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- 1 - LIBRO SINODALE SOMMARIO Carta delle diocesi nella Provincia di Cuneo Studio Ettore Dao 1966 Carta della diocesi di Alba nel secolo XIV Sinodo Isnardi 1325 Carta della diocesi di Alba a partire dalla Bolla pontificia 1817 Presentazione 1. Lettera del Vescovo alla Chiesa albese 2. Decreto di promulgazione del Sinodo 3. Confessione di Fede della Chiesa albese in Sinodo Costituzioni A La Chiesa albese in dialogo con la società e la gente del suo territorio: 1 Problema religioso - Vangelo e cultura B La Chiesa annuncia Cristo 2 Diventare cristiani 3 La Comunicazione C La Chiesa celebra Cristo. 4 La Liturgia della Chiesa D La Chiesa testimonia Cristo. 5 Il Vangelo della carità e le opere della carità 6 Le persone a servizio del Vangelo: Ministeri e Ministerialità 7 Il Vangelo della Famiglia 8 Il Vangelo ai giovani 9 La Chiesa albese e la società 10 Il volto della Chiesa: Strutture ed Organismi 11 Le Collaborazioni interdiocesane Documenti di riferimento del 25° Sinodo Messaggio dei Sinodali alla Chiesa albese I Vescovi delle diocesi cuneesi alle loro Chiese

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LIBRO SINODALE

SOMMARIO Carta delle diocesi nella Provincia di Cuneo Studio Ettore Dao 1966 Carta della diocesi di Alba nel secolo XIV Sinodo Isnardi 1325 Carta della diocesi di Alba a partire dalla Bolla pontificia 1817 Presentazione

1. Lettera del Vescovo alla Chiesa albese 2. Decreto di promulgazione del Sinodo 3. Confessione di Fede della Chiesa albese in Sinodo

Costituzioni

A La Chiesa albese in dialogo con la società e la gente del suo territorio: 1 Problema religioso - Vangelo e cultura

B La Chiesa annuncia Cristo 2 Diventare cristiani 3 La Comunicazione

C La Chiesa celebra Cristo. 4 La Liturgia della Chiesa

D La Chiesa testimonia Cristo. 5 Il Vangelo della carità e le opere della carità 6 Le persone a servizio del Vangelo: Ministeri e Ministerialità 7 Il Vangelo della Famiglia 8 Il Vangelo ai giovani 9 La Chiesa albese e la società 10 Il volto della Chiesa: Strutture ed Organismi 11 Le Collaborazioni interdiocesane

Documenti di riferimento del 25° Sinodo Messaggio dei Sinodali alla Chiesa albese I Vescovi delle diocesi cuneesi alle loro Chiese

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Appendici

1 Statuti sinodali dei Consigli e degli Uffici per la pastorale 2 La Chiesa di Alba ricorda il territorio, la sua storia e la sua gente 3 I Sinodi della diocesi di Alba ed i Sinodali del 25° Sinodo 4 Cronistoria e motivi ispiratori del 25° Sinodo 5 Serie cronologica dei Vescovi di Alba

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PRESENTAZIONE

1 LETTERA DEL VESCOVO ALLA SANTA CHIESA ALBESE

Carissimi fratelli e sorelle, presbiteri, diaconi, religiosi e religiose, laici consacrati, fe-

deli tutti, "la grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi" (2 Cor. 13, 13).

Questo saluto biblico e liturgico esprime bene il dono divino che ci unisce tutti in modo profon-do e fecondo nella vita presente di credenti e costituisce nello stesso tempo il pegno della vita e-terna, fine ultimo di tutto, anche del Sinodo. Nella storia di una Chiesa particolare la celebrazione di un Sinodo rappresenta sempre un evento straordinario di fede, di speranza e di carità, nella disponibilità docile e fiduciosa allo Spirito Santo, ma pure di grande comunione fraterna. In questo contesto il Vescovo, dopo avere ascoltato tutti, può esercitare il suo carisma specifico, quello del discernimento di Padre e Pastore, e può indicare, con responsabilità ed autorevolezza, il cammino da compiersi come Chiesa. E' quanto abbiamo vissuto insieme in questi ultimi quattro anni (1995/98), noi Chiesa albese, in fraterna condivisione e collaborazione con le altre Chiese sorelle di Cuneo, Fossano, Mondovì e Saluzzo, che con noi hanno affrontato la " gioiosa fatica del Sinodo". Preparata da una accurata consultazione, questa massima manifestazione, vera "epifania" di una diocesi, è iniziata e si è conclusa con solenni concelebrazioni nella nostra Cattedrale, dalla festa della Chiesa particolare, (16 novembre 1997) alla Pentecoste (31 maggio 1998): numerosa, atten-ta e convinta la partecipazione non solo dei Sinodali, ma pure di molti altri fedeli oranti. Fra queste due date significative si sono svolte le sessioni di lavoro nelle assemblee generali formate dai rappresentanti diocesani, sacerdoti, religiosi, religiose e laici. Prima di presentare brevemente il Libro sinodale con le scelte pastorali concrete e gli impegni assunti, credo fermamente che sia bello e doveroso lodare e ringraziare il Signore per il dono del Sinodo. Al di là dell'impostazione data, dei risultati ottenuti, al di là delle piccole o grandi realiz-

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zazioni previste, è importante vivere questo atteggiamento tipico dell'autentica fede biblica ed ecclesiale. Di fronte al "mistero nascosto da secoli in Dio" che si è rivelato ancora una volta come "dono che scende dall'Alto", venendo incontro alla nostra povera ma sincera implorazione, confessione di fede ed accoglienza di grazia, diciamo con gioia:" Benedetto sia Dio Padre del Signore nostro Gesù Cristo che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo" (Ef 1,3)

1 Il Sinodo per vivere meglio il Concilio Vaticano II nel Terzo millennio. Per una Chiesa fedele a Dio ed amica dell'uomo: così abbiamo pensato e cercato di impostare il cammino e la celebrazione sinodale. Già nella presentazione del Testo base e poi nello Strumento di lavoro per l'assemblea, di propo-sito, avevamo usato lo stesso titolo "Vita nuova in questa casa" e la stessa icona, quella di Zac-cheo. Più esplicitamente avevo precisato che l’impegno era quello di essere attenti al monito serio ed impegnativo della Parola di Dio rivolta alle comunità di tutti i tempi: "Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese" (Ap. 2,22). Ma lo Spirito ha parlato in modo specialissimo e solenne nel Concilio Vaticano II, come insi-stentemente ci ripete Giovanni Paolo II, soprattutto nella lettera per il Grande Giubileo del 2000. In essa afferma chiaramente che la migliore preparazione a questo appuntamento millenario di conversione, comunione e missione è "l'applicazione fedele dell'insegnamento del Vaticano II al-la vita di ciascuno e di tutta la Chiesa " (TMA 20). Ed inoltre che "i Sinodi costituiscono già per se stessi parte della nuova evangelizzazione, poiché aprono un ampio spazio alla partecipazione dei laici e sono espressione della forza che Cristo ha donato a tutto il Popolo di Dio (TMA 21). Il nostro Sinodo non poteva che essere impostato e celebrato sulla linea del Vaticano II, sia per i contenuti sia per il metodo. Per questo abbiamo costantemente ripetuto che con i lavori sinodali non si trattava di "inventare" una Chiesa diversa, tanto meno un nuovo Vangelo. Per grazia di Dio tutto questo già ci è stato donato da Gesù e già ci è stato ripresentato dal Concilio. Si trattava piuttosto di "convertirci" tutti, al vero Vangelo ed alla vera Chiesa, facendo memoria grata e pensosa di tutta la ricca storia di santità cristiana vissuta da più di sedici secoli nelle no-stre terre. Una storia però da rinverdire e rafforzare, con attenzione ai segni dei tempi, per essere fedeli alla missione di sempre. Quanto allo stile ci siamo pure impegnati a vivere il Sinodo in modo "conciliare". Per la prima volta infatti nella lunga serie dei venticinque Sinodi albesi, l'assemblea è stata parti-colarmente significativa per la presenza e la partecipazione attiva di tutti i membri del Popolo di Dio con i laici in larga maggioranza. Senza pretesa alcuna di esserci riusciti, sinceramente ab-biamo cercato di ascoltare fino in fondo ciò che la Parola e lo Spirito avevano da comunicarci. Forse non abbiamo colto del tutto quello che i fratelli, specie se un po' appartati, esplicitamente o tacitamente, desideravano farci sapere o si attendevano da noi. Eppure nella nostra povertà possiamo dire che, almeno in parte, abbiamo tentato di vivere l'af-fermazione del Vaticano II che deve sempre risuonare alto e permanente imperativo per tutti: "Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nei loro cuori” (GS 1).

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2 CHIESA IN ASCOLTO ED IN DIALOGO PER OFFRIRE CRISTO ED IL SUO VANGELO La Chiesa di Gesù, quella di sempre e la nostra di oggi, non può mai cambiare per il mutare dei tempi, né la sua realtà profonda, né i doni da offrire agli uomini per la loro salvezza. Un testo di Paolo, fra i tanti possibili, è illuminante al riguardo. "Ringrazio continuamente il mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in Lui siete stati arricchiti di tutti i doni. La testimonianza di Cristo si è infatti stabilita tra voi così salda-mente, che nessun dono di grazia più vi manca, mentre aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo." (1 Cor. 1,4-7): è importante, essenziale per tutti richiamare questo dato di fede. Per la nostra vita vera di cristiani, personale e comunitaria, non ci manca nulla, assolutamente nulla, proprio perché abbiamo in mezzo a noi, vivo, il Risorto con la Sua Parola, i suoi Santi se-gni, i sacramenti, il perdono, l'Eucaristia. Siamo membri della comunità dei salvati con tutti i ministeri necessari per poter vivere il dono della carità, quella vera di Cristo che diventa genuino amore fraterno. Questo comporta che un Sinodo, per essere tale, non possa non rivedere e ripensare la vita della Chiesa "in toto", sia pure sinteticamente. Si spiega perciò l'impostazione del nostro, sia nella preparazione che nella cele-brazione e nella proposta d'attuazione. Il Libro sinodale, che ora viene offerto, ha dovuto tenere presente l'insieme ed il tutto, in modo organico. Come è facile cogliere direttamente dal sommario, abbiamo cercato di presentare, in modo sem-plice ma pure logico, la realtà autentica e specifica di una Chiesa fedele alla missione affidatale da Cristo: è per gli uomini non fine a se stessa. Le Costituzioni, ossia i testi sinodali veri e propri, partono precisamente dalla missione, quasi ri-spondendo ad una domanda, spesso sottesa: che cosa gli uomini oggi in questa nostra terra, si at-tendono, forse anche confusamente, dalla nostra testimonianza di cristiani, di Chiesa? Che cosa la Parola dice loro di offrire e come? Le prime Costituzioni impegnano la Chiesa albese a porsi in dialogo serio, attento, rispettoso, af-fettuoso con la gente del territorio. Questi testi, lungi dall'essere una semplice introduzione, sono molto importanti, anzi decisivi, ai fini della possibilità concreta di compiere la missione ecclesia-le stessa e quindi di realizzare il progetto di Dio. Si potrebbe dire che in piccolo rappresentano, nel contesto sinodale, ciò che in grande ha signifi-cato e significa tuttora la Gaudium et spes, per il Concilio Vaticano II, uno vero snodo epocale per i corretti rapporti fede- storia, Chiesa-mondo. Seguono poi l'annuncio ed il dono, le offerte-proposte, le sole valide che la Chiesa può e deve fa-re per un duplice motivo: perché ha da offrire unicamente questi doni, che peraltro in pienezza si possono trovare solo nella Chiesa, e perché sono doni non suoi, ma che continuamente attinge dall’Alto per comunicarli a tutti coloro che li accettano. La Chiesa che annuncia, celebra, testimonia Cristo sempre, solo Lui non se stessa, è di conse-guenza il contenuto delle altre Costituzioni. Come è facilmente comprensibile, da un punto di vista pratico, la lunghezza dei testi non è ne-cessariamente proporzionata ai temi sviluppati per valore od importanza, ma piuttosto all'esigen-za di una esposizione più o meno dettagliata o complessa. Tutti capiscono immediatamente che

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altro è proporre l'annuncio cristiano, altro è prendere in considerazione, se non tutte, almeno al-cune delle infinite modalità di incarnarlo nella vita. Così per quanto spetta alle celebrazioni liturgiche, occorre ricordare che in sede sinodale si trat-tava unicamente di precisare alcuni aspetti particolari legati alla nostra situazione diocesana. Infatti, come richiamato esplicitamente all'inizio della Costituzione sulla liturgia, è dato per ac-quisito ed accettato tutto il ricchissimo patrimonio dottrinale e spirituale degli innumerevoli testi della Chiesa in proposito, a livello universale e locale. In particolare si veda “Orientamenti e Norme della Conferenza Episcopale Piemontese” (1997), pienamente validi per noi.

3 QUALI SCELTE PRIORITARIE PER LA PASTORALE DIOCESANA Le Costituzioni riportano, opportunamente integrati ed armonizzati, gli schemi e le proposizioni approvate dall'Assemblea sinodale. Rappresentano quindi gli " Orientamenti e Norme" che do-vranno guidare la pastorale diocesana negli anni 2000. Su questa base ed in questo spirito ritengo mio dovere preciso di Pastore indicare a tutte le co-munità alcune scelte prioritarie e i relativi cammini unitari, per esprimere e vivere effettivamen-te, nella prassi la comunione di fede e di carità che tutti ci unisce, affinché "il mondo creda" (Gv. 17,21) Il senso ed il valore di queste scelte prioritarie sta pure nel fatto che sono il frutto di un largo consenso sinodale, come si può vedere dai testi approvati, e rappresentano pure dimensioni tra-sversali e ricorrenti in tutte le Costituzioni. Partendo da queste premesse segnalo e propongo ai Pastori, alle comunità ed alla doverosa corre-sponsabilità di tutti queste scelte prioritarie, giudicate più importanti ed urgenti, per la nostra pa-storale diocesana.

Circa i contenuti: - La centralità della Parola in ogni momento della vita cristiana ed ecclesiale: evangelizzazione, catechesi, liturgia, testimonianza, attività di ogni tipo. Si tratta di una scelta-impegno, tipico del Vaticano II e del nostro Sinodo (cf nn. 14, 15, 18). - La formazione per la crescita delle persone, uomini e donne, nella fede e nella carità. Per tutti, senza eccezioni, sacerdoti, consacrati e consacrate, laici di ogni età, è urgente questa opera decisiva, continua, sistematica, permanente: scuole di preghiera, ritiri ed esercizi spirituali, catechesi per adulti, cura e guida vocazionali; per questo occorre la massima attenzione da parte dei presbiteri "educatori nella fede" a questo loro compito specifico e prioritario di paternità spi-rituale (cf nn. 76, 88, 89). - L'attenzione speciale per i laici, in modo particolare alla famiglia ed ai giovani, in vista della lo-ro crescita e maturazione nella fede, al fine di una efficace testimonianza e servizio, sia nei mini-steri all'interno della comunità cristiana, sia per il loro "ministero" specifico di "animare cristia-namente le realtà temporali": famiglia, cultura, comunicazioni, lavoro, sociale e politico (cf nn. 92, 105, 109, 125, 126). - L'attenzione amorosa e generosa agli ultimi, con l'impegno personale e comunitario, sia sul piano spirituale che materiale nella vera carità cristiana: poveri di ogni tipologia, disabili e disa-dattati, fratelli stranieri (cf nn. 74, 148, 149). Circa le strutture a servizio della Pastorale:

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- L'impegno per la costituzione od il potenziamento dei Consigli pastorali e per gli affari econo-mici parrocchiali od anche interparrocchiali, quali strumenti primari di partecipazione e corre-sponsabilità effettiva tra sacerdoti e laici, anche ai fini di una trasparente immagine di Chiesa a tutti gli effetti, compresi quelli amministrativi; così pure la costituzione delle Caritas parrocchia-le o interparrocchiali (cf nn. 82, 143, 144, 145). - L'impegno per l'avvio convinto delle fraternità sacerdotali e delle unità pastorali, realtà stretta-mente interdipendenti, valorizzando l'esistente e tentando fiduciosamente nuove generose espe-rienze (cf nn. 77, 98, 141). - L'impegno per una maggiore collaborazione non solo a livello delle Chiese sorelle che hanno celebrato il Sinodo, ma pure della Chiesa universale, aprendoci sempre di più alle comunità ge-mellate con la Chiesa albese, nel fecondo scambio di doni, di sacerdoti, consacrati e consacrate e laici, al fine di vivere la missione comune (cf nn. 153, 154, 157). Come vedete si tratta di obiettivi assai concreti e già da tempo perseguiti in diocesi, per cui non si parte affatto da zero. E' necessario pero ridare nuovo slancio e vigore al cammino intrapreso, con gradualità certamente ma pure con determinazione, senza attendere troppo, sempre nel con-testo diocesano, poiché questa è la tipica caratteristica sinodale. In questo orizzonte dobbiamo ritrovarci tutti, Pastori e fedeli, parrocchie e comunità, associazio-ni, movimenti, gruppi ed aggregazioni varie. Invito perciò tutti ad assumersi volenterosamente e gioiosamente questi impegni comuni per essere Chiesa e vivere ed operare nella vera comunione di Cristo, perché il Sinodo diventi ciò che è. Dopo aver reso grazie al Signore, è giusto ma soprattutto bello, dire pure grazie a tutti i Sinodali, in particolare a coloro che hanno generosamente lavorato alla preparazione, alla celebrazione ed alla redazione del Libro sinodale, portandone il peso non indifferente per mesi ed anni. Ricordo appena ed in modo speciale la Segreteria Generale, le Commissioni, e gli animatori, dai liturgici ai tecnici; non possiamo poi dimenticare tutte le persone, e sono tante, che hanno prega-to ed offerto per il Sinodo sacrifici e pene, dalle monache contemplative ai malati, ai bambini, agli anziani. La grazia frutto della preghiera ancora ci accompagni, per l'intercessione di Maria Madre della Chiesa e di tutti i nostri santi e beati albesi.

Invocando lo Spirito Santo su tutti noi, benedico di cuore. Alba, Solennità della Chiesa particolare, 15 novembre 1998

+ Sebastiano Dho Vescovo

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2 DECRETO DI PROMULGAZIONE DEL SINODO

SEBASTIANO DHO

Vescovo di Alba

DECRETO DI PROMULGAZIONE DEL LIBRO SINODALE

25° SINODO DELLA DIOCESI DI ALBA

Premesso che in data 19 novembre 1995 ho indetto il Sinodo per la Santa Chiesa albese in co-munione con le Chiese sorelle del cuneese, motivandolo con la necessità di una nuova evangeliz-zazione alla vigilia del Giubileo del 2.000 Confortato dal lavoro intenso e capillare di consultazione e sensibilizzazione pastorale emerso in tutte le comunità sui temi sinodali proposti dal Testo base "Vita nuova in questa casa" Sulla base dal lavoro delle Assemblee sinodali convocate con decreto in data 1 novembre 1997 che hanno esaminato, valutato e votato con grande senso di responsabilità e di amore alla Chiesa albese gli Schemi sinodali e le Proposizioni connesse raccolte nello "Strumento di lavoro" Dichiarati conclusi i lavori sinodali con decreto in data 31 maggio 1998, durante la solenne ce-lebrazione della Pentecoste in Cattedrale Consapevole che nei quattro anni di lavoro sinodale il Popolo di Dio della Chiesa albese ha cer-cato con discernimento e molta preghiera ciò che lo Spirito dice oggi alla nostra Chiesa

Visto il Can. 466 del Diritto canonico ed a mente dell' "Istruzione sui Sinodi Diocesani" (Con-gregazioni per i Vescovi e per l'Evangelizzazione dei popoli – 1997), esaminata la redazione fi-nale dai testi sinodali, in virtù del compito affidatomi di Pastore della Chiesa che è in Alba

CON IL PRESENTE DECRETO

PROMULGO LE COSTITUZIONI DEL

25° SINODO DIOCESANO raccolte nel Libro Sinodale quale diritto particolare della diocesi

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Dispongo che questi "Orientamenti e Norme" del cammino pastorale e della vita cristiana del Popolo di Dio che è in Alba, entrino in vigore in data 4 aprile 1999, Pasqua del Signore. Dispongo inoltre che siano oggetto di studio e guide operative per i Ministri Ordinati, i Consa-crati e le Consacrate, i Collaboratori pastorali e tutti i fedeli della diocesi. Affido la conclusa "gioiosa fatica" del Sinodo allo Spirito di Gesù per le mani di Maria, perché ci insegni, come nel Cenacolo, ad essere Chiesa che annuncia, celebra e testimonia Cristo, oggi.

Dato in Alba il 15 novembre 1998, Solennità della Chiesa locale

+ Sebastiano Dho Vescovo di Alba

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3 CONFESSIONE DI FEDE DELLA CHIESA ALBESE IN SINODO

La Chiesa che è in Alba rende gloria a Dio che la convoca "come popolo adunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (LG 4). Consapevole di essere "Chiesa particolare" ad immagine della Chiesa universale, e di costituire, in comunione con tutte le altre Chiese particolari e con la Chiesa di Roma governata dal succes-sore di Pietro (LG 23), la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica, e apostolica" (CD 11). Custodisce la fede in Cristo morto, risorto e vivente in mezzo a noi. Riconosce nell'Eucaristia, "memoriale della sua morte e resurrezione", l'icona autentica della sua identità di Chiesa convocata per ascoltare la Parola, per entrare in Comunione con la sua Per-sona e con i fratelli nelle fede, per dedicarsi alla Missione ed essere "segno e strumento" di sal-vezza per il genere umano, "germe ed inizio del Regno di Dio" (LG 5). Si affida allo Spirito di Gesù che la istruisce, dirige e rinnova con doni gerarchici e carismatici, per annunciare il Vangelo nel nostro tempo e sino alla fine dei tempi. Ricorda e fa comunione con tutti i suoi membri che hanno nel tempo varcato la soglia dell'eter-nità, venera e si sforza di imitare gli esempi dei Santi e delle Sante di queste terre che nel corso dei secoli hanno testimoniato le beatitudini del Regno. Sentendosi peccatrice (LG 8), ricorda e si fa carico dei peccati dei suoi figli ed intende purificar-si nel pentimento degli errori, delle infedeltà, delle incoerenze e dei ritardi del passato (TMA 33). Venera la Vergine Maria con i molteplici titoli indicati dalla tradizione, ma soprattutto la saluta e la invoca quale "Madre della Chiesa" e desidera imparare da Lei ad essere Chiesa nel nostro tempo.

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Nota redazionale

Il "Libro Sinodale", frutto del 25° Sinodo della Chiesa albese, promosso dal Vescovo Sebastiano Dho, in collaborazione con le altre diocesi del cuneese, è stato promulgato con decreto vescovile in data 15 novembre 1998. Le Costituzioni in esso contenute vengono inserite nel diritto particolare della Chiesa albese e come tali vanno accolte da parte dei fedeli e delle comunità. Le Costituzioni raccolgono quanto emerso dalla consultazione sinodale e sottoposto all'esame ed al voto delle Assemblee sinodali. Trattano e danno risposta ai problemi pastorali che la Chiesa albese in Sinodo ha ritenuto di maggiore attualità in questo tempo di fine millennio e di prepara-zione al Giubileo del 2000. Le undici Costituzioni sono suddivide in numeri progressivi, per facilitarne la consultazione, o-gnuno dei quali propone Orientamenti pastorali, scritti con grafia normale, ed eventuali Norme in grassetto. Gli Orientamenti e le Norme sono state votate nelle Assemblee sinodali. Riprodotte nel fascicolo "Schemi e Proposizioni", sono in possesso di tutti i Sinodali come gli al-tri fascicoli che raccolgono gli interventi magisteriali del Vescovo, le presentazioni dei presidenti delle Commissioni sui temi in discussione e tutti gli interventi in Assemblea dei Sinodali.

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COSTITUZIONI SINODALI

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A La Chiesa albese in dialogo con la società e la gente del suo territorio

“Gesù, entrato in Gerico, attraversava la città. Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era picco-lo di statura. Allora corse avanti e per poterlo vedere salì su di un si-comoro, poiché doveva passare di là” (Luca 19, 1-4).

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1 PROBLEMA RELIGIOSO VANGELO E CULTURA

1. L'annuncio del Vangelo di Cristo. Annunciare Cristo e il suo vangelo: questo è il primo ed essenziale compito, dono e impegno di noi, Chiesa albese. Il Sinodo che abbiamo celebrato ha ulteriormente ribadito la necessità e l'ur-genza di questa scelta. Il nostro Paese e la nostra diocesi stanno vivendo una delicata e comples-sa stagione di transizione: il passaggio da una adesione religiosa di massa ad una scelta più per-sonale, differenziata e consapevole della fede e dell'appartenenza ecclesiale.

2. Una realtà variegata e complessa. Le analisi che abbiamo condotto, nei gruppi di ascolto o attraverso l'indagine socio-religiosa, hanno evidenziato una realtà variegata e complessa: dal punto di vista socio-economico, con una situazione di benessere diffuso che però contie-

ne al suo interno sacche di povertà; dal punto di vista culturale, col venir meno dei vecchi schemi ideologici e con l'emergere di

un intreccio di stili di vita e di pensiero diversi; dal punto di vista religioso, dove si registra un'adesione differenziata al cattolicesimo, con

una percentuale altissima della popolazione che si dichiara cattolica, mentre solo un quarto di essa si definisce convinta e attiva.

3. La secolarizzazione delle coscienze. La complessità, uno dei caratteri dominanti il presente momento storico, non è dunque solo fuori, ma anche dentro la Chiesa. Concretamente, se il sentimento religioso appare diffuso e capace di svolgere una funzione unificante, esso si esplicita per lo più in momenti rituali ufficiali (Messa e Sacramenti) e non riesce a incidere nei comportamenti personali, soprattutto nel campo sessuale, economico e politico. L'autonomia di giudizio e la secolarizzazione delle coscienze pare dunque essere un segno caratteristico della nostra gente.

4. La rottura tra vangelo e cultura "La rottura tra vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca, come lo fu anche di altre"1. Queste parole contenute nell'esortazione apostolica di Paolo VI, resa pubblica oltre 20 anni fa, assumono oggi un valore quasi profetico e fotografano efficacemente la realtà odierna. “La prima sfida della transizione, che interpella insieme il Paese e la Chiesa, è certamente quella culturale. Infatti il passaggio dalla modernità al postmoderno è in Italia molto più complesso di quanto possa sembrare. Al Convegno di Palermo si è cercato dunque innanzitutto di chiarire in che cosa consista questa prima sfida. È apparso subito che essa non interessa soltanto gli aspetti esterni della vita del Paese. Le strutture della società italiana (famiglia, scuola, lavoro, stato, isti-tuzioni) sono tutte in difficoltà perché è in crisi la cultura che ne è l'anima. A sua volta, al cuore

1 EN 20.

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della crisi culturale sta la crisi etica, cioè lo smarrimento dei valori umani fondamentali che fino a ieri erano da tutti accettati e ritenuti evidenti” 2. E alla radice della crisi etico-culturale, ha ricordato il Papa nel suo intervento a Palermo, c'è la crisi di fede, la perdita del senso di Dio!

5. La crisi di senso. La ricerca del senso della vita, gli interrogativi circa l'origine e il futuro, la vita e la morte, il be-ne e il male, le felicità e il dolore, che da sempre gli uomini portano nel cuore sono però molto vivi nella nostra generazione: “Questa ricerca - rileva il Catechismo degli adulti - sembra diven-tare addirittura una corsa tumultuosa: produrre e consumare, possedere molte cose e fare molte esperienze, cercare impressioni sempre nuove, il piacere e l'utile immediato, tutto e subito. Molti però hanno l'impressione di correre senza meta, di riempirsi di cose che risultano vuote. Tutto contrasta con quello che sembra essere il nostro anelito più profondo: essere amati ed amare”3 In questa ricerca può e deve inserirsi la nostra Chiesa, per offrire agli uomini del nostro tempo l'orientamento e la guida che deriva dalla sapienza del vangelo. Come credenti della Chiesa di Alba, chiamati ad annunciare nel tempo presente il vangelo di Cristo e a rispondere alla sfida dell'attuale momento storico, per rendere ragione della speranza che è in noi, consapevoli del-l'importanza dell'ora che stiamo vivendo, al termine della lunga stagione della consultazione e delle assemblee finali abbiamo individuato alcuni orientamenti guida per la nostra azione pasto-rale.

6. Condividere il cammino degli uomini. Guardare all'uomo d'oggi con simpatia e con occhio positivo, nella linea del grande insegnamen-to del Concilio Vaticano II: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nei loro cuori”4. Per rimediare alla separazione di vangelo e cultura, carattere preoccupante del nostro tempo, non c'è altra strada che tornare a condividere il cammino degli uomini, farsi pellegrini con loro sulle strade della storia. È dunque urgente un confronto sereno e aperto con il nostro tempo, un confronto alla pari, senza complessi né di inferiorità, né di superiorità.

7. Entrare in un'ottica di ricerca. Ci sono tanti problemi che attendono una soluzione. Tra questi rimarchiamo: la questione del senso della vita, il problema chiave del nostro tempo, che angustia tanti fratelli e che non ha so-luzioni scontate nemmeno per i credenti; la ricerca di un nuovo modo di dire la fede, perché il messaggio evangelico torni ad essere comprensibile all'uomo di oggi. Appare urgente, al riguar-do, distinguere il nucleo essenziale della fede dall'apparato linguistico e dalle forme espressive con cui, storicamente, è stato rivestito. E' importante anche che “il dato evangelico sia portato nel "mondo adulto", con misura e linguaggio giusto, evitando il trionfalismo e le ridondanze che al-lontanano dalla realtà. Sarebbe per esempio tracotante, di fronte alla cultura odierna, affermare che il cristiano possiede ogni verità sull'uomo. Esistono affermazioni e verità di ordine scientifi-co, storico, giuridico e morale che non derivano direttamente dalla sorgente del Vangelo. Esso dice sull'uomo quelle verità di ordine religioso che sono state date per la nostra salvezza. Per questo il cristiano dovrà mettersi all'ascolto delle culture, per apprendere altre verità che sono

2 Aggiornamenti sociali, 2/96, pag 102. 3 Catechismo degli adulti, pag 18. 4 GS 1.

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state scoperte ed elaborate nel corso dei secoli, non senza il concorso della luce del Verbo che il-lumina ogni uomo”5.

8. Partire da Cristo. Recuperare la centralità di Cristo, sul piano pastorale, significa fare nostra la logica dell'Incarna-zione, ricordando cioè che Cristo non considerò un privilegio geloso la sua condizione divina, ma seppe farsi vicino a noi, condividere fino in fondo la nostra condizione umana. È il richiamo molto forte della teologia contemporanea: in Cristo e solo in Lui è possibile fondare una fede su misura per l'uomo di oggi, una fede che riconosca e accetti la sua maggiore età, la consapevolez-za della sua libertà, la voglia di essere protagonista della propria vita, con scelte mature e respon-sabili. In una parola, Cristo è la verità che si rivolge alla libertà dell'uomo, che lo interpella, che, disponibile a camminare con lui, lo aiuta a trovare un senso alla sua vita. Una simile conoscenza di Cristo, proprio perché affonda le sue radici nella meditazione-confronto con la Parola di Dio, è disponibile a misurarsi, in un dialogo alla pari, con la cultura contemporanea.

9. Acquisire il metodo del dialogo. Il dialogo fu l'insegna con cui la Chiesa uscì dalla stagione del Concilio: una stagione tutt'altro che conclusa. Il dialogo è una relazione interpersonale, che avviene nel rispetto dell'alterità del-l'interlocutore, sulla base di una comunione già esistente, in vista di un avvicinamento e di una unione più profonda. Esso implica chiarezza, mitezza, fiducia, prudenza ed uno sforzo continuo per escludere l'intolleranza e le divisioni manichee, consapevoli che il confine tra bene e male non separa credenti e non credenti, ma passa nel cuore di ogni uomo. Il dialogo è poi una urgen-za particolare del nostro tempo, caratterizzato dal pluralismo di razze e culture, pienamente ri-spondente al carisma proprio della Chiesa, di promuovere l'unità e la fraternità tra i popoli6.

10. Lavorare per diventare adulti nella fede. Il dialogo esige persone adulte e consapevoli, mature nelle proprie posizioni, e proprio per que-sto non intolleranti, ma aperte al confronto. Di qui la necessità di investire nella formazione delle persone, per consolidare personalità mature, capaci di sintesi tra fede, cultura e vita: preti, ma anche, necessariamente laici, abilitati ad una ricerca autonoma, in grado di assumersi precise re-sponsabilità. Nelle nostre diocesi ci sono certamente molte forze inutilizzate o mal utilizzate: giovani laureati (qualcuno addirittura disoccupato; altri sottooccupati), menti pensanti che po-trebbero inserirsi in un cammino di ricerca culturale autentica e diventare quegli animatori cultu-rali e quei catechisti degli adulti che da tempo andiamo vanamente cercando. Il nuovo nesso fe-de-cultura-vita dovrà essere cercato e promosso da preti e laici insieme, attraverso un dialogo maturo, franco e aperto, sulla base di una reale libertà di ricerca.

11. Tre piste operative. Per cercare di tradurre in atto un simile programma, sarà indispensabile un grande sforzo cultura-le ed ecclesiale. Il Sinodo ha individuato tre connotazioni strettamente interconnesse: Un impegno culturale necessita di visibilità: - Si costituisca un gruppo di persone, che abbiano doti, preparazione, capacità di dialogo, liberandole da altri compiti nella Chiesa, per impegnarle nella riflessione e nel confronto sui grandi temi della cultura contemporanea, nel ripensamento teologico per tradurre la fede in un annuncio significativo per l'uomo d'oggi, nell'animazione e nel dialogo con le re-altà e i soggetti culturali e sociali del nostro territorio; 5 Piero Rossano, Vangelo e cultura, E.P., 1985, pag 50. 6 cfr 1 Pt 3,5; LG, 13.17

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- Le persone di cui sopra dovranno organizzarsi in un centro diocesano, a servizio delle ini-ziative vicariali e per gli opportuni contatti con le autorità civili. La cooperativa culturale "L'Incontro" può offrire il necessario apporto giuridico e di esperienze; - Ci siano ambienti precisi, in particolare il Seminario, che, attraverso la scuola e la biblio-teca può e deve recuperare quello spazio e quella visibilità che, nel recente passato, ne han-no fatto uno dei gangli vitali della cultura albese; - Si creino luoghi di confronto e dibattito, sia in città che nelle vicarie, studiando seriamente l'attivazione di una cattedra per i non credenti; - Si curi l'attivazione di un forte centro di spiritualità in loco, quale Altavilla, chiamata a recuperare una maggiore centralità in diocesi. Un impegno culturale necessita di coordinamento, onde evitare l'accavallarsi di iniziative che determinano dispendio di energie e disorientamento. Tale coordinamento dovrà avve-nire: tra parrocchie, tra enti ed associazioni e con altri operatori culturali presenti sul ter-ritorio. Un impegno culturale necessita di momenti formativi: non è pensabile una maturazione del laicato che non passi attraverso un formazione teologica seria, perché in assenza di essa permarrà la condizione di subalternità culturale dei laici nei confronti dei preti. In que-st'ottica, va ripensato il ruolo e dunque il rilancio dell'ISSR e inoltre va presa in seria con-siderazione l'ipotesi dell'attivazione di una scuola permanente di filosofia e teologia, per preti e laici insieme, con iniziative sia al centro che nelle varie vicarie. A queste scuole po-tranno fare riferimento le iniziative di formazione rivolte a tutto il popolo di Dio.

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B La Chiesa annuncia Cristo

“Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zac-cheo, scendi subito perché oggi devo fermarmi a casa tua”. In fretta scese e lo accolse pieno di gioia”. (Luca 19, 5-6)

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2 DIVENTARE CRISTIANI OGGI

12. La missione della Chiesa "A questa Chiesa che noi formiamo è affidata la missione dal Signore, perché si riesca a fare di Cristo il cuore del mondo, offrendolo come dono ad ogni uomo, dentro una comunione più gran-de". In questa affermazione del Testo-base, che ha guidato il tempo della consultazione sinodale, si possono trovare le indicazioni indispensabili concernenti i soggetti, le finalità, i contenuti e le modalità che definiscono la missione stessa della Chiesa. Questa Chiesa siamo noi, tutti, convocati e radunati dal Signore per una missione ben precisa: fa-re di Gesù Cristo il cuore del mondo. In tale sintetica espressione biblica vengono precisati con-temporaneamente il contenuto e le finalità dell'attività evangelizzatrice e missionaria della Chie-sa. "Il centro vivo della fede è Gesù Cristo. Solo per mezzo di Lui gli uomini possono salvarsi; da Lui ricevono il fondamento e la sintesi di ogni verità; in Lui trovano la chiave, il centro e il fi-ne dell'uomo nonché di tutta la storia umana"7. Perché tale messaggio di vita possa essere comunicato, è indispensabile una condizione ben pre-cisa: una comunione più grande all'insegna della gratuità. Si tratta di un dono che abbiamo rice-vuto e come tale siamo chiamati a consegnarlo a tutti, ad ogni persona, indistintamente dalla sua età e condizione.

13. Cristiani non si nasce ma si diventa Il modello teologico del "diventare cristiani", quale appare dal Libro degli Atti degli Apostoli (2,14-42), può essere così descritto: annuncio/ascolto della Parola di Dio; sua libera e personale accoglienza; incontro esperienziale con Gesù Cristo, conversione e accettazione dei suoi inse-gnamenti; riconoscimento ufficiale nella celebrazione del Battesimo/Confermazione; inserimento nella Chiesa che trova la sua massima espressione ed il suo alimento costante nell'Eucaristia. Questo processo globale, con il quale si diventa cristiani, viene chiamato iniziazione cristiana. Ancora oggi, come nei primi secoli della Chiesa, la catechesi che prepara e segue la celebrazione dei sacramenti dell'iniziazione cristiana, deve tendere allo stesso scopo: introdurre i cristiani a vivere pienamente la propria esistenza in Cristo e nella Chiesa, pronti a rendere ragione della propria fede di fronte a tutti. E' urgente che da parte di tutti - Vescovo, presbiteri, genitori, religiosi, catechisti, educatori - si compia un vero salto di qualità per passare da una catechesi prevalentemente nozioni-stico-dottrinale, essenzialmente finalizzata ai sacramenti, ad una catechesi per la vita cri-stiana, tesa a formare forti personalità di credenti, veri adulti nella fede. Seguendo le scelte dei catechismi della CEI - con impostazione prevalentemente biblico-kerigmatica - si promuova una catechesi di tipo esperienziale che sappia leggere, illuminare e interpretare l'esistenza umana alla luce della Parola di Dio e della fede cristiana.

7 Il rinnovamento della catechesi, 57

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14. Centralità della Parola di Dio e mentalità di fede Perché si riesca a superare quel grave dramma odierno che è la frattura tra la fede e la vita, oc-corre riscoprire la vera finalità dell'azione evangelizzatrice, di tutta l'attività catechistica, che consiste primariamente nel far incontrare e conoscere Gesù Cristo al fine di "educare al suo pen-siero, a vedere la storia come Lui, a giudicare le vita come Lui, a scegliere e ad amare come in-segna Lui, a vivere in Lui la comunione con il Padre e lo Spirito Santo. In una parola, a nutrire e guidare la mentalità di fede"8 . Giovanni Paolo II a Palermo ha ricordato che "la Chiesa che è in Italia si sente interpellata a la-sciarsi plasmare dall'ascolto della Parola di Dio, alimentandosi e purificandosi continuamente al-le fonti della liturgia e della preghiera personale, per vivere più intensamente la comunione e da-re spazio ai carismi, ai ministeri, alle varie forme di partecipazione". Dal travaglio profondo che il popolo italiano sta attraversando, sembra salire verso la Chiesa una grande domanda: che essa sappia anzitutto dire Cristo, l'unica parola che salva. La prima condizione per annunciare la Parola che salva è che la Chiesa si faccia discepola di tut-ta la Parola e si converta alla sequela del Signore. E' la Parola che convoca il popolo per un cammino di speranza e di impegno nella storia. E' la Parola che accende un fuoco nel cuore e spinge a raccontare le meraviglie di Dio fino agli estremi confini della terra9. E' la Parola che svi-luppa la comunicazione della fede nella comunità e ne fa crescere la comunione. "La catechesi attingerà sempre il suo contenuto alla fonte viva della Parola di Dio, trasmessa dal-la Tradizione e nella Scrittura, giacché la Sacra Tradizione e la Sacra Scrittura costituiscono l'u-nico deposito inviolabile della Parola di Dio, affidato alla Chiesa" 10.

15. La nuova evangelizzazione L'indagine socio-religiosa, condotta in provincia di Cuneo contemporaneamente al Sinodo, ha evidenziato che i praticanti sono circa il 46%, mentre coloro che si professano credenti e accol-gono il magistero della Chiesa, specie in campo morale, sono appena il 25%; segno che la mag-gioranza dei battezzati, il 75%, e quasi la metà dei praticanti abituali, hanno opinioni diverse da quelle ufficiali della Chiesa. In tale situazione la nostra pastorale si riduce a raggiungere un esi-guo numero di persone, quelle che si riconoscono in qualche struttura ecclesiale. Occorre un cambiamento di rotta, una conversione pastorale. Anche la Chiesa di Alba è chiamata a cogliere il forte appello di Giovanni Paolo II: “La Chiesa deve fare oggi un grande passo in avanti nella sua evangelizzazione, deve entrare in una nuova tappa storica del suo dinamismo missionario. E' la nuova evangelizzazione: nuova nel suo ardo-re, nei suoi metodi e nella sua espressione. L'annuncio che la Chiesa è chiamata a fare nella sto-ria si riassume in un'affermazione centrale: Dio ti ama, Cristo è venuto per te, per te Cristo è Via Verità e Vita”11. Si prevedano veri itinerari catecumenali per giovani che si preparano alla Cresima o al Matrimonio, per genitori che chiedono il Battesimo per i figli, per adulti che desiderano ac-costarsi alla Fede. Una specifica forma di catecumenato richiede un tempo di prima evangelizzazione che sappia in-trodurre gradualmente nell'esperienza della comunità ecclesiale. Indispensabile per questo cam-mino è la testimonianza ed il supporto di famiglie credenti, capaci e disponibili ad accogliere ed accompagnare chi chiede di essere iniziato alla vita cristiana.

8 Il rinnovamento della catechesi, 38 9 cfr Lc 24 10 CT 27 11 ETC 25

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16. Conversione pastorale La quasi totalità delle nostre famiglie chiede i sacramenti per l'iniziazione cristiana dei figli, ma molte vivono questi momenti come riti di passaggio, con un vago senso del sacro e non come scelta e segno di fede. Resistono le tradizionali strutture organizzative della catechesi per i fanciulli e i ragazzi, la cui partecipazione è assai massiccia, grazie anche ad un prezioso patrimonio del passato. Per molti però il cammino di iniziazione cristiana pare si concluda, o almeno venga sospeso, con la cele-brazione della Cresima. Pur con fatica, si stanno facendo strada le positive esperienze di cammino di fede per i genitori che accompagnano i propri figli nel tempo di preparazione ai sacramenti della Cresima e della Messa di Prima Comunione. Fa però problema la notevole e crescente percentuale di genitori che chiedono i sacramenti per i loro figli e sono in situazione irregolare come Matrimonio. Tutto questo fa dire che anche per Alba "l'evangelizzazione richiede una conversione pastorale. La Chiesa, ha affermato il Papa, sta prendendo più chiara coscienza che il nostro non è il tempo della semplice conservazione dell'esistente, ma della missione. Non ci si può limitare alle cele-brazioni rituali e devozionali o all'ordinaria amministrazione: bisogna passare ad una pastorale di missione permanente. E' venuta meno un'adesione alla fede cristiana basata principalmente sulla tradizione e sul consenso sociale. Appare perciò urgente promuovere una pastorale di una evan-gelizzazione che abbia al suo centro l'annuncio di Gesù Cristo morto e risorto, salvezza di Dio per l'uomo, rivolto agli indifferenti e non credenti. Tale annuncio è efficace se sostenuto dalla te-stimonianza della carità dei cristiani e della comunità e se esso stesso si attua con uno stile di ca-rità, dolcezza e rispetto” 12.

17. Evangelizzazione e catechesi L'evangelizzazione propriamente detta è il primo annuncio della salvezza rivolto a chi ancora non ne è a conoscenza, a chi non crede o vive nell'indifferenza religiosa. Sua finalità è quella di annunciare il Vangelo e di chiamare alla conversione. La catechesi è esplicitazione ulteriore della prima evangelizzazione, maturazione della iniziale conversione, educazione alla maturità di fede, iniziazione alla vita della Chiesa e alla testimo-nianza della carità. Le frontiere tra le due azioni pastorali non sono facilmente delimitabili; frequentemente le perso-ne che accedono alla catechesi necessitano, di fatto, di una vera conversione. Si impone per tutte le età, anche per i ragazzi e gli adolescenti, la prospettiva di cammini diversi-ficati. Si richiede quindi un ripensamento non solo della catechesi ma di tutta la pastorale che sappia tener conto della nuova situazione, che punti sulla formazione degli educatori come primi testimoni di fede, che sappia uscire da uno schema precostituito di celebrazione sacramentale. Si dia vita ad una équipe diocesana di sacerdoti, religiosi e laici che, muovendo dalle istanze locali, studi concrete proposte per un globale rinnovamento della pastorale.

18. Catechesi per tutte le età L'affermazione che la catechesi è per tutte le età della vita, perché ogni cristiano ha sempre biso-gno di nutrirsi adeguatamente della Parola di Dio, deve poter trovare nelle comunità parrocchiali una concreta e visibile realizzazione. I fanciulli e i ragazzi hanno bisogno di vedere che anche i giovani e i genitori "vanno a catechi-smo", perché il catechismo non è cosa da piccoli, ma è indispensabile per diventare adulti nella fede. Cristiani adulti sono coloro che sanno attingere dalla Parola di Dio i criteri ispiratori del lo-ro agire; adulti sono quanti sanno essere attenti ai problemi e alle esigenze del nostro tempo e 12 CEI, Con il dono della carità dentro la storia, 23

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trovano nella preghiera la forza per il proprio impegno quotidiano e per la testimonianza cristia-na; adulti sono coloro che hanno maturato una forte coscienza di Chiesa e la vivono nella comu-nione fraterna e nell'apertura missionaria.

19. La priorità degli adulti La Chiesa albese fa proprie le scelte pastorali qualificanti tutta la vita della Chiesa italiana: "La centralità della catechesi degli adulti e della famiglia e la formazione dei catechisti". "Noi non possiamo darci pace se non risolviamo il problema della catechesi degli adulti". Quanto Giovanni Polo II aveva già detto nel 1984 alle Chiese piemontesi deve diventare uno degli impe-gni prioritari del nostro Sinodo. Da tale scelta dipenderà gran parte del futuro della nostra Chie-sa. Tutto l'impianto pastorale e catechistico, quindi anche la catechesi per fanciulli e ragazzi, chiede di essere impostato in vista della formazione degli adulti. Per agevolare tale impegno, i vari or-ganismi diocesani troveranno forme di coordinamento e di collaborazione per offrire indicazioni e strumenti necessari, privilegiando il Catechismo degli adulti, La verità vi farà liberi. Esperienze varie di catechesi degli adulti, presenti in diocesi, sono i centri di ascolto, i gruppi-sposi, gli itinerari biblico-liturgici sulla Parola domenicale, la lectio divina. Si possono poi utiliz-zare le varie iniziative qualificate come i corsi di teologia, gli incontri biblici, le missioni al po-polo, le scuole per animatori, le giornate di spiritualità, la scuola della Nuova Evangelizzazio-ne… In ogni parrocchia, o unità pastorale, sia presente almeno una proposta "religioso-culturale", mirante a far maturare gli adulti nella fede.

20. Catechisti qualificati "Evangelizzare è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, affermava Paolo VI. Annunciare il Vangelo è opera di tutta la Chiesa. Ogni cristiano, in virtù del Battesimo, è responsabile della Parola di Dio, secondo la sua voca-zione e le sue condizioni di vita. I genitori sono i primi catechisti dei propri figli e tutta la comu-nità ecclesiale è chiamata ad essere sorgente di quei doni preziosi, di quelle autentiche vocazioni che sono i catechisti. "Il cristiano è, per sua natura, un catechista: deve prendere coscienza della sua responsabilità e deve essere esortato e preparato ad esercitarla" 13 . La maggioranza delle parrocchie può contare su un buon numero di catechisti generosi e prepa-rati; alcuni però sono spesso improvvisati, troppo giovani e privi di un’adeguata formazione. Il gruppo dei catechisti in parrocchia deve essere considerato il luogo privilegiato per un cammi-no di adulti nella fede. Il parroco è il primo catechista dei suoi catechisti, educatore di fede e modello di preghiera ed il gruppo è chiamato a crescere onde far nascere al proprio interno per-sone capaci di diventare animatori e responsabili della stessa attività catechistica. La formazione degli operatori pastorali e dei catechisti riveste oggi particolare urgenza. "Il mo-vimento dei catechisti - ha detto il Papa Giovanni Paolo II- sarà adulto quando e nella misura in cui esprimerà itinerari di fede per gli adulti e susciterà in gran numero catechisti per adulti". Si dia vita, a livello vicariale, ad un corso preparatorio di base per quanti si dichiarano di-sponibili ad iniziare un servizio catechistico. Una proposta permanente è indispensabile perché maturino catechisti qualificati, testimoni umili, disponibili e capaci anche per un servizio di catechesi dei giovani e degli adulti. In ogni vicaria, o unità pastorale, vengano individuate due o più persone, incaricate della formazione dei catechisti e del coordinamento con l'Ufficio catechistico diocesano.

13 Il rinnovamento della catechesi, 183

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21. Attenzione missionaria verso i più poveri La nuova dimensione della catechesi chiede oggi di essere autenticamente missionaria, rivolta a tutti, specie ai lontani, agli indifferenti, ai più poveri. E' proprio in questo campo che il Docu-mento Base sul rinnovamento della catechesi invita a compiere una scelta coraggiosa. “Con premura speciale, i catechisti devono prendere cura di coloro che hanno maggiore bisogno, perché più poveri, più deboli, meno dotati. Proprio a loro Cristo ha voluto mostrarsi stretta-mente vicino e unito, annunciando che la lieta novella data ai poveri è segno dell'opera messiani-ca. Essi vanno avvicinati con zelo e simpatia. Si devono studiare e attuare forme di catechesi che meglio rispondano alle loro condizioni” 14. E' doveroso fare un sincero esame per vedere quanto spazio e quale partecipazione hanno "i po-veri" nei vari gruppi e nelle assemblee ecclesiali. Ancora il Documento Base ricorda che ci sono i poveri di verità, di amore, di speranza; ci sono i poveri e i disagiati materialmente, assillati dal-l'urgenza del pane materiale; ci sono i poveri che vivono ai margini delle strutture sociali, come gli immigrati, i nomadi, i profughi, i meno dotati, gli esclusi. "Tutti costoro, in particolare, Dio ha scelto per farli ricchi con la fede ed eredi del regno che ha promesso a quelli che lo amano. La sollecitudine dimostrata a tutte queste categorie di persone è segno di autenticità della catechesi” 15.

22. Handicappati, soggetti a pieno titolo “Ogni comunità cristiana considera come persone predilette dal Signore quelle che, particolar-mente tra i minori, soffrono di handicap fisico, mentale e di altre forme di disagio. Una accre-sciuta coscienza sociale ed ecclesiale e gli innegabili progressi della pedagogia speciale, fanno sì che la famiglia ed altri luoghi formativi possano oggi dare a queste persone una catechesi ade-guata, di cui hanno diritto come battezzati, e se non battezzati come chiamati alla salvezza. L'a-more del Padre verso questi figli più deboli e la continua presenza di Gesù con il suo Spirito danno fiducia che ogni persona, per quanto limitata, è capace di crescere in santità” 16. La loro presenza è un dono particolare di arricchimento per tutto il gruppo e la comunità; la qua-le deve maggiormente maturare l'atteggiamento di accoglienza di queste persone e delle loro fa-miglie. Se i portatori di handicap non trovano un proprio posto presso la tavola della Parola di Dio e del Pane di vita, dove potranno trovare posto? L'esperienza attesta che un annuncio del Vangelo fatto in modo da essere compreso ed accolto da tutti, anche dai più deboli, migliora immensamente tutta la catechesi e la pastorale. E' doveroso prendere atto che nella nostra diocesi, grazie ad un gruppo di persone generose e competenti, tanto lavoro si è fatto e si sta facendo in questo campo. Tuttavia l'attenzione e l'inse-rimento delle persone portatrici di handicap risultano ancora limitati per quanto riguarda la vita pastorale e le attività catechistiche, soprattutto quando tali soggetti hanno superato l'età della scuola dell'obbligo ed entrano nella fase adolescenziale e giovanile. Troppo poco viene fatto, a livello parrocchiale, per le persone handicappate adulte. Le persone portatrici di handicap sono membri a pieno titolo delle comunità parrocchiali e come tali vanno viste e considerate: soggetti attivi di pastorale, pienamente inseriti nei gruppi, bisognosi di catechesi e di educatori pedagogicamente preparati.

23. Ecumenismo e dialogo interreligioso L'attuale contesto, ove si possono incontrare realtà di indifferenza religiosa e di incredulità, ma anche forme vivaci di pluralismo culturale e religioso, insieme al proliferare di nuovi movimenti 14 Il rinnovamento della catechesi, 125 15 Il rinnovamento della catechesi, 126 16 Direttorio generale per la catechesi, 189

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e sette, rende indispensabile una catechesi evangelizzatrice, ossia una catechesi piena di linfa evangelica e corredata da un linguaggio adatto ai tempi e alle persone. Essa mira a educare i cris-tiani al senso della loro identità di battezzati, di credenti e di membri della Chiesa, aperti e in dia-logo con il mondo. Nel cammino di formazione cristiana di fanciulli, giovani e adulti, si dia sempre maggior importanza alla dimensione ecumenica con l’attenzione a superare ogni polemica con i cri-stiani appartenenti a Chiese non in piena comunione con la Chiesa cattolica, mettendo al centro della catechesi Gesù Cristo e la Parola di Dio, adoperandosi perché le differenze confessionali siano presentate obiettivamente e con competenza, nel desiderio di raggiunge-re quella piena unità verso cui il Signore ci vuole dirigere. Si educhino inoltre i fedeli di ogni età a vivere con fratelli e sorelle di altre confessioni reli-giose, testimoniando la propria fede in Cristo e rendendone ragione nella carità, percepen-do i “semi della parola” posti da Dio in tutti gli uomini e intraprendendo iniziative comuni per il miglioramento del proprio ambiente.

24. Catechesi e insegnamento della religione a scuola Tra la catechesi parrocchiale e l'insegnamento della religione cattolica a scuola occorre saper trovare un equilibrato rapporto di distinzione e di complementarietà. Come forma originale di "ministero della Parola", l'insegnamento religioso scolastico fa presente il Vangelo in ambito cul-turale, in un processo di interiorizzazione e maturazione critica degli alunni. E' necessario perciò che l'insegnamento della religione cattolica venga considerato come vera disciplina scolastica, con le stesse esigenze pedagogiche e il rigore scientifico delle altre materie. A tal fine si abbia particolare cura nella formazione e nell'aggiornamento degli insegnanti di religione, per i vari gradi di scuola, con un lavoro di coordinamento e di confronto. Si trovino occasioni per rendere maggiormente responsabili i genitori e i giovani della pos-sibilità oggi loro offerta per la libera scelta di tale insegnamento. L'educazione cristiana nella famiglia, la catechesi parrocchiale e l'insegnamento della religione nella scuola, ciascuno secondo le proprie peculiari caratteristiche, trovino necessarie forme di collaborazione perché insieme diventino vero servizio educativo per un cammino di crescita u-mana e cristiana.

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3 LA COMUNICAZIONE

25. In principio la comunicazione "In principio era la comunicazione": così è stato parafrasato l'inizio del vangelo di Giovanni, per dire in forma più espressiva come Gesù Cristo, Parola incarnata, è l'autocomunicazione person-ale di Dio, è la rivelazione della Trinità che si fa evento e parola. Il Figlio ha parlato con parole umane e si è rivelato con gesti ed eventi che fanno parte della nostra storia. L'essenza della comunicazione sta nell'incontro tra l'evento di Dio e la realtà del mondo, tra la Parola e le parole: parola parlata, scritta, cantata, visualizzata, proclamata, silenziosa, personale, massificata. "Dio ha parlato con parole umane: già questo dato dimostra come il Signore non abbia disdegna-to le forme della comunicazione umana, anzi le abbia in un certo senso rivelate pienamente a se stesse" 17.

26. Comunicazione e comunione La fede cristiana, dono gratuito di Dio, ma nel tempo stesso storico ed ecclesiale, chiede di essere proposta a tutti, quindi comunicata. Comunicare la fede comporta vivere in comunione, in virtù delle caratteristiche stesse della comunicazione, vista alla luce della fede. La storia della salvezza è la storia di Dio che si comunica all'uomo in Cristo, nello Spirito Santo, chiamandolo alla vita di comunione. Il Dio Trinità è essenzialmente mistero di comunione, rive-latosi pienamente in Gesù Cristo, il perfetto comunicatore, Colui che ha scelto forme e segni visibili per rivelare il vero volto del Padre ed ha lasciato agli uomini il dono più grande della comunione nell'Eucaristia, perché la comunità dei credenti, vivificata dallo Spirito Santo, non avesse altra finalità se non quella di annunciare e vivere la stessa vita di comunione divina.

27. La comunicazione nella nostra Chiesa Nella consultazione diocesana la tematica della comunicazione e dei media ha avuto poco spazio, segno forse di una non sufficiente presa di coscienza che il problema è grave ed urgente. L'assemblea sinodale è stata invece assai vivace e ricca di interventi che hanno apertamente manifestato il desiderio e la richiesta di un impegno da parte di tutti, per una Chiesa che sappia vivere il dono della comunione visibile in una maggior trasparenza di comunicazione tra i sacer-doti, tra i laici, tra i laici e i sacerdoti, tra i sacerdoti e il Vescovo.

28. Il nuovo areopago "Il primo areopago del tempo moderno è il mondo della comunicazione, che sta unificando l'u-manità, rendendola - come si suol dire - un villaggio globale. I mezzi di comunicazione sociale hanno raggiunto una tale importanza da essere per molti il principale strumento informativo e formativo, di guida e di ispirazione per comportamenti individuali, familiari e sociali"18. Il Concilio Vaticano II ha definito i mezzi di comunicazione sociale "meravigliose invenzioni del nostro tempo" 19 ed è proprio del popolo di Dio il dovere di fare uso creativo delle nuove scoper-

17 C. M. Martini, Il lembo del mantello, pag 5 18 RM 37 19 IM 1

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te tecnologiche per il bene dell'umanità e la realizzazione del disegno di Dio, "perché le poten-zialità dell'era del computer siano utilizzate al servizio della vocazione umana e trascendente del-l'uomo, così da glorificare il Padre dal quale hanno origine tutte le cose".20 Paolo VI scriveva con decisione che "la Chiesa si sentirebbe colpevole davanti al suo Signore se non adoperasse questi potenti mezzi che l'intelligenza umana rende ogni giorno più perfeziona-ti"21.

29. Non dimentichiamo Zaccheo “Cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non ci riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura”22. La folla che si accalca attorno al Nazareno può benissimo significare il mondo complesso e potente dei mass-media che porta con sé i gravi rischi della spersonalizzazione, dell'oppressione, del non lasciare spazio a scelte libere e personali, dell'impedire di poter andare da Gesù per ascoltare la sua voce. Occorre saper far propria la capacità di decisione di Zaccheo: distanziarsi dalla massa al momento giusto, avere uno spazio tutto proprio, di calma, di silenzio, di possibilità di incontro personale. Pur nell'epoca dei potenti mezzi di comunicazione, resta sempre vero il paradosso del Vangelo che sa passare attraverso la povertà dei mezzi e delle persone: è il mistero della Grazia che ci su-pera e ci sorprende.

30. La comunicazione interpersonale Una riflessione ed un lavoro serio sulla comunicazione sociale può scaturire solamente da una rinnovata convinzione nella priorità e insostituibilità della comunicazione diretta ed interperson-ale. Lo stile di Gesù rende attenti al valore unico ed irrepetibile di ogni persona. Pur affascinati dai media e dai complessi network, non si dovrà mai dimenticare il valore evangelico delle relazioni interpersonali. Questo comporta innanzitutto impegno nella formazione al dialogo e all'ascolto, in famiglia, nelle comunità parrocchiali, in Seminario, nei gruppi e nelle associazioni, come me-todo e stile autenticamente ecclesiale e come testimonianza di comunione. L'attenzione ai destinatari, oltre che gesto di rispetto, è scelta necessaria per rendere la comuni-cazione efficace ed incisiva. Qui vengono chiamate in causa le diverse forme di linguaggio che occorre saper scegliere e differenziare nelle molteplici occasioni: omelie, catechesi, incontri, bol-lettini parrocchiali, documenti ufficiali.

31. Una pastorale della comunicazione Valga per la Chiesa albese quanto indicano i Vescovi italiani, perché in ogni diocesi si promuova “una pastorale organica della comunicazione sociale, con ufficio diocesano adeguato e animatori ben preparati, per curare la formazione dei sacerdoti, dei comunicatori e degli utenti. Ci impe-gniamo a far sì che i media cattolici attivino sollecitamente tra loro una rete di sinergie redazio-nali, gestionali, diffusionali, a livello locale e nazionale, per elevare la qualità ed abbassare i co-sti. Chiediamo ai sacerdoti e agli operatori pastorali di sostenere e di utilizzare più largamente, nella loro formazione e nel loro servizio, i media cattolici”23. Si richiede un impegno comune per la crescita di una nuova mentalità che sappia realmente in-tendere i mass-media cattolici come occasione di formazione permanente del popolo cristiano e

20 AN 3 21 EN 45 22 Lc 19,3 23 CEI, Con il dono della carità nella storia, 29

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come palestra ove la Chiesa impara sempre più e meglio a comunicare e a consegnare all'uomo di oggi il dono della comunione di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Si promuova una vera cultura di "comunione", che porti a camminare insieme, a progetta-re insieme la pastorale, sia diocesana che parrocchiale, e si instaurino rapporti interperso-nali ispirati alla franchezza ed alla carità.

32. Valorizzare l'esistente Più che indirizzarsi verso la creazione di nuove strutture massmediali, la diocesi si impegna a va-lorizzare e migliorare iniziative già avviate, che possono accogliere nuovi tipi di intervento. L'Ufficio diocesano per le Comunicazioni Sociali ha il compito di essere promotore e coordina-tore di una pastorale e di una cultura della comunicazione. All'interno dell'Ufficio diocesano per le Comunicazioni Sociali viene formato un Ufficio Stampa permanente, con il compito di mantenere i contatti tra la diocesi e i vari organi di informazione. “La diocesi finanzia l'acquisto di spazi giornalistici, radiofonici, televisivi e telematici - ge-stiti attraverso l'Ufficio Stampa diocesano - per esser presente nelle realtà massmediali del territorio. Si cercheranno le opportunità di intervento nelle reti radiofoniche locali, per la creazione di tra-smissioni che esprimano la voce della diocesi, a livello di informazione, di cultura e di fede. Pur essendo di proprietà della Società San Paolo, Gazzetta d'Alba è nata come settimanale catto-lico diocesano e don Giacomo Alberione si è impegnato a mantenerlo tale. Si chiede, da parte di tutti, una precisa volontà e una valida collaborazione perché Gazzetta d'Alba diventi maggiormente strumento di comunicazione diocesana, luogo di informazio-ne, di confronto culturale e di crescita umana e cristiana.

33. La formazione degli operatori La diocesi è impegnata nella formazione nei diversi campi delle Comunicazioni Sociali, verso laici, preti e religiosi, con l'obiettivo di preparare persone sempre più sensibili e competenti nel settore. Questo può avvenire a vari livelli, facendo tesoro delle molteplici possibilità oggi esistenti. Si istituisca in diocesi una Scuola permanente per le Comunicazioni Sociali, indirizzata alla conoscenza dei mezzi di comunicazione e alla formazione specifica di animatori dei centri culturali parrocchiali. La diocesi sostiene e favorisce la formazione di operatori professionali nel campo delle co-municazioni sociali, attraverso le istituzioni scolastiche specifiche e creando opportunità di approfondimento e perfezionamento nell'ambito delle attività promosse dalla Scuola per-manente per le Comunicazioni Sociali.

34. La formazione degli utenti Le già consolidate iniziative di cineforum, presentazione di libri, incontri con autori, dibattiti, costituiscono un'importante occasione di presenza culturale sul territorio. Non va dimenticato che il cinema e la musica sono i linguaggi di più diretta comunicazione con il mondo giovanile. A questa realtà sarà opportuno riferirsi per la proposta di iniziative rispettose del mondo cul-turale e linguistico degli utenti giovani: la proiezione cinematografica, il musical, il concerto possono essere un felice punto di incontro per comunicare messaggi e valori. Allo stesso tempo si prenda in esame l'opportunità di organizzare, soprattutto in particolari periodi dell'anno, rap-presentazioni teatrali e concerti con validi contenuti e di adeguato valore artistico. Sono necessarie iniziative e modalità per educare all'uso corretto e positivo dei mezzi di comuni-cazione.

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Si guarda con particolare favore alla nascita dei centri culturali parrocchiali, strutture attrezzate ed adeguate ad ospitare proiezioni, riunioni, conferenze; si tratta di luoghi semplici ove giovani e adulti possano incontrarsi e trovare disponibili libri, riviste, giornali, audio e videocassette. E' auspicabile, a livello parrocchiale, la presenza di un animatore formato all'uso e alla gestione dei mezzi di comunicazione, in grado di orientare e predisporre il materiale adatto per le diverse occasioni: dibattito, catechesi, intrattenimento. Si istituiscano i Centri culturali parrocchiali, con il preciso scopo di far crescere la cono-scenza e l'interesse nel campo delle comunicazioni. L'Ufficio diocesano sarà punto di rife-rimento per l'avviamento e il sostegno dei Centri, soprattutto quando questi nascano in re-altà parrocchiali di piccole dimensioni.

35. Il bollettino parrocchiale Prezioso mezzo di evangelizzazione e segno di comunicazione culturale è il bollettino parroc-chiale, che deve essere sempre più pensato e accolto come la voce della comunità che racconta la propria storia ed evidenzia gli avvenimenti più significativi coinvolgendo i laici; non deve tutta-via mancare il respiro e la dimensione della Chiesa diocesana e universale, proprio come mo-mento informativo e formativo dell'essere tutti una sola Chiesa in cammino, con stile propositi-vo, evitando accuratamente ogni polemica personale.

36. La giornata delle Comunicazioni sociali E' indispensabile che la diocesi e tutte le comunità parrocchiali diano maggior spazio ed impor-tanza alla Giornata delle Comunicazioni sociali, come occasione di riflessione, di preghiera e di impegno, facendo tesoro dei messaggi che ogni anno vengono proposti. La stampa cattolica gioca un grande ruolo al riguardo. La diocesi prenda a cuore l'iniziativa Sat 2000, la nuova emittente cattolica, come impegno della comunità ecclesiale ad offrire, attraverso il linguaggio televisivo, una lettura evangeli-ca degli avvenimenti e della storia.

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C La Chiesa celebra Cristo

“Gesù rispose: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo; il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare ed a salvare ciò che era perduto”

(Luca 19, 9-10).

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4 LA LITURGIA DELLA CHIESA

Il testo sinodale ha come riferimento principale la Nota pastorale della CONFERENZA E-PISCOPALE PIEMONTESE: "La Celebrazione dei Sacramenti. Orientamenti e Norme"(1997) le cui indicazioni sono fatte proprie dal Sinodo.

37. La liturgia nella vita della Chiesa La Chiesa non può vivere senza la liturgia, come la sposa non può rinunciare allo sposo. “Allo stesso modo la Chiesa non avrebbe senso se non si riunisse in assemblea per celebrare il mistero pasquale, mediante la lettura di quanto ‘nella scrittura lo riguardava”24, e la celebrazione dell’Eucaristia, nella quale ‘vengono ripresentati la vittoria e il trionfo della sua morte’, e l’azione di grazie ‘a Dio per il suo dono ineffabile’ nel Cristo Gesù ‘ in lode della sua gloria’ per virtù dello Spirito santo”25. Sul modello della Chiesa degli apostoli, la Chiesa albese si impegna a mettere l’Eucaristia e il giorno del Signore al centro della sua vita e della sua missione. L’Eucaristia è, infatti, il sacra-mento per eccellenza, dal quale deriva e al quale tende ogni altro sacramento. Essa “celebra quotidianamente il mistero di Cristo ed esprime al vivo la Chiesa”.26 L'Eucaristia porta ad una spiritualità liturgica aperta e fondata sul mistero pasquale, proprio per-ché sia possibile fare esperienza del Cristo risorto. “Le celebrazioni dei sacramenti suppongono, infatti, una fede sincera e consapevole in Gesù Cristo”.27 Partecipando alla celebrazione, si rice-ve la capacità di impostare la propria vita sul Cristo che si è ascoltato e celebrato. La celebrazione quindi educa al perdono, all’ascolto, alla donazione, al sacrificio di sé, alla co-munione oblativa, perché Cristo nella celebrazione è presente come maestro di vita.

38. La chiesa celebra l’Eucaristia e l’Eucaristia costruisce la Chiesa La Chiesa in cammino nel tempo trova la sua icona nella celebrazione eucaristica, culmine e fon-te della vita della Chiesa stessa. Essa si sente convocata dall’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo a formare l’assemblea dei credenti: sono presenti tutte le componenti del popolo di Dio; è presieduta dal Vescovo in persona Christi; si riconosce peccatrice; ascolta la Parola che la illumina e la guida; si incontra con il Cristo nel segno del pane e del vino; entra in comunione con Lui e con i fratelli per un’efficace missione. Per questo la Chiesa torna ancora a riunirsi nel “giorno” della Risurrezione, ottavo giorno del mondo, per proclamare che Dio si è fatto “vedere, toccare, ascoltare” come fratello e vittima, come pane spezzato e sangue versato. "La domenica è il giorno della risurrezione, è il giorno dei cristiani, è il nostro giorno" 28. Essa è in effetti per i cristiani la "festa primordiale"29, posta non solo a scandire il succedersi del tempo, ma a rivelarne il senso profondo.30 24 Lc 24,27 25 SC 6 26 ivi. 27 ivi. 28 san Girolamo In die dominica Paschae II, 52: CCL 78, 550 29 SC 106

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La domenica è il giorno del Signore, perché celebra l’opera del Creatore e la nuova creazione; è il giorno di Cristo, perché celebra settimanalmente la Pasqua; è il primo giorno della settimana, il giorno di Cristo luce e salvezza, è il giorno in cui viene effuso il dono dello Spirito Santo agli apostoli; è il giorno della fede. È il giorno della Chiesa che celebra la presenza del Risorto nell’assemblea e nell’Eucaristia domenicale alla mensa pasquale della Parola e del Pane di vita. È il giorno dell’uomo, della sua gioia nel Cristo e del riposo dalla fatica, è il giorno della frater-nità e della solidarietà.

39. La liturgia predilige più la qualità che la quantità delle celebrazioni Le celebrazioni domenicali e festive non sono soltanto riti abitudinari cui si è presenti “per dove-re”, con il pericolo di far esperienza di noia e di fastidio, ma veri incontri della comunità intera con Gesù Cristo, il Risorto; non soltanto un precetto da assolvere, ma un incontro da celebrare. La liturgia predilige più la qualità che la quantità delle celebrazioni, perché la prima esigenza non è quella di offrire la possibilità del “servizio religioso” a tutte le ore, e in tutti i posti, per servire la comodità di tutti, ma radunare tutta quanta la comunità insieme in un’unica assemblea, perché viva realmente l’unicità dell’incontro con il Cristo, il più vicino possibile agli stessi fra-telli e nel giorno del Signore. Si riduca il numero delle Messe avendo di mira non la comodità dei fedeli ma la qualità del-le celebrazioni stesse; nell’ambito della parrocchia, come in quello dell’unità pastorale si rivedano sia il numero che gli orari delle celebrazioni domenicali, evitando quelle contem-poranee, e pubblicandone l’orario. “L’orario ed il numero delle Messe sia stabilito in base alle vere esigenze della comunità”31. La celebrazione domenicale della liturgia forma la comunità che ascolta Gesù Cristo, che diventa commensale alla sua mensa, e rinnova la propria vita nella carità quotidiana. È questo il motivo che spinge ad uscire dalle proprie case: andare a celebrare il Risorto alla mensa della Parola e del Pane. Perciò in ogni celebrazione la forma comunitaria è da preferirsi a quella privata. Si eviti di frazionare la comunità cristiana per celebrazioni in cappelle, preferendo raduna-re l’assemblea nell’unica chiesa parrocchiale.

40. L’Eucaristia domenicale è di sua natura comunitaria Essa raccoglie tutta la comunità intorno all’unico altare, pregando e intercedendo per tutti. È ne-cessario che la comunità non si limiti a ricordare i propri ‘cari’ che "riposano nella speranza di risorgere", ma preghi e celebri anche e soprattutto per i fratelli che sono vivi. Non manchi mai la celebrazione domenicale per il popolo, senza intenzioni di Messe perso-nali (Trigesime, ecc ).

41. L’offerta per la celebrazione della Messa È importante riscoprire il senso dell’ “offerta” libera. Il Sinodo però in questa materia rispetta le esigenze della comunione pastorale con le altre diocesi, per evitare disorientamenti nei fedeli. Per quanto riguarda l’offerta per le intenzioni delle Messe si prenda in considerazione l’eventualità di superare il legame esclusivo tra singole offerte e singole intenzioni sempre in stretta comunione con le altre diocesi.

30 Dies Domini, 2 31 CONFERENZA EPISCOPALE PIEMONTESE, La celebrazione dei sacramenti, 59, § 1. CEP, Direttive circa la celebra-zione dell’Eucaristia [1991].

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42. Celebrazioni domenicali in assenza del presbitero. Nelle comunità più piccole si sente l’esigenza di pensare ad una celebrazione domenicale in as-senza del presbitero. Occorre suscitare e preparare le persone chiamate a guidare tali celebrazioni domenicali. Il servizio di guida della preghiera comune deve, infatti, qualificarsi adeguatamente, per essere presenza efficace nella comunità a cui verrà affidato. Si prenda in considerazione la possibilità di una celebrazione domenicale in assenza del presbitero, affidandone la guida a diaconi, accoliti, ministri straordinari della santa comu-nione. Questo servizio tuttavia deve avere caratteristiche proprie, perché non si confonda con la cele-brazione della S. Messa. A livello diocesano devono essere date indicazioni precise in merito, per uniformare tali celebrazioni e studiare un’adeguata preparazione di tale nuova ministerialità, secondo le norme generali32.

43. Celebrazione come espressione di Chiesa La celebrazione liturgica esprime il volto pluriforme della comunità cristiana. La molteplicità di interventi e servizi affidati ai singoli, in una coralità di presenze e di voci, offre un’immagine vi-va della Chiesa: una ministerialità diffusa, che affida compiti e coinvolge i presenti, chiamando in causa soprattutto gli adulti; una ministerialità che esprime la comunità, articolata nella cele-brazione dell’unico mistero. Non tutti, infatti, devono fare tutto, ma tutti hanno un ruolo specifi-co e ognuno deve compiere quello che gli compete33. L'azione liturgica esprime nella presidenza dell'assemblea la visibilità della Chiesa ministe-riale, segno personale di Cristo, pastore e capo.

44. L’arte del presiedere Per uscire da celebrazioni “fredde, asettiche, senza emozioni, o peso da sopportare più che gioia da cercare” occorre passare dallo stile di ‘assistenza da spettatori’ a quello della partecipazione. L’impegno primario di chi presiede le assemblee liturgiche è quello di “renderle assemblee celebranti, attivamente partecipi e consapevoli del mistero che si compie”34. Cominciando, infatti, da chi presiede, pur nelle funzioni proprie e specifiche, ciascun ministro deve sentirsi al servizio dell’assemblea, senza mortificarne la partecipazione e senza sottrarne parti che le sono proprie. ∗ Il sacerdote esercita in modo esplicito la presidenza se riesce a “far sentire la presenza

viva di Cristo”.35

∗ La Chiesa raccomanda di presiedere con dignità e umiltà. La dignità si fonda sulla con-

vinzione che la liturgia è l’azione ecclesiale più importante e più alta36 e perciò esige comportamento sereno, gesti misurati, vesti adatte al ruolo, voce naturale.

∗ L’umiltà nel presiedere esige convinzione profonda di essere solo strumenti nelle mani del Signore e non attori in prima persona.

∗ Il presidente della celebrazione non è più il protagonista unico dell’azione liturgica, ma piuttosto la guida stimolatrice della comunità orante.

32 cfr Congregazione per il Culto Divino, Christi Ecclesia, 1988 33 cfr CEP, La celebrazione dei sacramenti, 45. 34 Cf CEI, Il rinnovamento liturgico in Italia, 7 35 IGMR = Introduzione Generale Messale Romano, 60. 36 SC 10.

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45. Preparare la celebrazione La presidenza si esercita a iniziare dalla preparazione della celebrazione. La preparazione pra-tica di ogni celebrazione liturgica si faccia di comune intesa fra tutti coloro che sono inte-ressati rispettivamente alla parte rituale, pastorale e musicale, e sentito anche il parere dei fedeli per quelle cose che li riguardano direttamente37. Il presbitero prepari, possibilmente con altri sacerdoti e laici, l’omelia domenicale, breve e incisiva, fedele ai testi della Parola di Dio, delle orazioni e preghiere che risuoneranno nella ce-lebrazione, e in ascolto delle attese vere della gente a cui si rivolgerà.

46. Ministeri nell'assemblea Tra i ministeri che riguardano la celebrazione liturgica siano presi in considerazione e ven-gano introdotti e potenziati: * il lettore (uomo o donna) per proclamare le letture della Sacra Scrittura, eccetto il Vange-lo. Egli deve essere competente, conoscere l’ordinamento delle letture, saper usare i lezionari, cono-scere i generi letterari della Bibbia, per proclamarli in modo adeguato. Deve essere possibilmente un adulto, uomo o donna e non bambino o ragazzo38 per rappresentare meglio la maturità nella fede di chi ha saputo accogliere la Parola per poi trasmetterla. * Il salmista per proclamare il salmo, o il canto biblico, tra le letture; È bene che sia un’altra persona diversa dal lettore, e che sia in grado di cantare o proclamare il salmo responsoriale, o almeno proporre il ritornello in canto39, poiché il salmo responsoriale di norma è sempre cantato. * L'animatore dell’assemblea/commentatore o voce guida; serve la comunità e chi presiede la celebrazione con interventi brevi e preparati in precedenza. * L'animatore del canto e della musica: coro e direttore, organisti e strumentisti; aiutano con il loro servizio l’assemblea a celebrare con arte il mistero in un più profondo coinvolgimento spirituale40. * I ministranti: il loro ruolo deve essere ricoperto non solo da ragazzi e ragazze, ma anche da giovani e adulti; è importante non affidare esclusivamente tale ministero ai bambini, ma abi-tuare a tale servizio soprattutto gli adulti. Intorno all’altare ci siano coloro che hanno concluso il cammino dell’iniziazione cristiana (battesimo-confermazione-Eucaristia) perché vi partecipino con la pienezza del loro essere cristiani41. * Gli addetti all’accoglienza, soprattutto nei casi di grande affluenza; è un ministero che e-sprime l’affetto e l’amore della comunità cristiana. Nell’accogliere i battezzati che vanno ad in-contrare il Risorto gli incaricati devono saper svolgere con attenzione e sensibilità questo loro ministero42. I catechisti, per esempio, accolgano i ragazzi e li invitino a prendere posto nell’assemblea domenicale. * Gli addetti alla raccolta delle offerte ritengano il loro compito come servizio liturgico e come parte previa alla presentazione dei doni. Il momento della processione delle offerte e-sprime ciò che ognuno consegna all’altare. Si presenta, così, ciò che viene usato nella celebra-zione e ciò che realmente può essere offerto ai poveri, senza indulgere ad oggetti simbolici.43

37 cfr IGMR 73 38 cfr CEP, La celebrazione dei sacramenti, 48 39 cfr CEP, La celebrazione dei sacramenti, 48. 40 cfr CEP, La celebrazione dei sacramenti, 169 § 4. 41 cf RLI, 12 42 cfr CEP, La celebrazione dei sacramenti, 47. 43 cfr CEP, La celebrazione dei sacramenti, 51.

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Anche la raccolta di denaro, che viene fatta in quel momento, non si prolunghi esageratamente, perché diventi possibile consegnarla direttamente nelle mani del sacerdote, insieme al pane e al vino. Occorre quindi predisporre un numero adeguato di persone (adulti) perché svolgano spedi-tamente questo servizio.

47. I ministri straordinari della santa comunione Il servizio dei ministri straordinari della santa comunione44, “che reca il duplice dono della Paro-la e della Comunione Eucaristica, se preparato e continuato nel dialogo di amicizia e di fraterni-tà, diventa chiara testimonianza della delicata attenzione di Cristo che ha preso su di sé le nostre infermità e i nostri dolori”45. I ministri straordinari della santa comunione svolgono il loro servizio sia nell’azione litur-gica domenicale, sia poi nel portare la santa comunione ai fratelli ammalati, specialmente nel giorno del Signore. È quindi molto significativo che nel giorno del Signore i ministri, terminata la distribuzione della comunione ai fedeli, si accostino all’altare e ricevano dal sacerdote, che presiede la celebrazione, la teca con le particole per la comunione agli anziani ed ai malati della comunità, dai quali si re-cheranno appena terminata la Messa. Affinché tale servizio sia possibile, in ogni comunità par-rocchiale, occorrono più ministri.

48. Il gruppo liturgico In ogni parrocchia si crei il gruppo liturgico, che si faccia carico della liturgia nella sua globalità, in particolare della celebrazione domenicale. Il gruppo liturgico deve esprimere l’unitarietà di coloro che - sacerdote, diacono, religiosi e laici - nella celebrazione liturgica hanno un ruolo di animazione o di servizio. Dalla meditazione attenta della Parola di Dio nasce la preparazione delle singole celebrazioni, coinvolgendo poi ministranti, lettori, cantori46. Il gruppo liturgico scelga i canti, distribuisca servizi e ministerialità, rediga le intenzioni della preghiera dei fedeli, tenendo conto della Parola di Dio, della vita della comunità. Ricerchi perciò il coinvolgimento dell’assemblea, ai fini di una variegata ministerialità, per una celebrazione viva e sentita. Il gruppo liturgico sia rappresentativo delle varie realtà parrocchiali, permettendo così di allarga-re a molti l’esperienza della partecipazione attiva, evitando il pericolo che “siano sempre gli stes-si” e danno a più persone la possibilità di arricchirsi e di approfondire la propria fede. È bene che la scelta dei componenti del gruppo liturgico sia demandata al Consiglio pastorale parrocchiale. Si crei il collegamento del gruppo liturgico con i gruppi di catechismo, perché la catechesi sia maggiormente legata ai tempi dell’anno liturgico ed alle sue celebrazioni più importanti. È bene che faccia parte del gruppo liturgico anche un rappresentante dei catechisti.

49. Musica e liturgia È necessario spendere energie per la cura e la preparazione di ogni ministero e servizio, come quello musicale, per coinvolgere sempre di più l’assemblea, nel canto delle parti fisse, l’Ordinario, della celebrazione eucaristica, come “Signore Pietà, Gloria, Acclamazione al Vange-lo, Santo, Anamnesi, Dossologia, Agnello di Dio”.47

44 cfr CEP, La celebrazione dei sacramenti, 68 - 73. 45 cfr CEP, La celebrazione dei sacramenti, 69. 46 cfr Principi e Norme per l’uso del messale Romano, n°73. 47 cfr CEP, La celebrazione dei sacramenti, 56.

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Il canto è parte integrante della celebrazione48. Le scholae cantorum sono chiamate al servizio della preghiera nelle parti che sono di loro competenza. È necessario, infatti, promuovere l’educazione alla bellezza musicale delle nostre assemblee liturgiche: i fedeli e le scholae cantorum, da favorire in ogni parrocchia, costituiscano as-semblee vive senza escludere nessuno. L’Ufficio liturgico, sezione Musica Sacra, indicherà le parti specifiche del coro e quelle impre-scindibilmente riservate al canto assembleare.49 Si curi la formazione liturgica e la competenza musicale degli animatori mediante la scuola diocesana. I parroci devono essere attenti alla formazione di coloro che svolgono il ministero del canto e dell’animazione musicale nelle celebrazioni liturgiche della comunità. Si valorizzi l’Istituto diocesano di Musica Sacra e Liturgia, come luogo privilegiato per la formazione di questi ministeri. La scuola diocesana può offrire una corretta formazione liturgi-ca di tutti gli animatori musicali dell’assemblea. A tale scuola è bene che accedano anche i semi-naristi e gli alunni di teologia. Si incrementi l’uso del sussidio preparato dalla regione conciliare piemontese, Nella casa del Padre, che propone un repertorio comune di canti, senza trascurare il patrimonio musi-cale della nostra diocesi. Questo sussidio aiuta a creare un repertorio comune di canti perché i cristiani della regione piemontese ritrovino nella liturgia unanimità di acclamazioni e di canti. Tale sussidio resta quindi il punto di riferimento obbligato per le nostre comunità.50 Si prediliga l’uso dell’organo a canne, che tradizionalmente offre notevole splendore all’azione sacra. Gli organi a canne normalmente nelle celebrazioni vengono usati, ma non sempre ci si preoccupa della loro conservazione, con il rischio che vada perso un non indifferen-te patrimonio artistico.51 La tutela degli organi è affidata ad una commissione diocesana competente, per la catalo-gazione, il restauro, la conservazione e l’uso liturgico. L’Ufficio Liturgico Diocesano, nella sezione di Musica Sacra, svolgerà tale servizio ed offrirà ai parroci la propria consulenza, indicando anche gli interventi da eseguire per una corretta conser-vazione e manutenzione di tali strumenti, in collaborazione con l’Ufficio per i Beni Culturali. I concerti nelle chiese e altri momenti culturali siano svolti nel rispetto delle vigenti disposi-zioni ecclesiali. A questo riguardo si rimanda alle disposizioni della CEP, I concerti nelle chiese, [1989]

50. Arte e liturgia. L’arte nella liturgia accompagna il mistero che si celebra lungo l’anno liturgico. Non siamo sem-pre abituati ad associare alla riflessione su Dio e alla vita di fede la categoria del ‘bello’. Eppure già dalla prima pagina della scrittura Dio si meraviglia della bellezza, che diventa un’espressione dello stesso agire divino. La liturgia, in tutte le sue espressioni e in tutte le sue dimensioni, deve essere bella, deve realmente richiamare, suggerire, aprire ad un oltre. L’arte con il suo linguaggio di bellezza conferisce indubbio valore alla liturgia.

48 cfr PNMR [1983], 23; MESSALE ROMANO, Lezionario, Premesse, 28. 49 cfr CEP, La celebrazione dei sacramenti, 56. 169. 50 cfr CEP, La celebrazione dei sacramenti, 169, § 5. 51 cfr CEP, La celebrazione dei sacramenti, 169 § 6.

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51. Adeguare le chiese alla riforma liturgica La liturgia del Concilio Vaticano II ha bisogno di celebrare il mistero di Cristo in una struttura architettonica nuova: nella fedeltà alle norme giuridiche, coniugando la conservazione del patri-monio artistico con l’esigenza della novità celebrativa.52 Nella progettazione e nell’ormai necessario adeguamento liturgico delle chiese si faccia ri-ferimento all’Ufficio Liturgico, nella sezione Arte Sacra ed all’Ufficio per i Beni Culturali53. L’adeguamento liturgico, infatti, è parte integrante della riforma liturgica.

52. I sacramenti dell’Iniziazione cristiana Battesimo, Confermazione, Eucaristia costituiscono i sacramenti dell’Iniziazione cristiana. Ini-ziazione, infatti, indica che il “diventare cristiani” deve essere un cammino, con momenti di ce-lebrazione, di catechesi, di fraternità ecclesiale. Il periodo di preparazione ai sacramenti dell’iniziazione cristiana prediliga l’antico corso quaresimale del catecumenato. Durante questo tempo è auspicabile una preparazione spiri-tuale più intensa. Le tappe sono quelle proposte nel rito dell’iniziazione cristiana degli a-dulti. Tra le varie tappe dell’iniziazione cristiana degli adulti è bene ricordare alcuni momenti, quali segni del cammino di preparazione alla celebrazione (ad esempio: la presentazione dei candidati alla comunità parrocchiale, previa una domanda scritta da parte del candidato; il rito della conse-gna del simbolo della fede, il Credo, e della preghiera del Padre nostro). Così pure è importante proporre incontri di riflessione, di ritiri ed esercizi spirituali, di confronto con testimonianze di persone autenticamente cristiane.54 La nostra Chiesa prepari itinerari ed indicazioni concrete, utili a proporre un cammino per gli adulti e per i ragazzi che chiedono il Battesimo55 e per gli adulti che chiedono la Cresi-ma.

53. Ricuperare il tradizionale percorso dell’Iniziazione cristiana L’ordine pastorale con cui vengono conferiti i sacramenti non è quello testimoniato dalla tradi-zione. Essa infatti colloca la Confermazione prima della partecipazione all’Eucaristia. Il punto di partenza dell’Iniziazione cristiana non può che essere il Battesimo e il punto di arrivo non può che essere l’Eucaristia, nutrimento di coloro che il dono dello Spirito ha reso testimoni del Risor-to. Questa istanza sinodale potrebbe aprire nuovi orizzonti e piste di studio e di ricerca. Si propone di studiare l’eventualità di ricuperare il percorso dell’iniziazione cristiana se-condo l’ordine tradizionale: Battesimo, Confermazione, Eucaristia. Anche le date per la celebrazione del Battesimo potrebbero essere ritmate sulle grandi fe-ste, come il Battesimo del Signore, la veglia pasquale, l’ottava di Pasqua, il giorno di Pente-coste, la solennità della Chiesa locale.

54. La celebrazione della prima partecipazione alla Comunione Eucaristica56 Il legame della prima partecipazione all’Eucaristia con il giorno del Signore è importante, per esprimere la gioia della Risurrezione dell’ottavo giorno. Il tempo più opportuno è quello delle domeniche di Pasqua.

52 cfr CEP, La celebrazione dei sacramenti, 174 53 cfr CEP, La celebrazione dei sacramenti, 176 -178 54 CEP, La celebrazione dei sacramenti, 34 55 cfr. CEI, L'Iniziazione Cristiana - Orientamenti per il catecumenato degli adulti 56 cfr CEP, La celebrazione dei sacramenti, 60 - 64

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Poiché è il culmine del cammino di Iniziazione cristiana la Messa di prima comunione sia ce-lebrata nel giorno del Signore. Si eviti di celebrarla in giorni non domenicali o di inserirla nella Messa della sera del Giovedì santo, per non distogliere l’attenzione dalla ricchezza di significato propria di questo momento. Il Giovedì santo introduce al mistero di Cristo che si “consegna” agli uomini, dandosi nel memo-riale del pane e consegnandosi nelle mani di chi lo tradisce e di chi lo inchioda alla croce. Il Gio-vedì santo lega fortemente pane e croce: è il Cristo che si fa servo obbediente, che lava i piedi e che va a morire. La domenica, invece, soprattutto nel tempo pasquale, sottolinea l’intrinseco le-game tra l’Eucaristia e la Risurrezione del Signore.

55. Aprirsi alle necessità del prossimo Ogni celebrazione è l’espressione della vittoria di Cristo sul male e su ogni dolore dell’uomo: per questo la celebrazione deve aprire ai bisogni degli altri e farsi carico di chi vive in difficoltà o non può far festa. In tutte le celebrazioni dei sacramenti, le famiglie coinvolte e la comunità stessa si ricordino concretamente dei poveri.

56. Sacramenti di guarigione: sacramento della Penitenza e della Riconciliazione 57

Di fronte alla crisi della frequenza del sacramento della Penitenza è necessario rieducarci a cele-brare il perdono, iniziando dalla dimensione comunitaria, dove tutta la Chiesa si sente peccatrice e bisognosa di misericordia. E’ necessario riprendere la celebrazione penitenziale comunitaria, iniziando principalmente dagli adulti, per educare non solo all’autodenuncia del proprio peccato, ma a viverla come una tappa in cui si verifica il proprio cammino di vita cristiana, alla luce della Parola che perdona e salva. Ta-le celebrazione sia collocata in un cammino di proposta di conversione. Occorre valorizzare itinerari di celebrazioni penitenziali che, attraverso momenti di cate-chesi, ascolto della Parola di Dio, riflessione e conversione personale, portino il cristiano ad una più profonda celebrazione sacramentale della Penitenza. Occorre poi educare, soprattutto i giovani, a cercare una guida spirituale con cui incontrarsi nei momenti di verifica della propria vita cristiana.

57. Celebrazioni comunitarie È importante proporre una certa periodicità delle celebrazioni penitenziali e del sacramento della Riconciliazione, slegandole dal concetto riduttivo di preparazione alle feste importanti. Si valorizzino frequentemente e preferibilmente le celebrazioni sacramentali di più peni-tenti con assoluzione individuale (cf Rito della Penitenza, seconda forma). È necessario pure ripresentare, facendone capire il significato profondo, il digiuno, l’astinenza, il sacrificio, l’offerta del dolore, che possono diventare esperienza di grazia, se vissuti nella pro-spettiva cristiana.

57 cfr CEP, La celebrazione dei sacramenti, 80 - 91.

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58. Tempi e luoghi Si stabilisca un orario fisso e comodo per i fedeli, impegnando i confessori ad essere presen-ti e disponibili, pubblicandolo alla porta della Chiesa. Un tempo significativo potrebbe essere al sabato o alla vigilia delle festività, prima delle celebrazioni festive del sabato sera, per dare l’opportunità di una più intensa preparazione alla celebrazione domenicale. Anche per i confessionali si provveda ad adeguarli alle nuove esigenze celebrative della pe-nitenza: sia possibile la lettura della Parola di Dio, il dialogo fraterno, l’imposizione delle mani, seguendo le indicazioni dell’Ufficio Liturgico, sezione Arte Sacra.

59. Sacramenti di guarigione: sacramento dell’Unzione degli infermi

Nel contesto della pastorale dei malati va dato particolare rilievo alla celebrazione del sacramen-to dell’Unzione degli infermi58, non più riservato al momento estremo della morte, ma celebrato in una comunità che prega per i suoi fratelli ammalati, che prendono parte alla croce di Cristo, la quale dà conforto e speranza, fortificandoli contro la tentazione dello scoraggiamento e della di-sperazione, per far nascere e crescere in loro la fiducia nel Padre, che non abbandona i suoi figli. Si ricuperi la dimensione comunitaria ed ecclesiale di questo sacramento ed ogni parroc-chia organizzi una giornata apposita, anche nel tempo quaresimale, ma al di fuori della set-timana santa. Ogni anno si potrebbe celebrare comunitariamente il sacramento dell’Unzione degli infermi e, dove questo è possibile, per esempio nelle case di riposo, lo si prepari con un cammino adeguato, specie in quaresima. Si eviti di celebrarlo in date e ricorrenze legate ad aspetti devozionali.

60. Il Matrimonio Il tempo del fidanzamento è un tempo di grazia, in cui i due giovani, che chiedono la celebrazio-ne del Matrimonio59, riscoprono il senso cristiano dell’amore che si scambiano, fondato sull’amore di Cristo per la sua sposa. La celebrazione delle nozze durante la Messa è da ritenersi come la forma normale ed or-dinaria60. L’Eucaristia resta il sacramento di Cristo che accoglie i due sposi alla sua mensa, costituendoli nuova famiglia. Ed il Signore dona loro il suo Corpo e il suo Sangue e li chiama alla vocazione matrimoniale, riempiendoli del suo Spirito. Una tale celebrazione dà forza a tutta la comunità che, nella nuova famiglia che nasce, loda il Cristo per il dono del sacramento dell’amore.

58 cfr CEP, La celebrazione dei sacramenti, 92 - 97. 59 cfr CEP, La celebrazione dei sacramenti, 103 - 142. 60 cfr CEP, La celebrazione dei sacramenti, 115

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61. Preparazione adeguata della celebrazione del Matrimonio Si curi adeguatamente la preparazione di questa liturgia, evitando di introdurre elementi di carattere profano o non adatti al culto divino. Sia una liturgia di tono cristiano, dove si cura soprattutto la celebrazione della fede più che il folclore, l’incontro con il Cristo e non le esteriori-tà o le usanze particolari.

62. Musiche e canti adatti Musiche, con testi e melodie non composti per la celebrazione liturgica, siano collocate solo dopo i riti di conclusione del Matrimonio stesso. Nella scelta dei canti si seguano le indicazio-ni del n°121 della CEP, “La celebrazione dei sacramenti”.

63. Essenzialità e festa Si raccomandi agli sposi di evitare sprechi ed esibizionismi e si suggeriscano loro concrete forme di condivisione. Siano coinvolti anche i poveri, perché mentre i due sposi ricevono dal Cristo il dono sacramentale, offrano ad altri la testimonianza di un amore che non resta chiuso in se stesso, ma condivide la carità di Cristo celebrata nella liturgia.

64. Fotografi e cineoperatori Per quanto riguarda l'intervento di fotografi e cineoperatori ci si attenga a quanto racco-mandato dalla CEP al n. 119 del testo “La celebrazione dei sacramenti”, in particolare ri-spettando il divieto di intervenire durante la Liturgia della Parola e la Preghiera Eucaristi-ca.

65. Iniziazione ai mistero cristiano La mistagogia (iniziazione ai misteri) è un tempo necessario da riscoprire e riutilizzare nella pa-storale. I riti e i segni della liturgia non sono sempre per il popolo cristiano di immediata com-prensione ed interiorizzazione della loro portata salvifica. Già i Padri della Chiesa, infatti, illu-stravano i riti dell’iniziazione solo dopo che questa aveva avuto luogo. Era la mistagogia l’arte di condurre i fratelli a incontrare, al di là della soglia del rito sensibile, il Cristo che salva, un’arte che appare urgente ricuperare, perché il sacramento appena ricevuto non inaridisca. In particolare questo itinerario deve essere valorizzato con i “ricomincianti”, che hanno già rice-vuto i sacramenti della Iniziazione cristiana, ma hanno necessità di riscoprirne il significato e l’impegno. In questo contesto può essere opportuna la celebrazione della professione di fede a diciott’anni.

66. Spiritualità e liturgia. Nell’azione liturgica la Chiesa raggiunge un rapporto unico, diretto con Cristo che opera la sal-vezza. L'Eucaristia introduce i fedeli battezzati e segnati con lo Spirito, nella pressante carità di Cristo e li infiamma con essa e, così nutriti dei "sacramenti pasquali", sono spinti ad esprimere nella vita quanto hanno ricevuto mediante la fede; “dalla liturgia e particolarmente dall'Eucaristia deriva la santificazione degli uomini nel Cristo”.61 È a tale spiritualità liturgica che è necessario condurre la comunità cristiana, perché nutra la sua vita nella celebrazione del mistero di Cristo. A tale scopo si valorizzino adeguatamente le celebrazioni eucaristiche infrasettimanali, in parti-colare per gruppi parrocchiali (bambini, genitori, sposi, anziani, ecc.) e la celebrazione comunita-ria di alcune parti della Liturgia delle Ore, per educare ad una sempre più viva e fruttuosa parte-cipazione liturgica.

61 cfr SC 10

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“La liturgia, infatti, mentre ogni giorno edifica quelli che sono nella Chiesa per farne un tempio santo nel Signore, un'abitazione di Dio nello Spirito, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo, nello stesso tempo […] fortifica le loro energie perché possano predicare il Cristo”.62

67. Il Culto alla Vergine Maria Il culto alla Vergine Maria ha radici profonde nella Parola rivelata, uno spazio privilegiato nelle celebrazioni dell’anno liturgico ed un posto eminente nella pietà cristiana. La Chiesa ha sempre raccomandato il culto alla Vergine Maria, additandola come discepola del Cristo e proponendola come madre della Chiesa63.

68. La pietà popolare La preghiera del Rosario, assieme ai “pii esercizi” quali la Via crucis, le quarantore, le novene, i pellegrinaggi e le molte altre forme di pietà e religiosità popolare, siano orientati a partire dalla Parola di Dio ed ispirati alla liturgia, diventino strumento corretto di evangelizzazione, onde evi-tare devozionismi o possibili forme di deviazioni superstiziose. La novena in preparazione al Na-tale può tornare ad essere la celebrazione serale dei Vespri della comunità cristiana, così come lo era inizialmente.

62 SC 2 63 cfr LG VIII; Marialis cultus ; RM

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D La Chiesa testimonia Cristo

“Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: “Ecco Signore, io do la me-tà dei miei beni ai poveri, e se ho frodato qualcuno restituisco quat-tro volte tanto”.

(Luca 19,8)

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5 IL VANGELO E LE OPERE DELLA CARITÀ

69. Il Vangelo della carità, punto cruciale del rinnovamento Il Sinodo, segno povero ma sincero del nostro amore alla Chiesa diocesana, ci ha interrogati sul dovere di testimoniare l’amore di Dio davanti agli uomini e le donne del nostro tempo, che da noi cristiani attendono risposte ai loro interrogativi ed ai loro problemi. Il Sinodo indica come risposta il “Vangelo della carità” e chiama la Chiesa diocesana, mossa dal-lo Spirito, ad accrescere la comunione tra i suoi membri e ad aprirsi all’accoglienza ed al servizio dei fratelli, mettendo gli “ultimi” in prima fila.

70. Avere chiaro il senso delle parole “amore” e “carità” Nel linguaggio corrente le parole “ amore” e “carità” sono sovente fonte di confusione, perché intese in modo distorto, a volte anche equivoco: “amore” sta a significare le realtà più disparate, comprese tra gli estremi della più gratuita dedizione fino al più raffinato egoismo; per molti “ca-rità” è ancora sinonimo di elemosina, con tutti i malintesi storicamente legati a questa parola. Ancora una volta sarà la Parola di Dio ad illuminare e a dare il significato esatto alle realtà che intendiamo con queste parole.

71. Essere carità Paolo e Giovanni non hanno definito la “carità” , ma hanno interpretato in termini di “carità” (a-gape) la straordinaria esperienza che essi hanno fatto di Gesù Cristo. Prima di essere una virtù nostra, la “carità” indica il mistero di Dio che si dona, manifestandosi in Cristo; quindi ogni definizione della “carità” che non derivi da una visione della persona e del-la vicenda umana di Cristo, sarà sempre incompleta, astratta, moralistica. Prima di essere un insieme di gesti, prima di essere una virtù che si esprime nell’azione, la carità è un modo di essere: il modo di essere di una persona che è “come Cristo”, che vive di Lui e co-me Lui, l’essere una “creatura nuova” che si fa non per iniziativa dell’uomo, ma per la presenza e il dono dello Spirito di Gesù Cristo (cf Rom 5,5). La carità non è un comandamento in più aggiunto al decalogo, ma semplicemente tutta la legge e i profeti. Possiamo dire che la carità è la perfezione del cristiano, cioè la completezza, la sintesi, la verità piena: il vero cristiano è carità, come Cristo è carità, come Dio è carità.64

72. Tutto a servizio della “carità” Ora, tutto ciò non può ridursi ad un capitolo del Sinodo e soltanto per comodità di metodo la ca-rità può essere trattata come un singolo capitolo della vita cristiana: in effetti essa attraversa ogni ambito dell’agire cristiano, e, quale filo d’oro, tutto lega e sostiene: l’ascolto della Parola di Dio, la preghiera personale e l’azione liturgica, lo svolgimento dei vari ministeri nella comunità, la vi-ta familiare, il lavoro professionale, l’impegno nel sociale e nel politico, la compagnia con i po-veri: tutto per il cristiano è segno e testimonianza di carità, sempre intesa come intimamente nu-trita e collegata col mistero d’amore rivelato in Cristo

64 cfr. G. Moioli, Temi cristiani maggiori, Glossa, Milano 1992

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Da questo fondamentale punto di partenza si può iniziare a percorrere un deciso cammino di rin-novamento, convertendoci personalmente e comunitariamente ad una spiritualità di comunione e di servizio”, precisando che per spiritualità si intende il riconoscere in noi la presenza dello Spi-rito di Cristo e per comunione e servizio si intendono le due fondamentali forme attraverso le quali i cristiani esprimono e testimoniano concretamente e storicamente nella Chiesa e nella so-cietà, l’originalità della “buona notizia” dell’amore di Dio, che in Cristo salva gli uomini.

73. Acquisire una spiritualità di comunione e di servizio La comunione ed il servizio sono richieste al discepolo da Gesù stesso: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato”: la Chiesa come comunione, tanto sottolineata dal Concilio Vaticano II e sempre da costruire e da perfezionare. “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me“65: la Chiesa che serve prima di tutti i poveri e che, ricca di carità, si lascia evangelizzare dai poveri. Non si tratta di astrusi ragionamenti, ma di Parola di Dio. Riguardo alla carità intracomunitaria, si legge in Paolo: “Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tin-tinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne , ma non avessi la carità, non sono nulla. E se distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova”66. Riguardo al servizio, la Chiesa, ispirandosi al Vangelo, da secoli ha elaborato ed inserito nella catechesi le opere di misericordia corporali e spirituali, una summa ed una traccia molto concreta e sempre attuale del sentire cristiano nei rapporti con il prossimo ispirati alla carità.

74. La scelta preferenziale dei poveri La scelta preferenziale dei poveri non significa che il Dio di Gesù sia un Dio classista: Dio vuole salvare tutti gli uomini e tutta la vita di Gesù rivela questa volontà di salvezza. Ma la vita di Gesù è rivelazione del volto del Padre. La scelta di Gesù che, “pur essendo di natura divina non considerò un tesoro geloso la sua u-guaglianza con Dio; ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo”67, è la scelta di ab-bassarsi al nostro livello, di lavare i piedi ai discepoli, di frequentare i peccatori, di accogliere gli esclusi: non è una scelta “ascetica”, ma è intimamente legata alla sua missione di rivelatore del Padre. E’ chiaro che la scelta degli “ultimi” nella Chiesa non può essere facoltativa o opzionale, bensì una dimensione essenziale del volto del discepolo, come di quella della Chiesa che Gesù ha vo-luto come rivelatrice nel mondo del vero volto di Dio. Quindi non un ambito od una particolarità delegata a qualche persona o a qualche organismo nella Chiesa, ma è la caratteristica di tutta la Chiesa, perché sia segno nel mondo dell’amore misericordioso di Dio.

75. Testimoniare la carità in questa società Insieme a tante cose positive, abbiamo ereditato dal recente passato un modo di vivere la fede individualistico e moralistico: veniamo, almeno a livello inconscio, da una visione di Chiesa di 65 Mt. 25,40 66 1 Cor 13,1-3 67 Fil. 2,6 ss

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tipo piramidale e clericale, dove al presbitero venivano affidate molte mansioni, in quanto ritenuto “unico specialista della religione”. Realisticamente non è dall’oggi al domani che potremo assimilare l’idea conciliare di Chiesa come “popolo di Dio in cammino di comunione”, e tradurre la fede in scelte di comunione e di servizio: ciò presuppone la scelta personale e consapevole di “seguire Cristo”. Viviamo in una società frammentata, in cui le relazioni interpersonali sono poco inclini alla gra-tuità, più spesso interessate e conflittuali, dove il dialogo generazionale e familiare risulta diffici-le, Proprio per questi motivi gli uomini e le donne del nostro tempo hanno urgente bisogno di risco-prire il vero volto di Dio, di sperimentare la sua tenerezza, di credere al suo amore che salva e riempie di senso l’esistenza.

76. Formazione e spiritualità per cambiare modo di pensare e di agire E’ necessaria la testimonianza dei cristiani alimentata da una perseverante formazione e da una profonda spiritualità. Occorre quindi che nei piani pastorali diocesani, nella pastorale ordinaria delle parrocchie, ed in ogni ambito (catechesi, liturgia, pastorale giovanile, familiare) si tenga sempre pre-sente la formazione alla spiritualità di comunione e di attenzione agli ultimi. Il camminare verso una maggior comunione nella Chiesa diocesana comporterà maggiore frater-nità nel presbiterio, la revisione del ruolo del parroco, una pastorale finalizzata alla crescita della dimensione comunitaria delle parrocchie, la valorizzazione del carisma dei laici, in modo parti-colare delle donne e delle persone consacrate, una maggior attenzione all’interno della Chiesa dei rapporti tra le persone. Siccome una spiritualità di comunione non si improvvisa, è necessario che si moltiplichino le i-niziative perché le nostre parrocchie e la diocesi diventino luoghi di formazione alla pre-ghiera, alla contemplazione, per camminare insieme verso una fede sempre più radicata nella Parola e incentrata su Cristo, sempre più coerente e capace di testimoniare la carità. Questa dimensione, che ci induce a partire da Dio e a mettere al centro Cristo e la Parola, porterà ad un cambiamento di mentalità e di strutture.

77. Favorire la fraternità tra i presbiteri Per favorire la fraternità nel presbiterio si tenti con serie convinzioni e motivazioni di far na-scere comunità di sacerdoti che, vivendo insieme, siano segno di fraternità e di comunione. Le forme concrete potranno essere abbastanza elastiche, secondo le circostanze. Non si de-vono escludere forme di vita comunitaria di sacerdoti e di laici: forme aperte all’accoglienza e con una forte carica di testimonianza di povertà e di carità.

78. Per una pastorale comunitaria nelle parrocchie La pastorale ordinaria delle parrocchie si apra ad una dimensione comunitaria, favorendo canali di comunicazione al loro interno. Gli stessi organismi, già da tempo costituiti e consolidati, come i Consigli pastorali ed economi-ci, e tutti gli altri gruppi di persone impegnate nei vari compiti in cui si articola la vita di una comunità cristiana, devono diventare luoghi di comunione e di discernimento comunitario, in or-dine alle attività pastorali, senza chiusure in “parrocchie parallele” o in chiesuole. Le parrocchie promuovano piccole comunità, come luoghi di comunicazione di fede, di catechesi biblica, di preghiera e di servizi caritativi, tali da fare della parrocchia una “comunione di comu-nità”.

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In questo contesto il ruolo del parroco nella comunità va ripensato: egli non potrà più decidere da solo o pretendere di avere il monopolio di ogni iniziativa religiosa nell’ambito della sua parroc-chia. Dovrà comunque essere uno “specialista di comunione“ impedendo che i vari gruppi si isterili-scano e si isolino, dovrà mediare fra diverse sensibilità, visioni e accentuazioni, perché ogni for-za converga verso una testimonianza comunitaria a favore dell’insieme di tutto il popolo di Dio.

79. I Consacrati e le Consacrate nella pastorale Questo Sinodo intende stimolare un profondo ripensamento sul ruolo e sul significato della vita religiosa e consacrata. Ogni Congregazione e Comunità religiosa, si interroghi sul carisma del Fondatore, in modo particolare quando è chiaramente in gioco la scelta preferenziale di servizio agli ultimi, e riscopra energie nuove e nuove forme di servizio e di testimonianza.

80. Evangelizzare i poveri lasciandoci evangelizzare dai poveri. Richiamiamo alla mente il Giubileo del 2000, per essere attenti e preparati per quanto lo Spirito vorrà anche dalla nostra Chiesa in questa circostanza: “E’ necessario che i poveri siano soggetto e parte attiva nella Chiesa e non oggetto al quale si destinano aiuti. Ciò sarà possibile se comin-ceremo a vedere i poveri non solo o prevalentemente come fonte di problemi, ma come risorsa per ricuperare valori autentici e per liberarci da sovrastrutture, convenzioni o bisogni indotti”.68 La nostra diocesi, stimolata dalla riflessione sinodale, ponga in atto segni coraggiosi circa la scelta preferenziale dei poveri. Le parrocchie e la diocesi mettano a disposizione i beni di cui dispongono per concrete realizzazioni di accoglienza e di servizio agli ultimi : realizzazioni di limitate dimensioni, facilmente gestibili e capillarmente diffuse sul territorio, come “ca-se-famiglia, accoglienza alle ragazze e a donne in difficoltà, inserimento graduale e accom-pagnamento di ex-carcerati, malati mentali, ex-tossicodipendenti . Si usino per questi “mini-progetti” le canoniche vuote od altri locali inutilizzati, aiutando con pazienza le comunità parrocchiali a maturare queste scelte, superando visioni ristrette ed egoistiche. Queste realizzazioni abbiano il più possibile un “accompagnamento comunitario”, cioè sia-no espressione e testimonianza della carità della diocesi e delle parrocchie e coinvolgano ogni forma di volontariato. Dovrebbe essere normale che in ogni nostra comunità parrocchiale, insieme al “segno” della pre-senza eucaristica, ci fosse anche qualche segno di presenza visibile nell’accoglienza e nel servi-zio ai poveri. Siamo al riguardo in perfetta sintonia con la Chiesa universale che, nel documento di preparazione al Giubileo, afferma: “Occorre realizzare strutture di accoglienza a livello dioce-sano e nelle parrocchie di dimensione significativa, che visualizzino la carità come la percezione della presenza di Dio nei poveri, così come sono visibili il luogo della presenza del Signore nell’Eucaristia e gli spazi dedicati all’attività catechistica e formativa” 69.

81. Non partiamo da zero. In questo settore, che riteniamo di importanza cruciale per il rinnovamento delle nostra Chiesa, non partiamo da zero. E’ doveroso sottolineare come in passato nelle nostre comunità parroc-chiali, molti pastori e laici sensibili ai problemi concreti della gente, siano stati sovente in prima linea nell’ideare e realizzare iniziative di cooperazione, di servizio ai poveri, di impegno nell’ambito sociale e politico. 68 Amore preferenziale per i poveri e Giubileo del 2000. E.D.B. 1998, pag 7 69 ibidem, pag. 13

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In questi ultimi anni, un ruolo prezioso e qualificato in tale settore, è stato ricoperto dalla Caritas diocesana, che continua a svolgere questo ruolo, in quanto ha per compito specifico, nel qua-dro della pastorale, di promuovere lo spirito di carità, animando e coordinando le iniziative caritative presenti nella Chiesa albese. Nella nostra diocesi vi sono già oggi significative testimonianze di carità e di servizio ai poveri, e di questo dobbiamo ringraziare il Signore. Va però tenuto presente realisticamente, che tante volte le iniziative e le realizzazioni sono frutto di carismi e di generosità individuali, più che di una mentalità caritativa di base delle nostre comunità.

82. Una carità di popolo: le Caritas parrocchiali Per favorire una mentalità che ci faccia camminare verso una “carità di popolo” e non di élites il Sinodo impegna tutte le parrocchie (nel caso di parrocchie piccole, più parrocchie insieme) a promuovere la Caritas parrocchiale. Essa non è da intendersi come un gruppetto di persone a cui si delega la carità come elemo-sina, ma come lievito, per far sì che cresca, in seno alla comunità parrocchiale, una mentali-tà di fraternità, di gratuità, di accoglienza ai fratelli che si trovano in qualunque tipo di ne-cessità: bambini, anziani, portatori di handicap e loro famigliari, famiglie in difficoltà, im-migrati, ex-tossicodipendenti, ex-carcerati, giovani disadattati, prostitute, ... Ai componenti di questi “gruppi Caritas “ si affidi lo studio tempestivo e perseverante dei bisogni emergenti, il rapporto con le istituzioni pubbliche, sempre in un quadro di impegno comunitario ecclesiale, e mai come navigatori solitari.

83. Coniugare giustizia e carità Tenendo presente le caratteristiche della nostra società, dove in un recente passato si sono svi-luppate forme di illegalità diffusa, dobbiamo ribadire con tutte le forze che non si potrà mai par-lare di carità, quando non viene rispettata la giustizia. Di conseguenza i cristiani, là dove sono implicati , come singoli o come responsabili di istitu-zioni, nella conduzione di case di riposo, di cooperative o di altre strutture, nei rapporti di lavoro con i dipendenti, nei rapporti con le legislazione e le istituzioni civili, rispettino i cri-teri di giustizia e di legalità. Ogni forma di carità, anche la più meritevole, fatta però senza rispetto della giustizia, è inficiata in radice e non può non portare a biasimevoli forme di controtestimonianza.

84. Amministrazione e bilanci E’ oggi più che mai necessario limpidezza e carica profetica nel nostro modo di rapportarci alle persone ed alle cose: la carità autentica è fatta di attenzioni concrete, di scelte operate con criteri evangelici e non mondani, di vigile attenzione alle parole di Gesù: “non potete servire a due pa-droni”. I bilanci delle parrocchie e di tutti gli organismi diocesani siano sempre trasparenti. I sa-cerdoti usino il massimo di correttezza e di chiarezza nell’amministrazione dei beni loro af-fidati, condividendo questo servizio con i laici. I criteri di gestione di tutti gli enti della Chiesa siano sempre improntati a migliorare il servizio alle persone e mai al profitto parti-colare di singoli o di gruppi. Nell’amministrazione dei beni della Chiesa va privilegiato il servizio alla persone e naturalmente agli ultimi, prima dei criteri aziendalistici. Si destini una congrua percentuale dei bilanci di tutti gli enti, per sostenere forme comunitarie di ac-coglienza e di servizio per i più poveri.

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85. Famiglie aperte Il cambiamento di mentalità nell’atteggiamento verso i poveri passa necessariamente attraverso la famiglia. E’ urgente quindi ”favorire il più possibile nella spiritualità, nella mentalità e nella prassi delle nostre famiglie l’esigenza di condividere il potenziale affettivo di cui di-spongono, con coloro che hanno estremamente bisogno di affetto. Sono quindi da sostenere e da valorizzare le forme di affidamento, di accoglienza familiare e di adozione.

86. Immigrazione ed accoglienza L’immigrazione di persone provenienti dai Paesi dell’Est e dall’Africa caratterizza questi ultimi anni e più ancora lo sarà nel futuro. Anche nella nostra diocesi questo fenomeno è presente e comporta problemi di accoglienza e di integrazione non sempre facili da risolvere. Al riguardo non dobbiamo mai dimenticare le parole della Bibbia: “Amate il forestiero, perché anche voi fo-ste forestieri”70. La nostra Chiesa diocesana condivide le preoccupazioni della Chiesa italia-na per quanto riguarda l’accoglienza degli extracomunitari e delle persone provenienti da altre realtà geografiche, etniche, culturali, religiose e, in sintonia con il magistero del Papa, promuove un’attenta opera di ascolto, di promozione umana e di evangelizzazione per que-sti fratelli. L’ufficio “Migrantes” ha esplicito mandato di operare perché queste persone possano trovare concrete possibilità di integrazione e di inserimento nel mondo civile ed ec-clesiale.

87. I nuovi poveri Constatiamo come sacche di povertà si allarghino sempre più anche nella nostra società dove il profitto individuale assurge sovente a bene idolatrato cui tutto va sottomesso: nascono nuove po-vertà e non sempre le comunità cristiane sono attente ai “nuovi poveri”. Nel pieno rispetto delle reciproche competenze, senza avvallare nessuna forma di assenza delle strutture pubbliche, il servizio ai poveri delle nostre comunità privilegerà i più emarginati e i più dimenticati, tendendo sempre, dove c’è un minimo di possibilità, al ricupero della persona, nel pieno rispetto della sua dignità, anche davanti a preoccupanti fenomeni quali l’accattonaggio. Più specificatamente per combattere forme di accattonaggio, diffuse anche sul nostro terri-torio, si favoriscano le cooperative di lavoro, a cui fare accedere le persone in difficoltà. Questo per liberarle da dipendenze dannose , e per offrire loro opportunità dignitose di in-serimento nella società.

88. Per una Chiesa che educa La Chiesa è luogo privilegiato di educazione per il credente e per le comunità ad accogliere i po-veri ed a camminare con loro, partendo dagli ultimi che ci rivelano il volto del Dio di Gesù che è Padre di tutti. Si cerchi pertanto in tutti i modi e con tutti i mezzi di educare i nostri cristiani, fin dai pri-mi anni di catechismo, ad uno stile di vita sobrio. Il Sinodo, unitamente al Giubileo, può of-frirci una preziosa occasione per convertirci ad uno stile di vita che riveli attenzione e pre-dilezione verso i poveri. Occorre dare dei segni concreti e tangibili di inversione di tenden-za, attraverso scelte alternative rispetto ai modi dominanti di pensare e di comportarsi, i-spirati all’egoismo e al consumismo. La Chiesa però non può limitarsi come “infermiera” a curare le “patologie” della società, acco-gliendone gli sconfitti, ma deve denunciare le cause che a monte originano povertà ed emargina-zione. La dottrina sociale della Chiesa, ispirata ai valori del vangelo, aiuta ad individuare i mec-canismi ingiusti, i “peccati strutturali” che producono, a livello mondiale e locale, miseria ed e- 70 Dt 10, 19

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sclusione per tante persone. La stessa dottrina sociale della Chiesa, dando per scontate le dovute mediazioni politiche, propone soluzioni ai problemi via via emergenti, anche per quanto riguarda la “fisiologia” della società. Il Sinodo tenendo presente che nei nostri ambienti prevale una vistosa disaffezione nei con-fronti dell’analisi sociale e dell’impegno politico e un preoccupante disinteresse per i pro-blemi a raggio mondiale della economia, della pace, dello sviluppo, invita all’attenzione ed alla sensibilità su queste realtà, inserendo nelle iniziative della pastorale ordinaria tempi e modi per educare il più possibile le persone ad aprirsi a questi interessi. In modo più specifico si sostengano tutte le iniziative atte a favorire la giustizia, la pace, lo sviluppo nei rapporti internazionali quali i gemellaggi per la cooperazione, le banche ed i fondi etici, il commercio equo-solidale, le organizzazioni pacifiste, l’obiezione di coscienza, il servizio civile delle ragazze, il servizio temporaneo nei paesi poveri, il sostegno ai missio-nari, le microrealizzazioni, le adozioni a distanza.

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6 LE PERSONE A SERVIZIO DEL VANGELO: MINISTRI E MINISTERI

89. Una Chiesa di chiamati e mandati Tutti i battezzati sono chiamati alla santità e sono missionari del Vangelo nell’unità della testi-monianza e nella diversità dei ruoli71. Il Concilio Vaticano II ha operato un profondo cambiamento di mentalità, riaffermando che il Battesimo conferisce ad ogni uomo la stessa dignità di fronte a Dio, per cui tutti partecipano, per dono e nella stessa misura, della grazia, dell’amore e della santità di Dio. “Come figli obbedienti, non conformatevi ai desideri di un tempo, quando eravate nell’ignoranza, ma ad immagine del Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta; poiché sta scritto: Voi siete santi, perché io sono santo” 72. La Chiesa pertanto è popolo di Dio in cui tutti i fedeli - laici, ministri ordinati, consacrati -, in virtù del Battesimo, hanno la stessa uguaglianza nella dignità e nell’agire.

90. La vocazione e la missione che ne consegue La vocazione non è qualcosa di riservato a pochi, ma una chiamata a seguire Gesù Cristo, che si realizza in strade diverse. “Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni ammi-nistratori di una multiforme grazia di Dio”73. A partire dalla propria risposta consapevole ogni battezzato è tenuto a sentirsi corresponsabile della risposta di ciascuno alla vocazione comune e personale. Riprendiamo il coraggio di fare la “proposta vocazionale”, torniamo ad essere attenti ad ogni persona che cammina al nostro fianco, per chiamarla alla sua realizzazione piena, al servizio dentro e fuori la Chiesa. Riscopriamo la vocazione del presbitero, del laico e del religioso, perchè tutti i fedeli sono invi-tati a tendere alla santità e alla perfezione del proprio stato. A tutti è affidata la missione di annunciare il Vangelo. La missione consiste nel trasformare pro-gressivamente il mondo per mezzo dell’amore, che viene da Dio attraverso la fede in Cristo. La diocesi albese è stata ed è tuttora terra di vocazioni presbiterali, religiose e missionarie in grande numero e di tutte le congregazioni. Lo stesso clero diocesano ha risposto con generosità all’invito della “Fidei donum” risuonato alla fine degli anni ‘50, ed anche numerosi laici sono statio disponibili a svolgere servizi temporanei “ad gentes”: sono pagine di generosità da rinver-dire continuamente. La missione è affidata alla Chiesa. La sua attuazione dipende anzitutto dall’unione di amore che esisterà tra i cristiani, riflesso della comunione divina. Comunione ecclesiale e missione sono dunque strettamente unite.

71 cfr LG 40 72 1 Pt 1,14-16 73 1 Pt 4,10

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La Chiesa intera, come l’ha pensata e voluta Gesù, è per sua natura missionaria, e al suo interno ci sono diversi modi di esercitare la missione. Infatti, la missione di predicare autorevolmente la fede nel mondo è affidata ai ministri ordinati, mentre i fedeli laici hanno la missione di testimo-niare la fede e di permeare di fede, di speranza e di carità le relazioni umane e tutte le realtà del mondo 74.

91. Vocazioni e ministeri Occorre però che ci interpelliamo sulla risposta alla vocazione cristiana propria di ogni battezza-to. Senza questo presupposto diventa difficile rispondere alle vocazioni specifiche, perché manca la decisione concreta di un cammino di vita cristiana. Talvolta si tende a privilegiare nel proprio itinerario solo la prospettiva dei tempi brevi, cioè la spontaneità, la sincerità del momento, l’emotività. La storia della prima Chiesa testimonia l’efficacia di una vita cristiana che ha espresso dei marti-ri e dei cristiani nel ministero come frutto della continua cura e verifica della fede nella vita. Se Cristo, con libera e sovrana scelta, ha affidato solo agli uomini il compito di essere icona del suo volto di pastore e di sposo della Chiesa attraverso l’esercizio del sacerdozio ministeriale, ciò nulla toglie al ruolo delle donne, come del resto a quello degli altri membri della Chiesa non in-vestiti del sacro ministero, essendo tutti egualmente dotati della dignità propria del “sacerdozio comune” radicato nel Battesimo. Tali distinzioni di ruolo, infatti, non vanno interpretate alla luce dei canoni di funzionalità propri delle società umane, ma con i criteri specifici dell’economia sacramentale, ossia di quell’economia di segni liberamente scelti da Dio per rendersi presente in mezzo agli uomini. 75. Si orienti l’attenzione sul senso della vita cristiana come dono di sè a Dio per amore. Si valoriz-zino tutte le iniziative di pastorale vocazionale. Il Vescovo, i presbiteri e i diaconi lavorino per scoprire e sostenere i germi di vocazione con la predicazione, il discernimento e un saggio accompagnamento spirituale. Vengano valorizzati gli itinerari di ricerca vocazionale per una più attenta cura della vita cristiana. Si richiami, negli incontri parrocchiali, nelle riflessioni e in altre assemblee il va-lore della testimonianza in ordine al Regno, sbocco della vita di ogni chiamato. Il senso di ogni vocazione trova infatti il suo incoraggiamento e la sua motivazione nella vita piena. Vengano sostenute le “giornate mensili” e altre iniziative di preghiera per le vocazioni. O-gni comunità si faccia carico del problema della carenza di sacerdoti con una preghiera co-stante al Padrone della messe. I Consigli Pastorale e Presbiteriale si confrontino sui Ministeri per far emergere risposte concrete agli obiettivi che Cristo ha affidato alla sua Chiesa, valorizzando i carismi di don-ne e uomini, laici e consacrati a servizio della Chiesa che è in Alba. La diocesi di Alba evidenzia come il grande ruolo che le donne, laiche e consacrate, svolgono nella comunità familiare, ecclesiale e sociale non sia ancora riconosciuto e valorizzato nella sua pienezza. “Occorre perciò che si rifletta con particolare attenzione sul tema del genio della donna non solo per riconoscervi i tratti di un preciso disegno di Dio, che va accolto e onorato, ma anche per fare ad esso più spazio nell’insieme della vita sociale nonché di quella ecclesiale.” 76 La diocesi di Alba in sede locale e in collegamento con le altre diocesi del Cuneese promuo-va un gruppo di lavoro per definire un progetto che porti alla realizzazione di quanto au-spicato dal Papa.

74 cfr Sinodo dei Vescovi:Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo Instrumentum laboris n.18 - 1987 75 cfr Giovanni Paolo II, Lettera alle donne, 11 76 cfr Giovanni Paolo II, Lettera alle donne, 10

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92. I fedeli laici Alla missione dei laici, dei quali è proprio cercare il Regno di Dio, trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio, 77 è fondamento adeguato la consacrazione battesimale e cresimale, comune a tutti i membri del popolo di Dio. La consapevolezza di una pari dignità battesimale e vocazionale tra cristiani laici e ordinati im-pone una profonda revisione della figura del laicato. Ai cristiani laici infatti va riconosciuto un ruolo non semplicemente subordinato a quello dei sa-cerdoti, ma specifico all’interno della Chiesa. Ciò non si fonda affatto sul temporaneo stato di necessità determinato dalla carenza di vocazioni sacerdotali, ma nasce dall’esigenza che ogni vo-cazione possa trovare piena realizzazione all’interno della comunità ecclesiale, nell’ ottica della complementarietà e della corresponsabilità. Il cristiano laico riscopra allora la sua vocazione laicale. Non venga visto come una vocazione mancata, non venga valorizzato come il sostituto del prete, anche perchè non lo può sostituire nei suoi compiti fondamentali, ma si realizzi in uno dei vari modi di vivere nella Chiesa e nella società. La vocazione dei cristiani laici, infatti, non si riduce all’eventuale chiamata ad un ministero ec-clesiale in senso stretto, ma deve avere una grande prospettiva, un taglio missionario. Si promuova la conoscenza della spiritualità laicale presentata dal Concilio. Si dia significato, qualità e vigore alla direzione spirituale, che sia per tutti e non per un’élite. Venga rispettato il carisma specifico dei laici, che è quello dell’impegno e della testimo-nianza nelle realtà del mondo. La pastorale dia grande importanza a realtà quali la famiglia e i piccoli gruppi dove, la re-lazione interpersonale è possibile. Le strutture esistenti, quali il Seminario, le case di Altavilla, Sampeyre e Valdieri, favori-scano realmente lo sviluppo di relazioni interpersonali in uno stile di scambio che sia tipi-camente evangelico, con la possibilità di arricchirsi reciprocamente tra sacerdoti, laici e seminaristi, evitando chiusure pregiudiziali. L’Azione Cattolica non si stanchi mai di proporre in ogni comunità una crescita spirituale forte mediante la Parola. Venga promossa la formazione nelle comunità parrocchiali, non per pochi, ma in modo se-rio sempre per tutti, al fine di suscitare una vera corresponsabilità diffusa. La figura dell’operatore pastorale non riguardi uno per parrocchia, ma un gruppo motiva-to e formato, che sappia assumersi le proprie responsabilità nella Chiesa e nel mondo.

93. Vocazione dei laici ai ministeri istituiti e di fatto Oggi la Chiesa intende per ministero non ordinato, un servizio prestato da un fedele alla comuni-tà, non al ministro ordinato. Servizio connotato da cinque caratteristiche: originato dalla grazia dello Spirito (vocazione interiore); finalizzato ad un servizio prettamente ecclesiale; stabile per un certo tempo, non un impegno troppo precario; riconosciuto dalla Chiesa stessa (questo rico-noscimento può essere ufficiale); istituito con rito liturgico (Lettorato) oppure di fatto (catechista …). La comunità diocesana e quelle parrocchiali riconoscano, promuovano le vocazioni dei laici ai ministeri istituiti del lettorato e dell’accolitato, al ministero straordinario della santa co-munione e ai ministeri di fatto (catechista, educatore, animatore liturgico, operatore pasto-rale e volontario della carità) e ne favoriscano la preparazione teologica, spirituale e cultu-rale. 77 cfr LG 31

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94. Le aggregazioni laicali Le associazioni e i movimenti riconosciuti che rispondono ai criteri di ecclesialità, svolgono una funzione molto importante nell’opera di rinnovamento della Chiesa. Il diritto alla libertà associativa dei fedeli, nella dovuta relazione con l’autorità ecclesiastica, è radicato nel Battesimo; inoltre l’apostolato associato corrisponde felicemente alle esigenze uma-ne e cristiane dei fedeli e al tempo stesso si presenta come segno della comunione e dell’unità della Chiesa in Cristo. E’ stata richiamata più volte l’importante funzione svolta dall’Azione Cattolica, soprattutto per la formazione di un laicato maturo al servizio della Chiesa e nella vita di tutti i giorni. Questo do-vrebbe essere di stimolo all’AC stessa, presente in gran parte delle parrocchie della diocesi, per riscoprire, a livello parrocchiale e diocesano, questa sua importante peculiarità: la formazione dei laici. Si promuovano quelle associazioni che portano avanti una spiritualità attenta e rivolta alla quotidianità, all’impegno sociale e civile e stimolano a vivere la propria fede all’interno del-la comunità locale. Le comunità parrocchiali, sotto la guida e con il discernimento del parroco: accolgano le aggregazioni laicali e ne garantiscano la presenza negli organismi di partecipazione, ne so-stengano la formazione permanente e la crescita spirituale, le aiutino a verificarsi e ad at-tuare fedelmente i criteri di ecclesialità, promuovano tra esse e l’intero popolo di Dio una costante intesa e collaborazione. Nel contesto della promozione delle diverse aggregazioni laicali l’Azione Cattolica sia par-ticolarmente sostenuta dai parroci e dagli operatori pastorali, a motivo della sua singolare ministerialità laicale, specificamente rivolta alla collaborazione con i pastori.

95. I consacrati e le consacrate “La vita consacrata è una dimensione costitutiva della Chiesa. Appartiene alla sua stessa vita, al-la sua santità, alla sua missione.” 78 Al di là quindi dei servizi che offre, essa ha un valore peculiare in sè, perchè esprime il radicali-smo evangelico del dono di sé, per amore del Signore Gesù. Infatti il carisma di fondazione degli Istituti si specifica, a livello pastorale, nell’assunzione di servizi e di compiti, che non possono essere visti come pura espressione di supplenza. 79 In diocesi sono presenti monache integralmente dedite alla contemplazione, persone consacrate negli istituti di vita apostolica e negli istituti secolari. Siano valorizzate come un dono per la no-stra Chiesa, da scoprire e aiutare a maturare. I fedeli preghino costantemente per le persone consacrate, perchè il loro fervore e la loro capaci-tà di amare aumentino continuamente. La Chiesa che è in Alba si impegni a comprendere ed approfondire la teologia della vita consacrata. Venga avviato un itinerario di conoscenza e di studio della vita religiosa durante la prepa-razione al sacerdozio, in Seminario. Venga celebrata, il 2 febbraio, la Giornata della vita consacrata come momento di preghie-ra, di ringraziamento e di riflessione per tutto il popolo di Dio e non solo per i consacrati e le consacrate. Sia favorita una ecclesialità delle strutture di servizio delle congregazioni religiose, con un coinvolgimento più forte della Chiesa locale, per permettere una migliore valorizzazione

78 cfr LG 44 79 cfr VC 48

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delle strutture stesse ai fini pastorali, anche qualora le congregazioni non le potessero più sostenere. Vengano valorizzate le due comunità di vita contemplativa delle Monache Domenicane e Sacramentine, accogliendo la loro testimonianza come provocazione a modificare il senso dell’esistenza, come stimolo all’essenzialità della vita, come incessante richiamo alla neces-sità della preghiera per la Chiesa e per il mondo. Le persone consacrate negli Istituti di vita apostolica si sentano impegnate ad essere un for-te richiamo a Dio e ai valori trascendenti, a fare della santità la prima forma di partecipa-zione all’evangelizzazione, a stimolare l’impegno missionario della Chiesa locale, a intensi-ficare la sollecitudine per i giovani, l’amore preferenziale per i poveri, a coinvolgere i laici, con cui già collaborano, alla ricerca di nuovi metodi e nuove espressioni di evangelizzazio-ne.

96. I ministeri ordinati L’origine sacramentale dei ministeri è duplice: dal Battesimo e dalla Cresima per tutti (il sacer-dozio comune80), dall’Ordine per il ministro ordinato (Vescovo, presbitero e diacono). Di qui deriva l’assoluta, indispensabile presenza ed opera del ministero ordinato per garantire l’apostolicità della Chiesa e la vita della Chiesa stessa. Solo chi è stato ordinato rappresenta ed agisce nella persona di Cristo capo e della Chiesa come tale in tutto.

97. Il Vescovo In virtù del Sacramento dell’Ordine il Vescovo presiede la diocesi, la inserisce nella successione apostolica, la governa come pastore e coordina il lavoro pastorale di tutte le comunità che la compongono, in comunione con le altre Chiese e i loro Vescovi, in primo luogo con il Papa. “I Vescovi devono svolgere il loro ufficio apostolico come testimoni di Cristo al cospetto di tutti gli uomini, interessandosi non solo di coloro che già seguono il Principe di Pastori, ma dedican-dosi anche con tutta l’anima a coloro che in qualsiasi maniera si sono allontanati dalla via della verità oppure ignorano ancora il Vangelo di Cristo”. 81 Occorre far maturare un modo diverso di vedere il servizio del Vescovo, sia da parte dei fedeli che a volte tendono ad assimilarlo alle autorità civili, sia da parte dei presbiteri che a volte ten-dono a considerarlo più come ispettore che padre; così si favorirà una comunicazione diretta e personale tra Vescovo, clero e fedeli. Nella diocesi Vescovo, sacerdoti, diaconi, consacrati e consacrate, laici si sentano “un cuor solo ed un’anima sola” 82, chiamati a vivere la diocesanità in piena sintonia ed obbedienza a Cristo Signore. I momenti di vita diocesana, incontri di pastorale, celebrazioni, formazione permanente, sono occasioni per una vera vita di famiglia ed abbisognano perciò della partecipazione convinta di tutti.

98. I Presbiteri “Poiché tutti i sacerdoti, sia diocesani che religiosi, in unione col Vescovo partecipano all’unico Sacerdozio di Cristo e lo esercitano, essi devono essere considerati provvidenziali cooperatori

80 cfr LG 10-11 81 cfr CD 11 82 cfr At. 4,32

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dell’Ordine episcopale. Essi costituiscono un solo presbiterio ed una sola famiglia, di cui il Ve-scovo è come Padre” 83 “In questa prospettiva occorre considerare come valore spirituale del presbitero la sua apparte-nenza e la sua dedicazione alla Chiesa particolare: l’incardinazione non si esaurisce in un vincolo puramente giuridico… ma è un elemento qualificante per vivere la spiritualità cristiana” 84 Il presbitero è abilitato a prendersi carico dell’annuncio competente del Vangelo, della presiden-za dell’Eucaristia, della guida della Comunità, quale “educatore nella fede” dei fratelli. 85 Quindi la sua figura si caratterizza per la disponibilità ad impegnarsi nella custodia del Vangelo, nella cura della comunità ecclesiale, come ci si prende cura del bene più prezioso, in una dedi-zione incondizionata per le persone come quella che Dio ha manifestato in Cristo. Occorre tornare all’autenticità del ministero ricentrando la sua vita sulla preghiera, sull’annuncio della Parola, sulla celebrazione della fede, sulla guida spirituale della comunità e sull’accompagnamento personale dei singoli credenti. In questo quadro di riferimento deve spo-gliarsi della preoccupazione eccessiva per i risultati e di tutte quelle occupazioni materiali che possono essere affidate alla responsabilità della comunità, senza che ciò sia riduttivo per il suo ministero di presidenza. Sia presa in seria considerazione dai presbiteri la formazione permanente con dei respon-sabili diocesani nei vari settori il cui compito sia di interessarsi e interessare, proporre, programmare, verificare, confrontare. Vengano promosse, favorite, incentivate forme concrete di fraternità sacerdotali; fraternità a servizio di settori pastorali, interparrocchiali, piccole comunità a servizio e guida di più parrocchie che vivono nello stesso centro di residenza. Venga riconosciuto tra i ruoli primari del presbitero l’accompagnamento spirituale sulla strada della ricerca, dell’approccio alla conoscenza del mistero della salvezza e sulla via di un cristianesimo vissuto nella quotidianità. Ogni prete senta come esigenza insopprimibile della carità pastorale la preoccupazione di suscitare almeno una vocazione sacerdotale che possa continuare il ministero. La diocesi si attivi affinché tutti i sacerdoti, parroci compresi, possano lasciare almeno per qualche giorno all’anno il proprio servizio per l’indispensabile riposo del corpo e la ricari-ca spirituale. Vengano presi in seria considerazione gli esercizi spirituali annuali.

99. Il Seminario Il Seminario venga considerato da tutti ed a tutti i livelli come il cuore vocazionale della diocesi. L’annuale giornata del Seminario sia celebrata con la dovuta importanza. Sia potenziata, dove già esiste, e sia rilanciata dove non è più conosciuta, l’Opera Diocesana del Buon Pastore, a favore del Seminario e delle Vocazioni Sacerdotali, e ne siano sostenute le delegate. Vengano promosse iniziative di rinnovamento del Seminario, secondo le indicazioni del co-ordinamento regionale e nazionale dei responsabili del Seminario. Il Seminario trovi le persone e il modo per avere il suo ruolo di centro e di punto di riferi-mento e di nutrimento per la vita spirituale, intellettuale e pastorale del presbitero.

83 cfr CD 28 84 cfr PDV 31 85 cfr PO 6

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100. I Diaconi permanenti Come indicano i recenti documenti sul tema, candidati al diaconato sono uomini laici non sposati che abbiano compiuto i 25 anni di età e rimangono celibi, o sposati che abbiano superato i 35 an-ni. Il diacono partecipa dei tre compiti dell’Ordine: * la Parola: annuncia il Vangelo, pronuncia l’omelia, segue la catechesi, opera per la nuova e-vangelizzazione; * la Liturgia: amministra il Battesimo, distribuisce l’Eucaristia, benedice il Matrimonio, si occu-pa della cura pastorale degli infermi, presiede il rito funebre della sepoltura; * la Carità: si dedica all’animazione delle opere di carità e di assistenza e all’animazione di co-munità. E’ questo il segno più tipico del diacono: segno di una Chiesa serva e povera; Nella nostra diocesi non ci sono diaconi permanenti diversamente dalla maggioranza delle dioce-si italiane. Questa figura però non può emergere ora solo da uno stato di necessità; va considerata come una vera e propria vocazione. Sia presa in seria considerazione la vocazione al diaconato permanente; questo ministero venga portato a conoscenza di tutti, e gli venga offerta la reale possibilità di maturazione in diocesi, tenendo presenti gli orientamenti dei recenti documenti “Norme fondamentali per la formazione dei diaconi permanenti” e “Direttorio per il Ministero e la vita dei diaconi perma-nenti” preparati dalle Congregazioni per l’Educazione cattolica e per il clero. Le iniziative di formazione, legate allo STI o nate appositamente in diocesi, garantiscano la concreta possibilità di frequenza da parte dei fedeli laici, attraverso la scelta di orari e si-tuazioni che non vengano a creare discriminazioni in base alla realtà lavorativa, professio-nale e familiare. In questo percorso si unisca alla formazione teologica, solida ed esigente, una particolare attenzione alla spiritualità personale, al legame fede-vita, alla pastorale parrocchiale. Si crei un collegamento con le diocesi di più lunga esperienza in questo campo, attraverso il quale i candidati possano rendersi conto delle possibilità e anche delle difficoltà, sul piano personale e pastorale, relative ai ministeri e al diaconato.

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7- IL VANGELO DELLA FAMIGLIA

101. La famiglia, via della Chiesa. “L'uomo è la via della Chiesa”86: questa solenne dichiarazione di Giovanni Paolo II, all'inizio del suo pontificato è stata ripresa e specificata nella sua Lettera alle famiglie, dove si afferma che con questa espressione si indicano le molteplici strade lungo le quali cammina l'uomo e “tra que-ste numerose strade la famiglia è la prima e la più importante”87. La centralità della famiglia nel progetto di Dio e nell'azione pastorale della Chiesa era già stata chiaramente affermata dal Concilio Vaticano II, con la celebre definizione della famiglia come la "prima e vitale cellula dell'umanità” e della famiglia cristiana come “Chiesa domestica” ed è sta-ta ribadita in tutti gli interventi del Magistero in materia. Secondo la Familiaris consortio, “il matrimonio e la famiglia costituiscono uno dei beni più pre-ziosi dell'umanità”. Ancora recentemente, Giovanni Paolo II, con riferimento alla situazione ita-liana, ha affermatoche la famiglia costituisce anche oggi la risorsa più preziosa e più importante di cui la Nazione italiana dispone. Nella famiglia e nei suoi valori la grandissima maggioranza degli italiani crede profondamente e questa fiducia è condivisa dalle giovani generazioni. È incalcolabile il contributo che le famiglie danno alla vita sociale, facendosi carico di gravi dif-ficoltà. E tuttavia la famiglia è ben poco aiutata per la debolezza e l'aleatorietà delle politiche familiari, che troppo spesso non la sostengono in modo adeguato. Promuovere, a tempi brevi, una nuova pastorale ed una nuova politica della famiglia dovrà esse-re dunque un impegno prioritario come cattolici e come cittadini. Quando le preoccupazioni economiche sono oggettivamente eccessive, quando il lavoro prende tutto, risulta molto problematico promuovere una qualità della vita rispettosa dei ritmi familiari, favorevole all'incontro e al dialogo di coppia, all'educazione attenta dei figli, alla cura degli anziani e, in generale, alla crescita delle persone.

102. Il sacramento del Matrimonio. La famiglia cristiana è costituita dalla libera decisione dei due sposi, sanzionata da un sacramen-to, ossia da un intervento di Dio. La grazia del sacramento però non si sostituisce alla natura e alla libertà: Dio rispetta fino in fon-do le scelte dell'uomo, anche quando vanno in direzione contraria al suo disegno di salvezza. In un contesto di crisi della famiglia, come quello che stiamo attraversando, occorrerà fare ogni sforzo perché gli sposi celebrino il sacramento con piena consapevolezza sia del dono che rice-vono sia degli impegni di vita che esso comporta. La preparazione deve investire tutto l'arco dell'età evolutiva; una particolare attenzione dovrà pe-rò essere posta alla preparazione immediata, quale culmine del processo educativo precedente e fonte di vita nuova e consapevole. La preparazione prematrimoniale in ogni sua articolazione costituisca uno dei capitoli più urgenti, importanti e delicati di tutta la pastorale familiare. Preparazione remota. 86 RH 14 87 Lettera alle famiglie, 2

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Una visione intelligente e cristiana della sessualità e dell'amore matura lungo tutto l'arco dell'età evolutiva. A livello parrocchiale e vicariale si dia spazio ad iniziative specifiche di formazione su questi temi, non solo occasionali ma con regolarità e continuità. Preparazione prossima * I corsi fidanzati “moralmente obbligatori” sono un dato positivo acquisito. Cammini di fede diversi domandano cammini di fede diversificati, avendo a mente chi chiede di più e chi è capace di meno88. * A chi sceglie il Matrimonio in chiesa è richiesto come condizione essenziale ed irrinuncia-bile un minimo di incontri per riflettere sul significato del sacramento. * Nel contempo si facciano proposte di “cammini catecumenali” per fidanzati e non, duran-te l'anno che precede la celebrazione. * Questo “accompagnamento” è possibile là dove esiste un gruppo di coppie (gruppo sposi) disponibili, preparate, spiritualmente vive. La celebrazione. * Ammettere o meno alla celebrazione religiosa del Matrimonio è una decisione lasciata ai pastori, coniugando insieme serietà, responsabilità ed apertura89. * La celebrazione del Matrimonio sia festosa, dignitosa ma non teatrale.

103. Cammini di fede di sposi e famiglie. Come la celebrazione del Matrimonio è solo l'inizio di un cammino, così anche la pastorale fami-liare non si ferma al “sì” del giorno delle nozze: la vita di fede e la grazia del sacramento devono accompagnare la coppia sempre. C'è in proposito una cultura nuova che deve crescere: la famiglia, da oggetto di pastorale, deve diventare soggetto di pastorale; i sacerdoti della famiglia, che sono gli sposi, devono diventare capaci di autoalimentare la propria crescita di fede e donarsi reciprocamente la grazia del matri-monio. Una crescita umana e di fede fino a questo livello appare realisticamente possibile solo là dove si percorrono itinerari di crescita della fede in piccoli gruppi, sotto la guida di pastori illu-minati, che non si sostituiscono ai laici, ma ne orientano e sorreggono il cammino. Un gruppo sposi non nasce soltanto per “stare bene insieme” ma per aiutarsi a crescere nelle fede ed a rendere testimonianza nella comunità: di qui l'esigenza di contenuti forti. Si promuovano gruppi sposi nelle comunità, con queste motivazioni fondamentali: * La famiglia deve diventare essa stessa soggetto di pastorale: i sacerdoti della famiglia so-no gli sposi impegnati ad alimentare la propria fede nella preghiera e nell'ascolto della Pa-rola. * Le famiglie - insieme - sono le protagoniste della pastorale familiare della comunità e per-ciò attente all'educazione dei giovani all'amore, attente alle giovani coppie ed alle coppie in difficoltà ed in crisi.

104. Le coppie in crisi. La Chiesa ribadisce con forza la propria posizione circa l'indissolubilità del Matrimonio e chiama gli sposi cristiani ad annunciare e testimoniare questa fede, mostrando che anche oggi è possibile vivere uniti per tutta la vita. L'indissolubilità non va intesa in senso puramente giuridico e negativo, come divieto di rescin-dere un'unione realizzata, ma come dono di grazia per un cammino di crescita nell'amore e nella

88cfr FC 68 89cfr Ibidem, 68.

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comunicazione all'interno della coppia e come impegno per costruire insieme qualcosa di grande e di bello nella società: solo così, umanamente, si giustifica lo stare insieme. La crisi della coppia è però un problema non più eludibile sul piano pastorale: non siamo più di fronte a poche eccezioni, ma sono purtroppo diffuse le separazioni, i divorzi, i matrimoni ci-vili, i divorziati risposati, i “separati in casa”: tutte situazioni difficili e problematiche. In casi particolari si suggerisca di sottoporre il proprio caso al Tribunale delle cause matri-moniali. Compito delle famiglie cristiane verso chi è in difficoltà è quello di non isolare le persone, ma offrire rispetto ed amicizia, far sentire loro l'appartenenza alla Chiesa, dare con la pro-pria vita la testimonianza della praticabilità del progetto cristiano sull'amore. Restano però aperti problemi esistenziali, che dovranno stimolare ulteriori ricerche sul piano pa-storale: come non lasciare sole queste persone? come far sentire loro che, pur senza la piena par-tecipazione alla Mensa eucaristica, sono parte integrante della comunità cristiana? come coin-volgerli nella vita concreta della comunità? come progettare e percorrere insieme cammini di preghiera e di crescita nella fede?

105. La famiglia e l'educazione. Nei momenti di crisi come quello che stiamo attraversando, sulla famiglia finiscono per scaricar-si compiti e incombenze crescenti: pensiamo all'assistenza degli anziani, al sostegno economico dei disoccupati, e soprattutto all'educazione delle giovani generazioni. Talora si ha l'impressione che la famiglia sia rimasta da sola a tentare di educare i giovani e a difendere un patrimonio di valori etici che altri cercano di distruggere. Che la famiglia faccia fatica a educare è sotto gli occhi di tutti. Compito urgente della Chiesa è indubbiamente accompagnare questo sforzo, non sostituendosi alla famiglia, ma offrendo e for-mando competenze specifiche. È fondamentale anche tornare a fare cultura, su questo punto, per ribadire alcuni principi-cardine della visione cristiana dell'educazione, della scuola e della società e per promuoverli sul piano politico. In particolare, occorre ribadire che: La famiglia è il soggetto primario dell'educazione umana e religiosa. I genitori si ritengano perciò i primi educatori ed i primi catechisti nella loro famiglia per-ché è indispensabile che l'educazione si leghi all'esperienza e alla testimonianza. Delegare l'educazione alla scuola o alla Chiesa è un grave rischio ed un sottrarsi alle pro-prie responsabilità.

106. Rispetto e amore per la vita. Un'altra frontiera di impegno che vede la famiglia schierata in prima linea, e non di rado da sola, è la testimonianza del valore della vita e del rispetto che si deve ad essa, in forza della sua sacra-lità. Tutte le comunità ed in esse particolarmente le famiglie, promuovano la cultura della vita in ogni suo aspetto: * l'apertura alla vita di fronte alla denatalità; * il rispetto della vita concepita di fronte all'aborto, piaga tutt'altro che superata; l'atten-zione e la cura degli ammalati, degli handicappati e degli anziani, per i quali la propria ca-sa è il luogo ideale di vita; * l’apertura alla solidarietà per i vicini e per i lontani, in particolare alle persone sole per qualunque ragione.

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8 IL VANGELO AI GIOVANI

107. Ricerca di dialogo e di comunicazione Ogni essere umano è profondamente segnato fin dalla nascita da una trama di rapporti: il lin-guaggio, il gesto, l'intelligenza e la volontà, il gusto delle cose e i bisogni. Tutto ci lega in rap-porti inevitabili, senza i quali la vita sarebbe impossibile. L'incontro vero avviene soltanto in alcune occasioni: quando due o più persone, consapevoli di loro stesse, si mettono in gioco e prendono coscienza della loro realtà e trovano risposte alle do-mande più profonde. Così è capitato per ognuno di noi nei confronti dei genitori, così a Zaccheo quando ha incontrato Gesù. All'interno di questo contesto di ricerca e di dialogo si pongono tutte le persone di qualunque età della comunità, particolarmente i giovani, che rappresentano l’energia e la speranza per il mondo e per la Chiesa, ma nello stesso tempo sono luogo particolare di tensioni e contrasti, di aspirazio-ni e delusioni.

108. I giovani tra contraddizioni e potenzialità I giovani sperimentano e vivono, con intensità tutta particolare, le contraddizioni e le potenzialità del nostro tempo, le inquietudini, le speranze e le incertezze. Non di rado essi si mostrano fragili ed incostanti, incapaci di dare senso al proprio vivere, pri-gionieri del "tutto e subito" e privi di riferimento. I giovani agiscono con criteri di scelta personali e danno un significato nuovo alla corporeità e alla sessualità, disincarnati da progetti di vita. Nonostante il diffuso disagio giovanile, a volte manifesto, a volte nascosto, essi esprimono anche oggi le attese dell'umanità. Portano in sé ideali capaci di farsi strada nella storia, quali il rispetto della libertà della persona, la ricerca di senso, la sete di autenticità, un nuovo stile di rapporti fra uomo e donna, il riconoscimento dei valori della pace e della solidarietà, la passione per un mondo più unito, l'apertura al dialogo con tutti, l'amore per la natura. Nella ricerca della propria identità i giovani si misurano e si confrontano sempre più con realtà differenti ed esterne a loro stessi. Sentono e vivono in prima persona l'esigenza di rapporti pro-fondi e personali con l'altro sesso, con la società della quale fanno parte e interpellano con inter-rogativi sempre più impegnativi la Comunità ecclesiale sul significato della vita e della fede.

109. Coeducazione: educare al maschile e al femminile I giovani intessono rapporti fra di loro, nella reciproca esperienza e complementarità dei due ses-si, delle loro relazioni sociali in ambito scolastico, associativo, sportivo, nei luoghi e centri di in-contro nel tempo libero, nella continua ricerca di senso. La complementarietà comporta lo scoprirsi diversi nelle modalità di approccio e di intendere la realtà, ma uniti nei valori in cui si crede e nel desiderio di viverli. La scelta di mettere in comune le differenti esperienze aiuta a riconoscere e valorizzare la diversità dell'altro e a comprendere la ricchezza delle relazioni. L'accoglienza reciproca comporta la capacità di implicarsi nella vita dell'altro, di rischiare di en-trare dentro il suo mondo e i suoi problemi per assumerli come parte di sé. Si afferma soprattutto

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il desiderio di amare, di spendersi; la ricerca di qualcuno cui dedicare il proprio tempo e la pro-pria vita. Allenarsi a questa capacità di assunzione e di condivisione della vita dell'altro è un lavoro che domanda solidità interiore. E' facile cadere nel pericolo di annullare l'altro, decidendo per lui, oppure strumentalizzare per propri interessi la debolezza dell'altro. L'amore è al centro della no-stra vita, è la vocazione fondamentale ad essere veramente noi stessi. Nella nostra realtà di umini e di donne ritroviamo i tratti del progetto di Dio, che ci chiama a rea-lizzarci. Ogni scelta di vita è risposta all'amore di Dio. In lui siamo pienamente capaci di amare e di lasciarci amare.

110. L'impegno della comunità dei credenti La Chiesa, come il Cristo Buon Pastore, si impegna a vari livelli ad essere presente per accom-pagnare e sostenere, offrire indicazioni e spiegazioni, fare con i giovani esperienze di vita nelle quali loro stessi possano riconoscersi.

111. La famiglia nel progetto di pastorale giovanile Un'efficace azione educativa delle nuove generazioni non può assolutamente prescindere dalla famiglia, la quale, in forza del sacramento del Matrimonio, vive in modo privilegiato e originale il suo compito di evangelizzazione al suo interno, in particolare nel rapporto genitori-figli.90 Ai genitori va continuamente richiamato il loro peculiare, primario e insostituibile ruolo educati-vo, da sostenere ed alimentare con opportune iniziative. La famiglia è il primo luogo di crescita e di educazione, prima maestra di fede. Occorre aiutare i genitori ad assumersi in prima persona le proprie responsabilità educative ed in-dividuare insieme a loro percorsi e proposte adeguate ai giovani.

112. La parrocchia Perché la parrocchia sia sempre più espressione della Chiesa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie è necessario, da un lato, sottolinearne l'indispensabile importanza - resta una delle strutture più efficaci per realizzare la comunione missionaria - e, dall'altro, non dimen-ticare però che ogni parrocchia non basta più, da sola, per rispondere alle sfide della nuova evan-gelizzazione. E' chiamata ad attivare le energie più varie per pensare, progettare, fare insieme in collaborazio-ne con le altre parrocchie. Di conseguenza dovrà stimolare i gruppi, e le presenze che ne com-pongono il tessuto vitale, a non rimanere soffocati in cammini elitari e chiusi al futuro; favorire rapporti intergenerazionali più intensi e stabili; dare vita a collaborazioni all'interno e fuori della stessa comunità valorizzando i carismi e le esperienze proprie delle associazioni e dei movimenti nella pastorale d'ambiente; incontrare i ragazzi, gli adolescenti e i giovani, là dove essi vivono, in modo da collocarsi "dentro" a questo momento di transizione epocale con la fede che opera nella carità e consapevoli della presenza dello Spirito Santo, che lavora più di noi e meglio di noi, sen-za perdersi d'animo, anche oggi, come al tempo di Gesù e degli Apostoli. La parrocchia è la comunità che deve accogliere, testimoniare la fede adulta e valorizzare le potenzialità dei giovani stessi. Si promuovano la vita associativa, in paricolare l'Azione Cattolica, l’esperienza del gruppo giovanile e altri cammini formativi, in cui i giovani siano protagonisti.

90 cfr Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia, 143

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113. L'unità pastorale La mobilità dei giovani, il loro incontrarsi anche al di fuori dei luoghi e degli spazi convenziona-li, la pastorale che sempre più pone delle esigenze di coordinamento e di condivisione, impongo-no una programmazione e una progettazione a livello di unità pastorale. L’unità pastorale è chiamata a coinvolgere le persone con le loro molteplici ricchezze, ap-partenenti a parrocchie diverse, per pensare e fare insieme. Si propone di dar vita o conso-lidare le già esistenti collaborazioni a livello di unità pastorali, integrando i carismi e le e-sperienze proprie delle associazioni e dei movimenti presenti.

114. La diocesi Da sempre la diocesi ha ritenuto suo impegno quello di offrire strumenti, luoghi, tempi e persone disponibili ed attente ai giovani, perché possano sperimentare la gioia e la bellezza di appartene-re alla Chiesa e di vivere all'interno di una comunità. La pluralità delle sensibilità e dell'acco-glienza dei doni dello Spirito Santo arricchisce la comunità e la rende aperta alle persone, alle novità ed alle sfide dei tempi. La Chiesa accoglie e valorizza i doni dello Spirito, che sono ricchezza per il popolo di Dio e per la società degli uomini, nel comune cammino di servizio all'interno della comunità ecclesiale, sotto la guida del Vescovo. La diocesi è garante dell’ecclesialità piena. Si continui a potenziare il coordinamento dioce-sano aperto a tutte le realtà giovanili ecclesiali, in cui si studia la situazione, si valorizza l’esistente a livello sociale e parrocchiale, si tiene conto dei cammini associativi, dei movi-menti, con le loro specifiche peculiarità, e si stimola la nascita di proposte nuove e diversifi-cate senza dimenticare i contatti con le scuole e i gruppi sportivi.

115. L'incontro con Cristo Il senso profondo delle esperienze vissute dai giovani viene a svelarsi soprattutto dall'incontro con la persona del Cristo, il Figlio di Dio, l'uomo-Dio. E’ indispensabile proporre con coraggio l’annuncio di Gesù Cristo, Figlio di Dio e uomo pienamente realizzato “nella sua esistenza concreta e nel suo messaggio, quale fu trasmesso dagli Apostoli e dalle prime comunità cristiane”91, e testimoniarlo nei vari ambienti e mo-menti di vita quotidiana. E’ necessario accogliere le domande e le attese dei giovani e orientarle alla scelta esplicita delle virtù teologali della fede, della speranza, della carità.

116. La vita come vocazione La vita cristiana è caratterizzata dal rapporto vivo di Dio che chiama e dell'uomo che risponde. L'educazione parte da questa realtà e sottolinea in questa direzione la vocazione: le età dell'ado-lescenza e della giovinezza sono costantemente connotate da scelte decisive per tutta la vita. In questo contesto è indispensabile maturare nei giovani l'importanza di un confronto personale con una guida, che possieda insieme l'amore e la forza dell'amico, ma sia al tempo stesso capace di aiutarli a capire ed accogliere il progetto di Dio. La direzione spirituale venga proposta come via prioritaria di accompagnamento spiritua-le. Il dialogo interpersonale con il sacerdote o altra persona adulta nella fede è volto a favorire la crescita integrale della personalità del giovane.

91 RdC 59

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117. Educazione come condivisione La comunità cristiana si farà carico dei giovani attraverso persone capaci e formate, che hanno già compiuto la loro scelta di fede, che sentono e vivono la passione educativa e sono inserite nella comunità ecclesiale. Questi educatori sono chiamati a camminare-con, a stare-con, a condi-videre-con, perché non si realizzi esclusivamente una mera assistenza, ma si faccia esperienza di comunità e di fede. Si dedichi particolare cura alla formazione degli educatori. Il cammino di crescita umana e cristiana dei giovani necessita di un clima contraddistinto da: Simpatia, come condivisione delle gioie, speranze, tristezze e angosce, che costituiscono la trama della loro vita quotidiana, perché “sono pure le gioie, le speranze, le tristezze e le an-gosce dei discepoli di Cristo”92. Dialogo, che favorisce l’incontro e lo scambio nel rispetto della personalità di ognuno; offre l’opportunità di vivere e testimoniare la fede, perché si colloca all’interno delle domande e attese degli adolescenti e dei giovani. Apertura, percepire le mentalità e le sollecitazioni culturali con cui i giovani si devono con-frontare.

118. Un'educazione esperienziale L'educazione non è soltanto un insieme di azioni o di fatti, ma un'esperienza di vita. Come gli apostoli hanno posto la domanda a Gesù - Maestro, dove abiti? -, così i giovani chiedono oggi non delle parole o delle verità, ma un'esperienza: Venite e vedete. Così Gesù risponde e propone. Allo stesso modo deve fare la comunità cristiana anche attraverso persone significative, che han-no, per prime, realizzato lo stile evangelico o che hanno dato senso e valore alla loro vita. Si abbia un'attenzione particolare alla catechesi esperienziale, secondo il metodo evangelico del “venite e vedrete. Si propongano esperienze di vita, che favoriscono l’incontro con Gesù, attraverso la cono-scenza e la condivisione di realtà e persone vivaci ed evangelicamente significative, e testi-monianze di altri cristiani, che hanno già vissuto quanto viene proposto loro.

119. Autoeducazione e reti educative L'impegno dei soggetti educativi, diocesi, parrocchie, genitori, educatori, non è l'unica energia posta in campo sul versante della pastorale giovanile. La ricchezza delle esperienze e dei doni presenti nei giovani, nonché la consapevolezza e la fiducia che in ciascuno agisce la Grazia, che è lo Spirito di Dio, porta necessariamente a prendere in seria considerazione e a ricercare la col-laborazione di tutte le agenzie educative che sul territorio operano per la "salute" e la salvezza dell'uomo. Non da ultimo occorre valorizzare e suscitare nei giovani l'assunzione di responsabilità in prima persona. Essi stessi sono gli attori della loro educazione e della loro vita. Ricollocarli come pro-tagonisti significa mettere in pratica le espressioni della fiducia evangelica di Gesù.

120. Una pastorale attenta Nelle realtà parrocchiali esistono differenti realtà di vita, di partecipazione e di coinvolgimento nella vita ecclesiale e sociale. Molti giovani non sono abitualmente coinvolti dalle varie proposte dei cammini di fede, o perché indifferenti o perché più problematici e in ricerca. Bisogna che la comunità cristiana si lasci interrogare anche da loro e aggiorni continuamente metodi e linguag-gi, così da comunicare la fede in termini comprensibili per la loro esperienza di vita.

92 GS 1

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La proposta di fede per i giovani va ripensata nel contesto di un nuovo linguaggio, per of-frire risposte alle esigenze di senso. Far maturare l’annuncio e la testimonianza cristiana attraverso una pastorale organizzata in cammini diversificati, sia nella metodologia, sia che nel contenuto. Avere un'attenzione per tutti, che significa incontrare ragazzi, adolescenti e giovani, là do-ve essi vivono, in modo da collocarsi "dentro" al loro mondo, consapevoli che lo Spirito Santo è già presente ed operante anche nel cuore di coloro che, apparentemente, sono "lon-tani". Si presti maggior attenzione alle situazioni di particolare disagio, con la preoccupazione di accogliere anche i giovani immigrati, appartenenti a culture, religioni e tradizioni diverse.

121. Giovani apostoli dei giovani All'interno della comunità si riconoscono ragazzi, adolescenti e giovani che hanno fatto scelte più consapevoli o che possono essere aiutati a farle e si rendono disponibili per un servizio con-tinuativo. Ad essi sia offerto, con una particolare attenzione personale, un vero e proprio percor-so formativo alla missionarietà e alla corresponsabilità. Responsabilizzare i giovani stessi a diventare missionari tra i loro coetanei.

122. Occasioni di pastorale Fra le tante indicazioni di iniziative interessanti ed utili per la pastorale giovanile, si cerchi di re-alizzare almeno le seguenti: - Si promuovano in tutte le Unità pastorali gruppi biblici per la conoscenza della Parola di Dio. - Si abbia cura costante di valorizzare l’Eucaristia domenicale, la celebrazione del sacra-mento della Riconciliazione e l'accompagnamento spirituale. - Si concretizzi la propria appartenenza alla Chiesa con impegni di servizio missionario e caritativo. - Si valorizzino le proposte vicariali e diocesane, quali i corsi di formazione, i ritiri, gli eser-cizi spirituali, la lectio divina e i campi scuola. - Si promuovano corsi di educazione all’amore, non solo per fidanzati, ma per tutte le fasce dell’età evolutiva. - Si favorisca l’esperienza del volontariato, dell’obiezione di coscienza, con conseguente servizio civile, e dell'impegno socio-politico. - Si proponga di esprimere, in forma solenne, davanti alla comunità, il rinnovo delle pro-messe battesimali, per i giovani che vivono momenti significativi della loro crescita, come, per esempio, la tappa della maggiore età.

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9 LA CHIESA ALBESE E LA SOCIETÀ

123. Testimoniare il Vangelo nella società: spazi e limiti “La Chiesa come tale non ha ricevuto da Cristo una missione di ordine politico, economico, so-ciale: il suo fine è di ordine religioso”93. Il compito della Chiesa, comunità visibile e strutturata di credenti, non si esaurisce nell'annuncia-re Cristo e nella celebrazione della fede, ma non è neppure quello di diventare una città nella cit-tà. Il cristiano accetta la distinzione tra le realtà terrene politiche, economiche, sociali e delle leggi loro proprie che le regolano, da quelle eterne e spirituali, ma non la separazione, perché tutto è finalizzato alla dignità della persona ed al suo destino eterno94.

124. La Chiesa cammina con la gente Offrendo l'insegnamento della dottrina sociale cristiana, che è parte integrante della legge mora-le, la Chiesa cammina con la gente, nel rispetto di tutti gli orientamenti ed in dialogo con tutti, ma per tutti testimonia il Vangelo della salvezza, dal quale discendono i valori di “libertà, ugua-glianza, fraternità” che, accolti, danno vita ad una società più giusta e solidale. Per questo la Chiesa ha un'alta stima per la genuina azione politica e l'addita come “forma esi-gente di carità”

125. Il dovere di una presenza qualificata nella società Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso e mette in pericolo la propria salvezza eterna”95. Di conseguenza “l'assenteismo, il rifugio nel privato, la delega in bianco non sono leciti a nessu-no, ma per i credenti sono un peccato di omissione”96. Però “97la presenza del cristiano nelle strutture pubbliche deve essere garanzia di competenza, di moralità, di chiarezza e di collaborazione. Alla luce dell'indagine socio-religiosa, gli Uffici pastorali diocesani in modo coordinato e si-stematico promuovano occasioni ed incontri formativi sui temi sociali per tutte le compo-nenti ecclesiali, in modo che il Magistero sociale della Chiesa abbia risonanza e riscontro nella società.

126. Una “spiritualità” per il cristiano impegnato E' scomparsa la società contadina modesta, povera, statica, ancorata a regole ed equilibri antichi e con essa una cultura che, a suo modo, aveva fatto sintesi tra spiritualità e vita. E' subentrata l'abbondanza dei beni, una crescita improvvisa di consumi e con essi modelli di comportamento che prescindono da valutazioni etico-morali, sia a livello personale che sociale.

93 GS 43 94 cfr GS 36; CCC 2820 95 GS 43 96 Ch. it. e paese 33 97 Ch.it. e paese 35

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Di conseguenza si sono aperte molte ferite nelle coscienze, nelle famiglie e nella società, met-tendo anche in crisi l'adesione alla Chiesa, che per sua natura è paladina di regole morali e di so-lidarietà. Si tratta di colmare il distacco segnalato dall'Indagine socio-religiosa tra la religiosità ridotta a riti e scadenze e la quotidianità della vita familiare, sociale ed economica. E' urgente la ricerca di una "spiritualità incarnata" per chi è impegnato nella vita politica, eco-nomica e sociale, non da “fuga dal mondo”, ma per un mondo riscattato dall'ingiustizia che, rea-lizzando la parabola dei talenti, produca e distribuisca beni e servizi a vantaggio di tutti gli uo-mini.

127. Anche la Chiesa albese è chiamata a leggere i “segni del nostro tempo” Segni di vita presenti in mezzo a noi e che aprono alla speranza, ma anche segni di morte che rendono ambigua la situazione spirituale, culturale, sociale e politica del nostro tempo. “Non solo la Chiesa-comunità ma ogni cristiano deve testimoniare la sua fede nella storia di tutti i giorni insieme con gli altri uomini mettendosi a servizio delle persone e della società, con il fi-ne di promuovere la solidarietà a tutti i livelli, familiare, sociale, politica”98. I Consigli pastorali diocesani e parrocchiali ed il Consiglio Presbiteriale, inseriscano in modo costante e metodico all'ordine del giorno temi ed argomenti attinenti la vita sociale.

128. La presenza dei cattolici in politica Con la fine del "partito cattolico", nonché di altri soggetti sociali "ideologicamente" forti, sono emersi nuovi problemi quali l'assenza di modelli, la carenza di elaborazione politica, la scarsa laicità, mentre permane ancora l'eredità della precedente esperienza, segnata dalla mentalità della delega, dall'appartenenza passiva e dalla spiccata ricerca del “potere”. Si fa acuto per i credenti restare idealmente uniti sui grandi valori, pur distinguendosi sui progetti socio-politici. La pressione di interessi settoriali e le relative divisioni rendono difficile costruire una politica di "bene comune". Occorre costruire un tessuto ed una mentalità dove abbiano un ruolo preponderante la laicità cri-stiana, il confronto dinamico con il Magistero sociale della Chiesa, la distinzione degli ambiti politico e religioso.

129. Dai principi alle esperienze concrete In questo quadro bisogna passare dalla declamazione dei principi a concrete esperienze, con l'o-biettivo di una presenza significativa dei credenti nella società politica. Al riguardo sono dannose: * la contrapposizione alternativa tra impegno politico e volontariato; * la lettura "partitica" tipica del passato delle indicazioni del Magistero; * la strumentale enfatizzazione del legittimo pluralismo politico per giustificare ogni scelta e ri-durre a questione privata l'esperienza di fede; * l'uso a fini politico-elettorali dei simboli, dei vocaboli e delle categorie religioso-ecclesiali. I Consigli diocesani pastorale e presbiteriale elaborino una riflessione sui collegamenti con quanti sono impegnati nella politica, nelle amministrazioni locali, nel sindacato e nelle or-ganizzazioni collegate per delineare concreti rapporti di distinzione e di sostegno. Una riflessione particolare riguardi le associazioni sindacali o professionali che prevedono la figura del Presbitero come “consulente”.

98 CdA 1085

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130. La stagione del dialogo I cambiamenti politici, economici e sociali intervenuti esigono nuovi rapporti della Chiesa con i vari soggetti presenti nella società. Non si tratta di ricercare spazi e collegamenti preferenziali o collateralistici, ma di attivare parti-colare attenzione alle persone impegnate a vari livelli nelle varie realtà. Il tutto va finalizzato alla conoscenza, alla stima, al confronto, allo stimolo, al discernimento ed alla comune crescita, superando il mero rapporto istituzionale e formale. Perciò le parrocchie, le associazioni ecclesiali e gli operatori pastorali evitino ogni forma di collateralismo come ogni indebito sconfinamento in forme di supplenza unilaterali e perso-nalistiche. Siano invece un punto di riferimento concreto di rispetto della legalità, di comu-nione e di dialogo. In particolare siano particolarmente vigilanti e determinati nell'evitare che le differenzia-zioni politiche od amministrative divengano motivi di spaccatura nella comunità, di confu-sione tra spirituale e temporale o di ogni strumentalizzazione.

131. L'attenzione ai problemi sociali e del lavoro La Chiesa locale non ha su questi problemi responsabilità dirette, ma fin dai tempi della Rerum novarum ha avuto un grande ruolo educativo nel proporre il Vangelo del lavoro e della socialità da riproporre anche oggi pur in un contesto diverso. In collaborazione con la Società San Paolo, editrice di Gazzetta d'Alba, venga ripensata sul settimanale, con opportune note, la lettura degli avvenimenti politico-sociali, così come i bollettini parrocchiali e la stessa predicazione abbiano come obiettivo la formazione di una "opinione pubblica cristiana". A tal fine venga data continuità alla collaborazione già in atto tra le diocesi del Cuneese sulle tematiche sociali attivando iniziative che coinvolgano istituzioni ecclesiali e scientifi-che nonché le associazioni laicali.

132. Associazioni laicali Nella nostra diocesi la situazione occupazionale, grazie alla laboriosità ed alla intraprendenza della nostra gente, è relativamente buona, ma è necessario che si formi ed emerga una opinione pubblica ecclesiale su questo ed altri problemi, ispirata alla dottrina sociale della Chiesa. Siano diffuse e valorizzate le associazioni ecclesiali di alta densità laicale cristiana, tipo l'ACI e le ACLI, per la promozione e la crescita nell'impegno nel temporale e nella società.

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10 IL VOLTO VISIBILE DELLA CHIESA: STRUTTURE ED ORGANI-SMI

133. Strutture ed organismi per la pastorale Le strutture e gli organismi per la pastorale rappresentano il volto visibile ed organizzato della Chiesa diocesana ed hanno per fine l'annuncio di Cristo, la celebrazione della fede e la testimo-nianza della carità in modo adeguato alle necessità del nostro tempo. Le pagine che seguono illustrano le strutture e gli organismi presenti nella diocesi ed i compiti ad essi affidati senza entrare nei dettagli che ne regolano il funzionamento, riservati, per decisione del Sinodo, ad apposita commissione post-sinodale con il compito di aggiornare i precedenti Sta-tuti del 1986. Queste pagine vanno lette e comprese alla luce delle indicazioni delle assemblee sinodali: sem-plificare il più possibile le strutture e gli organismi e dare il massimo rilievo nella trasmissione della fede alle persone, alla loro testimonianza, al dialogo vivavoce, ben più efficace degli stru-menti e degli organismi.

134. Sono presenti nella Chiesa albese: * Strutture istituzionali: la diocesi, il presbiterio, il Seminario, le parrocchie, le vicarie, le unità pastorali. * Strutture operative: la Curia ed i suoi uffici per la pastorale diocesana. * Strutture di partecipazione: Consigli presbiteriale, pastorali, economici, diocesani e locali. * Strutture associative: le consacrate ed i consacrati di varie denominazioni, le aggregazioni lai-cali. * Strutture di servizio: opere educative e caritative, beni artistici e culturali, beni economici, me-dia. * Strutture interdiocesane: Studio Teologico Interdiocesano (STI), Istituto Superiore Scienze Re-ligiose (ISSR).

135. Le strutture, strumenti utili e spazi di partecipazione Il Concilio Vaticano II ha profondamente innovato circa la partecipazione e la corresponsabilità dei fedeli laici nella vita delle comunità, aprendo spazi per un fecondo e disinteressato servizio, sia nella diocesi che nelle parrocchie. Le strutture e gli organismi per la pastorale prevedano statuti e regolamenti che favoriscono la partecipazione, il coinvolgimento e la corresponsabilità di molte persone, evitando che le varie mansioni diventino posti occupati in permanenza dagli stessi, singoli o gruppi. Il Sinodo invita a ricordare che sono strumenti provvisori nel loro nascere, nel loro vivere ed o-perare, nell' adeguarsi a mutate situazioni e nello stesso perdere la loro ragione di esistere quando non rispondono più al compito loro affidato. Ce lo ricorda la storia dei popoli e delle culture nelle quali si è incarnato il Vangelo in forme e modi i diversi. La stessa Chiesa terrena e pellegrina è destinata a perire col tempo, perchè tutto ha per fine il Regno di Dio.

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136. La centralità della diocesi: il Vescovo ed i Presbiteri "La diocesi è una porzione del popolo di Dio affidato alle cure pastorali del Vescovo, coadiuvato dal suo presbiterio, in modo che, aderendo al suo pastore e per mezzo del Vangelo e della SS. Eucaristia, unita nello Spirito Santo, costituisca una Chiesa particolare, nella quale è presente ed opera la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica ed apostolica"99. "Attorno al Vescovo, principio visibile di unità nella Chiesa particolare, si stringono i membri del Popolo di Dio con vincoli di fede, di amore e di obbedienza attiva e responsabile"100. Questa partecipazione si fonda su disposizioni canoniche e sul mandato di ciascuno a servizio della Chiesa, e promuove la corresponsabilità nella conduzione della diocesi e delle parrocchie. Per questo il Sinodo sottolinea con forza che riconoscere la centralità della diocesi fonte della comunione e della missione per tutte le comunità locali e per i singoli cristiani è un'esigenza vitale. Non sono ammissibili chiese parallele, battitori liberi o navigatori solitari.

137. Il Seminario Il Seminario diocesano di Alba svolge il suo servizio per la maturazione delle vocazioni pre-sbiterali dal 1567. Per i compiti che gli sono affidati, è riconosciuto come struttura fonda-mentale per la vita della diocesi e va sostenuto materialmente e moralmente dalla Chiesa albese.

138. Le parrocchie: strutture di base sul territorio Le parrocchie, distribuite sul territorio della diocesi, rappresentano l'articolazione fondamentale del ministero ordinario e sono di conseguenza il luogo della celebrazione eucaristica, dell'inizia-zione cristiana, della formazione alla fede e dove di fatto tutti possono vivere la vita cristiana. Le parrocchie, chiese tra le case, in quanto comunità di fede, di preghiera e di amore tendono a fondere le differenze umane ed a formare una comunità di fratelli che ricorda le prime comunità della Chiesa (cf Atti 2. 4), assumendo il volto della fontana del villaggio, come amava dire papa Giovanni, a cui tutti attingono per la loro sete. In esse "i principali collaboratori del Vescovo so-no i parroci ai quali, come pastori propri, è connessa la cura della anime, in una determinata par-te della diocesi, sotto l'autorità del Vescovo"101.

139. Parrocchia cardine della pastorale La centralità della parrocchia, nel quadro della pastorale diocesana, va assicurata come punto di riferimento e riconosciuta come tale: la "comunità" cristiana ha bisogno da sempre di un territo-rio definito e di una Chiesa tra le case. Il Sinodo invita a chiarire in modo adeguato il ruolo del parroco, gli elementi essenziali del suo ministero e contemporaneamente a riscoprire e valorizzare il ruolo dei laici nella parrocchia. Il principio di “sussidiarietà" deve trovare nella parrocchia concreta attuazione, distribuendo i ser-vizi per la crescita della ministerialità. La diocesi si impegna ad ampliare la ministerialità dando vita al Diaconato ed ai vari mini-steri. Si valorizzino nelle parrocchie i ministri straordinari della Santa Comunione con par-ticolare attenzione nel portare l'Eucaristia agli ammalati.

140. Nella parrocchia il "gruppo coordinatori" e/o il "coordinatore" Le comunità parrocchiali, specie quelle che non hanno il parroco abitualmente residente e pre-sente, sentono la necessità di dotarsi di un gruppo coordinatore o di un coordinatore, espressione

99 CD 11 100 CeC 40 101 CD 105

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del Consiglio Pastorale e munito del mandato del Vescovo ai quali od al quale, sotto la guida del parroco, vengano affidati compiti operativi di animazione e punto di riferimento nella comunità stessa. Il Sinodo, affidando al discernimento del Vescovo questa esigenza, auspica che si dia vita ad un gruppo di laici impegnati nella pastorale della parrocchia, espressione del Consiglio pasto-rale e munito del mandato del Vescovo, con funzioni e compiti da precisare nei rinnovati Statuti diocesani. In collaborazione con il parroco siano punto di riferimento nella condu-zione della parrocchia.

141. Vicarie ed Unità pastorali sul territorio Le vicarie, articolazioni pastorali di zona da lungo tempo presenti sul territorio della diocesi e le Unità pastorali, previste in questi ultimi anni come collaborazione operativa tra comunità conti-gue, esigono ridefinizioni territoriali ed assegnazioni di competenze e funzioni. Un'attenzione particolare va riservata alle Unità pastorali perché, nel segno di una svolta pastora-le, possano decollare superando il tradizionale campanilismo. Si provveda a definire il territorio, le competenze, le funzioni e le responsabilità delle Unità pastorali al fine di promuovere un'efficace collaborazione in una pastorale di insieme.

142. La Curia e gli uffici pastorali "La Curia diocesana sia ordinata in modo da diventare un mezzo idoneo, non solo per l'ammini-strazione della diocesi, ma anche per l'esercizio delle opere di apostolato"102. Il Sinodo è una preziosa occasione per impostare ed incoraggiare una pastorale di insieme nella Chiesa diocesana obbedendo alle disposizioni del Concilio Vaticano II. La Curia con i suoi numerosi Uffici fa parte delle strutture e degli organismi di servizio per la pastorale. Sono da rivedere gli statuti ed i regolamenti per il suo funzionamento adeguandoli alle esigenze di semplificazione e di coordinamento manifestata nelle Assemblee sinodali. Il Sinodo impegna la diocesi a rivedere gli Statuti dei Consigli e degli Uffici per la pastorale diocesana. Un'apposita Commissione post-sinodale nominata dal Vescovo, provveda ad ag-giornarli.

143. La partecipazione alla vita della Chiesa Il Consiglio presbiteriale ed i Consigli Pastorali ed Economici, sia diocesani che parrocchiali hanno identità e funzioni definite a norma del Codice di Diritto Canonico e degli Statuti diocesa-ni. Sono previsti e devono essere presenti nella diocesi ed in ogni parrocchia. Il Sinodo impegna la diocesi e tutte le parrocchie a dotarsi dei Consigli pastorali ed economici previsti dal Co-dice di Diritto Canonico.

144. Crescere nella partecipazione Le Strutture di partecipazione, soprattutto i Consigli, sono assai ben delineati come organismi pastorali, ma in concreto faticano nel promuovere comunità unite, partecipi, corresponsabili ed attente a coinvolgere le persone che ne fanno parte. Per molti aspetti restano più rassomiglianti alla piramide che al cerchio. Diverse le cause di tale malessere delineate nelle Assemblee sinodali e che esigono una decisa correzione di rotta, dando vita a cristiani adulti nelle fede e corresponsabili nella conduzione del-le comunità. Le cause più sottollineate sono il clericalismo presente nella mentalità e nella prassi, la comoda abitudine alla delega, un esercizio dell'autorità che mortifica il dialogo ed affossa la 102 CD 27

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comunione, la non percezione della vocazione di cristiani come servizio nella Chiesa e nella so-cietà. Ad esse si accompagna la presenza di una spiritualità individualistica, disincarnata e devo-zionale, distaccata dalla Parola ed una scarsa attenzione all'accoglienza e all'ascolto nei confronti dell' "altro" che oggi ha pure il volto dei terzomondiali.

145. I Consigli diocesani e parrocchiali, palestra di comunione operativa I Consigli esprimono nella loro composizione il volto variegato della Chiesa locale. I membri dei Consigli sono corresponsabili nelle scelte pastorali e negli impegni operativi che si maturano per il bene delle comunità. Pur essendo riservata al Vescovo in sede diocesana o al parroco in sede locale l'ultima decisione, rimane il fatto che i problemi pastorali ed organizzativi vanno sottoposti alla valutazione dei Consigli. Sono molti i casi in cui ci si può affídare alla decisione degli stessi, quando si tratta di cose opinabili e sono possibili scelte e soluzioni diverse. I Consigli siano partecipi di ogni problema pastorale ed amministrativo che riguarda la diocesi, la parrocchia o l'ente che rappresentano. In ogni caso non vanno chiamati a ratificare decisioni già assunte perchè si vanificherebbe la splendida teoria sul laicato espressa dal Concilio, che così non diventerà mai prassi103.

146. I Consacrati e le Consacrate La presenza di Consacrate e Consacrati nella Chiesa albese è di antichissima data e sono presenti diverse Congregazioni femminili e maschili. Il Monastero delle Domenicane fondato dalla Beata Margherita di Savoia (+1464), la Congregazione delle "Suore Luigine" fondate dal Servo di Dio don Giovanni Rubino(+1853), del Clero diocesano e la Società S. Paolo alla quale ha dato vita il Venerabile don Giacomo Alberione (+1971), del Clero diocesano, con i rispettivi rami femminile e maschile, hanno avuto il loro natale nella nostra diocesi. La Chiesa albese ritiene la presenza dei Religiosi, delle Religiose e dei Consacrati e Consa-crate presenti sul territorio una grande ricchezza spirituale di testimonianza e di servizio per la crescita della Chiesa stessa ". Si intensifichino sempre più le attuali mutue relazioni come testimonianza di comunione ecclesiale ed a servizio della pastorale, pur nel riconoscimento dei carismi propri di ogni Congregazione od Istituto.

147. Le aggregazioni laicali e la Consulta in sede diocesana Le aggregazioni laicali, riconosciute dalla Chiesa e nate dalla varietà dei doni e dei carismi dei fedeli mossi dallo Spirito hanno diritto di piena cittadinanza nella nostra Chiesa locale. "L'apostolato associato è di grande importanza anche perchè sia nelle comunità della Chiesa, sia nei vari ambienti spesso richiede di essere esercitato con azione comune, così che possono spe-rarsi frutti molto più abbondanti che non se i singoli operassero separatamente"104. Tutte le aggregazioni laicali sono chiamate, quale corpo bene ordinato a vivere la comunione e ad impegnarsi nella missione, riconoscendo la centralità della diocesi nella quale si trovano ed assumendone le linee pastorali, accanto allo specifico della propria identità. L'Azione cattolica, nel quadro delle diverse associazioni laicali presenti nella Chiesa, ha un par-ticolare rilievo, perché assume e sostiene direttamente come suo programma la pastorale della diocesi e delle parrocchie. Nella nostra diocesi una lunga e gloriosa tradizione ne segnala la pre-senza e l'utilità pastorale.

103 Cf ChL 2 104 Cf AA 18

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Il Consiglio pastorale diocesano, oltre ai compiti previsti dagli Statuti, assuma anche le funzioni di Consulta delle Aggregazioni laicali presenti a livello diocesano ed in esso rap-presentate così da diventare luogo istituzionale di conoscenza e di confronto tra i rispettivi cammini nel quadro della pastorale promossa dalla Chiesa diocesana. Gli attuali Statuti vengano aggiornati secondo questa indicazione.

148. Le Opere sociali della diocesi, storia di fede e di promozione umana La nostra Chiesa è presente sul territorio da secoli e con la fessibilità tipica dei cristiani attenti al prossimo, ha dato vita a strutture ed organismi di ogni genere, in risposta alle necessità spirituali e materiali del tempo, coniugando la fede con la promozione umana. La diocesi, ed in essa le comunità cristiane, nei secoli passati, ma soprattutto in questo secolo, si sono fortemente impegnate sul piano sociale e caritativo, esprimendo grande attenzione all'uomo nella sua concretezza. Pure là dove i numerosi Sacerdoti, "fidei donum" del nostro clero hanno operato come Missionari, non è mai mancata e non manca l'attenzione alle necessità sociali delle popolazioni.

149. Il presente ed il futuro delle opere assistenziali ed educative Sono molte le opere assistenziali ed educative presenti nella Chiesa albese. Il prossimo futuro e-sigerà risposte nuove e tipi di presenze diverse. Occorre attivare un serio discernimento per valutare le opere sociali esistenti, e di queste quali conservare, perchè siano testimonianza di carità da parte della Chiesa, come qualificarle perché vi traspaia la carità di Cristo, quali invece affidare alla società civile in rapporto al quadro sociale ed alle necessità presenti sul territorio. L'attenzione della Chiesa andrà però sempre rivolta ai "poveri" perché questo compito le è stato assegnato da Cristo. La Chiesa non deve essere né assumere il volto di una città nella città, ma diventare lievito, sale e stimolo all'interno della società per la crescita dei grandi valori umani della solidarietà alla luce della fede.

150. Trasparenza e rispetto delle leggi Chiunque, a nome della Chiesa, ricopra incarichi e responsabilità operative in strutture, organi-smi ed opere ecclesiali non solo è tenuto a rispettare le leggi e le regole sia canoniche che civili del settore in cui opera, ma deve pure preoccuparsi che nel gestire tali opere traspaia la carità di Cristo, perchè non diventino "sale senza sapore" e siano invece sempre “opere esemplari”. Le strutture caritative assistenziali ed educative presenti numerose nella diocesi vanno con-siderate e valutate nel quadro dei principi suesposti. La diocesi si sente impegnata a sostenere in tutte le sue esigenze il "Liceo S. Paolo" quale centro di cultura e di educazione cristiana.

151. I beni economici a servizio della Chiesa I beni economici di cui dispone la Chiesa diocesana hanno la loro ragione d'essere e vanno gestiti in rapporto alle finalità proprie della Chiesa: provvedere al culto divino, al sostegno della pastorale, al sostentamento delle persone che vi sono addette ed all'aiuto ai poveri. Fuori da questo quadro di riferimento non si giustifica il possesso di beni economici da parte del-la Chiesa. Occorre sempre ricordare che non ci sono "padroni" dei beni economici in dotazione alle comu-nità, ma tutti sono "amministratori" per i fini sopra elencati.

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I beni economici vanno gestiti secondo le regole previste dal Diritto Canonico, dagli Statuti, dal-le disposizioni diocesane e dalle leggi civili nelle chiarezza dell'uso e del rendiconto, coinvol-gendo i laici nel buon governo economico della comunità di appartenenza.

152. I beni artistici e storici I beni artistici in dotazione alle nostre comunità vanno custoditi e valorizzati, avendo pre-sente le nuove norme per la loro custodia, nate dalla collaborazione dello Stato con la Chie-sa locale e riportate negli Statuti dei Consigli e degli Uffici per la pastorale. I beni artistici e culturali in dotazione alle comunità offrono l'opportunità di una ricca catechesi per immagini e per documenti, storia e testimonianza della fede che abbiamo ricevuto dalle gene-razioni che ci hanno preceduto.

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11 LE COLLABORAZIONI CON LE DIOCESI DEL CUNEESE

153. "Segni dei tempi" ed il "soffio dello Spirito" La Chiesa di Alba è presente sul territorio del Cuneese accanto alle Chiese di Cuneo, Fossano, Mondovì e Saluzzo, con le quali condivide una storia comune, un bagaglio rilevante di esperien-ze e tradizioni cristiane. Fin dalla progettazione del Sinodo è emersa la dichiarata intenzione dei Vescovi di indirlo nelle rispettive diocesi, ma in collaborazione pastorale con le altre Chiese, un progetto partito nel 1994 e concluso nel 1998. La Chiesa che è in Alba ritiene questo fatto un segno del nostro tempo ed un'indicazione dello Spirito che interpella le nostre Chiese e le invita a camminare insieme come sorelle pur nel ri-spetto delle singolarità di ciascuna.

154. "Comunione nella Chiesa" e "comunione tra le Chiese" Il Sinodo ha previsto un tema di particolare attualità: le collaborazioni esistenti e quelle possibili tra le cinque diocesi del Cuneese. La comunione all'intemo della nostra Chiesa si è così allargata alla comunione con le altre Chie-se, privilegiando il camminare insieme dì fronte ai campanilismi, sia ecclesiali che civili. A que-sti motivi ideali si sono aggiunti nel nostro tempo motivi concreti, che spingono ad unire le forze ed a mettere insieme le risorse. Si impone la necessità di una pastorale comune per rispondere alle sfide poste alla fede oggi. Tralasciando i passaggi e le date di questa collaborazione da tempo in atto, ricordando la comune "gioiosa fatica" del Sinodo, sono queste le collaborazioni individuate ed accolte da tutte le dioce-si.

155. Collaborazioni da consolidare Da anni sono attivi lo "Studio Teologico Interdiocesano" (STI) e l' "Istituto Superiore di Scienze religiose" (ISSR), il primo per la formazione dei sacerdoti ed il secondo per la formazione teolo-gico-pastorale di livello superiore per operatori pastorali, insegnanti di religione e diaconi. Le diocesi in Sinodo affidano a queste strutture non solo i corsi di studi curricolari per i sacerdoti ed i laici, ma pure la loro formazione permanente, così da diventare il luogo privilegiato della cultu-ra e della formazione capace di leggere la situazione e di indicare soluzioni. Lo STI dia vita ad un Osservatorio interdiocesano per la formazione permanente, attento ai problemi delle nostre Chiese e della nostra società, capace di offrire sussidi e promuove-re appuntamenti, senza per questo deresponsabilizzare le singole diocesi. L'ISSR venga ri-pensato nelle sua finalità ed efficacemente rilanciato.

156. Collaborazioni da intensificare Le collaborazioni già esistenti in settori importanti della pastorale quali la famiglia, le cau-se matrimoniali, la vita sociale, l'Uffìcio scuola, l'Azione cattolica e le altre aggregazioni

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laicali esigono maggiore impegno di progettazione e collaborazione affidata agli uffici dio-cesani di settore.

157. Collaborazioni da attivare: - Il Diaconato permanente: su di esso vi è un orientamento comune a promuoverlo nelle diocesi cuneesi, al fine di esprimere più compiutamente il volto ministeriale della Chiesa e per offrire uno specifico servizio pastorale alle comunità. L' Istituto Superiore di Scienze Religiose (ISSR) si faccia carico della preparazione cultura-le biblico-teologico-pastorale al ministero del diaconato a servizio delle diocesi. - Il mondo dei media lancia sfide culturali da raccogliere a tutti i livelli: attivare i confronti e le collaborazioni possibili in diocesi e tra le diocesi. Serve per questo un Ufficio stampa autorevole, riconosciuto ufficialmente e con veri poteri di coordinamento e la formazione a livello interdio-cesano di operatori competenti e preparati. Gli uffici diocesani preposti alla stampa ed ai media, pur nel rispetto delle peculiarità delle singole diocesi, attivino queste collaborazioni. - I Consacrati e le Consacrate sono presenti e numerosi nelle nostre diocesi e con una grande storia di testimonianza e di servizio della Chiesa. Per una presenza più incisiva a livello pastorale si attivi una consulta tra i vicari episcopali delle diocesi e le rappresentanze delle congregazioni, per promuovere linee pastorali comu-ni di presenza e di formazione permanente. Si realizzi una più intensa collaborazione tra le diocesi cuneesi e le diocesi gemellate di tutti i continenti dove operano sacerdoti “fidei donum”, consacrati e laici, come missio-nari.

158. Garanzia di collaborazione Si dia vita ad una Commissione Interdiocesana presieduta da uno dei vescovi, composta dai vicari generali od episcopali e da esperti nei vari ambiti della pastorale che, periodicamente e con autorevolezza, valuti le collaborazioni esistenti e promuova operativamente quelle necessarie.

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DOCUMENTI DI RIFERIMENTO NEL SINODO Concilio Vaticano II SC Sacrosanctum Concilium

Costituzione Dogmatica sulla Liturgia, 1963 LG Lumen Gentium

Costituzione dogmatica sulla Chiesa, 1964 GS Gaudium et Spes

Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo, 1965 CD Christus Dominus

Decreto sull'uufficio pastorale dei Vescovi, 1965 Documenti Pontifici OA Octogesima adveniens, 1971 EN Evangelii nuntiandi, 1975 CT Catechesi tradendae, 1979 CJC Codice di Diritto canonico, 1983 ChL Christifideles Laici, 1988 RM Redemptoris Missio, 1991 AN Aetatis novae, 1992 TMA Tertio Millennio Adveniente, 1994

CEI Conferenza Episcopale italiana RdC Rinnovamento della Catechesi, 1970 CeC Comunione e Comunità, 1981 ETC Evangelizzazione e testimonianza della carità, 1990 DpF Direttorio per la pastorale della famiglia, 1993 Palermo Con il dono della carità demtro la storia, 1996 CEI Amore preferenziale per i poveri, 1997

CEP - Conferenza episcopale piemontese La Celebrazione dei Sacramenti, 1997

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MESSAGGIO DEI SINODALI

AL POPOLO DI DIO DELLA CHIESA ALBESE AL VESCOVO CHE LA PRESIEDE

ED AI CITTADINI DI ALBA, DELLE LANGHE E DEL ROERO Al termine delle Assemblee, noi Sinodali, ci rivolgiamo al Popolo di Dio della Chiesa albese che abbiamo rappresentato nel 25° Sinodo con questo messaggio per comunicarvi la speranza condivisa che il lavoro svolto possa essere di grande utilità per la nostra Chiesa. Abbiamo iniziato a parlare di Sinodo il 9 luglio 1994 in comunione con le altre diocesi del Cune-ese. A distanza di quasi quattro anni, si chiude il ciclo della Consultazione e delle Assemblee per proseguire in quello del rinnovamento. Ci siamo impegnati come ci esorta Gesù a "scrutare i segni del nostro tempo" (Mt 16,3) alla luce della Parola di Dio, camminando insieme in clima di comunione e con grande amore al bene del-la nostra gente. Oggi, Domenica 31 maggio, Pentecoste nell'anno dello Spirito Santo, mettiamo nelle mani del Vescovo il frutto del lavoro sinodale passato dalle Riflessioni del "Testo base" alle Proposte dello "Strumento di lavoro" ed alle Proposizioni votate sui molti e vitali problemi che ci coinvol-gono come Chiesa. Ora tocca a Lei, "cristiano con noi, ma Vescovo per noi", (S.Agostino), discernere e proporre con la grazia che le è propria le Costituzioni sinodali che guideranno la pastorale nella transizione al terzo millennio in sintonia con le Chiese sorelle del Cuneese ed in comunione con la Chiesa uni-versale. CHIUDENDO IL NOSTRO LAVORO DI SINODALI DICIAMO: Alla Chiesa albese: sei antica per storia, fede e per vita cristiana, ma sei chiamata nel prossimo futuro ad assumere un volto diverso a motivo della vocazione di tutti alla comune missione. Su questa strada saranno molte le sfide, i percorsi inediti e le novità da affrontare nella fiducia che non verrà meno l'assistenza dello Spririto. Al Vescovo che guida la nostra Chiesa: Le siamo particolarmente grati per l'indizione del Si-nodo in collaborazione con le altre Chiese del Cuneese, per la fiducia accordataci nel corso del nostro lavoro e per la libertà di dibattito che ha contraddistinto il cammino sinodale. Attendiamo il Libro sinodale e con esso le indicazioni per il prossimo cammino pastorale. Ai Presbiteri della Chiesa albese: il Popolo di Dio che è in Alba vi è riconoscente per l'Annun-cio del Vangelo, la Celebrazione della fede e la Guida delle comunità. Vi invitiamo a dedicarvi maggiormente allo specifico del vostro ministero liberandovi da altre incombenze, a collaborare fraternamente tra di voi, ad attivare forme di condivisione tra di voi, a suscitare collaboratori corresponsabili ed a promuovere vocazioni di speciale consacrazione sa-cerdotali, religiose e missionarie. Ai Missionari: Presbiteri, Religiose, Religiosi, Laici: vi siamo riconoscenti per esservi uniti a noi nel lavoro sinodale augurandoci che la vostra esperienza presso altre Chiese continui ad ar-ricchire il cammino pastorale della vostra e nostra Chiesa albese.

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Ai Consacrati ed alle Consacrate: confermiamo la stima per la "vita concacrata", dono di Dio alla Chiesa, e ci impegniamo a promuoverne la conoscenza ed a sostenerne le vocazioni; vi invi-tiamo ad accrescere la già esistente comunione e collaborazione pastorale. Ai fedeli Laici, donne e uomini: per la prima volta dopo secoli la vostra presenza nel Sinodo è apparsa visibile ed importante nella vita della Chiesa. E' giunto il tempo di prendere il posto che vi compete come fedeli Laici nella Chiesa, nella Famiglia e nella società. Se mancherete all'appello il Mondo sarà più povero, la Casa fredda e la Chiesa in difficoltà. Ai Giovani delle nostre comunità: I vostri genitori vi hanno inseriti nella Chiesa ed essa vi ha accolti come Madre nella fede. Prendete posto in questa casa comune perchè sia "santa ed imma-colata, senza macchia e senza rughe", ed amatela come Sposa di Cristo: vi aiuterà ad incontrare Gesù, uomo pienamente realizzato. Ai poveri che abbisognano delle "opere di misericordia": il dovere di rivolgersi ai poveri ed agli ultimi nel corpo e nello spirito è assegnato da Cristo alla Chiesa, ma a volte non lo ricordia-mo. Vi invitiamo a bussare alla nostra porta ed a ricordarci che non si può essere felici da soli perchè alla tavola ci deve essere posto per tutti. Ai battezzati smarriti o assenti: il nome di cristiani che avete ricevuto nel Battesimo è in voi come un dono sempre in attesa di essere accolto e vissuto. Aiutiamoci a riprendere insieme il cammino di fedeltà al dono ricevuto. Ai fratelli ed alle sorelle di altri popoli e religioni presenti tra noi: abbiamo in comunione la stessa umanità anche se le sensibilità culturali, religiose e di vita quotidiana sono diversificate. Consapevoli delle difficoltà esistenti per voi ad inserirvi e per noi ad accogliervi, ci impegniamo a dialogare nello spirito di Cristo ed a riconoscervi come prossimo da onorare ed amare. A chi opera nella Cultura, nella Politica e nel Sociale: la presenza dei cristiani nella società deve essere garanzia di competenza, moralità e bene comune. Vi incoraggiamo ad impegnarvi in questa difficile ed esigente forma di carità sociale allontanan-do la tentazione del dominio e del potere su altri perchè, dice il Signore, "tra voi non deve essere così" (Mc. 10,43). Al mondo del lavoro e dei lavoratori: la laboriosità e l'intraprendenza di questa generazione ha portato ad un alto tenore di vita. Vi incoraggiamo a comporre il benessere diffuso con la fede, la legge morale, la famiglia, il giorno del Signore che la Chiesa continua a proporre e senza i quali tutto diventa effimero ed il lavoro stesso passa da nobile impegno ad idolo e condanna. Alla comunità civile diciamo: la Chiesa albese non vuole essere una città nella città. Intende offrirsi come lievito, sale e stimolo all'interno della società per la crescita dei valori u-mani ed evangelici di libertà, uguaglianza e fraternità condividendo "le gioie, le speranze, le tri-stezze e le angoscie" (GS 1) della gente, dei poveri sopratutto e di coloro che soffrono. Ci sentiamo impari al compito che il Signore ci ha affidato, quello di essere suoi testimoni nel nostro tempo. Nell'anno dello Spirito Santo, in cammino verso il Giubileo del Duemila, con l'as-sistenza di Maria Madre della Chiesa, ci impegniamo a camminare su queste strade e vi invitia-mo a farlo con noi.

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Alba - Domenica 31 Maggio '1998 -Festa della Pentecoste I Sinodali del 25° Sinodo della Chiesa albese

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MESSAGGIO DEI VESCOVI

DELLE CHIESE DEL CUNEESE

“Gesù, entrato in Gerico, attraversava la città” (Lc 19,1). A partire dalla prima evangelizzazione, Gesù ha attraversato ancora una volta le nostre Chiese, come fa da secoli. E' entrato nelle nostre città, nelle nostre vallate, facendo di nuovo risuonare la sua voce per richiamare tutti a Lui. Nell’incontrare e nel confrontarci con Lui, abbiamo preso coscienza che tanti di noi, pur parte-cipando alla Cena del Signore, non credono che la vita umana abbia un dopo di risurrezione e di vita nuova, definitiva e piena. Tanti di noi, poi, pur dichiarandosi credenti, non si sentono inter-pellati a mutare il modo in cui dicono di amare e vivono nell'egoismo non aperto alla vita, nella strumentalizzazione del corpo e dell'affetto dell'altra persona, nella incapacità di accogliere e an-che, a volte, nell'esclusione aprioristica dell'altro. “Gesù, entrato in Gerico, attraversava la città”. È l’annuncio che risuona con forza ancora og-gi, come sempre. Celebrando i Sinodi diocesani contemporaneamente nelle nostre cinque Chiese, abbiamo volu-to “fissare lo sguardo su di Lui” (cf Ebr 3,1; 12,1); cercare di riconoscere ciò che Egli vede; a-scoltare ciò che Egli dice; accogliere ciò che Egli dona e tentare di dargli ciò che Egli chiede. Non possiamo lasciarci sfuggire l’importanza e la preziosità di questo incontro, che per le no-stre Chiese è visita, dono, richiamo, sfida, proposta divina.

IN CAMMINO

“Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là” (Lc 19,2-4).

Nel cammino del Sinodo, molti nelle nostre Chiese hanno riscoperto e risperimentato attitudini profondamente umane e spiccatamente cristiane, oggi troppo evase. Abbiamo preso coscienza che nessuna condizione di vita, neppure quella di peccatore pubbli-co, nessuna professione, nessuna situazione, neppure la malattia, la disoccupazione, sono impe-dimenti per incontrare e riconoscere Gesù, Signore, unico Salvatore. E' necessario però “cercare di vederlo”, mettersi in ricerca ogni giorno. Il rapporto col Signore, come ogni autentico rapporto interpersonale, non è mai qualcosa di dovuto o di scontato. Si può facilmente perdere e trovarsi impossibilitati a ricostituirlo per indolenza, per supponenza, per pregiudizio. Sollecitare la ricerca del Signore è un servizio, un dovere d'amore, una responsabilità di ogni vera autorità, di ogni educatore, di chi dice di amare. Certamente può esserci sempre una causa per ‘non riuscire a vedere’ il Signore. Ma di fronte ad ogni “folla” che, nel succedersi delle generazioni, impedisce di vedere il Signore e riconoscer-lo, si inventano soluzioni e strumenti idonei, se ci si vuole porre in ricerca. Ci si guarda attorno, con vigilanza e discernimento; si corre avanti senza nascondersi; si sale

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con fatica e con impegno, ma anche con gioia ed entusiasmo. L'unica scelta che non bisogna fare è restare fermi; trasformare, cioè, la vita da cammino in so-sta definitiva, in assestamento con totale adattamento. Tutto questo, pur nell'apparente compia-cimento o nell'immediato appagamento che causa, penalizza la vita e la spegne. NELLA PAROLA CI PARLA

“Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: Zaccheo, scendi subito, per-ché oggi debbo fermarmi a casa tua” (Lc 19,5).

L’imprescindibile primato della Parola di Dio è divenuto urgenza prioritaria nelle nostre Chie-se (cf DV 6). Essa deve essere riscoperta e assiduamente letta, meditata, pregata, annunciata, in famiglia, nelle comunità, nelle più disparate situazioni di vita. L'esigenza è grande e l'urgenza non permette dilazioni ed alibi. Abbiamo bisogno di chi ci spezzi il pane della Parola; di maestri sapienti e testimoni, umili come uomini, ma ‘pieni di Spirito Santo’ come Zaccaria, Elisabetta, Maria, Stefano, Filippo. Sono da moltiplicare tempi, modi e forme; sono da inviare più soggetti di annunzio. L'abban-dono fiducioso al dono dello Spirito è da coniugare con l'adattamento duttile, puntuale, anche se faticoso, alle ore degli uomini, dalla “prima” all’ ”ultima” ora di ogni giorno (Mt 21,1-16). Non deve accadere per l'ennesima volta che si avverino per le nostre Chiese le drammatiche parole del profeta Amos:

"Ecco, verranno giorni, - dice il Signore Dio - in cui manderò la fame nel paese, non fame di pane, né sete di acqua, ma d’ascoltare la parola del Signore. Allora andranno errando da un mare all'altro e vagheranno da settentrione a oriente, per cercare la parola del Signore, ma non la troveranno" (Am 8,11-12)

Le nostre Chiese dovranno divenire luogo dove la "voce dello sposo" (Gv 3,29) risuona, allie-ta, dà compimento e offre la risposta a questa fame e questa sete. La risposta di un disegno d'a-more che passa anche attraverso il soffrire e il morire.

NEL PANE E VINO SI DONA

“In fretta Zaccheo scese e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: "E' andato ad alloggiare da un peccatore"” (Lc 19,6-7).

Accogliere in casa è far vivere una ospitalità piena. Non solo come cibo condiviso, ma anche come partecipazione spirituale globale. L'esperienza attestata dall'agire di Zaccheo - “scese” e “accolse” - è rivelata soprattutto dal suo atteggiamento “pieno di gioia”, mentre gli altri si lascia-no guidare ancora una volta, anziché dalla “profezia”, dalla “mormorazione” (cf Es 17). Lo stesso evangelista Luca, con l’accenno alla sosta nella casa, lascia intravvedere il ‘segno’ del banchetto e, quindi, del pane. Se da un lato il bisogno non deve essere assolutizzato - “Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo” (Lc 4,4) -, d’altro canto Gesù stesso ci insegna a pregare così: “Dacci ogni giorno il no-

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stro pane quotidiano” (Lc 11,3). Il bisogno è da Gesù stesso soddisfatto, chiedendo quel poco che ciascuno può dare:

“Allora egli prese i cinque pani e i due pesci e, levati gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li diede ai discepoli, perché li dessero alla folla. Tutti mangiarono e si saziarono, e delle parti loro avanzate furono portate via dodici ceste” (cf Lc 9,10-17).

Il vertice dell'accoglienza e del dono di sé è, in modo imprevedibile, umile e straordinario ad un tempo, pienamente attuato nella Cena (SC 7. 47). L’Eucaristia, banchetto che rinnova l’evento di morte e risurrezione di Gesù, dona e sollecita una precisa modalità di vita:

“Chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve. Infatti chi é più grande: chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve” (cf Lc 22,14-27).

Anche per le nostre Chiese questa centralità e vertice è il più grande dono. Ma è anche una grande risposta ad una sfida che in questo scorcio di fine millennio si fa più pressante, in vista del nuovo che si apre davanti a noi. NELL’AMORE LA VITA IN CRISTO SI RIVELA

“Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: "Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri, e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto". Gesù gli rispose: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo; il Figlio del-l'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto"” (Lc 19,8-l0).

L'incontro con Gesù cambia sia la qualità di vita, sia il modo di rapportarci gli uni agli altri, sia le opere che compiamo con attenzione nuova alle esigenze del prossimo.

“Siamo un solo corpo in Cristo - ci ricorda Paolo - perciò amatevi gli uni gli altri con af-fetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Siate lieti nella speranza, forti nella tri-bolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell'ospitalità“ (cf Rm 12,1-16).

Saremo giudicati sull'amore, testimoniato concretamente verso gli uomini e le donne che in-contriamo ogni giorno accanto a noi, soprattutto se feriti nella carne o nello spirito.

“Allora i giusti gli diranno: Signore, quando mai, quando mai? Rispondendo, il re dirà lo-ro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me” (cf Mt 25,37-40).

I Sinodi hanno aiutato le nostre Chiese e ciascuno di noi a risentire in modo nuovo e più forte la compassione di Cristo verso quest’umanità tormentata e dolorante che vive dentro di noi, nelle nostre comunità e nelle nostre famiglie. E sulle divine parole i Sinodi ci impegnano a rimodellare la nostra vita ed a coinvolgere tanti fratelli e sorelle con cui condividere, nel nome di Cristo, il nostro cammino di fede, di speranza e di amore cristiano, nella memoria giubilare dei 2000 anni dall’evento della nostra Redenzione. 15 novembre - Solennità della Chiesa locale

I Vescovi delle cinque diocesi della provincia di Cuneo

+ Carlo Aliprandi, Vescovo di Cuneo

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+ Diego Bona, Vescovo di Saluzzo + Sebastiano Dho, Vescovo di Alba + Luciano Pacomio, Vescovo di Mondovì + Natalino Pescarolo, Vescovo di Fossano

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APPENDICI

1 - Statuti sinodali dei Consigli e degli Uffici per la pastorale

Statuti dei Consigli e Organismi diocesani Nell'anno 1967, il 14 maggio, Mons. Giovanni Dadone, Amministratore apostolico della diocesi, conforme alle direttive del Concilio Vaticano II, istituì ad experimentum gli Organismi centrali per la pastorale diocesana e ne regolò il funzionamento, dando loro appositi statuti con riserva di ulteriori aggiornamenti. Il nuovo Codice di diritto canonico, promulgato il 27 novembre 1983, raccolse e codificò le i-stanze del Concilio Vaticano II a riguardo delle strutture organizzative delle Chiese particolari. Il Vescovo Mons. Fausto Vallainc promulgò, in data 1 novembre 1986, gli statuti dei Consigli ed Uffici per la pastorale diocesana, in vigore sino ad oggi. A seguito della celebrazione del 25° Sinodo della diocesi di Alba si è reso necessario provvedere alla revisione dei medesimi, secondo gli statuti e le costituzioni sinodali.

La diocesi “La diocesi è una porzione del popolo di Dio affidata alla cura pastorale di un Vescovo con la collaborazione del presbiterio, in modo che, aderendo al suo pastore e da lui riunita nello Spirito Santo mediante il Vangelo e l’Eucaristia, costituisca una Chiesa particolare in cui è veramente presente e operante la Chiesa di Cristo una, santa, cattoloca e apostolica” (can 369). Per esercita-re tale responsabilità il Vescovo si avvale delle strutture di partecipazione e di quelle operative.

La curia diocesana Art. 1 - Concetto e finalità La Curia diocesana è il complesso degli organismi e delle persone, ecclesiastiche e laiche, che

collaborano con il Vescovo in modo stabile nel governo dell'intera diocesi, cioè nel campo delle attività pastorali, in quello amministrativo o esecutivo e giudiziario (cf Can. 469).

Art. 2 - Nomina § 1. La nomina di coloro che sono ammessi agli uffici della curia diocesana spetta al Vescovo.

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§ 2. Siano nominate persone che si distinguano sia per la particolare competenza, sia per pietà e zelo pastorale.

§ 3. Tutte le persone addette agli uffici di Curia hanno il grave obbligo di assolvere fedelmen-te i propri compiti in spirito di servizio, secondo le norme disposte dal diritto e dal Vescovo; di mantenere il segreto (segreto d'ufficio), nei limiti e secondo le modalità determinate dal diritto e dal Vescovo.

Art. 3 - Coordinamento delle varie attività Tutte le attività devono essere opportunamente coordinate, in modo da servire unitariamente

alla promozione pastorale della diocesi ed evitare ogni dispersione di forze. E' questo il compito personale del Vescovo, coadiuvato dal Vicario generale e da eventuali Vicari episcopali.

Art. 4 - Composizione - Vicario Generale - Vicari Episcopali - Vicario giudiziale e tribunale ecclesiastico - Cancelliere vescovile - Economo diocesano - Consiglio diocesano per gli affari economici - Uffici diocesani per la pastorale

Art. 5 - Organizzazione degli Uffici diocesani per la pastorale Per omogeneità di scopi, per il coordinamento e le relazioni fra gli Uffici nella stesura, la rea-

lizzazione e la verifica dei programmi e delle attività, gli organismi esecutivi della pastorale ven-gono organizzati in tre ambiti.

Art. 6 - Il Coordinatore di ambito pastorale Il Vescovo nomina per ciascun ambito un coordinatore che: Presiede e coordina il lavoro comune degli uffici del proprio ambito; Convoca le riunioni di ambito, almeno tre volte l’anno per proporre, realizzare e verifica-

re i programmi e le attività pastorali diocesane per gli aspetti di competenza; Redige, attraverso l’ausilio di un segretario, il verbale delle riunioni; Partecipa agli incontri periodici di coordinamento promossi dal Vescovo.

Art. 7 - Organizzazione degli Uffici diocesani per la pastorale

1. AMBITO: Evangelizzazione - Catechesi - Cultura 1.1. Ufficio Catechistico, per l'educazione, la scuola e la cultura 1.2. Ufficio per la Pastorale della Famiglia 1.3. Ufficio per la Pastorale Giovanile e Vocazioni 1.4. Ufficio Ecumenismo e del Dialogo interreligioso 1.5. Ufficio per le Comunicazioni Sociali

2. AMBITO: Liturgia 2.1. Ufficio Liturgico 2.2. Ufficio per i Beni Culturali Ecclesiastici

3. AMBITO: Testimonianza cristiana 3.1. Ufficio Caritas e Pastorale della Sanità

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3.2. Ufficio per la Cooperazione missionaria 3.3. Ufficio per i problemi Sociali e il Lavoro 3.4. Ufficio Migrantes 3.5. Ufficio per la Pastorale del Tempo Libero, Pellegrinaggi e Sport 3.6. Ufficio Economato diocesano

Art. 8 - Composizione degli Uffici Diocesani per la Pastorale § 1. Ciascun ufficio si organizza: Direttore, Segretario ed eventuale Assistente ecclesiastico. § 2. Il Direttore, sentito il Segretario e l'Assistente, nominerà i membri della Consulta, secon-

do le indicazioni del regolamento del proprio ufficio approvato dal Vescovo.

Art. 9 - Durata Gli incarichi normalmente durano cinque anni. Qualora una persona venga nominata per inte-

grare la composizione dell’ufficio o dell’incarico, in una frazione del quinquennio, la nomina si intende sino alla scadenza della rimanente parte del quinquennio.

Art. 10 - Comunicati stampa L'Ufficio Comunicazioni Sociali, organizzato in Ufficio Stampa, in collaborazione con i Con-

sigli presbiteriale, Pastorale ed Economico diocesani e con gli Uffici pastorali, ha il compito di rendere pubblico in modo tempestivo, attraverso gli organi di informazione con appositi comuni-cati, i problemi in esame, le decisioni assunte e le iniziative pastorali promosse nella diocesi.

Art. 11 - Il Bollettino diocesano Il Bollettino diocesano è l’organo ufficiale della comunicazione pastorale nella diocesi. Raccoglie la documentazione (archivio) e serve per la comunicazione alle parrocchie e agli

operatori pastorali.

Art. 12 - Interdiocesanità In attuazione dei nn 153 ss del Libro Sinodale gli uffici diocesani di settore realizzeranno un

maggiore impegno sul versante della progettazione e collaborazione fra le diocesi del Cuneese nei settori importanti della pastorale.

Art. 13 - Per quanto qui non specificato, si fa riferimento al Codice di diritto canonico, agli Statuti e ai

Regolamenti dei singoli organismi e ad atti di diritto particolare stabiliti dal Vescovo.

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Consiglio Presbiteriale Diocesano

Riferimenti teologici e pastorali "In virtù del sacramento dell'Ordine e dell'esercizio del sacro ministero, i presbiteri partecipi in-sieme al Vescovo dello stesso ed unico sacerdozio di Cristo costituiscono con Lui un unico corpo sacerdotale ed unico presbiterio" (PO 7). Ne deriva di conseguenza per tutti i sacerdoti della diocesi (sia secolari che religiosi) nei riguardi del proprio Vescovo, non soltanto un rapporto di obbedienza, pervasa da spirito di collaborazio-ne, ma anche una vera propria partecipazione al ministero episcopale (cf PO 7, CD 28). Vescovi e sacerdoti sono "corresponsabili del bene spirituale di tutta la diocesi" (CD 28); ogni sacerdote deve perciò coadiuvare efficacemente il proprio Vescovo non soltanto curando la por-zione del gregge di cui è stato fatto direttamente responsabile, ma portando il proprio contributo all'azione pastorale, al governo di tutta la diocesi (cf LG 28). Riferimenti giuridici «In ogni diocesi si costituisca il Consiglio Presbiterale, cioè un gruppo di sacerdoti che, rappre-sentando il presbiterio, sia come il senato del Vescovo; spetta al Consiglio Presbiteriale coadiu-vare il Vescovo nel governo della diocesi, a norma del diritto, affinché venga promosso nel mo-do più efficace il bene pastorale della porzione del popolo di Dio a lui affidata» (Can 495 § 1). Riferimenti sinodali Il Consiglio presbiterale e i Consigli Pastorali ed Economici, sia diocesani che parrocchiali han-no identità e funzioni definite a norma del Codice di diritto canonico e degli Statuti diocesani. Sono previsti e devono essere presenti nella diocesi ed in ogni Parrocchia. Il Sinodo impegna la diocesi e tutte le Parrocchie a dotarsi dei Consigli pastorali ed economici previsti dal Codice di diritto Canonico (n 143). I Consigli esprimono nella loro composizione il volto variegato della Chiesa locale. I membri dei Consigli sono corresponsabili nelle scelte pastorali e negli impegni che maturano per il bene del-le comunità. I Consigli vanno messi a parte di ogni problema pastorale ed amministrativo che ri-guarda la diocesi, la parrocchia o l'ente che rappresentano. In ogni caso non vanno chiamati a ra-tificare decisioni già assunte perché si vanificherebbe "la splendida teoria sul laicato espressa dal Concilio che così non diventerà mai prassi! (cf n. 145).

STATUTO

Art. 1 - Costituzione A norma del decreto conciliare Christus Dominus (n. 27), del decreto Presbiterorum Ordinis

(n. 7), del Codice di diritto canonico (can 495 e ss.) e del diritto particolare della Chiesa locale, è costituito nella diocesi di Alba il Consiglio Presbiteriale.

Art. 2 - Finalità § 1. Il Consiglio Presbiteriale ha come finalità quella di coadiuvare il Vescovo nel governo

della diocesi. In particolare:

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- nella missione di evangelizzazione; - nella promozione delle vocazioni e del Seminario e nella formazione spirituale, culturale e

pastorale del clero; - nelle scelte pastorali diocesane tenendo conto delle trasformazioni in atto, in armonia co-

struttiva con il Consiglio Pastorale Diocesano a favore del popolo di Dio. § 2. Il Consiglio Presbiteriale promuove ed esprime l'intima comunione del Presbiterio con il

Vescovo e i presbiteri fra loro.

Art. 3 - Membri § 1. Il Consiglio Presbiteriale dovrà essere espressione di tutto il Presbiterio diocesano, in

modo che i presbiteri siano rappresentati soprattutto in ragione dei diversi ministeri e delle zone pastorali.

§ 2. Hanno diritto attivo e passivo di elezione in ordine alla costituzione del Consiglio Presbi-teriale:

tutti i sacerdoti secolari incardinati nella diocesi; i sacerdoti secolari non incardinati nella diocesi e i sacerdoti membri di un istituto re-

ligioso o di una società di vita apostolica, i quali, dimorando nella diocesi, esercitano in suo favore qualche ufficio.

§ 3. Qualora si rendesse necessaria la sostituzione di un membro eletto, questi viene sostituito con il primo escluso; se di un membro cooptato, viene sostituito dal Vescovo stesso.

Art. 4 - Composizione § 1 Membri eletti.

I primi dodici in assoluto risultanti dalla votazione di tutti i presbiteri. I membri rappresentanti delle vicarie non presenti nei primi dodici. Un rappresentante dei presbiteri consacrati.

§ 2. Membri di diritto Vicario generale Vicari episcopali Vicario giudiziale Rettore del Seminario Economo diocesano (se sacerdote) Un rappresentante dell’IDSC (Presidente o Vice presidente, se sacerdoti) Due rappresentanti della Commissione Presbiteriale Regionale in carica Assistente diocesano dell'Azione Cattolica

§ 3. Membri cooptati dal Vescovo

Art. 5 - Presidenza § 1. Spetta al Vescovo convocare il Consiglio Presbiteriale, presiederlo e determinare le que-

stioni da trattare, oppure accogliere quelle proposte dai membri. § 2. Il Consiglio Presbiteriale non può mai agire senza Vescovo, al quale soltanto spetta la re-

sponsabilità di fare conoscere ciò che è stato stabilito.

Art. 6 - Compiti § 1. Il Consiglio Presbiteriale è un organismo consultivo. § 2. Il Vescovo è però tenuto ad ascoltare il Consiglio Presbiteriale:

- negli affari di maggiore importanza (can 500 §2); - per la celebrazione del Sinodo diocesano (can 461 §1);

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- per l'erezione, la soppressione o la notevole innovazione di una parrocchia (can 515 §2);

- per la destinazione delle offerte da versare nella cassa parrocchiale (can. 531); - per la costruzione di una nuova chiesa (can 1215 §2); - per la riduzione di una chiesa ad uso profano (can 1222 §2); - per l'imposizione di speciali contributi richiesti dalle necessità della diocesi. (can.

1263). § 3. Il Consiglio Presbiteriale, su invito del Vescovo, designa tre parroci della diocesi, perché

tra questi, all'occorrenza, il Vescovo possa sceglierne due che lo assistano in caso di istruttoria per la rimozione di un parroco (can 1742 §1).

Art. 7 - Funzionamento § 1. Il segretario, nominato dal Vescovo su proposta del Consiglio, redige e invia l'ordine del

giorno in tempo utile e cura il verbale delle riunioni. § 2. Di volta in volta il Vescovo precisa le questioni sulle quali desidera avere un parere del

Consiglio o accoglie quelle proposte da Consiglio stesso. § 3. Il Consiglio è validamente costituito se sono presenti la metà più uno dei membri. § 4. Il funzionamento del Consiglio si svolge secondo quanto contemplato nell’apposito Re-

golamento di attuazione.

Art. 8 - Durata § 1. Il Consiglio Presbiteriale dura in carica cinque anni. Può essere sciolto dal Vescovo per

gravi inadempienze (can. 501 §2) § 2. In caso di vacanza della sede episcopale, il Consiglio Presbiteriale cessa di diritto e le sue

funzioni sono svolte dal Collegio dei Consultori.

Art. 9 - Consiglio Presbiteriale e Consiglio pastorale Il Vescovo può indire la riunione congiunta del Consiglio Presbiteriale e del Consiglio Pasto-

rale Diocesano, per realizzare maggiore coordinamento e corresponsabilità pastorale.

Art. 10 - Per quanto qui non specificato, si fa riferimento al Codice di diritto canonico.

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Collegio dei Consultori

STATUTO

Art. 1 - Costituzione E' costituito nella diocesi di Alba il Collegio dei Consultori, per i compiti previsti da can. 502

del Codice di diritto canonico.

Art. 2 - Composizione Fra i membri del Consiglio Presbiteriale il Vescovo nomina liberamente alcuni sacerdoti, in

numero non minore di sei e non maggiore di dodici, che vengono a costituire il Collegio dei Consultori (cf can 502 §1).

Art. 3 - Incompatibilità Dal momento che il Consiglio Diocesano per gli Affari Economici e il Collegio dei Consultori

sono spesso chiamati a esprimersi sulle medesime pratiche, non è conveniente che una persona sia membro di ambedue gli organismi (cf IMA 22).

Art. 4 - Presidenza § 1. Sede plena: il Collegio dei Consultori è presieduto dal Vescovo o da una suo delegato con

mandato speciale (IMA n. 21). § 2. Sede impedita o vacante: da chi regge interinalmente la diocesi. § 3. Nel caso in cui nessuno sia designato a tale ufficio, il Collegio è presieduto dal consultore

più anziano: in caso di più ordinati lo stesso giorno, prevale l'età.

Art. 5 - Parere e consenso § 1. E' prescritto il consenso del Collegio dei Consultori, perché il Vescovo possa compiere

determinati atti di amministrazione e di alienazione (can. 1277. 1292 §1 - IMA). § 2. E' previsto il parere o consiglio del Collegio dei Consultori

- per tutti gli atti di amministrazione di maggior rilievo (can 1277); - per la nomina dell'economo diocesano e la sua rimozione (can 494); - Sede impedita:

- per l'eventuale elezione del sacerdote che assume il governo della diocesi (can 413 §2);

- Sede vacante: - l'eventuale obbligo d'informare la Santa Sede della morte del Vescovo (can

422); - l'eventuale governo della diocesi fino alla nomina dell'amministratore dioce-

sano, con potestà di vicario generale, da esercitarsi collegialmente (cann 419 e 426);

- l'elezione dell'amministratore diocesano (can 421 §1).

Art. 6 - Durata Il Collegio dei Consultori dura in carica cinque anni, tuttavia al termine del quinquennio con-

tinua ad esercitare le sue funzioni finché il Vescovo non abbia proceduto alla costituzione del nuovo Collegio.

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Art. 7 - Per quanto qui non specificato, si fa riferimento al Codice di diritto canonico.

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Consiglio Pastorale Diocesano

Riferimenti teologici e pastorali Il Consiglio Pastorale diocesano raccomandato dal Concilio Vaticano II (cf CD 27) presuppone la visione di Chiesa sottolineata dal Concilio stesso: - La Chiesa come popolo di Dio ove tutti i membri che fanno mediante il Battesimo acquistano fondamentale dignità ed uguaglianza, partecipano tutti alla missione della Chiesa sacerdotale profetica e regale, e sono quindi impegnati "in comunione gerarchica" ad esercitare i propri mi-nisteri. - La Chiesa come "Corpo mistico" (cf 1 Cor 12; Ef 4ss.): aiuta a comprendere la diversità dei doni dello Spirito e delle funzioni nel popolo di Dio in favore della sua crescita. Il ministero ge-rarchico presente nella Chiesa come servizio, è garanzia di unità e di fedeltà a Cristo. - “I Laici sono particolarmente chiamati a rendere presente ed operosa la Chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze in cui essa non può diventare sale della terra se non per mezzo loro” (LG 33). - I fedeli sono chiamati ad esercitare l'apostolato individuale nelle diverse condizioni della vita; ricordino tuttavia che l'apostolato associato corrisponde alle esigenze del popolo di Dio riunito nell'unico corpo ed è segno di comunione e di unità nella Chiesa (cf AA 18). - Il Battesimo, radice del sacerdozio comune dei fedeli, rende i laici partecipi della missione di Cristo e della Chiesa. Riferimenti giuridici "In ogni diocesi, se lo suggerisce la situazione pastorale, si costituisca il Consiglio Pastorale, al quale spetta, sotto l'autorità del Vescovo, studiare, valutare e proporre conclusioni operative su tutto ciò che riguarda le attività pastorali della diocesi" (can 511). Riferimenti sinodali "Il Consiglio pastorale diocesano, oltre ai compiti previsti dagli Statuti, assuma anche le funzioni di Consulta delle Aggregazioni laicali presenti a livello diocesano ed in esso rappresentate così da diventare luogo istituzionale di conoscenza e di confronto tra i rispettivi cammini nel quadro della pastorale promossa dalla Chiesa diocesana" (n. 147).

STATUTO

Art. 1 - Costituzione A norma del decreto consiliare Christus Dominus (n 27), del decreto Apostolicam Auctuosita-

tem (n 26), del Codice di diritto canonico (can 511-514) e con decreto del Vescovo, è costituito nella diocesi di Alba il Consiglio Pastorale Diocesano.

Art. 2 - Finalità

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§ 1. Il Consiglio pastorale, espressione delle varie componenti del popolo di Dio della Chiesa di Alba, ha il compito di studiare, ricercare, discutere e presentare proposte e suggerimenti, sotto l'autorità del Vescovo, in ordine alle attività pastorali della diocesi.

§ 2. Il Consiglio pastorale è luogo di confronto, di esperienza di comunione e d'impegno per i movimenti e le associazioni laicali.

Art. 3 - Membri § 1. Il Consiglio pastorale è composto da fedeli in piena comunione con la Chiesa cattolica:

chierici, membri di istituti di vita consacrata, soprattutto laici. § 2. I fedeli designati al Consiglio pastorale siano scelti in modo che, attraverso di loro sia ve-

ramente rappresentata tutta la porzione di popolo di Dio che costituisce la diocesi, tenendo pre-senti le diverse zone della diocesi stessa, le condizioni sociali, le professioni e inoltre il ruolo che essi hanno nell'apostolato, sia come singoli, sia come associati.

§ 3. Al Consiglio pastorale vengano designati fedeli che si distinguono per fede sicura, buoni costumi e prudenza.

§ 3. Qualora si rendesse necessaria la sostituzione di un membro eletto, questi viene sostituito con il primo escluso, se di un membro cooptato viene sostituito dal Vescovo stesso.

Art. 4 - Composizione § 1 Membri eletti.

Un laico per Vicaria Tre laici rappresentanti gli Uffici pastorali diocesani (1 per ambito) Un laico rappresentante di ciascuna associazione o movimento riconosciuti dalla Chiesa,

che abbiano una presenza significativa in diocesi. Due consacrate rappresentanti l'USMI Due consacrati rappresentanti i consacrati.

§ 2. Membri di diritto I Vicari foranei Il Vicario generale L'Assistente diocesano dell'Azione Cattolica Il Presidente dell'Azione Cattolica

§ 3. Membri cooptati dal Vescovo

Art. 5 - Presidenza Il Vescovo convoca il Consiglio pastorale e lo presiede personalmente o attraverso un suo de-

legato, determina le questioni da trattare, oppure accoglie quelle proposte dai membri.

Art. 6 - Funzionamento § 1. Il segretario, nominato dal Vescovo su proposta del Consiglio, redige e invia l'ordine del

giorno in tempo utile e cura il verbale delle riunioni. § 2. Di volta in volta il Vescovo precisa le questioni sulle quali desidera avere un parere o ac-

coglie quelle proposte dal Consiglio stesso. § 3. Il Consiglio è validamente costituito se sono presenti la metà più uno dei membri. § 4. Il funzionamento del Consiglio si svolge secondo quanto contemplato nell’apposito Re-

golamento di attuazione.

Art. 7 - Durata § 1. Il Consiglio Pastorale dura in carica cinque anni.

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§ 2. In caso di vacanza della sede episcopale, il Consiglio Pastorale decàde a norma del dirit-to.

Art. 8 - Consiglio Pastorale e Consiglio Presbiteriale Il Vescovo può indire la riunione congiunta del Consiglio Presbiteriale e del Consiglio Pasto-

rale Diocesano, per realizzare maggiore coordinamento e corresponsabilità pastorale.

Art. 9 - Per quanto qui non specificato, si fa riferimento al Codice di diritto canonico.

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Consiglio Diocesano per gli Affari Economici

Riferimenti teologici Quanto ai beni ecclesiastici propriamente detti, i sacerdoti devono amministrarli a norma delle leggi ecclesiastiche e possibilmente con l'aiuto di esperti laici; devono impiegarli per quegli sco-pi per il cui raggiungimento la Chiesa può possedere beni temporali (cf PO 17). Riferimenti giuridici I fini propri dei beni temporali della Chiesa sono principalmente: ordinare il culto divino, prov-vedere ad un onesto sostentamento del clero e degli altri ministri, esercitare opere di apostolato sacro e di carità, specialmente a servizio dei poveri (can 1254 §2). Riferimenti sinodali I beni economici di cui dispone la Chiesa diocesana hanno la loro ragione d'essere e vanno gestiti in rapporto alle finalità proprie della Chiesa: provvedere al culto divino, al sostegno della pasto-rale, al sostentamento delle persone che vi sono addette ed all'aiuto ai poveri. Fuori da questo quadro di riferimento non si giustifica il possesso di beni economici da parte del-la Chiesa. Occorre sempre ricordare che non ci sono "padroni" dei beni economici in dotazione alle comu-nità, ma tutti sono "amministratori"' per i fini sopra elencati. I beni economici vanno gestiti secondo le regole previste dal Diritto Canonico, dagli Statuti, dal-le disposizioni diocesane e dalle leggi civili nelle chiarezza dell'uso e del rendiconto, coinvol-gendo i laici nel buon governo economico della comunità di appartenenza (n 151)

STATUTO

Art. 1 - Costituzione E' costituito nella diocesi di Alba il Consiglio Diocesano per gli Affari economici, conforme

al can 492 del Codice di diritto canonico.

Art. 2 - Finalità I fini del Consiglio Diocesano per gli Affari Economici con i doveri annessi, sono determinati

nel Libro V “I beni temporali della Chiesa” del Codice di diritto canonico: esercitare opere di apostolato sacro e di carità, specialmente a servizio dei poveri.

Art. 3 - Composizione § 1. E' composto da almeno tre fedeli, veramente esperti in economia e nel diritto civile ed

eminenti per integrità. § 2. Possono fare parte del Consiglio Diocesano per gli Affari Economici chierici, religiosi,

laici. § 3. Alla nomina del Consiglio Diocesano per gli Affari Economici il Vescovo perviene dopo

aver sentito il parere del Collegio dei Consultori, e vagliate le segnalazioni che gli stessi, glo-balmente o personalmente, gli hanno fatto pervenire.

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§ 4. Si affianca ai membri effettivi il segretario, nominato dal Vescovo e senza diritto di voto, che ha il compito di redigere il verbale delle sedute e di predisporre quanto necessario al corretto svolgimento delle medesime.

§ 5. Il Consiglio Diocesano per gli Affari Economici può fare ricorso, in via abituale o di vol-ta in volta, secondo dei casi, alla consulenza di esperti.

Art. 4 - Incompatibilità Dal momento che il Consiglio Diocesano per gli Affari Economici e il Collegio dei Consultori

sono spesso chiamati a esprimersi sulle medesime pratiche, non è conveniente che una persona sia membro di ambedue gli organismi (cf IMA 22).

Art. 5 - Giuramento Prima che gli amministratori inizino il loro incarico devono garantire con giuramento avanti

all’Ordinario di svolgere onestamente e fedelmente le funzioni amministrative (cf can. 1283).

Art. 6 - Presidenza Il Consiglio Diocesano per gli Affari economici è presieduto dal Vescovo o da un suo delega-

to.

Art. 7 - Compiti § 1. Il compito del Consiglio Diocesano per gli Affari Economici a termini del can 493 e 494,

§3 è specificamente: - predisporre, secondo le indicazioni del Vescovo, il bilancio preventivo annuale della

diocesi circa le entrate e le uscite; - approvare il bilancio consuntivo delle entrate e delle uscite, compilato dall'economo

diocesano a norma del can 494, §4; - determinare i criteri generali a cui deve ispirarsi l'amministrazione dei beni diocesani

(can 494, §3); - esaminare a nome del Vescovo il rendiconto annuale presentato dagli amministratori

degli enti ecclesiastici, siano essi laici che chierici (can 1287, §1); - nominare un nuovo economo diocesano, nel caso che quello in carica venga eletto

Amministratore diocesano (can 423, § 2).

Art. 8 - Parere e consenso § 1. La funzione del Consiglio Diocesano per gli Affari Economici è di assistere il Vescovo

nell'amministrazione dei beni temporali della diocesi. La funzione è per sé consultiva, ma talvol-ta è anche decisionale, in quanto il parere del Consiglio ha carattere vincolante per il Vescovo.

§ 2. E' prescritto il consenso: - per tutti gli atti di amministrazione straordinaria (can 1277); - per l'alienazione di beni diocesani o di beni ecclesiastici appartenenti a persone giuri-

diche soggette all'autorità del Vescovo e il cui valore è compreso tra la somma minima e la somma massima stabilita dalla CEI (can 1292, §1)

§ 3. E' previsto il parere o consiglio: - per la nomina dell'economo diocesano e la sua rimozione durante l’incarico (can 492); - per gli atti di amministrazione di maggior rilievo (can 1277 e della normativa CEI, I-

struzione in materia amministrativa nn 45 ss. in materia di Amministrazione Straordi-naria);

- per l'imposizione di speciali contributi, richiesti dalle necessità della diocesi (can 1263);

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- per la determinazione degli atti eccedenti l'amministrazione ordinaria, relativamente alle persone giuridiche soggette all'autorità del Vescovo (can 1281, §2). Al riguardo tiene presente le necessarie autorizzazioni dovute da parte di altri Uffici (vedi Ufficio Beni Culturali);

- circa il deposito e l'amministrazione del denaro e dei beni mobili assegnati a una pia fondazione a titolo di dote (can 1305);

- circa la riduzione degli oneri di cause pie, esclusi per altri oneri di Messe (can 1310, §2).

Art. 9 - Durata I membri del Consiglio Diocesano per gli Affari Economici durano in carica per cinque anni,

rinnovabili allo scadere del mandato.

Art. 10 - Per quanto qui non specificato, si fa riferimento al Codice di diritto canonico.

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L'Economo diocesano

Art. 1 - L'economo diocesano è la persona preposta all'amministrazione diretta dei beni dio-cesani: “beni diocesani” in senso proprio, non in senso ampio, per cui sono esclusi gli altri beni ecclesiastici che hanno sede in diocesi, ma appartengono ad altri enti ed hanno propri ammini-stratori, sia pure sotto la legittima vigilanza dell'autorità diocesana.

Art. 2 - § 1. L'Economo diocesano viene nominato dal Vescovo, secondo l'indicazione del can. 494, §1, dopo aver sentito il parere del Collegio dei Consultori e del Consiglio Diocesano per gli Affari Economici

§ 2. Deve essere veramente esperto in economia e distinto per onestà. § 3. Dura in carica cinque anni, rinnovabili allo scadere del mandato (can. 494 § 2); il Vesco-

vo può rimuoverlo per grave causa sentito il parere del Collegio dei Consultori e del Consiglio Diocesano per gli Affari Economici.

§ 4. Considerando che il Consiglio per gli Affari Economici e il Collegio dei Consultori sono organi di controllo e di vigilanza, è bene che l’Economo diocesano non ne faccia parte, ma par-tecipi alle sedute come relatore o come segretario.

Art. 3 - Compito dell'Economo diocesano, in collaborazione con il Consiglio Diocesano per gli Affari economici è di:

- amministrare i beni della diocesi sotto l'autorità del Vescovo; - provvedere con i fondi diocesani alle spese deliberate dal Vescovo e dagli ammini-

stratori di enti e beni soggetti al Vescovo stesso, sulla base delle entrate stabili del-la diocesi;

- predisporre e presentare il bilancio annuale al Consiglio Diocesano per gli Affari Economici perché, approvato dal Consiglio stesso e dal Vescovo, venga opportu-namente fatto conoscere in diocesi.

Art. 4 - Come "amministratore" di beni ecclesiastici, l'economo è tenuto all'osservanza dei cann. 1281 - 1289.

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Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero (IDSC)

L'Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero non è un ufficio della curia né un fondo

diocesano, ma una persona giuridica pubblica, distinta dall'ente diocesi e dotata di propria auto-nomia; esso è sottoposto all'autorità del Vescovo a norma del diritto comune e del proprio statu-to, approvato dal Vescovo (cf IMA 79).

Le Vicarie 1) VICARIA DI ALBA: Comuni n 2 - Alba, Treiso

2) VICARIA VALLE TANARO: Comuni n 5 . Guarente, Castagnito, Magliano Alfieri, Priocca, Go-vone.

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I Vicari foranei

Il Vicario foraneo svolge il suo incarico secondo le norme del can. 555. In particolare ha il

dovere e il diritto: 1. di promuovere e coordinare l'attività pastorale comune nell'ambito della vicaria; 2. di avere cura dei sacerdoti della propria vicaria; 3. di provvedere che le funzioni sacre siano celebrate secondo le disposizioni della sacra li-

turgia, che si curi il decoro e la pulizia delle chiese e della suppellettile sacra, che i libri parrocchiali vengano redatti accuratamente e custoditi nel debito modo, che i beni eccle-siastici siano amministrati diligentemente; infine che la casa parrocchiale sia conservata con la debita cura;

4. di provvedere alla formazione dei fedeli; 5. di realizzare e presiedere il Consiglio pastorale di vicaria, secondo le norme diocesane; 6. di coordinare e moderare le iniziative pastorali comuni delle unità pastorali della propria

vicaria.

Commissione Pastorale di Vicaria

STATUTO

Art. 1 - Costituzione La Commissione Pastorale di Vicaria viene costituita in ciascuna delle Vicarie della diocesi di

Alba dal Vescovo di Alba in attuazione delle direttive pastorali del Sinodo e della prassi consoli-data negli ultimi anni.

Art. 2 - Finalità La Commissione Pastorale di Vicaria si pone come organismo consultivo di raccordo in sede

vicariale fra le parrocchie e le Unità pastorali e la diocesi, nello spirito di collaborazione e di cor-responsabilità pastorale tra laici, consacrati e presbiteri.

Art. 3 - Composizione § 1. Spetta al Vicario foraneo istituire la Commissione Pastorale di Vicaria. § 2. Membri eletti

Due rappresentanti laici eletti dal Consiglio Pastorale delle parrocchie della vicaria; Uno o due consacrati in rappresentanza delle diverse comunità presenti sul territorio della

vicaria; § 3. Membri di diritto

Il Vicario foraneo I sacerdoti della Vicaria impegnati nella pastorale parrocchiale.

Art. 4 - Presidenza La Commissione Pastorale di Vicaria è presieduta dal Vicario foraneo o dal Moderatore.

Art. 5 - Moderatore

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§ 1. Fra i membri della Commissione Pastorale di Vicaria viene eletto un Moderatore. § 2. Guida la Commissione nello svolgimento dei suoi compiti.

Art. 6 - Compiti La Commissione Pastorale di Vicaria svolge i seguenti compiti: a) coordina e promuove le attività pastorali della vicaria; b) crea il collegamento fra le singole parrocchie o unità pastorali alla vicaria e questa alla dio-

cesi; c) promuove iniziative e cura la formazione a livello vicariale o intervicariale.

Art. 7 - Funzionamento La Commissione Pastorale di Vicaria elegge nel suo interno un Segretario con il compito di

stendere l'ordine del giorno in accordo col Vicario foraneo e il Moderatore e verbalizzare le riu-nioni. La Commissione Pastorale di Vicaria viene convocata secondo le opportunità, non meno di tre volte l'anno.

Art. 8 - Durata La Commissione Pastorale di Vicaria dura in carica cinque anni.

Art. 9 - Per quanto qui non specificato, si fa riferimento al Codice di diritto canonico.

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Consiglio Pastorale Parrocchiale

STATUTO GUIDA

Riferimenti teologici e giuridici “La Parrocchia è una determinata comunità di fedeli che viene costituita stabilmente nell'ambito di una chiesa particolare e la cui cura pastorale è affidata, sotto l'autorità di un Vescovo diocesa-no, ad un Parroco quale suo proprio pastore” (CJC can 515). È una definizione raccolta dal Con-cilio Vaticano II e che con il termine "comunità di fedeli", sottolinea la "comunione" come fina-lità primaria della parrocchia, porzione della Chiesa diocesana. Per disposizione del Vescovo, in attuazione del can 536, in ogni parrocchia venga costituito il Consiglio Pastorale parrocchiale che è presieduto dal parroco e nel quale i fedeli prestano il loro aiuto nel promuovere l'attività pastorale. Il Consiglio Pastorale Parrocchiale, come espressione ristretta della comunità, è una struttura che favorisce la corresponsabilità dei fedeli e deve brillare per la comunione che promuove al suo in-terno e nella parrocchia stessa. Riferimenti sinodali Nelle comunità parrocchiali, specie in quelle che non hanno il Parroco presente "Si dia vita ad un "Gruppo coordinatore" o ad un "Coordinatore" della Parrocchia, espressione del Consiglio Pasto-rale e munito del mandato del Vescovo, con funzioni e compiti da precisare nei rinnovati "Statuti diocesani". In collaborazione con il Parroco siano/a punto di riferimento nella conduzione della Parrocchia" (n 140). I Consigli Pastorali ed Economici parrocchiali hanno identità e funzioni definite a norma del Co-dice dì diritto canonico e degli Statuti diocesani. Sono previsti e devono essere presenti nella diocesi ed in ogni Parrocchia. "Il Sinodo impegna tutte le parrocchie a dotarsi dei Consigli pasto-rali ed economici previsti dal Codice di diritto canonico” (cf n 143). I Consigli vanno messi parte di ogni problema pastorale ed amministrativo che riguarda la dioce-si, la Parrocchia o l’ente che rappresentano. In ogni caso non vanno chiamati a ratificare decisio-ni già assunte perché si vanificherebbe la splendida teoria sul laicato espressa dal Concilio che così non diventerà mai prassi (cf n 145).

STATUTO

Art. 1 - Costituzione Il Consiglio Pastorale Parrocchiale (CPP) è un organismo consultivo eretto nella Parrocchia di

… in conformità alle indicazioni del Concilio Vaticano II, del can. 536 del C.J.C. ed alle dispo-sizioni del Vescovo di Alba.

Art. 2 - Finalità La finalità del Consiglio Pastorale Parrocchiale è di collaborare nella parrocchia al sostegno e

alla promozione dell'attività pastorale. Spetta al Consiglio Pastorale Parrocchiale, sotto l'autorità del parroco, ricercare, discutere e presentare proposte concrete in ordine alla pastorale parroc-chiale,

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Art. 3 - Composizione § 1. Il Consiglio Pastorale Parrocchiale della Parrocchia di .... è formato da n .... membri, che

rappresentano tutte le componenti della popolazione della parrocchia. § 2. Membri eletti

I laici dalla comunità parrocchiale (due terzi del Consiglio esclusi i membri di diritto o de-signati) avendo cura che rappresentino:

- le età: giovani e adulti - i gruppi di impegno parrocchiale: catechisti, cantori, gruppo sposi, ecc. - le associazioni ecclesiali o di ispirazione cristiana presenti nella Parrocchia: Azione Cat-

tolica, ... - le zone o frazioni che contraddistinguono la parrocchia.

§ 3. Membri di diritto Il Parroco I sacerdoti della parrocchia I rappresentanti dei consacrati e delle consacrate impegnati nella pastorale della parrocchia.

§ 4. Membri cooptati Il Parroco può designare alcuni laici per motivi di competenza pastorale e per integrazione

di zone. § 5. I membri dimissionari per vari motivi vengono sostituiti dai gruppi o dalle zone che li

hanno espressi e negli altri casi per cooptazione del Consiglio Pastorale Parrocchiale.

Art. 4 - Presidenza Il Consiglio Pastorale Parrocchiale è presieduto dal Parroco.

Art. 5 - Compiti Il Consiglio Pastorale Parrocchiale ha competenza su tutti i problemi pastorali della Parroc-

chia e si propone in concreto questi compiti: - conoscere e valutare la situazione della parrocchia alla luce dei compiti della Chiesa; - realizzare una comunione intensa ed una viva operosità pastorale nella parrocchia; - elaborare il piano pastorale parrocchiale conforme agli indirizzi diocesani, alla situazione

della comunità, farsene promotore e verificarne l'esecuzione; - approvare il bilancio preventivo e consuntivo presentato dal Consiglio Pastorale per gli Af-

fari Economici; - eleggere due rappresentatnti della parrocchia per la Commissione Pastorale di Vicaria - promuovere la collaborazione e la programmazione nell'unità pastorale di appartenenza.

Art. 6 - Funzionamento § 1. I1 Consiglio Pastorale Parrocchiale elegge nel suo interno un Segretario con il compito di

stendere l'ordine del giorno in accordo col Parroco, promuovere e verbalizzare le riunioni. Il Consiglio Pastorale Parrocchiale viene convocato almeno tre volte all'anno.

§ 2. Il Consiglio Pastorale Parrocchiale, organismo consultivo, può anche diventare operativo articolandosi in commissioni di studio e di lavoro: catechesi e liturgia, famiglia e gioventù, cari-tas parrocchiale, ecc.

§ 3. Le proposte discusse in consiglio, in caso di diversità di vedute, dovranno avere la mag-gioranza dei voti dei presenti e l'approvazione del Parroco per diventare operative.

§ 4. I membri del Consiglio Pastorale Parrocchiale sono al servizio di tutta la comunità par-rocchiale; pertanto cercheranno di interpretare le aspettative e le esigenze, di operare nel rispetto reciproco e nella carità e di alimentare spiritualmente la loro vita cristiana e quella della comuni-tà parrocchiale.

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Art. 6 - Durata Consiglio Pastorale Parrocchiale dura in carica cinque anni e prima di decadere elaborerà il

regolamento più opportuno onde procedere a nuove elezioni.

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Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici

STATUTO GUIDA

Riferimenti giuridici In ogni Parrocchia vi sia il Consiglio per gli affari economici che è retto, oltre che dal diritto uni-versale, dalle norme date dal Vescovo diocesano; in esso i fedeli, scelti secondo le medesime norme, aiutino il Parroco nell’amministrazione dei beni della Parrocchia, fermo restando il di-sposta del can 532” (cf can 537). Riferimenti sinodali I beni economici di cui dispone la Chiesa diocesana hanno la loro ragione d'essere e vanno gestiti in rapporto alle finalità proprie della Chiesa: provvedere al culto divino, al sostegno della pasto-rale, al sostentamento delle persone che vi sono addette ed all'aiuto ai poveri. Fuori da questo quadro di riferimento non si giustifica il possesso di beni economici da parte del-la Chiesa. Occorre sempre ricordare che non ci sono "padroni" dei beni economici in dotazione alle comu-nità, ma tutti sono "amministratori" per i fini sopra elencati” (n 151).

STATUTO

Art. 1 - Costituzione Il Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici (CPAE)della Parrocchia ………….., costi-

tuito dal Parroco in attuazione del can. 537 del Codice di diritto canonico, è l'organo di collabo-razione dei fedeli con il Parroco nella amministrazione dei beni della Parrocchia.

Art. 2 - Finalità § 1. Il Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici ha funzione consultiva non deliberati-

va. In esso si esprime la collaborazione responsabile dei fedeli nella gestione amministrativa del-la parrocchia in conformità al can 212, §3. Il Parroco ne ricerca e ne ascolta attentamente il pare-re, non se ne discosta se non per gravi motivi e ne usa ordinariamente come valido strumento per l'amministrazione della parrocchia.

§ 2. I fini del Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici con i doveri annessi, sono de-terminati nel Libro V “I beni temporali della Chiesa” del Codice di diritto canonico: esercitare opere di apostolato sacro e di carità, specialmente a servizio dei poveri.

§ 3. La legale rappresentanza della parrocchia in tutti i negozi giuridici spetta al Parroco, am-ministratore di tutti i beni parrocchiali a norma del can 532.

Art. 3 - Composizione § 1. Il Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici della Parrocchia di ……….è composto

da n …. Membri. § 2. Membri cooptati dal Parroco

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Il Parroco, sentito il parere del Consiglio Pastorale Parrocchiale sceglie almeno tre fedeli laici eminenti per integrità morale, attivamente inseriti nella vita parrocchiale, capaci di valutare le scelte economiche con spirito ecclesiale e possibilmente esperti in diritto o in economia.

§ 3. Membri di diritto Il Parroco, Gli eventuali Vicari parrocchiali. § 4. E' bene che un membro laico del Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici sia

membro del Consiglio Pastorale Parrocchiale. § 5. I nominativi dei consiglieri devono essere comunicati alla Curia diocesana almeno quin-

dici giorni prima del loro insediamento. § 6. Per la durata del loro mandato i consiglieri non possono essere revocati se non per gravi e

documentati motivi. § 7. I membri dimissionari per vari motivi vengono sostituiti dal Parroco entro quindici giorni

a nominando i sostituti. I consiglieri subentranti rimangono in carica fino alla scadenza del man-dato del Consiglio stesso e possono essere confermati alla successiva scadenza.

Art. 4 - Incompatibilità Non possono essere nominati membri del Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici i

congiunti del Parroco fino al quarto grado di consanguineità o di affinità e quanti hanno in essere rapporti economici con la parrocchia.

Art. 5 - Presidenza Il Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici è presieduto dal Parroco.

Art. 6 - Compiti Il Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici svolge i seguenti compiti: a) coadiuva il Parroco nel predisporre il bilancio preventivo della parrocchia, elencando le vo-

ci di spesa prevedibili per i vari settori di attività pastorali suggerite dal Consiglio Pastorale Par-rocchiale e individuando i relativi mezzi di copertura;

b) approva alla fine di ciascun esercizio, previo esame dei libri contabili e della relativa do-cumentazione, il rendiconto consuntivo;

c) verifica, per quanto attiene agli aspetti economici, l'applicazione della convenzione prevista dal can 520, comma secondo, per le parrocchie affidate ai Religiosi;

d) esprime il parere sugli atti di straordinaria amministrazione; e) cura l'aggiornamento annuale dello stato patrimoniale della parrocchia, il deposito dei rela-

tivi atti e documenti presso la Curia diocesana (can 1284, § 2, n 9) e l'ordinata archiviazione del-le copie negli uffici parrocchiali.

Art. 7 - Funzionamento § 1. Il Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici elegge nel suo seno un Segretario con

il compito di stendere l'ordine del giorno in accordo col Parroco, promuovere e verbalizzare le riunioni. Il Consiglio Pastorale Parrocchiale viene convocato dal Parroco almeno tre volte all'an-no, nonché ogni volta che questi lo ritenga opportuno, o che ne sia fatta richiesta da almeno due consiglieri.

§ 2. Alle riunioni del Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici potranno partecipare ove necessario, su invito del Parroco, anche altre persone in qualità di esperti.

Art. 8 - Durata

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Il Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici dura in carica tre anni (o cinque anni) e il mandato può essere rinnovato.

Art. 9 - Esercizio § 1. L'esercizio finanziario della parrocchia va dal 1° gennaio al 31 dicembre di ogni anno. § 2. Il Parroco sottopone al Vescovo, alla fine di ciascun esercizio, e comunque entro il 31

marzo successivo, il bilancio consuntivo, debitamente firmato dai consiglieri.

Art. 10 - Informazioni alla comunità parrocchiale Il Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici presenta al Consiglio Pastorale Parrocchia-

le il bilancio consuntivo annuale e porta a conoscenza della comunità parrocchiale le componenti essenziali delle entrate e delle uscite verificatesi nel corso dell'esercizio, nonché il rendiconto delle offerte e del loro utilizzo, indicando anche le opportune iniziative per l'incremento delle ri-sorse necessarie per la realizzazione delle attività pastorali e per il sostentamento del clero par-rocchiale.

Art. 11 - Validità delle sedute e verbalizzazione § 1. Per la validità delle riunioni del Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici è neces-

saria la presenza della maggioranza dei consiglieri. § 2. I verbali del Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici, redatti su apposito registro,

devono portare la sottoscrizione del Parroco e del Segretario del Consiglio stesso e debbono es-sere approvati nella seduta successiva.

Art. 12 - Per quanto qui non specificato, si fa riferimento al Codice di diritto canonico.

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2 - La Chiesa di Alba: il territorio, le sua storia e la sua gente Il territorio e la storia Il Sinodo ed il cammino verso il Giubileo del 2000 sono un’ occasione segnalata dalla "Tertio millennio adveniente" per ricordare la storia della nostra diocesi, i molti avvenimenti memorabili assieme ai ritardi ed alle controtestimonianze, impegnandosi a ripensare in occasione del Sinodo la propria fedeltà a Cristo ed all'uomo che vive in questo territorio. La diocesi di Alba è tra le più antiche del Piemonte. Fin dal terzo secolo si fa memoria della penetrazione del Cristianesimo nel municipio romano di Alba, insignito della specificazione "Pompeja" per decisione ed a ricordo del console Pompeo Strabone nell'anno 89 a.C. Verso la metà del quarto secolo inizia la serie dei Vescovi di Alba. Dionisio, discepolo di S.Eusebio, è Vescovo di Alba circa nel 350, e successivamente di Milano, dove precede S. Ambrogio. Come circoscrizione ecclesiastica Alba fu suffraganea di Milano fino ai tempi di S. Carlo (+1584). I Confini della diocesi furono quelli dell'antico municipio romano della tribù Camilia al quale venne annesso quello della tribù Publilia (Alta Langa). Pertanto la diocesi di Alba fu segnata nei confini dal corso del Tanaro, delle due Bormide, del Belbo e dell'Uzzone. Tale rimase sino alla soppressione napoleonica. La restaurazione che seguì ridisegnò la diocesi di Alba nei confini attuali, lasciando a Mondovi alcuni centri dell'Alta Langa ed accogliendo le zone di Cherasco, del Roero e della Destra Tana-ro. Il territorio attuale della diocesi ha una superficie di 1006 Kmq, pari a 100.648 ettari, disposti ad un altitudine sul livello del mare che va dai m. 172 di Alba ai m. 785 di Niella Belbo105. È suddivisa in otto vicarie, con 126 comunità parrocchiali ed una popolazione di circa 120.000 abitanti. Memoria dei fedeli vescovi, presbiteri, consacrati, consacrate, laici La diocesi di Alba, secondo studi accreditati, viene fatta risalire al 350 ed ha visto succedersi alla sua guida 96 vescovi, l'ultimo dei quali è Mons. Sebastiano Dho nominato nel 1993. Assieme ai vescovi ricordiamo i presbiteri, i diaconi, i religiosi e le religiose che nei secoli hanno annunciato e custodito, come ordinati o come consacrati, il Vangelo in queste terre. Impossibile conoscerne il numero, certamente molte migliaia, anche se la documentazione che possediamo è precisa solo dal 1600 in poi. Un’attenta indagine del 1984, riguardante i missionari albesi nel mondo registrava 26 sacerdoti diocesani, 3 laici, 94 consacrati e 62 consacrate, in tutto 185, segno indubbio di una grande gene-rosità anche da parte del clero diocesano che hanno risposto generosamente all'invito della "Fidei donum". Ad essi vanno associati i fedeli laici che hanno onorato l'appartenenza alla Chiesa, vivendo con esemplarità la fede nella loro condizione di battezzati, nelle nostre comunità e nella società. Per tutti i testimoni che hanno custodito il Vangelo nelle nostre terre ricordiamo i Santi procla-mati o additati dalla Chiesa come Beati o come Servi di Dio: * S.Teobaldo Roggeri (+1150)

105 cfr A. Stella, Alba - Storia di una diocesi, 1996

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* Beato Alerino Rembaudi, Vescovo (+1456) * Beata Margherita di Savoia del second'ordine domenicano * Beato Sebastiano Valfrè, nativo di Verduno, del clero torinese (+1710) * Servo di Dio Don Rubino Giovanni, del clero diocesano e fondatore delle Suore Luigine (+1853) * Servo di Dio Maggiorino Vigolungo, della S.S.P (+1918) * Servo di Dio Can. Francesco Chiesa, del clero diocesano (+1946) * Servo di Dio Andrea Borello, della S.S.P (+1948) * Beato Timoteo Giaccordo, della S.S.P. (+1948) * Serva di Dio Madre Tecla Merlo, di Castagnito, della F.S.P. (+1964) * Servo di Dio Don Giacomo Alberione, fondatore della S.S.P. (+1971) * Serva di Dio Madre Scolastica, di Guarene, delle P.D. (+1987) 3- I Sinodi della diocesi di Alba ed i Sinodali del 25° Sinodo La storia della diocesi registra 24 Sinodi anche se di alcuni mancano gli atti. Per i secoli precedenti ed appena successivi al Mille si possono presumere altri Sinodi, essendo la pratica sinodale molto diffusa nelle Chiese e tra le Chiese particolari. Il primo testo di "Costituzioni Sinodali" riguardanti la diocesi di Alba pervenutoci è quello de-nominato comunemente "Costituzioni Isnardi", dal nome del Vescovo che l’ha promosso e pro-mulgato nel 1325 ed è contenuto nel “Codice di Guarene”. Anno Sinodo Vescovo Autore e fonte 1325 Guglielmo Isnardi Marengo, Tesi Laurea 1420 Alerino Rembaudi Marengo, Tesi Laurea 1426 Alerino Rembaudi Marengo, Tesi Laurea 1434 Alerino Rembaudi Marengo, Tesi Laurea 1438 Alerino Rembaudi Conterno, Dogliani 1512 Andrea Novelli Pozzetti, Serie Vescovi 1562 Marco G. Vida Stella, Vida 1566/1572 Leonardo Marino Pozzetti, Serie Vescovi 1594 Alberto Capriano Pozzetti, Serie Vescovi 1603 G. Anselmo Carminato Conterno, Dogliani 1626 Ludovico Gonzaga Pozzetti, Serie Vescovi 1642-1665 (4 sinodi) Paolo Brizio Pozzetti, Serie Vescovi 1667-1691 (3 sinodi) V. N. Della Chiesa Pozzetti, Serie Vescovi 1705-1706 (2 sinodi) Giuseppe Roero Pozzetti, Serie Vescovi 1729 (manoscritto) Francesco Vasco Pozzetti, Serie Vescovi 1841 Costanzo Fea Pozzetti, Serie Vescovi 1867/1879 (prosinodo)Eugenio R. Galletti Pozzetti, Serie Vescovi 1944 Luigi Grassi Testo del Sinodo Secondo ricerche di A.Stella esistono gli atti e sono consultabili i seguenti testi sinodali: 1 - Isnardi; 2 - Novelli; 3 - Vida; 4 - Capriano; 5 - Gonzaga; 6,7,8,9 - Brizio; 10 - Della Chiesa; 11 - Roero; 12 - Vasco; 13 - Fea; 14 - Galletti; 15 - Grassi

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CognomeNome CITTA PARROCCHIA Aneto Myriam Alba Cattedrale di S. Lorenzo Battaglino Cesare Alba Cattedrale di S. Lorenzo Boero Tommaso Alba Cattedrale di S. Lorenzo Carena Claudio Alba Cattedrale di S. Lorenzo Chiesa Luigi Alba Cattedrale di S. Lorenzo Ciravegna Giovanni Alba Cattedrale di S. Lorenzo Cogno Liliana Alba Cattedrale di S. Lorenzo Demaria Ida Alba Cattedrale di S. Lorenzo Dho Mons. Sebastiano Alba Cattedrale di S. Lorenzo Donato Raffaele Alba Cattedrale di S. Lorenzo Donghi Enrica Alba Cattedrale di S. Lorenzo Drello Maddalena Alba Cattedrale di S. Lorenzo Germanetto Oreste Alba Cattedrale di S. Lorenzo Gonella Ada Alba Cattedrale di S. Lorenzo Marchisio Domenico Alba Cattedrale di S. Lorenzo Mastrandrea Giuseppe Alba Cattedrale di S. Lorenzo Morelli Vito Alba Cattedrale di S. Lorenzo Moscatello Mario Alba Cattedrale di S. Lorenzo Moscone Mario Alba Cattedrale di S. Lorenzo Negro Bernardino Alba Cattedrale di S. Lorenzo Rocca Elena Alba Cattedrale di S. Lorenzo Rocca Paolo Alba Cattedrale di S. Lorenzo Servetti Bruno Alba Cattedrale di S. Lorenzo Soro Giuseppe Alba Cattedrale di S. Lorenzo Stella Emilio Alba Cattedrale di S. Lorenzo Tarabra Antonio Alba Cattedrale di S. Lorenzo Teruzzi Fiorangela Alba Cattedrale di S. Lorenzo Toppino Gian Giacomo Alba Cattedrale di S. Lorenzo Triverio Fiorino Alba Cattedrale di S. Lorenzo Venturino Bartolomeo Alba Cattedrale di S. Lorenzo Vignola Delia Alba Cattedrale di S. Lorenzo Albesano Domenico Alba Cristo Re Bianco Armando Alba Cristo Re Buccolo Marco Alba Cristo Re Foglino Franco - Leopoldo Alba Cristo Re Rovej Carla Alba Cristo Re Vaccaneo Valentino Alba Cristo Re Voghera Pierluigi Alba Cristo Re Grillo Celestino Alba Divin Maestro Guidetti Lorenzina Alba Divin Maestro Zurra Chiara Alba Divin Maestro Altare Jonni Alba Madonna della Moretta Piccione Giovanni Alba Madonna della Moretta Terzano Cristina Alba Madonna della Moretta Sardo Paolo Alba Natività di Maria Vergine

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Torrero Luigi Alba Natività di Maria Vergine Gaia Pio Alba S.Giovanni Battista Gallo Renato Alba S.Giovanni Battista Ruffino Vincenza Alba S.Giovanni Battista Gallo Franco Alba S.Margherita Ghiglia Roberto Alba S.Margherita Racca Piero Alba S.Rocco Rigo Alberto Alba S.Rocco Ciravegna Franco Alba Seminario Zurra Gianluca Alba Seminario Artuffo Alberto Alba Ss. Cosma e Damiano Cuniberto Mario Alba Ss.Cassiano e Frontiniano e

S.Giuseppe operaio Gianolio Giovanni Battista Alba Ss.Cassiano e Frontiniano e S.Giuseppe operaio Marengo Gianfranco Alba Ss.Cassiano e Frontiniano e S.Giuseppe operaio Rainero Claudio Alba Ss.Cassiano e Frontiniano e S.Giuseppe operaio Reggio Piero Alba Ss.Cassiano e Frontiniano e S.Giuseppe operaio Marello Maurizio Alba - Mussotto Natività di Maria SS.ma

Neso Mauro Alba - Mussotto Natività di Maria SS.ma Vignola Italo Alba - Mussotto Natività di Maria SS.ma Porro Livio Alba - Piana Biglini Immacolata Concezione Adorno Roberto Alba - Ricca S.Rocco Alessandria Gianfranco Alba - Ricca S.Rocco Magliano Piero Alba - Scaparoni S.Rocco Grasso Sandra Baldissero S.Caterina Doglio Paolo Barbaresco S.Giovanni Battista Rocca Onorato Barbaresco S.Giovanni Battista Castello Lorenzo Barolo S.Donato Mazzocchi Walter Barolo S.Donato Viberti Carlo Barolo S.Donato Viberti Giovenale Barolo - Vergne S.Ponzio Vespa Giovanni Benevello S.Pietro in vincoli Destefanis Aldo Borgomale S.Eusebio Arecco Daniela Bosia S.Nazario Costa Luigi Bosia S.Nazario Marenco Paolo Bossolasco S.Giovanni Battista Scalici Vincenza Bossolasco S.Giovanni Battista Toscano Maria Teresa Bossolasco S.Giovanni Battista Allocco Giovanni Bra - Pollenzo S.Vittore Battaglino Giambeppe Bra - Pollenzo S.Vittore Ferrero Marina Camo S.Pietro in vincoli Bazzano Rosanna Canale S.Defendente e Madonna del Carmi-

ne Conterno Angelo Canale S.Vittore Grasso Elvira Canale S.Vittore Perico M. Regina Canale S.Vittore Cordero Serafina Castagnito S.Giovanni Battista Garetto Teresa Castagnito S.Giuseppe Bonaria Silvana Castagnole Lanze S.Bartolomeo Coppa Mario Castagnole Lanze S.Bartolomeo Saglietti Romana Castagnole Lanze S.Pietro in vincoli

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Dotta Lidia Castelletto Uzzone Natività di Maria Vergine e S.Antonio Abate Mantovani Eligio Castelletto Uzzone Natività di Maria Vergine e S.Antonio Abate Delpiano Fiorentino Castellinaldo S.Dalmazzo

Grosso Alberto Castellinaldo S.Dalmazzo Scavino Angela Castiglion Falletto S.Lorenzo Dovico Maurizia Castiglione Tinella Beata Vergine del Buon Consiglio Manzo Giovanna Castiglione Tinella S.Andrea Smorgon Giovanni Castino S.Margherita e S.Bovo Trinchero Giovanni Ceresole d'Alba Beata Vergine Assunta Fogliato Giovanni Ceresole d'Alba S.Giovanni Battista Paganotto Nadia Ceresole d'Alba S.Giovanni Battista Tarable Battista Ceresole d'Alba S.Giovanni Battista Bergese Giovanna Cherasco S.Bartolomeo Casetta Giuseppe Cherasco S.Giovanni Battista e S.Gregorio Costamagna Caterina Cherasco S.Giovanni Battista e S.Gregorio Bonfante Rosangela Cherasco S.Pietro Franco Angelo Cherasco S.Pietro Graglia Emma Cherasco - Bricco S.Grato Bravo Giancarlo Cherasco - Cappellazzo Natività di Maria Vergine Ciravegna Carlo Cherasco - Roreto Maria Vergine Assunta Garesio Morra Patrizia Cherasco - Roreto Maria Vergine Assunta Barbero Sergio Cherasco - Veglia S.Rocco Busso Gabriele Cherasco - Veglia S.Rocco Gabutti Pietro Giorgio Cissone S.Lucia Perrone Colombo Coazzolo S.Siro Corino Ambrogio Corneliano Ss.Gallo e Nicolò Uda Andreana Corneliano Ss.Gallo e Nicolò Boschiazzo Anna Maria Cortemilia S.Michele Gallo Mauro Cortemilia S.Michele Gallo Luigi Cortemilia S.Pantaleo Oberto Bernardino Cortemilia S.Pantaleo Veglio Salerno Maria Si-mona

Cortemilia S.Pantaleo Bianco Giuseppe Mario Cossano Belbo S.Giovanni Battista e S.Nicolao Viberti Eugenio Cossano Belbo S.Giovanni Battista e S.Nicolao Pennasso Valerio Cravanzana Ss.Pietro e Vitale Zerbetto Guido Cravanzana Ss.Pietro e Vitale Castella Daniela Diano d'Alba S.Giovanni Battista Cotto Luigi Diano d'Alba S.Giovanni Battista Mollo Francesco Diano d'Alba Santa Croce Veglio Prospero Diano d'Alba Santa Croce Galvagno Alberto Gallo Grinzane Maria Vergine Immacolata Alessandria Emanuele Gorzegno S.Siro Bertola Giovanni Gorzegno S.Siro Cerrato Daniela Gottasecca S.Pietro in vincoli Malvicino Giuseppe Govone S.Secondo Novo Massimo Govone S.Secondo Ghi Corrado Govone - Canove Ss.Annunziata Giordana Antonina Grinzane Cavour Maria Vergine del Carmine Scattone Daniela Guarene Ss.Pietro e Bartolomeo

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Dellapiana Luciano Guarene - Castelrotto Maria Vergine Assunta Chiavazza Cagna Maria Guarene - Vaccheria Nostra Signora della Salute Finino Guido Guarene - Vaccheria Nostra Signora della Salute Capriolo Emilio La Morra S.Martino Damonte Oberto Giovanna La Morra S.Martino Mascarello Dario La Morra S.Martino Mollo Beatrice La Morra S.Martino Brezza Franca La Morra - Annunziata Ss.Annunziata Rosso Adriano La Morra - Annunziata Ss.Annunziata Sobrero Carla Lequio Berria S.Lorenzo e Angeli Custodi Veglio Giovanni Lequio Berria S.Lorenzo e Angeli Custodi Alessandria Carlo Levice S.Antonio Abate e Natività di Maria

Vergine Corsini Luigi Levice S.Antonio Abate e Natività di Maria Vergine Costamagna Bartolomeo Magliano Alfieri S.Andrea

Cavallero Pier Giorgio Magliano Alfieri Ss.Antonio e Maurizio Pelassa Maria Mango S.Donato Saglietti Irene Mango Ss.Giacomo e Cristoforo Bernocco Andrea Monchiero Beata Vergine del Rosario Camia Franca Monchiero Beata Vergine del Rosario Capello Giuseppe Monforte Madonna della Neve Corino Tersilla Monforte Madonna della Neve Ivaldi Adolfo Monforte Madonna della Neve Donato Giuseppe Monta' S.Antonio Abate Magliano Giovanni Monta' S.Antonio Abate Morone Domenico Monta' S.Antonio Abate Pelassa Nadia Monta' - S. Rocco S.Rocco Moresco Sandra Monta' - S. Vito S.Vito e SS.Trinità Quadrumolo Fabrizio Montaldo Roero SS.Annunziata Albarello Silvano Montelupo Maria Vergine Assunta Galvagno Battista Monteu Roero S.Anna Negro Giovanni Monteu Roero S.Anna Moretti Oddino Monteu Roero S.Nicolao Occhetti Pierangela Monteu Roero S.Nicolao Artusio Gianpiero Monticello Natività di Maria Vergine Burdese Giovanni Monticello Natività di Maria Vergine Margiaria Ornella Monticello Natività di Maria Vergine Aimo Maria Caterina Monticello - S. Grato S.Grato Lanzone Andrea Monticello Villa S.Ponzio Bottero Luisella Narzole Ss.Bernardo, Nazario e Celso Carosso Angelo Narzole Ss.Bernardo, Nazario e Celso Rossi Massimo Narzole Ss.Bernardo, Nazario e Celso Agnella Daniele Neive Ss.Pietro e Paolo Cogno Giuseppe Neive Ss.Pietro e Paolo Dellapiana Loredana Neive Ss.Pietro e Paolo Pizzigalli Amabile Neive Borgonuovo Patrocinio di S.Giuseppe e N.S.delle

grazie Bruna Luigi Neviglie S.Giorgio Alasia Eleonora Niella Belbo S.Giorgio e Madonna della neve Giacosa Lorena Niella Belbo S.Giorgio e Madonna della neve Conterno Nicola Novello S.Michele

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Franchello Ida Pezzolo V. Uzzone S.Colombano Gallo Renzo Pezzolo V. Uzzone -

Todocco Ss.Pietro e Bartolomeo

Gallo Giancarlo Piobesi d'Alba S.Pietro in vincoli Testa Domenica Piobesi d'Alba S.Pietro in vincoli Cogno Gianfranco Pocapaglia Ss.Giorgio e Donato Merlo Giancarlo Pocapaglia Ss.Giorgio e Donato Molinaris Aldo Pocapaglia Ss.Giorgio e Donato Testa Marco Pocapaglia Ss.Giorgio e Donato Tibaldi Annamaria Pocapaglia Ss.Giorgio e Donato Asteggiano Valter Pocapaglia - Macellai Beata Vergine del Buon Consiglio Cordero Giovanni Priocca S.Stefano Dogliotti Renza Pasquero Priocca S.Stefano Marchisio Antonio Priocca S.Stefano Pasquero Luciano Priocca S.Stefano Adriano Elisabetta Roddi Maria Vergine Assunta Dell Orto Giancarlo Roddino S.Margherita Marengo Giuseppe Rodello S.Lorenzo Gallarato Domenica S. Stefano Roero S.Lorenzo e N.S.delle grazie Costa Catia S. Stefano Roero S.Maria del Podio Molino Vincenzo S. Stefano Roero S.Maria del Podio Blengio Francesco S.Stefano Belbo Sacro Cuore di Gesù Bussi Stefano S.Stefano Belbo Sacro Cuore di Gesù Filante Michele S.Stefano Belbo Sacro Cuore di Gesù Mo Michelina S.Stefano Belbo Sacro Cuore di Gesù Passalacqua Carla S.Stefano Belbo Sacro Cuore di Gesù Gatti Aldo S.Stefano Belbo - Valdi-

villa S.Margherita

Oricco Giuseppe S.Vittoria Maria Vergine Assunta Adriano Alberto e Teresita S.Vittoria - Cinzano Santa Paola Barale Renato S.Vittoria - Cinzano Santa Paola Garabello Agostino S.Vittoria - Cinzano Santa Paola Germano Paola Serralunga S.Sebastiano Moscone Sergio Serralunga S.Sebastiano Scalitti Bruna Serravalle Langhe Maria Vergine Assunta Barile Oscar Sinio S.Frontiniano Camia Barbara Somano S.Donato Nervo Gabriele Sommariva Perno Spirito Santo Pavese Giovanni Sommariva Perno Spirito Santo Bertolusso Giuseppe Sommariva Perno S.Giuseppe Ravina Carlo Torre Bormida Maria SS.ma Assunta Simonelli Irmetta Treiso Maria Vergine Assunta Fiore Graziella Trezzo Tinella S.Antonio Abate Scavino Sabrina Verduno S.Michele Grasso Marco Vezza d'Alba S.Martino Obole Alessia Vezza d'Alba S.Martino

4 - Cronistoria e motivi ispiratori del 25° Sinodo

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"Sinodo" e "Sinodalità" La diocesi di Alba chiamata ad una nuova evangelizzazione alle soglie del 2000, ha risposto con il Sinodo, promuovendo un "cammino insieme" nella Chiesa locale, in collaborazione con le Chiese sorelle del Cuneese: Cuneo, Fossano, Saluzzo e Mondovì. Le date: i Vescovi delle diocesi cuneesi hanno maturato una prima decisione di promuovere il Sinodo il 9 luglio 1994 riuniti a Saluzzo e confortati dal consenso delle delegazioni dei rispettivi Consigli presbiterali e pastorali diocesani. Il 5 marzo 1995 hanno annunciato in contemporanea la decisione di celebrare il Sinodo nelle ri-spettive Chiese diocesane, inviando a tutte le comunità ed a tutte le famiglie una lettera collettiva sulla prossima celebrazione del Sinodo. La domenica 19 novembre 1995, festa della Chiesa locale, in tutte le diocesi si è dato inizio alla consultazione, primo tempo del cammino sinodale, utilizzando con fantasia creativa il "Testo ba-se" e le "Schede per la consultazione", frutto di un lavoro e concertato promosso dalla Commis-sione inerdiocesana. Le singole diocesi hanno elaborato, alla conclusione di due anni di consul-tazione, lo "Strumento di lavoro" che è stato portato in assemblea per la discussione. Le assemblee, inaugurate in occasione della festa della Chiesa locale (16 novembre 1997), si so-no concluse con la festa della Pentecoste (31 maggio 1998). Le assemblee sinodali della Chiesa albese sono state dodici. Si è iniziato con la celebrazione di apertura la domenica 16 novembre 1997 in Cattedrale, festa della Chiesa locale. In seguito si sono svolte dieci assemblee, sette di discussione e tre di votazione. L'assemblea conclusiva si è tenuta in Cattedrale il 31 maggio 1998, domenica di Pentecoste. I dati dell'assemblea sinodale. I Sinodali erano 227: 60% uomini (136), 40% donne (90); 68% laici (155), 5% consacrati e consacrate (12), 26% sacerdoti (60). Le 126 parrocchie della diocesi erano rappresentate ciascuna dal Sinodale designato dal Consi-glio parrocchiale. La presenza alle assemblee è sta mediamente dell'80% degli aventi diritto. Gli interventi in Assemblea da parte dei Sinodali sono stati 108 oltre a quelli magisteriali del Ve-scovo e di presentazione del Presidente della Commissione sul tema in discussione: il tutto, stampato in fascicoli, è stato affidato ai Sinodali. Il Concilio Vaticano II indica come base della Chiesa i legami di comunione e missione che in-tercorrono fra tutti credenti, e che generano, come frutto maturo, la "sinodalità", cioè la ricchezza e la capacità di camminare insieme. La "sinodalità" trova la sua radice nel sacramento del Battesimo che incorpora a Cristo e rende tutti membri della Chiesa, uguali in dignità e partecipi del comune sacerdozio, e nel sacramento dell'Ordine, che costituisce la gerarchia a servizio della crescita del popolo di Dio: “un popolo che ha per capo Cristo, per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio nel cuore dei quali dimora lo Spirito Santo, che ha per legge il nuovo precetto dell'amore come Cristo ci ha amati, che ha per fine il Regno di Dio qui iniziato e che deve essere dilatato all'umanità, che sarà porta-to a compimento da Cristo quando ritornerà”106. Il Sinodo è stato vissuto come momento espressivo della "sinodalità" della Chiesa particolare sotto la guida del Vescovo ed ha avuto per scopo di pervenire ad orientamenti, direttive e norme

106 LG 9

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riguardanti il cammino pastorale della diocesi. In analogia al Concilio della Chiesa cattolica uni-versale, si è vissuto il Sinodo della Chiesa diocesana come evento forte e di speciale grazia. Nel Sinodo è confluito il massimo grado di rappresentanza della diocesi, il Vescovo con i presbi-teri, i diaconi, i consacrati e le consacrate ed i laici, ed il massimo grado di impegno decisionale per tutti i membri della stessa. Il Concilio Vaticano II, ripristinando nelle Chiese lo stile dei pri-mi tempi, chiama al Sinodo tutte le componenti del popolo di Dio, riconoscendo così anche ai fedeli laici il diritto-dovere di parteciparvi, in forza del comune senso della fede e del comune sacerdozio. È la prima volta che questo avviene per i Sinodi della diocesi di Alba che, a nostra conoscenza, sono in numero di ventiquattro, il primo dei quali è il "Sinodo Isnardi" del 1325. Le assemblee sinodali, momento decisivo e conclusivo di ogni Sinodo, pur servendosi di vota-zioni "democratiche", sono state vissute come momento "carismatico", espressione dei carismi che lo Spirito dona alla sua Chiesa e che nel Vescovo trovano la sintesi. I segni dei tempi che ne hanno sollecitato la celebrazione * Dare risposta all'invito del successore di Pietro per una nuova evangelizzazione, alla vigilia del terzo millennio della presenza nella storia umana di Cristo, unico Salvatore. * Di fronte al nuovo ed alla "modernità" la Chiesa è chiamata ad assumere i "semi del Verbo" presenti, purificarli dagli idoli ricorrenti, elevare a dignità l'uomo nella luce di Cristo107. * Incarnare nella nostra diocesi la visione di Chiesa propria del Concilio, con le sue impronte di comunione - missione - ministerialità, passando però dalla teoria alla prassi. * Manifestare nella Chiesa diocesana una rinnovata comunione, integrandola con la "communio ecclesiarum", particolarmente con le Chiese sorelle del Cuneese. * Rivedere la presenza dei laici nella dinamica della vita ecclesiale, riconoscendoli come soggetti di pastorale, secondo la "Cristifideles Laici". Altri "segni" sono emersi ed hanno trovato posto nel Libro sinodale della diocesi. L'icona del Sinodo Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse Gesù; salì sopra un sicomoro e Gesù gli disse: scendi, devo fermarmi a casa tua. Zaccheo lo accolse con gioia. Gesù disse: og-gi la salvezza è entrata in questa casa108. La felice icona di Zaccheo ha accompagnato il cammino sinodale di Alba e delle diocesi sorelle del Cuneese, che si sono messe nei suoi panni per cercare il volto del Signore, come avvenne per le sette Chiese dell'Apocalisse109. Chiamate ad ascoltare ciò che dice lo Spirito, udirono parole di severa correzione ma anche di fiduciosa speranza. Il "logo" del Sinodo Il logo del 25° Sinodo della diocesi di Alba ha ripreso ed espresso graficamente l'icona dell'in-contro di Gesù con Zaccheo. Emerge la sagoma di un albero abbracciato da un elemento grafico in fuga prospettica, ricordo del sicomoro sul quale è salito Zaccheo. L'albero va pure letto come albero della vita e come albero della croce, perché Cristo è portatore di "vita nuova".

107 cfr GS 36 108 cfr Lc 19,1-10 109 cfr Ap 2,3

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Dove? Nella casa-chiesa e nella casa-famiglia che coincidono e sulla cui verticale emerge la cro-ce. Il riferimento è alla dimensione ecclesiale del Sinodo destinato a coinvolgere la quotidianità della vita, legata alla famiglia, alla parrocchia ed alla diocesi. La Consultazione del popolo di Dio: analisi, giudizi, proposte. Due successive consultazioni sinodali (novembre 1995-giugno 1996 ed ottobre 1996-giugno 1997), hanno impegnato tutte le parrocchie nella preghiera e nella predicazione sui temi sinodali. Molte associazioni e gruppi di varia estrazione hanno discusso i temi proposti dal "Testo base" e dalle "Schede per la discussione", elaborato in comune da pastoralisti delle cinque diocesi del Cuneese. I gruppi organizzati nella diocesi sono stati oltre 350 ed hanno coinvolto circa 6.500 persone in oltre 2.000 incontri sinodali. * Ci si è accorti che diventare "soggetti" e corresponsabili nella vita della nostra Chiesa è una "gioiosa fatica" come recita la preghiera per il Sinodo risuonata in tutte le nostre comunità. La grande novità è la chiamata dei cristiani laici a condividere "la preoccupazione di tutte le Chiese" come dice Paolo110 assieme alla gerarchia. * Si è cercato di "vedere" la situazione religiosa del nostro tempo ed è emersa un’analisi attenta della crisi religiosa in atto e dei suoi riflessi sulla famiglia e sulla parrocchia. * Il secondo passo, cioè "giudicare" la situazione, ha dato luogo ad incertezze a causa della scar-sa consuetudine a confrontarsi con la Parola di Dio. * Il terzo momento invitava a fare delle proposte pastorali per il Sinodo: sono state molte ed in tutti i settori della vita ecclesiale. Raccolte nello "Strumento di lavoro" sono state portate al di-battito nell'Assemblea sinodale. L' indagine socio-religiosa Un’indagine socio-religiosa ha affiancato la Consultazione sinodale, per conoscere con metodo scientifico i valori spirituali e morali coltivati dalla nostra gente in questo momento della storia, proiettato verso il terzo millennio. I risultati sono stati ampiamente divulgati. Ricordiamo solo alcuni dati e qualche valutazione: Nel Cuneese e nell'Albese la pratica religiosa ed il senso di appartenenza alla Chiesa è molto al-to. Lo zoccolo duro di appartenenza è del 25%, dei quali il 17 % fa parte di gruppi od associazioni a supporto dell'azione religiosa. Un ulteriore 40 % sente l'appartenza alla Chiesa in modo discontinuo e con riserva, rispetto alle proposte della Chiesa. L'adesione culturale coinvolge il 25% e solo il 10 % sta ai margini, pochi dei quali si dichiarano atei. All'interno di questi dati, il 15% in più della media nazionale, si nota: una disponibilità economica che supera il nord-est del paese uno scollamento impressionante tra fede e vita, che pone le popolazioni del Cuneese a livello delle zone più secolarizzate con una scarsa preoccupazione circa la coerenza con la fede, specie sul piano sessuale e sociale: una morale "fai da te" o "part-time". Lo scollamento investe anche il "pensare" religioso, che è sovente fermo alle risposte mnemoni-che del catechismo di Pio X.

110 cfr 2 Cor.11,28

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Emerge di conseguenza la grande responsabilità di rievangelizzare Cristo e le fede in un contesto di popolazione disorientata, ma ancora molto religiosa.

Serie cronologica dei Vescovi di Alba 1. SAN DIONISIO (350), discepolo di sant'Eusebio arciVescovo di Vercelli, fu eletto Vescovo di

Alba verso il 350, quando sant'Eusebio effettuò la prima circoscrizione delle principali dioce-si del Piemonte.

2. ADELGISIO (355). Si crede sia stato eletto dallo stesso S. Dionisio nel 355 prima di partire per l'esilio.

3. SEVERO (391).

4. BRUNINGO (419).

5. ALDERICO (443).

6. LAMPADIO (460).

7. MANFREDO (482).

8. VENANZIO (503).

9. OLDARICO (532).

10. PIETRO I (563).

11. VENANZIO II (597).

12. GUGLIELMO (627).

13. VITELMO I (661).

14. SAN BENEDETTO (673).Riconosciuto da tutti gli storici come Vescovo di Alba.Nell' Aula Ca-pitolare un quadro antico lo rappresenta in atto di preghiera davanti alla Madonna.

15. LAMPADIO II (801).

16. SIGIFREDO (829).

17. PIETRO PENSO II (850).

18. OLDERADO O ILDRADO.(876).

19. LIUTARDO (901).

20. VITELMO II (901).

21. DAIBERTO (938).

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22. FLOCARDO O FULCARDO (960-985). Era un monaco della Novalesa. Avendo trovato Alba e la diocesi devastata dagli Ungari e dai Saraceni al punto che egli era costretto a mantenersi col lavoro delle proprie mani, ritornò all' Abbazia. La diocesi di Alba fu unita a quella Astese.

23. COSTANTINO (997). Costantino Guerra, dei signori di Garessio e Calizzano.

24. OBERTO (1027).

25. PIETRO PENSO III O BENZONE (1059).

26. ALBERTO (1061). Figlio di Ottone, conte di Castellamonte.

27. PELLEGRINO (1098).

28. PIETRO IV (1118-1124). Figlio di Arduino, conte di Valperga, era un monaco benedettino.

29. ROBALDO (1125-1145). Figlio di Roberto, Conte di Ginevra. Fu anche designato ArciVesco-vo di Milano.

30. PIETRO V (1150-1158). Del Carretto, dei conti di Millesimo e Marchesi di Savona.

31. ROZONE (1163).

32. OTTONE (1169-1177). Del Carretto, dei Marchesi di Ceva.

33. FEDERICO (1180). Figlio di Guglielmo, Marchese di Monferrato.

34. BONIFACIO I (1185). Del Carretto, dei Marchesi di Savona.

35. GERARDO (1191). Era cittadino albese.

36. OGERIO (1192-1204). Era anche questi cittadino albese.

37. BONIFACIO II (1205). Bonifacio Del Carretto, dei Marchesi di Savona. Ricevette e ospitò San Francesco d'Assisi nel 1214 e gli permise di fondare conventi in Alba, Cortemilia, Cairo, Spigno, Ceva.

38. REINERIO (1216-1226). Era monaco cistertense.

39. SARDO (1231). Il 13 aprile 1231 è presente alla conferma dell'alleanza tra Alba e Alessandria.

40. GUGLIELMO BRAIDA (1237-1253). Sotto di lui il 1° aprile 1251 fu posta la pietra fondamenta-le della chiesa di S. Maria Maddalena in Alba, propria dell' Ordine degli Umiliati. Nel 1252 fece la dedicazione della chiesa di San Domenico di recente edificata.

41. MONACO (1255-1260).

42. GANDOLFO (1259-1262).

43. SIMONE (1262-1271).

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44. MARTINO (1276).

45. BONIFACIO III (1283-1306). Del Carretto, dei Marchesi di Santa Giulia, già Canonico della Cattedrale albese. Sotto questo Vescovo il re Roberto di Sicilia edificò a sue spese la chiesa di S. Francesco, degna di essere annoverata fra le più belle d' Italia. Questa Chiesa fu demoli-ta nel 1814 dal regime napoleonico.

46. RAIMONDO (1311-1321). Era frate di S. Jean de Morienne in Savoia, nativo di Marsiglia.

47. GUGLIELMO ISNARDI (1321), da Civitella. Le sue Costituzioni sinodali del 1323 sono le più antiche finora pervenute fino a noi.

48. PIETRO AVOGADRO (1334) dell'Ordine dei Predicatori, di famiglia patrizia vercellese.

49. LAZZARINO FLISCO O FIESCHI (1350) dei signori di Lavagna (Genova). Il 3 settembre 1364 approvò che le Domenicane di Santa Caterina si fabbricassero un Oratorio e un cenobio den-tro la Città.

50. LUDOVICO DEL CARRETTO (1369-1388), dei Marchesi di Ceva. Nell'anno 1382 donò il castel-lo di Diano ad Amedeo Conte di Savoia per suprema disposizione del Papa Clemente VI.

51. FEDERICO DEL CARRETTO (1389-1390), dei Marchesi di Ceva e Signori di Saluzzo.

52. PIETRO DEL CARRETTO (1392), dei Marchesi di Savona.

53. BONIFACIO IV (1398).

54. FRANCESCO I DEL CARRETTO (1401),dei Marchesi di Savona.

55. ALERAMO DEL CARRETTO (1407).

56. FRANCESCO II DEL CARRETTO (1410). Nell' anno 1413 concedette in feudo il castello di Dia-no a Oddone Roero.

57. GIACOMO DEL CARRETTO (1412-1418), dei Marchesi di Savona e di Novello.

58. B. ALERINO REMBAUDI (1419-1456). Nobile cittadino albese, venerato come beato. Chiamò ad Alba gli Agostiniani e pose la prima pietra del Monastero delle Domenicane (1446).

59. BERNARDO DEL CARRETTO (1456-1460), dei Marchesi di Savona e di Novello.

60. PIETRO DEL CARRETTO (1460-1482), dei Marchesi di Savona e di Millesimo. Nel 1460 cedet-te ai Conti Pico della Mirandola i diritti vescovili sul castello e feudo di Roddi.

61. ANDREA NOVELLI (1484) da Trino Vercellese. Pose la prima pietra dell' attuale Duomo (18 maggio 1486) e riorganizzò la diocesi con Sinodi.

62. IPPOLITO NOVELLI (1517-1530),nipote del precedente e suo coadiutore. Nel coro della Chiesa di San Domenico è dipinto sulla parete il suo mausoleo in memoria della restaurazione che egli curò di questa chiesa.

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63. ANTONIO MOLLO (1530-1532), di Casale Monferrato.

64. GIULIANO VISCONTI (1532), di Milano.

65. MARCO GEROLAMO VIDA (1533), di Cremona. Fu tra i principali rappresentanti della lettera-tura umanistica in lingua latina. Fu anche un grande "pastore". Mise le prime basi del Semi-nario Vescovile.

66. LEONARDO MARINO (1566-1572), genovese. Ampliò il Seminario e ne promosse la fioritura.

67. VINCENZO MARINO (1572-1583), nipote del precedente, fece osservare nella diocesi le pre-scrizioni del Concilio di Trento e dotò generosamente il Seminario Vescovile.

68. LELIO O AURELIO ZIBRAMONTI (1583), mantovano.

69. LUDOVICO MICHELIO (1583-1590), mantovano.

70. ALBERTO CIPRIANO (1590-1595), mantovano.

71. GIOVANNI ANSELMO CARMINATO (1597-1604), mantovano, ampliò il Seminario Vescovile.

72. FRANCESCO PENDASIO (1605-1616), mantovano. Nel 1613 scoppiò la guerra del Monferrato, Alba fu assalita la notte del 22 aprile dai Francesi: il pio Vescovo Pendasio fu strappato dall' altare, percosso e trascinato malamente per le vie cittadine.

73. VINCENZO AGNELLO SUARDO (1616-1620), mantovano.

74. LUDOVICO GONZAGA (1619-1633), delle nobile famiglia dei Duchi di Mantova. Tenne il Si-nodo nel 1626 e gli Atti vennero pubblicati in Asti.

75. FRANCESCO GANDOLFO (1633-1638), di Porto Maurizio, conte di Ricaldone.

76. PAOLO BRIZIO (1642-1665), dei Minori Osservanti, di nobile famiglia braidese, oriunda di Asti. Trovò la diocesi desolata dalle recenti guerre, la Chiesa cattedrale minacciante rovina, il palazzo vescovile quasi distrutto per la caduta della sua torre, il Seminario vescovile in ab-bandono.Tutto ristorò, rinnovò, rifabbricò con gli aiuti finanziari che seppe trovare in alto e in basso. Tenne quattro volte il Sinodo.

77. CESARE BIANDRÀ (1665-1666).

78. VITTORIO NICOLINO DELLA CHIESA (1667-1691), Canonico Cantore della Cattedrale di Sa-luzzo, tenne tre volte il Sinodo. Fece restaurare l'organo del Duomo e cedette al municipio di Alba il patronato della Cappella e di San Teobaldo con l'obbligo della manutenzione della Cappella e dell'altare.

79. GEROLAMO UBERTINO PROVANA (1692-1696), da Nizza Marittima, dell'Ordine dei Teatini, di cui era Superiore a Torino. Sotto di lui fu inaugurato il monumentale monastero con la nuova Chiesa di S. Maria Maddalena: in quella occasione predicò per otto giorni in Alba il Beato Sebastiano Valfrè.

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80. GIUSEPPE ROERO (1697-1720), dei Conti di Guarene, Arcidiacono della Cattedrale di Asti. Tenne il Sinodo negli anni 1705-1706. Dotò la Cattedrale del ricco altare maggiore con il suo stemma gentilizio.

81. FRANCESCO VASCO (1727-1749), carmelitano scalzo, di nobile famiglia monregalese. Sotto di lui per la Mensa vescovile fu acquistato il podere "l'Altavilla". Completò la grande Cap-pella dei Vescovi, ora del SS. Sacramento, dedicandola alla Madonna Immacolata e a Sant'E-lia. Sotto la Cappella stabilì il sepolcro dei Vescovi per sé e per i suoi successori.

82. ENRICHETTO VIRGINIO CARD. NATTA (1750-1768), dei Marchesi del Cerro di Casale Monfer-rato, appartenente all' Ordine dei Predicatori. In quel tempo fu rifabbricata la chiesa parroc-chiale dei Santi Cosma e Damiano in città. Fu Vescovo munificentissimo: costruì la bella vil-la vescovile ad Altavilla, donò alla Cattedrale l'artistico tavolino che si vede accanto l'altare maggiore e il ricco paramentale in broccato d'oro.

83. GIACINTO AMEDEO VAGNONE (1770-1777), dei signori di Trofarello. Fece costruire una parte del palazzo vescovile e nell'Aula capitolare fece erigere l'altare marmoreo, sormontato dal-l'artistico gruppo in legno raffigurante la Madonna Assunta.

84. GIUSEPPE MARIA LANGOSCO (1778-1788), dei Conti di Stroppiana. Ampliò il palazzo vesco-vile con la formazione di una nuova aggiunta verso oriente e diede la sistemazione attuale al-l'ampio giardino.

85. GIO. BATT. PIO VITALE (1791-1803), di Mondovì. Attraversò tempi difficili, in cui la Rivolu-zione francese fece anche in Alba le sue brutte prove, ma la bontà, la pazienza e la presenza di monsignor Vitale furono superiori alle circostanze. Per imposizione dell'imperatore Napo-leone, Papa Pio VII nel 1803 soppresse nove sedi vescovili in Piemonte e tra le soppresse vi fu Alba, che per 14 anni rimase unita alla diocesi di Asti. Mons. Vitale fu nominato Vescovo di Mondovì.

86. GIOVANNI ANTONIO NICOLA (1818-1834), di Carignano. Egli si adoperò a restaurare quanto in Alba e in diocesi era stato soppresso o deviato nel lungo interregno durante il regime na-poleonico. Sotto il suo governo avvenne la solenne traslazione del Corpo della Beata Mar-gherita di Savoia dal Duomo alla chiesa di S. Maria Maddalena. Il Seminario Vescovile ven-ne ristabilito e ampliato e gli fu annesso il monastero di S. Caterina con la relativa Chiesa. Fu anche restituita al culto la Chiesa di S. Domenico che era stata adibita ad uso profano dal re-gime francese.

87. COSTANZO MICHELE FEA (1836-1853), nato a Voghera ma oriundo di Mondovì, tenne il Si-nodo nel 1841: fu un Sinodo modello e le sue Costituzioni durarono in complesso fino al Si-nodo del 1944. Egli ottenne dalla Santa Sede l'approvazione del culto di San Teobaldo Rog-geri.

88. EUGENIO ROBERTO GALLETTI (1867-1879), nato a Torino. Attivissimo nella pastorale e di grande spiritualità. Da lui si diffuse nella diocesi la devozione al S. Cuore.

89. CARLO LORENZO PAMPIRIO (1880-1889) dell'Ordine dei Predicatori, nato a Boscomarengo. Eloquente oratore, favorì la nascita di "Gazzetta d'Alba" e si adoperò per la sistemazione del-

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le Monache Domenicane in via Vernazza. Per le sue eminenti doti fu promosso alla sede ar-civescovile di Vercelli.

90. GIUSEPPE FRANCESCO RE (1890-1933), nato a Buttigliera d'Asti. Fu promotore di opere so-ciali e dell'apostolato dei laici. Con lui nacque la Pia società San Paolo.

91. LUIGI MARIA GRASSI (1933-1948) nativo di Mondovì. Potenziò la vita spirituale, l'Azione Cattolica, la liturgia e fondò la San Vincenzo. Fece costruire il Seminario minore (1934); tenne l'ultimo Sinodo diocesano (1944). Divise con i fedeli e i sacerdoti della diocesi la tra-gedia della guerra; mise più volte a repentaglio la propria vita per la salvezza della città di Alba e per la liberazione dei prigioneri e degli ostaggi.

92. CARLO STOPPA (1948-1965), nato a Cerano (NO). Resse la diocesi negli anni della ricostru-zione materiale e morale dopo la guerra e di profondi rinnovamenti pastorali, in attesa e in preparazione al Concilio Vaticano II. Fu instancabile apostolo delle vocazioni sacerdotali.

93. LUIGI BONGIANINO (1968-1975), nato a Borgo d'Ale (VC). Resse la diocesi nel difficile pe-riodo della contestazione e della realizzazione delle proposte del Concilio. Nel 1975 fu eletto Vescovo di Tortona.

94. FAUSTO VALLAINC (1975-1986), nato a Champorcher (AO). Guidò la diocesi con tutto il fer-vore e lo spirito di umile servizio del vero apostolo. Riaprì la scuola media e il liceo del Se-minario.

95. GIULIO NICOLINI (1987-1993), nato a S. Vigilio - Concesio (BS). Proveniente, come il prece-dessore Vallainc, dalla Sala Stampa Vaticana, seguì con particolare interesse le comunica-zioni sociali e le vocazioni sacerdotali e religiose. Nel 1993 fu eletto Vescovo di Cremona.

96. SEBASTIANO DHO (1993 …) nato a Frabosa Soprana, già Vescovo di Saluzzo fu eletto Ve-scovo di Alba il 3 luglio 1993.