomento della risposta in frequenza con ejω, proprio per mettere in evidenza la perio-dicita in ω. [Si confronti con la discussione della periodicita in ω dei segnali sinusoidalidiscreti ejωn al paragrafo 5.3.]

Quando la risposta in frequenza H(ejω) esiste abbiamo visto che

y(n) = L(ejωn

)= H(ejω) ejωn (35)

L’uscitaH(ejω) ejωn differisce dall’ingresso ejωn solo per un fattore di scalaH(ejω) costantenel tempo, e ne mantiene quindi immutata la forma. Il linguaggio dell’algebra lineareconsente d’interpretare geometricamente l’equazione (32): i segnali ejωn (uno per ogniω ∈ (−π, π]) sono autofunzioni dell’operatore lineare L ed H(ejω) sono i corrispondentiautovalori.

Nota bene. Il segnale ejωn e periodico se e solo se ω2π ∈ Q, ma qualunque sia ω ∈ (−π, π]

esso e un’autofunzione dei sistemi LTI discreti.

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Lemma 13.18. Condizione sufficiente per l’esistenza della risposta in frequenza H(ejω)e che il sistema LTI L sia BIBO-stabile.

Dimostrazione. Se il sistema L e BIBO stabile allora h(n) ∈ `1, allora

|H(ejω)| :=

∣∣∣∣∣∞∑

k=−∞h(k)e−jωk

∣∣∣∣∣ ≤∞∑

k=−∞|h(k)| <∞, per ogni ω ∈ (−π, π].

Esempi di calcolo di H(ejω)

Esempio 1. h(n) = δ(n) (sistema identita)

Questo sistema LTI e banalmente BIBO stabile, la risposta in frequenza dunque esiste evale

H(jω) =∞∑

k=−∞δ(k)e−jωk = 1, per ogni ω ∈ (−π, π].

Esempio 2. h(n) = an u(n), dove a ∈ R.

La condizione di BIBO stabilita di questo sistema LTI e

∞∑k=−∞

|h(k)| =∞∑k=0

an <∞

che e verificata se e solo se |a| < 1. Microesercizio. Tracciare i grafici delle sequenze h(n)per |a| < 1 distinguendo i casi a ∈ (−1, 0), a = 0 e a ∈ (0, 1).

Per |a| < 1 la risposta in frequenza esiste e vale

H(ejω) =

∞∑k=0

ake−jωk =

∞∑k=0

[ae−jω

]k=

1

1− ae−jω.

Simmetrie di H(jω)

Valgono risultati identici a quelli visti nel caso dei sistemi a tempo continuo.

Lemma 13.19. Se h(n) = h(−n) allora H(ejω) = H(e−jω) = h(0) + 2∑∞

k=1 h(k) cos kω

Dimostrazione.

H(ejω) =

∞∑k=−∞

h(k)e−jωk

=−1∑

k=−∞h(k)e−jωk + h(0) +

∞∑k=1

h(k)e−jωk

= h(0) + 2

∞∑k=1

h(k) cos kω.

dove, nella serie∑−1

k=−∞ h(k)e−jωk abbiamo effettuato il cambio di variabile k′ = −k.

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Lemma 13.20. Se h(n) = h(n) (reale) allora H(e−jω) = H(ejω) (hermitiana)

Dimostrazione.

H(e−jω) =∞∑

k=−∞h(k)e−j(−ω)k =

∞∑k=−∞

h(k)ejωk

=∞∑

k=−∞h(k)e−jωk [poiche h(n) e reale]

= H(ejω)

Corollario 13.2. Se h(t) e reale e pari allora H(jω) e reale e pari

Rappresentazione grafica di H(ejω)

Poiche H : R −→ C, in generale non e possibile rappresentare graficamente H(ejω) conun unico grafico bidimensionale. Solitamente si producono due grafici, uno del modulo|H(ejω)| verso ω, ed uno della fase argH(ejω) verso ω. Nel caso (frequente) di h(n)reale, H(ejω) ha simmetria hermitiana, quindi il modulo e la fase sono rispettivamenteuna funzione pari ed una dispari di ω, entrambe periodiche di periodo 2π, quindi basteratracciarne il grafico per ω ∈ [0, π].

Esempio. Riprendendo l’Esempio 2 si consideri la risposta in frequenza relativa al sistemadi risposta impulsiva h(n) = anu(n), con |a| < 1.

H(ejω) =1

1− ae−jω= |H(ejω)|ej argH(ejω).

I grafici del modulo e della fase della risposta in frequenza sono tracciati qui sotto per icasi a = 0.5 ed a = −0.5.

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L’espressione analitica del modulo |H(ejω)| e abbastanza semplice

|H(ejω)| = 1√(1− ae−jω)(1− aejω)

=1√

a2 − 2a cosω + 1

da cui si ricavano facilmente i valori |H(ej0)| = 11−a ed |H(ejπ)| = 1

1+a . Si noti il compor-

tamento qualitativamente diverso del modulo |H(ejω)| a seconda del valore di a. Questi di-versi comportamenti [cosiddetti passa-basso se a ∈ (0, 1), passa alto se a ∈ (−1, 0)] sarannodiscussi in dettaglio piu avanti. L’espressione analitica della fase non e interessante,

argH(ejω) = − arctan

(a sinω

1− 12 cosω

),

ma con qualche sforzo e possibile ricavare da questa formula un grafico qualitativo. Lafigura e stata ottenuta con l’ausilio di un programma di grafica.

Problema pratico – calcolo della risposta ad un ingresso sinusoidale

Consideriamo ancora una volta il problema del calcolo dell’uscita per il sistema in figura

h(n)-cos(ωn+ θ)

-y(n)=?

Per determinare l’uscita senza calcolare la convoluzione si puo procedere in vari modi,utilizzando la risposta in frequenza.

Metodo 1 (qualunque sia h(n)). Si usa la formula di Eulero per rappresentare l’ingresso

x(n) = cosωn =1

2ej(ωn+θ) +

1

2e−j(ωn+θ).

e per la linearita

y(n) =1

2H(ejω)ej(ωn+θ) +

1

2H(e−jω)e−j(ωn+θ)

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Metodo 2 (valido se h(n) ha valori reali). Si rappresenta

x(n) = cos(ωn+ θ) = Re(ej(ωn+θ)

e procedendo come nel caso a tempo continuo si trova (dimostratelo)

y(n) = |H(ejω)| cos(ωn+ θ + argH(ejω)

)

Esempio numerico. Si consideri il seguente problema, dove |a| < 1.

an u(n)-cos(2πN n)

-y(n)=?

Si noti che l’ingresso e periodico, qualunque sia N e quindi tale e l’uscita poiche il sistemae tempo invariante. Il calcolo diretto dell’uscita si effettua per convoluzione,

y(n) =n∑

k=−∞an−k cos

(2π

Nk

),

ma come visto tale operazione si puo evitare usando la risposta in frequenza. Dall’Esempio2 qui sopra

H(ejω) =1

1− ae−jω.

Per il calcolo dell’uscita procediamo come segue.

Con il metodo 1.

y(n) =1

2

1

1− ae−j2πN

ej2πNn +

1

2

1

1− aej2πN

e−j2πNn

Con il metodo 2.

y(n) =∣∣∣H (ej 2π

N

)∣∣∣ cos

(2π

Nn+ argH(ej

2πN )

)=

1√a2 − 2a cos 2π

N + 1cos

(2π

Nn+ argH(ej

2πN )

),

dove abbiamo preferito non inserire l’espressione analitica della fase di H(ejω).

Microesercizio. Si verifichi che nel caso N = 2 l’ingresso e x(n) = (−1)n e l’uscita y(n) =1

1+a (−1)n.

13.2 Esercitazione in aula

Si faccia riferimento agli appunti da lezione.

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Lezione 14 (Mercoledı 30 ottobre, 16:30–18:15)

Dove e inevitabile introdurre la serie di Fourier se si vuol rispondere a semplicidomande sul comportamento periodico dei sistemi LTI.

Questa e una lezione motivazionale sulla serie di Fourier. Inizialmente osserveremo che ed’interesse studiare il comportamento dei sistemi LTI sollecitati da ingressi periodici. Ciporremmo allora il problema di stabilire quale sia una classe di segnali d’ingresso per i qualisia facile studiare il comportamento dei sistemi LTI. Basandoci su semplici considerazioniintrodurremo una (piccola) classe M di segnali periodici per i quali e facile analizzareil comportamento periodico dei sistemi LTI. La classe M e formata dalle combinazionilineari finite di segnali esponenziali immaginari in relazione armonica. Ci porremo duedomande: come si determina se un segnale dato x(t) ∈M e, quando questo e il caso, comesi determina all’interno di M la combinazione lineare che rappresenta x(t)? Daremo lerisposte usando la geometria degli spazi L2.

14.1 Regime periodico dei sistemi LTI

Nelle applicazioni e di interesse studiare il regime periodico dei sistemi LTI. Si pensi adesempio all’andamento periodico della coppia motrice di un motore a combustione interna.Le rotazioni degli alberi non sono uniformi e tali irregolarita (ingresso), di periodo Tdipendente dalla velocita di rotazione, inducono vibrazioni (uscita) che sollecitano il bloccomotore (sistema). Poter calcolare agevolmente le risposte alle sollecitazioni e cruciale sianella fase di progetto che di esercizio.

Un altro esempio e un dispositivo elettrico passivo (sistema) alimentato da un genera-tore periodico (ingresso), generalmente ma non necessariamente sinusoidale. Chiudendoun interruttore all’istante t = 0 dopo un transitorio iniziale le correnti e le tensioni (uscite)nel circuito si assestano su un andamento stazionario che interessa caratterizzare.

Per modellare il segnale x(t) prodotto da un generatore periodico che alimenta un sistemaLTI per t ≥ 0, detto xp(t) il corrispondente segnale periodico su R, sara x(t) = xp(t)u(t).

Esempio. Un generatore d’onda quadra di ampiezza 1 e di periodo T , acceso a t = 0, saramodellato, per un opportuno t1, dal segnale x(t) specificato sotto.

xp(t) = repT(u(t)− u(t− t1)

), x(t) = xp(t)u(t)

Il segnale x(t) e illustrato in figura.

xp(t)

t

t

xp(t)u(t)

t1T

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Risposta transitoria e risposta periodica.

Sia L un sistema LTI BIBO stabile di risposta impulsiva h(t). L’uscita corrispondente alsegnale d’ingresso x(t) = xp(t)u(t), dove xp(t) e limitato e periodico di periodo T , puoessere decomposta nella somma di due componenti, y(t) = yper(t) + ytr(t) come segue

y(t) =

∫ ∞−∞

h(τ)x(t− τ)dτ =

∫ ∞−∞

h(τ)xp(t− τ)u(t− τ)dτ

=

∫ t

−∞h(τ)xp(t− τ) dτ

=

∫ ∞−∞

h(τ)xp(t− τ) dτ −∫ ∞t

h(τ)xp(t− τ) dτ = yper(t) + ytr(t)

dove la prima componente

yper(t) :=

∫ ∞−∞

h(τ)xp(t− τ) dτ

e la parte periodica, di periodo T , della risposta, mentre la seconda

ytr(t) := −∫ ∞t

h(τ)xp(t− τ) dτ

e la parte transitoria della risposta.8

La componente transitoria della risposta, ytr(t) e particolarmente importante nei problemidi controllo e ne riparleremo piu avanti. In questa lezione, e nelle prossime dedicate allaserie di Fourier, ci occuperemo dei metodi di studio della parte periodica yper(t).

Classe d’ingressi periodici per cui e facile calcolare la risposta dei sistemi LTI

Quali sono i segnali periodici, di periodo T assegnato, per i quali e semplice calcolare larisposta dei sistemi LTI? Sappiamo gia che

x(t) = ejωt 7→ y(t) = H(jω) ejωt.

Per la linearita e allora facile calcolare la risposta alle combinazioni lineari di esponenzialiimmaginari

x(t) =∑k

akejωkt −→ y(t) =

∑k

akH(jωk) ejωkt (36)

Resta da imporre che il segnale x(t) sia periodico, di periodo T assegnato. Il segnale x(t) eperiodico se e solo se gli addendi in (36) hanno i periodi Tk = 2π

ωkin rapporto razionale. Per

imporre che il periodo di x(t) sia un dato T > 0 e allora sufficiente che T sia un multiplocomune, possibilmente il minimo, dei Tk. Le due condizioni sono entrambe soddisfatte sesi prende ωk = kω0, dove ω0 = 2π

T , ovvero si considerano segnali della forma

x(t) =∑k

akejkω0t, ω0 :=

T. (37)

8E facile verificare che limt→∞ ytr(t) = 0, infatti per la BIBO stabilita∫∞−∞ |h(τ)| dτ < ∞ quindi∫∞

t|h(τ)| dτ → 0 per t→∞, supplite voi i dettagli mancanti!

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In effetti il k-esimo segnale nella combinazione lineare e ak ejkω0t, il cui periodo fondamen-

tale e

Tk =1

k

ω0=

1

kT,

quindi T e sicuramente un periodo di x(t) in (37), ed coincide con il periodo fondamentaledi x(t) se a1 6= 0.

I segnali periodici d’interesse applicativo sono, nella maggior parte dei casi, a valorireali. I segnali della forma (37) possono essere reali solo se, per ogni k, la combinazionelineare contiene sia ejkω0t che e−jkω0t (formule di Eulero).

Riunendo tutte le precedenti osservazioni giungiamo in modo naturale alla definizionedella seguente classe di segnali d’ingresso periodici per i quali e facile calcolare la rispostadi un sistema LTI

M :=

{x : R→ C

∣∣∣ x(t) =M∑

k=−Mak e

jkω0t, M ∈ N, ω0 ∈ R+, a−M , . . . aM ∈ C

}.

(38)Questo e il punto di partenza. Le domande che si pongono spontanee sono due. Qualisegnali periodici appartengono ad M? Se e noto che x(t) ∈ M, come si determina la suarappresentazione, ovvero come si trovano i parametri ω0, M , e i coefficienti ak? Vediamoqui sotto alcuni esempi. Le figure hanno solo scopo decorativo.

Esempi

Esempio 1. x(t) = 8 sin2 t− 3 cos 6t

Gli addendi di x(t) hanno periodi fondamentali T1 = π e T2 = 2π6 = π

3 . Il periodofondamentale di x(t) e quindi T = m.c.m.(T1, T2) = T1 = 3T2 = π. La pulsazionefondamentale e ω0 = 2π

T = 2. Dalle formule di Eulero si ricava

x(t) = 8

(ejt − e−jt

2j

)2

− 3

2ej6t − 3

2e−j6t

= −2ej2t − 2e−j2t + 4− 3

2ej6t − 3

2e−j6t

= −3

2e−j6t − 2e−j2t + 4− 2ej2t − 3

2ej6t

= −3

2e−j3ω0t − 2e−jω0t + 4− 2ejω0t − 3

2ej3ω0t

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quindi x(t) ∈M ed i parametri sono

ω0 = 2, M = 3, a0 = 4, a±1 = −2, a±2 = 0, a±3 = −3

2.

Vediamo ora che effetto produce la mancata individuazione del periodo fondamentale delsegnale x(t). Indicando ad esempio il periodo di 8 sin2 t come T ′1 = 2π (svista comune) siottiene T ′ = 2π ed ω′0 = 1. La rappresentazione allora si determina come segue

x(t) = −3

2e−j6t − 2e−j2t + 4− 2ej2t − 3

2ej6t

= −3

2e−j6ω

′0t − 2e−j2ω

′0t + 4− 2ej2ω

′0t − 3

2ej6ω

′0t

di parametri

ω′0 = 1, M = 3, a0 = 4, a±2 = −2, a±6 = −3

2, tutti gli altri ak = 0.

Il segnale x(t) e rappresentato correttamente per ogni t ∈ R, ma in conseguenza del fattoche ω′0 = 1 gli indici k dei coefficienti ak non nulli risultano tutti moltiplicati per 2 rispettoalla rappresentazione che individua correttamente il periodo fondamentale.

Esempio 2. x(t) = ej3t + j cos t

Gli addendi di x(t) hanno periodi in rapporto razionale, T1 = 2π3 e T2 = 2π, il segnale x(t)

ha periodo fondamentale T = m.c.m.(T1, T2) = 3T1 = T2 = 2π e pulsazione fondamentaleω0 = 1. La rappresentazione si trova usando la formula di Eulero

x(t) =j

2e−jt +

j

2ejt + ej3t

=j

2e−jω0t +

j

2ejω0t + ej3ω0t

quindi x(t) ∈M ed i parametri sono

ω0 = 1, M = 3, a±1 =j

2, a3 = 1, tutti gli altri ak = 0.

Esempio 3. x(t) = sin2 πt− cos 3t

Il segnale x(t) non e periodico perche somma di due segnali periodici i cui periodi sono inrapporto irrazionale, quindi x(t) 6∈ M.

Esempio 4. x(t) = cosπt+ 12 sin 3

2πt

Il segnale x(t) ha addendi di periodi T1 = 2ππ = 2 e T2 = 2π

32π

= 43 in rapporto razionale.

Il segnale x(t) e periodico di periodo fondamentale T = 4, ed ω0 = 2πT = π

2 . Procedendocome negli altri esempi si trova la rappresentazione

x(t) = − 1

4je−j3ω0t +

1

2ej2ω0t +

1

2ej2ω0t +

1

4jej3ω0t

quindi x(t) ∈M ed i parametri sono

ω0 =π

2, M = 3, a−3 = a3 = − 1

4j, a±2 =

1

2, tutti gli altri ak = 0.

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In questo esempio si verifica un fenomeno piuttosto frequente quando si sommano sinusoidicon periodi in rapporto razionale (accordi musicali): i coefficienti a1 = a−1 = 0. Cioavviene quando il segnale x(t) e la somma di due o piu addendi nessuno dei quali dipulsazione sottomultipla delle pulsazioni di tutti gli altri addendi. Nell’Esempio 4 il segnalex(t) e somma di due addendi con ω1 = π e ω2 = 3

2π. La pulsazione fondamentale di x(t) equindi ω0 = π

2 < min(ω1, ω2), ma i coefficienti a1 e a−1 = 0. Si confronti con la discussionedell’ultimo esempio della Lezione 5 e con l’osservazione sul terzo suono di Tartini.

14.2 Richiami di algebra lineare – prodotto interno

Ricordiamo la definizione astratta di prodotto interno.

Definizione 14.15. (prodotto interno in spazi vettoriali su R)

Sia V e uno spazio vettoriale su R. Un prodotto interno su V e un funzionale

V × V −→ R, (v, w) 7→ 〈v, w〉 ∈ R.

che ad ogni coppia di vettori v, w ∈ V associa un numero reale 〈v, w〉 e che soddisfa leseguenti proprieta

(i) 〈v, w〉 = 〈w, v〉(ii) 〈α1v1 + α2v2, w〉 = α1〈v1, w〉+ α2〈v2, w〉

(iii) 〈v, v〉 ≥ 0, = 0 se e solo se v = 0

Esempio 1 (usuale prodotto interno in Rn).

Per ogni coppia di vettori v, w ∈ Rn, il prodotto interno 〈v, w〉 e

〈v, w〉 = 〈

v1v2. . .vn

,

w1

w2

. . .wn

〉 := v>w =n∑k=1

vkwk. (39)

E facile verificare le proprieta del prodotto interno.

Quando gli spazi vettoriali sono su C la definizione di prodotto interno deve essere legger-mente modificata, vedremo a breve il razionale di questa modifica.

Definizione 14.16. (prodotto interno in spazi vettoriali su C)

Sia V e uno spazio vettoriale su C. Un prodotto interno su V e un funzionale

V × V −→ C, (v, w) 7→ 〈v, w〉 ∈ C.

che ad ogni coppia di vettori v, w ∈ V associa un numero complesso 〈v, w〉 e che soddisfale seguenti proprieta

(i) 〈v, w〉 = 〈w, v〉(ii) 〈α1v1 + α2v2, w〉 = α1〈v1, w〉+ α2〈v2, w〉

(iii) 〈v, v〉 ≥ 0, = 0 se e solo se v = 0

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Esempio 2 (usuale prodotto interno in Cn).

Per ogni coppia di vettori v, w ∈ Cn si definisce

〈v, w〉 = 〈

v1v2. . .vn

,

w1

w2

. . .wn

〉 := v>w =n∑k=1

vkwk (40)

Ad esempio, dati i vettori v =

(1 + j1− j

)e w =

(j2j

)in C2 il loro prodotto interno e

〈v, w〉 = (1 + j) · (−j) + (1− j) · (−2j) = 1− 5j. E facile verificare che la definizione datasoddisfa le proprieta del prodotto interno.

Esempio 3 (segnali a energia finita – tempo continuo)

Si tratta dell’insieme di segnali

L2(R) := {x : R→ C;

∫ ∞−∞|x(t)|2dt <∞}.

Avevamo gia dimostrato (grazie alla disuguaglianza di Schwarz) che L2(R) e uno spaziovettoriale su C. Imitando la (40) definiamo il prodotto interno dei segnali v(t) e w(t) inL2(R) come

〈v(t), w(t)〉 :=

∫ b

av(t)w(t) dt (41)

La verifica delle proprieta del prodotto interno si basa sulle proprieta dell’integrale. Siosservi che, in accordo alle definizioni date in precedenza, il prodotto interno di due segnalie l’energia mutua Ev,w[a,b].

Caso dei segnali periodici. Lo spazio vettoriale dei segnali ad energia finita, periodici diperiodo T , e

L2([T ]) := {x : R→ C; x(t) = x(t+ T ) per ogni t, e

∫[T ]|x(t)|2dt <∞},

dove∫[T ] :=

∫ a+Ta , con a ∈ R qualunque. Il prodotto scalare di due segnali v(t), w(t) ∈

L2([T ]) e

〈v, w〉 :=

∫[T ]v(t)w(t) dt

Esempio 4 (segnali a energia finita – tempo discreto)

Si tratta dell’insieme di segnali

l2 := {x : Z→ C;

∞∑k=∞|x(k)|2 ≤ ∞}.

Anche questo e uno spazio vettoriale su C e l’usuale prodotto interno di due segnali v, win l2 e definito come

〈v(n), w(n)〉 =

∞∑k=−∞

v(k)w(k)

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Caso dei segnali periodici. Nel caso discreto, per ogni N dato, tutti i segnali periodici diperiodo N sono banalmente ad energia finita. Si ha dunque che, restringendo l’attenzionead un periodo dei segnali, l’insieme l2([N ]) coincide con CN , quindi si applica la definizionedi prodotto interno in CN . Se v, w ∈ l2([N ]) allora

〈v, w〉 :=∑[N ]

v(k)w(k).

Prodotto interno e geometria

L’introduzione di un prodotto interno facilita l’interpretazione geometrica. In particolareci interessa ricordare la relazione con le nozioni di lunghezza di un vettore (norma) e diortogonalita di due vettori.

Definizione 14.17. (norma)

Sia V uno spazio vettoriale su R o su C. Una norma e un funzionale || · || : V −→ R chegode delle proprieta (i.) ||v|| ≥ 0, (= 0 se e solo se v = 0), (ii.) ||αv|| = |α| ||v||, (iii.)||v + w|| ≤ ||v||+ ||w|| (disuguaglianza triangolare).

Definizione 14.18. (norma associata ad un prodotto interno)

Ad ogni prodotto interno 〈·, ·〉 e associata una norma definita, per ogni v ∈ V come

||v|| :=√〈v, v〉

Definizione 14.19. (vettori ortogonali rispetto ad un prodotto interno)

Due vettori v, w ∈ V sono detti ortogonali se

〈v, w〉 = 0

Esempi

Esempio 1 (continua). In Rn con l’usuale prodotto interno la norma di v = (v1 v2 . . . vn)>

e

||v|| =√〈v, v〉 =

√v>v =

√√√√ n∑k=1

v2k,

ovvero la norma euclidea di v.

Esempio 2 (continua). In Cn con l’usuale prodotto interno la norma di v = (v1 v2 . . . vn)>

e

||v|| =√〈v, v〉 =

√v>v =

√√√√ n∑k=1

|vk|2.

ad esempio se v = (−1, 2j)> ∈ C2, si ha ||v|| =√| − 1|2 + |2j|2 =

√5.

Nota bene. Si osservi che, se in Cn avessimo preteso di continuare ad usare il prodottointerno di Rn, ovvero 〈v, w〉 =

∑nk=1 vkwk, allora ||v||2 = v>v =

∑nk=1 v

2k. Per il vettore

v = (−1, 2j)> avremmo allora ottenuto ||v||2 = (−1)2 + (2j)2 = 1 − 4 = −3, un valoreimbarazzante per il quadrato di una lunghezza.

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Esempio 3 (continua). La norma di x ∈ L2(R) e

||x|| :=√〈x, x〉 =

√∫ ∞−∞|x(t)|2 dt.

Si noti che il quadrato della norma coincide con l’energia del segnale ||x||2 = Ex. Nel casodi segnali ad energia finita, periodici di periodo T

||x||2 := 〈x, x〉 =

∫[T ]|x(t)|2 dt.

Esempio 4 (continua). La norma di x ∈ l2 e

||x|| :=√〈x, x〉 =

√√√√ ∞∑k=−∞

|x(k)|2.

Si noti che il quadrato della norma coincide con l’energia del segnale ||x||2 = Ex.

Energia della somma di due segnali ad energia finita

Il seguente risultato e noto in R2 come teorema di Carnot.

Teorema 14.7. Siano v, w vettori in uno spazio vettoriale su C dotato di prodotto interno9

allora||v + w||2 = ||v||2 + ||w||2 + 2 Re(〈v, w〉).

Se i segnali v, w sono ortogonali

||v + w||2 = ||v||2 + ||w||2 (teorema di Pitagora).

Dimostrazione. Si tratta di sviluppare il prodotto interno

||v + w||2 = 〈v + w, v + w〉= 〈v, v〉+ 〈v, w〉+ 〈w, v〉+ 〈w,w〉= ||v||2 + ||w||2 + 2 Re(〈v, w〉)

14.3 Rappresentazione dei segnali in M

Per poter piu agevolmente utilizzare il linguaggio geometrico riscriviamo la classe deisegnali M come segue

M :=

{x : R→ C

∣∣∣ x(t) =M∑

k=−Mak φk(t), M ∈ N, ω0 ∈ R+, a−M , . . . aM ∈ C

}.

(42)dove i segnali

φk(t) := ejkω0t, k = −M, . . .M,

sono detti esponenziali immaginari in relazione armonica. Il segnale φ0(t) = 1. I segnaliφk(t) per k 6= 0 hanno periodo Tk = 2π

|k| , e T = T1 = 2πω0

e un periodo comune a tutti i φk.

9Nel seguito interessa il caso dei segnali periodici ad energia finita in un periodo

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Proprieta di ortogonalita dei φk(t)

Lemma 14.21. I segnali φk(t) sono ortogonali e vale10

〈φk(t), φh(t)〉 = Tδk,h.

Dimostrazione. Si tratta di effettuare direttamente il calcolo

〈φk(t), φh(t)〉 =

∫[T ]φk(t)φh(t) dt

=

∫[T ]ej(k−h)ω0t dt =

{ ∫[T ] 1 dt = T se k = h,

0, se k 6= h.

dove, nel caso k 6= h, la funzione integranda e periodica, di periodo Tk−h , ha media nulla,

ed e integrata su k − h periodi.

Osservazione. In termini energetici, l’energia mutua di φk e φh e nulla per k 6= h, mentrel’energia di φk vale T , ed e indipendente da k.

Calcolo dei coefficienti di un segnale in M

Se e noto che un segnale x(t) ∈M come si determinano i parametri ω0, M , ed {ak}Mk=−Mdella sua rappresentazione? Il seguente teorema risponde a questa domanda.

Teorema 14.8. Se x(t) ∈M, con ω0 = 2πT dove T e il periodo di x(t), allora i coefficienti

ak sono dati da

ak =1

T

∫[T ]x(t)φk(t) dt =

1

T

∫[T ]x(t)e−jkω0t dt (43)

Dimostrazione. Per ipotesi x(t) ha rappresentazione della forma

x(t) =

M∑h=−M

ah φh(t)

Moltiplicando entrambi i membri per φk(t) ed integrando su un periodo [T ] si trova∫[T ]x(t)φk(t) dt =

∫[T ]

M∑h=−M

ah φh(t)φk(t) dt = Tak,

dove si e applicato il Lemma 14.21. Il risultato segue immediatemente.

Energia in un periodo dei segnali in M

Teorema 14.9. (relazioni di Parseval)

Il segnale x(t) =∑M

k=−M akejkω0t ha energia in un periodo

Ex[T ] = TN∑

k=−N|ak|2.

10Ricordiamo la definizione della delta di Kronecker, δk,h = 0, se k 6= h e δk,k = 1.

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Piu in generale, se y(t) =∑M

k=−M bkejkω0t allora

Ex,y[T ] = TN∑

k=−Nakbk.

Dimostrazione. Per l’energia del segnale x(t) si ha

Ex[T ] =

∫ T

0|x(τ)| 2 dτ =

∫ T

0

∣∣∣ M∑k=−M

ak ejω0 k t

∣∣∣ 2 dτ=

∫ T

0

M∑k=−M

M∑h=−M

ak ah φk(τ)φh(τ) dτ

= T

M∑k=−M

M∑h=−M

ak ah δk,h = T

M∑k=−M

|ak|2

Rappresentazione dell’uscita di un sistema LTI

Alla luce di quanto noto e evidente che se un segnale x(t) ∈M e l’ingresso di un sistemaLTI L, di risposta in frequenza H(jω), allora anche il segnale d’uscita y(t) ∈ M e la suarappresentazione e

y(t) =

M∑k=−M

akH(jkω0)ejkω0 ,

inoltre l’energia in un periodo del segnale y(t) e

Ey[T ] = T

N∑k=−N

|ak|2|H(jkω0)|2.

14.4 Rappresentazioni in basi ortogonali

Il Lemma 14.22 qui sotto ripropone, in linguaggio puramente geometrico, il risultatoprincipale della lezione.

Sottospazi vettoriali. Sia V uno spazio vettoriale sul corpo K degli scalari (qui sara sempreR o C, gli esempi che ci interessano sono solo quelli della sezione 14.2). Un sottoinsiemeW ⊂ V tale che, per ogni w1, w2 ∈ W la somma w1 + w2 ∈ W e per ogni scalare α ilvettore αw1 ∈ W e detto sottospazio di V. Un modo molto conveniente per generaresottospazi e prendere l’insieme di tutte le combinazioni lineari di certi vettori assegnatiw1, w2, . . . wn ∈ V. Tale sottospazio e anche detto lo spazio generato, o span dei vettoriassegnati, spesso denotato

W := span{w1, w2, . . . wn} =

{w ∈ V | w =

n∑k=1

αkwk, α1 . . . αk ∈ K

}

Esempio (importante). L’insiemeM definito in (42) e un sottospazio vettoriale di L2([T ]),in particolare

M = span{φ−M (t), . . . φM (t) }

92

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Lemma 14.22. (rappresentazione in base ortogonale) Sia V uno spazio vettoriale a pro-dotto interno e W ⊂ V il sottospazio

W = span{w1, w2, . . . wn}

dove i generatori w1, . . . wn sono ortogonali, cioe 〈wk, wh〉 = ckδk,h. Allora ogni w ∈ Wha rappresentazione unica

w =

n∑k=1

〈w,wk〉〈wk, wk〉

wk,

Dimostrazione. E una semplice verifica. Se w ∈ W allora

w =

n∑k=1

αkwk, (44)

per qualche n-pla di coefficienti α1, . . . , αn. Si noti che, essendo ortogonali, i vettori wk for-mano una base di W quindi gli αk sono univocamente determinati. Se nell’equazione (44)si prende il prodotto scalare di entrambi i membri con wk si trova

〈w,wk〉 =

⟨n∑h=1

αhwh, wk

⟩= 〈wk, wk〉αk

che fornisce αk = 〈w,wk〉〈wk,wk〉 , ovvero quanto si doveva dimostrare.

Osservazione. E immediato verificare la corrispondenza tra il Teorema 14.8 e il Lemma14.22, basta effettuare le corrispondenze n = 2M+1, w = x(t), e wk = φk(t) (trasformandol’intervallo degli indici dei φk(t) da [−M,M ] a [1, n]) e osservare che la formula per il calcolodei coefficienti equivale a

ak =1

T

∫[T ]x(t)e−jkω0t dt =

〈x(t), φk(t)〉〈φk(t), φk(t)〉

.

93

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Lezione 15 (Lunedı 4 novembre, 14:30–16:15)

In questa lezione introduciamo, in modo informale, la serie di Fourier e dimostriamo ilegami tra le simmetrie del segnale e quelle della sequenza dei coefficienti. Vediamo anchediverse forme, algebricamente equivalenti, di riscrivere la serie. Nella seconda parte dellalezione analizziamo in dettaglio i coefficienti di Fourier di un classico segnale ingegneristico,l’onda quadra con duty cycle del 50%.

15.1 Perche e necessario introdurre la serie di Fourier

Nella precedente lezione abbiamo studiato la classe di segnali periodici

M :=

{x : R→ C

∣∣∣ x(t) =

M∑k=−M

ak φk(t), M ∈ N, ω0 ∈ R+, a−M , . . . aM ∈ C

}.

dove i segnali di base φk(t) := ejkω0t, con ω0 la pulsazione fondamentale di x(t), sonoortogonali e ricavato le formule per il calcolo dei coefficienti ak, per k = −M, . . . ,M .

Tradizionalmente in ingegneria le due formule, di rappresentazione di x(t) nella base deiφk(t), e di calcolo dei coefficienti ak, sono dette rispettivamente di sintesi e di analisi.

x(t) =M∑

k=−Make

jkω0t, formula di sintesi (45)

ak =1

T

∫[T ]x(t)e−jkω0t dt, formula di analisi (46)

Osservazione sull’interpretazione delle formule. Si puo pensare di disporre dell’andamentodel segnale x(t) in un periodo, di analizzare x(t) calcolandone i coefficienti ak con le formule(46), e successivamente di sintetizzare x(t) usando la formula (45). Quest’interpretazionedelle formule non si morde la coda, anzi e estremamente utile in pratica. Si supponga adesempio di dovere trasmettere o di dovere archiviare il segnale x(t), periodico di periodo T .A tal fine e necessario specificare l’intera traiettoria {x(t), t ∈ [0, T ]}. Se pero x(t) ∈M,in luogo dell’intera traiettoria e sufficiente trasmettere o archiviare i 2M + 2 parametri{ω0, a−M , . . . , aM }. Infatti disponendo dei parametri si puo ricostruire x(t) con l’ausiliodella formula di sintesi (45). Questo modo di procedere e nell’ottica delle tecniche dicompressione dati. Attualmente l’applicazione piu visibile, non la piu importante, basata11

sull’uso degli ak al posto della traiettoria del segnale e nella definizione dello standard audiomp3.

Un segnale periodico x(t) appartiene adM se e solo se il numero di coefficienti ak 6= 0e finito.

Lemma 15.23. Sia x(t) un segnale periodico di periodo T ed ak i coefficienti calcolatisecondo le formule (46), sia inoltre

M := max{k | a|k| 6= 0},

allora x(t) ∈M se e solo se M <∞11Usare gli ak al posto delle traiettorie e solo uno dei numerosi trucchi impiegati per comprimere il

segnale nello standard mp3

94

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Dimostrazione. Non c’e nulla da dimostrare: il sottospazio M e per definizione generatoda un numero finito di segnali di base φk(t).

Il Lemma 15.23 e una pessima notizia. In effetti esistono moltissimi segnali periodici,d’interesse pratico, per i quali M =∞, ovvero tali che ak 6= 0 per infiniti indici k.

Esempio. Il segnale ad onda quadra, x(t) := rep2

[rect(t)

]non appartiene aM, per nessun

M finito. Infatti x(t) e discontinuo in t = ±12 mentre, per ogni M finito, i segnali in M

sono tutti continui.

Nella pratica ingegneristica l’elegante teoria geometrica per la rappresentazione deisegnali in M non serve a molto, a meno di non riuscire ad estenderla a sottospazi checontengono anche segnali discontinui. Il modo piu semplice per estendere la teoria e diestendere M considerando serie anziche combinazioni lineari finite, ovvero definendo

M∞ :=

{v : R→ C | v(t) =

∞∑k=−∞

ak ejkω0t

}. (47)

Sorgono ora complicazioni analitiche, infatti i segnali v(t) che appartengono a M∞vanno intesi come somme di serie di funzioni, ovvero limiti delle somme parziali:

v(t) :=

∞∑k=−∞

ak ejkω0t := lim

M→∞

M∑k=−M

ak ejkω0t,

si dovra quindi specificare in che senso intendere il limite, cioe il tipo di convergenza, edinoltre verificare se la convergenza ha luogo.

E tutto molto piu complicato del caso finito, ma il vantaggio e che il passaggio al limitearricchisce enormemente l’insieme dei segnali rappresentabili, includendo ad esempio moltisegnali con discontinuita. E molto comune che sequenze di funzioni continue convergano,in qualche senso, a funzioni discontinue. L’esempio che segue non e direttamente legatoalla serie di Fourier, ma illustra il fenomeno.

Esempio. Si consideri la sequenza di funzioni continue di t ∈ R

xn(t) :=

0, se t < 0,tn, se 0 ≤ t ≤ 1,1, se t ≥ 1

Il limite puntuale e

limn→∞

xn(t) =

{0, se t < 1,1, se t ≥ 1

che e una funzione discontinua in t = 1.

Dato un segnale x(t), periodico di periodo T , siano ak i coefficienti calcolati con leformule (46), allora la serie

∞∑k=−∞

ak ejkω0t, (48)

e detta serie di Fourier di x(t) e gli ak coefficienti di Fourier di x(t). In questa lezionestudieremo solo il formalismo della serie di Fourier, ovvero i legami tra il segnale x(t) e icoefficienti ak. Nelle prossime lezioni affronteremo le questioni di convergenza: la serie diFourier converge in qualche senso? se sı, in che senso converge? quando, e in che senso,converge al segnale x(t) che ha generato i coefficienti ak?

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15.2 Coefficienti di Fourier, trasformazioni elementari del segnale e simmetrie

Ci occupiamo qui della relazione tra il segnale periodico x(t) e i suoi coefficienti di Fourierak. Cominciamo con una semplice osservazione sull’esistenza degli ak.

Lemma 15.24. Se x(t) ∈ L1([T ]) allora i coefficienti di Fourier ak sono ben definiti perogni k ∈ Z, inoltre la sequenza ak : Z→ C e limitata.

Dimostrazione. E sufficiente osservare che, se x(t) ∈ L1([T ]), allora per ogni k ∈ Z

|ak| =

∣∣∣∣∣ 1

T

∫[T ]x(t)e−jω0t dt

∣∣∣∣∣ ≤ 1

T

∫[T ]|x(t)| dt <∞.

E utile tenere bene a mente che le formule di analisi (46) che prescrivono i coefficienti akcreano una corrispondenza tra il segnale x(t), periodico di periodo T , e il segnale a tempodiscreto {ak}k∈Z sequenza dei coefficienti di Fourier di x(t).

x(t) : R −→ C, t 7→ x(t) = x(t+ T ) ⇐⇒ ak : Z −→ C, k 7→ ak.

D’ora in poi, per denotare il fatto che ak e la sequenza dei coefficienti di Fourier di x(t)scriveremo

x(t)↔ ak.

Vediamo qui come alcune elementari trasformazioni del segnale x(t) si riflettono sullasequenza dei coefficienti ak.

(a.) Coniugio

x(t) ↔ a−k

Dimostrazione. Il segnale x(t) e periodico dello stesso periodo di x(t) ed i suoi coefficienti,diciamoli bk, sono dati da

bk =1

T

∫[T ]x(t) e−jkω0t dt =

1

T

∫[T ]x(t) ejkω0t = a−k

(b.) Ribaltamento temporale

x(−t) ↔ a−k

Dimostrazione. Il segnale x(−t) e periodico dello stesso periodo di x(t) ed i suoi coefficienti,diciamoli ck, sono dati da

ck =1

T

∫[T ]x(−t) e−jkω0t dt =

1

T

∫[T ]x(t) ejkω0t = a−k

(dove, per la seconda uguaglianza, abbiamo applicato il cambio di variabile t′ = −t.)

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(c.) Cambio scala, Sα con α > 0

x(αt) ↔ ak

Attenzione. Sia ω0 := 2πT la pulsazione fondamentale del segnale x(t), di periodo fonda-

mentale T . Il segnale x(αt) ha periodo T ′ = Tα e pulsazione fondamentale ω′0 = 2π

T ′ = αω0.Le funzioni di base per lo sviluppo in serie di Frourier del segnale x(αt) sono quindiφ′k(t) := ejkω

′0t.

Dimostrazione. I coefficienti, diciamoli dk del segnale x(αt) rispetto alla base φ′k(t) sonodati da

dk =1

T ′

∫[T ′]

x(αt) e−jkω′0t dt

T

∫ Tα

0x(αt) ejkαω0t dt (ponendo τ = αt)

=1

T

∫ T

0x(τ) ejkω0τ dτ = ak

(d.) Traslazione

x(t+ β) ↔ ejkω0β ak

Dimostrazione. Il segnale x(t + β) e periodico dello stesso periodo di x(t) ed i suoicoefficienti, diciamoli fk, sono dati da

fk =1

T

∫[T ]x(t+ β) e−jkω0t dt =

[1

T

∫[T ]x(t) e−jkω0t

]ejkω0β = ejkω0β ak

(dove, per la seconda uguaglianza, abbiamo applicato il cambio di variabile t′ = t+ β.)

(e.) Modulazione

ejMω0tx(t) ↔ ak−M

Dimostrazione. Il segnale ejMω0tx(t) e periodico dello stesso periodo di x(t) ed i suoicoefficienti, diciamoli gk, sono dati da

gk =1

T

∫[T ]ejMω0t x(t) e−jkω0t dt =

1

T

∫[T ]x(t) e−j(k−M)ω0t dt = ak−M

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(f.) Differenziazione

d

dtx(t) ↔ jkω0 ak

Nota Bene. Questa regola ha senso solo se x(t) e differenziabile.

Dimostrazione. La derivata di x(t) e periodica dello stesso periodo di x(t) ed i suoicoefficienti, diciamoli hk, sono dati da

hk =1

T

∫[T ]

d

dtx(t) e−jkω0t dt (integrando per parti)

=

[1

Tx(t) e−jkω0t

]T0

− 1

T

∫[T ]

(−jkω0)x(t) e−jkωt0 dt

= jkω0 ak

Simmetrie del segnale e dei coefficienti della serie di Fourier

Come immediata conseguenza delle relazioni appena dimostrate si ricavano i legami tra lesimmetrie del segnale continuo x(t) e quelle del segnale discreto ak. Come facile eserciziosi verifichi la tabella qui sotto.

x(t) = x(t) reale a−k = ak hermitiano

x(t) = −x(t) immaginario a−k = −ak antihermitiano

x(t) = x(−t) pari a−k = ak pari

x(t) = −x(−t) dispari a−k = −ak dispari

x(t) = x(−t) hermitiano ak = ak reale

x(t) = −x(−t) antihermitiamo ak = −ak immaginario

x(t) reale pari ak reale pari

x(t) reale dispari ak immaginario dispari

x(t) immaginario dispari ak reale dispari

x(t) immaginario pari ak immaginario pari

Forme trigonometriche della serie di Fourier

E sempre possibile riscrivere una serie di Fourier in seni e coseni osservando che

∞∑k=−∞

akejkω0t =

∞∑k=−∞

ak(

cos kω0t+ j sin kω0t)

= a0 + (a1 + a−1) cosω0t+ (a2 + a−2) cos 2ω0t+ (a3 + a−3) cos 3ω0t+ . . .

+ j(a1 − a−1) sinω0t+ j(a2 − a−2) sin 2ω0t+ j(a3 − a−3) sin 3ω0t+ . . .

= a0 +

∞∑k=1

[αk cos kω0t+ βk sin kω0t

](49)

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dove, per k > 0, si e posto

αk := ak + a−k, βk := j(ak − a−k).

Nota bene. Dal punto di vista analitico non e sempre possibile cambiare l’ordine deitermini di una serie senza modificarne la somma. Una condizione sufficiente a garantirel’invarianza della somma di una serie per tutti i riordinamenti dei termini e la convergenzaassoluta (si veda qualunque testo di Analisi I).

L’utilita della forma trigonometrica della serie di Fourier sta nell’immediatezza fisica dellarappresentazione. Peraltro, a meno che i coefficienti αk e βk non siano tutti reali la (49)non ha maggior senso fisico della forma originale della serie.12 Vale il seguente risultato.

Lemma 15.25. Se x(t) : R→ R e un segnale periodico di periodo T , a valori reali allorala forma trigonometrica della serie di Fourier

a0 +∞∑k=1

[αk cos kω0t+ βk sin kω0t

]ha coefficienti a0 e αk, βk, per k > 0, tutti reali.

Dimostrazione. Se x(t) e reale allora

a0 =1

T

∫[T ]x(t) dt = mx

[T ] ∈ R

inoltre, per le simmetrie viste, a−k = ak, quindi per k > 0

αk = ak + a−k = 2 Re(ak), βk = j(ak − a−k) = −2 Im(ak), (50)

sono tutti reali

Osservazione 1. E facile determinare le formule per il calcolo diretto dei coefficienti αk e βka partire dal segnale x(t), senza passare attraverso gli ak e le (50). Tali formule verrannopresentate in seguito.

Osservazione 2. Le simmetrie gia viste per la serie di Fourier espressa nella base degliesponenziali immaginari si riflettono in simmetrie della forma trigonometrica. Ad esempiose x(t) e reale pari allora gli ak sono reali pari, il che comporta βk = j(ak − a−k) = 0per ogni k ≥ 1: la forma trigonometrica della serie di Fourier di un segnale reale e paricontiene solo coseni, con coefficienti reali – una simmetria geometricamente ovvia. Unaltro esempio e il caso di x(t) reale dispari, allora gli ak sono immaginari dispari, il checomporta a0 = 0, αk = ak + a−k = 0 per ogni k ≥ 1: la forma trigonometrica della seriedi Fourier di un segnale reale dispari contiene solo seni con coefficienti reali, anche questoe geometricamente ovvio. Per altre interessanti simmetrie si veda la Lezione 17.

Ricordando quanto visto sulle rappresentazioni equivalenti dei segnali sinusoidali (Le-zione 5, in fondo al paragrafo 5.1) si dimostra immediatamente il seguente lemma chefornisce la rappresentazione fisica per eccellenza della serie di Fourier.13

12Il segnale j sin(2t) + 3 cos 3t non lo si osserva su un’oscilloscopio!13Purtroppo in generale e anche la forma piu complicata della serie di Fourier in termini di complessita

delle formule per il calcolo dei coefficienti.

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Lemma 15.26. Se x(t) : R→ R e un segnale periodico di periodo T , a valori reali allorala serie di Fourier si puo mettere nella forma

∞∑k=0

Ak cos(kω0t+ ϕk)

dove A0 = a0, ϕ0 = 0, inoltre Ak ∈ R, e ϕk ∈ (−π, π] per ogni k ≥ 1 sono opportunicoefficienti ricavabili dagli αk e βk.

15.3 Esempio di calcolo – onda quadra

Svolgiamo il calcolo dei coefficienti di Fourier del segnale onda quadra, con duty cycle del50%. Con questo s’intende il segnale periodico, di periodo T fissato, che nell’intervallot ∈[−T

2 ,T2

]vale x(t) = rect

(2T t), si veda il grafico qui sotto.

6

-

T4−T

4−T2

T2 T−T

1

t

x(t)

I coefficienti sono

ak =1

T

∫ T4

−T4

1 · e−jkω0t dt =1

T

1

−jkω0e−jkω0t

∣∣∣T4−T

4

=sin(k π2)

ricordando che ω0T = 2π. Si noti che, a causa della divisione per k, questa formulafornisce i coefficienti ak con k 6= 0. Il coefficiente a0 deve essere calcolato separatamentee vale (verificatelo) a0 = 1

2 . Si noti che il segnale x(t) e reale e pari, come la sequenza akdei coefficienti, in accordo con i risultati sulle simmetrie. Anticipando un risultato sullaconvergenza osserviamo che

∞∑k=−∞

ak ejkω0t = lim

M→∞

M∑k=−M

sin(k π2)

kπejkω0t = x(t), per ogni t 6= T

4+m

T

2, m ∈ Z,

ovvero la serie converge puntualmente al segnale dato x(t), in ogni suo punto t di con-tinuita. Sfruttando le simmetrie e possibile trasformare la serie in forma reale, di piuimmediata interpretazione. Allo scopo conviene riordinare i termini della serie – poichela convergenza e assoluta questa operazione e permessa. Si osservi che i coefficienti sonoreali e pari, a−k = ak = ak, inoltre i coefficienti con k pari sono nulli,

a2k =sin(2k π2

)kπ

=sin kπ

kπ= 0.

Si ottiene

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x(t) = a0 + a1(e−jω0t + ejω0t

)+ a3

(e−j3ω0t + ej3ω0t

)+ a5

(e−j5ω0t + ej5ω0t

). . .

= a0 + 2a1 cosω0t+ 2a3 cos 3ω0t+ 2a5 cos 5ω0t+ 2a7 cos 7ω0t . . .

=1

2+

2

πcosω0t−

2

3πcos 3ω0t+

2

5πcos 5ω0t−

2

7πcos 7ω0t . . .

=1

2+

2

π

∞∑k=0

(−1)k

2k + 1cos(2k + 1)ω0t

La figura qui sotto mostra, per T = 2, un periodo del segnale x(t) e delle prime sommeparziali della serie, a partire dal solo primo termine, la costante 1

2 , fino alla somma parzialedei primi 5 (includendo la costante) termini (traccia in rosso). Si noti che nel punto didiscontinuita (t = 0.5) tutte le somme parziali passano per l’emivalore del salto: si trattadi una caratteristica della convergenza che discuteremo piu avanti.

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Un sottoprodotto della teoria delle serie di FourierCome anticipato sopra, e come sara dimostrato piu avanti, in questo caso la serie di

Fourier di x(t) converge verso x(t) in ogni t punto di continuita di x(t). Ad esempio pert = 0 il segnale x(0) = 1 e, sostituendo t = 0 nella serie di Fourier, si ottiene

1 = x(0) =1

2+

2

π

∞∑k=0

(−1)k

2k + 1,

che equivale aπ

4= 1− 1

3+

1

5− 1

7. . .

Dal nostro punto di vista questo e un sotto-sotto-prodotto della teoria delle serie di Fourier,ma e notevole che si riescano a sommare serie numeriche inattaccabili con altri metodi.

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Lezione 16 (Martedı 5 novembre, 16:30–18:15)

Nella prima parte della lezione richiamiamo le nozioni di base sulla convergenza puntuale,uniforme ed in L2, di sequenze e serie di funzioni. Nella seconda parte diamo alcunielementari risultati sulla convergenza puntuale della serie di Fourier. Nella terza ed ultimaparte della lezione discutiamo la convergenza in L2 della serie di Fourier.

16.1 Richiami sulle sequenze e serie di funzioni

In questa sezione forniamo solo alcuni richiami sulla convergenza delle sequenze di funzioni.Queste note non sostituiscono un testo di Analisi Matematica, al quale il lettore e rinviatoper una presentazione sistematica.

Considereremo sequenze di funzioni

fn : I → C, t 7→ fn(t), n = 1, 2, . . .

Il dominio comune a tutte le funzioni fn e un intervallo I ⊂ R, finito o illimitato. Interessastudiare le proprieta di convergenza della sequenza fn e, se esiste una funzione limite f ,determinarne le proprieta.

(a.) Convergenza puntuale

Il modo piu semplice in cui si puo studiare il comportamento della sequenza di funzioni fne di valutarne il comportamento per t ∈ I fissato. La sequenza fn(t), per t ∈ I fissato, euna sequenza numerica (complessa) per la quale vale l’usuale definizione epsilon-delta dellaconvergenza. In particolare, per t ∈ I fissato, il numero ` ∈ C e il limite della sequenzanumerica fn(t), in simboli

limn→∞

fn(t) = `, (51)

se e solo se

per ogni ε > 0, esiste N = N(ε, t) tale che, se n ≥ N , e |fn(t)− `| ≤ ε.

Si noti che la definizione del limite (51) e equivalente a

limn→∞

|fn(t)− `| = 0 (52)

Quando il limite delle sequenze numeriche fn(t) esiste per ogni t ∈ I, si definisce la funzionef : I → C che ad ogni t ∈ I associa il valore del limite in t ovvero

limn→∞

fn(t) = f(t), per ogni t ∈ I.

Come ricordato pocanzi in (52) cio equivale alla seguente caratterizzazione

limn→∞

|fn(t)− f(t)| = 0, per ogni t ∈ I conv. puntuale (53)

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(b.) Convergenza uniforme

Diremo che la sequenza fn converge uniformemente alla funzione f ,

limn→∞

fn(t) = f(t), uniformemente

se e solo se

per ogni ε > 0, esiste N = N(ε) tale che, se n ≥ N , per ogni t ∈ I e |fn(t)− `| ≤ ε.

La differenza fondamentale rispetto alla convergenza puntuale e cheN = N(ε) non dipendeda t ∈ I per cui la condizione qui sopra si puo scrivere come supt∈I |fn(t)− f(t)| < ε perogni n ≥ N e quindi la convergenza uniforme equivale a (confronta con (53))

limn→∞

supt∈I|fn(t)− f(t)| = 0. conv. uniforme (54)

Il grafico qui sotto illustra intuitivamente la convergenza uniforme. Da un certo N =N(ε) in poi le funzioni fn(t) sono tutte comprese nella fascia di ampiezza 2ε intorno allafunzione limite, infatti affinche valga la (54), per ogni n ≥ N e per ogni t ∈ I deve essere

f(t)− ε ≤ fn(t) ≤ f(t) + ε

6

-a b t

f(t)

f(t) + ε

f(t)− ε

fn(t)

Esempio di convergenza uniforme. Si consideri la sequenza di funzioni definite su I = R

fn(t) :=1

ncos 2πnt, t ∈ R

La sequenza fn(t) converge uniformemente alla funzione nulla, infatti |fn(t)| ≤ 1n per ogni

t ∈ R, quindi limn→∞ supt∈R |fn(t)| = 0.

Esempio di convergenza non-uniforme. Si consideri la sequenza di funzioni definite suI = R

fn(t) :=

0, se t ≤ 0,tn, se 0 ≤ t ≤ 1,1, se t ≥ 1.

In questo caso la sequenza fn converge puntualmente, ma non uniformemente, alla funzionediscontinua f(t)

limn→∞

fn(t) = f(t) =

{0, se t < 1,1, se t ≥ 1.

104

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La convergenza uniforme e estremamente utile poiche consente di scambiare diverseoperazioni di limite. Il seguente teorema (per la cui dimostrazione rimandiamo ai testidi Analisi) costituisce un importante esempio di cosa e permesso fare in condizioni diconvergenza uniforme.

Teorema 16.10. (proprieta fondamentali della convergenza uniforme)

(a.) Se le funzioni fn sono continue su I, e se fn → f uniformemente, allora f e continua

(b.) Se valgono le condizioni di (a.) ed I = [a, b] e finito, allora

limn→∞

∫ b

afn(t) dt =

∫ b

af(t)dt

(c.) Se le funzioni fn sono derivabili, fn → f puntualmente, e la sequenza dele derivatef ′n → g uniformemente, allora fn → f uniformemente e g = f ′.

Osservazione. E immediato verificare che tutte le affermazioni del teorema sono equivalentia scambi di limite. Infatti, in (a.) si afferma che la funzione limite f e continua, ovvero

limt→t

f(t) = limt→t

limn→∞

fn(t) = limn→∞

limt→t

fn(t) = limn→∞

fn(t) = f(t).

In (b.) si afferma che

limn→∞

∫ b

afn(t) dt =

∫ b

af(t)dt =

∫ b

alimn→∞

fn(t) dt.

Infine l’affermazione piu importante di (c.) e che g = f ′, ovvero

limn→∞

d

dtfn(t) =

d

dtf(t) =

d

dtlimn→∞

fn(t).

(c.) Convergenza in L2

Diremo che la sequenza fn converge alla funzione f in L2 (si dice anche in media quadra-tica) se e solo se

limn→∞

∫I|fn(t)− f(t)|2 dt = 0. conv. in L2

Osservazione. Ognuno dei modi della convergenza che abbiamo richiamato e basato su unadiversa nozione di vicinanza asintotica tra fn(t) ed f(t) misurata in termini di proprietadell’errore |fn(t)− f(t)|. La convergenza e puntuale se |fn(t)− f(t)| → 0 per ogni t ∈ I,uniforme se supt∈I |fn(t)− f(t)| → 0, in L2 se

∫I |fn(t)− f(t)|2 → 0. Quest’ultima e una

nozione di vicinanza in energia (asintoticamente l’energia dell’errore e nulla). Avere a di-sposizione piu nozioni di convergenza e estremamente utile nelle applicazioni – tipicamenteci sono applicazioni per le quali e importante un errore asintoticamente uniformementepiccolo (traiettorie di bracci robotici in ambienti ristretti) altre dove e piu rilevante chel’errore sia piccolo in senso energetico (compressione di segnali audio).

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(d.) Relazioni tra i modi della convergenza

(i) La congergenza uniforme implica quella puntuale.

(ii) Se I = [a, b] e finito la convergenza uniforme implica la convergenza in L2.

(iii) La convergenza puntuale non implica la convergenza in L2

(iv) La convergenza in L2 non implica la convergenza puntuale.

Dimostrazioni e controesempi

(i) supt∈I |fn(t)− f(t)| → 0 implica che |fn(t)− f(t)| → 0 per ogni t ∈ I.

(ii)∫ ba |fn(t)−f(t)|2 dt ≤ supt∈I |fn(t)−f(t)|2

∫ ba 1 ·dt = (b−a) supt∈I |fn(t)−f(t)|2 → 0.

(iii) Si consideri14 la sequenza di funzioni costanti a tratti fn(t) = 2n χ[ 12n, 22n

](t). E facile

dimostrare (basta tracciare e analizzare i grafici) che la sequenza fn converge puntualmentealla funzione nulla, mentre fn non converge alla funzione nulla in L2.

(iv) Si consideri la sequenza di funzioni costanti a tratti f1(t) := χ[0, 12 ](t), f2(t) := χ

[ 12,1](t),

f3(t) := χ[0, 13 ](t), f4(t) := χ

[ 13, 23 ](t), f5(t) := χ

[ 23,1](t), f6(t) := χ

[0, 14 ](t), f7(t) := χ[ 1

4, 24 ](t),

f8(t) := χ[ 2

4, 34 ](t), f9(t) := χ

[ 34,1](t), ecc. Questa sequenza converge alla funzione nulla

nel senso di L2, ma non puntualmente. Anche qui la dimostrazione e molto semplice unavolta tracciati i grafici.

(e.) Serie di funzioni

Considereremo serie di funzioni∞∑k=1

gk(t),

dove gk : I → C, per ogni k ∈ Z. Per t ∈ I fissato si tratta di una normale serienumerica dell’Analisi I. Come per le sequenze di funzioni, anche qui interessa analizzareil comportamento della serie in funzione di t ∈ I. Allo scopo si considera la sequenzadi funzioni costruita a partire dalle somme parziali della serie. Il termine n−esimo dellasequenza e

fn(t) :=

n∑k=1

gk(t).

Se esiste una funzione f : I → C tale che fn(t) → f(t) puntualmente, oppure uni-formemente, oppure in L2, allora diremo che la serie converge alla somma f(t) nel modocorrispondente. Per quanto visto sulle sequenze le definizioni relative alle serie sono quindi

limn→∞

∣∣∣∣∣n∑k=1

gk(t)− f(t)

∣∣∣∣∣ = 0 ⇐⇒ conv. puntuale della serie

limn→∞

supt∈I

∣∣∣∣∣n∑k=1

gk(t)− f(t)

∣∣∣∣∣ = 0 ⇐⇒ conv. uniforme della serie

limn→∞

∫I

∣∣∣∣∣n∑k=1

gk(t)− f(t)

∣∣∣∣∣2

dt = 0 ⇐⇒ conv. in L2 della serie

14Si ricorda che χ[a,b](t) e la funzione indicatrice dell’intervallo [a, b], definita da χ[a,b](t) = 1 per t ∈ [a, b],e nulla altrove.

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Esempio. Si consideri la sequenza di funzioni di t ∈ I := [−0.5, 0.5]

∞∑k=0

tk (55)

La convergenza puntuale si stabilisce immediatamente se si osserva che, per ogni t ∈ I,siamo in presenza di una serie geometrica convergente a 1

1−t . La somma della serie, nelsenso della convergenza puntuale, e dunque la funzione

∞∑k=0

tk =1

1− t, per ogni t ∈ I

E anche facile verificare (applicando il criterio qui sotto) che la serie (55) converge a f(t)uniformemente e quindi, per quanto visto, anche in L2.

Il seguente criterio, di convergenza uniforme per le serie di funzioni e a volte utile. La dimostrazionee semplice, ma omessa.

Teorema 16.11. (criterio di Weierstrass)

Se i termini della serie di funzioni∞∑k=1

gk(t),

sono funzioni limitate, ovvero per ogni k ∈ Z esiste Mk <∞, tale che supt∈I |gk(t)| ≤Mk e

∞∑k=1

Mk <∞

allora la serie di funzioni converge uniformemente, ed assolutamente.

Esempio. Riprendiamo l’esempio precedente. Gli elementi della serie di funzioni

∞∑k=0

tk, dove t ∈ I = [−0.5, 0.5] (56)

sono gk(t) = tk, e sul dominio di definizione I vale supt∈I |gk(t)| ≤ 12k . Il criterio di Weierstrass si applica.

Si conclude che la serie converge uniformemente.

Osservazione sulle serie bilaterali. Nell’applicazione alle serie di Fourier ci si trova spesso adover considerare serie di funzioni con l’indice k ∈ Z, anziche k ∈ Z+, ovvero della forma

∞∑k=−∞

gk(t).

Vi sono due modi per interpretare questo tipo di serie. La definizione standard dell’Analisie (confronta con la definizione degli integrali generalizzati

∫∞−∞)

∞∑k=−∞

gk(t) := limm,n→∞

n∑k=−m

gk(t)

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dove i due indici m,n divergono a +∞ indipendentemente. In alternativa si puo definireil cosiddetto valore principale di Cauchy della serie come

∞∑k=−∞

gk(t) := limn∞

n∑k=−n

gk(t).

Per le serie di Fourier di segnali a valori reali e naturale calcolare i valori principali diCauchy, poiche i due termini a−n e

−jnω0t ed an ejnω0t sono complessi coniugati e sommati

generano un unico termine sinusoidale del tipo An cos(nω0t+ φn).

16.2 Convergenza puntuale della serie di Fourier

Lo studio della convergenza puntuale delle serie di Fourier e stato un cavallo di battagliadell’analisi matematica per tutto l’Ottocento e buona parte del Novecento. L’obiettivo eradimostrare risultati di convergenza sempre piu forti a partire da condizioni di regolaritasempre piu deboli sul segnale x(t). Al livello di questo corso non e possibile nemmenoenunciare i risultati piu avanzati, ci limiteremo quindi ad illustrare un risultato moltoclassico, sufficientemente potente a coprire buona parte dei casi d’interesse ingegneristico.

Cominciamo con un risultato tecnico, che peraltro ha una semplice interpretazioneintuitiva.

Il lemma di Riemann-Lebesgue

Teorema 16.12. (lemma di R-L elementare)Sia [a, b] ⊂ R un intervallo finito, allora

limω→∞

∫ b

acosωt dt = 0.

Dimostrazione.

limω→∞

∣∣∣∣ ∫ b

acosωt dt

∣∣∣∣ = limω→∞

∣∣∣∣ 1

ωsinωt

∣∣∣ba

∣∣∣∣ ≤ limω→∞

∣∣∣∣ 2ω∣∣∣∣ = 0.

Il contenuto del lemma diventa intuitivo se si ragiona come segue. Per ω →∞ l’inter-vallo [a, b] e pari ad un numero intero molto grande di periodi di cosωt piu un pezzettodi periodo di lunghezza che tende a zero per ω → ∞. L’unico contributo all’integraleproviene da questo pezzetto di periodo, da cui la conclusione.

Si consideri ora una funzione costante a tratti, che si puo sempre rappresentare nellaforma f(t) =

∑nk=1 ak

χIk(t), dove gli insiemi Ik sono intervalli finiti.

Teorema 16.13. (lemma di R-L per funzioni costanti a tratti)Sia f : I := ∪nk=1Ik → C una funzione costante a tratti, allora

limω→∞

∫If(t) cosωt dt = 0

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Dimostrazione. Su ogni sottoinsieme Ik la funzione f e costante, quindi vale il lem-ma di Riemann-Lebesgue elementare e limω→∞

∫Ikf(t) cosωt dt → 0. Per l’addittivita

dell’integrale si conclude.

Piu in generale vale il seguente risultato.

Teorema 16.14. (lemma di Riemann-Lebesgue)Sia f : I → C una funzione Riemann integrabile, allora

limω→∞

∫If(t) cosωt dt = 0

Dimostrazione (cenno). La dimostrazione formale non e difficile e si basa sull’osservazioneche una funzione f e Riemann integrabile se e solo se si puo approssimare arbitrariamentebene con una funzione costante a tratti (somma di Riemann), e quindi applicando laversione del lemma di R-L per le funzioni costanti a tratti.

Vi sono versioni alternative del Lemma: delle due menzionate qui sotto la prima hadimostrazione identica a quella del Teorema 16.14, per la seconda basta considerare se-paratamente le parti reale e immaginaria. Per le simmetrie delle funzioni trigonometrichetutti questi risultati valgono ovviamente sia per ω →∞ che per ω → −∞.

limω→±∞

∫If(t) sinωt dt = 0, lim

ω→±∞

∫If(t)ejωt dt = 0.

Serie di Fourier – proprieta generale dei coefficientiSe x(t) e un segnale periodico T , ed x(t) ∈ L1([T ]) (e integrabile sul periodo) allora lasequenza dei coefficienti di Fourier ak e limitata (questo e il contenuto del Lemma 15.24).Il Lemma di Riemann-Lebesgue ci fornisce un’informazione molto piu forte sugli ak.

Lemma 16.27. Se x(t) ∈ L1([T ]) allora

lim|k|→∞

ak = 0

Dimostrazione. Per ipotesi x(t) e Riemann integrabile su [T ] quindi, per il Lemma diRiemann-Lebesgue,

lim|k|→∞

ak =1

Tlim|k|→∞

∫[T ]x(t)e−jkω0t dt = 0,

poiche, per |k| → ∞, la pulsazione |kω0| → ∞.

Serie di Fourier – somme parziali

Lemma 16.28. La somma parziale (simmetrica) della serie di Fourier e

xM (t) :=M∑

k=−Mak e

jkω0t =1

T

∫[T ]x(t− τ)DM (τ) dτ (57)

dove

DM (t) :=M∑

k=−Mejkω0t = 1 + 2

M∑k=1

cos kω0t =sin(M + 1

2

)ω0t

sin 12ω0t

(58)

109

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Dimostrazione. Riscriviamo la somma parziale della serie di Fourier, sostituendo ai coeffi-cienti ak la loro espressione analitica,

xM (t) :=M∑

k=−Mak e

jkω0t =M∑

k=−M

[1

T

∫[T ]x(τ) e−jkω0τ dτ

]ejkω0t

=1

T

∫[T ]x(τ)

[M∑

k=−Mejkω0(t−τ)

]dτ =

1

T

∫[T ]x(t− τ)

[M∑

k=−Mejkω0τ

]dτ

=1

T

∫[T ]x(t− τ)DM (τ) dτ (59)

dove DM (t) e la funzione definita nell’enunciato del lemma. Nell’enunciato sono fornitedue espressioni alternative di DM . Quella in coseni si ricava banalmente usando la formuladi Eulero, mentre quella in seni, molto piu utile, si ricava come segue.

DM (t) :=M∑

k=−Mejkω0t = e−jMω0t

2M∑k=0

ejkω0t = e−jMω0t 1− ej(2M+1)ω0t

1− ejω0t

=

[e−jMω0t e

j(M+ 12)ω0t

ejω0t2

]e−j(M+ 1

2)ω0t − ej(M+ 12)ω0t

e−jω0t2 − ejω0

t2

=sin(M + 1

2

)ω0t

sin 12ω0t

, (60)

dove la seconda uguaglianza discende dalla nota formula per la somma parziale della seriegeometrica. Si noti inoltre che il termine in parentesi quadre vale 1.Qui sotto il grafico di D5(t), con periodo T = 1.

Nota. La funzione DM (t) e detta nucleo di Dirichlet di ordine M . Per la (57) la sommaparziale di ordine M della serie di Fourier e la convoluzione periodica15 di x(t) e DM (t).

15Osservazione. Dati due segnali periodici non nulli, dello stesso periodo T , la loro convoluzione sicura-mente diverge. Se i segnali sono integrabili esiste invece la convoluzione periodica, definita come ripetizioneperiodica di periodo T del segnale che per ogni t ∈ [T ] vale

v ∗[T ] w(t) :=

∫[T ]

v(τ)w(t− τ) dτ =

∫[T ]

v(t− τ)w(τ) dτ, per ogni t ∈ [T ]

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Teorema di convergenza puntuale di Dirichlet

Vi sono molti teoremi di convergenza puntuale per le serie di Fourier, alcuni molto semplici,come quello che presenteremo, altri estremamente complessi. Tutti richiedono qualcheipotesi di regolarita sul segnale x(t). Per il risultato che presenteremo e necessaria laderivabilita a tratti.16

Teorema 16.15. Se x(t) e un segnale periodico di periodo T , derivabile a tratti la seriedi Fourier associata converge puntualmente e la somma vale

∞∑k=−∞

akejkω0t = lim

M→∞xM (t) =

x(t+) + x(t−)

2, per ogni t ∈ R

Dimostrazione. Abbiamo gia calcolato in (59) la somma parziale xM (t) della serie diFourier. Utilizzando la formula (58) in coseni e facile calcolare l’integrale sul semiperiodo[0, T2

]del nucleo di Dirichlet che compare in (59)

2

T

∫ T2

0DM (t) dt =

2

T

∫ T2

0

(1 + 2

M∑k=1

cos kω0t

)dt = 1. (61)

Procediamo ora al calcolo del limite puntuale, cioe a t fissato, della somma parziale xM (t)ovvero

limM→∞

xM (t) = limM→∞

1

T

∫[T ]x(t− τ)DM (τ) dτ

Spezziamo il calcolo in due parti, dimostrando separatamente che

limM→∞

2

T

∫ T2

0x(t− τ)DM (τ) dτ = x(t−) (62)

ed inoltre che

limM→∞

2

T

∫ 0

−T2

x(t− τ)DM (τ) dτ = x(t+) (63)

la media aritmetica di (62) e (63) fornisce

limM→∞

1

T

∫[T ]x(t− τ)DM (τ) dτ =

x(t+) + x(t−)

2

16Continuita e derivabilita a tratti. Una funzione e detta continua a tratti se e continua in tutti i puntidel dominio, tranne al piu in un numero finito di punti t di salto, dove cioe esistono finiti i limiti sinistri edestri x(t−) = lim∆↓0 x(t−∆) ed x(t+) = lim∆↓0 x(t+ ∆), ma x(t−) 6= x(t+). Una funzione e derivabilea tratti se e derivabile in tutti i punti del dominio, tranne al piu in un numero finito di punti t dovela derivata presenta salti, ovvero esistono finite le derivate unidirezionali x′−(t) = lim∆↓0

x(t−∆)−x(t−)−∆

, e

x′+(t) = lim∆↓0x(t+∆)−x(t+)

∆, ma x′−(t) 6= x′+(t). Geometricamente questa condizione significa che nei

punti t in cui la derivata presenta salti, esistono comunque le tangenti ad x(t) sia avvicinandosi a t dasinistra che da destra. Per le funzioni periodiche ovviamente basta che le condizioni siano verificate in unperiodo.

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che e quanto si doveva dimostrare. Rimangono da dimostrare le (62) e (63). Tenendoconto della (61), dimostrare la (62) e equivalente a dimostrare che

0 = limM→∞

2

T

∫ T2

0

[x(t− τ)− x(t−)

]DM (τ) dτ e, usando la (58),

= limM→∞

2

T

∫ T2

0

[x(t− τ)− x(t−)

]sin(M + 1

2

)ω0τ

sin 12ω0τ

= limM→∞

2

T

∫ T2

0

[x(t− τ)− x(t−)

−τ

]−τ

sin 12ω0τ

sin(M +

1

2

)ω0τ dτ

La funzione integranda nell’ultimo integrale e il prodotto di tre funzioni di τ . La prima,[x(t−τ)−x(t−)

−τ

]e il rapporto incrementale sinistro del segnale x(t) nel punto fissato t e,

poiche per ipotesi la derivata sinistra esiste ovunque, questa funzione di τ e limitata –l’unico punto che potrebbe essere critico e τ = 0 per via del denominatore, ma per τ → 0la funzione in parentesi quadre tende a x′−(t) che e finita per ipotesi. La seconda funzione−τ

sin 12ω0τ

e limitata per ogni τ – anche qui l’unico punto critico e τ = 0, ma per τ → 0 il

limite e 2ω0

, usando un limite notevole dell’analisi ( sinxx → 1 per x→ 0). Il prodotto delle

prime due funzioni e quindi una funzione Riemann integrabile su[0, T2

]. La terza funzione

e sin(M + 1

2

)ω0τ e si puo quindi applicare il lemma di Riemann-Lebesgue e concludere

che il limite per M →∞ dell’integrale e nullo. Esattamente allo stesso modo si dimostrala (63) e cio conclude la dimostrazione del teorema di convergenza puntuale di Dirichlet.

16.3 Richiami di algebra lineare – proiezioni e approssimazioni

Per affrontare la teoria della convergenza in L2 della serie di Fourier si devono ricordarealcuni risultati che valgono in tutti gli spazi vettoriali dotati di prodotto interno. Inparticolare e necessario approfondire i risultati che ci avevano condotto al Lemma 14.22.

Proiezioni ortogonali negli spazi a prodotto interno

Definizione 16.20. (proiezione ortogonale di un vettore su un sottospazio)

Sia V uno spazio vettoriale a prodotto interno e W ⊂ V un suo sottospazio. Dato v ∈ V,la proiezione ortogonale di v su W, e il vettore, denotato PWv, tale che

(i.) PWv ∈ W

(ii.) v − PWv ⊥ w, per ogni w ∈ W.

Osservazione. La proiezione ortogonale e unica, infatti se w1, w2 ∈ W sono entrambiproiezioni ortogonali su W dello stesso v ∈ V, per la (ii) si ha

〈v − w1, w〉 = 〈v − w2, w〉 = 0, per ogni w ∈ W

La seconda identita equivale a 〈w2 − v, w〉 = 0, e per la linearita del prodotto scalare

〈w2 − w1, w〉 = 0, per ogni w ∈ W,

Scegliendo w = w2 − w1, si ha 〈w2 − w1, w2 − w1〉 = ||w2 − w1||2 = 0, da cui w1 = w2.

Il seguente Lemma caratterizza le proiezioni ortogonali.

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Lemma 16.29. Sia V uno spazio vettoriale a prodotto interno e W ⊂ V il sottospazio

W = span{w1, w2, . . . wn}

dove i generatori w1, . . . wn sono ortogonali, cioe 〈wk, wh〉 = ckδk,h. Dato v ∈ V, si ha

PWv :=n∑k=1

〈w,wk〉〈wk, wk〉

wk, (64)

Dimostrazione. E sufficiente verificare le proprieta (i.) e (ii.) della definizione di proiezione.La (i.) e banale poiche PWv in (64) e una combinazione lineare dei generatori di W. Perla verifica di (ii.) e sufficiente che v − PWv ⊥ wk, per ogni generatore wk di W, ovvero

〈v − PWv, wk〉 = 0, per ogni k = 1, . . . n.

Sostituendo l’espressione (64) si trova

〈v − PWv, wk〉 =

⟨v −

n∑h=1

〈v, wh〉〈wh, wh〉

wh, wk

= 〈v, wk〉 −n∑h=1

⟨〈v, wh〉〈wh, wh〉

wh, wk

⟩= 〈v, wk〉 −

⟨〈v, wk〉〈wk, wk〉

wk, wk

⟩= 0

per ogni k = 1, . . . n.

Approssimazione ottima in norma

In R2 dotato dell’usuale prodotto scalare e noto che la proiezione ortogonale e anche lamigliore approssimazione in norma. Con riferimento alla figura: ||v − PWv|| ≤ ||v − w||per ogni w ∈ W. Se si vuole approssimare il vettore v con un vettore di W, minimizzandola norma dell’errore di approssimazione ||v − w||, la scelta ottima e PWv.

v

W

PWv

v − PWv

Quanto detto vale in generale in qualunque spazio a prodotto interno.

113

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Teorema 16.16. (Teorema della proiezione) Sia V uno spazio vettoriale a prodottointerno e W ⊂ V un suo sottospazio, allora la migliore approssimazione in norma di vcon un vettore di W e la proiezione ortogonale PWv ovvero,

||v − PWv|| ≤ ||v − w||, per ogni w ∈ W

inoltreminw∈W

||v − w||2 = ||v − PWv||2 = ||v||2 − ||PWv||2

Dimostrazione. E banale usando la seguente decomposizione dell’errore

v − w =(v − PWv

)+(PWv − w

), (65)

ed osservando che i due addendi risultanti sono ortogonali, infatti(v − PWv

)⊥ W, mentre(

PWv − w)∈ W. L’ottimizzazione17 dell’errore di approssimazione si puo allora condurre

come segue (i passaggi sono commentati qui sotto)

minw∈W

||v − w||2 = minw∈W

〈v − w, v − w〉

= minw∈W〈(v − PWv

)+(PWv − w

),(v − PWv

)+(PWv − w

)〉

= minw∈W

[||v − PWv||2 + ||PWv − w||2

]= ||v − PWv||2

= ||v||2 − ||PWv||2

Si noti che (a.) il vettore che minimizza la norma e lo stesso che minimizza il quadrato dellanorma, essendo x2 una funzione monotona su R+; (b.) nel secondo passaggio si e sfruttatal’ortogonalita della decomposizione (65); (c.) nel penultimo passaggio i due addendi sonononnegativi: il primo non dipende da w, il secondo si annulla per w = PWv, quindiil vettore minimizzatore e PWv; (d.) l’ultimo passaggio e il teorema di Pitagora: v =[v − PWv

]+PWv e i due addendo sono ortogonali quindi ||v||2 = ||v−PWv||2 + ||PWv||2.

Entrambe le affermazioni del teorema sono cosı dimostrate.

16.4 Serie di Fourier di segnali in L2([T ])

In questa sezione studiamo la serie di Fourier dei segnali x(t) ∈ L2([T ]). Come noto18 sex(t) ∈ L2([T ]) allora x(t) ∈ L1([T ]), quindi i coefficienti di Fourier, ak sono ben definiti, efiniti per ogni k ∈ Z. Si consideri il sottospazio W ⊂ L2([T ]),

W := span{φk(t), k = −M, . . .M} = span{ejkω0t, k = −M, . . .M}.

La migliore approssimazione di x(t), nella norma di L2([T ]), con un segnale appartenentea W e la proiezione ortogonale di x(t) su W (Teorema 16.16) data da

PWx(t) =

M∑k=−M

[〈x(t), φk(t)〉〈φk(t), φk(t)〉

]φk(t) =

M∑k=−M

[1

T

∫[T ]x(t)e−jkω0t dt

]ejkω0t =

M∑k=−M

akejkω0t,

17L’esistenza e l’unicita del minimo discendono dalla continuita della norma e dalla convessita di W.18Lemma. x(t) ∈ L2([T ]) ⇒ x(t) ∈ L1([T ]). Dim. Per la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz si ha∫

[T ]

|x(t)| dt =

∫[T ]

|x(t)| · 1 dt ≤√∫

[T ]

|x(t)|2 dt∫

[T ]

12 dt =

√T

∫[T ]

|x(t)|2 dt <∞.

114

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ovveroPWx(t) = xM (t),

la proiezione di x(t) su W coincide con la M -esima somma parziale della serie di Fourier,e per quanto visto la norma dell’errore di approssimazione vale

||x(t)− xM (t)||2 =

∫[T ]

∣∣∣∣∣x(t)−M∑

k=−Make

jkω0t

∣∣∣∣∣2

dt = ||x(t)||2 − ||xM (t)||2

=

∫[T ]|x(t)|2 dt− T

M∑k=−M

|ak|2,

dove l’identita ||xM (t)||2 = T∑M

k=−M |ak|2 e gia stata dimostrata (Teorema 14.9).

Un notevolissimo risultato sugli spazi L2([T ]) e che l’insieme numerabile di funzioni {φk(t)}k∈Zcostituisce una base per l’intero spazio L2([T ]). Questo equivale al teorema:

Teorema 16.17. (Teorema di Riesz-Fischer)

Dato il segnale x(t) ∈ L2([T ]) la serie di Fourier associata converge in L2 ad x(t), ovvero

limM→∞

∫[T ]

∣∣∣∣∣x(t)−M∑

k=−Make

jkω0t

∣∣∣∣∣2

dt = 0,

inoltre vale l’identita di Parseval∫[T ]|x(t)|2 dt = lim

M→∞T

M∑k=−M

|ak|2 = T∞∑

k=−∞|ak|2.

Osservazione. Il contenuto geometrico intuitivo del Teorema di Riesz-Fischer si ha perconfronto con la discussione che precede l’enunciato. Quando ”M = ∞” lo spazio W :=span{φk(t), k ∈ Z} coincide con L2([T ]) e l’approssimazione di x(t) con la proiezione xM (t)diventa una rappresentazione esatta di x(t) (energia dell’errore nulla).

Interpretazione geometrica della forma trigonometrica della serie di Fourier. Non edifficile, ma non lo faremo, effettuare un cambio di base ortogonale e dimostrare che

W := span{ejkω0t, k = −M, . . .M} = span{1, cos kω0t, sin kω0t, k = 1,M}.

Esercizio proposto. Dimostrare che le funzioni 1, cos kω0t, sinω0t, per k = 1, 2, . . . , sono

ortogonali in L2([T ]): esse costituiscono la base trigonometrica di L2([T ]).

Dal punto di vista geometrico i coefficienti a0, αk, βk, per k = 1, 2, . . . della forma tri-gonometrica della serie di Fourier, introdotti nella Sezione 15.2, sono i coefficienti dellaproiezione ortogonale di x(t) sulla base trigonometrica. E facile verificare che i coefficientiαk e βk hanno le espressioni esplicite

αk =〈x(t), cos kω0t〉〈cos kω0t, cos kω0t〉

=2

T

∫[T ]x(t) cos kω0t dt,

βk =〈x(t), sin kω0t〉〈sin kω0t, sin kω0t〉

=2

T

∫[T ]x(t) sin kω0t dt.

115

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Lezione 17 (Mercoledı 6 novembre, 16:30–18:15)

La serie di Fourier per segnali generalizzati. Esercitazione sulle serie di Fourier. Consultatei vostri appunti per la lista degli esercizi svolti a lezione. Qui saranno riportate alcunedelle considerazioni fatte in aula, in particolare quelle relative all’uso delle proprieta disimmetria al fine di semplificare i calcoli dei coefficienti di Fourier.

17.1 Serie di Fourier dei segnali generalizzati

Abbiamo finora sviluppato la teoria per segnali x(t) sufficientemente regolari da garantirela convergenza puntuale e/o in L2 della serie di Fourier. Nella pratica ingegneristicasegnali periodici x(t) contenenti delta di Dirac sono piuttosto comuni, quindi e, per quantopossibile, necessario estendere la teoria della serie ai segnali generalizzati. Come vedremo,saper gestire le delta di Dirac semplifica notevolmente anche i calcoli dei coefficienti diFourier di segnali non impulsivi ma spigolosi (onde quadre, denti di sega, triangoli, ed altridi simile natura che intervengono nella pratica dell’ingegneria elettrica ed elettronica).

Il prototipo del segnale generalizzato e δ(t), il piu semplice segnale generalizzatoperiodico e quindi

x(t) := repT (δ(t)) =

∞∑k=−∞

δ(t− kT ), treno d’impulsi

dove T > 0 e un periodo arbitrario. Il segnale x(t) non e definito puntualmente, e la suaenergia in un periodo non e definita, cio nonostante i suoi coeffcienti di Fourier sono bendefiniti

ak :=1

T

∫ T2

−T2

δ(t)e−jkω0t dt =1

T, per ogni k ∈ Z

Con opportune precisazioni matematiche, per le quali si rimanda ai testi di teoria delledistribuzioni, e possibile intendere la corrispondente serie di Fourier una rappresentazionedel treno d’impulsi nel senso delle funzioni generalizzate. Si scrive allora

x(t) :=∞∑

k=−∞δ(t− kT ) =

1

T

∞∑k=−∞

ejkω0t

E bene insistere sul fatto che, in questo caso, la seconda uguaglianza in questo caso nonpuo essere intesa ne nel senso della convergenza puntuale, ne in quello della convergenzain L2.

Esempio. Se x(t) =∑∞

k=−∞(−1)kδ(t − k) allora, sviluppando in serie di Fourier genera-lizzata, x(t) = 1

2

∑∞k=0 cos(2k + 1)πt (vedi appunti per i calcoli).

17.2 Calcolo dei coefficienti di Fourier di alcuni segnali notevoli

Per gli esempi sull’onda quadra fate riferimento agli appunti. Qui raccogliamo gli al-tri esempi fatti a lezione. Sono tutti relativi a segnali elementari che hanno comunquerilevanza nelle applicazioni ingegneristiche.

Esempio 1. (dente di sega)

Si consideri il segnale x(t), periodico di periodo T il cui grafico e

116

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6

-

T

A

t

x(t)

Nel periodo [0, T ] la rappresentazione analitica del segnale e

x(t) =A

Tt, per t ∈ [0, T ]

Osservazione. Prima di ogni altra considerazione e utile ricordare la proprieta del cambioscala temporale: le serie di Fourier di segnali periodici che differiscono tra loro per uncambio scala temporale hanno gli stessi coefficienti e differiscono solo per la pulsazionefondamentale nelle funzioni base. Cio significa che, per ricavare i coefficienti di Fourier, sipuo assumere che il periodo del segnale periodico sia T ′ = 2π, e quindi ω′0 = 1 con alleg-gerimento notazionale. Si dovra porre la massima attenzione nel reintrodurre il periodooriginale T , e la relativa pulsazione ω0, quando si scrive la serie.

Alla luce della precedente osservazione ricaviamo i coefficienti del segnale x(t) ponendoper il momento T = 2π. Il segnale in un periodo e allora

x(t) =A

2πt, per t ∈ [0, 2π]

Il calcolo diretto dei coefficienti di Fourier richiede un’integrazione per parti,

ak :=1

∫ 2π

0

A

2πt e−jkt dt =

A

4π2

[ ∫ 2π

0tde−jkt

−jk

]= j

A

4π2k

[te−jkt

∣∣∣2π0−∫ 2π

0e−jkt dt

]= j

A

4π2k[ 2π − 0 ] = j

A

2πk(66)

Per k = 0 la precedente formula non e valida (k si trova al denominatore). Il coefficientea0 va calcolato separatamente e vale

a0 =1

∫ 2π

0

A

2πt dt =

A

2

Un modo alternativo per ricavare i coefficienti di Fourier di x(t) e di ricavare i coefficientibk del segnale y(t) := d

dtx(t) e poi utilizzare la nota relazione19 bk = jkak per ricavaregli ak. Anche in questo caso il coefficiente a0 va calcolato separatamente. Il grafico delsegnale y(t) e qui sotto.

19In generale, se x(t) ha periodo T , pulsazione ω0, e coefficienti di Fourier ak, i coefficienti di y(t) = ddtx(t)

sono bk = jkω0ak

117

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6

-2π

−A

t

y(t) := ddtx(t)

? ? ? ? ?

A2π

Si noti che y(t) e un segnale generalizzato – ed e proprio questo il motivo per cui e piusemplice ricavarne i coefficienti di Fourier – le delta di Dirac rendono il calcolo degliintegrali banale. Analiticamente, l’espressione di y(t) in un periodo e

y(t) :=d

dtx(t) =

A

2π−Aδ(t− 2π), per t ∈ [0, 2π]

La costante A2π da contributo nullo ai coefficienti bk con k 6= 0, poiche

∫[2π] ce

−jkt dt = 0.

Per il calcolo dei coefficienti bk si deve calcolare

bk =1

∫[2π]

y(t) e−jkt dt,

dove, come sempre, [2π] denota un intervallo [a, a + 2π], con a arbitrario. In questo ca-so non e opportuno scegliere intervallo d’integrazione [0, 2π], poiche ad entrambi i suoiestremi cade una delta di Dirac. Quando la delta di Dirac cade agli estremi dell’intervallod’integrazione e facile commettere errori di calcolo. E pero possibile, ed opportuno, sce-gliere l’intervallo d’integrazione in modo che le delta di Dirac non cadano ai suoi estremi;in questo caso si puo ad esempio prendere l’intervallo [π, 3π]. I coefficienti sono allora datida

bk =1

∫ 3π

πy(t) e−jkt dt =

1

∫ 3π

π

(A

2π−Aδ(t− 2π)

)e−jkt dt = − A

2πe−j2kπ = − A

Ricordando che bk = jkπak si ricava infine

ak =bkjkπ

= jA

2πk, per ogni k 6= 0

Il coefficiente a0 = A2 lo avevamo gia ricavato in precedenza. Naturalmente i coefficienti

coincidono con quelli trovati con calcolo diretto in (66). La serie di Fourier del segnale dix(t) di generico periodo T , e corrispondente pulsazione ω0, e allora

x(t) =A

2+

∑k∈Z,k 6=0

[jA

2πk

]ejkω0t

Nota bene: non fate la fesseria di sostituire 2π con T nel denominatore del coefficiente akquando scrivete la serie di Fourier del segnale di periodo T generico!

118

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Osservazioni sulle simmetrie

Il segnale x(t) non e ne pari, ne dispari, ma sottraendo il valor medio ad x(t) si ottiene ilsegnale dispari x1(t) che nel periodo [0, T ] vale

x1(t) = x(t)− A

2=A

Tt− A

2, per t ∈ [0, T ].

6

-T

A2

t

x1(t)

Lo sviluppo in serie di Fourier di x1(t) e ovviamente

x1(t) =∑

k∈Z,k 6=0

[jA

2πk

]ejkω0t

si noti che poiche x1(t) e reale dispari, i coefficienti ak = j A2πk sono immaginari dispari.

La forma trigonometrica della serie

x1(t) = a0 +∞∑k=1

αk cos kω0t+ βk sin kω0t

si puo ricavare calcolando direttamente i coefficienti αk e βk oppure ricordando che

αk = ak + a−k = jA

2πk+ j

A

2π(−k)= 0, βk = j(ak − a−k) = − A

πk,

da cui si ricava

x1(t) = −Aπ

∞∑k=1

sin kω0t

k

E interessante osservare che a volte, con alcune semplici trasformazioni come l’aggiuntadi una costante e/o una traslazione temporale, si possono evidenziare e/o modificare lesimmetrie di un segnale. Si considerino i seguenti esempi, relativi all’onda quadra.

119

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6

-

6

-

6

-

t

tt

x(t)

x(t)− A2

A2

A

T

x(t+ T

4

)− A

2A2

T T4 T

Il segnale x(t) non e ne pari ne dispari. Il segnale x1(t) := x(t) − A2 e dispari, il segnale

x2(t) := x(t+ T

4

)− A

2 e pari. Questo si riflette sulle proprieta dei coefficienti di Fourier.Noti i coefficienti di uno dei tre segnali quelli degli altri due si ricavano usando le noteregole. Esercizio: determinare le forme esponenziale e trigonometrica delle serie di Fourierdei tre segnali.

Esempio 2. (segnale triangolare)

Si consideri il segnale x(t), periodico di periodo T il cui grafico e

6

-

tT2

A

x(t)

L’espressione analitica di x(t) in un periodo, ad esempio nell’intervallo[−T

2 ,T2

]e

x(t) =

2AT t+A, se t ∈

[−T

2 , 0],

−2AT t+A, se t ∈

[0, T2

]

In questo caso il calcolo diretto dei coefficienti di Fourier richiede una doppia integrazioneper parti ed e fortemente sconsigliato. La derivata di x(t) nel periodo

[−T

2 ,T2

]e il segnale

continuo a tratti (e un’onda quadra: tracciate il grafico!)

y(t) :=d

dtx(t) =

{2AT , se t ∈

[−T

2 , 0],

−2AT , se t ∈

[0, T2

]120

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La derivata generalizzata di y(t) e il segnale z(t) := ddt(t) = d2

dt2x(t), che vale

z(t) :=d

dty(t) =

4A

T

[· · · − δ(t+ T ) + δ

(t+

T

2

)− δ(t) + δ

(t− T

2

)− δ(t− T ) + . . .

]

6

-

tT2

4AT

z(t)

?

6 6

??

Riutilizzando i ”trucchi” visti nella soluzione dell’esempio 1, anche qui (a.) per alleggerirela notazione nella fase di derivazione dei coefficienti poniamo per il momento T = 2π, e (b.)faremo i calcoli sul periodo

[−π

2 ,32π], per evitare delta di Dirac agli estremi dell’intervallo

d’integrazione.

I coefficienti ck, per k 6= 0, di z(t) sono allora

ck =1

∫ 32π

−π2

z(t)e−jkt dt =1

∫ 32π

−π2

4A

[− δ(t) + δ(t− π)

]e−jkt dt

=A

π2

[− 1 + e−jkπ

]=

A

π2

[− 1 + (−1)k

]=

{0 se k e pari,

−2Aπ2 , se k e dispari

I coefficienti bk, per k 6= 0, di y(t) sono bk = ckjk ed infine i richiesti coefficienti ak, per

k 6= 0 del segnale x(t) sono

ak =bkjk

=ck

(jk)2=

{0 se k e pari,2Aπ2k2 , se k e dispari

Il coefficiente a0 e il valor medio di x(t). Ricordando la definizione analitica (67) di x(t),ponendo ancora T = 2π per semplicita

a0 =1

∫ π

−πx(t) dt =

2

∫ π

0x(t) dt poiche x(t) e pari

=1

π

∫ π

0

(−Aπt+A

)dt =

A

2.

La serie di Fourier del segnale di x(t) di generico periodo T , e corrispondente pulsazioneω0, e allora

x(t) =A

2+

∞∑k=−∞

[2A

π2(2k + 1)2

]ej(2k+1)ω0t

121

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Il segnale x(t) e reale pari ed i coefficienti ak sono reali pari, la forma trigonometrica dellaserie ha quindi solo coseni. Per k = 1, 2, . . . i coefficienti delle armoniche pari sono nulliα2k = 0, mentre

α2k+1 = a2k+1 + a−2k−1 =4A

π2(2k + 1)2,

quindi

x(t) =A

2+

∞∑k=1

4A

π2(2k + 1)2cos(2k + 1)ω0t

Simmetrie a mezz’onda

La serie di Fourier del segnale triangolare contiene solo coseni con numero d’armonicadispari. Questa peculiarita dello sviluppo in serie di Fourier e dovuta ad una particolaresimmetria del segnale, caso particolare della famiglia di simmetrie a mezz’onda.

Definizione 17.21. (simmetrie a mezz’onda)

Diremo che il segnale x(t), periodico di periodo T , esibisce

(a.) la simmetria a mezz’onda se

x

(t+

T

2

)= −x(t);

(b.) la simmetria a quarto d’onda pari se e simmetrico a mezz’onda e pari

(c.) la simmetria a quarto d’onda dispari se e simmetrico a mezz’onda e dispari.

Esempi. (a.) sin(t+ β), per ogni β ∈ R, (b.) x(t) = cos t, (c.) x(t) = sin t.

I coefficienti di Fourier riflettono le simmetrie a mezz’onda come segue.

Lemma 17.30. Se x(t) ha simmetria a mezz’onda i coefficienti ak delle armoniche parisono nulli. La forma trigonometrica contiene in generale sia coseni che seni di armoni-ca dispari. Se x(t) ha simmetria a quarto d’onda pari la serie trigonometrica contienesolo coseni di armonica dispari. Se x(t) ha simmetria a quarto d’onda dispari la serietrigonometrica contiene solo seni di armonica dispari.

Queste proprieta dei coefficienti sono semplici conseguenze delle simmetrie delle funzionitrigonometriche. E immmediato verificare che

sin kω0

(t+

T

2

)= (−1)k sin kω0t, cos kω0

(t+

T

2

)= (−1)k cos kω0t

Detto z(t) il generico elemento della base trigonometrica, ovvero z(t) = sin kω0t oppurez(t) = cos kω0t per qualche k, e immediato verificare che, per k dispari z

(t+ T

2

)= −z(t)

(simmetria a mezz’onda) mentre per k pari z(t+ T

2

)= z(t). Se il segnale x(t) e simmetrico

a mezz’onda x(t+ T

2

)= −x(t) allora e intuitivo, ed immediato verificare dalla formula

per il calcolo dei coefficienti, che le proiezioni sulle armoniche con k pari sono tutte nulle,cioe αk = βk = 0 per k pari. Tutto si riduce alla seguente banalita:∫

[T ]x(t)z(t) dt = 0, se x

(t+

T

2

)= −x(t) e z

(t+

T

2

)= z(t)

122

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Lezione 18 (Lunedı 11 novembre, 14:30–16:15)

La prima parte della lezione e stata dedicata ad esempi ed esercizi – vedi appunti di lezione.

Nella seconda parte della lezione sono state presentate due proprieta della serie di Fourier.Le due proprieta sono legate tra loro da una sorta di dualita, ricorrente anche nel seguito,che sara meglio chiarita durante la trattazione della trasformata di Fourier.

18.1 Serie di Fourier del prodotto di due segnali

Siano x(t) e y(t) segnali periodici, di periodo comune T . Il seguente lemma chiarisce illegame tra i coefficienti di Fourier dei segnali x(t), y(t) e z(t) := x(t)y(t).

Lemma 18.31. Siano x(t) e y(t) segnali periodici, di periodo comune T , entrambi inL2([T ]) e con coefficienti di Fourier x(t) ↔ ak e yt ↔ bk. Sia z(t) := x(t)y(t). Alloraz(t) ∈ L1([T ]) ed ammette coefficienti di Fourier z(t)↔ ck che sono dati da

ck = ak ∗ bk =∞∑

`=−∞a`bk−`

Dimostrazione. Il segnale z(t) e periodico, di periodo T . Poiche x(t), y(t) ∈ L2([T ]), per ladisuguaglianza di Cauchy-Schwarz e∫

[T ]|z(t)| dt ≤

√∫[T ]|x(t)|2 dt

∫[T ]|y(t)|2 dt <∞,

quindi z(t) ∈ L1([T ]) ed ammette i coefficienti di Fourier, diciamoli ck che, con il truccopiu vecchio della matematica, aggiungere e togliere la stessa quantita, si scrivono come

ck :=1

T

∫ ∞−∞

z(t)e−jkω0t dt =1

T

∫ ∞−∞

x(t)y(t)e−jkω0t dt

=1

T

∫ ∞−∞

x(t)

[y(t)−

M∑`=−M

b`ej`ω0t

]e−jkω0t dt+

1

T

∫ ∞−∞

x(t)

[M∑

`=−Mb`e

j`ω0t

]e−jkω0t dt

La decomposizione a destra vale per ogni M ≥ 0, quindi anche per M → ∞. Il pri-mo termine si annulla al limite infatti, per la disuguaglianza di CS e per il teorema diconvergenza in L2 delle serie di Fourier

∣∣∣∣∣∫ ∞−∞

x(t)

[y(t)−

M∑`=−M

b`ej`ω0t

]e−jkω0t dt

∣∣∣∣∣ ≤√√√√√Ex

∫ ∞−∞

∣∣∣∣∣y(t)−M∑

`=−Mb`ej`ω0t

∣∣∣∣∣2

dt −→ 0

123

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Quindi il coefficiente ck vale

ck = limM→∞

1

T

∫ ∞−∞

x(t)

[M∑

`=−Mb`e

j`ω0t

]e−jkω0t dt

= limM→∞

M∑`=−M

b`

[1

T

∫ ∞−∞

x(t)e−j(k−`)ω0t dt

]

=∞∑

`=−∞b`ak−`

Esempi

Esempio 1. Si considerino i due segnali

x(t) = ejrω0t, y(t) = ejsω0t,

dove r, s ∈ Z. Le sequenze dei coefficienti di Fourier associate ai segnali sono banali

x(t)↔ ak = δ(k − r), y(t)↔ bk = δ(k − s),

e, per il segnale prodotto,

z(t) = x(t)y(t) = ej(r+s)ω0t ↔ ck = δ(k − (r + s)

).

Lo stesso si ottiene applicando il Lemma e ricavando la sequenza dei coefficienti di z(t)come

ck = ak ∗ bk = δ(k − r) ∗ δ(k − s) = δ(k − (r + s)

)

Esempio 2 (rivisitazione della regola di modulazione). Si consideri il segnale

z(t) := ejMω0t x(t),

dove x(t) e periodico di periodo T ed ω0 = 2πT . Le sequenze dei coefficienti di Fourier

associati ai segnali sono

x(t)↔ ak, ejMω0t ↔ bk = δ(k −M).

Applicando il Lemma risulta

ejMω0t x(t)↔ ak ∗ δ(k −M) = ak−M ,

come gia noto.

Esempio 3. Si ricavino per esercizio i coefficienti di Fourier del segnale

z(t) := x(t) cos(Mω0t),

dove x(t) e periodico di periodo T ed ω0 = 2πT .

124

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Interpretazione intuitiva della regola x(t)y(t)↔ ak ∗ bkSoprassedendo sulle questioni di convergenza, per ogni t fissato, la serie di Fourier si puointerpretare come un ”polinomio infinito”20 nella variabile ejω0t

x(t) =∞∑

k=−∞ak e

jkω0t =∞∑

k=−∞ak(ejω0t

)k.

Consideriamo ora due segnali x(t) e y(t), dello stesso periodo T , ed il loro prodotto

z(t) := x(t)y(t).

Per opportune sequenze di coefficienti di Fourier ak, bk, ck, vale

x(t) =

∞∑r=−∞

ar(ejω0t

)r, y(t) =

∞∑s=−∞

bs(ejω0t

)s, z(t) =

∞∑k=−∞

ck(ejω0t

)k.

Per ricavare la relazione dei coefficienti ck con gli ak e bk basta effettuare il prodotto deipolinomi

z(t) = x(t)y(t) =∞∑

r=−∞ar(ejω0t

)r ∞∑s=−∞

bs(ejω0t

)s=

∞∑r=−∞

∞∑s=−∞

arbs(ejω0t

)(r+s)=

∞∑k=−∞

[ ∞∑r=−∞

arbk−r

] (ejω0t

)kdove, nell’ultimo passaggio si e effettuato il cambio di variabile k = r+ s. I coefficienti cksi ottengono quindi per convoluzione

ck = ak ∗ bk.

[il meccanismo della convoluzione e identico a quello del prodotto di due polinomi].

Si confrontino queste considerazioni con con l’esempio relativo al calcolo della convoluzionediscreta utilizzando il prodotto di due polinomi - si veda la fine della Lezione 9.

18.2 Serie di Fourier della convoluzione di due segnali

Nel precedente paragrafo abbiamo dimostrato che i coefficienti di Fourier del prodottodi due segnali si ottengono per convoluzione delle due sequenze di coefficienti. In questoparagrafo dimostreremo il risultato duale, ovvero che i coefficienti di Fourier della convolu-zione di due segnali si ottengono per prodotto delle due sequenze di coefficienti. Prima dicominciare e necessario chiarire in che modo deve essere intesa la convoluzione tra segnaliperiodici.

20Non e un polinomio, per via delle potenze negative quando k < 0, ma questa e solo una questioneterminologica, il ragionamento funziona comunque.

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Convoluzione di segnali periodici

Vi sono due casi interessanti.

Convoluzione di un segnale in L1(R) con uno periodico limitato. L’esempio tipico e ilcalcolo dell’uscita di un sistema LTI BIBO stabile di risposta impulsiva h(t) sollecitatodall’ingresso x(t), di periodo T e limitato. Il segnale d’uscita y(t) e il risultato dellaconvoluzione

y(t) = h(t) ∗ x(t) =

∫ ∞−∞

h(t− τ)x(τ) dτ =

∫ ∞−∞

h(τ)x(t− τ) dτ. (67)

L’ipotesi di stabilita BIBO assicura che h(t) ∈ L1(R), quindi h(t) non e periodica. Laperiodicita di x(t) e la tempo invarianza del sistema garantiscono invece21 che y(t) eperiodico, di periodo T ; e quindi sufficiente calcolare y(t) per t ∈ [T ] = [a, a + T ], dovea ∈ R e arbitrario. E possibile fornire un’espressione per y(t) alternativa alla (67).

y(t) =

∫ ∞−∞

h(τ)x(t− τ) dτ

=∞∑

k=−∞

∫ a+(k+1)T

a+kTh(τ)x(t− τ) dτ

[cambio variabile: τ ′ = τ − kT

]=

∞∑k=−∞

∫ a+T

ah(τ ′ + kT )x(t− τ ′ − kT ) dτ ′

=

∫ a+T

a

∞∑k=−∞

h(τ + kT )x(t− τ) dτ

=

∫[T ]hT (τ)x(t− τ) dτ (68)

dove

hT (t) := repT (h(t)) =

∞∑k=−∞

h(t+ kT )

L’equazione (68) e valida per ogni t ∈ R, ma data la periodicita di y(t) e sufficienteeffettuare i calcoli per t ∈ [T ] e poi estendere il segnale a tutta R per periodicita.

Si noti che nell’equazione (68) entrambi i segnali che intervengono sotto il segno d’integralesono periodici, ma l’intervallo d’integrazione si estende su un periodo e non, come nellaconvoluzione standard, su tutta la retta.

Convoluzione di due segnali periodici. Se i segnali v(t) e w(t) sono entrambi periodici, diperiodo T , allora la loro convoluzione standard non puo convergere. E sempre ben defini-ta (sotto opportune condizioni di integrabilita in un periodo) la cosiddetta convoluzioneperiodica definita prendendo spunto dalla (68).

Definizione 18.22. (convoluzione periodica) Siano v(t) e w(t) segnali periodici di periodoT , integrabili su un periodo. Il segnale

v ∗T w(t) :=

∫[T ]v(τ)w(t− τ) dτ =

∫[T ]v(t− τ)w(τ) dτ

e detto convoluzione periodica di v(t) e w(t).

21La verifica della periodicita di y(t) e immediata a partire dalla (67) e usando la periodicita di x(t)

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Osservazioni

(a.) Una condizione sufficiente per l’esistenza di v ∗T w e che v, w ∈ L1([T ]): si veda ladiscussione sull’esistenza della convoluzione al paragrafo 6.2.

(b.) La convoluzione periodica v(t) ∗T w(t) e periodica, di periodo T , quindi e sufficientecalcolarla per t ∈ [T ].

(c.) Se per uno dei due segnali, ad esempio per v, si definisce il segnale base

v0(t) =

{v(t), se t ∈ [T ], dove [T ] = [a, a+ T ] per qualunque a0, se altrove,

allora v(t) = repT (v0(t)) e la convoluzione periodica si puo riscrivere come convoluzionestandard (si confronti con i passaggi che conducono all’equazione (68))

v(t) ∗T w(t) :=

∫[T ]v(τ)w(t− τ) dτ = v0(t) ∗ w(t) =

∫ ∞−∞

v0(τ)w(t− τ) dτ.

Esempi di calcolo – (da scrivere)

Esempio 1. (h(t) = e−tu(t), x(t) =square wave 50% duty cycle)

Esempio 2. (v(t) =square wave 75% duty cycle, w(t) =square wave 50% duty cycle,calcolo di ∗T )

Esempio 3. (come in Esempio 2, ma calcolo della ∗ standard equivalente)

Serie di Fourier della convoluzione periodica

Si confronti il seguente risultato con il Lemma 18.31.

Lemma 18.32. Siano x(t), y(t) ∈ L1([T ]), di coefficienti di Fourier x(t)↔ ak e y(t)↔ bk,allora z(t) := x(t) ∗T y(t) ∈ L1([T ]), con coefficienti di Fourier

z(t) ↔ ck = T ak · bk, per ogni k ∈ Z.

Dimostrazione. (da scrivere)

18.3 Fenomeno di Gibbs

da scrivere

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Lezione 19 (Martedı 12 novembre, 16:30–18:15)

Riprendiamo ora le considerazioni fatte all’inizio della Lezione 14 (paragrafo 14.1). Dalpunto di vista di Segnali e Sistemi, una forte motivazione allo studio della serie di Fouriere lo studio del regime periodico dei sistemi LTI.

19.1 Sistemi LTI in regime periodico: serie di Fourier dell’uscita

Consideriamo il regime periodico di un sistema LTI, BIBO stabile, di risposta impulsivah(t). Se x(t) e un ingresso periodico, di periodo T , per la tempo invarianza l’uscita

y(t) = h(t) ∗ x(t)

e periodica di periodo T . Nel lemma seguente raccogliamo alcuni semplici ed utili risultati.

Lemma 19.33. Sia h(t) la risposta impulsiva di un sistema LTI BIBO stabile. Allora,

(a.) Se x(t) ∈ L1([T ]), con coefficienti di Fourier x(t) ↔ ak, allora y(t) ∈ C([T ]),(continuo) quindi ammette coefficienti di Fourier.

(b.) Se x(t) ∈ L1([T ]), con coefficienti di Fourier x(t) ↔ ak, e inoltre soddisfa lecondizioni di Dirichlet, allora y(t) ∈ C([T ]), ammette coefficienti di Fourier

y(t) ↔ bk = H(jkω0)ak, dove ω0 =2π

T

inoltre la serie di Fourier di y(t) converge puntualmente

y(t) =

∞∑k=−∞

akH(jkω0)ejkω0t.

(c.) Se x(t) ∈ L2([T ]), con coefficienti di Fourier x(t)↔ ak, l’uscita y(t) ∈ L2([T ]), hacoefficienti di Fourier y(t) ↔ bk = H(jkω0)ak, ed inoltre l’energia in un periodo vale

Ey[T ] =

∫[T ]|y(t)|2 dt = T

∞∑k=−∞

|H(jkω0)|2 |ak|2

e l’energia mutua

Eyx[T ] =

∫[T ]y(t)x(t) dt = T

∞∑k=−∞

H(jkω0) |ak|2

Dimostrazione. (a.) Non dimostreremo qui l’affermazione h(t), x(t) ∈ L1([T ]) implicanoy(t) = h(t) ∗ x(t) ∈ C([T ]).22. Dalla continuita di y(t) segue immediatamente l’esistenzadei coefficienti di Fourier.

22E stato gia dimostrato (vedi Lezione 6.2) che h(t), x(t) ∈ L1([T ]) implicano y(t) = h(t)∗x(t) ∈ L1([T ]).In realta y(t) non e solo integrabile, ma anche continua - si veda ad esempio la Proposition 3.1 in Stein,Shakarchi, Fourier Analysis, 2003. Questo e uno dei risultati che corroborano l’idea che la convoluzioneregolarizza i segnali

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(b.) In questo caso si rappresenta l’ingresso in serie di Fourier

x(t) =∞∑

k=−∞ake

jkω0t

e poiche il sistema e LTI

y(t) = L(x(t)) = L

( ∞∑k=−∞

akejkω0t

)

=∞∑

k=−∞akH(ejkω0t)ejkω0t

per l’unicita della rappresentazione del segnale y(t) nella base ortogonale {ejkω0t}k, siconclude che i coefficienti di Fourier sono y(t)↔ bk = akH(ejkω0t).

(c.) E la formula di Parseval applicata ai segnali x(t) ed y(t). Il segnale y(t) ha energiafinita infatti x(t) ∈ L2([T ]) implica23 x(t) ∈ L1([T ]), quindi y(t) ∈ C([T ]) e di conseguenzay(t) ∈ L2([T ]).

19.2 I sistemi LTI come filtri

La caratterizzazione dei sistemi LTI attraverso la risposta in frequenza H(jω) e parti-colarmente utile, sia nei problemi di analisi (studio del comportamento di un sistemaassegnato) che di sintesi (progettazione di un sistema di assegnato comportamento). Lafunzione H(jω) consente una semplice descrizione fisica del meccanismo del sistema LTIche, congiuntamente con la facilita della rilevazione sperimentale di H(jω) per un datosistema LTI, spiega la rilevanza pratica della risposta in frequenza.

Nella Lezione 12 abbiamo visto che se un sistema LTI ha risposta impulsiva h(t) reale(H(jω) hermitiana) allora la risposta all’ingresso sinusoidale e

x(t) = A cos(ωt+ ϕ) 7→ y(t) = |H(jω)|A cos(ωt+ ϕ+ ∠H(jω)

),

e nella Lezione 15.2 abbiamo visto che un segnale x(t), periodico T , reale, e rappresentabilein serie di Fourier, si puo scrivere

x(t) =

∞∑k=0

Ak cos(kω0t+ ϕk), dove Ak ∈ R+, e ϕk ∈ (−π, π].

In conclusione, un sistema LTI con risposta in frequenza H(jω) hermitiana, opera suun ingresso x(t), periodico T , reale, e rappresentabile in serie di Fourier, effettuando latrasformazione:

x(t) =∞∑k=0

Ak cos(kω0t+ϕk) 7→ y(t) =

∞∑k=0

|H(jkω0)|Ak cos(kω0t+ϕk+∠H(jkω0)

)(69)

23In generale L2([T ]) ⊂ L1([T ]). Infatti se x(t) ∈ L2([T ]), applicando la disuguaglianza di CS si ha:∫[T ]|x(t)| dt =

∫[T ]

1 · |x(t)| dt ≤√∫

[T ]12 dt

∫[T ]|x(t)|2 dt < ∞, ovvero x(t) ∈ L1([T ]). E essenziale che

l’integrale sia esteso ad un intervallo finito, solo in questo caso∫

[T ]12 dt = T <∞.

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In prima analisi si trascurano gli sfasamenti ϕk e si considera solo la trasformazione cheil sistema LTI effettua sulle ampiezze. L’ampiezza Ak della k-esima armonica di x(t) sitasforma in Bk per la stessa armonica di y(t).

Ak −→ Bk := |H(jkω0)|Ak

Lo schema grafico qui sotto non dovrebbe richiedere ulteriori spiegazioni.

A0 |H(jω)|

ωω0 2ω0 3ω0

A1

A2A3

ω0 2ω0 3ω0

ω0 2ω0

B1

B2B3

3ω0

B0

Filtri sagomatori

Molto frequentemente e necessario effettuare trasformazioni sui segnali al fine di miglio-rarne la qualita. Si consideri ad esempio un brano musicale24 x(t), registrato su un CD,e riprodotto con un impianto di alta fedelta. Le caratteristiche acustiche dell’ambiente equelle elettriche dei trasduttori che intervengono nella catena di registrazione/riproduzione(microfono, registratore, amplificatore, altoparlanti, muri e rivestimenti dell’ambiente d’a-scolto ecc.) modificano il segnale originale x(t) e lo trasformano nel segnale w(t) che, in pri-ma approssimazione, si puo modellare come uscita di un sistema LTI, w(t) := ha(t) ∗x(t).Lo scopo dell’impianto ad alta fedelta e di riprodurre, per l’ascoltatore finale, x(t) nel mo-do piu fedele possibile. Cio si ottiene applicando a w(t) una trasformazione LTI he(t) cheidealmente produca in uscita x(t) = he(t) ∗ w(t). Il sistema he(t) si chiama equalizzatoredi segnale. Per quanto noto bisogna che sia

x(t) = he(t) ∗ w(t) = he(t) ∗ ha(t) ∗ x(t).

La condizione affinche cio si verifichi e

he(t) ∗ ha(t) = δ(t), o equivalentemente Ha(jω)He(jω) = 1.

si veda il grafico qui sotto.

|Ha(jω)|

ωω0 2ω0 3ω0

|He(jω)|

ωω0 2ω0 3ω0

x(t) z(t)w(t)

24In generale x(t) non e periodico, ma nulla vieta di riprodurre la sirena dei VV.FF. Come vedremodopo la trattazione delle trasformate di Fourier, le stesse considerazioni valgono per qualunque x(t).

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Filtri ideali

L’idea di agire selettivamente sulle diverse armoniche del segnale x(t) allo scopo di modifi-carne le caratteristiche e di largo impiego nelle applicazioni. I filtri ideali descritti qui sottolasciano passare inalterate le armoniche del segnale d’ingresso che cadono negli intervallidell’asse delle ω dove e prescritto H(jω) = 1 e rimuovono completamente le armonicheche cadono negli intervalli complementari.

Passa basso ideale

H(jω) :=

{1, se |ω| ≤ ωc,0, se |ω| ≥ ωc.

La pulsazione ωc e detta, per ovvi motivi, di cutoff.

Passa alto ideale

H(jω) :=

{1, se |ω| ≥ ωc,0, se |ω| ≤ ωc.

Passa banda ideale

H(jω) :=

{1, se ωL ≤ |ω| ≤ ωH ,0, altrove.

Osservazione. I filtri ideali non sono realizzabili fisicamente poiche le risposte impulsiveche generano risposte in frequenza reali e pari sono necessariamente reali e pari25 e quindii sistemi LTI corrispondenti non sono causali. In pratica i filtri ideali si possono soloapprossimare, alla fine della lezione vedremo un primo rudimentale esempio.

Terminologia. Diremo che un sistema LTI ha un comportamento di tipo passa basso se|H(jω)| e decrescente in |ω|, e che ha un comportamento di tipo passa alto se |H(jω)| ecrescente in |ω|.

Filtro derivatore

Si consideri il sistema LTI

y(t) =d

dtx(t)

abbiamo gia visto che, benche non BIBO stabile, tale sistema ammette risposta in fre-quenza

H(jω) = jω, quindi H(jω)| = |ω|.

Il comportamento e di tipo passa alto. [Microesercizio. Si interpreti in tal senso il fattoche H(j0) = 0.]

Il doppietto di Dirac. La risposta impulsiva del derivatore deve necessariamente essere26

h(t) = δ(t),

25Questo fatto sara dimostrato rigorosamente nelle lezioni sulla trasformata di Fourier, ma e unasimmetria che ci aspettiamo che valga.

26Indicheremo la derivata con il puntino – notazione di Newton.

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una funzione generalizzata che non abbiamo ancora definito. Trattandosi di funzionegeneralizzata, per definirla si deve specificare, per ogni x(t) continua nell’origine, il valoredell’integrale ∫ ∞

−∞δ(t)x(t) dt (70)

Dovendo essere compatibile con il calcolo dell’integrale per parti il valore assegnato a (70)dovra essere ∫ ∞

−∞δ(t)x(t) dt = δ(t)x(t)

∣∣∣∞−∞−∫ ∞−∞

x(t) δ(t) dt = −x(0). (71)

Esercizio. Si dimostri, usando la definizione (71), che

δ(t) ∗ x(t) =

∫ ∞−∞

δ(τ)x(t− τ) dτ = x(t),

in pieno accordo con ilfattoche δ(t) e la risposta impulsiva del derivatore.

Filtro passa basso approssimato

Con una rete RC si puo costruire una rudimentale approssimazione di un passa bassoideale.

C

R

m6

6y(t)x(t)

Le leggi di Kirkhoff impongono l’equazione differenziale che vincola tra loro gli andamentidelle tensioni x(t) del generatore, ed y(t) ai capi del condensatore,

y′(t) +1

RCy(t) =

1

RCx(t) (72)

Rimandando una discussione approfondita, e fisicamente plausibile che, per la rete RC,valga un principio di sovrapposizione degli effetti. Se (x1(t), y1(t)) e (x2(t), y2(t)) sonocoppie ingresso-uscita che soddisfano la (72) allora anche (αx1(t) +βx2(t), αy1(t) +βy2(t)soddisfa la (72). Inoltre, se (x(t), y(t)) soddisfa l’equazione allora traslando temporalmentel’ingresso di γ trasla parimenti l’uscita, cioe (x(t+γ), y(t+γ)) e soluzione. Si conclude che ilvincolo imposto dall’equazione differenziale e di tipo LTI, quindi a x(t) = ejωt corrispondey(t) = H(jω)ejωt per qualche H(jω). Quest’osservazione e sufficiente per ricavare H(jω),infatti effettuando le sostituzioni x(t) = ejωt, y(t) = H(jω)ejωt e y′(t) = H(jω)jωejωt

nell’equazione (72) si trova

H(jω)jωejωt +1

RCH(jω)ejωt =

1

RCejωt

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e, poiche ejωt 6= 0 per ogni t ∈ R, l’equazione differenziale si riduce ad un’equazionealgebrica nell’incognita H(jω) la cui soluzione e

H(jω) =α

α+ jω, dove α :=

1

RC(73)

Si riconosce immediatamente che la risposta impulsiva che corrisponde alla risposta infrequenza (73) e

h(t) = αe−αt u(t), dove α :=1

RC> 0,

e, a posteriori, si verifica la BIBO stabilita della relazione LTI (condizione α > 0), e quindil’esistenza della risposta in frequenza. Ricaviamo anche la risposta s(t) al gradino unitario(risposta indiciale) del filtro RC,

s(t) =

∫ t

−∞h(τ) dτ =

∫ t

0αe−ατ dτ = 1− e−αt.

I grafici qui sotto, di |H(jω)| e di s(t) per α = 2, consentono di valutare il comportamentodel filtro RC sia in frequenza che nel tempo.

Il filtro RC e di tipo passa basso, ma in luogo della brusca transizione da 1 a 0 del filtroideale, |H(jω)| mostra una lenta transizione da 1 (per ω = 0, segnali costanti) verso lo0 che viene raggiunto solo asintoticamente per |ω| → ∞. Il parametro α e un indicedella ripidita della transizione, infatti per ω = α la risposta in frequenza vale sempreH(jα) = 1√

2. La transizione in frequenza e tanto piu brusca (tanto piu simile a quella di

un passa basso ideale) tanto minore27 e α. Peraltro un filtro con α molto piccolo rispondemolto lentamente al gradino unitario infatti, qualunque sia α, il tempo che s(t) impiega araggiungere il livello 1−e−1 ≈ 0.63 e pari ad t = 1

α [Microesercizio. Verificare tutte questeaffermazioni usando le espressioni di |H(jω)| e di s(t).]

Questa storia ha due morali. La prima e che, senza neppure cominciare a risolverla, l’e-quazione differenziale ci ha gia fornito moltissime informazioni. La seconda e che se sidesidera progettare filtri in grado di seguire bene un’assegnata maschera in frequenza, eche abbiano anche un buon comportamento nel tempo, non e sufficiente disporre di ununico parametro libero. Cio significa passare a equazioni differenziali di ordine superiore alprimo, ovvero, dal punto di vista fisico, passare a reti elettriche piu complesse contenentinon solo uno, ma piu condensatori e/o induttanze. E significa quindi che le equazioni diffe-renziali di ordine superiore al primo, del tipo utile per modellare sistemi LTI, meriterannotutta la nostra attenzione.

27Il filtro RC e molto rudimentale e non consente di scegliere la pulsazione di cutoff ωc. Si possonoapprossimare decentemente solo filtri passa basso ideali con pulsazioni di cutoff ωc molto piccole

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Lezione 20 (Lunedı 18 novembre, 14:30–16:15)

Nota Bene. La lezione di oggi e la numero 20 perche Mercoledı 13 novembre, in orario dilezione, si e tenuto il primo compitino di Segnali e Sistemi.

20.1 Introduzione alle equazioni differenziali

Per descrivere, e controllare, il comportamento di un sistema fisico/ingegneristico e fonda-mentale disporre di una descrizione matematica del suo comportamento. Spesso le leggifisiche legano la variazione temporale di una grandezza al valore della grandezza stessa, ede quindi naturale che i modelli matematici che ne risultano siano equazioni differenziali.Tali equazioni intervengono massicciamente nella modellistica matematica del comporta-mento dinamico di sistemi fisici, ingegneristici, biologici ed economici. In questa e nelleprossime due lezioni rivediamo alcune nozioni di base della teoria delle equazioni differen-ziali ordinarie (EDO) lineari a coefficienti costanti, concentrando l’attenzione sui legamiche intercorrono tra questa (piccola) classe di EDO ed i sistemi dinamici LTI.

Si veda la Lezione 7 (paragrafo 7.3) per alcuni esempi di sistemi fisici descritti da EDOlineari a coefficienti costanti. In questa lezione studiamo le equazioni di questo tipo,limitandoci a quelle del primo ordine. L’EDO che descrive la rete RC-serie in figura ne eun esempio.

C

R

m6

6y(t)x(t)

t = 0

Le leggi di Kirkhoff impongono il legame tra l’andamento della tensione x(t) del generatoree la tensione y(t) ai capi del condensatore:

y′(t) + a y(t) = a x(t), dove a =1

RC(74)

Terminologia

In quest’equazione x(t) e considerato un segnale noto trattandosi dell’andamento del ge-neratore, mentre y(t) e la il segnale (la funzione) incognito. Poiche la funzione incognitacompare nell’equazione insieme ad almeno una sua derivata (la derivata prima in questocaso), l’equazione e detta differenziale. Poiche la funzione incognita dipende da una solavariabile (il tempo t in questo esempio) le derivate che intervengono sono quelle ordinarie( ddt , non quelle parziali ∂

∂t), l’equazione e quindi detta equazione differenziale ordinaria(EDO). Poiche la funzione incognita e le sue derivate compaiono linearmente l’equazionee detta lineare28. Dal punto di vista di Segnali e Sistemi e importante che anche il se-gnale noto x(t) compaia in forma lineare. Poiche i coefficienti che compaiono davanti alla

28Attenzione: un’EDO lineare non puo contenere termini del tipo y′(t)y(t).

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funzione incognita e alle sue derivate sono costanti (cioe non dipendono da t) l’equazionee detta a coefficienti costanti. Poiche nell’equazione la derivata di ordine piu alto e laprima, l’equazione e detta del primo ordine. L’equazione (74) e quindi una EDO lineare acoefficienti costanti del primo ordine.

Una funzione y(·) : R −→ R e detta soluzione dell’EDO se, sostituendola in (74) si ottieneuna identita per ogni t ∈ I, dove I ⊂ R e un intervallo, finito o illimitato, di interesse29.Si tenga bene a mente che, dal punto di vista di Segnali e Sistemi piu che l’insieme dellesoluzioni dell’EDO corrispondenti ad uno specifico segnale x(t), interessa determinare comevaria l’insieme delle soluzioni y(t) al variare del segnale x(t).

Problemi di Cauchy

Le leggi di Kirkhoff impongono che gli andamenti dei segnali x(·) ed y(·) siano vincolatitra loro dall’EDO (74). Fissato uno specifico segnale x(t) esistono infinite soluzioni y(t)dell’EDO. Infatti se y(t) e una soluzione allora anche

y(t) + ce−at, (75)

dove c ∈ R e una costante arbitraria, e una soluzione dell’EDO come e immediato verificaresostituendo la (80) nell’EDO (74). In pratica pero, a seconda del problema applicativoche si deve risolvere, si dispone di ulteriori informazioni. Una situazione tipica e quelladella rete RC in figura. Fisicamente l’interruttore si chiude all’istante t = t0 (usualmentet = 0) che matematicamente equivale a x(t) = 0 per ogni t < t0. Fisicamente si puoinoltre supporre nota la tensione iniziale y(t0) ai capi del condensatore C. Non si escludela possibilita che il generatore di tensione x(t) possa contenere un impulso di Dirac δ(t−t0) che, agendo al momento della chiusura dell’interruttore, cambi istantaneamente latensione ai capi del condensatore. E quindi conveniente rappresentare matematicamente latensione iniziale fisica sul condensatore come valore del limite sinistro y(t0−). Tipicamenteinteressa determinare la soluzione y(t) per ogni t > t0, ovvero la dinamica della tensione sulcondensatore, dall’istante di chiusura dell’interruttore in avanti. Questo tipo di problemae talmente comune in pratica da meritarsi un nome30.

Problema di Cauchy per l’EDO (74) E il problemay′(t) + a y(t) = a x(t), per ogni t > t0x(t) = 0, per ogni t < 0y(t0−) = y0

Rimandando alla prossima lezione un’analisi piu approfondita, consideriamo per ora notoil fatto che, qualunque siano i dati x(t) ∈ C(R) e y0 ∈ R, il problema di Cauchy ammettesoluzione y(t) per ogni t > t0, e la soluzione e unica.

29La funzione y(t) non e una soluzione dell’EDO se l’identita (74) vale solo per uno specifico valore di t.30Nel problema di Cauchy, detto anche problema al valore iniziale, si assegna il valore iniziale e si

cerca la soluzione y(t) per t > t0, dall’istante di chiusura dell’interruttore in poi. Benche i problemial valore iniziale siano molto comuni essi non sono gli unici d’interesse pratico. Ad esempio interessaspesso risolvere il problema al valore finale, ovvero calcolare, per ogni t < tf , la soluzione che soddisfaun’assegnata condizione finale y(tf ) = yf . Per equazioni di ordine superiore al primo hanno senso ancheproblemi cosiddetti al contorno, per i quali si fissano alcuni valori (della funzione e delle sue derivate) pert = t0 e gli altri per t = tf e quindi si tenta di risolvere l’equazione per ogni t ∈ [t0, tf ].

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Dal punto di vista di Segnali e Sistemi risolvere il problema di Cauchy significa esplicitarela relazione tra i dati di ingresso, x(t) ed y0, e il segnale d’uscita y(t), per ogni t ≥ 0,ovvero creare la mappa{

{x(t), t ≥ t0 }, y0}7→

{y(t), t ≥ t0

}E importante osservare che questa mappa non corrisponde in generale ad un sistema LTI.In primo luogo l’uscita y(t) dipende non solo dall’ingresso x(t) ma anche dal valore inizialey0. Per un fissato ingresso vi sono infinite uscite, come visto in (80). Anche considerandoil valore iniziale y0 fissato e solo l’ingresso x(t) come variabile, la mappa non corrispondead un sistema LTI. Infatti ad ingresso nullo x(t) = 0 corrisponde uscita y(t) 6= 0 dovendoessere y(t0) = y0. Vedremo tra poco che invece la mappa ingresso/uscita corrispondentealla condizione iniziale nulla{

{x(t), t ≥ t0 }, y0 = 0}7→

{y(t), t ≥ t0

}e LTI e puo quindi essere rappresentata come y(t) = h(t) ∗ x(t) per un’opportuna h(t).

Soluzione del problema di Cauchy

Proseguiamo qui sotto la discussione del problema di Cauchy, nel caso leggermente piugenerale31

y′(t) + a y(t) = b x(t), per ogni t > 0x(t) = 0, per ogni t < 0y(0−) = y0.

Rimandando alle prossime lezioni un’analisi piu approfondita ricordiamo la tecnica stan-dard, vista nel corso di Analisi, per risolvere il problema di Cauchy. Si inizia scrivendo lasoluzione generale dell’EDO

y′(t) + a y(t) = b x(t) (76)

nella formayg(t) = ygo(t) + yp(t),

dove yp(t) e una soluzione particolare dell’EDO, da determinarsi con metodi ad-hoc, eygo(t) e la soluzione generale dell’EDO omogenea associata,

y′(t) + a y(t) = 0.

E facile ricavare (ma si vedano anche le prossime lezioni) che

ygo(t) = ce−at, c ∈ R.

Sosituendo nell’espressione di yg(t) si ha

yg(t) = ce−at + yp(t),

e la costante c viene determinata imponendo la condizione iniziale yg(0) = y0.

31Fisicamente corrisponde ad un circuito RC come nella precedente figura, con l’aggiunta di unaresistenza R1 in parallelo al condensatore C. Per semplicita notazionale prendiamo t0 = 0

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Esempio numerico Si consideri il seguente problema di Cauchy{y′(t) + 2y(t) = tu(t), per ogni t > 0y(0) = 1.

La soluzione particolare si ricava usando il trucco visto in Analisi: se il termine noto e unpolinomio si cerca yp(t) tra i polinomi di grado non inferiore,

yp(t) = At+B,

le costanti A e B si determinano imponendo che yp(t) soddisfi l’EDO

y′p(t) + 2yp(t) = A+ 2At+ 2B = t

da cui si ricavano le condizioni 2A = 1 e A+ 2B = 0, ovvero A = 12 e B = −1

4 , quindi

yp(t) =1

2t− 1

4.

La soluzione generale dell’omogenea y′(t) + 2y(t) = 0 e

ygo(t) = ce−2t.

La soluzione generale dell’EDO e quindi rappresentabile come

yg(t) =t

2− 1

4+ ce−2t

ed imponendo il valore iniziale yg(0) = 1 si trova

yg(0) = −1

4+ c = 1

ovvero c = 54 . La soluzione del problema di Cauchy e quindi

y(t) =t

2− 1

4+

5

4e−2t.

Le tecniche ad-hoc per il calcolo della soluzione particolare funzionano solo per termininoti (bx(t)) di forma molto elementare: polinomi, esponenziali, sinusoidi, e loro prodotti.Dal punto di vista di Segnali e Sistemi e necessario essere in grado di scrivere la soluzioneparticolare yp(t) qualunque sia il segnale x(t). Si ricorre allora ad una tecnica ben notache rivediamo nel prossimo paragrafo.

Determinazione della soluzione particolare yp(t)

[ATTENZIONE: Per disattenzione da qui in poi ho scritto tutto per il caso t0 = 0. Il casogenerale e sostanzialmente identico, aggiustero le notazioni in seguito]

Cominciamo con la seguente osservazione.

Lemma 20.34. Se h(t) e una qualunque soluzione32 dell’EDO

y′(t) + ay(t) = bδ(t) (77)

allora yp(t) := h(t) ∗ x(t) e una soluzione dell’EDO (76)

y′(t) + ay(t) = bx(t)

32La scelta del nome h(t) per le soluzioni dell’EDO (77) si deve al ruolo che esse svolgono. Come si vededall’enunciato del lemma esse si possono interpretare come risposte impulsive di sistemi LTI.

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Dimostrazione. Ricordiamo che, dati due segnali v e w, vale

d

dt(v ∗ w) =

dv

dt∗ w = v ∗ dw

dt(78)

Per ipotesih′(t) + ah(t) = bδ(t),

e calcolando la convoluzione di entrambi i membri con x(t) si trova(h′(t) + ah(t)

)∗ x(t) = b δ(t) ∗ x(t)

ovvero, applicando la (78),(h(t) ∗ x(t)

)′+ a(h(t) ∗ x(t)

)= bx(t)

ovvero yp(t) := h(t) ∗ x(t) e una soluzione particolare dell’EDO (76).

Il lemma garantisce che, qualunque sia il segnale d’ingresso x(t), la funzione yp(t) := h(t)∗x(t) e una soluzione particolare dell’EDO (76). Rimane il problema della determinazione dih(t). Dal punto di vista matematico le infinite soluzioni h(t) dell’EDO (77) sono equivalentiin quanto ognuna produce una valida soluzione particolare yp(t) = h(t) ∗ x(t). A secondadella h(t) scelta cambia pero il significato fisico della corrispondente soluzione particolareyp(t) = h(t) ∗ x(t). Noi adotteremo una speciale h(t), come spiegato in dettaglio quisotto33.

Scelta di h(t). La EDO (77) ha infinite soluzioni h(t). Per la scelta ci faremo guidare dalleseguenti considerazioni euristiche, che verranno poi convalidate a posteriori.

(1.) Nel problema di Cauchy (si pensi ad esempio al circuito RC nel caso di a = b = 1RC )

le soluzioni y(t) dell’EDO (76) dipendono causalmente dall’ingresso x(t), ovvero il valoredi y(t) ad ogni istante t > 0 dipende solo da y0 e da {x(τ), τ ≤ t}. Vogliamo che ancheper la soluzione particolare yp(t) valga la stessa dipendenza causale da x(t). Poiche lasoluzione particolare e calcolata come yp(t) = h(t) ∗ x(t), affinche la dipendenza da x(t)sia causale e necessario che h(t) = 0 per ogni t < 0.

(2.) Il membro destro dell’EDO (77) e b δ(t) che possiamo ritenere nullo per ogni t > 0.La funzione h(t), per ogni t > 0, dovra quindi risolvere l’EDO omogenea y′(t) + ay(t) = 0la cui soluzione generale e ce−at. Quindi dovra essere h(t) = ce−at, per un opportunoc ∈ R, per ogni t > 0.

(3.) Le funzioni h(t) che soddisfano entrambi i vincoli (1.) e (2.) sono del tipo

h(t) = ce−atu(t) dove c ∈ R e da determinare. (79)

(4.) Per determinare c si impone che la (79) risolva l’EDO (77), ovvero che

h′(t) + ah(t) = −cae−atu(t) + ce−atδ(t) + ace−atu(t) = cδ(t) = bδ(t),

da cui si ricava c = b. La h(t) ricavata in questo modo e automaticamente nulla per ognit < 0, e sara denotata con h+(t),

h+(t) = be−atu(t).

33All h(t)’s are equal, but some h(t)’s are more equal than others.

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Soluzione del problema di Cauchy. Riconsideriamo il problema al valore inizialey′(t) + a y(t) = b x(t), per ogni t > 0x(t) = 0, per ogni t < 0y(0−) = y0.

La soluzione generale dell’EDO (76) si scrive

yg(t) = ygo(t) + yp(t) = ce−at + be−atu(t) ∗ x(t)

= ce−at +

∫ t

0h+(τ)x(t− τ) dτ (80)

Si osservi che, nella (80), l’unico parametro da determinarsi e c, mentre a e b sono datidell’EDO. La costante c si determina imponendo la condizione iniziale yg(0) = y0, ovvero[

ce−at +

∫ t

0h+(τ)x(t− τ) dτ

]t=0

= c = y0

La soluzione del problema di Cauchy e

y(t) = y0e−at +

∫ t

0h+(τ)x(t− τ) dτ, per ogni t > 0

La particolare scelta h+(t) consente quindi di decomporre la soluzione del problema diCauchy nella somma di due termini. Il primo termine, y0e

−at, dipende dalla condizioneiniziale y0, ma non dall’ingresso, e corrisponde alla soluzione del problema di Cauchy coningresso nullo x(t) = 0. Il secondo termine e la soluzione particolare h+(t) ∗ x(t), chedipende solo dall’ingresso x(t), ma non dalla condizione iniziale y0, e corrisponde allasoluzione del problema di Cauchy con condizione iniziale nulla, y(0−) = 0. I due terminivengono detti rispettivamente risposta libera y`(t) e risposta forzata yf (t) dell’EDO,

y(t) = y`(t) + yf (t), dove y`(t) = y0e−at e yf (t) = h+(t) ∗ x(t).

Osservazione. La mappa che ad ogni ingresso x(t) associa la risposta forzata dell’EDO,

x(t) −→ Σ(x(t)) := yf (t) = h+(t) ∗ x(t)

e (per costruzione!) un sistema LTI causale di risposta impulsiva h+(t). Questo sistemasara detto il sistema LTI causale associato all’EDO (76). Tale sistema e BIBO stabile see solo se a > 0. Le reti RC sono tutte BIBO stabili.

Esempio numerico Riconsideriamo il problema di Cauchy precedentemente risolto con latecnica standard. {

y′(t) + 2y(t) = tu(t), per ogni t > 0y(0) = 1.

Qui l’ingresso x(t) = tu(t). La soluzione generale dell’omogenea e ygo(t) = ce−2t. Lah+(t) = e−2tu(t). La soluzione del problema di Caucy e quindi (i gradini u(t) evitano didover specificare che y(t) = 0 per ogni t < 0)

y(t) = y`(t) + yf (t) =[e−2t

]u(t) +

[ ∫ t

0τe−2(t−τ) dτ

]u(t)

=[e−2t

]u(t) +

[ t2− 1

4+

1

4e−2t

]u(t) (81)

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Utilizzando la tecnica standard avevamo ottenuto la seguente soluzione per lo stessoproblema di Cauchy:

y(t) =t

2− 1

4+

5

4e−2t

Si noti che, per t > 0, quest’espressione coincide con la (81), ma ha lo svantaggio che glieffetti della condizione iniziale e dell’ingresso non sono separati.

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Lezione 21 (Martedı 19 novembre, 16:30–18:15)

In questa lezione vengono trattate le EDO lineari a coefficienti costanti di ordine n.

21.1 Notazioni e preliminari

In questa e nella prossima lezione tratteremo le EDO lineari a coefficienti costanti di ordinen, ovvero del tipo

n∑k=0

akd ky(t)

d tk=

m∑k=0

bkd kx(t)

d tkan = 1, n ≥ m, t ∈ R, (82)

dove il segnale d’ingresso x(t) e i parametri a0, a1, . . . an e b0, b1 . . . bm sono consideratidati del problema, sono cioe tutti noti, mentre il segnale (funzione) y(t) e incognito.L’equazione e detta di ordine n poiche la derivata piu alta di y(t) che compare e la n-esima, il che corrisponde all’ipotesi an 6= 0 e, poiche moltiplicando i due membri dell’EDOper la stessa costante c 6= 0 l’equazione non cambia, si puo sempre supporre che an =1. Nei sistemi fisici n ≥ m infatti, come sara chiaro piu avanti, se fosse m > n adingresso x(t) = cos(ωt) corrisponderebbe y(t) di ampiezza indefinitamente crescente in ω,un comportamento che non si verifica mai nei sistemi fisici.

Osservazione. In Analisi le EDO lineari a coefficienti costanti di ordine n si scrivono disolito nella forma

n∑k=0

akd ky(t)

d tk= f(t)

dove f(t) e una funzione nota. Nulla vieta, per un assegnato x(t), di definire

f(t) =m∑k=0

bkd kx(t)

d tk

e di continuare ad utilizzare la notazione dell’Analisi, ma questo non e conveniente se sivuole mettere in evidenza il legame tra lo specifico segnale d’ingresso x(t) e di uscita y(t).Si consideri ad esempio la rete RC in figura.

C

R

m6

�y(t)

x(t)

t = 0

Considerando la tensione del generatore come segnale d’ingresso x(t) e la tensione ai capidella resistenza come segnale d’uscita y(t), le leggi di Kirkhoff impongono l’EDO

y′(t) +1

RCy(t) = x′(t)

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Come si vede, l’EDO contiene come termine noto la derivata x′(t). In generale, in unsistema fisico, una volta deciso quali siano i segnali da considerarsi come ingresso x(t)e uscita y(t), le leggi fisiche impongono la forma del membro destro dell’EDO dove, ingenerale, compare una combinazione lineare di x(t) e delle sue derivate34.

Notazioni alternative. Per compattezza si indica spesso con f (k) la derivata k-esima dellafunzione f . Per convenzione f (0) = f . L’EDO (82) si scrive allora

n∑k=0

ak y(k) =

m∑k=0

bk x(k).

Ancora piu compatta e la notazione che ricorre agli operatori polinomiali in D, dove Ddenota l’operatore di derivazione. Df e la derivata della funzione f , quindi Dk = f (k) e,per convenzione, D0 = f (0) = f . Il polinomio in D (operatore differenziale)

p(D) :=n∑k=0

pkDk

applicato alle funzioni che ammettono le prime n derivate produce la mappa

f 7→ p(D)(f) :=n∑k=0

pk

(Dkf

)=

n∑k=0

pkf(k),

Esempio. Se p(D) = 3 + 2D −D2 allora p(D)(cos(t)) = 3 cos(t)− 2 sin(t) + cos(t).

Si noti che gli operatori differenziali del tipo di p(D) sono completamente individuatidall’ordine n e dai coefficienti p0, p1, . . . pn.

Definendo

a(D) =

n∑k=0

akDk, b(D) =

m∑k=0

bkDk, (83)

l’EDO (82) si scrivea(D)(y) = b(D)(x).

21.2 Insieme delle soluzioni di un EDO

Il risultato di base e il teorema di esistenza e di unicita della soluzione per il problema diCauchy, di cui ricordiamo l’enunciato.

Teorema 21.18. Siano a(D) e b(D) come in (83), per assegnati con a0, . . . an e b0, . . . bm,e sia x(t) ∈ Cm(R), allora il problema ai valori iniziali{

a(D)(y)) = b(D)(x), per ogni t ∈ Ry(0−) = y0, y

′(0−) = y1, . . . y(n−1)(0−) = yn−1.

ammette soluzione unica y(t), qualunque sia la n-pla (y0, y1, . . . yn−1).

34Naturalmente non tutti i sistemi fisici danno luogo ad EDO lineari a coefficienti costanti.

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Lo scopo di questa e della prossima lezione e di fornire una tecnica conveniente per ladeterminazione della soluzione del problema di Cauchy qualunque sia x(t).

Osservazione 1. La parte del teorema che garantisce l’esistenza non e di particolare inte-resse, infatti nel seguito della lezione vedremo che, per questa classe di EDO, e semplicecostruire una soluzione. La parte importante del teorema e quella che dimostra l’unicita.

Osservazione 2. E evidente che, in nessun punto, si possono specificare liberamente i valoridelle derivate successive alla (n− 1)-esima. Infatti l’EDO impone che la derivata n-esima,per ogni t ∈ R, valga

y(n) = −n−1∑k=0

ak y(k) +

m∑k=0

bk x(k). (84)

Il teorema si puo quindi leggere in questo modo. Se si specificano solo alcune delle n con-dizioni iniziali y(0−), y′(0−), . . . y(n−1)(0−) l’EDO ammette infinite soluzioni, se si specifi-cano tutte le n condizioni la soluzione e unica, se si specificano i valori di derivate superiorialla (n− 1)-esima l’EDO in generale non ammette soluzione.

Corollario 21.3. L’unica soluzione del problema di Cauchy{a(D)(y) = 0, per ogni t ∈ Ry(0−) = y′(0−) = · · · = y(n−1)(0−) = 0.

e la funzione y(t) ≡ 0 per ogni t ∈ R.

Dimostrazione. Si osservi che la funzione nulla y(t) ≡ 0 soddisfa sia l’equazione differenzialea(D)(y(t)) = 0 che le condizioni iniziali tutte nulle assegnate. Il teorema di esistenza e diunicita della soluzione permette di concludere.

Definizione 21.23. Assegnata l’EDO a(D)(y) = b(D)(x), l’EDO

a(D)(y) = 0

e detta omogenea associata.

Insieme delle soluzioni dell’EDO al variare di x(t)

Come osservato, se non si specificano le condizioni iniziali, l’EDO

a(D)(y) = b(D)(x) (85)

ha infinite soluzioni, per ogni fissato x(t). Considerando anche la possibilita di variarel’ingresso x(t) l’insieme delle soluzioni mantiene una struttura semplice che si desumedalle seguenti osservazioni.

(a.) Se (x1, y1) e (x2, y2) soddisfano l’EDO allora (c1x1+c2x2, c1y1+c2y2) soddisfa l’EDO.

(b.) Se (x(t), y(t)) soddisfa l’EDO allora (x(t+β), y(t+β)) soddisfa l’EDO per ogni β ∈ R.

La proprieta (a.) e conseguenza della linearita dell’operazione di derivazione e della li-nearita dell’EDO. La proprieta (b.) discende dalla tempo invarianza dell’operazione diderivazione e dal fatto che i coefficienti dell’EDO sono costanti.

Si puo ora dimostrare il seguente teorema sulla struttura della soluzione generale di (85)

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Teorema 21.19. Le infinite soluzioni dell’EDO (85) sono tutte e sole le funzioni rappre-sentabili come

y(t) = yp(t) + yo(t),

dove yp(t) e una qualunque soluzione di (85) e yo(t) e una qualunque soluzione dell’EDOomogenea associata.

Dimostrazione. Se y(t) = yp(t) + yo(t) come nell’enunciato allora (x(t), yp(t)) e (0, yo(t))soddisfano l’EDO (85) quindi, per la proprieta (a.), (x(t), yp(t) + yo(t)) soddisfa l’EDO.Viceversa, se y(t) e una assegnata soluzione dell’EDO, detta yp(t) una qualunque altrasoluzione si ha che (x(t), y(t)) e (x(t), yp(t)) soddisfano l’EDO, quindi (0, y(t) − yp(t))soddisfa l’EDO, ovvero y(t)−yp(t) = yo(t) per qualche yo(t) soluzione dell’EDO omogeneaassociata. Per la generica soluzione y(t) vale quindi e si ottiene la rappresentazione y(t) =yp(t) + yo(t).

La soluzione particolare yp(t) dipende dall’ingresso x(t). Nella prossima lezione presente-remo una tecnica per la costruzione di una yp(t) valida per qualunque x(t). Studiamo orayo(t), la soluzione dell’omogenea, che e indipendente da x(t).

21.3 Insieme delle soluzioni dell’omogenea

Sia Yo l’insieme delle soluzioni dell’EDO omogenea a(D)(y) = 0. In virtu delle proprieta(a.) e (b.), l’insieme Yo e uno spazio vettoriale di funzioni (ed e invariante per trasla-zione). Infatti se a(D)(y1) = 0 e a(D)(y2) = 0 allora anche a(D)(c1y1 + c2y2) = 0. Perrappresentare tutti i vettori di uno spazio vettoriale e sufficiente conoscerne la dimensioneed individuarne una base. Per il teorema di esistenza ed unicita il problema di Cauchy{

a(D)(y)) = 0, per ogni t ∈ Ry(0−) = y0, y

′(0−) = y1, . . . y(n−1)(0−) = yn−1.

(86)

ha soluzione unica, qualunque sia il vettore (y0, y1, . . . yn−1) ∈ Rn. Esiste quindi unacorrispondenza biunivoca tra Yo e lo spazio vettoriale Rn. La dimensione dello spaziovettoriale Yo e n ed e quindi sufficiente determinare n soluzioni linearmente indipendentidi a(D)(y) = 0 per avere una base di Yo. Ricordiamo che, per definizione, n funzioni sonolinearmente indipendenti se e solo se

c1f1(t) + c2f2(t) + . . . cnfn(t) = 0, per ogni t ∈ R =⇒ c1 = c2 = · · · = cn = 0

Una base di Yo e detto sistema fondamentale di soluzioni dell’omogenea. Il ragionamentoeuristico che conduce all’individuazione delle n soluzioni fondamentali e il seguente.

(a.) L’equazione omogenea y′ − ay = 0 ammette ovviamente soluzione y(t) = eat.

(b.) Per l’EDO omogenea generale si cercano valori di λ tali che ϕ(t) = eλt soddi-sfi a(D)(ϕ) = 0. Allo scopo e sufficiente osservare che Dkϕ(t) = λkϕ(t) e sostituendonell’EDO omogenea

a(D)(ϕ) =

n∑k=0

akλkeλt =

[n∑k=0

akλk

]eλt = 0,

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e poiche eλt 6= 0 per ogni t ∈ R, la condizione su λ e che a(λ) = 0 dove a(s) e il cosiddettopolinomio caratteristico

a(s) =n∑k=0

aksk

Se λ1, λ2 . . . λr sono radici distinte del polinomio caratteristico allora

ϕ1(t) = eλ1t, ϕ2(t) = eλ2t, . . . , ϕr(t) = eλrt,

sono soluzioni indipendenti dell’EDO omogenea35.

(c.) Il polinomio caratteristico ha in totale n radici, contandone la molteplicita, ma per orasiamo in grado di determinare solo r soluzioni indipendenti, relative alle r radici distinte. Ilseguente ragionamento euristico fornisce una guida per la costruzione delle n− r soluzionimancanti. Sia λ una radice doppia di a(s) = 0. Si puo interpretare la radice doppiacome limite, per δ → 0, della coppia di radici distinte λ e λ + δ. Alla coppia di radicidistinte si associa la soluzione dell’EDO omogenea (ogni combinazione lineare di soluzionidell’omogenea e ancora soluzione)

1

δe(λ+δ)t − 1

δeλt

e prendendo il limite per δ → 0 si ottiene

limδ→0

1

δe(λ+δ)t − 1

δeλt = lim

δ→0teλt

eδt − 1

δt= teλt.

E facile verificare che teλt soddisfa l’EDO omogenea e che eλt e teλt sono indipendenti.Analogamente si costruiscono le soluzioni mancanti relative alle radice triple ecc.

(d.) Alla luce di tutte le precedenti considerazioni si arriva a formulare il seguente teorema

Teorema 21.20. Se il polinomio caratteristico a(s) dell’EDO omogenea a(D)(y) = 0 haradici distinte λ1 . . .λr di molteplicita rispettive n1, . . .nr, allora un sistema fondamentaledi soluzioni e formato dalle

∑ri=1 ni = n funzioni {ϕk(t)}nk=1, specificate qui sotto

eλ1t teλ1t . . . tn1−1 eλ1t

eλ2t teλ2t . . . tn2−1 eλ2t

. . . . . . . . . . . .

eλrt teλrt . . . tnr−1 eλrt

(87)

Dimostrazione. Simile al caso delle EDO. Si deve verificare che ognuna delle funzioni e unasoluzione dell’EAD omogenea (facile) e che le n funzioni sono linearmente indipendenti(leggermente meno facile). Si veda una futura revisione del diario.

Poiche Yo e generato dalle combinazioni lineari delle soluzioni fondamentali, cioe Yo =span{ϕ1, . . . ϕn}, la soluzione generale dell’omogenea si puo sempre esprimere come

yo(t) =

n∑k=1

dkϕk(t) =

r∑i=1

ni−1∑k=0

ciktk eλit

35La dimostrazione dell’indipendenza si riduce al calcolo del determinante di una matrice di Vandermonde- si veda futura revisione.

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E evidente da quest’espressione che tutte le soluzioni dell’EDO omogenea sono funzioniC∞(R) (infinitamente derivabili su R).

Esempi

Esempio 1. y′′ + 3y′ + 2y = 0

polinomio caratteristico a(s) = s2 + 3s+ 2 = (s+ 1)(s+ 2)

soluzioni base ϕ1(t) = e−t, ϕ2(t) = e−2t

soluzione generale yo(t) = c1 e−t + c2 e

−2t

Esempio 2. y′′ − 6y′ + 9y = 0

a(s) = s2 − 6s+ 9 = (s− 3)2

ϕ1(t) = e3t, ϕ2(t) = t e3t, yo(t) = c1 e3t + c2 t e

3t

Esempio 3. y′′ + 4y = 0

a(s) = s2 + 4 = (s− j2)(s+ j2)

ϕ1(t) = e−j2t, ϕ2(t) = ej2t, yo(t) = c1 e−j2t + c2 e

j2t

Costruzione di una base reale per YoNel caso di EDO omogenee a coefficienti ak reali il polinomio caratteristico a(s) ha coef-ficienti reali e le eventuali radici complesse compaiono a coppie complesse coniugate. Intal caso e sempre possibile determinare un sistema fondamentale di n soluzioni reali, nellafattispecie, dette

λi = σi + jωi, i = 1, 2, . . . r

le r radici distinte di a(s) = 0 (per quelle reali ωi = 0), il sistema fondamentale reale siottiene effettuando, per ogni λi ∈ C le seguenti sostituzioni in (87)

tk eλit, tk eλit =⇒ tk eσit cosωit, tk eσit sinωit

Esempio 3 (rivisto). y′′ + 4y = 0

a(s) = s2 + 4 = (s− j2)(s+ j2)

ϕ1(t) = cos 2t, ϕ2(t) = sin 2t, yo(t) = d1 cos 2t+ d2 sin 2t

Esempio 4. y′′ + 2y′ + 5y = 0

a(s) = s2 + 2s+ 5 = (s+ 1− j4)(s+ 1 + j4)

ϕ1(t) = e−t cos 2t, ϕ2(t) = e−t sin 2t, yo(t) = c1e−t cos 2t+ c2 e

−t sin 2t

Esempio 5. y′′′ − 2y′′ + y′ = 0

a(s) = s3 − 2s2 + s = s(s2 − 2s+ 1) = s(s− 1)2

ϕ1(t) = 1, ϕ2(t) = e2t, ϕ3(t) = t e2t, yo(t) = c1 + c2 e2t + c3 t e

2t

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Grafici e proprieta d’integrabilita dei modi

Le soluzioni di base dell’EDO omogenea sono anche detti modi dell’equazione differenziale.I modi sono di fondamentale importanza per lo studio della stabilita dei sistemi LTI asso-ciati all’EDO che verranno introdotti in seguito. Sebbene si tratti di funzioni elementari(sono note agli Elettrotecnici come funzioni cisoidali) e facili da studiare, nella figura quisotto sono tracciati tutti i possibili modi ϕ(t) = tkeσt cosωt, corrispondenti a radici realio a coppie complesse coniugate, semplici e doppie.

Le seguenti condizioni d’integrabilita per il generico modo ϕ(t) = tkeσt cosωt sono facilida verificare.

Sul semiasse positivo, cioe per ϕ(t)u(t),∫ ∞0|ϕ(t)|dt <∞ se e solo se σ < 0. (88)

Sul semiasse negativo, cioe per ϕ(t)u(−t),∫ 0

−∞|ϕ(t)|dt <∞ se e solo se σ > 0. (89)

E un’interessante proprieta che i modi delle EDO siano integrabili su un semiasse se e solose sono asintoticamente nulli sul medesimo semiasse.

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Lezione 22 (Mercoledı 20 novembre, 16:30–18:15)

Completiamo la trattazione delle EDO lineari a coefficienti costanti discutendo la soluzionedel problema di Cauchy, prima per le omogeneee, quindi per le EDO con ingresso x(t) 6= 0.

22.1 Soluzione del problema di Cauchy per le EDO omogenee

Riportiamo qui sotto il problema di Cauchy (86) per l’EDO omogenea{a(D)(y)) = 0, per ogni t ∈ Ry(0−) = y0, y

′(0−) = y1, . . . y(n−1)(0−) = yn−1.

Per quanto visto nella precedente lezione questo problema ha soluzione unica che si esprimenella forma

yo(t) =

n∑k=1

dkϕk(t)

per opportune costanti d1, . . . dn. Per la determinazione delle costanti e sufficiente imporrele condizioni di iniziali, cioe ovvero risolvere il sistema di equazioni algebriche

n∑k=1

ϕk(0−) dk = y0

n∑k=1

ϕ′k(0−) dk = y1

. . . . . .n∑k=1

ϕ(n−1)k (0−) dk = yn−1.

Si tratta di un sistema di n equazioni lineari nelle n incognite d1, . . . dn che ammettesoluzione unica poiche le {ϕk(t)}nk=1 costituiscono una base per Yo.

Esempi

Esempio 1. {y′′ + y′ − 2y = 0, per ogni t ∈ Ry(0−) = 1, y′(0−) = 7.

Il polinomio caratteristico e le sue radici sono

a(s) = s2 + s− 2 = (s− 1)(s+ 2),

per cui la soluzione generale yo(t) dell’omogenea si scrive

yo(t) = c1et + c2e

−2t,

e, per determinare le costanti d1 e d2, si impongono le condizioni iniziali{yo(0−) = d1 + d2 = 1y′o(0−) = d1 − 2d2 = 7

da cui si ricava d1 = 1, d2 = −2. La soluzione cercata e y(t) = et − 2e−2t.

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Esempio 2. {y′′ + 2y′ + 2y = 0, per ogni t ∈ Ry(0−) = 2, y′(0−) = −1.

Il polinomio caratteristico e le sue radici sono

a(s) = s2 + 2s+ 2 = (s+ 1 + j)(s+ 1− j),

per cui la soluzione generale yo(t) dell’omogenea si scrive

yo(t) = d1e−t cos t+ d2e

−t sin t,

e, per determinare le costanti d1 e d2, si impongono le condizioni iniziali{yo(0−) = d1 = 1y′o(0−) = −d1 + d2 = −1

da cui si ricava d1 = 2, d2 = 1. La soluzione cercata e y(t) = 2e−t cos t+ e−t sin t.

22.2 Soluzione del problema di Cauchy per l’EDO generale

Il Teorema 21.18 garantisce l’esistenza e l’unicita della soluzione del problema di Cauchy{a(D)(y)) = b(D)(x), per ogni t ∈ Ry(0−) = y0, y

′(0−) = y1, . . . y(n−1)(0−) = yn−1.

Facendo appello al Teorema 21.19, e noto che ogni soluzione dell’EDO a(D)(y) = b(D)(x)(quindi anche la soluzione del problema di Cauchy) si puo scrivere nella forma

y(t) = yp(t) + yo(t),

dove yp(t) e una soluzione particolare ed yo(t) e una opportuna soluzione dell’EDO omo-genea associata a(D)(y) = 0. In linea di principio la soluzione del problema di Cauchy sitrova allora come segue.

(a.) Si calcola la soluzione generale dell’omogenea

yo(t) =n∑k=1

dkϕk(t),

lasciando le n costanti d1, . . . dn indeterminate.

(b.) Si calcola una soluzione particolare yp(t) come spiegato qui sotto.

(c.) Si impone che y(t) = yp(t) + yo(t) soddisfi le n condizioni iniziali. Si ottiene cosıun sistema di n equazioni algebriche lineari, nelle n incognite d1 . . . dn. Per quanto noto(Teoremi 21.18 e 21.20) tale sistema ammette soluzione unica.

Vedremo che in realta l’oculata scelta della soluzione particolare yp(t) consente di combi-nare (a.) e (c.) in un unico passo.

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Determinazione della soluzione particolare yp(t)

Imiteremo quanto fatto per le equazioni del primo ordine, si veda il Lemma 20.34 e leconsiderazioni successive. Cominciamo senz’altro con l’estensione del Lemma 20.34.

Lemma 22.35. Se h(t) e una qualunque soluzione36 dell’EDO

a(D)(y) = b(D)(δ) (90)

allora yp(t) := h(t) ∗ x(t) e una soluzione dell’EDO

a(D)(y) = b(D)(x) (91)

Dimostrazione. La dimostrazione e identica a quella del Lemma 20.34 basandosi esclusiva-mente sulla proprieta della convoluzione (78).

Il lemma ci permette di costruire, qualunque sia x(t), non una ma infinite soluzioni partico-lari yp(t) := h(t)∗x(t), una per ogni soluzione h(t) dell’EDO (90). Le soluzioni particolarisono tutte equivalenti dal punto di vista matematico, ma il loro significato fisico cambia.

Scelta di h(t)

Per la scelta di h(t) ci faremo guidare dalle seguenti considerazioni, fatto salvo il fatto chesi dovra poi verificare a posteriori sull’EDO (90) la validita della costruzione. Nel casodi gran lunga piu comune in pratica l’EDO (91) rappresenta un sistema fisico, sottopostoall’ingresso x(t) a partire da t = 0, di cui interessa l’evoluzione di y(t) per ogni t > 0. Isistemi fisici sono causali, nel senso che il valore di y(t) ad ogni istante t > 0 dipende solodalle condizioni iniziali e da {x(τ), τ ≤ t}.

(1.) Il sistema fisico e causale quindi, affinche la soluzione particolare yp(t) sia interpretabi-le fisicamente, e necessario che essa dipenda causalmente da x(t). Poiche yp(t) = h(t)∗x(t),cioe yp(t) e l’uscita di un sistema LTI di risposta impulsiva h(t), affinche yp(t) dipendacausalmente da x(t) e necessario che sia h(t) = 0 per ogni t < 0.

(2.) Il membro destro dell’EDO (90) e b(D)(δ) che si puo ritenere nullo per ogni t > 0. Pert > 0 la funzione h(t) dovra quindi essere soluzione dell’EDO omogenea a(D)(h) = 0, lacui soluzione generale e h(t) =

∑nk=1 ckϕk(t). Attenzione: questo e vero solo se m < n.

Nel caso m = n la h(t) contiene anche una δ(t) – si veda l’Esempio 3 del paragrafo 22.4.

(3.) Le h(t) che soddisfano entrambi i vincoli (1.) e (2.) sono del tipo (caso m < n)

h(t) =

[n∑k=1

ckϕk(t)

]u(t) (92)

(4.) Per determinare c1, . . . cn si impone che la (92) risolva l’EDO (90). Si ottiene intal modo un’equazione che contiene solo termini impulsivi sia a sx che a dx. I parametric1, . . . cn si determinano bilanciando gli impulsi. La h(t) che si ottiene e denotata h+(t)ed e interpretabile come risposta impulsiva di un sistema LTI causale.

36La scelta del nome h(t) per le soluzioni dell’EDO (90) si deve al ruolo che esse svolgono. Come si vededall’enunciato del lemma esse si possono interpretare come risposte impulsive di sistemi LTI.

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Soluzione del problema di Cauchy

Dal punto di vista fisico interessa risolvere il problema di Cauchy per t > 0 e considerandox(t) = 0 per ogni t < 0. Riassumendo, il problema e

a(D)(y)) = b(D)(x), per ogni t > 0x(t) = 0, per ogni t < 0

y(0−) = y0, y′(0−) = y1, . . . y

(n−1)(0−) = yn−1.

La cui soluzione, per quanto visto finora, si scrive per ogni t > 0 come37

y(t) = yo(t) + yp(t) =n∑k=1

dkϕk(t) + h+(t) ∗ x(t)

=n∑k=1

dkϕk(t) +

∫ t

0−h+(τ)x(t− τ) dτ (93)

dove i parametri d1, . . . dn sono da determinarsi imponendo che y(t) soddisfi le condizioniiniziali. A tal proposito si noti che

yp(0−) = y′p(0−) = · · · = y(n−1)p (0−) = 0

La particolare scelta h+(t) consente quindi di decomporre la soluzione del problema diCauchy nella somma di due termini. Il primo termine,

∑nk=1 dkϕk(t), soddisfa le condizioni

iniziali (che determinano i dk), non dipende dall’ingresso e corrisponde alla soluzione delproblema di Cauchy con ingresso nullo x(t) = 0. Il secondo termine, h+(t) ∗ x(t), dipendesolo dall’ingresso x(t), e nullo con tutte le sue derivate in 0− e corrisponde alla soluzionedel problema di Cauchy con condizioni iniziali tutte nulle. I due termini vengono dettirispettivamente risposta libera y`(t) e risposta forzata yf (t) dell’EDO,

y(t) = y`(t) + yf (t), dove y`(t) =

n∑k=1

dkϕk(t) e yf (t) = h+(t) ∗ x(t).

22.3 Sistema LTI causale associato alla EDO

La mappa che ad ogni ingresso x(t) associa la risposta forzata dell’EDO,

x(t) −→ Σ(x(t)) := yf (t) = h+(t) ∗ x(t)

e (per costruzione!) un sistema LTI causale di risposta impulsiva h+(t). Questo sistemasara detto il sistema LTI causale associato all’EDO a(D)(y) = b(D)(x).

Stabilita del sistema LTI h+(t)

Il sistema h+(t) e BIBO stabile se solo se∫∞−∞ |h+(t)| dt <∞, e poiche∫ ∞

−∞|h+(t)| dt =

∫ ∞−∞

∣∣∣∣∣n∑k=1

ckϕk(t)u(t)

∣∣∣∣∣ dt≤

n∑k=1

|ck|∫ ∞0|ϕk(t)| dt,

37L’integrale di convoluzione parte da 0− per comprendere eventuali δ(t) presenti in h+(t) e/o x(t).

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ricordando le proprieta di integrabilita dei modi (88), si conclude che se le radici λi =σi + jωi del polinomio caratteristico a(s) hanno tutte parte reale σi < 0 il sistema h+(t) eBIBO-stabile. In realta, se i polinomi a(s) e b(s) non hanno zeri in comune, la condizioneσi < 0 e anche necessaria per la stabilita BIBO – questo sara discusso in dettaglio piuavanti, usando la trasformata di Laplace.

Risposta in frequenza dei sistemi h+(t) stabili

I sistemi LTI h+(t) stabili ammettono risposta in frequenza. E molto interessante il fattoche H+(jω) si possa calcolare per ispezione dell’EDO anziche calcolando la trasformatadi Fourier di h+(t). Infatti, applicando ingresso x(t) = ejωt nell’EDO (91) con condizioniiniziali tutte nulle, l’uscita vale y(t) = H+(jω)ejωt, quindi l’equazione si scrive

n∑k=0

ak (jω)kH+(jω)ejωt =

m∑k=0

bk (jω)kejωt t ∈ R,

e dividendo entrambi i membri per ejωt 6= 0 per ogni t ∈ R, si ricava

H+(jω) =

∑mk=0 bk(jω)k∑nk=0 ak (jω)k

Transitorio e regime sinusoidale

da scrivere

22.4 Esempi

Esempio 1. Calcolo di h+(t).

L’equazione data ey′′ + y = x′.

Il polinomio caratteristico e a(s) = s2+1 = (s+j)(s−j) cui corrisponde soluzione generaledell’omogenea yo(t) = c1 cos t+ c2 sin t. Poiche m = 1 < n = 2 si puo assumere che h+(t)sia una soluzione dell’omogenea per ogni t > 0, ovvero che

h+(t) =(c1 cos t+ c2 sin t

)u(t)

per opportune costanti c1 e c2 da determinarsi imponendo che h+(t) soddisfi

h′′+ + h+ = δ′. (94)

Poiche

h′+ = (−c1 sin t+ c2 cos t)u(t) + c1δ(t)

h′′+ = (−c1 cos t− c2 sin t)u(t) + c2δ(t) + c1δ′(t),

sostituendo nell’equazione (94) ci si riduce all’equazione tra impulsi

c2δ(t) + c1δ′(t) = δ′(t).

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Bilanciando gli impulsi si trova c1 = 1, c2 = 0 ovvero

h+(t) = cos t u(t).

Il sistema LTI h+(t) non e BIBO stabile, infatti h+(t) non e assolutamente integrabile38

Esempio 2. Calcolo di h+(t).

L’equazione data ey′′ + y′ − 2y = 2x′ + x.

Il polinomio caratteristico e a(s) = s2 + s − 2 = (s − 1)(s + 2) cui corrisponde yo(t) =c1e

t + c2e−2t. Poiche m < n si puo prendere h+(t) = c1e

tu(t) + c2e−2tu(t) e determinare

le costanti c1 e c2 imponendo che h+(t) soddisfi l’equazione

h′′+ + h′+ − 2h+ = 2δ′ + δ.

Si completino i calcoli per esercizio. Il sistema LTI h+(t) risultante e instabile.

Esempio 3. Calcolo di h+(t) – esempio con componente impulsiva.

Riprendiamo la rete RC con uscita y(t) pari alla tensione ai capi della resistenza R. L’EDOche descrive la rete e

y′ + ay = x′, a =1

RC

La soluzione generale dell’omogenea e yo(t) = c e−at. In questo caso pero, poiche n = m =1 non si puo prendere h+(t) = c e−atu(t), infatti se cosı facessimo il tentativo di bilanciaregli impulsi produrrebbe

h′+ + ah+ = −ac e−atu(t) + cδ(t) + ac e−atu(t) = δ′ (95)

che si riduce all’equazione tra impulsi

cδ(t) = δ′(t)

che non puo essere bilanciata. E quindi necessario prendere h+(t) = c1 e−atu(t) + c2δ(t),

dove le costanti c1, c2 sono da determinarsi imponendo che h+(t) soddisfi l’equazione (95).Completare i calcoli per esercizio.

Esempio 4. [aggiungere qui esempi di calcolo di H+(jω) per ispezione].

38Le radici del polinomio caratteristico ±j non hanno parte reale strettamente negativa e, come vedremopiu avanti, poiche a(s) e b(s) non hanno radici comuni, cio permette di concludere che h+(t) e certamenteinstabile.

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22.5 EDO del secondo ordine – alcune considerazioni

Consideriamo l’EDO del secondo ordine che descrive un oscillatore armonico senza at-triti (esempi fisici: sistema massa-molla, rete LC ecc.). Adottando le notazioni tipichedell’esempio meccanico massa-molla, ci interessa risolvere il problema di Cauchy

my′′ + ky = F cosωt u(t), y(0) = y′(0) = 0.

La soluzione y(t) di questo problema descrive la posizione della massa m, inizialmentea riposo (posizione e velocita iniziali nulle), sotto l’effetto di una forza esterna x(t) si-

nusoidale. Il polinomio caratteristico e a(s) = ms2 + k =(s − j

√km

)(s + j

√km

). La

costante

ωo :=

√k

m

e detta pulsazione propria del sistema massa-molla. Con la tecnica del bilanciamento degliimpulsi si trova (esercizio!) la risposta impulsiva causale

h+(t) =1

mωosinω0t u(t)

Poiche le condizioni iniziali sono nulle la soluzione del problema di Cauchy coincide conla risposta forzata,

y(t) = yf (t) = h+(t) ∗ x(t)

Si noti che il sistema h+(t) non e BIBO stabile, infatti∫∞−∞ |h+(t)| dt =∞.

Calcolo della risposta nel caso ω 6= ωo – battimenti

Ricordando dove serve che sinα cosβ = 12 sin(α+β) + 1

2 sin(α−β) il calcolo della rispostafornisce

yf (t) =

∫ t

0h+(t− τ)x(τ)dτ =

∫ t

0

F

mωosinωo(t− τ) cosωτdτ

=

∫ t

0

F

2mωo

[sin(ωot− (ωo − ω)τ

)+ sin

(ωot− (ωo + ω)τ

)]dτ

=F

2mωo

[ 1

ωo − ωcos(ωot− (ωo − ω)τ

)+

1

ωo + ωcos(ωot− (ωo + ω)τ

) ]∣∣∣τ=tτ=0

=F

2mωo

[ 1

ωo − ω

(cosωt− cosωot

)+

1

ωo + ω

(cosωt− cosωot

) ]E calcolando la somma si ricava

yf (t) =F

m

1

ω2o − ω2

(cosωt− cosωot

)u(t) (96)

Fenomeno dei battimenti. Ricordando che cos(A±B) = cosA cosB∓sinA sinB e ponendo

A =ωo + ω

2t, B =

ωo − ω2

t

la (96) si puo riscrivere come

yf (t) =2F

m(ω2o − ω2

) sin

(ωo − ω

2t

)sin

(ωo + ω

2t

)u(t)

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se ωo + ω � ωo − ω si evidenziano i battimenti: un segnale sinusoidale a bassa frequenzamodula l’ampiezza di un segnale sinusoidale ad alta frequenza. Si veda la figura qui sopra.

Calcolo della risposta nel caso ω = ωo – risonanza

In questo caso il calcolo della risposta forzata fornisce

yf (t) =

∫ t

0h+(t− τ)x(τ)dτ =

∫ t

0

F

mωosinωo(t− τ) cosωoτdτ

=

∫ t

0

F

2mωo

[sin(ωot)

+ sin(ωot− 2ωoτ

)]dτ

=F

2mωot sinωot +

F

2mωo

1

2ωocos(ωot− 2ωoτ

)∣∣∣ t0,

ovvero

yf (t) =F

2mωot sinωot

Fenomeno della risonanza. Se l’ingresso x(t) ha pulsazione ω = ωo l’ingresso limitatox(t) = F cosωot produce uscita illimitata. La risonanza e dovuta all’instabilita di h+(t).

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Lezione 23 (Lunedı 25 novembre, 14:30–16:15)

23.1 Introduzione alle Equazioni alle Differenze

Le EDO sono equazioni in cui incognita e termine noto sono segnali a tempo continuo.Abbiamo gia visto (Lezione 7, paragrafo 7.3, esempio (c.)) esempi concreti di fenomeni chesi descrivono in termini di equazioni in cui incognita e termine noto sono segnali discreti(sequenze). Un’equazione tra segnali discreti si dice equazione alle differenze (EAD) se inessa il segnale a tempo discreto incognito y(n) compare insieme alle sue versioni traslatey(n − 1), y(n − 2), y(n + 1), y(n + 2) ecc. In modo molto generale un’EAD si puorappresentare nella forma

G(y(n), x(n), y(n− 1), x(n− 1), y(n+ 1), x(n+ 1), y(n− 2), . . . ) = 0 (97)

ed una sequenza y : Z → R e detta soluzione dell’EAD se, effettuata la sostituzione, essarende (97) un’identita valida per ogni n ∈ Z. Un’EAD non necessariamente ammettesoluzione, ad esempio non esiste nessuna sequenza y(n) soluzione dell’EAD

[y(n)]2 + [y(n− 1)]2 = −δ(n)

Peraltro le infinite sequenze del tipo y(n) = c(−1)n, al variare di c ∈ R, sono tuttesoluzione dell’EAD

y(n) + y(n− 1) = 0.

Nel seguito ci occuperemo di EAD del tipo

N∑k=0

ak y(n− k) =

M∑k=0

bk x(n− k) n ∈ Z

dette EAD lineari, a coefficienti costanti. Le EAD di questa classe sono interessanti nelleapplicazioni poiche esse vengono prodotte automaticamente dalle tecniche di discretiz-zazione per il calcolo numerico delle soluzioni delle EDO lineari a coefficienti costanti.Seguendo quanto fatto per le EDO, prima di affrontare il caso generale discutiamo le EADdel primo ordine.

23.2 EAD del primo ordine

La piu semplice EAD lineare a coefficienti costanti e del tipo

y(n)− ay(n− 1) = bx(n), (98)

dove a, b ∈ R. Il coefficiente di y(n− 1) e indicato con −a per sola convenienza.

Una caratteristica distintiva dell’EAD (98) e che isolando y(n) a sinistra, si ottiene unaricorsione che permette di costruire la soluzione passo per passo, come illustrato qui sotto

y(0) = ay(−1) + bx(0)

y(1) = ay(0) + bx(1) = a2y(−1) + abx(0) + bx(1)

y(2) = ay(1) + bx(2) = a3y(−1) + a2bx(0) + abx(1) + bx(2)

. . . . . .

y(n) = an+1y(−1) +

n∑k=0

an−kbx(k) (99)

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Struttura della soluzione

Il teorema di esistenza e di unicita della soluzione per il problema di Cauchy{y(n)− ay(n− 1) = bx(n), per ogni n ≥ 0y(−1) = y−1

e banale, infatti ponendo l’EAD in forma ricorsiva (99) fornisce la soluzione unica

y(n) = y−1an+1 +

n∑k=0

an−kbx(k)

I due addendi della soluzione si possono interpretare come segue;

y(n) = y`(n) + yf (n), dove y`(n) = y−1an+1, yf (n) =

n∑k=0

an−kbx(k),

dove y`(n) e detta risposta libera ed yf (n) risposta forzata dell’EAD. Si verifica agevol-mente che y`(n) e la soluzione del problema di Cauchy per l’EAD omogenea associata{

y(n)− ay(n− 1) = 0, per ogni n ≥ 0y(−1) = y−1

allo scopo basta trasformare l’EAD omogenea nella ricorsione y(n) = ay(n−1) e procederecome fatto sopra. La risposta forzata yf (n) e l’uscita di un sistema LTI causale

yf (n) = h+(n) ∗ x(n), dove h+(n) = banu(n).

E facile verificare, con il trucco della ricorsione, che la risposta impulsiva h+(n) e unasoluzione particolare dell’EAD (98) che si ottiene risolvendo il problema di Cauchy{

y(n)− ay(n− 1) = δ(n), per ogni n ≥ 0y(−1) = 0

23.3 EAD di ordine superiore

L’EAD piu generale che tratteremo e della forma39

N∑k=0

ak y(n− k) =M∑k=0

bk x(n− k) n ∈ Z. (100)

39In un’EAD insieme ad y(n) compaiono un numero finito di sue traslate y(n + k), in anticipo e/o inritardo. Eventualmente traslando tutte le sequenze verso sinistra di quanto necessario e sempre possibileriscrivere l’EAD in modo che in essa compaiano solo y(n) e le versioni ritardate y(n− 1), y(n− 2) ecc. Adesempio l’EAD

2y(n+ 1) + y(n)− 5y(n− 1) = x(n)

contiene sia un ritardo che un anticipo, ma ritardando tutte le sequenze di 1 passo l’EAD diventa

2y(n) + y(n− 1)− 5y(n− 2) = x(n− 1).

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L’ordine di un’EAD nella forma (100) e la differenza tra il massimo e il minimo ritardopresenti, quindi se a0 6= 0 e aN 6= 0 l’ordine e N . Nel seguito supporremo sempre chea0 6= 0 e che aN 6= 0. Eventualmente dividendo per a0 a sinistra e a destra, supporremosempre che a0 = 1.

Notazioni

Per i segnali discreti e usuale denotare la traslazione U−1 con il simbolo z−1, detto ancheoperatore di ritardo. Per ogni segnale discreto f(n),

z−1f(n) := f(n− 1)

Allo stesso modo si introducono i polinomi in z−1 (operatori alle differenze). Se

p(z−1) :=N∑k=0

pkz−k

allora l’applicazione di p(z−1) alla sequenza f(n) produce

p(z−1)(f) :=

N∑k=0

pkf(n− k)

Definendo gli operatori alle differenze

a(z−1) :=N∑k=0

ak z−k, b(z−1) =

M∑k=0

bk z−k

l’EAD (100) si scrive in forma compatta

a(z−1)(y) = b(z−1)(x).

Struttura dell’insieme delle soluzioni

L’esistenza della soluzione dell’EAD (100) si verifica banalmente riscrivendo la stessa informa di ricorsione, come gia visto nel caso delle equazioni del primo ordine, e ricordandoche a0 = 1 per ipotesi,

y(n) = −N∑k=1

ak y(n− k) +M∑k=0

bk x(n− k).

E anche banalmente verificata l’unicita della soluzione una volta assegnati N valori iniziali.Ad esempio dati y(−N), . . . y(−1), la ricorsione determina univocamente y(n) per ognin ≥ 0, in funzione del segnale d’ingresso noto, x(n).

Insieme delle soluzioni dell’EDO al variare di x(t). Se non si specificano N condizioni inizialil’EAD ammette, per ogni fissato ingresso x(n), infinite soluzioni. Considerando anche lapossibilita di variare l’ingresso x(n) l’insieme delle soluzioni mantiene la stessa strutturadell’insieme delle soluzioni di una EDO lineare a coefficienti costanti. Valgono infatti leseguenti osservazioni identiche a quelle fatte per le EDO

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(a.) Se (x1, y1) e (x2, y2) soddisfano l’EAD allora (c1x1+c2x2, c1y1+c2y2) soddisfa l’EAD.

(b.) Se (x(n), y(n)) soddisfa l’EAD allora (x(t + β), y(t + β)) soddisfa l’EAD per ogniβ ∈ Z.

La proprieta (a.) e conseguenza della linearita dell’operatore di ritardo z−1 e della linearitadell’EAD. La proprieta (b.) discende dalla tempo invarianza dell’operatore di ritardo z−1

e dal fatto che i coefficienti dell’EAD sono costanti.

Si puo ora dimostrare il seguente teorema sulla struttura della soluzione generale di (100)

Teorema 23.21. Le infinite soluzioni dell’EAD (100) sono tutte e sole le sequenze rap-presentabili come

y(n) = yp(n) + yo(n),

dove yp(n) e una qualunque soluzione di (100) e yo(n) e una qualunque soluzione dell’EADomogenea associata.

Dimostrazione. Identica a quella del Teorema 21.19 per le EDO.

La soluzione particolare yp(n) verra ricavata piu avanti usando la ricorsione. Qui sot-to studiamo la soluzione generale yo(n) dell’EAD omogenea associata, che non dipendedall’ingresso x(n).

Insieme delle soluzioni dell’omogenea

Sia Yo l’insieme delle soluzioni dell’EDO omogenea a(z−1)(y) = 0. In virtu delle proprieta(a.) e (b.), l’insieme Yo e uno spazio vettoriale di sequenze (ed e invariante per traslazione).Infatti se a(z−1)(y1) = 0 e a(z−1)(y2) = 0 allora anche a(z−1)(c1y1 + c2y2) = 0. Perrappresentare tutti i vettori di uno spazio vettoriale e sufficiente conoscerne la dimensioneed individuarne una base. Per quanto visto il problema di Cauchy{

a(z−1)(y)) = 0, per ogni n ∈ Zy(−1) = y−1, y(−2) = y−2, . . . y(−N) = y−N .

(101)

ha soluzione unica, qualunque sia il vettore (y−1, y−2, . . . y−N ) ∈ RN . Esiste quindi unacorrispondenza biunivoca tra Yo e lo spazio vettoriale RN . La dimensione dello spaziovettoriale Yo e N ed e quindi sufficiente determinare N soluzioni linearmente indipendentidi a(z−1)(y) = 0 per avere una base di Yo. Ricordiamo che, per definizione, N sequenzesono linearmente indipendenti se e solo se

c1f1(n)+c2f2(n)+. . . cNfN (n) = 0, per ogni n ∈ Z =⇒ c1 = c2 = · · · = cN = 0

Discende immediatamente dalla definizione che la sequenza identicamente nulla, f(n) = 0per ogni n ∈ Z, non puo far parte di nessun insieme di sequenze indipendenti.

Una base di Yo e detto sistema fondamentale di soluzioni dell’omogenea. Il ragionamentoeuristico che conduce all’individuazione delle N soluzioni fondamentali e il seguente.

(a.) L’equazione omogenea y(n)−λy(n−1) = 0 ammette ovviamente soluzione y(n) = λn.

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(b.) Per l’EAD omogenea generale si cercano valori di λ tali che ϕ(n) = λn soddi-sfi a(z−1)(ϕ) = 0. E sufficiente sostituire ϕ(n) nell’EAD omogenea e, osservando chez−kϕ(n) = λn−k = λ−kϕ(n), ottenere la condizione che deve essere soddisfatta da λ:

a(z−1)(ϕ) =

N∑k=0

akλ−kλn =

[N∑k=0

akλ−k

]λn = 0, per ogni n ∈ Z. (102)

Il valore λ = 0 soddisfa la condizione (102), e corrisponde a ϕ(n) = 0, per ogni n ∈ Z, chee la soluzione dell’EAD omogenea con condizioni iniziali tutte nulle. Per quanto osservatosugli insiemi indipendenti di sequenze, la sequenza nulla non puo far parte di un sistemafondamentale di soluzioni e sara quindi esclusa. Gli altri λ che soddisfano la condizione(102) sono quelli per cui

N∑k=0

akλ−k = 0

o, equivalentemente, moltiplicando per λN , sono le radici del polinomio caratteristico

a(z) :=

N∑k=0

akzN−k = zN a(z−1) = zN

N∑k=0

akz−k

Se λ1, λ2 . . . λr sono radici distinte del polinomio caratteristico a(z) allora

ϕ1(n) = λn1 , ϕ2(n) = λn2 , . . . , ϕr(n) = λnr ,

sono soluzioni indipendenti dell’EAD omogenea40.

(c.) Il polinomio caratteristico ha in totale N radici, contandone la molteplicita. Ragio-nando come per le EDO si ricava euristicamente che se λi e una radice di molteplicita ni,allora ad essa si possono associare le ni soluzioni indipendenti

λni , nλni , n2λni , . . . nni−1λni ,

(d.) Alla luce di tutte le precedenti considerazioni si arriva a formulare il seguente teorema

Teorema 23.22. Se il polinomio caratteristico a(z) dell’EAD omogenea a(z−1)(y) = 0 haradici distinte λ1 . . .λr di molteplicita rispettive n1, . . .nr, allora un sistema fondamentaledi soluzioni e formato dalle

∑ri=1 ni = n funzioni {ϕk(t)}nk=1, specificate qui sotto

λn1 nλn1 . . . nn1−1 λn1λn2 nλn2 . . . nn2−1 λn2. . . . . . . . . . . .

λnr nλnr . . . nnr−1 λnr

(103)

Dimostrazione. Si deve verificare che ognuna delle funzioni e una soluzione dell’EDOomogenea (facile) e che le n funzioni sono linearmente indipendenti (leggermente menofacile). Si veda una futura revisione del diario.

40Come per le EDO la dimostrazione dell’indipendenza si riduce al calcolo del determinante di unamatrice di Vandermonde - si veda futura revisione.

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Poiche Yo e generato dalle combinazioni lineari delle soluzioni fondamentali, cioe Yo =span{ϕ1, . . . ϕn}, la soluzione generale dell’omogenea si puo sempre esprimere come

yo(t) =n∑k=1

dkϕk(n) =r∑i=1

ni−1∑k=0

ciknk λni .

Esempi

Esempio 1. y(n) + 3y(n− 1) + 2y(n− 2) = 0

polinomio caratteristico

a(z) := z2a(z−1) = z2(

1 + 3z−1 + 2z−2)

= z2 + 3z + 2 = (z + 1)(z + 2)

radici λ1 = −1, λ2 = −2, soluzioni base ϕ1(n) = (−1)n, ϕ2(n) = (−2)n,

soluzione generale yo(t) = c1 (−1)n + c2 (−2)n.

Esempio 2. y(n)− 6y(n− 1) + 9y(n− 2) = 0

polinomio caratteristico

a(z) = z2a(z−1) = z2(

1− 6z−1 + 9z−2)

= z2 − 6z + 9 = (z − 3)2,

radici λ1,2 = 3, doppia, soluzioni base ϕ1(n) = 3n, ϕ2(n) = n3n,

soluzione generale yo(n) = c1 3n + c2 n3n.

Esempio 3. y(n) + 4y(n− 2) = 0

polinomio caratteristico

a(z) = z2a(z−1) = z2(

1 + 4z−2)

= z2 + 4 = (z − 2j)(z + 2j),

radici λ1 = 2j, λ2 = −2j, soluzioni base ϕ1(n) = (−j2)n, ϕ2(n) = (j2)n

soluzione generale yo(n) = c1 (−j2)n + c2 (j2)n

Costruzione di una base reale per YoNel caso di EAD omogenee a coefficienti ak reali il polinomio caratteristico a(z) ha coeffi-cienti reali, e le eventuali radici complesse compaiono a coppie complesse coniugate. In talcaso e sempre possibile determinare un sistema fondamentale di N soluzioni reali, nellafattispecie, dette

λi = ρiejωi i = 1, 2, . . . r

le r radici distinte di a(s) = 0 (per quelle reali ωi = 0 oppure π ), il sistema fondamentalereale si ottiene effettuando, per ogni λi ∈ C le seguenti sostituzioni in (103)

nkρni ejωin, nkρni e

−jωin =⇒ nkρni cosωin, nkρni sinωin

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Esempio 3 (rivisto). y(n) + 4y(n− 2) = 0

polinomio caratteristico

a(z) = z2a(z−1) = z2(

1 + 4z−2)

= z2 + 4 = (z − 2j)(z + 2j),

radici λ1,2 = ±2j = 2e±jπ2 , soluzioni base ϕ1(n) = 2n cos π2n, ϕ2(n) = 2n sin π

2n

soluzione generale yo(n) = c12n cos π2n+ c22

n sin π2n

Esempio 4. y(n)− 12y(n− 1) + 1

4y(n− 2) = 0

a(z) = z2(

1− 12z−1 + 1

4z−2 ) = z2 − 1

2z + 14

λ1,2 = 14 ± j

√34 = 1

2e±j π

3

soluzione generale yo(n) = c1(12

)ncos π3n+ c2

(12

)nsin π

3n.

Grafici e proprieta di sommabilita dei modi

Le soluzioni di base dell’EAD omogenea sono anche detti modi dell’equazione alle diffe-renze. I modi sono di fondamentale importanza per lo studio della stabilita dei sistemiLTI associati all’EAD che verranno introdotti qui sotto. Sebbene si tratti di sequenzeelementari nella figura qui sotto sono tracciati tutti i possibili modi ϕ(n) = nkρn cosωn,corrispondenti a radici reali o a coppie complesse coniugate, semplici e doppie.

[figura da aggiungere]

Le seguenti condizioni di sommabilita per il generico modo ϕ(n) = nkρn cosωn sono facilida verificare.

Sul semiasse positivo, cioe per ϕ(n)u(n),

∞∑n=0

|ϕ(n)| <∞ se e solo se ρ < 1. (104)

Sul semiasse negativo, cioe per ϕ(n)u(−n),

0∑n=−∞

|ϕ(n)| <∞ se e solo se ρ > 1. (105)

E un’interessante proprieta che i modi delle EAD siano sommabili su un semiasse se e solose sono asintoticamente nulli sul medesimo semiasse.

Esempi di problemi di Cauchy

da scrivere

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