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Corso di Economia dello Sviluppo Internazionale Lezione 20 Lezione 20 Diseguaglianza nei redditi: Diseguaglianza nei redditi: La discussione sul contributo di Thomas La discussione sul contributo di Thomas Piketty Piketty Pier Giorgio Ardeni Dipartimento di Scienze Economiche

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Page 1: Lezione 20 Diseguaglianza nei redditi: La discussione sul contributo di Thomas Piketty Corso di Economia dello Sviluppo Internazionale Lezione 20 Diseguaglianza

Corso di Economia dello Sviluppo Internazionale

Lezione 20 Lezione 20 Diseguaglianza nei redditi: Diseguaglianza nei redditi:

La discussione sul contributo di Thomas PikettyLa discussione sul contributo di Thomas Piketty

Pier Giorgio ArdeniDipartimento di Scienze Economiche

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Pro e contro Piketty

Il libro di Thomas Piketty ha avuto una vasta eco nella stampa e negli ambienti accademici per le sue tesi e i risultati originali che hanno provocato un ampio dibattito

Qui prenderemo in esame le recensioni e i commenti di- Paul Krugman- Debraj Ray- Branko Milanovic- Lawrence Summers- Matt Rognlie

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Krugman su Piketty

Il contributo di Piketty rappresenta una vera e propria rivoluzione nella nostra comprensione dei trend di lungo periodo nella diseguaglianza. La sua è di fatto una “teoria unitaria della diseguaglianza” (...)

Prima di Piketty, i “molto ricchi”, infatti, non venivano quasi considerati e molti non volevano nemmeno occuparsi del fenomeno della diseguaglianza

Resterà famoso il commento di Robert Lucas jr., premio nobel, uno degli economisti più influenti della sua generazione, che nel 1994 dichiarò:

“Of the tendencies that are harmful to sound economics, the most seductive, and in my opinion the most poisonous, is to focus on questions of distribution”

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Krugman su Piketty

In ogni caso, la maggior parte degli studi sulla diseguaglianza si è sempre concentrata sul rapporto tra il quintile o decile più ricco e quello più povero, ovvero sull'indice di Gini, trascurando di considerare specificamente il comportamento del decile o percentile più ricco.

Piketty si concentra in particolar modo sui ricchi e i super-ricchi, mostrando come l'andamento del loro reddito e della loro ricchezza sia significativo di per sé. Insomma, se si deve parlare di diseguaglianza si deve parlare dei redditi dei super ricchi, non semplicemente della distribuzione

Oggi non ci troviamo solo davanti ad una nuova “età dell'oro” (gilded age), o Belle èpoque, ma siamo tornati indietro di un secolo!

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Krugman su Piketty Se oggi in USA la quota del reddito nazionale che va al

percentile più ricco è un quinto del totale, è come era prima della Prima Guerra Mondiale. Nel 1950 quella quota si era più che dimezzata.

Quella ricchezza era per lo più ereditata, oggi non più (si ritiene). Ciò che Piketty mostra è che in realtà anche oggi stiamo tornando al “capitalismo patrimoniale” di un tempo

Sapevamo già, dalle indagini su reddito e consumi, che fino a circa il 1980, il reddito di tutte le famiglie era più o meno cresciuto seguendo l'andamento dell'economia. Ma dopo il 1980, qualcosa ha cominciato a cambiare, e il reddito di alcuni è cresciuto più di quello di altri

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Krugman su Piketty Da allora, il reddito dei più ricchi è cresciuto sistematicamente

più di quello dei più poveri e di tutta la metà “bassa” della popolazione

Le indagini, tuttavia, non rappresentano adeguatamente il reddito dei “super ricchi”. Piketty è così andato a guardare ai dati fiscali, ottenendo risultati in qualche modo sorprendenti

Ma c'è di più: già nel titolo del suo libro Piketty mette in chiaro che la vera fonte di diseguaglianza non è il reddito – e in particolare il reddito da lavoro – ma il capitale, con il reddito che esso genera

Nel passato la principale fonte di diseguaglianza non era il reddito guadagnato con il lavoro, ma la diseguale proprietà di assets, beni immobiliari e fondiari. E, secondo Piketty, stiamo tornando lì...

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Krugman su Piketty

Tutto sta nella relazione tra r e g. Il tasso di crescita dell'economia (del reddito) oggi tende a calare, e anche il tasso di rendimento sul capitale r è più basso di un tempo, anche se resta maggiore del tasso di crescita del reddito g – quando questo accade, la conseguenza logica è che la ricchezza cresce più rapidamente di prodotto e reddito.

Il senso comune, fino ad oggi, di molti economisti sosteneva che nel lungo periodo le quote di capitale e lavoro sul reddito tendono ad essere costanti (perfino Kaldor...). Ma nel lungo periodo ciò non è stato vero.

Inoltre, essendo la ricchezza più concentrata del reddito, il reddito da capitale genera più ricchezza che diviene sempre più concentrata: “il passato tende a divorare il futuro”

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Krugman su Piketty

Perché, dunque, si chiede Krugman, se la ricchezza è sempre più concentrata in poche mani, la questione non è discussa pubblicamente? Perché sfugge alla vista...

La grande ricchezza non è tanto ereditata, quanto accumulata grazie ai “super stipendi”. Il reddito da capitale, in America, ammonta ad un terzo circa dei redditi del percentile più ricco. Gli stipendi, in compenso, sono cresciuti del 165% dal 1970 per l'1% più ricco e del 362% per lo 0.1% più ricco.

Ma non sono solo le “superstars”, sono i manager e gli executives, il cui livello di compenso è stabilito da “norme” e “convenzioni” (sociali e politiche) interne alla professione, come in un mondo a parte. Non può essere solo questo, sostiene Krugman, l'analisi di Piketty è debole.

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Krugman su Piketty

Krugman: la deregulation è certamente una causa Piketty: la tassazione e le politiche pubbliche possono fare la

differenza Krugman: “This is a book that will change both the way we

think about society and the way we do economics.”

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Ray su Piketty

Ray: dopo l'ipotesi di Kuznets fu invece chiaro ed evidente che la diseguaglianza poteva restare crescente invece che calare dopo che il reddito aveva raggiunto un certo livello. E così è stato. Piketty si concentra sul percentile più ricco, e insiste su questo. Ottima la sua qualità dei dati.

Piketty si concentra sui redditi da capitale. Nel 'capitale' ci sono varie cose. Eppure, esiste già una certa evidenza statistica che se escludiamo i beni immobili dal capitale, i redditi da capitale non paiono essere cresciuti poi così tanto.

Poi, c'è il “problema” USA, perché negli USA i redditi da capitale hanno andamenti diversi dagli altri paesi. E nei redditi (tout court) ci sono i redditi da “stipendi” dei super managers.

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Ray su Piketty

Legge 1 = la quota del reddito da capitale (K) sul reddito totale (Y) eguaglia il tasso di rendimento del capitale r moltiplicato per il rapporto capitale/reddito (K/Y)

Questa è un'identità contabile, non una legge! (ma Piketty lo sa, dice Ray). I tre fattori nell'identità sono risultati e sono endogeni. Non spiega nulla!

Legge 2 = il tasso di crescita del prodotto nazionale g eguaglia il tasso di risparmio netto S/Y diviso per il rapporto K/Y (capitale/prodotto)

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Ray su Piketty

Cosa dice questa legge? Che i risparmi al netto del capitale deprezzato aumentano lo stock di capitale cosicché:

Risparmi = (K domani) - (K oggi) = = (K domani/Y domani * Y domani) – (K oggi/Y oggi * Y oggi) = K/Y * (Y domani – Y oggi)

assumendo che K/Y sia costante. Dividendo entrambi i lati per 'Y oggi' si ottiene:

Risparmi/Prodotto oggi = K/Y * [(Y domani – Y oggi)/Y oggi] = K/Y * g

Anche questa è poco più che una mera tautologia (secondo Ray), un'identità che è alla base, i.e di Harrod-Domar e Solow

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Ray su Piketty

Essa però può essere una teoria falsificabile con poche ipotesi aggiuntive, come fecero Harrod e Domar (K/Y costante) o Solow (K/Y evolve assieme alla funzione di produzione). Piketty non fa nulla di tutto ciò! Il rapporto capitale/prodotto non si spiega con il tasso di crescita del prodotto, che è anch'esso un risultato ed è endogeno.

Legge 3 = il tasso di rendimento del capitale sistematicamente eccede il tasso di crescita del prodotto: r > g.

Questa aspira ad essere “legge” perché dovrebbe valere sempre (ma così non è) ed è falsificabile. Secondo Piketty essa vale sempre, ma ciò non significa che essa sia la contraddizione centrale del capitalismo! Questa non è che una “condizione di trasversalità” (ma Ray non dice cosa vuol dire).

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Ray su Piketty

Supponiamo che il prodotto sia funzione lineare del capitale: Y = r * Kdove r è il tasso di rendimento del Capitale e 1/r è il rapporto

capitale/prodotto. Sostituendo questo nella Seconda Legge si ottiene:

s = g x (1/r)Conclusione: a meno che il paese non risparmi il 100% del

proprio reddito, s < 1, e quindi r > g. Il fatto che r > g si può spiegare con molti modelli, ma non dice

nulla sul fatto che la diseguaglianza cresce. E poi, cosa lega r e g? Il primo è quanto rende il capitale, il

secondo dice quanto cresce il reddito: mele e arance!

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Ray su Piketty Supponiamo che i detentori di capitale risparmino tutto il loro

reddito. In questo caso, r tiene conto non solo di quanto rende il capitale ma anche di quanto cresce il reddito. In quel caso, il reddito da capitale finirà per dominare tutto il reddito, è vero. Ma questo non ha nulla a che fare con r > g. Dipende dal fatto che i detentori di capitale risparmiano tutto il loro reddito!

Il capitale cresce a seconda di come il reddito viene risparmiato (propensione al risparmio) non della sua forma. Un contadino con un pezzo di terra non riesce a risparmiare perché consuma tutto il suo reddito (e il suo capitale fondiario non cresce)

Qualunque teoria secondo cui la crescita non sia bilanciata porterebbe a dire che r > g. Ma questo non spiega la diseguaglianza!

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Ray su Piketty Cosa spiega, allora, la diseguaglianza? La crescita è un

processo dispari e diseguale. Anche i modelli di crescita per i quali r > g non spiegano questa disparità, che è intrinseca nel capitalismo. La diseguaglianza, inoltre, è esasperata dalla globalizzazione. Ci sono mille curve di Kuznets che si accavallano sempre... Infine, le diseguaglianze aumentano e diminuiscono, perché cambiano i protagonisti. Ma la diseguaglianza rimarrà (e sarà crescente? Ray non dice...)

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Milanovic su Ray su Piketty Il punto chiave di Ray è riassunto nelle ultime due frasi della

sua appendice: “Ciò che intendo è che [qualunque modello di crescita] spiega perché r eccede g. Ma il fatto che r eccede g non dice nulla del perché la diseguaglianza cresce.” Questa è una critica severa di Piketty! Che r > g possa essere una caratteristica di qualunque modello di crescita ha niente a che fare con l'essere un “contraddizione del capitalismo”. Secondo, se la diseguaglianza (del reddito) cresce non è perché r è maggiore di g, come sostiene Piketty, ma perché i capitalisti hanno una propensione marginale al risparmio maggiore. [Ma poco prima Ray aveva chiamato la lodata relazione r > g una “red herring.”]

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Milanovic su Ray su Piketty Tuttavia, sostiene Milanovic, mentre r>g (ovvero r>=g) può

anche essere tipico di molti modelli di crescita, è comunque una contraddizione del capitalismo per tre ragioni:

i) perché i rendimenti del capitali sono privati (appropriati);ii) perché sono più disugualmente distribuiti (il Gini del reddito

da capitale è maggiore del Gini del reddito da lavoro);iii) e infine perché chi riceve redditi da capitali si trova in

generale nella parte alta della piramide del reddito, più in alto di chi riceve redditi da lavoro

Ciò significa che la curva di concentrazione del reddito da capitale si trova “sotto” (più “lontano” dalla linea a 45°) della curva di concentrazione del reddito da lavoro, e sotto la curva di Lorenz del reddito totale.

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Milanovic su Ray su Piketty In termini meno tecnici, significa che i redditi da capitale sono

distribuiti in modo più diseguale dei redditi da lavoro (lo dice anche Piketty) e correlati positivamente con il reddito totale.

In termini ancor meno tecnici, significa che se la quota dei redditi da capitale sul totale aumenta, la diseguaglianza aumenta. E ciò accade precisamente quando r eccede g.

Questa sì è una contraddizione del capitalismo! Se ricchi e poveri avessero le stesse quote di redditi da capitale e lavoro, la diseguaglianza esisterebbe ancora, ma r > g non comporterebbe un suo aumento.

Facciamo un esempio numerico...

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Milanovic su Ray su Piketty Un povero con un capitale di $100 e reddito da lavoro di $100

guadagnerebbe in un anno $5 dal capitale e $3 da lavoro; un ricco con $1000 di capitale e $1000 di reddito da lavoro guadagnerebbe in un anno $50 dal capitale e $30 dal lavoro. Il rapporto tra i loro redditi non cambierebbe. Ma nel mondo reale, un capitalista con $2000 di reddito da capitale e niente dal lavoro ha un guadagno in un anno di $100, che va così ad incrementare il gap tra i redditi dei due individui.

Se i K/L fossero gli stessi lungo tutta la distribuzione del reddito, r > g non avrebbe nessun significato speciale (è un buon punto di Ray). Ma proprio perché K/L nella realtà capitalistica non è lo stesso lungo la distribuzione del reddito (e non lo è mai stato storicamente) ed è crescente , allora abbiamo diseguaglianza del reddito crescente dovuta a r > g.

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Milanovic su Ray su Piketty Ray sostiene che questa condizione non è sufficiente per avere

diseguaglianza crescente. Perché questa cresca è necessario che i capitalisti non spendano il loro reddito, cioè risparmino, investendolo (se non risparmiassero, peraltro, non vi sarebbe accumulazione di capitale!). Questa è la condizione di Ray, ma non è il mondo reale!

Nel mondo reale, i ricchi risparmiano più dei non ricchi (e quelli che ricevono gran parte del loro reddito dal capitale tendono ad essere i più ricchi). Il capitale si accumula sempre più e così...

In altre parole, Ray avrebbe ragione se i capitalisti spendessero tutto e non risparmiassero... ma questo non è il capitalismo così come lo conosciamo!

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Galbraith su Piketty

1) La supposta costanza di r è un artificio di scarso interesse economico

2) Anche se è stato generalmente vero che r > g, non ne segue che le economie capitalistiche abbiano una necessaria tendenza verso una crescente quota di profitto (reddito da capitale) sul reddito totale

3) Ma se la quota del profitto non è crescente, non vi è allora ragione perché la ricchezza diventi più concentrata.

4) Eppure, la diseguaglianza della ricchezza può aumentare in un'economia capitalistica anche se r < g, per via delle bolle nei mercati finanziari e dei capital gains che non contano come reddito corrente

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Galbraith su Piketty

5) Gli effetti di un rallentamento della crescita demografica e del reddito sulla relazione r e g è indefinito. No è ineluttabile che una bassa crescita faccia aumentare il rapporto capitale/reddito. Quindi, non è detto che la diseguaglianza sarà crescente per le ragioni indicate da Piketty.

In sostanza, Piketty voleva convertire l'evidenza storica in “leggi fondamentali del capitalismo”, ma non vi è riuscito, perché non sono leggi, ma appunto, solo evidenza.

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Altre critiche su Piketty Fintanto che il tasso di rendimento sul capitale r è maggiore

del tasso di crescita del reddito g, il rapporto tra ricchezza accumulata (lo stock di capitale) e il reddito aumenta, e così aumenta la diseguaglianza (nella ricchezza e quindi nel reddito da capitale). Ciò può però avvenire a due condizioni:1. che r non diminuisca o diminuisca molto lentamente

all'aumentare della ricchezza;2. che tutto il reddito ottenuto dalla ricchezza venga

reinvestito. Sulla prima, Summers e Rognlie sostengono che ciò può

accadere solo se l'elasticità di sostituzione tra capitale e lavoro è maggiore di 1 e quindi un'unità in più di capitale dia luogo a meno di un'unità di rendimento in più. Ma molti studi sembrano dire il contrario...

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Altre critiche su Piketty Anche la seconda non è apparentemente così robusta... La ricchezza cresce perché i redditi da capitali vengono

reinvestiti. E il rapporto tra ricchezza e reddito, secondo Piketty, tende al rapporto tra tasso di risparmio s e tasso di crescita g. Ma altri sostengono che maggiore è la ricchezza posseduta, minore il livello dei risparmi...

Piketty sostiene inoltre che la ricchezza si accumula e tende a concentrarsi grazie all'ereditarietà. Molte sono state le critiche a questo proposito: “guardate la lista dei 400 americani più ricchi”, è stato detto (e.g. Bill Gates), “e vedrete quanti pochi di quelli che vi comparivano nel 1982 sono presenti nel 2012” [Piketty, però, ha studiato i dati francesi, non quelli americani, che dice di non avere]

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Altre critiche su Piketty Come far convergere r e g ? La tassazione è un modo... Piketty

su questo è idealistico. Funzionò in Francia, ma non è detto che funzione altrove, ora

Anche questa soluzione ha sollevato molte critiche, come quella di Bill Gates che propone di tassare la spesa per consumo piuttosto che il capitale [ma Bill Gates si rende conto che una tassa sul consumo penalizzerà sempre chi ha meno da spendere?]

Non è la differenza tra r e g che dà luogo a diseguaglianza, ma è la diseguaglianza nel reddito (da capitale, soprattutto) che dà luogo a quella differenza!

Da ultimo, una differenza (tra r e g) che diviene una regolarità statistica è per forza di cosa una legge, come afferma Piketty (si torna a Ray e Galbraith)?

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Altre critiche su Piketty Come Warren Buffett ha notato, “sure there is class war, and it

is my class, the rich, who are making it and we are winning.” Questa è una mancanza fondamentale nel libro di Piketty: il conflitto sociale tra capitale e lavoro.

Se la diseguaglianza dei redditi è aumentata, se la ricchezza è sempre più concentrata è perché il capitale è tornato ad esercitare il proprio dominio sul lavoro [guardare alle quote del reddito della distribuzione funzionale!]. Il lavoro, che aveva guadagnato potere crescente e quindi importanza in termini distributivi fino agli anni '70 è tornato a stare dalla parte perdente del conflitto.

Il più è capire perché questo è successo, quanto hanno pesato i meccanismi intrinsecamente “economici” e quanto quelli politici e legati alle relazioni di classe

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Altre critiche su Piketty La sequenza è nota: l'offensiva anti-keynesiana, Reagan e

Thatcher, gli anni '80, il crollo del muro di Berlino e l'inizio del processo di globalizzazione, l'internet economy e la finanziarizzazione, la parcellizzazione della fabbrica e la precarizzazione del lavoro, tutti processi che hanno portato alla maggiore diseguaglianza

La politica è la chiave, il dominio (potere) e le relazioni di classe oltre l'economia. Non si può parlare di distribuzione del reddito senza parlare di relazioni di classe e del rapporto tra capitale e lavoro.